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XXV CONGRESSO ASSOCIAZIONE NAZIONALE MUSEI SCIENTIFICI “COSE DI SCIENZA” Le collezioni museali: tutela, ricerca ed educazione
Torino, 11-‐13 novembre 2015
XXV CONGRESSO ASSOCIAZIONE NAZIONALE MUSEI SCIENTIFICI
Torino, 11-‐13 novembre 2015
“COSE DI SCIENZA” Le collezioni museali: tutela, ricerca ed educazione
VOLUME DEI RIASSUNTI
Comitato Scientifico Giacomo Giacobini (Presidente), Fausto Barbagli, Cristina Cilli, Marco Galloni, Elena Giacobino, Giancarla Malerba, Vittorio Marchis, Giovanni Pinna Comitato Organizzatore Giacomo Giacobini (Presidente), Cristina Cilli, Maria Beatrice Failla, Mara Fausone, Daniele Jalla, Giancarla Malerba, Gianluigi Mangiapane, Silvano Montaldo, Paola Nicita, Enrico Pasini, Emma Rabino Massa, Giuseppe Rembado Sedi del Congresso -‐ Università di Torino Aula Magna della Cavallerizza Reale (Via Verdi 9) Aula Magna del Rettorato (Via Verdi 8) Segreteria organizzativa del Congresso Sistema Museale di Ateneo Tel. +39 011 6707728 / 7798; E-‐mail: [email protected] In copertina Lorenzo Dotti, Miscellanea delle collezioni scientifiche italiane, 2015, acquarello.
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“COSE DI SCIENZA” Le collezioni museali: tutela, ricerca ed educazione A undici anni di distanza dal XIV Congresso ANMS “Il patrimonio della scienza: le collezioni di interesse storico”, Torino si ripropone come sede per parlare del tema sempre attuale delle collezioni scientifiche dei nostri musei. Nel 2004 -‐ anno in cui veniva emanato il “Codice dei Beni Culturale e del Paesaggio” che comprendeva per la prima volta le collezioni scientifiche tra i beni culturali sottoposti a precise norme per la loro tutela e fruizione -‐ l’Università di Torino stava sviluppando il progetto di riallestimento del Museo di Anatomia e del Museo Lombroso (rispettivamente poi aperti al pubblico nel 2007 e 2009). Oggi questi musei fanno parte del Sistema Museale di Ateneo (insieme all’Archivio Scientifico e Tecnologico e al Museo di Antropologia ed Etnografia), fortemente impegnato nella tutela e valorizzazione delle collezioni, argomenti in piena sintonia con la missione culturale dell’Associazione Nazionale Musei Scientifici. Per questo motivo, il XXV Congresso ANMS vuole riprendere e sviluppare nelle sue diverse declinazioni il tema delle collezioni. Il titolo “Cose di scienza” pone l’accento sulle diverse tipologie di collezioni, fatte di “cose” come preparati, modelli, strumenti, ma anche di fondi archivistici e librari, di arredi scientifici e di opere d’arte celebrative, conservati nei nostri musei a documentazione materiale della storia culturale della nostra società, che sempre più tende a “virtualizzare” le proprie testimonianze. Le tre sessioni tematiche svilupperanno argomenti che l’ANMS in questi ultimi anni ha ampiamente promosso e sostenuto. Sessione 1 -‐ La conservazione delle collezioni: come, dove e perché Quale funzione e quale significato hanno oggi le collezioni scientifiche? Come sono state create? Perché? Dove sono conservate? Domande che possono trovare risposta solo con la consapevolezza dell’importanza materiale che rivestono le collezioni scientifiche, siano esse esposte al pubblico o conservate in depositi idonei. Sessione 2 – L’importanza delle collezioni per la ricerca scientifica La valutazione dell’importanza del patrimonio rappresentato dalle collezioni scientifiche deve tener conto, al di là del loro valore economico, della quantità di dati (tassonomici, ecologici, evolutivi …) che esse custodiscono e possono rivelare. Dati fondamentali per portare avanti ricerche scientifiche di grande attualità oggi molto richieste da Ministeri ed Enti che gestiscono e tutelano l’ambiente e la biodiversità. Progetti di censimento (consistenza e stato di conservazione) e mappatura di tutte le collezioni biologiche (quelle più deperibili) come “CollMap” rendono l’ANMS l’attore protagonista sul territorio italiano. Sessione 3 -‐ Il valore educativo delle collezioni scientifiche Le collezioni scientifiche racchiudono un potenziale educativo importante. Attraverso un’adeguata comunicazione, che sempre più si avvale di nuove tecnologie, si può arrivare a trasmettere diversi livelli di messaggi, da quelli generali a quelli prettamente scientifici. Singoli oggetti o intere serie esposti nelle vetrine sono di fondamentale importanza per raccontare storie, che consentono di aggiungere al semplice valore educativo, il coinvolgimento emotivo del visitatore.
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PROGRAMMA
Mercoledì 11 novembre (Aula Magna della Cavallerizza Reale, via Verdi 9)
8.30-‐9.30 Registrazione dei partecipanti 9.30-‐10.00 Saluti delle Autorità 10.00-‐10.45 Apertura del congresso con lettura magistrale Cécile Aufaure (Conservatrice en chef du Patrimoine, Directrice du projet de rénovation du Musée de l’Homme, Parigi). Le Musée de l’Homme de Paris réouvert au public (traduzione simultanea) 10.45-‐11.00 Coffee break 11.00-‐13.30 Sessione 1 -‐ La conservazione delle collezioni: come, dove e perché. Chairman, Alessandra Aspes (già Direttore Museo civico di Storia Naturale di Verona). Discussant, Giuseppe Muscio (Direttore Museo friulano di Storia Naturale)
11.00-‐11.20 -‐ Comunicazione introduttiva. Giovanni Pinna (già Direttore Museo civico di Storia Naturale di Milano). Le collezioni dei musei non sono camere delle meraviglie 11.20-‐11.30 -‐ Cristina Delunas, Marco Bresadola (Cagliari, Ferrara). Le cere anatomiche del Museo Tumiati dell’Università di Ferrara. Storia e restauro di una collezione di fine Settecento 11.30-‐11.40 -‐ Elisabetta Cioppi (Firenze). Testimonianze fossili dal Kentucky al Granducato di Toscana 11.40-‐11.50 -‐ Lucia Amadei, Rosa Baldini, Simonetta Maccioni (Pisa). La raccolta “Sphagnum” dell’Herbarium Horti Pisani 11.50-‐12.00 -‐ Nicola Carrara, Marta Giacon, Martina Magrin, Cinzia Scaggion, Silvia Vascon (Padova). La collezione osteologica “Tedeschi” del Museo di Antropologia dell’Università di Padova: un patrimonio a disposizione degli studiosi 12.00-‐12.10 -‐ Edoardo Razzetti, Paolo Guaschi, Stefano Maretti, Jessica Maffei, Giorgio Giacomo Mellerio, Philippe Candegabe, Serena Manzi (Pavia, Grenoble). L’elefantessa di Napoleone: dalla ricostruzione storica alla valorizzazione 12.10-‐12.20 -‐ Elena Canadelli (Padova). Storia di una collezione settecentesca: le raccolte di Antonio Vallisneri dell’Università di Padova 12.20-‐12.30 -‐ Laura Faustini, Stefania Lotti (Firenze). Il valore scientifico, artistico e didattico della Collezione Blaschka del Museo FirST: cenni su restauro, conservazione e valorizzazione della più grande raccolta presente in Italia di modelli in vetro di invertebrati marini prodotti da Leopold a Rudolf Blaschka 12.30-‐12.40 -‐ Elena Corradini, Luigi Campanella (Modena, Roma). Le collezioni della rete dei Musei Universitari per fare conoscere storie, storia della strumentazione scientifica, ambienti e paesaggi 12.40-‐13.15 -‐ Discussione
13.15-‐14.30 Aperitivo di benvenuto 14.30-‐16.00 Tavola rotonda -‐ La terza missione dell’Università, prima missione per i musei
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Coordinatore, Giacomo Giacobini (Presidente, Sistema Museale di Ateneo, Torino), Andrea Bonaccorsi (già Consiglio Direttivo, ANVUR), Luca Dal Pozzolo (Direttore, Osservatorio Culturale del Piemonte), Augusto Garuccio (CISMUS -‐ Università di Bari), Michele Lanzinger (Direttore, MUSE, Trento), Lorenza Operti (Presidente, Presidio Qualità Università di Torino), Telmo Pievani (Responsabile scientifico, Museo di Antropologia Università di Padova), Vincenzo Vomero (già Direttore Musei Scientifici, Roma)
16.00-‐16.15 Coffee break
16.15-‐18.30 Sessione poster (parte I). Discussione in aula dei poster della Sessione 1 e di una parte della Sessione 2 (vedi oltre per elenco) Chairman, Cristina Cilli (Conservatore, Sistema Museale di Ateneo, Torino). Discussant, Fausto Barbagli (Curatore, Museo di Storia Naturale, Università di Firenze)
Giovedì 12 novembre (Aula Magna della Cavallerizza Reale, via Verdi 9)
9.00-‐11.15 Sessione 2 -‐ Il valore delle collezioni per la ricerca scientifica. Chairman, Alessandro Minelli (già Ordinario di Zoologia, Università di Padova). Discussant, Valerio Sbordoni (già Ordinario di Zoologia, Università di Roma Tor Vergata)
9.00-‐9.20 -‐ Comunicazione introduttiva. Franco Andreone (Conservatore, Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino). Le collezioni naturalistiche quali indispensabili strumenti di ricerca: sfide e problematiche nei musei italiani 9.20-‐9.30 -‐ Stefano Mazzotti, Laura Sensi, Danio Miserocchi, Giorgio Lazzari, Andrea Benocci, Giuseppe Manganelli (Ferrara, Ravenna, Siena). Collezioni malacologiche e monitoraggi delle comunità di molluschi terrestri del Delta del Po e della Pianura Padana orientale: Il Progetto CoSMos -‐ Collecting Snails, Monitoring Snails 9.30-‐9.40 -‐ Brigitte Rollier (Nizza). L’interesse delle collezioni storiche per la conoscenza e la diffusione dei dati sugli ambienti marini. L’esempio dei fondi del Muséum d’Histoire Naturelle di Nizza (Francia) 9.40-‐9.50 -‐ Angelo Barili, Sergio Gentili, Livia Lucentini (Perugia). DNA. Archivi della biodiversità e musei scientifici: alcune esperienze presso la Galleria di Storia Naturale dell’Università degli Studi di Perugia 9.50-‐10.00 -‐ Simona Armeli Minicante, Marco Sigovini, Alessandro Ceregato (Venezia). Algarium Veneticum: a new institutional herbarium for the study of marine algal biodiversity 10.00-‐10.10 -‐ Andrea Benocci, Giuseppe Manganelli (Siena). Scavi nel patrimonio museale: nuovi spunti di ricerca dal riordino di una collezione malacologica 10.10-‐10.20 -‐ Annalaura Pistarino (Torino). Sinergie fra collezioni, archivi di dati e ricerca: un esempio per le Campanulaceae 10.20-‐10.30 -‐ Giulia Poretti, Caterina Devito, Alessandro Borghi, Aida Maria Conte (Roma, Torino). White marble provenance study case: museum collection as invaluable resource for scientific research 10.30-‐11.00 – Discussione
11.00-‐11.30 -‐ Intervento del Ministro Dario Franceschini 11.30-‐11.45 Coffee break
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11.45-‐13.00 Tavola rotonda -‐ Il valore delle collezioni e il Progetto CollMap Coordinatore, Vincenzo Vomero (già Direttore Musei scientifici Roma), Stefano De Felici (Ricercatore, Life Watch Italia), Leonardo Latella (Conservatore, Museo civico di Storia Naturale di Verona), Stefano Martellos (Ricercatore di Botanica Sistematica, Università di Trieste), Stefano Mazzotti (Direttore, Museo civico di Storia Naturale di Ferrara), Lorenzo Peruzzi (Associato di Botanica sistematica, Università di Pisa) 13.00-‐14.00 Pausa pranzo (libero) 14.00-‐16.00 Sessione poster (parte II). Discussione in aula di parte dei poster della Sessione 2 e di quelli della Sessione 3 (vedi oltre per elenco) Chairman, Cristina Cilli (Conservatore, Sistema Museale di Ateneo, Torino). Discussant, Fausto Barbagli (Curatore, Museo di Storia Naturale, Università di Firenze) 16.00-‐16.30 Trasferimento libero al Polo museale del Palazzo degli Istituti Anatomici (corso Massimo d’Azeglio 52) 16.30-‐18.30 Visita al Polo museale: Museo di Anatomia, Museo Lombroso, Museo della Frutta
18.30-‐20.00 Assemblea dei Soci ANMS Aula Magna, Palazzo degli Istituti Anatomici (corso Massimo d’Azeglio 52)
20.00 -‐ 20.30 Trasferimento con autobus dell’organizzazione dal piazzale antistante Polo Museale del Palazzo degli Istituti Anatomici al Museo Nazionale della Montagna (piazzale Monte dei Cappuccini 7) 20.30 Cena Sociale nelle sale del Museo Nazionale della Montagna
Venerdì 13 novembre (Aula Magna del Rettorato, via Verdi 8)
9.00-‐11.15 Sessione 3 -‐ Il valore educativo delle collezioni scientifiche. Chairman, Elena Giacobino (Responsabile Museologia e Didattica, Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino). Discussant, Anna Miglietta (Conservatore, Museo di Biologia Marina “Pietro Parenzan”, Università del Salento)
9.00-‐9.20 -‐ Comunicazione introduttiva. Elisabetta Falchetti (già Curatore, Museo civico di Zoologia, Roma). Collezioni scientifiche ed educazione: la missione, gli scenari e le prospettive 9.20-‐9.30 -‐ Roberta Ballestriero (Londra, UK). Le collezioni scientifiche e anatomo-‐patologiche per l’insegnamento medico, un patrimonio sottostimato. L’esempio del Gordon Museum of Pathology di Londra 9.30-‐9.40 -‐ Giovanni A. Cignoni (Pisa). Lezioni al Museo: cimeli dell’informatica per didattica e orientamento 9.40-‐9.50 -‐ Francis Wells (Cambridge, UK). Anatomical demonstration: 3-‐D modeling in the 19th and the 21ts centuries 9.50-‐10.00 -‐ Federico Bernardini, Claudio Tuniz, Nicola Bressi, Deborah Arbulla (Roma, Trieste). L’Uomo di Lonche: collezioni passate, tecnologie presenti, straordinari sviluppi futuri
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10.00-‐10.10 -‐ Angela Pelosi, Ilaria de Angelis, Nicola Manganelli, Carla Cecchi Maranzana (Roma). Collezioni per tutti, per tutte le età e per tutte le culture 10.10-‐10.20 -‐ Andrea Marzullo, Teresa Lettini, Vincenza Montenegro, Gabriella Serio, Vittorio Pesce Delfino (Bari). Presentazioni tridimensionali in museologia e per la didattica della medicina: la collezione anatomica dell’ex Museo di Anatomia Patologica dell’Università di Bari 10.20-‐10.30 -‐ Lucia Borelli, Rosanna Del Monte, Maria Carmela del Re, Roberta Improta, Carmela Petti (Napoli). Dialogare con il pubblico: il Centro Musei e la divulgazione scientifica 10.30-‐11.15 -‐ Discussione
11.15-‐11.30 Coffee break 11.30-‐13.00 Discussione generale e chiusura dei lavori Elenco comunicazioni poster in discussione nella PARTE I, mercoledì 11 novembre (16.15-‐18.30) Sessione 1 -‐ La conservazione delle collezioni: come, dove e perché 1. Ivano Ansaloni, Aldo Imperiale. La raccolta di avifauna italiana del naturalista “Andrea Fiori”(1854-‐1933)
2. Erica Bittarello, Lorenzo Mariano Gallo, Alessandra Marengo. La “Collezione cristalli” del Museo di Mineralogia e Petrografia dell’Università di Torino
3. Laura Bonfiglio, Gabriella Mangano, Michele Panzera, Filippo Spadola, Mauro Cavallaro. Le collezioni di mammiferi pleistocenici della Sicilia custodite nel Museo della Fauna dell’Università degli Studi di Messina: modalità di recupero e attività di ricerca in corso
4. Mauro Cavallaro, Alberto Villari, Giovanni Ammendolia, Filippo Spadola, Laura Bonfiglio, Gabriella Mangano, Michele Panzera. Le collezioni di faune ittiche mesopelagiche e malacologica “A. Villari” del Museo della Fauna di Messina
5. Antonio Dal Lago, Viviana Frisone, Bernardetta Pallozzi. Conoscere il patrimonio: un progetto regionale per schedare le collezioni naturalistiche ed evidenziare criticità e buone pratiche che le caratterizzano
6. Dalila Giacobbe, Salvatore Restivo, Florinda Gennuso. Nuova vita per un vecchio gabinetto scientifico: recupero e valorizzazione di un patrimonio naturalistico da preservare
7. Stefania Lotti. La parte non visibile del Museo FirST: il “Gabinetto di Storia Naturale con annesso Museo Tecnologico” dell'antico Istituto Tecnico Toscano di Firenze
8. Gianluigi Mangiapane, Giancarla Malerba, Cristina Cilli, Giacomo Giacobini. La collezione osteologica del Museo di Anatomia umana dell’Università di Torino: un esempio di riordino di “cose di scienza”
9. Carla Marangoni, Lorenzo Rook, Maria Emanuela Desio. L’esemplare tipo di Stegotetrabelodon syrticus Petrocchi, 1941: un reperto sopravvissuto alle vicissitudini belliche?
10. Lorenzo Marchetti, Lucia Marchesi. La digitalizzazione del patrimonio scientifico e storico-‐artistico: problematiche, benefici, potenzialità. L’esperienza dell'Università di Padova
11. Vincenza Montenegro, Annamaria Pastore, Francesco Porcelli, Giuseppe Bari. Gli studi storiografici per la valorizzazione di due collezioni del patrimonio storico-‐scientifico dell'Università di Bari: la serie di modelli geometrici di Luigi Campedelli e la raccolta entomologica di Omero Castellani
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12. Daniela Paradiso. Le collezioni anatomiche: la storia della scienza a sostegno del valore culturale
13. Marco Pavia, Massimo Delfino, Francesca Lozar, Edoardo Martinetto, Giorgio Carnevale. Il patrimonio paleontologico del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università degli Studi di Torino
14. Salvatore Restivo, Dalila Giacobbe, Renzo Ientile. Il Museo Civico di Scienze Naturali "Angelo Priolo" di Randazzo (CT): da collezione privata a risorsa culturale per tutti
15. Luigi Sala, Susanna Barraco. I pesci delle acque interne italiane nelle collezioni dell’Università di Modena: un contributo alla catalogazione del patrimonio museale modenese
16. Paolo Serventi, Giovanna Menziani, Paolo Reggiani, Giulia Viotti. La Balena fossile del Museo di Paleontologia dell'Università di Modena e Reggio Emilia
Sessione 2 -‐ Il valore delle collezioni per la ricerca scientifica 17. Lucia Amadei, Gianni Bedini, Leonardo Cocchi, Simonetta Maccioni, Lorenzo Peruzzi, Giuseppe Pistolesi, Roberta Vangelisti. Orto e Museo botanico di Pisa: hortus vivus e hortus siccus al servizio della ricerca
18. Massimo Appolloni, Bruno Amati, Paolo Mariottini, Italo Nofroni, Marco Oliverio, Carlo Smriglio, Lionello Tringali. I tipi della collezione Monterosato del Museo civico di Zoologia di Roma.
19. Ilaria Bonini, Paolo Castagnini, Rossella Bendici, Claudia Angiolini. L'Erbario dei Cappuccini di San Quirico d'Orcia (Si): biodiversità vegetale di 200 anni fa!
