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sped. abb. postale 45% Art2 - comma 20/b - Legge 662/96 - Roma periodico di idee, informazione e cultura del Collegio Ipasvi di Roma luglio - settembre 2003

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La misuraè ormai colma

di Gennaro Rocco

C osì proprio non va. Nonostante i ri-petuti proclami sull’ottimizzazionedelle risorse e sul contenimento

delle spese superflue, il Servizio Sanitarioprosegue inesorabile sulla via della restri-zione dei servizi e sul loro ridimensiona-mento. Il che si ripercuote inesorabilmen-te sull’attività degli operatori sanitari. Acominciare dagli infermieri.

Siamo reduci da un lungo periodo dicarenza di infermieri pagata a caro prezzodai cittadini. Eppure, anche oggi che l’ap-proccio dei giovani verso la professioneinfermieristica sta mutando in positivo, gliorganici restano ridotti al lumicino e nullasta cambiando in pratica. Condizione benevidente nell’estate scorsa, quando si ènuovamente evidenziato il grave limiteche ciò comporta nell’erogazione dei ser-vizi di assistenza.

Il personale infermieristico residuo con-tinua poi ad essere utilizzato in mansioniimproprie, riproducendo così la logica ditrent’anni fa secondo cui l’infermiere, l’u-nica figura sempre presente in reparto,può tappare ogni falla, sopperire a qual-siasi carenza, farsi in due per garantire ilservizio. Ecco dunque i doppi e tripli turni,l’esecuzione di mansioni lontane anni lucedalla nostra professione, con una conse-guente difficoltà generale che, di fatto,penalizza tutta la sanità.

La situazione non cambia. Non cambianeppure la risposta alle istanze degli oltre30 mila colleghi che operano nel Lazio. E afronte alla legittima richiesta degli infer-

mieri di avere un adeguato ricambio e unadeguamento vero degli organici, si conti-nua a rispondere che non ci sono risorse.Come avviene ormai da diversi anni.

Ci chiediamo allora se questo processodi razionalizzazione delle risorse sia statoavviato: effettivamente quanti servizi dop-pioni esistono ancora? Quante consulenzepiù o meno onerose e clientelari resisto-no? Cosa è cambiato davvero nelle Asl?Quali sprechi finanziari sono stati corretti?E quali altri permangono?

Gli infermieri chiedono (e meritano)una netta inversione di tendenza, inver-sione che non vogliono affidare solo agliamministratori della macchina sanitaria,ma che deve vedere essi stessi protagoni-sti. Non si può più tergiversare non tenen-do conto della voce di una categoria cheha avuto grossi riconoscimenti formali, mache ancora aspetta di vederli concretizzati.

Sale forte la nostra richiesta per unareale ricollocazione all’interno delle azien-de, strutturando i servizi dove c’è una diri-genza, utilizzando gli infermieri conmaster nel campo dell’innovazione e dellaricerca.

E poi l’applicazione delle norme chesiamo riusciti ad ottenere a livello nazio-nale: la dirigenza infermieristica, i nuovimodelli organizzativi, l’opportunità pertutti di frequentare i nuovi percorsi uni-versitari.

Non basta. Tutto ciò deve tradursianche in un diverso trattamento economi-co, che riconosca finalmente gli infermieri

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e d i t o r i a l e

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per quello che sono oggi, per ciò che sonodiventati.

La stagione contrattuale sta per ripren-dere su un contratto scaduto ormai daquasi due anni. Confidiamo che questa siala volta buona per vedere riconosciuti inostri meriti e le nostre responsabilità. Suquesto fronte ci aspettiamo qualcosa dibuono anche dalla prossima LeggeFinanziaria, che si annuncia ancora unavolta all’insegna dei tagli. Speriamo chequesti, come da più parti ci si affretta aprecisare, non riguardino una volta di piùla sanità.

Gli infermieri vogliono essere protago-

nisti del recupero di credibilità del ServizioSanitario regionale e sono sempre edancora propensi a mettere a disposizionela loro professionalità, la loro dedizione, illoro entusiasmo. Ma vorrebbero segnaliforti e chiari delle istituzioni. È proprio cosìdifficile? Eppure la soluzione c’è: laRegione dia concretamente agli infermierila guida dell’organizzazione, attivi i servi-zi infermieristici e i dipartimenti dell’assi-stenza, affidando loro la gestione.Reintegri gli organici perennementecarenti e riconosca reale autonomia ope-rativa. C’è da scommettere che le cosecambierebbero davvero.

Neanderthal, non più parentiLo studio genetico dell’uomo diNeanderthal e di alcuni esemplaridi Homo sapiens dimostra che i duegruppi, pur avendo convissuto inEuropa, non si incrociarono tra lo-ro, rimanendo sempre due speciedistinte, fino a che Neanderthal,perdendo la battaglia evolutivacon Sapiens, si estinse. È quanto af-ferma lo studio condotto da ungruppo di ricercatori italiani dell’U-niversità di Ferrara, guidato daGiorgio Bertorelle, che ha confron-tato il Dna di alcuni esemplari diuomini di Neanderthal con quellidegli esemplari di Homo sapiensrinvenuti in Puglia nel 1988. L’esa-me comparato si è poi esteso al

Dna dell’uomo contemporaneo, suun campione di 2.500 unità tra eu-ropei, asiatici ed africani. La ricerca,pubblicata dalla rivista Proceedingsof the National Academy of Science(Pnas), mostra che i geni umani dioggi non hanno ricevuto alcunaeredità sostanziale da Neanderthal.Per contro, il Dna degli uomini con-temporanei è praticamente identi-co a quello degli antenati Cro-Ma-gnon, quello di Neanderthal diffe-risce nettamente da entrambi. Nerisulta che il Dna dell’Homo sapiensnon è cambiato quasi per nientenegli ultimi 25 mila anni e che iNeanderthaliani avevano caratteri-stiche genetiche diverse, mantenu-te tali fino alla loro estinzione.

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Analgosedazione in TerapiaIntensiva Post-Chirurgica: gestioneinfermieristica del dolore acuto

di Claudio Carola e Giorgia Allegretti

S econdo l’Associazione Interna-zionale per lo Studio del Dolore(IASP): “Il dolore è una sgrade-

vole esperienza sensoriale ed emotiva,associata ad un effettivo e potenzialedanno tissutale e comunque descritto co-me tale”.

In altre parole si può affermare che ildolore è la presa di coscienza dell’infor-mazione nocicettiva cioè l’individuo per-cepisce il dolore solo quando l’informa-zione nocicettiva dai nuclei talamici vie-ne integrata nelle aree corticali e limbi-che. (Con il termine nocicezione inten-diamo tutti gli eventi neuronali che av-vengono allorchè uno stimolo dannosoviene a contatto con una parte qualsiasiesterna o interna del nostro organismoin cui siano presenti i nocicettori).

IL DOLORE CHIRURGICO

L’intervento chirurgico determina duetipi di dolore:

• Un dolore estremamente violentodovuto alle manovre chirurgiche:dolore intraoperatorio;

• Un dolore, successivo all’atto chi-rurgico, innescato dalle lesioni tis-sutali e prodotto dalla stimolazionedei recettori periferici: dolore post-operatorio.

Gli effetti causati dal dolore post-ope-ratorio e le risposte fisiologiche alla lesio-ne chirurgica sono note da tempo. Essi in-

cludono disfunzioni polmonari, cardiova-scolari, gastrointestinali ed urinarie, alte-razioni del metabolismo e della funzionemuscolare. L’intensità, la qualità, la dura-ta del dolore dipendono dalle caratteri-stiche psico-fisiche del degente, dal tipodi intervento, dal trattamento anestesio-logico e dalla qualità del trattamento deldolore in seguito all’operazione.

L’analgosedazione ideale consiste nel: • Controllo del dolore e dell’ansia; • Amnesia e distacco dall’ambiente;• Regolazione del ciclo sonno-veglia;

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Esperienze a confronto

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• Stabilizzazione dell’emodinamica; • Adattamento al ventilatore; • Valutazione dello stato neurologico.Un livello di sedazione ideale sembra

essere quello in cui il paziente è sonno-lento ma con vivace risposta allo stimololuminoso e/o ad un basso stimolo uditivo.Questo livello di sedazione corrisponde al4° livello della RAMSAY SEDATION SCALE.

FARMACO-TERAPIA POST-OPERATORIA

La scelta del farmaco, la modalità disomministrazione deve essere compiutavalutando un corretto rapporto ri-schio/beneficio; la prevenzione del dolorerichiede una adeguata educazione sanita-ria riconducibile ad una posizione confor-tevole nel periodo post-operatorio, allariduzione dello stress chirurgico, alle cor-rette manovre di nursing, ad una correttaanalgesia, alla nutrizione enterale, ecc.

La terapia farmacologica in uso è ca-ratterizzata da:

• FANS (analoghi all’aspirina) usatiper via I.M., per OS, per E.V. come tratta-mento nella chirurgia minore;

• OPPIOIDI (morfina o morfino-simili)di utilizzo nella chirurgia maggiore mausati con cautela a causa dei loro effettiindesiderati(depressione respiratoria,nausea, vomito, ecc.).

Presso la Terapia Intensiva Post-Chi-rurgica vengono utilizzati i seguenti far-maci:

• Sufentanil; • Remifentanil; • Propofol;• Midazolam;

SUFENTANILE’ un potente analgesico che ha mo-

strato una buona stabilità emodinamica ;allo stop infusionale la dose può essereimpostata fino a raggiungere un buonadattamento sia al ventilatore che al do-lore.

REMIFENTANIL E’ un farmaco caratterizzato da un’a-

zione a rapida insorgenza e di breve du-rata, indicato nelle forme di induzione edi mantenimento dell’analgesia; gli ef-

fetti emodinamici più comuni sono la di-minuzione della PAS e della FC. Il preve-dibile rapido risveglio è utile per l’esameneurologico e per un rapido svezzamen-to dal ventilatore meccanico.

PROPOFOL E’ veicolato con soluzione al 10-20%

di particelle di acidi grassi a lunga cate-na. Determina una riduzione della PAS acausa della vasodilatazione periferica, ladepressione respiratoria è dose-dipen-dente; l’infusione continua è a dosaggiomodulato a secondo il livello di sedazio-ne che si vuole ottenere.

MIDAZOLAM E’ una BDZ da usare con cautela per-

ché può determinare una depressionerespiratoria e la vasodilatazione periferi-ca; ha una potenza sedativa superiore alDIAZEPAM.

GESTIONE INFERMIERISTICA DEL DOLORE ACUTO

Il paziente in area critica non può es-sere completamente cosciente a causadel decorso della patologia o del tipo diterapia che lo può obnubilare. Un’ atten-ta analisi delle caratteristiche del dolore(la verbalizzazione, la mimica facciale, lapostura di difesa, l’irrigidimento, l’irre-quietezza, l’apatia, l’instabilità emodina-mica) permette una migliore gestionedel ricoverato.

Il personale di assistenza può usare di-verse strategie non farmacologiche percontrollare il dolore post-operatorio:

• Il posizionamento: sostenere e/oelevare la parte dolorosa con dei cuscinio altri presidi; variare il decubito neitempi prestabiliti;

• La stimolazione cutanea con so-stanze emollienti;

• La stimolazione controlaterale co-me sfregamenti o massaggi quando laparte interessata non sia direttamenteraggiungibile;

• Tecniche di distrazione come la con-versazione;

• Se i metodi sopradescritti risultanoinappropriati o inefficaci collaborare conil medico, secondo la necessità, in modo

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da stabilire un efficace protocollo anal-gesico.

SISTEMI DI INFUSIONE DELLE SOSTANZE ANALGESICHE*

Per la somministrazione della terapiafarmacologica si usano due tipi diversi dipresidi:

• Sistema di infusione di tipo elasto-merico;

• Sistema di infusione di tipo elettrico.

INFUSIONE DI TIPO ELASTOMERICO La pompa elastomerica è un dispositi-

vo monouso per l’infusione continua difarmaci in soluzione, a velocità costantepreimpostata. E’ da un palloncino-serba-toio in materiale elastico (elastomero)che esercita, sul fluido in esso contenuto,una pressione costante; tale fluido vienespinto lungo una linea capillare diretta-mente in vena. I limiti del sistema sonodati dalla imprecisione del flusso e dallaimpossibilità di modificarne la velocità diinfusione. Sono considerati facilmentegestibili dal personale di assistenza per ilmodesto onere in termini di manuten-zione e di controllo.

INFUSIONE DI TIPO ELETTRICO L’apparecchio si compone di una par-

te elettronica, che permette di configu-rare in tutti i suoi parametri la modalitàdi somministrazione e di una siringa mo-nouso all’interno della quale è contenu-to l’analgesico in soluzione. E’ un siste-ma pratico, di facile gestione e può essercollegato in rete o in maniera indipen-dente; in alcuni casi può essere utilizzatoper la terapia domiciliare.

CONCLUSIONI Il degente che si ricovera in ospedale

per affrontare un intervento chirurgico èabituato ad uno stile di vita indipenden-

te; in reparto i bisogni fondamentali qua-li: il mangiare, la mobilità, la privacy, ilcontrollo delle funzioni corporee posso-no essere limitate dallo staff di assistenzao dalle strutture stesse dell’ospedale. l’in-certezza su cosa l’aspetta, la paura del-l’intervento e l’isolamento dall’ambientefamiliare sono incrementati dall’improv-visa esperienza di una nuova sorgente distress: il dolore post-operatorio

* G. Pari, et al. “Il dolore post-operatorio,aspetti fisiopatologici e basi terapeutiche”-ISAL, RIMINI 1997

Autori:Claudio Carola, infermiere professionalepresso l’U.O.D. di Anestesia e Rianima-zione - Terapia Intensiva Post-Chirurgicain servizio presso l’Azienda OspedalieraSan Giovanni-Addolorata.Giorgia Allegretti, infermiera professio-nale presso l’U.O.D. di Chirurgia Genera-le e Oncologica presso l’Azienda Ospeda-liera San Giovanni-Addolorata di Roma.

NANCY M. HOLLOWAY, Pianidi assistenza infermieristica,ed. Sorbona.

G. PARI et Al., Il dolore post-operatorio: aspetti fisiopato-logici e basi terapeutiche,ISAL, Rimini 1997.

DE NICOLA A., I farmaci deldolore post-operatorio, attidel II Convegno Multidiscipli-nare, Napoli 1994.

Protocolli di assistenza infer-mieristica in T.I. post-chirurgi-ca, ACOS San Giovanni-Addo-lorata, Roma.

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L’infermiere nell’emergenzaneonatale e pediatrica

di Francesca Plaja

L’emergenza viene definita come unevento serio e inaspettato che può causa-re numerose gravi conseguenze. Solita-mente richiede un intervento immediato.

In una situazione di emergenza l’agi-re dell’infermiere è rivolto alla rianima-zione o alla stabilizzazione dei parametrivitali del neonato o del bambino.

Attualmente i riferimenti dell’agireprofessionale trovano riscontro nel codicedeontologico, nel profilo professionale enegli ordinamenti didattici universitari.

Il professionista deve riconoscere e pre-venire l’arresto cardio-respiratorio, devesaper rianimare e stabilizzare un bambinoo un neonato in insufficienza respiratoria,shock o arresto cardio-polmonare.

Considerando alcune situazioni che siriscontrano nei neonati e nei bambini,gli interventi infermieristici dovrebberoessere:

•• in caso di arresto cardio - pol-monare � iniziare il PEDIATRIC BA-SIC LIFE SUPPORT (PBLS).

RIANIMAZIONE CARDIORESPIRATORIA: PBLS

– Osservare;– Riflettere;– Agire: con il sapere (conoscenze

teoriche); con il saper essere (mantenerela calma e gestire l’ansia propria e quellaaltrui); con il saper fare (conoscenze pra-tiche).

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Esperienze a confronto

1) Valutare lo stato di coscienzaSi valuta lo stato di coscienza stimolandoil bambino con un pizzicotto. La risposta aldolore è indice di presenza o meno dellostato di coscienza

2) Pervietà delle vie aereeRimuovere, se presenti, dal cavo oralecorpi solidi o liquidi

3) Rilevare l’attività respiratoriaSollevare il mento con due dita, spingerela testa indietro appoggiando la manosulla fronte e facendo perno sulla nuca(leggera iperestensione del collo) valutare10 secondi:• Con lo sguardo il torace se si espande;• Con l’udito l’eventuale presenza di

rumori;• Con il tatto sentire l’emissione di aria

calda dalla bocca del bambino

Se il bambino non respira:eseguire 5 insufflazioni lente

e profonde

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N.B. COMPRESSIONI TORACICHE:

– Tecnica delle 2 dita: le estremità deldito medio e dell’indice (2° e 3° dito)comprimono perpendicolarmente losterno di 2 o 3 cm (circa 100 compressio-ni al minuto);

– Tecnica dei pollici: le mani dell’ope-ratore sono intorno al torace del neona-to ed i due pollici comprimono lo sterno.

NEL MOMENTO IN CUI SI ACCETTA INTERAPIA INTENSIVA NEONATALE UNNEONATO GRAVEMENTE PRETERMINE:

– Obiettivo primario dell’assistenzainfermieristica al neonato pretermine è:la stabilizzazione dei parametri vitali.

– Obiettivo secondario - ridurre il ri-schio di possibili complicanze quali: reti-nopatia del pretermine, sepsi ecc.

– Obiettivo terziario - ridurre il ri-

schio di possibili complicanze a distanzadalla nascita quali: ritardo mentale, dis-turbi dell’apprendimento ecc.

Oggi l’assistenza infermieristica ero-gata nelle T.I.N. è “INDIVIDUALIZED DE-VELOPMENTAL CARE” ossia “ASSISTEN-ZA PERSONALIZZATA ALLO SVILUPPODEL NEONATO, INCENTRATA SULLA FA-MIGLIA”.

Il Developmental care rappresenta unapproccio olistico che inizia alla nascita econtinua fino alla dimissione.

I punti fondamentali di questo ap-proccio assistenziale sono:

• Promozione dello sviluppo del neo-nato;

• Il coinvolgimento e il sostegno allafamiglia;

• L’incoraggiamento al lavoro digruppo e la crescita professionale ditutti gli operatori in T.I.N..

NEL BAMBINO CON CONVULSIONIFEBBRILI IN ATTO, L’ASSISTENZA IN-FERMIERISTICA DA ATTUARE:

– Monitorare i parametri vitali;– Mantenere pervie le vie aeree;– Somministrare O2;– Reperire accesso venoso;– Eseguire prelievi ematici;– Somministrare su prescrizione me-

dica Diazepam ev (monitorizzando lafrequenza cardiaca);

– Se non è possibile la somministrazio-ne endovenosa eseguire quella endoret-tale (utilizzando un raccordo alla siringa);

– Somministrare su prescrizione me-dica Lorazepam.

NEL NEONATO CON CRISI CONVULSI-VA IN ATTO L’ASSISTENZA INFERMIE-RISTICA DA ATTUARE:

– Valutare il tipo e la durata dellacrisi;

– Aspirazione delle secrezioni presen-ti nel cavo orale e nelle prime vie aeree;

– Somministrazione di ossigenotera-pia se occorre;

4) Valutare la presenza del circoloRicercare il polso femorale o brachiale evalutarlo per 10 secondi

Se il polso è assente:• Ricercare il punto di repere;• Praticare 5 compressioni toraciche (rap-porto 5 compressioni: 1 ventilazione)• Alternare 5 c.t. ed 1 insufflazione per 1minuto (circa 20 cicli)

Dopo un minuto di RCPrivalutare il circolo

Se assentecontinuare RCP

Se presente valutare

Se l’attività respiratoria è presente:valutare lo stato di coscienza

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– Ricerca immediata di un accesso ve-noso;

– Monitoraggio dei parametri vitali.

NEL BAMBINO CON APPENDICITEACUTA L’ASSISTENZA INFERMIERISTI-CA AL MOMENTO DEL RICOVEROOSPEDALIERO DA ATTUARE:

– Esecuzione prelievo ematico e delleurine;

– Reperire accesso venoso periferico;– Inoltrare richieste Rx torace ed Ecg.L’infermiere essendo un professionista

sanitario “responsabile dell’assistenza in-fermieristica” di fronte all’emergenzadeve valutare, stimare le proprie compe-tenze e riconoscere i propri limiti.

