4 16 OTTOBRE 2011 DOMENICA AGORÀIDEE AGORÀIDEE 16 … · siamo e di dove stiamo andando». E il...
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Dialogo sulla biologianticipiamo in queste colonne alcunistralci dei contributi di EvandroAgazzi, filosofo della scienza e giàdocente all’Università di Genova,
Ludovico Galleni, docente di Zoologia a Pisae di Evoluzione biologica alla Pontificiauniversità Gregoriana, e Gianfranco Ravasi,presidente del Pontificio Consiglio dellaCultura, al volume L’evoluzione biologica.Dialogo tra scienza, filosofia e teologia editoda San Paolo (pagine 160, euro 14,00). Illibro raccoglie gli interventi propostiqualche mese fa a un convegno promossodall’Associazione medici cattolici delladiocesi ambrosiana; accanto ai contributi diAgazzi (“L’evoluzione: dai dati, ai fatti, allespiegazioni, alle teorie e alle interpretazionifilosofiche”), Galleni (“Dal creazionismoscientifico alla scienza della creazione”) eRavasi (“L’uomo biblico e la scienza”), ilvolume propone quelli di Giorgio Manzi(“Evoluzione biologica: il caso-studio dellastoria naturale dell’uomo”), di AntonioLattuada (“Riflessioni su evoluzione edevoluzionismo”), Santiago Sanz Sánchez (“Èla creazione una sfida per la creazioneoppure è la creazione una sfida perl’evoluzione?”) e le considerazioniconclusive di Alfredo Anzani.
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IL LIBRO
Da Wojtyla a Ratzingerede e ragione «sono come le dueali con le quali lo spirito umano siinnalza verso la contemplazionedella verità», «vibrano di gioia
quando sono entrambe animate dallaricerca dell’intima unione con Dio»: cosìsi esprimeva Benedetto XVI il 28 ottobre2009 richiamando l’enciclica Fides etratio di Giovanni Paolo II. Proprio papaWojtyla aveva scritto, nella lettera del1988 al direttore della Specola vaticana,che «è assolutamente importante è checiascuna disciplina continui ad arricchire,nutrire e provocare l’altra ad essere piùpienamente ciò che deve essere econtribuire alla nostra visione di ciò chesiamo e di dove stiamo andando». E ilsuo successore, il 24 luglio 2007, hachiarito che non è vero che creazione edevoluzione sono «alternative che siescludono: chi crede nel Creatore nonpotrebbe pensare all’evoluzione e chiinvece afferma l’evoluzione dovrebbeescludere Dio. Questa contrapposizione èun’assurdità, perché da una parte ci sonotante prove scientifiche in favore diun’evoluzione che arricchisce la nostraconoscenza della vita e dell’essere come tale. Ma la dottrina dell’evoluzione non risponde a tutti i quesiti e non risponde soprattutto al grande quesito filosofico: da dove viene tutto? E come il tutto prende un cammino che arriva finalmente all’uomo?».
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Tre esperti si misurano intorno a un contrasto che è più ideologico che reale. Perché l’indagine sulla natura e quella sul senso dell’uomo e dell’universo possono procedere fianco a fianco: senza pretese di esclusione, e anzi con la possibilità di dar vita a un confronto che arricchisce entrambe le sponde del dibattito
LE PAROLE
LA «CREAZIONE DEGLI ANIMALI» DEL TINTORETTO
AGORÀIDEE AGORÀIDEE 5DOMENICA16 OTTOBRE 2011
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L’uso di termini fuori contesto è improprio in entrambi i casi. Ecco perché anche la versione «aggiornata» del creazionismo
scientifico, la teoria del «disegno intelligente», va maneggiata con cautela. Meglio piuttosto guardare ai tentativi di sintesi
che non pretendono che la scienza detti i limiti della metafisica o viceversa, ma che sono consapevoli della costante permeabilità dei due
ambiti. Poiché l’oggetto dell’indagine è in fondo sempre lo stesso, i due percorsi devono rimanere sì distinti, ma non per questo isolati
La teoria darwinista non implica affatto la negazione di Dio, anzi: tra i suoi sostenitori, così come tra i suoi oppositori, si contano
sia credenti sia non credenti. A farne una bandiera dell’a-religiosità è stata quella corrente scientista
che porta avanti il positivismo ottocentesco e che ha fatto del «caso» il proprio idolo. Generando il suo opposto
