3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del...

19
A08 326

Transcript of 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del...

Page 1: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

A08326

Page 2: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

In collaborazione con Facoltà di Architettura - Università degli studi di Ferrara

Con il patrocinio del

������������ � �����������������������������

Page 3: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

a cura di Andrea Mascellani e Nicola Montini

genericittàCorso di Progettazione Architettonica per il Recupero Urbanodiretto da Alessandro Bucci

Page 4: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

Copyright © MMXIARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma

(06) 93781065

isbn 978–88–548–3906–9

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,di riproduzione e di adattamento anche parziale,

con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: marzo 2011

Page 5: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

indice

6 il progetto urbanonuovi ambiti di ricerca

10 città reale, città genericariflessioni sulla metodologia di indagine urbana

14 città?approcci emozionali, analisi reali

16 multipli-city

26 al limite

34 la scalarità dello spazio

42 neurocittà | interferenze

56 geografia di eventi

66 i-pod. i-phone. i-sprawl?

78 cucitura urbana

84 arcipelago urbano

96 caos apparente

106 flussi

116 human city

124 bibliografia

5

Page 6: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

il progetto urbanonuovi ambiti di ricerca

Nell’ambito didattico universitario il laboratorio dell’ultimo anno o la tesi di laurea, che costituiscono l’espressione dell’esito di un percorso complesso e faticoso, dovrebbero necessariamente rivolgersi verso un campo di sperimentazione teorica o quanto meno essere un’occasione di ricerca e di indagine sviluppata nel campo ideale.Ma il contesto accademico rappresenta veramente l’unico luogo dove si possa ambire a tale esercizio? È realmente preclusa poi nella professione la possibilità di utilizzare tecniche e strategie nuove?I temi trattati durante il corso di Progettazione Architettonica per il Recupero

Urbano e gli esiti conseguiti durante le esercitazioni rappresentano delle possibili risposte, nonché la possibilità di cimentarsi con la sperimentazione di strategie di composizione urbana e con il tentativo di proporre almeno un modo alternativo nell’approcciarsi alla disciplina. La direzione presa all’interno di questa esperienza didattica vuole percorrere trasversalmente, rispetto a metodi consolidati, la via della progettazione urbana rivolgendosi a quei riferimenti che storicamente hanno cercato di sovvertire, anche solo in piccola parte, le dinamiche classiche di approccio alla pianificazione delle strategie di sviluppo e completamento delle città.Questa ricerca non è indirizzata a dimostrare la vera o presunta crisi che le tecniche di progettazione “ordinarie” sembrano avere di fronte ai nuovi fenomeni urbani oramai generalizzati e riconoscibili (sprawl, recupero dei brownfields, ecc.), semmai è direzionata nel consolidare tali tecniche. Una volta stabilito di delimitare l’analisi al contesto in cui ci troviamo ad operare, cioè a quello europeo, ci rendiamo conto come il dibattito sulla città contemporanea evidenzi e identifichi inevitabilmente due aspetti: da un lato la consapevolezza della presenza di un patrimonio architettonico frutto di un processo di stratificazione che, sedimentatosi su edifici di diverso valore, è venuto a generare nel complesso un organismo molto presente e leggibile e dall’altro la presenza di un territorio regolamentato, controllato e gestito, ma chiaramente vacuo e indistinto. Questa dicotomia viene amplificata ulteriormente in Italia quando, a partire dagli anni ’60, gli studi urbanistici si concentrano fortemente sul valore storico della città consolidata, tanto da renderla un vero e proprio modello concettuale ed operativo1; Saverio Muratori, ad esempio, in uno studio del 1959 sottolinea che «il giudizio storico è già giudizio operativo, programma di azione, piano urbanistico»2.Ma la città di nuovo impianto, come le aree destinate ad accogliere i nuovi alloggi della ricostruzione post-bellica, hanno seguito altre logiche di sviluppo tutt’altro che legate alla ricerca di un organismo urbano denso e compatto, matericamente omogeneo, polifunzionale e ricco di continue variazioni distributive sulle singole unità che lo compongono.Stiamo parlando di tradizione sia in termini di strategie compositive che in fatto di continuità e tipo urbano. Recentemente Cino Zucchi in un suo articolo3 ci ha ricordato come l’equilibrio tra preesistenze e storia, tipico dell’architettura del nostro paese del dopoguerra e caposaldo della scuola italiana, goda oggi di un rinnovato interesse internazionale. Al contrario, gli architetti italiani si stanno sempre più allontanando da simile impostazione, perdendo proprio quella peculiare capacità che li ha contraddistinti storicamente.Le cause di questo cambiamento potrebbero essere individuate nelle mutate condizioni del contesto attuale, dove la maggioranza delle capitali europee utilizzano e strumentalizzano, legittimamente, la riqualificazione di un’area di città principalmente per scopi economici, sociali o d’immagine a scapito di approcci basati sull’analisi dell’esistente. In simili casi si può parlare dell’applicazione di un metodo progettuale basato sulla sostituzione urbana dove, a fronte di un encomiabile progetto multi-direzionato, si ricerca principalmente l’intervento appariscente o quantomeno di nome, rinunciando a un lavoro maggiormente ponderato. Non dobbiamo però farci ingannare, infatti laddove i risultati non stentano ad arrivare un’indagine più approfondita ci permette di capire come anche questi nuovi interventi siano basati su concetti e strategie fondate sull’analisi.Ancora una volta quanto affermato non è del tutto vero o almeno questo è quanto pare ci inviti ad analizzare BIG. Infatti nella presentazione di alcuni suoi progetti si legge che spesso l’opera dell’architetto si riduce a un puro lavoro di cosmesi4.

