4 i dilemmi della morale fino a kant percorso

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I dilemmi della morale: dovere e felicità

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I dilemmi della morale:

dovere e felicità

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INTRODUZIONE

Qual è il criterio in base al quale definiamo buona e preferibile un’azione? A questa domanda cerca una risposta l’etica o filosofia morale. Le possibili soluzioni schematiche sono due:

Dovere morale assoluto e incondizionato

Calcolo dei vantaggi in vista del male minore.

Si distinguono due principali modelli teorici nella filosofia morale:

Deontologico, il dovere prescritto dalla ragione

Consequenzialistico che punta sugli effetti extramorali di un’azione.

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INTRODUZIONE

Si è sviluppato poi anche un discorso metaetico (discorso sul discorso etico) che pone al centro il valore del linguaggio utilizzato in morale: significato del sostantivo bene e dell’aggettivo buono.

Il linguaggio ha un uso descrittivo (giudizi di fatto) e un uso valutativo (giudizi di valore). Ora valori e fatti appartengono a due ambiti differenti (Moore, Hume) poiché nessuna descrizione di ciò che una cosa è ci potrà permettere giudizi di valore sulla stessa o su ciò che essa dovrebbe essere: non si può passare dal discorso sull’essere al discorso sul dover essere.

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HOBBES * 1588-1679

Vuole elaborare una morale laica, libera e autonoma da qualsiasi autorità religiosa o teocratica.

La sua è una visione materialistica e deterministica (materia, movimento e causalità). La vita psichica ha origine dalla sensazione, la vita pratica è riconducibile alla attrazione-repulsione provocate dai corpi sull’uomo e sul suo spirito di auto-conservazione, generando piacere o dolore che, reiterati nell’esperienza, danno la valutazione morale di bene o male. Dunque viene negata la capacità di autodeterminazione dell’uomo (libertà) poiché la volontà è ridotta al prevalere di un impulso psichico (accadimento meccanico).

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Ciò che si desidera è bene, e si desidera ciò di cui si sente la mancanza: la vita è inquietudine eterna e un’insaziabile brama di piacere, poiché non esiste un bene supremo o un fine ultimo dell’uomo. La vita è ansia di espansione, corsa senza meta, pulsione egoistica: visione dinamica e tragica dell’uomo. La felicità è la ricerca dell’utile, edonismo individualista.

Si sfocia i una visione relativistica in cui il bene e il male dipendono dalla percezione soggettiva dell’uomo. È una antropologia anarchica, individualista ed egoistica.

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L’uomo è descrivibile attraverso due postulati certissimi:

è animale che desidera godere da solo di tutti i beni (dal quale scaturisce l’homo homini lupus; solo la paura e il vantaggio personale portano l’uomo alla vita in comune: egli vuole una egoistica sicurezza che la guerra di tutti contro tutti non gli garantisce – paura della morte -. Il possesso e la sopravvivenza sono diritti naturali).

L’uomo tende all’autoconservazione (la ragione indica la strada del calcolo dei piaceri: le leggi di natura che ne scaturiscono servono a limitare l’uomo e tutelarne la sopravvivenza).

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Tre sono le leggi: Cercare la pace Stipulare un patto con la rinuncia al diritto su tutto Mantenere i patti.Con esse l’uomo passa allo stato civile, grazie al

contratto. La filosofia morale è allora scienza delle leggi di natura, norme assolute di autotutela dell’uomo che vive in società.

Dunque nello stato per distinguere il giusto dall’ingiusto sono necessarie le leggi comuni e il potere costituito: siamo in una condizione di legalismo morale in cui il giusto è ciò che è prescritto dalla legge. (iustum = iussum). La vera etica è la politica che definisce le convenzioni della vita comunitaria.

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SPINOZA * 1632-1677

Raggiungere la felicità mondana mediante l’esercizio della pura ragione: per il nostro la filosofia è etica perché deve produrre nell’uomo il sommo bene, cioè a felicità. L’uomo è parte di un ordine necessario e determinato assolutamente (Deus sive Natura) e dunque dipende da Dio, di cui è parte, e dalla mente, che serve per raggiungere la liberazione dalle passioni. Ecco perché la sua opera ha tre ambiti: Dio, la mente che conosce e la liberà dalle passioni.