Ogni prestazione sul bambino o sulneonato va valutata soppesandone rischie benefici.

“L’ infermiere si assume responsabilitàin base al livello di competenza raggiun-to, riconosce i limiti delle proprie cono-scenze e competenze e declina la respon-sabilità quando ritenga di non poter agi-re con sicurezza” (recente codice deon-tologico).

Solo con una formazione continua siacquisiscono le capacità per garantire laqualità dell’assistenza.

Autore:I.P. Francesca Plaja - U.O. T.I.N. - Patolo-gia Neonatale - Azienda Ospedaliera“San Camillo-Forlanini” - Roma.

Taber “Dizionario Enciclopedi-co di Scienze Infermieristiche”- Mc Graw – Hill.

“Pediatria d’urgenza” - Bol-lettino del gruppo di studiodi medicina d’urgenza pedia-trica della Società Italiana diPediatria - N° 18 anno 2002.

Pediatric Basic Life SupportWorld Emergency Society(WES). Sulla base delle lineeguida dell’American HeartAssociation.

Tubercolosi, spuntail gene “spia”I ricercatori della McGill University,in Canada, hanno scoperto un geneche sembra aumentare la suscetti-bilità di un individuo ad essere col-pito dalla tubercolosi.In un articolo pubblicato dalla rivi-sta “Proceedings of the NationalAcademy of Sciences”, i ricercatorisottolineano come questo gene siain grado di controllare la crescitanei polmoni dei batteri responsabi-li della malattia. Il gene è statoindividuato nei topi, attraverso lacomparazione del Dna degli esem-

plari più suscettibili ad essere infet-tati per via aerea con quello degliesemplari meno suscettibili. I testhanno evidenziato che la suscettibi-lità dipenderebbe da una mutazio-ne genetica sul cromosoma 19,chiamata Trl-4. “Il prossimo passo –ha spiegato il direttore della ricercaPhilippe Gros - è scoprire se questamutazione svolge la stessa funzio-ne anche negli esseri umani. Sequesto fosse vero, allora sarebbepossibile pensare a nuovi approcciterapeutici a questa malattia”. Latubercolosi uccide ogni anno circadue milioni di persone nel mondo.

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Assistenza infermieristica pre-post operatoria al pazientecon patologia vertebrale

di Alessandra Borzi

CENNI GENERALI

Il rachide rappresenta l’organo por-tante del corpo umano, il suo compitoprincipale è la funzione di sostegno inposizione eretta e secondariamente conil canale rachideo rappresenta la prote-zione ossea del midollo spinale e dellesue terminazioni nervose. Il rachide sisuddivide in singoli elementi che sono:corpo vertebrale, dischi e legamenti in-tervertebrali, articolazioni e muscolatu-ra. La colonna vertebrale (figura 1) è for-mata da 32 ossa, che si possono dividerein cinque gruppi: 7 cervicali, 12 toracicheo dorsali, 5 lombari (vertebre vere o mo-

bili), 5 sacrali e 4 coccigee (vertebre falseo fisse- vertebre fuse a formare sacro ecoccige). Il rachide visto in laterale pre-senta:

– una convessità anteriore nella re-gione cervicale;

– una concavità anteriore nella regio-ne toracica (una curvatura eccessiva co-stituisce la cifosi);

– una convessità anteriore nella re-gione lombare (una curvatura eccessivacostituisce la lordosi);

– una concavità anteriore ancora piùaccentuata in corrispondenza del sacro-coccige.

Sul piano frontale il r. non presenta al-cuna curvatura, le deviazioni laterali pa-tologiche vengono definite scoliosi conconvessità a destra o a sinistra. Il rachidesano è dotato di grande libertà di movi-mento e presenta di norma una comples-sità motoria articolata su piani diversi:flessione/estensione, piegamento latera-le e rotazione. La più piccola unità mobi-le (figura 2) del r. è costituita da due ver-

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Esperienze a confronto

Fig. 1 - Anatomia della colonna Fig. 2 - Unità mobile

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tebre adiacenti, un disco intervertebraleposto nel mezzo dotato di un anello fi-broso ed un nucleo polposo, dalle piccolearticolazioni delle vertebre, dai legamen-ti e dai muscoli. Ricordiamo che tutte levertebre hanno una morfologia simile,per quanto esistano certe differenze nel-le diverse parti della colonna. La primavertebra si chiama atlante e la si ricono-sce perché non ha il corpo vertebrale Laseconda vertebra prende il nome di epi-strofeo ed è caratterizzata dal fatto dipossedere un processo cilindrico-conicochiamato processo odontoideo o dente, ilquale si protende verso l’alto ed occupalo spazio dell’inesistente corpo della C1. Ildente si articola con la faccetta anterioredell’atlante consentendo la rotazionedella testa. Le vertebre toraciche sono 12sulle quali prendono insersione le coste.Le v. lombari sono le più grosse della co-lonna mentre il sacro ed il coccige deriva-no dalla fusione delle vertebre sacrali ecoccigee. All’interno del canale rachideoc’è il midollo spinale (figura 3) che termi-na con il cosiddetto cono a livello L1/L2,dal cui apice si diramano le altre radicinervose che insieme formano la cosiddet-

ta cauda equina. I nervi spinali fuoriesco-no dal foro intervertebrale e innervanoaree specifiche del nostro corpo. Per defi-nire il livello della localizzazione spinale siutilizzano i dermatomeri (figura 4) e i mio-meri, che rappresentano l’area della cuteinnervata dalla radice posteriore (sensiti-va) o dalla radice anteriore (motoria).

PATOLOGIE PIÙ COMUNEMENTETRATTATE

Nella divisione di chirurgia vertebraledel Policlinico Gemelli le patologie chepiù frequentemente trattiamo sono leseguenti:

I traumi – Le fratture mieliche, amieli-che, le lussazioni (spostamento permanen-te delle superfici articolari con e senzadanno del midollo), le fratture patologi-che da metastasi od osteoporotiche.

Le deformità – Scoliosi, cifosi, cifosco-liosi ( figure 5 e 6) ecc..

I tumori – Mielomi, metastasi.Le infezioni – M. di Pott, spondiliti,

disciti, forme reumatoidi ecc...

Fig. 3 - Rapporti tra radici nervose e vertebre

Fig. 4 - Mappa dei dermatomeri

Fig. 5 e 6 - Scoliosi dorso lombare: a sinistra preparato-rio, a destra controllo postoperatorio

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Patologie degenerative – Discopatie,spondiloartrosi, spondilolistesi ecc...

Altre patologie – Spondilolistesi,spondiloptosi, spondilisi, algie acute ecroniche, crolli o avallamenti osteoporo-tici, ernie discali e stenosi del tratto cer-vicale-toracico-lombare, lombalgie ecc…

In caso di lesione della colonna ver-tebrale, di solito traumatica, la preoc-cupazione principale non è il danno al-le vertebre o ai legamenti, ma il coin-volgimento delle strutture nervose cor-relate:

– il midollo spinale;– la cauda equina;– le radici nervose;– i nervi spinali.Nei casi in cui il midollo è sezionato,

per cui il danno e completo ed irreversi-bile, l’atteggiamento con cui si affrontala situazione è meno critico; ma negli al-tri casi bisogna intervenire in modo ade-guato per evitare peggioramenti o ulte-riori danni neurologici. (per es. la movi-mentazione pericolosa)

ASSISTENZA PRE-OPERATORIA

I pazienti che vengono operati in ele-zione vengono preparati dal giorno pri-ma dell’intervento:

• colloquio informativo circa i movi-menti possibili a letto, immobilizzazionea letto fino all’esecuzione dell’ RX dicontrollo pre-operatorio (determinazio-ne dell’ortesi o gesso per il carico);

• controllo dell’emozione e dellapreoccupazione;

• digiuno fino al giorno successivol’intervento (tranne “accessi chirurgici”anteriori addominali o specifiche con-troindicazioni);

• prelievo per compatibilità per la ri-chiesta di sangue o eventuale autosalas-so (eseguito almeno 72 ore prima);

• preparazione della cartella clinica;• preparazione intestinale e tricoto-

mia;• profilassi antibiotica con protocollo

standard;• preparazione del letto e della docu-

mentazione clinica;

• invio in S.O;• letto articolato in 3 punti;• controllo della trazione Halo (utiliz-

zato nelle deformità da correggere chi-rurgicamente allo scopo di trazionare lacolonna nella sua complessità).

Per i pazienti che vengono operatid’urgenza:

in aggiunta:• eventuale ortesi di supporto se pa-

tologia instabile (collare, busto, valvaecc..);

• incanulamento via venosa;• controllo parametri vitali;• posizionamento di catetere vescicale.

ASSISTENZA POST-OPERATORIA

• Materassino antidecubito nelle le-sioni mieliche;

• controllo della veglia del paziente;• parametri vitali ( respiro, polso, diu-

resi);• terapia infusionale con gastropro-

tettori;• antibioticoterapia e antitrombotica

con eparine a basso peso molecolare;• terapia antidolorifica;• controllo dei drenaggi e della ferita;• digiuno fino al giorno successivo;• mobilizzazione a letto con rotazio-

ne in asse;• decubito laterale per le cifosi;• presenza di un famigliare per la pri-

ma notte;• FKT di supporto se occorre, valutata

singolarmente e eseguita in collabora-zione con fisioterapisti giornalmentepresenti.

Alimentazione– Acqua, thè, camomilla, succhi nella

1° giornata;– semiliquida in 2° giornata poi dieta

libera;– digiuno fino alla canalizzazione dei

gas per accessi chirurgici anteriori addo-minali (1°-2° gior.);

– digiuno assoluto per gli accessichirurgici transmandibolari (terapia ve-nosa centrale o periferica + gastrosto-mia).

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Eliminazione– olio di vaselina per os in 3-4 gior.

post-operatoria;– clisterino in 5-6 giornata post-ope-

ratoria;– liquidi ( circa 1,5 litri ) per os/die.

DoloreLa sintomatologia dolorosa è condi-

zionata da alcuni fattori:– la condizione precedente l’inter-

vento (elezione o urgenza);– tipo di intervento chirurgico (più o

meno demolitivo);– durata dell’intervento (posizione

sul letto operatorio);– condizioni generali del paziente;– componente emotiva o ansia;– capacità di adattamento all’am-

biente ospedaliero.Il dolore interessa oltre la ferita chi-

rurgica, anche i muscoli, i visceri, i nervi, ivasi e le altre strutture interne ed è diffi-cile quantizzarlo in maniera obiettivapoiché è un’esperienza soggettiva. Tut-tavia il rilievo di alcuni parametri può es-sere utile per dare riscontro oggettivo al-la sintomatologia: il polso, la P.A., la su-dorazione, l’insonnia.

Il trattamento del dolore ha lo scopo di:– alleviare le sofferenze;– ridurre l’incidenza di alcune compli-

cazioni (il digiuno favorisce l’immobilitàdel paziente con possibili complicanzerespiratorie e tromboemboliche. Si se-gnalano stati di depressione per prolun-gamento dello stress da dolore).

Nella nostra divisione si utilizzano:– inserimento dell’elastomero a lento

rilascio di farmaci antidolorifici, gastro-protettori ed antiemetici;

– antidolorifici in aggiunta EV neiprimi due giorni al bisogno, poi IM;

– talvolta ansiolitici o sedativi;– collaborazione con anestesisti spe-

cialisti nella terapia del dolore.

Ferita chirurgica– visionata il primo giorno, controllo

delle perdite dal drenaggio;– medicazione con disinfettanti ioda-

ti e rimozione drenaggio in 2°-3° giorna-ta, poi in 7°;

– desutura a 15 gg;

– per i drenaggi toracici in aspirazionecon Boulao, se il polmone è a parete, il tu-bo viene rimosso in 1°-2° giornata con-trollando giornalmente la posizione deltubo con RX del torace, e prima della ri-mozione si esegue RX con tubo clampato.

La FebbreConsideriamo nella norma la febbre

nei primi due giorni post-operatori:– rimozione del catetere vescicale in

2°-3° giornata post-operatoria;– se ancora presenta febbre e la ferita

è in ordine si esegue es. urine, urinocol-tura con a seguire un altro antibiotico;

– eventuale radiografia del torace;– si esegue tampone della ferita chi-

rurgica per germi comuni e poi terapiaadeguata se la ferita non è pulita;

– Se persiste febbre si sospende qual-siasi trattamento antibiotico, si eseguono3 emocolture, es. urine, urinocoltura eper miceti e viene ripristinata nuova tera-pia antibiotica da cons infettivologica.

RadiografieTutti gli operati eseguono un control-

lo radiografico post-operatorio (figura7), il quale aggiunge importanti infor-mazioni circa i mezzi di sintesi utilizzati edetermina conseguentemente la mobi-lizzazione e la protezione ortesica dautilizzare. (escludiamo gli operati di er-nie lombari e talvolta le stenosi lombari).

OrtesiColonna cervicale:

– collare MIAMI (figura 8)– collare PHILADELPHIA– minerva gessata– fissatore esterno di Halo, che può

essere vest o cast (figura 9)

Fig. 7 - Frattura della colonna lombare; a sinistra control-lo Tc preoperatorio, a destra Rx postoperatorio

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Colonna dorsale:– busto in stoffa e stecche con spalline– busto di gesso– busto di plastica alto (preparato su

calco gessato)

Colonna lombare:– lombostato di stoffa e stecche– busto di gesso– busto in plastica (preparato su calco

gessato)

Lo scopo del tutore è quello di pro-teggere l’individuo operato dai movi-menti scorretti quali le flessioni, le rota-zioni, i piegamenti. Al paziente, quindi,viene insegnata la movimentazione con ibusti e i collari.

Ogni busto o collare di gesso deve im-mobilizzare, senza provocare danni: de-cubiti, compressioni e allergie. Deve es-sere imbottito all’interno e non deve pe-sare eccessivamente. Di solito è controin-dicato nei pazienti cardiopatici e bronco-patici poiché non può essere rimosso im-mediatamente.

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IL PAZIENTE CON LESIONE MIELICA

Quando la lesione della colonna com-promette il midollo, si verificano disturbisensitivi, motori e vegetativi. Si parlaquindi di paraplegia e tetraplegia (para-lisi) e di paresi (indebolimento della con-trattilità).

L’assistenza al paziente mielico è tut-to ciò di cui abbiamo già detto e moltodi più, è un lavoro impegnativo, coinvol-gente e faticoso.

Il problema più grande una volta sta-bilizzato dal punto di vista organico ègradualmente insegnare al paziente unpercorso nuovo. Una mielolesione com-promette più o meno seriamente la fun-zionalità dell’intero organismo, esclusala vista, l’udito, la parola e le funzionicorticali (pensare, ragionare, ricordare) esoprattutto, spesso, non è un eventomorboso da cui non si guarisce. Si miglio-rano le condizioni cliniche e si entra nel-la fase della riabilitazione. Molte funzio-ni vengono vicariate da opportuni trat-tamenti farmacologici, riabilitativi, orte-sici e comportamentali.

Assistenza pre-operatoriaIn aggiunta: – controllo e cura dello shock midol-

lare;– immobilizzazione della porzione

della colonna interessata.

Assistenza post-operatoria– Posizionamento del materassino

antidecubito. Disponiamo di materassinicon compressiore ad aria, i quali permet-tono di ridurre notevolmente, se non inmaniera assoluta, il rischio delle lesionida decubito.

– adeguato livello nutrizionale edidrico;

– controllo e cura della tracheostomia(presente nelle lesioni alte della colonna)con broncoaspirazione e lavaggi bron-chiali al bisogno per evitare ristagni delcatarro e respirazione libera. Appena lecondizioni cliniche sono stabili si procedeal cambio della canula con un tipo (senzacuffia e con il tappo) che permette al pa-ziente di mangiare e parlare liberamen-te. Dopo ulteriori 7 giorni di andamento

Fig. 8 - Collare Miami

Fig. 9 - Paziente in trattamento con Halo cast per frattura C2

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senza problemi si procede alla chiusuradella tracheostomia. La valutazione di ciòè supportata dallo specialista ORL;

– si inizia in 1° giornata post- opera-toria la riabilitazione attiva motoria degliarti interessati da parte dei fisioterapisti,che seguono insieme al personale infer-mieristico, il programma che permetteràal paziente di alzarsi in carrozzina;

– viene inserito il programma di cam-bio quindicinale del catetere vescicale adimora con coltura della punta catetereper germi comuni. Appena possibile siinsegna al paziente la cateterizzazionead intermittenza 3 o 4 volte /die median-te cateteri autolubrificati; questo per-mette di svuotare completamente la ve-scica evitando ristagni dell’urina;

– ogni 2-3 giorni viene esploratal’ampolla rettale per controllarne il con-tenuto ed aiutare lo svuotamento. Con-temporaneamente l’inserimento di unadieta adeguata e l’olio di vaselina per ospermettono di rendere morbido il conte-nuto intestinale.

– terapia antitrombotica assoluta-mente necessaria;

– prevenzione dei disturbi respiratori(soprattutto nelle lesioni alte, che coin-volgono la muscolatura intercostale ediaframmatica) con areosol di supportoe fisioterapia respiratoria.

Mobilizzazione precoce;– stabilizzate le condizioni generali e

stabilita la protezione ortesica da utiliz-zare si procede alla mobilizzazione incarrozzina. Inizialmente il paziente vienemesso per 1-2 giorni seduto nel letto a90°. Successivamente per mezzo di unsollevatore elettrico (figura 10) con ama-ca, il paziente viene alzato dal letto efatto restare sospeso sull’amaca per al-meno 20-30 minuti. Si procede poi, me-diante telecomando, allo spostamentodello stesso sulla carrozzina. Anche sebanale, la carrozzina rappresenta unastrumento per il paziente, verso l’auto-nomia;

– viene inviato nel più breve tempopossibile in centri specializzati per la riabi-litazione motoria.

Noi infermieri cerchiamo di garantirel’assistenza migliore nel rispetto delle ri-sorse di cui disponiamo e collaboriamo

direttamente non solo con il medico-or-topedico curante, ma in équipe con fi-sioterapisti, medici specialisti (infettivo-logo, orl, internista, fisiatra ecc), dietisti.

AutoreAlessandra Borzi Caposala Chirurgia Ver-tebrale - Pol. A. Gemelli Roma

Fig. 10 - Uso del sollevatore per mobilizare un pazientecon lesione mielica

Tumori, una mini-camera per amicaIl Consiglio Nazionale delle Ri-cerche ha costituito, in collabora-zione con Cea S.r.l e Innova S.p.A.,un’impresa per la realizzazione,sperimentazione e commercializza-zione di un nuovo dispositivo scin-tigrafico per la diagnostica ditumori di piccole dimensioni, comequelli al seno e alla prostata. Sitratta di una speciale mini-gamma-camera ad alta risoluzione spazia-le, in pratica un dispositivo scinti-grafico miniaturizzato, capace dicolpire il bersaglio con grande pre-cisione e che può agevolare la chi-rurgia radio-guidata, integrandoinoltre tecniche di tipo morfologi-co come le biopsie guidate. Lanovità di questa apparecchiaturaconsiste soprattutto nella strutturamodulare della mini-gamma-came-ra, facilmente trasportabile, dibasso peso, ad elevata risoluzionespaziale e con un’area di visualiz-zazione estendibile in grado di rile-vare tumori di dimensioni inferioria 5 millimetri.

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La valutazione multidimensionaledell’anziano incontinente nel bisogno di eliminazione urinaria

di Mauro Morroto

L’ incontinenza urinaria è dive-nuto oggi un problema che,sempre più spesso, può deter-

minare, nel soggetto interessato, deiprofondi e sconvolgenti cambiamentidelle abitudini di vita e delle relazionisociali fino a provocare, in esso, dei seristati di depressione psicologica. Questa èla perdita involontaria di urine in luoghie tempi inappropriati ed è legata ad unadisfunzione della vescica e degli sfinteri.

