TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna,...

92
TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: Sono stati mantenuti gli errori tipografici presenti nel testo anche se palesi (ad es. descivere, proopsito, prosso, GGiovanni, benevora, etc.) così come l'uso dell'accento grave che sostituisce sistematicamente l'accento acuto. DIRITTI D'AUTORE: no LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/ TRATTO DA: "Fior di Sardegna" di Grazia Deledda Milano, Modernissima, 1923 CODICE ISBN: informazione non disponibile 1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 5 dicembre 1994 2a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 23 giugno 1998 INDICE DI AFFIDABILITA': 2 0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO: Daniela Toselli, [email protected] REVISIONE: Stefano D'Urso, [email protected]

Transcript of TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna,...

Page 1: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

TITOLO: Fior di SardegnaAUTORE: Grazia DeleddaNOTE: Sono stati mantenuti gli errori tipografici presenti nel testo anche se palesi (ad es. descivere, proopsito, prosso, GGiovanni, benevora, etc.) così come l'uso dell'accento grave che sostituisce sistematicamente l'accento acuto.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenza specificata al seguente indirizzo Internet: http://www.liberliber.it/biblioteca/licenze/

TRATTO DA: "Fior di Sardegna" di Grazia Deledda Milano, Modernissima, 1923

CODICE ISBN: informazione non disponibile

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 5 dicembre 19942a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 23 giugno 1998

INDICE DI AFFIDABILITA': 2 0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

ALLA EDIZIONE ELETTRONICA HANNO CONTRIBUITO:Daniela Toselli, [email protected]

REVISIONE:Stefano D'Urso, [email protected]

Page 2: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

GRAZIA DELEDDA

FIOR DI SARDEGNA

ROMANZO

MCMXXIIIMODERNISSIMA

MILANO

allaCONTESSA ELDA DI MONTEDORO

in segno di affettuosa gratitudinequeste modeste pagine

dedical'autrice

Fermarsi in un sito sconosciuto e montuoso dell'isola di Sardegna, cogliere fra i lentischie le roccie una timida rosa montana, nata all'ombra degli elci e fra i profumi delle folteborraccine, - esaminarla foglia per foglia, sino agli intimi più segreti ed olezzanti del suocalice, - descivere le tinte rosee sfumate in diafani pallori o in porpore di fuoco, i misteriosiprofumi miti sotto le perle della rugiada, acri sotto ai raggi ardenti del solleone, - ecco ilmodesto scopo del presente Racconto.

Chiunque da una novella sarda attende le solite storie atroci di sangue, di odî feroci e diamori terribili, non legga questo povero lavoro, chè nulla troverà di tutto ciò. Chi inveceama conoscere un poco i costumi, le passioni, gli usi odierni, la vita e i paesaggi del centrodella Sardegna legga con pazienza e bontà queste modeste pagine, che tutto ciò descrivonocon fedeltà, secondo le poche forze della giovane autrice, - la quale prega infine i suoilettori Sardi di non offendersi se per caso trovano qualche fortuita rassomiglianza di nomi,non intendendo alludere a nessuno col narrare casi accaduti soltanto nella sua fantasia - e icolti lettori del Continente di perdonarle gli errori e le imperfezioni, pensando che essa,ancora inesperta nell'arte dello scrivere, ma sempre pronta a perfezionarsi col tempo, nonconta ancora venti anni.

Page 3: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

FIOR DI SARDEGNA

I.

Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che cicontenteremo di chiamare solo X***, benchè nella carta sia segnata con un nome assaisonoro e lungo. X*** possiede la sua brava passeggiata, le sue piazze, esenti ancora difontane di marmo, e di statue, i suoi caffè splendidissimi, il suo "club", e qualche voltaanche a intervalli di due o tre anni, si permette il lusso del teatro: tutto ciò però nonimpedisce che vi si tragga la vita più noiosa di questo mondo, sicchè la più piccola novitàbasta per mettere in fermento gli abitanti pacifici e poco interessati nelle gravi questionid'oltre monti e d'oltre mari, Ai primi dell'anno 1881, la novità più saliente, la novità che piùdava di che pensare e di che dire nei crocchi, nei caffè, nelle conversazioni private di X***era una palazzina misteriosa che da circa due mesi stavasi fabbricando all'estremità norddella città, vicino alla casa di don Salvatore Mannu, ch'era l'ultima di X***, una palazzinabianca, elegante, dai balconi di ferro verniciati a rosso, circondata da uno spazio destinato agiardino. Gli studenti, che poco più o meno s'intendevano tutti di francese, dicevano chequella casina di uno stile mai più conosciuto in X***, le cui case erano tutte disadorne eineleganti al di fuori - allora - era uno "chalet", e che probabilmente lo faceva costruirequalche ricco per venirsene in Sardegna nella bella stagione - qualche inglese, ben sottinteso,molto eccentrico ed originale, dal punto che scieglieva la Sardegna per luogo divilleggiatura… - Ma un negoziante che aveva viaggiato in Spagna e abitato per tre settimanein Granata, un gran sognatore idealista che smentiva la massima: "i commercianti son tuttigente positiva", asseriva che lo stile della nuova palazzina era moresco, lo conosceva benlui… e aveva la sua idea fissa: doveva venir abitata, la palazzina s'intende, e non l'idea, daun signore orientale, forse qualche pascià, gelosissimo e innamorato di una bella fanciullasempre velata, il quale venivasene lì, in fondo al mondo, per nascondere a tutti la sua donnae vivere senza il timore d'essere tradito da lei, ignara delle nostre lingue, ben custodita daeunuchi e da schiavi. Sì, doveva essere così! Infatti, al pian terreno della palazzina, lefinestre venivano munite da grosse per quanto eleganti e ricurve inferriate rosse, i balconieran tutti velati da persiane, e uno dei muratori, interrogato a proopsito dal negoziantesognatore, aveva detto che il giardino doveva venir circondato da un muro di tre metri echiuso da una porta foderata a lamine di ferro.

Checchè fosse, nessuno riusciva a dire precisamente chi faceva costruire la palazzina: glioperai lavoravano sotto la sorveglianza di un capo mastro che aveva lui stesso, senzabisogno d'ingegneri, disegnato il tutto; venivano pagati da lui, non sapevano oltre, nèchiedevano oltre…

Dunque, il gran segreto lo possedeva lui, il severo capo mastro piemontese, che nonparlava mai, fuori dello stretto necessario per farsi capire, che non aveva amici a X*** e chefaceva solo ciò che dovrebbero far tutti perchè il mondo vada bene: i fatti suoi. - Fuinterrogato il capo mastro, ma lui rispose di saperne quanto gli altri; e quando, vista laassurdità della sua risposta, i curiosi l'incalzarono vieppiù di domande, il brav'uomo limandò a farsi friggere, spiegando loro la santa sua massima di far ciascuno i suoi affari. - Inrealtà neppur lui sapeva di chi era la palazzina. - Chi ne doveva sapere qualche cosa era donSalvatore Mannu, chè appunto lui aveva comandato al capomastro di innalzare la palazzina esomministravagli i fondi, pregandolo però dal più profondo segreto; ma nessuno pensava diinterrogare don Salvatore, che ridendosela sotto i baffi, si mostrava curioso al pari degli altrie si divertiva assai delle chiacchiere e della curiosità che la palazzina destava. Agli ultimi diaprile fu completata: era qualcosa di meraviglioso, coperta tutta da un terrazzo circondato dibalaustrate di ferro, gli ampi balconi delle persiane verdi, il muro del giardino tutto a merli etorricelle come la cinta di una città fortificata, le quattro facciate bianche, filettate da elegantistriscie di smalto azzurro. E giù giù ai piedi, la vallata verde, ampia, ridente, chiusa daimonti bruni, selvaggi, pittoreschi; su su il cielo azzurro e profondo, su cui essa si disegnavaardita, leggera, aerea, come un brano di paesaggio svizzero o fiammingo.

Page 4: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Don Salvatore ne era incantato, e spesso, guardando la palazzina dall'orto di casa sua,accarezzava il viso della sua piccola primogenita e le diceva: Quando anche tu ti sposeraicon un bel giovine ricco, nobile, laureato, ti farò costruire un palazzo così.

Nel pubblico, intanto, la curiosità era arrivata all'ultimo grado; si invigilava l'arrivodell'omnibus, delle carrozze pubbliche e delle private, pochine davvero, e ad ogni voltosconosciuto che si vedeva, si diceva: Ecco che arriva! Ecco che arriva!…

Ma invano: arrivavano nuovi impiegati; operai italiani, che fanno più fortuna emigrando inSardegna che in America; arrivarono i nuovi soldati, i nuovi ufficiali, i nuovi carabinieri, glistudenti dei villaggi, partiti per le vacanze di Pasqua; arrivarono le rondini, il nuovo sottoprefetto, i fiori, un ingegnere con la famiglia, uno scozzese viaggiatore, e tutti destarono unfremito nell'anima degli abitanti di X***, ma nessuno andò ad abitare la palazzinamisteriosa… Alla fine ci si stancò di aspettare; i mesi passavano, nessuno veniva, altriavvenimenti accadevano a X***, altre notizie e novità incalzavano. Sicchè la palazzina fuposta in disprezzante oblio, e nessuno si accorse che un giorno di luglio arrivò a X***l'avvocato Marco Ferragna con la sua giovane sposa, Lara Mannu, nipote di don Salvatore.Insieme a loro arrivò la splendida mobilia per la palazzina di cui essi erano i padroni e cheessi appunto dovevano abitare…

II.

Il vero nome di Lara era Maura. Rimasta orfana da bambina, Maura, posta in collegio aSassari dallo zio don Salvatore, tutore e custode del piccolo patrimonio, lasciatole da suopadre, era cresciuta a poco a poco in un ambiente se non del tutto signorile e aristocratico,assai più civile e colto di quello fra cui crescevano le signorine di X***; sicchè, divenutauna bella, elegante, coltissima fanciulla, aveva fatto pazzamente innamorare di sè uno deipiù giovani e celebri avvocati del fòro sassarese. E Marco Ferragna, ch'era lui, non ostantel'opposizione della famiglia, una delle più ricche e aristocratiche di Sassari, un bel giorno sene era venuto a X*** e aveva chiesto a don Salvatore la mano della nipotina Lara,raccontandogli come l'avesse conosciuta nelle campagne di Sassari, ove Lara trovavasiancora, in villeggiatura, presso una sua amica, come se ne era innamorato e come intendevasposarsela benchè la sua famiglia fosse contraria al suo matrimonio. Don Salvatore ne fusulle prime sbalordito. Ah, a X*** non si fanno così i matrimonî, no, Dio buono; ungiovane, specialmente se trovasi in buona posizione, prima di decidersi a prender moglie, cipensa su per due o tre anni… eppoi, dato il caso che vi si decida, ascolta prima il parere nonsolo della famiglia, ma del paese intero, e si comporta secondo il consiglio dei savi.

Così la pensava don Salvatore; ma siccome era uomo di senno e abbastanza istruito, nellasua qualità di cavaliere e proprietario, pensava pure che secondo i paesi i costumi; e icostumi di Sassari dovevano essere assi diversi da quelli di X***, perchè Marco Ferragna,nel chiedere la mano di Lara, vestito inappuntabilmente in abito da società, e inguantato,aveva gli stivaletti verniciati, il che non si vedeva tutti i giorni a X***.

- Mia nipote si chiama Maura, non Lara - osservò lo zio dopo aver dato il suo solenne "sì"a Marco.

- Lo so, - rispose questi, - ed è da pochi giorni che Maura si fa chiamare Lara, dopo averletti i versi della contessa Lara, in omaggio alla illustre poetessa. Li ha letti lei, donSalvatore, o piuttosto zio Salvatore?… Non meritano che una gentile e bella signorina comeMaura cambi per loro il nome?… - Don Salvatore sorrise e scosse la testa: in realtà luiconosceva molti versi, da quelli del Dore a quelli dell'illustre Paolo Mossa, ma questacontessa Lara non sapeva chi fosse.

- Che vuole? - si scusò. - Io non ho tempo di leggere i bei libri e non conosco nulla… nulla.Sono sempre occupato in campagna ed ho appena qualche volta il tempo di leggere l'"UnitàCattolica" in casa di prete Giovanni…

Questa dichiarazione troncò sul labbro di Marco la storia dei sette infanti di Lara, che stavaper raccontare a don Salvatore… Gli parlò invece di agricoltura e fu più compreso; e quandosi divisero, Marco, che aveva alfine convinto il futuro zio a dargli del tu, si portò seco il

Page 5: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

cuore dell'onesto possidente dopo sole due ore di conoscenza, come dopo una serenata sottole finestre della villa delle verdi campagne di Sassari avevasi conquistato il cuore di Lara.

Don Salvatore fece subito ritornare a X*** la nipote: Marco rimase anch'egli nella piccolacittà finchè tutto fu pronto per gli sponsali. Si sposarono nel più profondo segreto, perespressa volontà di Lara che non amava le pompe e le chiacchiere, e partirono per il viaggiodi nozze in continente ed anche all'estero: al ritorno si sarebbero stabiliti a Sassari, oveMarco teneva il suo splendido e ricercato studio. - Tutto ciò fu un avvenimento cosìmeraviglioso, che i bravi cittadini di X*** credettero di sognare. Ma figuratevi dunque!Prima di allora nessun giovine straniero, come Ferragna veniva considerato, si era maisognato di sposare una signorina di X***, tanto più se povera e sconosciuta come MauraMannu; - mai, prima d'allora si erano compiute senza feste e senza pettegolezzi nozze cosìcospicue; - mai, prima d'allora, sposi per quanto ricchi e aristocratici erano partiti da X***per fare il viaggio di nozze, e tutt'al più s'erano spinti a Cagliari per la festa di sant'Efisio.

Quella Maura, quella Maura!… Che aveva mai fatto per guadagnarsi tanta grazia di Dio?Era forse bella, ricca o che più delle altre? Perchè era stata tutta la sua vita in collegio,riuscendo appena a saper scrivere lettere intarsiate di versi, a suonare il pianoforte ed a saperricamare in seta e oro! Perciò le cascava tanta fortuna! No, no, Maura doveva aver fattoqualche stregoneria a Ferragna perchè egli si fosse innamorato di lei. Ma del resto!… Chidiceva che Marco era tisico, chi gelosissimo tanto che avrebbe fatto morire Lara dicrepacuore, chi affermava essere un avvocatino spiantato che avesse sposato Laraunicamente per il di lei minuscolo patrimonio, e tutte le signorine di X*** si consolavano alpensiero che la famiglia Ferragna odiava a morte la piccola Lara. E mentre sparlavanoorrendamente dei due sposi, per loro fortuna assai lontani, ognuna in cuor suo invidiava Larae la sua sorte e imprecava l'avarizia del proprio padre che non l'aveva posta in collegio aSassari come Lara. Chissà allora se l'avvocato Ferragna si fosse innamorato di Larasmorfiosa o di lei così bella!

Così pur troppo è, gentile mia lettrice. Guai a chi ha un po' di fortuna, nelle piccole città diprovincia, e non nella sola Sardegna, ma nel mondo intero. L'invidia plasma subito la suacroce e la pone addosso al mal capitato che, se di animo dolce e tranquillo, finisce colmaledire la fortuna che lo solleva alquanto e rimpiange il tempo in cui, piccolo esconosciuto, non destava invidia, nè veniva tormentato dalle maldicenze e dalle calunnie.

Però bisogna rendere onore al merito, e un merito assai onorevole negli abitanti di X***era quello di obliare a tempo e luogo i disgraziati che destavano le loro chiacchiere. Perchè?Lo disse un poeta di Ozieri, se non erro:

Ca su tempus cancellat d'ogni ardore.

E dopo due o tre mesi Lara fu lasciata in pace dalle signorine della sua città. Venne la voltadella palazzina bianca, le cui vicende vedemmo poco fa; poi, all'arrivo dei Ferragna, risorsela loro questione più viva e animata di prima; ma a poco a poco, appagata la curiosità delpubblico e sfumati i sogni degli studenti e del negoziante viaggiatore, le chiacchierecessarono; le signorine e signore fecero a gara per farsi amica Lara, e in pochi giorni MarcoFerragna ebbe in sue mani le cause, le carte e… il cuore dei pezzi più grossi di X***.

III.

Lara aveva diciott'anni, Marco ventisei o ventisette. Allorchè passavano stretti a braccettoper le vie di X***, così eleganti, così ben vestiti, entrambi giovani tanto, il viso sfolgorantedi felicità ed amore, ognuno si fermava ad ammirarli, ognuno li salutava, inchinandosi allafelicità che passava con essi, pensando che fossero gli esseri più felice del mondo. Cosìsembrava, e questa volta l'apparenza non ingannava, no. Lara e Marco, ancora in piena lunadi miele, favoriti da tutto ciò che un buon cristiano senza smodate ambizioni può chiedere aDio, erano completamente felici. Essa, bruna, alta, sottile, i grandi occhi neri sempre velatida una leggera tinta di naturale tristezza e dalle lunghe ciglia nere nere, le labbra carnose,rosse e ardenti, molto elegante, molto "chic" nell'acconciarsi i lunghi capelli oscuri, crespi e

Page 6: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

folti, aveva lei sola un segreto per potersi vestire sempre così bene benchè semplicemente,aveva lei sola un talismano per essere così spiritosa, così appassionata, così svelta e operosa;lui, al contrario, biondo, gli occhi vivacissimi, bruni, ma non neri, dallo sguardo profondo,corruscante, impenetrabile; alto lui pure, magro, elegante e aristocratico sino ala punta delleunghie, la bocca stupendamente tagliata, le labbra sottili increspate ad un sorriso indefinibilecome il suo sguardo, il volto pallido e il profilo stirato, era di carattere serio, parlavalentamente, sempre in italiano, ma bastavano solo dieci parole per acquistarsi la simpatia e laammirazione di chi l'ascoltava. V'era qualcosa di misterioso nella sua voce tranquilla earmoniosa, nella sua pronunzia dall'"esse" spiccata; tutta l'istruzione e l'ingegno e lagentilezza del suo animo trasparivan nella sua conversazione. Il fisionomista più ingegnosonon avrebbe potuto indovinare nulla dal volto, dal sorriso, dal profondo eppureimpenetrabile sguardo di Ferragna; ma il primo venuto, il villano più ignorante, al solosentirlo parlare scorgeva in lui il giovane più bravo, più onesto, più affettuoso che si possaimmaginare. - E Lara sulle prime s'era innamorata della sua voce senza neppure conoscerlo:della sua voce udita cantare una poesia d'amore, ardente, melanconica, fra i silenzi azzurri diuna notte plenilunare, vibrata nella solitudine della campagna deserta e del cielo biancoscintillante. - Da più di un anno Lara aveva conseguito il suo ideale di fanciulla allevata frale gentilezze e i sogni diafani di collegio, il suo ideale che Marco realizzava completamente;eppure lei provava sempre la stessa sensazione di voluttà, di gioia, lo stesso palpito provatoin quella notte, ogni volta che Marco le parlava. L'ascoltava in estasi e quella voce adorata lescendeva nell'anima ricercandole le più intime fibre, con la stessa insinuazione, con lo stessofascino con cui la cadenza della musica sacra dell'organo s'insinua in un'anima mistica eartistica fra i solenni silenzi della penombra di una chiesa e i profumi inebbriantidell'incenso.

La bella e ardente fanciulla adorava Marco in tuta l'estensione del termine; il suo amore eraqualcosa di strano, di pazzo; un amore, che se contrariato, la avrebbe uccisa, che pure cosìcorrisposto la consumava ancora, le assottigliava l'anima e la fantasia. Guai se Marco lalasciava un'ora, un solo istante! Le pareva che tutto fosse vuoto intorno a lei; e se l'assenzadoveva prolungarsi, piangeva quasi le fosse accaduta una qualche disgrazia. Ma quandoMarco ritornava e pigliandola fra le sue braccai robuste le esprimeva a baci tutto il suoamore, Lara finiva col ridere della sua pazza angoscia, si chiamava bambina, si promettevadi non desolarsi più e ricominciava da capo appena lui doveva allontanarsi di nuovo.

Marco per lei era tutto: vita, mondo, Dio. Nulla esisteva per Lara, all'infuori del giovine:aveva trascorso i più splendidi paesaggi d'Italia, aveva visitato le più belle e grandi cittàsenza quasi veder nulla, gli occhi sempre immersi nel volto di Marco, la fantasia semprerivolta a lui che pure le stava così vicino. E quando esso le indicava i panorami piùincantevoli, i monumenti più famosi, essa li ammirava per contentarlo, perchè ancheammirati da lui, ma all'ultimo gli sussurrava le parole che parevano complimenti, ma cheinvece erano la più sincera espressione dei suoi sentimenti.

- Bello!… Bello!… Ma tu sei più bello!…Lui sorrideva, la guardava forte negli occhi, a lungo, e, se non visto, trovava ben anche il

modo di ringraziarla con un lungo bacio del suo complimento, mormorandole:- Lara adorata!…Dacchè aveva conosciuto Marco, Lara, assai devota e pia per lo innanzi, si era scordata

persino di Dio. Marco era il suo Dio! pensava sempre a lui, adorava lui solo, e dal foltolavorìo del suo pensiero ardente se veniva esclusa qualsiasi altra idea, anche la memoria diDio non vi si introduceva più così sovente. Una sera, a Roma, Lara disse ciò sorridendo aMarco, ma poi aggiunse seria seria:

- Pare che Dio voglia vendicarsi del mio oblìo! Oggi mi sento assai male e unpresentimento mi dice che dovrò ammalarmi!… Sarebbe bella che morissi ora!…

- Taci! - rispose Marco, sfiorandole la bocca con una mano. - Se tu morissi, io la finirei inreclusione…

- Oh perchè?… - chiese lei, spalancando gli occhi.- Perchè! Perchè se Dio si permettesse l'infamia di togliermiti, io l'ucciderei a revolverate.

Page 7: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Lara rise. Anche Marco, molto incredulo e scettico, rise un po'; ma guardando Lara, siaccorse ch'ella era pallida e con le occhiaie, e si fece serio. La strinse fra le sue braccia eproseguì: - Ma no! Nessuno può togliermiti, nessuno, neppure Dio! io lo sfido a strappartidalle mie braccia, lo sfido! E se, cosa impossibile, mi ti togliesse, io non l'ucciderei, perchèha preso ben già da molto le sue precauzioni di sicurezza e la mia palla non giungerebbe alui, ma lo dichiarerei il più ingiusto, il più crudele e feroce tiranno! - Lara pose a sua volta lamano sulla bocca di Marco, esclamando:

- Taci! Non parlare così di Dio! Egli è buono, è giusto, ma punisce chi lo offende! Tu oral'offendi, Marco! Non offenderlo più, sai, potresti pentirtene!

Più tardi Marco si ricordò con istrazio di quelle parole dette da Lara tra il serio e il faceto:per allora si contentò di sorridere dicendo: - Gli faccio le mie più umili scuse se lo offesiinvolontariamente. Vivi tu, Lara mia, vivi sempre, sana felice, e amami, io gli dirò la miapreghiera a mattina e a notte ed anche prima del pranzo!…

Così scherzò per tutto il resto della sera, sul terrazzo dell'albergo, fra gli splendori delcrepuscolo di una bella sera d'inverno: ma i suoi scherzi non impedirono che il malessere diLara aumentasse tanto, che l'indomani si dovette cercare un medico. Sulle prime, Marco, sefu inquieto, provò anche una sfumatura di gioia credendo che tutta la piccola malattia di Larasegnasse l'alba della sua futura paternità, - ma consultando uno dei più famosi medici diRoma, questo lo assicurò che non v'era nulla di nuovo. - La sua signora, - disse, - è dicomplessione assai delicata e debole. È il viaggio continuo che le ha fatto male. La migliorcura che io possa prescriverle, perchè ella si conservi sana. È di metter fine al più presto alloro viaggio di nozze e di stabilirsi in un sito dall'aria salubre e calda, potendo, in un centropoco rumoroso, ove non sieno emozioni e avvenimenti che possano impressionare assai ilmorale della giovane ammalata.

Marco allarmato dalla strana ricetta, chiese al medico il suo parere, se di stabilirsi a X***,piuttosto che a Sassari.

Il medico consigliò X***, luogo più caldo, più remoto e tranquillo di Sassari. Lo stessogiorno, Marco scrisse allo zio Salvatore per la palazzina ed espresse a Lara il volere delmedico. Lara ne restò contentona. Non le disse però nulla della palazzina, volendolepreparare una sorpresa: e appena fu ristabilita, ripresero il viaggio. Nonostante leraccomandazioni del medico, lo prolungarono assai. Le tasche di Marco erano ben foderate abiglietti da mille; Lara, completamente guarita, diceva di sentirsi in vena di intraprendere unviaggio in Africa; sicchè si spinsero sino in Svizzera, vi rimasero tutta la primavera, poidiedero una sbirciatina a Parigi, passarono per Nizza e tornarono ai silenzi delle solitudinisarde quasi un anno dopo le nozze, sempre più innamorati, pieni di ricordi e di meravigliaper le cose vedute, ma sempre amanti della loro verde e selvaggia Sardegna.

IV.

Arrivati a X***, rimasero almeno una settimana in casa di don Salvatore, sinchè lapalazzina non fu posta in ordine. - La famiglia di don Salvatore era il vero tipo della famigliasarda benestante.

In paese passava per aristocratica, ma figuratevi voi che razza di aristocrazia fosse. Lui,don Salvatore, un bell'uomo sui trentacinque anni, aveva fatte tutte le scuole di X***, e conla sua energica volontà, benchè fosse poco istruito. Aveva immensamente allargato l'avitopatrimonio, talchè ora contava fra i primari possidenti dei dintorni. Come dicemmo, la suaistruzione era assai limitata; don Salvatore non aveva mai avuto il tempo d'istruirsi; però isuoi affari sapeva ben farli; e nessuno poteva vantarsi di averlo una volta almeno burlato, ohno! In società, don Salvatore si permetteva di chiacchierare di politica, anzi su tal propositoaveva idee un po'… codine, forse perchè leggeva costantemente l'"Unità Cattolica" ogniqualvolta che andava a visitare prete Giovanni suo antico maestro di scuola: - al caffè facevala sua brava partita di carte ogni domenica sera; - nei lunghi crepuscoli estivi passeggiava eipure nella passeggiata di X*** insieme agli altri, parlando del più e del meno, ben vestito eanche relativamente elegante nella sua qualità di cavaliere campagnuolo; - ma, del resto, egli

Page 8: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

la vita la viveva in campagna, nei suoi possessi ben coltivati, fra il pensiero di una buonaraccolta e il pensiero di una nuova compra di terreni per accrescere sempre più la fortunadelle sue tre figlioline.

Donna Margherita, la moglie, ai suoi tempi, cioè dieci o dodici anni prima, passava per unafra le più belle fanciulle di X***; conservava ancora una sfumatura della sua antica bellezza,negli occhi neri e profondi e nel profilo fino ma non poteva più dirsi bella donna. Continuemalattie l'avevano resa magra, stecchita, con i capelli bianchi e la pelle diafana, nivea, peròincrespata assai sui viso e aula e là chiazzata di leggiere macchie livide. Pareva vecchia dimolto. Mentre contava un trentacinque anni come il marito, vecchia in tutto, nel parlaresommesso e quasi tremulo, nell'abito all'antica sempre oscuro. In casa indossava gonne ebluse di "cretonne" a righe nere e di qualche altra tinta cupa, il grambiule ampio un po' piùchiaro, e il capo coperto da un fazzoletto di seta nera con una striscia viola; per fuori lateletta di donna Margherita si componeva di una sottana di tibet nero, la giacchetta lungaorlata da righe di felpa, tutto nero, e su lo sciallo a fondo nero con uno stretto bordo ranciato,a fiorami e rabeschi bizantini dei colori della… rana! I guanti però non mancavano mai adonna Margherita, e le scarpe verniciate ed anche il ventaglio in estate, ma non più oltre, maipiù!… Se tutte le donne avessero apprezzato e seguito la moda come donna Margherita,addio sete, colori e novità!… Ella vestiva come aveva vestito sua madre, sua nonna, le avesue tutte, tutte le sue vecchie parenti; sperava di vestire come lei le sue figlie e le sue nipoti;ma non crediate che perciò essa vilipendesse le eleganti signore di X***, no, essadisprezzava la moda con tutte le sue follìe, però rispettava le opinioni altrui e lasciava cheognuno si vestisse a suo piacere, cosa che del resto non avrebbe potuto impedire, pare a me.Del resto usciva pochissimo, tutta casa e famiglia; e mentre don Salvatore pensava sempread accrescere il patrimonio delle sue figliuoline, donna Margherita non pensava che a farlecrescere virtuose, impartendo loro la più stretta e rigorosa morale.

L'unico rimorso di donna Margherita era quello di non aver imparato a leggere e scrivere;non perchè le avanzasse del tempo e pensasse di ucciderlo con la lettura, oh, no, ma perchènon poteva scordarsi. - Dodici anni prima. Al tempo in cui, sposa novella ancora, sfoggiavail primo ed ultimo vestito chiaro indossato in sua vita, senza l'eterno sciallo in capo, leavevano detto ch'era quasi un'indecenza andar in chiesa senza il libro di preghiere.

- Ma come farò, se non so leggere! - rispose donna Margherita.- Poco importa, - le si disse, - tu lo aprirai e farai mostra di leggere in esso mentre dirai a

mente le tue preghiere.Lei, si chiamava stupida ogni volta che lo ricordava, fece così…, e alla prima occasione

una vecchia signorina che le conservava un astio profondo perchè don Salvatore non avevasposato lei dopo averle fatto un anno di corte, le si avvicinò nel banco di chiesa, guardò sulsuo libro, poi le disse a voce alta, quasi ridendo:

- Margherì, perchè leggi al rovescio?Questa novella si diffuse lenta, serpeggiando, per tutta la chiesa ingombra di folla; tutti gli

sguardi si volsero ad uno ad uno verso la povera sposa, e i giovinotti là in fondo, gli studentie gli impiegati, scettici, miscredenti al punto di chiacchierare durante la messa e di nonchinar il capo all'Elevazione, ne fecero le più saporite e allegre risatine sotto i baffi, e quelch'è peggio, sotto le vôlte della chiesa! Poi uscì fuori, la curiosa novella, si sparsedappertutto, tanto che don Salvatore, un sabato notte, nell'andar a letto, disse a sua moglie:

- Di', Margherì, domani, non portarlo più alla messa il libro di preghiere! - Che colpo, checolpo per la povera damina! Ne pianse per una settimana, e sempre sempre, non ostante glianni e la morte della zitellona sua nemica, quel ricordo le rimase in cuore come un tarlo,gettando un riflesso di ira, di umiliazione nella sua anima, per natura assai calma e procliveal perdono e alla pace.

Sì, era un'anima buona e tranquilla quella di donna Margherita; il soffio delle passioniardenti, delle speranze pazza, dei sogni infocati, dei volubili amori che ora dilaniano l'animadi quasi tutte le donne, non aveva sfiorato la sua vita morale, nè scossa la fede serena dellasua mente purissima: da fanciulla, mai le parole: "sono infelice; voglio morire!…" che sonoe sono sempre state il "credo" delle ragazze da marito, erano state dette da lei; sposa, mai la

Page 9: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

gelosia, l'ambizione di comparire nel mondo, di dominare il marito, le avevano neppuresfiorato l'anima; madre, la sua unica cura era di allevar le figlie modeste, pie, oneste epacifiche come lei. -

E ciò era un male. Nella sua santa ignoranza, donna Margherita non sapeva che il mondocammina e la civiltà progredisce e i sentimenti delle nuove generazioni cambiano; nonsapeva che la febbre del sapere s'insinua dappertutto, che l'ignoranza è la più feconda causadella corruzione, ora. Donna Margherita pretendeva che le piccole sue figlie pregasserosempre, e sempre ringraziassero Dio dei beni ricevuti, senza pensare mai, mai e mai, allecause che spingono lo stesso Dio a darci un bene e cento mali, - e le piccine pregavano,pregavano per obbedirla, ma a fior di labbro, e già nell'anima intelligente della più grandettafremevano strani sintomi di ribellione: che? Ella aveva interrogate tutte le sue compagne discuola e tutte le avevano risposto che le loro mamme la preghiera la facevano dire solo allamattina e alla sera, ringraziando Dio dei beni ricevuti, ma pregandolo anche di preservarledalla sventura. Dunque quel Dio, a cui bastavano due sole preghiere al dì, era diverso dal suoche ne pretendeva tante… dunque era buono. Ah, essa il Dio fattole conoscere da sua madrelo temeva, ma non lo amava come le sue compagne amavano il loro! - Donna Margheritavestiva alla sua maniera le figlioline; abitini oscuri fuori di moda, severi, credendo diispirare in loro la modestia, la noncuranza del mondo; e loro, invece, e tutte questa volta,vestivano così per forza, ma invece della modestia covavano in core l'invidia per le altretutte vestite in colori chiari, chi più chi meno alla moda; e invece del disprezzo del mondo,s'infiltrava lenta nelle loro piccole anime la febbre inconscia del lusso, della supremazia sututte, sì, anche ciò perchè erano forse le più ricche fra tutte e loro lo sapevano… Come?…perbacco! Perchè la loro madre diceva sovente: - Siete ricche, ringraziate Dio per ciò eprocurate di rendere ricca di virtù anche l'anima vostra.

Così è! Donna Margherita era una buona e santa donna ma le mancava una virtù per essereuna buona madre di famiglia; un po' d'istruzione! essa dava a suo modo una severaeducazione alle figlie, e le figlie crescevano meno pietose, meno tranquille delle altre, e lei,che è il più strano, non poteva accorgersene! Amava più di qualunque madre le sue creaturee appunto per ciò le voleva più buone, più care di tutte le altre; ma con la sua severità, con laferrea educazione che pretendeva loro imporre, come il suo Dio, si faceva temere e nonamare dalle piccine, che non osavano guardarla negli occhi, lei si mite e umile con tutti, chetremavano allorchè avevano da chiederle il permesso di andare a visitare qualche piccolaamica.

No, non uscivano quasi mai, non andavano che alla scuola e in chiesa; eppure anelavano dicorrere pei prati, di passeggiare in città come signorine, sognavano di passare le domenichecon le compagne di scuola, sparlando dei compiti e dei punti delle assenti; - la mamma nonpermetteva loro che i libriccini della Società per la diffusione gratuita dei buoni libri, e leimmagini benedette; ma esse in iscuola frugavano febbrilmente nei bei libri di fiabe, neigiornali per bambini delle compagne, sognavano i figurini belli della moda, le grandiimmagini colorate in cui vi sono dipinti atro che santi! E donna Margherita non ne sapevanulla! essa non riceveva alcuna confidenza dalle piccine, i cui desiderii restavano repressi infondo al cuore e però crescevano spaventosamente. Se avesse saputo i precoci stranisentimenti delle sue figlie, si sarebbe turbata assai, come mai in vita sua; avrebbe gridato lacroce alla scuola, all'istruzione, ai tempi, senza accorgersi che la colpa era in lei, che nonsapeva perchè non sapeva appunto che i tempi erano cambiati e credeva che tutto il mondocamminasse ancora sulle orme antiche. - Ma non crediate che Maura, Speranza e Pasqua,così si chiamavano le bambine, fossero delle monelle per ciò. No, erano solo troppointelligenti e vive per potersi adattare al sistema di donna Margherita; tanto intelligenti, chein iscuola, sempre prime, sentivano sovente fioccarsi una lode, per loro incomprensibile,dalle maestre: - Eh, si vede che siete nipoti di don Sebastiano Mannu!

V.

- Don Sebastiano Mannu, chi era don Sebastiano? - chiese Maura un giorno alla mamma.

Page 10: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Donna Margherita trasalì, ma si contentò di rispondere solo a mezza voce:- Era il padre di tua cugina, morto da molto tempo. - Non più oltre. Maura non chiese di

più, ma non rimase soddisfatta, no; v'era un mistero nell'accento di donna Margherita, eMaura capì a volo che parlando di don Sebastiano si doveva parlarne a lungo… Sì, ella loricordava come un sogno lontano lontano altre volte aveva inteso nominare quel nome incasa sua, con accento di rabbia e di dolore, poi più nulla, più nulla per anni ed anni; perchèora non lo nominavano più dunque in famiglia?. Maura non lo seppe che molto più tardi, eallora capì quel silenzio. Era una storia triste, orribile, misteriosa.

Don Sebastiano, giovine bellissimo, fratello di don Salvatore, era stato ai suoi tempi ilcavaliere più istruito e d'ingegno di tutta la Sardegna. Gran poeta estemporaneo in dialetto, lesue poesie e la sua memoria vivevano sempre in X***, e le sue canzoni correvano ancora dibocca in bocca, fra i canti monotoni dei popolani e le melanconiche serenate dei signori.Finissimo poeta in italiano, aveva lasciato volumi interi di ballate, poesie, romanze, sonetti,volumi che avrebbe pubblicato un giorno e che avrebbero immortalato il suo nome, cosìalmeno si diceva a X***, se un fatto strano, orribile, non avesse troncato la sua carriera. -Una mattina fu trovato morto nel suo letto, col cuore trapassato a colpi di pugnale.

Sulle prime si credè fosse stato assassinato dai Massari, famiglia altre volte ricca e nobile,ma ora in estrema decadenza, fra i quali e i Mannu esisteva un'acerrima inimicizia, la cuiorigine si perdeva nella oscurità dei tempi, - ma nonostante le più attive ricerche, non siscoprì nulla. Poi, aperto il testamento di Sebastiano, si confermò la voce che serpeggiavasegreta ancora nella folla, che il poeta si fosse suicidato. Infatti in quel testamento, - a chepro fato se le sue poche sostanze doveva assolutamente ereditarle l'unica figliolina Maura? -era espresso il più acre ed inconsolabile dolore per la morte della sua giovane moglie, e ilpresentimento di una prossima fine. Come poteva presentire la morte, se era l'uomo piùrobusto e sano del mondo, se non nutrendo idee di suicidio? Perchè costituiva tutore diMaura il fratello Salvatore, raccomandandogli di metterla in collegio e istruirlavigorosamente, se non pensava a morire mentre Maura trovavasi bambina ancora?

La certezza del suicidio prevalse dunque, cioè qualcosa di inaudito e di disonorevole per lamemoria del poeta.

Mai nessuno erasi suicidato a X***, mai! In Sardegna c'è questo di buono: nessuno sisuicida; ma c'è anche di male, chè allorchè qualcuno, caso rarissimo e quasi impossibile, sisuicida, la folla carica di obbrobrio e di disprezzo la sua memoria, considerando azionevilissima e delittuosa il suicidio, senza ammettere le circostanze attenuanti… E il suoricordo getta una sfumatura di disonore sulla sua famiglia, e il suo nome viene pronunziato abassa voce e solo per estrema necessità. Ecco perchè il nome di don Sebastiano non venivaproferito in casa Mannu, e il suo ricordo faceva tremare l'anima pia di donna Margherita.Pure, caso strano e degno di studio per una intelligenza più alta della mia, nella popolazionedi X*** non esisteva alcuna trista idea sul conto di don Sebastiano, sapete perchè?… Perchèla gente che, finchè la famiglia Mannu e la sua giustizia avevano accusato i Massari dellamorte del poeta, avevano sussurrato in segreto che invece si trattava di suicidio, allorchè lagiustizia i Mannu proclamarono innocenti i nemici e riconfermarono la voce misteriosa,disse, credette e si convinse che don Sebastiano era stato assassinato nel suo letto dalpugnale dei Massari!… - Non ostante il tempo, quella credenza esisteva ancora a X***, einsieme uno strano rancore verso i Mannu che non avevano saputo vendicare la gloria dellaloro casa, che decadevano in moralità come i Massari in ricchezza, che si avvilivano al puntodi credere, loro soli, che don Sebastiano poteva essersi ucciso di sua mano!… I Mannu, dicui don Salvatore, nella sua qualità di più ricco, era il capo, sapevano le voci che correvanonella folla; ma che potevano farci? Convinto del suicidio di don Sebastiano, che d'altrondesarebbe stato l'ultimo ad essere colpito dal ferro ormai arrugginito dei Massari, donSalvatore, per quanto forte e inesorabile fosse in lui l'odio avito ereditato col sangue da suopadre, era troppo savio e prudente da rinfocolare l'inimicizia sopita, ma non spenta, da quasimezzo secolo. - Perchè lui, per contentare la folla sanguinaria, sarebbe andato a rimetterel'incendio senza un motivo serio, senza essere spinto da una causa reale e "onorevole", comequella di vendicare un innocente?

Page 11: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

No, per Santa Maria del Monte, no, mille volte no! - Egli odiava i Massari dal primoall'ultimo, li odiava atrocemente, con quell'istinto del vecchio sardo per cui l'odio ènecessario come il sangue, come l'amore, - li odiava tanto, che se l'avessero condotto innanzia Dio dicendogli: chiedi una grazia e ti sarà concessa, - egli avrebbe chiesto che i Massarivenissero tutti sprofondati nell'inferno, - li disprezzava, perchè a furia di ozio e di vizi sierano ridotti quasi alla miseria, così la pensava lui, - ma in fondo in fondo, lui, insiemeall'odio, nutriva il più grande amore per la sua famiglia nascente e sapeva e conosceva tutti ipericoli, i dolori, le sciagure in cui l'avrebbe immersa se lui, senza addurre una causa"legale", fosse andato a vendicarsi sui Massari che si sarebbero poi presa la più orribilerivincita! - Eppoi, lui, don Salvatore, lo sapeva: vendicando sui Massari la morte del fratello,avrebbe fatto a questi il più grande piacere. Perchè loro, non avendo nulla da perdere e tuttoda guadagnare, ora forse anelavano di ricominciare le ire, i delitti, le infamie cruenti dimezzo secolo prima e non aspettavano che l'attacco, decisi a muoversi solo se provocati… easpettavano!…. Ma no! don Salvatore era troppo savio e prudente per fare questa pazzia!Questo il suo ritornello.

Che importava a lui della folla? Ricco tanto da poter vivere indipendente da tutti, egli noncontava che sull'amore e la felicità domestica. La gente chiacchierasse pure a suo piacere,nulla gli importava. Disprezzava la folla, odiava i Massari, ma amava la famiglia.

Gli anni passarono: non si fè nulla per la morte di don Sebastiano; solo i Massari e i Mannucontinuarono a guardarsi in cagnesco, ma serravano così bene in fondo al cuore il loro odioinestinguibile, senza lasciarlo trapelare a nessuno, sempre pronto a rivivere come ai beitempi antichi, che un monsignore, che aveva la mania di rappacificare il mondo intero,dovette ritornarsene con le pive nel sacco, quando, venuto quasi apposta a X***, si trattò dirappacificare le due famiglie quivi nemiche.

- Che paci! - risposero egualmente i Mannu e i Massari. - Ma noi non siamo in odio!Facciamo ciascuno i nostri affari, ecco!… - E l'odio rimase fra loro, segreto, terribile.

VI.

La casa di don Salvatore, o piuttosto il casamento, che del resto ad X*** veniva chiamatopomposamente palazzo, come si è detto, ergevasi ultimo all'estremità nord di X***. - Lefinestre irregolari, i muri imbruniti dal tempo, basso, quasi rotondo circondato da cortilirustici e loggiati, pareva una costruzione medioevale, e forse lo era; dietro si stendeva unorto, piantato qua e là a magnifici alberi fruttiferi, con pergolati assai pittoreschi e il loroingraticolato di rami e di canne, e l'interno corrispondeva perfettamente all'esterno; lamobilia severa, antica, bruna, le pareti bianche e i pavimenti e i soffitti di legno.

La cucina ampia, dalle pareti coperte di casseruole di rame lucentissime, il camino in unangolo e il forno nell'altro, poteva passare per cucina di veri signori viventi di stipendio, enon di rendita, se due cose non l'avessero tradita: il gran focolare di pietre, posto nel belmezzo e la graticola di legno annerito dal fumo, attaccata alle travi per mezzo di corde dipelo di cavallo, produzione paesana, e pendente sul focolare, sulla quale si disseccava eaffumicava il formaggio. Dietro la cucina si stendevano le cantine e i magazzini per gliimmensi raccolti del grano, dell'orzo, dell'odio, e di tutte le altre qualità di frutta e di legumiprodotti dalle terre di don Salvatore. L'uva fresca, le pere e le mele, l'uva passa e i fichisecchi pendevano dalle travi del soffitto come strane stalattiti, più interessanti di quelle dellegrotte di Alghero, - nella penombra luccicavano i formaggelli, color d'oro, negli angoli siammucchiavano le noci, le nocciuole e le mandorle, - su grosse tavole stavano dispostegrandi quantità di formaggio e le provviste del lardo, del salame, della salsiccia, prosciutto estrutto conservato in vasi di terra, come in vasi di terra si conservano i pomodori secchi,rossi e oleosi olezzanti di basilico, e le ulive secche e altri frutti ed erbaggi, nell'olio di oliva.

E là, là, nella cantina fresca, le botti di vino nero, rosso e bianco, che costituivan da sè soleuna grossa rendita. Oh, v'era ogni ben di Dio, in quella casa! Nei cortili ruzzavano le gallinee i polli, e s'ergevano grandi castate di legna per l'inverno, quando il fuoco doveva ardereeternamente nel focolare e in tutti i camini della casa: in luoghi appartati stavano la casupola

Page 12: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

per il maiale e la stalla per i buoi ed i cavalli anche i cani da caccia e da guardia, anche igrossi gatti bianchi e neri che custodivano la casa da quei ladri pericolosi detti sorci, avevanoil loro nido tiepido e sicuro in casa Mannu, e, cosa da notarsi, benchè si odiassero, sirispettavano vicendevolmente, seguendo l'esempio dei padroni. La pace, l'ordine, lapulitezza e l'abbondanza regnavano in quella famiglia. Ogni domenica, donna Margheritafaceva andare a messa i servi ritornati da campagna il sabato notte per cambiarsi labiancheria e… visitare la loro bella, apprestava loro un pranzo abbondante e li rimandava ailoro lavori la sera, tardi, per il domani. Due domestiche solo, sane e oneste popolane, eranoal servizio dei Mannu. Il lusso bandito lontano, l'economia praticata in tutta l'estensione deltermine, erano i segreti per i quali don Salvatore aumentava ogni giorno più il suopatrimonio: si diceva che i denari si misuravano, in quella casa a decalitri, ma non mainessun ladro vi s'era avventurato. Le finestre erano munite di grosse inferiate, le porteinfrangibili, e si sapeva anche che don Salvatore dormiva ogni notte in casa e teneva duepistole cariche sul tavolino da notte. - La vita scorreva metodica, tranquilla, mai turbata dauna nuvola sola, per i Mannu. Donna Margherita si levava col sole e aiutava le domestiche arimettere in ordine la casa: alle otto si levavano anche le bimbe e il padre; si facevacolazione, la zuppa di caffè e latte, usatissima in quasi tutta la Sardegna, - poi le piccoleandavano a scuola, don Salvatore accudiva a suoi affari, spesso usciva in campagna per tuttala giornata o andava a caccia, - donna Margherita si immergeva tutta nella grave cura delpadre. A mezzogiorno preciso si era in tavola; il dopo pranzo si dormiva un pochino,specialmente nei mesi caldi, dopo si prendeva il caffè al rezzo dei pergolati o intorno alfuoco, e le bambine tornavano alla scuola e don Salvatore ai suoi affari e donna Margherita ele domestiche cucivano, filavano, lavoravano insieme fino all'ora di preparare la cena. - Alprimo accendersi dei lumi, la tavola era nuovamente apparecchiata; dopo cena sichiacchierava del più e del meno, a voce calma e mente serena, poi… si andava a letto, ebuona notte al mondo tutto. - E così sempre, come ieri oggi, come oggi, domani. Come si èdetto, donna Margherita usciva poco, e poche visite venivano a disturbarla. Preparava in casail pane, le minestre, i dolci, le conserve - a lei il seccare le uve e le frutta tutte in estate, a leiil presiedere alle vendemmie, a lei il manipolare l'olio per ben conservarlo, e i grani e iformaggi. Essa eseguiva i formaggelli, il burro, lo strutto, i salami, - essa dava sommaattenzione a tutto e tutto camminava nella dritta via. Lo aveva ben detto Marco Ferragnaquando aveva conosciuto il caratteristico andamento di quella casa: - Caro zio Salvatore, lavostra è una casa, una famiglia patriarcale!

VII.

Furono loro, Lara e Marco Ferragna, che portarono un po' di vita e di moto in casa dellozio. Per una settimana rimasero presso la famiglia Mannu; poi, quando la palazzina fuall'ordine, ed essi vi si stabilirono, aprirono un varco nel muro che divideva i due giardini,per poter più comodamente comunicare. Vivevano quasi sempre insieme; Lara e Marcopassavano le serate in casa di don Salvatore, nella vasta stanza da pranzo dalle paretibianche, dalla credenza nera e la tavola ampia di noce; le serate che ora si erano allungate didue o tre ore: le bambine, appena di ritorno dalla scuola, correvano dalla "grande" cugina,che si divertiva assai con esse, ritornando bambina, per ingannare le ore in cui doveva starlontana da Marco. E come le istruiva! - Maura, Maura specialmente, la grandetta, in pochimesi, al contatto di Lara, nell'ambiente signorile della palazzina bianca, erasi fatta unaperfetta signorina: parlava di musica e di libri, chiamava il raso "satin" e cominciava aribellarsi alle continue preghiere che donna Margherita pretendeva recitasse. Le altre due,Speranza e Pasqua, troppo piccine ancora, una di cinque e l'altra di sette anni, non capivanoun'acca - diceva Maura, ma lei, ma lei!…

Era una bimba strana, Maura; mingherlina, tanto da mostrare otto anni al più, mentre neaveva dieci o undici, bianca e rosea, la bocca piccola, rossa, gli occhi grandi, oscuri, pensosii capelli biondi foltissimi e lunghi, parlava sempre, sempre, sempre; niente la meravigliava, etaceva solo in presenza di sua madre che temeva: e sarebbe diventata una perfetta monella se

Page 13: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

nata in una famiglia popolana, in cui poco si bada all'educazione dei bambini. Nelle nottid'inverno, nelle notti del sabato, quando i domestici stavano riuniti intorno al gran fuoco delfocolare e narravano fiabe spaventose, mentre fuori urlava il rovaio nella valle e gli alberigemevano nei boschi del monte, Maura ascoltava intenta, gli occhioni spalancati splendential riflesso della fiamma, senza tremare, mentre le serve e Pasqua e Speranza, rabbrividivanodi terrore; e allorchè la fiaba era finita, un sorriso sfiorava il suo bel visino di rosa, unostrano sorriso.

- Sì! sì! - diceva Francesco, ch'era Logudorese, - nelle montagne di Nuoro, sapete v'è latomba di un gigante in cui sta chiuso un gran tesoro. Ma nessuno la può aprire, perchè è digranito e si deve "aprire", non "rompere!…". E la grotta in cui c'è quell'altro tesoro custoditoda una piccola dama che fila e tesse sempre filo e tela d'oro? Ma chi entra in quella grottadeve morir di accidente entro l'anno!

