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    numero 24 anno IV - 27 giugno 2012

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    L.B.G.MILANO: QUANDO ARRIVA LA FINE DEL PEGGIO?

    Elena SaratiBUROCRAZIA COMUNALE E FORMAZIONE: DA OSTACOLO A RISORSA

    Ileana AlessoLA FINE DEL MASCHILISMO POLITICO. UNA SENTENZA E POI?

    Elena GrandiGIARDINI CONDIVISI E ORTI URBANI: UN PROGETTO ANDATO IN PORTO

    Antonio PivaROM GENTI LIBERE TRA PREGIUDIZI E REALT COMPLESSE

    Barbara MapelliUOMINI IN EDUCAZIONE: LA SCOMPARSA DI UN GENERE

    Valentino BallabioPOLITICA, IPERPOLITICA E ANTIPOLITICA

    Gianluca BozziaSOLDI E PARTITI. TUTTI I NUMERI DEL PD

    Ilaria Li VigniSCUOLA: UN FUTURO SENZA SPERANZA?

    Sergio ViolanteAPERITIVI IN PIAZZA: I LIKE MOVIDA

    VIDEOUN APERITIVO IN PIAZZA AFFARI A MILANO

    COLONNA SONORAGelem gelem

    La Banda degli ottoni a scoppio - Milano

    Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit

    MUSICA a cura di Paolo ViolaARTE a cura di Virginia ColomboLIBRI a cura di Paolo Bonaccorsi

    TEATRO a cura di Emanuele AldrovandiCINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia

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    MILANO: QUANDO ARRIVA LA FINE DEL PEGGIO?Luca Beltrami Gadola

    Alla fine della settimana, che per noidi ArcipelagoMilano va da un mer-coled allaltro, pensando a un edito-riale vien sempre un dubbio: affron-tare un solo tema o seguire la cro-

    naca cittadina che offre spunti infinitiin omaggio al vecchio adagio che alpeggio non vi limite? Per non farela figura dei tuttologi in genere sipreferisce parlare di un solo argo-mento ma questa settimana proprionon si pu.Eccoci dunque alla nostra cronichet-ta. Tanto per non sbagliare parliamoun po di Expo, brevemente. Pernon perder tempo leggete quique-sto delizioso documento prodotto daExpo e fermatevi ai paragrafi 4 e 6(ma non trascurate gli altri). Il 4.

    Sustainable food pavilion - 5.000mq espositivi io lo reintitolereiCome un Paese senza idee e sen-za politica appalta il suo pensiero adaltri. Chi non capisse perch lo dicomi scriva senza timori, sar prodigodi spiegazioni. Al paragrafo 6. Chil-dren park - 7.500mq, io gli aggiun-gerei un sottotitolo: Bimbi se que-sto quello che sulla fame nelmondo vi mostrano i vostri genitori,anche se non sapete ancora cosa ,vi dico che finirete sulla Zattera del-la Medusa a mangiarvi lun laltro.Passiamo oltre e andiamo a inciam-pare nella nomina e successive di-missioni di Luigi Roth a Commissa-rio del Padiglione Italia. Un regaloavvelenato di Mario Monti ai mila-nesi. Una sola considerazione: per-ch lui? A parte la salda amiciziacon Formigoni che lo volle forte-mente ai vertici di Fiera Milano con irisultati di bilancio che conosciamo,Roth forse luomo che in Italia ri-copre il maggior numero dincarichi

    in consigli di amministrazionedimportantissime banche e aziendepubbliche e private (tanto per citarele pi note: presidente di Banca Po-polare di Roma, Gruppo CARIFE e

    consigliere di amministrazione diMediobanca, Gruppo BPER, presi-dente di Terna spa, presidente diTELAT Srl, consigliere di ammini-strazione in Pirelli & C. spa, consi-gliere di amministrazione di Auto-strada Torino Milano spa). Eppuregli avanzava ancora un po di tempoper occuparsi del padiglione Italia.Ma qual era stato il suo primo atto?Protestare per la scarsit di fondi asua disposizione per lo staff che gliera necessario e poi la pressanterichiesta di avere mano libera negli

