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3. Teoria critica e teoria culturologica I Cultural Studies Facoltà di Scienze della Comunicazione Teorie della Comunicazione e dei Nuovi Media Prof. Alberto Marinelli 1

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3. Teoria critica e teoria culturologica

I Cultural Studies

Facoltà di Scienze della Comunicazione

Teorie della Comunicazione e dei Nuovi Media

Prof. Alberto Marinelli1

TEORIA CRITICA E TEORIA

CULTUROLOGICA

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Teoria critica vs ricerca amministrativa

Quando si ricostruisce l’evoluzione storica delle teorie dellecomunicazioni di massa, ci si imbatte spesso nellacontrapposizione tra la cosiddetta “ricerca amministrativa”e la teoria critica.

La ricerca amministrativa è quella riconducibile agli interessiconoscitivi manifestati dalle organizzazioni mediali e dagliattori che investono capitali nella comunicazione (ad es.imprese, governi, partiti politici).

La teoria critica concepisce il sistema dei media come luogodi riproduzione dei rapporti di forza presenti nel contestoeconomico-sociale, mentre per la ricerca amministrativa sitratta di uno strumento usato per raggiungere degli scopi.

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Teoria critica: la Scuola di Francoforte

La teoria critica pone al centro della propria elaborazione ilconcetto di “totalità”, in contrapposizione a quello di“frammentazione” della ricerca amministrativa.

Tra i due approcci vi è una profonda distanza: per la teoriacritica i media manipolano gli individui; per la ricercaamministrativa i media li persuadono/influenzano.

I maggiori studiosi della teoria critica sono quelliappartenenti alla Scuola di Francoforte, fondata in Germanianegli anni ’20: Marcuse, Fromm, Benjamin, Adorno eHorkheimer (e altri).

I teorici della Scuola di Francoforte ascrivono i fenomeni cheanalizzano alle forze sociali che li determinano teoria dellasocietà come un tutto e polemica con le discipline settoriali.

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Teoria critica: la Scuola di Francoforte

Ne La Dialettica dell’Illuminismo, Adorno e Horkheimer(1947) coniano l’espressione «industria culturale»: laproduzione di prodotti culturali è assimilata agli stessiprincipi di qualsiasi altra produzione industriale.

Secondo i due studiosi, i poteri economici sfruttano gliindividui e si insinuano anche nel loro tempo libero: i mediasono uno visti come strumento di manipolazione (ritornoall’idea di passività del pubblico).

Con il concetto di «genere», Adorno e Horkheimerdescrivono la necessità dell’industria culturale di elaboraresia delle regole per la produzione sia delle regole per ilconsumo.

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Teoria critica: la Scuola di Francoforte

Per Adorno e Horkheimer l’industria culturale puntainfatti all’amusement del consumatore, il quale viene“dominato” mediante occasioni di fruizione mediale chenon devono costare alcuno sforzo.

Per facilitare questo processo, l’industria culturale ricorrealla stereotipizzazione, ossia all’elaborazione di generi chedefiniscono «il modello attitudinale dello spettatore, primache questi si interroghi di fronte a qualunque contenutospecifico» (Adorno 1954).

La manipolazione dei media si realizza sulla base di unastruttura multistratificata che agisce sul piano psicologicoattraverso diversi livelli di messaggi, manifesti o latenti.

L’industria culturale priva i soggetti della loro individualità.Pagina 6

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La cultura di massa nella teoria culturologica

Laddove la teoria critica (approccio della Scuola diFrancoforte) si concentra sul “dominio” esercitatodall’industria culturale, la teoria culturologica, di cuiMorin è una figura chiave, pone al centro dell’analisi lacultura di massa e la dimensione del consumo.

Sebbene Morin non si occupi specificamente di modellicomunicativi veri e propri, il suo contributo èimportante perché si concentra sulla cultura di massadei tempi in cui vive (L’esprit du temps, 1962).

Morin indaga la cultura come corpo di simboli, miti eimmagini che riguardano la vita pratica e quellasimbolica rilevanza dell’immaginario.

