3. LE DISUGUAGLIANZE DI GENERE -...

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1 A.A. 2013-2014 Corso di Laurea Magistrale in Scienze dell’Amministrazione Sistemi di welfare 3. LE DISUGUAGLIANZE DI GENERE Maria Letizia Pruna SPS/09 – Sociologia dei processi economici e del lavoro [email protected]

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A.A. 2013-2014Corso di Laurea Magistrale in Scienze dell’Amministrazione

Sistemi di welfare

3. LE DISUGUAGLIANZE DI GENERE

Maria Letizia PrunaSPS/09 – Sociologia dei processi economici e del lavoro

[email protected]

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La sfida del welfare

Eliminare o ridurre i vari tipi di disuguaglianza che limitano o

negano alla persona l'opportunità e la capacità di costruire al meglio la propria vita.

Le disuguaglianze di generesono le più profonde e pervasive

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La catena delle disuguaglianze

� Una delle forme che assume la disuguaglianza di genere è quella dell’esclusione o marginalità lavorativa

� Questa forma di disuguaglianza è l’esito di altre che la precedono e l’affiancano (nell’educazione ai ruoli sociali, nelle scelte scolastiche, nella divisione dei carichi di cura in famiglia) e alimenta a sua volta altre forme di disuguaglianza, esclusione o marginalità (nella politica, nelle istituzioni, in generale nella vita pubblica).

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Un problema per la democrazia

Se, pur godendo formalmente degli stessi diritti degli uomini, una parte consistente di donne viene esclusa da ambiti importanti della vita collettiva come il lavoro, la politica, le istituzioni, significa che:

1. agiscono forti ostacoli culturali e sociali, capaci di rendere ineffettiva una serie di diritti fondamentali

2. sono escluse importanti risorse, conoscenze e competenze che potrebbero contribuire alla produzione di ricchezza e di decisioni migliori

3. le preferenze e gli interessi delle donne come cittadine e lavoratrici non sono considerati e rappresentati allo stesso modo di quelli degli uomini

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Un problema persistente

«La lotta contro le disuguaglianze persistenti tra le donne e gli uomini in tutte le sfere della società rappresenta una sfida a lungo termine in quanto comporta cambiamenti strutturali e comportamentali e una ridefinizione dei ruoli delle donne e degli uomini. I progressi sono lenti e le disparità di genere persistono a molti livelli.»

Commissione Europea “Parità tra donne e uomini – 2010” {COM (2009)694}

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Un problema mondiale

Progress towards gender equality is measured annually through various statistical indices, including

� the Gender-related development Index(GDI), produced by the United Nations

� the Global Gender Gap Index (GGI) put forth by the World Economic Forum

� the Gender Equity Index (GEI), compiled by Social Watch, an international network of citizens’ organizations.

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• Indice di sviluppo umano (HDI)

� L’indice di sviluppo umano è un indicatore macroeconomico utilizzato insieme al PIL dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per misurare la qualità dello sviluppo nei diversi Paesi

� L’HDI comprende un indice di disuguaglianza di genere costruito sulla base del tasso di mortalità materna, tasso di fecondità delle adolescenti, numero di parlamentari, popolazione con almeno un titolo di studio secondario, tasso di attività (partecipazione al mercato del lavoro)

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macri

Gender Inequality Index, UNPD Human Development Report 2013

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Il World Economic Forum

MEASURING THE GLOBAL GENDER GAP

Three underlying concepts

There are three basic concepts underlying the Global Gender Gap Index.

• First, it focuses on measuring gaps rather than levels

• Second, it captures gaps in outcome variables rather than gaps in means or input variables

• Third, it ranks countries according to gender equality rather than women’s empowerment.

The Global Gender Gap Index 2013

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Global Gender Gap Index:le categorie considerate

The Global Gender Gap Index examines (in 136 countries representing over 90% of the world population) the gap between men and women in four fundamental categories :

� economic participation and opportunity

� educational attainment

� health and survival

� political empowerment

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I PRIMI 30 PAESI: le disuguaglianze di genere meno elevate

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Italia: 71° posto su 136 Paesi

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Gli ultimi Paesi: le disuguaglianze di genere più elevate

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I PRIMI 30 PAESI

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DAL 69° AL 90° PAESE

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Rapporto tra COMPETITIVITA’ E DIVARIO DI GENERE

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Rapporto tra PIL PRO CAPITE E DIVARIO DI GENERE

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Social WatchGender Equity Index (GEI)

Misura le differenze di trattamento tra uomini e donne. E’ un indice costruito attraverso una selezione di indicatori riferiti a 157 paesi che rappresentano circa il 94% della popolazione mondiale.

Le tre principali dimensioni considerate nel GEI sono:

� education (istruzione)

� economic activity (partecipazione alla vita economica)

� empowerment (potere politico, decisionale)

Il punteggio massimo è 100: indica che non ci sono differenze tra uomini e donne.

