3 - ParitaDEF
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Io e te siamo uguali!
!ilaugu omais et e oIIo sono Filo Io sono Andrea
Nel Nord del Mondo
Tu vivi in un mondo di eguali; sai bene che, qualunque fosse stato il tuo sesso, all’atto della tua nascita, il destino che avresti avuto davanti a te sarebbe stato lo stesso. Nel mondo occidentale infatti, nono-stante non siamo certo perfetti, abbiamo un livello altissimo di parità di genere.
Un mondo dieguali
Solo nel secolo scorso, almeno ai suoi inizi, era ancora in atto una certa discri-minazione, riguardo ai bambini, riguardo all’attesa di un “erede maschio”, ma tutto questo oggi è praticamente un ricordo, come lo è anche la pratica della trasmis-sione del nome dell’antenato maschile appena precedente al padre in linea di ascendenza (molto più comune, peraltro, nei Paesi di cultura latina). Oggi vari Paesi consentono anche l’attribuzione del cognome della madre ai figli, una su tutte, la nostra “vicina” Spagna.
Anche all’atto dell’iscrizione a scuola non si presenta alcuna discriminazione tra maschi e femmine, ed anzi, col pro-
gredire del livello di difficoltà negli studi, spesso le ragazze (se ne laurea il 12,8%) conseguono risultati migliori dei colle-ghi maschi (solo l’11,6%). Conseguono anche voti migliori, vengono bocciate meno spesso, sono, insomma, più serie ed affidabili.
Ed è qui che arriva la sorpresa: proprio all’atto della ricerca e dell’inserimento nel mondo del lavoro cominciano a scat-tare dei meccanismi discriminatori.
Stando ai dati del MDG Report, parten-do dai dati riferiti a tutto il mondo, sono 40 su 100 le donne che occupano
posti di lavoro non-agricoli, rispetto al 60% dei maschi. Passiamo adesso al dato che riguarda il mondo occidentale, che parlano di un 48% di donne, cifra molto vicina alla parità. Questa cifra è però una media, dietro la quale trovano posto situazioni molto diverse.
Nel nord Europa ad esempio la parte-cipazione delle donne al lavoro arriva a quote di più dell’80%, scende sotto il 70% nell’Europa dell’Ovest, e attorno al 50% nel Sud. Il Canada si assesta a cifre superiori al 70%, gli USA tra 60 e 70%.
La differenza media di retribuzione tra uomini e donne, ad esempio, si è stabilmente assestata sul 15% dal 2003, e la maggior parte delle donne recentemente affacciatesi sul mercato del lavoro sono entrate in settori e professioni dove si riscontrava già una forte presenza femminile.
La presenza di donne dirigenti nelle imprese ristagna al 33%, mentre progredisce assai lentamente in campo politico; infatti appena il 23% dei parlamentari nazionali ed il 33% degli eurodeputati sono donne. Data una media di donne nei Parlamenti Nazionali Europei che si aggira attorno al 27%, passiamo però dal 55% della Svezia, al 29% della Spagna, al 17% dell’Italia e chiudiamoo con il 5,56% della Grecia.
Considerando poi che stiamo parlando di Europa, quindi di uno dei Continenti più evoluti, la situazione è veramente deludente.
La discriminazione in ambito lavorativo è da sempre fondata sulla caratteristica fondamenta-le che separa i due generi, quella riproduttiva. La donna è biologicamente destinata alla ripro-duzione, ed è ovvio che questa importantissima attività la impegni in modo totale per almeno una parte della sua vita. Il problema reale è nell’assenza di strutture idonee a sostenerla in questo frangente, ed è questo che in realtà deter-mina la discriminazione, ora perseguita anche a termini di legge, ma che persiste comunque.
Chiudiamo con un dato: qualunque lavoro svolgano (che preveda la possibilità di retribuzioni diverse) le donne guadagnano a parità di altre condizio-ni, circa il 27% in meno degli uomini, anche se lavorano, in media, 45 minuti in più al giorno.
Nel Sud del Mondo
Altissimo è il grado di discriminazio-ne del genere femminile nel Sud del mondo, tanto grave e collegato a tanti aspetti della vita che abbiamo deciso di trattarlo, se così si può dire, in ordine cronologico.
Un altro Mondo
In molte Nazioni del mondo è conside-rata una vera e propria sventura nasce-re donna, o partorire figlie femmine; per questo si verifica, ed è in costante aumen-to – di pari passo con lo sviluppo della diagnostica prenatale – l’orribile pratica detta dell’aborto selettivo.
Si tratta di fare tutti i controlli neces-sari a scoprire il sesso del nascituro e, se si tratta di una femmina, di decidere di interrompere la gravidanza anche in caso di figlie perfettamente sane. Questa pratica riguarda molti Paesi poveri, ma è particolarmente presente in India, dove nel 2011 non sono nate – sarebbe meglio dire che sono state uccise –
ben 3 milioni di bambine!
