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Agricoltura 58 27 INFORMAZIONE TECNICA IL GENEPÌ, L’AGRICOLTURA DELLE VETTE Moreno Soster Direzione Sviluppo dell’Agricoltura Settore Servizi di Sviluppo Agricolo Ricerca finanziata dalla Regione Piemonte L’ambiente montano, con le sue terre alte che significano pendii e basse temperature, rappresenta un banco di prova impegnativo per l’agricoltura. In genere le colture e gli allevamenti montani si sono sviluppati a partire dall’adattamento di piante e animali addomesticati in ambienti più favorevoli di pianura e collina. Un percorso quindi di salita, dal piano al monte, di sistemi e modelli produttivi. Il genepì ha una storia opposta. Il gruppo di lavoro sul genepì è composto da Regione Piemonte (M.Soster, G.Giannetti), Università di Torino Dipartimenti AgroSelviTer (S.Nicola, E.Fontana), DIVAPRA (G.Tamietti, D.Valentino), Scienza e Tecnologia del farmaco (C.Bicchi, P.Rubiolo) - Associazione Genepì Occitan (P. Bordiga, G.Nicola, S. Filippi, P.Rovera) , Laboratorio chimico della CCIAA di Torino (P.Piatti, A. Dardanello), Province di Cuneo (L. Barbero) e di Torino (A.Turchi, L.Cavallo). Il genepì Pianta spontanea che vive in ambienti poveri di alta quota oltre i 2000 metri, è stata raccolta per secoli dalle popolazioni locali per ottenerne, dopo essiccazione e mediante infusione in alcol, l’omonimo liquore aromatico e corroborante. Dalla produzione famigliare di liquori basata sulla raccolta di piante spontanee, intorno alla metà del ‘900, si sviluppa una produ- zione artigianale di piccole aziende che richiedono maggiori quantità di materia prima e quindi danno l’avvio alle prime col- tivazioni di genepì. Delle 5 specie comune- mente riconosciute come genepì, sola- mente una – l’Artemisia umbelliformis o mutellina o laxa (genepì bianco o femmi- na)- si presta alla coltivazione, che avviene di solito a quote più basse di quelle in cui la pianta vive spontaneamente. E’ uno dei rari casi in cui una pianta scende a quote inferiori per essere coltivata e questo, come vedremo, ha alcune importanti conse- guenze. Il genepì bianco è una pianta cespitosa con una rosetta basale di foglie, di colore verde chiaro, coperta da una pelu- ria (tomento) bianca sericea; presenta numerosi steli sui quali sono inseriti i capo- lini peduncolati dei fiori che sono di colore giallo. Tutta la pianta contiene le sostanze aromatiche utili alla produzione del liquo- re. Per necessità oggettive, si deve accon- tentare di poco: terreni magri, poco sole, temperature rigide, precipitazioni violente, un lungo inverno. Con il tempo la sua fisio- logia si è abituata a queste condizioni ambientali e quindi il suo adattamento alla coltivazione non è così semplice. D’altra parte la volontà attuale dei trasformatori regionali è quella di sviluppare l’attività, ottenendo i liquori secondo il metodo tra- dizionale ma con tecnologie innovative. Pertanto richiedono piante in quantità incompatibili con la sola raccolta di esem- plari spontanei e di qualità elevata, ossia caratterizzate nella loro composizione per orientare la tecnica liquoristica ed elevare il profilo sensoriale del prodotto finale. Per favorire la creazione di nuove conoscen- ze e sostenere l’evoluzione di questa parti- colare filiera agro-artigianale, la Regione Piemonte ha avviato, e coordina, un pro- getto di ricerca dal titolo “GENEPY. Sviluppo innovativo dei processi produttivi e di trasformazione del genepì del Piemonte” svolto attraverso un’ampia collaborazione interdisciplinare e interprofessionale. Le attività sperimentali si avvalgono della rete di campi dimostrativi realizzati dai servizi tecnici delle Province di Cuneo e Torino ed hanno lo scopo di fornire indicazioni tecni- che per una razionale coltura che tenga conto delle specificità botaniche del genepì e della sua collocazione in aree difficili e fra- gili da un punto di vista ambientale, colle- gandola strettamente alle successive fasi di produzione del liquore. L’attività ha una durata triennale (2006-2008) ma abbiamo già alcuni primi risultati.