Al contrario definiamo la continenzacome la capacità di urinare volontaria-mente (e quindi di poter anche postici-pare l’impulso) in un luogo socialmenteaccettabile. Inoltre questo (oltre ad av-vertire la necessità) potrà identificare unluogo appropriato per la minzione (conconseguente trattenuta) e facilmenteraggiungerlo. Sebbene la comparsa deiprimi disturbi è stata riscontrata in pa-zienti di età tra i 50 e 60 anni, oggi sitende leggermente a far scendere talesoglia, sia per una maggiore informazio-ne tra le persone che per la comparsa dinuove attività (in proporzione al gradodi civilizzazione), favorenti il fenomeno.Il sesso femminile ha poi probabilitàmaggiori nel riscontro di tale disturbo,rispetto a quello maschile, ed è propensoad incontrarlo prima, tenendo conto so-prattutto della gravidanza della donna.Altri fenomeni di incontinenza possiamoriscontrarla nei disabili, come conse-guenza diretta di lesioni neurologiche(paresi di varia natura) e nei casi di mobi-lità limitata, o assente, causata da pato-logie più o meno invalidanti. Fenomeni

di questo tipo possiamo riscontrarli neinosocomi, su pazienti ospedalizzati, inspecial modo sui lungodegenti dove aciò fanno seguito, anche, altre implica-zioni di natura psichica. A questi scom-pensi fisici vanno ad aggiungersi poi altridi natura ambientale, sociale ed igienica,che generano nel soggetto sentimenti diinferiorità manifesta, nonchè di stimaperduta, per il mancato controllo delleproprie attività fisiologiche. Perciò mag-giore sarà l’entità della perdita di questocontrollo (urine perse nell’arco dellagiornata), maggiore sarà lo sconforto elo sconcerto del nostro soggetto, chetenderà sempre più all’isolamento.

In effetti gli sforzi maggiori che dovràcompiere il nostro soggetto, affetto daquesto disturbo, saranno proprio quellidi dover nascondere agli “altri” tale fe-nomeno, sempre e comunque. La paurache amici, colleghi o i familiari stessi pos-sano scoprire lo stato di incontinenzadella persona, tende a portare questoverso uno stato di massima prostrazione,impotenza e depressione che non favori-sce certo la risoluzione del problema.Quindi più della singola affezione, checomunque da sola non costituisce (speciese presa in tempo) una vera minaccia allanostra vita, colpisce maggiormente l’im-barazzo e gli inconvenienti igienici.

Possiamo definire uno stato ottimaledi continenza laddove siano presenti, nelnostro organismo, certe condizioni tracui:

• un apparato muscolare sfintericocapace di impedire perdite di urina;

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Esperienze a confronto

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• una vescica rilassata mentre si riem-pie di urina, con conseguente contrazio-ne fisiologica nello svuotamento;

• una ottimale tonicità dei muscolidel pavimento pelvico, tali da supportaresfinteri e vescica;

• capacità psico-fisiche integre delnostro organismo (locomotorie cerebrali,ecc.) tali da assicurare una piena sinergiadi movimenti ed impulsi, favorenti il rag-giungimento del luogo per la minzione.

Qualora una di queste pecularietàvenga meno può sussistere un caso di in-continenza.

Tenuto conto dell’enorme differenzadel distretto pelvico tra uomo e donnapossiamo inquadrare due diverse ezio-patologie nell’economia di questo dis-turbo.

Nella donna le cause più frequenti diincontinenza possono rilevarsi tra quelleche hanno avuto più parti o incontratoseri problemi nella gravidanza (passag-gio della testa del bambino che indeboli-sce i muscoli del pavimento pelvico), pre-senza di prolasso uterino o per lo menoun cambiamento della tonicità tissutale(menopausa), fino ad arrivare all’obesi-tà. E’ per tale motivo che la percentualedelle persone affette da questo disturbopende in maniera eccessiva verso il sessofemminile.

Nel maschio invece le cause possonoriscontrarsi nei processi degenerativi ce-rebrali, nei danni a carico di vescica eprostata oppure per problemi uretrali orenali. Altre cause riscontrabili in en-trambi i sessi possono essere i danni neu-rologici (provocati da incidenti a caricodella colonna vertebrale), oppure nei pa-zienti ricoverati in strutture sanitarie(ospedali, cliniche, case di cura, lungode-genze, ecc.) come concausa di altre pato-logie.

VALUTAZIONE DEGLI ASPETTI PSICOLOGICI NEL SOGGETTO AFFETTO DA I.U.

Abbiamo visto quanto possa risultareestremamente difficile per una personaaffetta da questo disturbo esternare oconfidare a chicchessia, aspetti che ri-guardino così marcatamente l’intimo diun individuo. Il controllo delle funzioni

più elementari del nostro organismo ri-veste, almeno nella nostra civiltà, un im-portanza preponderante ed una prioritàassoluta, che può portare facilmente ilnostro soggetto a delle ripercussioni avolte drammatiche. Il senso di colpa ver-so il proprio corpo (senza più il dovutocontrollo) e la paura (di tutte le conse-guenze derivanti dalla perdita di urine)che attanaglia la persona, diviene, conl’andare del tempo, maggiore del distur-bo stesso. Per questo maggiori saranno ifattori esterni che possono influire nega-tivamente sull’individuo, maggiori saran-no i problemi incontrati da questo. Diconseguenza il soggetto cercherà il piùdelle volte di evitare (o limitare al massi-mo) i contatti con l’esterno. Ma anche inambito domiciliare possono riscontrarsibarriere insormontabili per la nostra per-sona, quali ad esempio una posizionenon ottimale del bagno rispetto allastanza. Per cui dal momento dello stimo-lo iniziale all’apertura degli sfinteri (nonproprio tonici) dell’interessato, passa tal-mente poco tempo, rispetto al raggiun-gimento del bagno, che può avvenireuna più o meno rilevante perdita di uri-ne. Tra gli altri impedimenti domesticiche possiamo riscontrare, vi sono unaposizione del water troppo scomoda daraggiungere, un abbigliamento del sog-getto (troppo contentivo) che non age-vola una rapida esecuzione della minzio-ne, oppure l’assenza di maniglie nel ba-gno che aiuterebbero non poco la perso-na colpita dal disturbo. In effetti alcunipiccoli accorgimenti se adoperati e messiin pratica tutti i giorni, potrebbero, senon risolvere il problema, per lo menoalleviarlo. Molto dipenderà anche dallaquantità di urine che si perdono nell’ar-co della giornata, anzi il grado di imba-razzo e di frustrazione del nostro sog-getto è in perfetta relazione con la misu-ra di ciò. Pertanto maggiore sarà laquantità di urina persa e più volte la per-sona dovrà correre in bagno, maggioresarà il senso di colpa, il grado di scora-mento e la vita di relazione che risulte-ranno modificate. Perciò si avrà paura dibere, perché altrimenti si urina di più, siavrà paura di frequentare luoghi ovenon ci sia la possibilità della minzione, siavrà paura di non raggiungere in tempoi servizi igienici, si avrà paura di “emana-

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re cattivi odori” o che gli altri possanoscoprire il proprio “difetto”, ed infine lapaura di non poter mai ritornare “nor-male”. Si pensi alle svariate difficoltà chepuò incontrare una persona sul posto dilavoro, ove questo non possa assentarsipiù di tanto (catene di montaggio), op-pure il dover giustificare le continue edimpellenti pause ai colleghi, tutto questoa scapito dell’efficienza e della professio-nalità.

Tutte queste “paure” possono diveni-re in tempi brevi delle vere e proprie

persecuzioni e sfociare anche in compor-tamenti aggressivi, angosciosi, depressivied ansiogeni, tutti miranti ad un gradua-le isolamento o modificanti le proprieabitudini. Ad esempio in famiglia po-trebbe divenire più negligente nei lavoridomestici, potrebbe amplificare dei rap-porti già tesi con uno o più esponenti(quanti problemi esistono con uno o piùanziani in famiglia?), potrebbe necessi-tare di abbigliamento più consono (indu-menti larghi e di colorazione nera) permeglio celare il problema, ma non essere

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assecondato nei suoi intenti (altra possi-bilità di conflitti). Tutte queste cause de-riverebbero ovviamente dalla paura diconfessare ad uno o più parenti il distur-bo che provoca tanto imbarazzo, inveceche mettere al corrente i familiari e rice-vere da questi comprensione ed aiuto. Ineffetti è nella propria famiglia che il sog-getto (non necessariamente anziano)può riversare le proprie paure o le pro-prie speranze, a secondo del relaziona-mento con i propri cari, che questi avevaprima dell’inizio dei disturbi.

Rimane quindi l’ambito familiare an-che il luogo di origine dei prodromi deidisturbi che affliggono il nostro indivi-duo. Da una indagine eseguita su 25 per-sone afflitte da I.U., che hanno usufruitodel nostro Servizio di Urodinamica, conun età variante da 48 a 67 anni, ben 17avevano rivelato il proprio disturbo adun familiare (possibilmente del proprio

sesso), 3 ad un proprio amico/a, e solo 5ad un sanitario. Comunque anche quellepersone che si sono confidate, con i pro-pri familiari, hanno riscontrato seri pro-blemi di comunicazione con il resto dellafamiglia, trovando poca sensibilità per ilproblema, molta insofferenza ed indi-sponibilità, un po’ per il susseguirsi fre-netico della nostra vita quotidiana ed unpo’ per non urtare troppo la suscettibili-tà della persona anziana (e la loro intimi-tà). Sempre in base a questa indagine(non ufficiale), che si svolgeva in questiambulatori, in modo abbastanza ami-chevole e informale, è risultato che perquanto riguarda gli uomini, una delleprime figure a cui il soggetto confessadisturbi minzionali è il proprio amico o ilproprio collega (se ancora in età lavora-tiva). Il maschio incontinente perciò pre-ferisce un elemento che sia fuori l’ambi-to domiciliare e preferibilmente con la

sua stessa età, quandovengono trattati temiche riguardano la pro-pria intimità. Questoper non intaccare, infamiglia (sia con la con-sorte, che con i figli e/oi nipoti) quello che rap-presenta (almeno perquesta generazione) lafigura patriarcale e pa-terna, che si erge comemassima protezione ditutti i componenti, in-fallibile ed inviolabile.Nella donna invece, perciò che concerne le pri-me rivelazioni sul dis-turbo, si distinguonodue fasce di età (suddi-vise da quasi una gene-razione), quelle dai 45ai 56 anni, e quelle dai57 ai 68 anni. Le primeprediligono la figurasanitaria (medico di ba-se, medico del distret-to, specialista, ecc.), an-che perché sono moltoinformate, soprattuttosugli ultimi ritrovatidella scienza. Non han-no paura delle innova-zioni e tengono per pri-

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me a sperimentare nuovi metodi nellalotta all’incontinenza (test urodinamici).Non fanno distinzione sul sesso del riabi-litatore (medico o infermiere che sia) esono molto costanti nell’esecuzione diogni terapia e di ogni seduta. La fascia dietà che va dai 57 ai 68 anni, invece, pre-dilige ancora una figura familiare femm-minile, almeno come prima confidente,prima di affidarsi alle cure del sanitario(e sempre dopo il consiglio della figlia,della sorella più giovane o della nipote).Questo passaggio dell’iter di un inconti-nente è fondamentale, perché è qui chesi può vincere la battaglia (in tempi bre-vi), oppure passare attraverso tutte le fa-si della rieducazione clinica. A questo li-vello se il soggetto, già ai primi disturbi,si rivolge allo specialista, senza remorene imbarazzo, ma con fiducia e coeren-za, può in poche sedute di riabilitazione(7-8), tramite appositi test urodinamicied in base al tipo di incontinenza riscon-trato, ripristinare la tonicità muscolare diquei distretti, favorenti contrazioni otti-mali della vescica e degli sfinteri, chepermetteranno a costui di vivere una vi-ta più appropriata.

Il grado di imbarazzo, di frustrazionee di percezione della propria inferioritàdel nostro individuo è comunque damettere in stretta relazione all’elementocaratteriale che questi esprime di frontealla patologia. Quanto più la persona hadi se un’immagine forte, irreprensibile,energica, autosufficiente in tutto, tantopiù sarà portato ad eludere il problema ea rimandare ogni tipo di cura, a tempimigliori, sperando comunque che le per-dite possano interrompersi. Tali persona-lità così spiccate sono le più restie e quin-di anche le più difficili da riabilitare (econsigliare), perché non concepisconoche un tale ”disturbo”, da loro ritenutopasseggero (“cosa vuole che siano duegocce di urina…”), possa inficiare la lorovita di relazione, cercando perciò di ba-nalizzare o sottovalutare il problema.

I disagi e l’imbarazzo della personaincontinente poi, andranno messi in rela-zione anche al tipo di occupazione (se inetà lavorativa) che questi aveva al mo-mento dei primi disturbi, e quale posi-zione ricopriva nell’ambito aziendale (la-vorativo). Anche in questo caso, maggio-re è il ruolo che costui ricopre o ricopri-

va, in un ambiente lavorativo, maggioreè il grado di imbarazzo, di disagio e difrustrazione che attanaglierà la nostrapersona. Abbiamo riscontrato dosi di ve-ra angoscia e depressione in individuiche ricoprivano (nella società) ruoli e po-sizioni gestionali, rispetto, a dei pensio-nati, che dovevano confrontarsi con me-no ambiti quotidiani (famiglia, amicizie).Il soggetto inoltre tenderà a limitare (senon a cessare) ogni attività sportiva e lu-dica (viaggi), ovvero ad eliminare un’al-tra fonte di disagio, derivato dal contat-to ravvicinato (docce, saune, spogliatoi,ecc.) con altre persone.

Altra fonte di enorme imbarazzo sa-ranno i rapporti intimi con l’altro sesso.Questo risulta essere il punto più altodell’alterazione delle proprie abitudini edei propri desideri e forse il più moral-mente degradante, quello che mette kola psiche di un individuo, proprio perchèdal pieno appagamento di tali bisogni fi-siologici, la persona può trarre motiva-zioni che gli necessitano.

Tutte queste difficoltà che incontra ilnostro individuo nell’ambito domiciliaresi dilatano ulteriormente in base al gra-do di autonomia che questi ha raggiuntonel momento in cui si presentano i primidisturbi. A tale proposito le diverse real-tà sociali contribuiscono non poco al suogrado di disagio e frustrazione. Perciòpossiamo trovare l’incontinente in fami-glia (con fratelli o sorelle, con i figli e/o inipoti ) e completamente autonomo, op-pure relativamente da questi dipenden-te. Un’altra realtà (la più frequente) èquella dell’anziano che vive in casa in so-litudine (o con la consorte), in condizionidi estrema difficoltà, requisiti negativiche contribuiranno maggiormente algrado di imbarazzo della persona ed al-l’aggravamento del problema.

Un’altra realtà possibile è la personache accusa episodi di incontinenza asso-ciata ad altre patologie che possono es-sere più o meno invalidanti. Il soggettoche è allettato in una struttura sanitaria,avrà possibilità maggiori in proporzionealla durata della sua degenza sia di accu-sare alcuni episodi di incontinenza sia disviluppare una vera patologia dell’appa-rato urinario.

Pertanto questo disturbo è un capito-lo della patologia umana soprattutto

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femminile poco conosciuto ed esplorato,ma che pur tuttavia ha grandi risvoltieconomico-sociali.

Date queste peculiarità possiamo rite-nere che per affrontare e risolvere que-sta patologia è assolutamente necessarioconoscerla e per conoscerla è indispensa-bile parlarne. Spetta quindi allo staff sa-nitario ed alla comunità scientifica ilcompito di sensibilizzare la gente suquesta problematica, ciò al fine di fareemergere l’I.U. in tutta la sua completez-za e complessità.

Diventa quindi necessario il riconosci-mento e la valutazione dell’I.U. con unapproccio multidimensionale in quantocoinvolge altre sfere “dell’essere” delsoggetto anziano.

AutoriMauro Morroto A.F.D. - Ospedale “S. Eu-genio” U.S.L. RM/C

“Gestione del paziente incon-tinente: dispositivi per l’in-continenza” – Atti convegnonazionale AIURO Pisa.

“Assistenza infermieristica inUrologia” – Meazza, Bergo-mi, Poma, Battipaglia – McGraw-Hill Editore – 1997.

“Elementi di nursing in ambi-to urologico” M.R. Basso –AIURO – 1995-1999.

“Le schede di valutazionedell’incontinenza urinaria” –E. Zanetti – Lauri Edizioni -1998.

2020

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L uci e ombre sugli infermieri daimedia. Un refrain che si ripete eche indica una volta di più che il

lavoro da svolgere sull’immagine pubbli-ca della professione è ancora grande. Eche il cammino, sebbene non manchinosegnali incoraggianti, è ancora lungo.

Luci e ombre, si diceva, su un’estatebollente come l’ultima. Le prime, franca-mente, non sono mai troppe per unaprofessione che proprio d’estate viene“spremuta” fino in fondo e costretta alavorare in condizioni ancor più difficili,con turni già massacranti resi insoppor-tabili dal periodo di ferie e dalle corsieche si riempiono di pazienti bisognosi diassistenza.

Le ombre, invece, disturbano non po-co. Tanto più che, lungi dal raffreddare lacanicola record, finiscono col riscaldareulteriormente gli animi. E’ bene forse ri-cordare a tutti che surriscaldare gli animidegli infermieri non fa bene a nessuno,specie in una fase tanto travagliata per lasanità nazionale come quella attuale.

E allora basta con gli attacchi gravissi-mi e infondati alla categoria, sulla pro-fessionalità di chi è impegnato ogni gior-no in un’attività difficile e delicata comequella dell’assistenza alla persona mala-ta. Basta con certa informazione che sba-lordisce per superficialità, con il malvez-zo di mescolare la cronaca, che riguarda isingoli individui, con la categoria profes-sionale. Di più: confondere gli infermiericon altre figure professionali sanitarie.

L’ultimo fendente alla dignità profes-sionale degli infermieri risale allo scorsoagosto, quando alcuni organi di infor-mazione (Il Messaggero e Rai-Tg3 Lazio)hanno pubblicato la notizia del furto diun monitor defribillatore presso la po-

stazione del Servizio 118 dell’AziendaOspedaliera San Giovanni-Addolorata diRoma. Erroneamente, la responsabilitàdel furto e della conseguente ricettazio-ne è stata attribuita ad un infermiere. In-vece il personale coinvolto nella vicendanon apparteneva affatto alla qualifica diinfermiere, ma ad altra categoria.

Troppo spesso, in presenza di casi di“malasanità” o di fatti squalificanti dellaprofessionalità degli operatori sanitari,se ne attribuisce la responsabilità agli in-fermieri. Spesso accade per ignoranza,non per volontà persecutoria. Ma il dan-no all’immagine pubblica della nostraprofessione resta e colpo dopo colpo le-de la dignità degli infermieri.

Ancora una volta, grazie alle prontesegnalazioni dei colleghi, il Collegio èdovuto intervenire con la massima deci-sione, attivando la tutela legale della ca-tegoria e costringendo alla rettifica im-mediata le testate protagoniste della vi-cenda.

Nessuno s’illude che sia l’ultimo episo-dio. Ma gli infermieri sanno anche averpazienza; hanno appreso dalla loro attivi-tà quotidiana la veridicità del motto se-condo cui chi la dura, prima o poi, la vince.

Ed è infatti innegabile che la crescitasegnata dalla professione infermieristicanegli ultimi anni non abbia lasciato il se-gno tra i media. Un’attenzione crescenteverso quella che solo ora comincia ad es-sere vista come una professione intellet-tuale a tutto tondo, una professione dialta specializzazione e con la dignità chele deriva dal ruolo specifico. E preziosoper la collettività.

Lo testimoniano i titoli e i servizi ra-diotelevisivi che durante l’estate hannorimarcato, con tono più o meno dram-

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matico, la carenza di personale infermie-ristico, aggravata dall’emergenza caldo,e il mancato decollo dei servizi territoria-li. Testimonianze dirette dell’assunto chesenza l’apporto straordinario degli infer-mieri il sistema sanitario non funziona.

Fa piacere, infine, segnalare l’atten-zione con cui i mezzi d’informazione, enon solo quelli di settore, hanno trattatoi lavori della “II Conferenza Internazio-

nale del Sapere Infermieristico” di Roma,accreditando finalmente la nostra figurain una posizione di primo piano nel pa-norama delle professioni sanitarie. Fratutti, una menzione speciale va certa-mente attribuita a “Panorama della sani-tà” che con i suoi inviati ha seguito co-stantemente la due-giorni romana rife-rendone ampiamente sul primo numerodi luglio.

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Il processo del burn outTensioni ed affaticamento, inevitabili nelle professioni di aiuto, non vengono mediati da un sistema di sostegno

di Cristiana Rosi

CHE COS’ÈIl termine ha origine negli Stati Uniti.