20. Rosa Camoletto. Le pteridofite del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino 21. Annamaria Epiceno. La collezione di Aracnidi proveniente dai laghi etiopici della Fossa Galla recuperata dai magazzini del Museo Civico di Zoologia di Roma
22. Anna Maria Miglietta, Antonella Petrocelli, Ester Cecere. L’algario “Irma Pierpaoli” del Museo di Biologia Marina “Pietro Parenzan”
Elenco comunicazioni poster in discussione nella PARTE II, giovedì 12 novembre (14.00-‐16.00) Sessione 2 -‐ Il valore delle collezioni per la ricerca scientifica 23. Genuario Belmonte. Salento Cretaceous Fishes from Italian Scientific Institutions 24. Ruggero D’Anastasio, Fernando Tammaro, Antonietta Di Fabrizio, Assunta Paolucci, Jacopo Cilli, Joan Viciano, Paul Nibaruta, Luigi Capasso. Dalla conoscenza alla conservazione: il recupero di antiche coltivazioni
25. Mauro Grano, Cristina Cattaneo, Marco Sassoè. La rana toro (Lithobates catesbeianus) nelle collezioni erpetologiche dei musei italiani
26. Deborah Isocrono, Laura Guglielmone, Guglielmo Pandolfo, Rosanna Piervittori. Le collezioni crittogamiche dell’Herbarium Universitatis Taurinensis: riscoperta, valore storico e valorizzazione scientifica
27. Daniela Minelli, Roberto Zorzin, Federico Fanti. Nuovi approcci per lo studio di fossili di Vertebrati nelle collezioni storiche
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28. Vanni Moggi Cecchi, Giovanni Pratesi, Marco Morelli, Stefano Caporali. La classificazione delle meteoriti in conto terzi come veicolo efficace per l’incremento patrimoniale e per la valorizzazione scientifica delle collezioni dei musei naturalistici
29. Enrico Vaudano, Antonella Costantini, Francesca Doria, Emilia Garcia-‐Moruno. Collezione di microrganismi di interesse enologico
Sessione 3 -‐ Il valore educativo delle collezioni scientifiche 30. Andrea Benocci, Giuseppe Manganelli, Chiara Bratto, Valentina Lusini, Elisa Bruttini. “Il Museo in tasca”: una app per scoprire le collezioni naturalistiche dei Fisiocritici tramite dispositivi mobili
31. Milena Bertacchini. Collezioni scientifiche “inside out” 32. Luca Bezzi, Nicola Carrara, Telmo Pievani, Cinzia Scaggion, Emma Varotto. “FACCE. I molti volti della storia umana”: una mostra che racconta
33. Matteo Bisanti, Andrea Gambarelli, Rita Maramaldo, Ciro Tepedino, Aurora Pederzoli. Entomologia in un clic: didattica multimediale
34. Lucia Borrelli, Daniele Moscone, Giovanni Paternoster. La lavorazione e l’approvvigionamento dell’ossidiana durante il Neolitico nell’isola di Capri: l’avvincente racconto che emerge dallo studio della Collezione Cerio del Museo di Antropologia
35. Giovanna Bosi, Giovanna Barbieri, Daniele Bertoni, Fabrizio Buldrini, Simona Rinaldi, Daniele Dallai. Il mondo delle palme: spunti didattici dai campioni della carpoteca storica dell’Orto botanico di Modena
36. Filippo Ceccolini, Sylvia Di Marco, Emanuele Paggetti, Annalisa Paglianti, Lucia Pizzocaro, Francesca Bigoni. Il ruolo della didattica nella valorizzazione delle collezioni museali non esposte al pubblico nel Museo di Storia Naturale di Firenze
37. Daniele Dallai, Fabrizio Buldrini, Giovanna Barbieri, Giovanna Bosi, Marzia Conventi, Christian Rebecchi. Collezioni museali fra natura, storia e cultura: una collaborazione fra l'Orto botanico di Modena e la Riserva naturale regionale delle Salse di Nirano
38. Alessia Fazio, Antonietta Di Fabrizio, Maria Iacovozzi, Assunta Paolucci, Maria Del Cimmuto, Mariangela Sciubba, Luigi Capasso. Piccoli naturalisti in erba
39. Andrea Gambarelli, Rita Maramaldo, Ciro Tepedino, Aurora Pederzoli, Maria Agnese Sabatini, Lucrezia Mola. Il Museo testimone di biodiversità attuale e passata
40. Francesca Gambino, Alessandro Borghi, Lorenzo Mariano Gallo. Dalla collezione di pietre ornamentali del Museo Regionale di Scienze Naturali a Tourinstones, un’applicazione per la valorizzazione geoturistica di Torino, città di pietra
41. Laura Guglielmone, Deborah Isocrono. Le piante alimentari conservate nell’Erbario dell’Università di Torino. Un percorso divulgativo dalle collezioni storiche ai temi di EXPO 2015
42. Simona Guioli, Isaac Manelli, Camilla Risi. Museobus: saperi in movimento 43. Ciro Marino, Alberta Marzari Chiesa, Taj Mohammad. Museo di Fisica dell'Università di Torino: la collezione di strumenti e didattica
44. Francesca Monza, Antonietta Di Fabrizio, Alessandro Rapinese, Luigi Capasso. La collezione universitaria di Chieti: da raccolta biomedica a memoria culturale del territorio
45. Natale Surano, Antonella Tarantino, Massimo Midiri. Cultura scientifica e valore educativo nella rete delle collezioni scientifiche dell’Università di Palermo: comunicazione e moderne tecnologie
46. Camillo Vellano, Tiziano Bonisoli, Paolo Belgioioso, Maria Sartore. Accessibilità per tutti alla cultura
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Il Congresso è stato realizzato anche grazie al supporto economico dell’Università di Torino _______________ Collaborazioni Elenco dei Musei che hanno accolto la proposta di collaborazione alla IX Conferenza dei Musei d’Italia e al XXV Congresso dell’ANMS offrendo facilitazioni per l’ingresso (su presentazione alle casse del proprio badge congressuale). Ingresso gratuito dal 10 al 14 novembre
Fondazione Torino Musei (collezioni permanenti) Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea (Via Magenta, 31) Palazzo Madama, Museo civico di Arte antica (Piazza Castello) Borgo Medievale (Viale Virgilio, 117) Museo di Arte Orientale (Via San Domenico, 11)
Museo della Frutta “Francesco Garnier Valletti” (Via P. Giuria, 15) Museo di Antropologia criminale “Cesare Lombroso” (Via P. Giuria, 15) Museo di Anatomia umana “Luigi Rolando” (Corso M. d’Azeglio, 52) Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà (Corso Valdocco, 4/A) Museo Nazionale della Montagna (Piazzale Monte dei Cappuccini, 7)
Ingresso agevolato dal 10 al 13 novembre (€ 2,50), ingresso ridotto dal 14 al 15 novembre (€ 8,00)
Museo Nazionale dell’Automobile “Avv. Giovanni Agnelli” (Corso Unità d’Italia, 40) Ingresso ridotto dal 7 al 15 novembre (€ 5,00)
Museo Nazionale del Risorgimento Italiano (Via Accademia delle Scienze, 5) Ingresso ridotto dal 10 al 15 novembre (€ 8,00)
Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli (Via Nizza, 230/103) Ingresso ridotto dal 10 al 15 novembre (€ 8,00)
Museo Nazionale del Cinema (Via Montebello, 20) Ingresso ridotto dal 11 al 15 novembre (€ 9,00)
Museo Egizio (Via Accademia delle Scienze, 6) _______________ Sponsor Arteria Trasporti
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LETTURA MAGISTRALE
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Le Musée de l’Homme de Paris réouvert au public Il Musée de l'Homme di Parigi riaperto al pubblico Cécile Aufaure Conservatrice en chef du Patrimoine, Directrice du projet de rénovation du Musée de l’Homme, Paris Le Musée de l’Homme, département du Muséum National d’Histoire Naturelle situé au Palais de Chaillot à Paris, était fermé pour rénovation depuis mars 2009. Le 17 octobre 2015 il a à nouveau ouvert ses portes au public. Fondé en 1937 par Paul Rivet, ce musée-‐laboratoire dont la recherche menée au cœur de l’institution irrigue tout le propos, n’avait pas connu de rénovation complète depuis sa création. Il s’est finalement relevé du profond bouleversement qu’a représenté le départ de ses collections ethnographiques extra-‐européennes en 2003. Reconfiguré dans le périmètre de ses collections, désormais centrées sur l’anthropologie biologique et culturelle préhistorique et contemporaine, ainsi que sur un important volet d’histoire des sciences de l’Homme, il a en effet saisi cette opportunité pour se réinventer autour d’un nouveau projet scientifique et culturel qui explore l’humain à l’aune des enjeux du XXIème siècle. Qui sommes-‐nous ? D’où venons-‐nous ? Où allons-‐nous ? sont les 3 questions qui structurent sa Galerie de l’Homme. En croisant en permanence les approches biologiques, culturelles et sociales, elles abordent la définition et l’évolution de l’Homme des origines à son devenir. Ce récit met particulièrement en avant l’inscription de l’Homme dans son milieu et ses liens indéfectibles avec la biosphère, conditionnant le devenir même des sociétés humaines. Il Musée de l'Homme di Parigi, che afferisce al Muséum National d'Histoire Naturelle, è collocato nel Palais de Chaillot. E' stato chiuso nel marzo 2009 per consentire lo sviluppo di un progetto di rinnovamento, e il 17 ottobre 2015 ha potuto riaprire le porte al pubblico. Fondato da Paul Rivet nel 1937, questo museo-‐laboratorio, nel quale la ricerca sviluppata al proprio interno è alla base di tutti i progetti, non era mai stato oggetto di un rinnovamento complessivo dal tempo della sua fondazione. Ora, finalmente, ha potuto rinascere sollevandosi dal profondo stravolgimento causato dal trasferimento delle collezioni etnografiche extra-‐europee al Musée du Quai Branly nel 2003. Il Museo ha quindi dovuto riconfigurarsi in base alle collezioni esistenti, relative all'antropologia biologica e a quella culturale, preistorica e contemporanea, oltre che a un importante nucleo relativo alla storia delle scienze dell'uomo. Ha allora colto questa opportunità per reinventarsi sviluppando un nuovo progetto scientifico e culturale che esplora l'uomo con uno sguardo rivolto alle sfide del XXI secolo. Chi siamo? Da dove veniamo? Dove andiamo? Sono le tre domande intorno alle quali è costruita la Galleria dell'uomo. Facendo interagire continuamente gli approcci biologici, culturali e sociali, queste domande permettono di affrontare la definizione e la storia evolutiva dell'uomo, dalle sue origini al suo divenire. E' un racconto che presenta l'uomo con particolare attenzione al suo ambiente e ai suoi legami indissolubili con la biosfera, fattori che condizionano lo stesso divenire delle società umane.
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SESSIONE 1 -‐ ORALE
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La conservazione delle collezioni: come, dove è perché Chairman, Alessandra Aspes (già Direttore Museo civico di Storia Naturale di Verona).
Discussant, Giuseppe Muscio (Direttore Museo friulano di Storia Naturale) Comunicazione introduttiva. Giovanni Pinna (già Direttore Museo civico di Storia Naturale di Milano). Le collezioni dei musei non sono camere delle meraviglie Cristina Delunas, Marco Bresadola (Cagliari, Ferrara). Le cere anatomiche del Museo Tumiati dell’Università di Ferrara. Storia e restauro di una collezione di fine Settecento Elisabetta Cioppi (Firenze). Testimonianze fossili dal Kentucky al Granducato di Toscana Lucia Amadei, Rosa Baldini, Simonetta Maccioni (Pisa). La raccolta “Sphagnum” dell’Herbarium Horti Pisani Nicola Carrara, Marta Giacon, Martina Magrin, Cinzia Scaggion, Silvia Vascon (Padova). La collezione osteologica “Tedeschi” del Museo di Antropologia dell’Università di Padova: un patrimonio a disposizione degli studiosi Edoardo Razzetti, Paolo Guaschi, Stefano Maretti, Jessica Maffei, Giorgio Giacomo Mellerio, Philippe Candegabe, Serena Manzi (Pavia, Grenoble). L’elefantessa di Napoleone: dalla ricostruzione storica alla valorizzazione Elena Canadelli (Padova). Storia di una collezione settecentesca: le raccolte di Antonio Vallisneri dell’Università di Padova Laura Faustini, Stefania Lotti (Firenze). Il valore scientifico, artistico e didattico della Collezione Blaschka del Museo FirST: cenni su restauro, conservazione e valorizzazione della più grande raccolta presente in Italia di modelli in vetro di invertebrati marini prodotti da Leopold a Rudolf Blaschka Elena Corradini, Luigi Campanella (Modena, Roma). Le collezioni della rete dei Musei Universitari per fare conoscere storie, storia della strumentazione scientifica, ambienti e paesaggi
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Le collezioni dei musei non sono camere delle meraviglie Giovanni Pinna Già Direttore del Museo civico di Storia Naturale di Milano. E-‐mail: [email protected]
Nel mondo dei musei scientifici, in special modo di storia naturale, ma non di rado anche nel mondo dei musei etnografici soprattutto di cultura popolare, siamo oggi in presenza di due forme espositive che ritengo abbiano un’influenza importante sia sul ruolo che queste istituzioni sono chiamate a svolgere nella società, sia sulla loro stessa natura. Queste due forme espositive rappresentano solo la parte più evidente di due concezioni profondamente diverse della natura, del significato sociale, del ruolo scientifico e della funzione educativa del museo, e sono strettamente legate l’una all’accettazione, l’altra alla negazione dell’idea che la collezione sia parte fondante del museo. Mentre la prima è la concezione che potremmo definire tradizionale, la seconda è un’idea che si è sviluppata da poco tempo e viene considerata dai suoi sostenitori progressista. Tanto per anticipare ciò che penso, ritengo che quest’ultima forma museale sia funzionale solo all’educazione di masse popolari con basso grado di istruzione.
Parole chiave Musei scientifici, collezioni
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Le cere anatomiche del Museo Tumiati dell’Università di Ferrara. Storia e restauro di una collezione di fine Settecento Cristina Delunas1, Marco Bresadola2 1Dipartimento di Ingegneria Civile Ambientale e Architettura (DICAAR), Università degli Studi di Cagliari. E-‐mail: [email protected] 2Dipartimento di Studi Umanistici, Università di Ferrara. Una rara collezione di cere anatomiche di fine ‘700 dedicate all’ostetricia e al corpo femminile è conservata presso il Museo anatomico “G. Tumiati” dell’Università di Ferrara. I modelli nati dalla collaborazione fra Giovanni Tumiati, professore di anatomia e ostetricia presso l’Università di Ferrara, e Giovanni Chiappi, ceroplasta del centro Italia, risalgono all’ultimo decennio del XVIII secolo. Pur rifacendosi alla lunga tradizione della modellazione anatomica in cera, sono unici nel design e nella rappresentazione. Sono modelli senza fini estetici, di utilità pratica, eccezionalmente veritieri e precisi in ogni dettaglio. Il loro scopo era quello di insegnare l’ostetricia e “l’arte del parto” a chirurghi e levatrici. Grazie a una collaborazione fra il Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Ferrara e il DICAAR dell’Università di Cagliari in un progetto condiviso nell’ambito della legge 6/2000, è stato avviato il restauro degli antichi manufatti. Il delicato lavoro di recupero interessa le superfici coperte di patine ed effluorescenze che ricoprono i colori originali, la ricostruzione di parti mancanti, il consolidamento e la predisposizione per un’esposizione permanente. Le cere ferraresi, irripetibili opere d’arte e scienza, possono ancora oggi ritrovare l’originaria funzione di diffusione della conoscenza scientifica specialistica, ma anche essere protagoniste in contesti più ampi, interdisciplinari e di esposizione al pubblico. Parole chiave Cere anatomiche, ceroplastica, restauro cera
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Testimonianze fossili dal Kentucky al Granducato di Toscana Elisabetta Cioppi
Museo di Storia Naturale, Università di Firenze, Sez. Geologia e Paleontologia, Firenze. E-‐mail: [email protected] Il materiale in oggetto consiste in una ventina di fossili montati su idonei supporti con i relativi cartellini ottocenteschi. Da questi è emersa l’antichità della collezione, la provenienza (“Big Bone Lick, Kentucky, America del Nord”) e la specie principalmente rappresentata (“Mastodon ohioticus”). La ricerca catalografica effettuata nell’Inventario del Reale Gabinetto di Fisica e Storia Naturale di Firenze del 1793 ha portato al riconoscimento di un primo reperto: “Dente molare di Mammuth fossile ed annerito; dei contorni del fiume Ohio in America”. Big Bone Lick è una storica località fossilifera lungo il fiume Ohio, in Kentucky. Gli altri pezzi furono inviati nel 1829 a Ottaviano Targioni Tozzetti da William Cooper e sono riportati nel Catalogo dei Mammiferi del 1843. Big Bone Lick, zona paludosa con sorgenti saline, costituisce oggi uno State Historic Site, “Birthplace of American Vertebrate Paleontology”. La scoperta del sito fossilifero risale al 1739 quando alcuni indiani portarono all’ufficiale francese Barone de Longueuil alcune ossa: i primi “big bones”. Nel 1740 Longueuil porta a Parigi tre mascellari, un femore e un frammento di difesa. Da questo momento i mastodonti dell’Ohio diverranno protagonisti della scienza paleontologica. Perché erano così importanti questi fossili? Perché si mandavano in Europa? Perché Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti, si appassiona a questi resti, li raccoglie ed espone alla Casa Bianca? Perché Buffon e Cuvier li studiano? Cosa emerge dal loro studio? Perché dal Kentucky giungono a Londra, Parigi e Firenze? Le varie risposte intrecciano storia sociale e storia della Paleontologia lungo più di due secoli e nei due continenti, producono memorie da veicolare con passione al pubblico, sintesi del lavoro quanto mai affascinante del conservatore. Parole chiave Big Bone Lick, Paleontologia dei Vertebrati, mastodonte, Jefferson, Cuvier
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La raccolta “Sphagnum” dell’Herbarium Horti Pisani Lucia Amadei, Rosa Baldini, Simonetta Maccioni Museo botanico dell’Università di Pisa, Sistema Museale di Ateneo, Pisa. E-‐mail: [email protected] Nel 1950 il professor Alberto Chiarugi, direttore dell’Orto e del Museo botanico di Pisa, scriveva queste parole: “Le collezioni più notevoli dell’Herbarium Horti Botanici Pisani sono quelle riguardanti la Briologia. … Veramente imponenti sono le collezioni del genere Sphagnum, ricche di autotipi preziosi …” (Chiarugi, 1950). Le Briofite dell'Herbarium Horti Pisani provengono dall’assemblamento di molti esemplari e collezioni a partire dalla fine del 1700 fino ai nostri giorni, a documentazione della flora italiana, europea e mondiale. Purtroppo questa copiosa raccolta, alla fine del secolo scorso, si presentava difficilmente consultabile a causa di rimaneggiamenti e nuove introduzioni non integrate avvenuti durante il periodo 1950-‐1980. Pertanto da alcuni anni è in corso l’esame di questi esemplari allo scopo di conoscere e rendere fruibile il patrimonio di dati tassonomico-‐nomenclaturali, fitogeografici e storici in esse conservato e renderne possibile lo studio. Particolare attenzione è stata posta alla “Collezione Sphagnum”, composta attualmente da oltre cinquemila campioni provenienti, oltre che dall’Italia, dal resto d’Europa, dall’America, dall’Africa e dall’Oceania. Dell’analisi svolta vengono messe in evidenza, tra l’altro, le notizie che riguardano i raccoglitori e le raccolte, dalle quali si possono evincere rapporti di amicizia e di scambio che, tra il XIX e il XX secolo, interessavano botanici in tutto il mondo. Tra i personaggi coinvolti si ricordano gli italiani Ferdinando Augusto Artaria, Antonio Bottini, Giacomo Gresino, Adolfo Lunardi, Martino Maccagno, Guglielmo Pfaff, Emilio Chiovenda e Antonio Ivancich. La collezione si presenta ricca di prezioso materiale originale non ancora indagato come quello che riguarda Arbogast e Rodriguez, per il Madagascar, e William Walter Watts, per l’Australia. Parole chiave Sfagni, Herbarium Horti Pisani, Museo botanico
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La Collezione osteologica “Tedeschi” del Museo di Antropologia dell’Università di Padova: un patrimonio a disposizione degli studiosi Nicola Carrara, Marta Giacon, Martina Magrin, Cinzia Scaggion, Silvia Vascon Museo di Antropologia dell’Università di Padova. E-‐mail: [email protected] Nella primavera 2015 le collezioni del Museo di Antropologia sono state trasferite in un’unica sede -‐ Palazzo Cavalli -‐ dopo molti decenni di alterne vicende. Lo spostamento diviene un tassello fondamentale per il progetto del Museo di Storia Naturale dell’Università di Padova che, proprio a Palazzo Cavalli, riunirà in un unico percorso espositivo quattro musei (antropologia, geologia e paleontologia, mineralogia e zoologia). Nei nuovi spazi si intende arrivare alla rapida conclusione di un progetto iniziato una decina di anni fa e continuato nel tempo grazie a varie collaborazioni: la catalogazione completa della Collezione osteologica “Tedeschi”. Essa fu raccolta per la maggior parte dal prof. Enrico Tedeschi a inizio ’900. Alcuni reperti sono attribuiti ad epoca preistorica e pre-‐romana, ma la maggior parte -‐ di provenienza italiana -‐ risale alla fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Notizie di questo materiale si ritrovano in un Registro craniologico iniziato da Tedeschi, un prezioso catalogo osteologico generale in cui lo stesso studioso annotò l’età, il sesso e le cause di morte di numerosi soggetti. Non sono molte le collezioni di cui si possiedono tali dati: esse costituiscono una insostituibile fonte di notizie e di materiale di indagine per una corretta ricostruzione biologica delle popolazioni del passato. Con il supporto di moderne tecniche di indagine (radiologiche, microstrutturali, biomolecolari, ecc.) si possono studiare, in particolare, le relazioni tra età anagrafica ed età biologica, la determinazione del dimorfismo sessuale, la determinazione della statura in vita a partire da materiale scheletrico, i ritmi di accrescimento, gli eventuali stress nutrizionali o le patologie sofferte in vita da un individuo. Parole chiave Collezione osteologica, antropologia fisica e forense, paleopatologia, analisi avanzate
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L’elefantessa di Napoleone: dalla ricostruzione storica alla valorizzazione Edoardo Razzetti1, Paolo Guaschi1, Stefano Maretti1, Jessica Maffei1, Giorgio Giacomo Mellerio1, Philippe Candegabe2, Serena Manzi3 1Museo di Storia Naturale dell’Università di Pavia. E-‐mail: [email protected] 2Muséum de Grenoble, Francia. 3Attività di Promozione e Donazioni, Università di Pavia. Indagini d’archivio svolte in collaborazione con il Muséum de Grenoble hanno permesso di ricostruire le vicende che portarono all’acquisizione di un esemplare di elefante indiano (Elephas maximus) da parte del Museo di Storia Naturale dell’Università di Pavia. La storia di questo animale ha inizio nel 1772 quando Jean-‐Baptiste Chevalier, ultimo governatore francese di Chandannagar (Bengala), decise di offrire al re Luigi XV un elefante per la Ménagerie di Versailles. L’elefantessa rimase a Versailles per nove anni, alla sua morte il corpo venne portato al Jardin du Roi di Parigi e dissezionato da Jean-‐Claude Mertrud, collaboratore di Buffon, e Jean-‐Marie D’Aubenton che divenne il primo direttore del Muséum National d'Histoire Naturelle di Parigi. Nel 1812 la pelle dell’elefante arrivò a Pavia per volere di Napoleone Bonaparte che lo donò al Museo di Storia Naturale insieme ad altri reperti zoologici. L’animale, probabilmente tassidermizzato da Vincenzo Rosa, ha seguito le vicissitudini del Museo ed è rimasto presso il Castello Visconteo di Pavia dal 1960 al 2014 inaccessibile al pubblico. Rendendosi urgente un restauro il Museo ha deciso di puntare su Universitiamo (www.universitiamo.eu), prima piattaforma di crowdfunding di una università italiana, con il progetto E Napoleone ci donò un elefante, per raccogliere i fondi necessari e presentare l’elefantessa al pubblico. L’esposizione è stata allestita presso il Palazzo Centrale dell’Università e si è svolta dal 30 aprile al 31 ottobre 2015. L’iniziativa ha registrato un ottimo riscontro di pubblico con oltre 10000 visitatori ma la raccolta fondi ha raggiunto solo in parte l’obiettivo iniziale. L’elefante continua a destare attenzione e curiosità presso studiosi, storici o semplici appassionati, soprattutto giovanissimi. Parole chiave Elephas maximus, Napoleone Bonaparte, Pavia, Crowdfunding, Universitiamo