Secondo un calcolo approssimativo, da dati dell’Unicef, all’appello nel mondo mancherebbero, solo relativamente al 2011, ben 60 milioni di bambine, sia per gli aborti selettivi, sia per veri e propri infanticidi, realizzati con metodi a dir poco terribili sulle neonate (soffocamen-to con riso bollito o dosaggi massicci di oppio).
Paesi in cui l’aborto selettivo viene maggiormen-te praticato sono: India, Cina, Albania, Armenia, Azerbaijan, Afghanistan, Bangladesh, Pakistan, Corea del Sud. In tutte queste Nazioni esiste una legislazione specifica contro queste pratiche, ma essa non viene applicata, o ci sono comunque delle amplissime sacche di illegalità.
Le bambine inoltre, se si ammalano, non vengo-no curate, o ricevono comunque meno cure dei maschi; non si ritiene valga la pena spendere tem-po e denaro per tutelare la salute delle femmine, il che causa ovviamente un maggior numero di danni permanenti e morti.
All’atto dell’iscrizione alla scuola pri-maria avviene un’ulteriore discrimi-nazione. Stando ai dati del MDG Report infatti sono ancora molte le differenze nei numeri già a livello della scuola primaria, ma le cose peggiorano quando si sale di livello.
Prendiamo alcuni esempi illuminanti: Africa Subsahariana, scuola primaria, frequentano la scuola elementare oggi 93 bambine a fronte di 100 maschi, solo nel 1999 le bambine erano 83. Scuola secon-daria, sono 83 ragazze su 100 maschi. Livello universitario, 63 ragazze ogni 100 ragazzi. Questo ovviamente non fa che confermare, e se possibile peggiorare la
situazione del sesso femminile che, sen-za istruzione e tutela sanitaria, sem-brano destinate a non uscire mai dalla situazione di marcata inferiorità in cui si trovano da sempre.
Per quanto riguarda poi il mondo del lavoro, la situazione è altrettanto diffcoltosa: la maggior parte delle donne che lavorano, nei Paesi in Via di Sviluppo, sono occupate nell’agricoltura. Le donne rappresentano in media il 43 per cento della forza lavoro agricola dei paesi in via di sviluppo, con percentuali che vanno dal 20 per cento dell’America Latina a circa il 50 per cento del Sudest asiatico e dell’Africa sub-sahariana. La percentuale è più alta in alcuni paesi e talvolta varia molto all’interno dello stesso paese.
In Africa sub-sahariana inveterate norme culturali incoraggiano le donne ad essere indipendenti dal punto di vista economico e questo ha fatto sì che esse abbiano una notevole responsabilità nella produzione agricola.
HIV/AIDS, conflitti e migrazioni hanno prodotto in molti paesi un aumento del-la percentuale di forza lavoro femmini-le in agricoltura, con un’oscillazione che va dal 36 per cento della Costa d’Avorio e del Niger al 60 per cento del Lesotho.La percentuale di forza lavoro nel sudest asiatico e nell’Asia orientale è dominata dalla Cina dove circa il 48 per cento della forza lavoro agricola è femminile.Nell’Asia meridionale domina l’India con una forza lavoro agricola femminile del 30 per cento. In Pakistan dal 1980 ad oggi la percentuale è quasi triplicata, ed in Bangladesh le donne adesso superano il 50 per cento della forza lavoro agricola.Nel Vicino Oriente e Nord Africa la
presenza femminile in agricoltura è salita dal 30 per cento del 1980 a circa il 45 per cento dei nostri giorni.In America Latina, il coinvolgimento delle donne in agricoltura è nell’insieme alto, ma la percentuale di forza lavoro femminile è più bassa rispetto ad altre regioni in via di sviluppo a causa dei livelli relativamente alti di scolarizza-zione delle donne, della crescita e della diversificazione economica e di norme culturali che sostengono la migrazione delle donne verso il settore dei servizi delle aree urbane. Nel 2010 poco più del 20 per cento della forza lavoro agricola era femminile, in leggero calo rispetto al 1980.
Quando le donne delle zone rurali ven-gono impiegate, in genere sono relegate ad occupazioni meno pagate ed è più probabile che abbiano forme di occupazio-ne meno sicure, più precarie, stagionali o a part-time. In alcuni casi, nemmeno così infrequenti, le donne non vengono affatto retribuite, ma ricevono solo cibo in cambio di lavoro. Enorme è poi la forbice in campo politico riguardo la presenza delle donne nei Parlamenti Nazionali: se abbiamo dati come quelli del Senegal (42,3%), dell’Uganda (35%), o dell’Etiopia (27,8%), crolliamo fino a dati che potremmo definire infinitesimali con il 9,8% del Kenya, il 7,4% del Congo, il 2% dell’Egitto, ed un dato addirittura inferio-
re allo 0,1% per altri Stati come l’Angola.
Ulteriori discriminazioni riguardano, a seconda dei Paesi, la libertà di movi-mento, la libertà di acquistare e vende-re merce, di possedere beni, di scegliere il proprio compagno di vita.
