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STORIA DI SARDEGNA

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STORIA DI SARDEGNA

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Storia della Sardegna medievale

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STORIA DELLA SARDEGNA

La Sardegna Giudicale

- La presenza araba- Nascita dei giudicati - Società e istituzioni- Nascita dei giudicati - Società e istituzioni

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SARDI NURAGICI

FENICI PUNICI ROMANI VANDALI BIZANTINI SARDI GIUDICALI ARAGONESI SPAGNOLI AUSTRIACI PIEMONTESI ITALIANI

1500 a. C. 1000 a. C. 509 a. C. 238 a.C. PISANI

1000 a. C. 509 a.C. 238 a.C. 456 456 - 533 533 - 900 900 - 1420 1258 - 1323 1323 - 1479 1479 - 1708 1708 - 1718 1718 - 1861 1861

PERIODO OGGETTO DEL NOSTRO APPROFONFIMENTO

1000 a.C. 476 1492

PREISTORIA EVO ANTICO MEDIO EVO EVO MODERNO

STORIA DELLA SARDEGNA

ALTO MEDIO EVO BASSO MEDIO EVO

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SARDEGNA GIUDICALE

Carta dell’impero bizantino dal 550 al 1400 ca.

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SARDEGNA GIUDICALE

L'età giudicale (metà VIII sec.- XI sec.) può dirsi il periodo più bello della storiasarda.Le scorrerie dei pirati saraceni avevano determinato quella situazione per la quale laSardegna si era trovata tagliata fuori dal resto dell’impero e tutti i contatti col restodel mondo occidentale, quasi del tutto troncati. L'Isola rimase quindi amministrata daun ipatos (o console), che aveva assorbito le due funzioni di dux (duca) e praeses(preside), mantenendone tutti i poteri e il primo dei due titoli. Quindi lo iudexSardiniae, destinatario delle lettere pontificie di questo periodo, doveva esserel'ipatos, cui spettavano ampi poteri civili e giudiziari che andavano ad aggiungersi al'ipatos, cui spettavano ampi poteri civili e giudiziari che andavano ad aggiungersi aquelli militari, tipici dei Prefetti del Pretorio romani. Quindi l'ipatos, che di tali Prefettiera l'erede, prendeva il titolo di arconte, cioè di comandante, di uomo di governo, alquale veniva data una certa autonomia, e il titolo di 'arconte di un distretto' venivatradotto in latino proprio con l'espressione iudex loci, governatore di quel luogo,dove la parola loci, locu, resterà in seguito, nel periodo dei giudici già autonomi, perindicare il territorio da loro dominato, usata come sinonimo di rennu, regno, luogo.

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SARDEGNA GIUDICALE

Per fissare meglio i processi trasformativi che hanno portato infine alla nascita deiregni giudicali, gli studiosi si basano sulle fonti attraverso le quali ci sono pervenutele notizie, tra le quali le più importanti in merito sono le epistole papali del IX secolo:

800 (e prima) le missive erano indirizzate ad un Ipatos, un Consul che accorpavale funzioni del Praeses e del Dux militare;840 – il geografo arabo Ibn Khordadbeh relaziona sulla presenza in Sardegna diun Batrìq, un patricius, o patrizio, console di Sardegna, Baleari e Corsica;851 – papa Leone IV scrive allo Iudex Sardiniae per chiedere l'invio di un reparto851 – papa Leone IV scrive allo Iudex Sardiniae per chiedere l'invio di un repartomilitare a Roma e la fornitura di lana marina, il bisso, per la confezione degliindumenti pontifici;864 – papa Nicolò I stigmatizza le unioni di natura incestuosa (matrimoni fraconsanguinei) che intercorrono da anni tra gli Iudices sardi (usa quindi il plurale);872 – papa Giovanni VIII invia una lettera indirizzata ai Principes Sardiniae;915 – l’imperatore Costantino VII Porfirogenito, tra i vari ufficiali imperiali cita unArconte per la Sardegna.

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SARDEGNA GIUDICALEAll'Arconte, che era in realtà e si affermava sempre più come un governatoreindipendente e veniva considerato dalla corte di Bisanzio un vero e proprio vassalloitalico, una persona di particolare fiducia dell'imperatore, venne attribuito il titolo diprotospatario, che infine non gli comportava più obblighi o doveri in qualità difiduciario dell'impero in Sardegna. La lontananza e l'isolamento avevano favorito inlui, anche se rimasto fedelissimo agli ideali di Bisanzio, la più completa autonomia.L'ultimo portatore del titoloonorifico di protospatarioo arconte, e sicuramenteo arconte, e sicuramentel'ultimo che tenne i contatticon Bisanzio, fu Torchitorio,del quale resta il ricordo inuna epigrafe della chiesa diS.Giovanni ad Assemini.

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SARDEGNA GIUDICALE

Nell'iscrizione, in lingua greca, si parla dell'arconte Torgotorio o Torchitorio che,secondo alcune fonti, potrebbe essere stato inumato all’interno della chiesa stessa:'O Signore, assisti il tuo servo Torgotorio, arconte di Sardegna e la tua serva Geti'.Geti o Getite era la moglie dell’arconte Torgotorio, e poiché la fascia marmoreacontenente l'epigrafe faceva da gradino all'altare della chiesa, è probabile che i duecontenente l'epigrafe faceva da gradino all'altare della chiesa, è probabile che i dueconiugi ne avessero promosso la costruzione.Nello stesso secolo altri due arconti, uno chiamato ugualmente Torchitorio e l'altroSalusio, si consideravano giudici autonomi; il titolo di giudice era il corrispondentelatino di quello di arconte o ipatos.Anche in questo caso dei due si trova una menzione in due epigrafi, una rinvenuta aVillasor, proveniente dalla chiesa distrutta di S.Sofia, l'altra appartenente alla chiesadi S.Antioco. Nella prima, risalente al X secolo, il testo preceduto dal simbolo dellacroce dice: ‘ O signore, assisti i tuoi servi Torchitorio, imperiale spatario e Salusio,nobilissimi nostri arconti. Così sia. Ricordati, o signore, anche del tuo servoOrzocco. Così sia'. Questo Orzocco era probabilmente un alto dignitario al serviziodell'arconte o più probabilmente la persona che aveva diretto i lavori.