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Storia di una collezione settecentesca: le raccolte di Antonio Vallisneri dell’Università di Padova Elena Canadelli Università degli Studi di Padova. E-‐mail: [email protected] Gran parte delle collezioni storico-‐scientifiche italiane si trova oggi nelle università. Tra queste vi è anche ciò che rimane della raccolta settecentesca del medico e naturalista Antonio Vallisneri (1661-‐1730), docente di medicina a Padova. Nel 1733 il museo privato vallisneriano fu donato dal figlio Antonio Vallisneri junior allo Studio patavino. Grazie a questo nucleo di collezioni nacque così la cattedra di storia naturale, affidata fino al 1777 a Vallisneri junior, che l’arricchì attraverso l’acquisizione di varie raccolte, tra cui quella del veneziano Giovanni Girolamo Zannichelli. Nei decenni successivi, il nucleo originario, che spaziava dalle scienze naturali all’archeologia, fu smembrato e incrementato nelle diverse sezioni dai professori che si succedettero negli istituti dell’Università di Padova. La comunicazione ricostruisce la storia iniziale delle collezioni naturalistiche di Vallisneri alla luce del ritrovamento di nuovi documenti tra Padova e Venezia. In questo modo s’intende mostrare come la ricerca condotta attraverso l’integrazione di testi a stampa del tempo, carteggi, documenti d’archivio e soprattutto di cataloghi storici delle collezioni possa contribuire a recuperare e approfondire la storia di queste raccolte, in parte ancora oggi conservate nell’Università di Padova. Parole chiave Antonio Vallisneri, Università di Padova, collezioni storiche, cataloghi storici
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Il valore scientifico, artistico e didattico della Collezione Blaschka del Museo FirST: cenni su restauro, conservazione e valorizzazione della più grande raccolta presente in Italia di modelli in vetro di invertebrati marini prodotti da Leopod e Rudolf Blaschka Laura Faustini, Stefania Lotti Fondazione Scienza e Tecnica / Museo FirST Firenze Scienza e Tecnica, Firenze. E-‐mail: [email protected], [email protected] Il Gabinetto di Scienze Naturali del Museo FirST di Firenze ospita la collezione di invertebrati marini in vetro, opera di Leopold Blaschka (1822-‐1895) e del figlio Rudolf (1857-‐1939), singolare esempio del rapporto tra Arte e Scienza. Leopold Blaschka, erede di una famiglia di vetrai originari di Venezia, ma residente ad Aicha, nella Boemia settentrionale (oggi Česky´ Dub nella Repubblica Ceca) e poi a Dresda, sviluppò una straordinaria competenza nel realizzare modelli in vetro di fiori, piante, invertebrati marini, oggi presenti in Musei e Università in Europa, America, Australia: a questo patrimonio, è stato dedicato recentemente il Dublin Blaschka Congress (2006). In questo contesto, la collezione del Museo FirST, acquistata nell'ultimo ventennio dell'Ottocento dal Prof. Pietro Marchi, preside dell'allora Istituto Tecnico Toscano, rappresenta un corpus di grande interesse: giunta a noi quasi intatta per consistenza (mancano solamente cinque esemplari dei 118 originari), è stata restaurata grazie al contributo tecnico e professionale dell'Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze. Dalle analisi preliminari eseguite sui manufatti, sono emersi risultati importanti circa il materiale usato e la tecnica di esecuzione. Obiettivo del Museo è oggi quello di rendere fruibili le intere collezioni afferenti alla Sezione di Scienze Naturali (il “Gabinetto di Scienze Naturali con annesso il Museo Tecnologico”), di cui la collezione di Leopold e Rudolf Blaschka rappresenta una sezione di grandissimo pregio, dal punto di vista artistico e scientifico. Parole chiave Museo FirST, Istituto Tecnico Toscano, invertebrati marini, Blaschka, modelli naturalistici
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Le collezioni della rete dei Musei Universitari per fare conoscere storie, storia della strumentazione scientifica, ambienti e paesaggi Elena Corradini1, Luigi Campanella2 1Università di Modena e Reggio Emilia. E-‐mail: [email protected] 2Università La Sapienza Roma. E-‐mail: [email protected] Si intende presentare il risultato finale del primo progetto che la rete dei Musei Universitari costituitasi nel 2012 ha realizzato dopo aver effettuato un attento monitoraggio delle proprie collezioni. L’individuazione delle raccolte e dei reperti più significativi ha consentito di costruire itinerari interdisciplinari attraverso il territorio nazionale aventi i singoli musei, in relazione al tema dell'itinerario, come stazioni espositive. I temi dei quattro itinerari sono: storie, storia della strumentazione scientifica, ambienti, paesaggi organizzati all’interno del portale web della rete dei Musei Universitari realizzato per il progetto. Rilevante è la prima fase del progetto che ha previsto la catalogazione degli oggetti e dei reperti più significativi individuati dai diversi musei della rete a seguito di un accordo con l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione del Ministero Beni Attività Culturali e Turismo per un totale di circa 30.000 oggetti. Per la catalogazione sono stati utilizzati i diversi tracciati delle schede di catalogo realizzati dall’ICCD nell’ambito del SIGECweb –Sistema Informativo Generale del Catalogo su web sperimentando in modo particolare quelli per i beni naturalistici in modo da poter tracciare linee guida per il loro utilizzo. Attraverso i quattro percorsi tematici realizzati per il portale web è possibile visualizzare e consultare online le schede di catalogo dei reperti più significativi. e più correlati ai temi dei quattro itinerari I dati messi a disposizione nel portale web della rete dei musei Universitari consentiranno di realizzare progetti educativi sia virtuali, ricorrendo all’utilizzo delle tecnologie digitali, sia reali all’interno dei musei. Parole chiave Rete musei universitari, storie, storie strumentazione scientifica, ambiente, paesaggio
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SESSIONE 2 -‐ ORALE
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Il valore delle collezioni per la ricerca scientifica Chairman, Alessandro Minelli (già Ordinario di Zoologia, Università di Padova). Discussant, Valerio
Sbordoni (già Ordinario di Zoologia, Università di Roma Tor Vergata) Comunicazione introduttiva. Franco Andreone (Conservatore, Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino). Le collezioni naturalistiche quali indispensabili strumenti di ricerca: sfide e problematiche nei musei italiani Stefano Mazzotti, Laura Sensi, Danio Miserocchi, Giorgio Lazzari, Andrea Benocci, Giuseppe Manganelli (Ferrara, Ravenna, Siena). Collezioni malacologiche e monitoraggi delle comunità di molluschi terrestri del Delta del Po e della Pianura Padana orientale: Il Progetto CoSMos -‐ Collecting Snails, Monitoring Snails Brigitte Rollier (Nizza). L’interesse delle collezioni storiche per la conoscenza e la diffusione dei dati sugli ambienti marini. L’esempio dei fondi del Muséum d’Histoire Naturelle di Nizza (Francia) Angelo Barili, Sergio Gentili, Livia Lucentini (Perugia). DNA. Archivi della biodiversità e musei scientifici: alcune esperienze presso la Galleria di Storia Naturale dell’Università degli Studi di Perugia Simona Armeli Minicante, Marco Sigovini, Alessandro Ceregato (Venezia). Algarium Veneticum: a new institutional herbarium for the study of marine algal biodiversity Andrea Benocci, Giuseppe Manganelli (Siena). Scavi nel patrimonio museale: nuovi spunti di ricerca dal riordino di una collezione malacologica Annalaura Pistarino (Torino). Sinergie fra collezioni, archivi di dati e ricerca: un esempio per le Campanulaceae Giulia Poretti, Caterina Devito, Alessandro Borghi, Aida Maria Conte (Roma, Torino). White marble provenance study case: museum collection as invaluable resource for scientific research
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Le collezioni naturalistiche quali indispensabili strumenti di ricerca: sfide e problematiche nei musei italiani Franco Andreone Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino. E-‐mail: [email protected] La ricerca scientifica rappresenta uno degli elementi fondanti e -‐ insieme alla costituzione, alla conservazione delle collezioni e alla divulgazione scientifica -‐ una fra le principali missioni dei musei naturalistici. Dalle collezioni conservate nei musei è infatti possibile ottenere molte informazioni, utili non solo per ricostruzioni storiche, ma anche per definire i processi di diversificazione della biodiversità e della geodiversità. I musei rappresentano inoltre un’interfaccia privilegiata con il pubblico, dove le ricerche e le scoperte scientifiche hanno pieno titolo per essere mostrate in diretta e divulgate attraverso eventi specifici, fra cui esposizioni, conferenze ed iniziative didattiche. In tale contesto assume altresì particolare rilevanza la ricerca condotta direttamente dal personale interno dei musei: i conservatori e i ricercatori afferenti, conoscendo la consistenza e la storia delle collezioni, possono definire e seguire ragionati programmi di raccolta e di acquisizione. In Italia, purtroppo, la situazione dei musei naturalistici mostra aspetti critici per quanto riguarda la ricerca e la produzione scientifica “intra-‐moenia”. Ciò è dovuto, fra l’altro, al fatto che i musei italiani sono eterogenei per dimensione e tipo di gestione e pochi di questi sono a tutt’oggi riconosciuti come centri di ricerca. Per tale motivo l’utilizzo e l’apporto scientifico delle collezioni è spesso considerato sussidiario rispetto ad altre attività. Superare questa contrapposizione rappresenta un imperativo per i prossimi anni: solo con una maggiore integrazione funzionale dei musei sarà possibile ottenere in futuro una produttività scientifica adeguata a valorizzare la preziosa rete di collezioni scientifiche dei musei presenti sul nostro territorio. Parole chiave Collezioni, musei naturalistici, ricerca scientifica, specimen
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Collezioni malacologiche e monitoraggi delle comunità di molluschi terrestri del Delta del Po e della Pianura Padana orientale: il Progetto CoSMoS -‐ Collecting Snails, Monitoring Snails Stefano Mazzotti1, Laura Sensi1, Danio Miserocchi1, Giorgio Lazzari2, Andrea Benocci3, Giuseppe Manganelli4 1Museo Civico di Storia Naturale, Ferrara, Italia. E-‐mail: [email protected] 2L’ARCA, Associazione di volontariato Ravenna. 3 Museo di Storia Naturale dell'Accademia dei Fisiocritici, Siena. 4 Dip. Scienze Fisiche della Terra e dell’Ambiente, Università di Siena. Vengono presi in esame i molluschi terrestri (Gastropoda) di sette siti nel Delta del Po e nella Pianura Padana Orientale. Essi sono strettamente legati ai microhabitat in cui vivono e sensibili all'impatto antropico, alla perdita di habitat e alle variazioni climatiche, per cui adatti ad esaminare gli effetti dei mutamenti in atto sulle biocenosi. Queste caratteristiche li rendono soggetti di studio ideali e ottimi indicatori biologici. Il Progetto CoSMoS prende spunto da una collezione scientifica come riferimento per compiere monitoraggi sul campo e confrontare i dati storici e quelli attuali. Il progetto prevede l’utilizzo delle informazioni biogeografiche, tassonomiche ed ecologiche provenienti dalla collezione malacologica "Giorgio Lazzari" del Museo di Storia Naturale di Ferrara. Attualmente è in corso la catalogazione della collezione e sono stati inventariati 7176 records di cui 314 consistono in reperti già determinati come specie terrestri o delle acque interne e raccolti tra gli anni '70 e '90 nell'area del Delta del Po e zone limitrofe. Fino ad ora sono state catalogate 100 specie pari al 68 % della checklist potenziale (individuata sulla base della letteratura disponibile) per l’area esaminata. Comparando le informazioni acquisite dalla collezione malacologica "Giorgio Lazzari" e dai monitoraggi sul campo si potrà confrontare la biodiversità passata con quella presente e valutare lo stato di salute degli ecosistemi. Parole chiave Collezioni malacologiche museali, Monitoraggio comunità molluschi terrestri, Delta del Po, Pianura Padana orientale, Italia settentrionale
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L’interesse delle collezioni storiche per la conoscenza e la diffusione dei dati sugli ambienti marini. L’esempio dei fondi del Muséum d'Histoire Naturelle di NIzza (Francia) Brigitte Rollier Muséum d'Histoire Naturelle de Nice. E-‐mail: [email protected] All’inizio del XIX secolo il Mar Mediterraneo, rimasto per molto tempo misterioso e inaccessibile, venne studiato e figurato a Nizza da alcuni naturalisti di talento nizzardi quali Antoine Risso (1777-‐1845), Jean-‐Baptiste Vérany (1800-‐1865), e Jean-‐Baptiste Barla (1820-‐1896). Essi scoprirono, descrissero nel dettaglio e catalogarono sistematicamente molte specie, da quelle più comuni a quelle rare. Parallelamente raccolsero queste specie, le trattarono per la conservazione e le presentarono anche sotto forma di disegni, formando veri e propri album di immagini molto realistiche. Questi studiosi di Nizza, pionieri nelle loro ricerche, hanno lasciato un immenso patrimonio in termini di valore storico, artistico ma anche scientifico : questo insieme unico è di grande utilità al giorno d’oggi per la conoscenza, la conservazione e la valorizzazione dell’ambiente marino mediterraneo, in particolare grazie alla banche dati digitali sulla biodiversità e sul patrimonio naturale. Parole chiave Collezioni storiche, ambienti marini, Mediterraneo, conservazione, valorizzazione, nuovi utilizzi
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DNA, archivi della biodiversità e musei scientifici: alcune esperienze presso la Galleria di Storia Naturale dell’Università degli Studi di Perugia Angelo Barili1, Sergio Gentili1, Livia Lucentini2 1Galleria di Storia Naturale, Centro di Ateneo per i Musei Scientifici (C.A.M.S.), Università degli Studi di Perugia, Casalina (Deruta, PG). E-‐mail: [email protected] 2Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie, Università degli Studi di Perugia, Perugia. E-‐mail: [email protected] La Galleria di Storia Naturale del Centro di Ateneo per i Musei Scientifici dell'Università degli Studi di Perugia conserva importanti collezioni zoologiche risalenti alla II metà del XIX e inizio del XX secolo. La possibilità di genotipizzare tali reperti consente di “fotografare” la biodiversità del passato, affrontando quelle ambiguità tassonomiche e di distribuzione geografica impossibili da discernere sulla base dei soli campioni attuali. La collaborazione fra musei naturalistici e laboratori di ricerca bio-‐molecolare, sta consentendo sia di sviluppare nuove tecniche conservative di estrazione del DNA da materiale museale, sia di chiarire aspetti chiave di alcune delle specie faunistiche di maggiore interesse conservazionistico, come Starna (Perdix perdix) e Coturnice (Alectoris graeca), sia di verificare l’esistenza di particolari entità tassonomiche, come il Cavedano del Trasimeno (Squalus albus) o addirittura di descrivere nuove specie (Esox flaviae). Queste ricerche sono possibili solo grazie all’analisi genetica di esemplari museali e forniscono alle autorità competenti strumenti di implementazione di piani di gestione e valorizzazione del patrimonio faunistico. Inoltre, rimarcando il ruolo dei musei naturalistici nella promozione della ricerca scientifica applicata alla conservazione delle risorse naturali, valorizzano il lavoro di naturalisti ed esploratori del passato e “rendono vive” le collezioni storiche. I campioni tassidermizzati acquisiscono così un ruolo primario nella ricerca scientifica applicata alla conservazione della fauna selvatica, divenendo oggetto di attività educative e didattiche innovative in cui i Musei di Storia Naturale, integrano il ruolo di “Archivi della Biodiversità” con quello di Laboratori di Ricerca e centri di educazione. Parole chiave DNA, collezioni storiche, musei di storia naturale, ricerca bio-‐molecolare, biologia della conservazione
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Algarium Veneticum: a new institutional herbarium for the study of marine algal biodiversity. Simona Armeli Minicante, Marco Sigovini, Alessandro Ceregato
CNR-‐ISMAR, Istituto di Scienze Marine, Venezia. E-‐mail: [email protected] Algae started to be collected at least from the Renaissance: one of the earlier known herbaria still preserved including algae, is the Ulysses Aldrovandi’s Hortus Siccus, collected from about 1551 until Aldrovandi’s death in 1605. The Agardh herbarium contains one of the world’s most important collections of algae, with 50.000 samples and 6000 type specimens, while the Algarium Zanardini, at the Natural History Museum of Venice, is undoubtedly the most valuable collection of species mostly from the Adriatic Sea. Recently, a forgotten algal herbarium collected from Aristocle Vatova between 1942 and 1950 in Venice Lagoon has been found at the Biblioteca Storica di Studi Adriatici of the Institute of Marine Sciences (ISMAR CNR) headquarters in Venice. It was decided to formally establish the first herbarium of the Institute. The new herbarium was recorded by the New York Botanical Garden under the name Algarium Veneticum and the acronym <ISMAR> as Index Herbariorum was assigned. Currently, the Algarium Veneticum includes the Vatova collection entitled “Distribuzione e polimorfismo di Gracilaria confervoides nella Laguna di Venezia”, consisting of 19 folders containing more than a thousand samples of Gracilaria and a miscellaneous section with specimens of different algal taxa. This project aims: i) to digitize the Vatova collection and to publish the metadata on the platforms Atlante della Laguna (www.atlantedellalaguna.it), CIGNo (http://cigno.ve.ismar.cnr.it/) and on the Biblioteca Storica di Studi Adriatici website (http://bsa.ve.ismar.cnr.it); ii) to revise the collection by an integrated approach of both classic taxonomic methods and DNA barcoding techniques; iii) to expand the algarium with modern algal collections from Venice Lagoon and Adriatic Sea. Parole chiave Algarium Veneticum, macroalgae, historical collections, Venice Lagoon, marine biodiversity
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Scavi nel patrimonio museale: nuovi spunti di ricerca dal riordino di una collezione malacologica Andrea Benocci, Giuseppe Manganelli Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente, Università degli Studi di Siena, Museo di Storia Naturale dell’Accademia dei Fisiocritici di Siena. E-‐mail: [email protected] Il Museo di Storia Naturale dell’Accademia dei Fisiocritici di Siena (MUSNAF) possiede ricchissime collezioni zoologiche, geo-‐paleontologiche, anatomiche e di altra natura. I suoi reperti sono da sempre utilizzati per la ricerca scientifica da parte dell’Ateneo senese e, sempre più spesso, anche da ricercatori di altre istituzioni italiane ed estere. Per potenziare queste attività il Museo da anni sta portando avanti l’opera di inventariazione delle proprie collezioni, resa disponibile al mondo scientifico tramite la pubblicazione cartacea o digitale dei cataloghi. La revisione e la catalogazione della collezione malacologica, costituita per la quasi totalità da reperti storici, hanno fornito vari spunti di ricerca. In particolare sono stati rinvenuti numerosi lotti riconducibili a illustri studiosi che gravitarono intorno all’Accademia. Degne di nota sono soprattutto la raccolta di molluschi terrestri di Silverio Bonelli (a cui si devono alcune delle prime indagini faunistiche sui molluschi della Toscana) e quella di bivalvi d’acqua dolce del Nord America donata da Giovanni Capellini, contenente specie oggi minacciate di estinzione. Tra i molluschi marini numerosi esemplari presentano iscrizioni o fori artificiali sulla conchiglia: dalla tipologia delle iscrizioni è stato possibile dedurre che si tratta di reperti del nucleo più antico della collezione, il fondo Baldassarri -‐ Bartalini, risalente al XVIII secolo, mentre la presenza di fori e di altre tracce fornisce interessanti indicazioni sulle modalità espositive del passato. Il riordino del materiale consente quindi non solo di individuare esemplari di interesse tassonomico, faunistico e conservazionistico, ma anche di ricostruire le vicende storiche legate alla costituzione e alla fruizione museale delle collezioni. Parole chiave Accademia dei Fisiocritici, collezione malacologica, catalogazione, storia delle scienze
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Sinergie fra collezioni, archivi di dati e ricerca: un esempio per le Campanulaceae Annalaura Pistarino Museo Regionale di Scienze Naturali, Torino. E-‐mail: [email protected] Una famiglia di angiosperme, le Campanulaceae, è il soggetto di un programma di ricerca biosistematica, tassonomica e di distribuzione avviato da alcuni anni presso il Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino (MRSN). Nell’ambito di tale progetto le collezioni museologiche hanno ricoperto un ruolo insostituibile: infatti sono state di base dal punto di vista metodologico e nel tempo l’incremento numerico dei campioni ha costituito il prodotto delle ricerche svolte. Nel tempo, gli interventi hanno avuto per oggetto: - l’estrazione di dati da exsiccata conservati in diversi Erbari (7.320 rif.) e la loro correlazione, in
un archivio informatizzato, con la letteratura floristica (8.900 rif.) allo scopo di delineare la distribuzione in Italia nord-‐occidentale di 61 entità specifiche e infra-‐specifiche;
- ricerche di campo per ovviare alla documentazione carente in alcuni settori e/o per verificare aspetti sistematici di gruppi critici, con il recente arricchimento delle collezioni MRSN di 955 esemplari;
- la selezione di materiale autoptico ai fini della designazione dei tipi e dei loci classici di alcune entità;
- l’approfondimento delle indagini morfologiche e morfometriche su polline e semi con il parallelo incremento della spermatoteca MRSN di oltre 500 unità;
- l’affiancamento agli studi biosistematici di indagini biomolecolari (su gene PPR) per analisi di carattere filogenetico;
- l’avvio di studi sulla germinazione dei semi e sullo sviluppo dell’embrione per eventuali approcci di conservazione in situ ed ex situ di Campanulaceae rare e/o endemiche.