1 A. ROSSI, L’architettura della città, Marsilio, Padova 19662 S. MURATORI, Studi per una operante storia urbana di

Venezia, Istituto poligrafico dello Stato, Roma 19603 C. ZUCCHI, Editoriale, Costruire in Laterizio, n° 137, Il Sole 24 Ore s.p.a., Faenza 20104 BIG - BJARKE INGELS GROUP, Yes is more. An Archicomic

on architectural evolution, Evergreen, Köln 2009

6

Page 7: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

L’ambito di intervento che viene presentato è frequentemente predeterminato da un programma, da un sito già acquistato o individuato e caratterizzato da indicazioni ben precise del committente; in definitiva è richiesto un puro maquillage nella speranza che il risultato soddisfi tutti. Da subito ci si capacita del tono ironico del testo, dove forse la provocazione regge, ma in fondo le dinamiche sono da sempre le medesime; è su queste basi che si è spesso costruito in tutte le epoche, ma adesso che cosa è cambiato? Perché mancano i risultati?Dunque ritornando alle premesse, il metodo italiano è davvero l’unica soluzione esistente per recuperare una dignità compositiva o esistono altri percorsi e strade da intraprendere per chiarire e raggiungere risultati analoghi? La città è come la natura che, se lasciata agire, tende a riappropriarsi sia dei propri spazi sia delle proprie dinamiche? Ma esiste ancora il concetto di città o è veramente tutto perso?Una parte della critica sostiene da tempo come vi sia un’evidente crisi del concetto di città dovuto in primis alla mutata percezione che si ha della stessa, a causa dell’uso dell’automobile piuttosto che di mezzi meno veloci5. Anche il concetto di strada entra in crisi; non si hanno più punti di riferimento e viene a mancare l’idea che si possa andare ovunque, che la maglia stradale sia in verità una trama fitta e ricca, quindi rassicurante. Dunque non esistono più né un centro (non è più centrale) e neanche una periferia (non è più periferica). Da tempo non reggono più le metafore legate al concetto di antropomorfo o di città della macchina e infine pare essere cambiato anche il modo di vivere i luoghi noti.Ora si parla di sprawl, di crisi, di città come circuito stampato che svanisce, che si auto-confonde, privandosi di contorni nel suo essere sempre uguale a se stessa. Non si costruiscono piazze ma svincoli e le leve economiche incidono più che mai su ogni comportamento. Il mercato è altrove, non riposto nel centro della città o all’incrocio di diverse vie, ma in corrispondenza del vicino casello autostradale. Il territorio diventa connessione di “altrove” disposti lungo un’unica direzione senza centro, senza riferimenti (monumenti, cattedrali, ecc.), senza cultura e stratificazione del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa della non identificazione con i fattori della tradizione locale, del genius loci, di una storia e della sua appartenenza, assenti nella condizione urbana attuale. Da qui deriva che, sprovvisti degli adeguati strumenti di analisi, diventiamo incapaci di capire questa urbe senza soluzione di continuità in cui ci troviamo a vivere, ripetuta, ripetitiva, composta da prototipi e non contestualizzata. La Nuova Topografia di Roma del Nolli, vero strumento di analisi urbana evocativo di un episodio culturale assimilato, non è più attuale, non valgono più la sintassi, i pieni e i vuoti accumulati nel passato, perché lo sprawl mortifica lo spazio-tempo. L’idea di città, soprattutto il risultato dell’idealizzazione che ha subito nel tempo ad opera di chi l’ha costruita e dei suoi utenti, non esiste più. Vi è una indubbia relazione tra questo venir meno delle basi che costituivano gli standard, i metodi progettuali classici e l’estinguersi del concetto sia di percorso che di strada pedonale.La trasmigrazione dalla nozione di città compatta, definita, monocentrica e complessa a quello di città diffusa, policentrica e complicata non è l’unico fatto rilevante; l’introduzione di una pianificazione urbana basata sullo zoning ha introdotto ulteriori criteri di semplificazione dove il singolo mattoncino “Lego” a cui siamo arrivati, nuova cellula base compositiva, non ci permette più di pensare in maniera organica all’agglomerato urbano.Focalizzandosi maggiormente sulle dinamiche più che sulle risposte o sulle strategie individuate per porre rimedio a quanto illustrato, abbiamo selezionato alcuni materiali in modo da indicare una modalità alternativa ai tradizionali metodi di indagine urbana, maggiormente incentrata sui temi percettivi e sul bagaglio di suggestioni da noi posseduto. Considerando che il miglior modo di studiare l’architettura e il territorio rimane il progettarli, la ricerca qui intrapresa è finalizzata all’analisi e alla sperimentazione dei mezzi di progetto non convenzionali, recuperando ad esempio nell’esercizio di composizione elementi o suggestioni non necessariamente legati al mondo dell’architettura, ma strettamente correlate alla natura umana.Ignasi de Solà Morales, già in un saggio del 1985 dal titolo Dal contrasto all’analogia, sostiene che la ricerca architettonica si manifesta con risultati in cui è sempre più evidente una associazione analogica verso altre forme e altre discipline, superando il modello culturale ed estetico del movimento moderno basato sul contrasto verso quegli esempi dove prevale un valore soggettivo di vetustà6. Lo stesso Aldo Rossi chiamava l’“architettura della memoria” il riferimento a quegli oggetti «famigliari le cui forme e posizioni sono già fissate, ma il cui significato

5 R. INGERSOLL, Sprawltown, Meltemi Editore s.r.l., Roma 20046 I. DE SOLÀ MORALES RUBIÒ, “Dal contrasto all’analogia. Trasformazioni nella concezione dell’intervento architettonico”, in Lotus International n. 46, Electa, Milano 1985.