simmetrico, quel «creazionismo scientifico» di matrice americana che usa la lingua delle scienze naturali per fare teologia
a contrapposizione di scienzae religione è un fenomenorecente (se misurato con ilmetro della storia). Esso èl’arma di cui si serve oggi dipreferenza una posizioneideologica che, questa sì,esiste in certo senso dasempre dentro tutte le
culture, ossia la concezioneantireligiosa del mondo e della vita.Si tratta in sostanza di una fedeatea che cerca di convincere lagente che la scienza contraddice lareligione e che questa cerca dicontrastare il progresso scientifico.Il terreno fu preparato da unmovimento di scarso spessorefilosofico, ma facile da orecchiare, ilpositivismo ottocentesco, che sipresentò come paladino dellascienza contro le remoreoscurantiste delle religioni e dellefilosofie “metafisiche”. In realtà,ben più che il paladino della scienza(che non ha mai avuto bisogno dipropagandisti e difensori, essendoperfettamente capace di imporsi dasola), il positivismo ne era ilparassita. La situazione attuale nonè molto diversa. I sostenitoridell’incompatibilità fra scienza ereligione si riducono a far leva sudue esempi storici, il processo diGalileo e l’evoluzionismo. Nel primosi assistette per davvero ad unintervento censorio dell’autoritàecclesiastica nei confronti di unateoria scientifica. Si trattòcomunque di un episodio isolato.Nel caso dell’evoluzionismo non cifu mai una contrapposizioneintrinseca con la religione, poichésin dagli inizi ci furono fautori eoppositori delle teoriedell’evoluzione tanto religiosiquanto atei. Invece parecchiintellettuali antireligiosi, diederoun’interpretazione in senso ateo-materialista che pretesero di farpassare per una conseguenza logicadelle conoscenze scientifiche, anchese in realtà non lo è. Proprio il fattoche spesso la teoria darwinianadell’evoluzione viene presentatacome confutazione scientifica dellareligione, in quanto ha confutato il“creazionismo”, ha prodotto unareazione di segno opposto (nonmeno scorretta). Infatti alcunigruppi di credenti, impegnati adifendere la tesi della creazionedivina del mondo, ritennero didoverlo fare attaccandol’evoluzionismo. Così è nata la notavicenda della catena di processiinnescata negli Stati Uniti nel 1925circa l’insegnamento del darwinismonelle scuole pubbliche. Inizialmentetale insegnamento era addiritturavietato in diversi Stati e al suoposto si insegnava il raccontobiblico della creazione. In seguito siripiegò sulla richiesta che ilracconto biblico si insegnasse comealtra teoria accanto e incontrapposizione alla teoriadarwiniana e, affinché questaproposta fosse plausibile, vennesviluppandosi il cosiddetto“creazionismo scientifico” checercava di dare veste scientifica aquesto progetto. La lunga serie diprocessi terminò nel 2005 con ungiudizio della corte federale diHarrisburgh in Pennsylvania, laquale vietò l’insegnamento delcreazionismo scientifico nonriconoscendo in esso i requisiti di
Luna teoria scientifica. In questocaso si è voluto estrapolare incampo scientifico un concettoteologico, facendogli svolgere unruolo non corrispondente alle suecaratteristiche definitorie e quindi,alla fine, scientificamente improprio(in sostanza perché introducevacause soprannaturali nel discorsoscientifico). Proprio di fronte alleinadeguatezze emersenell’esecuzione del loro progetto, idifensori del creazionismoscientifico vollero mitigarne ilriferimento esplicitamente religiosoe lo vennero sostituendo con ladottrina del “disegno intelligente”.Questa conserva le caratteristiche diuna concezione metafisica (di cui ètestimonianza il fatto stesso diutilizzare il predicato “intelligente”che non ha un posto nelvocabolario delle scienze naturali),e in essa è altresì chiaral’intenzione di giustificare ilriferimento a Dio come autore ditale “disegno”, pur senza alcunriferimento esplicito a una concretareligione. Essa è stata altresìformulata utilizzando un corredonon banale di concettualizzazioni,argomentazioni teoriche eriferimenti empirici conformi allostile della ricerca scientifica che sicompie in biologia; tuttavia non haincontrato sinora il credito dellamaggior parte della comunitàscientifica dei biologi.