    appalti. Non ottiene quello che vuoleallora sbatte la porta e se ne va.Avanti un altro! Speriamo che que-sta volta si scelga qualcuno che ac-cetti la scommessa di fare quel chesi pu al meglio con i denari che cisono. I campioni del far bene pa-gando a pi di lista sono molti, gliingegnosi e parsimoniosi rari ma cisono. Magari anche un po pi gio-vani e pronti a metterci la faccia erischiare.Ma se invece nel Governo qualcunocrede che abbia ragione Roth, enon solo per il padiglione Italia, lodica a voce alta e chiudiamo su ba-racca e burattini prima che si ripeta-no altre buffonate. Vi ricordate i ca-pricci di Lucio Stanca, gi ammini-stratore delegato di Expo, che vole-va a tutti i costi un lussuoso ufficio aPalazzo Reale, poi smantellato, manon voleva rinunciare allo stipendiodi parlamentare e accontentarsi de-gli emolumenti, grassocci, di Expo?Che cosa dobbiamo vedere ancora?

    Veniamo ad altro: il bilancio comu-nale e le opposizioni. Strillano a di-fesa delle loro famiglie elettorali,normale, lItalia familista. Io pervorrei che anche loro rispondessero

    alla domanda che Mario Monti hafatto a Bologna al meeting di Re-pubblica rivolgendosi ai passati Go-verni: Ma dove sono finiti tutti i soldiche avete speso negli ultimi anni?.Noi ci ricordiamo le vendite delleaziende comunali? Dove sono finititutti gli oneri di urbanizzazione in-cassati (e quelli ai quali si rinun-ciato!) mentre colava cemento suMilano e si riduceva il sottosuolourbano a una gruviera di box?Lelenco sarebbe lungo.Tocchiamo ora due argomenti sgra-

    devoli: i generosi emolumenti di Lis-sner e la visita del Dalai Lama. Si vadicendo che la popolarit di GiulianoPisapia sia in calo. Che lo sia per itagli al bilancio era inevitabile: la-crime e sangue ricadono sempre suchi mette a posto i conti ma il casoLissner e Dalai Lama ce li potevamorisparmiare. Attenzione, il colore a-rancio pu anche sbiadire.Dellultima quisquilia - il celesteFormigoni non parlo. Normalmen-te con lavvicinarsi delle vacanzeestive e le ferie parlamentari tuttorallenta ma forse questa vicenda ciriserva qualche brivido estivo percombattere lafa di questi giorni:peccato che larchitettura istituzio-nale della Regione non consenta,come ai bei tempi della DC, un go-verno (regionale in questo caso)balneare. Era un piccolo sollievo inattesa de linverno del nostro scon-tento.

    BUROCRAZIA COMUNALE E FORMAZIONE: DA OSTACOLO A RISORSAElena Sarati

    Quando si parla di formazione delpersonale, quasi sempre ci si riferi-sce a una leva strategica per losviluppo delle competenze e per ilmiglioramento delle organizzazioni.Se per si scende dal piano delledichiarazioni a quello della realt, lecose appaiono diverse: una veracultura della formazione fatica anco-ra a farsi strada.In particolare per quanto riguarda lePubbliche Amministrazioni, la for-mazione, anzich strumento fonda-mentale di modernizzazione e inno-vazione, rischia oggi di essere vistacome un costo: una tendenza che

    corre parallela a una diffusa rappre-sentazione negativa del Settorepubblico e di chi vi opera. un fattoche i tagli (lineari) dal 2010 hannodimezzato gli investimenti formativi.In questo quadro, lesigenza - quasiuna scommessa - diventa pensare auna formazione di qualit, incisiva,con risorse sempre pi scarse. possibile, insomma, fare bene conpoco anche nella formazione?La risposta si, a condizione diessere decisamente controcorren-te: proprio in questo momento sto-rico, il Personale della PA e le suecompetenze devono essere visti