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I primi 24 Paesi:

16 sono Europei

MEASURING INEQUITY: THE 2012 GENDER EQUITY INDEX

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La scala di equità di genere(THE STAIRWAY TO GENDER EQUITY)

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Alcune evidenze

� Una maggiore ricchezza non è affatto garanzia di maggiore uguaglianza.

� Più della metà delle donne vive in paesi che non hanno fatto alcun progresso in termini di parità di genere negli ultimi anni.

� Il processo verso la parità è difficile ed esposto al rischio diregressioni.

� L’istruzione è l’unica dimensione che mostra il raggiungimento di una diffusa parità. Tuttavia, sono più numerosi gli Stati in cui l’accesso all’istruzione sta peggiorando che quelli in cui sta migliorando.

� La dimensione dell’empowerment è quella in cui la maggior parte dei paesi mostra dei progressi, ma è anche l’unica in cui il livello globale di parità è il più basso (in media 35 punti su 100).

� In termini di partecipazione al lavoro, sono più numerosi i paesi in cui le donne hanno fatto progressi di quelli in cui ci sono state regressioni, ma i livelli di parità sono molto diversi.

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EIGE e il nuovo indice dell’UE

� L’European Institute for Gender Equality - nato da una proposta del 1999 della Ministra svedese per la Parità di Genere, Margareta Winberg -è stato costituito nel 2007, inizialmente con sede a Bruxelles, poi trasferito a Vilnius, Lithuania

� EIGE è un'agenzia dell'Unione europea che sostiene l'UE ei suoi Stati membri nei loro sforzi volti a promuovere la parità di genere, per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, e sensibilizzare sui temi dell'uguaglianza di genere

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Gender Equality Index (GEI)

� The Gender Equality Index is a uniquemeasurement tool that synthesises the complexity of gender equality as a multi-dimensional concept into a user-friendly and easily interpretable measure

� The Gender Equality Index relies on gender gaps, that is the difference in the levels of achievement between women and men on a given gender indicator.

� The Gender Equality Index assigns a score from 1, total inequality, to 100, full equality.

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I domini principali del GEI

1. Lavoro (work)

2. Denaro (money)

3. Conoscenza (Knowledge)

4. Tempo (time)

5. Potere (power)

6. Salute (health)

(Ci sono anche 2 domini “satellite”: violenza, disuguaglianze intersecanti)

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Gender Equality Index: la struttura

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Italia – I valori dei singoli indicatori del dominio “lavoro” inclusi nel GEI

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Italia – I valori dei singoli indicatori dei domini “denaro” e “conoscenza”

Italia – I valori dei singoli indicatori del dominio “tempo”

Italia – I valori dei singoli indicatori del dominio “potere”

Italia – I valori dei singoli indicatori del dominio “salute”

ITALIA: 23° POSTO SU 27 PAESI

• 21° nel dominio LAVORO

• 15° nel dominio DENARO

• 24° nel dominio CONOSCENZA

• 17° nel dominio TEMPO

• 25° nel dominio POTERE

• 12° nel dominio SALUTE

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Come stanno le donne in Italia?

�Le disuguaglianze di genere in Italia sono più accentuate che altrove, ma sembrano poco percepite e comunque ben tollerate.

�Le disuguaglianze di genere in Italia sono più concentrate che altrove, e risultano particolarmente elevate e resistenti dove sono socialmente più accettabili (il Mezzogiorno).

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Il tasso di occupazione

� E’ la misura pila misura piùù importanteimportante per valutare la situazione del mercato del lavoro

� Indica la diffusione dell’occupazione tra la popolazione in età lavorativa.

� Una elevata occupazione significa una più ampia distribuzione del lavoro e del distribuzione del lavoro e del reddito tra la popolazionereddito tra la popolazione (oltre che una maggiore inclusione sociale).

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Tasso di occupazione 20-64 anni (MF), 2012

Fonte: Elaborazioni su dati Eurostat, Labour Force Survey

Italia:

-15,7 rispetto alla Germania

-13,2 rispetto al Regno Unito

-8,3 rispetto alla Francia

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A che cosa corrispondono queste distanze?

�Per avere un’idea di cosa significano queste distanze in termini assoluti, possiamo considerare che in Italia, alla popolazione attuale, un punto di tasso di un punto di tasso di occupazione corrisponde a circa 400mila occupazione corrisponde a circa 400mila occupatioccupati.

�Un punto di tasso di occupazione non è solo ricchezza prodotta e benessere per i cittadini, ma vale circa 4 miliardi di euro in 4 miliardi di euro in entrate fiscali e altrettanti in entrate entrate fiscali e altrettanti in entrate contributivecontributive.

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Differenze dei tassi di occupazione rispetto all’Italia (MF, 2012) e numero di occupati che l’Italia avrebbe a parità di tasso di occupazione con i diversi Paesi

Fonte: Elaborazioni su dati Eurostat, LabourForce Survey

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Donne e giovani

� Non si potrebbero capire le enormi differenze nei livelli di occupazione tra l’Italia e i principali Paesi Europei se non sapessimo che tali differenze sono determinate in larghissima parte dal divario di generedivario di genere che connota e penalizza l’Italia e dall’ampia esclusione dei giovani (coloro che hanno tra i 15 e i 24 anni15 e i 24 anni).