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SARDEGNA GIUDICALENella seconda, di lettura molto difficile in quanto spezzata in tre blocchi e moltocorrosa, nella parte che si può leggere dice: 'O Signore, assisti i tuoi serviTorchitorio, protospatario e Salusio arconte e ….. Nispella’.La stessa Nispella appare anche in un'altra iscrizione marmorea, collocata nellasoglia della chiesa di S.Pietro di Assemini: 'Nel nome del Padre, del Figlio e delloSpirito Santo, io Nispella figlia di Ocote ho fondato il tempio dei Santi ed ApostoliPietro e Paolo, di San Giovanni Battista e della Vergine Martire Barbara, affinchécon l’aiuto delle loro preghiere il Signore Dio mi conceda il perdono per i mieipeccati'.peccati'.Torgotorio arconte e Nispella, sono attestati fra la metà del X secolo e la metàdell'XI secolo e rappresentarono le massime autorità in Sardegna nel momento dipassaggio tra l'età bizantina e quella giudicale.Nel 1990 è stato rinvenuto a Tharros, l'antica capitale arborense precedente allafondazione di Oristano, un sigillo recante l'iscrizione in lingua greca Zerchis àrchonArbor (Zerchis arconte d'Arborea), e questo significa forse che la figura dell'arcontevenne moltiplicata per favorire il controllo e la risposta difensiva nei diversi territorisoggetti alle incursioni moresche.

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SARDEGNA GIUDICALERegno giudicale di Cagliari

Lacon - Gunale Torchitorio – Salusio – (Si)Nespellasec. X - XI Protospatario regio - Arconte

Torchitorio – Geti(te)Arconte di Sardegna

Lacon - Gunale Mariano – Salusio I1000 – 1190 Orzocco – Torchitorio I1000 – 1190 Orzocco – Torchitorio I

Costantino – Salusio IIMariano – Torchitorio IICostantino – Salusio IIIPietro – Torchitorio III

Lacon - Massa Guglielmo I – Salusio IV1190 – 1258 Barisone – Torchitorio IV

Benedetta di MassaGuglielmo II – Salusio VGiovanni Chiano – Torchitorio VGuglielmo III di Cepola – Salusio VI

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SARDEGNA GIUDICALE

Le scorrerie dei pirati saraceni quindi avevano determinato quella situazione per laquale la Sardegna si era trovata tagliata fuori dal resto dell’impero e tutti i contatticol resto del mondo occidentale, quasi del tutto troncati. Così gli isolani dovetterofare di necessitò virtù, ed organizzatisi politicamente diedero vita a quattro regni:Calari, Arborea, Torres, Gallura. Ciascuno dei regni fa capo a un giudice che nonè sovrano, ma coordina un sistema democratico: le decisioni più importanti infattispettavano ai rappresentanti del popolo nella Corona de Logu. Appunto il regno eradetto Logu o Rennu ed era diviso in province dette Curatorie (rette da ufficiali regidetti curatori) che comprendevano un certo numero di paesi (a capo di ciascuno deidetti curatori) che comprendevano un certo numero di paesi (a capo di ciascuno deiquali vi era un maiore de villa). In questo periodo si insediarono numerosi ordinireligiosi di tipo monastico come i Benedettini e i Vittorini.Il sorgere dei Regni giudicali (istituzioni uniche nello scenario medievale) fu quindiil risultato di un complesso modificarsi dei rapporti esterni dell’Isola, conseguenzaparticolare del progressivo allontanamento della capitale dell’impero, Bisanzio, edella sempre più massiccia pressione araba.

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Da questo sistema di informazioni si possono trarre alcuni ragionevoli spunti diriflessione: Bisanzio lasciò al governo di Sardegna, Corsica e Baleari un Arcontecon sede a Cagliari. La figura dell'arconte unificava i poteri civili del Praeses conquelli militari del Dux.Nel corso del IX - X secolo le figure imperiali presenti in altri distretti dell'Imperobizantino assunsero una natura dinastica e familiare come avvenne ad esempioa Venezia e Napoli. Si assistette quindi ad un processo di radicamento al potere diuna stessa famiglia nei diversi giudicati, i Lacon Gunale (affiancata da altre famigliearistocratiche). Ciò si evince dall’appartenenza sin dalle origini di tutti i quattroaristocratiche). Ciò si evince dall’appartenenza sin dalle origini di tutti i quattrogiudici sardi, di cui si ha notizia, a questo ceppo originario e dalla pratica deimatrimoni tra consanguinei che denota la loro volontà di mantenere la purezza deidiritti di successione. Sono state elaborate al riguardo alcune tesi sulle origini dellacasata dei Lacon Gunale:

una tesi bizantina;una tesi autoctona;una tesi esterna.

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• tesi bizantina: I Lacon Gunale sarebbero della famiglia aristocratica dell'Arcontelasciato in carica dall'Imperatore. È verosimile che l'Arconte, tra l’851 e l’872 abbiadiviso la Sardegna in quattro aree militari presiedute ciascuna dauno Iudex proveniente dalla propria famiglia. Tuttavia si sentì il bisognodell'investitura della Corona de Logu composta dai maggiorenti del regno. Tra lafine del IX e l'inizio dell'XI secolo i quattro distretti assunsero autorità autonomauno dall'altro divenendo Giudicati;

• tesi autoctona: recenti studi (Paulis, Bertolami) danno invece luogo ad una tesisulla sardità della dinastia giudicale dei Lacon Gunale in forza soprattutto del fattoche Lacon e Gunale erano i nomi di alcuni villaggi della Sardegna centrale e che

SARDEGNA GIUDICALE

che Lacon e Gunale erano i nomi di alcuni villaggi della Sardegna centrale e chealcuni nomi di giudici, molto frequenti nelle genealogie, come: Zerchis, Torchitorio,Ithoccor, Salusio, Othoccor, Orzocco, sono, da un punto di vista linguistico,riconducibili ad un substrato sardo - pre latino;

• tesi esterna: i riferimenti culturali merovingi e carolingi presenti negli usi e sigillidella cancelleria giudicale di Torres, utilizzati per segnare la fonte dell'autorità delregno, potrebbero far riferimento a fatti a noi non più noti che determinaronol'investitura monarchica a favore di qualche Dux turritano avvenuta ad opera deifranchi nel IX - X secolo, in occasione della difesa congiunta di Sardegna eCorsica dai Saraceni, con un Praeses cagliaritano libero dall'influenza carolingia.

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SARDEGNA GIUDICALE

Potrebbe essere comunque probabile anche una tesi mista che, compenetrando letre precedenti, evidenzierebbe il rafforzamento di una dinastia di ceppo bizantinolasciata al potere dall'Impero, che si apparentò e legò alle principali famiglielatifondiste sarde le quali esercitavano una discreta influenza sul governo giudicaletramite lo strumento consiliare della Corona de Logu.tramite lo strumento consiliare della Corona de Logu.

