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Autostrade, continua il balletto delle proroghe 25.09.15
Dario Balotta, Marco Ponti e Giorgio Ragazzi
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Prosegue il balletto delle proroghe delle concessioni autostradali. Lo Stato rinuncia così ai proventi delle gare.
Ma non si preoccupa neanche di stabilire l’effettiva utilità delle nuove tratte che giustificano quei prolungamenti.
Tanto a pagare sono gli automobilisti, con l’aumento dei pedaggi.
Mosaico di proroghe
Dopo la lettera della Unione Europea che contestava i criteri del decreto “sblocca Italia” sulle proroghe
autostradali senza gara, nel maggio scorso il ministro delle Infrastrutture, Graziano Delrio, dichiarava: “forse è
bene fare una riflessione attenta per adeguarci alle norme comunitarie”. In realtà, il balletto dei rinnovi senza gara
sembra procedere velocemente e con la benedizione dello stesso governo; a pagare saranno come sempre gli utenti
delle autostrade.
La scorsa settimana, inaugurando l’ultimo tratto della Valdastico Sud, il ministro ha sostenuto la sua proposta-
invito alla provincia di Trento, che si è fin qui opposta, perché trovi un accordo con la Regione Veneto sul
tracciato della Valdastico Nord dal costo di oltre 2 miliardi.
Si tratta di un tassello essenziale per un mosaico di proroghe. È solo per la realizzazione del progetto Valdastico
Nord che può trovare giustificazione il prolungamento di undici anni della concessione alla “Serenissima”
Brescia-Padova (proroga che ha un valore stimato di 1,1 miliardi, calcolando il Mol degli ultimi anni,). E solo in
questo caso la concessionaria girerebbe, come da convenzione con l’Anas, 258 milioni per la realizzazione di un
tratto di 5 km di autostrada in Valtrompia, nel bresciano. Un circolo vizioso che si allunga fino alle Autovie
Venete che, scaduta la concessione, è pronta a fondersi con Serenissima per evitare la gara.
I trentini avevano sempre detto di puntare sul ferro in Valsugana e che la nuova tratta autostradale non era
necessaria, anche se nessuna analisi indipendente è nota, come sempre in Italia, né per l’autostrada né per la
ferrovia. Per superare la loro annosa opposizione alla Valdastico Nord ecco che si promette loro di prorogare
senza gara un’altra importante concessione in scadenza. Si tratta dell’Autostrada A22 del Brennero, posseduta per
il 54 per cento da enti pubblici del Trentino Alto Adige e per il 28 per cento da enti pubblici del Veneto. In
cambio del sì alla Valdastico, l’Autobrennero riceverebbe in dote trent’anni di concessione (fino al 2045) grazie
alla formula della società totalmente pubblica (in house). Al Trentino e soci pubblici basterebbe liquidare il 17 per
cento della compagine privata attualmente presente in Autobrennero.
Pagano sempre gli automobilisti
Costruire la tratta Valdastico Nord è chiaramente di grande interesse per le concessionarie, ma si tratta di un
progetto socialmente utile e in grado di ripagarsi? Se la concessionaria ha mai fatto stime di redditività, certo non
le ha rese note.
A un’interrogazione di un consigliere del Movimento 5 Stelle, il direttore generale del ministero Coletta ha
risposto per lettera che il progetto Valdastico Nord non è corredato dall’analisi costi-benefici in quanto l’opera è a
carico della Serenissima, senza oneri per lo Stato. Risposta davvero sorprendente: dell’utilità dell’opera il
ministero si disinteressa, tanto a pagare saranno comunque gli utenti. Infatti, per la concessionaria è del tutto
irrilevante che l’opera sia finanziariamente incapace di ripagarsi (cioè che il pedaggio sulla nuova tratta sia
insufficiente a coprirne i costi): il maggior costo verrà ribaltato in parte anche su chi percorre la tratta Brescia-
Padova e poi comunque, con le norme attuali, la Serenissima avrà anche il diritto di farsi rimborsare dal
subentrante a fine concessione gli investimenti realizzati e non ammortizzati. Lo Stato accetta di far pagare agli
automobilisti i costi di opere aggiuntive, non valutate né nella loro utilità né nei costi, solo per accomodare gli
interessi dei concessionari che mirano, tutti, a rinnovi senza gara, quindi al perpetuarsi di profitti ingiustificati, in
contrasto con le norme europee e contro gli interessi dello Stato stesso, che rinuncia ai proventi che deriverebbero
dalla messa a gara delle concessioni.
Un’ipotesi come quella che si delinea svuota l’assetto regolatorio delle autostrade da ogni principio di difesa degli
utenti. Non a caso, la Autorità per i trasporti, fin dalla sua legge istitutiva, non può occuparsi delle concessioni
autostradali esistenti, mentre i burocrati del ministero non hanno né la forza né, forse, il desiderio di opporsi a
lobby tanto potenti.
Lo Stato sembra favorire la costruzione di opere pubbliche anche se di utilità molto incerta e con effetti
occupazionali risibili, quando è possibile mascherarne e dilazionarne i costi in modo che non siano percepiti dagli
elettori o dagli utenti. Per le grandi opere ferroviarie si usano i denari dei contribuenti ignari, che pagheranno in
tempi lunghi (sarebbe impossibile ribaltare quei costi sulle tariffe). Per le autostrade si aggravano ed estendono
nel futuro i costi per gli utenti, che non costituiscono un gruppo sociale capace di organizzarsi e protestare, se non
eccezionalmente, soprattutto se la loro spremitura è ben mascherata. Anzi, la retorica del privilegiare il trasporto
su ferro rispetto a quello su gomma offre persino un’ottima apparente giustificazione per continuare ad aumentare
i pedaggi autostradali, anche quando si dimostra la scarsa efficacia e l’elevato costo economico di questa politica.