Il dizionario traduce “to burn out” conbruciare fino in fondo, estinguersi, logo-rarsi, provocare un cortocircuito. L’e-spressione “to burn oneself out” indica ilrovinarsi la salute, burn out è non farcelapiù, il malumore e l’irritazione quotidia-na, la prostrazione e lo svuotamento, ilsenso di delusione e di impotenza dimolti lavoratori e, in particolare, di quel-li che lavorano nei servizi sociosanitari.

Il mondo dei servizi socio-sanitari èquello del massimo stress, poiché dare ericevere servizi vuol dire entrare in con-tatto, vuol dire vivere l’odio e l’amore, leaspettative e le delusioni, l’intesa e ladisputa (Grasso 1985).

Nei servizi socio-sanitari, inoltre, ilcontenuto del lavoro è poco prevedibilee la sua natura rimanda ad una condizio-ne di sofferenza, talora anche alla morte,e chiama in causa dinamiche individuali,inerenti al proprio vissuto interno, densodi esperienze e di fantasie. L’aspetto inte-ressante e coinvolgente del lavoro inquesto campo, consiste nella percezionedell’alta utilità sociale che l’operatore hadel proprio compito, ma anche delle dif-ficoltà che sorgono nel mantenere il pro-prio lavoro all’altezza delle richieste edelle necessità che esso comporta.

Il burn out nasce in un momento sto-rico di rapido ed intenso mutamentoeconomico e sociale e coincide con l’in-debolirsi e lo scomparire di ruoli e strut-

ture sociali, che prima costituivano riferi-menti sicuri, con il declino del senso diappartenenza ad una comunità a favoredi un tessuto sociale che tende all’anoni-mato (Cherniss 1980).

Questa “solitudine”, facilita l’emerge-re di un sentimento di frustrazione e de-lusione, di fronte a situazioni di vita quo-tidiana e soprattutto in ambito lavorati-vo, dove l’operatore si sente incapace digestire lo stress a cui è sottoposto. Ciòpurtroppo conduce ad una inibizionedelle capacità creative, ad una situazionedepressiva che gli rende quasi impossibi-le comprendere la realtà organizzativache lo circonda e che ha delle forti aspet-tative nei suoi confronti.

Il risultato di questa disorganizzazionedella psiche si esprime con disagi delcomportamento di cui il burn out è l’e-spressione. Il burn out si associa ad un de-terioramento del benessere psicofisico: irapporti con gli altri (sia nel lavoro chefuori) risultano, infatti, compromessi. Glieffetti negativi, inoltre, non coinvolgonoil singolo operatore, ma anche l’utente,al quale viene offerto un servizio menoadeguato ed un trattamento privo diumana empatia. E’ altamente probabileche un operatore sia affetto da “sindro-me di burn out” quando questi, al princi-pio molto attivo, motivato ed impegnatoa migliorare professionalmente, avverte,ad un certo punto, di non sopportare piùi “suoi” pazienti o utenti, evita o litigacon i colleghi, non sopporta e detesta la

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Attualità

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routine, si sente mentalmente stanco, haperso l’entusiasmo, si sente mentalmenteesaurito, apatico, “bruciato”, diventa as-senteista, o con fenomeni di richieste ec-cessive per turnover.

Il burn out è una sindrome multifatto-riale, caratterizzata da una costellazionedi sintomi (psicofisici) che impoverisco-no, limitano le iniziative legate alla vitapersonale e, soprattutto, influenzanol’attività lavorativa , vissuta come condi-zione insoddisfacente, perché vissuta co-me soverchiante, immodificabile, una si-tuazione da subire e quindi mortificante.

Recenti ricerche (Labos,1987) hannosottolineato alcuni fattori che sembranoin relazione a situazioni di disagio lavo-rativo, quali: sovraccarico di mansioni,ambiguità di ruolo, inadeguatezza lega-ta allo squilibrio tra competenze e pre-stazione, limitata partecipazione a fun-zioni decisionali, carenze del gruppo dilavoro, mancanza di chiarezza (ambigui-tà) su responsabilità, diritti, obiettivi,metodi, condizioni di lavoro, mancanzadi strumenti di verifica e di risultati.

STRATEGIE DI PREVENZIONECosì come ci sono ambienti lavorativi

stressanti che inducono il burn out, cosìci sono condizioni lavorative che lo pre-vengono. Maslach (1986) ed altri studiosiche si sono occupati della sindrome, indi-cano la varietà, l’autonomia, la significa-tività di figure professionali di sostegnoe stimolo, che nell’ambiente di lavoropromuovono nell’individuo atteggia-menti ad azione protettiva dal burn out.Bisogna, dunque, non negare il fenome-no, ma prevenire il burn out in modo ef-ficace, sia a livello primario, sia quandogià i sintomi di stress sono manifesti, at-traverso un’adeguata progettazione egestione dell’organizzazione del lavoro.Tra le misure adottate o proposte da nu-merosi studi, si sottolineano modalità diapproccio al fenomeno tendenti a sensi-bilizzare, coinvolgere chi occupa posizio-ni di dirigenza o comunque di leaders-hip, che disponga di autorità adeguata esufficiente a promuovere una continuarevisione e modificazione del lavoro.

E’ di fondamentale importanza assi-curare la possibilità di un accertamento

costante dello stato di soddisfazione de-gli operatori, utilizzando degli indicatoridello stress, individuando e mantenendosotto controllo le situazioni di rischio,avendo la consapevolezza del rischio diburn out e prendendo coscienza dellapossibilità di fronteggiarlo, intervenen-do, se occorre, anche sull’organizzazionedel lavoro, ruoli, carichi di lavoro e svi-luppi di carriera. In assenza di un simileatteggiamento dinamico, non è pensabi-le fronteggiare stati di insoddisfazione everi e propri burn-out. Sembra, a questopunto, emergere l’importanza del grup-po come forza che produce, genera solu-zioni come atti creativi, reso autonomoda una leadership pronta a riesaminareruoli ed obiettivi, affinché non prevalga-no posizioni depressive, che si manifesta-no con atteggiamenti di apatia, dipen-denza o con atteggiamenti di chiusura,come reazione ad un sentimento di rab-bia che rimane inespressa o spostata sufalsi obiettivi, generando liti, polemichee atteggiamenti di sfida, che sembranomirati a risolvere un problema, mentrespesso lo negano o lo confondono.

AutoreCristiana Rosi AFD - Azienda OspedalieraS. Camillo Forlanini - ROMA

CHERNISS, 1983, La sindromedel burn out, Centro Scientifi-co Torinese - Torino.

GRASSO,1985, Soddisfazione,insoddisfazione e problemi dicortocircuito, Human Rela-tions-41-351/370.

LABOS, 1987, La fatica del la-voro sociale. Criteri organiz-zativi per i servizi alle perso-ne, Roma - TER.

MASLACH, 1982, Burnout:the cost of caring, EnglewoodCliffs, New Jersey.

MASLACH e JACKSON, 1986,Maslach burnout inventory,Consulting Psycologist Press -Inc - Palo Alto - California - CA.

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L a promozione della salute megliodi qualsiasi farmaco. E’ anzi l’uni-co modo per arginare un fenome-

no preoccupante come l’aumento dellepatologie croniche correlato all’invec-chiamento della popolazione nei Paesioccidentali.

L’indicazione emersa dalla seconda“Conferenza Internazionale del SapereInfermieristico”, realizzata nella capita-le presso l’Hotel Jolly Midas il 24 e 25

giugno scorsi dal Collegio IPASVI di Ro-ma in collaborazione con Global Nur-sing Scholarship, è univoca e precisa: in-vestire di più sulla prevenzione, sull’e-ducazione sanitaria e la promozione distili di vita sani, con gli infermieri neces-sariamente impegnati in un ruolo di pri-mo piano.

Oltre 400 colleghi provenienti daogni parte d’Italia e da Usa, Canada,

Successo bis per la 2ª Conferenza Internazionaledel Sapere Infermieristico

L’unione fa la forzaGli infermieri studiano l’innovazione dei sistemi sanitari, due giorni intensi di confronto con i colleghi di altri paesi tra lo scambio di esperienze e il piacere di stare insieme

L’inaugurazione della conferenza. Da sin.: Nuala Kenny, Wayne Hindmarsh, Gennaro Rocco, Dyanne Affonso, AusiliaPulimeno, M.Grazia Proietti, Linda L. O’Brien-Pallas, Diane Doran.

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Svizzera, Israele, Sud-Corea e Finlandiasi sono confrontati per due giorni sul te-ma “Il contributo dell’infermieristicanell’innovazione dei sistemi sanitari”,condividendo la necessità di elaborareun piano strategico comune con l’obiet-tivo di globalizzare quanto più possibilela risposta ad un problema planetariocome quello dell’invecchiamento dellapopolazione e delle patologie ad essocorrelate.

Attraverso una serie di relazioni,esperienze cliniche e ricerche scientifico-demografiche, la Conferenza di Roma hafocalizzato i problemi e le necessità sultappeto. A cominciare dalle stringentiesigenze che vanno evidenziandosi nelcomparto sanitario italiano, dove restacritico il dato sulla carenza infermieristi-ca e insufficiente il rapporto medici/in-fermieri. Il tutto a fronte di un aumentosostanzioso e costante delle patologiecroniche che necessitano di professionistidell’assistenza adeguatamente preparatialla nuova sfida globale del terzo millen-nio rappresentata dalla crescita della po-polazione anziana.

Necessità che fa il paio con risorse

economiche adeguate alle nuove esigen-ze, da destinare al potenziamento dellepolitiche di promozione della salute, lesole in grado di prevenire l’insorgenzadelle patologie croniche e migliorare lecondizioni di vita. Un discorso, questo,che gioco forza si sviluppa sul piano in-ternazionale, come peraltro dimostra l’e-voluzione di epidemie importanti comequella dell’Aids o, più recentemente, l’al-larme Sars.

Dai lavori della “Conferenza Inter-nazionale sul Sapere Infermieristico”,che per la seconda volta si è tenuta aRoma, è emersa con chiarezza anche lanecessità di assicurare all’intera popo-lazione un livello di assistenza e dieducazione sufficiente a ridurre il ri-schio malattia, stante il principio se-condo cui tutti i cittadini hanno dirittoalla medesima assistenza, al di là dellerispettive capacità economiche. L’in-contestabile evidenza che le fasce me-no abbienti abbiano oggi un’aspettati-va di vita nettamente inferiore rispettoa quelle più agiate comporta in sé il ri-schio elevato di vanificare ogni sforzoin tale direzione.

Tavola rotonda “Assistenza Gerontologica a lungo termine”. Da sin.: F. Franchi, N. Barbato, M. Petrangeli, D. Forbes,I. Caponi, P. Hawanik.

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Attraverso lo scambio diretto di espe-rienze, le due giornate di studio hannoconsentito di stimolare la collaborazionetra gli infermieri di Paesi diversi che ope-rano in sistemi sanitari avanzati, di ricer-care un approccio comune allo studio diproblemi mondiali della salute, suggeren-do modelli univoci per migliorare l’effica-cia delle prestazioni sanitarie in senso latoe di quelle assistenziali in particolare.

I lavori, articolati in tre sessioni plena-rie e otto parallele, hanno affrontatoquestioni di grande interesse infermieri-stico: le decisioni correlate alla riformadell’assistenza sanitaria; la qualità dell’as-sistenza e la pratica basata sull’evidenzascientifica; le scoperte sulla sicurezza delpaziente. Sono stati presentati lavori dialto livello scientifico, svolti nei campidella ricerca, della pratica e dell’educa-zione, concentrati in particolare sui pro-blemi sanitari d’interesse mondiale, comela riforma e la ristrutturazione dell’assi-stenza sanitaria, la qualità dell’assistenzae le innovazioni in campo assistenziale.

Non solo un’occasione qualificata perosservare da vicino sistemi assistenziali

I partecipanti alla conferenza.

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Tavola rotonda “Qualità dell’assistenza e sicurezza delpaziente”. Da sin.: M. Galizio, M.L. Stuckey, B. Simpson.

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diversi, dunque, ma anche per misuraresu scala mondiale la crescita della profes-sione infermieristica italiana, facendoloperaltro a Roma, divenuta ormai un pun-to di riferimento importante per i colle-ghi europei e non solo per questi.

Dimostrando una volta di più il loroalto senso di responsabilità civile e socia-le, gli infermieri hanno rinnovato il pro-prio impegno a lavorare utilizzando mo-delli comuni di informazione ed educa-zione sanitaria per esaltare il momentodella prevenzione rispetto a quello, purimportante, della cura.

Piena soddisfazione, dunque, per chiha voluto, creduto e concretizzato laConferenza internazionale, con il Colle-gio che ha profuso grandi energie nel-l’organizzare l’evento, ripagato ampia-mente dal giudizio espresso dagli stessipartecipanti e dall’interesse riscontratofra i media. Eco alla quale ha certamentecontribuito il messaggio di buon lavoroinviato dal Capo dello Stato.

Il viatico migliore per volgere il pen-siero alla prossima Conferenza Interna-zionale del Sapere Infermieristico.

I partecipanti alla conferenza.

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Tavola rotonda “Assistenza infermieristica in area critica”.Da sin.: A. Stievano, R. Marchetti, M. Vahabi.

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UNA STRETTA DI MANO PIENA DI CONTENUTI

La Conferenza ha fatto poker, co-gliendo in pieno i suoi quattro obiettiviprimari: quelli dei contenuti scientifici,dello scambio di esperienze concrete, delgradimento dei partecipanti, dell’imma-gine della professione trasmessa al gran-de pubblico attraverso l’intervento deimedia.

La due giorni di Roma, con le sue 50relazioni e gli 11 spazi dedicati alla dis-cussione, ha rappresentato la prima veraoccasione per un confronto internazio-nale tra i Paesi a sanità più avanzata sulcomplesso problema di come innovare isistemi sanitari e renderli più rispondentiai bisogni del cittadini.

Il tema della Conferenza ha offertoun ampio scenario con il quale misurarsiin chiave attuale e futura. I lavori pre-sentati attraverso tre sessioni plenarie eotto parallele hanno scandagliatoaspetti diversi di questioni al centro del-l’interesse infermieristico: le decisionicorrelate alla riforma dell’assistenza sa-

Tavola rotonda “Innovazioni nella formazione infermieristica”. Da sin.: M. De Marinis, L. Sasso, L. Fabriani.

Partecipanti alla conferenza.

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nitaria; la qualità dell’assistenza e lapratica basata sull’evidenza scientifica;le conoscenze sulla sicurezza del pa-ziente.

Sono stati illustrati lavori di alto livel-lo scientifico, svolti nei campi della ricer-ca, della pratica e dell’educazione, con-centrati in particolare sui problemi sani-tari d’interesse mondiale, come la rifor-ma e la ristrutturazione dell’assistenzasanitaria, la qualità dell’assistenza, le in-novazioni in campo assistenziale e la ca-renza delle risorse umane.

Il tutto all’insegna dello sforzo cheimpegna il Collegio a costruire insieme acolleghi che operano in realtà sanitariediverse una visione comune del sapereinfermieristico, un modello che sappiaoltrepassare i confini nazionali e parlareal cuore della professione, ovunque essavenga esercitata.

L’idea che ha ispirato la Conferenza èquella che stimolare la collaborazionetra infermieri di diversi Paesi nello studiodei problemi mondiali di salute miglioriglobalmente l’assistenza infermieristica.Un’idea che ha trovato adesioni convinte

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Partecipanti alla conferenza.

Tavola rotonda “La pratica basata sull’evidenza scientifi-ca”. Da sin.: J. Miranda, E. Hodnett, L. Rasero.

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ed entusiaste fra i tantissimi colleghi chehanno affollato la sede congressuale del-l’Hotel Jolly Midas e il nutrito gruppo deirelatori, selezionato in base ad esperien-ze specifiche significative in campo mon-diale, che ha saputo assicurare un pre-zioso contributo ai lavori. Inoltre, la pos-sibilità di scegliere tra numerose sessioniscientifico-culturali ha consentito ai piùdi soddisfare meglio le proprie esigenzeformative individuali.

IL SALUTO DI CIAMPI

La presenza di tante autorità ai lavoridella “II Conferenza del Sapere Infermie-ristico” ha confermato un interesse cre-scente della politica e delle istituzioniverso il ruolo centrale dell’assistenza. Edei suoi protagonisti: gli infermieri.

Anche il Presidente della RepubblicaCiampi, non potendo intervenire perso-nalmente, non ha voluto far mancare ilsuo saluto e l’augurio di buon lavoro,confermando una volta di più l’attenzio-ne che il Capo dello Stato riserva ai temidi natura sociale.

Ecco la missiva trasmessa dal Capo delCerimoniale del Quirinale alla vigilia del-l’appuntamento.

(segue riproduzione lettera Quirinale)

L’ORGOGLIO DI ROMA

Dopo il successo della “I ConferenzaInternazionale del Sapere Infermieristi-co”, il secondo appuntamento di Romaera divenuto un impegno a cui non ci sipoteva sottrarre. E come nella prece-dente edizione, la grande partecipazio-ne svela il ruolo centrale che gli infer-mieri intendono assumere nei processidi innovazione dei sistemi sanitari piùavanzati.

L’organizzazione del primo eventoha comportato uno sforzo notevolissi-mo per il Collegio, ampiamente ripaga-to però dall’eccezionale numero di col-leghi presenti e dalla qualità dei conte-nuti. E supportato dalla richiesta esplici-ta dei partecipanti di allestire al piùpresto il secondo incontro. Così è stato,con i lavori della “II Conferenza Interna-zionale del Sapere Infermieristico”. E

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Da sin.: Suor B. Cipolloni e M. Napolano.

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La sede della conferenza.

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ancora una volta Il Collegio ha rispostocon entusiasmo, come sempre quando èin gioco lo sviluppo della professioneinfermieristica al di là di ogni confinenazionale.

Un sforzo premiato dalla consapevo-lezza che Roma è ormai divenuta unpunto di riferimento per i colleghi dimolti altri Paesi, un luogo in cui incon-trarsi, scambiarsi informazioni ed espe-rienze sui temi più stringenti della salu-te e dell’assistenza. Con la due-giornidel giugno scorso, Roma si è definitiva-mente qualificata come cardine di unconfronto internazionale utile a costi-tuire una visione comune del sapere in-fermieristico.

Ci auguriamo che l’impegno profusodal Collegio in questo campo abbia con-tribuito ad accrescere la considerazionedegli infermieri italiani in Europa e nelmondo. Senza contare che un confrontointernazionale di tale livello, opportu-namente integrato con l’esperienzaquotidiana, può rappresentare un aiutodecisivo per definire il modello più cal-zante e funzionale al nostro sistema sa-nitario.

IL GRADIMENTO

Al termine dei lavori, i partecipantihanno compilato un questionario che hamesso a fuoco il livello di gradimento.

Eccone i risultati.

RILEVANZA

NON RILEVANTE = 0POCO RILEVANTE = 3ABBASTANZA RILEVANTE = 44RILEVANTE = 129MOLTO RILEVANTE = 74

QUALITA’

SCARSA = 0MEDIOCRE = 1SODDISFACENTE = 22BUONA = 144ECCELLENTE = 83

EFFICACIA

INEFFICACE = 2PARZIALMENTE EFFICACE = 4ABBASTANZA EFFICACE = 73

Tavola rotonda “Qualità dell’assistenza infermieristica”: L. Jeffs, R. Stremler, H. Spence Laschinger, P. Pletsch,R. Keating Lefler, D. Davidson Dick.