Parte dei risultati di queste ricerche è già stata oggetto di pubblicazione nel tempo, tuttavia molti dati restano a tutt’oggi da rendere noti. Parole chiave Collezioni d’erbario, Campanulaceae, biosistematica, tassonomia, distribuzione
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White marble provenance study case: museum collection as invaluable resource for scientific research Giulia Poretti1, Caterina Devito1, Alessandro Borghi2, Aida Maria Conte3 1Dipartimento di Scienze della Terra, Sapienza Università di Roma. E-‐mail: [email protected] 2Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Torino. 3Istituto di Geoscienze e Georisorse, CNR, Roma. Sampling is undoubtedly the most onerous, as well as being the most critical; phase of the experimental process of classifying minerals and rocks and the importance of museum collections is immediately perceptible. The aim of the project is a geochemical characterization of white marble of archaeological interest exploited in the Mediterranean area, for provenance purpose. The multi-‐analytical approach involves a minero-‐petrographic investigation and geochemical characterization by Laser Ablation Inductively Coupled Plasma Mass Spectrometry (LA-‐ICP-‐MS) of about 200 geological samples of white marble from the main Mediterranean district exploited since ancient times. These marbles, sampled from standing rock walls, belong to a collection of a researcher of CNR. In detail, the samples come from ancient famous quarries, i.e., Grecee (Naxos, Thassos, Paros and Penteli); Turkey (Afyon, Thiountas, Goktepe and Proconnesos) and Italy (Carrara). Besides to verify the validity of the method, the analytical results are compared with those of archaeological samples of three different collections from Musei Capitolini and Augusto’s House (Rome). The future step will involve the implementation of a larger number of samples from Regional Natural Science Museum of Torino, thereby increasing data results in order to constitute a database with the analytical characteristics of white marble. Museum collections and scientific research in this case study come together with the common goal of enhancing the cultural heritage and the use of new analytical techniques for the study of archaeological materials. Key words White marble, La Sapienza università collection, provenance investigation, archaelogical and geological samples
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SESSIONE 3 -‐ ORALE
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Il valore educativo delle collezioni scientifiche Chairman, Elena Giacobino (Responsabile Museologia e Didattica, Museo Regionale di Scienze
Naturali di Torino). Discussant, Anna Miglietta (Conservatore, Museo di Biologia Marina “Pietro Parenzan”, Università del Salento)
Comunicazione introduttiva. Elisabetta Falchetti (già Curatore, Museo civico di Zoologia, Roma). Collezioni scientifiche ed educazione: la missione, gli scenari e le prospettive Roberta Ballestriero (Londra, UK). Le collezioni scientifiche e anatomo-‐patologiche per l’insegnamento medico, un patrimonio sottostimato. L’esempio del Gordon Museum of Pathology di Londra Giovanni A. Cignoni (Pisa). Lezioni al Museo: cimeli dell’informatica per didattica e orientamento Francis Wells (Cambridge, UK). Anatomical demonstration: 3-‐D modeling in the 19th and the 21ts centuries Federico Bernardini, Claudio Tuniz, Nicola Bressi, Deborah Arbulla (Roma, Trieste). L’Uomo di Lonche: collezioni passate, tecnologie presenti, straordinari sviluppi futuri Angela Pelosi, Ilaria de Angelis, Nicola Manganelli, Carla Cecchi Maranzana (Roma). Collezioni per tutti, per tutte le età e per tutte le culture Andrea Marzullo, Teresa Lettini, Vincenza Montenegro, Gabriella Serio, Vittorio Pesce Delfino (Bari). Presentazioni tridimensionali in museologia e per la didattica della medicina: la collezione anatomica dell’ex Museo di Anatomia Patologica dell’Università di Bari Lucia Borelli, Rosanna Del Monte, Maria Carmela del Re, Roberta Improta, Carmela Petti (Napoli). Dialogare con il pubblico: il Centro Musei e la divulgazione scientifica
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Collezioni scientifiche ed educazione: la missione, gli scenari e le prospettive Elisabetta Falchetti Museo Civico di Zoologia, Roma. E-‐mail: [email protected] Gli undici anni che intercorrono tra un Congresso e l’altro a Torino sono stati caratterizzati da rapidi cambiamenti socioculturali negli scenari mondiali, che hanno determinato impatti significativi su missioni e politiche dei nostri musei. Le geografie e le culture del mondo sono in transizione. Nuovi obiettivi educativi sono richiesti dalla Comunità internazionale ai musei, per adempiere i quali occorre creare relazioni attive e dinamiche con i pubblici e strategie di comunicazione partecipative e coinvolgenti. Tra le grandi domande sul ruolo dei musei del XXI secolo, troviamo “se e come” le collezioni possano ancora contribuire significativamente alla formazione dei cittadini -‐in particolare delle nuove generazioni digitali-‐ e se possano sostenere un cambiamento sociale in funzione del miglioramento della qualità della vita del Pianeta. Ben oltre i progetti di Public Understanding of Science e di alfabetizzazione scientifica … le esperienze educative in corso indicano che le collezioni costituiscono ancora una risorsa insostituibile nella costruzione di conoscenze e comprensione della realtà, ma anche di identità individuali e comunitarie; rappresentano inoltre il nucleo ispiratore e generatore di forme di educazione sia consolidate che innovative, coerenti con i problemi del nostro tempo e i moderni paradigmi pedagogico-‐educativi. Agli educatori ed ai mediatori museali si chiede oggi di costruire competenze ed organizzare attività in un orizzonte educativo che contempla parole chiave come lifelong learning, inclusione, valorizzazione delle diversità, dialogo inter-‐culturale/disciplinare, futuro sostenibile… parole che implicano strategie e sperimentazioni coraggiose, oltre le tecniche didattiche e gli obiettivi di apprendimento. Nuove forme di narrazione/interpretazione vengono attualmente proposte “sulle e a partire dalle” collezioni, affinché queste dialoghino con tutti i pubblici possibili, esprimano il valore intrinseco del patrimonio scientifico antico e moderno e gli altri valori esperienziali, culturali ed etici di cui sono potenzialmente depositarie e dispensatrici. Parole chiave Collezioni scientifiche, scenari socioculturali, nuova educazione
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Le collezioni scientifiche e anatomo-‐patologiche per l’insegnamento medico, un patrimonio sottostimato. L’esempio del Gordon Museum of Pathology di Londra Roberta Ballestriero Gordon Museum of Pathology, London. E-‐mail: [email protected] Nato nel 1826, l’attuale Gordon Museum of Pathology è un dipartimento indipendente affiliato alla Facoltà di Scienze & Medicina del King’s College di Londra. La sua funzione primaria è l’educazione Medica, Dentale e Biomedica degli studenti universitari e di postlaurea. Non è aperto al pubblico ma accoglie visitatori, nazionali e internazionali, del settore medico/scientifico. L’importanza didattica e il valore educativo delle sue collezioni è indiscutibile. Il Gordon Museum è infatti il più grande Museo di insegnamento medico della Gran Bretagna con una collezione di circa 8.000 preparati patologici (il più antico c.1608, il più recente 2014). Importanti collezioni scientifiche di carattere storico sono inoltre esposte permanentemente nel Museo, come i dipinti di Lam Qua, gli strumenti e i preparati di Hodgkin, Addison, Bright e Astley Cooper. Il Museo ospita anche la più grande collezione di cere anatomiche e dermatologiche dell’artista inglese Joseph Towne. Sin dagli anni settanta le sue cere dermatologiche sono state utilizzate nelle lezioni. Ancor’oggi gli studenti interagiscono con i modelli come se si trattasse di persone vere e solo successivamente si recano in Clinica dai pazienti. L’introduzione delle nuove tecnologie ha semplificato l’accesso alle numerose collezioni grazie alla creazione di una piattaforma informatica dove cataloghi, programmi e film sono facilmente accessibili via tablets forniti dal Museo. Il Museo è in continua espansione dato che, a differenza degli altri istituti scientifici londinesi, continua ad accettare nuovi preparati e modelli. Il Gordon Museum si presenta così come uno dei musei leader nel campo scientifico e come esempio di valorizzazione ed utilizzo delle collezioni scientifiche antiche e moderne nell’ambito educativo. Parole chiave Gordon Museum, cere anatomiche, preparati patologici, cere dermatologiche
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Lezioni al Museo: cimeli dell’informatica per didattica e orientamento Giovanni A. Cignoni Progetto HMR, Museo degli Strumenti per il Calcolo, Università di Pisa. E-‐mail: [email protected] A Pisa, “culla” dell’informatica nazionale, ci sono il Museo degli Strumenti per il Calcolo, con una collezione di rilievo internazionale, e Hackerando la Macchina Ridotta, un progetto di ricerca che applica l’archeologia sperimentale alla ricostruzione di calcolatori perduti e che cerca nuovi modi di raccontare l’informatica. Collezioni e competenze vanno “sfruttate”, anche per la didattica. Le Lezioni al Museo (LM) si integrano nei programmi di informatica di licei e istituti tecnici. Il Museo è un’aula/laboratorio da frequentare più volte nel ciclo di studi. Le LM non sono visite guidate: prendono un’intera mattina e affrontano specifici argomenti studiandoli sui cimeli del Museo, su ricostruzioni e simulatori, a contatto con le collezioni e con la ricerca che le accompagna. I vecchi calcolatori, per semplicità e dimensioni mostrano, a occhio nudo e in moto, i principî e i meccanismi dell’informatica, sempre gli stessi nonostante sessant’anni di evoluzione tecnologica. Una LM beneficia del “luogo” Museo: il fascino dei cimeli catalizza l’attenzione e aiuta a fissare i concetti. Le LM sono particolari open day dell’Università utili per orientare le scelte nel proseguire gli studi. Il contatto con la simulazione software per studiare e far rivivere i calcolatori di ieri mostra, da vicino, tecnologie informatiche in uso. Le LM condividono le loro fonti con il corso di Storia dell’Informatica della laurea in Informatica Unmanistica, un altro punto di contatto con una ricerca non solo spiccatamente tecnologica. Le LM, oggi parte dell’offerta didattica del Museo, sono state messe a punto insieme agli Istituti del territorio, in particolare il “Marconi” di Pontedera e il “Da Vinci” di Pisa che, per partecipare al progetto, hanno ricevuto un finanziamento dalla Regione Toscana. Parole chiave Informatica, didattica, orientamento, cimeli, lezioni
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Anatomical demonstration: 3-‐D modeling in the 19th and the 21st centuries Francis Wells Papworth Hospital, Cambridge, UK. E-‐mail: [email protected] The use of wax modeling in the demonstration of human anatomy reached its zenith in the work of the great artistic modeler’s of the late eighteenth and early nineteenth century by the likes of Susini and Ferrini. The accuracy and detail of these models allowed the inspection of anatomical form and structural relationships as in the dissected body. Whilst the graphic representation of anatomy had also reached a high point in black and white and hand-‐coloured engravings this form of representation suffered from the limitations of two-‐dimensional representation. The wax model circumvented the problems of the dissected specimen in being inoffensive and revealed actual three dimensional form and relationships that are so important in the teaching and interpretation of anatomy. In the modern world the advent of 3-‐D printing has taken this form of representation onto a new level with the ability to print solid models of anatomical forms of normal structures and pathological abnormal forms. This allows the teaching of standard anatomy to students and the production of models upon which the surgeon can practice interventional techniques. Despite these developments the wax models may yet have a role in the teaching of modern anatomy and the potential uses of these techniques will be explored in this paper. Key words Wax anatomy 3-‐D, printing education
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L'Uomo di Lonche: collezioni passate, tecnologie presenti, straordinari sviluppi futuri Bernardini Federico1, 2, Tuniz Claudio1, 2, Bressi Nicola3, Arbulla Deborah3 1Centro Fermi, Museo Storico della Fisica e Centro di Studi e Ricerche "Enrico Fermi” Roma. 2Multidisciplinary Laboratory, The “Abdus Salam” International Center for Theoretical Physics, Trieste. 3Museo Civico di Storia Naturale di Trieste. E-‐mail: [email protected] Circa 100 anni fa, una mandibola umana venne scoperta presso Loka/Lonche (Slovenia). La mandibola rimase al Museo Civico di Storia Naturale di Trieste senza che nessuno s'accorgesse del segreto che nascondeva, fino a quando ricercatori del Centro Internazionale di Fisica Teorica 'Abdus Salam' e di Elettra Sincrotrone Trieste, la studiarono con la microtomografia computerizzata a raggi X. L’analisi rivelò un materiale usato per riempire un foro nel canino. Tramite spettroscopia all’infrarosso si rivelò come cera d’api. Si datarono con il C14 sia la mandibola che la cera in 2 laboratori, in Italia e in Australia. Le date dimostrarono l’antichità dell’otturazione: 6500 anni fa. Fino a oggi non vi erano testimonianze di otturazioni preistoriche, cioè prove di sostanze impiegate per riempire fori dentali. La cera d’api contiene propoli con proprietà antibatteriche e antinfiammatorie. Alla scoperta è stato dato grande risalto, soprattutto dalla stampa internazionale. Il Museo ha fatto quindi dell’Uomo di Lonche la star della nuova Sala sull’Uomo. Il reperto si è rivelato efficace dal punto di vista della divulgazione scientifica e come reperto identificativo di richiamo: -‐ il suo essere del territorio circostante, e la sua storia transnazionale, lo rendono identificativo per l’area giuliana e i cittadini (italiani, sloveni e austriaci) lo sentono proprio; -‐ è originale e unico al mondo, quindi funziona da richiamo turistico e (assieme al Dinosauro Antonio e allo Squalo Carlotta) è tra i 3 reperti che da soli valgono la visita al Museo di Trieste; -‐ il fatto che l'uomo stesse male, sia stato da un dentista e si curasse con un prodotto derivato dalle api, lo fa entrare in empatia con i visitatori, in modo particolare i bambini; -‐ esplica la trasversalità e la complessità delle scienze e del ruolo dei musei come mediatori culturali. Uomo di Lonche = antropologia, archeologia, entomologia, apicoltura, evoluzione, odontoiatria e igiene dentale, medicina, fisica, ecc.. Nuovi progetti sorgeranno attorno all'ormai “personaggio Uomo di Lonche”: un tesoro delle collezioni passate che, grazie alle tecnologie presenti, contribuisce a proiettare il Museo verso il futuro. Parole chiave Lonche, mandibola, Trieste, neolitico, otturazione dentale
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Collezioni per tutti, per tutte le età e per tutte le culture Angela Pelosi, Ilaria de Angelis, Nicola Margnelli, Carla Cecchi Maranzana Soc. Coop. Sociale Myosotis m.m., Museo Civico di Zoologia di Roma. E-‐mail: [email protected] Parafrasando con questo titolo una nota affermazione di Wagensberg, si vuole sottolineare che le collezioni museali hanno la potenzialità di attrarre tutti, se valorizzate e presentate con strategie rispondenti alle aspettative e alle particolari esigenze socio-‐culturali dei diversi visitatori. Negli ultimi anni, grazie ai visitors studies, è stata rivolta una maggior attenzione ai pubblici dei musei, che investono parte del tempo libero in contesti e attività culturali; questi visitatori si aspettano dall’esperienza in museo un incremento di conoscenze, ma anche un’occasione di socialità, di partecipazione attiva e di intrattenimento piacevole. Per rispondere alle esigenze di questi pubblici (in prevalenza famiglie), la Cooperativa Myosotis in collaborazione con il Museo Civico di Zoologia di Roma, propone percorsi culturali differenziati che attraverso esemplari “carismatici”, esperienze laboratoriali in gruppo, narrazione di storie e varie performance anche artistiche, facilitano la partecipazione diretta, la creatività, l’interazione e le relazioni sociali tra i visitatori, rispondendo efficacemente alle suddette aspettative. Myosotis ha anche intrapreso negli ultimi anni un percorso di collaborazione con le Scuole d’Infanzia basato sulla reinterpretazione e centralità delle collezioni museali, supporto prezioso nella formazione socio-‐culturale dell’individuo, fin dalla prima fase di scolarizzazione. Questo contributo intende proporre alcune riflessioni sui ruoli educativi e responsabilità sociali del museo scientifico moderno, e mettere in evidenza l’esigenza di un confronto istituzionale sul valore delle collezioni come risorsa non solo di educazione scientifica, ma anche di dialogo, relazione sociale, benessere e qualità della vita. Parole chiave Collezioni, visitatori, percorsi culturali, famiglie, infanzia
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Presentazioni tridimensionali in museologia e per la didattica della medicina: la collezione anatomica dell'ex Museo di Anatomia Patologica dell'Università di Bari Andrea Marzullo1,2, Teresa Lettini1, Vincenza Montenegro2,3, Gabriella Serio1, Vittorio Pesce Delfino4 1Sez. Anatomia Patologica, DETO, Università degli Studi di Bari. E-‐mail: [email protected], [email protected], [email protected] 2Centro Interdipartimentale di Servizi per la Museologia Scientifica, Università degli Studi di Bari. E-‐mail: [email protected] 3Seminario di Storia della Scienza, Università degli Studi di Bari. 4Consorzio DIGAMMA. E-‐mail: [email protected] La collezione anatomica dell'ex Museo di Anatomia Patologica dell'Università di Bari oggi patrimonio del Dip. di Emergenze e Trapianti d'Organo (DETO) annovera oltre 400 reperti raccolti a partire dalla sua fondazione negli anni 30 del secolo scorso e include quadri di patologie malformative e non risalenti ai primi anni del novecento probabilmente lasciti di antiche collezioni private collocati negli originari contenitori di vetro. Gran parte della collezione comprende casi di cardiopatie congenite ed acquisite e quadri malformativi complessi, molti dei quali attualmente di rarissimo riscontro grazie alle sempre più accurate diagnosi prenatali. Nel corso del tempo la raccolta è stata oggetto di studi per la redazione di tesi di laurea, dottorato e pubblicazioni scientifiche; inoltre campioni di cuore sono stati opportunamente preparati ed utilizzati in Italia e all'estero per dimostrazioni anatomiche nel corso di congressi nazionali e internazionali in specifiche sessioni dimostrativo/didattiche e per le esercitazioni pratiche degli studenti anche con proiezioni video tridimensionali in diretta utilizzando l'esclusivo impianto TREDIMED (realizzazione unica in Italia effettuata per la Facoltà di Medicina dalla Società Consortile DIGAMMA) con il quale sono stati prodotti anche collane di filmati e immagini tridimensionali destinati a una didattica medica irmovativa. Per lo studio dettagliato dei reperti è stato anche utilizzato il prototipo (di proprietà della Società Consortile Digamma) di un microscopio tridimensionale capace di produrre immagini tridimensionali di altissimo ingrandimento che permette una estesa profondità di campo, un alto contrasto e la possibilità di ottenere alti ingrandimenti senza alcuna aberrazione geometrica e cromatica. Parole chiave Anatomia Patologica, 3D, didattica della medicina
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Dialogare con il pubblico: il Centro Musei e la divulgazione scientifica Lucia Borrelli, Rosanna Del Monte, Maria Carmela del Re, Roberta Improta, Carmela Petti Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche, Università degli Studi Federico II di Napoli. E-‐mail: [email protected] Il Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche annovera tra i suoi compiti principali quello di progettare ed attuare forme di attività culturali che favoriscono la divulgazione di tematiche scientifiche connesse con le discipline specifiche dei suoi cinque Musei, in grado di parlare a un pubblico eterogeneo, dall’esperto al neofita, dal bambino all’adulto. Le iniziative spaziano dai percorsi educativi (visite guidate nei musei e attività di laboratorio) ad attività formative (corsi di formazione ed aggiornamento professionale), ad eventi (mostre, esposizioni temporanee, seminari, giornate studio ecc.) spesso inseriti in manifestazioni culturali a carattere regionale e nazionale. Al fine di ampliare i contenuti scientifici da divulgare e mantenere un dialogo aperto e aggiornato con il pubblico sono di fondamentale importanza: 1) la ricerca approfondita sulle collezioni, secondo un approccio sia storico che scientifico, 2) il recupero e la valorizzazione dei reperti storici, 3) l’incremento delle collezioni attraverso acquisti e donazioni, 4) il restauro di strumentazioni scientifiche, 5) lo studio e l’adozione di nuovi sistemi di comunicazione più fluidi e coinvolgenti da affiancare alla fruizione diretta delle collezioni. Le nuove tecnologie informatiche offrono un’ampia varietà di canali attraverso cui veicolare i flussi informativi, ampliando la capacità comunicativa dei Musei. Per questo motivo il Centro si è dotato di un nuovo sito web, di più facile consultazione, caratterizzato da una grafica e da colori più accattivanti, e ha adottato una propria pagina sui principali social network (facebook, twitter) che permette agli utenti di trasformarsi da semplici fruitori della comunicazione a protagonisti attivi. L’utilizzo di nuove strategie di comunicazione è alla base del progetto sperimentale “La macchina del tempo. Un giorno speciale al Museo di Mineralogia” un filmato interattivo ideato per evidenziare il senso completo del Real Museo Mineralogico e delle sue collezioni, conciliando passato e presente, comunicando le informazioni scientifiche senza ignorare la sua lunga storia. Parole chiave Musei, collezioni, divulgazione scientifica, social-‐network
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SESSIONE -‐ POSTER Chairman, Cristina Cilli
Conservatore, Sistema Museale di Ateneo, Torino
Discussant, Fausto Barbagli Curatore, Museo di Storia Naturale, Università di Firenze
Sessione 1 -‐ La conservazione delle collezioni: come, dove e perché Poster dal n. 1 al n. 16
Sessione 2 -‐ Il valore delle collezioni per la ricerca scientifica Poster dal n. 17 al n. 29
Sessione 3 -‐ Il valore educativo delle collezioni scientifiche Poster dal n. 30 al n. 46
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01 -‐ La raccolta di avifauna italiana del naturalista “Andrea Fiori”(1854-‐1933)
Ivano Ansaloni1, Aldo Imperiale2 1Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. E-‐mail: [email protected] 2LIPU (Lega Italiana Protezione Uccelli), Modena. Il Naturalista Andrea Fiori si interessò principalmente di ornitologia ed entomologia. La sua collezione di avifauna italiana è composta da 634 esemplari, raccolti per lo più nell’ultimo quarto del 1800, suddivisi in ben 271 specie ascrivibili a 151 generi, 61 famiglie e 20 ordini. Per molte di esse sono presenti i diversi abiti in relazione ad età, sesso, stagione e sottospecie. La maggior parte degli esemplari è stata preparata dallo stesso prof. Fiori. Oltre alla revisione tassonomica, sui singoli esemplari sono stati rilevati alcuni dati biometrici quali corda massima dell’ala e lunghezza del becco. Di sicuro interesse è anche il periodo storico in cui si colloca la collezione, particolarmente fecondo per l’ornitologia modenese; oltre a Fiori che tra il 1879 e il 1896 pubblica dieci lavori di ornitologia ricordiamo Antonio Carruccio e Paolo Bonizzi, Pietro Doderlein autore dell’opera “Avifauna del modenese e della Sicilia” (1879), Luigi Picaglia che pubblicò l’Elenco degli uccelli del modenese (1888-‐89) rimasto per oltre ottant’anni l’unico contributo organico e completo sull’argomento. Nel 1936, a pochi anni dalla morte dello studioso, la famiglia cedette la collezione al comune di Sassuolo (MO), attuale proprietario, che ha provveduto al restauro e ad una collocazione congrua che ne garantisce la fruizione. Fra i preparati più interessanti citiamo un chiurlottello Numenius tenuirostris, un’aquila del Bonelli Haliaaetus fasciatus e l'unica segnalazione per il modenese di venturone corso Carduelis corsicana. Fanno parte della collezione anche alcuni mammiferi tra cui una lontra Lutra lutra ed un lupo Canis lupus. La collezione entomologica Fiori è conservata in due sedi diverse: Dipartimento di Biologia Evoluzionistica Sperimentale (Università di Bologna) e Museum für naturkunde der Humboldt-‐Universität zu Berlin-‐zoologisches Museum. Parole chiave Collezione storica, avifauna italiana, Andrea Fiori, Sassuolo (MO)
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02 -‐ La “Collezione cristalli” del Museo di Mineralogia e Petrografia dell’Università di Torino
Erica Bittarello1,2, Lorenzo Mariano Gallo1, Alessandra Marengo2 1Museo Regionale di Scienze Naturali, Sezione di Mineralogia, Petrografia e Geologia, Torino. E-‐mail: [email protected] 2Dipartimento di Scienze della Terra, Università di Torino. Tra le raccolte tematiche presenti nella collezione del Museo di Mineralogia e Petrografia dell’Università, attualmente in comodato d’uso al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino, è di particolare rilevanza la cosiddetta “Collezione cristalli”. La raccolta è costituita attualmente da 270 esemplari di cristalli isolati, montati con pece su un supporto metallico a forma di “testa di chiodo”, a sua volta piantato in una basetta di legno verniciata in con il relativo cartellino di accompagnamento. Ad oggi non è stata reperita alcuna documentazione storica in merito alla costituzione della raccolta, ma sulla base di varie brevi note riportate sui singoli cartellini si può collegare la collezione all’opera di Johann Struver, che operò al Museo dal 1870 al 1873, e successivamente a quella di Giorgio Spezia, che dal 1878 al 1911 fu direttore dell’istituzione torinese. La raccolta venne allestita prevalentemente con finalità didattiche nell’ambito della “Scuola di Mineralogia” annessa al Museo, anche se in alcuni casi sono stati inseriti in questa collezione anche esemplari studiati o ritenuti essere interessanti per possibili ulteriori ricerche. Recentemente restaurata, la collezione è stata parzialmente presentata negli ultimi anni in varie mostre mineralogiche in Italia e all’estero. Parole chiave Mineralogia, Cristalli, restauro
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03 -‐ Le collezioni di mammiferi pleistocenici della Sicilia custodite nel Museo della Fauna
