28 TuttoScienze MERCOLEDÌ2NOVEMBRE2011 LA … · sonore: l’armonia delle sfe-re, di cui parlava...

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FELICE CIMATTI UNIVERSITA’ DELLA CALABRIA Q ual è la differenza fra il modo di pen- sare - e di vedere - di uno scienziato e di chi non lo è? Una risposta banale è che lo scienziato cerca le cau- se dei feno- meni, mentre agli altri ba- stano i feno- meni, i fatti così come so- no. Ma que- sta è, appun- to, una rispo- sta banale, perché non c'è bisogno di essere uno scienziato per cercare la causa di un evento. Una risposta di- versa è quel- la che si tro- va nel saggio di Amedeo Balbi, astrofisico che insegna all'Università di Tor Vergata a Roma e che ha scritto «Il buio oltre le stelle. L'esplorazione dei lati oscuri dell'Universo». Lo scienziato cerca quello che non si vede e problemi che non si sono ancora posti, problemi oscuri, appunto. Forse anche per questo mol- ti politici non capiscono che cosa sia la scienza, perché non hanno abbastanza imma- ginazione. Balbi, invece, di immaginazione ne ha molta, oltre alla capacità di farci ve- dere quello che altrimenti sfugge al nostro sguardo. I «lati oscuri dell'Universo» sono tanti, dall’energia oscura alla materia oscura. Se sono oscuri, come li si cerca e li studia? «È vero, è una faccenda che merita un chiarimento. Quando parliamo di compo- nenti oscure, in astronomia, ci riferiamo al fatto che non emettono luce visibile o, più in generale, radiazione elet- tromagnetica. Ma ciò non si- gnifica che non lascino trac- ce della loro presenza. Qual- siasi forma di materia o di energia esercita una forza gravitazionale e quindi an- che le componenti oscure de- vono far sentire il proprio in- flusso sul resto dell'Univer- so». Un esempio? «Se il Sole fosse invisibile, si potrebbe dedurre la sua pre- senza e misurarne la massa studiando le orbite dei pianeti del Sistema solare. Allo stesso modo, grazie all'effetto che le componenti oscure hanno sul- la materia che si riesce a osser- vare, gli astronomi sono riusci- ti a stanarle, e a capire qualco- sa della loro natura». Se l'Universo è davvero infi- nito dovrebbero esserci an- che infinite stelle e, quindi, il buio non do- vrebbe es- serci. Eppu- re di notte il buio c'è. Co- me si spiega questo che sembra un paradosso? «Bisogna avere le idee chiare sulla struttura complessiva del cosmo e per questo motivo la domanda ha confuso per se- coli anche le menti più bril- lanti. Oggi sap- piamo che la spiegazione corretta sta nel fatto che l'Uni- verso ha avuto un'origine. Dato che la luce viaggia a velocità finita, quan- do guardiamo lontano nello spazio guardiamo anche indie- tro nel tempo. E, guardando lontano, e quindi molto indie- tro nel tempo, non troviamo più stelle o galassie semplice- mente perché non si erano an- cora formate. Questo spiega come mai il cielo notturno non brilla tutto come una stella. Nel buio del cielo è scritta la ri- sposta a una delle più antiche curiosità dell'umanità, quella sull'origine di tutto». Nel libro si racconta la storia dell' astronomia come un’im- presa in cui sempre più spes- so le scoperte sono anticipa- te da un ragionamento ma- tematico. Com'è possibile che un calcolo, cioè un'ope- razione mentale, anticipi qualcosa che si trova là fuori nel mondo? «Le due cose, osservazione e interpretazione matematica dei fenomeni, dovrebbero pro- cedere di pari passo: ma spes- so accade che l'intuizione ma- tematica anticipi qualcosa che poi si rivela far parte della na- tura del mondo. Il caso più eclatante è quello della Relati- vità generale di Einstein che, pur partendo da solidi argo- menti fisici, giungeva, sulla ba- se di deduzioni geometrico- matematiche, a conclusioni ap- parentemente contrarie a qualsiasi senso comune. Con- clusioni che, però, si sono rive- late esatte. È quella che il fisi- co Eugene Wigner ha definito "l'irragionevole efficacia della matematica": perché mai una deduzione logica, interna al no- stro cervello, do- vrebbe farci sco- prire fenomeni del mondo reale che non aveva- mo mai osserva- to prima? È una questione interessantissima, che è stata molto dibattuta, ma non ha mai trovato una ri- sposta del tutto soddisfacente. Va detto anche che oggi la fisi- ca teorica si trova di fronte a una crisi legata, per certi ver- si, anche a questa irragionevo- le efficacia delle matematica: la teoria delle stringhe è una splendida costruzione forma- le, talmente elegante che chiunque l'abbia studiata ritie- ne impossibile che non sia an- che vera, almeno in parte. Ma dal punto di vista sperimenta- le non ci sono al momento spe- ranze di metterla alla prova. Ci fidiamo della matematica o dell'esperimento? Sta diven- tando un problema». Un altro enigma è ciò che gli studiosi chiamano «luce fos- sile»: che cos’è? «È ciò che resta dell'enorme calore che pervadeva l'Univer- so nelle fasi successive al Big Bang. All'inizio la temperatu- ra nel cosmo era altissima. Quando si sono formati i primi atomi di idrogeno, 380 mila an- ni dopo il Big Bang, lo spazio brillava come la superficie di una stella. Oggi, dopo miliardi di anni di espansione, l'Univer- so è diventato freddo e il ba- gliore iniziale si è trasformato in un debolissimo segnale ra- dio, la “radiazione cosmica di fondo”. Usando strumenti ab- bastanza sensibili, la si può os- servare, ricostruendo un'im- magine primordiale. Una testi- monianza fossile, appunto». Può esistere qualcosa al di là dell'orizzonte cosmologico? E come si fa a studiare qual- cosa oltre i limiti fisici di ciò che si può esplorare? «Ci basiamo su un'estrapola- zione di modelli matematici di cui conosciamo la validità solo in un ambito più ristretto, quello dell'Universo osservabi- le. Di queste estrapolazioni la cosmologia è costretta a farne molte: il fatto sorprendente, semmai, è che spesso si rivela- no corrette. Ma, a rigore, che cosa ci sia fuori dell'orizzonte non possiamo e non potremo mai saperlo direttamente». Che cos'è, invece, l'«epoca oscura» di cui parlano gli astronomi? «Parlando del paradosso del cielo buio, dicevo che c'è stata un'epoca, nella storia dell'Uni- verso, in cui non si erano ancora formate stelle e galassie: quel pe- riodo è stato ri- battezzato “epoca oscura”. E credo che l'uso di una termino- logia con assonanze mitologi- che sia stato intenzionale. È un periodo su cui è difficile avere informazioni dirette, ma, al contrario di ciò che si trova fuori dell'orizzonte, ci so- no buone speranze di indagare meglio quell'era nel prossimo futuro grazie ai progressi del- le tecniche di osservazione». Tra le tracce che i cosmologi cercano ce ne sono anche di sonore: l’armonia delle sfe- re, di cui parlava Pitagora più di 2500 anni fa, era un’in- tuizione giusta? «In un certo senso la corri- spondenza tra fenomeni fisici e sonori si ritrova un po' ovun- que in natura: è una conse- guenza del fatto, scoperto da Fourier, che ogni funzione ma- tematica si può scomporre in una serie di onde. Ma se tutto o quasi si può tradurre in un suono, non è detto che questi suoni siano armonici. In co- smologia, attraverso lo studio della radiazione di fondo, si è sco- perto che l'Uni- verso primor- diale era attra- versato da onde di pressione che si propagavano nella materia densa esattamente come le on- de sonore si propagano nell' aria e che c'erano precise rela- zioni matematiche tra queste onde, simili a quelle tra le ar- moniche di uno strumento mu- sicale. La tentazione di veder- ci una sorta di armonia pitago- rica, o il grande “Om”, la vibra- zione delle religioni orientali, è forte, ma non mi lascerei pren- dere la mano. In realtà quelle relazioni matematiche si tra- ducono in un suono sgradevo- Le frontiere della cosmologia LA RICERCA SUL PASSATO E SUL FUTURO DEL TUTTO “L’Universo che non avete ancora visto” Intervista ,, Amedeo Balbi Astrofisico Ecco le nuove sfide, dalla materia all’energia oscura E la matematica anticipa osservazioni ed esperimenti RUOLO: E’ RICERCATORE ALL'UNIVERSITÀ DI TOR VERGATA IL LIBRO: «IL BUIO OLTRE LE STELLE. L'ESPLORAZIONE DEI LATI OSCURI DELL'UNIVERSO» - CODICE EDIZIONI I «Vedere» la materia primordiale prodotta su- bito dopo il Big Bang: è la promessa della nuova fa- se di collisioni al nastro di partenza nell’accelerato- re più grande del mondo, il Large Hadron Collider del Cern di Ginevra. Dal 14 novembre nell’anello da 27 km cominceranno a scontrarsi i fasci di ioni, ha spiegato Paolo Giubel- lino, dell’Istituto Naziona- le di Fisica Nucleare (Infn) e coordinatore dell’esperi- mento «Alice»: «Stavolta la frequenza degli scontri sarà maggiore che nel pas- sato, da 10 a 20 volte». E questo significa che il livel- lo di dettaglio a cui arrive- ranno le osservazioni sarà di gran lunga superiore. Lo sapevi che? La materia primordiale LA LUCE FOSSILE E’ ciò che resta dell’enorme calore dopo il Big Bang LA TEORIA GLOBALE E’ il miraggio che i fisici continuano a inseguire 28 TuttoScienze LA STAMPA MERCOLEDÌ 2 NOVEMBRE 2011