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�INFORMAZIONETECNICA

IL GENEPÌ, L’AGRICOLTURA DELLE VETTE

Moreno SosterDirezione Sviluppo dell’AgricolturaSettore Servizi di Sviluppo Agricolo

Ricerca finanziata dalla Regione Piemonte

L’ambiente montano,con le sue terre alteche significano pendiie basse temperature,rappresenta un bancodi prova impegnativoper l’agricoltura. Ingenere le colture e gliallevamenti montani sisono sviluppati apartiredall’adattamento dipiante e animaliaddomesticati inambienti piùfavorevoli di pianura ecollina. Un percorsoquindi di salita, dalpiano al monte, disistemi e modelliproduttivi. Il genepìha una storia opposta.

Il gruppo di lavoro sul genepì è composto daRegione Piemonte (M.Soster, G.Giannetti),Università di Torino – DipartimentiAgroSelviTer (S.Nicola, E.Fontana), DIVAPRA(G.Tamietti, D.Valentino), Scienza eTecnologia del farmaco (C.Bicchi, P.Rubiolo) -Associazione Genepì Occitan (P. Bordiga,G.Nicola, S. Filippi, P.Rovera) , Laboratoriochimico della CCIAA di Torino (P.Piatti, A.Dardanello), Province di Cuneo (L. Barbero) edi Torino (A.Turchi, L.Cavallo).

Il genepìPianta spontanea che vive in ambientipoveri di alta quota oltre i 2000 metri, èstata raccolta per secoli dalle popolazionilocali per ottenerne, dopo essiccazione emediante infusione in alcol, l’omonimoliquore aromatico e corroborante. Dallaproduzione famigliare di liquori basatasulla raccolta di piante spontanee, intornoalla metà del ‘900, si sviluppa una produ-zione artigianale di piccole aziende cherichiedono maggiori quantità di materiaprima e quindi danno l’avvio alle prime col-tivazioni di genepì. Delle 5 specie comune-mente riconosciute come genepì, sola-mente una – l’Artemisia umbelliformis omutellina o laxa (genepì bianco o femmi-na)- si presta alla coltivazione, che avvienedi solito a quote più basse di quelle in cui lapianta vive spontaneamente. E’ uno deirari casi in cui una pianta scende a quoteinferiori per essere coltivata e questo, comevedremo, ha alcune importanti conse-guenze. Il genepì bianco è una piantacespitosa con una rosetta basale di foglie,di colore verde chiaro, coperta da una pelu-

ria (tomento) bianca sericea; presentanumerosi steli sui quali sono inseriti i capo-lini peduncolati dei fiori che sono di coloregiallo. Tutta la pianta contiene le sostanzearomatiche utili alla produzione del liquo-re. Per necessità oggettive, si deve accon-tentare di poco: terreni magri, poco sole,temperature rigide, precipitazioni violente,un lungo inverno. Con il tempo la sua fisio-logia si è abituata a queste condizioniambientali e quindi il suo adattamento allacoltivazione non è così semplice. D’altraparte la volontà attuale dei trasformatoriregionali è quella di sviluppare l’attività,ottenendo i liquori secondo il metodo tra-dizionale ma con tecnologie innovative.Pertanto richiedono piante in quantitàincompatibili con la sola raccolta di esem-plari spontanei e di qualità elevata, ossiacaratterizzate nella loro composizione perorientare la tecnica liquoristica ed elevare ilprofilo sensoriale del prodotto finale.Per favorire la creazione di nuove conoscen-ze e sostenere l’evoluzione di questa parti-colare filiera agro-artigianale, la RegionePiemonte ha avviato, e coordina, un pro-getto di ricerca dal titolo “GENEPY.Sviluppo innovativo dei processi produttivi edi trasformazione del genepì del Piemonte”svolto attraverso un’ampia collaborazioneinterdisciplinare e interprofessionale. Leattività sperimentali si avvalgono della retedi campi dimostrativi realizzati dai servizitecnici delle Province di Cuneo e Torino edhanno lo scopo di fornire indicazioni tecni-che per una razionale coltura che tengaconto delle specificità botaniche del genepìe della sua collocazione in aree difficili e fra-gili da un punto di vista ambientale, colle-gandola strettamente alle successive fasi diproduzione del liquore. L’attività ha unadurata triennale (2006-2008) ma abbiamogià alcuni primi risultati.

