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a cura diBruno Tellia

IMMIGRATIE RELIGIONI

IL NUOVO PLURALISMO DELLE FEDIIN FRIULI VENEZIA GIULIA

Copyright © MMXARACNE editrice S.r.l.

[email protected]

via Raffaele Garofalo, 133/A–B00173 Roma(06) 93781065

ISBN 978–88–548–3370–8

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Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: giugno 2010

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Indice

7 Premessa Bruno Tellia 15 1. Religione e Istituzioni religiose nel percorso di inserimento

degli immigrati Bruno Tellia 47 2. Chiesa Cattolica Marco Orioles 75 3. Chiese Ortodosse Anastasiya Zayakhanova 93 4. Chiese Protestanti e Movimenti Evangelici Elisa Filiputti 131 5. Islam Marco Orioles 183 6. Religioni Orientali Marco Orioles, Anastasiya Zayakhanova 195 7. Un’esperienza di dialogo istituzionale Elisa Filiputti 201 8. Tabelle riepilogative dei gruppi religiosi 207 9. Bibliografia

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Premessa Bruno Tellia

Il Dossier Caritas/Migrantes del 2009 stima che in Italia siano im-

migrati circa 1.300.000 Musulmani, 1.100.000 Ortodossi, 740.000 Cattolici, 120.000 Protestanti, 50.000 Cristiani di altre confessioni, 215.000 appartenenti a religioni diverse da quelle indicate. Le stime riferite al Friuli Venezia Giulia indicano la presenza fra gli immigrati di 28.000 Ortodossi, 24.000 Musulmani, 16.000 Cattolici, 2.500 Pro-testanti, 2.500 Animisti, 1.500 Induisti.

Con una popolazione immigrata che costituisce l’8% di tutta la po-polazione, e che è raddoppiata negli ultimi sette anni, il Friuli Venezia Giulia ospita numerose comunità etniche, che incidono sulla composi-zione demografica della popolazione della regione e che, con le loro tradizioni e pratiche religiose, introducono elementi di novità nel con-testo culturale della regione. Occorre aggiungere, inoltre, che più di un quarto dei nuovi nati hanno almeno un genitore non italiano e un quin-to dei matrimoni celebrati vede coinvolto almeno un non italiano. In-fine, mentre il tasso di fecondità (numero di figli per ogni donna di età compresa fra 15 e 49 anni) è di 1,23 fra le italiane, fra le non italiane è più del doppio, e ciò vuol dire che mentre la popolazione locale si ri-duce di numero la popolazione immigrata aumenta.

Nonostante la sua rilevanza, l’argomento religione è piuttosto tra-scurato nelle ricerche e nella letteratura sull’immigrazione, che si fo-calizzano prevalentemente sulle condizioni economiche – in particola-re lavorative – degli immigrati, sulla sicurezza, sui fenomeni di de-vianza sociale, sulla mobilità territoriale, su specifici problemi sociali – quali il successo/insuccesso scolastico e l’abitazione – e la scuola.

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Quando si spingono oltre tali temi, l’interesse prevalente è rivolto al pregiudizio, ai rapporti interpersonali con i membri della comunità o-spitante, alle reti costruite per rinsaldare legami di gruppo. Ricorrenti, poi, sono i riferimenti a razzismo e xenofobia, termini talmente abusa-ti da avere perso il loro significato originario e quindi la capacità di descrivere fenomeni molto specifici. La metodologia adottata privile-gia le storie personali, i racconti, i discorsi generali.

L’aspetto religioso acquista invece dimensioni ed interesse crescen-ti. Attraverso nuove immigrazioni, la costituzione di nuovi nuclei fa-miliari, le conversioni (collegate soprattutto alla celebrazione di ma-trimoni interreligiosi), infatti, aumenta il numero dei centri religiosi non cattolici e cambiano riti e sensibilità fra i cattolici. La religione, inoltre, viene analizzata in rapporto alle più vaste problematiche della conservazione/trasformazione dell’identità individuale e di gruppo, e del conflitto/cooperazione nel percorso di inserimento degli immigrati e nel formarsi di comunità stabili di immigrati.