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Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - 28 - 02/11/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOSCIENZE/02 - Autore: PATZAN - Ora di stampa: 01/11/11 21.37

FELICE CIMATTIUNIVERSITA’ DELLA CALABRIA

Q ual è la differenzafra il modo di pen-sare - e di vedere -di uno scienziato edi chi non lo è?

Una rispostabanale è chelo scienziatocerca le cau-se dei feno-meni, mentreagli altri ba-stano i feno-meni, i fatticosì come so-no. Ma que-sta è, appun-to, una rispo-sta banale,perché nonc'è bisogno diessere unos c i e n z i a t oper cercarela causa di unevento. Unarisposta di-versa è quel-la che si tro-va nel saggiodi Amedeo Balbi, astrofisicoche insegna all'Università diTorVergata a Roma e che hascritto «Il buio oltre le stelle.L'esplorazione dei lati oscuridell'Universo».Lo scienziato cerca quello

che non si vede e problemiche non si sono ancora posti,problemi oscuri, appunto.Forse anche per questo mol-ti politici non capiscono checosa sia la scienza, perchénon hanno abbastanza imma-ginazione. Balbi, invece, diimmaginazione ne ha molta,oltre alla capacità di farci ve-dere quello che altrimentisfugge al nostro sguardo.

I «lati oscuri dell'Universo»sono tanti, dall’energiaoscura alla materia oscura.Se sono oscuri, come li sicerca e li studia?

«È vero, è una faccenda chemerita un chiarimento.Quando parliamo di compo-nenti oscure, in astronomia,ci riferiamo al fatto che nonemettono luce visibile o, piùin generale, radiazione elet-tromagnetica. Ma ciò non si-gnifica che non lascino trac-ce della loro presenza. Qual-siasi forma di materia o dienergia esercita una forzagravitazionale e quindi an-

che le componenti oscure de-vono far sentire il proprio in-flusso sul resto dell'Univer-so».

Un esempio?«Se il Sole fosse invisibile, sipotrebbe dedurre la sua pre-senza e misurarne la massastudiando le orbite dei pianetidel Sistema solare. Allo stessomodo, grazie all'effetto che lecomponenti oscure hanno sul-lamateria che si riesce a osser-vare, gli astronomi sono riusci-ti a stanarle, e a capire qualco-sa della loro natura».