Roma - EUR

G. B. Nolli - La Nuova Topografia di Roma,1748

7

Page 8: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

potrebbe cambiare»7 come archetipi della memoria collettiva che instaurano relazioni analogiche senza tempo. Non a caso l’architetto sottolinea il suo interesse verso le opere del Canaletto denominate Capricci, che identificano luoghi tanto irreali quanto analoghi, in cui la ricostruzione dello spazio è affidata alla composizione di elementi reali o ideali della memoria. Questi panorami urbani definiti anche “civitas

metaphisica” spostano il piano della rappresentazione del vero verso un progetto mentale dove il mescolarsi di realtà e fantasia porta alla creazione di una città virtuale. La ricerca di Rossi trova la sua massima espressione nell’opera La Città Analoga del 1976 che rappresenta una sovrapposizione di tre tessuti e di alcune sue opere; i tre grafismi rivelano gli strati di una memoria che connette passato, presente e futuro e che, in un processo contrastante di ‘memoria e amnesia’, si rivela una città del tutto analoga ad una esistente.Un altro esempio significativo può essere rintracciato nelle ricostruzioni ideali di Roma realizzate da Giovanni Battista Piranesi; qui la composizione e la costruzione metaforica prendono forma con un vero e proprio collage, dove tuttavia il rimando all’antico non risulta più utilizzabile. Singole parti autonome vengono montate rifacendosi unicamente alle regole di una continuità totale e pura.Questa pratica, dunque, è la rappresentazione di un dubbio sul procedimento del comporre architettonico. In merito Manfredo Tafuri8 commenta come Piranesi in queste opere riproduca dinamiche già introdotte nella realizzazione dell’incisione della Pianta di Ampio Magnifico Collegio, che compare nell’edizione del 1750 delle Opere

Varie di Architettura.

“L’«ampio magnifico Collegio» è una struttura teoricamente ampliabile all’infinito. L’indipendenza delle parti e il loro montaggio non seguono altra legge che quella della pura contiguità. Il Collegio, dunque, costituisce una sorta di gigantesco punto interrogativo sul significato del comporre architettonico: la «chiarezza» della scelta planimetrica è erosa sottilmente dal processo con cui le varie parti entrano in colloquio fra di loro; il singolo spazio mina segretamente le leggi cui finge di assoggettarsi” 9.

L’architettura in origine era inseparabile dall’arte, almeno in Europa fino al Rinascimento. Di conseguenza, la divisione tra arte e architettura non risulta del tutto chiara; sicuramente gli architetti possono presentarsi solo attraverso la loro produzione grafica ed è sempre questa a mostrare i loro pensieri come d’altra parte accade nel campo dell’arte. Di certo arte e architettura sono due discipline che dialogano tra loro in maniera efficace ed è facile trovare nelle rispettive massime espressioni tracce di una nell’altra e viceversa.Un riferimento fondamentale per tali campi è il lavoro di Constant Nieuwenhuys e della sua “città per l’uomo ludens” 10, prototipo di urbe nomade, ludica, estesa e contrapposta alla moderna concezione funzionalista di città come era quella degli anni ‘60. L’architetto e pittore olandese affermava che «l’urbanistica, per come viene concepita oggi è ridotta allo studio pratico degli alloggi e della circolazione come problemi isolati. La mancanza totale di soluzioni ludiche nell’organizzazione della vita sociale impedisce all’urbanistica di levarsi al livello della creazione, e l’aspetto squallido e sterile di molti quartieri ne è l’atroce testimonianza» 11. New Babylon, quintessenza delle teorie di Constant che rappresenta l’invenzione di una città ideale e utopica, si allontana allo stesso modo dall’antropizzazione e dallo zoning. Attraverso una logica di decostruzione di comportamenti acquisiti prende forza il concetto di situazione, cioè «l’edificazione di un microambiente transitorio e di gioco per un momento unico della vita di poche persone» 12.Questo campo nomade su scala planetaria ha il merito e il difetto di aver espresso in maniera inconfutabile il concetto di nomadismo architettonico, attraverso un’espressione grafica precisa e convincente. Si parla di difetto perché, come sosteneva lo stesso architetto, molti hanno tratto ispirazione dalle forme tralasciando il contenuto. L’opera di Constant può essere interpretata anche come la rappresentazione dell’espressione “su carta” della teoria della deriva proposta a metà degli anni ‘50 da Guy Debord, già trasformazione artistica della baudelariana flanerie (vagabondaggio urbano). La psicogeografia teorizzata da Debord è una nuova scienza atta a indagare l’inconscio della città. Francesco Careri illustra ampiamente nei suoi studi13 come il recuperato fondamento del nomadismo, intendendo con questo termine l’azione dello spostarsi, il muoversi nella maniera più naturale possibile e quindi il camminare, comporti la rivalorizzazione del rapporto con il luogo, diventando uno strumento primario di conoscenza, interpretazione e trasformazione

7 A. ROSSI, “An analogic Architecture”, in Architecture and

Urbanism n. 56, 1976, p. 148. 8 M. TAFURI, La sfera e il labirinto, Einaudi, Torino 1980, p. 42.9 Ibidem10 F. CARERI, Constant. New Babilon, una città nomade, Testo e Immagine s.r.l., Torino 200111 Ibidem12 Ibidem13 F. CARERI, Walkscapes, camminare come pratica estetica, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 2006