on intendiamocertamente esprimere ungiudizio sulla validitàscientifica di questadottrina. Possiamo anziammettere che le suecredenziali scientifichesiano deboli, ma con ciònon sarebbe intaccata la
legittimità di parlare di un disegnointelligente a livello diinterpretazione filosofica del mondonaturale e neppure la legittimità dioperare un “conferimento di senso”di natura religiosa a questodisegno. Bisognerebbe inparticolare analizzare fino a chepunto il rigetto della teoria deldisegno intelligente sul pianoscientifico sia la conseguenza diautentiche falle che essa presenta,o non piuttosto il riflesso di quelrifiuto aprioristico della categoria difinalità che fa catalogareautomaticamente come“scientificamente errato” osemplicemente “non scientifico”ogni discorso in cui traspaia lacategoria di finalità. Sarebbe piùragionevole l’accettazione delconcetto di disegno intelligenteutilizzato sul terreno filosofico eteologico, senza lasciarlo debordaresul terreno scientifico. Il che, d’altrocanto, non esclude che anche incampo scientifico si possa tentaredi darne una precisazione accurata escevra da riferimenti espliciti adinterpretazioni filosofiche o adimmagini antropomorfiche, come èstato fatto nella scienza per tanticoncetti, e potrebbero derivarneallargamenti fecondi di prospettiveteoriche e linee di ricerca fuori daogni ibrida mescolanza di scienza,filosofia e fede, le quali possonoreciprocamente arricchirsi nellamisura in cui siano chiare le lorospecifiche differenze non meno chei possibili punti d’incontro.
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l “caso Galileo” rimane – nonostantetutte le puntualizzazioni e leprecisazioni storiografiche – una sortadi vessillo sempre sventolato e iltribunale della storia è ancora apertonon tanto per un giudizio sul passato,quanto piuttosto come monitominaccioso e mai archiviato per ilpresente e il futuro dei rapporti tra
scienza e teologia. Sostanzialmentepossiamo dire che queste relazionihanno visto l’affermarsi di una triplicetipologia (spesso in contemporanea alivello storico): l’alternativa polemica, ilparallelo distaccato, il dialogosorvegliato. Il risultato auspicabiledovrebbe essere quello fatto balenarenella celebre battuta di Albert Einsteinnel suo scritto autobiografico Out of MyLater Years (1950): «La scienza senza lareligione è zoppa, la religione senza lascienza è cieca». Un pensieroecheggiato nel discorso di GiovanniPaolo II in occasione del centenariodella nascita dello stesso Einstein. IlPapa, infatti, citando la Gaudium etspes, ricordava: «Anche la vita religiosaè sotto l’influsso delle nuove situazioniun più acuto senso critico la purifica daogni concezione magica del mondo edalle sopravvivenze superstiziose».Ancor più sintetico ed esplicito ilfamoso scienziato Max Planck nel suosaggio sulla Conoscenza del mondo fisicoaffermava che «scienza e religione nonsono in contrasto, ma hanno bisognouna dell’altra per completarsi nellamente di un uomo che pensaseriamente». Da un lato, è, allora,necessario che lo scienziato lasci caderequell’orgogliosa autosufficienza che lospinge a relegare la filosofia e lateologia nel deposito dei relitti di unpaleolitico intellettuale e quell’hybrische lo illude di dichiarare la capacitàonnicomprensiva della scienza nelconoscere, circoscrivendo ed esaurendola totalità dell’essere e dell’esistere, delsenso e dei valori. Ma, d’altro lato, sideve vincere anche la tentazione delteologo desideroso di perimetrare icampi della ricerca scientifica e difinalizzarne o piegarne i risultatiapologeticamente a sostegno delle suetesi. Come scriveva il filosofo tedescoFriedrich Schelling a proposito delrapporto tra storia e fede, potremmoribadire la necessità che scienziato eteologo «custodiscano castamente laloro frontiera», rimanendo aderenti ailoro specifici canoni di ricerca, prontiperò anche a rispettare e a tenere inconsiderazione i metodi e i risultatidegli altri approcci alla realtà in esame.