Se l'Universo è davvero infi-nito dovrebbero esserci an-che infinite stelle e, quindi, il

buionon do-vrebbe es-serci. Eppu-re di notte ilbuio c'è. Co-me si spiegaquesto chesembra unparadosso?

«Bisogna averele idee chiaresulla strutturacompless ivadel cosmo e perquesto motivola domanda haconfuso per se-coli anche lementi più bril-lanti. Oggi sap-piamo che las p i e g a z i o n ecorretta sta nelfatto che l'Uni-verso ha avuto

un'origine. Dato che la luceviaggia a velocità finita, quan-do guardiamo lontano nellospazio guardiamo anche indie-tro nel tempo. E, guardandolontano, e quindi molto indie-tro nel tempo, non troviamopiù stelle o galassie semplice-mente perché non si erano an-cora formate. Questo spiegacomemai il cielo notturno nonbrilla tutto come una stella.Nel buio del cielo è scritta la ri-sposta a una delle più antichecuriosità dell'umanità, quellasull'origine ditutto».

Nel libro siracconta lastoria dell'astronomiacome un’im-presa in cui sempre più spes-so le scoperte sono anticipa-te da un ragionamento ma-tematico. Com'è possibileche un calcolo, cioè un'ope-razione mentale, anticipiqualcosa che si trova là fuorinel mondo?

«Le due cose, osservazione einterpretazione matematicadei fenomeni, dovrebbero pro-cedere di pari passo: ma spes-so accade che l'intuizione ma-tematica anticipi qualcosa chepoi si rivela far parte della na-

tura del mondo. Il caso piùeclatante è quello della Relati-vità generale di Einstein che,pur partendo da solidi argo-menti fisici, giungeva, sulla ba-se di deduzioni geometrico-matematiche, a conclusioni ap-parentemente contrarie aqualsiasi senso comune. Con-clusioni che, però, si sono rive-late esatte. È quella che il fisi-co Eugene Wigner ha definito"l'irragionevole efficacia dellamatematica": perché mai unadeduzione logica, interna al no-

stro cervello, do-vrebbe farci sco-prire fenomenidel mondo realeche non aveva-momai osserva-to prima? È una

questione interessantissima,che è stata molto dibattuta,ma non ha mai trovato una ri-sposta del tutto soddisfacente.Va detto anche che oggi la fisi-ca teorica si trova di fronte auna crisi legata, per certi ver-si, anche a questa irragionevo-le efficacia delle matematica:la teoria delle stringhe è unasplendida costruzione forma-le, talmente elegante chechiunque l'abbia studiata ritie-ne impossibile che non sia an-che vera, almeno in parte. Ma

dal punto di vista sperimenta-le non ci sono al momento spe-ranze di metterla alla prova.Ci fidiamo della matematica odell'esperimento? Sta diven-tando un problema».

Un altro enigma è ciò che glistudiosi chiamano «luce fos-sile»: che cos’è?

«È ciò che resta dell'enormecalore che pervadeva l'Univer-so nelle fasi successive al BigBang. All'inizio la temperatu-ra nel cosmo era altissima.Quando si sono formati i primiatomi di idrogeno, 380mila an-ni dopo il Big Bang, lo spaziobrillava come la superficie diuna stella. Oggi, dopo miliardidi anni di espansione, l'Univer-so è diventato freddo e il ba-gliore iniziale si è trasformatoin un debolissimo segnale ra-dio, la “radiazione cosmica difondo”. Usando strumenti ab-bastanza sensibili, la si può os-servare, ricostruendo un'im-magine primordiale. Una testi-monianza fossile, appunto».

Può esistere qualcosa al di làdell'orizzonte cosmologico?E come si fa a studiare qual-cosa oltre i limiti fisici di ciòche si può esplorare?

«Ci basiamo su un'estrapola-zione di modelli matematici dicui conosciamo la validità solo

in un ambito più ristretto,quello dell'Universo osservabi-le. Di queste estrapolazioni lacosmologia è costretta a farnemolte: il fatto sorprendente,semmai, è che spesso si rivela-no corrette. Ma, a rigore, checosa ci sia fuori dell'orizzontenon possiamo e non potremomai saperlo direttamente».

Che cos'è, invece, l'«epocaoscura» di cui parlano gliastronomi?

«Parlando del paradosso delcielo buio, dicevo che c'è stataun'epoca, nellastoria dell'Uni-verso, in cui nonsi erano ancoraformate stelle egalassie: quel pe-riodo è stato ri-battezzato “epoca oscura”. Ecredo che l'uso di una termino-logia con assonanze mitologi-che sia stato intenzionale. Èun periodo su cui è difficileavere informazioni dirette,ma, al contrario di ciò che sitrova fuori dell'orizzonte, ci so-no buone speranze di indagaremeglio quell'era nel prossimofuturo grazie ai progressi del-le tecniche di osservazione».

Tra le tracce che i cosmologicercano ce ne sono anche disonore: l’armonia delle sfe-

re, di cui parlava Pitagorapiù di 2500 anni fa, era un’in-tuizione giusta?

«In un certo senso la corri-spondenza tra fenomeni fisicie sonori si ritrova un po' ovun-que in natura: è una conse-guenza del fatto, scoperto daFourier, che ogni funzionema-tematica si può scomporre inuna serie di onde. Ma se tuttoo quasi si può tradurre in unsuono, non è detto che questisuoni siano armonici. In co-smologia, attraverso lo studio

della radiazionedi fondo, si è sco-perto che l'Uni-verso primor-diale era attra-versato da ondedi pressione che

si propagavano nella materiadensa esattamente come le on-de sonore si propagano nell'aria e che c'erano precise rela-zioni matematiche tra questeonde, simili a quelle tra le ar-moniche di uno strumentomu-sicale. La tentazione di veder-ci una sorta di armonia pitago-rica, o il grande “Om”, la vibra-zione delle religioni orientali, èforte, ma nonmi lascerei pren-dere la mano. In realtà quellerelazioni matematiche si tra-ducono in un suono sgradevo-

le al nostro udito. Sono armo-nie piacevoli solo per i cosmo-logi, che sono riusciti a rica-varne importanti informazionisulla natura dell'Universo».