Si è avvertita, quindi, la necessità di esplorare il rapporto immigra-zione–religione, ed in particolare come antiche e nuove religioni si stanno insediando in Friuli Venezia Giulia, quanti fedeli raggiungono e coinvolgono, le modalità organizzative, i momenti di ritrovo per le celebrazioni rituali, come i nuovi centri religiosi si rapportano con il contesto locale, quale attività svolgono a favore dei propri seguaci, come accompagnano gli immigrati nel confronto con il nuovo conte-sto sociale e culturale, cosa fanno per conservare e trasmettere i valori e la cultura che esprimono, quali problemi debbono affrontare (eco-nomici, organizzativi, per avvicinare i fedeli, ecc.).

In molte parti del mondo, in verità, si assiste ad una rinascita reli-giosa, in parte sicuramente imputabile proprio alla crescita dei movi-menti migratori, rinascita che pone non poche sfide sia alla società ci-vile che alla politica degli stati, intrecciandosi non solo con il proble-ma dell’integrazione ma anche con il conflitto etnico e con il dibattito sulla cittadinanza, sul senso e l’ampiezza dei diritti civili. Soprattutto, mette in discussione nelle società occidentali il principio cardine su cui poggiano gli stati, quello della laicità, e costringe i ricercatori a ri-vedere le (affrettate) conclusioni sulla inevitabile secolarizzazione del-le società occidentali.

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È importante sottolineare che lo studio non è stato sollecitato da particolari situazioni di conflitto o di pregiudizio religioso o di disor-ganizzazione sociale, anche se non mancano episodi problematici in cui, però, non è sempre facile distinguere quanto sia imputabile alla religione e quanto ad altre variabili. Secondo l’indice costruito dal Rapporto Censis, l’integrazione degli immigrati in regione è «massi-ma». Tutti gli intervistati hanno dichiarato che i vari gruppi religiosi non incontrano particolari difficoltà ad organizzarsi, e che i rapporti con la popolazione locale e gli altri gruppi religiosi sono buoni. Alcuni problemi sorti in particolare a Pordenone per la localizzazione del luogo di ritrovo dei Musulmani sono stati risolti.

Un ulteriore motivo che ha spinto ad analizzare il tema immigra-zione–religione è di interesse più teorico. Gran parte della letteratura su religione ed immigrazione è scritta per chi si interessa di problemi religiosi e di religione. C’è invece bisogno di collegare i due temi (dell’immigrazione e della religione) per comprendere in modo più approfondito le stesse dinamiche di inserimento e adattamento degli immigrati. Le situazioni possibili, infatti sono numerose e diverse. Può essere che ci sia integrazione in alcune aree della vita, per esempio in quella economica, e mancanza di integrazione in altre, per esempio la religione. Può esserci assimilazione di alcuni comportamenti propri del luogo di arrivo e non assimilazione dei valori o dei significati che li sottendono, in una sorta di formalismo comportamentale e rifiuto valoriale. Può succedere che, sottratti per un periodo più o meno lungo al controllo istituzionale, una parte degli immigrati sviluppi forme personali di religiosità pur restando nell’alveo della religione professa-ta. Può darsi che la diaspora dia vita, all’interno della stessa denomi-nazione religiosa, a gruppi che si differenziano su come vivere la fede e interpretare le prescrizioni rituali e comportamentali in contesti af-fatto diversi da quelli di provenienza. C’è da chiedersi, anche, se l’appartenenza a religioni più lontane dalla cultura locale, come è cer-tamente l’Islam, influisca sull’integrazione civica, vale a dire sull’accettazione dei principi e delle norme su cui si basano i rapporti e le relazioni sociali e le istituzioni civili.

L’attività di ricerca è consistita nel costruire una mappa delle pre-senze religiose in Friuli Venezia Giulia, per poi approfondire i vari a-spetti collegati alla presenza di immigrati che aderiscono a religioni

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già storicamente presenti ed organizzate sul territorio regionale oppure a religioni nuove per il contesto regionale. La tecnica è stata quella delle interviste semi–strutturate condotte con i capi spirituali delle comunità religiose. Le interviste, complessivamente 44, sono riportate in questo volume, raggruppate per grandi aree religiose: la Chiesa cat-tolica, le Chiese ortodosse, le Chiese protestanti, l’Islam, le Religioni orientali. È importante sottolineare che è stata prestata attenzione a tutti i gruppi religiosi raggiungibili, indipendentemente dal numero dei fedeli. Nonostante si sia fatto ogni sforzo per rintracciare anche piccoli gruppi di fedeli che non hanno visibilità pubblica, certamente qualche realtà è sfuggita. In particolare, secondo alcuni vi sono gruppi che pra-ticano in ambienti privati riti tradizionali africani ed americani, ma non sono stati individuati. Questa pubblicazione, forse, potrà favorire l’emergere di ciò che è rimasto nascosto.