- Ufh! - rispondeva Maura. - io non ci credo! Son tutte bugie come i racconti cheraccontate. Bugie! Bugie!… - E benchè Francesco mettesse la mano sul fuoco giurando espergiurando, essa non ci credeva, - credeva invece alle geniali e forti leggende che narravaDaniele, il servo del Goceano, sul castello di Burgos, e i suoi occhi scintillavano di nuovo,ma il sorriso non sfiorava più il suo viso.

Nelle notti di estate Maura batteva l'orto, correndo all'oscuro e talvolta varcava persino ilcancello che dava sui campi, e andava, andava, gridando allegramente, in cerca di grilli e diuccelli dormenti che non trovava mai - Gesummaria! - diceva Annica, la serva piccola, - nonteme i morti, nè le rane, donna Maurella!

- Non si deve temere che Dio! - rispondeva donna Margherita. E lì per lì coglieval'occasione per spiegare alle serve e alle due bambine, rimasto seco al fresco del pergolato, lagrandezza e potenza di Dio. Nella sera rorida e azzurra, mentre le stelle splendevano negliorizzonti di velluto, la voce serena e sommessa di donna Margherita produceva una forte ebenefica sensazione nell'anima delle serve ignoranti, però Annica continuava l'indomani atemere i morti e le rane, e Rosa, la serva grande, proseguiva tranquillamente a far l'amore colsuo cugino che non si decideva a sposarla mai. Perchè, pensavano, in ciò Dio non ci entravaper nulla.

Venuta Lara, Maura non cercò più grilli nè lucciole, non ci penso più, perchè un altropensiero la assorbiva tutta, specialmente di notte. Una domenica chiamò Lara in giardino e lespiegò il suo pensiero.

- Tu hai ragione! - rispose Lara. E me ne occuperò…Infatti, la stessa sera, Lara spiegò a donna Margherita come e qualmente fosse un'indecenza

mandar vestite in quel modo le bambine.Non voleva vestirle alla moda? Poco male, ma almeno permettesse loro le stoffe chiare e

allegre come la loro età! Donna Margherita sulle prime negò il consenso, che Lara lechiedeva, di confezionare essa i nuovi abitini delle piccine; poi cedette.

E vennero su i vestitini azzurri, semplicissimi, ma eleganti e perfettamente "chic", cometutte le altre cose che uscivano di mano di Lara. Fu una vera festa per le bimbe. Maurapareva impazzisse, e quando la mamma non la vedeva, faceva capriole e mandava gridi diuna allegria mai provata. Finalmente! Finalmente poteva alzare la testolina bionda ed altera eguardare in viso le compagne di scuola che non l'avrebbero chiamata più la ricca spilorcia!Finalmente!

Il giorno che indossò la nuova teletta e che Lara la portò seco a passeggio, Maura compièuna vera marcia trionfale. Batteva forte il tacco degli stivaletti verniciati sulla polvere dellostradale, mostrando le sue gambe dalle curve elegantissime, mostrando a tutti le sue gambedalle curve elegantissime, mostrando a tutti le sue manine perchè strette in guanti azzurri,saettando fulmini dagli occhi sulle piccole amiche che incontrava, di cui indovinava la bile el'invidia. Il suo trionfo sarebbe stato completo se donna Margherita avesse acconsentito alasciarle porre il cappello. Ma in quanto a ciò, la dama fu inflessibile. No, poi no e millevolte no!

Nessuna donna dei Mannu, all'infuori di Lara costretta dalle usanze del collegio, - dicevacosì donna Margherita, - aveva portato il cappello! No; bisognava conservare il fazzoletto,

Page 14: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

conservarlo sinchè, fatte grandi, le figlie di don Salvatore si sarebbero sposate a ricchiavocati, o medici, o che. Allora sì, il cappello conveniva; ma prima no!

Era quasi l'usanza e si doveva seguire! Era troppo se donna Margherita aveva abbandonatoil suo eterno ideale di vestire per sempre alla sua moda le figlie.

Maura non insistè. Conservò il fazzoletto, pensando che in fine il suo fazzoletto di setaazzurra a fiorami d'argento se ne infischiava di certi cappelli.

Rideva col viso in aria, in modo strano, dicendo ciò. Perchè il cappello di Rosina pareva unfungo; quello di Claretta era probabilmente un cappello della nonna, tutti lo sospettavano,anzi chiamavano "Nonnina" la Claretta; quello di Maria, poi, e questo si sapeva di certo, erail cappello rimpicciolito di una zia, e altri… e altri!… Ohè, non la facessero parlare: lei nesapeva di belle! Lei che ci aveva, sì, il fazzoletto, ma che nello stesso tempo non cessava diessere figlia di don Salvatore Mannu!

VIII.

Venne così l'inverno. Gli affari di Ferragna andavano a voli, tanto che si era procuratol'odio e le cause di quasi tutti gli avvocati di X***; si diceva che in pochi mesi avevaguadagnato più di venti mila lire; ciò non si sapeva di sicuro, però si sapeva che il lusso o losfarzo regnavano nella palazzina bianca e che agli ultimi di novembre Marco avevaacquistato una "tanca" dai Massari, che vendevano gli ultimi avanzi del loro patrimonio. Sisussurrò assai in paese per questo; perchè infine Ferragna era marito di Lara e questa figlia diSebastiano Mannu; ma Marco fece tacere le cattive lingue dicendo pubblicamente che luinon entrava punto in inimicizie, amico di tutti, nemico di nessuno. Fu approvato, DonnaMargherita solo ne mosse rimprovero segreto con suo marito, ma lui strinse le spallemormorando: - La "tanca" si vale dieci mila lire e fu ceduta a Marco per seimila: dunque èstato un buon affare e… salute ai nemici che ci fanno far buoni affari! - Disse "ci", perchè luiaveva in idea che Marco e Lara, il più tardi possibile, morrebbe senza figli, lasciando i lorobeni a Maura, Pasqua e Speranza.

La compra della "tanca", poi, allegrò assai don Salvatore. Ah! i Massari divenivano piùmiserabili di giorno in giorno, e già don Salvatore sognava di vederseli innanzi chiedendoglil'elemosina. Ah, quel dì, quel dì! Come li disprezzava ora! Fra poco non avrebbero più unpezzo di terra al sole, una lira da spedire ai figli che studiavano a Cagliari, che pretendevanodiventar avvocati, - poveroni e vigliacchi! - e per cui vendevano a vil prezzo gli ultimiavanzi del loro antico patrimonio! Ma le avrebbero ben presto spese le sei mila lire diFerragna, e allora?…

Allora voleva vederli lui, don Salvatore Mannu, quel pezzenti vestiti come figurini; volevavederli, senza terre e senza soldi, senza laurea e con la schiena dura non pieghevole allavoro. Ah, avrebbero finito col mettersi guardie daziarie o farsi… preti! Che bella vendetta!

Marco Ferragna la pensava diversamente; pensava che gli studenti di casa Massari eranodue bravi giovanotti che si sarebbero fatti onore… Ah, sì, sì, specialmente il grande, dovevadiventar qualche cosa. Ma Ferragna si guardava bene dal dirlo davanti a don Salvatore, chel'avrebbe odiato a morte udendolo parlar così.

Pensava così Marco una trista mattina d'inverno nel suo elegante studio ben riscaldato daun gran fuoco, quando Lara mandò giù da lui una domestica pregandolo di salire. Il giovinesalì subito. Trovò Lara accanto al fuoco, pallida e sconvolta.

- Che vuoi? Che hai Lara? - chiese baciandola. - Sei pallida come una morta. Ti senti male?- Sì! - rispose lei con voce tremula. - Ti ricordi l'anno scorso a Roma? Mi sento male, con

gli stessi sintomi!…- Sarà nulla, allora! Vuoi che avvisi un medico?- Sì! - Il medico venne: Lara fu di nuovo costretta a letto, ove rimase inchiodata per due o

tre settimane. Quando si levò, non era più la Lara che vi si era coricata, ma uno scheletrovivente di fanciulla, uno stelo morente ravvolto graziosamente in un abito di casimirobianco. Il suo viso e le sue mani parevano di cera, e l'idea di una morte vicina le offuscava igrandi occhi neri e profondi…

Page 15: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Ah, sì! Glielo avevano ben maledetto le ragazze di X***, e forse anche quelle di Sassari ilgrande amore di Marco, e quell'amore la uccideva! Era quell'amore che le aveva consumatoil sangue, che le rapiva; perchè non procurava alcun dolore fisico, solo una stanchezzastrana, uno spegnersi lento, voluttuoso, fra le braccia del suo diletto. Lara moriva sorridendo:che le importava morire, se Marco le stava vicino, morire con gli occhi fissi in quelli di lui,le mani fra quelle di lui? Moriva e non si lagnava, perchè sapeva vagamente che Marcosoffriva più di lei a morire. A poco a poco la fanciulla aveva perduta la percezione delle coseche la circondavano: la sua casa, i suoi parenti, il passato, l'avvenire le si aggiravano intonosilenziosamente, come libellule dal volto vellutato, come le tinte vaghe, degradanti sullosfondo di un quadro; solo Marco restava distinto, profilato negli ultimi barlumi della suavita, solo la voce del giovane adorato riusciva a scuoterla dal suo voluttuoso torpore, solo isuoi baci ardenti le davano un fremito per il sangue morente. Sui primi di aprile, perchè lamalattia di Lara durò tutto l'inverno e invano Marco aveva messo in opera ogni mezzo persalvarla, parve rialzarsi alquanto, scese in giardino, visitò la zia e promise a Maura dicondurla a passeggio la domenica seguente.

Ma fu l'ultimo sprazzo di luce della sua vita; ricadde subito e morì una sera di aprile,vestita di bianco, fra le braccia di Marco, davanti al verone spalancato.

Fuori il cielo sorrideva d'oro e d'ambra nel fulgido crepuscolo di primavera, la valle verdeolezzava di giunchiglie e ginestre sotto l'ombra della montagna di granito disegnata sulfondo di smeraldo dell'oriente, e nel giardino di Lara le lille fiorite fremevano alla brezzaazzurra della sera… sulle prime a Marco sembrò un sogno, un orribile sogno; ma quando siconvinse della realtà, quando Lara fu portata via nella cassa di pino foderata di damascoazzurro, e la casa che aveva eretto apposta per lei, rimase vuota, desolata, come l'ajuolasenza il fiore, Marco cadde in un dolore profondo, muto, furibondo, maledicendol'inesorabile Dio in cui pure non credeva, che l'aveva colpito con la sua folgore, lui che nonaveva mai peccato, lui che amava e beneficava il prossimo, lui ch'era l'essere più giusto e piùbuono del mondo! Lasciò X*** e i luoghi dove aveva vissuto con Lara, la casa che ad ognimomento gli ricordava una felicità irrevocabile, e andò ù, in cerca di oblio, in cerca di pace edi calma. Col tempo il suo dolore si lenì; trovò la calma, benchè triste e senza alcun sorriso;ma a un tratto fu invaso dal desiderio di ritornare laggiù, in quel lembo sconosciuto di terradove era stato sì felice, nella casa dove "lei" era morta.

E ritornò!… solo chi ritorna dopo alcun tempo al nido ove conobbe e lasciò per sempre lafelicità, può immaginare ciò che Marco provò al rientrare nella casa dove aveva creduto divivere una felicità eterna. Ormai il focolare era spento e il freddo della solitudine regnava trai velluti e i gingilli accarezzati dalla mano di Lara; pure Marco restò, deciso di vivervi ilresto dei suoi giorni, rinchiuso nella voluttà dei ricordi e del lavoro, spronato nella via delbene dalla mite e bianca visione che gli si aggirava intorno, nella penombra dorata dellestanze silenziose, nell'azzurro del cielo che scorgeva dal verone donde Lara era voltata tra ilfogliame e fiori di raso delle lille del giardino. E poi altri affetti lo legavano a X***. Là,nella sua patria, la famiglia lo disprezzava sempre, qui invece Marco conservava unafamiglia di amici e i parenti di Lara.

Una sera d'inverno, mentre stava accanto al fuoco, solo nella vasta camera solitaria,immerso nei suoi ricordi, una figurina nera, piccola, dai grandi occhi pensosi, aprì la porta egli si accostò leggera leggera, fermandosi ritta dietro la sua sedia. Marco non si accorse di leise non quando si sentì chiamare: - Zio Marco!…

- Sei tu, Maura! - esclamò volgendosi. - Vieni a visitarmi? Ah, non ci vieni spesso ora,non, come prima!…

- Credevo che tu non volessi…- Io! Ah, sì, io, proprio… - rispose Marco, serio, serio, come stesse parlando fra sè.- E dunque, vuoi, davvero?… - chiese Maura allegra, chinando la sua testolina davanti a

Marco, che chiamava zio. - Ah, se tu lo vuoi, verrò sempre, sempre, aiuterò la tua serva amettere in ordine la casa, e… ma tu pure bisogna che mi permetta una cosa… Sai, io volevafarla senza chiedertene il permesso, ma mammà mi ha detto: - Va prima e domanda a Marcose ciò non gli reca dispiacere. Son venuta per ciò… sai… Ahi, che freddo che fa fuor…

Page 16: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

altrimenti non sarei uscita; ma son venuta per ciò, sai…- Che cosa dunque?… - domandò Marco, che si divertiva assai nel sentire il chiacchierio di

quella furba e graziosa piccina.Maura riprese: - Ah, ma mi assicuri che non ti dispiacerà, non è vero?…- Sicuro, parla! - rispos'egli.Allora Maura, da brava diplomatica, pensò che due carezze l'aiuterebbero di più. Sicchè

passò davanti a Marco e, gli passò le manine sulle guance pallide, gli arricciò i baffetti, comeusava fare con don Salvatore, allorchè voleva chiedergli qualche grazia, e gli disselentamente: - sai, Maura è un brutto nome e vorrei cambiarlo. Vuoi permettermi dichiamarmi Lara?…

Marco trasalì, poi sorrise al pensare allo strano scrupolo di donna Margherita, e dando unabbraccio alla bambina, esclamò: Ma sì! ma sì! ma sì!… Vuoi darmi un bacio?

Maura, contentona, gli gettò le braccia al collo e Marco, preso da un istintivo bisogno diaffetto, se la prese sulle ginocchia e chiacchierò con lei per tutta la sera, come un bambino,raccontandole mille storielle e pensando ogni tanto: - Ah, se Lara mi avesse almeno lasciatoun figlio!…

IX.

Qui finisce il prologo e comincia la prima parte della nostra storia. Sei anni erano trascorsidalla sera in cui Marco Ferragna, con in grembo la piccola Maura, aveva esclamato: Ah, seLara mi avesse almeno lasciato un figlio!…

Nulla pareva cambiato a X***, ma molte trasformazioni erano avvenute, a poco a poco,lente, insinuandosi, senza che niuno se ne fosse accorto. - Marco Ferragna, per esempio, eradiventato uno dei più ricchi possidenti della piccola città, tanto che ora gli occhi delle piùbelle e nobili fanciulle erano rivolti a lui. E lui lo sapeva, ma, nonchè compiacersene, neprovava disgusto. La memoria di Lara, a furia d'anni, era diventata vaga, mite, serena in lui, -il dolore sfumava lentamente dal suo cuore come una triste immagine che si allontana, apoco a poco e svanisce nell'orizzonte nebbioso: ma Marco non pensava più di ritornaregiovane; si credeva vecchio, diceva che la sua vita era vissuta, i suoi sogni volati con Lara, lesue speranze svaporate coll'ultimo crepuscolo dell'esistenza di lei, e che ormai la sua metaconsisteva nell'attendere una vecchiaia serena, onorata, vicina… si credeva vecchio, oh, sì,molto vecchio, perchè i suoi trent'anni erano suonati da molto; ma in realtà era ancoragiovine: la sua voce rimaneva la stessa, sonora cara, vibrata, ed era il fascino degli amici, deigiudici, delle signorine; i suoi occhi splendevano sempre e niun capello d'argento si scorgevanella sua testa: solo un pallore malinconico velava il suo volto, dandole un'aria attempata,ma più interessante e seria di quella che possedeva dieci anni prima. Era come la suapalazzina, che la tinta del tempo e la polvere sollevata dal vento della valle avevano resomeno gaia, ma più pittoresca e seria. Ah, sì, don Salvatore l'aveva detto: anche la sorridentepalazzina aveva preso un aspetto di dolce tristezza dopo la morte di Lara.

E Speranza, la piccina dei Mannu, moriva un anno dopo di Lara: donna Margherita,oppressa dal dolore, era diventata più magra, più bianca e più malinconica; ma il marito, alcontrario passato il primo affanno, convinto che Speranza pregava lassù per tutti, ingrassavasempre più, e il suo volto simpatico, lucente si imporporava con gli anni, mentre tra i suoicapelli comparivano i primi fiocchi di neve della vecchiaia. Che importava ciò? Un giornogli avevan detto che sembrava davvero un cavaliere medioevale: ciò senza dubbio; era unoscherzo; era uno scherzo, perchè, alla fine don Chisciotte venne dipinto orribilmente pallidoe magro: ma don Salvatore non aveva mai visto nè conosciuto il cavaliere dalla trista figura,sicchè in buona fede, si credeva realmente il tipo dei cavalieri antichi e, rimanendo contentodel suo essere, procurava di impinguare a misura che anche il suo patrimonio ingrossava. Equesto ingrossava, e come!… S'ingrossava tanto, che diceva fra poco essere tutta X*** didon Salvatore e di Marco Ferragna; ma nessuno degli uomini giovani ne provava invidia,perchè… perchè Maura e Pasqua crescevano, e chissà!… era così bello sperare!… Infatti,quando le due fanciulle passavano, sottili. Eteree, eleganti nei loro semplici vestiti, gli

Page 17: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

sguardi si fissavano su loro, le distinguevano tra la folla, le seguivano, e, sparite loro, queglisguardi vagavano ancora, lontani, lontani, attraverso le "tancas" immense e verdeggianti chedovevano un giorno ereditare. - Credete altrimenti che le avessero guardate le due fanciulle?- Io credo di no, molto più che non avevano nulla di interessante, molto più che sembravanoancora bambine, tanto erano sottili e piccine, benchè l'una avesse diciassette e l'altraquattordici anni.

Appunto perchè si calcolava esservi molto tempo innanzi, nessun pretendente erapresentato in casa Mannu: solo un vecchio ufficiale in cerca di dote aveva chiesto Maura,senza neanche quasi conoscerla; ma don Salvatore per poco non gli aveva riso in faccia: -Che! che! Lara, (così Maura si faceva chiamare) non lo si vedeva dunque, perdio? era unabimba… non le mancava altro che un marito, già!…

L'ufficiale fu mandato a spasso coi suoi cinquant'anni; in casa Mannu si rise assai alle suespalle; ma questa prima domanda mise una tinta pensosa nei grandi occhi oscuri dellafanciulla, che da quel giorno cessò definitivamente di correre in giardino in cerca di lucciolee non provò più alcuna ripugnanza nel portar l'abito lungo.

Allora Lara aveva sedici anni: non sedeva più sulle ginocchia di Marco, nè lo baciava più;però in fondo in fondo restava un po' bimba e molto capricciosa…

Sempre esile sottile, bianca, i suoi capelli s'erano oscurati, da biondi diventando castani, labocca le si era ingrandita, con le labbra rosse carnose rosse come ciliegie, che spiccavano sulfondo pallido del volto naturalmente mesto.

In somma, contrariamente a ciò che prometteva il suo bel volto di bambina, Lara non erabella, no, niente affatto, e le lo sapeva, ma non se ne curava, e allorchè faceva teletta davantiallo specchio, sorrideva stranamente guardandosi gli occhi. No, non era bella lei, il suo voltopallido non possedeva nulla di straordinario, ma i suoi occhi… i suoi occhi!… Ah, chi nonricorda, chi non ammira ancora a X*** gli occhi di Maura Mannu? I suoi grandi occhi brunisfavillanti di pensieri, gli occhi che parlano prima del labbro, i suoi occhi che ne fanno unadelle più belle ed ammirate signore, ora che la ponevano nel numero delle più bellefanciulle, allora?… Gli occhi di Lara attiravano come la voce di Marco Ferragna e gli occhidi Lara andavano e venivano nella conversazione dei giovinotti di X***. Nel resto dellafisionomia s'assomigliava moltissimo alla cugina morta e perciò Ferragna aveva unaparticolare propensione per lei e l'amava come una figlia.

L'altra, Pasqua, sì ch'era bella! Non si badava tanto a lei, perchè, come dicemmo, sembravabambina co' suoi quattordici anni e l'abito corto, ma un fine osservatore, una sera, in uncrocchio, aveva pronosticato che se Pasqua cresceva, qualcuno doveva certo impazzire. Essaconservava i capelli biondi, un'onda d'oro sovra il viso di rosa, il profili di madonnina e gliocchi biondi essi pure, cioè di un grigio nocciuola con lampi aurei sereni, da santa, menobelli di quella di Lara, ma sempre belli. E, come nel fisico, differivano nel morale le duefanciulle: Lara si mostrava allegra, d'un'allegria chiassosa, invadente, in certi momenti ancheinsolente, aveva arie da gran signora, sorrideva a tutti, ma come concedendo una grazia colsuo sorriso, non mostrava alcuna meraviglia anche davanti alle cose e ai casi piùstupefacenti; non un lampo di invidia, di superbia: odiava i pettegolezzi, deridendo la vita diX***, le piccole miserie i costumi e le passioni della gente ignorante, si mostrava infinesuperiore, spregiudicata e senza pensieri; in fondo era il pessimismo in persona, piangevasulle miserie altrui e scontentissima della sua vita monotona, oscura, senza scopo, avevasogni di fuoco mentre la noia e la tristezza le rodevano le viscere, le ammalavano l'anima neilunghi giorni silenziosi della sua casa, che lei chiamava "casa di campagna". Ma si guardavabene dallo spiegare i suoi veri sentimenti; essa temeva sempre per sua madre, e suo padrenon avrebbe più potuto capirla. Del resto non aveva amiche, non compagne con cuiconfidarsi: e i suoi sogni, le sue aspirazioni, le sue fantasie restavano represse nel cuore, incui lamentavano, senza aria e senza luce, in cui destavano una cupa tristezza.

Rimanevano a Lara la sorella e il vecchio suo amico Ferragna; ma ora questo non contavapiù: Lara lo annoverava fra i parenti, cioè fra la gente a cui meno lei si affidava, e Pasqua eratroppo piccola. Lara giocava e saltava insieme a lei, ma non le spiegava punto ciò cheprovava in cuore, cioè una smania di moto, un bisogno di aria, di affetti, di sorrisi d'amiche,

Page 18: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

una voglia pazza di mostrare a tutti, a furia di vestiti e di lusso domestico, le loro ricchezze,una strana manìa di far del bene a tutti, di sollevare tutti i poveri di X*** e di farsi amare datutti… - A che? Pasqua non si sarebbe commossa: la sua piccola anima era rosea come il suovolto: lei non aveva sogni, non aspirazioni, nulla, sembrava sempre mesta accanto a Lara,che rideva sempre per mostrarsi felice e che s'importava di tutti, ma nel segreto del suocoricino la piccola bionda madonnina era più contenta ed allegra di quel demonio di Lara.Ah, sì, proprio un demonio! E così l'avevano resa i libri che pigliava dalla biblioteca diMarco Ferragna, i libri che leggeva all'insaputa di tutti i libri buoni e maledetti che l'avevanoistruita e fatta pessimista, - così l'aveva resa l'educazione impartitale da donna Margherita.Quell'educazione la costringeva a mostrarsi devota, pia, allegra e contenta del suo stato; queilibri invece la rendevano scettica, sentimentale, superba, con idee sociali nella sua anima dibimba, con aspirazioni di artista e di gran dama nella sua famiglia ove l'arte era sconosciuta,ove il lusso era bandito inesorabilmente: - quei libri la rendevano realmente superiore allepiccole miserie della vita di provincia ma le davano una strana melanconia al pensare chepur era giocoforza vivere per sempre fra quelle piccole miserie. L'educazione ricevuta nonpermetteva a Lara di dichiarare i suoi veri sentimenti e vivere fra essi e con essi, i suoigrandi e sublimi sentimenti: e così, repressi, nascosti, alimentati dal segreto, rendevanotriste, pessimista, sentimentale la piccola Lara, che pure pareva la gioia in persona…

X.

A diciassette anni Lara, non aveva ancora ricevuto alcuna dichiarazione d'amore, quindinon aveva ancora amato, ma nel suo cuore ella lo sentiva, sì, il presentimento di un amorevicino, di un prossimo cambiamento di stato: ciò era il suo sogno, l'unica sua speranza, ilsolo conforto che sentiva di avere nella noia della vasta casa paterna, bruna, fredda, desolatala casa che lei istintivamente adorava e che pure avrebbe voluto abbandonare per amarlavieppiù da lontano.

E aspettava! Che cosa aspettava? Ah, voi lo sapete tutte, mie piccole lettrici di sedici anni,ciò che Lara aspettava. Aspettava un giovine bello, ricco, laureato, come Marco Ferragnadieci anni prima, che la chiedesse in isposa e la portasse via in una grande città tutta teatri,musica, vita e rumore, in un appartamento ben mobiliato alla moderna, - un giovane che larendesse realmente dama, col velo bianco sui capelli bruni e gli occhioni belli, e lo strascicosul vestito di seta, un bel giovine con gli occhialetti montati in oro, la barba bionda eleganteall'Enrico IV, alto, istruito, che la amasse poi, tanto, tanto! - Se volete, Lara rideva del suoideale e della sua idea, perchè aveva letto in un celebre libro che tutte le fanciulle da maritoprovano un istintivo bisogno di dire: come sono infelice! - e lei, credendosi superiore allealtre, non voleva che la sua abituale tristezza provenisse appunto dal continuo pensare aquesto futuro signor marito, ne rideva assai, ma di un riso strano, e spesso interrompeva amezzo un bel sogno d'amore esclamando: - Che ignorante che sono! - e si proponeva di nonpensarci più; ma non passava un'ora, che il sogno ricominciava e l'ideale tornava a sorriderlenel pensiero, a farle scordare il suo presente annuoiato e monotono.

Ma come si fa, come si fa a non sognare l'amore allorchè si è fanciulle, per quanto istruite esuperiori alle altre? Si può forse vincere l'istinto, il carattere, la natura delle cose? Comepoteva Lara resistere ai sogni allorchè si trovava sola sola per ore intere accanto alla finestra,ricamando o facendo la calzetta, davanti al cielo azzurro e sereno, davanti alla valle, allemontagne olezzanti nel silenzio verde della solitudine primaverile mentre tutto, i fiori, gliuccelletti, il cielo, parlava di amore e di speranza? Come non sognare nelle notti cupe diinverno quando fuori urlava la procella e dentro il gran fuoco crepitava nel camino nero e iservi narravano le forti leggende della montagne di Barbagia e di Gallura, tutte dame, fate ecavalieri? Come non sognare nei crepuscoli di smeraldo di autunno o nelle notti azzurre diestate, quando sui cieli d'ambra, nella lontananza misteriosa e profumata, saliva un cantod'amore, triste, appassionato, ora alto e fremente e vicino come lo scoccare di un bacio difuoco fra quattro labbra di rosa, ora lontano, vagante, indistinto come un sussurrìo di parolearcane, misteriose, di cui non si piò cogliere il significato e che pure fanno battere il cuore e

Page 19: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

splendere gli occhi attraverso le ciglia abbassate? Come, come non sognare?… e Lara ridevade' suoi sogni, eppure vi si abbandonava con intensa voluttà!… Sognava sempre nelcrepuscolo di rosa nel meriggio di oro, vagante fra i roseti dell'orto e l'erba delle campagne,sdraiata sulla panchina di pietra sotto i pergolati, mentre le cantine scintillavano d'oro alsole, e le foglie della vite si disegnavano come arabeschi di seta verde sullo sfondo di unasplendida volta azzurra, sul davanzale della sua finestra, nell'oscurità notturna della suacamera e nello splendore delle campagne inondate di luce, sognava sempre e attendeva. Ma igiorni, i mesi passavano, l'uno eguale all'altro, monotoni, tranquilli, silenziosi, e l'ideale diLara restava ancora nello stato di larva e il suo sogno non si avverava; ma la fanciulla non neprovava alcun dolore, perchè sperava fermamente sulla potenza dei suoi begli occhiaffascinanti e soprattutto "tanche" e i marenghi di don Salvatore, marenghi ben chiusi ecustoditi ma che lei pensava di far correre e volare in bei vestiti da sposa e nel corredo regaleche si sarebbe fatto, corredo mai più visto a X***, superiore a quello della morta cuginaLara Ferragna… - Tutto Lara prevedeva; superbi progetti fermentavano nella sua mente, ideedi lusso e di amore confuse insieme, ma lo sposo non arrivava ancora!…

Talvolta Lara provava uno strano dispetto contro i giovani e ricchi signori di X*** che nonsi degnavano di amarla, lei così ricca, benchè non tanto bella, e si proponeva di maritarsi conun signore straniero e di disprezzare in eterno i damerini suoi compatrioti. Come e dovetrovare questo straniero non lo sapeva ancora ma ci avrebbe pensato poi. E i suoi disegni siallargavano, si spandevano; da schizzi diventavano acquerelli, da miniature si trasformavanoin grandi quadri: non era più un appartamento che Lara voleva, no, ma un vero e autenticopalazzo con le corrispondenti carrozze, cameriere e livree, e lui… un conte o magarimarchese… Perchè no? mancano forse conti o marchesi nel mondo?

- Che pazza! Che pazza che sono! - esclamava Lara stiracchiando le braccia al di sopradella testa, dopo una lunga passeggiata nella carrozza della sua fantasia. - Sono propriopazza!…

Rideva col suo solito risolino scettico, strano, che le squarciava le labbra rosse e carnose incui pareva si fosse riunito il sangue del suo corpicino bianco; stirava anche i piedini sempreben calzati, si guardava attorno, rudemente, volendo esser richiamata alla realtà dallamodestia della camera bianca e severa; poi correva via, andava in giardino e faceva ilchiasso con Pasqua, quasi avesse voluto affogare nella spensieratezza infantile la malinconiadi un pensiero fisso, tristo e sconfortante.

La domanda del vecchio ufficiale divertì assai Lara: in fondo in fondo ne provò un acredisgusto, una pessima delusione, perchè invero l'ufficiale non aveva nulla che fare col suoideale; ma poi questo incidente la confortò e la mise sopra pensiero. Se la chiedeva in isposa,significava che non era più considerata come bambina, ma come donna. "Ergo…" bisognavaadottare l'abito lungo, non giocare più con le piccine e aspettare con più forte e ben profilatasperanza, fidando nell'avvenire…

E l'avvenire venne, il triste, terribile avvenire, con le prime delusioni, con la sferza chesprezza i sogni e coi sogni i cuori.

Quell'anno Lara cadde ammalata: donna Margherita, che, come dicemmo, adorava le figliebenchè loro nol dimostrasse, promise di far la novena a Nostra Signora della Neve, purchèLara guarisse: i medici invece consigliarono di condurla ai bagni di mare se realmente la sivoleva guarita, e i bagni furono fissati prima della novena. - Si chiacchierò a lungo qualibagni si dovevano adottare, o quelli di Cagliari o di Alghero, oppure quelli di Gonone, nè sisapeva quali scegliere, allorchè, interpellato Ferragna, questi propose i bagni quasisconosciuti di una piccola rada al nord-est dell'isola, vicini ad un villaggio di cui ora misfugge il nome. - Là, - disse Marco, - il caldo non è asfissiante, come negli altri bagni, il sitoè pittoresco, tranquillo, perchè solo due o tre famiglie possono a volta a volta abitare nelmicroscopico stabilimento eretto in riva la mare. Là la nostra piccina (così chiama Lara) cheè di carattere romantico e nervoso, si ristabilirà più presto fra il silenzio e la poesia dellacosta veramente bella. - Non è vero, mia piccola Lara, - chiese Marco alla fanciulla, - chesari più contenta di andare là che a Cagliari? - Se fosse stata sana, Lara avrebbe certo

Page 20: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

preferito mille volte Cagliari; ma nella spossatezza languida della convalescenza le arrise piùl'azzurro della marina silenziosa descritta dal Ferragna e rispose di sì. - Brava! - ripreseMarco, - vedrai che me ne sarai grata. Guarirai e ti divertirai assai.

Lara sorrise e gli stese la mano in segno di ringraziamento, perchè in verità ella volevaguarire ad ogni costo. Marco però l'abbracciò e la baciò in fronte. Da molto non la baciavapiù, sicchè lei parve offendersene e diventò rossa.

Marco se ne accorse, non disse nulla, ma pensò che invero non conveniva baciare unaragazza di diciasette anni, per quanto la si sia baciata da bambina, e si propose di non piùfarlo. Però quel giorno solo sembrò accorgersi che Lara era ben cresciuta; sino a quel giornol'aveva considerata ancora bambina, ma allora si avvide che da bambina Lara erasi fatta unavezzosa fanciulla e l'esaminò curiosamente come una nuova conoscenza. Ad un tratto trasalìe una nube gli passo negli occhi; notava la forte rassomiglianza resa più grande dallo stato incui la fanciulla si trovava. Sì, così, nel suo vestito di "cretonne" quasi bianco, nel pallore delvolto e nel languido abbandono delle manine di cera sulle ginocchia dimagrite, Lara parevala cugina morta, allorchè languiva nella sua malattia. Marco non si stancava di guardarla;trovava la stessa espressione negli occhi grandi e pensosi, la stessa tinta di carnagionediafana, cerea, le stesse forme sottili, delicate, quasi la stessa fisionomia. Solo la bocca e icapelli differivano assai, ma questa differenza sfumava nell'insieme. Marco ne fu cosìsorpreso, che non potè a meno di dirlo a voce alta. - Che? - esclamò Lara con un pallidosorriso, - non te ne eri accorto? Eppure lo dicono tutti e anche tu mille volte mi hai detto chemi amavi assai perchè mi chiamavo Lara e rassomigliavo molto a "lei".

- È vero! - rispose Marco confuso. - Però non mi pareva così grande la rassomiglianza,prima di oggi…

Quella sera Ferragna fu molto nervoso: pensava alla morta Lara con una intensità di ricordiquali da molto tempo non venivano più nel suo cuore che lui diceva"vecchio!".

XI.

Otto giorni dopo, don Salvatore, Lara, Pasqua e una grossa domestica portata a X***,essendo donna Margherita rimasta per custodire la casa, si trovavano ai bagni scoperti daMarco, in due belle stanze dello stabilimentino in riva al mare.

Sino al momento dell'arrivo i Mannu avevano creduto che quel luogo benedetto fosse statodavvero scoperto da Marco; figuratevi dunque la loro sorpresa allorchè vi trovarono un'altrafamiglia di X*** che li aveva preceduti di due o tre giorni!

Anche i primi arrivati si meravigliarono assai nel veder arrivare i Mannu; ma passata laprima sorpresa, tutti furono contenti dell'incontro e benchè a X*** non avessero alcunarelazione, qui legarono subito amicizia cordiale ed affettuosa, e s'intesero assai bene, perchèsi rassomigliavano; era la famiglia di un piccolo proprietario venuta ai bagni apposta per unaragazza dell'età di Lara, malata della stessa malattia. Don Salvatore si accordò col padre,Pasqua con le tre bambine piccole, e Lara con la grande chiamata Mariarosa, con la qualediventò subito intima amica.

Si disse che gli estremi si toccano, ed è vero. Mariarosa e Lara non avevano alcun gusto,alcuna idea, alcuna indole comune; eppure sin dal primo giorno si amarono come sorelle.Mariarosa, anch'essa gran leggitrice di romanzi, benchè non perfettamente istruita, non sirattristava mai e ami nascondeva i suoi sentimenti di ragazza allegra, non sognava cosestravaganti e impossibili come Lara, pigliava sul serio la sua piccola vita e non correva collafantasia al di là dell'orizzonte della esistenza concessagli da Dio, contenta del suo stato edella sua bellezza di rossa. Sì, aveva rossi i capelli, la carnagione, gli occhi, le labbra e, peruno strano gusto, anche il vestito che si adattava benissimo al suo personale sviluppato, altoe naturalmente elegante. Sana, Mariarosa doveva avere una forza erculea, e Lara la amava dipiù perciò, sembrandole di essere protetta e difesa da lei in caso di bisogno. E Mariarosa,godendo della fiducia di Lara, prese subito verso di lei, un'aria di protettrice, chiamandola"mia piccola amica", il che divertiva assai la pallida fanciulla.

Come Marco aveva detto, il sito era stranamente bello; davanti il mare azzurro, confuso in

Page 21: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

lontananza col cielo d'oro in un bacio soave, bianco, vellutato; dietro una pianura incolta,verdeggiante d'eriche, di lentischi, di felci, qua e là seminata da gruppi di massi muscosi,coperti di liane e di rovi pittoreschi, che al chiaro di luna parevano avanzi di altari druidici;poi in lontananza montagne azzurre, bianche, violacee, e altre montagne ancora nereggiantisullo sfondo smeraldino del cielo, le creste frastagliate, le cime in forma di castelli rovinati,chiazzati di boschi, che cambiavano di tinta ad ogni riflesso di luce, ad ogni effetto d'ombra,azzurre la mattina, grigie al meriggio, color di rosa e viola al crepuscolo, bianche nelle nottidi luna, nere nelle sere oscure.

In riva al mare s'ergeva il piccolo stabilimento, tanto vicino alla costa, che in inverno leonde sbattevano ai suoi piedi; vecchio stabilimento annerito dal tempo, eretto da un originalesignore di Gallura e da allora appartenente ad un proprietario di Sassari, che ne traeva belguadagno affittando ai bagnanti le camere ad una lira il dì.

Sicchè non erano più due o tre famiglie quelle che lo abitavano, ma sei o sette, due od unastanza per famiglia, tutta gente del nord dell'isola, benestante, tranquilla e poco rumorosa.

Nello stabilimento non v'era sala comune con pianoforte, ecc., come nei luoghi cristiani;quindi nè balli, nè divertimenti; la sala comune era la spiaggia, ove i bagnanti si radunavanonelle ore fresche del giorno; del resto, ognuno faceva i suoi affari, ognuno si bagnava a suopiacere nel libero mare.

Lara, che aveva letto ben altre descrizioni di bagni, che credeva trovare le signore conapposite telette da spiaggia, provò sulle prime un po' di disgusto, poi… si strinse nelle spallee sorrise col suo solito sorriso scettico, di ragazza malata, che non prova alcuna profondaimpressione, e si abbandonò alla voluttà dell'azzurro, del bagno tiepido preso fra due scogli,a fior d'acqua, nelle onde chiazzate d'oro e di zaffiro dal sole.

Rimaneva lunghe ore così; immobile, muta, gli occhi semichiusi, nuotanti nell'orizzontecerulo, tranquillo, le narici spalancate ai profumi delle alghe e delle felci marine olezzanti,fra gli scogli violacei, immersa in una arcana voluttà di riposo, di sonnolenza e di visioni.Oh, care visioni!… Isole belle, fiorenti, coperte di passiflore e di giunchiglie, le coste d'oro egli alberi di smeraldo vagano nelle lontananze infinite del mare, e fra il verde e l'azzurro,piccole case di porcellana lattea dai veroni di corallo, dai terrazzi con le balaustrate difiligrana d'argento, e dentro lei, Lara, fatta piccina piccina dalla malattia, bianca, rosea,bionda, e lui, ancora indistinto, ancora vago e tremolante come quelle isole fantastiche. Làindietro, invece, sulle montagne rocciose, Lara vedeva castelli neri, forti manieri dagli spalditappezzati d'ellera, i merli corrosi dal tempo, le sale piene d'arazzi e di trovadori dai mantellidi velluto e il castellano biondo, alto, gentile che si pigliava sulle ginocchia la piccolacastellana, bruna, vestita di broccato (un costume che Lara aveva visto indosso ad AgneseSorel non ricordava bene se dipinto o in realtà), e baciandola forte forte sulle labbra rosse,dall'alto dei ballatoi di marmo le narrava la storia romanzesca del Cid spagnuolo, mentre ilcrepuscolo moriva nel mare di rosa, scivolando giù per le montagne azzurre, e il liutovibrava nell'interno del castello. Nella piccola castellana, Lara riconosceva se stessa, ma nonriusciva mai ad afferrare la fisionomia di lui: lo vedeva biondo, alto, gentile, ma il restosfuggiva alla sua fantasia, si velava fra le tinte azzurrine del crepuscolo di montagna. Uscitadal bagno, Lara non sognava più, no, Dio mio; ella vedeva bene che nel mare non v'eranoisole, nè castelli sui monti, e scoteva la testa; poi, prendendo il braccio di Mariarosa,vagavano insieme per la riva, battendo la pianura in cerca di fiori rossi, attraverso le eriche ei massi, ridendo come pazze e sparlando orribilmente degli altri bagnanti. Mariarosa fu laprima a ristabilirsi compiutamente in salute: Lara pure guarì, ma le rimase una sfumatura diconvalescenza nella personcina stanca delicata e nel viso bianco dimagrito.

L'aria marina le faceva bene, ma ciò che veramente la aiutava a ristabilirsi, era Mariarosa.Sì, signori miei, Lara aveva trovato un'amica finalmente; - l'ideale che sognava prima disognare l'altro ideale… maschile; - l'aveva trovata conforme ai suoi desideri, forte, bionda,allegra, leggitrice di romanzi, gran chiacchierone, gran birichina…, e si sentiva talmentefelice presso Mariarosa, che con lei ritornava bambina, spensierata, umana, - ritornava sanafisicamente e moralmente. Dopo una settimana divennero indivisibili; le si vedeva damattina a sera sempre insieme, sole, lontane da tutti, ridendo a bocca spalancata nel sole

Page 22: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

della pianura, o sedute sugli scogli, chiacchierando tranquille nel vespero tranquillo e soavecome loro.

Un giorno, Lara sentendosi abbastanza forte, decisero di fare una lunga escursione al norddella pianura, inoltrandosi sino al piede dei monti.

- Ci figureremo d'essere in Africa, - disse Mariarosa, - in cerca del Nilo…- No, - disse Lara sorridendo, - il Nilo è bello e trovato; sono le sue sorgenti che si cercano

ancora, il che è troppo per noi. Se dài retta a me, staremo invece attraversando le landerusse…

- Attraversiamo le lande russe!… - rispose Mariarosa. - Per me è lo stesso…- Ci sono i lupi… - proseguì Lara, - ma poco importa, i lupi non si muoveranno punto. Io

mi chiamerò Vanda, e tu Sergio. Va bene così?- Benissimo!- Quei monti là, - riprese Lara, additando con serietà le montagne, - sono gli Urali: la

steppa si stende innanzi a noi, i lupi urlano nella notte oscura… Avanti avanti! Sferzeremo ilupi con il "knout" come vili assassini se ci assalteranno, sfideremo il "kamasin".

- Che cosa, che cosa? - fece l'altra, tendendo le orecchie.- Il "kamasin", il vento della steppa…- Facciamo una cosa, - esclamò Mariarosa sbalordita, - restiamo piuttosto in Sardegna,

tanto più se saremo di ritorno fra un'ora…- Ah, è vero! Restiamo in Sardegna!Si misero in cammino, ridendo delle loro fantasticherie, e avevano fatto un bel pezzo di

strada, allorchè si accorsero di non esser sole. Pasqua e le tre sorelline di Mariarosa cheavevano assistito al loro discorso geografico, invasate esse pure dalla mania dei viaggi, leavevano seguite, in lontananza, tutte e quattro in fila, a braccetto, ridendo fra loro del tiroche facevano alle due "grandi" che non volevano mai essere accompagnate, le streghesolitarie!… Infatti, quando Lara e Mariarosa si accorsero del seguito, cessarono di ridere, siirritarono, volevano tornare indietro, anzi Mariarosa diede un solenne scapaccione a Genia,la più grande delle due sorelline, che pareva fosse quella che aveva organizzato la spedizionesegreta. Per un momento la pianura risonò di grida e di alti lai, ma a poco a poco, l'incidenteparve esaurito e si riprese il viaggio con tanto di muso da una parte e dall'altra. Lara eMariarosa andavano innanzi sparlando del seguito, e il seguito veniva dietro, sempre in fila,sempre a braccetto, ma muto, quasi pentito dell'escursione.

I monti Urali erano del tutto scomparsi dalla mente della carovana, pure si andava avanti,sempre avanti, verso l'ignoto, di macchia in macchia, di masso in masso, i capelli alla fortebrezza del mare e i piedi già stanchi di camminare sui sassolini e la rena pungente.

Il sole ea tramontato; le montagne parevano raffreddarsi, sfumandosi le loro tinte di fuoco,le cime velate dalle nebbie fulgide del tramonto, mentre il mare fremeva sugli scogli cononde di latte e di sangue a venature d'oro; ma la nostra compagnia viaggiava ancora, nè unlupo era apparso all'orizzonte, nè il vento sollevava la sabbia, allorchè accadde un fattonaturalissimo, che pure mise lo scompiglio come se si fosse visto il lupo o sentito il vento.

Benchè si cercasse di dare le spalle al mare e di andare verso i monti, la scoglierariappariva ogni tanto, e il mare non si allontanava mai. Ora Genia, chinandosi su uno scoglioper staccare una conchiglia, aveva fatto un magnifico capitombolo e s'era ferita alla fronte.Povera piccina! La disgrazia la perseguitava e lei certo non aveva la dote di rassegnazione,perchè si mise nuovamente a strillare e piangere.

Alla vista del sangue, il rancore sfumò. Lara e Mariarosa lo aiutarono a rialzarsi e lefasciarono la fronte con un fazzoletto, dolendosi della cattiva fine della spedizione, quandoun giovane, probabilmente attirato dalle grida della bambina, balzò fuori da una macchiapoco distante e corse verso il nostro gruppo, chiedendo che cosa era mai accaduto.

Lara e l'amica si guardarono con un sorriso maligno: poco prima esse dicevano male diquel giovine: donde era sbucato? chissà che non le avesse intese! Ne parlavano male, perchèquello là era davvero uno strano tipo; non rimaneva mai in società con gli altri bagnanti, mavagava sempre, chissà dove, con un libro sotto il braccio, e non lo si vedeva ritornare che asera tarda, e se rimaneva qualche minuto con gli altri cristiani, sulla spiaggia, non parlava,

Page 23: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

non parlava che di politica o di questioni sociali, senza mai ridere, senza mai scomporsi.Aveva soprattutto uno strano lentissimo muover di capo, che dava proprio ai nervi alle dueamiche; del resto, Lara lo ascoltava volentieri quando parlava di problemi sociali, dieguaglianza, di democrazia, lui che pareva un duca, tant'era aristocratico nel vestire e neimodi, e spesso le pareva di vederlo dietro di sè e di Mariarosa quando sole passeggiavanonella pianura. - Chissà se anche questa volta non stesse dietro di loro! Ma perchè lepedinava?

Era proprio noioso! Egli si credeva d'essere interessante, e invece era semplicementeantipatico… A Lara non piaceva punto; pallido in volto, i capelli neri, la barba mefistofelica,pure nera, corta, gli occhi anche neri, tutto nero, il vestito, il cappelli, probabilmente anchel'anima, signore Iddio!…

E che nome brutto, che nome volgare, specialmente per Lara, che amava i nomicontinentali, aristocratici e gentili come il suo, o piuttosto come quello con cui si facevachiamare!

Nunzio!… Ah, ah! Nunzio! Quando ricorreva la sua festa? Forse all'Annunziata? - Ognivolta che lo vedeva, Lara si sentiva una voglia pazza di ridergli in viso; un giorno gli avevachiuso la finestra in faccia, perchè lui dalla spiaggia stava a contemplarla mentre essa sipettinava vicino al davanzale, in camiciuola bianca e a braccia nude; e quella sera, quandoegli sbucò fuori dalla macchia, chiedendo che cosa succedesse, fu per rispondergli:

- Dica un po', signor Nunzio, faccia i fatti suoi e vada per la sua via invece di venircisempre fra i piedi!…

XII.

Ma Lara non lo disse, no; era troppo ben educata per parlar così; sicchè s'ingoio il suomalumore mentre Mariarosa narrava a Nunzio la storia della disgraziata spedizione russa…Il giovane esaminò la ferita di Genia e disse che non era nulla, e intanto ridevadell'avventura, meravigliando Lara, convinta che lui non ridesse mai.

Poi, siccome la sera avanzava, pensarono di ritornare allo stabilimento; Nunzio leaccompagnò e durante tutta la via parlò allegramente con loro come una vecchia conoscenza.Arrivarono alla spiaggia, che già splendeva la luna, e quando si separarono, Lara e Mariarosasapevano che Nunzio era Logudorese, appartenente ad una povera famiglia di un villaggio dimontagna; aveva studiato a Cagliari per farsi medico, ma mancatigli sul più bello i mezzi,aveva dovuto interrompere gli studi. Ne aveva provato un tal dolore da caderne malato. Ora,al ritorno dai bagni, quando si sarebbe compiutamente ristabilito, doveva entrare in un umileimpiego a Cagliari…

Così almeno raccontò Nunzio alle due ragazze, che ne restarono molto intenerite. Nelsepararsi Nunzio strinse loro la mano, baciò le bambine e si ritirò nuovamente triste.

Lara lo seguì con lo sguardo, e quando non lo vide più, rimase immobile in mezzo allaspiaggia, i piedi lissi su l'arena e gli occhi pensosi vaganti nel mare giallastro.

Mariarosa dovette scuoterla, esclamando: - Sei molto stanca?Lara chinò la testa e non pensò più a ridere di Nunzio, il cui viso non le pareva più così

brutto.Si è che il giovine, nel licenziarsi, le aveva stretto in un ben strano modo la mano e l'aveva

guardata forte negli occhi coi suoi, così neri e profondi ai primi riflessi della luna! Quegliocchi!… Lara non li aveva mai osservati, ma quella sera sì, li aveva ben visti, e la loroespressione dolente e infocata insieme le cagionava uno strano malessere. Oh, Nunzio!…Doveva molto soffrire quel povero giovine, a cui l'oro, il miserabile oro, tarpava le ali,interrompeva la carriera, e lo gettava in una pentiva di averne pensato e detto così male, perònon confessava a Mariarosa il suo pentimento, perchè? perchè quella sera per la prima voltanon esprimeva alla sua amica i suoi sentimenti? - Ah, era così stanca, così stanca!… Infattisi coricò assai presto, ma si levò anche assai presto e si affacciò alla finestra. Nunzio stavanella spiaggia; però questa volta Lara non gli chiuse sul muso la finestra, tanto più che lui lechiese familiarmente:

Page 24: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

- Ebbene, signorina Lara, si è risposata del lungo viaggio?…- Altro!… - rispose lei, sfuggendo lo sguardo ardente del giovine fisso sul suo volto bianco.

- Si figuri che potrei intraprenderne un altro!- Oh, davvero?…- Davvero! La conversazione finì qui; altri bagnanti scendevano alla spiaggia e si portavano via il

giovine. Nunzio li seguì, però ogni tratto si voltava verso la finestra di Lara.E Lara rimaneva, vedeva e indovinava, perchè non era imbecille, oh, questo poi no! - Da

quel giorno si osservò una cosa: nè Nunzio nè le due amiche si separavano più come per loinnanzi, dal crocchio degli altri bagnanti, e spesso li si vedeva insieme tutti e tre mentrepigliavano il caffè nelle stanze della famiglia di Lara o di Mariarosa, mentre le bambinefacevano il chiasso intorno a loro, e don Salvatore e il padre di Mariarosa, che non bevevanocaffè, se ne stavano in un canto centellinando le loro tazze di vino e parlando di commercio.Nello stabilimento si diceva che Nunzio faceva la corte a Mariarosa - a Lara non ci pensavaneppure, perchè si supponeva fidanzata ad un ricco signore di X***, - ma a Mariarosa pocoimportava delle dicerie di quelle pettegole e, dal canto suo, le pareva che Nunzio fossepazzamente innamorato di Lara.