dell’Università degli Studi di Messina: modalità di recupero e attività di ricerca in corso Laura Bonfiglio, Gabriella Mangano, Michele Panzera, Filippo Spadola, Mauro Cavallaro Museo della Fauna, Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università degli Studi di Messina. Polo Universitario dell’Annunziata, Messina. E-‐mail: [email protected] I mammiferi pleistocenici del Museo sono stati recuperati mediante scavi sistematici condotti ad Acquedolci e alla Grotta di S. Teodoro nella Sicilia nord orientale accompagnati da puntuali analisi stratigrafiche, tafonomiche e tassonomiche che hanno fornito nuove conoscenze sulla distribuzione, i caratteri tafonomici e i rapporti con depositi terrazzati correlabili con gli stages isotopici in Sicilia. Sono stati messi in luce due depositi, contenenti due associazioni faunistiche diverse per composizione ed età. Dal deposito più antico provengono migliaia di resti di Hippopotamus pentlandi, l’ippopotamo di taglia ridotta della Sicilia, associati a scarsi resti di cervo, orso, lupo, tartaruga. Dalla Grotta di S. Teodoro proviene un’associazione ben diversificate di vertebrati (elefante, asino, bue, cervo, cinghiale, iena, volpe, topi, arvicola, toporagno, riccio, pipistrelli, uccelli, rettili) invertebrati (molluschi). Coproliti e danneggiamenti sui resti scheletrici testimoniano che la grotta di S. Teodoro è stata una tana di iene tra le più grandi e la sola nota in ambiente insulare. Di grande interesse sono i resti scheletrici di elefante, ippopotamo, cervo, orso recuperati durante circa 20 anni di rigoroso controllo da parte di Adolfo Berdar di numerose cave attive sulle colline a ovest dell’abitato di Messina. Lo studio tassonomico dei taxa è stato solo in parte affrontato anche per la abbondanza dei resti raccolti e la necessità di confrontarli con quelli provenienti da siti italiani ed europei. Un team guidato da Adrian Lister, del Natural History Museum di Londra e comprendente specialisti delle Università di York, Bristol e dell’Università nazionale australiana collabora attualmente con noi per la datazione dei reperti e lo studio tassonomico di alcuni taxa. Parole chiave Mammiferi insulari, Pleistocene, Sicilia, Tassonomia, Cronologia
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04 -‐ Le collezioni di faune ittiche mesopelagiche e malacologica “A. Villari” del Museo della
Fauna di Messina Mauro Cavallaro1, Alberto Villari2, Giovanni Ammendolia3, Filippo Spadola1, Laura Bonfiglio1, Gabriella Mangano1, Michele Panzera1 1Museo della Fauna, Dipartimento di Scienze Veterinarie, Università degli Studi di Messina. Polo Universitario dell’Annunziata, Messina. E-‐mail: [email protected] 2Messina. 3Coop. Sicilianella, Messina. Lo Stretto di Messina, fisiogeograficamente rappresenta il punto di separazione tra due bacini (Ionio e Tirreno) contigui ma distinti, aventi acque con caratteristiche fisico-‐chimiche diverse. Per tali ragioni, correnti stazionarie e di marea, anche in funzione della particolare geomorfologia dell’intera area, determinano l’insorgenza di peculiari fenomeni idrodinamici. Tali dinamismi veicolano gli organismi marini sospingendoli in superficie. Dopo aver subito questi moti ascensionali, gli organismi relitti, con il favore dei venti vengono riversati sui litorali. Questo peculiare fenomeno, detto “spiaggiamento”, ha permesso, fin dall’antichità di poter osservare, sui litorali dello Stretto di Messina, una moltitudine di specie marine appartenenti ai diversi taxa. Nello specifico vengono descritte: la fauna ittica mesopelagica (comunemente chiamata anche fauna batifila) e la malacofauna di questo peculiare biotopo, entrambe piuttosto consistenti come numero di specie, alcune delle quali, sono state istituite proprio su individui reperiti nelle sue acque. La collezione di pesci batifili mesopelagici, allestita per il Museo della Fauna di Messina e perfezionata in circa 30 anni di ricerche e di raccolte, è costituita da 35 specie appartenenti a 19 famiglie di estrema rarità e rappresenta un valido supporto scientifico-‐didattico per lo studio dell’ecosistema “Stretto di Messina” e della sua articolata organizzazione bio-‐ecologica. La collezione malacologica, preparata da Alberto Villari, grazie alla sua quarantennale attività malacologica, comprende 87 specie raggruppate in 42 famiglie e 4 ordini ad altissimo grado di biodiversità con alcune particolarità quali ad es. l’endemismo Jujubinus seguenzae, Ghisotti e Melone, 1975 ex Monterosato mns. Le collezioni, di alta valenza scientifica, offrono anche dal punto di vista divulgativo, l’opportunità di diffusione della cultura scientifica in tale campo, così da attivare la capacità critica degli utenti per le scienze naturali. Parole chiave Fauna ittica mesopelagica, Malacologia, Stretto di Messina, Museo della Fauna
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05 -‐ Conoscere il patrimonio: un progetto regionale per schedare le collezioni naturalistiche ed
evidenziare criticità e buone pratiche che le caratterizzano Antonio Dal Lago1, Viviana Frisone2, Bernardetta Pallozzi3 1Museo Naturalistico Archeologico Vicenza. E-‐mail: [email protected] 2Museo di Archeologia e Scienze Naturali "G. Zannato", Montecchio Maggiore. E-‐mail: [email protected]‐maggiore.vi.it 3Museo Civico D. Dal Lago, Valdagno (VI). E-‐mail: [email protected] Un gruppo di Musei del Veneto, con la collaborazione dell'ANMS, ha messo a punto un progetto di schedatura di collezioni naturalistiche. Premessa del progetto è stata la preparazione di una scheda di collezione e l'organizzazione di un corso per la formazione degli schedatori, in modo da preparare un gruppo di professionisti in grado di affrontare la catalogazione di qualsiasi tipologia di collezione naturalistica. Il finanziamento da parte di una Fondazione bancaria e della Regione Veneto ha poi permesso di assegnare degli incarichi per avviare la schedatura in molti Musei, anche minori, della Regione Veneto. Il progetto ha rappresentato un'importante opportunità per il riordino delle collezioni dei Musei Naturalistici del Vicentino e ha contribuito a creare nuove sinergie e collaborazioni tra il personale scientifico dei Musei interessati. Vengono presentate tre diverse esperienze in modo da evidenziare come questo progetto sia stato capace di far emergere le diverse criticità nella gestione delle collezioni e di dare dei suggerimenti per risolverle. Il progetto ha infine offerto la possibilità di mettere in ordine moltissime collezioni e di aprire la strada per farle conoscere e usare per fini scientifici o didattici. Parole chiave Collezioni, riordino, formazione, mappatura
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06 -‐ Nuova vita per un vecchio gabinetto scientifico: recupero e valorizzazione di un patrimonio
naturalistico da preservare Dalila Giacobbe1, Salvatore Restivo1, Florinda Gennuso2 1Centro Studi Faunistica dei Vertebrati, Società Italiana di Scienze Naturali c/o Museo Civico di Storia Naturale di Milano. E-‐mail: [email protected]; [email protected] 2 Collegio S. Ignazio, Messina. E-‐mail: [email protected] Dopo la realizzazione nel 2012 di due aule-‐museo per i propri studenti, il Collegio S. Ignazio di Messina ha deciso di incrementare ulteriormente il proprio patrimonio museale acquisendo nel 2015 le collezioni naturalistiche conservate presso il laboratorio scientifico dell'Istituto Ancelle del Sacro Cuore di Gesù di Palermo, che le ha dismesse in quanto non più utilizzate per la didattica. La ricerca storica effettuata ha permesso di verificare che parte di esse proveniva a sua volta dal Collegio omonimo di Roma e fu trasferita nel collegio palermitano all'epoca della sua istituzione (1939), arricchendosi di numerosi reperti di origine siciliana. Acquisite infine dal Sant'Ignazio, le collezioni zoologiche sono state censite e sottoposte ad un accurato restauro conservativo, in quanto i numerosi traslochi e l'assenza di manutenzione ordinaria per un periodo presumibilmente lungo hanno danneggiato in vario modo i reperti. Il percorso che ha condotto le collezioni da Roma a Messina ben rappresenta le due tendenze opposte che si vanno delineando negli ultimi anni: da un lato la dismissione e lo smembramento delle collezioni naturalistiche perché non più fruite o perché vengono a mancare le condizioni o le risorse per la loro esposizione e/o conservazione; dall'altro, un rinnovato interesse da parte di diverse tipologie di enti verso la museologia scientifica, con il recupero di gabinetti scientifici abbandonati e l'acquisizione di collezioni esterne spesso dimenticate, contesto in cui riacquista grande importanza il restauro delle collezioni di Storia Naturale, che potrebbe portare alla formazione di figure professionali altamente specializzate in questo campo, catalizzando il recupero di una parte sconosciuta del patrimonio museologico nazionale. Parole chiave Collezioni storiche, conservazione, restauro, didattica, scuola
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07 -‐ La parte non visibile del Museo FirST: il “Gabinetto di Storia Naturale con annesso Museo
Tecnologico” dell'antico Istituto Tecnico Toscano di Firenze Stefania Lotti Fondazione Scienza e Tecnica / Museo FirST Firenze Scienza e Tecnica, Firenze. E-‐mail: [email protected] L'Istituto Tecnico Toscano di Firenze ha rivestito, nel XIX sec., un ruolo chiave nell’insegnamento tecnico scientifico non solo in Italia ma anche nel contesto europeo, arricchendosi negli anni di molto materiale raccolto essenzialmente in funzione documentaria ed educativa, con particolare attenzione agli aspetti applicativi sul territorio. Il suo vero centro propulsore, a partire dal 1857, diventa il Museo Tecnologico, grande contenitore di oggetti e reperti, utili all'istruzione tecnica e alle applicazioni delle scienze. Mediante continue acquisizioni e donazioni, le collezioni aumentano per complessità, varietà e valenza, tanto che, nel 1870, l'allora direttore Pietro Marchi, a seguito di un riordino delle raccolte, fonda il “Gabinetto di Storia Naturale con annesso Museo Tecnologico”. Il risultato di tale processo è un insieme vario e peculiare, in cui figurano serie zoologiche, botaniche, mineralogiche, modelli naturalistici, prodotti merceologici, materiale geografico ecc., a cui sono legati nomi di eccellenza di produttori, preparatori, collezionisti storicamente e scientificamente rilevanti: Blaschka, Lo Bianco, Antoir, Brendel, Bardi, Paulucci. Purtroppo oggi, a differenza di quanto accaduto per il Gabinetto di Fisica, visitabile ormai da qualche anno, la necessità di ottemperare alle ingenti operazioni strutturali, dettate dalle normative di sicurezza in materia di esposizione al pubblico, non consente al Museo FirST di esporre questo materiale, disponibile solo per gli specialisti. La possibilità di informare circa l’esistenza di uno spaccato così importante della storia scientifica ottocentesca è sicuramente uno dei passi fondamentali per raggiungere l’obiettivo della sua fruizione completa. Parole chiave Museo FirST, Istituto Tecnico Toscano, collezioni naturalistiche, Museo Tecnologico
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08 -‐ La collezione osteologica del Museo di Anatomia umana dell’Università di Torino: un
esempio di riordino di “cose di scienza” Gianluigi Mangiapane, Giancarla Malerba, Cristina Cilli, Giacomo Giacobini Sistema Museale di Ateneo, Università di Torino. E-‐mail: [email protected] La collezione osteologica del Museo di Anatomia umana dell’Università di Torino è costituita da un primo nucleo di reperti preparati in massima parte durante la seconda metà dell'Ottocento nell'ex Istituto di Anatomia umana (1090 crani e 64 scheletri postcraniali a vario grado di completezza) e da un secondo nucleo rappresentato dai reperti del Museo Craniologico dell'Accademia di Medicina di Torino (247 crani), donati al Museo di Anatomia nel 1913. La collezione craniologica relativa al primo nucleo riveste una grande importanza scientifica in quanto comprende 712 reperti di età e sesso noto e 378 di cui è noto solo il sesso. Il secondo nucleo, formato da crani di diversa provenienza e antichità, ha un interesse prevalentemente storico-‐scientifico e antropologico. La collezione è conservata in deposito, ad eccezione di una piccola serie di crani esposti in Museo. Essa è stata oggetto di un'operazione di riordino e studio in via di conclusione. Il progetto è iniziato con azioni volte alla identificazione e conservazione dei reperti e alla messa in sicurezza delle vetrine che li contengono: dal ripristino strutturale e pellicolatura dei vetri degli armadi ottocenteschi, alla sistemazione dei crani in contenitori singoli e alla ricomposizione di parti frammentate. Inoltre, è stata realizzata una base dati che contiene, per ogni reperto, le informazioni provenienti dai registri/inventari conservati nell’Archivio storico del Museo. Tra le “cose di scienza” correlate a questa collezione, nei depositi del museo sono conservati alcuni strumenti ottocenteschi (craniografi, compassi, …) utilizzati nelle ricerche antropologiche dell’epoca. La documentazione di archivio comprende manoscritti, disegni, fotografie e pubblicazioni relative alle ricerche effettuate sui reperti della collezione. Si tratta quindi di un complesso di beni culturali di diversa tipologia (reperti, strumenti, arredi d'epoca, fondi archivistici e bibliotecari). Parole chiave Collezione craniologica, strumenti, archivi, museo, anatomia umana
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09 -‐ L’esemplare tipo di Stegotetrabelodon syrticus Petrocchi, 1941: un reperto sopravvissuto
alle vicissitudini belliche? Carla Marangoni1, Lorenzo Rook2, Maria Emanuela Desio3 1Museo Civico di Zoologia, Roma Capitale. E-‐mail: [email protected] 2 Università degli Studi di Firenze, Dipartimento Scienze della Terra. E-‐mail: [email protected] 3Archivio Ardito Desio, Roma. E-‐mail: [email protected] La cronaca di questi ultimi mesi ha riportato l’attenzione internazionale sul problema della conservazione del patrimonio culturale in zone di conflitto. Molto si è parlato di siti archeologici e monumenti distrutti soprattutto in nord Africa e in Medio Oriente. Con il presente contributo si vuole porre l’attenzione anche sui beni naturalistici che pur non essendo, almeno per ora, nelle mire dei terroristi in quanto non rivestono il valore simbolico ed economico dei reperti archeologici, possono aver subìto danni con la distruzione o il danneggiamento degli edifici che li custodiscono a causa dei bombardamenti, o attraverso atti di vandalismo. Potrebbe essere questo il caso del Museo Libico di Storia Naturale di Tripoli, fondato nel 1936 da Ardito Desio nel vecchio edificio del Banco di Roma e poi collocato all’interno del Castello, di cui fino ad oggi non si conosce il destino. Oltre ad una biblioteca e un archivio cartaceo, traferito prima della “Primavera araba” presso il Libyan Study Centre, divenuto Archivio di Stato della Libia, il museo ospitava (almeno fino al 2008) una serie di collezioni di interesse sia storico che scientifico, tra cui resti fossili e reperti archeologici rinvenuti in occasione di diverse missioni di scavo. Tra questi reperti, una presenza rilevante è costituita dall’esemplare tipo del un mastodonte fossile Stegotetrabelodon syrticus, proveniente dal giacimento a vertebrati del Miocene Superiore di Sahabi e descritto da Carlo Petrocchi nel 1941. Un calco del cranio di Stegotetrabelodon syrticus fu realizzato dallo stesso Petrocchi per la Mostra Triennale d’Altomare, tenutasi a Napoli nel 1941. Attualmente questo calco è conservato presso il Museo Civico di Zoologia, insieme a documentazione fotografica ed alcuni disegni originali. L’importanza di questo reperto sta nel fatto che, nel caso l’originale fosse andato distrutto, esso potrebbe rappresentare il neotipo della specie. Il presente contributo vuole tentare di ricostruire la situazione attuale e far conoscere la presenza del reperto presso il Museo di Roma, proponendone una adeguata valorizzazione. Parole chiave Stegotetrabelodon syrticus, el Sahabi, Libia, neotypus
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10 -‐ La digitalizzazione del patrimonio scientifico e storico-‐artistico: problematiche, benefici,
potenzialità. L’esperienza dell'Università di Padova Lorenzo Marchetti1, Lucia Marchesi2 1Dipartimento di Geoscienze, CAM Centro di Ateneo per i Musei, Università degli Studi di Padova. E-‐mail: [email protected] 2Dipartimento dei Beni Culturali: archeologia, storia dell'arte, del cinema e della musica, CAM Centro di Ateneo per i Musei, Università degli Studi di Padova. E-‐mail: [email protected] La digitalizzazione e catalogazione elettronica delle collezioni sono diventate un'esigenza in tempi moderni, per il susseguirsi di nuove tecnologie e l'aumento esponenziale dei dati sulle collezioni museali. La crescente esigenza di poter usufruire in rete, da parte degli studiosi ma anche del pubblico in generale, delle informazioni relative alle raccolte e ai reperti/beni, la necessità, da parte dell’Università, di censire e di possedere un catalogo aggiornato e completo del suo patrimonio (con la possibilità, fornita da software appositi, di criptare i dati sensibili) e l’impulso generato dalle nuove tecnologie hanno favorito l’iniziativa di catalogazione elettronica, utilizzando un software creato sulla base della schedatura riferita alla normativa ICCD. Oggetto della comunicazione è la recente esperienza intrapresa per le raccolte dei Musei di Geologia e Paleontologia, di Mineralogia, di Zoologia, di Antropologia, di Storia della Fisica, di Archeologia e del Patrimonio storico-‐artistico diffuso dell’Ateneo patavino. L’intervento mette in luce non solo le problematiche (quelle, ad esempio, di carattere informatico), ma anche i benefici che si sono riscontrati (ad esempio, la possibilità da parte degli studiosi di reperire in rete le informazioni, ottimizzando i tempi e favorendo, così, la diffusione del sapere e lo studio) e le potenzialità che sono emerse catalogando elettronicamente il patrimonio universitario. Infine, alla luce del valore educativo rappresentato dalle collezioni, si presenterà brevemente Phaidra, il progetto avviato dall'Università di Padova, che si serve di versioni ridotte ed adatte al pubblico di schede catalografiche complete. Parole chiave Catalogazione, normative ICCD, digitalizzazione, fruizione scientifica
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11 -‐ Gli studi storiografici per la valorizzazione di due collezioni del patrimonio storico-‐
scientifico dell'Università di Bari: la serie di modelli geometrici di Luigi Campedelli e la raccolta entomologica di Omero Castellani Vincenza Montenegro1,2, Annamaria Pastore3, Francesco Porcelli4, Giuseppe Bari4 1Centro Interuniversitario Seminario di Storia della Scienza, Università degli Studi di Bari. E-‐mail: [email protected] 2Centro Interdipartimentale di Servizi per la Museologia Scientifica, Università degli Studi di Bari. 3Dipartimento di Matematica, Università degli Studi di Bari. E-‐mail: [email protected] 4DiSSPA, Sez. Entomologia e Zoologia, Università degli Studi di Bari. E-‐mail: [email protected]; [email protected] Le ragioni che in passato hanno portato l’Università di Bari a dotarsi di collezioni scientifiche sono da ricercare soprattutto nella necessità e volontà di supportare la missione dell’insegnamento e della ricerca. Le collezioni acquisite avevano origini molto diverse, frutto di raccolte personali, acquisti, ricerche, donazioni. In questo contributo si ricostruisce la storia dell’acquisizione di due Collezioni del Patrimonio Storico-‐Scientifico dell’Università di Bari: la Serie di modelli geometrici di Luigi Campedelli e la Raccolta Entomologica di Omero Castellani. La prima, fatta realizzare fra il 1952 e 1956, su iniziativa dell’Unione Matematica Italiana a cura del matematico Luigi Campedelli, con il supporto economico della Società Metallurgica di Firenze e la Società Rhodiatoce di Milano, è costituita da 50 modelli di superfici geometriche costruiti singolarmente per mano di artigiani fiorentini, per potenziare la didattica della Geometria e della Analisi nelle Università italiane. La Serie fu acquistata dall'Istituto di Matematica dell’Università di Bari in tre momenti distinti, ma contemporanei alla sua realizzazione al costo complessivo di £ 169.000. La seconda Collezione, che ha radici diverse, vede completato il suo acquisto nel 1971. Gli insetti, conservati a secco, furono acquistati direttamente dal maestro Omero Castellani, appassionato entomologo e fondatore dell’Associazione Romana di Entomologia, il quale svendette a brani la sua amata raccolta spinto da difficoltà economiche. Fra le Istituzioni che oggi dispongono di parti del collezionato da Castellani vi sono il Museo di Zoologia dell’Università La Sapienza di Roma e l’Università di Bari, dove sono conservati insetti appartenenti a diversi ordini. La collezione che rappresenta il nucleo attorno al quale si è costituita la collezione di confronto della Sezione di Entomologia e Zoologia del Dipartimento di scienze del suolo, della pianta e degli alimenti (DISSPA), non è fruibile al grande pubblico per esigenze conservative, ma la sua valenza in campo scientifico ha spinto in questi anni il Dipartimento a predisporne un progetto per la consultazione in rete. Parole chiave Collezione, ricerca, didattica, valorizzazione, fonti
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12 -‐ Le collezioni anatomiche: la storia della scienza a sostegno del valore culturale
Daniela Paradiso E-‐mail: [email protected] Le collezioni anatomiche italiane, siano esse di anatomia umana, patologica, comparata e veterinaria, costituiscono oggi un patrimonio storico-‐scientifico meritevole di grande attenzione per varietà, ricchezza e consistenza. Alcuni studi condotti nell’ambito di una tesi di dottorato in Storia della Scienza forniscono nuovi spunti di interpretazione a sostegno del valore culturale di questi beni. Le raccolte, le collezioni e il materiale bibliografico e d'archivio ad esse associato rivelano le strette relazioni tra questi oggetti e l'attività didattica e di ricerca degli anatomisti e, in certi casi, svelano anche le attività “segrete” che si svolgevano nei gabinetti anatomici, come la preparazione e la conservazione del materiale anatomico. Più in generale, queste testimonianze materiali della scienza ci permettono di ricostruire l'evoluzione dei metodi della ricerca anatomica, in particolare tra la fine del XVIII e la seconda metà del XIX secolo. Parole chiave Collezioni anatomiche, ricerca anatomica, tecniche di preparazione e conservazione, bene culturale
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13 -‐ Il patrimonio paleontologico del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università degli
Studi di Torino Marco Pavia, Massimo Delfino, Francesca Lozar, Edoardo Martinetto, Giorgio Carnevale Museo di Geologia e Paleontologia, Dipartimento di Scienze della Terra, Torino. E-‐mail: [email protected] Il 1879 è l’anno d’istituzione del Museo di Geologia e Paleontologia dell’Università di Torino (MGPT). Le collezioni hanno visto continui incrementi fino al 1930 dopodiché la riduzione degli spazi, le riorganizzazioni delle collezioni e i traslochi interni hanno modificato la struttura del MGPT causandone, nel tempo, il declino ad archivio di fossili e rocce. Per quanto concerne il patrimonio paleontologico, buona parte del materiale storico è affidato in comodato d’uso al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino con una convenzione ultradecennale. A diretta gestione del Dipartimento di Scienze della Terra rimane una parte cospicua del patrimonio paleontologico del MGPT (MGPT-‐PU), costituita soprattutto da collezioni in continua implementazione (diverse decine di migliaia di reperti). Negli ultimi 40 anni, i ricercatori del Dipartimento hanno determinato un notevole incremento delle collezioni paleontologiche. Di particolare importanza risultano infatti le collezioni di Ammoniti del Giurassico Medio italiano e francese e di vertebrati del Pleistocene inferiore italiano; inoltre gli studi di paleontologia regionale hanno portato alla raccolta di numerosissimi resti paleobotanici, di molluschi e foraminiferi del Neogene Piemontese e alla scoperta di un sito del Miocene superiore che ha restituito alcune decine di migliaia di resti di vertebrati e molluschi continentali. Da citare sono anche le importanti collezioni carpologiche e osteologiche attuali allestite a scopo di confronto con i resti fossili. Tutti i resti fossili di recente scoperta e le collezioni attuali sono stati inseriti in DBase Access dedicati, in cui si stanno anche inserendo i resti acquisiti nel passato e le molteplici pubblicazioni che trattano il materiale conservato nelle collezioni del MGPT. Parole chiave Paleontologia, ammoniti, vertebrati
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14 -‐ Il Museo Civico di Scienze Naturali "Angelo Priolo" di Randazzo (CT): da collezione privata
a risorsa culturale per tutti Salvatore Restivo1, Dalila Giacobbe1, Renzo Ientile2 1Centro Studi Faunistica dei Vertebrati, Società Italiana di Scienze Naturali c/o Museo Civico di Storia Naturale di Milano. E-‐mail: [email protected]; [email protected] 2Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche & Ambientali, sez. di Biologia Animale “M. La Greca”, Università di Catania. E-‐mail: [email protected] Angelo Priolo diede inizio già a 16 anni alla sua raccolta ornitologica, che nel giro di trent'anni arrivò ad annoverare ben 2250 esemplari. La collezione fu affidata nel 1983 al comune di Randazzo, che istituì il Museo Civico di Scienze Naturali con lo scopo di conservarla e renderla fruibile e venne acquisita dalla Regione siciliana divenendo ufficialmente un bene pubblico. Ospitato in un'ala dell'ex Istituto Santa Giovanna Antida, il museo fu inaugurato nel 1989 e arricchito da numerosi altri reperti tra cui le collezioni paleontologiche, mineralogiche e di fauna marina di Luigi Lino, e vari esemplari di vertebrati preparati da Priolo stesso, oltre a una collezione entomologica e una raccolta di vertebrati esotici. Il nucleo principale delle raccolte oggi è costituito da esemplari di specie locali o comunque siciliane. I reperti sono prevalentemente naturalizzati e destinati all'ostensione, mentre un migliaio di pelli da studio della collezione Priolo sono conservati in un ambiente adibito a deposito. L'allestimento fu inizialmente progettato dallo stesso Priolo, che curò anche la realizzazione dei tre diorami presenti. Il museo è regolarmente aperto al pubblico e, pur necessitando di un profondo rinnovamento degli arredi espositivi e dei locali, viene fruito annualmente da circa 25000 visitatori, in gran parte scolaresche, confermando l'importante valenza didattica, scientifica e culturale delle sue collezioni. Parole chiave Angelo Priolo, collezione ornitologica, fauna siciliana, fruizione, conservazione
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15 -‐ I pesci delle acque interne italiane nelle collezioni dell’Università di Modena: un