È, dunque, importante, proporreinnanzitutto una sorta di “coesistenzapacifica” tra scienza e fede, lasciandoalle spalle quello scontro che ha unvertice (o una sorgente) nel positivismodel filosofo francese Auguste Comte,negatore della «legittimità di ogniinterrogazione al di là della fisica». Unimpulso ulteriore a questa discrasiaradicale è riconoscibile nelneopositivismo del Novecento. IlTractatus logico-philosophicus di LudwigWittgenstein dichiarava come prive disenso le proposizioni della metafisica,dell’etica e dell’estetica, perché essenon sono immagine di nessun fatto delmondo. I neopositivisti del Circolo diVienna (Schlick, Neurath, Carnap e cosìvia) andarono oltre e interpretarono insenso svalutativo radicale l’affermazionedi Wittgenstein riguardo ai discorsi nonscientifici. In realtà, per il filosofoviennese – che non era certo unagnostico – si tratta solo diun’“ineffabilità” insita in quelle
Iproposizioni, per cui «su ciò di cui nonsi può parlare, si deve tacere», e noncerto di una loro assurdità. Anche sesopravvivono ancora ben vigorosiepigoni delle tesi del Circolo, comeDawkins e altri difensori di unoscientismo a oltranza, tale impostazioneviene ormai considerata come marginalee semplificatoria. Infatti ci si muovesempre di più secondo un reciproco ecoerente rispetto tra i due campi: lascienza si dedica ai fatti, ai dati, alla“scena”, al “come”; la metafisica e lareligione si consacrano ai valori, aisignificati ultimi, al “fondamento”, al“perché”, secondo specifici protocolli diricerca. È quella che lo scienziatostatunitense Stephen J. Gould, mortonel 2002, ha sistematizzato nellaformula dei Non-Overlapping Magisteria(Noma), ossia della non-sovrapponibilitàdei percorsi della conoscenza filosofico-teologica e della conoscenza empirico-scientifica. Essi incarnano due livellimetodologici, epistemologici, linguisticiche, appartenendo a piani differenti,non possono intersecarsi, sono tra loroincommensurabili, risultanoreciprocamente intraducibili e sirivelano in tal modo non conflittuali.Entrambe, scienza e teologia (ofilosofia), hanno in comune l’oggettodella loro investigazione (l’uomo,l’essere, il cosmo) e – come haosservato acutamente Michal Heller nelsuo bel saggio Nuova fisica e nuovateologia – «la distinzione dei livelli nondovrebbe legittimare l’esclusioneaprioristica della possibilità di qualsiasisintesi».
così che ha preso vigore, accantoalla sempre valida (a livello dimetodo) “teoria dei due livelli”,una sussidiaria “teoria del dialogo”propugnata da Józef Tischner chefa leva sul fatto che ogni uomo èdotato di una coscienza unificantee, quindi, ogni ricerca sulla vitaumana e sul rapporto con
l’universo esige una pluralità armonicadi itinerari e di esiti che si intreccianotra loro nell’unicità della persona. Non èsoddisfacente, allora, per una piùcompiuta risposta dissociareradicalmente i contributi scientifici daquelli filosofici e viceversa, pena unaperdita della vera “concretezza” dellarealtà e dell’autenticità della stessaconoscenza umana che non è monodica,cioè solo razionale e formale, ma anchesimbolico-affettiva (le pascaliane«ragioni del cuore»). Questa “teoria deldialogo” – che, per altro, faceva partedell’eredità dell’umanesimo classico – èfatta balenare anche nella Lettera cheGiovanni Paolo II aveva indirizzato nel1988 al direttore della Specola Vaticana:«Il dialogo [tra scienza e fede] devecontinuare e progredire in profondità ein ampiezza. In questo processodobbiamo superare ogni tendenzaregressiva che porti verso forme diriduzionismo unilaterale, di paura e diautoisolamento. Ciò che èassolutamente importante è checiascuna disciplina continui adarricchire, nutrire e provocare l’altra adessere più pienamente ciò che deveessere e contribuire alla nostra visionedi ciò che siamo e di dove stiamoandando». Distinzione ma nonseparatezza, dunque, tra scienza e fede.Il “fenomeno” a cui si dedica la scienza,ossia la “scena” come sopra si diceva,non è indipendente dal “fondamento” e,quindi, esperienza e “trascendenza”sono distinte nei livelli ma non isolate eincomunicabili.