In quanto a Lara, poi, Mariarosa non riusciva a capirne un'acca; dal giorno dell'escursioneLara si ammalava di nuovo, lentamente, misteriosamente, non rideva più come prima, e serideva, era d'un riso strano, di cattiva lega, reso triste dal pallore del volto e degli occhi chesfiorava appena. Aveva ripreso a sparlare assai di Nunzio; eppure quando lui si trovava inloro compagnia, non provava alcun disgusto, anzi una lieve tinta rosea di contento lesfiorava il viso, e rimaneva appresso al giovine il più a lungo possibile. Mariarosa noncapiva… non capiva. - Signor Nunzio, - disse un giorno al giovine, - lei è quasi medico, nonè vero? Guardi un po' la mia amica Lara, mi pare che sia nuovamente malata; essa dice di no,ma…

- Dov'è oggi? non l'ho ancora veduta oggi… - rispese lui, sfidando lo sguardo maligno diMariarosa.

- Verrà fra poco. - Ragionando un po' di cose inutili, Mariarosa si accorse che Nunzioguardava ogni tanto verso la porta. Assolutamente, aspettava Lara…

Venne alfine, salutò gentilmente, poi disse, alzando ambe le braccia per accomodarsi lespille che le sostenevano i capelli sulla nuca: - è ben tardi! Ho dormito come un ghirostanotte! Devo pesino avere gli ochhi gonfi…

Nunzio la guardò: Lara provò un brivido sotto lo sguardo ardente e lungo di lui, e, al solito,si fè rossa rossa e chinò lo sguardo. Nunzio però non cessò di guardarla, scotendolievemente la testa. No, gli occhi della fanciulla non erano gonfi, ma contornati da livide egrandi occhiaie che glieli ingrandivano enormemente.

Allora, per contentare Mariarosa, fece la sua parte di medico, ma Lara negò recisamente disentire il benchè minimo male, e siccome Nunzio e Mariarosa insistevano, essa finìcoll'offendersi e se ne scappò via dicendo di sembrarle che la sua domestica la chiamava.

- Signorina, - le gridò dietro Nunzio, - mi permetta prima una parola. - Lara si fermò, ilgiovine riprese:

- Mi dica, le piacerebbe una nuova escursione?- In Russia?… - chiese lei ridendo.- No, nell'Oceano Atlantico! Sì, davvero, v'è una barca di napoletano, venuta stamattina, e

siccome il barcaiuolo è per caso una mia vecchia conoscenza, mi ha invitato ad unapasseggiata in mare. Ho pensato subito alle piccine, che mi pregano ogni giorno di condurlein alto mare: vogliono venire anche loro, signorina Lara e Mariarosa?

Se volevano andare! Ma figuratevi! Dacchè erano là, in riva al mare, non sognavano cheuna corsa in barca; sogno non ancora effettuato per mancanza di barca. Sicchè accettaronobattendo le mani; ma Lara se ne andò via lo stesso, perchè la domestica la chiamavadavvero, - non più però irritata dalle strane domande sulla sua salute.

- Ma sa, - disse Nunzio, appena Lara fu sparita, - anche a me pare che la signorina Mannusia malata. -

Page 25: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

- Non è vero?- Altro che vero! Però non comprendo perchè si ostini a dire di sentirsi bene. Tuttavia… ho

un'idea.- Dica un po'! - esclamò Mariarosa, pronta a sacrificarsi per Lara, e credendo a ciò che

Nunzio le diceva.Il giovine si passò la mano bianca di donna sulla fronte pensosa, poi espresse la sua idea,

ben strana per Mariarosa. Egli desiderava parlare da solo con Lara: con ciò era certo di farsidire quello che la fanciulla soffriva, perchè vi son certe cose che al medico si dicono insegreto come la confessore. Mariarosa pensò che veramente Lara non aveva segreti per lei eche l'idea di Nunzio le pareva curiosa; poi lo guardò fiso co' suoi occhi biondi e ridenti esorrise lievemente. Aveva compreso.

Sul tardi, quando la giornata cominciava a declinare, Nunzio avvisò le signorine che labarca le attendeva; scesero tutte e sei alla spiaggia. Il napoletano, nero, bruciato dal soledelle coste sarde, su cui estendeva il suo commercio di terraglie grossolane, attendeva sullasua vecchia barca corrosa dal tempo e dalle onde, i remi pronti, canticchiando una stranapoesia che lui credeva fosse in dialetto sardo, ma che un sardo non avrebbe punto compreso.

- Ehi, compar Marcello, - gli disse Nunzio scherzando, - vi presento mia moglie, miacognata e le mie figlie…

- Belle! belle! - rispose lui ridendo e mostrando i denti bianchissimi sul fondo nero delvolto. - Però la signora è troppo piccina e le figlie son troppo grandi. Avanti, signore esignorine, avanti… - Porse la sua manaccia nera e le aiutò ad entrare nella barca, le bambineridevano di gioia, ma Mariarosa pareva preoccupata e Lara sentivasi tutta confusa perchèNunzio l'aveva presentata come sua moglie. Perchè?… Che burlone! E dire che primapareva un vero porcospino.

Le piccine erano già sedute in barca, allorchè la serva di Mariarosa venne frettolosa echiamò in disparte la padroncina.

- Ah, Dio mio! - esclamò Mariarosa con dispiacere, - io non posso venire!- Perchè? perchè? allora non andiamo più neppur noi, - rispose Lara; ma l'altra riprese:- No, andate lo stesso, ma ritornate più presto e domani signor Nunzio, conto su di lei per

passeggiare anch'io in mare.- Ma che c'è? perchè non viene?- Perchè non vieni? Allora non vado neppur io, - ripetè Lara.- Noi sì, però, noi sì, noi sì!… - gridarono le piccole.E siccome Lara si scostava dalla riva, Mariarosa le prese le mani esclamando: - Su, fa' da

brava! Non posso venire, perchè son venute e a visitarmi quelle signore di A*** che stannoin fondo allo stabilimento. Lo sai bene che le ho pregate io stessa di venirmi a trovare perbere il caffè nelle mie stanze. Ora sono venute e sarebbe bella che io scappassi, quasi pernon riceverle.

- Seccanti! Fa dir loro di tornare domani.- No! Meglio; domani vengo anch'io in barca! Va'!Ma Lara si ribellava: un presentimento le diceva di non andare sola con Nunzio, le gridava

di restare con Mariarosa; ma Mariarosa fece tanto, che la convinse del contrario. E quandoNunzio le prese le mani e stringendogliele dolcemente la aiutò a sedersi accanto a lui nellavecchia barca, Lara non solo scordò la sua ripugnanza, ma provò un misterioso piacere neltrovarsi col giovine, senza la compagnia dell'amica.

Mariarosa rimase ferma sulla riva, finchè la barca si mosse: le parve di esser guardata conriconoscenza da Nunzio e ritornò allo stabilimento, mormorando: - Dopo tutto, essi si amanoe… don Salvatore può benissimo aiutare Nunzio a pigliar la laurea. Vivan gli sposi!…

XIII.

All'andata non avvenne nulla do notevole: compar Marinello discorreva volentieri conNunzio; Lara ammirava l'effetto pittoresco della costa, e delle montagne vedute dal mare trai fulgidi veli d'oro del tramonto, e le bambine chiacchieravano allegramente, divertendosi a

Page 26: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

guardare i meandri e i giuochi scintillanti dell'acqua divisa dai remi.Si andò, si andò… Lo stabilimento scomparve, le montagne cambiarono di aspetto, la

scogliera apparve, più selvaggia, più bella, grigia nella lontananza azzurra del crepuscolo, esolo quando la luna rossa spuntò sull'oriente tinto d'un colore aureo - sanguigno, si pensò alritorno.

Veniva una bella notte una splendida notte di plenilunio d'amore. Oh notti belle dei nostrimari! Chi può vedervi e scordarvi? chi non sogna fra i profumi delle alghe striscianti sulleonde d'argento e di smeraldo, mentre gli olmi silvestri e le cricche susurrano sulle rive arcanimisteri d'amore e giù dalle montagne lontane scende il ritmo sfumato di una poesia cantatadal viandante o dal malandrino solitario, che narra gli amori ardenti dei castelli antichi e deicasolari moderni, che narra la solitudine immensa delle nostre montagne e delle nostrescogliere?…

E Lara sognava! La luna saliva sull'orizzonte limpido, il mare scintillava ai suoi raggi, e unfuoco lontano lontano brillava nella penombra cerula di una cresta delle montagne.

Il barcaiuolo aveva cessato le sue chiacchiere; anch'egli compreso forse dell'arcana serenitàdel plenilunio bianco, intento ai suoi remi e all'onde che la brezza serale spingeva contro labarca, aveva ripreso la sua cantilena strana, incomprensibile pensando alla sua terra lontana.

Le bambine ridevano sempre: Genia trasse di tasca un pacco di carte microscopiche epropose una partita al chiaro di luna; e la partita cominciò, a mai si videro giocatrici piùarrabbiate e più intente al fatto loro.

Allora Nunzio pensò che l'ora era Giunta. Lara taceva e sognava. Appoggiata alla spondadella barca, le mani intrecciate sul grembo, guardava le montagne azzurre, e i castelli neriricomparivano sulle loro cime, e i paggi, gli scudieri, la castellana in costume diverso, allaMargherita di Valois ora, con le maniche di raso bianco a grandi sbuffi, e il castellanoanch'esso, sempre alto, gentile, con la fisionomia più profilata e distinta da quella dell'ultimosogno. Un lieve sorriso mistico da vergine bianca, quasi destato dal riflesso della luna,vagava sul volto pallido di Lara; e i capelli bruni di lei, scossi dalla brezza, le carezzavano inlunghe ciocche crespe e vaganti le guance e la fronte. Era a testa nuda, con un fiore d'ericaroseo sulla treccia cadente sulle spalle: un semplice vestito oscurissimo a "blouse", strettosulla vita dall'elegante cintura del grembiule di lana azzurra e un nastro puro azzurro,annodato sul collo, formavano tutta la sua teletta.

Nunzio la divorava con gli occhi, e un fremito gli agitava le mani bianche febbricitanti.Aveva visto stupende bellezze di signore, di fanciulle da villaggio coi costumi di broccato,di donne da teatro splendenti nella falsa luce dei palchi scenici, ma mai, mai aveva ammiratouna donna come ammirava Lara, mai nessuna donna gli aveva causato la strana impressioneche Lara gli produceva quella sera.

Nella mite aureola della luce plenilunare, la piccola fata bruna dai grandi occhi pensosi, loaffascinava pur senza guardarlo; gli pareva una santa, e avrebbe voluto inginocchiarseleinnanzi per dirle che l'adorava, poi, fatto ardito dal suo sguardo soave e sorridente e dalfuoco che gli bruciava il sangue, stendere le sue braccia e cingerle la vita sottile sottile eattirarla a sè e baciarla sulle labbra rosse e frementi con le sue labbra pallide eppur infocate,e dirle a furia di baci sovrumani tutta la passione che nutriva per lei sin dal giorno chel'aveva vista alla finestra dello stabilimento, vestita di bianco, le braccia di neve nude e icapelli sciolti sulle spalle e sul seno verginale. Il desiderio di Nunzio non andava più altre;gli sembrava che quella sarebbe stata per lui una felicità insuperabile, avrebbe dato tutto ilsuo sangue giovanile delle sue vene, tutto il resto della sua vita per ciò. Non pensava cheLara poteva non amarlo, che lui era povero, chiamato ad una vita umile ed oscura; nonpensava più a nulla.

Il mondo non esisteva più per lui, con le sue leggi e l'egoismo sociale, il passato el'avvenire sfumavano dal suo pensiero come le onde intorno ai remi di Marinello; restavasolo Lara illuminata dalla luna, restava sola la sua dolce immagine di fanciulla fantastica ebianca, mite visione, cullata dal mare di argento e di smeraldo, vagante sotto il cielo pallidoe ardente, Lara che Nunzio adorava.

I minuti passavano; la barca volava tra i trilli argentini del riso delle bambine e la cantilena

Page 27: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

stanca e monotona del marinaio: già in lontananza appariva il profilo nero dellostabilimento, e Nunzio non aveva detto ancor nulla. Ad un tratto i suoi occhi sispalancarono, lucenti di febbre e di amore; stese un braccio sulla sponda della barca, dietrole spalle di Lara, e, più che dette, gli uscirono singhiozzate dal petto balzante queste parole:

- Lara… Lara… perchè tace? No si accorge più di nulla?Lara, nel sentirsi sfiorare le spalle dal braccio di Nunzio, nel sentirsi chiamata da lui e

senza il noioso ed eterno "signorina", trasalì vivamente, come desta da un sogno.- Penso! - rispose con un sorriso meno vago e fugace.- Pensava… A che? Forse al suo fidanzato lontano?- Non ne ho, io, di fidanzato, signor Nunzio…- A che pensava adunque?…- Oh, bella, rispose Lara, alzando sul giovine i suoi grandi occhi pensosi, - e lei a che

pensava? - Chinò lo sguardo, perchè Nunzio la magnetizzava.- Io! - disse lui tristemente. - Ah, se sapesse, Lara, se sapesse!…Lara non rispose, Nunzio proseguì: - Se sapesse! Forse lei è curiosa di saperlo, non è vero?

Ebbene, se mi promette di dirmi ciò che pensava lei, le dirò ciò che pensavo il…- Sì! - rispose Lara, ma quasi istintivamente.Nunzio le si avvicinò di più e bruciandole la guancia col suo alito ardente, le sussurrò: -

Pensavo a te, Lara, a te che adoro!…La fanciulla sussultò di nuovo: il suo coricino cominciò a battere forte, forte, forte e

un'ebbrezza mai più provata, un'ebbrezza di cielo le confuse la mente; tutto le girava intorno,il mare da cui esalava un profumo di viole, le montagne bianche alla luna, i cui castellicantavano romanze di amore, i cui castellani non erano più biondi, ma bruni, con lafisionomia, la voce, gli occhi di Nunzio. Di Nunzio, che proseguì: - Perdonami, Lara,perdonami, se sono così ardito… T'amo tanto! Dimmi anche tu ciò che pensavi! Dimmi chepensavi a me… dimmelo, Lara… - Le prese le manine e gliele strinse entrambe in una strettaardente. Lara alzò su di lui i suoi occhi spaventati, e Nunzio la fissò forte co' suoi,affascinandola…

Le bambine ridevano ancora, Marinello cantava sempre e la barca volava sulle onde diargento e di smeraldo, ma Lara non vedeva nè udiva più nulla. Aveva raggiunto la sua isolaverde dalla casetta di porcellana, aveva raggiunto i castelli delle montagne lontane e ilcastellano ardente le narrava una storia più cara e poetica di quella del Cid spagnuolo.

- Dimmelo, Lara! - ripetè Nunzio, fissandola sempre.- Pensavo a te… - rispose Lara con voce lenta, ma affannosa.Per poco il giovine non mandò un grido di gioia, strinse vieppiù fra una delle sue le mani

tremanti della fanciulla, con l'altra le cinse la piccola persona bruna nell'ombra della spondadella barca, e riprese a parlare a voce bassa, fremente come il susurro delle eriche della riva,mentre le bambine ridevano ancora e Marinello cantava pensando alla sua patria lontana, e labarca volava sulle onde d'argento e di smeraldo!

Mariarosa attendeva sulla spiaggia: quando prese il braccio di Lara, si accorse che tremavaleggermente e che gli occhi le brillavano in una strana guisa. Volle subito ritirarsi, maMariarosa ridiscese alla spiaggia domandò a Nunzio se si era assai divertito. - Molto, molto!- rispose egli con un vago sorriso.

- E ha interrogato Lara? - riprese lei miliziosamente.- Sì, ma tutto inutilmente!- Ah! - rispose Mariarosa, - forse sarà perchè lei non è ancora un medico completo…Nunzio sussultò e si congedò dalla ragazza lievemente sconvolto: quelle ultime parole lo

richiamavano ad una ben cruda realtà!…

XIV.

Quella notte Lara non dormì; la febbre le ardeva il sangue, tutto intorno mille vocivoluttuose susurravano le parole care che Nunzio le aveva detto, e nel fruscìo arcano, fra il

Page 28: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

profumo ardente di quelle frasi d'amore l'anima sentimentale della fanciulla andavatrasformandosi lentamente, lentamente, da larva in farfalla, da boccolo in rosa.

I nervi di Lara rimasero tutta la notte in sussulto; la testa gravava sul guanciale come dipiombo, anzi nell'incubo della febbre sembrava a Lara che la sua testa fosse unno scoglioflagellato dalle onde; i grandi occhi spalancati nell'oscurità della camera silenziosa vedevanoarrivare da lontano le onde bianche, verdastre, le onde che danzavano intorno alla barcamentre Nunzio le diceva: "t'amo!", e avvicinarsi rapide, tremule, corruscanti al raggio dellaluna… Si avvicinavano, si avvicinavano, erano lì!… Lara chiudeva gli occhio. Le onde lebagnavano tutta la testa, che non poteva muovere; lei le sentiva, sentiva il loro mormorìoprolungato, il sussurrìo strano che si confondeva con le altre voci della notte per dirle tantebelle cose, e pensava confusamente a' suoi sogni passati, immersa in un torpore profondo,tiepido, vellutato.

Un sussulto balzante, inquieto, passava ratto ratto sotto la pelle bianca e rorida di sudoredelle sue braccia abbandonate sul lenzuolo ardente, ma Lara non sentiva ciò mentre sentivatante altre cose immaginarie, e ciò solo indicava la sua veglia. Una volta si addormentò esognò di trovarsi sulla spiaggia: era notte, ma il sole dardeggiava lo stesso un calore intenso,canicolare, attraverso le tenebre. Lara non vedeva, non poteva muoversi, sudava, assetata emorente di caldo: cercava levarsi le vesti che la soffocavano, ma non poteva alzare lebraccia. Ad un tratto si accorse che Nunzio le stava accanto, e che era il suo sguardo cheproduceva quello strano caldo intorno a lei: tanto caldo che sembrò di tramutarsi in unastatua di carbone. Si svegliò rantolando; rise quasi forte del suo sogno e a poco a pocoripiombò nel sopore e nelle visioni velate e vaghe di prima.

I castelli neri delle montagne, le isole verdi del mare sfumavano dalla fantasia di Lara;rimaneva il castellano e questo era Nunzio. Che importavano oramai a Lara il sole, ipaesaggi e le storie? Ciò che prima era ben distinto diventava sfumatura e in mezzo alquadro spiccava "lui", non più biondo, ma bruno, pallido in viso e gli occhi neri splendenti.

E Lara vedeva lui solo; la piccola castellana dal costume alla Agnese Sorel non la vedevapiù, perchè sapeva che non poteva essere insieme a Nunzio. No! Nunzio era lontano da lei,dunque Nunzio stava solo: finchè tutto il quadro viveva soltanto nella fantasia di Lara, i"due" potevano ben stare sempre insieme; ma ora che il quadro si realizzava, non era piùpossibile, oh no! Nunzio stava solo e lontano, molto lontano, ma ora ben distinto e profilatonella lontananza. Ma realmente Lara lo amava?

Glielo aveva detto nell'ebbrezza della luna e della solitudine. Pensava a lui da vari giorni,con un sentimento vago e indistinto ma forse avrebbe respinto la sua dichiarazione se fattaalla luce del sole ed in un diverso ambiente. Pensava a lui tuttora, sentiva un'arcana felicitànel sapersi amata da lui, ma forse non lo amava ancora.

Che importava! Lara non aveva mai provato un vero piacere morale, mai aveva raggiuntoun suo sogno; ora si aggrappava a quell'unico svago e voleva vedere come era fatto l'amorecon una curiosità strana di bambina. Non le bastava più l'affetto di un'amica; no, i suoidiciassette anni fiorenti di sogni e assetati di realtà avevano bisogno di sensazioni forte eviolente! Lara sentiva la sua anima gelida, aggranchiata, repressa, e si abbandonava al suoprimo amore per ricevere una scossa che la riscaldasse l'anima e le desse le ali per varcare lanebbia degli orizzonti che le nascondevano regioni verso cui agognava di volare. - Chi eraNunzio? - A Lara poco importava di saperlo; i grandi occhi del giovane le promettevano bacidi fuoco, le sue prime parole d'amore avevano già cambiato i suoi pensieri. Ella gli avevadetto di amarlo e credeva di amarlo, perchè aveva una buona abitudine: quella di non diremai bugie dannose. - Ora - pensava Lara levandosi all'alba, - qual danno non recherebbe lamia bugia in questo caso?

Perchè Nunzio le aveva detto, tra le altre cose: - Lara, tu sei la mia vita; se mai venisse amancarmi la speranza che ho in te, morrei! - Morire un uomo per causa sua! mai più! Però,bisogna ben dirlo, Lara si sentiva molto lusingata da quel pensiero conchiudeva: - Come nonamare Nunzio, se lui mi ama a quel punto?

Naturalmente, subito confidò tutto a Mariarosa: la buona fanciulla, che nella sua mentegentile e poco sperimentata credeva tutto facile in questo basso mondo di egoismo e di

Page 29: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

orgoglio, restò contentissima che i due giovani si fossero così presto intesi, e disse a Larache la sera prima non aveva voluto andare in barca, appunto per dare a Nunzio agio dispiegarsi con lei. Lara rise, poi le baciò le mani esclamando: - Sei proprio come ti avevosognato!

Oh, i sogni! Chi non ricorda i sogni di sedici anni e chi non pianse al loro sfasciarsi? Ilsecondo sogno di Lara durò ben due settimane; sogno etereo, tutto sguardi e fantasia.

Nunzio l'amava davvero; glielo diceva sempre con gli occhi, co la canzone che lesussurravano sotto la finestra, col sorriso e con le lettere che trovava modo di scriverle,poichè dopo la prima sera, non si erano più trovati soli, tanto che la fanciulla finì conl'amarlo in realtà anche essa.

Come l'amicizia di Mariarosa aveva guarito Lara, così l'amore di Lara guarì Nunzio.L'estremo pallore del suo viso si raddolcì in una lieve tinta rosea, tornò allegro e spiritoso, ecosì a Lara piacque di più, ma diede anche nell'occhio ai bagnanti, che, osservata prima lasua misantropia e vistala poi ad un tratto sparire, si dissero che Nunzio doveva aver fattoqualche grossa conquista. Mariarosa era troppo poco; doveva esser Lara! Si osservò, si spiò,si scoprì la verità e, dopo due settimane, ciò che Lara credeva fosse un profondo segreto fralei, Nunzio e Mariarosa, si sapeva sino dai bimbi del piccolo stabilimento.

Come sempre accade, don Salvatore fu l'ultimo a saperlo. Provò una scossa tale, chediventò pallido in volto, il che significava qualche cosa di grosso in lui. Tuttavia volleilludersi, rise in faccia a chi glielo diceva, e rispose che Lara era ben savia ed educata permettersi così ad amoreggiare in pubblico e con chi!… - Don Salvatore sapeva Nunzio figliodi una poverissima famiglia di pastori Logudoresi, e che, non potendo più studiare, dovevaentrare impiegato. Ora, nessuna classe del mondo era da don Salvatore disprezzata comequella degli impiegati. Aveva conversato qualche volta con Nunzio, perchè lo ritenevaancora come studente; ma è più che certo che non l'avrebbe più neppure guardato in viso tremesi dopo, cioè quando il giovine avrebbe contato sul ventisette di ogni mese per pagare lesue scarpe e il suo cappello… L'impiegato! quell'essere meschino che vive mese per mese afuria di economie e che s'ingolfa nei debiti se non fa queste ultime, - che non possiede unpalmo di terra al sole, nè conosce il biglietto da mille; che deve vivere in stanze d'affitto; chedeve passeggiare, se ha voglia di andare in campagna, nella polvere dello stradale,contentandosi di guardare dal di fuori le vigne, di cui compra il vino litro per litro pagandolosolo ala fine del mese?…

Così pensava don Salvatore: nella sua mente grassa di cavaliere, foderata di biglietti dibanca nascosti, ebbra di terre e di armati, egli aveva un profondo disprezzo per gli impiegatie li metteva nella classe dei servi, dei suoi servi che lavoravano la gleba e guidavano legreggi; gli uni e gli altri venivano pagati, dunque erano uguali; solo la servitù degli impiegatiera una servitù più dura, "servitù morale", diceva il padre di Lara, perchè il suo italiano nonarrivava al punto di permettergli di dire "servitù morale", servitù più vile e disonorante aisuoi occhi. Il perchè dei perchè poi era che don Salvatore non avrebbe mai concesso suafiglia in isposa ad un impiegato, perchè… povero!

Certo, povero! Per ricco don Salvatore intendeva un uomo come lui, come Ferragna, oinfine uno che vivesse di rendita. Vivendo di rendita, uno non ha bisogno di essereimpiegato; essendo impiegato, deve necessariamente essere povero; e così seguendo icalcolo della sua corta esperienza, don Salvatore conchiudeva che ogni impiegato era unpovero, cioè un essere incompleto e da disprezzarsi specialmente in fatto di matrimonio.

Oh, signori miei, avete osservato che brutta cosa è l'esser povero?Ma non sapete a qual punto arrivi la bruttezza di questa cosa "cosa" in paesi ignoranti, in

paesi in cui i meriti di un cristiano salgono e scendono secondo la gonfiezza del suoportafoglio. Là, se un povero è bello, vien detto brutto, mentre un ricco è bellissimo se ancheorrendo di viso; un povero è pazzo, è cattivo, è perverso, è un verme su cui sta preparata unaspada, se mai osa innalzare il capo dalla polvere su cui la fortuna lo ha lanciato: nulla glivale, nè l'istruzione, nè la bellezza, nè la bontà. Si possono forse avere queste doti quando latasca è vuota, quando non si possiedono che due mani per guadagnare il pane quotidiano?

Page 30: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

In altri luoghi creati dal buon Dio, se non altro si riconosce nel povero l'ingegno, labellezza, la bontà d'animo, se ce l'ha, e gli si lascia un posto, lo si aiuta a camminare; ma neiluoghi in cui mi intendo io, nulla, nulla vien concesso a chi non ha in sue mani l'infamesignore del mondo: lo si calpesta, lo si chiama pazzo se dalla sua mente scintilla l'ingegno,presuntuoso se riconosce in sè qualche cosa che gli altri non riconoscono, temerario se osacredersi simile agli altri, e lo si ricopre di polvere e di fango sino alla morte, salvo aprostrarsigli innanzi e farlo simile a Dio se egli, a colpi di frusta e sudando sangue, riescefinalmente ad assidersi fra gli eletti della dea fortuna, riesce a farsi largo fra loro ed agonfiare la sua tasca come la loro…

XV.

Tutte queste belle cose la piccola Lara le aveva lette nei libri; però, non avendole ancorasperimentate, non le ricordava bene, o piuttosto le credeva fole. Perciò aveva amato, Nunzio,che pure era povero; pure sognava di esser un giorno felice con lui, benchè egli non avessenè terre, nè armenti, nè biglietti di banca. Ma don Salvatore la pensava ben diversamente ecredeva che Lara la pensasse come lui, sicchè dopo la prima sorpresa restò convinto che suafiglia, il sangue suo, non fosse degradata al punto di amare un povero diavolo che dovevadiventare "impiegato!".

Allora gli si propose di dargliene le prove; ma don Salvatore ricusò. Si credeva savio eprudente e perciò pensò:

- Potrebbe darsi… e poi?… Farei forse uno scandalo, e Lara allora potrebbe ribellarsi: leconosco io, le donne! Quindi tronchiamo il male dalle radici…

Lo stesso giorno disse a Lara che, chiamato ad X*** da imperiosi affari, dovevaimmediatamente ritornarvi; preparasse dunque tutto, che l'indomani lascerebbero i bagni. Perquanto si sforzasse a parer calmo, don Salvatore era leggermente pallido e nelle sua prolefischiava un accento insolito freddo e tagliente.

E Lara vide, intese e indovinò! Qualcosa come una cappa di piombo le calò sulle spalle, leirrigidì tutto il sangue: non tremò la sua gracile personcina, ma tremò il suo cuore, stretto,compresso da una mano fredda, di ferro. Mai Lara aveva provato un simile affanno; eral'angoscia dell'assassino che vede scoperto il suo delitto, era il presentimento, dello stessoassassino che, squarciato il velo del suo orribile segreto, vede innanzi a sè la galera e forseanche il patibolo, mentre prima sognava una vita agiata, rosea, sorridente fra loroprocacciatosi col delitto. - per Lara l'amare un povero era un immane delitto, e don Salvatorele avrebbe perdonato piuttosto un assassinio che l'amare un povero; ma sino a quelmomento, ella non se l'era più ricordato, sino a quel momento i suoi occhi non avevano piùtraveduto la triste realtà.

Lo strano accento del padre nel dirle:"domani partiamo!" - bastò a riaprirle gli occhi. Sidestò come un sogno bello e fatale nel medesimo tempo e si guardò attorno spaventata.

Ah, che aveva ella mai fatto! - Appena sola, si lasciò cadere in angolo e rimase con la testafra le mani per più di un'ora. Fu Mariarosa a richiamarla in sè.

- Dunque partite domani?… - chiese tristemente.- Domani! - rispose Lara con voce cupa. Non dissero altro, ma guardandosi negli occhi si

compresero.… Pure quella notte, Lara, nonostante tutta l'orribile paura che provava ebbe un secondo ed

ultimo colloquio con Nunzio!…Come e perchè? Il come tutti gli amanti lo trovano, e qui riuscirebbe inutile narrarlo. Ma

perchè, se Lara non aveva speranza alcune, se sapeva che suo padre l'avrebbe uccisa prima diconcederla a Nunzio?… Sì, Lara non aveva più alcuna speranza, i suoi sogni erano caduti einfrante giacevano le sue fantasticherie; ma dacchè aveva intraveduto gli insuperabiliostacoli che la dividevano dal giovine, il vago amore che sfiorava il suo cuore erasidelineato, fatto forte ed ardente. Chi mai scrutò gli abissi del cuore umano?

Finchè nessuno le aveva ricordato l'immensa distanza che la divideva dal giovane, finchèLara aveva creduto cosa possibile il diventar sua moglie, lo aveva amato vagamente,

Page 31: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

sognando e sorridente, più per capriccio e passatempo che per latro, e forse, benchè ellacontasse di rimanergli fedele, lo avrebbe scordato alla prima occasione, tanto più che nulla lalegava a lui, nè un bacio nè un fiore; - ora che suo padre, col freddo accento che usava conlei per la prima volta in vita sua, con lo sguardo fisso e tagliente come un pugnale, di cuiaveva lo stesso riflesso livido e avvelenato, le diceva: - Guai a te se davvero ami quelmiserabile!… - Lara sentiva farsi passione il suo capriccio e, senza speranza, senza un raggiodi luce, senza un avanzo di sogni, vi si immergeva con la cieca ed acre voluttà della vendettae della ribellione.

Fu una ben triste notte per Lara l'ultima notte passata nella stanzetta bianca del piccolostabilimento, a cui la legavan mille ricordi, mille catene misteriose, che dovevano l'indomaniinfrangersi, ma strappandole brani di cuore e di cervello.

Come la sera della passeggiata in barca, Lara dormì poco e il suo sonno penoso fumolestato da strani sogni; però era il gelo quello che correva ora nel suo sangue, la nevedominava nelle tetre visioni di angoscia, e le onde del mare non parevano più di argento e dismeraldo, ma di sangue e di inchiostro. Per tutta la sua vita Lara ricordò quella notte.Allorchè si levò, guardandosi nello specchio si avvide che dal suo viso era sfumata l'ultimaespressione infantile che ancora conservava il giorno avanti, e che i suoi occhi si eranodilatati prendendo una tinta più fosca e pensosa.

Sorrise; un sorriso strano ch'era tutto un enigma, un sorriso misterioso che ad unfisionomista avrebbe rivelato come in quella notte Lara da fanciulla si fosse trasformata indonna, così come, quindici giorni prima, in un'altra sola notte, da bambina era diventatafanciulla.

Tutta la mattina, mentre la serva faceva i preparativi per la partenza, Lara la passò dandol'addio ai bagnanti, visitando per l'ultima volta i luoghi dove ave passato tanti bei giornifelici, la pianura, gli scogli, i massi, le macchie, tutto… Addio, addio!… InsensibilmenteLara si era affezionata a tutto quell'azzurro, a quel pittoresco che formava il degno ambientedel suo primo amore, e nel dargli l'addio provava una stretta al cuore, un'ambascia bizzarra,come quella della spesa che dà l'addio alla casa paterna.

Si partì di sera; a cavallo sino al più prossimo villaggio, donde avrebbero proseguito incarrozza, donde avrebbero proseguito in carrozza fino al X***. Benchè glielo avesseproibito, Nunzio le si avvicinò mentre ella doveva montare a cavallo, e le diede il buonviaggio. Lì vicino don Salvatore guardava ritto, freddo, con gli occhi schizzanti disprezzo eodio, sicchè Nunzio non potè dire nulla a Lara, ma le strinse forte la mano e la guardò. Laravide una lagrima negli occhi di lui, sussultò, ma non pianse: vi sono certe angosce chepietrificano l'anima, e allora l'occhio non piange, ma dal cuore stillano lagrime di sangue. - Idue giovani si guardarono finchè poterono vedersi, finchè la lontananza non li resemacchiette azzurrognole, indistinte, sfumanti a poco a poco nello spazio come nuvolevespertine. Allora Nunzio chinò il cabo e sentì rapidamente vuotarsi il cuore e vide tuttonero, tutto brutto e deforme ove prima aveva visto azzurro e poesia, e ritornando triste,misantropo, pallido come prima, non trovò che un solo verso davanti al mare azzurrosusurrante alla brezza sullo sfondo di rosa, davanti alle montagne scintillanti sullo sfondo delcielo di cristallo, color d'oro: - Oh, perchè son così povero, perchè?…

Allora Lara chinò anch'essa la testa dolente, pensando alla noia, alla tristezza chel'attendeva nella vasta e desolata e fredda casa paterna. Vi ritornava sana di corpo e malata dianima, più malata di come vi era partita…

Guardò le montagne, la pianura, il mare, e quando il mare, la pianura, e le montagnesparvero a poco a poco nell'orizzonte velato dalle penombre della sera, anche Lara provò lostesso vuoto, la stessa angoscia di Nunzio e pianse silenziosamente, nell'ombra dei boschi edell'imbrunire, mentre i zoccoli ferrati del suo cavallo risonavano silenziosi e cadenzati sulladurezza della strada deserta e rocciosa, accompagnati dal suissurro del vento e del torrente,tutte note strazianti nella mestizia della solitudine del paesaggio sardo, che dicevano a Lara:- Piangi e non sognare mai più! - La vita è sinonimo di tristezza!

E Lara piangeva, ma non sognava più! Col mare erano sparite le isole verdi dalle casette diporcellana e gli alberi di smeraldo, - con le montagne erano sfumati i castelli neri, gli spalti e

Page 32: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

gli alti ballatoi di marmo, i paggi, i costumi di broccato e le storie, - e il castellano erasitrasformato in un giovane povero, di cui Lara non poteva neanche pronunziare il nome!

XVI.

La prima impressione che provò nel rientrare nella casa paterna, fu di freddo; le stanze leparevano più grandi, più severe, più gelide; i mobili più oscuri; qualcosa di triste e di freddocome una prigione. Si era abituata all'azzurro infinito del mare, del cielo, delle montagne, alsole ardente, alla pianura selvaggia; ora il sole le sembrava tiepido, le sue montagne nere, lasua casa una prigione. Che contava più l'orto in confronto alla pianura della spiaggia? allapianura immensa dell'orizzonte aperto e vastissimo? Le sembrò una derisione: non potevaandare più in là del cancello, i passi contati, il limite stretto. E poi quegli alberi dalle grandiombre tremolanti! Lara odiava l'ombra; amava le macchie basse, intricate selvaggie; glialberi alti nel giardino le davano ai nervi, e il loro susurro nella notte non la lasciavadormire. Almeno avesse ritrovato i fiori lasciati prima di partire! Nulla! tutto si era dissecatosotto la sferza del sole; le rose cadute, i rosi ingialliti, i gelsomini sfogliati! Rimanevano sologli alberi, i nemici di Lara, che di notte parevano scheletri, che di giorno macchiavano laterra color d'oro… Oh, le ombre, le ombre!… Lara amava il sole; rimaneva insensibile sottoi suoi raggi ardenti, guardando tristemente dal suo davanzale quelle ombre che fremevano,danzavano, non sparivano mai… quelle ombre che raffiguravano la macchia proiettata su dilei dal ricordo di Nunzio, folta ombra che non lasciava penetrare più al suo cuore il raggiodella gioia. E Lara aveva freddo; moralmente e fisicamente, nel cuore dell'estate e adiciasette anni, Lara aveva freddo.

Giunto il crepuscolo, il suo volto impallidiva orribilmente e un brivido le fremeva per lapiccola e gracile personcina. Piangeva spesso e spesso si ripeteva: - Come sono infelice! -Ecco che era caduta nel volgare, ecco che si chiamava infelice perchè la solita sventuradell'amore, l'eterna sventura di tutte le fanciulle, la opprimeva! Ma Lara non pensava più diriderne, oh no, tutte le sue vecchie teorie essendo sfumate; però in certi momenti siesaminava bene la coscienza, chiedendosi se aveva diritto di dirsi veramente infelice, ma unavoce segreta e dolente le rispondeva: sì! sì! sì! Rida il mondo cinico e beffardo, ma forse nonv'ha una infelicità più cupa e profonda di quella di una debole fanciulla innamorata, che sa diessere amata ardentemente dal giovane a cui pensa sempre, e da cui la divide la miserabilebarriera delle false leggi sociali. Sapere che potrebbe essere felice, che potrebbe trascorrere igiorni nel sorriso e nella gioia, e intanto veder cadere ad uno ad uno quei giorni come foglieingiallite dall'autunno, cadere lenti, eguali, monotoni, tristi, sentirli passare sulla propriaesistenza come soffi di brezza che gelano il cuore, - sentirsi il sangue fremere corroso dallafebbre, la mente ardere piena di sogni, di fantasie, di fuoco, sapere che v'è qualcuno inlontananza che offre e sogna come lei e per lei, e vedersi sola, e tacere, e ridere mentre ilpianto strozza la gola, mostrarsi allegra mentre la tristezza rode l'anima, per non parerridicola, perchè orami non v'ha nulla di più ridicolo di una fanciulla malata di amore, - tuttociò è qualcosa di dolorosamente triste, una infelicità muta, forte, fatta squisita dal silenzio edall'ombra. In Lara ciò produceva il fiore nero della disperazione, quel cupo fiore la cuiombra vela tutti gli altri sentimenti. La lontananza accresceva il suo amore, i ricordi larendevano cupa e distratta; sempre, sempre, di giorno e di notte, nel sonno e nella veglia,pensava a Nunzio, a null'altro che a lui. La vita le sembrava una landa deserta, oscura, pienadi nebbia; solo in lontananza vedeva un punto luminoso che attirava tutta la potenza dei suoisguardi: ella gli andava incontro, ogni giorno che passava era un passo verso quel punto;sapeva che avvicinandosi esso, le nebbie e le tenebre si sarebbero diradate, ma nel medesimotempo un presentimento inesorabile le diceva che mai avrebbe raggiunto quell'astro. A pocoa poco finì per con l'abituarsi a questa nuova fase della sua vita; nel mondo si finisce conl'abituarsi a tutto, alla miseria, al delitto, al rimorso, al dolore; lo dissero tutti i più illustripensatori ed io qui lo ripeto, perchè che definitivamente Lara finì con l'abituarsi alla suapiccola sventura, che nella sua fervida e fantasiosa mente assumeva le proporzioni di ungrande dolore. Rideva e scherzava come un tempo, ma il suo riso era ironico, spasmodico e i

Page 33: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

suoi scherzi sferzavano tutto e tutti, persino Dio. Donna Margherita gemeva sulle insolenzeche Lara diceva dei preti e delle bigotte, e attribuiva alla società praticata da Lara ai bagni lanuovissima incredulità della figlia; aveva cercato di ricondurla alla via del Signore, ma Laraaveva risposto che ella era la fanciulla più timorata e religiosa di questo mondo, ma cheavrebbe sempre riso delle stravaganze dei fanatici ignoranti. Donna Margherita ne restòdesolata. - Vedrai, - disse al marito, - ci accadrà qualche disgrazia! Le tue figlie non hannopiù religione, nè timor di Dio! - E non potendo più, donna Margherita fece sì che Lara ePasqua non avessero relazione con nessuno. Nessun svago, nessuna compagnia, nessunpassatempo fu loro concesso. Appena appena fu tollerata una visita quindicinale e qualcherara passeggiata con Mariarosa e sorelle. Quei giorni erano feste per Lara e Pasqua; unraggio di luce fra le tenebre, un'oasi fra le sabbie del deserto. Il resto della vita era là, nellavasta casa solitaria, i giorni eguali gli uni agli altri, lunghi, muti, stucchevoli.

Pasqua si diede a leggere romanzi, a divorarli, protestando però di tratto in tratto controquell'esistenza impossibile per delle fanciulle che sentono il sangue fremere nelle vene e lavita rumoreggiare nel pensiero giovanile; Lara chinò la testa e tacque: e tacque mentreun'altra sofferenza veniva a tormentali il piccolo cuore lacerato: la noia! - La noia! - chi maidescrisse questo terribile male? chi mai provandolo non desiderò morire, quasi sentendosioppresso dalla più immane delle sciagure? - Avete letto Victor Hugo? Vi ricordate ciò chedice in una delle pagine ardenti ed immortali dei "Miserabili?" "La noia è al base stessa deltutto. La disperazione sbadiglia. Volendo figurarsi qualche cosa di più terribile di un infernodove si soffra, bisogna supporre un inferno che annoi!…"

Lara annoiata, Lara innamorata, soffriva immensamente e taceva, perchè, come dicemmo,aveva finito con l'abituarsi a tutto. Non un lamento, non un singulto davanti agli altri; maforse soffriva anche fisicamente, perchè andava insensibilmente dimagrando e impallidendo;era diventata quasi trasparente e invece di crescere pareva diminuisse. - Si scrivevanoregolarmente con Nunzio, per mezzo di Mariarosa, l'amica che Lara amava sempre più, alpunto che nei momenti in cui si trovavano insieme, dimenticava tutto il resto, e rideva ediventava spensierata, tanto che Mariarosa la credeva felice, - ma le lettere lunghe, ardenti,speranzose del giovane non facevano che accrescere il suo amore e la sua tristezza. Nunzioaveva raggiunto il suo umile impiego, un impiego di cento lire il mese, un impiego chepoteva diventare alto ed onorato, ma solo a furia di anni e di buona condotta. Che aspettavaper chiedere Lara in isposa? Forse questo avanzamento? No, chè allora sarebbero stativecchi entrambi. Aspettava che Lara gli dicesse: - Vieni! - ma Lara non poteva dirglielo,perchè sapeva che don Salvatore era inflessibile, inesorabile; non poteva dirglielo, perchènon sperava nulla nella di lui venuta. Perchè dunque lo corrispondeva? Non lo sapevaneppur essa: più di una volta, accintasi a scrivergli di dimenticarla, invece di tracciare quellaparola si era messa a piangere: - poi, fremendo di rabbia e di passione, gli scriveva letterepiù ardenti e lunghe di prima. Aggiungete che Lara non pensava neanche per sogno che ungiorno doveva ben raggiungere la sua età maggiore e che così avrebbe potuto fare la suavolontà; ci pensò più tardi; per allora credeva di dover restare sempre soggetta all'autorità delpadre, che temeva e che forse non amava più come prima. - Sì, le parti si erano invertite. OraLara non temeva più donna Margherita, anzi sentiva di amarla più che nell'infanzia, matemeva don Salvatore e restava fredda, impassibile davanti a lui. Del resto, anch'egli dopo ibagni, aveva creduto bene di pigliare un'aria severa di gelido comando con la figlia. Davantia lui, sotto i suoi occhi scrutatori, Lara tremava nel suo segreto, non si sentiva libera, parlavapoco e provava un indefinibile affanno, quasi oppressa da un misterioso e ignoto incubo.

Era infine una ben triste vita quella che trascorreva; il ricordo dei giorni liberi e felicipassati in riva al mare le rendevano più penoso il presente; pur giunse il giorno in cui dovetterimpiangere quel presente, in cui quel triste passato le parve bello, guardato attraverso ilprisma del tempo.

XVII.

Fu il giorno in cui don Salvatore riuscì a scoprire la corrispondenza di Nunzio con Lara.

Page 34: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Sei mesi erano trascorsi dal ritorno dei bagni; don Salvatore non dubitava più di nulla e siconservava freddo verso Lara sol per dimostrarle che si ricordava bene di ciò ch'era accaduto"laggiù".

Del resto nessuna spiegazione era occorsa fra padre e figlia; il nome di Nunzio maipronunziato da essi; evitato persino ogni ricordo dei bagni. - Una mattina don Salvatoretrovò in giardino la metà di una busta su cui stava scritto. "Signorina," poi sotto "…nu Lara"Senza dubbio era diretta a sua figlia. Chi mai poteva scriverle? Sapeva che Lara nonriceveva mai lettere e non ne scriveva mai: chi dunque poteva scriverle. Don Salvatorepensò:

- Forse questa busta conteneva una dichiarazione… qualche zerbinotto di cui Lara riderà…Ma perchè non è la più la stessa? Obbedisce, ma quasi non mi parla. Pare mi conservi delrancore per l'avventura di quel mascalzone di Logudorese…

Don Salvatore scosse la testa e proseguì a pensare. A un tratto un lampo gli brillò negliocchi; si fermò ed esaminò nuovamente il brano di busta. Quella mattina, benchè avessedeciso di uscire a cavallo, non uscì neppure di casa; ma rimase lunga ora passeggiando agrandi passi concitati sotto gli alberi brulli stridenti al vento freddo di gennaio. Lara lovedeva dalla finestra e senza sapersene dire il perchè, provava uno stringimento di cuore, unpresentimento vago e pauroso. Nè invano! A pranzo don Salvatore, cupo e taciturno come lamattina, interruppe a un punto il silenzio, esclamando:

- Lara!… - Lara tremò: alzò gli occhi, vide quelli del padre fissi su lei in guisa assai pocobenevora, e mormorò:

- Che c'è…- Non sai dunque ciò che si dice a X***?Lara respirò e disse con curiosità: - No! Cosa, dunque?- Eh nulla! Null'altro che tu fai l'amore con Nunzio M…, quello spiantato di studente ch'era

ai bagni l'anno scorso! - Lara sussultò; pure, vedendosi osservata dal padre, si mantennecalma e alzò le spalle esclamando:

- Che pazzia! Chi può mai dirlo?- Chi! - proseguì il padre guardandola sempre, - tutti, perdio! pare che siasene vantato lui

stesso con un giovane di X***, dicendogli che vi scrivete ecc. ecc., e il giovine di X***,naturalmente si è fatto un dovere di dirlo a tutti…

Lara impallidì; cadeva nel tranello. Se avesse domandato al padre dove trovavasi Nunzio,don Salvatore non avrebbe risposto, perchè non lo si sapeva; ma Lara non pensò a ciò. Pensòche Nunzio aveva trasgredito al patto da lei impostole di tener segreto il loro amore, e ciòper un istinto di vanità e di presunzione (perchè certo doveva esser un grande onore per luil'amore di una fanciulla nobile e ricca), e provò un acuto dolore. Come non tradirsi? DonSalvatore si accorse del suo turbamento e per tutto il resto del pranzo sparlò orribilmente diNunzio dandogli tutti i più ignobili epiteti che si possano immaginare. Lara certo nonproseguì a mangiare; ogni parola del padre le giungeva al cuore come la fredda lama di unpugnale; la testa le si spezzava, e mentre avrebbe voluto difendere Nunzio, provava ellastessa una sorda avversione per lui che aveva tradito il segreto del suo cuore. Naturalmente,appena fu sola, si mise a piangere come una pazza, e poi a scrivere una lettera avvelenata algiovine. Somma imprudenza! Don Salvatore si accorse che scriveva, cosa insolita, econchiuse fremendo che i suoi dubbi erano realtà. Il cavaliere aveva l'inferno nel cuore e lafebbre nel sangue. Orrore e vergogna! Per sei mesi Lara aveva corrisposto a quel miserabile,e lui, don Salvatore, non si era accorto di nulla! ah, la vile, la pazza, la corrotta sua figlia!Avea ben ragione donna Margherita allorchè diceva che Lara doveva finirla male dopo chenon rispettava più la religione! Ed era stato lui, quel mascalzone vigliacco, che l'avevacorrotta a questo punto, che l'aveva perduta.

Miserabile! Miserabile! Don Salvatore in quel punto sentiva di odiare Nunzio quasi fossemembro della famiglia Massari; anzi, se gli avessero proposto di uccidere un uomo senzacorrere nessun rischio, avrebbe ucciso Nunzio, piuttosto che il suo avito nemico Paolo, capodella famiglia Massari. Bisognerà dire che, nella sua immensa collera, Lara occupava ilminimo posto: sì, certo, se Nunzio non l'avesse cercata, non l'avesse affascinata, Lara

Page 35: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

sarebbe rimasta pura, innocente, degna sempre di suo padre e di sua madre, non avrebbeinfine commesso l'immane delitto di amarlo, lui, un povero, uno spiantato, un pazzo dalegare, un vile, un brigante, un imbroglione, un uomo senza onore, senza cervello, unmostro… e chi ne ha di più ne aggiunga. - Più di una volta, gli occhi torbidi di don Salvatoresi posarono sul fucile appeso alla parete. A che pensava? Muto, immobile, le bracciaincrociate sul petto, il volto pallido e gli occhi splendenti di un fosco bagliore di acquatorbida al riflesso del lampo, in quei momenti, don Salvatore rappresentava il vero tipo delsardo che odia, che si lascia dominare da questa primissima passione della sua terra, e,dimentico di ogni pietà, di ogni istinto, anche paterno, medita la vendetta, il sangue che solopotrà lavare l'onta recata al suo onore.

Per lui, Lara era disonorata: essa amava un povero, il figlio di un pastore: dunque avevascordato i suoi doveri, era diventata pazza, non più sua figlia, ma figlia del capriccio, dellacolpa, del disonore! - Lasciò che Lara finisse la sua lettera e che poi se ne andasse, dopo ilpermesso a pena strappato di donna Margherita, in casa di Mariarosa.

Allora don Salvatore entrò nella cameretta della fanciulla e cercò le lettere di Nunzio, mainvano. Dopo quasi due ore di ricerche non aveva ancora trovato nulla, e stava perabbandonare la speranza di trovar nulla, pentito di non aver sorpreso Lara mentre scriveva, ein pari tempo giubilando al pensiero che forse si era ingannato, allorchè si ricordò che unavolta da bambino, in quella stessa camera, aveva nascosto una moneta fra il marmo e mandòun sordo gemito. L'ultimo barlume di speranza svaniva: le lettere erano là!