La prima parte tratta di Dio, unica sostanza infinita ed eterna in una visione rigorosamente panteista e governata da un rigido determinismo dei nei causali.

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La seconda parte si intitola Della natura e dell’origine della mente e distingue tre modi di conoscenza:

Conoscenza dei sensi, opinione e immaginazione, slegata, frammentaria e confusa (inadeguata).

Conoscenza razionale e scientifica (adeguata).

Scienza intuitiva delle cose (adeguata e vantaggiosa).

Vi è un pieno parallelismo tra la vita mentale e la vita pratica poiché la prima condiziona la possibilità della seconda.

Nella terza parte abbiamo Della natura e dell’origine degli affetti in cui l’autore nega che l’uomo sia libero.

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L’etica, come la fisica meccanicistica, è dominata da un principio che si chiama conatus, sforzo di autoconservazione che nell’uomo è cosciente e prende il nome di cupidità: se essa è assecondata abbiamo la letizia, suo contrario è la tristezza. Bene e male divengono valutazioni soggettive: sono l’utile (valutazione strumentale) alla cupidità o viceversa. L’uomo (mente e corpo) è modo finito dei due attributi conoscibili della sostanza: estensione e pensiero. L’ordine della mente è parallelo a quello del corpo, dunque gli affetti riguardano contestualmente sia l‘anima sia il corpo. L’uomo è parte dell’ordine necessario della natura dunque lo subisce.

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L’affezione ha dunque una componente corporea e una mentale: sono azioni quando l’uomo è causa adeguata mediante la sua sola natura, altrimenti sono passioni poiché l’uomo appare causa inadeguata .

Attività: libertà e bene dell’uomo.

Passività: schiavitù delle passioni e male.

I due aspetti riguardano i due ordini:

Schiavitù delle passioni è il primo grado di conoscenza, mentre gli altri due ordini di conoscenza sono positivi a livello morale.

La mente può essere educata a produrre idee adeguate e dunque a conseguire la libertà dalle passioni.

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La potenza dell’intelletto, ossia la libertà umana.

La ragione riconosce e asseconda la naturale inclinazione dell’uomo verso ciò che facilità la sua conservazione. La virtù è allora ricerca dell’utile sotto la guida della ragione che può assecondare la cupidità umana. Le passioni, se liberate dalla loro forza perturbante attraverso una conoscenza adeguata, possono essere positivamente utilizzate. La conoscenza adeguata ci permette di limitare il potere di un affetto poiché ci permette di percepire le cose sotto l’aspetto della necessità: tutto viene compreso razionalmente come parte di un ordine necessario di cause. È un comportamento vrtuoso un comportamento razionale: niente è contingente.

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Si supera l’errore conoscitivo di pensare che l’uomo sia libero e che possa modificare l’ordine del mondo. La conoscenza adeguata permette all’uomo l’unica sua vera libertà: la consapevolezza della necessità e del proprio essere un modo finito e transitorio dell’infinita sostanza.

Questo è percepire le cose sotto la specie dell’eternità: è la conoscenza di terzo genere che comprende come tutto ciò che è finito e temporale sussiste in Dio ed è parte di Lui (Deus sive Natura).

Si intuisce la unità e necessità del tutto, superando immaginazione sensibile e ragione dimostrativa: è l’amore intellettuale di Dio.

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La filosofia inglese e scozzese del ‘700

Costruzione di una morale laica svincolata da presupposti metafisici e teologici. Il problema è come intendere la natura umana: ragione o sentimento?

Samuel Clarke (1675-1729) è esponente de razionalismo etico: la morale ha il proprio fondamento nella ragione che possiede le norme morali universali.

A.A.Cooper conte di Shaftesbury (1671-1713) è esponente del sentimentalismo etico , come Francis Hutcheson (1694-1746). Il fondamento della morale sta in un sentimento etico, capacità intuitiva di riconoscere il bene del quale ogni uomo è dotato.