    come una preziosa opportunit. Eproprio di fronte alla scarsit di in-vestimenti, necessario che la for-mazione incida sui reali processi dilavoro. Questi due aspetti, assolu-tamente collegati, aprono quattrostrade possibili.La prima: pensare alla formazionecome a un progetto di cambiamen-to. Non serve una formazione gene-rica per temi (ormai molti contenutisono reperibili gratuitamente in re-te), ma interventi mirati che intercet-tino e sostengano i reali processi dicambiamento. Solo per fare alcuniesempi: il ruolo sempre pi centrale

    http://www.arcipelagomilano.org/wp-content/uploads/2012/06/SITO_AREE-TEMATICHE.pdfhttp://www.arcipelagomilano.org/wp-content/uploads/2012/06/SITO_AREE-TEMATICHE.pdfhttp://www.arcipelagomilano.org/wp-content/uploads/2012/06/SITO_AREE-TEMATICHE.pdfhttp://www.arcipelagomilano.org/wp-content/uploads/2012/06/SITO_AREE-TEMATICHE.pdf
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    della dirigenza, i meccanismi di va-lutazione e gestione del personale,limpatto delle tecnologie nei pro-cessi di lavoro e nei sistemi di com-petenze, il cambiamento nei conte-nuti di alcuni ruoli (si pensi a chinasce come erogatore diretto diservizi al Cittadino e, con la esterna-lizzazione di tali servizi, diventatocontrollore, gestore di altri Sog-getti erogatori), etc.La seconda: far leva sulle compe-tenze gi presenti nelle Amministra-zioni trasformandole in bene co-mune. Come? Facilitando, comegi avviene in diversi casi, la circo-lazione dei saperi (per esempiopuntando sullo sviluppo di docentiinterni) e delle buone pratiche (adesempio prevedendo delle testimo-nianze, racconti di progetti di suc-cesso, anche oltre i confini dellesingole amministrazioni): le nuove

    tecnologie, molte delle quali opensource (e quindi a costo zero), pos-

    sono essere un valido supporto allaconservazione, condivisione e pro-duzione di conoscenza.La terza: utilizzare la formazioneproprio a supporto di processi di mi-glioramento e innovazione che pos-sono partire dallinterno dellammi-nistrazione, da chi conosce i nodicritici e le opportunit nascosti neiprocessi di lavoro e le possibili solu-zioni, e pu, se adeguatamente so-stenuto con progetti mirati, metterlea confronto, svilupparle, contribuen-do a produrre cambiamento orga-nizzativo.La quarta: usare la formazione persostenere strategie di rete tra diver-se Amministrazioni (che dividanoanche i costi dellinvestimento for-mativo), oggi chiamate a una ancorpi decisa collaborazione. quicentrale ad esempio la formazionedi manager pubblici in grado di ge-

    stire in una logica di policy network,capaci, insieme ai politici, di produr-

    re politiche pubbliche e progetti diinnovazione che si radichino sul ter-ritorio e coinvolgano i diversi attori,Enti pubblici, Privato e Privato so-ciale, Cittadini.Perch tutto ci avvenga neces-sario che la dirigenza pubblica sioccupi di formazione, ne sostengail peso strategico, entri nella proget-tazione formativa garantendone ilcollegamento con i processi di lavo-ro. In sostanza, si faccia agentepromotore di una cultura della for-mazione pi incisiva. Qualsiasicambiamento deve partire da qui.

    * Il tema stato al centro del dibatti-to in una recente iniziativa milanese,dedicata allinnovazione della Pub-blica Amministrazione (organizzatadalla rivista Dialoghi,www.dialoghi.org, e patrocinata dalComune di Milano).