La scena che quella sera si rappresentò in casa Mannu (scena del resto assai comune inSardegna, e forse anche altrove, nelle case ove ci siano ragazze che non pensano a farsimonache…) non è facile a descriversi. Tutti gli insulti possibili e immaginabili furonoprodigati alla povera Lara, che, essendosi alla fine provata a scusare il suo amore, dicendo: -Tutto questo, perchè è povero! Ma se fosse stato ricco!… - ricevè due schiaffi solenni da donSalvatore, che lo stordirono e le fecero battere la testa sul muro in un modo orribile. Queidue schiaffi rimasero impressi nella sua anima, insieme ai ricordi più terribili della sua vita.Una volta Lara, mentre dormiva sotto un albero, fu svegliata da qualche cosa di viscido eschifoso che le passava sul viso: era uno di quegli schifosissimi vermi che escono inprimavera si sotterra. Lara mandò un urlo e immediatamente si ricordò dei due schiaffiricevuti in quella famosa sera. Un'altra volta ed era stato l'anno prima, Lara aveva assistitoalla lunga e dolorosa agonia di una sua parente. Ebbene, vorrete crederlo? durante tuttaquella terribile ora Lara non fece che pensare intensamente ai due schiaffi del padre!

Fra le tante belle cose, don Salvatore la minacciò di rinchiuderla in una camera, legata, omagari di metterla in una casa di correzione; le disse che non avrebbe riveduto Mariarosa, acui prodigò anche una buona parte di vituperi, avendo appreso dalle lettere di Nunzio che leiappunto era l'instrumento della loro corrispondenza, ovvero la mezzana, come don Salvatorediceva senza tanti complimenti, e per aggiungere dolore e vergogna alla disgraziata, le disseche era stata appunto Mariarosa ad informarlo di tutto.

Questo fu il colpo di grazia per Lara. - Nunzio l'aveva tradita, Mariarosa la tradiva, tutti ladisprezzavano, l'odiavano, la deridevano… Che le restava dunque? Il vuoto si formavaintorno a lei, la nebbia diventava più fosca, più nera e irrespirabile: l'unica stella del suocielo era scomparsa! Che le restava? Che? Il padre l'odiava al punto di minacciar di ucciderlase continuava nella via della perdizione e del disonore. A furia di sentirselo dire, finì colcredere di aver commesso davvero una colpa corrispondendo a Nunzio. Dunque non lerestava più nulla! nè l'amore di lui, nè l'amicizia di Mariarosa, nè l'affetto della famiglia, nèl'onore, nè la speranza, nè la libertà. Gli schiaffi ricevuti le romoreggiavano nel cervello:pareva che le mani di Don Salvatore si fossero introdotte nella sua testa e le frugassero, lesconvolgessero il cervello. Non una lagrima le cadde dagli occhi: la sua gola era serrata daun nodo, le mani le tremavano, un lampo di pazzia le traluceva negli occhi. Si ritirò nella suacamera a testa china, trascinando i piedi sul suolo, come un cane frustrato, e fu da quellanotte che cominciò a dirsi che in verità era stata felice nei sei mesi trascorsi dopo il ritornodai bagni!…

Page 36: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

XVIII.

Dopo quella famosa notte, don Salvatore non mosse più alcun rimprovero nè alcuna parolaamara a Lara, per la buona ragione che non le parlava più. Preso da un disgusto e da unrancore indescrivibile, don Salvatore si diede più che mai alla vita di campagna, ritornandosolo la notte a X***, per dormire. Lara lo aveva soltanto a cena e in quei pochi momenti donSalvatore, burbero, accigliato con tutti, le dimostrava una specie di disprezzo sordo, muto,ma inesorabile.

Lara non si lamentava: non parlava quasi mai davanti a suo padre, trascinando i piedi conuna stanchezza da vecchia, sforzandosi di parer calma e indifferente, mentre non aveva pace,e cercava, cercava qualcosa che non poteva trovare. Ciò che accadeva nella sua anima,nessuno riusciva ad indovinarlo; il suo viso pallido non esprimeva nulla, nulla si leggeva ne'suoi occhi più che mai profondi ed oscuri, velati dalle lunghe ciglia chine: forse neppure leiriusciva a capire ciò che accadeva in fondo al suo cuore, che doveva essere certo qualcosa diassai triste. Una sera, una domestica gettò sbadatamente una secchia di ranno in un angolodel cortile ove cresceva una pianta di giacinti fioriti. Tosto i fiori presero una tinta di piomboe si curvarono per non rialzarsi mai più. Pasqua, visti appassiti quei primi fiori nella piantache aveva curato per tutto l'inverno, strillò a più non posso contro la serva; Lara, invece,chiesta in aiuto dalla piccina per gridare essa pure alla sbadataggine, alzò le spalle e risposeche anzi restava contenta di non vedere più quei giacinti che le davano ai nervi.

- Ma vieni! ma vieni! vieni a vedere… fanno pietà! - gridò Pasqua trascinando Lara verso ifiori. Lara li guardò a lungo, triste e impenetrabile, poi scosse la testa e sorrise amaramente:trovava i giacinti somiglianti al suo piccolo cuore.

Già! è un antico vezzo dire: - Il mio cuore è appassito! - allorchè ci opprime qualchedolore; però a Lara non era il dolore che faceva rassomigliare il cuore a quei fiori steccatiinnanzi tempo. Il suo non era dolore, ma una specie di nausea, una noia immensa e terribile.Non amava più Nunzio, e su questo punto aveva ragione dicendo: - Il mio cuore è secco! -perchè dal momento che don Salvatore le aveva fatto credere di essere stato il giovine atradire volontariamente il segreto, qualcosa come il ranno sui giacinti ea caduto sul cuore dilei, e lo aveva incenerito; ma il pensare: - E che cosa farò domani, e doman l'altro, e fra uno,due, tre anni! - le gravava la fantasia, la rendeva orribilmente triste. Oramai la vita le parevasenza scopo, senza avvenire, sicura di non dover amare mai più altro uomo, e vedeva i suoigiorni correre lenti, eguali, sempre eguali, in quella casa vasta, gelida, desolata, - l'oggi comeieri, l'indomani come l'oggi, sempre, sempre, sino alla morte! Il disprezzo del padre, lacompassione che le dimostrava la madre, il ricordo di Mariarosa, che amava e odiava nelmedesimo tempo, ritenendosi tradita da lei e ribellandosi tutt'in uno a quel pensiero, ecco,ciò che più le faceva rabbia, che l'umiliava e l'annoiava.

Avrebbe voluto rimaner sola, e quando si trovava sola, specialmente all'ora del crepuscoloo nei giorni di festa, provava una paura strana, una tristezza infinita, mentre i ricordi che siaffollavano nella sua solitudine la facevano piangere; avrebbe voluto andare a passeggio,sfoggiar vestiti, farsi amiche tutte le fanciulle di X***, per passare sorridente davanti aMariarosa e dirle con lo sguardo: - Vile! mi hai tradita, ma, ecco che sono felice lo stesso! -e in pari tempo, se usciva qualche volta a passeggio, ritornava stanca, sconfortata, con unbizzarro sorriso di disprezzo per la folla, sulle labbra pallide; se vedeva Mariarosa, tremavatutta e non osava guardarla più in faccia, provava un vero e formidabile odio contro tutte leragazze della piccola città, e Mariarosa imperava sempre sul suo cuore, grande, bella,allegra, sorridente.

Ogni giorno che passava, accresceva nel cuore di Lara l'amicizia e l'affetto per Mariarosa:nelle lunghe veglie tristissime, Lara non pensava più che a lei, ne sentiva il riso argentino, ilchiacchierìo allegro e spensierato, vedeva l'alta ragazza bionda accarezzarle dolcemente ilviso, e dirle tante paroline care che la facevano sorridere e obliare, e allora essa le chiedevaperdono, le esprimeva magnificamente tutto il suo affetto così cresciuto dopo la separazione,le sorrideva e si sentiva felice, - ma il domani, se avveniva di veder realmente l'antica amica,

Page 37: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Lara le voltava scortesemente le spalle, facendole capire che la disprezzava al massimogrado, salvo poi pentirsi di questa scortesia appena non vedeva più Mariarosa. Era infine unspecie di fascino che si interrompeva all'apparire dell'affascinatrice. Dal canto suo,Mariarosa, vista la strana maniera di procedere di Lara, non fece alcun passo verso di lei,non andò più a visitarla, ma colta l'occasione, chiese un giorno a don Salvatore cosasignificava il voltafaccia della figlia. Figuratevi ciò che don Salvatore le rispose! La chiamònientemeno che "corruttrice" di Lara e la minacciò di accusarla al padre se per caso levenisse l'idea di proseguire ad aiutare Nunzio e l'amica nella loro corrispondenza segretaormai rotta per sempre. Fu un colpo di fulmine per Mariarosa. Comprese tutto; provòqualcosa come l'odio per l'orgoglioso cavaliere e si propose di aiutare più di prima Nunzio eLara. Però da due o tre mesi Nunzio non ave più indirizzato a Mariarosa le lettere per Lara;dunque i due amanti avevano trovato altro modo di corrispondersi, se non avevano del tuttorotto la loro relazione; in tal caso l'opera di Mariarosa tornava inutile, e lei se ne desolava,allorchè le arrivò una lettera del giovine per Lara.

Come fare per consegnargliela? Impossibile recarsi da Lara,. Quanto a darla poi in mano adaltri per fargliela avere, Mariarosa non ci pensava neppure. Mentre cominciava a disperarsi,udì il padre dire che doveva recarsi per affari nello studio dell'avvocato Ferragna, e si ricordòche l'orto o giardino dei Mannu stava vicinissimo alle finestre di quello studio. Pregòvivamente il padre di condurla presso quell'avvocato, e siccome esso la guardò meravigliato,gli spiegò come qualmente avesse visto dall'orto di don Salvatore una stupenda cortina fattaal "crochet", nella finestra dello studio suddetto, e come desiderava vederla da vicino pereseguirla. Il padre rispose:

- Ma che! Non si va così in casa di un avvocato a studiare le cortine! È troppa libertà… Luise ne offenderà!

- Oh, oh! mai più! Siamo buoni amici! - E tanto fece e disse, che il padre la condusse seco,e mentre egli parlava de' suoi affari con Ferragna, Mariarosa "studiava" le cortine, in fondoallo studio. In realtà non riuscì mai ad eseguirle, ma nello stesso giorno, mentre Larapasseggiava nell'orto, triste e taciturna al solito, vide caderle vicino un piccolo sasso a cuistava attaccata una lettera. Si guardò attorno, ma non vide nessuno. Raccolse il sasso e aprìtremando la lettera. Ea di Nunzio. Perchè le scriveva dal momento che lei gli aveva fattosapere che tutto era finito fra loro?…

Era una lunga lettera ardente, piena d'amore e di disperazione: Nunzio giurava di non averami detto nulla, lo giurava sul suo onore, sulla memoria di sua madre; le diceva che sarebbemorto senza il loro amore e le assicurava che, lei promettendo di aspettarlo due anni, luiavrebbe preso la laurea e, dopo quel termine, l'avrebbe resa la più felice fra le donne. - Sedopo due anni egli non raggiungeva quella meta, o prima le avessero riferito che egli latradiva dirigendo il benchè minimo pensiero ad altra donna, Lara era libera.

Quella lettera era un capolavoro: Lara ne fu talmente colpita, che, dopo averla letta, siscordò interamente di tutto ciò che aveva sofferto; sorrise al cielo d'aprile, sperò, amò dinuovo, e lo stesso giorno scrisse a Nunzio raccontandogli tutto e promettendogli diattenderlo non due, ma cinque o dieci anni. Però, siccome riusciva pericolosissima la lorocorrispondenza, lo scongiurò di non scriverle più. - Tanto più che le lettere non potevanosempre piovere dal cielo, e lei, non fidandosi di nessuno, non poteva sempre recarsi alpasseggio per passare davanti alla posta ed impostarvi ella stessa la risposta, come faceva inquel giorno. - Nunzio le ubbidì e non le scrisse più.

Ma questo incidente per Lara non fu che un lampo: nei primi giorni lesse e rilesse la letteradel giovine, lieta, speranzosa, sorridente come ai bei tempi dei bagni, - ma quando arrivò asaperla a memoria, le sembrò volgare, fredda, forse copiata da qualche romanzo, e a poco apoco la scordò, poi la bruciò, non credè più a ciò che conteneva e si pentì di aver risposto.

Ritornò ai suoi primi rancori contro Nunzio, causa del disprezzo e degli schiaffi sofferti dalpadre, della rottura con Mariarosa che Lara adorava sempre, della vita noiosa e triste checonduceva, ecc., ecc., e riprese la sua apatica e finta indifferenza, il sorriso acre, il disgustodella vita.

Ah, sì, davvero, non c'era più speranza! Il suo cuore era seccato come i giacinti del cortile!

Page 38: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Così almeno lei pensava.

XIX.

Una sera di luglio, tre mesi dopo l'avventura della lettera e del sasso, mentre Larapasseggiava al rezzo dei grandi alberi del giardino, a braccetto con Pasqua, che descriveva ilcostume di estate che doveva farsi fare, due uomini parlavano appunto di lei nel vano dellafinestra dei Ferragna.

Uno era lui stesso, Marco, l'altro un bel giovine biondo, alto, ben vestito, molto elegante emolto bello, dal riso facile e sonoro, la pronunzia leggermente straniera, benchè fosse nativodi X***, e lo sguardo franco, ardente, luminoso.

Era infine Massimino, o Massimo, come egli si firmava e si faceva chiamare per piùeleganza, il figlio maggiore di Paolo Massari, che avendo quell'anno, nonostante tutti icattivi pronostici di don Salvatore, preso la laurea d'avvocato, veniva a pigliar pratica nellostudio di Marco Ferragna.

Prima di accettarlo, Marco, per mantenersi sempre in buona armonia con don Salvatore,aveva chiesto a quest'ultimo, se non gli dispiaceva che Massimino Massari pigliasse praticanel suo studio. - Prima don Salvatore, per sfogare in qualche maniera la sua bile, avevamormorato contro tutti i novelli avvocati, predicendo loro la più squallida miseria,chiamandoli asini, poltroni, destinati a finirla da guardie daziarie o da pescatori di…anguille, poi rispose che non gli dispiaceva niente affatto che Massimino pigliasse praticacon Ferragna… Oh, che, non era ignorante al punto di proibire a Marco di fare ciò che piùgli piaceva, oh no, si meravigliava che…

- Infine! - conchiuse. - Basta che non mi conduca qui in casa mai questo avvocato senzaclienti nè presenti nè futuri…

… Dunque Marco parlava di Lara con Massimo nella finestra. Massimo dava del "lei" aFerragna, ma questi gli rispondeva col "tu", dicendo, al solito, di esser vecchio, ma in realtàperchè voleva molto bene al giovine nemico di don Salvatore, al discendente di quellafamiglia che la voce pubblica diceva gli avesse assassinato il suocero. - Naturalmente sitrovava da ridere sulla strana condiscendenza di Marco, ma lui non si curava deipettegolezzi, e trovando Massimo buono, simpatico e istruito, gli accordava tutta labenevolenza possibile e immaginabile…

- La signorina Mannu, - diceva Massimo, - mi pare che sia ammalata. È orribilmentemagra; invece di crescere pare che rimpicciolisca mentre l'altra, la piccina, cresce e si faproprio bella.

- Ah, sì, - rispose Marco guardando le due cugine, com'egli le chiamava. - Pasqua èdavvero bella! Non pare neanche sarda. Ma neppure Lara è brutta. Solo è troppo magra,pallida e seria. Neanche io so ciò che abbia. Dopo la malattia di un anno fa, non pare più lei.

- Chissà! Solita storia! - esclamò Massimo con un sorriso maligno.- Oh, non mi pare! Anzi Lara è una ragazza molto fredda: credo che non si innamorerà mai

sul serio.- Dicono sia fidanzata con don Pasquale R***.- Non è vero! Io sono più che intimo in casa di zio Salvatore…- Più di me?… - chiese Massimo ridendo, mentre Marco proseguiva:- E posso assicurare che don Pasquale ci va solo per amicizia; e poi Lara non lo vorrebbe. È

così vecchio e brutto…- Bah! Ma è così ricco! - aggiunse Massimo ridendo sempre.Guardò in aria distratto. In quel momento di silenzio giunse sino alla finestra la voce delle

due fanciulle che passeggiavano in fondo all'orto senza badare in alto.Pasqua parlava lesta, concitata, e fra il chiacchierìo si distinguevano le parole "raso, paglia,

ventaglio, ombrellino", perchè forse proseguiva a ideare la sua teletta estiva. A un trattoLara, però, la interruppe esclamando con voce stanca:

- E finiscila! Sei noiosa! Ora lo so a memoria…- Sì! - riprese Massimo: - Pasqua si farà una bella fanciulla.

Page 39: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

- Di' - esclamò Marco - sarebbe bella che te ne innamorassi, e che tutta la vostra inimiciziafinisse in un matrimonio…

- Impossibile!- Forse che anche tu nutri dell'odio? Allora devi odiare anche me! Però più di una volta mi

hai detto che ti divertiva assai questa inimicizia infondata, alimentata dall'ignoranza, e chene ridevi…

Massimo diventò serio e rispose:- Ma sì, ma sì! io ne rido e sfido tutti coloro che hanno un po' di buon senso a non riderne.

Pasqua Mannu è una bella bambina che si farà una bella fanciulla; però io mi guarderò benedall'innamorarmene, non perchè tema della nostra inimicizia, ma perchè il matrimonio miocon una delle signorine Mannu riuscirebbe impossibile anche se io fossi l'amico più intimodi don Salvatore. Sono così povero! E non sarò mai ricco!

- Ah, è vero! - rispose Marco, ricordandosi l'opinione dello zio su questa questione. - Pureti dico che se anche tu fossi ricco, non ti azzarderesti di imparentarti coi Mannu! Sarebbetroppo grossa! Il pubblico ti schiaccerebbe coi suoi pettegolezzi.

- Il pubblico! - gridò Massimo riscaldandosi. - Io disprezzo il pubblico e i suoipettegolezzi… Se lei vuole, gliene darò una prova.

- Un esempio?- No, una prova, fra un mese! Vedrà!…Per quanto Marco lo interrogasse, Massimo non disse ciò che avrebbe fatto. - Farai forse la

tua brava dichiarazione a Pasqua? Bada bene, è ancora una bambina e non ti comprenderà! Edel resto, - aggiunse Ferragna con serietà, - non sono scherzi da fare. Don Salvatore non sirassegnerebbe, e basta una scintilla per ravvivare l'incendio. Non fare pazzie, Massimo… -Massimo alzò le spalle e disse: - Non sono pazzo, no! D'altronde…

- È vero! - esclamò Marco ricordandosi. - Tu sei già innamorato, non negarmelo… È assaicarina la signorina Violante…

Infatti in quei giorno Massimo usava passeggiare molto sotto le finestre d'una signorinachiamata così: tutti dicevano che facessero l'amore e naturalmente Marco lo sapeva. Se nonsi sanno queste cose, cosa volete che si sappia in luoghi come X***? Massimo rise con quelrisolino caratteristico che fa indovinare tante confidenze; Ferragna gli battè familiarmenteuna mano sull'omero e lo lasciò un momento solo alla finestra.

Pasqua essendosi ritirata, Lara proseguiva sola la sua passeggiata, le braccia conserte, ilviso chino, gli occhi fissi al suolo.

Vestiva quasi di bianco, un vestito sempre semplicissimo ma elegante, e la tinta rosea delcrepuscolo proiettava una lieve sfumatura di rosa sui suoi capelli svolazzanti alla brezza.

Camminando così, a passi lenti, stanchissimi, immersa in profondi pensieri, il voltodolente, mentre tutto sorrideva a lei intorno, Lara aveva qualcosa di poeticamente dolorosoche colpì Massimo. L'osservò attentamente e scosse la testa pensando: - Checchè dicaFerragna, questa ragazza soffre.

A un tratto Lara si voltò e alzò gli occhi, i suoi grandi occhi così belli e pensosi, l'unicoavanzo della sua splendida bellezza infantile. Massimo li vide: fu tutta una rivelazione perlui, che non aveva mai esaminato attentamente la sua piccola nemica. - Per bacco! - esclamòfra se. - Aveva ragione l'altra sera il mio amico Antonio: Lara ha veramente occhimeravigliosi. È più simpatica della piccola. E sarà lei che… - pensò alquanto, poi sorrise emormorò:

- Sarà curiosa!… Una burla assai curiosa, assai…

XX.

Una mattina, ai primi di agosto, donna Margherita si svegliò pensando:- L'anno scorso non si potè adempiere, ma quest'anno è necessario che si faccia… Sì, sì!

Lara è guarita: dunque la faremo!Voleva dire la novena promessa a "Nostra Donna della Neve" per la guarigione di Lara. Molte volte, forse troppe, mi è avvenuto di parlare di un costume graziosissimo invalso

Page 40: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

nelle popolazioni della parte montuosa della Sardegna, ed ora ne riparlerò, essendo ciònecessario al presente racconto, - ed essendo anche nella natura delle cose radicatal'abitudine di parlare sovente di quello il cui ricordo più ci diletta e ci colpisce.

Voglio parlare dell'uso di salire alla cima di un monte o scendere al fonda di una valle, acerti tempi fissi, ogni anno, per festeggiare un santo o una Madonna, là, per nove, dieci,quindici giorni, sotto gli alberi verdi e silenti, elci o pioppi, fra le rocce, le borraccine e ilentischi, - uso vivente da secoli e secoli, eguale nel Logudoro come nel Marghine, come inBarbagia, nella pianura e nelle montagne.

La leggenda sfiora quelle vecchie chiese brune e cadenti, circondate di stanzette oscure,polverose, mute e gelide per undici mesi e mezzo dell'anno, ma il cielo azzurro lampeggia inalto attraverso le chiome argente dei pioppo o le rame di smeraldo delle querce e fa scordarele vecchio storie ricordate con monotono ritmo dai versi delle laudi, - il santo o la santasorridono nell'ombra degli altari e col dito indicano il cielo ai credenti che attraversaronoburroni e vallate per venirli a pregare; ma le fanciulle, mentre guardano la volta oscura dellachiesa, odono fuori nella spianata la musica stridula di un organino, e i loro piedi fremono el'anima volta al ballo tondo, all'amante che le aspetta al rezzo degli alberi per offrire loro ilbraccio o la mano per la danza. Belle notti dei boschi e delle valli! Chi, chi vi può scordare,e chi non vi ricorda con un sorriso di poesia sulle labbra? Chi può scordare il susurro deiboschi nel silenzio della notte azzurra, la massa nera degli alberi frementi alla brezza dellasera, e il murmure del torrente che cadendo di rupe in rupe canta la poesia delle montagnesolitarie, e la vecchia chiesa disegnata nell'ombra come gli avanzi di un castello distrutto; e ilcanto misterioso degli uccelli notturni, il mare placido steso all'estremo orizzonte come unastriscia di raso verde, o viola, o rosa sullo sfondo del cielo bianco, la luna d'oro che tramontanell'occidente di smeraldo, proiettando le ultime sue scintille sulle foreste e sulle montagnelontane, le stelle splendide sui firmamenti azzurri, il tintinnìo eguale, argentino dellacampanelle delle gregge pascolanti nella notte, vibrato nel silenzio immenso dell'oscuritàprofumata dalle rose montane, dalle ellere fiorite e dalle giunchiglie crescenti lungo i ruscellid'argento?

"Nostra Signora della Neve", la chiesetta dove donna Margherita aveva promesso di far lanovena per la salute di Lara, ergevasi fra le creste granitiche d'una montagna qualche oradistante da X***. La leggenda narra che esistevano una volta due fratelli entrambiinnamorati di una bella fanciulla fidanzata ad uno di essi. Una bella notte, l'altro fratello,spinto dall'amore e dalla disperazione, uccise il fidanzato e si diede ai boschi; maperseguitato dal rimorso e dalla passione sempre crescente, finì coll'uccidersi, lasciandodetto ai suoi parenti che coi beni aviti ergessero una chiesa in suffragio non dell'anima sua,perduta per sempre, ma per quella del fratello assassinato! Strana riparazione! La chiesettavenne costrutta sul sito dove il fratricida erasi assassinato, e dopo, i buoni abitanti deidintorni vi aggiunsero varie stanze e logge nell'ingiro, e per secoli e secoli risero, danzaronoe pregarono per tutti, fuorchè forse per l'anima dei due fratelli. Nostra Signora della Neve fuchiamata così perchè per vari mesi dell'anno resta coperta e attorniata di neve, essendo, comesi è detto, posta in cima a una montagna abbastanza fredda nella sua sommità. Il luogo èselvaggio e pittoresco, gli alberi altissimi e folti, le rocce coperte di muschio, il suolodisuguale nascosto da una folta vegetazione silvestre. Le felci ondeggiano alla brezza deiboschi, l'ellera, le aline, i rovi verdeggianti e le borraccine dai fiori rossi tappezzavano lerupi erte, gli enormi massi tagliati a picco, dalle cui cime si godono immensi orizzontistendentisi sino al mare sotto la curva di un magnifico cielo, paesaggi verdi, vallate bionde,ondulate, nude, montagne e altre montagne ancora, villaggi azzureggianti nella lontananza,finchè l'occhio si stanca nella nebbia che vela l'orizzonte dietro cui sorridono le pianure delsud inondate di sole e di verzura. I ruscelli cadono mormorando sul granito e i giunchicrescono nell'umidità, all'ombra degli alberi susurranti, e le gazze cantano allegramentenell'azzurro di quei boschi non ancora profanati dalla scure dell'uomo.

Non ci voleva meno per commuovere Lara. - sulle prime aveva resistito, sorridendoamaramente della promessa di sua madre, e dicendosi fra sè che avrebbe fatto meglio a farlamorire, la Madonna; pi aveva chinato il capo. Tanto! tutto per lei era lo stesso; andando in

Page 41: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

campagna o rimanendo a casa, il tempo doveva lo stesso trascorrere. - Si fecero i preparativi,perchè non si va così a tali luoghi come ad una semplice passeggiata, Bisogna portar su leprovviste per due settimane di vita, gli attrezzi necessari per la cucina e per il sonno, i dolci,ecc. ecc. Ogni giorno affluisce lassù una gran folla di gente, da tutti i villaggi vicini, che salela mattina e scende la sera, come il sole, ed ai "novenanti" tocca fare i dovuti onori di casa,invitando a pranzo gli amici. Lara odiava tutti questi costumi, sicchè, prevista una gran noia,si munì di libri, decisa a svignarsela fra i boschi e restar sola leggendo il più possibile.

Salirono agli ultimi di agosto. La stanza destinata loro era la più ampia e la più bella, cioèla meno distrutta. La pareti, nere, il pavimento di terra, una vecchia finestra e una porta piùvecchi ancora; ecco la casa che la famiglia intera, cioè Lara e Pasqua, donna Margherita edue serve (perchè don Salvatore, rimasto a X***, sarebbe salito su solo tre volte allasettimana) doveva abitare per quindici giorni. Quando Lara si avvide di ciò, provò unbrivido; guardò bene e vide che i ragni tessevano magnifiche cortine sul tetto, sulla finestra,da per tutto; che il suolo screpolato, affossato, dimostrava come e qualmente nell'invernotrascorso quella stanza fosse stata abitata da una famiglia di… porci, e il suo disgustocrebbe. Come, come passare due settimane in quella stamberga? Era certa che vi sarebbemorta: al paragone, la loro vecchia casa di X*** era una reggia, e Lara, non ancora riposatadal lungo viaggio, anelava già ritornare. Entrò in chiesa, i capelli, gli abiti coperti di polveree il disgusto impressi nel viso, pensando che in realtà erano due grosse bestie ignoranti ledue serve che non sapevano contenersi dalla gioia che provavano a trovarsi lassù. La chiesagiaceva nella penombra; alte pareti bianche, una volta pure bianca, un umile altare con alMadonna bianca dai grandi occhi pallidi azzurri, il pavimento di lavagne, due banchi dilegno nero, una porta piccina al fianco e una grande infondo, sormontata da una finestragotica da cui pioveva una strana luce azzurrina, polvere e silenzio da sepolcro, ecco tutto! Fuuna nuova disillusione per Lara, che credeva di trovare un po' di arte e di ricchezza nellachiesa; tuttavia al medesimo tempo la calma fredda e solenne di quella vecchia casa di Dio siintrodusse nel cuore di lei. Si inginocchiò sui gradini freddi dell'altare, la testa appoggiataalla balaustra di legno, e pregò. Chissà che disse! Preghiere a fior di labbro, avemmariesusurrate da un'anima fredda ed oscura al pari di quella chiesa; - il fatto sta che, appenalevatasi, Lara si diede a frugare con una curiosità poco religiosa su e giù l'altare. Trovò latovaglia magnifica, i candelieri senza ceri, la polvere, dimostravano che da molto temponessun pregava in quell'altare. La lampada spenta diceva come i Mannu fossero i primi asalire su per la novena. Molte cose trovò Lara, ma nessuna la commosse quanto qualcheparola scritta col lapis su una parete, sotto la pila dell'acqua santa. Diceva: - Addio,Madonnina bianca, con te lascio la mia felicittà! - Il doppio "t" della felicità fece sorridereLara, ma, lentamente, quel sorriso sfumò, e un pensiero triste, fisso, brillò nei suoi occhi. Lasua mente costruiva un romanzo davanti a quelle parole. Certo, la mano che le avevavergate, doveva essere di una donna, una fanciulla che aveva trascorso giorni felici lassù, eche dopo l'ultima sua preghiera, dopo l'addio ai boschi, ove forse…, aveva dato anche l'addioalla signora dei luoghi testimoni della sua avventura. - Chissà! Forse dopo non era mai piùstata così felice. E il pensiero di Lara corse ai bagni, alla parte della sua camera ove anch'ellaaveva scritto la parola "addio" - e sorrise di nuovo, ma amaramente, col suo straordinariosorriso che le dava l'aria, secondo il parere di Pasqua, di un predicatore indignato contro ilmondo intero!

Uscita di chiesa, Lara visitò le altre stanze, tutte aperte in attesa dei nuovi ospiti, tutte inpeggior stato della loro, e studiò la "località". Gli alberi fremevano intorno: le capanne difrasche, rovinate, gli avanzi dei fuochi da lungo spenti, rottami di stoviglie e di bottiglieindicavano la novena dell'anno scorso; pareva un piccolo villaggio disabitato, e unamelanconia immensa grava col silenzio e la solitudine. Una cosa fece ridere Lara: lacampana appesa ad un tronco, posto attraverso l'inforcatura di due alberi. - Ecco ilcampanile! - pensò. La assalì l'idea di suonare, ma le fu impossibile, perchè la campanamancava di corda, e tirò via.

Camminò a lungo, badando ai massi e agli alberi che lasciava indietro, per non smarrirsi, ebenchè non volesse confessarlo a se stessa, trovò che il bosco ampio e pittoresco

Page 42: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

ricompensava davvero la strettezza della "catapecchia", ove era condannata a vivere duesettimane. Oh, che bei divani di musco, che splendide cortine d'edera e di fiori! E la vôlta? lamagnifica vôlta di cristallo azzurro che si vedeva attraverso gli arabeschi frementi delleverdi chiome degli alberi?

Si arrampicò su una rupe e vi trovò un superbo seggiolone di granito; si assise e guardò. Aisuoi piedi i boschi si stendevano per la china della montagna, e il panorama più sottodescritto sorrideva inondato di sole, di tinte vaghe e splendenti. Giù, giù, la valle ombrosataceva, tacevano i lontani villaggi, taceva il cielo azzurro e i boschi sottostanti, ma il vicino,fra l'edera e le rose pallide di montagna, due gazze innamorate cinguettavano allegramente,sfacciate e ciarliere come due popolazioni irritate.

Lara abbandonò la testa sul musco e le ascoltò. Trovava tutto bello e affascinante, ma lasolitudine la spaventava, le dava uno spasimo indescrivibile. Chiuse gli occhi e fu permormorare: - Dio mio, fatemi morire, ora, qui! - ma si corresse e pensò: - Ah, se ci fosse quiMariarosa, se potessi come "laggiù", correre con lei sotto gli alberi e ammirare il cielo,quanto sarei felice!…

XXI.

L'indomani sera i novenanti erano tutti arrivati; vicino ai Mannu stava il cappellano conuna vecchia sorella e un nugolo di nipotine con le quali Pasqua strinse subito amicizia. - Ilresto della improvvisata "popolazione" consisteva in un miscuglio il più strano e curioso.Famiglie di pastori e di contadini, gente civile e povera gente che aveva portato su tutti i suoiattrezzi entro un canestro: bimbe, signorine, giovanotti, vecchierelle curve che rimanevanotutto il santo giorno a conversare con la Madonnina; e robuste popolane, allegre, rosse,fiammeggianti nella loro camicia bianca e nel corsetto di velluto, che cantavano asquarciagola sotto gli alberi e fra le rocce. In un batter d'occhio tutte le stanze vennero pulite,ammobiliate, se così poteva chiamarsi lo strano arredamento compiuto in due ore. Tuttavia,dal primo sguardo si indovinava subito se i nuovi inquilini fossero poveri o ricchi, signori ocontadini. Nelle stanze della gente per bene, l'arredamento consisteva prosso a poco così: infondo, un letto ben coperto, benchè composto di tavole poste a traverso di due panchette, icui materassi la notte si disponevano sul suolo per dormirvi le donne e i bimbi (gli uominidormivano in… chiesa); una tavola stracarica di chicchere, tazze, bottiglie e calici,scintillanti nella penombra verdognola, sedie, panche, canestri e panieri ficcati da per tutto, equa e là qualche oggetto signorile, spaventato di trovarsi in tale ambiente; era, o unospecchio, o un quadro, un vassoio elegante, un tappeto da tavola od anche qualche semplicecortina di "cretone" ondeggiante su un armadio e magari alla finestra.

Così almeno la stanza dei Mannu, che le domestiche, accortesi del disgusto di Lara,avevano reso il più possibile abitabile. Dei rami d'ellera, dei mazzi di fiori di bosco, dellefronde d'elce dalle morbide foglie d'un biondo verdastro, erano state poste da per tutto, edavano tale una grazia e un profumo all'oscura cameretta, che avevano finito colrinconciliarsi l'incontenibile e arisitocratica padroncina.

In verità! Nessun'altra stanza era meglio arredata, neppure quella del cappellano. In quantoa quelle dei… poveri, oh, quanto Lara ne aveva riso!… Figuratevi! Piantati quattro piuoli interra, in modo di occupare quasi tutto lo spazio, su avevano formato una specie diingraticolato di rami e su questi rami steso un altro strato i felci e di foglie. Era il letto colsuo bravo cortinaggio composto di un lenzuolo. Sotto il letto stavano le provviste e nelpiccolo spazio vuoto nereggiava l'armamento culinario, fra cui imperavano le caffettiere nerecome il diavolo.

Vedendo tutto questo, Lara pensò che forse non si sarebbe annoiata come temeva, ecominciò a studiare i tipi. Non le piacque nessuno. Le signorine erano tante pettegole, lepopolane ignoranti, i giovanotti insipidii bimbi maleducati, ecc. ecc., secondo il suo parere.Finì col farsi intimo amico un vecchio pastore che abitava una capanna vicina e veniva ognigiorno alla chiesa; un vecchio pastore, dal volto color rame e vestite di pelli come uneschimese. Sì, Lara si divertiva più nel visitare la capanna e sentire le stravaganze del

Page 43: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

vecchio pastore, che star lì a chiacchierare sotto gli alberi, sparlando del prossimolontano…! Le altre ragazze la rincorrevano, la chiamavano selvaggia, la pigliavano a forzatra loro, conducendola ad accendersi il falò sulle cime più pericolose, ma con tutto ciò, nonsi guadagnavano la sua simpatia. Alla fine, un giovine le disse: - Donna Lara, lei fugge la"società", dunque o è innamorata o crede di degradarsi rimanendo fra noi che non siamoricchi e nobili come lei!

Lara si sentì offesa, tuttavia non disse nulla, ma da quel momento rimase in "società" e simostrò allegra e democratica all'ultimo grado. I giorni passavano, azzurri, deliziosi. Siascoltava la messa assai presto, si cucinava all'aria aperta, talchè l'uno sapeva ciò che l'altropreparava pel desinare, si pranzava sotto gli alberi, si correva pel bosco, si ballava, sicantava, si rideva, ma il più grande divertimento era la notte, allorchè sulla spianatasplendeva il fuoco e intorno vibrava nella oscurità stellata, sotto gli alberi fantastici, l'allegriapazza dei bimbi e l'allegria voluttuosa delle fanciulle sentimentali.

L'organino e la chitarra gemevano nella sera tiepida e vellutata, le vecchie storie passavanoattraverso i guizzi rossi delle fiamme e sparivano all'ombra dei boschi, il venticello olezzantedi lentischi e di giunchi susurrava un'armonia lontana, e il canto appassionato delle poesiesarde s'innalzava nel silenzio delle montagne, come un fremito di amore, con scoppi di baciardenti, dati al chiaro di luna, e lento rigare di lagrime sui volti pallidi e dolenti.

E Lara era ricaduta nei suoi sogni. Aveva scordato tutti i dolori trascorsi, e sognava ancoral'amore! L'aria della montagna aveva fatto rinascere nel suo cuore il fiore della gioventù edei sogni, poco importava che questo fiore fosse triste come il giacinto dell'inverno erasempre fiore! A poco a poco, avvezzatasi all'orribile stanzetta addossata alla chiesa, nonv'entrava che alla sfuggita, di giorno.

Di notte dormiva poco, così sul suolo, sopra un solo materasso e con un po' di freddofiltrante attraverso le canne del tetto nero, ma nelle sue lunghe veglie ella sentivaindistintamente il susurrio dei boschi e le campanelle delle gregge pascolanti sotto larugiada, - strana musica lontana, vaga melanconia, che cullava il pensiero intorpidito egettava una specie di velo sovra i suoi ricordi angosciosi.

Un tarlo rosicchiava le travi del tetto. Il suo stridio rauco, debole, incessante, siframmischiava agli altri rumori della notte e dava uno strano pensiero a Lara. Chissà daquanto quel tarlo lavorava lassù… forse da secoli, e secoli ancora occorrevano prima ch'essoriuscisse a rompere il legno, ma vi sarebbe pur riuscito; Lara ne era certa e provava dellasimpatia per quell'essere invisibile, così costante, così laborioso, per quanto la sua fosse unaopera cattiva. - La mattina, cessato, appena il tintinnìo delle pecore pascolanti, risuonava ilcampanello stridulo che annunziava la messa, - perchè la grossa campana non la siadoperava che per la festa solenne, - ma spesso Lara non si muoveva dal suo giaciglio.Sentiva la messa attraverso la prete e il mormorìo del rosario detto dalle devote a voce altaera una nuova musica non meno caratteristica delle altre. Appena levata, Lara faceva teletta ecolazione e poi se la svignava ai boschi; batteva tutti i luoghi praticabili, e più d'una volta siera smarrita. Non voleva confessarselo, ma le sarebbe piaciuto immensamente qualcheavventura di banditi o che. Ella non aveva paura; ma grazia di Dio le montagne sarde nonsono poi così pericolose come vengono immaginate, e Lara non incontrava nessuno nelle sueescursioni; solo capre vaganti pei dirupi, e gazze sugli alberi.

Nel meriggio si coricava in qualche luogo molto pittoresco, sul musco olezzante, e pigliavala rivincita dell'insonnio notturno; ritornava alla stanzetta tutta coperta di foglie, di spighesilvestri, i capelli arruffati e le mani nere, e rifaceva le teletta: semplici telette che pure leprocuravano l'invidia e l'ammirazione delle altre ragazze, la cui compagnia doveva subireper tutto il resto del giorno. I giovanotti le facevano la corte, ma lei non se ne accorgeva,ballava e rideva e parlava male del prossimo, come tutte le altre, ma in fondo restava unenigma per i signorini che andavano pazzi per i suoi occhi profondi e pensosi che non sirivolgevano verso i loro come quelli delle altre ragazze.

I più forti piaceri, Lara li provava all'imbrunire; là nella oscurità azzurrognola della chiesa,quando i ceri si consumavano splendendo col crepuscolo e olezzando con l'incenso, e lamesta voce del sacerdote narrava le lodi della Madonna bianca dai grandi occhi azzurri, Lara

Page 44: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

chinava la testa sulla balaustra nera e provava tutto un incanto mistico, soave. Un fremito lepassava per le spalle, e la sua mente, istintivamente, ritornava ai vecchi sogni, ma puri esereni; visioni di neve, baci di angeli, frascii di fiori bianchi ondeggianti alla brezza gelida diuna notte cerea, dal cielo color di latte e le montagne coperte di veli…, ecco ciò che Laraprovava. All'uscire di chiesa il suo volto pallido e i suoi occhi avevano qualcosa di strano;una luce ammaliante che rifletteva le tinte del vespero di rosa e il tremolìo delle chiomebionde degli alberi, talchè uno studente, un piccolo poeta bruno e fantastico, se ne erainnamorato perdutamente, ma quando si arrischiò a farle la sua dichiarazione, Lara lo guardòcon aria così beffarda e tranquilla, che lui fuggì pei boschi pensando: - Sembra un angelo,ma è un demonio! - Incontrò una servotta brutta che ritornava dal ruscello e per vendicarsi diLara le offrì il cuore. La ragazza l'accettò! Allora il piccolo poeta si scordò di Lara e pensòdella serva: - Pare un demonio, ma è un angelo!…

L'altro piacere di Lara era il falò che ogni sera si accendeva sulle cime della montagna.Ognuno doveva portare il suo ramo sino alla cresta e adattarlo sul mucchio. Accesa lacatasta, tutti si sparpagliavano qua e là sulle rupi, a gruppi, a due a due e chiacchieravanomentre il fuoco ardeva là dove la neve aveva regnato, mandando con le sue scintille il salutodella montagna tinte di viola, d'azzurro e di rosa dallo splendido imbrunire, la scena erasuperba, sublime! A misura che la sera si avanzava, larghi bagliori d'oro guizzavano suiboschi sottostanti, sulle rupi di granito, sulle macchie di lentischio; le persone diventavanonere sullo sfondo azzurrino del cielo, la brezza passava attraverso le vesti e i capelli; fulgidiscintilìi brillavano negli occhi, nei denti, nelle unghie, nei capelli di tutti, e la montagnataceva e i poeti sognavano appoggiati alle rocce, e spesso saliva dal paesaggio deserto unlontano squillare di avemmarie vibrato, vagante agli ultimi riflessi della sera, che dava unfremito, un verso, un lampo di poesia anche ai più ignoranti e positivi. - Lara si trovava nelsuo ambiente. Pensava che queste bellezze sovrumane della natura sono le sole feste, le solegioie che la Sardegna solitaria e deserta può dare ai figli suoi, pensava che vale più nella vitauna sera passata in montagna, così vicino al cielo, così sopra del mondo, che cento notti emille giorni di feste cittadine, e sorrideva ebbra di azzurro e di solitudine.

Ma in fondo provava una lieve sfumatura di sconforto; avrebbe voluto che qualcuno lìvicino avesse partecipato alla sua ammirazione, alla sua rosea filosofia di diciotto anni, eguardandosi intorno scoteva lievemente la testa bruna.

Nol nessuno poteva capirla, nessuno fra quelli che la circondavano! - In quei momenti nonpensava neanche a Mariarosa, perchè sapeva che lei meno delle altre l'avrebbe capita, puredesiderava qualcuno… qualcuno!… La figura di Nunzio brillava un momento al suopensiero, ma tosto un amaro ricordo la cancellava con larghe strisce nere; era la mano di donSalvatore che faceva ancora ardere le guance della nostra fantastica eroina.

XXII.

Pure, una sera, Lara credè di aver trovato! Avevano acceso un falò così grande che lescintille minacciavano di appiccare il fuoco al bosco. Si rideva assai di questo pericolo, masi smise l'ilarità allorchè una scintilla si attaccò ad una macchia di rovi crescenti in unascrepolatura di roccia. Li vicino stava un albero; il pericolo non era più divertente: ma ungiovine scese come uno scojattolo e, aggrappandosi al granito, spense il rovo, soffocandolo acolpi di fronde. Tutti l'applaudirono; solo Lara restò immobile e muta sulla rupe, ma nessunotrovò che dire della sua freddezza. Cessato il pericolo, tutti ripresero le loro chiacchiere, e ilgiovine ardito restò laggiù in guardia del fuoco, come egli disse con voce sonora e simpatica,che scosse tutta l'anima di Lara, immersa in uno dei sottili sogni. Il giovine si appoggiò aduna sporgenza di roccia e guardò in alto. Lara, non ricordandosi di averlo visto mai prima diallora, lo esaminò curiosamente. Era un giovine bellissimo, biondo, elegante, dal profiloaristocratico e gli occhi luminosi. Pareva incantato dal luogo, dell'ora, della cena, e si fuallora che Lara pensò: - Ecco un cristiano che deve provare i miei stessi sentimenti! - Ebbeuna gran voglia di parlare con lui; ma il giovine non la guardava neppure, per il che lei neprovava un vago dispetto.

Page 45: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Al ritorno, Lara prese il braccio di una ragazza, e le chiese:- Chi è il giovine che ha spento il fuoco del rovo?L'altra lo guardò stupita, esclamando: - Come, non lo sai?- No, davvero; non l'ho visto mai prima di stasera.- Ma questa poi è bella! è curiosa! È il tuo nemico!- Il mio nemico? In non ne ho! chi è dunque?- È Massimino Massari!…Lara sorrise lievemente. Sapeva l'odio che correva fra la sua e la famiglia Massari, ma lei

non vi partecipava punto. Rispose:- Ah, è vero! Però non siamo più nemici, ora, oh, no! i tempi son cambiati, ed io sono tanta

nemica di questo giovine che nemmeno lo conosco.- Brava, Lara! È un bel giovine, non è vero?- Sì, molto bello!- Dicono sia fidanzato con Violante R***, - Lara fece una smorfia, - ma non è vero ti

assicuro, che non è vero! - Lara respirò. Perchè? non avrebbe saputo spiegarselo, ma provòun fremito quando l'altra, scherzando, le disse:

- Di', non sarebbe un caso curiosissimo se Massimino o Massimo, come vuol esserchiamato, ti facesse la corte?…

Lara rise clamorosamente, poi, abbassando la voce, mormorò:- Taci! Se ti udisse io padre, ti ammazzerebbe!- Come? No hai detto che non siete più nemici fare!

Altro che scherzi! Otto giorni dopo, Lara era perdutamente innamorato di Massimo, eMassimo di Lara! Come ciò fosse avvenuto, nessuno lo sapeva, perchè nessuno sapeva illoro amore, ma Lara e Massimo sapevano benissimo la storia del loro cuore, del restosemplicissima; erano giovani e belli entrambi, non si odiavano, non avevano le idee delleloro famiglia. Perchè dunque non dovevano amarsi? Veramente la storia di Massimo risalivaa qualche tempo prima; alla sera cioè in cui aveva per la prima volta osservato gli occhi diLara. Quella notte lì vide in sogno; i giorni appresso li rivide in realtà. Lara non loconosceva, ma lui la vedeva ogni sera dalla finestra dello studio di Marco, la seguiva nellesue passeggiate melanconiche attraverso l'orto, spesso la vedeva abbandonarsi su unapanchina e nascondere il viso fra le mani; una volta la vide a capelli sciolti correre dietro aPasqua, che le aveva rubato il pettine mentre ella faceva teletta sotto il pergolato, un'altrasera la vide nientemeno che piangere silenziosamente, le spalle appoggiate ad un rosaio, chela circondava tutta di un'aureola di rose d'estate, pallide e languenti, e questa ultima scenadecise Massimo ad amare la sua piccola nemica. L'amò ardentemente, pazzamente. V'eranoorrendi ostacoli fra lui e Lara, ma purchè ella lo amasse, Massimo non se ne scorgeva più.Era avvocato e sapeva che Lara ben doveva entrare in età maggiore. Qual odio restiste nellalegge? È vero; occorrevano ancora tre anni perchè la fanciulla fosse libera di sè, ma ilgiovane non si sgomentava; anzi quei tre anni gli davano agio di procurarsi una buonaposizione. L'essenziale era di farsi amare da Lara e mantener segreto il loro amore sino algiorno in cui essa avrebbe compiuto il ventunesimo anno.

Salì apposta sulla montagna e osservò che Lara lo guardava; ne esultò e s'innamorò ancordi più nel vederla sì vezzosa e simpatica nel suo vestito oscuro, il volto pallido e gli occhidai riflessi di rosa, ritta sulla montagna, fra le ellere e le rupi. Benchè fosse molto buono, inquel momento Massimo desiderò che tutti precipitassero dalle roccie e restasse lui solo conLara, soli, davanti a Dio e al crepuscolo spegnentesi in tinte di madreperla e di argento!…

Restò sul monte, quella notte e l'indomani, ma gli fu impossibile parlare con Lara. Alfinedecise un colpo straordinario, meraviglioso: assicuratosi che Lara non faceva l'amore connessuno, ritornò a X*** e risalì alla chiesetta, solo, alla domenica seguente, cioè il giornodella gran festa.

Impossibile intanto descrivere l'impressione che produsse in Lara la vista del giovine. Ilpresente racconto non pretende di essere un racconto psicologico, quindi non ci accingeremoa indagare il perchè Lara amò sin dal primo vederlo l'uomo che secondo ogni probabilità

Page 46: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

doveva destare in lei una istintiva avversione. Fu, come suol dirsi, un colpo di fulmine.Il terreno era ben adatto, rorido di passione e di sogni, e il seme germogliò in una notte, in

un istante; e il fiore roseo dell'amore olezzò di nuovo se pure altra volta aveva olezzato, inquell'anima bizzarra, grande e bambina nel medesimo tempo.

La sera del falò e tutto l'indomani, Lara non fece che guardare Massimo; intanto cercava didistrarre lo sguardo da lui; gli occhi ci tornavano sempre, attirati dal volto del giovine comel'alianto dal sole, e ciò ch'era peggio, insieme allo sguardo fissava il pensiero. Ritrovavabellissimo il "nemico" e ascoltava incantata quella voce che non si rivolgeva mai a lei. Quelgiorno rimase sempre vicina al crocchio dove Massimo conversava, e desiderando d'essereguardata da quei grandi occhi luminosi, aveva posto la massima cura nel vestirsi. Ma ilgiovane non la guardava mai, non si curava di lei, e lei ne provava uno strano dispetto. Mainfine! che doveva importarle? perchè Massimo doveva guardarla? non erano forse nemici?Quando partì, Massimo strinse la mano a tutti fuorchè a lei, che si morsicò le labbra peldispetto; tuttavia lo seguì con lo sguardo. Cavalcava un bel cavallo nero, impaziente, che sislanciò a trotto sotto gli alberi. Come cavalcava bene! com'era elegante così a cavallo! Primadi scomparire Massimo volse la testa e la guardò con un lieve sorriso sulla stupenda boccarossa ombreggiata d'oro dai baffettini biondi. Lara arrossì e provò tale un istante di gioia, divoluttà che le ricompensò interi mesi di dolore.

Massimo l'aveva guardata! Massimo le aveva sorriso! Da quel momento il destino dei duegiovani fu deciso, da quella momento il cuore di Lara fu tutto del biondo e affascinantenemico.