contributo alla catalogazione del patrimonio museale modenese Luigi Sala1, Susanna Barraco2 1Dipartimento Scienze della Vita, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena. E-‐mail: [email protected] 2Porto Mantovano (Mantova). Il Museo di storia naturale dell’Università di Modena, nato nel 1776, ha costituito la sezione zoologica delle proprie collezioni soprattutto intorno alla metà dell’ottocento, per arricchirsi poi ulteriormente fin verso la fine del secolo. Tuttora si conservano i registri originari dei reperti progressivamente acquisiti dal museo, indicanti le specie e il numero di esemplari, mentre fino ad oggi solo parte delle collezioni sono state catalogate. Sono state pertanto prese in esame le collezioni ittiche delle quali sono stati schedati e inventariati i reperti provenienti dalle acque interne italiane. Questi costituiscono attualmente due distinte collezioni: una “storica” risalente dalla seconda metà ‘800 a metà ‘900, conservata nella sede storica del museo, una “recente” datata dal 1970 al 2000 depositata presso l’attuale Dipartimento Scienze della Vita. La collezione storica è composta da preparati sia a secco sia in liquido all’interno di contenitori in vetro, nei quali sono rappresentate 39 specie provenienti da 13 bacini idrografici. La collezione recente comprende da 41 taxa in campioni, in gran parte di provenienza locale, tutti conservati in liquido in contenitori di plastica. Delle 55 specie totali, 41 sono le indigene, delle quali 7 minacciate a livello nazionale (CR e EN secondo IUCN), e 14 le esotiche, 5 delle quali non naturalizzate. Fra i campioni degni di nota, si ricordano quelli ante 1900 di trote di provenienza locale e quello di Knipowitschia punctatissima contenente probabilmente gli esemplari tipo sui quali Giovanni Canestrini descrisse la specie nel 1864. L’utilizzo delle schede dell’ICCD (Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione) può fornire un contributo alla conoscenza delle collezioni zoologiche nazionali. Parole chiave Collezioni storiche, ittiofauna dulcicola
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16 -‐ La Balena fossile del Museo di Paleontologia dell'Università di Modena e Reggio Emilia
Paolo Serventi1, Giovanna Menziani2, Paolo Reggiani3, Giulia Viotti4 1Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena. E-‐mail: [email protected] 2Direzione Risorse Umane, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena. 3PaleoStudy, Pieve di Sacco (PD). 4Modena. Il patrimonio museale italiano di balene fossili è uno dei più importanti a livello internazionale; già dal 1700 si segnalano ritrovamenti e molti musei hanno raccolte di grande valore scientifico e culturale. La nostra penisola rappresenta, infatti, una delle aree a più elevata concentrazione di cetacei fossili al mondo. In particolare lungo l'asse dell'Appenninico settentrionale, dal Piemonte alla Romagna, la frequenza dei ritrovamenti è estremamente elevata. L'età degli affioramenti va dal Miocene (23 M.a.) al Pliocene (2,5 M.a.). La balena fossile del Museo di Paleontologia dell'Università di Modena e Reggio Emilia, appartiene al genere Balaenula, anche se manca ancora una determinazione sistematica precisa. Questo è un genere estinto di cetacei di età pliocenica (circa 5-‐3 M.a.), segnalato in Europa, in particolare Belgio, Italia e Inghilterra. I resti fossili, consistenti in diverse costole, radio e ulna dell'arto anteriore sx, alcune vertebre e l'emimandibola sx, trovati in località San Valentino (RE), provengono dagli affioramenti pliocenici (4 M.a.) della “Formazione delle Argille Azzurre”, Unità plio-‐pleistocenica che affiora lungo il margine nord esterno dell’Appennino settentrionale. Il recupero, reso problematico dalla natura stessa dell’affioramento, fu portato a termine tra il 1981 e il 1987, dopo le fasi di rilievo cartografico, scavo, consolidamento delle ossa e infine protezione con poliuretano espanso. Nel 2008 le ossa sono state sottoposte a un primo restauro seguito da un secondo nel 2014, resosi necessario per consolidare le ossa che si stavano deteriorando in modo sensibile. Parole chiave Museo, cetacei, sistematica, restauro
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17 -‐ Orto e Museo botanico di Pisa: hortus vivus e hortus siccus al servizio della ricerca
Lucia Amadei1, Gianni Bedini2, Leonardo Cocchi1, Simonetta Maccioni1, Lorenzo Peruzzi2, Giuseppe Pistolesi1, Roberta Vangelisti1 1Orto e Museo botanico dell’Università di Pisa, Sistema Museale di Ateneo, Pisa. E-‐mail: [email protected]; [email protected] 2Dipartimento di Biologia, Unità di Botanica, Università di Pisa. L’Orto e il Museo botanico dell’Università di Pisa offrono importanti strumenti di lavoro a diversi gruppi di ricerca che afferiscono agli attinenti Dipartimenti dell’Ateneo pisano. Si riportano alcuni tra i casi più recenti. -‐ Allo scopo di chiarire l’evoluzione e la tassonomia del gruppo, i campioni di Crocus ser. Verni dell’Erbario sono stati utilizzati per uno studio morfometrico. Da frammenti di tessuto ricavato dagli stessi campioni è stato poi estratto il DNA per l’amplificazione e il sequenziamento di marcatori molecolari nucleari e plastidiali. -‐ Recenti raccolte nella zona del Montalbano in Toscana hanno evidenziato la spiccata diversità floristica di un’area finora non indagata. I campioni raccolti, depositati nell’Erbario, ne hanno incrementato la consistenza sia quantitativamente che qualitativamente. -‐ Symphytum tanaicense è un’entità di interesse conservazionistico e biogeografico, considerata in Italia relitto microtermo. Sono stati studiati i protocolli ottimali di coltivazione e propagazione ex situ nell’Orto, per la reintroduzione in natura. Dipartimento di Biologia, Unità di Fisiologia vegetale, in collaborazione con Università di S. Luis (Argentina) -‐ Jatropha curcas L. e J. macrocarpa Griseb. hanno semi ricchi di olio utilizzati per la produzione di biodiesel. Le piante coltivate in Orto sono oggetto di uno studio sullo stress da basse temperature: è valutata la tolleranza a temperature intorno a 5° C. Dipartimento di Farmacia, Unità di Botanica farmaceutica -‐ Trenta specie del genere Salvia, facenti parte di una collezione dell’Orto, sono state analizzate in vivo per lo studio dei composti volatili in relazione alla provenienza geografica. Non sono noti studi simili effettuati su un numero così esteso di specie. Parole chiave Orto botanico, Museo botanico, ricerca, Pisa
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18 -‐ I tipi della collezione Monterosato del Museo civico di Zoologia di Roma
Massimo Appolloni, Bruno Amati, Paolo Mariottini, Italo Nofroni, Marco Oliverio, Carlo Smriglio, Lionello Tringali Roma Capitale-‐Museo Civico di Zoologia di Roma. E-‐mail: [email protected] Il Museo Civico di Zoologia di Roma ospita un’importante sezione malacologica. Senza dubbio la collezione di maggior rilievo scientifico è quella di Tommaso Allery Di Maria marchese di Monterosato, considerata una delle più interessanti in ambito mondiale e sicuramente la più importante raccolta di conchiglie marine mediterranee presenti in istituzioni pubbliche italiane. Frutto di oltre 60 anni di raccolte scambi e acquisti, si stima che la collezione si componga di oltre 1.500.000 esemplari. Tutto il materiale fu identificato personalmente dal marchese grazie alle sue profonde conoscenze della malacofauna mediterranea. Monterosato dedicava particolare attenzione alle cosiddette “micro conchiglie” conservate ancora oggi nelle fialette originali con i cartellini manoscritti. Il Marchese fu autore di decine di pubblicazioni nelle quali istituì moltissime nuove specie di molluschi. Molte di queste sono oggi specie tipo di generi ad ampia distribuzione. Il materiale di riferimento (Tipi) sul quale il Monterosato fondò le proprie descrizioni di nuovi taxa è da circa un anno oggetto di una revisione critica condotta in collaborazione con esperti delle Università di Roma “La Sapienza”, ”Roma Tre” e con malacologi che da anni collaborano con il Museo. La maggior parte delle specie istituite dall’autore, sono oggi conosciute solo sulla base delle descrizioni riportate nelle sue pubblicazioni. Il nostro punto di arrivo è quello ritrovare tutto il materiale tipico, fotografarlo e successivamente pubblicare un catalogo dei tipi monterosatiani che riporti tutte le specie presenti nella collezione, con l’auspicio di rendere disponibile on-‐line sul sito del Museo, il materiale fotografato. Parole chiave Monterosato, Mollusca, collezioni malacologiche
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19 -‐ L'Erbario dei Cappuccini di San Quirico d'Orcia (Si): biodiversità vegetale di 200 anni fa!
Ilaria Bonini, Paolo Castagnini, Rossella Bendici, Claudia Angiolini Herbarium Universitatis Senensis, Dipartimento di Scienze della Vita, SIMUS, Università degli Studi di Siena. E-‐mail: [email protected] L’Erbario o Horti sicci oggetto di studio è stato allestito probabilmente nella seconda metà del 1700 inizi del 1800 nel convento dei Cappuccini di S. Quirico d’Orcia; il convento stesso venne confiscato durante il periodo risorgimentale e venduto alla famiglia borghese dei Filugelli, da un ramo di questa l’erbario passò in eredità al Signor Piero Simonelli di S. Quirico d’Orcia, che nel 1987 lo donò al Dipartimento di Biologia Ambientale dell’Università di Siena (oggi D. Scienze della Vita). Si tratta di un erbario costituito da un Volume con legatura cartonata e da quattro Cartelle ricoperte da carte marmorizzate di colori e disegni diversi a due a due, chiuse con dei lacci in stoffa; le Cartelle contengono delle carte ripiegate simili a delle “camicie”, nelle quali sono incollate le piante in una faccia o a volte in due. Una dicitura sul dorso permette di distinguere le cartelle: una riporta la scritta “Piante officinali-‐ Vol 4”, tre quella di “Piante non officinali – Vol 1, Vol 2, Vol 5 ”. Nel complesso il volume è composto di 134 pagine e le cartelle sono composte da un totale di 322 camice dove sono incollati 332 campioni vegetali. I campioni vegetali all’interno delle camicie sono indicati con delle etichette incollate con nomi prelinneani (C. B. PIN., I.B. e I. R. H.) seguiti da nomina trivialia, altri nomi sono stati apposti in epoche successive, poichè si notano due tipi diversi di calligrafia. Nella cartella “Piante officinali Vol 4” vi sono delle indicazioni che riportano le proprietà terapetiche e gli usi medicinali del tempo. L’erbario è stato studiato ad oggi solo nelle cartelle e in particolare sono state classificate le specie non officinali. Da una prima analisi risulta la presenza di alcune entità importanti dal punto di vista fitogeografico e conservazionistico. Per lo più sono specie di ambienti ruderali, prati e coltivi, alcune specie ornamentali e in particolare specie ad uso alimentare del passato e attuali anche oggi. Parole chiave Herbarium, botanica storica, conservazione biodiversità, Toscana
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20 -‐ Le pteridofite del Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino
Rosa Camoletto Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino. E-‐mail: [email protected] Tra le collezioni vegetali avviate nel 1983 dal Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino è stato previsto anche un erbario di pteridofite (Lycophyta e Monilophyta). Tale collezione è finalizzata al miglioramento della ricerca floristica, alla formazione di nuovi specialisti e all'assistenza dei ricercatori che si occupano di questi vegetali spesso poco studiati perché inseriti nella complessa varietà delle "crittogame" della desueta classificazione linneana o perché scarsamente diffusi in molti territori italiani. Sono state avviate due sezioni aperte di flora locale e di flora mondiale, e acquisite diverse collezioni chiuse miste o di sole pteridofite. Le raccolte di studio sulla flora locale vengono intercalate nell'erbario del Piemonte e Valle d'Aosta (MRSN-‐PAO-‐PTE), mentre l'erbario mondiale (MRSN-‐GEN-‐PTE) viene sviluppato per lo più attraverso scambi internazionali. Per la gestione è stata scelta la codifica sistematica proposta da Pichi-‐Sermolli del 1977. Una recente verifica ha dimostrato che, nonostante l'evoluzione degli studi pteridologici, questa codifica, con poche varianti, permette di gestire le collezioni in modo efficace e moderno. La schedatura digitale permette ricerche per collezione, specie, raccoglitore, località e anno di raccolta. Nel laboratorio pteridologico è possibile studiare gli esemplari, inclusi gli ibridi, e fotografare dettagli microscopici e spore. I dati dell'erbario locale arricchiscono le banche dati floristiche. I duplicati di scambio dell'erbario mondiale che provengono da aree poco esplorate o sono frutto di studi specialistici costituiscono materiale prezioso per la ricerca. Questa collezione, associata anche ai campioni paleontologici del museo, è preziosa per la divulgazione sull'evoluzione della vita vegetale. Parole chiave Herbarium MRSN, flora, pteridofite, ricerca, divulgazione
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21 -‐ La collezione di Aracnidi proveniente dai laghi etiopici della Fossa Galla recuperata dai
magazzini del Museo Civico di Zoologia di Roma Annamaria Epiceno Museo Civico di Zoologia, Roma Capitale. E-‐mail: [email protected] Nei magazzini del Museo Civico di Zoologia di Roma è stata di recente rinvenuta una collezione storica di Aracnidi che sembrava ormai perduta. La raccolta è stata effettuata tra il 1937 e il 1938 dalla Missione ittiologica in Africa Orientale nella regione dei laghi della Fossa Galla (Etiopia meridionale) condotta dal Prof. Gustavo Brunelli. La collezione originale era composta da 187 specie, delle quali 70 nuove, descritte da Lodovico Di Caporiacco (1901-‐1951), uno dei più eminenti aracnologi italiani della prima metà del ‘900. La maggior parte della raccolta è stata fatta al Lago Regina Margherita in un habitat molto singolare rappresentato dalle “isole galleggianti” di erbe palustri. Da un primo riordino effettuato risulta che la collezione attuale si compone di circa 160 taxa conservati in alcool, e contiene molti reperti tipici. Lo studio su questa collezione è appena iniziato, ma già queste prime indagini mostrano che in essa è conservato un vero e proprio patrimonio scientifico. Parole chiave Lodovico Di Caporiacco, Arachnida, spedizione storica, Fossa Galla
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22 -‐ L’algario “Irma Pierpaoli” del Museo di Biologia Marina “Pietro Parenzan”
Anna Maria Miglietta1, Antonella Petrocelli2, Ester Cecere2 1Museo di Biologia Marina “Pietro Parenzan”, Unisalento. E-‐mail: [email protected] 2CNR-‐IAMC, Taranto. L’algario “Irma Pierpaoli”, del Museo di Biologia Marina “Pietro Parenzan”, consiste complessivamente di 661 campioni di alghe marine tra cui sono individuabili 219 taxa suddivisi in Rhodophyta (122), Ochrophyta (53) e Chlorophyta (44). Questa collezione, riportata nell’Index Herbariorum (http://www.sciweb.nybg.org/ih/ herbarium_list.php), prende il nome dalla studiosa che ne raccolse la maggior parte degli esemplari nel Mar Ionio (soprattutto Mar Grande e Mar Piccolo di Taranto) e nel Mar Adriatico (soprattutto costa marchigiana), dagli inizi degli anni ’20 alla fine degli anni ‘50. Nel 1959, la Pierpaoli donò la collezione a Pietro Parenzan, fondatore dell’omonimo Museo di Biologia Marina, il quale la incrementò negli anni successivi con 39 campioni raccolti negli stessi mari della collezione originaria. I campioni si presentano come exiccata su fogli di cartoncino e attualmente si trovano presso l'Istituto per l'Ambiente Marino Costiero del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IAMC-‐CNR), sede di Taranto. Essi sono stati oggetto di revisione tassonomica ad opera di A. Solazzi (Università di Padova) negli anni ’60, e di O. D. Saracino (IAMC-‐Taranto) alla fine degli anni ‘90. La collezione, oltre ad avere un valore intrinseco dal punto di vista storico (in quanto costituita quasi 100 anni fa), è soprattutto di grande utilità dal punto di vista della ricerca. A tal proposito, a conferma della validità degli studi a lungo termine, recentemente, si è dimostrato un valido ausilio per l’evidenziazione dei cambiamenti qualitativi della flora del Mar Piccolo nell’ultimo secolo, legati essenzialmente alle attività dell’uomo. Parole chiave Collezione, erbario, alghe
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23 -‐ Salento Cretaceous Fishes from Italian Scientific Institutions
Genuario Belmonte Museo dell’Ambiente, Università del Salento, Lecce. E-‐mail: [email protected] A temporary exhibition (21 February – 20 June 2014) at MAUS represented the occasion to revise all the Cretaceous fish extracted from the Salento limestone, and hosted in different Scientific Institutions in Italy. The investigation recorded more than 2400 items, distributed in 6 different collections in Italian institutes. Less than 15 % of items have been studied until now, with the publication of 37 scientific articles, and a catalogue, from 1978 to 2014, and the description of 37 species new for Science, which justified the establishment of 29 new Genera, 9 new Families, and 1 new Order. The exhibition at MAUS showed part of the collection to the public, but the realization of a catalogue, and its publication online, diffused the knowledge of this disregarded aspect of the Salento limestone. Illustrations drawn for the exhibition were used also to realize the 2015 calendar of MAUS thus completing the objective to publicize to the large public the rich collection, mostly unknown and dispersed on the Italian territory. Key words Temporary exhibition, fossils, Salento
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24 -‐ Dalla conoscenza alla conservazione: il recupero di antiche coltivazioni
Ruggero D’Anastasio1, Fernando Tammaro2, Antonietta Di Fabrizio1, Assunta Paolucci1, Jacopo Cilli1, Joan Viciano1, Paul Nibaruta1, Luigi Capasso1 1 Museo Universitario dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti -‐ Pescara, Chieti. E-‐mail: [email protected] 2Facoltà di Scienze Ambientali e di Biotecnologia, Università degli Studi dell’Aquila. La collezione botanica del Museo universitario di Chieti è costituita oltre che da una carpoteca, da una xiloteca, da erbari e da modelli anatomici di piante e di fiori, anche da una ricca raccolta di semi e frutti (spermoteca) contenuti in vasi di vetro risalenti alla seconda metà del XIX secolo. Grazie alla collaborazione con professionisti esperti si vorrebbe salvaguardare l’esistenza di antichi cereali e legumi attraverso la loro ricoltivazione. Per cercare di custodirli, abbiamo delineato il Progetto “Dalla conoscenza alla conservazione: il recupero di antiche coltivazioni”, affinché alcuni dei semi presenti nella raccolta, eredità del passato della nostra tradizionale agricoltura abruzzese, varietà abbandonate dall’agricoltura odierna, non si estinguano e possano essere passati alle future generazioni. A partire dal germoplasma conservato presso il Museo vorremmo realizzare questo Progetto di sviluppo agricolo per il recupero di antiche coltivazioni di cereali e leguminose un tempo costituenti risorse primarie alimentari per il territorio soprattutto teatino. Ci si attiverà, quindi, per favorire la germinazione dei semi, in appositi germinatoi, in laboratorio. Le glandule ottenute saranno, poi, suddivise in due cluster (raggruppamenti): 1) direttamente trapiantate in campo; 2) precauzionalmente coltivate in serra per superare eventuali stress climatici in pieno campo. Si vuole, poi, individuare collaborazioni con le Associazioni di categoria (Coldiretti) e agricoltori che metteranno a disposizione un campo sperimentale comprensivo, delle serre nel territorio di Chieti. Attraverso questo Progetto si vuole contribuire, infatti, a salvaguardare il mondo della biodiversità rurale e preservare i valori genetici e la grandi diversità culturale e colturale del territorio abruzzese. Parole chiave Germoplasma, recupero, germinazione, botanica
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25 -‐ La rana toro (Lithobates catesbeianus) nelle collezioni erpetologiche dei musei italiani
Mauro Grano1, Cristina Cattaneo2, Marco Sassoè3 1Roma. E-‐mail: [email protected] 2Roma. E-‐mail: [email protected] 3Dipartimento di Neuroscienze, Università di Torino. E-‐mail: [email protected] La rana toro (Lithobates catesbeianus) è un anfibio della famiglia Ranidae originario del Nord America. Si tratta di una rana di grandi dimensioni, che può raggiungere i 20 cm di lunghezza e superare i 700 g di peso. Il nome deriva dal gracidio dei maschi, che può ricordare il muggito di un bovino. La rana toro viene utilizzata per scopi alimentari ed è stata introdotta in diverse aree dell’America centrale e meridionale, in Asia e nell’Europa occidentale, dove ha assunto le caratteristiche di specie invasiva, fino ad essere inserita nell’elenco delle 100 specie invasive più dannose al mondo. In Italia la specie è stata introdotta inizialmente negli anni ’30 del secolo scorso nei pressi di Mantova, da dove ha esteso il proprio areale in buona parte della pianura padana. Successivamente è stata introdotta, accidentalmente o per motivi di allevamento commerciale, anche nell’Italia centrale e meridionale, e indagini recenti ne hanno confermato la presenza in Toscana, Lazio, Campania e Basilicata. A causa della sua voracità, la rana toro rappresenta una minaccia per le popolazioni di anfibi e autoctoni. Inoltre può contribuire alla diffusione della chitridiomicosi, un’infezione fungina che provoca una mortalità molto elevata nelle popolazioni di anfibi. In questo lavoro abbiamo esaminato la presenza della rana toro nelle collezioni museali italiane. Lo studio è stato condotto analizzando i dati presenti in letteratura e contattando i curatori dei singoli musei. Abbiamo riscontrato esemplari di L. catesbeianus (sia catturati in Italia sia di provenienza nordamericana) in numerose collezioni museali. Generalmente la rana toro è presente nei grandi musei metropolitani, comprendenti ingenti collezioni di specie esotiche, ma anche alcuni musei “minori” ospitano esemplari di questa specie. La presenza della rana toro in diverse collezioni museali italiane riveste un interesse particolare per lo studio di una specie aliena con un alto potenziale d’invasività. Parole chiave Rana toro, specie invasive, collezioni erpetologiche, anfibi, chitridiomicosi
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26 -‐ Le collezioni crittogamiche dell’Herbarium Universitatis Taurinensis: riscoperta, valore
storico e valorizzazione scientifica Deborah Isocrono1, Laura Guglielmone2, Guglielmo Pandolfo2, Rosanna Piervittori2 1Dipartimento di Scienze Agrarie Forestali e Alimentari, Università degli Studi di Torino. E-‐mail: [email protected] 2Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, Università degli Studi di Torino. L’Herbarium Universitatis Taurinensis (TO) conta oltre 120.000 exsiccata crittogamici (Musci, Hepaticae, Lichenes, Algae e Fungi), raccolti a partire dalla fine del Seicento. Il nucleo principale costituisce la Sezione Crittogamica; il restante materiale è parte di diverse collezioni chiuse di notevole valore storico e/o territoriale, come ad esempio gli erbari di Hill, Allioni, Bellardi, Moris, le raccolte di S.A.R. Luigi Amedeo di Savoia Duca degli Abruzzi. La Sezione è sorta intorno al 1891 per volontà di Giuseppe Gibelli che fece confluire i diversi campioni in cinque collezioni, ordinandoli secondo un criterio sistematico e alfabetico (collezioni intercalate). Questa operazione, se da un lato facilitò la consultazione, dall’altro distrusse l’unitarietà delle singole collezioni rendendo assai complessa persino la loro individuazione. I materiali crittogamici, a differenza di quelli fanerogamici, non sono stati indagati, se si eccettuano sporadici cenni relativi a singole collezioni licheniche e briologiche. Il presente contributo illustra i risultati di un progetto, avviato nel 2012, volto a censimento, informatizzazione e valorizzazione della componente crittogamica non vascolare della sede torinese. Le collezioni in TO rappresentano in molti casi degli unicum (es. gli erbari di Allioni, Anzi, Balbis, Carestia), i cui campioni sono stati fondamentale riferimento per gli studi crittogamologici ottocenteschi. I numerosi campioni typus presenti in diverse collezioni costituiscono una ricchezza inestimabile dal punto di vista scientifico ma, ad oggi solo in minima parte valorizzato (si stima che meno del 10% di questo materiale sia stato utilizzato). Obiettivo prioritario del progetto è pertanto il riconoscimento e la rivalutazione del materiale tipico. Parole chiave Erbari, Università di Torino, crittogame, typus
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27 -‐ Nuovi approcci per lo studio di fossili di Vertebrati nelle collezioni storiche
Daniela Minelli1, Roberto Zorzin2, Federico Fanti1 1Museo di Anatomia Comparata, Museo Geologico G. Capellini, Sistema Museale di Ateneo, Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali, Università di Bologna. E-‐mail: [email protected] 2Museo Civico di Storia Naturale di Verona. L’importanza delle Collezioni Storiche è spesso sottovalutata nel contesto della ricerca scientifica: dovute cautele nella tutela e valore educativo limitano l’utilizzo dei reperti. Studi condotti sugli Elasmobranchi Eocenici della collezione ottocentesca di Bolca del Museo G. Capellini dell’Università di Bologna ci ha permesso di unire tutela e ricerca scientifica. In particolare abbiamo esaminato lo squalo Galeorhinus cuvieri e due esemplari di razze classificate come Platyrhina bolcensis. Le lastre, non trattate con resine vegetali, hanno consentito uno studio dettagliato dei fossili. L’analisi con luce ultravioletta ha permesso di mappare accuratamente malte, pigmenti, supporti e ricostruzioni sui reperti discriminando le parti originali; oltre a rivelare la morfologia dello scheletro degli individui in perfetto stato di conservazione (cranio, pinne, pterigopodi, coda, aculei) ha permesso anche di identificare diversi tessuti molli (encefalo, branchie, intestino, gonadi). Analisi al SEM di microcampioni, analisi tomografiche con strumentazioni non invasive hanno rivelato nei dettagli una dozzina di tessuti diversi anche di organi interni. I dati raccolti ci hanno permesso di stabilire con certezza l’attribuzione dei fossili ai generi Galeorhinus (giovane maschio), Platyrhina (maschio) e al genere Dasyatis (femmina con uova). Il confronto mediante analisi morfologiche comparative con taxa attuali consente di valutare modo, tempo dell’evoluzione, distribuzione geografica di queste forme e di integrare i risultati con i dati disponibili sul giacimento fossile e il suo contesto paleoecologico e paleoclimatico. L'approccio interdisciplinare geo-‐biologico conferma i risultati attesi e fornisce una solida base per una più completa conoscenza della biologia evoluzionistica.