Il lavoro svolto, gli autori ne sono ben consapevoli, non esaurisce la complessità del tema immigrazione–religione; però ne costituisce la necessaria premessa descrittiva. Successivi filoni di ricerca dovranno rilevare ed indagare le risposte individuali degli immigrati, sia a livel-lo di atteggiamenti che di comportamenti. Si tratterà di vedere chi e in che modo conserva rigidamente immutato il proprio apparato di con-vincimenti e di valori e a questi ispira il comportamento anche in con-testi diversi da quello in cui furono appresi. Chi viene trascinato nel torrente della secolarizzazione senza opporre particolare resistenza. Chi ha in sé stesso la possibilità di uno sviluppo sistematico e creativo e si giova di questa possibilità per adattarsi, negoziare, modificarsi e modificare, in breve per inserirsi con successo nel nuovo ambiente.

Andrebbero esaminate anche le condizioni sotto le quali la religio-ne degli immigrati potrebbe portare a cambiamenti nella società re-gionale. Per esempio, se la proporzione di immigrati musulmani au-menta, i Musulmani modificheranno il modo in cui la religione è vista nella società regionale? Il crescente numero di Evangelici latino–americani ed asiatici modificherà la relazione fra religione ed etnia specifica? Infine, andrebbe rilevato l’impatto che le nuove presenze religiose esercitano sulla religiosità della popolazione indigena in sen-so stretto e, più in generale, sul suo rapporto con la religione.

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Questo volume quindi, negli auspici degli autori, dovrebbe costitui-re un utile punto di partenza per altri approfondimenti da condursi di-rettamente su campioni rappresentativi degli immigrati.

Il lettore potrà trovare strano, e forse non condividerla, l’attenzione riservata anche a gruppi religiosi costituiti da poche unità. Occorre precisare che lo spazio riservato a ciascuna comunità religiosa non è proporzionato al peso quantitativo che ha nello scenario religioso del Friuli Venezia Giulia, ma è funzionale all’obiettivo di farne apprezza-re i contenuti di fede essenziali, la composizione, l’organizzazione, la vita, il rapporto con la comunità locale. L’attenzione particolare rivol-ta all’Islam si giustifica per l’ovvio motivo che, per i numeri e per i problemi culturali, sociali e politici collegati alla sua diffusione nell’intera Europa, costringe inevitabilmente a misurarsi con esso.

Va tenuto presente che i numeri sulla consistenza dei gruppi di rife-rimento e dei partecipanti alle celebrazioni cultuali e alle attività pro-mosse dalle istituzioni religiose, e riportati nelle schede collocate alla fine di questo libro, sono quelli forniti dagli intervistati. Non ci sono altre fonti per confermarli o correggerli.

Uno sguardo d’assieme delle presenze religiose in regione eviden-zia innanzitutto la grande frammentazione delle religioni e nelle reli-gioni. Il moltiplicarsi dei movimenti protestanti, le differenziazioni all’interno dell’Islam, la stessa formazione all’interno della Chiesa cattolica, che pure fra tutte le religioni è quella più omogenea e strut-turata, di aree etniche e nazionali, sottolineano che in verità la dimen-sione religiosa non è posticcia ma profondamente legata alla condi-zione esistenziale delle persone. Indicano, però, anche un possibile ri-schio di conflitto qualora le identità vengano affermate in modo tale da escludere tutte le altre e da contrapporsi ad esse, eventualmente i-dentificandole con il “nemico”. Allo stato attuale, stando alle intervi-ste raccolte, la probabilità che ciò accada sembra molto bassa. Anzi, proprio la frequentazione delle comunità religiose sembra favorire il rispetto per le altre. Il “sembra” è d’obbligo in quanto la presenza di un numero notevole di persone che vivono in contesti abbastanza de-strutturati, spesso con problemi seri di rapporti con le istituzioni pub-bliche e di lavoro, eventualmente con bisogni economici ed abitativi che è difficile soddisfare, può offrire un campo fertile per il proseliti-smo e la tentazione di approfittare delle condizioni favorevoli per at-

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trarre nuovi adepti. Il proselitismo di per sé non costituisce un fattore conflittuale né porta alla stereotipizzazione negativa degli altri. Tutta-via può assumere forme e modalità tali da creare sospetti, contrarietà, incomprensioni. Pur nella rappresentazione nel suo complesso buoni-sta, tollerante, cordiale che è emersa dalle interviste, non sono mancati lievi accenni polemici o appena percettibili segnali che dicono che qualche problema con qualche gruppo esiste.