Dopo quel momento la figlia di don Salvatore sentì la sua anima cambiarsi completamente;sulle prime fu una gioia pazza, febbrile, una misteriosa felicità che la faceva sorridere alricordo dei tristi tempi passati, che la faceva chiedersi come mai aveva potuto amare oalmeno pensare a Nunzio, a quello strano essere pallido e malata dagli occhi riflettenti latristezza e la morte; mentre esistevano al mondo rosei e forti giovani biondi che realizzavanola larva dei suoi castelli neri, dagli occhi il cui smalto scintillante narrava tutte le voluttàdella vita! Poi l'assalse una cupa tristezza; una tristezza nervosa, senza lagrime, senzasingulti, tutta diversa da quella che lasciava per sempre; non era causata dal ricordo dell'odiodi famiglia, nè dal pensiero della povertà di Massimo, ma da un una voce segreta che lediceva: perchè pensi a lui, se lui non penserà a te?… Che importava quello sguardo e quelsorriso? Forse erasi ingannata, anzi era certa dell'illusione. Massimo non poteva averlesorriso; era assurdo, impossibile, impossibile!…

E intanto quel sorriso le tremolava sempre davanti agli occhi; lo vedeva fra gli splendoridel cielo, nel biondo tremolìo delle foglie degli elci, tra il profumo e la penombra dell'altare;lo "sentiva" nel susurro notturno dei boschi, nel trillo delle allodole e dei grilli, nel mormorìodel torrente lontano, ed esso le dava una smania, una tristezza ardente e dei pensieri mai piùvenuti nella sua mente fantastica e appassionata.

Oh, il nemico! il terribile nemico!…Venne così la domenica, la festa solenne. Non starò a descrivervi questa festa, nè i costumi,

ne le bellezze che vi affluiscono da tutti i villaggi circonvicini. La folla era enorme; ad ognialbero stava legato un cavallo, gli organini strillavano sotto il bosco chiamando le ragazze alballo; all'ombra si erano improvvisate, quasi per miracolo della Madonna, tante botteghe,spacci di dolci, di stoffe, di gingilli, di frutta.

Un "negoziante" appese ad un albero la mercanzia di acciaio, sproni, freni, catenelle, eavuto così un magnifico successo, fu in breve imitato da tutti gli altri; verso sera tutti queglialberi parevano tanti alberi di Natale. E il sole splendeva scintillando sul bosco, e il cieloazzurro, immobile, pareva attonito nel vedere tanta vita e tante stranezze là, nel regno dellasolitudine e dei vinti.

Fu quella sera che Massimo Massari eseguì la burla promessa un mese prima a MarcoFerragna.

XXIII.

Page 47: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Don Salvatore era salito su sin dalla mattina con due servi, due cavalli carichi di provvistee un codazzo di amici a cui imbandiva un magnifico pranzo nel bosco…

La stanzetta fu invasa da un magnifico esercito di gente che per tutta la mattina mise allaprova la prodigalità dei Mannu mentre i servi e le serve accudivano al pranzo, donnaMargherita, il marito e Pasqua facevano gli onori di casa, in quella stretta e bizzarra sala daricevimento, e Lara brillava per la sua assenza. Infatti la fanciulla, a cui tutta quellamoltitudine e quel rumore dava un fastidio infernale, se l'era svignata sin dall'alba e non eraritornata neppure alla messa cantata. Dov'era? Nessuno lo sapeva. Donna Margheritacredeva facesse parte di una spedizione di ragazzi e giovanotti, partiti per visitare una grottae gli avanzi di un castello spagnuolo, - ma in realtà Lara si trovava nella capanna del suovecchio amico pastore, donde scorgeva tutta la gente che saliva alla chiesetta. - Chiaspettava? Neppur lei lo sapeva; però a mezzodì ritornò col volto triste alla stanzetta, perchènon aveva visto Massimo; e rimase fredda, muta, pallida durante il pranzo rumoroso ebrillante.

A un tratto però, verso la fine, si animò, tutta, diventò rosea e sorridente e, mentre di"tavola" in "tavola" si cantavano le solite poesie estemporanee, ella si alzò e ritornò nellastanzetta deserta. Il disordine più grande regnava là dentro; però Lara trovò bene il modo difare una splendida teletta fra i dolci e le bottiglie rovesciate e le chicchere e le tazze ancora ametà piene di caffè e di vino.

Aveva visto Massimo ad una tavola vicino alla loro.Dunque era arrivato? Venuto! Venuto! Oh, come il cuore batteva forte a Lara, come si

sentiva felice, come si seppe ben vestire per piacere al giovine! Indossò un abito neroguarnito di nastri rosa pallido e pose un nodo dello stesso colore nei capelli; un costume chein tutto poteva costare quaranta lire e che sulla personcina elegante e slanciata figurava comeun vestito di quattrocento lire. Una lieve tinta di rosea le colorì il viso, e gli occhidiventarono più grandi e foschi sotto la ombreggiatura dei ricci rifatti e ben disposti sullafronte. - Quando uscì, trovò una delle serve in stretto colloquio con uno dei servi, ma nonosò disturbarli; mise invece la pace fra l'altra coppia che si bisticciava acremente, perchèBastiano, il servo di Barbagia, aveva voluto applicare un bacio sulla guancia rossa di Peppa,l'altra serva, la quale lo aveva ringraziato dandogli un calcio solenne. Bastiano strillava:

- Sei una bestia! Eh! la tigre, che non si vuol toccata!…- Vieni qui! vieni qui! "Su diabuli chi tin de hat battidu!" - imprecava Peppa ch'era di

Orune, armandosi di un grosso randello, con tutte le cattive intenzioni possibili.Lara riuscì a metterli in pace; poi tornò allegra e svelata verso la tavola. Si assise su un

masso e fe' vista di ascoltare con piacere la disputa dei poeti; ma in realtà era immersa nellacontemplazione di Massimo.

Non udì don Salvatore che parlava male del giovane col suo vicino di tavola, e non siaccorse che Marco Ferragna la divorava con gli occhi. Verso le due, tre ragazze vennero e lapigliarono con loro alla "festa da ballo".

Il ballo non tardò infatti a cominciare. A poco a poco tutta la folla si riunì nella spianata, ele donne che avevano voglia di ballare si assisero su tronchi e sassi disposti intorno alla"sala". Prima si eseguì il ballo tondo, a cui presero parte tutte le belle popolane dai costumismaglianti, poi l'organino intonò un'allegra mazurka. I giovinotti si avanzarono verso lesignorine… Fu in quel momento che avvenne una cosa la più strana del mondo.

Massimo Massari aveva invitato a ballare Lara Mannu e Lara aveva accettato! - Se unfulmine fosse piombato sul bosco, le persone che conoscevano l'inimicizia delle duefamiglie non si sarebbero atterrite di più! Si credè di sognare! Persino il bosco tacque pienodi meraviglia e di sorpresa. Quando tutti, persone e fronde, poterono ripigliare l'uso dellafavella, figuratevi i commenti che susurrarono!

Tutti gli occhi corsero in cerca di don Salvatore, ma non lo si trovò; videro solo MarcoFerragna, che, arricciandosi gli eleganti baffetti con la punta delle dita bianchissime,sorrideva leggermente. Aveva compreso: era questa la burla promessa da quell'ardito espregiudicato di Massimo; e se non avesse pensato alle tristi conseguenze che potevanoavvenire, alla collera che si sarebbe scatenata su Lara, che certo non aveva neanche saputo

Page 48: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

ciò che si facesse, Marco avrebbe applaudito l'azione di Massimo. - Questo fatto diede a direa X*** per un mese almeno: si credè che finalmente la pace fosse decisa fra i Mannu e iMassari; ma, visto il contrario, si conchiuse con Ferragna che Massimo aveva soltanto fattouna burla e che Lara non aveva neppure saputo quel che si facesse!

Invece! - Quando Massimo s'era inchinato dinanzi alla sua piccola nemica, dicendole convoce commovente: - Signorina, favorisca un giro?… - Lara sentì il capogiro e il cuore lebattè forte forte come la sera del primo sorriso del giovine.

Riflettè: - Forse mio padre mi uccide! Ma che m'importa, se morrò dopo essere stata fra lesue braccia?…

Si alzò e prese sorridendo il braccio del giovane: tremavano entrambi. Oh, i dolci momentitrascorsi! Lara e Massimo non vedevano la folla che susurrava di loro, non ricordavanonulla; i loro cuori battevano vicini vicini, il capo bruno di Lara, il suo viso, i suoi sentivanol'alito ardente del biondo nemico; Massimo stringeva al suo seno la fanciulla che adoravacome un Dio, e laggiù, laggiù, nei recessi oscuri della boscaglia, fra le rupi tinte di sangue ele grotte un dì testimoni dei truci drammi delle vendette sarde, l'angelo dell'amore scacciavaa colpi di frusta il demone dell'odio, dicendogli: - il tuo regno è finito. Fammi largo!…

- Vorrei dirle due parole a quattro occhi… - mormorò Massimo all'orecchio di Lara, -domani sera alle quattro, sotto "l'elce del castello…"

- Sì! - rispose lei risolutamente.Non dissero altro. Nell'accettare l'appuntamento di Massimo, Lara non ebbe alcuna

indecisione, nessuna paura, certissima che il giovine la voleva là in quel sito solitario, soloper parlarle d'amore. E dopo?… Lara vedeva bene l'abisso in cui sprofondavasi, ma nonaveva alcuna paura, nè di don Salvatore, nè del mondo intero. Il novello amore le dava unaenergia strana, un coraggio sovrumano; il coraggio di chi non ha più alcuna speranza. ForseLara correva incontro alla morte, ma tanto meglio! Morire!… Sì, morire, ma essere amata daMassimo!

Con sua somma meraviglia, nessuno, neanche don Salvatore, le fece osservazione per lamazurka ballata con Massimo. Si aspettava dal padre un terribile rabbuffo, qualcosa disimile alla scena fattele per Nunzio; l'aspettava senza tremare, a fronte alta, tranquilla, equando vide partire il padre senza dirle la menoma parola su ciò, ne provò quasi dispiacere.Pensò che forse don Salvatore, poco amante dello scandalo, si riserbava l'amarezza ad unaltro giorno; ma cenando, quella notte, donna Margherita le disse: - hai fatto bene a ballarecon Massimo Massari; forse esso andava in cerca di una scusa per farci chissà quale dispettoe credeva che tu rifiutassi. Ma tu l'hai saputa più lunga di lui. Tuo padre ne è statocontento…

- Non bisogna mai dimostrare le proprie passioni davanti alla gente! - sentenziò Lara,alzando le spalle con indifferenza.

L'indomani, verso le tre e mezza, Lara uscì dalla stanzetta, con un libro sotto il braccio, es'internò nel bosco; camminò per un dieci minuti, superando svelta e leggera come unagazzella, i massi, i rovi, i fossi, e si fermò sotto l'elce del Castello. L'albero, così chiamato,non sappiamo perchè, grandissimo, secolare, dal tronco tapezzato di musco e d'edera,sporgeva fra due rupi le più scoscese e selvagge che si possono immaginare. Il sito eraorribilmente bello! le roccie si ergevano a picco, nere, sovrapposte le une alle altre, tanto cheparevano reggersi solo per un miracolo di equilibrio, e fra le loro screpolature sbucavanofuori grandi grappoli di vegetazione selvvaggia dal verde cupo, rovi, liane, edere, erichesilvestri, robinie ondeggianti al vento

Fittissimo il bosco, il suolo granitico, dirupato, coperto di foglie secche, di erbe strane,bionde, rosse, dai forti profumi. Gli alberi parevano crescere sul granito, e infatti le grosseradici nodose, vestite di musco, si diramavano sulle rocce. L'ombra, qua e là indorata da unraggio di sole filtrante attraverso le folte chiome del bosco, regnava in quell'angolo dimontagna. Ove nessuno si avventurava se non per ammirar l'immenso elce del castello,intorno a cui vagavano vecchie e misteriose leggende, abitato solo dalle capre e dagli uccellisilvani, adattissimo per un delitto o per un convegno d'amore.

Come Dio volle, Lara arrivò lassù; trovò un magnifico divano di musco e vi si assise

Page 49: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

comodamente, stanca del faticoso cammino. Fu sorpresa della semioscurità che lacircondava, e quando si fu riposata provò un fremito di paura.

Il silenzio, le rupi erte e selvagge, l'elce misterioso che stendeva le sue braccia nere edimmense, che ricordava atroci storie di amori e di vendette feroci, le fecero risovvenire l'odiodella sua famiglia con quella dell'uomo che doveva arrivare là fra pochi istanti… Sussultò,quasi destandosi sa un sogno spaventoso. Perchè era venuta? Chissà se Massimo nonmeditasse un dramma invece di un idillio! Perchè era venuta?

Almeno avesse portato con sè un'arma, un coltello, uno spillo… Nulla, nulla! era là,inerme, debole, assisa fra i precipizi, nell'ombra, in un luogo ove invano avrebbe chiestoaiuto… Ahi, che stoltezza! Uno spavento gelido immane, le agghiacciava il cuore; vedevafantasmi orribili sporgere la testa ossea dalle cime frastagliate delle rocce, eppure non simoveva, non faceva un moto. Si pentiva di essere venuta, si chiamava pazza, leggera,temeraria, e pensava a fuggire, ascoltando intensamente se mai udisse il passo di Massimo emormorando a fior di labbro: - Come tarda! Son più che le quattro, ora! - Alfine risonò ilgaloppo di un cavallo in lontananza; era lui! Il cuore di Lara cominciò a battere; gli occhi arisplendere sul volto pallido e la paura a svanire, mentre secondo ogni probabilità, il pericolosi avanzava.

Il galoppo cessò. Lara, scordandosi che un cavallo non poteva penetrare lassù, credè disentirsi ingannata e ricominciò a disperarsi, mormorando: - Forse non verrà più! Ma questo èun sogno! E proprio vero che lui mi ha pregato di aspettarlo qui? È un sogno, è un sogno! -

In quel momento Massimo scavalcò un masso e si slanciò verso di lei, con le mani tese,esclamando: - Grazie!…

XXIV.

Lara non si mosse; un sorriso incerto tremolò sul suo volto; ma lasciò che Massimo lesedesse vicino e le pigliasse una mano fra le sue; probabilmente credeva anche di sognare. -Grazie grazie!… - ripeteva Massimo ansante, rosso in viso e gli occhi risplendenti; per unbuon pezzo non seppe dir altro. In quanto a Lara, non sarebbe certo stata lei a cominciare ildiscorso; però il giovine si accorse che tremava, e fu solo allora che si decise a parlare, mache parlare, Signore Iddio! - Sa! Mi scuserà se ho così tardato… Io sarei arrivato il primo,ma smarrii il sentiero… Ah, che cattivo sentiero… per poco non balzavo di cavallo… Ma leimi perdonerà, non è vero? Lei che è buona quanto bella… - Questo complimento fecearrossire Lara che si scosse; il giovine la guardava fisso, ardentemente. Anch'ella loguardò… Da allora in poi i loro occhi non cessarono di fissarsi, parlando più eloquentementeche le labbra. Massimo proseguì:

- Sì, lei è molto buona, lei che è venuta qui con tanta fiducia, sapendo solo che sonogiovine onesto. Grazie! Noi non siamo nemici, no, non siamo nemici…

- No! - ripetè Lara con un sorriso.- No, non siamo nemici! Sa perchè le ho chiesto questo appuntamento, sa?… - La fanciulla

fece cenno di sì, poi si morsicò le labbra, solito suo vezzo, provando un ultimo lampo didiffidenza, ma il giovine la rassicurò subito, dicendo: - Sì? Ho indovinato? E come nonindovinarlo? Io l'amo tanto!

- Davvero?… - gridò Lara con gioia. - Quella voce del cuore convinse Massimo di essereanch'egli amato; e benchè qualche momento prima nutrisse poco speranza, ora gli parve unacosa naturalissima.

- Davvero! - rispose. - E lei?- Anch'io! - disse Lara. - Non altro. La parola "L'amo!" non volle uscirle di bocca, ma i suoi

occhi l'espressero assai bene, tanto che Massimo le prese l'altra amno ed esclamò: - Dunquediamoci del tu. Lo vuoi, Lara?

- Sì, Massimo! - Allora Massimo cominciò a parlare.Cosa disse, cosa rispose Lara? - Sono discorsi che non si possono ripetere. A quando a

quando il ginocchio di Massimo toccava quello di Lara, e un brivido scorreva per l'ossa adentrambi. La giovanetta balbettava a intervalli qualche parola; le tremolava l'anima sulle

Page 50: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

labbra, come una gocciola di rugiada sopra un fiore…"Quelle due creature pure con gli spiriti si narrarono ogni cosa; i loro sogni, le ebbrezze, le

estasi, le chimere, le debolezze, come si erano adorati da lungi, quanto s'eranovicendevolmente desiderati, e la loro disperazione allorchè dovette cessare di rivedersi. Conun'intimità ideale, che già non era più suscettiva di aumento, si confidarono ciò che avevanodi più segreto e di più misterioso e si raccontarono, con una candida fede nelle proprieillusioni, tutto ciò che l'amore, la gioventù, e quel rimasuglio di fanciullezza che avevano,metteva loro in niente. Quei due cuori si riversarono l'uno nell'altro, per modo che, un'oradopo, il giovine possedeva l'anima della fanciulla ed essa quella di lui; si compenetrarono,s'ammirarono, s'entusiasmarono…

"Come accadde che le loro labbra s'incontrarono? Come avvenne che l'uccello canti, che laneve si dilegui, che la rosa si schiuda, che maggio fiorisca, che spunti l'alba dietro gli alberineri che coronano le fredde sommità della collina? - Un bacio, e fu tutto" ().

Erano a questo punto, a questo sublime punto del loro idillio, allorchè avvenne unincidente di cattivo presagio. Due pastori che attraversavano il bosco, spingendosi sinoall'elce del castello videro i due giovani nemici baciarsi come due sposini, il che, se era unascena commovente per gli spettatori, diventava orribilmente pericolosa per gli attori, - Laraimpallidì e si nascose il volto fra le mani, forse per non essere conosciuta.

Massimo balzò in piedi e corse incontro ai due importuni, due esseri bizzarri dai"soprabiti" di pelli nere di pecora con la lana lunga dieci centimetri, le vesti nere disudiciume, i volti poco simpatici, contornati da lunghi capelli neri arruffati. Tornaronoindietro e Massimo li accompagnò per un tratto: ciò che dissero, Lara non l'intese: però videbene che si allontanarono premurosamente. Quando ritornò presso la fanciulla, Massimo latrovò piangente disperatamente.

- Ebbene? Perchè piangi? - le chiese sollevandole la testa con la mano.- Sono perduta! - rispose Lara - Stasera stessa mio padre saprà tutto! Sono perduta! Sono

perduta!Singhiozzava e le lagrime le inondavano il volto pallido. Ciò che provò Massimo nel veder

piangere così la sua diletta non era certo un sentimento di gioia: sentì anch'egli un vagoterrore e guardò con dolore la disperazione di Lara.

Quella piccola creatura, a cui tutto doveva sorridere, piangeva come colta da una terribilesciagura… piangeva per lui, che non poteva dirle: - Taci! domani sari felice!

Non potè resistere. La prese fra le braccia e stringendola al suo cuore, le coprì il volto dibaci ardenti, asciugandole le lagrime con le labbra e cercando di rassicurarla.

- Non piangere, Lara, non piangere! Non aver paura! Non ti hanno riconosciuta, e quandoanche ciò fosse, non parleranno… Te lo giuro, non parleranno! Taci, Lara mia, non piangeremia adorata Lara, non piangere… È inutile! Come tremi! Hai freddo? Ah, sei malata…quanto sono miserabile! ti ho resa infelice… io che vorrei vederti felice e lieta come unaregina… Forse m'odierai… ti sei già pentita d'esser venuta, non è vero?… Perdonami! Ahdimmi che mi perdoni… non piangere… Lara! Come potrei vivere se tu mi odiassi? -Suvvia, taci, dimmi che mi perdoni… Lara? non mi senti? Parla! Guardami almeno!… Lara!Lara! se tu sapessi come t'amo!…

Parlò così per un quarto d'ora con frasi tronche, ansanti, coprendo di baci la fanciulla chelasciava fare, sempre piangendo, tremando come le foglie degli elci scosse dalla brezza dellesera che si avanzava. Perchè erano da più di tre ore e il giorno moriva senza che essi se neaccorgessero. Oh, le ore d'amore scorrono ben rapide sul quadrante della vita!

Le parole di Massimo rassicurarono Lara: perchè dunque proseguiva a piangere e tremare?Tremava di freddo; un freddo misterioso causato dal luogo, dall'ora e dal riflesso della pauraprovata, un freddo che non la lasciò mai più. Ma in quanto alle lagrime erano causate piùdalla voluttà che dal dolore; una voluttà ben triste e casta se volete, ma così intensa, chefaceva piangere la fanciulla. Esser baciata da Massimo!… dacchè aveva cominciato adamarla, Lara non aveva desiderato che di sentire le sue mani strette fra quelle di lui, chedovevano esser ben morbide e ardenti; il suo sogno non andava oltre e le pareva che ciò

Page 51: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

fosse la sua suprema felicità. E invece ora Massimo la baciava! le carezzava il volto, icapelli, le mani, le asciugava le lagrime con le labbra così belle e infuocate! Oh, era troppo!così di sicuro si doveva godere in paradiso! Anzi, a un tratto parve a Lara di esser morta e ditrovarsi per sempre in cielo e che la sua felicità non dovesse più finire; sicchè trasalì e cessòdi piangere quando il giovine le disse:

- È ora di separarci! Dimmi che mi perdoni, Lara!…- Cosa devo perdonarli?- E mi ami?- Lara lo guardò meravigliata; era strano che dopo tutto Massimo ne dubitasse

ancora.- Se non ti avessi amato, non sarei stata qui!- E mi amerai sempre?- Sempre!…- Me lo giuri?- Te lo giuro!Si strinsero la mano, guardandosi in silenzio, poi Lara partì: Massimo l'accompagnò per un

tratto, aiutandola a superare i massi, la baciò prima di separasi e rimase a guardarla finchèella non sparì lentamente sotto il bosco e dietro le rupi. Poi trasalì a cavallo e tornò a X***,immerso in profondi pensieri. Lara ripiombò nella tristezza! I baci di Massimo le avevanoschiuso nuovi orizzonti; sogni mai più venuti nel suo cervello la rendevano pensosa efebbricitante. Il ricordo delle labbra ardenti del giovane, di cui conservava ancora laimpronta sulle guance, sulla bocca e sui capelli, le dava le vertigini, perchè, come scrisseun'illustre autrice, le voluttà più grandi dell'amore consistono nel ricordo…; e quella sera,nella vecchia chiesetta piena di leggende e di profumi, non vago più dietro immagini bianchesvolazzanti fra paesaggi fantastici e castelli argentei, nè pregò, nè invidiò le bambine checantavano spensierate e melanconiche le montone lodi della Madonnina bionda dai grandiocchi azzurri. - Erano la gioia e la tristezza e i suoi sorrisi, quello per Nunzio non essendostato che un semplice prologo, l'alba bianca e scolorata che annunzia il levarsi del sole.

Nella notte Lara ebbe la febbre; pure l'indomani si trascinò per il bosco, rivide quel "sito"ove lasciava il suo cuore, diede l'addio alle rupi, agli alberi, al cielo, - fece l'ultima suapreghiera ai piedi dell'altare e scrisse la data del giorno e del mese vicino all'iscrizione chenel primo giorno le aveva fatto immaginare un romanzo perfettamente simile a quello chepoi le era accaduto.

XXV.

… Era la sera del due novembre. Dopo una triste giornata di nebbia, di vento, di freddo, -la tradizionale giornata dei morti, - pareva che il tempo volesse cambiare. Le nuvolagliecolor di piombo a sfumature rossastre svanivano lentamente sullo sfondo verdognolo delcielo, il vento cessava, ma il freddo regnava sempre, sicchè Bastiano, uno dei servi di donSalvatore, che si trovava per caso in città, aveva pensato di accendere il fuoco in un angolodella loggia del cortile e sedervisi davanti su uno sgabello di legno nero. - Il gran caminodella cucina faceva fumo e donna Margherita non voleva che vi si accendesse il fuoco finchènon fosse riparato questo inconveniente; il focolare poi era stato del tutto soppresso, e perciòBastiano, messo di malumore dalle ultime folate di vento che gli battevano sulle spalle,borbottava fra i denti.

- Eh! pare che i miei padroni vogliano seguire la moda! Maledetti camini! Ma non sipoteva dunque lasciare il focolare, lì, in mezzo alla cucina? No! perchè a don Salvatorehanno detto che in continente non si usano focolari, ha voluto disfarlo. Al diavolo ilcontinente! Vedrete un poco a che arriveremo! Sissignori! fra poco don Salvatore, se glidiranno che in continente non si usano "più" berrette, ci farà togliere le berrette e mettere ilcappello… Aih, aih!… - Suonò l'avemmaria, triste, vibrata nell'aria fredda, ma il servo nonne fu punto commosso e la lasciò suonare senza neppure farsi il segno della croce. Ahimè!l'incredulità si è diffusa tanto nel mondo, che ora non credono più neanche i servi sardi, ilche è tutto dire… Bastiano rattizzò il fuoco e, invece di pregare, per divagarsi alquanto dal

Page 52: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

malumore che lo infastidiva, pigliò un pugno di patate da un cesto vicino e le mise adarrostire fra la cenere calda. Era un tipo curioso, Bastiano. Nativo di un villaggio diBarbagia, vestiva però il costume di X***, dove abitava da molti anni; ma se si fossemostrato in una città del continente col vestito che indossava quella sera, è certo che chil'avrebbe visto si sarebbe formato un orrendo concetto dello splendido e pittoresco costumedi X***. I calzoni e la camicia, che un giorno potevano essere stati bianchi, sembravano ditela nera; il velluto e il panno, il cui untume luccicava al riflesso del fuoco, nonconservavano più colore umano, e il viso e le mani di Bastiano, poi, avevano la caratteristicatinta bruna con cui generalmente viene immaginato il diavolo. Solo il bianco degli occhi allacinese conservavasi pulito; pure il servo aveva una fisionomia così aperta e simpatica, nonostante la sua aria di contadino ignorante, ma furbo e burlone, che non si provava alcunaripugnanza a stragli vicino. Infatti, mentre toglieva le patate dalla cenere e le puliva con unamanica della camicia, - l'altra gli serviva per pulirsi il naso e la bocca, perchè di fazzolettinon si parla e meno di tovagliolo, - una persona uscì dalla cucina, si assise accanto a lui suun altro sgabello, e porgendo le mani alla fiamma esclamò:

- Ah! che freddo! Ho visto il fuoco dalla finestra e son venuta per iscaldarmi i piedi. Ètempo di cominciare ad accendere i camini! - Era niente meno che Lara! In due mesi avevamolto cambiato, facendosi sempre più alta, sottile e pensierosa; non derideva più nessuno e,come da bambina, si compiaceva nell'ascoltare le chiacchiere e le fiabe della servitù; ma unatristezza infinita, quasi il riflesso di un dolore nascosto, le velava gli occhi, e un sorriso acre,di scontento e di noia, le increspava le labbra pallide.

Bastiano le ripetè le sue idee circa il camino e il focolare della cucina, poi si azzardò diporgere su un pezzo di sughero le patate arrostite, pregando Lara di prenderne qualcuna.Essa sorrise, stringendosi nelle spalle, sotto il corsetto oscuro, e spinse la sua affabilità sinoad accettare l'invito del servo; prese con la sua manina diafana una patata da quel vassoioassai democratico, sorrise nuovamente e mormorò: - Glielo dirò poi, perchè vedo venirPeppa… Sì, è meglio dopo, quando Peppa rientrerà per apparecchiare la tavola. Ora voglioascoltarli… mi divertono tanto! Ma come è sporco Bastiano! - Lo squadrò con uno sguardoannoiato, poi si guardò le mani che teneva incrociate sul grembialino di percalle oscuro, eprovò un brivido. In quel punto venne Peppa; era una ragazza di sedici anni, bellina, ma congli occhi piccini piccini e la voce grossa. Peppa e Bastiano si odiavano cordialmente dopo lascena della festa della montagna; si bisticciavano eternamente, rinfacciandosi ogni difetto edebolezza; pure avevano intervalli di pace, durante i quali regnavano con calma. In quellasera si trovavano in uno di questi intervalli. Peppa si sedette a piedi in croce accanto al fuocoe li sporse sulla cenere.

- Oh! sei calzata, Peppona! - esclamò il servo guardandoli.- Lo sei tu e non posso esserlo io? C'è il fango alto un palmo nelle strade. Ma guardi,

guardi, donna Lara, le mie scarpe sono rotte, è vero sì o no?- Sicuro!- Sono in trattative per rattopparle con mastro Erbasicca, il calzolaio dei poveri, come lo

chiamano, ma non possiamo accordarci. Lui pretende due lire; a me pare basti una lira emezzo!… - Si levò una scarpa, in istato davvero lagrimevole, e Bastiano la guardò con l'ariaimportante di chi se ne intende. Rise ed esclamò:

- Come sei sfacciata! E vuoi che per una lira e mezzo ti rattoppino quelle scarpe là! Benchèmastro Erbasicca sia il peggior calzolaio del mondo, non credo sia così imbecille darinnovarti quelle scarpe per una lira e mezzo! - Peppa cominciò ad alterarsi.

- Oh, oh! - gridò, - per chi mi pigli? Quanto hai dunque pagato perchè ti acconciassero gliscarponi?

- Come! - rispose Bastiano, adirandosi anch'esso e rialzando la ghetta di albagio su i grossiscarponi ferrati, - e metti le tue ciabatte al confronto di questi? Io ho pagato una lira emezzo, sì, ma i miei scarponi non bisognavano che di tre chiodi e di una toppa di cuoio, qui,su un buco. Il calzolaio, sentite come tutti sieno ladri nel mondo, pretendeva mettergli itacchi nuovi dicendo che questi si dovevano subito consumare, ma io, assolutamente, non hovoluto, e infatti, ecco, i miei scarponi conservano ancora gli stessi tacchi e sono

Page 53: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

buonissimi!…- Ufh…! Ciò appunto significa che io non devo pagare due lire!- Ma… per Dio santo, Peppa… tu non comprendi un acca!- Tu sei un mascalzone e vuoi aiutare i calzolai a rubare a man salva!- Peppa!… - gridò Bastiano con indignazione.La questione sarebbe finita con i soliti guai, se Lara non si fosse posta in mezzo dicendo:- Finitela! Non avete ragione nè l'uno nè l'altra. Due lire sono troppe, ma una lira e mezzo è

poco. Va bene una lira e settantacinque.- Dice così lei? - chiese Peppa convinta dall'accento salomonico della padroncina; - farò

così! Del resto spero che fra poco mi comprerò gli stivaletti elastici. Sono il mio sogno!- Tu! - esclamò Bastiano con ironia, - tu con gli stivaletti? Ma se non hai camicie!…- Avrò camicie e stivaletti col mio lavoro!- Ah, sì, gli stivaletti! Brava! Fazzoletti di seta, calze, camicie stirate, stivaletti! Ci avete

tutto ora, voi serve… ma avete anche una bella fama! - Peppa alzò le spalle.- Canta! canta, Bastianone! Vuoi dunque che si rimanga sempre nel fango come ai bei

tempi antichi?…- Sì! ma allora le donne avevano anche un po' d'onore! Ora non avete più nè onore nè

cuore! Oggi ho visto una vedova passata a seconde nozze e indossava il costume dellefanciulle che vanno a prime nozze… Uh! la svergognata! e Marta C*** a cui è morto ilpadre un mese fa? Era là al cimitero, oggi, allegra, quasi non le fosse avvenuto nulla, e i qualluogo poi! Dicono che quella lì abbia il busto sotto la camicia, come le signore. Ma se nevolete di peggio! Peuh! peuh!

- Come, sei stato al cimitero?… - chiese vivamente Lara. - C'era molta gente? Signori esignore? Molti?

Lara fu per fare una domanda che le abbruciava le labbra, ma non la fece; solo un tremitole increspò la bocca pallida, mentre Bastiano spalancava gli occhi ancora abbagliati dallemeraviglie del cimitero. - Eh! vi era il mondo! Là… là stupende corone di fiori che parevanoveri, con grosse ciliegie mature, e lampade… quante parevano veri! Perdinci! Se avessi tuttol'olio di quelle lampade sarei ricco… almeno cento lire d'olio!

Lara cominciò a divertirsi; sorrise della meraviglia del servo e disse: - Ti vorrei vedere alcamposanto di Cagliari, per non andare oltre. Lì, sì davvero che spalancheresti la bocca!

- Lì, illumineranno le tombe col petrolio… - rispose Bastiano, gettando uno sguardo ad unfanale che si scorgeva in lontananza.

- No! - esclamò Peppa, - a luce elettrica.- Eh? che cosa è questa luce?…Lara aprì le labbra per spiegare, ma come poteva, la luce elettrica e per rimettere in ordine

le idee di Peppa, ma questa non la lasciò dire.- È il lampo! - esclamò…- Il lampo? Il lampo!… - disse Bastiano pensoso e sbalordito.- Babbeo, - rispose Peppa, colpita da una sublime idea. - È il lampo che viene raccolto in

lampade di vetro, le quali dànno luce assai più che le lampade piene d'olio d'oliva!…- Ahi! ahi! - riprese il servo con un sospiro di angoscia, - nel mio villaggio natìo, mi

ricordo, il cimitero non veniva mai illuminato. Ma già! non vi sono neppure croci… i muricadono in rovina e il finocchio vi cresce che è una meraviglia. I paesani non ne colgonopunto, ma a mio avviso vi è un carro di finocchio!

- Sarà tutto il finocchio mangiato vita durante da coloro che vi sono sotterrati e che rinascesu di loro dopo morti! - esclamò Peppa; ma Bastiano, senza por mente a questa peregrinasupposizione, proseguì con serietà:

- Una volta, ad un paesano mancò un porcello che aveva allevato con infinite cure. Locercò nei monti, nelle valli, da per tutto, ma invano; disperava di trovarlo, allorchè morì unadonna del villaggio…

- Sta a vedere che fu lei a rubarlo! - osservò Peppa.- No! non siamo ladri noi come quelli del Capo di sopra!- Ma molto più imbecilli!

Page 54: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

- Finitela! - esclamò Lara. - prosegui, Bastiano!- Dunque morì questa donna. Quando fu portata al cimitero, indovinate che cosa vi si

trovò? Il porcelli che ci viveva da re mangiandosi il finocchio e… i morti!Peppa diede uno sbalzo sublime, esclamando: - santa Maria della Neve! È meglio esser

ladri in vita che lasciarsi mangiare, dai porci, dopo morti! Io sono stata ad O***, ma benchèquesto sia un villaggio miserabile, non si è, no, a questo punto. Invece di muro, il cimitero èchiuso da un recinto di fichi d'India, ma vi sono le croci e anche un guardiano, che puòbenissimo rappresentare la morte, tant'è magro e brutto e vecchio…

- Oh, oh! - fece Lara, - ci sono stata anch'io! Curioso il villaggio di O***, che non avevanomai visto signore, ci chiedevano meravigliati come mai potevamo andare al monte perportare la legna sulle spalle e a cogliere ghiande con quei vestiti e le scarpette lucide! Ah, ah,credevano che tutte le donne del mondo debbano salire al monte per la legna e le ghiande,come loro! - Questa poi è curiosa, sentite: entrate in una chiesa, ci avvicinammo all'altarecoperto da una tenda verde e cercammo di sollevarla, ma alcune donne si misero a strillare alsacrilegio. La curiosità allora crebbe in noi; chiamammo il sagrestano per farci conoscere ilsegreto dell'altare. Venne; era un giovanotto che si pretendeva assai istruito. Vedendocivestite da signore, credette che fossimo continentali; fece un grande inchino, e tirando conimportanza la tenda esclamò in italiano:

- Ecco, madame, questo è San Giovanni "pintato" da San Luca! - Noi ci mettemmo aridere. Quello non era San GGiovanni dipinto - voleva dire così con la parola "pintato". - maGesù Cristo steso crocifisso, scolpito e messo su una croce di legno nero… Lara riseschiettamente a quel ricordo; Peppa e Bastiano risero anch'esso per compiacenza, perchè inrealtà non trovavano serî motivi di riso in quella storiella.

XXVI.

- Come è scosceso il villaggio di O***! - riprese Lara. - Se si guarda in su, le montagnealte e bianche abbagliano gli occhi, - se si guarda in giù le casette piccole piccole, nere, quasirovinate, fanno rabbrividire. Io non so come ci si possa vivere!

- Nel mio villaggio, - disse Peppa, chiudendo gli occhi e sorridendo al dolce ricordo del suopittoresco e simpatico paesello lontano, - nel mio villaggio posto in cima dei monti soffiasempre il vento nel cielo limpido; si vede il mare in lontananza, e… e… oh, come è belloOrusse! - conchiuse non trovando parole per narrarne le meraviglie.

- Nel mio paese… - cominciò, e Peppa tosto lo interruppe chiedendo:- Ci sono signori nel tuo villaggio?…- Eh, sicuro. Non sono nativi però. C'è il segretario comunale, il maestro di scuola, il

medico condotto e… due preti.- Nel mio villaggio, formato di quattro vicinati assai distanti fra loro, le case sono tanto

grandi, che vengono del tutto coperte di noci, noccioli e castagni piantati davanti ad esse.- Allorchè ferve la raccolta di questi frutti, i tetti ne vengono coperti interamente; in questo

mese, poi, se soffia il vento nel mio villaggio, non piove acqua, ma castagne! Da noi si vivedi castagne come in certi villaggi, di fichi d'India. I castagni coprono grandi distese e laraccolta è permessa a tutti. Povere donne! Rimangono giorni interi raccogliendo castagne,che trasportano ad immense distanze e gettano in ispecie di pozzi, entro i quali si conservanofresche per tutto l'anno. Da noi il pane è quasi sconosciuto pei poveri che vivono tuttol'inverno esclusivamente di castagne e di noci. Chi ha la fortuna di possedere un cavallotrasporta questi frutti sino al Logudoro e al Campidano e li vende o li scambia con grano,legumi, olio od altro. Questi poveri commercianti varcano montagne orribili, pianure, valli,torrenti, quasi sempre a piedi, essendo il cavallino già troppo carico; la fatica, il freddo, leprivazioni li fanno soffrire assai, ma il pensiero di recare qualche soldo alla famiglia li rendepazienti e quasi allegri. Per ripararsi dal freddo, indossano strani calzoni di saia giallastra ebizzarri mantelli di albagio nero, corti dietro e lunghissimi davanti… - Un'altra industria delmio villaggio è la fabbrica di arnesi di legno di castagno, che trasportano anche per tutta la

Page 55: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Sardegna: cucchiai, forchette, taglieri, palette, mestole e cento altre cose. Vi è la scuolapubblica per ciò: tutti coloro che vogliono apprendere o insegnare quell'arte si riuniscono aduna loggia che li ripara dal sole o dal freddo, e gli scolari pagano cinquanta centesimi il meseai maestri!…

- Libri e giornali non ne conoscono dunque?- Ma che! Sono forse cose necessarie alla vita? La zappa, la scure, l'ascia, il fuso… ecco

ciò che occorre! Le ragazze del mio villaggio non li sognano neanche i libri! Quandoqualcuno ritorna dal fare il soldato e narra le meraviglie del continente, lo prendono per ungran fanfarone.

- Che ignoranti! Pure scommetto che sono felici! - esclamò Lara con un sorriso di tristezzae di disprezzo.

- Altro! Bianche, rosse, grosse, esse ridono sempre!- Beate! - fece Peppa con ironia, pensando che al loro confronto lei era istruitissima.Lara chinò la testa: il suo viso, a misura che la notte si avanzava, diventava sempre più

bianco, stirato, e l'espressione dei suoi occhi più triste e sconfortante.Si udì una voce che chiamava dall'interno della casa:- Peppa! Peppa! - La ragazza si alzò e sparì rapida come un fulmine: Lara restò sola col

servo, nella loggia nera illuminata dal fuoco. Il vento era cessato del tutto e in lontananzas'udivano già le tristi voci di una serenata, perchè, benchè fosse il giorno dei morti, i vivipensavano lo stesso a divertirsi. Bastiano sospirò e disse stirando le braccia:

- Eh, ora mi piacerebbe andare in giro.- Davvero? - chiese Lara con un sorriso negli occhi. - Purchè tu mi faccia un favore, ti fo'

concedere il permesso di uscire fino alle nove…- Cento favori, donna Lara! e poi non sono il suo servo?- Sì, - disse Lara guardandosi attorno e abbassando la voce. - Ma mi giuri di farlo e di non

parlarne?- Mi getterei sul fuoco per lei! - rispose Bastiano, curioso di sapere e commosso dalla

speranza di due ore di libertà notturna, esponendo infatti la sua manaccia alla fiamma.- Non tanto, non tanto, Bastiano!- Di che si tratta? - domandò il servo con voce sommessa.- Ma giuri?…- Sulla memoria di mia madre, giuro di fare ciò che lei vuole!La fanciulla sorrise di questo giuramento troppo arrischiato, poi trasse di tasca una letterina

bianca dall'elegante soprascritta e la porse a Bastiano mormorando:- Ecco cos'è! la metterai stasera stessa alla posta. Bada che nessuno ti veda! - Bastiano fece

un gesto di meraviglia: era questa il gran segreto? Prese la lettera e la nascose in tasca; unnido davvero poco profumato, ma sicuro, e mentre Lara rientrava per chiedere a donnaMargherita il permesso di lasciarlo uscire, egli pensava:

- A chi sarà mai? Ah, se sapessi leggere!…

Da un mese e mezzo Lara e Massimo si vedevano ogni tre notti al cancello dell'orto chedava sui campi. Si esponevano così ai più gravi pericoli del mondo, ma non se ne davanopensiero, credendo che le tenebre bastassero a sviare qualunque disgrazia possibile. Quantevolte non si è detto che l'amore è bendato? - Su Lara e Massimo gravava un odio di sangue, ela scoperta del loro segreto li esponeva magari ad un colpo di fucile o di pugnale, ma lorobenchè lo sapessero, non vi meditavano molto sopra, sicuri che una grande e splendida stellali proteggeva su, dal cielo dei monti fra cui eransi scambiato il primo bacio.

Si vedevano dunque ogni tre notti; due prole, tre baci, una lettera data e una ricevuta,all'ombra del vecchio cancello nero, e via; cinque minuti in tutto. Lara trovava il modo diuscire sempre senza essere vista e di rientrare lo stesso! trovava la maniera di scriverelunghe lettere a Massimo, manifestandogli tutti i suoi pensieri, le sue azioni, i suoidispiaceri, i sogni, i desiderii, i sorrisi e le lagrime, senza che nessuno se ne accorgesse, eriponeva tutta la felicità e la sua vita in quei brevi istanti, in cui il suo bacio ardente lericompensava le ore di veglia, di febbre e di pianto.

Page 56: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Ai primi tempi, Lara erasi formata un lieve scrupolo sui baci di Massimo; perchè infine,pensava, non era da fanciulla onesta lasciarsi baciare e stringere al seno da un uomo, perquanto lo si ami, là, davanti alla sua casa dove sua madre viveva tranquilla, credendo lafiglia un esemplare di purezza e di virtù, là, sotto il cielo sereno, da cui Iddio guardava congli occhi vigili e severi; ma lentamente questo scrupolo erasi dileguato. Massimo era il suofidanzato, per la vita e per la morte; lei gli apparteneva interamente, decisa di morire primadi diventare di altri, prima di dedicare un solo pensiero ad altr'uomo della terra; dunque nonesisteva peccato nei loro baci puri come i baci degli angeli, in quei baci ch'erano l'unica lorofelicità, il solo refrigerio di tante e sì lunghe ore di tristezza e forse anche di disperazione.Sicchè Lara finì col ricevere a fronte alta i baci del giovine, quasi tributo di tre eterni giornidi attesa e di melanconia; però non lo baciava mai per prima, mai!

Ogni giorno che passava accresceva il loro amore immenso, puro come il giglio fattoardente dai raggi del sole di giugno, e il mistero profondo con cui dovevano velarlo nonfaceva che rendere più intensa e grande la fiamma.

Senza dubbio Massimo adorava la piccola fanciulla con tutta l'anima sua, ma Lara loamava ancora di più. Ogni palpito, ogni pensiero veniva letteralmente consacrato a lui; loseguiva passo passo col volo della sua fantasia, lo vedeva assidersele accanto nelle ore disolitudine o quando la febbre costringeva a vegliare intere notti, e allora gli parlava,sorridendogli dolcemente, trovando per lui frasi d'amore che avrebbero fatto onore al piùgrande poeta innamorato, e nei giorni in cui doveva rivederlo viveva in un'ansia continuacagionata dalla paura di non potersi recare al convegno, o di essere scoperti, e dalla gioiafebbrile di rivederlo. Contava le ore, i minuti, aspettava tremando l'istante preciso di uscire,e appena si trovava fra le braccia di Massimo, stretta fortemente al suo cuore balzante, nontrovava più le belle frasi preparate, non sapeva dir nulla e tremava e sorrideva e scordavaogni angoscia, ogni lagrima, provando un voluttà sovrumana allorchè le loro labbras'univano e i loro occhi si fissavano al chiarore incerto delle stelle o della luna vagante fra lenuvole dell'autunno.

Poi rientrava barcollando chiedendosi se tutto ciò non fosse un sogno; le lettere diMassimo le assicuravano il contrario. Lara leggeva e rileggeva quelle lettere, baciandole espesso bagnandole di lagrime; erano lettere lunghe, ardenti, aspiranti il profumo di un amorepazzo e delirante; ma, come il nuovo amore di lei non rassomigliava per nulla al primo, cosìle lettere di Massimo non avevano nulla che vedere con quelle di Nunzio. - Chi scrive questepagine ha letto attentamente la corrispondenza scritta con qualche eleganza e con moltaschiettezza, ed appoggiandosi all'impressione ricevuta da quella lettura osa assicurarvi esserel'amore di Lara e Massimo forse uno dei più forti amori nati sotto il cielo ardentedell'appassionata Sardegna.

Lara se ne convinse una sera d'ottobre, in cui Massimo mancò per la prima volta alconvegno. Pioveva e soffiava il vento gelido di tramontana; pure, la fanciulla rimase alcancello per quasi mezz'ora aspettando, ma invano. Rientrò tutta bagnata, tremante difreddo, gli occhi spauriti e il viso orribilmente pallido. Perchè non era venuto? Mille confusipensieri le turbinarono nella mente per tutta la notte, mille paure, mille supposizioni, fra lequali la più orribile quella che il giovine avesse finito di amarla. Il vento che urlava fuorisbattendo la pioggia ai vetri della camera di Lara pareva avesse infernali sogghigni, vocilamentevoli che dicevano: - Massimo non l'ama più! Massimo non verrà più! - Laraascoltava, credeva e piangeva dirottamente, col seno contorto da spasmodici singhiozzi, mal'urlo della procella copriva i suoi gemiti e il guanciale ardente beveva le sue lagrime. Fuun'orrenda notte, e triste il giorno dopo e tristissimi i giorni che seguirono, eguali, lenti,monotoni, plumbei fra la gialla tristezza dell'autunno che si inoltrava.

Invano Lara si recava ogni notte al cancello, Massimo non ritornava! Intanto don Salvatoreaveva annunziato un suo prossimo viaggio ad un villaggio lontano, onde si sarebbe assentatoda X*** due giorni e una notte. Era una splendida occasione per vedersi a lungo, forse perl'intera notte; ma come avvertire il giovane, dato il caso che il timore della sua dimenticanzafosse davvero infondato?

La sera del due novembre le venne in mente l'idea di scrivergli per posta, pregandolo di

Page 57: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

recarsi la notte del tre al cancello.Bastiano impostò la letterina, senza sospettare neanche per sogno a chi fosse diretta, e la

notte Massimo e Lara si rividero.- Finalmente! - esclamò Lara.- Finalmente! - rispose lui stringendola al suo cuore.- Perchè non sei più venuto?- L'ultima notte, - disse Massimo, - un uomo mi vide uscire di qui e mi seguì per un tratto;

non lo conobbi, ma son certo ch'era un contadino. Per prudenza, non ritornai più…- Ti avrà conosciuto?- Non so; forse no, perchè anch'io non lo conobbi.- Se sapessi come ho sofferto! Credevo che tu mi avessi scordato!- Pazzerella!… - esclamò Massimo. E il bacio che le diede la convinse del grande errore in

cui era caduta.- Mi hai scritto?- Sì, e tu?- Anch'io!Si ricambiarono le lettere e si divisero. Nella sua, Lara avvertiva Massimo dell'assenza del

padre e gli indicava la notte in cui si sarebbero veduti a lungo senza pericolo. Quanto aquella del giovine, finì col far tornare il sorriso sulle labbra scolorate di Lara, che dimenticòinteramente quei quindici giorni d'inferno in attesa della prossima notte di paradiso.

XXVII.

- Rinchiudi bene le porte, Peppa: stasera il babbo è assente, tu lo sai bene, e ci potrebberofare qualche brutto scherzo, - disse una sera Lara alla serva, quando sentì suonare il toccodelle nove all'orologio della torre di Santa Maura.

Peppa assicurò bene tutte le porte, pi se ne andò a letto augurando la buona notte allapadroncina, che rimase leggendo accanto al fuoco. - Suonò un quarto… Lara abbandonò sulgrembo il libro che leggeva, ma di cui non capiva una parola, e alzò il capo. Dunque tuttidormivano! La mamma, la sorellina, le serve? Dunque il padre era assente e lei quella seraera sola, proprio sola? Un sorriso di gioia, d'incredulità, sfiorò le labbra di Lara e letrasfigurò la fisionomia, per il solito pensosa e dolente. Ma era proprio vero? non sognava?Suonò la mezz'ora. Lara si alzò, ma provava tale un brivido, che dovette appoggiarsi ad unasedia per non cadere.

Il più profondo silenzio regnava nella casa. Lara ascoltò attentamente, e i suoi occhi, giàabbastanza grandi ed oscuri, si fecero enormi, opachi, quasi velati da quel silenzio immenso,da quell'oscurità ch'era la sua vita, l'ora della sua gioia; poi si gettò uno scialletto biancosulle spalle e riaprì senza far rumore tutte le porte che Peppa, a sua raccomandazione, avevarinchiuso con più cura delle altre notti.

Ma se Lara temeva gli scherzi di cattivo gusto dei ladri, perchè riapriva le porte? Avevaforse sentito qualche rumore in giardino e, coraggiosa, da brava sarda, usciva per assicurarsiche di ladri non ce ne erano punto? - Infatti uscì in giardino, ma anche là regnava il silenzioprofondo delle notti d'autunno. La campagna brulla dormiva sotto le onde di luce argenteadel plenilunio; non una nuvola sul cielo di un azzurro limpido, latteo, stillante brina.Attraverso la solitudine della vallata risonava il murmure del torrente gonfio delle ultimepioggie, che precipitava fra le rupi delle montagne lontane.