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La cultura di massa nella teoria culturologica

L’approccio di Morin è quello della totalità:

«il metodo della totalità ingloba in sé il metodoautocritico, poiché tende, non soltanto a cogliere unfenomeno nelle sue interdipendenze, ma anche acogliere l’osservatore stesso nel sistema delle relazioni.[…] Al tempo stesso, sarà possibile evitare ilsociologismo astratto, burocratico, del ricercatoretagliato fuori dalla sua ricerca, che si contenta di isolarequesto o quel settore, senza cercare di scorgere ciò chelega i diversi settori gli uni agli altri».

Contraddizione tra le esigenze della standardizzazionedella produzione e l’individualizzazione dell’opera.

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La cultura di massa nella teoria culturologica

La standardizzazione non implica necessariamente ladisindividualizzazione; può essere intesa cometrasposizione, nel mondo industriale, delle “regole”dell’arte.

La contraddizione tra standardizzazione e originalità, poi,si può superare se ci si riferisce alla struttura stessadell’immaginario:

«l’immaginario si struttura secondo alcuni archetipi […].Regole, convenzioni, generi artistici impongono dellestrutture esterne alle opere, mentre situazioni-tipo epersonaggi-tipo ne forniscono le strutture interne. […]L’industria culturale [riduce] gli archetipi in stereotipi».

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La cultura di massa nella teoria culturologica

A livello di produzione: creare un prodotto di massa per unpubblico di massa sincretismo culturale (appiattimento,omogeneizzazione).

«La cultura di massa è animata da questo duplicemovimento: l’immaginario mima il reale, e il realeassume i colori dell’immaginario».

La cultura di massa è anche cultura del loisir: non solosvago di massa, ma anche consumo dei prodotti chediviene autoconsumo della vita individuale; si mettonoda parte i problemi del quotidiano e ci si esalta con ciòche viene offerto.

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La cultura di massa nella teoria culturologica

Per Morin, quanto ci viene offerto si antepone alla vitareale: la cultura di massa fornisce in forme fittizie ciò chenon si può avere: «da una parte la cultura di massa nutrela vita, dall’altra, la atrofizza».

I modelli della cultura di massa indeboliscono le altreistituzioni (famiglia, scuola…).

I punti problematici della teoria culturologica sono: assenza di sistematicità è implicita l’assunzione di un modello comunicativo

lineare non troppo distante dall’ago ipodermico Per Bourdieu e Passeron (1963) si tratta di una

metafisica catastrofica che oscilla tra l’indimostrabile e ilneanche falso

I CULTURAL STUDIES

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La cultura come oggetto di studio

• Anni ‘50 e ‘60 -» esigenza di studiare la cultura di

massa.

• “La cultura non è una pratica, né semplicemente la

descrizione della somma delle abitudini e dei costumi

di una società. Essa passa attraverso tutte le pratiche

sociali ed è il risultato delle loro interrelazioni.” (Hall

1980)

• Un concetto di cultura in cui “rientrano sia i significati e

i valori […], sia le pratiche effettivamente realizzate

attraverso cui valori e significati sono espressi e nelle

quali sono contenuti.” (Wolf, 1985)

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La cultura come oggetto di studio

• “[La cultura è] un processo continuo di costruzione del significati sociali e frutto della nostra esperienza sociale; tali significati producono necessariamente una identità sociale riguardo alle persone coinvolte.

[…] La produzione di cultura (e la cultura è sempre in evoluzione, non è mai acquisita) è un processo sociale: tutti i significati del sé, delle relazioni sociali e tutti i discorsi e i testi che giocano un importante ruolo culturale possono circolare solo in relazione a un sistema sociale.”

(Fiske, 1989)

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La cultura popolare

• “Per i cultural studies, “cultura” non è

un’abbreviazione di “high culture”, considerata un

oggetto a valore costante nel tempo e nello spazio”.

(During, 2004)

• Accanto al termine “cultura di massa” si affianca

sempre più quello di “cultura popolare” intesa come

“cultura che è popolare”, cioè gradita ai più.

• La cultura è un intero stile di vita, che si compone

tanto attraverso le istituzioni e i comportamenti del

quotidiano, quanto attraverso l’arte e la letteratura.