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EFFICACE = 113MOLTO EFFICACE = 58

SUGGERIMENTI

MIGLIORARE LA TRADUZIONE = 2ALLARGAMENTO AD ALTRE NAZIONI = 2PIU’ SPAZIO AL DIBATTITO = 1SVILUPP. L’INFERMIERE DI FAMIGLIA = 3SVILUPPARE L’ASPETTO UMANO = 6SVILUPPARE I CORSI FUORI ASL = 5SVILUPPARE LA MEDICINA LEGALE = 4EVITARE LE SESSIONI PARALLELE = 2

I PARTECIPANTI

PROFESSIONE

INFERMIERI PROFESSIONALI = 246INFERMIERI PEDIATRICI = 10ASSISTENTI SANITARIE = 11

PROVENIENZA PER PROVINCIA

ROMA = 87NAPOLI = 9LECCE = 9FIRENZE = 9PISA = 7TORINO = 7REGGIO CALABRIA = 7LATINA = 6PERUGIA = 5MILANO = 4RIETI = 4AVELLINO = 4L’AQUILA = 4VITERBO = 3ROVIGO = 3POTENZA = 3BARI = 3CAMPOBASSO = 3

TRAPANI = 3CHIETI = 3COSENZA = 3UDINE = 3CAGLIARI = 3CATANIA = 3VARESE = 3PALERMO = 3FOGGIA = 3FROSINONE = 2GENOVA = 2TREVISO = 2BRINDISI = 2SALERNO = 2PISTOIA = 2MATERA = 2NOVARA = 2BOLOGNA = 2SIRACUSA = 2FERRARA = 2SASSARI = 2BERGAMO = 2ASCOLI PICENO = 2GROSSETO = 2CREMONA = 1BOLZANO = 1TRIESTE = 1CATANZARO = 1TERNI = 1RAVENNA = 1ANCONA = 1PESARO = 1MODENA = 1PARMA = 1AGRIGENTO = 1ALESSANDRIA = 1VENEZIA = 1AOSTA = 1LIVORNO = 1ENNA = 1ORISTANO = 1CASERTA = 1MACERATA = 1BELLUNO = 1BRESCIA = 1VICENZA = 1

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Relazione Congressuale1° Corso di formazione per infermieri, attualità e prospettivedelle vaccinazioni - Aspetti organizzativi dei Centri vaccinali

di Silvia Stivani e Emanuela Millevolte

ABSTRACT

I servizi vaccinali rappresentano lamassima espressione di prestazione sani-taria nell’ambito della promozione e tu-tela della salute della popolazione infan-tile. Nei processi di organizzazione sani-taria i servizi vaccinali sono chiamati araggiungere i migliori livelli di perform-ance possibili in tutte e tre le fasi opera-tive: Management, Organizzazione, Ero-gazione.

Il Servizio Infermieristico del 1° Di-stretto ASL RM D, di giovane istituzione,nell’arco del secondo semestre 2002 havoluto verificare quali fossero i livelliqualitativi dei servizi erogati secondo irequisiti richiesti per un eventuale accre-ditamento degli stessi. Alcuni referentiaziendali negli ultimi due anni hanno la-vorato alacremente al fine di apportaresostanziali miglioramenti alla suddettaattività preventiva. Dopo attenta rifles-sione come Responsabili Infermieristiciabbiamo ritenuto indispensabile parteci-pare a questo progetto. Infatti la nostraspecificità assistenziale è traducibile conil mandato del “civil servants” e a tal fi-ne abbiamo progettato e realizzato lacreazione di aree gioco per i bambini deinostri centri vaccinali. Inoltre per raffor-zare il rapporto di fiducia e il senso diappartenenza da parte della comunitànei confronti del Servizio Pubblico abbia-mo individuato alcune date nell’arco del-l’anno in cui simbolicamente gli operato-ri aziendali regalano un piccolo ricordi-no(gioco, caramelle) a tutti i bimbi vacci-nati. Inoltre nella logica del migliora-mento continuo Q e, nel rispetto del ruo-lo etico di educatori alla salute abbiamol’ambizioso sogno di realizzare un pro-getto in collaborazione con enti no-pro-fit. L’obiettivo è quello d’incrementare illivello di solidarietà da parte della popo-lazione afferente al Distretto nei con-fronti di raccolta fondi per la promozio-ne di campagne vaccinali in paesi in viadi sviluppo.

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Attualità

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I REQUISITI PER L’ORGANIZZAZIONEDI UN SERVIZIO VACCINAZIONI

Quando siamo state chiamate a rea-lizzare una relazione per il 1° corso diformazione infermieristica trattante l’ar-gomento relativo all’attualità e alle pro-spettive dei servizi vaccinali, promossodall’Università Tor Vergata in collabora-zione con il C.I.F.A.P.S. abbiamo ritenutofondamentale ricercare e analizzare leprogettualità esistente nell’intero siste-ma vaccinale aziendale dove prestiamoservizio.

Il Servizi Infermieristico presso l’AslRM D ha visto realizzare l’istituzione deiprimi Uffici Infermieristici Distrettualinel secondo semestre 2001. Infatti la no-stra presenza, come Infermiere Dirigentedi distretto e Capo Sala di più servizi risa-le a quella data. Sin dall’inizio abbiamoritenuto opportuno analizzare il tipo diterritorio in cui ci trovavamo ad opera-re. A fronte di una superficie t molto va-sta come è quella del Comune di Fiumici-no la popolazione infantile vede acqui-stare di anno in anno una ruolo semprepiù importante nella piramide relativaalle fasce d’età.

I servizi vaccinali presso il nostro di-stretto sono tre. Un servizio è sito nellacittà di Fiumicino e due nella zona norddel Comune. Infatti i confini del distrettosono molto vasti e raggiungono le zonedel Lago di Bracciano e il Comune di La-dispoli. Le sedute vaccinali nell’arco dellasettimana hanno subito un sensibile in-cremento nell’arco dell’ultimo semestreal fine di garantire a tutti gli utenti il ri-spetto del calendario vaccinale. Gli ope-ratori che prestano servizio sono indivi-duabili in pediatri dipendenti e con con-tratto a tempo determinato, infermieried ass. sanitarie dipendenti. Per la veritàci siamo rese conto che negli ultimi dueanni il distretto ha subito un alto tasso diturn over del personale sanitario medicoed infermieristico. Questo aspetto ha de-terminato un non sempre chiaro passag-gio di consegne tra operatore ed opera-tore. Di fatto nel momento in cui abbia-mo cercato di verificare i livelli di cono-scenza di eventuali processi di migliora-mento in termini di certificazione o di

accreditamento dei servizi, la risposta daparte degli operatori è stata la più etero-genea possibile. Abbiamo quindi ritenu-to che fosse nostro compito raccoglierel’imput trasmessoci dalla vision della no-stra azienda che intende “....essereun’organizzazione per la promozione ela tutela della salute.... valorizzando leprofessionalità dei propri dipendenti.”

Dopo vari contatti con il responsabiledella qualità a livello aziendale ed la re-ferente aziendale dei Servizi vaccinali cisiamo rese conto che negli ultimi due an-ni erano stati apportati sostanziali mi-glioramenti. Infatti costantemente vi èun attento confronto con i requisiti ri-chiesti dal manuale di accreditamentospecifico dei servizi presi in esame. Il si-stema informatizzato per la gestionedelle schede vaccinali collegato ai datianagrafici circoscrizionali e comunali èstato sicuramente il passo qualitativo dimaggior rilievo ma non l’unico infattianche la formazione specifica all’argo-mento è stata attenta e approfondita.

Ci siamo quindi chieste quale potesseessere il nostro contributo al fine di au-mentare la presenza di requisiti per ri-durre il gap che ci separa da un eventua-le accreditamento. L’aspetto del comfortassistenziale del bambino ci è sembratoprioritario. Facendo riferimento alla let-teratura bibliografica dedicata ai criteriper l’accreditamento abbiamo individua-to necessari:

• istituzione per ogni singolo serviziodi una” zona d’attesa ludica”. (tavolo,sedie, materiale ludico)

• presenza di materiale per la primainfanzia (fasciatolo- scalda biberon).

Inoltre è accresciuta in noi la necessi-tà di applicare in maniera efficiente ilconcetto di counselling vaccinale di cui sisente parlare tanto negli ultimi anni. Ri-teniamo infatti che tale processo sia indi-spensabile per qualificare il rapporto difiducia che si instaura tra utenza edequipe vaccinale. Allo stesso modo cre-diamo che la vera qualità del serviziopubblico dipenda anche dal senso di ap-partenenza che la popolazione ha neiconfronti del servizio pubblico una voltapercepita la competenza clinica deglioperatori. Abbiamo pensato che fosse

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possibile regalare ai bambini un piccolodono nella data dell’inaugurazione degli“spazi bimbi”. Il risultato del progetto inparte ci ha appagate ed in parte stupite.Infatti l’apprezzamento espresso è risul-tato maggiore nei genitori rispetto aquello dei propri figli.

Abbiamo deciso di individuare alcunedate nell’arco dell’anno in cui simbolica-mente gli operatori distrettuali rafforza-no il rapporto di fiducia e il senso di ap-partenenza regalando ai bambini dolciu-mi e affini.

Inoltre negli ultimi tempi come grup-po infermieristico abbiamo riflettuto ri-petutamente sul ruolo etico della nostrafigura professionale nell’ambito delleattività dei servizi vaccinali. Ci siamochieste come fosse possibile esserepromotori di un progetto di prevenzio-ne, che secondo i criteri dell’OMS devecoprire trasversalmente la popolazioneinfantile globale? Riteniamo che i servizivaccinali possono essere il luogo più ido-neo ad incrementare la sensibilità dellapopolazione nei confronti di progettiatti a promuovere campagne vaccinali inpaesi terzi.

La presa di coscienza da parte degliutenti relativa all’indispensabilità dipromuovere la salute per il bene dell’in-tera comunità rimane a nostro avvisol’obiettivo educativo prioritario. Stiamoquindi studiando la possibilità di svilup-pare un progetto che vede come attori ilComitato zonale della Croce Rossa Italia-na. La Proloco del Comune, ONG edoperatori ASL.

Il progetto in atto è sicuramente frut-to dell’entusiasmo di alcuni operatori mariteniamo che il successo sia dipeso an-che dallo spirito di collaborazione esi-stente a livello della leadership distret-tuale che nel rispetto dei ruoli ha per-messo una reale valorizzazione dellaprofessionalità , in questo caso infermie-ristica.

Per concludere intendiamo sottoli-neare che questa esperienza d’incontrocon tanti colleghi che prestano serviziopresso i servizi vaccinali delle aziended’appartenenza è risultata particolar-mente stimolante. Infatti come coordi-natrici del gruppo di lavoro nella seduta

pomeridiana ci siamo rese conto dellaforte esigenza di confronto esistente tragli operatori dedicati a questo serviziodi prevenzione. Allo stesso tempo ci sia-mo rese conto che il livello di organizza-zione dei servizi vaccinali delle aziendedella nostra regione è particolarmenteeterogeneo. Il coinvolgimento dimostra-to dai colleghi ci ha testimoniato la ne-cessità che eventi analoghi si ripetanonel futuro poiché anche in materia di“vaccinazioni” i professionisti infermierihanno le idee chiare e possono contri-buire attivamente e da protagonisti almiglioramento dei servizi vaccinali.

AUTORI

D.A.I. Silvia Stivani Infermiere Dirigente1° Distretto ASL RM D.Capo Sala Emanuela Millevolte Resp. In-ferm. Presidi Nord 1° Distretto ASL RM D.

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La qualità dell’atto vaccinale.APEC

Manuale di accreditamento deiservizi vaccinazione delle Re-gioni Abruzzo e Molise

La pianificazione strategica e ilmodello di gestione dell’ASLM.T.Loiudice

Il counselling: uno strumentooperativo per una comunica-zione efficace B.De Mei, A.A.Luzi

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Assistenza infermieristica in pronto soccorso al paziente pediatrico affetto datrauma cranico, ustione o avvelenamento

di Silvia Ferrante

L’ argomento della ricerca infer-mieristica che ho deciso di af-frontare per la stesura della

mia tesi è l’assistenza infermieristica inPronto Soccorso al paziente pediatricoaffetto da trauma cranico, ustione o av-velenamento. Ho scelto il tema dell’e-mergenza pediatrica perché credo chegran parte delle patologie pediatrichedovute a cause accidentali possano esse-re drasticamente diminuite attraversoadeguati interventi di prevenzione e dieducazione sanitaria. I componenti dellamia ricerca sono stati riassunti nella ta-bella n. 1.

La tipologia di ricerca scelta è di I tipo(descrittiva) e, dopo la formulazione deiproblemi e degli obiettivi della ricerca,sono state scritte le ipotesi della ricercasotto elencate:

1. La ricerca si propone di dimostrareche all’interno del D.E.A. dell’ospedale pe-diatrico Bambino Gesù di Roma gli infer-mieri professionali utilizzano gli strumentidella professione infermieristica (cartellainfermieristica, protocolli, procedure).

2. La ricerca si propone di dimostrareche all’interno del D.E.A. dell’ospedalepediatrico Santobono Pausillipon di Na-poli gli infermieri professionali utilizza-

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Esperienze a confronto

Oggetto: gli infermieri professionali operanti nei D.E.A. delle strutture:• Bambino Gesù• Santobono Pausillipon• Anna Meyer

Soggetto: la studentessa Silvia Ferrante, iscritta al terzo anno della Laurea di Ilivello per infermiere generale e pediatrico all’Università “La Sapienza” doRoma con sede l’Azienda Ospedaliera San Giovanni/Addolorata.

Committente: il coordinatore didattico della laurea di I livello in infermiere ge-nerale e pediatrico della sede San Giovanni/Addolorata D.A.I. Aldo Faia.

Target: gli infermieri professionali.

Tabella n. 1: COMPONENTI DELLA RICERCA

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no gli strumenti della professione infer-mieristica (cartella infermieristica, proto-colli, procedure).

3. La ricerca si propone di dimostrareche all’interno del D.E.A. dell’ospedalepediatrico Anna Meyer di Firenze gli in-fermieri professionali utilizzano gli stru-menti della professione infermieristica(cartella infermieristica, protocolli, pro-cedure).

4. La ricerca si propone di dimostrareche le assistenze infermieristiche al trau-ma cranico, all’ustione ed all’avvelena-mento fornite all’interno del D.E.A. del-l’ospedale pediatrico Bambino Gesù diRoma rispettano la bibliografia ed i pro-tocolli a riguardo.

5. La ricerca si propone di dimostrareche le assistenze infermieristiche al trau-ma cranico, all’ustione ed all’avvelena-mento fornite all’interno del D.E.A. del-l’ospedale pediatrico Santobono Pausilli-pon di Napoli rispettano la bibliografiaed i protocolli a riguardo.

6. La ricerca si propone di dimostra-re che le assistenze infermieristiche altrauma cranico, all’ustione ed all’av-velenamento fornite all’interno delD.E.A. dell’ospedale pediatrico AnnaMeyer di Firenze rispettano la biblio-grafia ed i protocolli esistenti a ri-guardo.

Come strumento di rilevazione dati èstato elaborato un questionario anoni-mo (vedi Allegato n.1) da somministrareal campione scelto per lo studio (cam-pione per testimoni privilegiati o strati-ficato).

La raccolta dati è stata attuata attra-verso lo svolgimento di 220 ore di tiroci-nio nelle tre strutture. Per assicurare lariuscita dello studio i questionari sonostati consegnati a mano per ogni singolooperatore e ad ogni consegna lo studio èstato illustrato attraverso un foglio dipresentazione ed una spiegazione orale.I risultati della raccolta dati sono illustra-ti nella Tabella n. 2.

Città Struttura Campione Questionari Questionari

• ROMA Bambino Gsù 31 infermieri 31 15

• NAPOLI Santobono 30 infermieri 30 9Pausillipon

• FIRENZE Anna Meyer 25 infermieri 25 6

TOTALE 86 86 30

L’elaborazione dei dati è stata attuataattraverso la costruzione e l’utilizzo diuna griglia excel e l’interpretazione deidati è stata svolta con la creazione di nu-merosi grafici.

Tutte le ipotesi della ricerca sono sta-te confermate dai risultati rilevati, an-che se ritengo opportuno mettere inevidenza che (come si può dedurre dallatabella n. 2) gran parte degli infermierisottoposti allo studio non hanno colla-

borato al mio lavoro, condizionandonegativamente non solo la riuscita dellamia ricerca, ma anche il miglioramentoche ne poteva derivare. Dal Grafico n. 1infatti, riferito all’uso più o meno fre-quente degli strumenti proceduralid’integrazione, si possono vedere con-fermate le prime tre ipotesi, notandoche gli infermieri del campione usano,anche se non sempre, sia protocolli cheprocedure.

Tabella n. 2

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Per quanto riguarda il trauma crani-co ho scelto due grafici riguardanti il 1°la rilevazione dei parametri vitali ed il 2°l’informazione dei genitori del pazientein caso di osservazione a domicilio. For-tunatamente il Grafico n. 2 confermache il 52% del campione attua sempre larilevazione dei parametri vitali, anche se,al contrario, ben l’11% non si impegnamai in questo importantissimo interven-to. Nel Grafico n. 3 è stato dimostrato

che il 58% degli infermieri informa oral-mente i genitori, mentre fortunatamen-te il 40% del campione si serve di un fo-glio informativo per preparare nel modomigliore i genitori ad ogni complicanza.

Per quanto riguarda l’ustione hoscelto due grafici riguardanti il 1° la valu-tazione dell’entità dell’ustione ed il 2° illavaggio delle mani prima della medica-zione di un ustione. La valutazione del-l’entità dell’ustione si è manifestata più

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scandita dai criteri di età, estensione,profondità e sede (63% sul totale) inveceche dall’uso di apposite mappe (5% deltotale). Il Grafico n. 5 invece dimostrache il lavaggio delle mani più attuato pri-ma della medicazione di in ustione è for-tunatamente il lavaggio antisettico (66%totale) e, pur non essendo la pratica cor-retta, il lavaggio sociale (24% totale).

Per quanto riguarda l’avvelenamen-to ho scelto due grafici riguardanti il 1°l’anamnesi accurata che va praticata al-

l’arrivo del paziente in P.S.P. ed il 2° lepratiche più usate per la decontamina-zione gastroenterica. Dal Grafico n. 6 sipuò evincere che tutto il campione stu-diato è a conoscenza del tipo di doman-de che bisogna fare durante questa pro-cedura. Inaspettata era infatti la giusta-mente alta percentuale di voti che ha ri-cevuto la voce “ età e peso del paziente”(11% totale) e della richiesta del conte-nitore del materiale ingerito (15%). IlGrafico n. 7 mostra che la lavanda gastri-

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ca risulta essere in assoluto la tecnica piùusata (48% totale), subito seguita dallasomministrazione del carbone attivato

(46% totale). Fortunatamente tecnichecome la catarsi salina o il lavaggio inte-stinale non vengono mai praticate ( 0%).

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AutoreSilvia Ferrante, infermiera professionalelaureata in infermiere generale e pedia-trico durante la sessione autunnale del-

l’anno accademico 2001/2003 nella sededell’Azienda Ospedaliera S. Giovanni/Ad-dolorata di Roma.

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SMA, un test per i portatori saniL’atrofia muscolare spinale (SMA), nellesue tre forme, ha un’incidenza comples-siva alla nascita di 1:10.000 nati vivi euna frequenza negli eterozigoti di 1:50circa (portatori sani). La SMA viene ere-ditata in maniera autosomica recessiva(da due genitori portatori sani ad un quar-to dei figli, indipendentemente dal ses-so). Il gene responsabile di questa gravepatologia, SMN1, è stato individuato edisolato dalla regione cromosomica 5q13nel 1995. La caratterizzazione del difettomolecolare alla base della SMA ha resodisponibili protocolli affidabili sia per ladiagnosi prenatale, che per la confermamolecolare della diagnosi clinica nel pe-riodo post-natale, ma nessuno di questitests si è dimostrato efficace nell’indivi-duazione degli eterozigoti (portatori sa-

ni). Un gruppo di ricercatori italiani, del-l’Università di Roma Tor Vergata, coordi-nato da Giuseppe Novelli, ha messo apunto e brevettato un nuovo metodo dilaboratorio che consente di identificare iportatori sani di SMA. Il metodo è statorealizzato nell’ambito dei programmi di ri-cerca finanziati dal CNR attraverso il Pro-getto Finalizzato Biotecnologie. Tale testsi basa sul dosaggio del numero di copiedel gene SMN1 rispetto ad un gene dicontrollo il cui numero di copie è fisso nelgenoma umano. La sperimentazione deltest su 56 portatori certi e su 20 soggettinormali di controllo ha rivelato una sensi-bilità del 96,4% e una specificità del 98%.La relativa facilità di esecuzione e il bas-so costo candidano il metodo messo apunto a Roma ad una prossima applica-zione su vasta scala.

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C ’è ancora l’Ecm a turbare il meri-tato sonno di tanti colleghi. Loverifico dalle numerose lettere

che inviate a questa rubrica sull’argo-mento. Per lo più lamentano il costo sa-lato dell’Ecm e il suo peso eccessivo sulletasche degli infermieri.