Quando si sentono gli scien-ziati parlare di una teoriadel tutto, la «Toe», «Theoryof everything», nasconomolti interrogativi: per co-struire una teoria del generedovremmo poterci collocareall'esterno dell'Universo, nel-le parti oscure di cui lei parlanel libro. Ma in un posto delgenere, per definizione, nonpossiamo andarci. E allorache tutto è, quello delle teo-rie del tutto?

«Quello della “Toe” è unmirag-gio che i fisici hanno inseguitoa lungo,ma forse è sempre sta-to più un orizzonte concettua-le che una possibilità concre-ta. C'è stato persino chi ha tira-to in ballo, non so quanto a pro-posito, il teorema di incomple-tezza di Gödel per mettere unlimite ultimo alla possibilità dicomprensione scientifica delmondo. Oggi molti fisici e co-smologi ritengono che il no-stro Universo possa essere so-lo uno fra una moltitudine dialtri, ciascuno con caratteristi-che fisiche completamente di-verse. Se così fosse, la teoria

del tutto sarebbe una descri-zione matematica di questo"multiverso", ma non sarebbein grado di fare specifiche pre-visioni riguardo ai singoli uni-versi. Tutto ciò che osservia-mo nel nostro cosmo, compre-se le stesse leggi della fisica,sarebbe solo il risultato di unprocesso casuale. Inoltre, permettere alla prova un’ipotesidel genere, avremmo bisognodi informazioni che si trovanofuori dell'orizzonte cosmologi-co e che sono quindi inaccessi-bili per definizio-ne. Non so sequesta possa es-sere ritenuta lateoria del tuttoche avrebbe so-gnato un fisicodi 50 anni fa».

L'immagine della cosmolo-gia che si trae dal libro èquella di una scienza in cuila dimensione empirica è in-trecciata a quella teorica especulativa. Ma così i confi-ni con la filosofia si fanno in-certi. Per un filosofo non èun problema, anzi, ma peruno scienziato?

«Per uno scienziato è un po'un problema, in effetti. I co-smologi sono particolarmentesensibili, visto che la nostra di-

sciplina ci ha messo decenniprima di accreditarsi comescienza "dura". Per molti, lapaura di sentirsi accusare difare filosofia fa scattare mec-canismi di autodifesa. Saràper questo che, di recente,StephenHawking è arrivato aaffermare che la scienza haormai ucciso la filosofia, pre-tesa che mi sembra eccessiva.La cosmologia, oggi, è fondatasu osservazioni di grande ac-curatezza e di solidità e il qua-dro che descrive l'evoluzione

dell'Universo èsupportato dall'evidenza. Maesiste sempreuna frontiera incui la specula-zione, per quan-

to rigorosa, precede il datoscientifico. E, d'altra parte,quando si ha a che fare conl'origine dell'Universo, con lastruttura dello spaziotempo econ la natura di tutto ciò cheesiste, una certa inclinazioneper le "grandi domande", chepoi sono anche quelle della filo-sofia, sotto sotto bisogna aver-la. Poi, però, per uno scienzia-to, le risposte vanno semprecercate nell'osservazione enell'esperimento. Se non c'èquelmarchio, non è scienza».

RICCARDO LATTANZINEW YORK UNIVERSITY - USA

S e per le ciambellenon è sempre vero,sembra che tutte legalassie escano colbuco, un buco nero,

al centro. Naturalmente la pro-va definitiva non c'è, perchél'attrazione gravitazionale deibuchi neri è talmente forte cheneanche la luce riesce ad usci-re e quindi «sono corpi celestiinvisibili, la cui presenza è rile-vabile solo indirettamente, mi-surando l'energia che emana-no», spiega Nico Cappelluti, 32anni, astrofisico all'osservato-rio di Bologna. «E' assodatoche al centro diogni galassiac'è un nucleoestremamentedenso, conmas-sa che va dalmilione ad ol-tre il miliardodi volte quelladel Sole». Nonfa eccezione laVia Lattea, lagalassia cheospita il Siste-ma solare, an-che se per for-tuna il «no-stro» buco ne-ro non è attivo.Potrebbe peròdiventarlo e«mangiarsi ilmondo intero»,come nella can-zone «Super-massiccio» diElio e le Storie Tese? Grazie allavoro di Cappelluti presto po-tremmo avere una risposta.Il suo campo di ricerca, in-

fatti, è lo studio dei meccani-smi che portano all'attivazionedei buchi neri supermassicci.«Solo alcuni si attivano e re-centemente io e i miei collabo-ratori abbiamo dimostrato chela causa più probabile è la colli-sione tra galassie». Grazie all'impatto il buco nero verrebbea contatto con nuovo materia-le cosmico (gas o stelle, peresempio), di cui nutrirsi per co-

minciare a espandersi. Le os-servazioni di Cappelluti con-cordano con altri dati che mo-strano che la crescita dellamassa di una galassia, causatadallo scontro con un'altra, vadi pari passo con le dimensionidel proprio buco nero.La scoperta, frutto del suo

dottorato presso il Max-Plan-ck Institute per la fisica extra-terrestre di Monaco di Bavie-ra, è avvenuta analizzando im-magini raccolte con i telescopispaziali a raggi-X della Nasa edell'Esa, che consentono di ri-levare la radiazione emessa daquesti nuclei galattici, quandosi accendono e iniziano a cre-

scere, risuc-chiando tuttoquello che pas-sa vicino. Perqueste ricer-che lo «Europe-an AstroskyNetwork», un'associazionededicata alla di-vulgazione dell'astronomia, haconferito aCap-pelluti il pre-mio Marsden,riservato ognianno ai miglio-ri giovani astro-nomi europei.Ora il prossimopasso sarà capi-re come, unavolta attivi, ibuchi neri su-permass i c c iprogrediscono

e influenzano la vita delle ga-lassie. «Il loro sviluppo è lega-to alla quantità di materiaoscura che li circonda e dallaloro evoluzione dipende sia laprobabilità che due galassie siuniscano dopo la collisione siaquale sarà l'aspetto finale».L'altro grande interesse di