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SARDEGNA GIUDICALEOgnuno di questi regni aveva la propriacapitale, propri parlamenti, coronas delogu, proprie leggi, cartas de logu,proprie varianti linguistiche, propriecancellerie, emblemi, simboli distintivistatali, etc. In Gallura la capitale giudicalefu Civita, già Pausania e attuale Olbia,secondo altri storici la capitale potrebbeessere stata Tempio Pausania. NelRegno di Arborea la corte si stabilì prima

I quattro Regni giudicali sardi Le capitali

Gli stemmi araldici

Regno di Torres

Ardara

OlbiaRegno di Gallura

Regno di Arborea la corte si stabilì primaa Tharros e poi (1017) a Oristano,mentre nel Logudoro da Turris a Ardara,e di nuovo a Sassari. Nel Regno diCalari, Santa Gilla, sede arcivescovileposta su una riva dello stagno omonimo,nonché fiorente struttura portuale,divenne la capitale definitiva fino alladistruzione, nel 1258, ad opera dei pisani,che dal 1214 avevano fortificato la collinadi Castel di Castro, facendone la nuovacapitale.

Rielaborazione della cartina tratta da: F.C. Casula, La Storia di Sardegna, Sassari-Pisa,1992, pp. 166, 186, 217, 255, 307.

Santa Igia

OristanoRegno di Arborea

Regno di Calari

(Araldica non certa)

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La nascita nell’Isola di quattro regni detti Giudicati di Torres (o Logudoro), diCalàri, di Arborea e di Gallura, seppure conseguenza di un’origine costitutivacomune, creò col tempo una diversificazione fra i quattro stati per storia, cultura,arte e lingua (fu proprio allora che la lingua volgare sarda conobbe la divisione inquattro varianti: campidanese, logudorese, nuorese e arborense).I Regni o “giudicati” erano organismi indipendenti, amministrati da unagerarchia di funzionari con a capo il re o judike, il cui patrimonio privato(chiamato peculiare) era distinto da quello demaniale (detto rennu). Nella

SARDEGNA GIUDICALE

(chiamato peculiare) era distinto da quello demaniale (detto rennu). Nellasuccessione dei sovrani il principio dinastico si intrecciava con quello elettivo:il titolo passava al figlio primogenito, chiamato “giudice” (judike), come ilpadre, in quanto veniva da questi associato al governo. Il nuovo sovranoriceveva la conferma dal populus, cioè dai maiorales, dai liberi(l’aristocrazia dello Stato) e dai prelati. Il principio dinastico corrispose alconsolidamento di alcune famiglie ai vertici del potere, tanto che le dinastiedei quattro Regni giudicali dell’XI secolo sembrano derivare da un’originecomune, la famiglia Lacon (Lacon-Gunale).

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SARDEGNA GIUDICALE

Accanto al re o “giudice”, con cui eranoimparentati, stavano i curadores delledivisioni amministrative, le curadorias,nelle quali lo Stato era suddiviso. Tra glialti officiali vi erano l’armentariu delogu (del luogo, cioè del Regno ologu (del luogo, cioè del Regno ogiudicato) che sovrintendeva a materiefiscali e di tesoreria, e il mandatore derennu, che rappresentava il re indiversi territori dello Stato in relazione aproblemi fiscali e di conduzione deldemanio.

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Vi era una sorta di “guardia nazionale”, kita de buiakesos (scolca di guardiani oscolca della porta) con a capo un maior, adibita a difesa del sovrano e del suopalazzo. Ogni re disponeva di un proprio esercito, funzionale e ben addestrato, chetra le altre disponeva di un’arma per quei tempi micidiale, la virga sardisca, a metàtra una lancia, un giavellotto ed una spada a doppio filo, dotata all’altra estremità daun punteruolo in metallo e maneggiabile per mezzo di un lungo manico in legno che

SARDEGNA GIUDICALESARDEGNA GIUDICALE

un punteruolo in metallo e maneggiabile per mezzo di un lungo manico in legno chene garantiva un utilizzo polifunzionale.Di quest’arma, temutissima dagli eserciti nemici, purtroppo non ci è pervenutoalcun originale. Si è provato a ricostruirne un esemplare, che si avvicinasse conragionevole approssimazione all’originale, attraverso le scarne descrizioni riportatenei documenti.

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SARDEGNA GIUDICALE

Grazie ai sempre più frequenti insediamenti di enti religiosi, in particolare dell’Operadi Santa Maria di Pisa e di San Lorenzo di Genova, e grazie ad una sempre piùaccorta politica matrimoniale, le repubbliche marinare di Genova e Pisa poteronoincrementare i commerci e i profitti derivanti da una penetrazione sempre piùprofonda nelle Istituzioni e nel territorio.Durante l’esistenza degli Stati giudicali si assistette spesso a lotte interne dietro lequali non mancavano le pressioni e gli interessi pisani e genovesi, per il controllo

SARDEGNA GIUDICALE

quali non mancavano le pressioni e gli interessi pisani e genovesi, per il controllodel potere. Pressioni e ingerenze ulteriormente accresciuti dagli interessi di grandifamiglie come i Massa, i Visconti, i Della Gherardesca, a Pisa, e i Doria, gliSpinola e i Malaspina a Genova.La costruzione di numerosi castelli in tutto il territorio isolano rispondeva ad unaesigenza di difesa e di controllo di zone confinanti e strategiche.

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Il Regno o Giudicato di Cagliari fu politicamente filogenovese. Terminò nel 1258 quando la sua capitale, S. Igia, fu assalita e distrutta da una coalizione di forze sardo-pisane. Il territorio divenne allora una colonia di Pisa.Il Regno o Giudicato di Torres fu anch’esso filogenovese e terminò di fatto nel 1259, quando morì la giudicessa Adelasia. Il territorio fu diviso fra la famiglia Doriadi Genova e la famiglia Bas-Serra d’Arborea, mentre la città di Sassari si costituì in Comune autonomo.Il Regno o Giudicato di Gallura terminò di fatto nel 1288, quando l’ultimo giudice, Il Regno o Giudicato di Gallura terminò di fatto nel 1288, quando l’ultimo giudice, Nino Visconti, amico di Dante, fu cacciato dai Pisani che occuparono il territorio.Il Regno di Arborea, che durò circa 520 anni e rimase quasi sempre sotto l’influenza politica e culturale della potente repubblica marinara di Pisa, fu l’ultimo a cadere dopo la sconfitta subita nella battaglia di Sanluri il 30 giugno 1409 ad opera di Martino il Giovane, re di Sicilia ed erede d’Aragona, che conquistò definitivamente tutta la Sardegna ma morì subito dopo di malaria a Cagliari, dove venne sepolto nel transetto di sinistra del Duomo. Dal 1365 al 1409, i re o giudici d’Arborea Mariano IV, i figli Ugone III ed Eleonora d’Arborea, reggente per il figlio Mariano V, e Guglielmo III di Narbona, nipote francese di Eleonora, riuscirono ad occupare quasi tutta la Sardegna tranne Castel di Castro di Cagliari e Alghero.