Sul numero precedente di “InfermiereOggi” ho risposto lungamente sul signi-ficato che gli infermieri attribuiscono al-l’aggiornamento continuo di conoscenzee competenze e alla motivazione profes-sionale. Ho detto anche che, poche altreprofessioni hanno finora dimostrato disaper cogliere l’Ecm nella sua vera essen-za: la rivalutazione delle proprie capaci-tà. Non mi ripeto, dunque.

Torno invece sul piano pratico, su co-me risolvere il problema dei costi che og-gi gravano sulla nostra professione. Enon mi riferisco solo al costo finanziariodei corsi; anche il fattore tempo è deter-minante. E oneroso.

Insieme alla Federazione, i Collegistanno premendo a tutti i livelli affinchéil programma Ecm sia finanziato con ri-sorse specifiche e perché siano attivati i

Piani formativi aziendali in tutte le strut-ture di cura.

Sono le Aziende a dover promuoverei corsi, senza costringere il personale apesanti trasferimenti. E poi i corsi svoltiin orario di lavoro, la formazione a di-stanza. Tutto più funzionale e stimolan-te. Questa è e continuerà ad essere lanostra richiesta. Insisteremo fino a quan-do non la spunteremo.

Diverse altre lettere riguardano inve-ce la questione del titolo Afd.

Ne approfitto per chiarire che il titoloAfd non equivale a un Master di 1° livel-lo; nessuna norma di legge ha mai equi-parato i due titoli.

L’Afd, tuttavia, conserva il suo pienovalore come titolo per l’aggiornamentoe in quanto tale è utile ai fini del ricono-scimento dei crediti formativi.

Spetta comunque all’Università valuta-re crediti formativi riconoscibili e in che mi-sura. Allo scopo occorre farsi rilasciare dal-la struttura presso cui si è conseguito l’Afdil piano di studi che dovrà essere sottopo-sto al vaglio dell’ateneo titolare del Masterdi 1° livello.

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Addio occhiali, arriva il gelInizieranno il prossimo anno i test sull’uomo di un nuovo tipo di gel plastico da inserire negliocchi per ridare loro una nuova giovinezza. Il gel è stato sviluppato da Arthur Hodell’Università australiana del Nuovo Galles del Sud e del Vision Cooperative ResearchCentre. Il principio su cui si basa il gel è semplice: le lenti naturali dell’occhio (cornea, cri-stallino e corpo vitreo) tendono a perdere la loro elasticità con il tempo. In un adulto di 40 annihanno solo un quarto della capacità di adattarsi per mettere a fuoco immagini vicine o lonta-ne di quanto avevano alla nascita. Il professor Ho ha sviluppato un materiale sotto forma digel plastico con le stesse capacità ottiche del cristallino umano e con capacità biomeccani-che molto simili. Attraverso una piccola incisione nella cornea, il gel può essere inserito dopoche è stato asportato il contenuto naturale. I primi test sulle scimmie hanno dato risultati posi-tivi e molti esperti giudicano la nuova tecnica in grado di rivoluzionare la chirurgia oftalmica.

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La formazione al miglioramentocontinuo della qualitàcentrata sul discente infermiere

di Giovanni Caracci, Carmen Mantuano, Simona Ricci e Anna Mariano

ANALISI DEL CONTESTO

Una formazione che coniughi armoni-camente gli aspetti teorici con il nursingclinico può rappresentare una concretaopportunità di crescita per conseguireautonomia professionale, decisionale edoperativa.

Nel corso degli studi, l’Infermiere, peressere in grado di espletare con efficaciale funzioni tecnico-assistenziali e gestio-nali proprie del profilo professionale, de-ve raggiungere gli obiettivi teorici, prati-ci e di tirocinio.

In tale panorama normativo e cultura-le che profondamente rinnova/innova laformazione di base infermieristica s’inse-risce l’esperienza didattica riportata inquesto lavoro che, se pur contestualizzatanell’anno accademico 1999-2000 (e per-tanto all’interno della Scuola per Infer-mieri dell’Asl RM C) è in linea con quelleche sono le indicazioni dei percorsi di ac-creditamento previsti anche per i corsi diLaurea in Scienze Infermieristiche. Essa sipropone pertanto come un esempio di in-tervento di “reingegnerizzazione” del-l’intervento formativo, improntato aiprincipi di qualità della formazione.

Tale esperienza si è resa possibile gra-zie sia ad un team work di professionisticomposto da un medico, un’infermieraDAI e da una psicologa, impegnati nel-l’ambito della qualità e della formazio-ne, sia alla disponibilità della Direzionedella Scuola.

La didattica è stata impostata secon-do una logica di programmazione modu-lare in linea con una pedagogia attiva,centrata sul discente, basata su quantosuggerito da J.J.Guilbert.

Su questa linea, in fase di pianificazio-ne del corso si è avviata un’analisi fun-zionale del ruolo professionale dell’in-fermiere, in accordo con le conoscenze el’orientamento dei discenti.

Nella sua Guida Pedagogica J.J. Guil-bert, precisa che al termine della forma-zione di base, l’infermiere deve, in quan-to membro dell’equipe sanitaria esserein grado di:

• “assicurare la prestazione d’assi-stenza preventiva e curativa all’individuoe alla collettività nella buona salute o incaso di malattia a qualunque stadio

• programmare e realizzare le attivi-tà di un servizio assistenziale tenendoconto dei bisogni identificati

• assicurare l’educazione sanitariadella popolazione

• collaborare con i servizi impegnatinello sviluppo sanitario ed essere unagente di tale sviluppo

• valutare periodicamente le attivitàprogrammate per l’unità assistenziale oper un centro sanitario al fine di miglio-rare il rendimento del personale e la si-tuazione sanitaria della Regione

• tenersi al corrente delle nuove con-cezioni della professione e di mantenereil proprio livello di competenza in fun-zione dei problemi da risolvere”.

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Attualità

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In base agli elementi ricavati dall’ana-lisi effettuata è stato pianificato un per-corso didattico che, adeguando i conte-nuti ai bisogni formativi emersi, tenesseconto delle esigenze dei discenti in quel-lo specifico contesto socio-culturale.

PROGETTAZIONE DELL’INTERVENTOFORMATIVO

L’organizzazione del corso in fase diprogettazione ha previsto la definizio-ne di:

• obiettivi generali e specifici • moduli formativi con specificazione

degli obiettivi• durata e modalità formative• criteri adottati per la valutazione • strumenti per la valutazioneIl percorso formativo, nella sua artico-

lazione, in fase iniziale è stato presenta-to in aula e vagliato con i discenti. Ciò hapermesso una condivisione degli obietti-vi educativi e un’elaborazione comunedei parametri di valutazione. Quest’ulti-ma fase è determinante al fine di elabo-rare proposte formative orientate ai te-mi del MCQ dell’Assistenza Sanitaria.

È stata predisposta una valutazioneanonima d’apprendimento a tempo zeroche ha consentito, oltre che una letturaoggettiva del livello di conoscenze deidiscenti sugli argomenti del corso, unadeguamento in itinere dei contenuti.

Al fine di poter pianificare e imple-mentare un sistema di valutazione chepotesse evidenziare il livello accettabiledi performance da parte del discente so-no stati definiti due criteri espliciti di va-lutazione:

1) l’apprendimento dei contenuti2) l’assiduità di frequenza al corso.L’apprendimento è stato giudicato

tramite tre modalità: • Prova scritta (50% dell’esito finale)• Prova orale (40% dell’esito finale)• Numero di ore frequenza (10% del-

l’esito finale)Poiché il massimo punteggio ottenibi-

le è 30/30 ne deriva, in funzione del pesoattribuito ai due criteri, che la provascritta e la prova orale hanno un punteg-gio massimo di 27 (15 punti prova scritta

e 12 punti prova orale) mentre la percen-tuale delle presenze ha un punteggio mas-simo di 3 (3 punti numero di presenze).

Lo strumento valutativo utilizzato perla verifica scritta è stato un Questionariod’apprendimento tarato in altre realtà diformazione in ambito Sanitario ed appo-sitamente adattato ad un contesto diformazione di base in un diploma infer-mieristico. Ad ogni item è stato attribui-to, in fase di realizzazione dello stru-mento un punteggio differenziato se-condo il grado di difficoltà. Tale punteg-gio varia da un minimo di 0.75 ad unmassimo di 3. Il computo totale del pun-teggio ottenuto da ogni discente con-sente una classificazione in ordine di me-rito e l’individuazione di un “gruppo for-te” rappresentato dal 33% dei più bravie da un “gruppo debole” rappresentatodal 33% dei meno bravi.

La suddivisione ora esplicitata è indi-spensabile ai fini di una corretta “analisidegli item”: processo finalizzato al mi-glioramento dello strumento e alla suataratura se effettuato in fase di sommi-nistrazione sperimentale.

Il processo d’analisi degli item è ripor-tato in tabella 1.

Contestualmente alla prova scritta èstata effettuata una valutazione di gra-dimento del corso (tabella 2).

Lo strumento utilizzato è stato unquestionario anonimo, compilato dai di-scenti, articolato in quattro aree di rile-vazione:

TABELLA 1

Fasi d’analisi di una domanda

1. calcolo del punteggio di ogni discente2. classificazione in ordine di merito3. identificazione dei gruppi: forte e debo-

le4. calcolo dell’indice di difficoltà di ogni

domanda5. calcolo dell’indice di discriminazione di

ogni domanda6. valutazione critica di ogni domanda che

consenta di conservare, rivedere o elimi-nare una data domanda.

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– Valutazione del docente.– Capacità del corso di incrementare

competenze e conoscenze.– Qualità degli argomenti trattati.– Suggerimenti e critiche.Su ogni singola area è stato chiesta una

valutazione su scala di tipo Likert a 4 punti.L’esito dello stesso, consente ai docen-

ti di ricevere un utile feedback circa ilraggiungimento degli obiettivi da partedegli studenti, nonché circa l’efficaciadel lavoro didattico svolto.

CONCLUSIONI E PROSPETTIVE

Nel tentativo di delineare, pur se inmaniera sintetica il lavoro, si è cercato dievidenziare l’utilità ai fini educativi diuna valutazione strutturata e pianificatasecondo i principi dell’ MCQ e con un ap-proccio multidisciplinare.

Il momento meramente certificatorioviene sostituito da un processo valutati-vo che facilita l’apprendimento in itineredel discente, coinvolto e motivato duran-te tutto il percorso formativo.

Una disamina dei questionari ha evi-denziato un indice di gradimento positi-vo riguardo ai contenuti del corso e alladocenza (tab. 2).

In particolare, dai suggerimenti, si de-duce l’esigenza di approfondire i temitrattati, nonché la possibilità di appren-dere e sperimentare il modello di pro-gettazione di un intervento di migliora-mento continuo della qualità sin dall’ini-zio del corso di studi.

La diffusione di questo metodo didat-tico agli altri corsi e l’introduzione dalprimo anno di diploma della materia inoggetto, consentirebbe una crescita de-gli studenti nelle loro capacità di proget-tare soluzioni a problemi di salute e nel-la loro capacità di condividere obiettivi elavorare in team.

Una formazione così orientata accre-sce il senso di responsabilità e di autono-mia dei discenti e mitiga, grazie all’intro-duzione di elementi di valutazione reci-proca, la tendenza all’ autoreferenzialitàdella docenza.

Autori:Giovanni Caracci, Carmen Mantuano, Si-mona Ricci, Anna Mariano.

TABELLA 2

Valutazione della docenza:

1. Efficacia del metodo didattico 85%

2. Chiarezza dell’esposizione 94%

3. Capacità di coinvolgimentodei discenti 79%

4. Utilità materiale didattico distribuito 71%

5. Rispetto tempi del programma 85%

Indice di gradimento %< 60 insufficiente

60 – 70 accettabile 70 – 80 buono

> 80 ottimo

BECCASTRINI S., ROCCATO E.,La formazione permanentedegli Operatori Sanitari, InSalute Quaderni, n° 4, collanadell’USL 20 – B.

BELLOTTO M., TRENTINI G.,Culture organizzative e for-mazione , Franco Angeli,1997.

BODEGA D., Organizzazionee cultura. Gerini Studio, Mila-no, 1997.

GUILBERT J.J., Guida pedago-gica, Armando Editore, 1981.

GUILBERT J.J, Il lavoro in pic-coli gruppi, FPM vol. XVII, lu-glio 1989.

LUPANO P. (a cura di), Profes-sione infermieristica, EdizioniSorbona, Milano, 1993.

QUAGLINO G.P., Fare forma-zione, Il Mulino, Bologna,1985.

QUAGLINO G.P., CARROZZIG.P., Il processo di formazio-ne. Franco Angeli, Milano,1990.

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IO NON SOdi Teresa De Paola

S arebbe indubbiamente tranquil-lizzante pensare che il propriolavoro possa essere definito da

una serie di procedure standardizzate. Illavoro con la sofferenza umana, perònon si lascia facilmente “ingabbiare” ininsegnamenti teorici definiti: potremmodire, citando Mistura, che “la pratica dellavoro dell’uomo con l’uomo oltrepassala semplice applicazione del sapere codi-ficato” (Mistura, 1995).

Questo lavoro vuole porre alcuni in-terrogativi ed evidenziare alcune con-traddizioni con le quali quotidianamen-te conviviamo.

A mano a mano che le scoperte scien-tifiche si sono fatte più influenti ed im-portanti, anche nel campo della psichia-tria e della psicologia, le conoscenze dia-gnostiche si sono affinate, ma nonostan-te ciò ci sono delle aree dove la forza del-la tecnica non sembra essere sufficiente ascardinare la malattia: le psicosi croniche.

L’obiettivo che ci si è posti in questianni è stato quello di trovare un modo diagire clinico che, partendo dalla com-prensione dei bisogni del paziente, for-nisse un aiuto differenziato e specifico.Secondo Zapparoli bisognerebbe attiva-re una “integrazione funzionale”, ovve-ro organizzare e coordinare le differentifunzioni dei diversi operatori (psichiatri,psicologi, infermieri, assistenti sociali) inun programma di trattamento che si in-tegri partendo dai bisogni del pazientepsicotico.

Come l’infermiere che lavora in psi-chiatria ha partecipato a tale percorso?Quali sono stati i suoi specifici contributi,quali le contraddizioni e quali le carenzea cui ha dovuto sopperire?

Un lavoro infermieristico non puòessere considerato tale se non pone lapersona al centro dei suoi obiettivi, cer-cando di attivare una rete di assistenza,in un contesto pluriprofessionale, cheha come fine comune la cura del pa-ziente, del suo contesto familiare e so-ciale.

4949

Attualità

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Come riportato in un articolo scrittoda un nostro collega infermiere, DuilioLoi, tutto ciò necessita di conoscenze piùampie, richiede una più raffinata abilitàdi osservazione, di decodifica ed analisi,una maggiore capacità di pianificazionedegli interventi e relative verifiche.

Necessita di responsabilità. È proprioquesta ad essere chiamata in causaquando una disciplina stenta ad affer-marsi nel panorama scientifico. Maquanta responsabilità ci assumiamo nonnostra e quanta non ce ne assumiamo? Oancora peggio quanta responsabilitànon ci viene riconosciuta dalle stesse isti-tuzioni?

Tutta la letteratura evidenzia un ruo-lo fondamentale dell’attività infermieri-stica, sebbene non sia quasi mai chiaroquale esso sia. A volte siamo noi stessiinfermieri, che pur percependo il nostroruolo come importante, non abbiamouna completa consapevolezza delle no-stre capacità, noi stessi spesso sottovalu-tiamo le “competenze scientifiche” delnostro operare.

Questo problema è accentuato in mo-do particolare nel settore psichiatrico, in-fatti, lavorando in un reparto di medici-na è possibile vedere in maniera concre-ta gli esiti del nostro intervento, il lavoroche si deve fare è codificato e più facil-mente riconoscibile. Molto più difficile èpoter osservare tali esiti su un pazientepsichiatrico.

La situazione più frequente nella qua-le ci si imbatte nel proprio lavoro è quel-la di un grande investimento iniziale, vo-glia di fare che, però, abbastanza rapida-mente, deve fare i conti con cocenti de-lusioni e relativo disinvestimento: “machi me lo fa fare”?

Io non so.Sono capitata per caso in psichiatria.

Il giorno in cui dovevo firmare il con-tratto molti pensieri mi affollavano lamente: perché proprio in questo setto-re? La patologia dei pazienti mi spaven-tava, sì, nei programmi della scuola perinfermieri la psicologia viene trattata,ma si tratta di pochissime ore, sì, vienefatto un tirocinio pratico, ma sempre dipoche ore e solo nell’ultimo anno dicorso.

Ma tutto ciò può essere sufficiente? Sipossono capire quelle complesse dinami-che messe in atto nel rapporto con que-sti pazienti? Si può entrare in “contatto”con tale sofferenza con un tirocinio cosìlimitato?

Io non so.Per questo motivo una volta destinata

al DSM e nello specifico al Centro Diur-no, mi sono sentita “spaesata”: non sa-pevo cosa fare, non sapevo come muo-vermi, non c’era la rassicurante routinegiornaliera a cui ero abituata nei reparti.E che strani questi pazienti, volevano sa-pere tante cose di me, volevano stabilireun contatto empatico per me del tuttonuovo; non avevo lasciato mai avvicinarenessun altro paziente alla mia persona.Ma ero anche molto curiosa.

Grazie ai miei colleghi ed al mio re-sponsabile, con circospezione, ma so-prattutto con molta fatica, ho cercato dicapire usando quei pochi strumenti dicui ero fornita. Più che il bagaglio cultu-rale scolastico ho dovuto utilizzare tan-ta improvvisazione.

Erano i primi mesi in cui lavoravo inun Centro Diurno. In quel periodo hopreso particolarmente a cuore Maria,una paziente, che per via di un trasferi-mento, aveva da poco perso il suo infer-miere di riferimento. Il collega si era oc-cupato per anni del suo caso ed io neavevo preso il posto, sono diventata lasua “nuova infermiera di riferimento”.Maria si era appoggiata a me, aveva bi-sogno di fare domande ed avere rispo-ste, ed io, da brava “colomba bianca”,mi sono fatta completamente “avvin-ghiare” da questo rapporto. Ero riuscitafinalmente a fare qualcosa di costruttivo,mi stavo occupando di una paziente,stavo facendo delle cose per lei, ma so-prattutto delle cose con lei, e forse an-che per me.

Avevo trovato lo spazio dove speri-mentare la mia professionalità, dove uti-lizzare lo specifico della mia professione.

Ma tutto ciò a cosa mi ha portato? Adun attaccamento morboso di Maria neimiei confronti e, sebbene credessi cheormai il nostro fosse un rapporto basatosulla fiducia ed il rispetto reciproco, lapaziente in modo del tutto inaspettato,

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improvvisamente mi accusò con rabbiaspaventosa di essere la causa dei suoimali e di quelli della sua famiglia.

La mia reazione ... Io non so. Il mondo mi è crollato addosso, avevo

sbagliato tutto, avevo cercato di dare mestessa e tutto il mio, seppur limitato, “sa-pere” ad una persona e, che cosa avevoavuto in cambio? Tutta la sua rabbia, ilsuo rancore, la sua stizza.

Confusione e spavento.Oggi tutto questo fa parte di me stes-

sa, del mio bagaglio personale, della miaprofessionalità. E’ stata un’esperienzache mi ha arricchito umanamente, maquanto dolore in quel momento. Ho su-perato tutto ciò grazie all’aiuto di chi miè stato professionalmente vicino, che hacercato di farmi capire, di insegnarmi adentrare in punta di piedi, spiegandomi ledinamiche che si vengono a creare trautenti e operatori quando il rapporto di-venta tanto intimo, cose che mi eranogià state dette tante volte, ma che soloallora potevo comprendere. Sono diven-tata soggetto attivo e consapevole, misono appropriata di una competenza, diun sapere: il sapere della mia esperienzae il sapere dell’incertezza, del dubbioche nessuna procedura standardizzata,nessun protocollo, avrebbe mai potutoinsegnarmi.

Ho provato continuamente sentimen-ti contrastanti. A mano a mano che lemie conoscenze si approfondivano, anzi-ché acquisire maggiore certezza, vedevoaumentare i mie dubbi.