Come abbiamo visto, molto c’è da fare ancora per le donne nel mondo; anche se le cose sono migliorate negli ultimi 20 anni, per opera delle Organizzazioni In-ternazionali e di molti Enti privati, quello che dovrebbe davvero cambiare è la mentalità settaria riguardo al genere che caratterizza molte religioni e cultu-re nel mondo.
Il confronto
È doloroso doverlo ammettere, ma proprio in questo campo, quello della discriminazione in base al genere, la situazione del Sud del mondo ed in genere dei PVS è sicuramente dram-matica, se confrontata con quella dei Paesi Sviluppati.
Una situazioneancora critica
È vero che, anche in Occidente esistono discriminazioni, soprattutto nel campo del lavoro e della retribuzione (come abbiamo visto nella sezione Nord del Mondo), ma certamente non è nemmeno lontanamente simile a quella della donna nei PVS.
Fin da prima della sua nascita il genere femminile è discriminato, dagli aborti se-lettivi, agli infanticidi, alla discriminazione riguardante le cure mediche e la scuola, per giungere poi al mondo del lavoro.
Accesso all’istruzione
88% 2°
83% 3° livello91% 1°
Nella sezione dedicata alla salute delle madri in attesa e dei neonati troverete ulteriori situazioni difficili, ed a volte drammatiche, alle quali è assolutamente necessario porre rimedio se si vuole davvero rendere questo pianeta più abitabile e giusto per tutti.
Comportamenti Virtuosi
Non è facile proporre soluzioni per un problema che ha radici culturali profondissime.
Per chiarirci: non è facile, ma è possi-bile, far arrivare a molti Paesi poveri il denaro per mandare i bambini a scuola. E’ invece difficile convincere i genitori a mandare a scuola anche le femmine, e non solo i maschi.
La Grameen Banke il microcredito
Non è facile, ma è possibile, mandare denaro, aiuti, medici, infermieri, dove servono, ma è difficilissimo convincere i padri a curare anche le bambine, le ragazze e le donne.
Non è facile, ma è possibile investire nelle attrezzature mediche e diagnostiche in India e in Cina – spesso sono gli stessi governi locali che lo fanno – ma se poi queste vengono usate per preselezionare le femmine e sopprimerle, allora davvero non ci siamo.
Quello che possiamo, e dobbiamo fare tutti, è lottare contro alcune mentalità e forme culturali, meglio.
Dobbiamo lottare contro gli effetti che queste culture han-no sulla vita e lo sviluppo di ineri Stati o Continenti. Vanno rispettate le culture locali, ma vanno limitate le tra-dizioni patriarcali che opprimono, schiacciano, uccidono le donne, che sono il futuro di questo pianeta.
Nel 1976, Muhammad Yunus, un economista e banchiere Bengalese, fondò la Grameen Bank, prima banca al mondo ad effettuare pre-stiti ai più poveri tra i poveri basandosi non già sulla loro solvibilità, bensì sulla fiducia.Da allora, la Grameen Bank ha erogato più di 5 miliardi di dollari ad oltre 5 milioni di richiedenti.
Per garantirne il rimborso, la banca si serve di gruppi di solidarietà, piccoli grup-pi informali destinatari del finanziamento, i cui membri si sostengono vicendevolmen-te negli sforzi di avanzamento economi-co individuale ed hanno la responsabilità solidale per il rimborso del prestito.
Con il passare del tempo la Grameen Bank ha realizzato soluzioni diversifi-cate per il finanziamento delle piccole imprese. Oltre al microcredito, la banca offre mutui per la casa e per la realizzazione di moderni sistemi di irrigazione e di pesca, nonché servizi di consulenza nel-la gestione dei capitali di rischio e, alla stregua di ogni altra banca, di gestione dei risparmi.
Il successo della Grameen ha ispirato numerosi altri esperimenti del genere nei PVS e in numerose economie avan-zate. Il modello del microcredito ideato dalla Grameen è stato applicato in oltre
20 Paesi in Via di Sviluppo: molti di que-sti progetti, come avviene per la Grameen stessa, sono imperniati soprattutto intor-no al finanziamento di imprese femminili.
Più del 90% dei prestiti della Grameen è infatti destinato alle donne: tale politica è motivata dall’idea che i profitti realiz-zati dalle donne siano più frequente-mente destinati al sostentamento delle famiglie.Le donne non solo lavorano, e mantengo-no la loro famiglia, ma danno lavoro ad al-tre donne ed altri uomini, che a loro volta danno altre possibilità alle loro famiglie, generando un circolo virtuoso destina-to ad ampliarsi sempre più.
Sono esperienze che danno fiducia nel domani perchè non restano parole al vento,
ma hanno la caratteristica della fattibilità pratica, cioè, in una parola,
funzionano.
Progetto: Education au développement:stratégies territoriales por un défi global
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Fotografie di:Adelaide Di Nunzio, Valerio Acampora, Luca Caratozzolo e Michele Catalano