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Le tipologie di genepìcoltivato e primeindicazioni per lacoltivazioneAttualmente sono disponibili due tipologiedi piante: i genepì di origine svizzera o RAC,frutto di una selezione clonale condotta allafine degli anni ’80 dalla Station fédérale de

Recherches Agronomiques de Changins(CH), ed i genepì autoctoni, popolazionilocali raccolte e sottoposte ad una primaselezione massale condotta da alcune azien-de di coltivazione e denominate comune-mente con la zona montana di origine (ValGesso, Val Chisone, Val Soana, Elva). Al finedi assicurare il mantenimento delle diversetipologie di genepì, sia a scopo scientifico-

divulgativo sia per il reperimento del seme, ilprogetto sta realizzando un campo-catalogodi tutto il materiale attualmente coltivato.La quota ottimale di coltivazione è stataindividuata tra i 1500 ed i 2000 metri, su ter-reni con esposizione a Sud, che consentanoun rapido scolo delle acque di precipitazio-ne. Generalmente ad una quota di 1500metri le coltivazioni sembrano fornire piantecon una maggiore concentrazione di oliessenziali a cui corrisponde tuttavia unaminore densità di infiorescenze per rosetta.Viceversa quando i terreni sono troppo ferti-li favoriscono un maggiore sviluppo vegeta-tivo delle piante con una minore concentra-zione di oli. In pratica si cerca di riprodurre lecondizioni originarie di vita del genepì,migliorandole di quel poco che consentauna produzione coerente con l’economicitàdella coltura. Ma senza esagerare, poichél’artemisia non è abituata alle temperaturepiù elevate di quote più basse e nemmenoalla fertilità dei suoli, per cui questi elementidevono essere attentamente valutati perevitare il fallimento della coltivazione.

L’indispensabileproduzione del semeUn tema di rilevante interesse per favorire losviluppo della coltura è quello di assicurare

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Fig. n. 1 - Contenuti di costunolide riscontrati nei liquori (Università di Torino – Dip. Scienza e tecnologia del farmaco)

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Fig. n. 2 - Valori normalizzati di alcune componenti chimiche nelle piante di genepì (Università di Torino – Dip. Scienza e tecnologia del farmaco, Laboratorio della CCIAA diTorino)

Fig. n. 3 - Valori normalizzati di alcune componenti chimiche nei liquori ottenuti dalle piante di genepì (Università di Torino – Dip. Scienza e tecnologia del farmaco,Laboratorio della CCIAA di Torino)

una corretta produzione di seme. Questodeve essere ottenuto da piante vigorose eben fiorite, giunte a completa maturazione,con una raccolta svolta in giornate soleggia-te e asciutte. Il seme raccolto deve esserepulito dalle principali impurità (foglie, fiori,rametti) e quindi sottoposto ad una succes-siva selezione accurata. Specifiche provesperimentali hanno dimostrato che i semiche presentano una minore umidità (intor-no al 10 %) sono quelli che assicurano la piùelevata germinabilità e quindi una miglioreresa in vivaio. Dopo la pulizia i semi devonoessere conservati in sacchetti di tela e in celle

a bassa temperatura (4°C). Il progetto pre-vede la realizzazione di un primo centro dipreparazione e confezionamento del semecurato dalla Associazione Genepì Occitan,con la supervisione dell’Università di Torino.

Il ciclo della colturaLa semina avviene in serra nel mese dimarzo, quindi il trapianto in campo è effet-tuato in giugno. In questo primo anno lapianta si sviluppa solo vegetativamente.Nel secondo anno, a giugno-luglio, avvienela prima fioritura a cui segue la raccolta

delle infiorescenze. Nel terzo anno avvienela seconda fioritura e l’ultima raccolta, inquanto negli anni successivi si manifestauna elevata mortalità delle piante che nonrende più economica la coltivazione.Le annate con estati siccitose, frequenti inquest’ultimo periodo, hanno stimolatonuove modalità di trapianto autunnale checonsentono migliori attecchimenti dellacoltura. In questo caso, tuttavia, nell’annosuccessivo al trapianto la pianta avrà unosviluppo vegetativo senza fioritura e quin-di, di fatto, si ha la perdita di un anno diproduzione.

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Punti deboli della colturaLa lentezza di sviluppo del genepì nelle fasiiniziali, abituato com’è a condizioniambientali spesso proibitive che tuttavialimitano la competizione con altri vegetali,lo rende molto sensibile alle malerbe checolpiscono qualunque coltura. L’attivitàcondotta ha dimostrato che la pacciamatu-

ra, ossia la copertura del terreno con teli oaltro materiale coprente che preclude losviluppo di piante infestanti, è indispensa-bile nella coltivazione del genepì. In speri-mentazione si sono usati teli di plasticabianchi, neri o bicolori; questi ultimi risulta-no i migliori in quanto hanno la superficieesterna che riflette l’insolazione e riduce irischi di ustione delle piante, mentre la fac-

cia interna è nera e limita la fotosintesidelle infestanti. L’inconveniente è che sonopiù costosi e meno diffusi degli altri. Unaltro aspetto importante è che a quoteinferiori aumentano i rischi di attacchi daparte di funghi ed insetti: gli studi condottihanno rilevato malattie sia della radice(Rhizoctonia) che della parte aerea(Puccinia ed una Peronospora recentemen-te segnalata dal gruppo di studio) durantela coltivazione, sia nella fase di conserva-zione delle piante per la successiva trasfor-mazione (Fusarium, Cladosporium,Alternaria); gli insetti che possono creareproblemi sono i maggiolini (Melolonthamelolontha) ed i tortricidi defogliatori(Tortrix spp.).