A.Rossi - La Citta Analoga,1976

Canaletto - Capriccio,1730

G.B. Piranesi - Pianta di Ampio Magnifico Collegio,1750

8

Page 9: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

dello spazio. Questa azione, se non viene lasciata totalmente al caso come nelle già sperimentate passeggiate surrealiste, rimane una delle poche possibilità d’intervento e d’investigazione dei nuovi spazi pubblici metropolitani che compongono la nuova geografia urbana. Sempre in Walkscapes, Careri sottolinea da un lato il debito che hanno nei confronti di questo progetto le architetture radicali di Fuller e Superstudio e dall’altro come senza New Babilon probabilmente non sarebbe stato possibile «immaginare la Walking City di Archigram» 14. Affrontare il tema progettuale all’interno di un quadro relativo a nuovi fenomeni urbani così articolati e complessi diventa veramente difficoltoso: sul piano operativo si passa spesso attraverso numerose semplificazioni.Il controllo del territorio, che secondo l’ortodossia dei moderni passava inevitabilmente attraverso gestualità progettuali precise e riconoscibili, risulta quantomeno impossibile se non si operano continui salti di scala, fino al riconoscimento di unità elementari, di “frammenti” che compongono il tutto, sui quali applicare mirate strategie di intervento. Il nuovo Piano del Governo del Territorio di Milano manifesta la necessità di riconoscere dei nuclei di identità locale come parti elementari del sistema città, «luoghi di vita ed espressioni della civiltà che sollecita la riconfigurazione della vivibilità urbana»15. Inoltre in questo piano urbanistico si utilizza il concetto di densità come un vero e proprio mezzo di intervento. Questo parametro viene tuttavia presentato alla stregua di un poliedro dalle numerose facce e necessita pertanto di un ulteriore approfondimento. È possibile che la densità possa diventare sia strumento di analisi che metro progettuale dello spazio architettonico? La città è da sempre caratterizzata, oltre che dalla sua dimensione, da un livello di densità minimo che consentiva di produrre identità, riconoscibilità, funzioni e attività, complessità sociale, oltre che garantire un sistema di relazioni tra i vari soggetti e le varie parti dello spazio urbano.Nei suoi studi Luca Reale16 sottolinea come introducendo nel processo di pianificazione un concetto puramente matematico e quantitativo, quello della densità, e discutendo di questa in termini di alta, media o bassa si stia già introducendo il tema della qualità dello spazio e di variabile urbana. Apponendo a tale indice un valore, anche con varianti di poco discostanti l’una dall’altra, mutuando un termine matematico, un intorno, stiamo già intervenendo su implicazioni quantitative, sociali, economiche e di forma proprie della città stessa.Dunque la densità e la sua definizione comportano la determinazione della morfologia dei centri urbani. Approfondendo il concetto, si può asserire che uno studio adeguato di questo parametro ci permetterebbe di superare la pianificazione bidimensionale e di passare alla nozione di città concepita tridimensionalmente, facendo sì che si possano stabilire connessioni a scale diverse. Questo renderebbe possibile il passaggio dall’ambito territoriale al progetto urbano e architettonico. Pare evidente come ci siano i margini per approfondire e finalizzare la ricerca in tale direzione introducendo concetti qualitativi che possano essere estesi al livello di densità di usi (mixitè) e relazioni (prossimità, semplicità, creazione di una rete).Quando Manuel de Solà Morales parla di “distanza interessante” 17 sottintende che il rapporto tra gli edifici non sia legato ad un parametro regolamentato e puramente dimensionale, ma ad una scelta compositiva dove prevale il concetto di prossimità, sicuramente legato a quello di densità, i cui effetti non possono non avere implicazioni sugli aspetti sociali e relazionali nell’ambito in cui si interviene. Lo studio e la misura dello spazio preventivi, eseguiti mediante l’analisi di questo parametro, porta all’individuazione di diverse soluzioni possibili alle differenti scale.Il tentativo di formalizzare delle strategie di intervento nella ricerca di una soluzione alla “crisi della città”, ampiamente trattate in letteratura, rappresenta la volontà di sintetizzare dei modelli possibili, attuabili, ma non assoluti, poiché, se da un lato l’intervento urbano è necessariamente legato ad aspetti tecnici ed economici, dall’altro non può prescindere dalle logiche sociali e culturali che rappresentano l’identità di uno specifico luogo.Recuperando le premesse illustrate in apertura, ci possiamo domandare nuovamente se una progettazione fondata più sui valori sociali e identitari, sviluppata con metodi e rappresentazioni meno conformi, possa portare anch’essa a risultati soddisfacenti.

Andrea Mascellani, Nicola Montini

14 Ibidem15 METROGRAMMA, “Milano città densa”, in The Plan n. 47, Centauro srl, Bologna 201116 L. REALE, Densità/ città/ residenza/ tecniche di

densificazione e strategie anti sprawl, Gangemi Editore, Roma 200817 M. DE SOLÀ MORALES, “Progettare città” in Lotus

Quaderni a cura di M. Zardini, Electa, Milano 1999

Costant Nieuwenhuys - New Babylon,1957

Superstudio - Life,1971

Città del Messico - Espansione di impianto razionalista

M. de Solà Morales - Distanza interessante

9

Page 10: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

città reale, città genericariflessioni sulla metodologia di indagine urbana

I lavori svolti dagli studenti durante il corso di progettazione architettonica per il recupero urbano, da me tenuto nell’a.a. 2009-2010 presso la Facoltà di Architettura di Ferrara con la collaborazione dell’architetto Andrea Mascellani, raccolti in questo volume, non ambiscono ad individuare in modo sistematico una metodologia di indagine ed intervento nei confronti della città contemporanea ma piuttosto a focalizzare alcuni obbiettivi che ritengo siano fondamentali per tentare di superare la visione schematica, funzionalistica e bidimensionale che spesso accompagna l’approccio al progetto urbano.In particolare, il lavoro svolto ha toccato i seguenti punti:- La ricerca di una nuova identità urbana tesa a superare la dicotomia tra storico e

contemporaneo basandosi sull’indagine di uno degli elementi che maggiormente caratterizza i tessuti urbani ovvero la densità.