    LA FINE DEL MASCHILISMO POLITICO. UNA SENTENZA E POI?Ileana Alesso

    Lui, lei, laltro. Lui, il Presidente de l-la Regione Lombardia. Lei, la de-mocrazia paritaria. Laltro il Consi-glio di Stato, supremo organo dellagiustizia amministrativa. Lui chegioca di espedienti. Lei che attende

    che arrivi oggi quel che stato pro-messo ieri ma rinviato sempre a undomani che non arriva mai. Laltroche fiuta gli espedienti, perde la pa-zienza e condanna il Presidente &la Regione.Lui che nel marzo scorso fa i rimpa-sti di fine stagione e rivoluziona lagiunta regionale passando dallorigi-nario rapporto di 1 a 15, 1 donna e15 uomini, al rapporto di ben 2 don-ne e 14 uomini. Sa che dalliniziodellanno il Consiglio di Stato gli hamandato a dire che questa situazio-ne illegale poich viola in un sol

    colpo norme europee, nazionali elocali, oltre a violare lo Statuto daegli stesso pubblicizzato e unico, tragli statuti regionali di nuova genera-zione, a portare la dizione dellaDemocrazia paritaria da raggiun-gersi attraverso il riequilibrio di ge-nere negli organi del governo re-gionale. Lui sa che, nella causa ra-dicata da pi associazioni e da cit-tadine lombarde, si avvicinaludienza del 17 aprile al Consigliodi Stato con il conseguente ripristinodella legalit mediante decapitazio-

    ne della giunta regionale.Ecco allora lespediente: cambiarele carte in tavola e mutare la situa-zione. Ovviamente mutarla il minimo

    indispensabile - passando quindi dauna a due donne - giusto per sbar-rare il passo al Consiglio di Statoche per ragioni processuali (che sa-rebbe qui noioso riassumere) nonpu pi decapitare alcunch. Solo

    che il Consiglio di Stato pur non po-tendo azzerare la giunta illegittimanon chiude, come potrebbe, la parti-ta con due paginette rinviando laquestione a una ulteriore causa da-vanti al Tar Lombardia come la pro-cedura prevede.No, il Consiglio di Stato affrontacomunque il merito della questionee in undici pagine redige una sen-tenza storica (n. 3670 della QuintaSezione, rintracciabile suwww.ilcorpodelledonne.net). Unasentenza oggettivamente ricono-sciuta come un punto di svolta de-

    stinata a rimanere negli annali deldiritto delle pubbliche amministra-zioni: a ricordare alla politica i suoiconfini, a evidenziare che la discre-zionalit degli amministratori va e-sercitata entro i binari delle leggi.Persino di quelle leggi che sembra-no riguardare solo il genere femmi-nile mentre riguardano invece lacomunit trattandosi di norme chemirano alla formazione di squadremiste, con pari dignit numero egrado, unanimemente individuatecome il migliore mix per pi soddi-

    sfacenti innovazioni e risultati spe-cie in un ambito pubblico istituzio-nalmente preposto a occuparsi delbene comune.

    E dunque quali limiti il Consiglio diStato ha ricordato alla politica? Inprimo luogo il rispetto della legalitpolverizzando il tentativo di far pas-sare la scelta della nomina degli as-sessori sottraendola al controllo di

    legalit dei cittadini e dei giudici. Ladiscrezionalit ha un limite: i Presi-denti delle Regioni, delle Province ei Sindaci hanno naturalmente il dirit-to di scegliere gli assessori sullabase di un ovvio rapporto di fiduciama nellambito delle leggi vigenti edunque non possono addurre la di-screzionalit o la fiduciariet per en-trare nellarbitrio ovvero per svicola-re dal controllo democratico dei cit-tadini, singoli o associati, sul propriooperato. Il che allevidenza lapa-lissiano in uno Stato di diritto malostinazione della Regione Lombar-

    dia e del suo Presidente miravanoad attestare la discrezionalit suposizioni di impunit.Altro aspetto significativo della sen-tenza che, come componente delpool di avvocate che ha curato lacausa sia la Tar Lombardia che alConsiglio di Stato, mi fa piacere ri-cordare che per riequilibrio di ge-nere si deve intendere la sostan-ziale approssimazione alla met tradonne e uomini giungendo cos allapressoch totale equiparazione delconcetto di equilibrio di genere con

    quello di democrazia paritaria dettoconfidenzialmente 50e50 ovunquesi decide dal noto progetto di leggedel 2007 dellUDI Unione Donne in