La raccolta el’essiccazioneA fioritura avanzata, quando il colore viradal giallo vivo ad una tonalità più scura, leinfiorescenze sono asportate alla basemediante l’uso di forbici. I diversi tipi digenepì, a parità di quota di coltivazione,fioriscono in momenti differenti nell’arco di10 giorni. La produzione ottenuta dalleprove sperimentali, condotte negli anniscorsi dai tecnici delle Province di Cuneo eTorino, varia tra i 200 e i 750 g/m2 di pian-ta fresca. Le infiorescenze raccolte sonosottoposte ad essiccazione per le successi-ve fasi di commercializzazione e trasforma-zione: questa avviene o in maniera tradi-zionale in locali asciutti e areati per 10-15giorni oppure artificialmente medianteessiccatoi in pochi giorni. La resa in piantasecca, rispetto al peso del raccolto fresco, èvariabile dal 25 al 40%.

Dalla pianta al liquoreIl progetto regionale ha voluto approfon-dire alcuni aspetti relativi alla composizio-ne analitica delle piante, in relazione adalcune componenti amare ed aromatiche,al fine di fornire all’industria di trasforma-zione alcuni elementi oggettivi di orienta-mento nella preparazione dei liquori. Perfare questo si sono analizzate le piante fre-sche, quelle essiccate ed infine i liquori. Siè avuta conferma che esistono alcune

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componenti chimiche che sono presenti inmaggiori quantità e che seguono tutto ilpercorso della filiera dalla pianta al liquo-re. Pur con un solo anno di ricerca è emer-so che i genepì di tipo svizzero presentanorelativamente poche componenti in quan-tità consistenti (1,8 -cineolo, borneolo,terpinen-4-olo tra gli elementi aromatici;costunolide tra quelli amari) ma soprattut-to contengono pochissimo tujone, sostan-za sottoposta a limiti di legge in quantotossica ad elevate concentrazioni.Viceversa i genepì di origine autoctonapresentano un ampio bouquet di sostanzearomatiche in piccole quantità, minorepresenza di costunolide e maggiori quan-tità di tujone. Alla luce di tali osservazioniemerge l’indicazione che la preparazionedel liquore deve partire dalla miscela digenepì appartenenti a tipologie differenti,al fine di assicurare un prodotto finale checontemperi le aspettative di qualità senso-riali del prodotto (olfattive, gustative) conla sua sicurezza di consumo.

L’analisi sensorialeI liquori sperimentali sono stati ottenuti dagenepì di tipi diversi (2 svizzeri e 2 autocto-ni) coltivati in ambienti diversi (3 localitàdella provincia di Torino e 2 di Cuneo). E’stata preparata una infusione in soluzioneidroalcolica a 90° con 35 g di pianta seccaper litro di soluzione. Dopo 60 giorni l’infu-so è stato filtrato e quindi aggiunto di unamiscela di acqua, zucchero e alcol per otte-nere il liquore finale con i seguenti conte-nuti: alcol 35% v/v, zucchero 20% p/v,piantine di genepì 10g/l.Una prima analisi sensoriale dei liquori haevidenziato come non sia possibile distin-guere i prodotti ottenuti da piante dellostesso tipo coltivate in diverse località, vice-versa sono perfettamente distinguibili iliquori ottenuti da piante diverse coltivatenella stessa località: sembra quindi, dopoun solo anno di prove, che sul profilo sen-soriale del liquore “pesi” di più il tipo digenepì da cui si parte piuttosto che la loca-lità di coltivazione.

Il progetto regionale “GENEPY. Sviluppoinnovativo dei processi produttivi e di tra-

sformazione del genepì del Piemonte”opera in chiave interdisciplinare ed inter-professionale per favorire la coltivazionedel genepì nella montagna piemontese alfine di:– fornire una coltura alternativa e un incre-

mento di reddito alle aziende agricolemontane;

– sostenere le aziende regionali produttricidi liquori che siano ottenuti secondo il

metodo tradizionale ma con processi etecnologie innovative;

– ampliare la commercializzazione delgenepì di produzione regionale, puntan-do su elevati standard qualitativi.

E’ un percorso condiviso di creazione diuna piccola filiera tecnicamente avanzatache assicuri trasparenza, reddito per lamontagna, qualità del prodotto e sicurezzadel consumatore. �

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