- L’abbandono di metodologie di analisi e di progetto basate unicamente sul concetto di indice, quantità, distanza, superficie, funzione, tali da inaridire qualsiasi slancio progettuale.

- La necessità di sviluppare percorsi di ricerca percettivi legati alla sfera sensoriale umana e quindi in grado di garantire risultati progettuali molto più affini con le nostre aspirazioni.

- La ricerca di un approccio trasversale in grado di spaziare tra settori disciplinari differenti (arte, natura, ecc..) apparentemente distanti dall’architettura anche se strettamente correlati alla vita dell’uomo. Il tutto ponendo una particolare attenzione alla cultura ed alla storia delle nostre città.

- Una particolare attenzione alla componente utopica del progetto come portatrice sana di innovazione e suggestione.

- La consapevolezza che è necessario invertire le attuali dinamiche di trasformazione del territorio introducendo sempre di più tematiche legate ai concetti di sostenibilità, utilità, densità, compatibilità e identità.

Il risultato ottenuto è quindi una raccolta di temi affrontati liberamente dagli studenti che hanno interpretato criticamente le esercitazioni e gli argomenti proposti senza ambire a definire un abaco di regole sulle metodologie di analisi e trasformazione urbana, quanto piuttosto a proporre un’indagine sulle dinamiche di sviluppo e di intervento nella città contemporanea, focalizzando l’attenzione sugli aspetti che nelle attuali forme di pianificazione e nel processo compositivo-progettuale trovano un posto assolutamente marginale.La critica alle metodologie di trasformazione urbane ci porta a sottolineare che lo sviluppo della città contemporanea è demandato principalmente ad interventi frammentari, isolati, monofunzionali, dove il processo di progettazione è subordinato ad un insieme di rapporti ed indici, e dove la geometria bidimensionale sembra sufficiente a definire il risultato spaziale.In questo contesto il progetto urbano sottoposto a scomposizioni in sottosistemi funzionali ed a semplificazioni teoriche, sopraffatto dalla logica imperante dell’interesse economico, non può che risultare inefficacie di fronte alla complessità della città contemporanea.Questo processo di semplificazione si amplifica ulteriormente laddove si recepisce con approssimazione l’eredità di alcuni movimenti storici; per questo motivo non si può restringere il pensiero del movimento moderno alla sola visione funzionalista o al rigore formale di superfici e distanze tra fabbricati, o accettare dalla scuola muratoriana che l’indagine, l’analisi e il rilievo della città storica determinino il progetto finale. È evidente che al centro dell’attenzione non vi debba essere solo l’architettura degli edifici ma l’individuo quale elemento fondante dell’identità dello spazio architettonico, a prescindere dagli elementi formali, dimensionali e geometrici.Quindi è possibile che esista una fase iniziale nel processo di progettazione che coincida con una ricerca assolutamente irrazionale di sensazioni individuali, di suggestioni materiche, di riferimenti spaziali non necessariamente attinenti alla specifica disciplina architettonica, che inneschino una sorta di cortocircuito tra l’idea e la rappresentazione formale, svincolandosi momentaneamente dal processo razionale.