Cappelluti è cercare la «mate-ria mancante» dell'Universo,studiando le emissioni a rag-gi-X provenienti dallo spazio.Si tratta di barioni (neutroni,elettroni e protoni) che eranopresenti negli istanti successi-

vi al Big Bang, ma di cui si so-no perse le tracce. L'ipotesipiù accreditata è che si trovi-no in un sistema intricato dinubi di gas caldo, che in passa-to non erano state identificateper via della densitàmolto bas-sa e del «range» di temperatu-re atipico, ma che oggi sonoprede ambite per cacciatoricosmici comeCappelluti.Originario di Rimini, in con-

trotendenza rispetto a moltisuoi coetanei, dopo un periodoall'estero ha deciso di conti-nuare il lavoro in Italia. Nel2010 è tornato grazie ad unaborsa post-dottorato dell'Isti-tuto Nazione di Astrofisica,vinta classificandosi primo su100 candidati. «Dopo sei anniconsideravo finita l'esperien-za tedesca e ho cercato altro-ve. Avevo offerte dagli Usa,ma ho scelto la borsa dell'Inaf,perché mi avrebbe permessodi rientrare in Italia, con unostipendio competitivo e un bu-dget di ricerca da gestire libe-ramente. Inoltre, avevo moltastima dei ricercatori con cuiavrei lavorato a Bologna».Purtroppo queste iniziati-

ve sono isolate nel sistema del-la ricerca italiana e non sonoinserite in un percorso struttu-rato di carriera. «La borsa distudio finirà nel 2012 e ho po-che prospettive di rimanere.Lo dico con rammarico, per-ché ho fiducia nel "metodo ita-liano". Ho scoperto che qui silavora bene e, a differenza del-la Germania, dove il sistema ègerarchico, da noi i giovani so-no coinvolti nelle discussionistrategiche e, nei gruppi piùaperti, hanno lo stesso pesodei senior al momento di deci-dere». Certo, sarebbe un pec-cato lasciarsi sfuggire un ta-lento come Cappelluti, ricono-sciuto come uno degli astrono-mi italiani più promettenti del-la sua generazione e seleziona-to dall’Aspen Institute Italiaper far parte degli Aspen Ju-nior Fellows, un network di180 persone che riunisce gio-vani italiani di successo sparsiper il mondo.

Le frontiere della cosmologiaLA RICERCA SUL PASSATO E SUL FUTURO DEL TUTTO

“L’Universochenonaveteancora visto”

Intervista,,

NicoCappellutiAstrofisico

AmedeoBalbi

Astrofisico

Un interruttoreper i buchi neri

Ecco le nuove sfide, dallamateria all’energia oscuraE lamatematica anticipa osservazioni ed esperimenti

RUOLO: E’ RICERCATORE PRESSOL'OSSERVATORIOASTRONOMICO

DI BOLOGNARICERCHE: MECCANISMI

DI ATTIVAZIONE DEI BUCHI NERI

RUOLO: E’ RICERCATOREALL'UNIVERSITÀ DI TOR VERGATA

IL LIBRO: «IL BUIO OLTRE LE STELLE.L'ESPLORAZIONE DEI LATI OSCURI

DELL'UNIVERSO» - CODICEEDIZIONI La nascita di una stella nella galassia a spirale M83

I «Vedere» la materiaprimordiale prodotta su-bito dopo il Big Bang: è lapromessa della nuova fa-se di collisioni al nastro dipartenza nell’accelerato-re più grande del mondo,il Large Hadron Colliderdel Cern di Ginevra. Dal14 novembre nell’anelloda 27 km cominceranno ascontrarsi i fasci di ioni,ha spiegato Paolo Giubel-lino, dell’Istituto Naziona-le di Fisica Nucleare (Infn)e coordinatore dell’esperi-mento «Alice»: «Stavoltala frequenza degli scontrisarà maggioreche nel pas-sato, da 10 a 20 volte». Equesto significache il livel-lo di dettaglio a cui arrive-ranno le osservazioni saràdi gran lunga superiore.

Lo sapevi che?La materia

primordiale

Il sospettato numero uno? E’ la collisione tra galassie“Le prove sono nelle immagini a raggi X dei telescopi”

LA LUCE FOSSILEE’ ciò che resta

dell’enorme caloredopo il Big Bang

LA TEORIA GLOBALEE’ il miraggio chei fisici continuano

a inseguire

L’occhiodi Hubble

Unaimmensa

montagnadipolveri

egassieleva

nellanebulosa

CarinaAdestrail centrodellaVia

Latteaharivelato

una ineditaquantitàdi stelle

IL «PERIODO BUIO»E’ quello in cuistelle e galassie

dovevano nascere

Un gigantesco anello di materia oscura

28 TuttoScienze LA STAMPAMERCOLEDÌ 2 NOVEMBRE 2011

Pagina Fisica: LASTAMPA - NAZIONALE - 29 - 02/11/11 - Pag. Logica: LASTAMPA/TUTTOSCIENZE/02 - Autore: PATZAN - Ora di stampa: 01/11/11 21.37

FELICE CIMATTIUNIVERSITA’ DELLA CALABRIA

Q ual è la differenzafra il modo di pen-sare - e di vedere -di uno scienziato edi chi non lo è?

Una rispostabanale è chelo scienziatocerca le cau-se dei feno-meni, mentreagli altri ba-stano i feno-meni, i fatticosì come so-no. Ma que-sta è, appun-to, una rispo-sta banale,perché nonc'è bisogno diessere unos c i e n z i a t oper cercarela causa di unevento. Unarisposta di-versa è quel-la che si tro-va nel saggiodi Amedeo Balbi, astrofisicoche insegna all'Università diTorVergata a Roma e che hascritto «Il buio oltre le stelle.L'esplorazione dei lati oscuridell'Universo».Lo scienziato cerca quello

che non si vede e problemiche non si sono ancora posti,problemi oscuri, appunto.Forse anche per questo mol-ti politici non capiscono checosa sia la scienza, perchénon hanno abbastanza imma-ginazione. Balbi, invece, diimmaginazione ne ha molta,oltre alla capacità di farci ve-dere quello che altrimentisfugge al nostro sguardo.