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Tasso di occupazione 15-24 anni (GiovaniGiovani), 2012 (MF)

Fonte: Elaborazioni su dati Eurostat, Labour Force Survey

Italia:

-28,3 rispetto al Regno Unito

-28 rispetto alla Germania

-10,2 rispetto alla

Francia

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Tasso di occupazione 20-64 anni (DonneDonne), 2012

Fonte: Elaborazioni su dati Eurostat, Labour Force Survey

Italia:

-21 rispetto alla Germania

-17,9 rispetto al Regno Unito

-14,5 rispetto alla Francia

-3,5 rispetto alla Spagna

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Le troppe famiglie con un solo percettore di reddito

� La maggioranza delle famiglie italiane dispone di un solo reddito (anche perché sono aumentate le famiglie monogenitoriali e unipersonali)

� Il principale percettore del reddito è tuttora l’uomo

�Sempre più spesso l’unico reddito è insufficiente e può diventare instabile (anche la famiglia)

� Le famiglie con un solo percettore di reddito sono più esposte al rischio di povertà e comunque non possono garantire elevate chances di vita ai propri membri

� La povertà colpisce soprattutto i bambini, perché si concentra nelle famiglie più numerose: in Italia il 25% dei bambini vive in famiglie economicamente deboli e a rischio di povertà

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Il rimedio più efficace contro la povertà

Una madre che lavora riduce di 3 o 4 volte il rischio di povertà

dei bambini

L’occupazione femminile rappresenta una garanzia molto più solida, rispetto ai

trasferimenti monetari alle famiglie (sussidi), contro il rischio di povertà o impoverimento delle condizioni di vita del nucleo familiare

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Diffusione dell’occupazione e rischio di povertà

� La povertà è più elevata e concentrata dove è minore il tasso di occupazione.

� Dove il tasso di occupazione è basso, è soprattutto a causa della scarsa occupazione femminile

La povertà è più diffusa dove le donne non lavorano o lavorano poco

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I vantaggi di una popolazione femminile occupata

1) Aumento dei redditi delle famiglie:

- maggiore capacità di consumo, di risparmio, di investimento;

- riduzione del rischio di povertà e di vulnerabilità rispetto a eventi imprevisti;

2) Attivazione di occupazione:

la famiglia a doppio reddito agisce come un vero e proprio volano di attività economiche e di posti di lavoro

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Il lavoro delle donne è un moltiplicatore di occupazione

Le famiglie a doppio reddito:

� acquistano molti più servizi delle famiglie monoreddito: per ogni 100 donne che entrano nel mercato del lavoro si stima che si possano creare fino a 15 posti aggiuntivi nei diversi rami dei servizi

� hanno maggiori risorse per investire, intraprendere, scommettere sul futuro

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Come attivare un circolo virtuoso capace di autoalimentarsi

� Nel 2002 il Consiglio Europeo di Barcellona ha fissato un obiettivo ambizioso: assicurare un posto in un asilo nido ad almeno un bambino su tre (33%) nella fascia di età 1-3 anni.

� La Commissione aveva stimato che se almeno il 33% fosse andato al nido, il tasso di occupazione femminile avrebbe potuto realisticamente raggiungere in ciascun paese il fatidico 60% indicato dalla Strategia di Lisbona per l’anno 2010.

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Priorità della strategia europea per il 2020

� Crescita intelligente: sviluppare un’economia basata sulla conoscenza e l’innovazione

� Crescita sostenibile: promuovere un uso delle risorse più efficiente e un’economia più verde e competitiva

�� Crescita inclusivaCrescita inclusiva: favorire un’economia ad alta occupazione che conduca ad una coesione sociale e territoriale

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Obiettivi specifici per il 2020

•• Almeno il 75% della popolazione tra i 20 Almeno il 75% della popolazione tra i 20 e i 64 anni dovrà essere occupatae i 64 anni dovrà essere occupata

• Il 3% del PIL dovrà essere investito in R&S

• La quota di studenti che abbandonano precocemente la scuola dovrà essere inferiore al 10%

• 20 milioni in meno di persone a rischio di povertà

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Le condizioni per far crescere l’occupazione femminile

� PARTECIPAZIONE: Deve aumentare il numero di donne disponibili a svolgere un lavoro (vincoli e aspirazioni)

� COSTO/OPPORTUNITA’: i lavori offerti alle donne devono essere accettabili (qualità del lavoro)

� SOSTEGNI ALLE FAMIGLIE: il welfare locale e nazionale deve garantire sostegni adeguati alle famiglie (carichi di cura)

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Conclusioni

� L’anomalia più vistosa del nostro modello economico e sociale è l’enorme capitale umano femminile inattivo (in termini economici e professionali).

� Valorizzare questo capitale produce migliori chances di vita per le famiglie, sviluppo economico, redistribuzione della ricchezza, riduzione delle disuguaglianze.