10

Page 11: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

Sulla base di questo assunto gli studenti vengono coinvolti in una sorta di ricerca compositiva di forme, pattern, texture che, attraverso una libera interpretazione fatta di composizione e scomposizione, accostamenti, cambiamenti di scala, li porta ad un risultato grafico che per analogia può essere associato all’idea di una generica città contemporanea.Il risultato geometrico spaziale degli studenti è similare e, a volte, sorprendentemente realistico, tanto da poter intravedere le linee guida di un vero e proprio tessuto urbano al quale è possibile associare livelli di lettura superiori e assegnare a quelle forme un significato reale.Si passa quindi ad una fase critica in cui non si può più prescindere dal linguaggio dell’architettura per approfondire i temi affrontati dai singoli lavori, mantenendo però sempre vivo quel complesso di suggestioni, di visioni spaziali, di intrecci relazionali che li hanno generati.In questi lavori si è parlato di fasi dello sviluppo urbano secondo una logica temporale, o attraverso lo sviluppo della viabilità, ma anche di interferenze e modifiche della percezione spaziale secondo l’intensità dei rapporti sociali instaurati. I tessuti sono stati letti non solo come elementi generatori dello spazio geometrico ma anche come potenziali attivatori di specifiche sensazioni percettive e sensoriali.In perfetta analogia con le caratteristiche della città contemporanea si è analizzato il fenomeno dello sprawl ma contemporaneamente si sono delineate anche strategie di auto riparazione, di definizione del limite, di intensificazioni opportune delle dinamiche sociali con una metodologia finora esclusa dalla prassi progettuale tradizionale.Poi ancora si è considerato il tema della congestione delle grandi metropoli, della impossibilità di leggerne nitidamente le parti, che alla grande scala si dissolvono inevitabilmente l’una nell’altra, ma contemporaneamente, alla scala dell’uomo, si manifestano come piccoli rassicuranti microcosmi.Ancora si è trattato il tema della scalarità dello spazio della relazione tra quello privato e l’appartenenza ad un insieme definito come città, a sua volta parte di un complesso reticolo di centri urbani tra loro connessi attraverso una rete di flussi e vie di comunicazione.Il lavoro poi è stato approfondito con un ulteriore passaggio: immaginando la necessità di un intervento reale, attraverso operazioni di sovrapposizione, sostituzione e cucitura di frammenti dei tessuti ottenuti precedentemente, la città di Ferrara (presa come esempio di un contesto urbano reale) è stata contaminata disgregata e riletta coerentemente con le tesi sostenute dagli studenti. Il risultato, sebbene non porti sempre verso strade praticabili, è del tutto realistico ed ammissibile sia là dove prevale la logica dell’intervento puntuale sia dove si avverte la necessità di una totale sostituzione di interi settori; lo scenario finale è una città in parte o del tutto nuova, una città possibile.Essa contiene la struttura e la fisionomia di una città reale, una città che pur senza esistere rappresenta la materializzazione del concetto stesso di città che è presente in ciascuno di noi e che in maniera analogica prende forma in quanto espressione della cultura, del vissuto e delle aspettative di chi l’ha generata.Questo processo, che giunge attraverso l’astrazione e la stratificazione a ricreare una città non esistente ma realistica, parte sicuramente dalle suggestioni utopiche sviluppate a cavallo tra gli anni 50 e 70 e dal lavoro di Constant Nieuwenhuys che nella sua New Babylon rappresenta l’invenzione di una città ideale che rifugge da quelle ordinate e zonizzate; ma allo stesso tempo si ricollega alle teorie ed ai lavori di Mirko Zardini e Ignazio Rubino, architetti con i quali ho avuto il piacere di collaborare.Preso consapevolezza di questa metodologia operativa, è pertanto possibile, attraverso un percorso inverso, analizzare la struttura della città generica cercando di astrarre i contenuti relativi alle connessioni, ai sistemi di relazione, alle tematiche legate alla densità ed alla identità; dunque si può compiere una vera e propria ricerca tesa ad isolare ed identificare, in senso generale, i temi che collegano l’ambiente urbano alla percezione umana.I risultati di questo percorso sono raccolti in questa pubblicazione e raccontano come sia possibile individuare tematiche di valore generale non da uno specifico caso di indagine, quindi da una città reale, bensì dal concetto di città da noi individuato: una città che, non essendo specifica e appartenente ad un solo luogo, è per definizione generica ovvero GENERICITTÀ. Alessandro Bucci

11

Page 12: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa
Page 13: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

indice dei lavori

14 Valerio di Mauro

16 Francesca Benini | Giulia Buosi | Giorgia Montanari

26 Valerio di Mauro

34 Chiara Favaro | Sara Voltani

42 Chiara Ludovici | Laura Solmi

56 Simone Braschi | Francesco Ferretti | Carlotta Mazzi | Fabio Venneri

66 Michele Oliva | Daniele Olivato

78 Corentin Debelle | Mathias Feucht | Chloé Stelly

84 Matteo Mammato | Riccardo Marabini | Sergio Volta

96 Ruggero Agnolutto | Andrea Lucivero | Marianna Scopece

106 Giacomo Orbi

116 Leonardo Roso

13

Page 14: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

città?approcci emozionali, analisi reali

La diffusione dell’urbanizzazione sul territorio è un segno incancellabile che occorre assecondare cogliendo l’occasione per disegnare nuove forme di città? Più in generale, i problemi creati dalla crescita e dallo sviluppo apparentemente senza fine possono essere tutti risolti dall’umana intelligenza? Può, in questo processo di continua analisi e sintesi del fatto urbano, giocare un ruolo determinante anche quella parte di limpida irrazionalità, di sensazione e suggestione, insita in ogni attore che si muove nello spazio città?Con queste domande può dirsi iniziata la genesi di questo lavoro che fa della città (qualora esista ancora un univoco significato del termine) e delle sue veloci trasformazioni fisiche ed immateriali il suo oggetto di studio.In un panorama omogeneo abitato dal nuovo Homo Urbanus assistiamo, abituati, al fenomeno della diluizione delle città che, come fluidi, scivolano su territori fertili dando vita ad organismi porosi che includono al loro interno la città antica, quella moderna e le sue periferie (esistono ancora le periferie?), il villaggio con la sua umile storia, la casa rurale così come la villa unifamiliare col suo giardino privato antisociale, la piccola officina così come il super-luogo commerciale. Assistiamo a tutto ciò in maniera attiva, appartenendo, tutti noi, alla specie urbana.Ci muoviamo in spazi colorati di identità sbiadite, alla ricerca del natio borgo selvaggio leopardiano, del carattere, delle radici senza le quali non si è più nessuno. Riempiamo le nostre vacanze di gigabyte di scorci tipici, di case tipiche, di gente tipica, di piatti tipici, di feste tipiche. Perchè?Una possibile risposta può essere: perché viviamo in città sempre più generiche, in città liberatesi dalla schiavitù del centro, dalla cornice identitaria che le inquadrava. Città uniformate ed uniformanti, nate diverse e cresciute similmente tra loro, attraverso processi di frattali ripetizioni infinite del medesimo e semplice modello strutturale. Formalmente somiglianti, formalmente indefinite, nebulose, diffuse, sguaiatamente sdraiate. Realtà molteplici, mobili e senza limiti che rappresentano non il mondo delle libertà ma il mondo dell’assenza di progetto.La diffusione di questo blob richiede strumenti efficaci di verifica e di contenimento, strumenti necessari per contrastare un fenomeno che fino a pochi anni fa si credeva di poter gestire con interpretazioni progettuali puntuali o con misure articolate. Oggi la città analogica diffusa, con i processi di degrado e dissesto che da essa scaturiscono, traduce sovente la riflessione in preoccupazione. Ciò dipende anche dal fatto di non disporre di una teoria che spieghi il funzionamento complessivo della città contemporanea ma solo di modelli parziali che, a partire da un dato problema, aiutano a costruire schemi esplicativi con cui interpretare le trasformazioni in atto.