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La Sardegna nel 1391

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La fine dei Regni Giudicali avvenne in ottemperanza del trattato di Anagni (1295),con il quale nel 1297 il Papa Bonifacio VIII, per dirimere l’intricata crisiinternazionale seguita ai Vespri siciliani (1282), in cambio della definitiva rinunciadella corona aragonese alla Sicilia, a favore di Carlo d’Angiò, creò un inesistenteRegnum Sardiniae et Corsicae infeudandolo (licentia invadendi) a Giacomo II,sovrano della Corona d’Aragona.Dopo 27 anni dall’infeudazione, all’inizio dell’estate del 1323, un esercitoaragonese, al comando dell’infante Alfonso sbarcava a Palma di Sulci,

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aragonese, al comando dell’infante Alfonso sbarcava a Palma di Sulci,nell’iglesiente, dando inizio all’occupazione dei domini pisani (mentre la Corsicanon venne mai occupata), che si concluse con la vittoria nella battaglia di Sanluri ela vendita nel 1420 al re d’Aragona di ogni diritto sul giudicato da parte dell’ultimodiscendente degli Arborea, il Visconte Guglielmo di Narbona, nipote dellagiudicessa Eleonora.

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Storia della Sardegna medievale

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LA SARDEGNA GIUDICALE

SARDI NURAGICI

FENICI PUNICI ROMANI VANDALI BIZANTINI SARDI GIUDICALI ARAGONESI SPAGNOLI AUSTRIACI PIEMONTESI ITALIANI

1500 a. C. 1000 a. C. 509 a. C. 238 a.C. PISANI

1000 a. C. 509 a.C. 238 a.C. 456 456 - 533 533 - 900 900 - 1420 1258 - 1323 1323 - 1479 1479 - 1708 1708 - 1718 1718 - 1861 1861

PERIODO OGGETTO DEL NOSTRO APPROFONFIMENTO

1000 a.C. 476 1492

PREISTORIA EVO ANTICO MEDIO EVO EVO MODERNO

ALTO MEDIO EVO BASSO MEDIO EVO

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SARDEGNA GIUDICALE

Come abbiamo visto, in questo periodo della nostra storia, si formano e siconsolidano quattro entità statali originalissime e uniche nel panorama medievaleeuropeo e mondiale.Queste istituzioni, tipicamente sarde, erano Stati medievali a tutti gli effetti inquanto composti, secondo il Diritto, come asserisce il Prof. Francesco CesareCasula, da tre requisiti essenziali: il popolo, il territorio e un vincolo giuridicoche “collegava gli individui in un ordine stabile di vita in virtù di un sistemagiuridico uniforme e autonomo”.Questi Stati erano sovrani, perché non riconoscevano nessuno al di sopra di séQuesti Stati erano sovrani, perché non riconoscevano nessuno al di sopra di sé(non recognoscens superiorem), in quanto formatisi autonomamente, ed eranoperfetti, perché avevano la facoltà di stipulare autonomamente accordiinternazionali. Inoltre erano superindividuali perché, al contrario di quasi tutti glialtri Stati contemporanei, non erano di proprietà esclusiva del sovrano, che nedisponeva come di un bene privato, ma appartenevano al popolo, per conto delquale il sovrano giudicale doveva amministrarlo secondo il giuramento delbannus-consensus (concessione del potere), per mezzo del quale gli venivaaffidato tramite la Corona de Logu. Il giudice possedeva un patrimonio privato(chiamato peculiare) che era ben distinto da quello demaniale (dettorennu).

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Nei giudicati il territorio era suddivisoamministrativamente in curatorie, ma i grandilatifondi a volte si estendevano anche oltre ilterritorio di una sola curatoria.

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Nella cartina al fianco, l’antica ripartizioneterritoriale dei regni giudicali.

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SARDEGNA GIUDICALE

In questi latifondi, fossero essi appartenenti a laici o a monasteri, si trovavano degliinsediamenti (abitati da servi) chiamati di volta in volta nei documenti: domo, curtes,curia, donnicalia, ecclesia e perfino villa.Sono insediamenti di consistenza variabile; alcune donazioni di donnicalie e domos,elencano anche i servi che vi lavorano.In un documento riferito al villaggio di Quarto si legge:“….. in curia Quarto habetur: Petrus de Magra cum uxore sua et omnibus filiis et“….. in curia Quarto habetur: Petrus de Magra cum uxore sua et omnibus filiis etfiliabus, et Comita cum uxore et omnibus filiis suis, …..”.“….. nella curia (o insediamento) di Quarto sono nostri servi: Pietro de Magra consua moglie e tutti i loro figli e i figli dei figli, e Comita con sua moglie e tutti i suoi figli,…..”.

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Intorno all’anno Mille la popolazione della Sardegna è stata stimata in meno di300.000 unità. Nel periodo 1349-1359 verrà quasi dimezzata a causa della peste,delle guerre e della malaria (che verrà debellata solo nel 1947-49, CampagnaRockefeller col DDT). La società giudicale era fortemente piramidale.

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JudexCorona de Logu

(bonos homines - majorales - grandi proprietari terrieri) (Lacon, Gunale, Zori, De Serra, De Orrù, Spanu) 1/3 liberi(Lacon, Gunale, Zori, De Serra, De Orrù, Spanu)

Armentariu de Logu(del giudicato)

Curadores(a capo di ogni curadoria)

Maiores(amministratori degli insediamenti o ville)

1/3 liberi

2/3 servi

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Uomini liberi erano laici ed ecclesiastici.Secondo le proprietà e le ricchezze i liberi si potevano distinguere in:Liberos mannos – di ceto alto, con grandi latifondi, servi e qualche schiavo esoticonon cristiano, preda di guerra acquistata nei mercati.Liberos mediocres – di ceto medio, con piccoli possedimenti, armenti e servi.Liberos minores – di ceto basso, spesso nullatenenti, i quali, per tranquillitàeconomica o per necessità, talvolta si asservivano cambiando di condizione sociale.Infimi, ex servi semiliberi, fra cui i liberos de paniliu, praticanti svariati mestieriInfimi, ex servi semiliberi, fra cui i liberos de paniliu, praticanti svariati mestieri(fabbro, falegname, scalpellino, muratore, etc.).

I servi costituivano i 2/3 della popolazione.Nei documenti si precisa anche, quasi sempre, lo status di ciascun servo; cosìsappiamo che ogni servo poteva essere integru, lateratu o pedatu, a seconda chele sue prestazioni d’opera (non la sua persona fisica), appartenessero a uno o piùpadroni. Così per un integru, la manodopera (suddivisa in 4 piedi, cioè in 4 giornilavorativi) apparteneva ad un solo padrone, per un lateratu, la metà dellamanodopera apparteneva ad un padrone e l’altra metà ad un altro, mentre seognuno dei 4 piedi (o giornate lavorative) apparteneva a 4 padroni diversi, allora ilservo era detto pedatu.