Parole chiave Museo Capellini, fossili, Elasmobranchi, Bolca
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28 -‐ La classificazione delle meteoriti in conto terzi come veicolo efficace per l’incremento
patrimoniale e per la valorizzazione scientifica delle collezioni dei musei naturalistici Vanni Moggi Cecchi1, Giovanni Pratesi1, Marco Morelli2 , Stefano Caporali3 1Firenze. E-‐mail: [email protected], [email protected] 2Prato. E-‐mail: [email protected] 3Firenze. E-‐mail: [email protected] L’attività di classificazione delle meteoriti di recente rinvenimento è disciplinata da regole precise elaborate dalla Meteoritical Society, che prevedono lo svolgimento di analisi accurate sul materiale, condotte sia con tecniche tradizionali che innovative. I risultati delle analisi devono essere riassunti in un report che viene inviato al Nomenclature Committee della società che, in caso positivo, decreta l’approvazione del reperto come nuova meteorite, assegnandogli un nome ufficiale. Uno dei requisiti base di tale attività è che, anche nel caso in cui l’attività venga svolta per conto del detentore dell’intera meteorite o della sua massa principale (main mass), un’aliquota del materiale analizzato (type specimen, olotipo) deve essere detenuta permanentemente presso l’ente che effettua la classificazione, che a sua volta, deve essere ufficialmente certificato come “repository”, cioè possedere requisiti di affidabilità scientifica e dare garanzie in merito alla conservazione del materiale tipo. Vengono pertanto presentati i risultati ottenuti, dal 2002 ad oggi, dall’attività di classificazione delle meteoriti svolta, in conto terzi, presso il Museo di Scienze Planetarie della Provincia di Prato e, successivamente, presso il Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze sia in termini di valorizzazione economica del patrimonio delle collezioni che in termini di valorizzazione scientifica dei musei. Da tale attività hanno preso infatti spunto numerose ricerche su nuovi esemplari di meteoriti anomale o comunque rare che hanno permesso di ampliare le conoscenze in questo settore di studi e di incrementare la visibilità presso la comunità scientifica delle istituzioni coinvolte. Parole chiave Meteoriti, classificazione, type specimen, nomenclatura, repository
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29 -‐ Collezione di microrganismi di interesse enologico
Enrico Vaudano, Antonella Costantini, Francesca Doria, Emilia Garcia-‐Moruno Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria-‐ Centro di ricerca per l’enologia (CRA-‐ENO), Asti. E-‐mail: [email protected] La composizione e la qualità del vino sono influenzate da innumerevoli variabili, molte delle quali sono mediate da microrganismi. Un ruolo preminente viene svolto dai lieviti, in particolare Saccharomyces cerevisiae, che conducono la fermentazione alcolica, e dai batteri lattici, che effettuano la fermentazione malolattica. La necessità di mantenere in vita i microrganismi per studiarli o utilizzarli in tempi successivi ha costituito argomento di interesse già dalla metà dell’Ottocento. Con lo sviluppo delle tecniche di coltivazione in purezza su substrati artificiali si è arrivati a conseguire l’isolamento dei microrganismi e il loro mantenimento come ceppi individuali. Grazie a questo traguardo iniziarono a sorgere le collezioni di microrganismi. La collezione di lieviti e batteri di interesse enologico del Centro di Ricerca per l’Enologia di Asti (CREA), ha raccolto, in 40 anni di attività, più di un migliaio di ceppi di lievito e centinaia di ceppi batterici attraverso l’isolamento da uve, mosti e vini. Negli anni le tecniche di identificazione e caratterizzazione tassonomica hanno visto notevoli progressi, grazie alle metodologie di analisi basate sul DNA. Tali metodi molecolari permettono di caratterizzare i microorganismi sia a livello di specie che di ceppo e possono essere utilizzati per un ampio spettro di obiettivi che vanno a valutare determinate caratteristiche dei microorganismi presenti in collezione. Le collezioni consentono di disporre di fonti di variabilità genetica di sicura caratterizzazione in quanto preventivamente identificate e studiate a livello morfo-‐funzionale. Pertanto, la conservazione dei microrganismi in queste collezioni ha l’obiettivo di fornire materiale biologicamente attivo, fenotipicamente e/o genotipicamente caratterizzato, sul quale fondare le attività di ricerca. Parole chiave Vino, lieviti, batteri
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30 -‐ “Il Museo in tasca”: una app per scoprire le collezioni naturalistiche dei Fisiocritici tramite
dispositivi mobili Andrea Benocci1, Giuseppe Manganelli1, Chiara Bratto2, Valentina Lusini3, Elisa Bruttini3 1Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente, Università degli Studi di Siena, Museo di Storia Naturale dell’Accademia dei Fisiocritici di Siena. E-‐mail: [email protected] 2Accademia dei Fisiocritici di Siena. 3Fondazione Musei Senesi. La app “Il Museo in tasca” è un’applicazione gratuita per smartphone e tablet ideata da Fondazione Musei Senesi per incrementare l’accessibilità di sei musei della provincia di Siena. L’Accademia dei Fisiocritici, che partecipa col suo Museo di Storia Naturale, ne ha concluso per prima la realizzazione e, in occasione della Notte dei Ricercatori 2015, ha effettuato una visita animata dimostrativa per far conoscere al pubblico le sue collezioni attraverso questa sorta di guida tascabile. Si tratta di uno strumento utile non solo per programmare una visita, ma soprattutto per destreggiarsi fra i suoi numerosi e antichi locali e per scoprire di più sui reperti esposti dato che le informazioni contenute nelle vetrine sono estremamente limitate: l'ostensione di tipo ottocentesco, che il Museo ha scelto di mantenere, presenta infatti reperti affollati nei ripiani espositivi, con indubbio fascino ma scarsa possibilità illustrativa. La app si articola in quattro sezioni: la sezione “Museo” descrive la sede ed elenca i locali espositivi che la compongono; la sezione “Temi” individua le principali aree tematiche trattate (geologia e paleontologia, zoologia e anatomia), fornendo indicazioni generali sulla natura e l’origine delle collezioni presenti e sui criteri espositivi; la sezione “Oggetti” analizza più dettagliatamente le raccolte, fornendo informazioni come la consistenza, la tipologia e l’area di provenienza dei pezzi; la sezione “Territori” descrive infine alcune località da cui provengono importanti reperti o collezioni: affioramenti fossiliferi, distretti minerari o aree di grande valore faunistico. Ogni sezione contiene schede di testo (disponibili anche in inglese, mandarino e linguaggio dei segni), gallerie fotografiche e filmati appositamente realizzati. Parole chiave Visita virtuale, app, comunicazione, divulgazione
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31 -‐ Collezioni scientifiche “inside out”
Milena Bertacchini Museo Universitario Gemma 1786, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena. E-‐mail: [email protected] Stupore, curiosità, ammirazione, coinvolgimento emotivo, condivisione di saperi ed esperienze, piacere di scoprire ed apprendere, sono solo alcuni dei processi cognitivi ed emozionali che l’impiego di collezioni scientifiche nella realizzazione di attività museali sono in grado di suscitare e stimolare nelle diverse tipologie di pubblico. L’esperienza sviluppata a Modena con la mostra dal titolo Cristalli ai raggi X ha potuto mostrare l’importanza cruciale delle collezioni scientifiche quale strumento e motore di comunicazione, di formazione e di socializzazione. La mostra, che si è tenuta a Modena dal 24 gennaio al 29 marzo 2015, è stata realizzata con l’intento di raccontare i cristalli in modo ampio ed accurato ed illustrare al più vasto pubblico di scuole e cittadini in quale mondo di cristalli viviamo. Il progetto espositivo si è articolato in quattro sezioni che hanno offerto al visitatore un viaggio attraverso il tempo e la materia per scoprire come i cristalli entrino nella storia, nell’arte, nella moda, nella medicina, nella cucina e nelle nuove tecnologie e svelando passo passo quanto la cristallografia pervada la nostra vita quotidiana. L’intera durata della mostra è stata accompagnata da una cinquantina di eventi collaterali che con conferenze, incontri, degustazioni, visite guidate e laboratori hanno affrontato vari dei tanti argomenti trattati all’interno del percorso espositivo costruito con le collezioni del Museo Gemma 1786 dell’Università di Modena e Reggio Emilia. È attraverso queste collezioni che sono state proposte attività e momenti di approfondimento che hanno trasformato il percorso espositivo in uno spazio dinamico di dialogo, di divertimento e di partecipazione per visitatori di tutte le età, dal nido ai gruppi di anziani, di tutti gli interessi, in situazione di disagio e disabilità. Parole chiave Collezioni scientifiche, attività museali, comunicazione, formazione, socializzazione
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32 -‐ “FACCE. I molti volti della storia umana”: una mostra che racconta
Luca Bezzi1, Nicola Carrara2, Telmo Pievani3, Cinzia Scaggion2, Emma Varotto2 1Arc-‐Team, Cles (TN). 2Museo di Antropologia dell’Università di Padova. E-‐mail: [email protected] 3Dipartimento di Biologia, Università degli Studi di Padova. Che cosa proveremmo se affascinanti visi del passato potessero essere riportati alla luce e ricostruiti nello loro reali fattezze? Guardare negli occhi i nostri antenati fossili, Sant’Antonio, il sommo poeta Francesco Petrarca, ma anche il grande anatomista e patologo Gianbattista Morgagni, o persino un sacerdote egizio di epoca tolemaica: oggi è possibile grazie alla ricerca scientifica e alle tecnologia della Computer Vision e della Realtà Aumentata. I visi -‐ umani e dei nostri antenati -‐ sono i protagonisti e, al tempo stesso, il filo conduttore della mostra “FACCE. I molti volti della storia umana” (14 febbraio -‐ 13 dicembre 2015, sale espositive del Centro di Ateneo per i Musei all’Orto Botanico di Padova). I visi, infatti, sono la relazione tra noi e il mondo: riconosciamo, veniamo riconosciuti, ci riconosciamo grazie ad essi. I visi, molto spesso, dicono chi siamo, da dove veniamo e come stiamo. I visi sono come pagine di libro che raccontano storie. Nel percorso della mostra, specifiche scelte di linguaggi e metalinguaggi – nei testi, nelle immagini, nelle soluzioni allestitive e negli exhibit – vogliono accompagnare il visitatore in una visita unica e personalizzata e in un’esperienza che non si limiti al semplice apprendimento di nuove nozioni ma che, dati i temi presentati, arrivi al suo coinvolgimento emotivo. Parole chiave Mostra temporanea, ricostruzioni facciali forensi, computer vision e realtà aumentata, linguaggi e metalinguaggi museografici
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33 -‐ Entomologia in un clic: didattica multimediale
Matteo Bisanti, Andrea Gambarelli, Rita Maramaldo, Ciro Tepedino, Aurora Pederzoli Università di Modena e Reggio Emilia, Modena. E-‐mail [email protected] Dal 2009 il Museo di Zoologia e Anatomia Comparata (MZAC) dell'Università di Modena e Reggio Emilia, in collaborazione con KeyToNature, ha avviato un progetto di promozione della collezione entomologica finalizzato alla identificazione degli insetti. KeyToNature è un progetto europeo coordinato dall'Università di Trieste che crea strumenti innovativi per l'identificazione di piante, animali e funghi. Sono state create chiavi dicotomiche digitali espressamente strutturate per poter essere utilizzate da chiunque, anche da bambini in fase prescolare. Le chiavi sono costitute da brevi righe di testo che descrivono i caratteri da osservare accompagnate da immagini specifiche delle parti anatomiche in questione o da disegni esplicativi che le rendono facili da comprendere. In particolare il MZAC ha prodotto una chiave (MZAC 2.0) utilizzando fotografie di insetti della propria collezione, di donazioni e di collezioni di altri musei. La chiave, sottoposta a numerosi test, viene attualmente utilizzata su supporto tablet in almeno cinque differenti laboratori didattici e in eventi rivolti alla cittadinanza come aperture straordinarie del museo, fiere entomologiche (EntoModena) e mostre a tema. Il progetto, oltre ad avvicinare giovani e adulti al mondo degli insetti e in generale a far apprezzare la biodiversità, si prefigge l’obiettivo di far conoscere il Museo, attirando pubblico durante le aperture, e di proporre alle scuole laboratori didattici sempre diversi. Sono stati anche sottoposti ai visitatori questionari sulla qualità dell'attività. L'analisi dei dati fa parte di una tesi di dottorato dal titolo "Strumenti digitali mobili nei musei scientifici: ricerca, progettazione e analisi in tre casi di studio" della Scuola Earth System Sciences dell'Università di Modena e Reggio Emilia. Parole chiave Entomologia, chiavi dicotomiche, didattica, tablet, nuove tecnologie
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34 -‐ La lavorazione e l’approvvigionamento dell’ossidiana durante il Neolitico nell’isola di
Capri: l’avvincente racconto che emerge dallo studio della Collezione Cerio del Museo di Antropologia Lucia Borrelli1, Daniele Moscone2, Giovanni Paternoster3 1Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche, Università di Napoli Federico II. E-‐mail: [email protected] 2Sapienza-‐Università di Roma. 3INFN-‐CHNet, Università di Napoli Federico II. Al Museo di Antropologia del Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche è in corso una interessante ricerca storico-‐scientifica interdisciplinare sulla Collezione Cerio costituita da 2889 manufatti litici per lo più in ossidiana ascrivibili al Neolitico e rinvenuti nella seconda metà dell’Ottocento a Capri in località Le Parate. Il recupero e lo studio delle fonti bibliografiche e dei documenti di archivio hanno consentito di ricostruire gli studi archeologici effettuati a Capri da Ignazio Cerio, autore del rinvenimento dei reperti; la nascita dei rapporti scientifici tra questi e Giustiniano Nicolucci, direttore del Museo di Antropologia; i tempi e le modalità di acquisizione dei reperti da parte del Museo. E’ stata effettuata anche una moderna ricognizione della Collezione che ha previsto la più idonea conservazione di tutti i campioni e la catalogazione cartacea ed informatizzata degli stessi. L’elevata quantità di reperti rinvenuti a Le Parate indusse Cerio e Nicolucci a considerare il sito un’officina neolitica per la lavorazione dell’ossidiana, che, non essendo presente sull’isola, veniva certamente importata, probabilmente dalla vicina Procida, da Palmarola o dalle più lontane Eolie. Lo studio dei metodi di lavorazione dell’ossidiana e delle dinamiche di approvvigionamento di questo prezioso vetro vulcanico fra l’isola di Capri e l’Italia tirrenica centro-‐meridionale, durante il Neolitico, è ancora oggi un argomento al centro di interessanti dibattiti. In questo ambito, si inquadra l’analisi tecno-‐tipologica condotta su un campione rappresentativo della Collezione che ha messo in evidenza la prevalente produzione nel sito di strumenti microlitici laminari, ottenuti mediante le tecniche di percussione diretta e di scheggiatura per pressione. Indagini archeometriche preliminari, realizzate su reperti-‐campione con la tecnologia portatile XRF (X-‐Ray Fluorescence), hanno confermato la provenienza dell’ossidiana da Palmarola e da Lipari. Grazie ai risultati di questa ricerca e all’esposizione dei reperti più significativi della Collezione si potrà raccontare al pubblico del Museo il ruolo che l’isola di Capri, per la sua posizione strategica nel Mediterraneo, ha avuto nelle antiche rotte marittime legate al commercio dell’ossidiana e nella lavorazione di questa ricercata roccia che ha favorito la nascita di rapporti economici, sociali e culturali tra le comunità neolitiche capresi e quelle di altre aree del Mediterraneo. Parole chiave Ricerca storico-‐scientifica, reperti museali, esposizione
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35 -‐ Il mondo delle palme: spunti didattici dai campioni della carpoteca storica dell’Orto
botanico di Modena Giovanna Bosi, Giovanna Barbieri, Daniele Bertoni, Fabrizio Buldrini, Simona Rinaldi, Daniele Dallai Orto Botanico, Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia. E-‐mail: [email protected] Prosegue il lavoro di revisione sugli oltre mille campioni della Carpoteca Storica dell’Orto Botanico di Modena. Dopo i reperti di Gimnosperme, sono stati affrontati quelli delle Monocotiledoni, risultati circa 1/7 della collezione, afferenti a 21 diverse famiglie attuali. La famiglia con il maggior numero di campioni nella Carpoteca (51 -‐ circa 1/3 delle Monocotiledoni) è quella delle Arecaceae ( “Palmae”), riconducibili a 36 taxa. È stato interessante notare che i taxa presenti avevano zone d’origine che coprivano l’intero globo terrestre: Africa (7), Africa/Asia (1), Asia (9), Bacino del Mediterraneo (tra cui Italia – 1), America (12), Australia/Nuova Zelanda (5). Tenendo conto della grande importanza economica ed etnobotanica di tante palme e di molti aspetti botanici curiosi ad esse legati, si è pensato di strutturare un itinerario interdisciplinare a loro dedicato, rivolto alla scuola primaria. L’itinerario, da svolgere all’Orto e in classe, è supportato da oltre 20 schede e un gioco didattico. I reperti della famiglia delle Arecaceae hanno trovato collocazione nelle vetrine dell’Aula Storica, in una mostra semi-‐permanente funzionale al percorso stesso. Parole chiave Carpoteca storica, Modena, Monocotiledoni, Arecaceae, didattica extrauniversitaria
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36 -‐ Il ruolo della didattica nella valorizzazione delle collezioni museali non esposte al pubblico
nel Museo di Storia Naturale di Firenze Filippo Ceccolini, Sylvia Di Marco, Emanuele Paggetti, Annalisa Paglianti, Lucia Pizzocaro, Francesca Bigoni Museo di Storia Naturale dell’Università degli Studi di Firenze. Associazione Culturale Tethys. E-‐mail: [email protected] Con i suoi 8 milioni di reperti, il Museo di Storia Naturale di Firenze possiede le collezioni naturalistiche più vaste d’Italia ed ha assunto un ruolo di ancor maggiore importanza nel contesto dei beni culturali in seguito al D. Lgs. del 22 gennaio 2004, n. 42 recante il "Codice dei beni culturali e del paesaggio". L’enorme rilevanza che il Museo ha avuto nei confronti della cittadinanza si è riscontrata sin dalla sua fondazione nel 1775, quando il Granduca Pietro Leopoldo mise a disposizione le proprie collezioni personali affinché fossero visibili a tutti, sposando l’ideale illuministico di acculturazione popolare. Tramite un progetto pilota denominato “Dietro le quinte”, è stato pensato di valorizzare tale ingente patrimonio attraverso la fruizione di collezioni normalmente non aperte al pubblico, che possono avvicinare le persone alla realtà museale, creando un rapporto inclusivo tra cittadino e istituzione. Dato il suo peculiare contesto storico-‐culturale, il Museo di Firenze ben si presta ad un approccio multidisciplinare; dalle collezioni medicee a personaggi coinvolti in ruoli fondamentali del Risorgimento, gli aspetti artistici e storici delle collezioni infatti si intrecciano con quelli scientifici, creando un contesto culturale in grado di catalizzare l’interesse di un pubblico estremamente eterogeneo. La conoscenza di queste collezioni consente ai visitatori di scoprire ambienti culturali e personaggi ad essi legati, che non potrebbero essere colti tramite la sola parte espositiva. In questo contesto diviene fondamentale la presenza di operatori che, vivendo quotidianamente il Museo, siano in grado di far interagire il pubblico con tutti gli aspetti insiti nel Museo stesso, comunicando tramite la didattica anche le attività di conservazione e ricerca. Parole chiave Museologia, collezioni scientifiche, divulgazione
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37 -‐ Collezioni museali fra natura, storia e cultura: una collaborazione fra l'Orto botanico di