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Shaftesbury: La natura umana ha un’inclinazione naturale al bene e alla socialità (vs Hobbes) che le consente di mitigare le pulsioni egoistiche. Il senso morale è simile nel funzionamento al senso estetico e infatti l’universo ha ordine e armonia morale ed estetica.

Hutcheson: la natura umana è altruisticamente benevolente e gli uomini approvano le azioni che producono la massima felicità per il maggior numero di persone (Beccaria, Bentham, utilitarismo). Essa si fonda sul sentimento (qualità) ma tiene conto anche di un carattere quantitativo basato sul calcolo razionale (numero di persone e quantità di felicità).

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MANDEVILLE * 1670-1733

Favola delle api: gli uomini sono laboriosi e operosi perché mossi dai propri interessi, dalle proprie ambizioni e dai propri egoismi. Il vizio è il motore del benessere sociale.

Le imperfezioni naturali, da cui scaturiscono i bisogni, e le imperfezioni morali generano la operosità: l’aggressività si trasforma in competizione che stimola l’uomo a fare.

Altrimenti, con la moralizzazione, si precipita nella stagnazione e nella povertà

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HUME * 1711-1776

Costruire un’etica rigorosamente descrittiva che non vuole prescrivere regole astratte, a vuole descrivere come di fatto gli uomini si comportano.

L’uomo non agisce in base alla ragione (Cartesio), ma secondo il gusto morale che ritiene preferibile una certa azione (simile il gusto estetico) e dunque determina la volontà. L’uomo valuta anche in base al gusto e produce idee morali: il buono coincide con ciò che piace (teoria emotivistica).

Il bene e il male coincidono con utile e nocivo, facendo equivalere il piacere all’utilità (teoria utilitaristica).

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La ragione non può mai contrapporsi alla passione e guidare la volontà: essa constata fatti (le volizioni) provocati dalle passioni. Dunque la ragione, di fronte alle passioni che sono tutte naturali (vs Spinoza), non può indicarne di preferibili; al massimo può analizzarle e trovare quelle che sono irragionevoli (oggetti che non esistono, mezzi non adeguati a soddisfarle).

Dunque il ruolo egemone della ragione risulta decisamente ridimensionato.

Ora come salvare il valore universale della morale quando il sentimento appare troppo individualizzato e relativo al singolo uomo?

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Hume permane nella convinzione del carattere sentimentale della valutazione morale, ma vuole salvarne anche l’universalità e la intersoggettività.

Il sentimento è comune a tutta l’umanità come percezione di una utilità-dannosità sociale: la simpatia è tale sentimento morale, intesa come capacità dell’uomo di giudicare buono ciò che giova a sé e agli altri poiché partecipa delle emozioni e della sorte altrui ed è in grado di approvare azioni che non sono immediatamente utili al singolo.

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BENTHAM * 1748-1832

Fondatore dell’utilitarismo: l’utile (massimizzazione del piacere e minimizzazione del dolore) è l’unico movente delle azioni umane e l’unico criterio con cui valutarle. Dunque la morale è un calcolo felicifero, misurazione pragmatica delle conseguenze delle azioni per scegliere quella che produrrà il maggior numero di vantaggi. Utile individuale e utile pubblico non sono in contrasto poiché nell’utilità pubblica vi sarà la maggior felicità per il maggior numero di persone. Nella morale conta il ben-essere, concetto in cui il saldo finale la sofferenza viene ridotta per il singolo e la collettività.

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Dunque lo scopo è il benessere sociale (etica pubblica) e il bene è il frutto di una discussione collettiva che valuta di volta in volta i bisogni della comunità.La risoluzione del conflitto tra interessi individuali e collettivi risiede nel criterio del diritto e della legge per contrastare e arginare le spinte egoistiche.

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J.S. MILL* 1806-1873

Il calcolo felicifero è di difficile attuazione poichè la felicità non pare così facilmente misurabile.

Vi sono infatti piaceri superiori (intellettuali) e inferiori (edonistici e materialistici), e i primi dovrebbero pesare di più nel calcolo.

Introduce allora una discriminazione qualitativa.

Si dovrebbe poi fare attenzione agli effetti indiretti anche a lungo termine ed evitare di giustificre azioni abominavoli.