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Così i servi, o meglio, le loro prestazioni d’opera, seguivano il destino della terra cuierano legati. I loro padroni nelle donazioni, compravendite o permute e testamenti,disponevano dei servi come dei loro beni mobili e immobili.I servi potevano avere dei propri beni, sui quali i padroni avevano qualche diritto. Nelcondaghe di S. M. di Bonarcado c’è anche il caso di un servo dell’abbazia chemuore celibe e i cui beni sono rivendicati dall’abate di Bonarcado.Altre volte sono i servi e i liberi a dare al monastero se stessi e i propri beni, volontàaccompagnate da formule come “mi converso”, “mi committo”, “mi offerio”.accompagnate da formule come “mi converso”, “mi committo”, “mi offerio”.Uno degli aspetti più interessanti è che i servi avevano personalità giuridica, infattipotevano fare causa ai loro padroni, fossero essi il giudice in persona o il monasteropiù importante; potevano testimoniare in giudizio o in atti pubblici, vendere ecomprare per proprio conto. Inoltre potevano sposare persone libere, ma i figliseguivano comunque la deterior condictio, cioè erano soggetti a servitù e questasituazione dava spesso adito a ribellioni individuali. I servi si ribellavano alla lorocondizione in diversi modi: scappando, mettendosi sotto la protezione di un altrosignore o falsificando atti di manomissione; non mancavano quindi fughe concordatee anche rapimenti.

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La condizione servile finì nell’Isola nel XIV sec., dopo che Mariano IV di Arborea,nell’autunno del 1353, invitò tutti i Sardi non liberi ad arruolarsi nel suo esercito percombattere i Catalano-Aragonesi in cambio dell’emancipazione personale.Ogni servo poteva essere venduto (le ore lavorative), permutato, donato, affrancato.Poteva avere un suo patrimonio col quale riscattarsi.Tutti gli uomini – liberi, semiliberi e servi – se avevano proprietà erano obbligati aversare le tasse erariali. I principali tributi (cergas, collectas, rasonis) erano pagati diversare le tasse erariali. I principali tributi (cergas, collectas, rasonis) erano pagati disolito in grano o in orzo (lahori, orriu) o in carni (pegus, petzas) o in altro, “segundusa força issoru”, cioè sulla base del reddito annuale di ciascuno. Altri tributi eranocorrisposti tramite prestazioni d’opera (arrobadias) quali l’aratura, la semina, lamietitura e la vendemmia nelle terre demaniali per il re e per l’amministrazionestatale, o anche quali la costruzione e la manutenzione di strade, di ponti, difortificazioni e castelli, a vantaggio della comunità (corvées). La Chiesa sicuramenteesigeva le decime, in denaro o in natura.

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Prima dell’arrivo dei Catalano-Aragonesi si conoscono in Sardegna solo due titolinobiliari: Donnikellu o donnikella, riservato ai parenti del giudice Donnu o donna, cioè “signore”, titolo onorificoNel corso del XII e XIII secolo, col progredire della fusione delle dinastie sarde conle grandi casate toscane e liguri che si insediano sempre più in Sardegna, anche imajorales sardi si italianizzano, assumendo la figura del signore locale di tipofeudale. Per avere un’idea abbastanza precisa del tenore di vita che conducevanoquesti maiorales possiamo prendere ad esempio il caso di Gottifredo d’Arborea.questi maiorales possiamo prendere ad esempio il caso di Gottifredo d’Arborea.Appartenente alla classe dei grandi proprietari terrieri e imparentato con i giudicid’Arborea, Gottifredo trascorse buona parte della sua giovinezza a Pisa e prese permoglie una nobildonna pisana che gli portò una dote di 300 lire. Il grosso delle sueproprietà in Sardegna gli derivò da una quota di un patrimonio diviso fra quattroeredi precedentemente. I suoi beni erano estremamente dispersi e frazionati.Nell’inventario redatto dai suoi esecutori testamentari si legge la seguentedistribuzione: il casale di Orradili presso Guspini, con le sue terre, le sue case, e lapopolazione servile composta di 43 individui, di cui 6 nella condizione di servolateratus e 39 in quella di servo integrus; i tre quarti di un altro casale denominatoDomus de Palmas, una trentina di chilometri più a nord, con terre, vigne, saltus e28 servi interi, più 8 nella condizione di lateratus e 1 di pedatus.

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Altri servi e serve interi o frazionati, in totale 14, sono dispersi nei tre centri diGuspini, Cancella (vicino a Sardara) e Genna (di cui non si sa dove si trovasse).Gottifredo dispone dunque di giorni di lavoro gratuito coatto per tutto l’anno e oltre,su beni fondiari che comprendono anche altri casali e aziende agricole (domesticas)intere e parziali; quattro fattorie abbandonate; saltus; due vigneti a Guspini; dueprati (Prato de Villa e Iscla de Margiane) alle porte di Oristano; infine i tre quartidello stagno Pauli Maiori e del torrente che lo alimenta.Quindi possedimenti sparsi per tutti gli angoli del campidano di Oristano.Gottifredo era inoltre un grande allevatore. L’inventario registra ancora un totale diGottifredo era inoltre un grande allevatore. L’inventario registra ancora un totale di1676 capi di cui: 951 pecore, 292 capre, 281 bovini (compresi 33 buoi da aratura),120 maiali, 29 cavalli e 3 asini. Sembra che la famiglia fosse composta di cinquepersone soltanto: di Gottifredo, di Sofia sua moglie, della loro figlia Berlinghesca eprobabilmente di due fratelli, Filippo e Lorenzo d’Architano, nominati eredicongiuntamente a Berlinghesca.Nel suo testamento, Gottifredo lascerà un gregge di pecore e una coppia di buoiciascuno a due famuli, forse degli schiavi domestici, un uomo e una donna, mentreun dipendente (servitor) riceverà, da parte sua, un gregge, una coppia di buoi e uncavallo. Gottifredo possiede al momento della sua morte, quanto a denaro liquido,500 lire pisane, che andranno ai frati minori di San Francesco di Oristano, i quali aloro volta le distribuiranno ai poveri meritevoli di buone famiglie di Pisa.

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SARDEGNA GIUDICALEPer finire, la lista dei beni di Gottifredo fornisce anche degli indizi precisi sullo stile divita di questo grande proprietario terriero e allo stesso tempo appartenente alla rudeclasse guerresca.