Nient'altro! Non un profumo, non un fruscio, le rame secche si disegnavano quasi scheletrirossastri, esili, desolati fra l'atmosfera azzurra, nè il raggio della luna proiettava alcunarabesco di foglie o di fiori sul terreno spazzato dal vento della notte prima; solo la sabbiadel viale, che scricchiolava sotto i piedini di Lara, mandava un tenue riflesso sulle ormelasciate da lei. Così la fanciulla arrivò in fondo al giardino, si fermò al cancello e ascoltò.Nulla! a lei pareva un sogno; lei si sentiva allegra come mai in sua vita, lei avrebberinunziato, a un milione se le avessero detto: - Va' stanotte a letto e ti daremo un milione! -lei…

Page 58: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

- Lara! Lara!… - mormorò una voce al di fuori del cancello.Lara aprì, e prima che il pallore apportato al suo viso da quell'ultima paura fosse svanito,

due braccia forti e frementi le strinsero la vita sottile e due labbra di fuoco la tempestaronodi baci ardenti le gote bianche e le labbra gelide.

Oh, che ladro, che ladro strano! Era un giovine lato, elegante, avvolto in un mantello scuro.Lara chiuse il cancello e disse:

- Finalmente possiamo parlarci senza paura! Ma per più sicurezza sarebbe meglio ritirarcilà, dietro il giardino, sotto il loggiato.

- Fa ciò che tu vuoi! - rispose Massimo. E cingendole sempre la vita con un braccio,rifecero insieme il viale, in punta di piedi, guardandosi forte negli occhi scintillanti alla lucedella luna, con un sorriso e uno sguardo d'inesprimibile amore.

Arrivati sotto il loggiato, poco poetico e molto oscuro, ma da cui potevano udire i rumoridella casa, se mai a donna Margherita saltasse su l'idea di levarsi nella notte, Massimo sisedette su una sedia ivi preparata.

Perchè Lara aveva preparato una sola sedia? Disegnava forse di starsene ritta? Chissà! Ilfatto è che fece un moto per assidersi su una panca lì vicina, ma il giovine non glie lopermise. - Qui! Qui!… - mormorò, e attirandola e avvincendola di nuovo con le sue bracciala baciò ancora a lungo.

- Abbracciami anche tu, Lara mia, - disse, - e poi ragioneremo.Lara gli cinse il collo con le sue braccia sottili e intrecciò le sue piccole mani sull'omero

sinistro di lui. Che brivido acuto le tremava per le spalle e faceva scricchiolare il suo corsettostretto sotto la cintura svizzera del grembiale di lana rosa!… ma non era un fremito di pauranè di voluttà. Lara non temeva, il padre essendo assente, e, caso strano, non provava lavoluttà sì a lungo sognata, nel trovarsi finalmente sulle ginocchia del suo adorato, stretta alsuo seno, baciata sì ardentemente da lui. Restava inerte, con la sua percezione più acuta diciò che faceva; pure, si sentiva trasportare in un mondo diverso. Lo scintillìo delle stelo lediceva: - Bada, Lara, non è da fanciulla onesta lo starsene così di notte sulle ginocchia di unuomo mentre tuo padre lontano e tua madre che dorme ti sognano sempre pura e pia! Dio tivede! - e lei sentiva questa voce arcana, sentiva che diceva la verità. Provava un lieverimorso e mormorava: - Padre mio, perchè mi hai lasciata sola? - ma nello stesso tempodesiderava ardentemente che niuno venisse a costringerla a lasciare Massimo, e importavasidelle stelle, delle voci notturne e persino di Dio. Massimo era il suo Dio, e lei lo adoravaperdutamente.

Nel sentirsi così vicina a lui, che non vedeva per intere settimane, provava un piacereinfinito, ma tutto psicologico, casto, purissimo, e tremava solo perchè l'aria fredda dellanotte le pungeva la personcina poco coperta dal costume casalingo, le gelava il sangue giàassai freddo e molto calmo.

Massimo se ne accorse. Sorrise, aprì il suo ampio mantello e coperse accuratamente tuttaintera la fanciulla. Così formarono un graziosissimo gruppo; una grossa macchia nera su cuispiccavano la testa di Lara avvolta nello scialletto bianco e la testa di Massimo ombreggiatada un cappelli di feltro, molle, posto alla bizzarra.

- Così stiamo bene, non è vero? stai bene, Lara?- Sì!- Allora ragioniamo!- Ragioniamo!- Sei certa che stanotte non possono sorprenderci?- Certissimi! Mio padre, come ti scrissi, è partito stamattina e tornerà domani sera. In

quanto alla mamma, tu lo sai, non dubita di nulla, nè si leverà entro la notte. Se per caso sileva, noi udiremo i suoi passi attraverso il cortile e tu potrai scappare senza essere veduto nèsospettato…

- Sì, e tu? per me non temo nulla, è per te che temo, Lara mia.- Oh! io, - rispose ella guardando in alto con un sorriso, quasi cercando ispirazione nel

cielo, se la mamma mi sorprende qui prima della mezzanotte, le dirò che non sono ancoraandata a letto e che sto rinchiudendo bene le porte, come ella stessa mi ha avvertito; se poi

Page 59: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

mi sorprende dopo la mezzanotte le dirò che non potendo dormire mi sono levata e sonouscita, sembrandomi udire dei rumori. La mamma sa bene che io non ho paura di uscir fuorila notte. Ho anzi una rivoltella carica sul tavolino da notte, e all'occasione…

- A proposito! - esclamò Massimo, che intanto le aveva dato un bacio sotto il mento. - Hoqui la mia rivoltella e potrebbe esplodere. Permetti… - Riaprì il mantello, trasse fuori larivoltella e la pose sotto la sedia dicendo: - Se per caso dovessi scappare senza avere iltempo di riprenderla, tu, Lara mia, nascondila bene, magari sotterra, perchè, trovandola qui,diverrebbe il corpo del reato… - Risero entrambi di cuore: trovansi in tale stadio che laminima cosa li faceva ridere o piangere. Lara domandò:

- Dunque sei armato? di che temi?- Di tutto, Lara! Tu sia che pende la morte su di me, perchè t'amo e mi ami. Vado armato

per difesa, ma ti giuro sul mio onore che non adoprerei la rivoltella se non agli estremi, comenon mi armerei di questo se non dopo avere i polsi rotti… - E trasse di tasca un'altra armapiù terribile assai della prima, uno di quei tremendi pugni di ferro, di cui due o tre colpi benaggiustati bastano per mandare un cristiano all'altro mondo, senza fracasso alcuno. Lo provòsulla mano di Lara, ma era così piccola, che in ogni foro del pugno entravano due sue dita. -Non mi va! - disse lei pensosa, scotendo la testa.

- Eppure, - rispose Massimo, - una notte ho sognato che tu mi percotevi con uno di questo,alle tempia, chiamandomi infedele!

- Lo farei, se ciò fosse! Però, dimmi, stasera non occorreva che ti armassi tanto.- È sempre meglio prevedere, Lara. Vedi che mi sono anche quasi travestito. Sembro un

brigante calabrese!- Davvero! Ma un brigante molto simpatico, davvero, davvero…Intanto, fra un moto e l'altro, il mantello scivolando aveva scoperto le spalle di Lara, che

tremava nuovamente.- Vile di un mantello! - esclamò Massimo, ricoprendola. - Fa il restìo, il superbo! Ma

guardate un po' che imbecille! non voler coprire le castissime e adorate spalle della fanciullamia! Onore che sarebbe ambito dai re! Vorrei ben trasformarmi io in mantello per coprirlisempre, Lara bella, e questo stupido si fa pregare! Ma bisogna che serva lo stesso al suopadrone. Su, copri la mia Lara! stai bene così?

- Sì, - rispos'ella. - Il tuo mantello non vuol esserci complice! Di'! se domani parlasse!- Oh, starà pur zitto, come ora sarà testimonio a tutto ciò che diremo, o piuttosto complice

forzato e necessario! - Qui un nuovo bacio lunghissimo. Massimo tremava di tanto in tanto,chissà di che, quasi senza accorgersene, gli occhi sempre immersi in quelli di Lara,dicendole sempre: - Lara, Lara mia, come sei bella! sembri una Madonnina, così, con questoscialle bianco, sai! Come sei affascinante! Sai una cosa? Sei la fanciulla più bella edelegante di X***. Vai sempre elegantissimamente vestita. L'altro giorno ti vidi vestita dinero e mi sei piaciuta assai. Il nero ti sta benissimo; vestiti sempre così. Come sei bella ecara! Per me sei la fanciulla più bella del mondo. Sei un angelo non è vero? Sì, sei l'angelomio, il mio angelo custode! Lara bella!

Lara sorrise, ma di un sorriso strano. Si sdegnava nel sentirsi così lodata, a quell'ora. - No,sono una donna, Massimo. Gli angioli non si siedono in grembo dei loro amanti, di notte,assente il padre!

- Che dici mai? - esclamò il giovine.- Sì, Massimo! Credi che non sappia tutto il peso dell'azione che fo?- Ma che male c'è? - rispose lui, sdegnandosi a sua volta. - Che sarebbe dell'amore senza

intrighi, senza baci, senza convegni? Lara, non aver paura! Io sono un giovine onesto, e ilmio amore è al di sopra di ogni idea mondana. Sulle mie ginocchia sei sicura come,bambina, lo eri su quella di tua madre; e se hai fatto fermo proposito di diventar mia, nondevi provar rimorso, nè rossore alcuno! - Ma Lara, non convinta, rispose:

- Sì, sì, son belle ragioni le tue, ma, dimmi, se ora rientrando in casa tua, trovassi tuasorella seduta così con un uomo, con un uomo da cui la dividono mille ostacoli come me date, che faresti?

Lo fissò coi suoi occhi scrutatori, e lo sentì fremere.

Page 60: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

- Nulla! - rispose lui, dopo qualche istante.- Lo dici a me! - mormorò la fanciulla, rallentando le mani sulla spalla di Massimo, e

chinando la testa. - E ammetto che tu non faresti nè diresti nulla, ma dopo disprezzeresti tuasorella con tutta l'anima tua, non è vero?…

Massimo sospirò: pensava che Lara, forse aveva ragione e chiedevasi se dovevadisprezzarla perchè commetteva una leggerezza pur sapendolo, o se doveva amarla di piùperchè faceva ciò per amore di lui. Si fermò sull'ultima conclusione. In quel punto Lara glisembrò la più savia e buona fra tutte le fanciulle, splendida larva d'amore e d'onestà, e sentìche da quell'istante l'avrebbe adorata e stimata di più. Non sapendo come meglio esprimerlequesti sentimenti, la baciò ancora, ancora…

Ma lei, diventava triste: appoggiò la testa sull'omero di lui e mormorò: - Oh, se potessimorire così! - rinchiuse gli occhi, mentre il giovane le sussurrava dolcemente:

- Dormi! Dormi, mia adorata bambina! Ninna-nanna!…Forse Lara avrebbe finito con l'addormentarsi davvero, se uno strano grido non fosse

risonato poco lontano. Rialzò la testa e guardò Massimo: entrambi impallidirono lievemente.- Senti, Lara! Mi pare che ci sorprendano!Lei ascoltò ansiosamente. Il grido si fece di nuovo sentire più chiaro, più bizzarro; non era

voce umana, ma neppure di animale domestico, nè di uccello. Pure Lara, da buonacampagnuola, credè di riconoscerlo, e disse sorridendo:

- È il grido della volpe. Non temiamo! Son gli uomini che dobbiamo temere noi… -Tuttavia con un fremito nella voce sommessa, si strinse di nuovo al collo di Massimo.

- Gli uomini! sì, gli uomini! - rispose lui con un sospiro d'angoscia.

XXVIII.

Quasi nel medesimo istante vibrò in lontananza un trillo di chitarra, e una voce sonora checantava in gallurese una bella poesia d'amore. Massimo e Lara tacquero, come immersi inun'estasi sovrumana, guardando entrambi la medesima stella. La serenata si avvicinò, sifermò sotto le finestre di casa Mannu, e, per un caso assai strano, la voce cantò in logudoreseuna poesia adattissima ai due giovani amanti:

Appenas chi t'appo bidu,Su coro mi nd'has furadu,Amore m'has promittidu,Amore t'appo giuradu…Attenta! Su mundu indifu,Nos cheret contrariare…

- Senti! - disse Lara, fremendo.- Silenzio! - rispose Massimo.- Se sapessero che siamo qui! - disse Lara, dopo qualche istante.- Silenzio! - ripetè il giovine: sorrisero entrambi, mentre nella via proseguivano a cantare.

All'ultima strofa la voce si fece più dolce e flebile come una carezza, come una promessa, esi spense lentamente nel silenzio azzurro della luna e della lontananza.

Est su nostro amore,Angelicu e non mundanu,Chi su s'opponer est vanu,Naralis senza timore…Demus prestu, o bellù fiore,Su chelu in terra gosare!…

- Hai sentito?… - chiese Massimo, stringendo la mano a Lara: e a sua volta chiudendo gliocchi, appoggiò la fronte ardente sulla spalla di lei, che gli carezzò dolcemente il viso con le

Page 61: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

sue manine di bimba. Qui accadde un incidente curioso. Passandogli una mano sui capelli,Lara domandò: - Che c'è qui dentro?

- Semi di zucca!… - rispose Massimo scherzosamente.- Oh! oh! questa è bella! Dunque, la tua testa è una zucca? Va', non ti voglio più allora,

vattene!.- Davvero?- Sì!- Allora, addio! - Si levò e mise in piedi Lara; raccolse il cappello cadutogli per terra da

varî minuti, e fe mostra di andarsene.- E te ne vai davvero? - domandò lei, stringendosi le mani in tono piangente.- Ma se me l'hai comandato tu!… - rispose egli.- Pazzerello! L'ho fatto apposta per farti levar su, per rimetterti il cappello, perchè avevi la

testa fredda e poteva cagionarti del male lo stare a testa scoperta! -Massimo tornò a sedere. Lara riprese il suo posto e il mantello, suo malgrado, la ricoprì

nuovamente. Ricominciarono la strana conversazione.- Lara adorata, come sei buona! Ma tu tremi… come hai freddo, carina! Che notte infame

che ti faccio passare, Lara mia!- No, non ho freddo! - rispose ella, che pure batteva i denti, - ma tu appoggia di nuovo la

tua testa qui, e dormi, così va bene!… Senti, quando sarò tua moglie e tu dormirai, io verrò eper svegliarti ti dirò: - Su, Massimo! È ora di levarti! - e ti farò così! - Si chinò e lo baciòsulle gote, sul collo e finalmente in bocca… - Se a Massimo avessero schiuso il paradiso,non sarebbe rimasto più contento; quelli erano il paradiso, non sarebbe rimasto più contento;quelli erano i primi baci che Lara gli dava senza esserne richiesta. Una soddisfazione mai piùprovata gli allietò il cuore, gli illuminò la mente: spalancò gli occhi e, stringendo quasibrutalmente al suo seno la fanciulla, esclamò:

- Celeste creatura! Mi rendi il più felice tra i mortali! Come t'amo!… ah, se tu sapessi comet'amo, Lara! Non so esprimerteli, ma vorrei aprirmi il seno, vorrei introdurti nel miocervello, immedesimarti in me per dimostrarti tutta la forza e l'estensione del mio amore… Enon posso! Senti, Lara, se ti bacio così spesso e tanto a lungo, non avertelo a male; non è cheper dimostrarti in qualche modo il mio ardente ed inesprimibile amore. Io t'adoro, t'idolatro,morrò per te, angelo mio. Lara mia adorata… Lara mia, mia, mia!

Su questo tono Massimo parlò per un buon pezzo, mentre Lara lo ascoltava in estasi, gliocchi spalancati, fissi nei suoi, trasportata in mondi lontani, in quei mondi bianchi, dai fiorinivei, l'atmosfera argentea pregna di acuti profumi d'incenso e da melodie d'arpe invisibili,che aveva sognato nella vecchia chiesetta dei monti, nell'ora del crepuscolo e dellamelanconia.

Suonò la mezzanotte; ad ogni rintocco i due giovani si scambiarono un bacio, e Massimo,negli intervalli, mormorava, le labbra unite: - Cara, t'amo, Lara mia! - Quando le orecessarono di suonare, egli esclamò:

- Mezzanotte! Due ore e più che siamo insieme, e che non abbiamo detto quasi nulla! mano, è un quarto, è un minuto che sono con te, Lara, non è vero? perchè quando son solo, leore sono assai più lunghe… Di queste due quasi non mi accorsi!

- È ancora presto, Massimo; non temere; ci separeremo al cantar l'allodola, come Romeo eGiulietta. I nostri destini si rassomigliano. - Ritornò triste a quel ricordo, al ricordo dell'odioignorante, vecchio, ma non dimenticato, delle loro famiglie, alla inimicizia che li dividevainesorabilmente, e chinato il capi sul seno, pianse…

- Lara, Lara mia! - gemè Massimo, coprendole il volto di baci e tergendole le lagrime,come lassù fra le rupi, - non piangere! Vedi, metti la morte nel mio cuore. Spera, spera, enon piangere più così! Spera! I tempi cambieranno, e tu sarai mia e saremo felici! Maguarda, Lara, mi pare d'aver sentito rumore vedo ombre, là, nel cortile…

Lara cessò di piangere e guardò: infatti, correvano strane ombre su e giù e strani rumorifrusciavano là vicino… Tremò tutta, ma osservando e ascoltando meglio, si accorse esserequelli soltanto effetti di ombra proiettati dal lume, che aveva lasciato acceso dietro la porta, erumori destati da un gatto che si divertiva al chiaro di luna. Finì col ridere e riassicurò

Page 62: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Massimo, che intanto le fece questa domanda: - Dimmi un po', Lara, se ci sorprendesse tuamadre, che faremmo?

- È impossibile! È impossibile! - rispose lei, sbigottita e pallida.- Ma se accadesse?- Ah, Massimo, io non lo so, allora…- Io dico che inginocchiandoci innanzi a lei, la moveremmo a pietà: e allora, parte per

evitare lo scandalo, parte commossa dalle nostre preghiere, acconsentirebbe a lasciarcidiventar felici…

Il volto di Lara si oscurò orribilmente. - Massimo, rispose, - tu dunque non conosci lenostre famiglie? Senti, se stanotte venissimo scoperti, per sarebbe finita!…

- Che vuoi dire, Lara? T'uccideresti?- Sì, - rispos'ella con ferma convinzione.- Anch'io, Lara!- Se potessimo morire insieme! - mormorò lei, appoggiandosi ancora all'omero del giovine.

Trascorsero un momento tremendo, terribile.- Lo vuoi? - esclamò lui con un lampo negli occhi, chinando lentamente la mano alla

rivoltella. Lara ci pensò; fu per dire un "sì" terribile, ma in quel punto un'altima istintivasperanza e l'idea che la loro morte rinfocolerebbe l'odio nelle due famiglie, la rese forte.

- E avresti il coraggio di uccidermi? - mormorò con un singulto.- Sì, piuttosto che vederti d'altri.- Mai, Massimo, mai… mai!- Sarai sempre mia, sempre? - chiese lui, baciandola freneticamente.- Sempre tua col pensiero, sempre, sempre!… - Rimasero a lungo stretti, ricambiandosi un

bacio che tutto faceva scordare, mentre Massimo ricantava la sua dolce cantilena:- Cara, cara, tu sei l'angelo mio! Ora anch'io credo in Dio e nell'angelo custode, ch'Ei pone

alla destra dei credenti, degli uomini tutti. Tu sei il mio angelo custode, Lara mia adorata, edio t'amo tanto, tanto, tanto! Come sei bella! le tue labbra sono dolci come il miele… Lara…v'hai tu messo del miele?…

- Parliamo dell'avvenire! - esclamò lei ad un tratto, distaccando le sue labbra da quelle dilui inaridite dal lunghissimo bacio. Massimo la accomodò bene sulle sue ginocchia, laricoprì le fece appoggiare il suo capo sulla sua spalla e guardandola con indicibile amore,parlò a lungo dell'avvenire desiato tanto.

Quando Lara avrebbe compiuto ventun anni, lui la avrebbe chiesta formalmente in isposaai suoi parenti, pregando, umiliandosi, facendo di tutto in fine per ottenerla. Ma se, cosacertissima, i parenti avessero rifiutato, allora, Lara consentendolo, lui l'avrebbe presa con sèe, protetto dalla legge, l'avrebbe fatta lo stesso sua sposa.

- Ma come? - chiese Lara.- Sentimi bene, bambina bella! Tu una notte come questa, o magari peggio, poco importa,

verrai là al cancello, ov'io ti aspetterò. Ti porgerò galantemente il braccio e ce ne andremotranquillamente pei fatti nostri. Due giorni dopo, sarai mia…

- Sì? davvero? - riprese Lara, spalancando gli occhi.- Ove mi porterai?- Lontano, lontano! In una bella città, a Cagliari, o Sassari, per lo meno, dove io avrò

preparato tutto anticipatamente. Tutto, comprendi, la casetta, il corredo, l'abito da sposa, ilsacerdote. Se tu lo vuoi, sarai certamente mia moglie. Lo vuoi, Lara?…

- Lo voglio!- Lo sarai! Verrai dunque?- Sì, Massimo!- Me lo prometti?- Te lo giuro!- Cara fanciulla!Lara rinchiuse gli occhi: a che pensava in quel punto? Certo, era qualcosa di orribile per

lei, lasciare, fuggitiva, la casa paterna, che amava tanto, dove aveva tanto sofferto, ma dovepure erasi svolta tutta la sua esistenza, sognando sempre di lasciarla da sposa amata e

Page 63: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

felice… Ma dopo quella fuga, quale splendido miraggio non l'attendeva? Massimo glieneparlava sommesso, fremendo nella voce, chiudendo anch'esso gli occhi per sognare piùintensamente quell'avvenire tutto rose e azzurro.

- Dormi, Lara, dormi! - mormorava, cullandola soavemente fra le sue braccia. - Dormi esogna! con me sari la più felice fra le donne! Il giorno delle nostre nozze, cioè la notte dopoquel giorno che sarà il più lungo della mia vita, io ti piglierò per mano e conducendoti allanostra stanza nuziale, io ti dirò baciandoti:

- No, non chinar pensosa, - gli occhi e la fronte onesta. - Ecco la stanza ascosa. - L'arad'amore è questa! - E lieve lieve ti spoglierò dei tuoi abiti bianchi, coprendo di baci le tuespalle, le tue braccia e sollevandoti fra le mie, ti deporrò sull'ara bianca e profumata, dolce ebella vittima, e… spegnerò il lume!

Lara ritornò a spalancare gli occhi e li fissò sereni in quelli di Massimo. Strana creatura!Nessun fremito l'agitava nel sentire il giovine parlare così; anzi un sorriso le sfiorava il voltofreddo e bianco. Chiese tranquillamente:

- E gli stivaletti? Tu credi ch'io vada a letto calzata?- Ma no! - rsipos'egli senz'alterarsi. - Intanto però tu stai male così. Sei stanca? Ah, se fossi

un mago!- Che cosa faresti?- Comanderei che qui venisse subito posto un divano affinchè la mia diletta fanciulla stessa

comodamente seduta, oppure che mi si presentasse un cavallo alato. Io lo monterei, tipiglierei in groppa. E ce ne andremmo fra i monti ove sono tanti bei divani di musco fiorito,e là, fra i profumi silvestri dei boschi e dei fiori autunnali olezzanti nel plenilunio bianco…oh, come ben saprei parlarti d'amore, e dirti ciò che sento per te, ma che non possoesprimerti! Baciamo, Lara; s'io non ti bacio, tu te ne dimentichi, ne hai vergogna?

Per dimostragli il contrario, Lara dovette baciarlo: uno dei soliti baci che durarono unquarto d'ora.

- Ah, - disse lei alla fine, - come farò a confessare tutti questi bei peccati?- Come? Vai a confessarti?- Sicuro!- Credi in Dio, davvero, davvero? - Lara lo guardò, sorrise minacciandolo graziosamente

col dito, gli disse:- Sei furbo! Però io sono più furba di te!- Queste manine, queste care manine, dammele qui, che le voglio baciare! - rispos'egli,

stringendole le mani e baciandole i diti ad uno ad uno. - Come sono piccine! se potessiprenderle con me, quante volte le bacerei, queste manine care! Dicevamo dunque che andraia confessarti e che dirai i tuoi peccatacci ad un estraneo. Perchè non ti confessi con me!Quali sono i tuoi peccati, figlia mia?

- Cominciamo dal principio! - rispose Lara sorridendo.- Superbia?- No, non sono superba! Vana od avara? Neppure! pigra? assai, assai…- Ma che! Lascia che ti interroghi io, ora, Lara. Mi ami?- Molto, molto!- Mi sei fedele!- Fedelissima.- Sarai mia sposa?- Sì!- Mi amerai sempre?- Sempre, sempre, sempre!- Eccoti confessata! - concluse Massimo - La penitenza è un bacio.Lara la eseguì volentieri, ma intanto diceva: - E questa parodia della confessione non è un

peccato? Se ci sentisse Iddio!- Non può sentirci, Lara, perchè parliamo così sommesso!- Eppoi, - aggiunse lei scherzando, - credo che Dio sia sodo, prima di tutto, perchè è molto

vecchio, poi perchè io gli chiesi ginocchioni, fervorosamente, tante cose, e lui non mi esaudì

Page 64: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

giammai, sicchè come non sente le buone, non sentirà le cattive parole!- E che cosa gli hai chiesto, a Dio, Lara mia?- Ah, tante cose, tante cose! Ma torna inutile parlarne; le buone opere non si svelano mai, e

la preghiera è una opera buona.Qui Lara si mise a narrare la parabola del Pubblicano e del Fariseo, ma in verità. La

condizionò in modo tale da sembrare una favola di Esopo. Inoltre non riuscì a trovarne lafine e confuse un versetto della Bibbia con quel passo di Shakespeare nell'"Enrico VIII," chedice: "Voi avete i volti di angeli, ma il cielo conosce i vostri cuori!". - Massimo ne sorrise dicuore; invero la narrazione non era il forte di Lara, del resto assai istruita personcina diprovincia. Parlarono infatti di Marradi, di Neera e di Giogio Sand, ma soprattutto diStecchetti, che è il poeta più conosciuto e ammirato nella gioventù sarda, ne parlaronoserenamente, quasi si trovassero in una pubblica conversazione, ripetendone i più bei versi,che Massimo declamava, a voce sommessa, in un modo affascinante. - Perdettero però ilsangue freddo quando venuti al "Medio-evo," Massimo declamò quasi in alto quel piccolocapolavoro, e Lara lo accompagnò nei due ultimi versi:

"Non sai? Le scolte dormono,Son la figlia del re; baciamo in bocca!"

e naturalmente il giovine non se lo fece ripetere.Fu il bacio più lungo ed ardente, che i due amanti si diedero in quella notte di amore.

L'ora di separarsi si avvicinava. Un'acre tristezza si insinuava lenta lenta nell'anima di Lara,una tristezza infinita che non doveva lasciarla mai più. Massimo mormorava con dolore:

- Oh, Lara mia, quando ci sarà dato di passare un'altra notte come questa?- Quando? - ripetè lei con malinconia. E baciandolo appassionatamente, esclamò: - Ma chi

ci potrà dividere, chi?- Chi, Lara? nessuno!- Solo la morte! - rispos'ella.Rimasero a lungo in silenzio, stretti fortemente, col cuore dell'una unito a quello dell'altro,

le labbra incastonate, confusi insieme i palpiti, i respiri, gli sguardi, l'anime e i pensieri.Suonaron tre quarti. Il mantello era nuovamente scivolato dalle spalle e dalle ginocchia di

Lara; un raggio della luna al declino penetrava sino al loggiato, proiettando una pallida lucesu quel gruppo poetico, degno del pennello di uno dei nostri più grandi pittori moderni. Gliocchi di Lara brillavano di lagrime; il dolore e l'amore scolpivano una triste nota sul viso diMassimo, che mormorò alfine, staccandosi da quelle braccia sottili che la mano di un bimboavrebbe potuto troncare e che pure lo soffocavano: - Fra poco ci separeremo, Lara, fra poco;ma vivremo sempre uniti col pensiero, perchè non v'è altri al mondo che si ami come noi,non è vero, mia adorata?

- È vero!- Mi amerai sempre come ora?- Sempre!- Sempre tua…- Lara adorata!…I minuti volavano; una mano di ferro stringeva il cuore esulcerato di Lara, così che

sembravale, partito Massimo, di restare sola la mondo, barcollante in un vuoto orribile etenebroso.

Il suo volto impallidiva spaventosamente; venne a tal punto che sembrava una morta: sologli occhi oscuri splendevano su quel volto marmoreo, dando un segno di vita.

Massimo ne fu spaventato; le rialzò il volto con la mano ed esclamò: - Tu soffri, Lara! chehai? Dimmelo, Lara! Tu sembri una morta! Che hai? dimmelo! Ho un terribilepresentimento; che sia questa l'ultima volta che ci vediamo…

- No! - rispose lei, sforzandosi di parer tranquilla. - A me invece il cuore dice che saremofelici…

Page 65: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Ancora una volta si appoggiò alle spalle di lui e lo fissò.Si dissero con lo sguardo le ultime promesse, gli ultimi giuramento.- Che hai, Lara, che hai, cara adorata fanciulla? -Ripeteva Massimo baciandola soavemente.- Le quattro!. Son le quattro!… - rispos'ella con un sospiro, l'accento angoscioso e gli occhi

nuovamente pieni di lagrime…Si levarono e a passi lenti, come fantasmi, abbracciati, ritornarono al cancello. Un ultimo

bacio lungo e ardente, poi il cancello si aprì; Massimo strinse le mani di Lara, dicendole:Ricordati di me! - e partì, mentre il mantello, frusciando fra le sue pieghe oscure, parevaridere dei segreti che aveva intesi. E la piccola vergine bianca dai grandi occhi pensosirimase là, muta, ferma, gelida, finchè il passo del suo adorato non si spense nella lontananzasilenziosa…

XXIX.

Da quella notte i convegni di Lara e Massimo si seguirono regolarmente, senza incidenti, aintervalli di quattro notti, per tutto l'inverno. Fu quello un memorabile inverno per X***.

Il freddo più intenso, la neve quasi perpetua, i venti più furiosi, le procelle più desolantiinfuriarono per tutti i tre mesi della cattiva stagione sotto un cielo plumbeo, fra le nebbia cherendeva il paesaggio fosco e la città nera. Tutto ciò non impediva che Lara e Massimo siamassero, si scrivessero e si baciassero, come nei bei giorni di sole nelle splendide notti diluna. Poco importava loro che la neve coprisse la terra e il vento urlasse nell'aria; sfidavanoil freddo e la pioggia e ogni quattro notti si rivedevano immancabilmente là, nell'ombra delvecchio cancello. Lei avvolta in uno sciallo, lui nel suo soprabito, col cappuccio tirato sullafronte, o nel famoso mantello che Massimo considerava come sacro dopo che aveva ravvoltoil corpicino adorato della piccola Lara. E quando le loro mani si stringevano, e le loro labbrasi toccavano, il vento taceva, la neve si cambiava in un campo di fiori e il cielo assumevatinte splendide di croco e di malva azzurrina, per loro che non sentivano più il freddo escordavano le furie dell'inverno e l'odio degli uomini. - Fra le lettere di Massimo trovai unapoesia su questo argomento; anzi, per scrupolo, vi dirò che il periodo su detto l'ho copiato daessa, che, se ben ricordo, dice press'a poco così:

- È nero il cielo, la notte regna, furioso il vento fischia al di fuor.Ma a me che importa? l'oriuolo segna L'ora del nostro notturno amor.- A me che importa se triste fiocca la fredda neve dal fosco ciel?Per un sol bacio de la tua bocca Io sfido i venti, la notte e il gel.- Verrò fra poco, non disperati, se qualche istante dovrò tardar.Senza vederti, senza baciarti, come la notte potrei passar?- Benchè la folta tenebra il gramo cielo ricopra di morte e duol,Quando fremendo mi dici: t'amo! io veggo in alto splendere il sol.- E se il tuo labbro sul mio si posa, e forte, stretta, ti serro al cor,Io veggo il cielo tinto di rosa, e i campi verdi lieti di fior.- A me d'intorno non v'è la neve, se a te daccanto, diletta, io sto,

Page 66: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Non sento il freddo del verno greve, se la mia mano la tua serrò…- Regna la notte, la neve fiocca, ma il cor mi grida: non corri ancor?Ella t'aspetta! l'oriuolo scocca l'ora dei vostri notturni amor!

Così dunque trascorse l'inverno. Lara sentivasi sempre più triste, perchè sempre piùinnamorata, e benchè fosse perfettamente rassicurata sul lontano avvenire promessole daMassimo, provava un istintivo presentimento di sventura, e le sere del convegno una paurasempre crescente le dava la febbre prima di rivedere il giovine, alimentata dopo dalla gioiadi averlo riveduto senza essere colta da alcuno dei danni temuti. Il ricordo della sola notte incui eransi amati senza paura e così a lungo, stavale sempre fisso nel pensiero; rimpiangevaeternamente quella splendida notte, e spesso, fra le sue preghiere, mormorava:

- Oh, Dio mio, un'ora, un'ora sola di quella sera, e pigliatevi un anno della mia vita!…Rimaneva ore ed ore ritta davanti alla finestra chiusa, sui cui vetri picchiava la pioggia e,

conserte le braccia, contemplava la montagna lontana coperta di neve, il cui profilo siperdeva fra le basse nebbie color di piombo, e ricordandosi gli splendidi crepuscoli ivigoduti, fra quegli alberi ora schiantati dall'uragano, i sogni, il primo convegno, il primobacio, il profumo del muschio, l'olezzo dei lentischi e delle ginestre selvaggie, si chiedeva setutto non fosse stato un sogno o se sognava presentemente, o se non avesse letto la sua storiain qualche romanzo.

Allora la sua percezione si velava; vedeva la sua esistenza e il suo amore come vedeva lamontagna: attraverso un velo di nebbia e di pioggia; le sembrava che l'inverno non dovessefinire mai più, che sotto il gelo di quella vôlta di piombo e lo sgocciolare dell'acqua e ilsoffiar del vento il suo cuore dovesse raffreddarsi, indurirsi, e così, a poco a poco, tutto ilsuo copro, il suo essere, cambiarsi in un masso di granito insensibile alla furia degli elementie delle passioni umane.

Infatti cadeva inerte sul suo letticciuolo bianco e rimaneva immobile e fredda, la testapesante affondata sui guanciali gelidi, sinchè non si oscurava il triste e bruno crepuscolod'inverno, ma spesso lo scoccare di un'ora le dava quasi una scossa elettrica, le ridonava lavita e il sorriso, ricordandole che fra un'altra ora Massimo sarebbe giunto.

Nella notte invece, fra il tepore del letto e la musica infernale del vento e della pioggia cherisuonava al di fuori perdendosi nella valle col ruggito del torrente e il fremito dei boschi,Lara ricordava distintamente, ruminando le frasi dell'ultima lettera, le labbra ancora caldedell'ultimo bacio, e si cullava in curiose alternative di speranza e di disperazione. Facevaprogetti, immaginava la sua futura casetta fatta splendida reggia dell'amore, e si domandavacome l'avrebbe condotta, lei così piccola e inesperta. Si rimproverava la sua indolenza, la suanoncuranza nell'apprendere da quella finita massaia ch'era donna Margherita, le faccendedomestiche e il modo di governare la casa, e si proponeva di cambiar metodo.

Ecco che lei pensava a maritarsi con uno che certo non le avrebbe potuto dare serve ecameriere in gran copia, e non sapeva nulla, non pensava ad apprender nulla! Ma era proprioun affar serio. Lara sapeva eseguire pizzi al "crochet", sapeva un po' ricamare e cucire,preparare una tazza di caffè e rifare i letti; la sua abilità si spingeva sino al saper comporreuna frittella di farina, zucchero ed uovo, ma, ma… certo tutte queste belle cose nonbastavano, no!

- Bah! - pensava poi, confortandosi e volgendosi all'altro lato, - ci sono ancora due anni esette mesi e mezzo e imparerò!

- Due anni e sette mesi! - ripigliava poi, dopo un istante.- Due anni e sette mesi! - urlava fuori con sarcasmo il vento.Il riso di Lara si offuscava nell'oscurità e ben altri pensieri incalzavano nella sua mente,

allora, scacciando i sereni disegni della donna di casa. Tornava la fanciulla fantastica cheviveva di solo amore, e quei due anni e mezzo assumevano la tinta di un secolo, di un lungointerminabile secolo. Non dovevano passare più, e Lara morrebbe prima di arrivare alla sua

Page 67: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

meta. Era questa un'altra sua idea. Ella vedevasi e sentivasi consumare lentamente sottol'incubo della passione, e forse questo era una realtà, e morire prima di giungere alla fine deisuoi sogni. Due anni e mezzo! Trenta mesi di febbre, di paura, di attesa e di amore deliranteavrebbero ucciso l'uomo più robusto nonchè lei. - Su, era finita! Un giorno o l'altro, elladoveva, stanca di trascinare la più triste delle esistenze, cadere sul suo lettino bianco e nonmuoversi più, e richiudere gli occhi al sonno eterno, lontana da Massimo per cui moriva. Erafinita, finita davvero! La fantasia di Lara si spingeva persino al di là; e mentre fuori urlava laprocella, essa sognava ad occhi aperti un sogno orrendo: i suoi funerali! Ecco come unavolta ne scrisse essa stessa a Massimo, che si desolava leggendo quelle strane visioni:

- "Dovevo dunque morire, finirla per sempre, davvero, con una tristezza non piùsopportabile, eppure resa ancor cara dalla più ardente speranza. Mi pareva un sogno ebenchè avessi la più lucida percezione di ciò che mi circondava, pure vedevo i miei funeralisfilare lenti nella via; la bara sottile foderata di damasco bianco, coperta di rose, giglio egiacinti; e molta gente, come mai se n'era veduta al funerale di una fanciulla di X***-sentivo il monotono salmodiare dei sacerdoti, che mi cullavano dolcemente, entro la bara, ela voluttà di essere trasportata a braccia, in alto, stesa, vestita di bianco in quella cassa cheavevano foderato di velluto, che emanava il profumo del legno di pino…, e attraverso letavole sentivo il tepore del sole che splendeva al tramonto e vedevo ardere al suo riflesso ivetri chiusi della finestra ove ero morta!… E tu, e tu sempre là nella penombra, pallido,muto, addolorato…

"Ma io non provavo più alcun affanno, mi sentivo salva, tranquilla, e pensavo: Staseradormirò per sempre, per sempre! - mentre la cantilena dei preti, la cantilena funebre, eppurecosì calma, finiva in un ritmo bizzarro sfumato nell'aria olezzante di giglio e di rose, in dueversi che mi accarezzavano dolcemente, come più di una volta le tue mani ardenti miavevano accarezzato il mio viso, due versi sublimi di G. Prati che io non scorderò giammai:

L'ultimo sogno dentro l'avelloÈ il più bel sogno dei nostri dì

Il più delle volte checchè ne dicesse, Lara finiva col piangere disperatamente della suamorte precoce, ma la mattina di poi, nel trovare il suo guanciale, ancora umido di lagrime,dopo alcune ore di sonno, sorrideva dei suoi terrori e riaffidava la speranza al primo raggiodi sole, al raro lembo di cielo azzurro che illuminasse la campagna di neve o desolata dallepioggie.

Avvezza a vivere in una solitudine quasi campestre, la natura e gli elementi contribuivanoassai a rendere triste o speranzosa la sua anima. Come i fiorellini d'inverno, Lara sorrideva alsole e all'azzurro e chinava piangente la testa sotto la pioggia e il cielo nero. E quellasolitudine appunto era la causa del forte amore della fanciulla. Senza divaghi, senza latripensieri, sempre chiusa nel suo silenzio, circondata da una vita monotona, tranquilla, similead una pianura uniforme, infinita, Lara, con l'istinto ardente di un altro metodo di esistenzapiù conforme ai suoi gusti ed ai suoi desiderî, si aggrappava forte all'unica nota romanzesca,all'unico masso ergentesi nella sua landa, che era Massimo, e pensava sempre a lui,amandolo più intensamente, appunto perchè fuori della sua famiglia, non aveva altri affetti,altri pensieri, perchè lui era l'unico profilo che si disegnava, bello, spiccato, ardente, sullosfondo grigio del suo orizzonte.

Anche Mariarosa, l'amica del cuore, che prima l'affascinava, che assorbiva tanta parte deisuoi affetti, era ormai sparita, sfumata nella nebbia, nella lontananza. Tutto, amore, amicizia,stima, affetto, tenerezza, tutto erasi converso su Massimo, diventato il perno dell'esistenza diLara. E Lara, riposando su lui soltanto ogni sua speranza, cullandosi in una continua altalenadi speranze, di disperazioni, di sorrisi e di lagrime, contava sempre sulle sue piccole ditabianche e affusolate i mesi, i giorni che ancora la dividevano dalla famosa suaemancipazione; allorchè un fatto straordinario, impreveduto, accorciò il suo piccoloromanzo in un dramma dei più interessanti.

Page 68: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

XXX.

In quell'anno, verso la fine di aprile, Marco Ferragna diede una piccola festa da ballo inonore di un alto funzionario di X***, suo intimo amico, che doveva partire, essendo statotraslocato al continente. Siccome non aveva locali abbastanza vasti, Marco si contentò diinvitare un ristrettissimo numero di persone, cogliendole anche all'impensata, tanto che destòla disperazione delle signorine invitate che non avevano ancora pronta la teletta d'estate, -perchè di vesti scollate torna inutile portarne nei balli, nei piccoli centri sardi, - e la massimarabbia di quelle che non si degnò di invitare. Per uno i due giorni, questa festa fu il solitoavvenimento a sensazione nei crocchi di X***, tanto più che si arrivò a supporre in Ferragnal'intenzione di ripigliar moglie. La speranza spenta nei cuori delle fanciulle di X***rinacque: in poche ore furono preparati gli abbigliamenti; quasi per incanto, i vecchi abitidell'estate scorsa si rinnovarono, come si copersero di nastri chiari e di "plastrons" di tutte ivestiti oscuri dell'inverno, così da trasformarsi in telette deliziosissime, per quanto accollatee senza strascico: tanto possono certe idee e speranze fisse.

Ma che volete? Benchè si avvicinasse ai trentacinque anni, Marco Ferragna, sempreelegante, biondo e aristocratico, affascinava ancora e attirava a sè lo sguardo delle fanciulle,come uno di quei fiori esotici che costano tanto e che perciò appunto sono più desiati ecercati. A X*** v'erano senza dubbio giovani più belli, meno vecchi ed eleganti quantoMarco: perchè dunque non destavano tanto interesse e tanta simpatia? Chi lo sa? MaFerragna era così ricco!…

Sì, molto ricco. Ne diede prova nella notte del ballo, profondendo tant'oro nella festa di cuil'eguale non s'era mai conosciuta, nè ad X***, nè nei dintorni. Tutta la palazzina,splendidamente illuminata, - tranne la camera dov'era morta Lara, - fu posta a disposizionedegli invitati. In sala da ballo fu convertita la stanza da pranzo, la più vasta, guarnita di fiori,di lumiere e di specchi, ch'era una meraviglia. L'orchestra, composta di un pianoforte colrelativo suonatore, funzionava in un angolo, velata da un cortinaggio fiorito, sì che parevache le note scaturissero da un mazzo di fiori, vibrate nel tulle della tenda, il pianoforte e ilpianista essendo invisibili.

Il "buffet" magnifico, venne preparato in una stanzetta attigua, la teletta nella stessa camerada letto di Marco, dove infatti grandeggiava una bella teletta di noce a smalti dorati. Infineuna meraviglia tale, che le vispe e allegre invitate si domandavano ogni tanto se nonsognavano o se erano diventate eroine delle "Mille e una notte".

Soltanto Lara, che non erasi potuta sottrarre alle preghiere insistenti di Marco, intervenutadi cattiva voglia al ballo, non ammirava nulla, conoscendo già da cima a fondo le stanzedella palazzina, - solo si chiedeva ogni tanto perchè Marco di solito, sempre geloso custodedella sua casa, cui custodiva come un santuario, e nemico acerrimo dei divertimenti dopo lamorte di Lara che tanto aveva pianta, si fosse così ad un tratto convertito al chiasso e avesseaperto le sue porte a tutte quelle… persone che ella guardava con occhio distratto e che leparevano tante marionette, dal momento che Massimo non era fra esse. Così è! dove mancaMassimo, Lara non vedeva niente di bello: mentre se scorgeva un gruppo di persone, fra cuiil giovine, quel gruppo le pareva grazioso e interessante, quasi riflettesse la bellezza e lospirito di "lui".

Massimo, per ragioni inutili a spiegare, mancava alla festa da ballo di Ferragna: dunque,che mai poteva esserci di bello e attraente per Lara? - Aveva bensì ritrovate due amiche dellamontagna, che la divertivano assai sparlando delle altre invitate, trovando che dire nei loroabbigliamenti, nelle loro acconciature e persino nella loro maniera di ballare, ma ciò nonbastava per distrarla. Ballava volentieri, ma quasi sempre, a metà del ballo, si diceva stanca esi faceva condurre dal suo ballerino all'angolo più remoto della sala, ove, dal fondo di undivano, guardava con una leggera smorfia di noia le coppie che proseguivano a ballare ericadeva nel pensiero fisso che le faceva chiedere il perchè del repentino cambiamento diabitudini di suo "cugino, come sempre chiamava Marco.

Ma che, dunque, pensava davvero a riprender moglie? A chi faceva la corte? Per quantoosservasse, Lara non arrivava a scoprire nulla. Marco, gentilissimo con tutte, da esperto

Page 69: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

gentiluomo, faceva meravigliosamente gli onori di casa, ma non più in là, non più! anziaveva ripiombato le signorine nella disperante incertezza, perchè non ballava. A chi glienechiese il perchè, rispose che temeva di fare qualche brutta figura essendosi scordato la danza,non ballando più da circa sei o sette anni; però promise di eseguire con gli altri lacontraddanza.

- Ballerà la quadriglia! Stiamo a vedere chi invita! È certo lei la preferita! - si disserosottovoce le ballerine, al sapere questa notizia. Attesero con impazienza, ma rimasero contanto di naso allorchè Marco invitò la piccola Lara Mannu. Certo lo faceva per non urtare lasuscettività di nessuna, che gran politico! E con una smorfia di disillusione, deposeronuovamente le ultime stolte speranze che avevano sull'elegante e pallido e… ricco signore.

- Si diverte quel signore là? - chiese Lara al cugino mentre eseguivano la gran "promeade",indicando il re della festa, che, come Marco, non aveva ballato per nulla, ma eseguiva, anzicomandava la squadriglia.

- Pare, signora cugina! Si diverte più di qualche altra persona…- Di chi?- Di te, per esempio, che sembri la noia stessa.Lara si sforzò di ridere. - Ma io mi diverto un mondo! - esclamò. - Perchè dici che

sembrola noia in persona?…- Va là! Mormorò Marco fissandola in volto. - Ti diverti un mondo! Sta zitta, bigiardona, ti

osservo ben io… per poco non ti metti a piangere, la gran bambina che sei…- Cosa vuoi dire? Ma vuoi dunque che stia sempre ridendo?…- Ah, Lara!… "Changez vos dames!…" - fu comandato, e Marco dovette interrompere il

discorso. Successe una gran confusione in questa figura della quadriglia, tanto che a stento icavalieri ricuperarono le loro dame. Quando Marco offerse il suo braccio a Lara, questa glimostrò, tutta confusa, una manica del suo abito la cui guarnitura di tulle era tutta rotta. Comeciò le era accaduto Lara non lo sapeva dire, ma spiegò a Marco che non intendeva proseguirela danza con una manica stracciata… - Andiamo un po' in teletta, rispose lui, e non disperarticosì. Se vuoi, ti aiuto anch'io!…

Uscirono dal circolo e sparvero entrambi, mentre gli atri proseguivano a correre come tantibambini.

Nella camera di Marco regnava il pi grande disordine: scialli, mantelli, cappelli e sciarpegiacevano alla rinfusa qua e là sulle sedie e persino sul letto; le candele cominciavano aconsumarsi, spandendo una tinta offuscata da chiazze tremule di penombra, e attraverso lecortine delle finestre si scorgevano i primi chiarori scialbi, biancastri dell'alba fredda diaprile. V'era freddo lassù; il corruscare rossastro, livido della grande specchiera, i fioriappassiti, il riflesso gelido e bianco della mensola di marmo della teletta pareva avessero unacre rimprovero verso Marco, che aveva così profanato il nido del suo amore più sacroancora perchè estinto. - Lara se ne accorse "sentì" quel rimprovero, e anch'ella, con unastrana espressione negli occhi eguali al riflesso del marmo e dei cristalli, guardò il cugino,meravigliata ancora una volta del suo strano cambiamento.

Ma lui non vide nulla. Cercava una lunga spilla da cravatta, che doveva esser in un cassettodella teletta, per appuntare la manica, ma non riusciva a trovarla. In realtà il suo pensierocorreva in diverse direzioni, altrimenti avrebbe veduto più di una volta la spilla, che stavanel fondo, splendendo.

- Non c'è, - disse alla fine. Ancora chino, alzò gli occhi e guardò fisso la fanciulla, cherispose battendo i piedi:

- Infine!… Fa' una cosa, Marco, lega qui un nastro, perchè a me riesce impossibile con unamano, qui, sul mezzo… Farà una strana figura, ma non è nulla, tanto ce ne andiamo subito.Fa' presto! Qui non c'è un nastro, non una spilla. Oh, che bella teletta! Sciogli il mastro cheho sui capelli, presto! - Marco la obbedì e con le mani inguantate sciolse il nastro da cuiesalava un forte profumo di viola. Lara accomodò il tulle sgualcito e porse il braccio per"legarlo".

- Lara, - domandò Marco, mentre faceva il peggior nodo del mondo con le dita che glitremavano leggermente sotto i guanti, - perchè non sei venuta a trovarmi? Pure mi avevi

Page 70: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

promesso di fare il contrario. Ti ricordi la sera che sei venuta per chiedermi il permesso dichiamarti Lara? oh, Lara!… - Il suo volto si offuscò, e la fanciulla, credendo che ciòprovenisse dal ricordo della morta, fu per rivolgergli l'acre rimprovero che le inspirava ildisordine e il rumore della festa, ma non ne ebbe il coraggio e si contentò di rispondere:

- Che vuoi che faccia io nella tua casa? Non hai due domestiche? e poi… - Marco trasalì eil suo volto si fece ancor più triste.

- Le serve! Che bella compagnia! Perchè parli così, Lara?- Ma infine! - esclamò essa con impazienza. - Che vuoi che ci faccia io? Hai forse bisogno

della mia compagnia? Vuoi che venga a fare il chiasso qui, come altre volte, ora?…Ferragna credette di aver compreso. - Ah, signora Lara dunque segue anche lei le tradizioni

di famiglia? Davvero non ti credevo così ignorante!- Cosa vuoi dire?- Ah, sì, ho compreso! C'è qui il figlio di Massari, che piglia pratica con me…, dunque la

nemica non deve venirci più.Lara tremò e si fece rossa in viso. Ma visto che Marco non dubitava di nulla, si calmò e si

scusò adducendo cento ragioni. - Che vuoi che ci faccia? - ripeteva. - Ora tu non puoiraccontarmi più fiabe ed io non posso più ammirare i giocattoli del tuo salotto… Seistravagante, sai, scusami.