I «lati oscuri dell'Universo»sono tanti, dall’energiaoscura alla materia oscura.Se sono oscuri, come li sicerca e li studia?

«È vero, è una faccenda chemerita un chiarimento.Quando parliamo di compo-nenti oscure, in astronomia,ci riferiamo al fatto che nonemettono luce visibile o, piùin generale, radiazione elet-tromagnetica. Ma ciò non si-gnifica che non lascino trac-ce della loro presenza. Qual-siasi forma di materia o dienergia esercita una forzagravitazionale e quindi an-

che le componenti oscure de-vono far sentire il proprio in-flusso sul resto dell'Univer-so».

Un esempio?«Se il Sole fosse invisibile, sipotrebbe dedurre la sua pre-senza e misurarne la massastudiando le orbite dei pianetidel Sistema solare. Allo stessomodo, grazie all'effetto che lecomponenti oscure hanno sul-lamateria che si riesce a osser-vare, gli astronomi sono riusci-ti a stanarle, e a capire qualco-sa della loro natura».

Se l'Universo è davvero infi-nito dovrebbero esserci an-che infinite stelle e, quindi, il

buionon do-vrebbe es-serci. Eppu-re di notte ilbuio c'è. Co-me si spiegaquesto chesembra unparadosso?

«Bisogna averele idee chiaresulla strutturacompless ivadel cosmo e perquesto motivola domanda haconfuso per se-coli anche lementi più bril-lanti. Oggi sap-piamo che las p i e g a z i o n ecorretta sta nelfatto che l'Uni-verso ha avuto

un'origine. Dato che la luceviaggia a velocità finita, quan-do guardiamo lontano nellospazio guardiamo anche indie-tro nel tempo. E, guardandolontano, e quindi molto indie-tro nel tempo, non troviamopiù stelle o galassie semplice-mente perché non si erano an-cora formate. Questo spiegacomemai il cielo notturno nonbrilla tutto come una stella.Nel buio del cielo è scritta la ri-sposta a una delle più antichecuriosità dell'umanità, quellasull'origine ditutto».

Nel libro siracconta lastoria dell'astronomiacome un’im-presa in cui sempre più spes-so le scoperte sono anticipa-te da un ragionamento ma-tematico. Com'è possibileche un calcolo, cioè un'ope-razione mentale, anticipiqualcosa che si trova là fuorinel mondo?

«Le due cose, osservazione einterpretazione matematicadei fenomeni, dovrebbero pro-cedere di pari passo: ma spes-so accade che l'intuizione ma-tematica anticipi qualcosa chepoi si rivela far parte della na-

tura del mondo. Il caso piùeclatante è quello della Relati-vità generale di Einstein che,pur partendo da solidi argo-menti fisici, giungeva, sulla ba-se di deduzioni geometrico-matematiche, a conclusioni ap-parentemente contrarie aqualsiasi senso comune. Con-clusioni che, però, si sono rive-late esatte. È quella che il fisi-co Eugene Wigner ha definito"l'irragionevole efficacia dellamatematica": perché mai unadeduzione logica, interna al no-

stro cervello, do-vrebbe farci sco-prire fenomenidel mondo realeche non aveva-momai osserva-to prima? È una

questione interessantissima,che è stata molto dibattuta,ma non ha mai trovato una ri-sposta del tutto soddisfacente.Va detto anche che oggi la fisi-ca teorica si trova di fronte auna crisi legata, per certi ver-si, anche a questa irragionevo-le efficacia delle matematica:la teoria delle stringhe è unasplendida costruzione forma-le, talmente elegante chechiunque l'abbia studiata ritie-ne impossibile che non sia an-che vera, almeno in parte. Ma

dal punto di vista sperimenta-le non ci sono al momento spe-ranze di metterla alla prova.Ci fidiamo della matematica odell'esperimento? Sta diven-tando un problema».

Un altro enigma è ciò che glistudiosi chiamano «luce fos-sile»: che cos’è?

«È ciò che resta dell'enormecalore che pervadeva l'Univer-so nelle fasi successive al BigBang. All'inizio la temperatu-ra nel cosmo era altissima.Quando si sono formati i primiatomi di idrogeno, 380mila an-ni dopo il Big Bang, lo spaziobrillava come la superficie diuna stella. Oggi, dopo miliardidi anni di espansione, l'Univer-so è diventato freddo e il ba-gliore iniziale si è trasformatoin un debolissimo segnale ra-dio, la “radiazione cosmica difondo”. Usando strumenti ab-bastanza sensibili, la si può os-servare, ricostruendo un'im-magine primordiale. Una testi-monianza fossile, appunto».

Può esistere qualcosa al di làdell'orizzonte cosmologico?E come si fa a studiare qual-cosa oltre i limiti fisici di ciòche si può esplorare?

«Ci basiamo su un'estrapola-zione di modelli matematici dicui conosciamo la validità solo

in un ambito più ristretto,quello dell'Universo osservabi-le. Di queste estrapolazioni lacosmologia è costretta a farnemolte: il fatto sorprendente,semmai, è che spesso si rivela-no corrette. Ma, a rigore, checosa ci sia fuori dell'orizzontenon possiamo e non potremomai saperlo direttamente».

Che cos'è, invece, l'«epocaoscura» di cui parlano gliastronomi?

«Parlando del paradosso delcielo buio, dicevo che c'è stataun'epoca, nellastoria dell'Uni-verso, in cui nonsi erano ancoraformate stelle egalassie: quel pe-riodo è stato ri-battezzato “epoca oscura”. Ecredo che l'uso di una termino-logia con assonanze mitologi-che sia stato intenzionale. Èun periodo su cui è difficileavere informazioni dirette,ma, al contrario di ciò che sitrova fuori dell'orizzonte, ci so-no buone speranze di indagaremeglio quell'era nel prossimofuturo grazie ai progressi del-le tecniche di osservazione».