Arredi, utensili da cucina: 6 materassi, 2 paia di coperte, 4 tovaglie “de disco”, 3tovagliette “de capo”, 2 soppidiani, 1 paio di padallette, 1 caldaia, 1 caldaio, 2padelle, 1 brocca di rame, 7 catini, 2 ramaioli, 9 taglieri, 20 scodelle, 1 callaghium dirame.Attrezzi: 1 vanghetta, 3 collari, 1 sega doppia, 2 seghe piccole, 1 pala, 2 marroni,Attrezzi: 1 vanghetta, 3 collari, 1 sega doppia, 2 seghe piccole, 1 pala, 2 marroni,2 asce, 1 brocca da pozzo, 2 reti per catturare tordi e merule, di cui 1 in buonostato.Provviste e recipienti: 7 botti di vino (circa 35 hl), 2 bidoni di ferro stagnatocontenenti aceto, 200 starelli (100 hl) di grano, 1 orcio di lardo, 2 orci di olio dilentischio, 10 maiali (morti), 1 recipiente di ferro stagnato vuoto, 6 botti vuote.Abbigliamento: 3 coietti (giubboni di cuoio), 1 paio di brache, 1 paio di gambali, 1paio di ferraioli con guarnimento.Armi e armature: 3 balestre di legno, 1 arco, 1 spada, 1 elmo, 3 cervelliere, 1 paiodi corazze di cuoio, 1 usbergo, 1 paio di guanti di ferro, 2 cosciali di ferro, 1 paio dibisacce per trasportare le armi, 2 talavaccios (talabalacchi? coltelli?)Oggetti personali: 1 anello d’oro con prasma, 1 fraschetto d’argento.

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Il numero dei grandi proprietari terrieri come Gottifredo andrà via via diminuendo,fino a contare a metà del Trecento solo alcuni signori (donnu) e signore (donna), perlo più discendenti delle antiche famiglie di maiorales, che non hanno saputomantenere vivo il loro blasone, integrandosi nella nuova classe dominante di originecontinentale, e i cui patrimoni, quindi, sono in pieno sfacelo.A loro si affianca una nuova classe in ascesa, quella mercantile, i cui rappresentantipossono disporre di ingenti somme di denaro liquido, grazie alla crescita acceleratadell’economia degli scambi in generale e, in particolare, alla valorizzazione delleminiere di piombo argentifero di Villa di Chiesa (Iglesias).miniere di piombo argentifero di Villa di Chiesa (Iglesias).La classe mercantile è composta nella maggior parte da pisani, genovesi,napoletani, marsigliesi e già da un buon numero di catalani, ma anche da sardi“toscanizzati” per matrimonio, soprattutto in Castel di Castro e il suo fiorente porto, ein Villa di Chiesa. Sono comunque gli stranieri a dominare l’economia a tutti i livellie, attraverso gli scambi, la stessa economia rurale. Al punto più basso nella scaladella classe mercantile si trovano i commercianti ambulanti, che mandano avanti illoro giro d’affari grazie ai fondi occorrenti ricevuti dai mercanti più facoltosi. L’usuraera molto praticata, soprattutto da parte dei mercanti di grano e di altri prodottiagricoli.

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Per alcuni grandi uomini d’affari operanti nella piazza di Cagliari agli inizi del 1300,possiamo tracciare un quadro abbastanza preciso delle loro fortune grazie aidocumenti conservati negli archivi pisani. Per uno di essi, Neri da Riglione, mortonel 1317 lasciando la giovane vedova incinta del suo unico erede, è perfino possibilericostruire abbastanza fedelmente la sua posizione economica e sociale.

Effigie sepolcrale di Guido Dedonio de Dono, o Didoni, altro potente ericchissimo Mercante cagliaritanodi fine Trecento, proveniente dallachiesa di S.Francesco di Stampace,e attualmente conservata presso laPinacoteca del Museo Archeologicodi Cagliari.

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La chiesa di S.Francesco di Stampace che si trovava tra la via Mameli e ilCorso Vittorio Emanuele in una foto di fine ‘800.

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Il portale della chiesa di S.Francesco diStampace.Oggi è uno degli ingressi alla cattedrale diCagliari .

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Questo ricco mercante aveva costruito il suo immenso patrimonio attraverso trepilastri principali: il commercio marittimo, l’attività creditizia e le miniere di piomboargentifero. In base all’inventario delle sue scorte di mercanzie e dei suoi benipersonali, appuriamo che neri era specializzato nel commercio d’importazione dioggetti e di derrate di lusso, merci costose come spezie e sete orientali, olio d’oliva,tappeti di origine iberica e di Tripoli, boccali di Aleppo, destinati ad essere venduti agente della sua classe. Le sue esportazioni comprendono ovviamente l’argento e ilgrano sardi, in particolare verso la madrepatria.Un altro importante pilastro del patrimonio di Neri da Riglione, consiste nellaUn altro importante pilastro del patrimonio di Neri da Riglione, consiste nellaproprietà della metà di un forno da fusione a Domusnovas e nel possesso di 30(dette trente) azioni in 6 miniere della stessa zona mineraria di Villa di Chiesa, il cuirendimento lordo, per gli statuti di quella città, era molto elevato.Oltre ai capitali già citati, al denaro contante di monete di bassa lega, d’argento ed’oro, alle scorte di merci, ai crediti registrati e agli investimenti minerari e nelterritorio, gli affari, il patrimonio e il tenore di vita di questo ricco borghese di Cagliariverso il 1317, sono ulteriormente definiti dall’inventario dei beni immobili, mobili,oggetti domestici e personali, riportati nei registri.

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SARDEGNA GIUDICALEBeni immobili:

Casa a Castello di Cagliari nella via dei mercanti (ruga mercatorum) Casa a Domusnovas in piazza Santa Barbara

Beni mobili:

2 cofani da marina, di cui 1 in noce 4 cofani da biancheria, di cui 2 verdi e 2 bianchi 1 cassa bassa da letto 1 armadio sospeso 7 bacili, di cui 1 di ottone e 2 di rame 2 vecchi catini 3 grandi catini d’Aleppo 6 brocche di stagno 1 scaldino di ferro 1 caldaia a cisterna 1 astuccio da coltelli con 10 coltelli 4 grandi tovaglie 2 tele di lino «familiari».

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SARDEGNA GIUDICALEBeni mobili:

5 tappeti di cui 1 di Tripoli, 2 della penisola iberica 2 copriletti, di cui 1 nuovo 1 coperta di lino rossa 1 guanciale di lino rosso 3 materassi, di cui 2 vergati e 1 «familiare» 19 asciugamani da toeletta

Oggetti personali:

1 cintura d’argento dorato montata su nastro di seta verde, adorna di frange efarfalle, con fibbia, peso kg. 1,27

3 cinture usate d’argento, peso kg. 0,55 2 anelli d’oro di cui 1 con zaffiro e 1 con granato 1 coppa d’argento dorato, peso kg. 0,57 1 spada e 1 pugnale incrostati d’argento 2 balestre e 6 frecce (verretti) da balestra 1 tela di lino fine «per cavalcare» 1 cavallo con bardatura, fra cui 4 selle

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SARDEGNA GIUDICALEAddirittura possiamo elencare anche il resoconto economico delle spese eccezionalisostenute durante l’ultima malattia di Neri da Riglione, e dopo la sua morte, e inoccasione della nascita del suo figlio postumo.