Va tenuto presente che, mancando le informazioni sugli immigrati che non credono in alcuna fede o che pur appartenendo formalmente ad una confessione religiosa non sono praticanti, non è possibile effet-tuare i confronti indispensabili per determinare l’effettivo peso del fat-tore religione. Tuttavia, sulla base delle testimonianze indirette fino ad ora raccolte, si può affermare che chi partecipa alla vita delle comuni-tà religiose è facilitato nel percorso di inserimento nella nuova società. In effetti le comunità religiose, come emerso dalle interviste, svolgono alcune funzioni cruciali di sostegno. Esse aiutano gli immigrati a su-perare il possibile trauma derivante dal trovarsi in un ambiente com-pletamente nuovo, facendo mediazione culturale, offrendo un luogo in cui riprodurre momenti topici della loro tradizione, rinsaldando quella dimensione spirituale che è ancora più importante in un contesto più incerto, più imprevedibile, più minaccioso. Non è casuale che, come raccontato in uno degli incontri, alcuni immigrati provenienti dall’area ex comunista, abbiano riscoperto la fede lontani dal loro paese. Le comunità religiose cooperano nel risolvere i tanti problemi ammini-strativi che angustiano un immigrato e a superare momenti di difficol-tà economica. Facilitano la conservazione di legami amicali e sociali, proponendo occasioni di incontri sociali, oltre a quelli finalizzati alle celebrazioni rituali. Affiancano efficacemente le famiglie nella socia-lizzazione dei figli.

Dai colloqui è emerso il duplice impegno di tutte le strutture reli-giose: da una parte aiutare gli adulti ad apprendere gli strumenti indi-spensabili (lingua italiana e conoscenza delle regole elementari) per sopravvivere ed inserirsi nella società locale e, dall’altra, trasmettere alle nuove generazioni, spesso nate qui, la lingua e la cultura del paese di origine dei genitori. Questo muoversi sulla sommità di un crinale, avendo da una parte la conservazione di un patrimonio di valori e cul-tura tradizionali e dall’altra l’apertura ai valori e alla cultura della so-

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cietà che accoglie, non è semplice, agevole e privo di rischi, essendo sempre possibile cadere da una parte o dall’altra. Sembrerebbe, sulla scorta delle interviste, che sia stato trovato un certo equilibrio nel per-correre un sentiero piuttosto impervio. Non rimarrebbe, allora, che au-gurarsi che ciò possa continuare. Le spinte o le occasioni per abban-donarlo purtroppo non mancano.

A conclusione di questa premessa è doveroso ricordare che la ricer-ca sulle religioni presenti nel territorio regionale è stata resa possibile grazie ad un contributo dell’Assessorato regionale alla Cultura. So-prattutto, è doveroso sottolineare la piena disponibilità manifestata dai responsabili delle comunità e delle strutture religiose contattate. Nes-suno si è rifiutato di parlare con i ricercatori o si è sottratto a qualche domanda. Anche questo atteggiamento aperto e collaborativo dei leader religiosi può essere considerato come indicatore di un ambiente sostanzialmente sereno, sgombro di timori e sospetti, in cui si è dispo-sti a rapportarsi con gli altri.

Un’ultima doverosa annotazione. I vecchi manuali di metodologia della ricerca raccomandavano ai ricercatori di esplicitare inizialmente i loro valori di fondo riguardo l’oggetto della ricerca. Convinti che tale indicazione conservi immutata validità, nonostante sia raramente se-guita, i ricercatori che hanno avviato questo percorso di ricerca, e che si augurano di potere continuare, sono dell’opinione che ogni comuni-tà religiosa debba legittimamente contrastare l’assimilazione totale; non deve, però, intenzionalmente ricercare l’emarginazione rifugian-dosi in una identità affermata in modo esclusivo.