Il percorso qui intrapreso parte quindi da questa consapevolezza, mira ad ottenere inquadrature differenti del medesimo problema e a trovarne, ove possibile, soluzioni verosimili.Il metodo di approccio adottato si regge sul paradosso che vede la dinamica

14

Page 15: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

progettuale come indipendente da elementi reali: la suggestione e la sensibilità diventano qui materie prime che si condenseranno poi in possibili scenari concreti.La prima fase del processo ha visto il disegno di modelli di tessuto urbano, di prototipi che, traendo ispirazione dall’arte e dall’armonia, a volte puramente geometrica e formale, potessero essere poi replicati in piccoli modelli tridimensionali e assemblati gli uni agli altri, secondo logiche puramente percettive. Il materiale così prodotto, fatto di textures, patterns, accostamenti, ha fornito un vasto strumentario utile alla successiva fase di collage: i diversi tessuti sono stati così modificati, scalati, distorti, ruotati, sovrapposti tra loro con l’intento di riprodurre analogicamente forme assimilabili a sistemi urbani reali.Successiva a questa fase più propriamente compositiva, quella analitica ha proposto una lettura delle realtà urbane precedentemente create ex novo secondo le usuali logiche analitiche che si applicano in questo ambito.Ciò ha fatto emergere chiaramente la potenziale vastità del soggetto studiato: percorsi molto differenti tra loro sono indizio di quanto numerosi possano essere gli approcci al tema della città contemporanea.Le analisi effettuate, più dettagliatamente illustrate nelle schede che seguiranno questa introduzione, spaziano da approcci più connessi alla fisicità del contesto urbano, con le implicite riflessioni su meccanismi strategici di auto-riparazione, sui concetti di limiti ed espansione, ad approcci che toccano invece aspetti più legati alle dinamiche sociali, intangibili, esplorando nuovi modelli di lettura della realtà, come, ad esempio, quella percettiva, finora esclusi dalla metodologia tradizionale.L’ultima fase è stata infine l’inserimento di quanto ottenuto in un contesto urbano esistente. La città di Ferrara e il suo territorio hanno fatto così da base topografica alle operazioni di sovrapposizione, sostituzione e cucitura che, come in un Frankenstein urbano, hanno dato vita a nuove, possibili realtà.

15

Page 16: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

multipli-cityLa città contemporanea sembra opporre una fiera resistenza alla descrizione, soprattutto se questa è svolta nelle forme codificate dell’urbanistica moderna.Sono stati piuttosto il cinema, il lavoro dei fotografi, le arti visive che hanno cercato di restituirci alcuni dei suoi connotati visivi, tattili e sonori più persuasivi, delle pratiche sociali che l’investono e della sua temporalità, che hanno cercato di mostrarci come tutto ciò in fondo si rassomigli, da Pechino a Los Angeles, a qualsivoglia città europea. Nelle descrizioni di urbanisti, sociologi, antropologi ed economisti si utilizzano termini come particella, eterogeneità, disordine, caos, facendo apparire la città contemporanea come una confusa amalgama di frammenti eterogenei, nella quale non è possibile riconoscere alcuna regola d’ordine, alcun principio di razionalità che la renda intelligibile.Al contrario, alcuni progettisti hanno impiegato tecniche grafiche che mescolano fotogrammi al disegno in una capacità di montaggio che denuncia esplicitamente i propri debiti nei confronti del mondo cinematografico. Quindi patchwork, ibridazione, layers che si sovrappongono e parzialmente si intersecano, labirinto, figura frattale, o ancor meglio gioco, domino, puzzle, cercando di riportare un ordine, sia pur debole, in un campo che ne è apparentemente privo, dove molteplici elementi che si moltiplicano diventano una “moltepli-città”. Come gli ambiti dell’urbano tentano di accostarsi come isole in un comune contesto, le diverse identità (tessere di puzzle bidimensionali che racchiudono plastici tridimensionali) si accostano all’interno di un mosaico diventando indistinguibili e formando un’immagine analogica della città.Una riflessione sulla città contemporanea può partire da qui, da un’immagine irreale che può essere percepita come qualcosa di reale.Proprio grazie ad un gioco di percezioni, di somiglianze, una macchia nera su fondo bianco può richiamare affinità con il vero; questo è ciò che ci insegna il test

di Rorschach, che propone infatti la visione di dieci tavole su ciascuna delle quali è riportata una macchia d’inchiostro simmetrica e per ciascuna e senza limiti di tempo imposto viene chiesto di esprimere tutto ciò cui la tavola somiglia, secondo il soggetto. Allo stesso modo, davanti ad una medesima immagine, come quella della città analogica, è possibile percepire visioni differenti da parte di soggetti differenti o in differenti momenti. Le sensibilità e le associazioni mentali legate alla memoria personale suggestionano ogni individuo in modo soggettivo. È un fenomeno che può apparire scontato e banale, ma in realtà esso racchiude in spazi e tempi minimi prossimi all’istante, processi mentali tendenzialmente infiniti, capaci di indagare nel mondo dei ricordi, delle suggestioni, delle sensazioni, dei sogni in tempi rapidissimi. Così una semplice macchia assume forme sempre più definite, legate all’esperienza personale reale o immaginata, capaci di trasmettere emozioni, finché quell’immagine bicromatica non sarà la semplice trasposizione di un codice binato, ma assumerà connotati sempre più sfumati, in cui sarà possibile leggere infiniti numeri. Alla realtà oggettiva si contrappone quella soggettiva che ogni individuo percepisce, come davanti alle tavole di Rorschach, così davanti ad ogni altra immagine, situazione, sensazione: la città non è unica ma molteplice.Anche Kevin Lynch nel 1960, nel suo classico The image of the City, indaga il carattere visivo della città, in particolare americana, non considerandola come un oggetto a sé stante ma come essa viene percepita dai suoi abitanti. Convinto dell’importanza delle immagini ambientali nelle nostre vite, dalle sue indagini e interviste ai residenti appare come una città esista in un’immagine pubblica, che è la sovrapposizione di una molteplicità di “fotografie” individuali. Quest’immagine affine, questa mappa inedita si caratterizza di elementi grafici che sottendono forme fisiche: percorsi,