Tra le tracce che i cosmologicercano ce ne sono anche disonore: l’armonia delle sfe-

re, di cui parlava Pitagorapiù di 2500 anni fa, era un’in-tuizione giusta?

«In un certo senso la corri-spondenza tra fenomeni fisicie sonori si ritrova un po' ovun-que in natura: è una conse-guenza del fatto, scoperto daFourier, che ogni funzionema-tematica si può scomporre inuna serie di onde. Ma se tuttoo quasi si può tradurre in unsuono, non è detto che questisuoni siano armonici. In co-smologia, attraverso lo studio

della radiazionedi fondo, si è sco-perto che l'Uni-verso primor-diale era attra-versato da ondedi pressione che

si propagavano nella materiadensa esattamente come le on-de sonore si propagano nell'aria e che c'erano precise rela-zioni matematiche tra questeonde, simili a quelle tra le ar-moniche di uno strumentomu-sicale. La tentazione di veder-ci una sorta di armonia pitago-rica, o il grande “Om”, la vibra-zione delle religioni orientali, èforte, ma nonmi lascerei pren-dere la mano. In realtà quellerelazioni matematiche si tra-ducono in un suono sgradevo-

le al nostro udito. Sono armo-nie piacevoli solo per i cosmo-logi, che sono riusciti a rica-varne importanti informazionisulla natura dell'Universo».

Quando si sentono gli scien-ziati parlare di una teoriadel tutto, la «Toe», «Theoryof everything», nasconomolti interrogativi: per co-struire una teoria del generedovremmo poterci collocareall'esterno dell'Universo, nel-le parti oscure di cui lei parlanel libro. Ma in un posto delgenere, per definizione, nonpossiamo andarci. E allorache tutto è, quello delle teo-rie del tutto?

«Quello della “Toe” è unmirag-gio che i fisici hanno inseguitoa lungo,ma forse è sempre sta-to più un orizzonte concettua-le che una possibilità concre-ta. C'è stato persino chi ha tira-to in ballo, non so quanto a pro-posito, il teorema di incomple-tezza di Gödel per mettere unlimite ultimo alla possibilità dicomprensione scientifica delmondo. Oggi molti fisici e co-smologi ritengono che il no-stro Universo possa essere so-lo uno fra una moltitudine dialtri, ciascuno con caratteristi-che fisiche completamente di-verse. Se così fosse, la teoria

del tutto sarebbe una descri-zione matematica di questo"multiverso", ma non sarebbein grado di fare specifiche pre-visioni riguardo ai singoli uni-versi. Tutto ciò che osservia-mo nel nostro cosmo, compre-se le stesse leggi della fisica,sarebbe solo il risultato di unprocesso casuale. Inoltre, permettere alla prova un’ipotesidel genere, avremmo bisognodi informazioni che si trovanofuori dell'orizzonte cosmologi-co e che sono quindi inaccessi-bili per definizio-ne. Non so sequesta possa es-sere ritenuta lateoria del tuttoche avrebbe so-gnato un fisicodi 50 anni fa».

L'immagine della cosmolo-gia che si trae dal libro èquella di una scienza in cuila dimensione empirica è in-trecciata a quella teorica especulativa. Ma così i confi-ni con la filosofia si fanno in-certi. Per un filosofo non èun problema, anzi, ma peruno scienziato?

«Per uno scienziato è un po'un problema, in effetti. I co-smologi sono particolarmentesensibili, visto che la nostra di-

sciplina ci ha messo decenniprima di accreditarsi comescienza "dura". Per molti, lapaura di sentirsi accusare difare filosofia fa scattare mec-canismi di autodifesa. Saràper questo che, di recente,StephenHawking è arrivato aaffermare che la scienza haormai ucciso la filosofia, pre-tesa che mi sembra eccessiva.La cosmologia, oggi, è fondatasu osservazioni di grande ac-curatezza e di solidità e il qua-dro che descrive l'evoluzione

dell'Universo èsupportato dall'evidenza. Maesiste sempreuna frontiera incui la specula-zione, per quan-

to rigorosa, precede il datoscientifico. E, d'altra parte,quando si ha a che fare conl'origine dell'Universo, con lastruttura dello spaziotempo econ la natura di tutto ciò cheesiste, una certa inclinazioneper le "grandi domande", chepoi sono anche quelle della filo-sofia, sotto sotto bisogna aver-la. Poi, però, per uno scienzia-to, le risposte vanno semprecercate nell'osservazione enell'esperimento. Se non c'èquelmarchio, non è scienza».

RICCARDO LATTANZINEW YORK UNIVERSITY - USA

S e per le ciambellenon è sempre vero,sembra che tutte legalassie escano colbuco, un buco nero,

al centro. Naturalmente la pro-va definitiva non c'è, perchél'attrazione gravitazionale deibuchi neri è talmente forte cheneanche la luce riesce ad usci-re e quindi «sono corpi celestiinvisibili, la cui presenza è rile-vabile solo indirettamente, mi-surando l'energia che emana-no», spiega Nico Cappelluti, 32anni, astrofisico all'osservato-rio di Bologna. «E' assodatoche al centro diogni galassiac'è un nucleoestremamentedenso, conmas-sa che va dalmilione ad ol-tre il miliardodi volte quelladel Sole». Nonfa eccezione laVia Lattea, lagalassia cheospita il Siste-ma solare, an-che se per for-tuna il «no-stro» buco ne-ro non è attivo.Potrebbe peròdiventarlo e«mangiarsi ilmondo intero»,come nella can-zone «Super-massiccio» diElio e le Storie Tese? Grazie allavoro di Cappelluti presto po-tremmo avere una risposta.Il suo campo di ricerca, in-

fatti, è lo studio dei meccani-smi che portano all'attivazionedei buchi neri supermassicci.«Solo alcuni si attivano e re-centemente io e i miei collabo-ratori abbiamo dimostrato chela causa più probabile è la colli-sione tra galassie». Grazie all'impatto il buco nero verrebbea contatto con nuovo materia-le cosmico (gas o stelle, peresempio), di cui nutrirsi per co-