È
di Evandro Agazzi di Gianfranco Ravasi
Agazzi: «Erratoescludere a prioril’idea di finalità»
IL FILOSOFO
Ravasi: «Né lottané interferenza:i saperi dialoghino»
IL BIBLISTAEvoluzioneScienza e fede alla prova dell’
l primo nodo cruciale va individuato nelconfronto tra la parola della scienza e laparola della Bibbia, per capire come sia statopossibile cadere nell’equivoco di ritenere chefosse la lettura fissista quella che megliorispondesse alle necessità del credente.Possiamo ricordare il racconto più antico dellaGenesi: Dio mostra le varie specie ad Adamoed egli dà loro un nome. Questo vuol dire che
lo scrittore della Genesi usa la scienza del suotempo che mostrava la discontinuità delle speciein natura, ne mostrava la costanza dellecaratteristiche morfologiche, caratteristiche talida permettere l’individuazione precisa delle variespecie, così precisa che ad esse poteva esseredato un nome. Ma quella scienza non era ingrado di mostrare la variazione nel tempo perchéi tempi conosciuti dalla biologia erano molto
Ibrevi. Erano quelli che derivavano dalla memoriadegli anziani della tribù. La Bibbia racchiude uncontenuto teologico ma, per trasmetterlo,utilizza gli strumenti scientifici del tempo. LaBibbia, quindi, non va vista come libro discienza, ma come documento di storia dellascienza, un testimone delle conoscenzescientifiche del tempo in cui viene redatta.Questo elimina qualsiasi possibilità nei riguardidel cosiddetto “creazionismo scientifico”. L’altroaspetto, più problematico perché proposto inmaniera estremamente abile, concerne ilcosiddetto “disegno intelligente”. Questa teoriaafferma che la complessità delle strutturenaturali è tale da far pensare ad un loromontaggio compiuto seguendo un disegnoesterno alla natura definito da un qualchedisegnatore intelligente. Si tratta di una visioneinterventista all’interno dell’indagine scientifica,che disturba la spiegazione razionale dellacomplessità delle strutture che è affidata alla
di Ludovico Galleni
Galleni: «È sterilelo scontro tra “disegni”intelligenti e stupidi»
LO ZOOLOGO scienza. Si collega con il problema della teologianaturale, che tanta parte ha avuto nello sviluppodella scienza occidentale, ma del quale oggi lascienza non ha più bisogno. Ma in fondo èinnanzi tutto la teologia a non averne piùbisogno.
ià John H. Newman aveva ricordato chel’argomento del disegno insegna tre soliattributi di Dio: sapienza, potenza ebenevolenza e di questi molta potenzae poca benevolenza. Inoltre ci dicepoco o nulla di altri aspetti delladivinità: la santità, l’onniscienza, lagiustizia, la pietà, la fedeltà. Ci diceben poco delle cause finali, non ci parla
di doveri e di coscienza, nulla ci dice delle coseultime. Insomma non ci dice assolutamente nulladel cristianesimo. E con questo aveva chiusoqualunque spazio per ipotesi del tipo deldisegno intelligente. Oggi il disegno intelligente,o meglio intelligent design dato che si èsviluppato negli ambienti di lingua inglese,ritorna, per fortuna al di fuori del mondoculturale cattolico che se ne salva, grazie anchealle disposizioni dottrinali del Concilioecumenico Vaticano II. È una versione più abiledel creazionismo scientifico, e che più che altrotrova una sponda polemica in un’interpretazioneche grossolanamente, attraverso l’evoluzione,cerca di negare la necessità di un Creatore, inparticolare accentuando il ruolo del caso. Sitratta di una vera e propria a-teologia naturaleche potremmo chiamare la teoria dello “stupiddesign”: se vi è spazio per eventi drammatici,quali la selezione naturale e la lotta perl’esistenza, allora non c’è più spazio per lapresenza di Dio.
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UNA SIMBOLICA RAPPRESENTAZIONE DELLE ORIGINI DELL’UOMO AL MUSEO DI STORIA NATURALE DI NEW YORK