    http://www.dialoghi.org/http://www.dialoghi.org/http://www.ilcorpodelledonne.net/wp-content/uploads/2012/06/Cds-Sentenza-n.-3670.2012.pdfhttp://www.ilcorpodelledonne.net/wp-content/uploads/2012/06/Cds-Sentenza-n.-3670.2012.pdfhttp://www.ilcorpodelledonne.net/wp-content/uploads/2012/06/Cds-Sentenza-n.-3670.2012.pdfhttp://www.dialoghi.org/
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    Italia. Il che significa che questasentenza, ormai definitiva, ha uneffetto legalitario destinato a cam-biare lassetto di tutte le giunte fuori-legge della penisola, che da una

    stima del Sole24 ore del 2009 risul-tavano essere oltre 1.500, spessofrutto di un tratto ipocrita consisten-te, per usare le parole del Consigliodi Stato, nel costume improponibile

    prima sul piano culturale e civile chesu quello giuridico, di affermaregrandi e importanti principi di civiltavanzata per poi disattenderli pun-tualmente in fase applicativa.

    GIARDINI CONDIVISI E ORTI URBANI: UN PROGETTO ANDATO IN PORTOElena Grandi

    Giardini in Transito, Giardino degliAromi, Atelier delle Verdure, Papa-veri Rossi, Rape Metropolitane: par-rebbero nomi di luoghi di Alice nelPaese delle Meraviglie o di una fa-vola nordica che narri di gnomi, fatee creature del bosco. Invece sonosolo alcune delle solide realt (alcu-ne attive gi da qualche anno) chestanno contribuendo alla realizza-zione di un progetto virtuoso e so-

    stenibile: quello dei Giardini Condi-visi. Queste realt hanno dato e da-ranno vita a Milano a nuovi giardini,a orti urbani e didattici, siaallinterno di strutture pubbliche (o-spedali, scuole, ecc), che in areeabbandonate, nelle quali chiunquepotr intervenire e portare il suo fat-tivo contributo: basta che sia armatodi entusiasmo e di qualche attrezzodel mestiere. In cambio di un nuovomodo di vivere e condividere spazicomuni.Chi volesse vedere di cosa stiamo

    parlando, pu andare a Precotto, alGiambellino, nei giardini dellex o-spedale Paolo Pini, in via Montello,a San Cristoforo (lungo il canalescolmatore dellOlona), in via Ter-raggio, in viale Monza, nei cortili dimolte scuole: in centro o in periferia,in luoghi interclusi e a volte nasco-sti, oppure aperti e di grande visibili-t, piccoli o grandi. Si potr imbatte-re in feste allaperto, concerti, man i-festazioni culturali e ludiche, corsi digiardinaggio, picnic, grigliate.Quelli appena citati sono solo alcunidei tanti luoghi dove le associazioni

    hanno gi avviato con successo iloro progetti (anche se con caratte-ristiche di sperimentazione, e dopoavere affrontato non poche difficoltdi ordine burocratico e organizzati-vo).Fino a oggi nella nostra citt nonesisteva alcun regolamento che ri-guardasse e sostenesse questo ge-nere di iniziative virtuose e, nei casiappena descritti, sia i richiedenti chelAmministrazione hanno dovutocercare soluzioni particolari e nongi sperimentate per ottenere quan-

    to desiderato. Dora in poi, finalmen-te, non sar pi cosi: Milano si in-fatti dotata della sua Main Verte(perriprendere il nome dato al primo

    progetto di questo genere dalla Mu-nicipalit di Parigi).Poco pi di sei mesi fa avevo scrittosu queste pagine della crescenterichiesta dei milanesi di partecipareattivamente alla cura e alla rivaluta-zione del verde urbano e delle areedegradate, degli spazi inutilizzati;per farne luoghi di attivit comuni, dicoltivazioni e di svago, di ritrovo e disocializzazione. Quegli spazi, in

    molti casi gi individuati, e alcuni datempo oggetto di interventi sponta-nei, sono stati visti come un benecomune condivisibile nel quale gliabitanti di un quartiere potesserointervenire attivamente.Lidea proposta in quel articolo eradi dotare Milano, al pari di Parigi, diLondra, ma anche di Roma e di al-tre citt italiane, di uno statuto che,evitando il macchinoso iter dei ban-di, consentisse di assegnare ad as-sociazioni o comitati aree degrada-te, dismesse, poco utilizzate, ma