Io non so. Non potevo che concordare con chi

sosteneva l’opportunità di riuscire ad uti-lizzare in modo terapeuticamente effica-ce, le conoscenze ed i mezzi che il pro-gresso scientifico e tecnico ha messo anostra disposizione. Ma soprattutto pro-vavo, e provo, quel senso di fallimentodei miei sforzi ed una sensazione di inu-tilità del mio lavoro, che viene riportatoin molti libri che ho letto; mi sono senti-ta in colpa e ho attribuito a mia volta lecolpe ai pazienti, ai colleghi, ai superiori,alle istituzioni, che indubbiamente nehanno, tutti ed anche non poche, ma hocapito anche che c’è qualcosa di specificonella patologia, nella sofferenza dei no-

stri pazienti che prescinde dal nostro im-pegno e dalle nostre buone intenzioni.

I pazienti fanno di tutto per lasciare lecose come stanno, utilizzano qualsiasimezzo per vanificare il nostro lavoro, co-me possiamo fronteggiare tale resistenza?

Io non so.Uno dei paradossi del nostro lavoro è

che vogliamo riabilitare persone che,molte volte, non vogliono essere riabili-tate.

Quante volte gli evidenti ed innegabi-li miglioramenti si sono rapidamente tra-sformati in crisi e peggioramenti improv-visi? Come accettare che anni di lavoro,di buon lavoro, siano vanificati?

Chiunque abbia lavorato a lungo conpazienti gravi sa che bisogna fare i conticon questo sentimento di impotenza e difrustrazione, ma questo anziché rappre-sentare una sconfitta potrebbe diventa-re un punto di forza se si trova una chia-ve di comprensione e di accesso al mon-do profondo del paziente.

Un po’ mi ha aiutato il capire che, perbuona parte dei pazienti, stare meglio si-gnifica correre il rischio di perdere qual-cosa, che la malattia li protegge da unagrande sofferenza e l’ho capito ascoltan-do anche la mia sofferenza, la mia delu-

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sione. Ho imparato a non dire “so giàtutto di lui”

Bisogna mantenere vivo il dialogocon il paziente, ma in particolar modova stimolata la nostra capacità di ascol-to, bisogna essere disponibili a farci stu-pire, sorprendere, dobbiamo riuscire atrasmettere fiducia. L’operatore sanita-rio non si dovrebbe proporre al pazien-te come un soggetto con un sapere tec-nico onnisciente, ma come una personapermeabile e disponibile a conformarsial suo personale e singolarissimo mododi essere.

Nella relazione con il paziente il prin-cipale strumento utilizzato dall’infermie-re è sé stesso con i propri vissuti emotivi.L’uso delle proprie emozioni nella rela-zione, è indispensabile non solo comemezzo diagnostico e terapeutico, ma an-che come tutela dai pericoli che la rela-zione stessa comporta, questo ad esem-pio risulta evidente nel caso di un coin-volgimento eccessivo.

Nella relazione con il paziente psi-chiatrico, il coinvolgimento emotivo nonsolo è inevitabile, ma è anche fonda-mentale ed indispensabile, perché rap-presenta l’unico modo per entrare in sin-tonia con lui. Il lavoro quotidiano a con-tatto con pazienti gravi stimola, neglioperatori, momenti di riflessione e la ri-flessione mette in discussione la propriaprofessionalità e l’agire quotidiano.

L’infermiere che opera nell’ambito psi-chiatrico si colloca in un vasto campo d’in-tervento, legato al ruolo professionale edistituzionale rivestito, che va dal contestoambulatoriale, al domicilio dell’utente, al-le strutture intermedie, al SPDC.

Anche se operante in strutture diver-se, le modalità di approccio restano simi-lari e si esprimono attraverso un atteg-giamento empatico che permette dicomprendere e raccogliere i bisogni del-l’utente, di valutarli e di dare delle rispo-ste efficaci e mirate e, al tempo stesso, dicostruire una relazione di fiducia che,con il passare del tempo, si stabilizza e sirafforza.

L’operatore deve sempre avere inmente un percorso mentale, deve sapereche cosa sta facendo e perché lo sta fa-cendo. Paradossalmente l’obiettivo del-

l’operatore può essere non fare niente,ma deve sapere che quello che lui vuolefare è niente.

La relazione che l’infermiere instauracon il paziente si basa su specifici presup-posti che sono alla base della stessa pro-fessione infermieristica e che si fondanotutti sulla relazione infermiere-paziente.

Caratteristica fondamentale di talerelazione è l’affidabilità dell’infermierecome professionista. Questa caratteristi-ca risponde ad un bisogno specifico delpaziente: è la mancanza di fiducia nel-l’altro che rende difficile, se non addirit-tura nulla, la relazione con il paziente.Avere a che fare con persone affidabilinel tempo lo aiuta a riacquistare fiducia,occorre molto tempo, però, affinché ilpaziente consideri affidabili infermiere erelazione. L’infermiere viene messo a du-ra prova proprio per le continue verifi-che che il paziente compie per misurarela sua attendibilità, stabilità e credibilità.

Ogni operatore deve avere una visio-ne globale del suo lavoro e devono sussi-stere dei momenti dedicati alla costru-zione di visioni d’insieme, sia per quelche concerne il piano organizzativo, siaper il piano dell’elaborazione emotiva,nonché quello della comprensione e del-la comunicazione.

L’azione dell’infermiere nei diversiservizi di Salute Mentale, non è, e nonpuò essere, isolata rispetto all’operaredegli altri professionisti della salute. L’u-tente nel momento in cui esprime la suasofferenza ci rende partecipi del suomondo: per operare con efficacia sullamalattia, come ho già sostenuto, è ne-cessario un approccio pluridisciplinare eper questo è essenziale che l’infermieresviluppi abilità di gruppo.

In ospedale si tende a focalizzare l’assi-stenza prevalentemente sugli aspetti me-dici, utilizzando i fattori socio – culturalisoltanto quando questi influenzano diret-tamente il risultato degli atti terapeutici.Nei servizi territoriali ed in ambiti partico-lari quali la pediatria e la psichiatria, vi èuna maggiore tendenza a considerare gliaspetti psicologici, sociali ed antropologi-ci, proprio per la caratteristica del settingoperativo che mette in maggiore risaltol’individualità della persona.

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Nell’ambito della salute mentale l’o-peratività si esplica attraverso la costru-zione del progetto terapeutico è l’équi-pe terapeutica che si fa carico di tale la-voro, essa stessa deve diventare un’unitàintegrata in modo da favorire l’organiz-zazione e l’integrazione del paziente psi-cotico. Ogni membro dell’équipe devenecessariamente tenere conto del lavorodegli altri membri.

Il progetto terapeutico deve esserecaratterizzato da un unico obiettivo, dadefinirsi, di volta in volta, a seconda deibisogni specifici del paziente, e le rela-zioni, i successi o gli insuccessi che si ven-gono a stabilire all’interno di ogni speci-fica area d’intervento, influenzano i rap-porti e le condizioni che s’instauranoprogressivamente negli altri livelli.

All’interno del progetto terapeuticol’opera dell’infermiere si caratterizza perla presenza nella quotidianità delle atti-vità svolte a fianco dell’assistito: è la fi-gura dell’infermiere che accompagna ilpaziente nell’igiene quotidiana, nell’ali-mentazione, ma anche nella soddisfazio-ne del bisogno di sicurezza e nei rappor-ti con gli altri.

In termini di autonomia e responsabi-lità il doversi confrontare con più profes-sionisti nel portare avanti e condividereun progetto terapeutico, potrebbe ap-parire come una limitazione: possedereautonomia e responsabilità vuol dire tro-vare le vie più efficaci per l’intervento as-sistenziale in armonia con le attività de-gli altri professionisti copartecipi al rag-giungimento degli obiettivi stabiliti dalprogetto terapeutico.

Riuscire a trovare una corretta collo-cazione all’interno dell’intervento multi-disciplinare, implica il possedere una for-te e chiara identità professionale di base(Loi D., 1997).

L’operatore che si chiude nel proprioruolo, sia esso psichiatra, psicologo o in-fermiere, pregiudica la capacità di capirepiù profondamente ed estesamente i bi-sogni del paziente e viene, inoltre a crea-re una situazione di conflittualità e ditensione con i colleghi che dovrebberocollaborare alla realizzazione del pro-getto terapeutico.

Partendo dalla mia esperienza lavora-

tiva ho capito una cosa: da un lato biso-gna cercare di ottimizzare procedure co-dificate tipiche del sapere scientifico (ades. i protocolli, la cartella infermieristicaecc.) dall’altro bisogna saper tollerarel’incertezza e porsi continuamente dubbivalorizzando il senso del proprio lavoro,mettendosi in discussione rispetto alle al-tre figure professionali, chiedendo an-che a loro di fare altrettanto.

Ma sarebbe davvero tranquillizzantedefinire il proprio lavoro con una serie diprocedure standardizzate?

Io non so.

AutoreD.A.I. Teresa De Paola.

BARELLI T., BONI N., MARINM., URLI N. Il disagio psichicoe l’assistenza infermieristica.NEU, 1997; 4: 51-54.

CARPENITO L.J. Diagnosi in-fermieristiche-Applicazionealla pratica clinica. Milano:Sorbona, 1996.

CANTARELLI M. Il modellodelle prestazioni infermieri-stiche. Milano: Masson, 1997.

D. LOI (IPAFD), Evoluzione delnursing psichiatrico NEU,1997; 3: 18-19.

FERRUTA A. Un lavoro tera-peutico. L’infermiere in psi-chiatria. Milano: Franco An-geli Editore, 2000.

MISTURA S. La riabilitazioneè il lungo respiro della cura.Reggio Emilia: Diabasis,1995.

TACCHINI M.A. ProfessioneInfermiere nei servizi psichia-trici dalla teoria alla prassi.Milano-Parigi-Barcellona:Masson, 1998.

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Riflessioni sul pudore nella pratica infermieristicaLettura professionale su un vissuto d’Ospedale

di Claudia Uras

Come possono intervenire i profes-sionisti della salute e, in particola-re gli infermieri, sul grado di sod-

disfazione dei pazienti? E come possonomigliorare la qualità dell’assistenza pertali persone?

Per rispondere a tali domande occor-re partire, dall’affermazione socratica:“conosci te stesso.”1

Il professionista della salute, osservan-do se stesso, comprendendo le proprieansie e insicurezze, le proprie reazioniagli eventi della vita e, in ultima analisi, ipropri bisogni e limiti, può meglio com-prendere gli aspetti psicologici e i limitidel paziente.

Comprenderà, perciò che ciascun indi-viduo che necessita d’assistenza sanitariasi trova, solo, in una situazione d’inferio-rità psicologica, perché, in linea di massi-ma, non ha possibilità di scelte, devesoggiacere a decisioni altrui e, talvolta,subire limitazioni perfino della propriasfera intima.

Un aspetto della limitazione della sfe-ra intima è il contatto con il corpo chesovente il paziente subisce durante il ri-covero. Allo stesso tempo può capitare,agli infermieri, di provare un senso d’im-barazzo nel contatto con il corpo del pa-ziente.

Se cercassimo di capire quali possonoessere le ragioni di tale imbarazzo, pro-babilmente ci renderemmo conto che ilrapporto con il corpo è, solo apparente-mente, meno problematico nella società

attuale. Ciò dovrebbe riflettersi, in teo-ria, anche nell’attività infermieristica e,in particolare, nei rapporti tra infermieree paziente, facilitandoli. Ma nella praticaè così?

La cultura contemporanea ha elabo-rato un “modello di corpo” – molto usa-to nelle immagini pubblicitarie e nel ci-nema – giovane, snello, sano, quindi bel-lo. Ne consegue che ciò che non corri-sponde al “modello ideale” è istintiva-mente considerato brutto, perciò da ri-fiutare.

Qual è la situazione psicologica del-l’infermiere quando incontra un corpomalato o invecchiato o deturpato, quindinon corrispondente al “modello ideale”?E quale la situazione psicologica del pa-ziente quando avverte che il proprio cor-po è malato?

Ciascuno – sia come infermiere sia co-me paziente – è espressione del propriomondo culturale e sociale.

Ogni individuo, inoltre, ha necessitàdi uno spazio vitale, inteso come spaziofisico e psichico.

A mano a mano che invecchia, ognisoggetto vede ridursi gradualmente ipropri confini territoriali, come fosserocerchi concentrici. La malattia produce lostesso risultato.

Il ricovero ospedaliero priva il pazien-te della quasi totalità del suo spazio.

Il confine finisce con il coincidere conil proprio corpo, perché lo spazio che locirconda è estraneo e anche la libertà

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Attualità

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d’azione è ridotta. Si crea un rapporto didipendenza da coloro che lo circondano.

E’ in questo contesto fisico e psichicoche inizia la relazione con l’infermiere.

Qual è l’ultima linea di confine, quel-la, oltrepassata la quale, s’invade l’inti-mità del paziente e quale è il segnale diquesta violazione ?.

Forse il segnale esteriore del supera-mento della linea di confine è l’imbaraz-zo e forse la linea di confine coincide conil “senso del pudore.”

Il pudore è il “sentimento di riserbo edi vergogna di tutto quanto riguarda lasfera sessuale” e, estensivamente, il“senso di discrezione e di rispetto di sé edegli altri”.2

Esso appartiene alla sfera psicologicadell’individuo e trova il suo fondamentonella cultura di una determinata società;sicché il senso del pudore muta da una so-cietà all’altra.3 Se, dunque, vi è un comunesenso del pudore, inteso come la concezio-ne che la maggioranza ha della sfera ses-suale, vi è, tuttavia, una concezione indivi-duale che è determinata dall’atteggia-mento psicologico di ciascun individuo.

L’imbarazzo è un sentimento di dis-agio dovuto a varie cause, non necessa-riamente collegate al sesso. Ma è proprioin relazione alla sfera sessuale che piùfrequentemente entra in gioco tale sen-timento, il quale può considerarsi la ma-nifestazione esteriore dell’atteggiamen-to psicologico con cui il soggetto consi-dera il senso del pudore.

Sebbene il pudore sia un sentimento

nobilissimo, una manifestazione di sensi-bilità dell’animo, oggi è sovente oggettodi svalutazione e perfino di derisione,perché è ritenuto da alcuni un’espressio-ne di cultura antiquata, retriva, frutto disecolare repressione. Alcuni addiritturanegano drasticamente il valore del senti-mento del pudore. Contro tale opinione,agli inizi del secolo scorso il filosofo e so-ciologo M. Scheler osservava che: “La di-minuzione incontestabile del sentimentodel pudore nell’epoca odierna non è af-fatto conseguenza di uno sviluppo piùelevato e progredito della civiltà, com’èstato superficialmente sostenuto, ma in-dice psichico certo di degenerazione del-la razza; e lo scarso apprezzamento delpudore è una delle molteplici espressionidel dominio crescente di quei valori che iltipo dell’uomo volgare ha suscitato, conil suo estendersi smisurato e con la rimo-zione dello strato superiore dei valori”.4

Benché tale osservazione desti per-plessità almeno con riferimento al con-cetto di “degenerazione della razza”,che indubbiamente risente dell’epoca alquale lo scritto risale, tuttavia essa è con-divisibile nella parte in cui rileva uno sca-dimento di valori, che certamente s’è an-dato accentuando in anni recenti, conl’imperante consumismo. Ciò perché ilpudore è visto anche come un freno perl’uso commerciale – pubblicitario delproprio corpo, di cui si fa oggi uso e abu-so nel cinema e nella televisione.5

Il sentimento del pudore dovrebbemeritare grande attenzione nella pratica

1 In greco la frase è: “Gnoti s’auton.” In latino era tradotta così: “Nosce te ipsum”, ed era scritta a lettere d’oronel tempio d’Apollo a Delfo. Gli antichi l’attribuivano a Chilone, a Talete, a Solone; altri la definirono addirittu-ra sentenza venuta dal Cielo. 2 N. ZINGARELLI: Vocabolario della lingua Italiana, Zanichelli, Bologna 1990.3 Del pudore si occupa anche il diritto, sia pure con riferimento al “comune sentimento”. L’art. 529 del codicepenale, nel definire gli atti e oggetti osceni, afferma che sono “quelli che, secondo il comune sentimento, of-fendono il pudore”. In virtù di tale definizione, la giurisprudenza ha affermato che il comune sentimento delpudore è quello che induce alla riservatezza relativamente a ciò che attiene all’intimità della sfera della vita ses-suale; esso va identificato alla luce della sensibilità media della collettività, avuto riguardo ai valori della co-scienza sociale e alle reazioni dell’uomo medio, inquadrato e considerato con riferimento al momento storico -ambientale. Sicché è logico che il comune sentimento del pudore è destinato a mutare nel tempo con il mutaredegli orientamenti culturali e sociali, così come muta allorché si confrontano paesi con radici culturali diverse.4 G. Zamboni, La persona umana, Milano 1983, pag. 4.5 Il pudore è stato definito “il custode della castità”; ma poiché la castità è interpretata solo negativamente co-me repressione sessuale, ecco che il concetto di pudore n’è uscito assai malconcio (Giovanni Chimirri, Pudoresessuale e nudità, Laura Rangoni Editrice, Milano 1987).In epoche più recenti, tuttavia, la questione della sessualità è stata rivisitata, il valore della corporeità e dellasensualità sono stati recuperati, l’etica cristiana postconciliare ha affermato che bisogna sforzarsi «di integrarepienamente la sessualità nel processo di umanizzazione, per cui non si può più trattare della sessualità unica-mente nei confronti di una dottrina del matrimonio” (Segretari Generale di Concilium, in Concilium, n. 5/1970,pag. 207); insomma, tutta la complessa questione sulla sessualità umana è stata riscritta. La stessa cosa non è avvenuta, salvo rari casi, per il pudore.

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infermieristica, perché può essere utilizza-to come “strumento di corretta condottaprofessionale” e rappresenti, inoltre, unsegno di cultura e di civiltà progredita.

L’infermiere che usa il sentimento delpudore come strumento professionale,come una cartina al tornasole, è in gradodi comprendere se in una determinata si-tuazione proverebbe imbarazzo nel casoin cui fosse lui stesso il paziente e, conse-guentemente, eviterà ogni situazioneimbarazzante per l’assistito.

E non è raro il caso in cui l’infermieresi trova a combattere tra il proprio imba-razzo e quello altrui. Ma l’imbarazzoproprio va controllato allorché si traducain un ostacolo alla terapia. L’imbarazzodell’infermiere potrà determinare un du-plice effetto negativo: per un verso ren-derà più probabili errori tecnici per mag-giore superficialità o fretta dell’esecuzio-ne; per altro verso accrescerà il senso didisagio del paziente stesso che può osta-colare un buon rapporto interpersonale.

Il contatto fisico con il paziente è, tal-volta, problematico, ma va risolto usual-mente in modo asettico, con il necessariodistacco professionale. Se, normalmente,il contatto fisico con il paziente va evita-to quando non è necessario per ragioniterapeutiche, deve tuttavia considerarsiterapeutico quando è ricercato o offertocome conforto psicologico.

Il sentimento del pudore non è legato

solo al contatto fisico.Anche il rapporto meramente visivo o

quello verbale può creare imbarazzo edoffendere il senso del pudore. Si pensi alpaziente al quale viene chiesto di spo-gliarsi in presenza d’altri (medici o infer-mieri compresi) o al quale siano rivoltedomande che investano la propria sferaintima. Anche in tali casi l’infermierepreparato saprà assumere atteggiamenticauti, formulare le domande in mododiscreto e, in sostanza, saprà rispettare ilsenso del pudore altrui.

E’ chiaro, dunque, che il rispetto deisentimenti altrui è, sul piano individualeuna prova d’elevata professionalità (con-nessa a doti psicologiche) e, sotto il pro-filo sociale, è indice di civiltà .