Spese relative alla malattia di Neri:

Messo incaricato di accompagnare a casa di Neri due medici da Villa di Chiesalire 1

Onorari di tre medici di Cagliari lire 27 Due persone addette ad assistere il malato giorno e notte lire 6 Due persone addette ad assistere il malato giorno e notte lire 6 Allo speziale per l’assistenza prestata al malato lire 2 Alle due guardie della casa e dei beni del malato lire 2, soldi 5

Per un totale di lire 18 e soldi 5

Spese legali:

Onorari di due giuristi per i consigli dati dopo la morte di Neri lire 1, soldi 10 Onorario del giurista che consiglierà e tutelerà il futuro erede lire 27

Per un totale di lire 28 e soldi 10

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SARDEGNA GIUDICALE

Spese liturgiche e funerarie:

Offerta a due frati predicatori e al frate confessore lire 17 Funerali lire 56, soldi 10 Ceri per i funerali e per la celebrazione del 7° giorno lire 50, soldi 1, denari 8 Panno di lana nera di Narbona per confezionare le vesti da lutto della vedova, del

fratello, della zia e del nipote del defunto lire 40, soldi 4, denari 3 4 pelli d’agnello per foderare l’abbigliamento da lutto di cui sopra lire 3, soldi 18 4 pelli d’agnello per foderare l’abbigliamento da lutto di cui sopra lire 3, soldi 18 Costruzione della tomba di Neri nella chiesa di S.Francesco di Stampace lire 25,

soldi 5, denari 6 Calice restituito ai frati minori di S.Francesco di Cagliari che l’avevano dato in

garanzia per la somma di lire 25 Legato pio di una tunica valutata a soldi 18

Per un totale di lire 218 , soldi 17, denari 5

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SARDEGNA GIUDICALESpese fatte da Tora, vedova di Neri, dopo la morte di lui e la nascita del figlioGiovanni:

Letto di legno e pagliericcio per il bimbo e le nutrici lire 9, soldi 10 Paio di lenzuola per il bimbo lire 6 Vari capi di vestiario per il bimbo lire 31, soldi 16, denari 6 Mantello di pelliccia per Tora lire 20 Calzature per Tora lire 1, soldi 10 Vari capi di vestiario per Tora lire 30, soldi 10 Cure mediche e medicine per Tora lire 6, soldi 16 Cure mediche e medicine per Tora lire 6, soldi 16 Affitto di casa lire 25

Per un totale di lire 131, soldi 2, denari 6

Dal confronto degli inventari testamentari dei loro beni emerge il contrasto fra lasocietà ricca, e per certi versi raffinata, dei mercanti come Neri da Riglione e lasocietà dei grandi proprietari terrieri come Gotifredo d’Arborea, che pur trovandosiai vertici della società rurale, con i suoi numerosi possedimenti terrieri, con i suoiservi e il suo bestiame, conduce un’agiata esistenza conservatrice quasi rozzarispetto alla condizione sociale ed aperta ad ulteriore arricchimento di quellarappresentata da Neri.

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SARDEGNA GIUDICALENei giudicati, dal X al XIV secolo, le monete erano tutte d’importazione.Fiorino d’oro di Firenze, il più citato nei documenti, di valore internazionaleGenovino d’oro, d’argento e di misturaAquilino di PisaDenaro di Massa e di LuccaBisante, qualcuno ancora in circolazione dai tempi dei BizantiniL’economia della Sardegna si basava sulla sussistenza e sul baratto durante lefiere e i mercati, e quindi la necessità di denaro era minima, riservata più chealtro ai mercanti e ai maggiorenti che operavano con i forestieri. Non c’era quindila necessità di battere moneta e anche nel regno di Arborea, che durò più ala necessità di battere moneta e anche nel regno di Arborea, che durò più alungo, la moneta era tutta di importazione. Ci sono pervenuti solo tre esemplari,di bassa lega, mentre di un quarto venduto ad un’asta abbiamo solo ladescrizione. Si fa risalire la datazione di questi tre esemplari, per quanto differentinel peso, ad una stessa emissione mentre il quarto appare di una emissioneantecedente. L’arco di tempo di coniazione è calcolato tra il 1364 e il 1383. Tuttigli esemplari, anche se non sono in buono stato di conservazione, portanoimpresso sul diritto l’albero deradicato di Arborea e sul verso una di esse porta,oltre a una croce piana a braccia uguali, due segni grafici simili ad una U e aduna J, che potrebbero leggersi come le iniziali di Ugone Judex. Altri motiviriferibili alla scarsa presenza di monete potrebbero essere la perdita, il consumo,la fusione per farne oggetti sacri e profani, le guerre.

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SARDEGNA GIUDICALE

Nel Regno di Sardegna a partire dal 1324, con la dominazione catalano-aragonese, la monetazione cominciò secondo il sistema medievale della divisionein lire, soldi, denari (1 lira = 20 soldi, 1 soldo = 12 denari), con l’emissione deglialfonsino d’argento e alfonsino minuto di mistura (= 1 denaro), fatti coniaredall’infante Alfonso (da qui il nome alfonsino) nella zecca di Villa di Chiesa, consul dritto i pali catalani e la leggenda: IACOBUS ARAGONUM ET SARDINIAEREX (Giacomo re di Aragona e Sardegna), e, sul rovescio, una croce con quattrorose e la leggenda: FORTITUDO ET LAUS MEA DOMINUS (Il Signore è la miafortezza e l'oggetto delle mie lodi) (Salmi 74-77).fortezza e l'oggetto delle mie lodi) (Salmi 74-77).Successivamente furono aggiunti, cambiando i sovrani e i loro nomi, il mezzoalfonsino d’argento e il mezzo alfonsino minuto. Con la perdita di Villa diChiesa, a seguito della guerra con il Regno di Arborea, l’economia monetaria siridusse notevolmente, fino ad arrivare all’emissione del picciolo a Castel diCagliari nel 1408.Dopo la definitiva conquista di tutta l’Isola, con la battaglia di Sanluri, Alfonso ilMagnanimo coniò il reale d’argento ed il reale minuto di mistura.Alla fine del XV sec. Sotto Ferdinando II il cattolico, vide la luce una brutta mounabrutta moneta di rame chiamata cagliarese, che circolò in Sardegna fino al 1836.

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SARDEGNA GIUDICALE

Gli eserciti giudicali erano molto ben strutturati ed organizzati.Non essendo formato da professionisti prevedevano un sistema di arruolamentomilitare particolare. Essendo costituiti nella quasi totalità dagli abitanti dei varivillaggi, gli uomini abili alle armi, dai 14 ai 60 anni, venivano suddivisi in tre gruppi diintervento, conosciuti come mute. Una di queste mute veniva mandata subito alfronte, mentre un’altra si teneva pronta ad intervenire mettendosi in viaggio persostituire la prima e la terza rimaneva invece sul posto per svolgere i lavori nei

L‘esercito giudicale

sostituire la prima e la terza rimaneva invece sul posto per svolgere i lavori neicampi, per non compromettere l’attività agricola e pastorale, che costituivano l’unicafonte di sostentamento per tutti gli abitanti dei villaggi. Così le mute, che si davano ilcambio frequentemente, facevano in modo di avere sempre braccia fresche, sia alfronte che nei campi.Tutti i richiamati alle armi potevano portare e utilizzare tutte le armature e le armi chepossedevano o preferivano, ma erano obbligati a portare assolutamente: uno scudo il coltellaccio (una sorta di antenato della classica leppa sarda, ma comunque già

molto simile a questa) la virga sardesca.