Modena e la Riserva naturale regionale delle Salse di Nirano Daniele Dallai¹, Fabrizio Buldrini¹, Giovanna Barbieri¹, Giovanna Bosi¹, Marzia Conventi², Christian Rebecchi³ ¹Orto Botanico, Dipartimento di Scienze della Vita, Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Modena. E-‐mail: [email protected] ²Riserva Naturale Regionale delle Salse di Nirano, Comune di Fiorano Modenese. ³Libero Professionista. L’Orto Botanico Universitario di Modena, nato come Giardino dei Semplici nel 1758 per volontà di Francesco III d’Este, vanta oggi ricche collezioni botaniche, tuttora impiegate nella ricerca, nella didattica e nella divulgazione scientifica. La Riserva Naturale Regionale delle Salse di Nirano, sita alle falde dell’Appennino Modenese, è la prima riserva istituita in Regione Emilia-‐Romagna, nata nel 1982 a tutela di un complesso di salse fra i piú grandi d’Italia e d’Europa, frequentata da 70.000 visitatori ogni anno. La Riserva ha un museo naturalistico ornitologico con laboratorio scientifico e strumenti didattici interattivi, e un museo delle tradizioni contadine, dedicato al territorio locale. Nell’ambito della trentennale collaborazione fra la Riserva e l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, il progetto in corso si pone l’obiettivo di realizzare percorsi “tra collezioni e territorio” valorizzando congiuntamente le collezioni museali dell’Orto Botanico e della Riserva come strumento di conoscenza, divulgazione e sensibilizzazione sui temi della conservazione biologica e della memoria storica locale. Un percorso didattico recente è dedicato alle specie alofile che vivono in prossimità dei coni lutivomi. Puccinellia fasciculata (Torr.) Bicknell, specie tipica di spiagge e dune costiere, che a Nirano rappresenta l’unica stazione d’entroterra nella Rete Natura 2000 e la cui abbondante presenza intorno ai coni motivò l’istituzione della Riserva stessa, assume il significato di specie-‐bandiera ed è meritevole di approfondimenti scientifici che opportunamente veicolati al pubblico fanno comprendere da un lato la necessità di tutela integrale dell’area e dall’altro consolidano una gestione partecipata della Riserva nelle sue attività di conservazione biologica. Parole chiave Collezioni scientifiche, territorio locale, Orto botanico Modena, Salse di Nirano
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38 -‐ Piccoli naturalisti in erba
Alessia Fazio1, Antonietta Di Fabrizio1, Maria Iacovozzi2, Assunta Paolucci1, Maria Del Cimmuto1, Mariangela Sciubba1, Luigi Capasso1 1Museo Universitario dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti -‐ Pescara, Chieti. E-‐mail: [email protected] 2Istituto Comprensivo Statale "Galileo Galilei", Sambuceto (Chieti). Nell’anno a.s. 2014-‐2015, il Museo universitario di Chieti ha collaborato con le insegnanti e gli alunni della classe II C della Scuola Primaria “Largo Wojtyla” di Sambuceto (CH) per la realizzazione del Progetto “Piccoli naturalisti in erba”. Il nostro Museo possiede un’interessante collezione botanica, costituita da erbari ottocenteschi che illustrano la flora caratteristica della collina di Chieti e in generale dell’Abruzzo. Una serie di legni, di modelli anatomici e di campioni di frutti, di semi e di funghi completano questa straordinaria ed unica raccolta. Utilizzando questi materiali si è voluto sviluppare il gusto della ricerca negli alunni attraverso l’osservazione e l’analisi della flora presenti sul territorio. In tal modo i bambini hanno continuato a fruire le collezioni museali in maniera attiva e coinvolgente e le insegnanti hanno impiegato il museo come utile strumento didattico. La struttura museale può essere, infatti, un luogo privilegiato di apprendimento in cui poter fare esperienza dei reperti con il supporto di personale specializzato. A differenza della maggior parte delle risorse educative utilizzate a scuola, l'oggetto del museo è reale, possiede un'aura di autenticità, affascina e, talvolta, può essere anche toccato. L'incontro con reperti originali può essere la base su cui costruire domande e sollecitare processi di problem-‐solving o riflessioni su argomenti che i bambini hanno già affrontato, aprire nuovi scenari, suscitare meraviglia, interesse e curiosità, confrontando le informazioni e magari giungendo a nuove conclusioni. Il museo ha, infatti, un forte potere nel sollecitare l'apprendimento attraverso la scoperta essendo un contesto ricco e complesso, che favorisce non solo lo sviluppo cognitivo del bambino, ma anche quello affettivo e sociale. Parole chiave Museo, collezioni, didattica
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39 -‐ Il Museo testimone di biodiversità attuale e passata
Andrea Gambarelli, Rita Maramaldo, Ciro Tepedino, Aurora Pederzoli, Maria Agnese Sabatini, Lucrezia Mola Università di Modena e Reggio Emilia, Modena. E-‐mail: [email protected] La nascita del Museo di Zoologia ed Anatomia Comparata dell’Università di Modena e Reggio Emilia risale al 1776 e si deve al Duca Francesco III d’Este. Le collezioni si sono arricchite a più riprese per numero, varietà ed importanza fino agli inizi del 1900, periodo di massima espansione del Museo. Tra di esse va annoverata una importante collezione riguardante la “fauna modenese”, curata da Antonio Carruccio e inaugurata nel 1880, che rappresenta il primo esempio provinciale di conservazione di vertebrati locali per la regione Emilia. La collezione annovera centinaia di interessanti esemplari di vertebrati naturalizzati, un centinaio di piccoli diorami raffiguranti mammiferi e altrettanti rappresentanti uccelli in nidificazioni. Alcuni esemplari di questa collezione appartengono a specie ora estinte nel territorio modenese (lontra, grifone e lupo). Nell’ambito del Museo vengono realizzate iniziative didattiche innovative, con percorsi tematici molto apprezzati da studenti e docenti delle scuole di ogni ordine e grado e richiesti ogni anno da oltre 90 scolaresche. Alcuni di questi percorsi sono incentrati sulla collezione di reperti modenesi e hanno lo scopo di far conoscere gli animali che vivono intorno a noi, in particolare la biodiversità dei nostri boschi, delle zone umide e dei giardini delle nostre case. Durante tali percorsi, attraverso attività ludiche e laboratori, gli alunni imparano a conoscere gli animali del territorio. La collezione viene anche utilizzata per laboratori didattici durante le aperture straordinarie che il Museo offre alla cittadinanza ed è stata protagonista nell’allestimento di una mostra tenuta a Modena dal titolo “Educare a pensare” (novembre 2012-‐gennaio 2013) dedicata al maestro Alberto Manzi e visitata da oltre 15000 persone. Parole chiave Zoologia, fauna modenese, didattica, collezioni museali
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40 -‐ Dalla collezione di pietre ornamentali del Museo Regionale di Scienze Naturali a
Tourinstones, un’applicazione per la valorizzazione geoturistica di Torino, città di pietra Francesca Gambino1, Alessandro Borghi1, Lorenzo Mariano Gallo2 1Dipartimento di Scienze della Terra, Università degli Studi di Torino. E-‐mail: [email protected] 2Museo Regionale di Scienze Naturali, Sezione di mineralogia, petrografia e geologia, Torino. TourInStones è un itinerario geoturistico online a spot dedicato ai luoghi di importanza culturale del centro di Torino in cui sono evidenziati i materiali lapidei costitutivi degli edifici e dei monumenti storici della città. L’itinerario è costituito di 19 siti, rappresentati da edifici sacri e civili e da vie porticate, per ciascuno dei quali è riportata una breve descrizione storico-‐architettonica e una sintesi dei caratteri di una della pietre da costruzione impiegate di maggior rilevanza. La collezione di pietre ornamentali del Museo Regionale di Scienze Naturali è stata utilizzata come base di confronto per lo studio macro-‐ e microscopico delle varie litologie dei monumenti. Il percorso, realizzato nell’ambito del progetto PROGEO, cofinanziato dalla Fondazione Compagnia di San Paolo e dall’Università di Torino, è consultabile sul sito www.progeopiemonte.it . Questo itinerario sarà prossimamente anche oggetto di un’applicazione per smartphone e tablet denominata TOURINSTONES, la cui realizzazione è attualmente in corso di allestimento. Paole chiave Beni Culturali, pietre ornamentali, applicazioni multimediali, Torino
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41 -‐ Le piante alimentari conservate nell’Erbario dell’Università di Torino. Un percorso
divulgativo dalle collezioni storiche ai temi di EXPO 2015 Laura Guglielmone1, Deborah Isocrono2 1Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, Università degli Studi di Torino E-‐mail: [email protected] 2Dipartimento di Scienze Agrarie Forestali e Alimentari, Università degli Studi di Torino. Le collezioni d’erbario, oltre ad essere un indispensabile strumento per la ricerca scientifica, nella loro funzione di beni culturali sono preziosi archivi di conoscenza che attestano nel tempo le diverse fasi degli studi botanici, inquadrandole in un preciso contesto storico e sociale. L’Esposizione Universale EXPO Milano 2015 “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”, focalizzata sulle tematiche relative all’alimentazione, ha evidenziato il ruolo fondamentale della ricerca nello sviluppo e nell’ottimizzazione delle risorse alimentari. In questa ottica l’Erbario dell’Università di Torino ha ideato, utilizzando exsiccata, tavole iconografiche e materiali d’archivio, un percorso didattico/divulgativo volto a illustrare momenti significativi delle ricerche botaniche legate all’uso e alla diffusione delle piante alimentari. Partendo dalle specie coltivate durante il Settecento nell’Orto universitario torinese, vengono descritti gli studi di nuove colture presso le Società di Agricoltura e gli Orti sperimentali piemontesi dalla prima metà dell’Ottocento fino alle importanti Esposizioni Internazionali che si tennero a Torino nel 1911 e nel 1928. I quasi due secoli di documentazione etnobotanica conservata presso la sede universitaria torinese sono anche uno strumento per accrescere la consapevolezza circa l’importanza degli erbari. Tra le finalità dell’iniziativa vi è infatti la sensibilizzazione del pubblico non specialista nei confronti della valorizzazione e della tutela di questi reperti in quanto patrimonio della collettività. In tal senso parte di questo percorso è stato proposto per immagini nel ciclo di seminari divulgativi previsti dal progetto “Agorà a Torino” nell’ambito delle iniziative EXTO, corollario di eventi EXPO 2015 al di fuori della sede milanese. Parole chiave Collezioni d’erbario, piante alimentari, Erbario TO
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42 -‐ Museobus: saperi in movimento
Simona Guioli, Isaac Manelli, Camilla Risi Civico Museo di Scienze naturali “G. Orlandi”, Voghera (PV). E-‐mail: [email protected] A partire dalla Comunità Europea, per arrivare alle Regioni, sono parecchi i riferimenti legislativi che illustrano linee guida per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale sia esso materiale o immateriale; in particolare la convenzione di Faro offre parecchi spunti. Indicazioni normative ben definite da una parte e conoscenza del territorio locale capillare dall’altra, offrono le basi per quanto si andrà a descrivere. La realtà rurale dell’Oltrepò Pavese dà enormi spunti culturali soprattutto legati alla tradizione immateriale, antichi saperi custoditi soprattutto dagli anziani. Reperti e documenti completano il tutto. Essi sono conservati Musei formalmente istituiti e riconosciuti a livello almeno regionale o in semplici collezioni private o pubbliche molto spesso nemmeno aperte al pubblico. Inoltre questo territorio è caratterizzato da un invecchiamento generalizzato della popolazione e a un forte grado di spopolamento dell’area montana e collinare; fatto che non crea certo le condizioni ideali affinché avvenga una generalizzata frequentazione di queste realtà museali, troppo spesso associate al solo pubblico scolastico. Con queste premesse nasce quindi l’idea del cosiddetto MUSEOBUS, un tramite tra museo e popolazione, un veicolo di cultura e un ponte di collegamento tra chi la natura, la storia o le memorie le vive quotidianamente, conservandole dentro di sé, e chi ha il ruolo istituzionale di preservarle e valorizzarle. L’idea quindi di allestire un furgone e portare a contatto con varie realtà sociali quanto di materiale (e immateriale) il nostro territorio conserva sembra sia un modo innovativo per avvicinare i centri urbani più grandi alle realtà più disperse nel territorio, così come un modo per raccogliere saperi e reperti dispersi sul territorio e che forse andrebbero perduti. Parole chiave Beni materiali e immateriali, collezioni, territorio
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43 -‐ Museo di Fisica dell'Università di Torino: la collezione di strumenti e didattica
Ciro Marino, Alberta Marzari Chiesa, Taj Mohammad Museo di Fisica Dipartimento di Fisica Università di Torino. E-‐mail: [email protected] Il Museo di Fisica recupera e conserva il patrimonio di strumenti scientifici usati negli studi in Fisica nell’Università di Torino dalla metà del Settecento. La collezione è di oltre un migliaio di oggetti. L'esposizione degli strumenti scientifici è organizzata nell'edificio storico del Dipartimento di Fisica in 43 vetrine ubicate nei corridoi del piano terra e del primo piano e nella Sala Wataghin. Gli strumenti esposti sono rappresentativi delle diverse aree della fisica: -‐ classica, meccanica, elettricità e magnetismo, ottica, termologia. acustica e meteorologia; -‐ moderna, radioattività e fisica nucleare. Nell'ambito delle attività del Museo sono stati realizzati laboratori didattici con percorsi storici e ricostruzione degli esperimenti originali, rivolti a studenti delle scuole secondarie e, su richiesta, alle persone interessate alla conoscenza dello sviluppo storico della Fisica. Ogni laboratorio prevede una visita al museo, della durata di circa un’ora e mezza, ed una parte pratica della stessa durata. Le esperienze prevedono l'uso di strumentazione originale, se funzionante e non danneggiabile. Quando non è possibile utilizzare lo strumento storico o l'uso risulta molto complicato è proposta una strumentazione di epoca successiva o una ricostruzione con materiali comuni facilmente reperibili in modo che gli insegnanti e i loro allievi possano, volendo, realizzare l'esperienza in aula. Il percorso è stato realizzato con la collaborazione dell'AIF sezione di Settimo Torinese e del Dipartimento di Fisica, con la partecipazione di circa 100 studenti. Parole chiave Fisica, strumenti, didattica
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44 -‐ La collezione universitaria di Chieti: da raccolta biomedica a memoria culturale del
territorio Francesca Monza, Antonietta Di Fabrizio, Alessandro Rapinese, Luigi Capasso Museo Universitario dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti -‐ Pescara, Chieti. E-‐mail: [email protected] Il Museo Universitario di Chieti, pur avendo una storia recente, conserva un ricco patrimonio formato da una raccolta di oltre 19.000 record in continua evoluzione. L’origine dell’istituzione museale si può far risalire al 1994 in concomitanza con la progettazione del “Parco Tecnologico Regionale”. Fondato ufficialmente nel 1996 come Museo delle Scienze Biomediche, ha trovato la sua prima sede in Palazzo De Pasquale. Il primo nucleo delle collezioni era composto da materiali paleontologici, antropologici e storici legati alla storia della medicina e del popolamento concessi in prestito temporaneo illimitato dalla Soprintendenza Archeologica dell’Abruzzo. Con il tempo è però parso evidente come il tema limitasse le potenzialità dell’Istituzione e come vi fosse da parte del territorio la richiesta di un’offerta museale sempre più ampia. Il Museo universitario è così diventato il referente naturale per la conservazione del patrimonio tecnico-‐scientifico. Diverse istituzioni formative del territorio come il Liceo Classico “G. B. Vico”, fondato nel 1640 dagli Scolopi, il liceo “Isabella Gonzaga” e il Seminario Vescovile di Chieti, hanno trasferito al museo il loro patrimonio storico-‐scientifico (dal XVII al XX secolo) formato da strumentari scientifici, campioni naturalistici, preparati anatomici, libri. Nel corso di vent’anni il Museo ha raccolto -‐ tramite convenzioni, prestiti temporanei illimitati, donazioni e lasciti – una collezione che abbraccia diverse branche del sapere: dalla paleontologia, alla storia della medicina, all’antropologia, alle scienze naturali, all’arte. L’ampliarsi delle sue collezioni ha determinato modifiche d’indirizzo e ha contribuito a rendere più chiara la sua “vocazione”: il Museo ha dovuto ampliare la sua sede e ripensare al suo ruolo, passando da Museo delle Scienze Biomediche a Museo Universitario, per meglio adempiere alla “terza missione” d’ateneo. Parole chiave Musei universitari, museologia, storia del collezionismo, terza missione
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45 -‐ Cultura scientifica e valore educativo nella rete delle collezioni scientifiche dell’Università
di Palermo: comunicazione e moderne tecnologie Natale Surano, Antonella Tarantino, Massimo Midiri Sistema Museale di Ateneo, Università degli Studi di Palermo. E-‐mail: [email protected] L’Università di Palermo, da un anno, ha avviato un programma orientato a promuovere la cultura scientifica attraverso la valorizzazione dei propri musei (sei tra cui un orto botanico e un osservatorio astronomico) e delle sue numerose collezioni storico-‐scientifiche. Per promuoverne il valore educativo e favorirne la conoscenza ha realizzato, tra l’altro, un sito web dotato oltre che di esaustive informazioni e numerose fotografie, di una sezione dedicata al cosiddetto Virtual Tour. Molti scorci di interni ed esterni sono da qualche mese “visitabili virtualmente” attraverso panoramiche interattive a 360° che ruotano attraverso il mouse. Questa soluzione dallo spiccato contenuto innovativo, rappresenta un vantaggio non indifferente per ricercatori ma anche studenti e semplici curiosi che potranno visitare le strutture museali senza doversi spostare o richiedere prestiti così come da tempo non avviene nell’erbario dell’Orto Botanico, dove un terzo dei circa 350 mila exsiccata in esso conservati sono consultabili attraverso un dettagliatissime immagini online. E’, anche, in fase di attuazione uno studio che vorrebbe rendere più agevole e interessante la visita vera dei luoghi stessi: la realizzazione di un proximity visiting, una infrastruttura informatica capace di fornire notizie e approfondimenti al visitatore direttamente sul proprio smartphone o tablet in funzione del luogo preciso nel quale avviene la visita. Parole chiave Collezioni scientifiche, visita virtuale
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46 -‐ Accessibilità per tutti alla cultura
Camillo Vellano1, Tiziano Bonisoli2, Paolo Belgioioso3, Maria Sartore2 1Museo regionale di Scienze Naturali. E-‐mail: [email protected] 2Amici del Museo di Storia Naturale “Don Bosco”, Torino. 3Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. La sfida di rendere accessibile l'esperienza museale a persone disabili è stata accolta dall’Unione Italiana Ciechi, dal salesiano “Museo di Storia Naturale Don Bosco” di Torino, dall’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. In particolare, il Museo di Storia Naturale Don Bosco ad alcuni gruppi di utenti con gravi disabilità come la mancanza della vista, ha offerto la possibilità di esplorare forme e superfici di animali in tassidermia. L'abbinamento alla loro traduzione in disegni in rilievo realizzati dagli studenti dell’Accademia Albertina, ha permesso il confronto tra la percezione del dato reale tridimensionale con il corrispondente schema grafico bidimensionale. Ciò ha fornito interessanti spunti di analisi sui criteri di astrazione degli oggetti, avvalorando l’approccio sperimentale dello sforzo di traduzione dell’immagine su supporto tattile. In particolare, i partecipanti hanno potuto conoscere caratteristiche di animali come la morbidezza delle pellicce o la diversità di scaglie e squame ecc., ma anche, in altro campo, la forma e l'odore di minerali o il peso specifico di loro componenti e la consistenza delle rocce. L’esperienza tattile è stata supportata da una serie di disegni in rilievo con riproduzione di animali. Chissà che proprio dalle interazioni fra Arte, Scienza e Tecnologia si possa molto presto giungere una soluzione risolutiva che consenta a chi non vede il piacere di vivere pienamente le emozioni della Natura. Parole chiave Vista, biologia, geologia, disegni in rilievo
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