- È vero, sì, è vero! Sono stravagante…- Lara, se tu sapessi… - esclamò Marco, terminando di fare il fiocco. Si rizzò e la guardò

ancora fisso coi suoi occhi bruni e misteriosi. Una lieve sfumatura rosea erasi diffusa sul suovolto pallido e gli occhi splendevano al riflesso rossastro delle candele, che continuavano aconsumarsi formando ceree stallatiti su bugie di metallo e di alabastro. Perchè guardava Laracon tanta insistenza? E perchè Lara, per la prima volta in vita sua, provava una stranasoggezione innanzi a lui, il cui sguardo non era più sereno e calmo come per lo innanzi?

Lo abbiamo già detto: Lara aveva una grande intelligenza e una finissima percezione. In unlampo credette di accorgersi finalmente del perchè del cambiamento di Marco, e repenteprovò un senso di disgusto, di gravezza nel trovarsi così sola davanti al cugino, che avevafinito col considerare come vecchio, a furia di sentirlo dire da lui medesimo. Un'altra al suoposto si sarebbe sentita la più felice fra le donne; lei provò un acuto presentimento, quelpresentimento che da qualche tempo le gravava sull'anima e, sfuggendo allo sguardo ardentedi Marco, esclamò:

- Andiamo dunque! - Si mosse verso la porta, ma lui la seguì soltanto con lo sguardo,immobile, muto, le labbra contratte, immerso in un profondo pensiero, forse in una visione.

- Andiamo! - ripetè Lara sulla soglia. Si voltò e vide che Marco la guardava sempre nellastessa maniera. Finì col riderne.

- Non ti muovi? Sei incantato dunque? Vieni, chè la quadriglia finisce. - E siccome lui nonsi muoveva: - Allora me ne vo' giù sola. Dirò che ti ha vinto il sonno! Oh, che bel padrone dicasa! Marco?… - Aprì la porta; ma Ferragna allora parve destarsi, e slanciandosi verso di lei,le afferrò una mano e la condusse nel mezzo della camera, dicendo con voce concitata:

- No, non andartene, Lara, non puoi andartene! Dove vuoi andartene, ora che seirisuscitata? Oh, lo sapevo che dovevi tornare a me, Lara mia adorata! Ti aspettavo da setteanni, Lara, e ora che sei tornata, no, non ti lascerò più sfuggire…

Lara lo guardò trasognata, e gridò scuotendolo:- Ma sei pazzo dunque, Marco Ferra?…

XXXI.

- No, non sono pazzo! - rispos'egli pigliandole l'altra mano anche e stringendoglieleentrambe fortemente. - Non sono pazzo, Lara, o se sono pazzo, sono pazzo di amore…Perchè ti amo, Lara, vedi, ti amo da più di un anno, dal giorno che mi accorsi cherassomigliavi perfettamente alla morta. Non so ciò che è accaduto in me d'allora in poi:qualche grande rivoluzione che mi riaccese il sangue nelle vene e ridonò il sorriso della vitaalla mia mente e al mio cuore atrofizzati dal dolore.

Page 71: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

"Più di una volta, nelle mie ore più cupe di disperazione e di sconforto, una vocemisteriosa, la voce cara e adorata della morta, la tua voce, o Lara, mi confortò e mi disse: -Non piangere! Io ritornerò a te, mi alle tue braccia di fuoco, all'amor tuo! - E fidente inquella voce, attesi, uno, due, sette anni! Nel mentre il mio cuore, il mio sangue dormivano,la passione ardente, pazza, che avevo nutrito per Lara, restava latente, assopita anch'essa infondo alla mia anima, pronta però a risuscitare sempre grande e infuocata, insieme a Larache dormiva, che non era morta, che non poteva essere morta… Essa è risuscitata da più diun anno, con lo stesso nome, la stessa età, lo stesso viso, la stessa voce. Sei tu, sei tu, tu;sentimi, sei tu che finalmente ho ritrovato, che un momento fa vedevo andare e venire inquesta camera, ove abbiamo trascorsi tanti giorni felici, ti ricordi? Ove ricomincerà la nostrafelicità per non finire mai più! Lara! sei sempre la stessa: bella, bianca, i grandi occhipensosi, e il vestito trasparente! Perchè hai tardato tanto a ritornare? Mi trovi un po' vecchio,non è vero? ma se tu sapessi come ho sofferto! Che… anni! che lunghi anni di angoscia e ditormento! Esser solo, sempre solo, dopo esserti vissuto vicino, solo, nella casa gelida edeserta ove ero stato così felice presso il focolare spento e nelle stanze fatte oscure dalsilenzio! Ma ora tutto svanirà! Tu sei tornata, mia diletta Lara! tu sei risorta ed io nonpiangerò più, non starò più solo!…

E in un impeto di illusione e di amore, Marco strinse al suo seno la fanciulla, ma essamandò un lieve grido e si svincolò dalle sue braccia. Allora il giovine si accorse che Larapiangeva a grosse lagrime e fu richiamato alla realtà!

- Perdonami! - disse con angoscia. - Tu hai ragione! Io sono pazzo! Ma non piangere, Lara,no, giù le mani dal volto e ascoltami bene. - Sui appoggiò alla mensola di marmo, eintrecciando le mani sulla schiena, riprese, pallidissimo in volto, mentre Lara si asciugava lelagrime, pensando che in realtà il cugino conservava tutto il suo senno: - Nella mia vita nonami altri che tua cugina, ch'era perfettamente simile a te, come già ti dissi. L'amavopazzamente, tanto che senza di lei la mia vita si rendeva impossibile. E la feci mia,nonostante gli ostacoli che si opponevano fra di noi e l'odio che la mia famiglia non cessò diprodigarmi anche dopo la sua morte. Con lei, che mi amava d'un amore eguale al mio, fuiper qualche tempo il più felice fra i mortali, tanto felice, che la mia felicità mi spaventava,che mi chiedevo cosa mai avevo fatto di buono per meritarmela. Ma sul più bello, quando ilmio amore per Lara era giunto al parossismo, alla venerazione, al delirio, la morte recise lasua giovine testa e d io rimasi solo, muto, desolato, davanti al cielo splendido che irrideva almio dolore, fra i fiori che non mi servivano che per adornare una bara! - Marco tacque unistante, gli occhi socchiusi e le labbra tremanti al ricordo di quel giorno tremendo. Lara, cheal suo solito credeva di sognare, vide una lagrima cadergli lungo la guancia di marmo, e nonci volle di meglio perchè anch'essa si rimettesse a piangere, pensando però al dolore cheavrebbe sofferto lei stessa se Massimo fosse morto.

Le sembrava che Marco parlasse ad altri e che lei fosse semplice spettatrice; anzi, da unmomento all'altro, pensava di gettarglisi al collo per confortarlo e carezzarlo come faceva dabambina. Ne sentiva una grande pietà, ma il suo cuore non palpitava nell'udirlo parlare diamore, e nello stesso tempo la vanità faceva capolino in fondo in fondo e le faceva chiedereperchè mai tanti uomini, belli, istruiti, moralmente grandi, infine, secondo il suo parere, siinnamoravano così di lei. Ferragna riprese: - Ecco che ricominci, Lara! finiscila e sentimicon attenzione. Non è un fanciullo che ti parla, è un uomo, un "uomo", bada bene, un uomoserio che ti ha vista bambina e che ora ti ama giovinetta. Più volte ti dissi ch'ero vecchio, maciò non è: sono ancora giovane, molto giovane, Lara, non ostante i miei anni; però non sonopiù un giovinetto che fa dichiarazioni d'amore così, per passatempo, senza saperne quasi ilperchè. Sono nell'età in cui realmente si ama, in cui non si può tornare indietro, nè andare inavanti se per caso il mio amore venisse destinato all'infelicità eterna… - Tu mi comprendi,Lara: tu che sei intelligente, che hai lo sguardo stesso, quindi lo stesso ingegno dell'altra…

- Dunque essa mi fu rapita! Fui per impazzire… non pensai al suicidio, perchè ciò che èuna viltà ed io non sono un vile; ma se avessi potuto morite senza cooperare neancheindirettamente alla mia morte, oh, come sarei stato contento! Vissi! Solo, in questa casapiena di memorie e di amore, trascinai la mia esistenza col sorriso sul labbro davanti alla

Page 72: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

folla che odia chi soffre, ma con le lagrime nella solitudine amara di questa camera fredda edeserta, felice davanti agli uomini, ma col tarlo dello sconforto rinchiuso nel cuore. Oh,come ho sofferto, Lara! come invocai la morte e l'oblìo, quante notti di febbre trascorsi qui,qui, qui! E quante volte la sua dolce immagine, così vestita di bianco, così sottile e bellacome sei tu, non sorse negli angoli oscuri di questa camera e mi disse: - Non piangere! Iodevo ritornare! - Era una speranza stolta, un'illusione che calmava nella notte il mio spasimo,ma che mi faceva sorridere amaramente alla luce del giorno. Gli anni passavano: a poco apoco, sotto il mantello del tempo e della lontananza, il mio dolore sfumò: mi rimase unaprofonda melanconia e la sola speranza della morte che si avvicinava. Finii col credermivecchio, ma un giorno sentii il mio cuore palpitare nuovamente, il sangue riscaldarsi nellevene, e rividi la visione di Lara, la rividi però reale, vera, palpabile. Eri tu! ti ricordi? Erimalata, e io, consigliandoti di andare ai bagni, ti diedi un bacio… Tu ti alterasti… io pensaiche non eri più una bambina e ti guardai e rividi in te Lara… Lara che da quel giornoincominciai ad amare, che credetti fermamente risorta! Da quel giorno ho pensato sempre ate, ma attendevo che tu fossi un po' più grande per spiegarti il mio segreto. Non lo aveviancora indovinato? Il credevo di sì, perchè non ritornasti più qui, come da bambina, perchè tivedevo sempre triste e riservata con me! Ho sperato sempre! Non è possibile che tu non miami! Sono convinto che l'anima di Lara si è trasmessa in te…, quindi devi amarmi. Sì, deviamarmi, Lara! poco importa che io abbia tanti anni più di te. Sento che la tua anima è grandepiù che non debba essere… E pi, Lara, tu sei istruita, sei intelligente e nessuno potrebbecapirti quanto me, che ti vidi crescere e che t'ho sempre amata. O almeno son certo che nonami nessuno. Sei triste, perchè ti manca qualcosa necessaria alla tua anima come l'aria aifiori. È l'amore! Lara, io t'offro il più grande amore che si possa desiderare…: accettalo esari felice! Ecco che sorridi! Ah, mia diletta Lara, ho indovinato! Tu mi ami, o almeno miamerai, non è vero? oh, perchè non mi sono spiegato prima d'ora, anticipando la nostrafelicità? Come sarà contento tuo padre! Sai, diventerai la più ricca e felice dama di X***.Come saremo felici! Mi amerai, non è vero? ma che dico? Mi ami già… mi hai sempreamato! Eri triste, perchè credevi che io non ti amassi… Invece!… Sorridi alfine, Lara mia,per sempre mia, e perdonami se non mi sono spiegato prima! Come ti amo! Ma tu pure miami, non è vero che mi ami?… - Dicendo così, Marco erasi avvicinato a Lara, tento che leultime parole gliele sussurrò all'orecchio. Il silenzio e il rossore di Lara confermavano le suesperanze: essa non sapeva che dire, non trovava parole e si sbalordiva vedendo la stranaillusione del cugino, verso il quale essa non aveva assolutamente nutrito atro affetto che diparente, e che, come si è detto, considerava per non più giovane. La sua ardente loquela, cheavrebbe commosso un sasso, non tanto per le parole ma per l'accento affannoso appassionatoe per la pronunzia affascinate, non riusciva che a farla più intensamente pensare a Massimo,a meditare sul dolore che avrebbe provato se lui fosse morto o avesse cessato di amarla. Esentiva meraviglia, spasimo, pietà. Che doveva fare? Rispondendo no, avrebbe recato uncolpo doloroso al cugino, forse destato sospetto in lui, che l'avrebbe costretta a confessare ilterribile segreto de suo amore. Rispondere che l'amava, poi, era impossibile, una menzognache le ripugnava e la atterriva. Che fare, che fare? Marco intanto continuava eloquentementeil suo discorso, promettendole un paradiso d'amore e di felicità; ma lei non lo ascoltava più,gli occhi vaganti in cerca di un'idea, di un mezzo qualsiasi per sottrarsi diplomaticamente aquel pericolo tanto più compromettente perchè impreveduto, l'anima in cerca di Massimo perchiedergli un consiglio e un aiuto. - Se fosse stata libera di sè, o senza la paura di vederescoperto il suo amore, Lara forse avrebbe accettato il cuore di Marco e avrebbe consacrato alui la stessa passione che consacrava a Massimo, o avrebbe risposto recisamente no; maMarco era giunto troppo tardi, giunto in un momento in cui Lara non poteva più amarlo nèrespingerlo francamente per non destare i suoi sospetti e forse anche la sua vendetta. Chefare, che fare? La povera fanciulla restava immobile sempre nel medesimo sito, le bracciatremanti, martoriando con le manine inguantate i nastri del suo vestito: giù dalla sala daballo salivano le ultime note della quadriglia e il vociare confuso dei convitati, chenell'allegria ardente del divertimento non avevano posto mente alla lunga assenza delpadrone di casa con la sua piccola dama; le candele continuavano a consumarsi con un acre

Page 73: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

profumo di fiori secchi, e già la luce cilestrina dell'alba, penetrando attraverso le cortinebianche, disegnava un circolo glauco, cinereo in fondo alla camera immersa in una stranatinta rossa smorzata. Non si può spiegare il motivo, ma è certo che spesso basta un riflesso,una nota, un'ombra, per dettare un'idea. Lara guardò il fondersi delle due luci, quelladell'alba e quella dei lumi spegnentisi, e un raggio le brillò negli occhi umidi di pianto.Ascoltò le ultime frasi di Marco, che la scongiurava a non aver vergogna nel dirglifrancamente che l'amava, e gli rispose:

- Non posso risponderti ora, Marco, ma ti chiedo otto giorni, otto soli giorni. Te nesupplico, otto giorni soltanto!… - Questa strana risposta fu un getto di ghiacciosull'entusiasmo e la speranza del cugino.

- Otto giorni! - disse chinando la testa con delusione. - E sieno! Ricordati però che si trattadella mia vita o della mia morte…

- Lo ricorderò! - rispose Lara con una leggera smorfia di incredulità.E ridiscesero nella sala da ballo, mentre finiva la lunga quadriglia comandata dal re della

festa.

XXXII.

Per otto giorni Marco visse in una crudele incertezza, cullato ora dalle più dolci speranze,ora dai sospetti e dalla disperazione; e benchè davanti alla gente e persino con la stessa Lara,che vedeva di frequente, si mostrasse calmo, freddo, impenetrabile, entro al suo cuorefremeva d'una fiera procella, e l'insonnia turbava le sue notti nuovamente piene di sogni e didesideri. - Aveva detto a Lara ch'era un uomo, ma in realtà, dacchè l'amore erasi ravvivatonella sua anima - diciamo "ravvivato", perchè certo Marco amava Lara soltanto per la grandesua rassomiglianza con la morta, - egli era ritornato giovane, molto giovane, quasi fanciullo.A poco a poco, quello strano e fortissimo amore lo aveva stretto fra le sue spire, comel'ellera la quercia, rendendolo fantastico, sognatore, debole qual giovinetto dominato dallaprima passione della sua vita. Era abbastanza se riusciva a non dimostrare i suoi sentimenti;in fondo rimaneva lo stesso come dieci anni prima, con gli stessi pensieri, le stessedebolezze, gli stessi ideali.

Tant'è vero, che s'era illuso al punto di credersi amato da Lara. La tristezza della fanciulla,il suo cambiamento di carattere, la sua riservatezza, i pallori, le lagrime, le distrazioni cheegli osservava fissamente da qualche tempo, indovinandone il motivo, ma ingannandosisulla persona che le causava, tutto, tutto, tutto s'era preso per sè, acciecato dalla sua passionesempre crescente di giorno in giorno, a misura che Lara cresceva e si faceva più seria, quasibella di una bellezza fantastica e ideale. Sicuro d'essere padrone di quell'anima misteriosach'egli credeva di conoscere profondamente, mentre gli era del tutto, ma proprio del tuttoignota, rimetteva di giorno in giorno la sua dichiarazione. Che poteva temere? Amato daLara, amato da don Salvatore, che forse, chissà, sognava lo stesso sogno, che poteva temere?Viveva sicuro dell'avvenire, e lasciava che in fondo al suo cuore crescesse il novello fiore, lasplendida rosa nata su di una tomba, ma che doveva ridonargli tutte le voluttà della vita edella felicità, pronto a coglierla alla prima occasione per offrirla alla piccola fata, cheinconsciamente, con la verga magica de suoi diciotto anni e dei suoi grandi occhi pensosi,aveva fatto risorgere il sole sul suo pallido orizzonte velato dalle prime tinte del crepuscolo.La sera del ballo, Marco non intendeva punto dichiararsi; un'illusione, il profumo del nastro,il braccio di Lara, mille nonnulla l'avevano precipitato, dando palpiti forti al suo cuoreringiovanito, lampi di amore al suo pensiero eccitato dall'ora, dall'ambiente, dagli sguardi dilei.

La risposta di Lara, data mentre egli credeva di vedersi cadere fra le braccia la fanciullaebbra di amore e di felicità, come dicemmo, fu un getto di ghiaccio sul fuoco delle suesperanze, che da quel momento cominciarono a vacillare e a tremolare. Dunque, s'eraingannato? Lara non lo amava… forse ne amava un altro! Questo pensiero ridestava in luidolori e passioni da molto spente nel suo cuore. La gelosia lo tormentava mentre il suoamore cresceva davanti agli ostacoli, ma in pari tempo la ragione gli gridava che non aveva

Page 74: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

alcun diritto di pretendere l'amore di quella fanciulla, da cui lo distaccavano quasi vent'annidi età, quella fanciulla che sarebbe stata ancor giovine e bella mentre lui si gelava sotto icolpi della vecchiaia e dell'impotenza.

Ma vederla di un altro! Ma piangere nuovamente quasi per la sua morte, mentr'ella vivevaancora e prodigava il suo amore e i suoi baci ad un altro forse meno degno di lui!Ricominciare la lotta contro l'angoscia e il lutto invadente, ritrovarsi nuovamente solo dopoun anno di sogni e di progetti, ripigliare la maschera dell'indifferenza e sentire ridesto entroil cuore il tarlo dello sconforto e della disperazione, combattere di nuovo contro lasolitudine, la desolazione, gl'istinti della fantasia e dell'anima, cercare ancora un oblìo, unconforto nel lavoro, nel tempo, nella lontananza, - perchè egli non credeva nell'oblìo delleorge, dei piaceri o della gloria, d'altronde irreperibili nell'ambiente in cui viveva, - vedersispegnere il fuoco del suo deserto focolare non appena riacceso, attendere muto, solo, gelido,l'incalzarsi degli anni, l'assopirsi del cuore, l'ultimo crepuscolo della vita… - era troppo, eratroppo! e si ribellava, sperava di nuovo e ritornava a tessere la sua tela d'oro, ma invanocercava un raggio di speranza negli occhi di Lara che sfuggivano il suo sguardo ansioso, -ricadeva nella disperazione e attendeva con ansia e paura il termine di quei lunghi ottogiorni, dicendosi più di una volta che, in realtà, dalla risposta di Lara dipendeva la sua vita ola sua morte, almeno moralmente.

Giunse finalmente. Era una bella mattina di maggio; una di quelle splendide mattine chesolo fra le montagne e le vallate sarde di possono ammirare, in cui pare che il sorriso di Diosi rifletta nel tremolìo azzurro della nebbia profumata, fra le lamine d'oro degli uccelliinnamorati, nei fulgori dei fiori montani olezzanti fra le perle della rugiada e il pulviscolod'oro del sole. Mai come in quella mattina Marco aveva gustato gli incanti della naturavergine, mai come in quella mattina erasi sentito più solo e triste davanti alla valleverdeggiante e alle montagne azzurre.

Fin dalle cinque lavorava nel suo studio, solo, davanti alla finestra che dava sulla valle,perchè da qualche tempo non apriva più l'altra che guardava sull'orto dei Mannu, forsetemendo che i giovani praticanti nel suo studio vedessero Lara e se ne innamorassero.Nessuno dei giovani era ancora giunto: Marco contava di recarsi sul tardi al Tribunale, dovedoveva sbrigare alcuni affari, poi di recarsi da Lara per dirle che l'ora giungeva, allorchè laporta dello studio girò silenziosamente sui cardini e Lara entrò, dopo essersi assicurata nonesservi che lui, leggermente, trascinando i piedi senza far rumore, come la sera in cui eravenuta per chiedere il permesso di chiamarsi Lara. Soltanto, questa volta, non vestiva più abruno, nè il suo viso era roseo e spensierato: no. Pallida, ma decisa, con un lieve sorriso dimistero sulle labbra, vestita di grigio chiarissimo, quasi azzurrastro, Lara si avanzò fino alloscrittoio. Marco alzò il capo, sorrise, si lasciò sfuggire di mano la penna, e i suoi occhisfavillanti chiesero prima delle labbra:

- Ebbene?- Ebbene, - rispose lei fredda, - gli otto giorni sono trascorsi!- Ebbene, ebbene? Hai deciso, non è vero? parla!- Sì, ho deciso! Chiedi pure la mia mano a mio padre!Marco respirò. - Finalmente! - esclamò, alzandosi. - Ne ero sicuro; pure, temevo. Ma

siediti, Lara, chè ragioneremo.- No, non aspetto.- Mi ami dunque? - chiese Marco fissandola negli occhi. - Non m'ingannavo dunque? Ma

perchè farmi così aspettare dunque?- Quanti "dunque!" - esclamò lei ridendo. - Non cantare subito vittoria, caro mio, non ho

detto tutto, vedi. Ho da farti sottoscrivere un patto, prima di tutto.- Ma mille patti, Lara, mille! Parla… farò tutto per te, purchè tu mi ami e acconsenta a

diventar mia.- E soprattutto non cercherai di chiedermi alcun perchè…- Nessuno! Parla!- Ecco il mio patto. Non sposarci se non fra tre anni precisi, tre anni ad oggi, cinque

maggio 1888.

Page 75: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

- Tre anni, Lara! ma è un secolo! Perchè?…- Ah, cominciano i perchè? - esclamò Lara, facendo mostra di andarsene. Lui la trattenne.- E sia! - disse. - Purchè tu sii mia,. Ti aspetterò tutto il tempo che vorrai.- Così va bene! ora me ne vado… Tocca il resto a te! Marco voleva rattenerla, ma lei fuggì, lasciandolo però ebbro di gioia e d'amore davanti al

cielo splendido, ai fiori di maggio e agli uccelli che intessevano idilii graziosissimi fra lerame dei boschi e le fratte della valle.

"…Mia adorata Lara, - la tua lettera mi ha recato la più grande sorpresa di questo mondo.Ferragna innamorato di te! Ferragna che si crede amato da te e ti vuole per sua moglie!… Seavessi veduto crollare le montagne, non sarei rimasto più sorpreso e impaurito, sì, ancheimpaurito! Perchè le tue paure, mia povera e amata Lara, sono così giuste che le dividocompletamente anch'io. Sì, è vero ciò che tu dici: rispondendo di "no" suscitasti il dubbionell'animo di Ferragna che ha indovinato esser tu l'innamorata, ma che s'illude credendosiesso stesso l'oggetto dei tuoi vergini sogni ferventi e farà di tutto per scoprire il tuo arcano.Saremmo perduti! Conosco profondamente tuo cognato; so che è generoso e buono, ma sonocerto che tutta la sua buona volontà cadrebbe sapendo esser io il suo rivale, io! io che glidevo tanto, che egli ama come un fratello, per cui spezzò le esigenze ridicole della folla checi considerava nemici, che mi considererebbe come il serpente che riscaldato nel suo seno loha morsicato non appena il calore del suo corpo gli ha ridonato la vita!…

"Sì, Lara mia, Marco finirebbe con l'odiarmi e farebbe di tutto per vendicarsi, perstrapparmiti dal cuore. Perchè invano noi gli diremmo che ci amiamo da molto, che nonsospettavamo il suo amore, che lo rendiamo infelice contro la nostra volontà

"Non v'ha ragione che valga dinanzi a un'anima esulcerata; e Marco dovrebbe soffrire assaisapendo che tu ami il nemico della tua famiglia, vedendo crollare i castelli plasmati dalla suafantasia…; perchè deve amarti assai, alla sua età, se io ti amo già tanto alla mia. Ma chi nont'amerebbe, Lara, chi?

"Con tutto ciò, io non ti consiglio di dimenticarmi, di amare Ferragna e di gettare di repentenell'abisso della morte e dell'infelicità il tuo povero Massimo per ridonare un lampo di gioiae di sorriso all'ultimo venuto, che non potrebbe, no, benchè ricco e nobile e stimato, rendertifelice come ti renderò io; - non te lo consiglio, perchè d'altronde so che sarebbe inutile,conoscendo tutto il tuo amore per me, ricordandomi che tutto un passato un passato di sogni,di promesse, una ferrea catena di baci, avvince per sempre il nostro avvenire. Solo, per la tuapresente tranquillità, per la sicura riuscita dei nostri progetti, approvo la tua idea, quelpensiero che, mi scrivesti, ti fu inspirato da un riflesso dell'alba confuso con l'ultimo barlumedei lumi morenti. Oh, è ben triste mentire, è ben terribile fare il male per giungere al bene, èben doloroso scrivere sullo scudo delle nostre azioni la fosca massima: "il fine giustifica imezzi!" - ma che possiamo noi fare? E poi non è che cullare volontariamente per qualchetempo le stesse illusioni, non è che rimettere ad un altro giorno il crollo di queste, che puredeve succedere, oggi come domani. - Sì, così va bene, come tu hai pensato. Accetterail'amore di Ferragna, e protetta da questo, continuerai ad amarmi sino al giorno in cuipotremo amare a fronte alta e cuore sicuro.

"Sarà per lui un colpo terribile… quando vedrà sfuggire di mano la sponda fiorita checredeva di aver afferrato, lo so e lo sento pensando allo spasimo che proverei nel perderti,Lara mia dorata; ma giacchè tu non puoi formare nello stesso tempo la felicità di due cuori, èd'uopo che ne spezzi uno. A te la scelta: se tu credi che Marco sia più degno di me, se seicerta che con lui sarai più felice che con me, che non posso offrirti nè ricchezze nè onori, masolo un'anima che vive solo per te, perchè tu l'ami, una intera giovinezza di sogni, d sorrisi,il primo fiore, l'ultimo fiore di una vita tutta tua… oh, Lara, io chinerò lo stesso il capo senzaun lamento e nell'oscurità dei miei giorni deserti e solitari vivrò - se vivrò, - almeno come unraggio lontano di luce, che sarà il riflesso della tua felicità. Il velo più denso sarà steso sulnostro passato, vivremo come se non ci fossimo mai conosciuti, e tu, per far tacere la vocedel rimorso che ti ricorderà esservi nel mondo una povera esistenza, infelice perchè untempo da te amata, dirai a te stessa: Fu un sogno!"

Page 76: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Questa lettera di Massimo, infiorata da tante altre belle cose che mi tornerebbe troppolungo copiare, decise Lara nel rispondere favorevolmente a Marco. Inutile però dire che lafanciulla non esitò un momento per restare sotto la bandiera del giovine nemico della suafamiglia. Dopo aver letto la sua lettera, che baciò tanto, e di cui alcune frasi le fecero venire igrandi lagrimoni di perle negli occhi così facili al pianto, si sentì calma, sicura, anzi provòuna specie di gioia al pensare che se non altro, l'amore di Marco, agevolava la suacorrispondenza con Massimo. Infatti, fidanzandosi al cognato, chi poteva sospettare che leiamava un altro uomo e lo corrispondeva?

Aveva così sofferto, o almeno nella sua anima in fiore i piccoli dolori avuti avevano tantainfelicità, che finiva col diventare egoista. Prima di tutto non poneva cieca fede sull'amoresviscerato di Marco: credeva sinceramente a quello di Massimo, e sicura che lui solo laamava al punto di morirne se quest'amore gli venisse contrariato, non sapeva capacitarsicome due uomini nello stesso tempo amassero una sola donna, e pensando che, per giustalogica, Marco non avrebbe poi tanto sofferto nel conoscere l'illusione, si preparò, senzapensarci quasi, ad ingannarlo nella più triste e leggiera guisa.

Tutto andò come doveva andare. Marco chiese in isposa Lara.Per poco don Salvatore non cadde colpito da apoplessia, tanta fu la sua gioia e il suo

contento: che importava se Marco era vedovo e contava il doppio dell'età di sua figlia?Anche fosse stato sei volte vedovo, purchè senza figli, cioè senza eredi, e vecchio disessant'anni, don Salvatore sarebbe restato contento lo stesso. Eh, che? Marco non era forseuno dei più ricchi proprietari del circondarlo? Tanto ricco che, anche si fosse chiamato colnome odiato dei Massari, don Salvatore lo avrebbe accolto lo stesso nella sua casa,deponendo il bacio della pace sulla sua fronte, e Lara fra le sue braccia di sposo.

Donna Margherita ne fu pure lieta: gli uomini erano tutti eguali davanti al suo pensiero.Diventando moglie di Marco, Lara restava quasi nella casa paterna, sempre vicina a suamadre che l'amava assai e per cui il distacco sarebbe stato dolorosissimo.

Dunque, Benvenuto Marco Ferragna! - solo la piccola Pasqua, che cominciava ad avereidee sue proprie, scosse la sua bella testa bionda quando seppe questo strano progetto dimatrimonio, e guardando fisso co' suoi grandi occhi d'oro il volto pallido della sorella,sorrise lievemente, con una espressione di dubbio e di mistero…

XXXIII.

"Il nostro cuore è un serpente che divora se stesso, l'animo nostro un vapore, che i venti sitraggono in giro", - Cantò Edoardo Rod. - Nonostante l'apparente tranquillità, Marco, Lara eMassimo vivevano come sotto un incubo, il cuore divorato da se stesso, l'animo perduto nelvortice di un presentimento angoscioso. Massimo temeva… di che? Di nulla, ma nelle orevespertine, allorchè solo pensando intensamente a Lara, che in quell'ora sapeva vicina aMarco che le parlava d'amore con la sua eloquenza ben cognita e affascinante, provavaun'acre tristezza, una paura infinita, indistinta, che le lettere di Lara, sempre più ardenti, nonriuscivano a far sfumare interamente. Lara temeva… di che? Non sapeva neppur essaspiegarselo, ma il vecchio presentimento rumoreggiava nuovamente nel suo animo, nèl'essersi fidanzata a Marco, riusciva, com'ella aveva sperato, a farla sicura e fidentedell'avvenire. Marco temeva: anche la sua paura pareva infondata, senza senso nè base, main realtà non lo era. Temeva di non essere amato da Lara, che rimaneva fredda,inesorabilmente fredda dinanzi alla sua passione ognor crescente, che non sapeva rivolgergliuna parola d'amore, che non aveva ancora voluto dargli un bacio, un fiore, uno sguardoappassionato, la cui manina restava gelida ed inerte fra le sue febbricitanti.

Egli la studiava, l'osservava, aspettava con ansia un lampo da quegli occhi adorati, unfremito, una sfumatura su quel viso pallido, stirato, impenetrabile, ma invano. Lara rimanevasempre triste, il pensiero rivolto altrove, il corpo che le si consumava lentamente sottol'impero di una eterna e ignota malattia, e ogni giorno che passava convinceva Marco di nonessere amato. Perchè quella tristezza, perchè le lagrime che spesso sorprendeva negli occhi

Page 77: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

di lei, perchè, infine quella settimana chiesta per decidersi? Perchè?Ora Lara veniva adorata in casa sua; don Salvatore ne aveva fatto un idolo; Marco la

copriva di cure, di amore, di carezze, di regali, parlandole ognora di una splendida felicità;ma essa non si commuoveva, o spesso, come colpita da un improvviso pensiero, facevasforzi che a Marco riuscivano più dolorosi della sua stessa freddezza. - Che mistero eraquesto? O Lara si sentiva malata, o innamorata di altri. Marco si decise a chiederglielo; essaprotestò, e siccome lui insisteva con calore e convinzione, lei si riscaldò più per paura cheper altro, e giunse persino a lasciarsi baciare in fronte dal fidanzato. Se ciò per Lara fu unsacrifizio e le recò rimorso, in Marco non produsse alcun cambiamento di idea. Avevaritrovato la fronte di Lara fredda come il marmo di una tomba, anzi passò nel suo sangue lostesso brivido di freddo e di morte provato nel dare l'ultimo bacio a Lara morta…

Così i giorni scorrevano, eguali, tristi in fondo, splendidi nel cielo eternamente azzurro etra i profumi delle rose di una magnifica primavera. Marco indovinava un mistero, lo sentivaaleggiare intorno a sè, vicino o lontano da Lara, ma non cercava di squarciarlo; non volevasquarciarlo. Come Lara, anch'egli contava i giorni, dimentico dei suoi anni, in attesa dellafine così lunga che non osava accorciare, sapendo che solo dal filo di una obbedienzacompleta, dipendeva la sua felicità, e sperava che, una volta sua, avrebbe ben egli saputorisvegliare l'anima di Lara e renderla ardente e fedele come egli la sognava. - Chissà! - forsela riservatezza, la freddezza di lei dipendevano da un naturale istinto di timido e purissimopudore, forse egli s'ingannava… sì, s'ingannava! Come Lara l'avrebbe accettato nonamandolo? amandone un altro? Era una cosa assurda.

In quanto al pensiero che Lara avesse un'altro amante, Marco non lo sognava neppure.Tutti, tutti a X*** conoscevano oramai il suo futuro matrimonio, tutti, sino i bimbi, sino igatti e i sorci, che forse avevano anche partecipato alle chiacchiere e agli infiniti commentifatti su ciò. Come dunque era possibile che altri amasse Lara sapendola sua fidanzata?

E intanto Massimo la rivedeva e la ribaciava ogni quattro notti, all'ombra del vecchiocancello che dava sui campi: se l'amore finto e diurno di Lara andava stentatamente,strascinandosi in una via molto difficile e irregolare, l'amore notturno, il vero e grande amoreardente nel segreto del suo cuore, progrediva regolarmente, illuminato dalle stelle del cielo edella speranza.

Molte volte Lara veniva ad assidersi accanto al fidanzato ufficiale, nella vasta camera dapranzo illuminata da una lampada bianca, dopo aver appena finito di leggere la lettera diMassimo, le cui frasi le risuonavano al pensiero mentre Marco le parlava di cose allegre, maindifferenti, davanti ai genitori, con le guance e le labbra ancora rosse della rosa dei baci delgiovine Massari, e spesso provava un sùbito rossore, un rimorso, una specie di vergogna,credendo che Ferragna scorgesse sul suo volto quei baci, leggesse nel suo pensiero quellefrasi; ma poi sorrideva con egoismo, quasi con derisione, e alzava le spalle dicendo fra sè: -Ma che? ognun per sè e Dio per tutti!

Diventava cattiva, senza dubbio, sì, diventava cattiva! Ma perchè Marco era venuto nellasua vita? Non ci mancava che lui, Dio mio!

Nessun incidente era occorso da due mesi circa, allorchè, una notte, Massimo, una notteoscura sul finire di giungo, nell'uscire dal cancello vide un'ombra rizzarsi a pochi passi didistanza e seguirlo con insistenza sino all'interno della città, sino al primo fanale accesonelle viuzze oscure e solitarie.

Il sangue gli si gelò nelle vene: senza dubbio quell'"uomo", perchè Massimo non soloaveva riconosciuto il sesso dell'ombra, ma gli era sin anco sembrato di ravvisare unpopolano, - lo spiava. Lo aveva riconosciuto? Forse no, come lui non aveva riconosciutonell'oscurità il volto dell'altro, - ma per maggior prudenza Massimo non si recò al prossimoconvegno, nè al secondo nè al terzo, aspettando con la morte nel cuore che passasse qualchesettimana, per sviare i probabili sospetti, e attendendo che Lara lo avvisasse una secondavolta per ricominciare i convegni. - Ma Lara non l'avvisò, per la buona ragione che neppurlei erasi più recata al cancello nè aveva notato le sue assenze. Che era accaduto?

L'indomani dell'ultimo convegno un uomo chiese di parlare a quattr'occhi con l'avvocatoFerragna.

Page 78: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Era un vecchio pastore, che qualche mese prima Marco aveva difeso, salvandolo con la suaeloquenza e i suoi maneggi da un venti anni di sicura reclusione, perchè imputato digrassazione e oppresso da prove quasi schiaccianti. Inoltre, sapendolo poverissimo e padre diuna numerosa famiglia, non avevalo spogliato, come qualsiasi altro avvocato, delle pochegregge che componevano tutta la sua esistenza e quella dei figli, ma dandogli del suo loaveva rimandato con Dio.

Il pastore gli aveva per ciò posto un forte amore, una riconoscenza senza limiti, e soventesoleva dire che se un'altra persona dovesse mai entrare a far parte nella Trinità di Dio, questaera certo Ferragna si chiamava Luigi, soprannominato Morolungo, probabilmente per la suaalta statura e la sua carnagione nera come un africano. Vestiva, al di spora del costume untoe lacero, una specie di sopravveste di pelli nere con la lana, ridicola, informe, ma usatissimada pastori sardi, talchè nell'elegante studio di Marco Ferragna, che pure vedeva visitatori diogni colore, formava una macchia molto stonata e assai poco pulita.

- Ebbene, compare Luì, - gli disse familiarmente Marco, - in che posso servirvi?- Servirmi! - rispose il pastore, sgranando gli occhi con un lampo di gratitudine. Le pare?

Non me ne ha già reso abbastanza dei servigi e di carità? Vengo piuttosto a sdebitarmialquanto verso di lei. Ma siamo davvero soli?

- Sicuro! - esclamò Marco, messo in curiosità.Luigi Morolungo accostò delicatamente la sua sedia allo scrittoio, tutto timoroso di

insudiciare i mobili o le carte, e parlò a lungo con l'avvocato. A misura che egli parlava,Marco impallidiva, quasi ascoltando la rivelazione di un tremendo segreto e dopo che Luigise ne andò, seguito da uno sguardo di odio e di riconoscenza insieme, egli chinò il capo frale mani e rimase così, lung'ora, muto, immobile, col cranio flagellato da una di quelletempeste di pensieri più terribili di quelle del mare. Luigi gli aveva rivelato che Lara, la suafidanzata, faceva l'amore con Massimo Massari: li aveva visti lui stesso con un altrocompagno, una sera dell'agosto passato, baciarsi fra le rocce della montagna, sotto l'elce delcastello; aveva riveduto Massimo uscire dal cancello dei Mannu una notte dell'ottobretrascorso; aveva la sera prima assistito al colloquio dei due giovani dietro al cancello, eveniva a rivelare tutto al fidanzato tradito, veniva a parlare non ostante la minaccia di morteche Massimo gli aveva prodigato sulla montagna, ove del resto egli e il compagno avevanofatto mostra di non riconoscere Lara, - veniva a pagare con la sua delazione, col suo vilespionaggio, il sacro debito che conservava con Ferragna.

Marco lo credè, ma gli fece giurare di non dire ad altri quel segreto, se davvero volevamostrarglisi grato. Dal canto suo s'impegnò formalmente di non pronunziare il suo nome.

Il pastore giurò e se ne andò contento di essersi in qualche maniera sdebitato, senzaaccorgersi che aveva spezzato il cuore del suo benefattore tre anni prima che ciò dovessenecessariamente accadere, lasciandolo immerso nella lotta spaventosa dei suoi sentimenti.Triste, terribile lotta! Una di quelle lotte che spezzano l'anima, come i pugni di ferro lafronte, che insensibilmente sfiorano le chiome, sotto cui fremono i imbiancano la radice diqueste, che bruciano gli occhi col pianto secco della disperazione, pianto senza lagrime,senza singulti, senza spasimo, che si indura sul cuore e vi rimane sopra schiacciandolo comeuna pietra. Non tenteremo di descrivere questa lotta, essendoci impossibile. Oh, la penna, lapenna di Victor Hugo, per un'ora sola, per descrivere queste lotte interne, queste tempeste inun cranio! Senza di essa chi mai potrà descriverla? Non la mia povera penna, di certo…

XXXIV.

… Vinse l'egoismo. Due mesi prima, avrebbe vinto la generosità: due mesi dopo, ilpensiero del lungo inganno sofferto, della finzione quasi ignobile di Lara, di cui Marcoindovinava la cagione, fece pendere la bilancia dal lato cattivo. Dopo lunghe ore di lotta e sispasimo, Marco decise di rendere a Massimo pan per focaccia. Riversando tutta la colpaverso il giovine, del cui ardire temerario si meravigliava altamente, Marco provava unagrande pietà per Lara. E decise salvarla: con lo strapparle dal cuore questo amore fatale chedoveva finir male ad ogni costo, col farsi amare da lei, si vendicava di Massimo e rendeva

Page 79: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

felice Lara e ritrovava anch'egli la felicità tante volte perduta.Non pensò neppure di assicurarsi coi suoi propri occhi se il pastore gli aveva detto la

verità: agì subito, a sangue caldo, il volto ancora pallido di sorpresa e gli occhi stravolti,dopo alcune ore che gli parvero secoli. Verso l'imbrunire si recò da Lara, che lo accolse colsuo solito fare cortese ma freddo.

- Andiamo in giardino, - disse Marco, - ho da parlarti…Uscirono: donna Margherita si affacciò alla finestra per non perderli di vista, ma ciò non

impedì che Marco offrisse il braccio a Lara e la conducesse sotto gli alberi.Era un bizzarro imbrunire: dal cielo velato piombava giù un caldo asfissiante, grave,

umido; non un soffio di brezza, non una delle splendide tinte dei crepuscoli estivi. Nell'ortonon si muoveva una fronda, non cinguettava un uccello: i cactus bianchi, i gigli bianchi, lerose bianche olezzavano con un profumo fortissimo che inebbriava; e su, sulle creste deimonti, vaghe strisce di nebbia tremavano con un triste sorriso grigiastro. - Quando furonotanto lontani da non essere intesi, Marco si fermò e guardò fisso la fanciulla, più tristeancora e fredda del solito, pallida sotto quel tetro crepuscolo di piombo. Solo allora essa siavvide del turbamento di Marco…

- Che hai? - gli chiese. - Perchè sei così pallido?- Nulla, Lara!… E che dovrei avere quando tu ti pigli il più crudele gioco di me? Lara, mi

pare che sia tempo di finirla!…- E sempre sospetti! Che vuoi dire? Non ti comprendo…- Andiamo avanti, e ascoltami. - Camminarono avanti, ma si fermarono vicini al castelli. -

Non mi comprendi dunque Lara? chiedi allora a questo cancello ciò che voglio dire…Lara tremò, si vide perduta. Marco sapeva tutto! Tuttavia cercò farsi coraggio ed esclamò

con un sorriso forzato: - No, ne capisco più poco! Su, signor cancello; risponda lei! Nonrisponde!…

S'inchinò al cancello, ma, buon per lei, esso restò muto. A Marco fece male questo scherzo:i suoi nervi orribilmente tesi vibrarono come sotto una scossa elettrica e il suo volto divennelivido.

Lasciò il braccio di Lara, e disse ruvidamente: - Giù la maschera, Lara, giù! Il cancello nonpuò rispondere, ma ti risponderò io per esso. Ieri notte, qui, proprio qui, tu, Lara Mannu, haiparlato d'amore con Massimo Massari!…

- Taci! - gridò Lara con terrore e spasimo. - Taci, per pietà!Si appoggiò al cancello tremando, e Marco le vide gli occhi bagnarsi di lagrime. Quelle

lagrime finirono col disarmarlo. Si guardò attorno, e visto che nessuno poteva vederli cercòdi abbracciare la fidanzata per meglio confortarla del dolore che lui stesso le avevacagionato, ma Lara lo respinse dicendo:

- Lasciami! Come puoi abbracciarmi, dopo tutto? - Non cercò di negare, non potè: avevafinto abbastanza e si trovava orribilmente stanca e nauseata da quella commedia superiorealle sue forze. D'altronde, a che pro? Marco sapeva tutto: come lo sapeva? Glielo chiese, eFerragna rispose con una menzogna. Ora, finita la parte di Lara, cominciava la sua.

- Me lo disse la stessa sorella di Massimo, Michela, stamattina, con lo scopo evidente difarmiti disprezzare e abbandonare. Mi disse tutto… mi lasciò comprendere che Massimoamoreggia con te solo per vendetta, che ti odia e ti disprezza, e non attende che il momentoopportuno per svelare tutto al pubblico, e mostrare le tue lettere e deriderti!…

A misura che Marco parlava, Lara provava gli stessi sentimenti da lui provati la mattinanell'ascoltare il pastore: le lagrime le si seccarono negli occhi, e nelle sue vene il sangue deiMannu si risvegliò, ardente d'odio e assetato di vendetta. - I vili! - esclamò… - I vili! I vili! Ivili!…

Non sapeva dir altro. Marco gioiva per la riuscita, ma sul più bello Lara gli disse: - E tuperchè non te ne vai? Che fai lì? Vattene dunque e lasciami sola, che saprò da me sola benvendicarmi. Vattene, e disprezzami dunque. Me lo merito…

- Pazzerella! - rispose lui sorridendo. - Io non ti disprezzo. Ti amo sempre, più che mai.Che parli di vendetta? Che puoi fare? Non sai dunque che se tuo padre venisse aconoscere…

Page 80: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

- È vero!… - esclamò Lara, con un sussulto, chinando il capo. Persino il conforto dellavendetta le era tolto. Il pianto tornò nei suoi occhi: cercò dubitare della verità, delle parole diFerragna, ma non potè. Poteva forse dubitare che il cielo in quella sera annuvolato, che lanebbia velava la cima dei monti?

No! tutto ciò che Ferragna aveva detto, era vero: le memorie dell'odio avito, delle storie edelle vendette degli avi suoi con quelli di Massimo tornarono al suo pensiero: cento anniprima un Mannu aveva amoreggiato e tradito una Massari; cento anni dopo un Massaricercava vendicare quest'onta su una Mannu. Non v'era in ciò nulla di straordinario: la veritàsplendeva come un lampo livido e cruento davanti agli occhi di Lara.

La rabbia, il dolore, la delusione, l'odio le dilaniavano l'anima: nascose il volto fra le manie si mise a piangere dirottamente.

Marco ne provò tal sconforto, che fu sul punto di ritirare la sua storiella; e forse l'avrebbefatto se ad un tratto Lara non gli avesse detto con uno slancio di passione:

- Ora che odio quel vile, amo te, te solo! Fra due mesi, fra uno, quando tu vorrai sarò tua! -Marco rispose:

- Grazie, Lara! - ma non cercò più di abbracciarla, nè nel suo sguardo brillò quella gioiache avrebbe dovuto sentire nel cuore.

Ecco perchè Lara non tornò più al cancello all'ora del convegno. Da quel giorno cambiòcompletamente riguardo al contegno da tenere con Marco. Mai fidanzata si mostrò più lieta,allegra e appassionata di lei; ma a Marco questa gioia faceva male, gli sembrava febbrile,fittizia. Ogni giorno osservava che la fanciulla diventava più magra e pallida, che i suoiocchi s'infossavano, che una ruga invecchiava il suo volto e che le occhiaie livide, quasinere, le attorniavano gli occhi fulgenti di febbre e di dolore.

Qual dramma, qual triste dramma accadeva entro quell'anima? Marco, convinto che Laraodiava Massimo, non lo era del tutto circa il novello amore di lei, nato dall'odio, sotto uncielo di piombo e fra le lagrime, e, ahimè! nelle sue lunghe notti insonni si chiedeva se avevafatto bene o male a mentire così, a mentire vilmente per la prima volta in sua vita. Spesso ilrimorso batteva una nota nella chitarra scordata della sua mente, ma l'amore, pronto a coprirecon le sue quella triste nota, non lasciavala arrivare sin al cuore. Marco pensava che, unavolta sua, Lara avrebbe tutto obliato a furia di baci e di cure e affrettava coi voti il giornodesiato che si avvicinava. Le nozze erano fissate per gli ultimi di settembre. Lara preparavail corredo, preparava le mille cose necessarie per il novello stato della sua vita, ma intanto lafebbre le rodeva il cervello, il dolore le consumava il sangue e l'esistenza. Per tre settimanenon si avvide di nulla, non lesse nè cercò di leggere nel fondo tenebroso della sua anima.Credeva di amare il cugino e di odiare Massimo, si credeva forte, sana, felice all'idea divendicarsi presto e in qualche modo diventando moglie di Ferragna. Che voluttà passare ungiorno daccanto a Massimo, splendidamente vestita, bella nei veli da sposa, il voltoraggiante felicità e vendetta, e schiacciarlo con uno sguardo di disprezzo, e dirgli con gliocchi: - T'odio! non l'ho mai amato!… - Ma un giorno, in un momento di solitudine, in unodi quegli istanti psicologici difficili a spiegarsi, Lara scese in fondo alla sua anima e siaccorse che moriva, che il suo corpo andava consumandosi, che tutta la sua energia era unastrana stampella che la sosteneva, ma che l'avrebbe ben tosto abbandonata, sola, distrutta,stesa sulla polvere dei suoi sogni perduti, delle illusioni svanite giorno per giorno nel cielodella sua fanciullezza. Si accorse che non amava Marco, che non poteva giammai amarlo, nèdiventar sua, - ma siccome odiava ancora Massimo, pensò ad un altro genere di vendetta.Abbandonarsi al suo destino, morire e lasciare al giovine il rimorso di averla uccisa. L'ideadella morte si radicò talmente nel suo pensiero che finì persino col precisarne il tempo: agliultimi di settembre, in una tiepida e gialla giornata di autunno, invece di andare a nozze conMarco, ella doveva morire. Il sogno delle notti d'inverno tornava alla sua povera animadilaniata, dandole una calma e un ultimo sorriso da sepolcro. U giorno, Lara non potè levarsida letto: non era malattia la sua, ma una stanchezza voluttuosa, invincibile, che lacostringeva a restare immobile, immersa in un tepore vago, infinito. Fu un giorno di gioiaper Lara. Dunque la morte arrivava davvero? L'indomani si levò con uno sforzo supremo; e

Page 81: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

la stessa sera Massimo ricevè per posta la lettera di Lara che lo pregava di recarsi in quellanotte al cancello. Non si vedevano più da circa un mese.

XXXV.

… Attendeva da un'ora, davanti a un libro che non leggeva, la faccia bianca quasi di mortanascosta fra le mani scheletrite, consumate dalla febbre, gli occhi cerchiati di nero, fattienormi dall'angoscia che la divorava, dall'attesa e dall'eterna paura. Fuori, la luna splendeva,sul cielo bianco di una orientale notte estiva; i fiori, gli ultimi fiori bianchi, olezzavano nelsilenzio azzurro e nella calma della notte, ma che importava a Lara della luna e dei fiori?Solo l'astro del dolore brillava sul suo cielo, solo i fiori della morte olezzavano nel sentierodella sua vita. Quando suonarono le undici, un fremito le passò per le spalle, sull'abitooscuro indossato dai suoi sogni e delle sue ultime speranza: era così fantastica Lara!