minciare a espandersi. Le os-servazioni di Cappelluti con-cordano con altri dati che mo-strano che la crescita dellamassa di una galassia, causatadallo scontro con un'altra, vadi pari passo con le dimensionidel proprio buco nero.La scoperta, frutto del suo

dottorato presso il Max-Plan-ck Institute per la fisica extra-terrestre di Monaco di Bavie-ra, è avvenuta analizzando im-magini raccolte con i telescopispaziali a raggi-X della Nasa edell'Esa, che consentono di ri-levare la radiazione emessa daquesti nuclei galattici, quandosi accendono e iniziano a cre-

scere, risuc-chiando tuttoquello che pas-sa vicino. Perqueste ricer-che lo «Europe-an AstroskyNetwork», un'associazionededicata alla di-vulgazione dell'astronomia, haconferito aCap-pelluti il pre-mio Marsden,riservato ognianno ai miglio-ri giovani astro-nomi europei.Ora il prossimopasso sarà capi-re come, unavolta attivi, ibuchi neri su-permass i c c iprogrediscono

e influenzano la vita delle ga-lassie. «Il loro sviluppo è lega-to alla quantità di materiaoscura che li circonda e dallaloro evoluzione dipende sia laprobabilità che due galassie siuniscano dopo la collisione siaquale sarà l'aspetto finale».L'altro grande interesse di

Cappelluti è cercare la «mate-ria mancante» dell'Universo,studiando le emissioni a rag-gi-X provenienti dallo spazio.Si tratta di barioni (neutroni,elettroni e protoni) che eranopresenti negli istanti successi-

vi al Big Bang, ma di cui si so-no perse le tracce. L'ipotesipiù accreditata è che si trovi-no in un sistema intricato dinubi di gas caldo, che in passa-to non erano state identificateper via della densitàmolto bas-sa e del «range» di temperatu-re atipico, ma che oggi sonoprede ambite per cacciatoricosmici comeCappelluti.Originario di Rimini, in con-

trotendenza rispetto a moltisuoi coetanei, dopo un periodoall'estero ha deciso di conti-nuare il lavoro in Italia. Nel2010 è tornato grazie ad unaborsa post-dottorato dell'Isti-tuto Nazione di Astrofisica,vinta classificandosi primo su100 candidati. «Dopo sei anniconsideravo finita l'esperien-za tedesca e ho cercato altro-ve. Avevo offerte dagli Usa,ma ho scelto la borsa dell'Inaf,perché mi avrebbe permessodi rientrare in Italia, con unostipendio competitivo e un bu-dget di ricerca da gestire libe-ramente. Inoltre, avevo moltastima dei ricercatori con cuiavrei lavorato a Bologna».Purtroppo queste iniziati-

ve sono isolate nel sistema del-la ricerca italiana e non sonoinserite in un percorso struttu-rato di carriera. «La borsa distudio finirà nel 2012 e ho po-che prospettive di rimanere.Lo dico con rammarico, per-ché ho fiducia nel "metodo ita-liano". Ho scoperto che qui silavora bene e, a differenza del-la Germania, dove il sistema ègerarchico, da noi i giovani so-no coinvolti nelle discussionistrategiche e, nei gruppi piùaperti, hanno lo stesso pesodei senior al momento di deci-dere». Certo, sarebbe un pec-cato lasciarsi sfuggire un ta-lento come Cappelluti, ricono-sciuto come uno degli astrono-mi italiani più promettenti del-la sua generazione e seleziona-to dall’Aspen Institute Italiaper far parte degli Aspen Ju-nior Fellows, un network di180 persone che riunisce gio-vani italiani di successo sparsiper il mondo.

Le frontiere della cosmologiaLA RICERCA SUL PASSATO E SUL FUTURO DEL TUTTO

“L’Universochenonaveteancora visto”

Intervista,,

NicoCappellutiAstrofisico

AmedeoBalbi

Astrofisico

Un interruttoreper i buchi neri

Ecco le nuove sfide, dallamateria all’energia oscuraE lamatematica anticipa osservazioni ed esperimenti

RUOLO: E’ RICERCATORE PRESSOL'OSSERVATORIOASTRONOMICO

DI BOLOGNARICERCHE: MECCANISMI

DI ATTIVAZIONE DEI BUCHI NERI

RUOLO: E’ RICERCATOREALL'UNIVERSITÀ DI TOR VERGATA

IL LIBRO: «IL BUIO OLTRE LE STELLE.L'ESPLORAZIONE DEI LATI OSCURI

DELL'UNIVERSO» - CODICEEDIZIONI La nascita di una stella nella galassia a spirale M83

I «Vedere» la materiaprimordiale prodotta su-bito dopo il Big Bang: è lapromessa della nuova fa-se di collisioni al nastro dipartenza nell’accelerato-re più grande del mondo,il Large Hadron Colliderdel Cern di Ginevra. Dal14 novembre nell’anelloda 27 km cominceranno ascontrarsi i fasci di ioni,ha spiegato Paolo Giubel-lino, dell’Istituto Naziona-le di Fisica Nucleare (Infn)e coordinatore dell’esperi-mento «Alice»: «Stavoltala frequenza degli scontrisarà maggioreche nel pas-sato, da 10 a 20 volte». Equesto significache il livel-lo di dettaglio a cui arrive-ranno le osservazioni saràdi gran lunga superiore.

Lo sapevi che?La materia

primordiale

Il sospettato numero uno? E’ la collisione tra galassie“Le prove sono nelle immagini a raggi X dei telescopi”

LA LUCE FOSSILEE’ ciò che resta

dell’enorme caloredopo il Big Bang

LA TEORIA GLOBALEE’ il miraggio chei fisici continuano

a inseguire

L’occhiodi Hubble

Unaimmensa

montagnadipolveri

egassieleva

nellanebulosa

CarinaAdestrail centrodellaVia

Latteaharivelato

una ineditaquantitàdi stelle

IL «PERIODO BUIO»E’ quello in cuistelle e galassie

dovevano nascere

Un gigantesco anello di materia oscura

MERCOLEDÌ 2 NOVEMBRE 2011 TuttoScienze 29LA STAMPA