BIBLIOGRAFIAS. Minuzzo, L Guglielmi. Il corpo e la cor-poreità. Professioni Infermieristi-che1996;4: 27-21G. Chimirri. Pudore sessuale e nudità.Laura Ragnoni Editrice 1995V. Melchiorre. Corpo e persona. Edit. Ma-rietti 1995

AutoriD.D.S.I. Claudia UrasCentro di Formazione e di Studi Sanitari - Polo Infermieristico - “P.L.Monti” IDI-IRCCS

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Santa Agostina PietrantoniPatrona degli Infermieri

Il servizio di carità diventato “storiasacra” negli oltre 200 anni di vitadell’Istituto delle Suore di Santa

Giovanna Antida che ormai sono pre-senti in 26 paesi nel mondo, trova oggi,nella proclamazione della piccola, gio-vane suora, Santa Agostina Pietran-toni eletta Patrona degli Infermieriin Italia, un segno di riconoscimentodella dedizione incondizionata di chiha fatto della vita un servizio d’amorea chi soffre ed è solo.La Congregazione per il Culto Divino,ha infatti eletto con Decreto del 29aprile 2003 Santa Agostina Pietrantoniprotrettrice degli operatori del mondosanitario affinché la figura e la vitasemplice della giovane suora sia esem-plare per la loro professione.La vita di Suor Agostina infatti, offertae consumata tra i malati nell’OspedaleSanto Spirito in Sassia dove a soli 30 an-ni fu stroncata da mano ingrata ed

omicida, è pertutti coloro cheoperano nel set-tore sanitariomodello ispira-t o r e d i v i t a ,semplice ed es-s e n z i a l e , p e rumanizzare unambiente che ri-schia sempre piùla spersonalizza-zione.

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CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Reverenda Madre,mi è gradito trasmetterLe il Decreto con il quale la Congregazio-

ne per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha confermatol’elezione della Santa Agostina Pietrantoni, vergine, a patrona degliinfermieri d’Italia.

Auspico che tutti gli operatori del mondo sanitario riconoscano inSanta Agostina una figura ispiratrice e una testimone esemplare perla loro professione. Riccorendo alla sua intercessione, potranno tro-vare sostegno e aiuto nel loro impegno al servizio degli ammalati.

Sarà nostra premura dare al più presto comunicazione ufficialedel Decreto sul Notiziario della Conferenza Episcopale Italiana.

La prego di gradire i sentimenti di viva stima e di distinto salutocon l’augurio di ogni bene.

Camillo RuiniPresidente

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AGGIORNAMENTI

Scuola di formazioneMaster Biennale Multiprofessionale in Tutorato ClinicoIl relazione all’attenzione che la nostra Università ha sempre rivolto alla for-mazione tutoriale, ritenendola lo snodo essenziale della formazione clinicadello studente, abbiamo deciso di trasformare il Corso di Perfezionamento in

Tutorato Clinico, attivo fin dal 1996 in Corso di Master. L’obiettivo è di formarefigure professionali che sappiano affiancare l’inserimento dello studente nella

Facoltà, lo aiutino a sviluppare quelle competenze metodologiche per affrontarel’intero piano di studi, ma soprattutto lo aiutino ad integrare le conoscenze scientifi-

che con le competenze cliniche.

Master Biennale in Infermieristica OncologicaÈ un Corso di formazione post base rivolto esclusivamente a personale infermieristico che abbiamaturato una certa esperienza professionale in campo oncologico. Obiettivo del Master è di faracquisire agli infermieri competenze avanzate nell’assistenza oncologica per gestire strategie assi-stenziali globali e di elevata qualità rivolte a persone adulte affette da patologia oncologica e ailoro familiari. Il corso consentirà agli infermieri di esercitare la propria attività professionale in qua-lunque ambito lavorativo in cui è richiesta una competenza specifica in campo oncologico.Rossella Ferri: Scuola di Formazione Continua - Università Campus Bio-Medico di RomaVia E. Longoni, 83 00155 Roma - Tel. 06/22541305 - Fax 06/22541328

CORSI DI FORMAZIONE PER INFERMIERI

L’Istituto Regina Elena e la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, con il patrocinio della Società Ita-liana di Psico-Oncologia, promuovono, nel 2004, i Corsi “La relazione d’aiuto nella pratica clinica infer-mieristica”.I Corsi, rivolti agli infermieri che lavorano o intendono lavorare in ambito oncologico, mirano a favorireun’integrazione sempre più efficace dell’infermiere nel contesto lavorativo oncologico e a promuovere,in ambito psico-oncologico, nuovi modelli di relazione con i pazienti, i loro familiari e tra gli stessi ope-ratori sanitari.Ogni Corso è a numero chiuso (40 partecipanti) e si articola in 100 unità didattiche divise in 4 moduli,ciascun modulo (25 unità didattiche) si svolge in tre giornate. I Corsi saranno accreditati presso il Ministero della Salute secondo il programma di Educazione Continuain Medicina. Agli allievi verrà rilasciato un attestato di partecipazione.Saranno ammessi ai Corsi i primi 80 infermieri che hanno i requisiti richiesti, sulla base dell’ordine di ar-rivo delle domande. L’inserimento dell’allievo in uno dei due Corsi sarà assolutamente casuale e non mo-dificabile. Requisiti per l’ammissione sono:Laurea di infermiere o diploma di infermiere professionale.Iscrizione alla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori come socio sostenitore (costo 150,00); gli infer-mieri che non sono iscritti alla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori potranno regolarizzare la pro-pria posizione anche dopo la conferma dell’ammissione al Corso.Le domande in carta semplice, con allegata certificazione del titolo posseduto, dovranno pervenire tra-mite fax (06/52665923) o e-mail ([email protected]) alla Segreteria dei Corsi dal 1 novembre al 30 novembre2003. Non saranno prese in considerazione le domande di ammissione ai Corsi pervenute prima o dopole date indicate, né quelle arrivate tramite modalità differenti da quelle predisposte.Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria del Corso:martedi h. 10.00-12.00 - giovedi h. 14,30-16.30Tel-Fax 06-52665923 - E-mail: [email protected]

Corso “SHIATSU”Il modulo Base di SHIATSU organizzato dall’ordine dei Medici, Collegio IPASVI di Roma e ScuolaItaliana di Shiatsu. Corso articolato in 4 moduli per 4 ore.Sede del Corso: Piazzale Flaminio, 9 - Per INFO ed iscrizioni 06/3201908.

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CORSI DI FORMAZIONE PER INFERMIERI

Mirano a favorire un’integrazione sem-pre più efficace dell’infermiere nel conte-sto lavorativo oncologico e a promuove-re, in ambito psico-oncologico, nuovimodelli di relazione con i pazienti, i lorofamiliari e tra gli stessi operatori sanitarisecondo il programma di EducazioneContinua in Medicina. Agli allievi verràrilasciato un attestato di partecipazione.L’inserimento dell’allievo in uno dei dueCorsi sarà assolutamente casuale e nonmodificabile

VIII CORSO BIENNALE IN PSICOLOGIA ONCOLOGICA

L’Istituto Regina Elena e la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori con il patrociniodella Società Italiana di Psico-Oncologia promuovono l’VIII Corso biennale in PsicologiaOncologica (anni 2004-2005). Il Corso, rivolto ad operatori sanitari (medici, psicologi,infermieri, fisioterapisti, etc.), è finalizzato ad ampliare le competenze di ciascuna pro-fessionalità in campo psico-oncologico e ad acquisire specifiche conoscenze psicologi-che in ambito oncologico in vista di un lavoro in équipe secondo un approccio integra-to. Il Corso è biennale ed a numero chiuso (30 partecipanti). Si articola in 200 unità di-dattiche divise in 4 moduli per il I Anno (12,13,14 gennaio; 10,11,12 maggio; 20, 21, 22settembre; 13, 14, 15 dicembre 2004) e 4 moduli per il II Anno con date da definire. E’possibile iscriversi dal 1 ottobre al 15 novembre 2003. Il Corso viene accreditato pressoil Ministero della Salute e i crediti formativi assegnati sono differenti per le varie figu-re professionali.Per ulteriori informazioni rivolgersi alla Segreteria del Corso: martedi h. 14.00-16.00giovedi h. 12.00-14.00 - Tel-Fax 06-52665923 - E-mail: [email protected]

Giornata di studio 06 Dicembre 2003 per infermieri Voghera ( PV )

“Essere straniero in Ospedale”

Percorso di studio sul rapporto tra cittadi-ni stranieri e strutture sanitarie italiane.Si terrà a Voghera ( PV ) 06 dicembre 2003presso la Piscina Comunale Sport&tempoLibero Via Cignoli, 6Modalità d’iscrizione: la giornata si attive-rà al raggiungimento di un numero mini-mo di partecipanti. Il numero massimo èstato fissato in 150 persone.L’evento è stato accreditato con 4 (quat-tro) punti ECM per la categoria Infermieri

Per Informazioni: a.i.n.s. onlus c/o Aislec,.Via F larer,6 ce l l . 339/2546932 –320/4250915 (dalle ore 13,00 alle ore 15,00) fax 0382 /523203 - email: [email protected]

INFERMIERE E SANITÀPENITENZIARIA

OrganizzazioneCOOPERATIVA SOCIALE

SAN LUCIO A.R.L.Viale G. Mazzini, 134 – 00195 Roma

Per iscrizioni:tel.06 37511733 • 06 37350515 348 2938400 • fax 06 37411812

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INFERMIERE E CITTADINO:QUALE RELAZIONE

IscrizioniPer informazioni e prenotazioni (obbligatoria) rivolgersi:Perigeo Congressi Tel. 06.86.10.278

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Dedicato a chi si sta approcciando oraalla ricerca infermieristica, a chi vuoleparagonare modelli, banche dati, risor-se… insomma, al neofita che cominciaora, è dedicata la pagina di questo nu-mero.

ALLNURSEhttp://allnurses.com

Non è un sito dedicato alla ricerca, in-dubbiamente…è un vero e proprio “por-tale” del mondo infermieristico interna-zionale. Suddiviso per macro-aree, ci ri-corda un po’ l’impostazione di alcunimotori di ricerca internazionali. Comodoper trovare di tutto, dalle riviste allebanche dati, e perché no, un po’ di hu-mor…! Per chi si approccia da poco adInternet per la professione, è un validissi-mo punto di partenza. In lingua inglese.

JOANNA BRIGGS ISTITUTEhttp://www.joannabriggs.edu.au

Un celebre istituto formativo Austra-liano, nonché Centro Ricerche Interna-zionale per la “Best Practice”, operativodal 1996, offre un discreto database sullaletteratura sanitaria; di particolare rilie-vo, le “evidence libraries” contenenti lerevisioni sistematiche di letteratura, lerevisioni dei protocolli, e il “clinical in-formation database”. Da visitare. In lin-gua inglese.

NURSE SCRIBEhttp://www.enursescribe.com/evi-dencebased.htm

Un simpatico portale infermieristico “atutto tondo”, che raccoglie un po’ tutti isiti di interesse scientifico per la professio-

ne. Diviso per aree di interesse, si consultamolto bene. Una vera risorsa da tener sot-to controllo, in quanto il patrimonio dilinks correlati e suddivisi e’ veramente no-tevole, oltre che essere costantementeaggiornato. In lingua inglese.

HONOR SOCIETY OF NURSINGSIGMA THETA TAU INTERNATIONALhttp://www.nursingsociety.org

“A Vision to Lead: To create a globalcommunity of nurses…” Così recita lapagina del chi siamo. Segnaliamo la VIR-GINIA HENDERSON LIBRARY, le risorse, lepubblicazioni e il centro ricerche, oltreagli eventi da loro organizzati. In linguainglese.

CENTRO E.B.N – UNIVERSITY OF YORKhttp://www.york.ac.uk/healthscien-ces/centres/evidence/cebn.htm

Un esempio di Centro Documentazio-ne EBN dell’Università di York. Interes-sante visitare le Aree correlate, come adesempio la “York trial Unit” oppure“Pubblications” piuttosto che la “Re-search Page”.

CDC – CENTERS FOR DISEASE CON-TROL AND PREVENTIONhttp://www.cdc.gov

Per le linee guida internazionali sullaprevenzione è praticamente l’unico pun-to di riferimento. In lingua inglese, dis-ponibile anche in lingua spagnola.

A cura di Fabrizio TallaritaWebmaster del Collegio IPASVI di [email protected]

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C ontinuando la trattazione dell’atti-vità documentale imposta dalla vi-gente normativa al personale infer-

mieristico, dopo la cartella clinica e la car-tella infermieristica, esaminiamo da vicinoin che termini è disciplinato l’obbligo di re-ferto.

Innanzi tutto definiamo referto la de-nuncia che deve essere fatta obbligatoria-mente, allo scopo di mettere a conoscenzal’autorità giudiziaria di fatti accaduti checomportino una lesione dell’integrità fisicao psichica di uno o più individui e che inte-grino una fattispecie di reato perseguibiled’ufficio, dal soggetto che nell’esercizio diuna professione sanitaria venga a cono-scenza di questi.

L’obbligo di referto trova attualmentedisciplina negli articoli 365 cod. pen. e 334cod. proc. pen.

L’art. 365 cit. attribuisce il suddetto ob-bligo al soggetto che abbia prestato, nel-l’esercizio di una professione sanitaria, lapropria opera od assistenza in tutti queicasi che possano presentare gli estremi diun delitto procedibile d’ufficio; e nel casoin cui egli ometta o ritardi di renderne no-tizia all’Autorità Giudiziaria, o ad altra au-torità che alla prima abbia l’obbligo di rife-rire, ne prevede la punibilità con una mul-ta pari ad _ 516.

Tale obbligo non sussiste solo nei casi incui il referto esporrebbe la persona assisti-ta ad un procedimento penale (“l’esonerodel sanitario dall’obbligo di referto di cuial comma 2 dell’art. 365 c.p., è previsto so-lo per il caso in cui i fatti che si dovrebberodescrivere nel referto convergono nell’in-dicare il paziente quale autore del reatoesponendolo a procedimento penale”,Cass. Pen., sez. V, n. 18052/01).

Il codice di procedura penale, invece,con l’art. 334 cit. disciplina i requisiti ditempo e di forma del referto. Questo, in-fatti, deve essere fatto pervenire entroquarantotto ore, ovvero immediatamenteove ci sia pericolo nel ritardo, dal soggettoobbligato al pubblico ministero o a qual-siasi ufficiale di polizia giudiziaria del luo-go in cui egli ha prestato la propria operaod assistenza. Il referto deve contenerel’indicazione della persona cui è stata pre-stata assistenza completa delle generalitàdella stessa e di ogni altro elemento validoai fini dell’identificazione, il luogo, il tem-po ed ogni altra circostanza relativa all’in-tervento effettuato, nonché ogni elemen-to utile per stabilire le circostanze del fat-to, i mezzi con cui è stato commesso e glieffetti che da questa sono derivati ovveropossono derivare. Se l’assistenza è stataprestata da più persone nella medesimaoccasione, l’obbligo di referto sussiste incapo ad ognuna di queste con la facoltà diredigere e sottoscrivere un unico atto.

L’obbligo di referto è previsto dalle nor-me appena esposte a carico di tutti gliesercenti le professioni sanitarie e quindimedici, infermieri (professionali),ostetricheetc.

Sebbene nella pratica ricorra con mag-giore frequenza l’ipotesi che a redigere ilreferto sia il medico, non si deve trascurareil caso in cui a prestare assistenza in situa-zioni integranti fattispecie di reato sianodegli infermieri, e pertanto in capo ad essisussista l’obbligo in parola.

La normativa sopra esposta attribuiscel’obbligo in capo a coloro che abbiano pre-stato la propria assistenza od opera, inten-dendo che questo derivi da un interventoattivo sulla persona, intervento che può es-

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L’obbligo di referto

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sere inteso come attività sanitaria aventefinalità di accertamento, indipendente-mente da ogni scopo terapeutico (ad es. ladiagnosi medica), ovvero come atto con fi-nalità esclusivamente terapeutica.

Per quanto riguarda il requisito che ri-chiede si tratti di casi che possano integra-re una fattispecie di reato procedibiled’ufficio, una recente pronuncia della Su-prema Corte (Cass. 14 marzo 1997, n. 280),ha rilevato come l’obbligo di referto siavolto a far si che l’attività svolta ai fini del-l’accertamento e della repressione dei de-litti si possa giovare dell’osservanza delsuddetto obbligo da parte degli esercentile professioni sanitarie, perciò “il sanitarionon deve compiere valutazioni giuridicheo di fatto tese a stabilire la certezza o ilgrado di probabilità del delitto sospetta-to, né deve limitarsi ad una acritica e pres-soché generalizzata informativa in ordinea tutti i casi di malattia astrattamente ri-conducibili a cause delittuose”. Ciò al finedi evitare una eccessiva proliferazione direferti che anziché raggiungere lo scopoperseguito, congestionino l’attività giudi-ziaria; fine che, con la medesima pronun-cia, la stessa Cassazione ha espressamenteenunciato precisando che l’obbligo di re-ferto “sussiste in relazione ai casi che ab-biano almeno la possibilità concreta dipresentare i caratteri di un delitto perse-guibile d’ufficio”.

A questo punto corre l’obbligo di preci-sare che per reati perseguibili d’ufficio siintendono quei reati che presentino unagravità tale da costituire un pregiudizioper la collettività, quali, a mero titoloesemplificativo, l’omicidio e le lesioni per-sonali dolose.

Tornando sui requisiti sostanziali del re-ferto, che deve essere redatto in carta libe-ra con le indicazioni di cui all’art. 334 c.p.c.sopra elencate, si deve far presente che so-no Ufficiali di polizia giudiziaria, cui il re-ferto deve essere inoltrato nel termine diquarantotto ore, i funzionari di Pubblicasicurezza, gli Ufficiali superiori ed inferioried i sottufficiali dei Carabinieri, della Guar-dia di Finanza e degli Agenti di pubblica si-curezza, o in mancanza di questi il sindaco.

Essendo il reato di omissione di refertoun reato di pericolo e non di danno, per-tanto, l’esclusione a posteriori della per-seguibilità d’ufficio in base alle conse-guenze fisiche o psichiche derivate al sog-

getto passivo, non esclude la responsabili-tà dell’omittente (Cass. Pen., sez. III, n.110497/69).

Come abbiamo già esposto, l’obbligodel referto sorge in capo al sanitario nelmomento in cui egli viene a trovarsi difronte ad un caso che può presentare iconnotati di un delitto perseguibile d’uffi-cio. Occorre pertanto che il giudice accerti,tenendo conto della peculiarità del casoconcreto, sia pure con valutazione “ex an-te”, se il sanitario abbia avuto conoscenzadi elementi di fatto dai quali desumere, intermini di astratta possibilità, la configura-bilità di un simile delitto ed abbia avuto lacoscienza e volontà di omettere o ritardareil referto (Cass. Pen., sez. VI, n. 9721/98).

Da ultimo si deve rilevare che il reato diomissione di referto è compatibile esclusi-vamente con l’elemento psicologico deldolo, secondo cui l’omissione o il ritardodevono essere compiuti con coscienza evolontà, consistente nella conoscenza daparte del sanitario di tutti gli elementi delfatto per il quale ha prestato la propriaopera, dai quali può desumersi in terminidi possibilità la configurabilità di un delit-to perseguibile d’ufficio, e dalla coscienzae volontà di omettere o ritardare di riferir-ne alle Autorità indicate (Cass. Pen., sez.VI, n. 210054/98).

Il suddetto elemento psicologico deldolo viene a mancare qualora, per errore,l’esercente la professione sanitaria abbia lacertezza dell’inesistenza di un delitto diquella specie (Cass. Pen., sez. VI, n.21206/98).

Sempre in tema di elemento psicologicodel reato di omissione, si deve rilevare chela valutazione da parte del sanitario dellaperseguibilità d’ufficio del delitto ravvisa-bile nel caso a lui sottoposto non deve es-sere fatta in astratto, ma in concreto, ossiacon l’adozione di ogni criteri di giudizioche tenga conto delle peculiarità della si-tuazione effettiva. Deve essere, infatti, ri-conosciuta all’esercente la professione sa-nitaria un margine di discrezionali nell’ap-prezzamento della natura dell’infortunioin relazione al tipo di lesione riscontrata,alla descrizione dei fatti fornita dal pazien-te o dai suoi eventuali accompagnatori eagli altri possibili elementi di riscontro(Cass. Pen., sez. VI, n.7034/98).

Avv. Alessandro Cuggiani

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Ebn:

L’ Assistenza

basata su prove

di efficacia

rappresenta

il modo nuovo

di intendere

le competenze

infermieristiche

M.E.

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La documentazione delle attività infermieristiche è lo strumento per dimostrare lo specifico

professionale e rappresentare l’agire competente dell’infermiere alla luce della responsabilità professionale

M.E.

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