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La cultura popolare

• Una merce culturale per diventare popolare deve appagare i desideri dei suoi consumatori, contemperando gli interessi del suo pubblico con quelli dei suoi produttori.

• Il testo mediale è un prodotto culturale popolare.

• Portare i jeans, giocare con i videogames, ascoltare dischi di musica rock sono, secondo Fiske (Understanding popular culture), esempi di consumo di cultura popolare.

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La cultura popolare

• Hoggart, The Uses of Literacy

Per la prima volta studia prodotti culturali di varia

natura (musica, giornali, fumetti e fiction popolare) e

le connessioni tra i luoghi della vita pubblica e la

vita quotidiana degli individui.

• Williams, Television: technology and cultural form.

Analisi del mezzo televisivo ed elaborazione del

concetto di flusso, inteso come sequenza

programmata.

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I Cultural Studies

I nuclei attorno ai quali si è storicamente evoluta la ricerca sono:

• Riscoperta della funzione dell’ideologia

• Revisione dei modelli comunicativi

• Interesse che oscilla tra l’analisi del testo e l’analisi del contesto di consumo

• Attenzione al processo di significazione nella vita quotidiana.

(Grandi, 1992)

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Un nuovo strumento di analisi

Gli studiosi che si rifanno ai CS mutano profondamente la prospettiva di analisi, scegliendo un approccio etnografico:

• È uno studio che si svolge nel contesto naturale all’internodel quale normalmente si manifesta il fenomeno in esame.

• Comporta il passaggio da un livello macrosociologico dianalisi, che legge e interpreta il consumo televisivo sullosfondo di più ampi fenomeni sociali, a un livellomicrosociologico, che studia la fruizione nelle sue manifestazioni puntuali.

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Un nuovo strumento di analisi

• È attento a cogliere le specificità di ciascun atto di

fruizione e a restituire la varietà di connotazioni che

lo accompagnano.

• Non si è più interessati a fornire il quadro

complessivo dei modi d’uso dei media – nè a

eleborare regole generali – ma ad esaminare nel

dettaglio come ciascun atto di fruizione si sviluppa,

quali andamenti assume, come si declina rispetto

alle diverse situazioni sociali che lo ospitano, etc.

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Ricerche etnografiche: Morley

R. Morley, Family Television, 1980

• Analisi di 18 nuclei familiari tradizionali ma con differenticondizioni socio-economiche.

• Studio delle reali modalità di consumo televisivo che sirealizzano in ambito familiare: la fruizione televisivaentra a far parte delle relazioni domestiche attraverso le quali si esprime la vita quotidiana dei soggetti.

• Il diversificato impegno connesso all’esposizionetelevisiva da parte dei membri del nucleo familiarerimanda un’immagine di audience che si segmenta fino a ridursi a una molteplicità di singoli spettatori.

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Gli usi della televisione

Lull (1980) costruisce una tipologia di usi della televisione

da parte dei vari membri della famiglia.

Quando la tv viene fruita in ambito familiare è possibile

individuare due dimensioni:

Dimensione strutturale, all’interno di cui si distinguono:

• Uso ambientale

• Uso regolativo delle attività quotidiane

Dimensione relazionale, all’interno di cui si collocano:

• Le occasioni di comunicazione

• L’appartenenza o l’esclusione

• L’apprendimento sociale di modelli o valori

• La competenza e il dominio22Pagina 22

• “La produzione dei media di massa ricopre […] la funzione di provvedere al mantenimento dell’ordine sociale egemonico, legittimando le definizioni sociali esistenti […] attraverso un processo di codifica che investe i prodotti massmediatici di una lettura preferita”.

• Il professionista dei media codifica un messaggio che è già stato dotato di senso in modo egemonico.