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SARDEGNA GIUDICALE

Le truppe giudicali conoscevano infatti le varie tipologie di armature e di armi in voganegli eserciti europei in quel periodo. Basti ricordare l’elenco di armi e armature diproprietà di Gottifredo elencate nel suo testamento.Inoltre, quasi tutti gti uomini d’arme giudicali erano dotati di un’arma particolare epolivalente per quel tempo, conosciuta come virga sardisca, di cui le cronache

L‘esercito giudicale

polivalente per quel tempo, conosciuta come virga sardisca, di cui le cronacheriportano numerose descrizioni. In particolare quest’arma micidiale era in dotazionealle guardie giudicali conosciute come buiakesos, addetti alla custodia e difesa delpalazzo reale, del giudice e della sua famiglia.

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SARDEGNA GIUDICALE

La virga sardesca, molto citata negli scritti medievali, nota per la sua fama di armamicidiale e per il terrore che infondeva, era un’arma molto popolare e adoperata intutti gli strati sociali delle popolazioni isolane, da militari, civili e religiosi, quindidoveva essere anche facile da costruire e sopratutto molto economica. Secondo idiversi studi, i Sardi medievali usavano la virga sardesca come un giavellotto,pertanto il suo utilizzo primario sarebbe stato quello di arma da getto. Veniva usatasui campi di battaglia, ma sicuramente anche per la caccia. E' anche lecito

La virga sardisca

sui campi di battaglia, ma sicuramente anche per la caccia. E' anche lecitoimmaginare che il volgo, come succedeva altrove, avendo scarse possibilitàfinanziarie e non potendo permettersi delle armi adatte, ripiegava sull'uso degliattrezzi agricoli. L'astuzia e l'arte di adattamento dei contadini e dei montanari hatrasformato i loro poveri attrezzi da lavoro quotidiano in micidiali armi, quando questevenivano fissate in cima ad una lunga asta. Il porto della virga in campo civile eraregolato da norme che imponevano il possesso personale non superiore alle 5 unitàe le violazioni venivano punite con una serie di sanzioni.

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La prima citazione scritta sulla virga sardesca appare in uno scritto del XII sec., ilLiber maiolichinus de gestis pisanorum illustribus, scritto da un certo Enrico,Canonico del Duomo di Pisa, in cui racconta le vicende della coalizione Catalana,Pisana, Sarda e Provenzale impegnate nella liberazione dell'isola di Maiorca daldominio dei musulmani. Vi viene descritto come Saltaro, figlio illegittimo del giudicedi Torres, molto abile nell'uso dello iaculum (in un successivo scritto la dicituraiaculum viene corretta in virga) avesse trafitto al ventre, uccidendolo, il feroce capomusulmano Abrotano.Stranamente non ci è pervenuto alcun originale di quest’arma molto popolare, che

SARDEGNA GIUDICALE

Stranamente non ci è pervenuto alcun originale di quest’arma molto popolare, chele cronache ci descrivono adattabile a diversi usi e che quindi probabilmente venivarealizzata in diverse fogge, funzionali ai diversi usi per i quali dovevano essereimpiegate, ma sicuramente, pur mantenendo caratteristiche di base, anche aseconda dei gusti personali dei committenti.Un’altra arma caratteristica della Sardegna e utilizzata fino al 1800, forse solo comearma da guerra e anch’essa poi misteriosamente scomparsa, conosciuta comeberrudu, si ipotizza potrebbe essere la stessa arma o un’evoluzione di questaattraverso il tempo. Molto simile ad uno spiedo montato in asta deriverebbe dalpilum, il caratteristico giavellotto utilizzato dagli eserciti romani.

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Tra le tante ipotesi che sono state fatte dagli studiosi e per riepilogare quanto fin quiesposto, propongo una descrizione abbastanza dettagliata che ne aveva formulato ilProf. Francesco Cesare Casula, profondo conoscitore di Storia di Sardegna, da meriportato anche in un mio precedente studio:“ …. Accanto al Re o “giudice”, con cui erano imparentati, stavano i curadores delledivisioni amministrative, le curadorias, nelle quali lo Stato era suddiviso. Tra gli altiofficiali vi erano l’armentariu de logu (del luogo, cioè del Regno o giudicato) chesovrintendeva a materie fiscali e di tesoreria, e il mandatore de rennu, che

SARDEGNA GIUDICALE

sovrintendeva a materie fiscali e di tesoreria, e il mandatore de rennu, cherappresentava il Re in diversi territori dello Stato in relazione a problemi fiscali e diconduzione del demanio. La volontà popolare si concretizzava attraverso la Coronade Logu, una sorta di Parlamento strutturato su criteri di rappresentatività. Vi erauna sorta di “guardia nazionale”, kita de buiakesos (scolca di guardiani o scolcadella porta) con a capo un maior, adibita a difesa del sovrano e del suo palazzo.Ogni Re disponeva di un proprio esercito, funzionale e ben addestrato, che tra lealtre disponeva di un’arma per quei tempi micidiale, la virga sardisca, a metà trauna lancia, un giavellotto ed una spada a doppio filo, ricurva sulla punta emaneggiabile per mezzo di un lungo manico in legno che ne garantiva un utilizzopolifunzionale. ….”

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SARDEGNA GIUDICALE

Concludo mostrandovi una mia personalissima interpretazione di ricostruzione diuna ipotetica virga sardisca, la cui realizzazione vuole essere una sintesi derivatada una serie di ragionamenti riferibili alle scarne descrizioni che ci sono pervenute,allo studio degli eserciti medievali e alle loro dotazioni di armi, alla realtà militare ead alcune caratteristiche peculiari degli eserciti giudicali sardi, sostanzialmente similiai loro corrispettivi continentali, ma come questi composti nella maggior parte dacontadini e servi, che alle tradizionali tattiche spesso preferivano anche gli agguati econtadini e servi, che alle tradizionali tattiche spesso preferivano anche gli agguati ele azioni rapide di guerriglia, condotte da pochi uomini per volta e armati allaleggera. Una disposizione di legge che limitava a 5 il numero complessivo dellevirghe sardesche che ogni individuo poteva portare con sé, ha infine contribuito adeterminare quella che secondo noi poteva essere, con ragionevoleapprossimazione alla realtà, la dotazione standard individuale di quest’armamicidiale.