Si levò mentre l'ultimo rintocco sfumava triste nell'aria silenziosa, e un sorriso acre leincrespò le labbra bianche, inaridite, mormorando: - Un'agonia? E morto qualcuno? - Scrollòil capo: le idee fuggivano dal suo cervello stanco di soffrire, si confondevano, danzavanouna ridda infernale, per sparire poi ad un tratto lasciandole la mente orribilmente vuota.

- Le undici! - riprese, avviandosi con un passo incerto verso la porta. - Chi è morto? Ah, sì,lui! E morto! Fra due mesi sarò morta anch'io! - Prima di uscire si guardò nello specchio, e siaccomodò i capelli, istintivamente, come nelle notti belle di luna in cui lui doveva vederla ebaciarla.

Lara non era bella e lei lo sapeva, pure in quel momento le sembrò di esserlo, nel momentoin cui dava l'addio alla vita e alle sue vanità. Perchè non sappiamo spiegarlo; ma sappiamoche in qual momento le parve di essere bella, lei che sempre aveva creduto di esserepiuttosto brutta, tranne negli occhi.

Ma forse in quella notte era realmente bella, la piccola Lara. Un nastro nero le annodava inalto i capelli bruni, lasciando sfuggire due ciocche arricciate sulle tempie: quell'acconciaturale dava un'aria graziosissima, infantile e aristocratica, e sul viso pallido sin sulle labbra,increspate a un sorriso di indicibile dolore, spiccavano i grandi occhi oscuri, resi profondi edenormi dalle occhiaie livide e da una espressione cupa, disperata, fatta più tetra dall'oscuritàdella notte. Un'intera storia di dolore si leggeva nello smalto di quegli occhi; lunga storia diamore, d'odio e di angoscia, di affanni fisici e morali, - straziante storia di notti insonni, dilagrime, di speranze distrutte, di sogni di fuoco, stolti, infondati, sfumati davanti alla cruda einesorabile realtà. - Aprì la porta e scese le scale a poco a poco, appoggiandosi al muro pernon cadere, tanto le tremavano le gambe. Era così debole e dimagrita, che ormai le vesti lescivolavano giù per la vita esile come un giunco; i piedi le ballavano entro gli stivaletti purtanto piccoli, e i suoi polsi divorati dalla febbre erano così sottile che si sarebbero potutistroncare a mani. Solo gli occhi, ardenti di passione e di febbre, rimanevano vivi, neri fratanta squallida rovina.

Arrivata in giardino, Lara si appoggiò di nuovo al muro e scrutò l'orizzonte placido,argenteo, aspirando con voluttà i forti profumi delle ultime rose olezzanti alla luna, gli occhifissi sulle creste delle montagna azzurreggianti nella lontananza solitaria. Un fulgidoscintillìo le attraversò gli occhi, mentre mormorava con un singulto spasmodico: - Lassù!…lassù ti ho giurato eterno amore, fedeltà eterna! Oh, vedrai come saprò mantenere la miapromessa, vedrai!…

Allora si rizzò fiera sull'esile personcina e, quasi una misteriosa energia le fosse piovuta coiricordi dalla cima dei monti lontani, s'incamminò rapidamente verso il cancello. Unmomento le rimancò la forza: cadde, si raschiò una mano e dalla piccola ferita sprizzò ilsangue, rosso e ardente, ma non provò dolore alcuno, e sorrise stranamente nel vedere ilsangue: credeva che le sue vene ne contenessero più!…

Riprese il cammino. Le sembrò di vedere un uomo fra gli alberi, forse suo padre…; pureproseguì lo stesso. Che le importava? Massimo stava là ad attenderla, e lei doveva andarci,voleva andarci ad ogni costo per vederlo ancora una volta, l'ultima, e dirgli che moriva perlui.

Page 82: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

Nella sua debolezza Lara era forte dell'energica volontà dei bimbi viziati che vogliono adogni modo soddisfare un loro capriccio. Arrivò al fine, aprì il cancello, ma non vide nessuno,e come la famosa notte in cui erano rimasti sì a lungo insieme, Lara mormorò: - Ah, se nonvenisse, se non venisse! - E non veniva infatti, benchè l'ora del convegno fosse trascorsa;mille dubbi attraversarono la mente della fanciulla, che, risoluta a tutto, uscì dal cancello es'innoltrò per la campagna, finchè una siepe che Massimo varcava per venire a lei non letroncò il passo. Tutta questa campagna ora apparteneva a Marco Ferragna, che,proponendosi di coltivarla a frutteto, cominciava già a farla lavorare. A destra sfuggiva inuna china tortuosa che finiva nella valle vicina e Marco faceva costruire una muraglionetagliando a picco la china per impedire ogni comunicazione del futuro frutteto con la valle.Stanca di aspettare, tremando di febbre e di ansia, Lara gettò un cupo sguardo da quellaparte. - Un salto, un salto… e lì sotto!. - l'abisso, reso più profondo di ciò che realmente era,dalla luce bianca della luna, sorrideva a Lara, ma Massimo comparve subito dietro la siepe, esi fermò meravigliato di veder lì la fanciulla, che per poco non mandò un grido nel vederlo.

Il cuore pareva volesse scoppiarle in seno: le labbra le fremevano tanto, che non potevaparlarle, e a poco a poco quel tremito nervoso la invase tutta. Massimo era là! Massimo!Massimo che lei adorava ancora, sempre, nonostante tutto, per cui diventava pazza, per cuimoriva lentamente, per cui dava il suo sangue, le ultime stille del suo sangue impoveritodalla febbre e da quell'amore fatale che le dilaniava la vita! Alla sua vista, l'effimera energiache la sosteneva scomparve, e si appoggiò alla siepe per non cadere: tutto le girava intornoin un vortice confuso, bianco, velato, tutto aveva una voce per lei, i profumi estivi salientidalla valle, il ruscello scrosciante in lontananza, le creste dei monti sorridenti alle carezzedella luna… Massimo era là!… E Lara fu per gettarglisi al collo attraverso la siepe, escordare i dolori sofferti fra la voluttà dell'abbraccio fremente di lui, e godere ancora unistante di gioia baciandolo, ricevendo sulle labbra fredde, bianche, inaridite, la vita dallelabbra ardenti di lui. Ma fu un lampo… - Lara!. - mormorò il giovine, cercando un varconella siepe. Lei sussultò e tornò in sè, nella sua triste calma da palude nel cui fondos'agitavano i vermi della morte. Comprese a volo che Massimo cercava dove passare emormorò:

- È inutile! Non rimango! - la voce le fischiava quasi fra i denti stretti, nella gola aridaserrata da un nodo. Ma lui cercava ancora… Lara lo seguì e ripetè più forte:

- È inutile! Non rimango! - Allora il giovine si fermò e stese la mano, ma Lara non mossela sua; solo chiese:

- M'hai scritto? - Si morsicò le labbra subito. Che importava ormai delle lettere di lui? Perchè gliele chiedeva? E poteva forse accettarle?

- Sì, - rispos'egli guardandola con stupore. - E tu mi hai scritto?- Sì, anch'io! ma prima di consegnarti la mia lettera, è necessario che tu, come ti ho scritto,

mi restituisca tutte le altre mie…- Le ho qui! Eccole, Lara! perchè tutto questo?… - chiese Massimo porgendole un grosso

plico, e con accento stupito ed amaro.Lara prese tremando il plico e lo avvolse subito nel suo grembiulino oscuro, sembrandole

che le bruciasse la mano, in cui realmente sentiva un acuto dolore per la sua piccola feritaancora sanguinante. Trasse la sua lettera e la porse al giovine, ma siccome egli non simuoveva per prenderla, si chinò sulla siepe e gli narrò con voce rotta e fremente il contenutodella lettera; gli disse in poche parole l'infamia di cui lo aveva creduto e ancora lo credevacapace, tutto il dolore che la conduceva alla tomba… - Senti, - conchiuse, sempre china sullasiepe, gli occhi sfavillanti nella penombra, perchè i raggi della luna le battevano sulle spallelasciando il viso spaventosamente pallido nella semioscurità, - tu mi hai ucciso, sì, esulta!fra due mesi mi accompagnerai al cimitero! - C'era in queste parole una fredda, orribileironia, che fece impallidire il giovine, il quale esclamò con angoscia:

- Tu dunque morirai?…- Sì morrò! - rispose lei a voce quasi alta, sempre fremente, col cuore pronto a scoppiarsele

nel seno contorto da singulti spasmodici, nervosi, atroci. - Morrò! Nel discorso funebre checerto mi farai, ricordati di dire che è sta la famiglia Massari ad assassinarmi!. - Questa parola

Page 83: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

parve susurrata sotto terra, tanto fu lugubre e odiosa. Lara gettò la lettera sulla siepe e fuggìvia, lasciando Massimo fulminato, impotente a gridarle: - Fermati!, - impotente a dire unasola parola di giustificazione, sbalordito, chiedentesi se non sognava.

Lara si allontanò; in quel punto due persone erano in lei: una le gridava di fermarsi, disentire le discolpe di Massimo, di perdonarlo se colpevole, se innocente di abbracciarlo e farsvanire a furia di baci la fosca nuvola che velava il loro avvenire. L'altra invece le gridava:La vendetta è compiuta! Fuggi, o sei perduta! - E Lara fuggiva, ma rasentando il muroaltissimo che pochi istanti prima l'aveva tentata, strisciò vicina all'abisso e ne misuròl'altezza con lo sguardo. Oh, no! era troppo basso… la morte non era certa… e poi due mesiin più, due mesi in meno, che importavano? Passò oltre. Il cuore le batteva forte forte, laprima persona continuava a invitarla ad indietreggiare, a tornare da Massimo, ma la secondala spingeva in avanti. E Lara andò. Andò in avanti, verso la sua camera, verso la sua morte.Rinchiuse le porte, risalì rapida le scale e si chiuse a chiave nella sua camera solitaria. Caddeaffranta sulla sua sedia davanti al tavolino, sparpagliò sopra le sue lettere e lesse quella diMassimo. Perchè la leggeva dal momento che tutto era finito?… Quando ne terminò lalettura, il suo volto non era più pallido, ma livido, sfiorato dall'espressione di un'atroce edisperata sofferenza. Oh, se Marco l'avesse veduta in quell'istante, come si sarebbe pentitodella sua falsa rivelazione! - La pazzia rumoreggiava nel cervello della povera Lara. Sistrinse disperatamente la testa fra le mani, la testa che le scoppiava, e solo allora pianse, inpianto desolato, delirante, ogni cui lagrima lasciava un'impronta di morte nella sua poveraanima spezzata.

L'indomani Lara non potè levarsi neppure, invasa dalla misteriosa sonnolenza di due giorniprima, nella quale conservava però tutto il ricordo dell'ultimo convegno, e un barlume digioia nel fermo pensiero che fra due mesi doveva morire. - Sì, tutto era finito, decisamentefinito! Lara non pensava più a Marco, nè alla famiglia, nè a Massimo: non pensava anessuno: si ricordava di aver immensamente sofferto, ma si consolava ripetendosi con unvago sorriso a fior di labbro: fra due mesi, fra due mesi!…

Per le imposte socchiuse penetrava la luce d'oro di una torrida giornata di luglio, ma Laranon provava caldo, e con gli occhi chiusi, abbandonata ad un torpore pesante, vagava sumille cose, su mille pensieri confusi, vorticosi, indistinti fra la veglia e il sonno. Sul tardi laporta della sua camera si aprì, entrò Pasqua e accostandosi al letto di Lara, la scossedicendole: - Ehi, signora! Sono le dieci! Perchè non ti levi! Ti sei coricata tardi ieri sera?

- No! - rispose Lara senza muoversi, gli occhi sempre chiusi.- E allora perchè non ti levi? Sono le dieci, sai!…- Lasciami stare, noiosa! Mi sento male…- Quand'è così… - fece Pasqua con leggera ironia. Girò sulle calcagna, e se ne andò via

canterellando, mentre Lara ricadeva nel suo sopore. Ma dopo un poco la porta si aprì ecomparve il volto pallido e calmo di donna Margherita, che si avvicinò senza far rumoresino al letto di Lara e le posò una mano sulla fronte, Lara trasalì e spalancò gli occhi.

- Tu sei malata! - disse donna Margherita. - Vuoi che avvisiamo il medico?- Il medico?. - esclamò Lara sedendosi sul letto. - Scherzate, mamma?…- No! Pasqua mi ha detto che tu sei malata, e infatti…- Lasciatela dire! Mi leverò subito, subito! Malata? Medico? Ma che! Mi leverò, mi

leverò… subito… subito!…Donna Margherita uscì scrollando la testa. Allora Lara si mise a vestirsi lentamente,

pensando: - Un medico?… Farmi guarire? No, no io non voglio. Bisogna mostrarmi sana… -ma vestita che fu, le gambe le si piegarono e cadde seduta sulla sponda del letto, col visoorribilmente pallido.

- Mio Dio, mio Dio, - mormorò con angoscia, - come farò?…Si rialzò, fece penosamente teletta, e scese le scale appoggiandosi ai uri. Nella camera da

pranzo una delle serve le chiese perchè s'era levata così tardi, aggiungendo:- Oh, com'è pallida, donna Lara! Si sente male? - Lara si provò a scherzare, ma la voce le

uscì strozzata dalla gola; ricadde seduta e mormorò: - Rosa, portami una tazza di caffè nero,

Page 84: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

qui! Mi sento stanca, non so perchè, e non posso camminare. Ah, che caldo!- Sì, è caldo, molto caldo! Si stanno scatenando raggi di fuoco dal sole, quest'oggi. Anch'io

sono snervata, e non posso nè pure aprire gli occhi, - rispose la serva; e mentre serviva ilcaffè aggiunse: - forse lei si è trattenuta alla finestra di notte. Sa, fa male ciò, male…

Lara finiva di bere il caffè e Rosa chiacchierava sempre, allorchè picchiarono alla portadella strada. - Avanti - disse Lara. Entrò una servotta in costume, con un giornale piegato inmano e Lara la guardò stupita, perchè riconobbe in lei la serva della famiglia di Mariarosa.Che voleva?

- Buon giorno! - disse la serva, indirizzandosi a Lara dopo essersi accertata che non v'eraaltri, Rosa essendo uscita; - la signorina Mariarosa le manda tanti saluti, e le chiede comesta.

- Bene, grazie! - ripose Lara sempre più stupita.- Inoltre la prega di leggere questo giornale, dove è segnato con un lapis rosso.- Che cos'è?- Ma… io non so! - Lara prese il giornale e ripetè: Tante grazie, dunque! - Non si degnò di

ricambiare i saluti a Mariarosa e accomiatò la serva con un freddo: - Buon giorno.- Che cosa sarà? si ripeteva, spiegando il giornale. Era l'"Avvenire di Sardegna". Cercò,

cercò, e alfine trovò due tirate di lapis rosso, appena visibile, ai lati di una piccolacorrispondenza da un villaggio del Logudoro, che diceva press'a poco così: "È accaduta ieriuna grave disgrazia. Al nostro giovine medico, Nunzio N***, che in un mese dacchè eraritornato fra noi, si aveva acquistato l'affetto di tutta la popolazione, è esploso il fucile,mentre egli stava per salire a cavallo e recarsi ad una partita di caccia al cinghiale sullenostre montagna. Rimase cadavere sul colpo. Taluni pretendono che siasi suicidato: anzi, neindicano la causa: una signorina, che pare siasi fidanzata con latri, dopo avergli fatto girare ilcervello col suo amore e le sue promesse; ma ciò è assurdo, è infondato. Resta confermata ladisgrazia, e la popolazione ne è costernata…".

Come è facile credersi, Lara non prestò fede a quest'ultima versione. Nunzio si erasuicidato, per lei, dopo averla saputa fidanzata al altri, mentre credeva giunto il momento difarla sua! - Il passato risorse, fiero, inesorabile, profilato.

Lara si ricordò la sera, la prima sera d'amore, sull'onde di smeraldo del mare, si ricordòl'ultima sua lettera a Nunzio, e diventò livida in volto. Veniva il rimorso!…

Fu il colpo di grazia. Lara si lasciò scivolare il giornale per terra, e ripiegandosi su sestessa, per la prima volta in sua vita, svenne.

XXXVI.

Oramai ogni finzione riusciva inutile e impossibile, nè Lara potè proseguirla. L'ultimasfumatura di forza l'abbandonò, e quando rinvenne sul suo letto, non cercò neppure di dire: -Non sono ammalata! - decisa però di rifiutare ogni aiuto che la scienza potesse offrirle. Ilvecchio medico di casa, Lara lo conosceva: era un tantino imbecille, e di lui non temeva; madon Salvatore, ma Marco non sarebbero rimasti con le mani in mano e certo avrebbero fattovenire al suo capezzale i medici distinti di X*** o magari di Cagliari e Sassari, se la malattiasi aggravava. Sicchè Lara, prevalendosi della lucidità di mente, che le restava, mentre tutto ilsuo corpo era affranto e addolorato, la febbre, essendo venuta, cominciò col deviare ilvecchio dottore, accusandogli un forte dolore allo stomaco, dolore che in realtà essa nonsentiva. Il medico scrisse una ricetta, e se ne andò, dopo aver pienamente rassicurato donnaMargherita, ordinando di dare alla malata solo coi cibi liquidi e leggeri.

- Oh, perchè non mi lasciano morire tranquilla?… - mormorò Lara, rinchiudendo lepalpebre che le pesavano come se fossero di piombo.

Rimase lunghe ore immobile, respirando a stento, mentre Rosa, la serva, ritta avanti alletto, le faceva vento con un ventaglio per rinfrescarle alquanto l'arsura della febbre e dellatemperatura infuocata. Certo, nella mente di Lara ferveva un misterioso e continuo lavorìo,perchè tratto tratto un sussulto le agitava il seno, e le sue labbra si arricciavano sotto lepunture di uno spasimo atroce più morale che fisico; certo, ora il suo sopore voluttuoso di

Page 85: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

persona che riposa dopo lunghe e tormentose fatiche, veniva tormentato dagli affanni dellafebbre e dal ricordo di Nunzio, dal rimorso del suo suicidio, perchè Lara non dubitava puntosu ciò, come il corrispondente dell'"Avvenire". Non si accorse neppure di Marco, che entròverso sera nella camera di lei, con donna Margherita.

Il giovane era più pallido del solito e molto triste; ma donna Margherita si meravigliavaperchè era venuto così tardi, mentre conosceva la malattia di Lara sin dalla mattina.

Guardò a lungo, profondamente, la fanciulla e scosse la testa, dicendo fra sè: - Ci siamo! edoveva finire così! Che stolto che sono! Che stolto! Ah, se arrivassi tardi!

- Dorme? - chiese lievemente alla serva, che faceva sempre vento a Lara col ventaglio.- Non saprei! È così tutto il giorno.- Lara, mia cara Lara!… - mormorò chinandosi sulla ragazza. Lei aprì gli occhi e, visto il

volto di Marco vicino al suo, fece un leggero movimento di disgusto; egli se ne avvide e simorsicò le labbra. - Come ti senti? - domandò, tastandole il polso.

- Così! Non è nulla… Non so perchè hanno chiamato il medico… non so… Domani mileverò… È nulla! solo ho caldo, molto caldo… Rosa, apri la finestra… via questo ventaglio,via! Siete veramente noiosi! Ma non ho nulla! non voglio medicine… - Rosa aprì la finestra,e Lara sorrise al lembo di cielo color rosa sfumato in oro, che scorse attraverso le impostespalancate.

- È una bella sera! - proseguì. - Peccato che abbia un po' di febbre… altrimenti usciremmoa passeggiare nell'orto…

E sorrideva, ma non sorrideva Marco che la guardava con tristezza e sentiva il polsoardente di febbre fra le sue mani. Subito dopo venne il medico. Trovò che Lara aveva moltomigliorato, e, nell'andarsene, quando Marco lo accompagnò fino alla porta, gli disse. -Avvocato, vorrei dirle due parole.

- Volentieri! - Marco rispose. Si accomiatò dalla malata e raggiunse il medico, che, quandofurono per via, gli disse:

- Lei è senza dubbio il fidanzato della malata. Dunque dovrebbe sapere i di lei segreti…- Sicuro, dottore, - disse Marco allarmandosi, mentre l'altro proseguiva:- È un caso strano veda, ma mi pare che la malattia di Lara provenga per due terzi da

qualche forte dispiacere. Non mi son preso la libertà di interrogarla su ciò, nè di farne parolaa donna Margherita, ma avevo deciso di rivolgermi a lei, avvocato, e giacchè mi si èpresentata l'occasione… scusi, sa, ma il medico deve toccare al vivo le piaghe, se è medicocoscienzioso… Eppoi a me, così vecchio, si perdona tutto… Dunque dicevo… qualchedispiacere… forse lei non lo ignora. Non le chiedo quale sia, ma e come a promesso sposo ecome a parente di donna Lara, le indico la ricetta unica. Far sparire questo dispiacere; conesso svanirà la malattia, che le assicuro può condurre a serie conseguenze, tanto più che…mi pare, ma forse mi inganno ancora, la malata non ha intenzione di guarire…

- Che?… - gridò Marco fermandosi su due piedi.- È così! Veda, mi ha dato false indicazioni, accusando dolori che non prova e

nascondendo quelli che realmente prova!Come si vede, il vecchio medico non era così cretino come Lara credeva. Marco diventò

sempre più pensieroso; assicurò il dottore che non sapeva nulla, ma gli promise di fare ilpossibile. - Vedremo! - rispose il medico, convinto invece che la malattia strana di Laraproveniva tutta da quel bizzarro matrimonio fra cognati, di cui uno aveva quasi venti annipiù dell'altro. Marco non pensava a divertirsi quella sera; sicchè rincasò subito, immerso inprofonde meditazioni. La sua vecchia fantesca gli chiese come stava Lara.

- È nulla! - rispos'egli. - Un po' di febbre che passerà subito.- Ah, la febbre! Non bisogna poi fidarsi con la febbre! L'anno scorso, giusto in quest'epoca,

il mio povero fratello ha preso le febbri ed è morto dopo un mese: povero Costantino! - Lafantesca si asciugò una lagrima. Marco si fermò in mezzo alla camera e i suoi occhiluccicarono misteriosamente nella penombra cilestrina dell'imbrunire che si avanzava.

- Dove ha colto le febbri? - chiese con un bizzarro interessamento.- Là, nella valle di "Muschias", sa, dietro il monte. Lei anzi ha un possesso laggiù, e sa

meglio di me, che in estate causa le acque stagnanti, vi domina la malaria. Costantino

Page 86: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

lavorava nella vigna di don Pasquale; dormiva sempre all'aria aperta, in riva al fiumeimmoto, stagnante. Glielo dicevano pure i compagni: - Costantino, non dormire all'aperto,chè ti coglierà un malanno. - Ma lui se ne rideva e preferiva il fresco fatale della riva delfiumicello alla capanna dove dormivano gli altri… Ma un giorno lo colse, lo colse laterribile nemica, lo colse in tal modo che lo uccise. Povero fratello, poveretto! Ha lasciatodieci figli nella miseria…

Marco parve commosso da questa storia: se la fece anzi ripetere minutamente e alla fineconsigliò la fantesca di aiutare un po' i poveri nipoti, con gli avanzi della sua lauta mensa.

Ritornò in casa Mannu, ma non disse a Lara le osservazioni del medico. Quando la lasciò,la febbre l'aveva del tutto abbandonata. - Chissà! - si ripeteva Marco. - Chissà che il medicos'inganni! - Ad ogni modo, quella notte dormì assai poco, ma Lara dormì molto meno di lui.Verso le nove disse a donna Margherita: - Come vedete, sto meglio e non ho più la febbre.Quindi è inutile che mi vegliate, stanotte. Se avrò bisogno di qualche cosa, chiamerò.

- Ebbene, - rispose la madre, - Rosa dormirà lì, nella camera di Pasqua.- Come volete.Alle dieci il più profondo silenzio regnava in casa Mannu. Tutti dormivano: ma Lara

vegliava nel suo piccolo letto bianco, in fondo a quella camera ch'era stata testimone del suopianto e dei suoi sogni, illuminata debolmente da una lampada ad olio posta in terranell'angolo più romito. La porta di comunicazione con la cameretta di Pasqua era spalancatae per essa si sentiva il placido russare di Rosa, che aveva preso posto nel letto della piccolabionda, e vegliava a suo modo sulla padroncina malata. - La febbre era cessata in Lara e conessa l'ardore e l'ansia che l'aveva soffocata per il corso della giornata; rimaneva l'immanestanchezza, e la strana sonnolenza della mattina. Ma Lara sentiva nuovamente le idee lucidee la percezione vivissima di ciò che accadeva, e vegliava… I pensieri sfilavano l'uno dietrol'altro nella sua mente travagliata, quasi soldati in marcia, che non si arrestavano mai, lememorie incalzavano e Lara pensava a tutto il suo passato, a tutte le figure apparse nella suavita solitaria, a tutti i suoi sogni, i suoi dolori e le sue gioie, quasi quella fosse l'ultima nottedella sua vita.

Il ricordo del suicidio di Nunzio, tanto recente, ma che alla malata pareva assai lontano,ritornava spesso fra gli altri pensieri, come il ritornello di una poesia popolare, e allora ilvolto bianco di Lara si offuscava e il rimorso picchiava di nuovo alle porte della sua piccolacoscienza, amareggiando il pensiero confortante di una prossima morte. Ma altre venivano, eNunzio spariva, e tornava Massimo, con Marco, Mariarosa, la montagna, il ballo, la notte dellungo convegno. Su di questa si fermava specialmente Lara, con un acre sorriso sulle labbrainaridite. Addio, addio, sogni d'amore così a lungo vagheggiati, addio convegni notturni,addio baci, avvenire, vita! - Oramai tutto era rotto, tutto era finito; non le restava che duevite: la vita con una continua infelicità; la morte con un infinito riposo. Ecco perchè Laramoriva a diciotto anni, sorridendo alla morte, scegliendo il sonno eterno, la lunga notte senzaaurora, che si avvicinava a rapidi passi; - ecco perchè moriva senza ribellarsi, anzi scossa daun fremito di disperazione al pensiero di una fatale guarigione. - I quarti e le ore passavano:la lampada cominciava a impallidire nel suo angolo oscuro, allorchè Lara pensò ancora unavolta al suicidio di Nunzio ed a Mariarosa.

La figura alta e bionda della fanciulla che aveva tanto amata si rizzò a un tratto nei ricordidi Lara, offuscando con la sua ombra tutti gli altri profili, e la guardò fissa coi suoi occhilimpidi, con un raggio di rimprovero e di domanda. Lara sussultò: per un momento il suocuore palpitò forte dianzi alla larva di Mariarosa, ebbe la strana passione di un tempo e unlieve rossore le colorì il volto pallido. E, come un giorno sui monti, ella pensò che se lafanciulla le fosse stata accanto, lei avrebbe ritrovato un sorriso di speranza e di conforto eforse non avrebbe pensato così intensamente a morire. E intanto moriva, e la sua memoriadoveva sopravvivere nella mente di Mariarosa come un ricordo sdegnoso, macchiata delsangue di un giovine che l'aveva immensamente amata! - Lentamente, senza far rumore,Lara scese dal letto e, appoggiandosi ai muri prese la lampada e la collocò sul tavolino. Poi,alla luce fioca e morente che lambiva il tappeto verdastro con larghi riflessi sanguigni, Larasi mise a scrivere, animata dalla stessa energia che la notte avanti l'aveva sostenuta per

Page 87: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

giungere all'ultimo convegno con Massimo. Scrisse rapidamente per quasi due ore, e avrebbeproseguito ancora, ancora, se la febbre non fosse ritornata. Allora la testa di Lara ridiventòpesante, le idee ricominciarono a ballare una ridda fantastica nella sua mente e la sua manotremò; pure resistè per qualche istante e proseguì, ma il tremito divenne così forte, che lapenna le sfuggì dalle dita e macchiò la carta. La lampada moriva; la luce sfuggiva d'ogniverso. Resistè ancora fino a sigillare la lettera che aveva scritto e a mettervi l'indirizzo. Indisi alzò e trascinandosi nascose la lettera fra i guanciali e ricadde sul suo letto, col sangueinvaso nuovamente dalla febbre, emettendo un gemito.

XXXVII.

Appena Lara si trovò sola con Pasqua, le disse, attirandola a sè e dandole un bacio: - Noi cisiamo amate sempre più di quello che usano le sorelle, di questi tempi, non è vero Pasqua?

- Sì! - rispose la fanciulla, con un lampo misterioso negli occhi.- Dunque non mi negherai un piacere, mia piccola Pasqua, tanto più che è l'ultimo che ti

chieggio… e forse anche il primo, così grave! Sai, io me ne vado!… Come sarai ricca,Pasqua!…

Un vago sorriso brillò sul suo volto, ma Pasqua la coprì di baci esclamando: - Tu sei pazza!Non morrai, no… non lo credi neppure tu! perchè scherzi così? Non vedi che stai meglio?

- Sì, ho scherzato. Senti, dunque, mi farai il piacere di recarti in casa di Mariarosa e diconsegnarle in proprie mani una lettera.

- L'hai scritta stanotte? - chiese Pasqua.- Sì, te ne sei accorta?- Mi accorgo di tutto io, Lara!…Lara trasalì e guardò la sorella, che, benchè sembrasse ancora una bambina, aveva quindici

anni suonati; ma il volto di Pasqua non rispose nulla e Lara si rassicurò. No! la piccina nonpoteva essersi accorta mai di nulla! se fosse Giunta ad avere il minimo sospetto, no, nonsarebbe rimasta muta, perchè anch'essa aveva le sue idee sull'odio coi Massari!

Sicchè Lara, avuta la formale promessa di consegnare a Mariarosa la lettera scritta la notteinnanzi, diede a Pasqua quella lettera, in cui, spinta dall'antica amicizia che faceva tacere nelsuo cuore ogni altro affetto, le narrava tutta la sua vita, i dolori sofferti, le onte, leumiliazioni subite, per scolparsi del suicidio di Nunzio, e le narrava il nuovo amore per cuimoriva, e che non aveva lacuna esitazione a svelarle, dal momento che fra poco nullasarebbe rimasta di lei, nel principio della febbre, Lara aveva così chiuso il suo raccontostraziante, bagnato di lagrime: "addio!… Addio!… Perdonami e prega per me… Io muoio…Addio!"

Pasqua pensò tanto a mantenere la sua promessa che, appena potè, aprì la lettera e la lesse.Si mise a piangere dirottamente, e, con la lettera in mano, corse in casa di Marco. Lo trovòsolo nello studio. Da qualche tempo Marco aveva pregato i giovani avvocati, cheprendevano pratica con lui, di cercarsi un altro studio, perchè egli non poteva più riceverlinel suo. Rimase solo. Nessuno dei giovani si seppe spiegare questo procedere di Ferragna;ma Massimo pensò con un fremito che forse Marco faceva ciò per liberarsi di lui, la cuipresenza pareva gli fosse tutto ad un tratto divenuta odiosa. Perchè? Massimo non sapevaspiegarselo, ma non osò certamente chiederlo a Marco, aspettando che Lara lo richiamasse asè per domandarle spiegazioni. Dunque, quando Pasqua entrò, Marco stava solo nel suostudio, davanti allo scrittoio. Pareva lavorasse, ma in realtà pensava profondamente aqualche cosa, con le mani abbandonate sulle carte, pallido e gli occhi fissi verso un puntoindistinto, vagante nel vuoto, tanto che sussultò forte quando la fanciulla rinchiuse confracasso la porta e gli disse singhiozzando: - Marco, Lara muore!…

Egli si rizzò spaventato, coi capelli irti. - Muore? - gridò.- Sì, muore, ma tu puoi salvarla, tu… Marco. Ritira la tua domanda e lasciala libera di

amarsi con Massimo…- Che hai tu detto?… - esclamò Marco con stupore. - Tu sai?- Sapevo tutto, da prima… - continuò Pasqua, sempre piangendo, - perchè mi ero accorta di

Page 88: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

tutto… io… ma non credevo che Lara dovesse morirne… e invece muore, vuol morire emorrà… ed io resterò sola… io che non ho altra amica, altra sorella che lei, io che l'amotanto… Ecco, leggi… leggi… Alla fine, Marco, tu sei vecchio… scusa, sai, ma sei vecchioper Lara… ma se vuoi riammogliarti, tutte ti vorrebbero, e se non trovassi altre, vedi, sì, mache Lara viva! Io la voglio viva.

Impossibile descrivere la meraviglia e l'emozione di Marco nel sentire parlare così Pasqua,la piccola creatura nell'alba della vita, che dava una sublime lezione di abnegazione e disacrificio, a lui, cui il sole cominciava a tramontare. Prese la lettera e la lesse con un fremitonelle mani, mentre Pasqua continuava a piangere, a poco a poco il suo volto si illuminò, e isuoi occhi, splendenti di un raggio arcano, del lampo che un giorno doveva illuminare losguardo dei martiri, si rivolsero al cielo. Abbracciò Pasqua, e baciandole i ricci d'oro che lecadevano sulle guance, bagnate di lagrime le disse: - Sta' tranquilla, e non piangere più!Salveremo Lara.

Bruciò la lettera, dicendo: - Queste non sono confidenze da farsi a nessuno! - poi uscìinsieme con la fanciulla, e un momento dopo si trovava presso la malata.

Stettero soli per più di un'ora, nella penombra d'oro della Camera di Lara, mentre fuori ilsole dardeggiava sulle campagne inaridite e le mosche ronzavano per l'aria soffocante,coprendo colla loro musica monotona il lieve susurro delle parole di Marco. - Che cosadiceva egli?…

- Non lo sappiamo, perchè, come dicemmo, Lara e lui parlavano senza essere intesi danessuno…; ma è certo che le frasi di Ferragna dovevano avere un magico potere, perchèridonavano il sorriso al volto bianco della malata e il dolce riflesso dei bei gironi dallafebbre e dall'insonnia. - Quel giorno Lara cominciò a credere che la sua malattia fosse inrealtà un nonnulla, e che, come il medico aveva predetto, si potesse levare da letto fraqualche giorno, al più tardi fra una settimana.

- E ora, - rispose Marco, - mi perdonerai?- Sì, - rispose Lara con entusiasmo, - anzi! - E gettandogli le braccia al collo, lo baciò come

lo baciava dieci anni prima.

Sul finire di luglio, una sera, Marco Ferragna, che a furia d'anni adottato molte delleabitudini dei proprietarî di X***, salì a cavallo e partì per visitare uno dei suoi numerosipossedimenti. - Mariagrazia, - disse alla sua domestica, - probabilmente stanotte dormirò incampagna, quindi non attendermi. Mariagrazia gli fornì di viveri per la cena la piccolabisaccia bianca a fiorami rossi, legata alla sella, e non fece osservazione alcuna, però osservòche quella sera era la prima volta che il suo elegante padrone si adattava a passare la nottefuori della sua ricca camera da letto.

Marco dunque partì; passando davanti alla casa di don Salvatore, vide Lara seduta accantoad una finestra. Lara che nella sua convalescenza aveva ripreso la perfetta dolce fisionomiadella "morta".

Un brivido passò per le spalle di Marco, che la guardò fisso sinchè potè vederla. Quando lapallida faccia di lei scomparve, Marco spronò a sangue il cavallo, morsicandosi le labbra confurore, e s'immerse in pensieri ben tetri e profondi se non gli lasciavano neppure intendere isaluti che la gente gli prodigava lungo la via. Galoppa, galoppa, come un cavaliere daleggenda, Marco attraversò tutta la piccola città, e vaste campagne, bruciate dal sole, evallate estese, ondulate, scintillanti, coperte di vegetazione bionda, disseccata, e collineombreggiate da boschi e lentischi, e si fermò finalmente nell'ultima valle poco profonda,stendendosi dietro quelle colline, due ore distante da X***.

Quella valle si chiamava "Muschias;" era una regione fertilissima, calda, che dava i fruttipiù squisiti del sud, dagli aranci al fico, dalle nespole al cedro, - cosa insolita nelle partimontuose della Sardegna, - ma che nei mesi caldi dell'anno riusciva fatale per la malaria.Marco ci possedeva un magnifico frutteto.

Quando arrivò, cominciava a imbrunire. Dall'alto dell'entrata, Ferragna scorse le acquestagnanti del fiume immobile in fondo, in fondo, fra i giunchi e le eriche, e i sambuchifioriti, le cui acque argentee, nel cui fondo si nascondeva la morte, scintillavano al riflesso

Page 89: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

del cielo color di smeraldo e di arancio e i suoi cocchi fissarono quelle acque con lo stessosguardo di intenso desìo, di sovrumano amore con cui due ore prima avevano fissato ilpallido volto di Lara. - Per qualche ora Marco, da buon possidente, vagò qua e là, guardandole piante, i frutti che maturavano, i danni delle bestie e degli uomini, pensando che era tempodi porre un guardiano fisso sino alla raccolta, - ammucchiò del fieno per il cavallo, - e alsorger della luna cenò davanti alla piccola casa di pietre costruita sotto gli alberi, nella qualeneppure entrò. Infine scese verso il fiume e, steso il suo mantello da campagna sotto ungigantesco sambuco, si coricò… Che notte! che notte! I grilli cantavano per la valle, e i lorotrilli incessanti, tremuli, argentini, si spandevano per l'aria rorida della notte bianca, quasinote di chitarre microscopiche, misteriose, suonate da piccole fate nascoste fra i giunchi e leginestre della valle. Non altro rumore interrompeva l'alto silenzio del plenilunio; lavegetazione secca, gli alberi e i sambuchi olezzavano senza essere scossi sa un solo fremitodi brezza, e le acque immobili del fiume dormivano corrompendo quella notte orientale,bella e fatale come i sogni celesti causati dall'ascisc e dall'oppio. E Marco riposava in riva alfiume, sotto il sambuco le cui rame si disegnavano nere e lucentissime sullo sfondo del cielod'argento, e respirando con voluttà quell'atmosfera mortale pensava a Lara morta, a Laraviva, al suo passato, al suo presente e al suo vicino avvenire.

Quella stessa notte, nella stessa ora in cui Marco cominciava ad assopirsi sotto il sambucodella valle, il cancello del giardino di don Salvatore si apriva sotto l'azione di una piccolamano cerea e scarna, e Massimo entrava col cuore palpitante di amore e di speranza, dopocosì lunghi giorni di disperazione.

- Così è, mio diletto, - disse Lara, dopo i primi baci, - la nuvola è sparita dal nostroorizzonte. Marco aveva scoperto il nostro amore, e fu lui che mi narrò tutte le frottole che tiraccontati l'altra notte che ci siamo veduti e che io credevo realmente l'"ultima"… Sono statamalata, sai, molto malata…

- Lo sapevo, Lara mia, e il mio partito era preso.- Morire anche tu?…- Sì! lo stesso giorno!… - disse Massimo.Lara gli strinse la mano e, guardandolo affettuosamente, proseguì: - Ma quando mi vide

malata, Marco provò pietà di me e non solo ritirò la sua domanda, ovvero mi promise diritirarla fra poco in modo da non offendere mio padre, ma mi disse che tutto ciò che miaveva narrato sul tuo conto era menzogna, vile calunnia, che tu mi amavi sempre, e,chiedendomi perdono, mi promise anche di aiutarci in modo che fra un anno saremosposi!…

- Possibile - esclamò Massimo, stringendola con trasporto fra le sue braccia. - io non possocredere a ciò! È un sogno, Lara! Se tu sapessi come ho sofferto!

- Ed io, Massimo, ed io! Sai, ho creduto persino d'odiarti, e forse ti ho odiato davvero.- Me ne desti la prova, Lara! - Ma io morivo, e allora mi accorsi che il mio odio per te era

fuoco di paglia. Si spense dopo aver letto la tua ultima lettera, e… ricominciai ad amarti piùdi prima. Morivo adorandoti, e tu?…

- Oh, io non ho cessato di amarti un solo istante, mia adorata Lara! e come cessare diamarti?… - La baciò e proseguì: - Ma dimmi, che mai farà Marco? Da qualche tempo nonmi salutava più, ma ora è meno sostenuto con me, anzi pare accenni a ridiventarmi amico.Che mai farà di noi?

- Non lo so, ma mi fido di lui. - Massimo pensò un poco, poi disse: - Che non sia untranello? Non ti ama più, dunque?…

- No, dice che m'ama sempre alla follia e che, appunto perchè mi ama così, mi renderàfelice come io desidero e sogno.

- Caro Ferragna! Se fosse qui, gli darei un bacio!… - In mancanza di lui, Massimo baciòLara, che ne rise tanto

I due giovani rimasero lunga pezza confidandosi i dolori sofferti, le rinascenti speranze,facendo cento supposizioni sulla misteriosa promessa di Marco Ferragna, scambiandosimille baci nell'ombra del vecchio cancello, senza paura e senza sospetti, perchè nella loggia

Page 90: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

vegliava una piccola signorina bionda, pronta a dare l'allarme in caso di pericolo.Questa scena accadde molte notti di seguito, e molte notti di seguito l'aristocratico ed

elegante Marco Ferragna dormì sotto il sambuco, sulla riva del fiume stagnante in fondo allavalle di "Muschias".

XXXVIII.

… Tre mesi dopo, in una fredda e nebbiosa mattina di novembre, una diecina di personeerano riunite nello studio dell'avvocato Ferragna. Dai loro volti composti ad un dolore chealcuni non sentivano es altri invece si sforzavano di non dimostrare in tutta la sua intensità,si capiva che non erano là per una riunione allegra o per una spensierata conversazione. Unoera don Salvatore, pallido in volto, gli occhi gonfi e rossi: due rappresentavano ledomestiche di Ferragna, una vecchia e l'altra giovine, che piangevano col viso nascosto nelgrembiale: uno era Massimo Massari, anch'egli pallido, ma calmo e come sorpreso; quattropassavano per stretti parenti del padrone di casa che mancava; e nell'ultimo infine, - sedutocon sussiego accanto al tavolo, - vecchio, rosso, con gli occhiali neri e la cravatta bianca,s'indovinava un notaio che sta per compiere uno dei suoi imponenti doveri del suo ufficio.

Infatti stava nientemeno che per aprire un testamento, il testamento dettatogli otto giorniprima dallo stesso Marco Ferragna. Marco dunque era morto, dopo due mesi di lungaagonia, corroso dalla febbre e da una passione che lo aveva vinto, che non poteva soddisfarese non a prezzo della felicità e forse della vita di una creatura innocente, e di un uomo cheamava quasi fratello: Lara e Massimo.

Nessuno, al mondo, sospettò l'orribile verità, neppure i due amanti, che anzi, allorchèvidero Marco in fin di vita, si guardarono disperati, chiedendosi chi mai ora potevaprometter loro aiuto e conforto; tutti credettero che Marco morisse per volere di Dio, coltoda malattia naturale, da febbre di malaria buscata chissà dove, - e tutta X*** pianse ilgiovine così buono ed onesti; i poveri il loro generoso ed occulto benefattore, i ricchi ildisinteressato difensore delle loro cause, le fanciulle l'elegante e pallido signore che facevaloro battere il cuore, i giovani l'amico sincero dall'anima grande e gentile, dalla mente vastae dal cuore leale. Lo piansero i quattro cugini venuti da Sassari all'ultima ora, più perraccogliere l'eredità che per vederselo spirare; lo piansero le serve che egli teneva a cinque osei anni, trattandole come sorelle, - ma soprattutto piansero i Mannu, e con ragione.

Piangevano il loro figlio amato, l'essere che aveva portato la vita nella loro vecchia casagelida, per tanti e tant'anni, e che si apprestava a rendere Lara la più ricca e felice fra lefanciulle della città. Anch'ella pianse disperatamente, quasi avesse davvero amato Marco diamore da fidanzata, e volle rimanere presso di lui fino all'ultimo istante confortandolo,prodigandogli cure e baci che gli resero felicissimi gli ultimi giorni di vita. Lo indusse aconfessarsi, a pensare a Dio, gli parlò di Lara che l'aspettava al di là, nei cieli d'oro delmistico oriente dei Cristiano, fra la luce e i profumi di una felicità eterna, e fu lei che glichiuse gli occhi con un coraggio che niuno riusciva a spiegare in essa, fu lei che si vestì abruno per la prima, in realtà pazza di dolore e di angoscia. Un vago presentimento le dicevache Marco era morto per lei. E pur senza spiegarle tutta la verità, le narrava confusamente idolori, e la lotta da lui sofferta, e le faceva istintivamente pensare: - ecco un'altro che muoreper mia causa!…

Il ricordo, poi, della promessa fattale da lui di abbreviare il tempo che la divideva daMassimo, promessa sfumata con la sua morte, le amareggiava ancor di più l'anima. Chi, chili avrebbe ora aiutati, se non il tempo?…

Ma una fredda e nebbiosa mattina di novembre, i parenti, le serve e Massimo Massarifurono riuniti per volontà del vecchio notaio nello studio del morto, e venne aperto iltestamento di lui. Don Salvatore, sempre afflitto e sconsolato, da bravo zio e da buonsuocero che ha visto morire il suo genero, guardava con occhio sicuro gli altri settepersonaggi, convinto qual era che Marco avesse nominato sua erede universale Lara, e sispiegava la presenza di Massimo e delle domestiche dicendosi: - Avrà lasciato loro qualchericordo! - In quanto ai parenti, poi… non v'era da pensarci: la loro presenza era

Page 91: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

perfettamente inutile.Ma finita la solenne lettura del testamento, un po' lungo e minuzioso, don Salvatore cambiò

d'aspetto e d'opinione, e mentre i volti dei quattro parenti si allampavano per la disillusionecompleta delle loro speranze, il suo diventò purpureo di sorpresa e d'ira. In quanto aMassimo, per poco non svenne: Marco Ferragna lo istituiva suo erede universale, lasciandopiccoli legati alle serve e non nominando per nulla don Salvatore e le figlie, o i parenti diSassari.

Allora Massimo comprese a che alludevano le promesse di Marco e guardò don Salvatore;ma vide solo l'ira e l'odio scolpiti sul volto di lui, e si chiese tremando nel cuore, serealmente l'estinto aveva dato nel segno. Nel medesimo tempo gli balenò al pensiero l'ideaconfusa dell'immane sacrificio di Marco,; impallidì spaventosamente e congedò balbettandoi quattro cugini di Marco, che se ne andarono via con tre palmi di naso, convinti che la suaemozione provenisse dalla gioia, credendo di lasciarlo felicissimo, mentre egli inquell'istante si considerava il più disgraziato degli uomini. - Partirono le domestiche, partì ilnotaio, dopo aver fatto i più vivi complimenti a Massimo, e ultimo restò don Salvatore nellacasa in cui era entrato a piè sicuro, come in casa sua - da tre giorni, cioè dopo i funerali diMarco, la palazzina era rimasta in custodia dei Mannu, - e che d'un tratto, quasi in sogno,diventava del figlio del suo nemico!… Immobile, come colto da un fulmine, inchiodato sullasedia, a pugni stretti e livido in volto, don Salvatore se ne stava così immerso nel pensierodel come impugnare al più presto e annullare il testamento di Marco, che certo doveva esserestato pazzo nel momento in cui lo dettava, che non si accorse quasi del lento andarsene ditutte le persone poco prima riunite intorno a lui. Massimo proseguiva a guardarlo, temendodi vederselo sopra da un momento all'altro e pensava… A che pensava? Pensava che tutto ilsuccesso pareva una scena da melodramma, di cui egli era il principale personaggio, ericordandosi che possedeva molto spirito e molto coraggio, decise di conoscere subito la suasorte decisiva.

- Don Salvatore!… - esclamò risolutamente.- Eh? - fece l'altro, alzando il capo e colto da un brivido.- Pare che le dispiaccia il testamento! Ma se ella vuole, tutto gli apparterrà… Lei credeva

senza dubbio che Marco lasciasse tutto alla signorina Lara… Ebbene, se Lei vuole, donSalvatore, tutto sarà della sua signorina figlia… lo stesso.

- Come! rinunzia?- Oh, che! Solo Le chiedo la mano di Lara!Fu tanta la sorpresa di don Salvatore, che più tardo confessava non essere vero si possa

morire di accidente, dal punto che egli non era morto in quella mattina. Si alzò di scatto efulminando Massimo con lo sguardo, gli gridò:

- Senza dubbio, signor burattino arricchito, Lei vuole beffarsi di me? Però la vedremo!Ride bene che ride ultimo! - E uscì pestando i piedi. Ma il giovane non disperò ancora,perchè il fiero nemico non aveva recisamente detto di no. Per una settimana, don Salvatorevagò come un'anima dannata dall'uno all'altro avvocato, promettendo mari e monti perannullare il testamento: anche i parenti di Sassari cercarono tutti i mezzi possibili, mainvano. Il testamento era validissimo, e Massimo aveva per sempre il posto di MarcoFerragna. I buoni abitanti di X*** per poco non perdettero il cervello; al solito pensarono aquesto avvenimento giorno e notte, per tre mesi interi, e più d'uno dimenticò qualche volta isuoi affari per pensare e commentare il testamento favoloso e gettare qualche pietra sulfortunato erede.

Ma la meraviglia raggiunse il colmo allorchè si seppe sul finire dell'anno, che Massimos'era fidanzato con Lara Mannu e che le due famiglie nemiche avevano finalmente conchiusola pace.

Così era: viste sfumate le sue ultime speranze, don Salvatore, cieco d'odio e d'ira, vieppiùper l'ultima domanda di Massimo, ch'egli credeva solo un insulto vigliacco di nemicovittorioso, covava già in cuore cruenti progetti di vendette tenebrose e terribili e pensava diriaccendere la face dell'odio avito, qual era nei bei tempo antichi, allorchè, un giorno, un altopersonaggio di X*** lo onorò di una visita, e, seriamente, gli rifece per parte di Massimo la

Page 92: TITOLO: Fior di Sardegna AUTORE: Grazia Deledda NOTE: … · FIOR DI SARDEGNA I. Siamo in Sardegna, nella parte montuosa della Sardegna, in una piccola città che ci contenteremo

straordinaria domanda. Sulle prime don Salvatore divenne furibondo, scordandosi persinocon chi era, - ma l'alto personaggio lo richiamò all'ordine con parole assennate, ricordandogliche ormai i tempi dell'odio sono trascorsi, e che un buon padre non poteva rifiutare per suafiglia una simile fortuna qual era quella che gli si presentava con Massimo. - Allora donSalvatore chiese tempo, e, sbalordito dal coraggio di Lara, che gli confessò tutto, rispose conbel "sì", che certamente non sarebbe uscito dalle sue labbra senza l'eredità conseguita dalgiovine nemico.

E ora Lara si chiama la signora Massari e non pensa più a morire, non s'ingolfa più inpensieri filosofici, in idee scettiche e melanconiche, non dice più che il suo cuore è simile adun giacinto disseccato; crede che Nunzio sia morto per disgrazia e Marco di febbre; visitaMariarosa e frequenta la società di X***, che prima odiava, e sorride sempre, tra i fiori dellapalazzina bianca e fra i baci del forte cavaliere biondo, dei suoi sogni fantastici; di quelcavaliere biondo che, nelle notti di luna, prendendosela sulle ginocchia, sui veroni fioriti efra i profumi salienti dalla valle, le narra care leggende, con gli occhi fulgenti d'amore efelicità.

FINE