• “il codice professionale è ‘relativamente indipendente’ dal codice dominante, perché applica modifiche e criteri propri, soprattutto di natura tecnico-pratica. Il codice professionale, comunque, opera dentro l’ ‘egemonia’ del codice dominante”. (Hall, Tele-visioni)

Codice professionale e codice dominante

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Il processo di comunicazione (Hall)

Quadri di conoscenza

Relazioni di produzione

Infrastrutture tecniche

Quadri di conoscenza

Relazioni di produzione

Infrastrutture tecniche

Decodifica

Strutture di significato 2

Codifica

Strutture di significato 1

Programma come

discorso “significato”

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Stuart Hall: Encoding / decoding

Se l’attività di codifica consiste nel definire i limiti e i parametri che racchiudono la libertà del processo di decodifica, dalla relazione tra lettore e questi limiti discendono tre differenti modalità di decodifica :

• la posizione dominante egemonica (lettura preferita)

• la posizione negoziata

• la posizione “di opposizione”

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Encoding / Decoding: la lettura preferita

• Si attua una lettura preferita quando il telespettatore “prende il significato connotato da, diciamo, un telegiornale o una rubrica di attualità direttamente e nella sua interezza e decodifica il messaggio nei termini del codice attraverso il quale è stato codificato” (Hall 1980)

• Il telespettatore opera all’interno del codice dominante/egemonico mediato professionalmente.

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Encoding / Decoding: la posizione negoziata

L’uso del codice negoziato sottende una combinazione di elementi adattivi e opposizionali:

• Lo spettatore è in grado di rintracciare la definizione egemonica e pur riconoscendone la legittimità nel contesto istituzionale opera la decodifica attraverso una “versione negoziata”, legata a “logiche particolari o situate”

• L’uso del codice negoziato sottende un atteggiamento duplice:“accordare la posizione privilegiata alle definizioni dominanti deglieventi, pur riservando il diritto di attuarne un uso più negoziatolegato a condizioni locali” (Hall 1980)

• Questo è l’ambito che professionalmente può essere considerato in termini di “insuccesso comunicativo” o di distorsione della comunicazione.

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Encoding / Decoding: la posizione di opposizione

• Nella posizione di opposizione il telespettatore comprende la lettura preferita costruita e proposta, ma ridefinisce “il messaggio all’interno di una qualche cornice di riferimento alternativa”

• Nel caso precedente avevamo fenomeni di distorsione della comunicazione, mentre qui non si crea distorsione, ma si attiva la volontà di porre in rilievo le contraddizioni che una lettura contro le regole del codice egemonico comporta. (Hall 1980)

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Fonte

emittente

Messaggio emesso

come significante

che veicola un certo

significato

Messaggio

ricevuto

come

significante

Destinatari

o

Messaggio

ricevuto come

significato

codice

sottocodici

codice

sottocodici

canale

Modello semiotico-informazionale (Eco e Fabbri)

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• La comunicazione è concepita non come trasferimento di informazione ma come trasformazione da un sistema ad un altro. Il codice garantisce la possibilità di tale trasformazione.

• Si innesta nel processo comunicativo il problema della significazione.

• La comunicazione rivela la sua intrinseca natura di processo negoziale in cui conta da un lato l’articolazione dei codici, dall’altro il contesto comunicativo

Modello semiotico-informazionale (Eco e Fabbri)

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• In questo modo è definitivamente accantonata l’idea del ricevente come soggetto passivo

• La comprensione è strutturalmente problematica, cioè non è identificabile aprioristicamente con le intenzioni comunicative dell’emittente.

• I processi di comunicazione implicano feedback, (ad esempio il tentativo di controllo dell’emittente sul livello di decodifica del messaggio) che permette l’attivazione di una “decodifica anticipatoria”

Modello semiotico-informazionale (Eco e Fabbri)

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• Si attenua ulteriormente la asimmetria dei ruoli di emittente e ricevente.

• Si concentra l’attenzione sulla natura testualizzatadell’universo delle comunicazioni di massa

• Si ancora la competenza comunicativa al patrimonio di testi sedimentati che orientano il processo di “anticipazione della comprensione”

• I destinatari:

– non ricevono messaggi singoli riconoscibili, ma insiemi testuali

– non commisurano i messaggi a codici riconoscibili come tali ma a insiemi di pratiche testuali.

– ricevono sempre molti messaggi sia in senso sincronico che diacronico

Modello semiotico-testuale (Eco e Fabbri)

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