16

Page 17: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa

margini, nodi, quartieri.Prendendo in prestito gli elementi di Lynch è facile descrivere le figurazioni della città nei suoi principali passaggi evolutivi storici legati ad esempio allo sviluppo della tecnologia nel campo dei trasporti: walking, transit e car city. I percorsi, i margini, i nodi e i quartieri hanno caratteristiche diverse a seconda della city considerata, facilmente intuibili.Estremizzando ancora la teoria dell’urbanista, ribaltando le modalità di utilizzo dei suoi elementi e codificando poche regole di disegno, si può rendere una città analogica, frutto di un puzzle, una mappa urbana credibile (anche troppo) di un centro abitato, tracciando percorsi gerarchici, individuando i margini temporanei di sviluppo, collocando nodi e polarità, sviluppando quartieri.Il risultato è una città fisica, influenzata inevitabilmente nella sua immagine dalle memorie e dalle esperienze di chi svolge l’esercizio. Questa è frammentaria, eterogenea, con confini indefiniti, dove la vita dell’individuo si sposta frequentemente e necessariamente dalla congestione metropolitana alla esclusione rurale, perché tutto nello spazio urbano acquista una super accelerazione che sposta masse di individui in direzioni e spazi sempre più privi di contenuti, svuotati della loro dimensione simbolica, costruiti in un territorio anonimo. “Non luoghi” uniti da una rete di “non strade”, in quanto la strada ha perso la sua dimensione vocazionale, svuotata delle sue varie e vitali funzioni e caratteristiche di stimolo e di energia per acquistare sempre più quella di scorrimento, dove nessuno si relaziona.Ecco la città che si vede. Le città che non si prestano ad essere percepite dalla vista contano almeno quanto le città visibili. Ecco che la percezione torna in gioco.La città teorica, in risposta a quella fisica, può essere la città relazionale, un organismo attraversabile che asseconda i flussi, i processi di fluidificazione dello spazio, che realizza una continuità diversa. All’interno di questa città la strada non è solo un luogo di passaggio, un luogo da percorrere, un luogo che connette due punti; la strada è qualcosa di più, è il luogo dello stare insieme, è il luogo dove la sfera pubblica e privata si intrecciano. La teorizzazione di questa nuova forma di città viene fondata sulla rilettura del rapporto tra pieni e vuoti e sulla rilettura delle dimensioni, non più reali ma rappresentanti la percezione della città fisica attraverso l’intensità delle relazioni e la densità delle identità. Un muro vestito di edera, un giardino all’ombra degli alberi in fiore, un torrente di montagna, una viuzza tortuosa sormontata da possenti mura nella città fisica rappresentano mattoni, vegetazione, acqua, strade ed edifici, definizioni tanto reali quanto macchinosamente limitative. La città relazionale mira al superamento di tali visioni del reale, visioni senza calore, senza odore, senza emozione.

Sulla base di queste affermazioni la città di Ferrara, città fisica, viene riletta secondo i principi della città relazionale. Per prima cosa sono stati individuati all’interno del tessuto urbano gli elementi più significativi, le cosiddette identità; queste sono state evidenziate alla scala reale. In un secondo momento, poi, le identità ferraresi, opportunamente scalate secondo l’intensità di relazione, sono state trasposte all’interno della città relazionale costruita. Dalla lettura relazionale della città è quindi possibile osservare come il rapporto tradizionale tra pieni e vuoti venga completamente stravolto: la dispersione tipica della città fisica dovuta alla diluizione della densità metropolitana attraverso vaste quantità di vuoto destinate a verde e infrastrutture cambia completamente quando si parla di relazioni; gli spazi urbani, vuoti ed isolati, tipici della città contemporanea, si spogliano infatti dal loro isolamento quando la scala di misurazione è quella relazionale; la densità territoriale della città non è più paragonabile a quella dei suburbi ma risulta, al contrario, compatta e concentrata. Il risultato di questa operazione porta ad un’evidente conclusione: la città contemporanea che ci circonda, riletta dal punto di vista relazionale, implode. Infatti, lo sviluppo incontrollato tipico delle nostre città e lo zoning che le caratterizza non vanno ad incidere sull’aspetto relazionale della città, da sempre concentrato nel cuore delle metropoli.Il sistema della città contemporanea che ingurgita continuamente territorio risulta quindi fallimentare; l’incessante espansione fisica e indifferenziata non comporta reazioni sul piano relazionale, in quanto la parte emozionale e vitale delle nostre città rimane sempre la stessa.

17

Page 18: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa
Page 19: 3906 originale - Aracne editrice · La direzione presa all’interno di questa esperienza ... del costruire. É venuto a mancare il concetto di riconoscibilità della città a causa