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27-11-2016

http://www.healthdesk.it/

COME ERAVAMO

Gli italiani e la salute: cosa è cambiato negli ultimi 50 anni

Anni Sessanta: le prime campagne di vaccinazione consentivano di sconfiggere le malattie infettive. Ora, a distanza di mezzo secolo, rischiamo di tornare al punto di partenza. L’evoluzione della salute degli italiani ricostruita attraverso 50 Rapporti del Censis

I favolosi anni Sessanta, sono quelli del boom economico, delle vacanze di massa, dei primi

televisori nelle case. Quelli della spensieratezza dei giovani travolti dall’eco della Beat

generation e della musica dei Beatles e dei Rolling Stones. Ma anche quelli in cui la salute

del Belpaese registra una svolta. Per la prima volta le morti causate da malattie infettive si

riducono drasticamente (dal 15,2% nel 1930 al 2,9% nel 1960), aumentano quelle causate da

tumori (dal 5,1% al 16%) e quelle dovute a problemi del sistema circolatorio (dal 12,3% al

30%).

Nella ricerca «Gli italiani e la salute», realizzata con il contributo di Farmindustria, si

ripercorrono le tappe principali dell’evoluzione del rapporto degli italiani con la salute e la

prevenzione grazie ai dati delle 50 edizioni del «Rapporto sulla situazione sociale del

Paese» del Censis.

In mezzo secolo di storia si è passati dalla vittoria sulle malattie infettive, ai record di

longevità della popolazione, dalla maggiore attenzione per esami di screening e controlli

preventivi, al web con le sue infinite capacità di informazione e tutti i rischi che ne

conseguono. Tanta strada è stata fatta, ma ci sono ancora obiettivi da raggiungere. Resta,

pesante come un macigno, il problema della sostenibilità della spesa pubblica e delle

differenze territoriali.

Gli anni Sessanta: i primi vaccini

La popolazione aumenta dai 47 milioni del 1950 ai 54 milioni alla fine degli anni ’60. Si

riduce la mortalità infantile, da 43,9 per mille nati vivi nel 1960 a 30,8 nel 1969. Boom del

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Pil: +85,5 per cento in termini reali tra il 1960 e il 1970. E si assiste a una transizione

epidemiologica: le morti causate da malattie infettive si riducono drasticamente (dal 15,2%

nel 1930 al 2,9% nel 1960), aumentano quelle causate da tumori (dal 5,1% al 16%) e quelle

dovute a problemi del sistema circolatorio (dal 12,3% al 30%). La prevenzione si fa con

armi nuove: i vaccini. Vengono introdotte le principali vaccinazioni dell’infanzia: pertosse

(1961), poliomielite (introdotta nel 1964 e resa obbligatoria nel 1966), antitetanica (1968

per i nuovi nati, già disponibile dal 1963 per alcune categorie professionali).

Gli anni Settanta: il Servizio sanitario nazionale

Il Paese continua ad essere protagonista di una impetuosa fase di crescita demografica ed

economica. La popolazione raggiunge i 56 milioni nel 1979 e aumenta la speranza di vita

alla nascita (70,5 anni per gli uomini e 77,3 per le donne nel 1979). Pil e redditi marciano

speditamente (il reddito segna nel decennio un +61%). La sanità delle mutue si trova a fare i

conti con un numero di assicurati sempre più elevato, che nel 1976 raggiunge i 54 milioni,

pari al 95 per cento della popolazione. È in questo contesto che si inserisce l’istituzione del

Servizio sanitario nazionale (1978), nato per garantire una copertura universalistica e

pubblica della salute dei cittadini volta a superare il sistema frammentato e categoriale delle

mutue, e assicurare una gestione regionale e territoriale programmata. Si introduce il nuovo

vaccino contro il morbillo (1976), mentre diventano evidenti gli effetti positivi delle prime

campagne vaccinali: l’incidenza della pertosse si riduce dai 76,2 casi per 100.000 abitanti

del 1961 ai 12,7 del 1981.

Gli anni Ottanta: salute vuol dire benessere

C’è un cambio di passo nel rapporto dei cittadini con la salute. Si delinea un concetto di

salute associato al benessere complessivo della persona. Il ruolo della vaccinazione continua

ad essere centrale nelle politiche pubbliche di prevenzione: si introducono nuove

vaccinazioni (nel 1982 la quarta obbligatoria, quella contro l’epatite B) e la copertura contro

la poliomielite raggiunge il 95 per cento nel 1986.

Gli anni Novanta: i primi screening

La crescita della popolazione rallenta (da 56.479.000 nel 1980 a 56.924.000 nel 1999). Si

modifica la struttura per età della popolazione, con un peso della componente anziana più

consistente. Nel 1993 la quota dei minori (18,3%) è equivalente a quella dei 65enni e oltre

(18,2%). Si registra il primo significativo incremento dei cittadini stranieri. In questo

periodo si fanno grossi passi avanti nella ricerca farmaceutica, soprattutto nel campo

dell’oncologia e nella diminuzione della mortalità per Aids. Tra le strategie di prevenzione

adottate dalla popolazione c’è ora il ricorso a specifici esami in assenza di sintomi: nel 1994

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il 37,5 per cento delle donne di 40 anni e oltre ha effettuato la mammografia, il 52,2 per

cento delle donne di 25 anni e oltre il pap-test.

Gli anni 2000: l’importanza delle condizioni ambientali

La crescita del Pil è fortemente ridimensionata (+3,1% in termini reali tra il 2000 e il 2010).

Per la prima volta il reddito netto delle famiglie registra un andamento negativo: -0,7 per

cento nel decennio. La dimensione individuale diventa centrale nel rapporto degli italiani

con la salute. E se nel 1998 solo il 12,8 per cento della popolazione era convinto che sulla

buona salute giocano un ruolo decisivo anche le condizioni dell’ambiente, nel 2008 la

percentuale sale al 22,2 per cento. Nella fase di accelerazione del federalismo sanitario, nel

2002 il 56,3 per cento degli italiani è favorevole all’attribuzione alle Regioni della totale

responsabilità in materia sanitaria. Le coperture vaccinali obbligatorie per i nuovi nati

superano il 96 per cento.

Gli anni 2009-2016: il calo delle vaccinazioni

Aumenta l’attenzione femminile per gli esami di screening e i controlli preventivi: nel 2013

il 67,4 per cento delle donne di 40 anni e oltre si è sottoposto alla mammografia e il 73,4%

di quelle con 25 anni e oltre al pap-test. Rimangono comunque accentuate le differenze

territoriali: al Sud si scende, rispettivamente, al 52,1% e al 58,4%. Si scoprono nuovi

farmaci che rivoluzionano le cure, come nel caso dell’epatite C. Altri sono in arrivo, come

gli anticorpi monoclonali per combattere tumori e malattie neurodegenerative. L’Italia è al

primo posto per farmaci per terapie avanzate: 3 dei 6 approvati in Europa sono stati

sviluppati nel nostro Paese. Ma una grande discontinuità riguarda la prevenzione. Nel 2014

la soglia minima di copertura al 95%, in grado di assicurare l’«immunità di gregge», non è

stata raggiunta per la maggior parte delle vaccinazioni dell’età pediatrica.

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