    anche aree a verde che per unaqualche ragione non fossero almomento fruibili ad altri scopi, al fi-ne di trasformarle in luoghi aperti aicittadini e ai quartieri.Lauspicio era quello che il Comuneprovvedesse a redigere un regola-mento in grado di facilitare e dipromuovere queste attivit, il cuivalore educativo e civico innegabi-le e meritevole di attenzione e diappoggio. Ebbene, in questi sei me-si (un tempo davvero breve, quandosi parla di amministrazioni pubbli-che) avvenuto quello che molti di

    noi desideravano.Lavorando in sinergia con le asso-ciazioni presenti sul territorio, il Co-mune si messo allopera: statocreato un tavolo di lavoro al qualehanno partecipato gli Assessorati alDemanio, al Verde, al Decentra-mento, i relativi settori, il Consigliodi Zona 1, alcune delle Associazioniche promuovono la cultura del ver-de, della floricultura, dellorticulturae in genere delle buone praticheambientali; si lavorato sulla bozzadi un documento in gran parte de-

    sunto da quello dei Jardins Parta-gs e della Main Verte parigina, a-dattandolo alla situazione milanese;vi sono stati parecchi incontri duran-

    te i quali si sono cercati, e trovati,accordi tra le differenti entit (politi-che, associative, amministrative)sulle modalit di assegnazione, suireciproci diritti e doveri. Si quindigiunti alla stesura di un testo checontiene le linee dindirizzo per ilconvenzionamento con associazionisenza scopo di lucro per la realizza-zione di giardini condivisi su aree dipropriet comunale.

    Tale documento, che stato ogget-to di una Delibera di Giunta votata il25 maggio 2012, consentir di nonaffrontare i limiti burocratici dei ban-di pubblici e di dare in uso gratuitoalle associazioni o ai comitati di cit-tadini che ne facciano richiesta, a-ree che possano diventare giardinicondivisi o orti urbani comuni. Il tut-to con un meccanismo semplice,agile, veloce, caratterizzato da unproficuo scambio di assunzioni diresponsabilit e di offerte di servizi.In poche parole: le associazioni in-

    dividueranno un terreno, presente-ranno un progetto di sistemazione edi utilizzo, che deve comprendereanche le modalit di apertura alpubblico e al quartiere, i servizi of-ferti, la manutenzione dellarea, lagaranzia di una reale fruibilit e par-tecipazione della cittadinanza alleattivit previste; lAmministrazionecentrale si far carico delleventualerecinzione dellarea e dellallaccia-mento alla rete idrica, delle grandipotature degli alberi e, nel caso fos-se necessario, della iniziale rimo-zione di masserizie ingombranti; i

    Consigli di Zona valuteranno lacongruit e linteresse del progetto,la sua obbligatoria eco-sostenibilit,ed eserciteranno funzione di con-trollo; infine si proceder alla con-venzione, che potr avere duratavariabile, in base al tipo di area pre-scelta.Credo che possiamo dirci moltosoddisfatti: perch siamo di fronte aun chiaro esempio del nuovo mododi amministrare la citt, che sa av-valersi anche del contributo dei cit-tadini. Un nuovo modo di intendere

    il concetto di partecipazione e cheoltretutto costituisce un modello peranaloghi progetti che riguardano

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    luso temporaneo di immobili in d i-suso e dismessi.E se ci comporter un piccoloscossone alle strutture amministra-tive, notoriamente restie a qualsiasi

    iniziativa che rischi di alterare ritmi emodi di lavorare ormai da tempoconosciuti e consolidati, ben venga. anche attraverso questo genere dicambiamenti che si deve passare,

    se davvero vogliamo cambiare lenostre citt e i criteri della loro ge-stione.

    ROM GENTI LIBERE TRA PREGIUDIZI E REALT COMPLESSEAntonio Piva

    Prendo spunto dal saggio di SantinoSpinelli Rom Genti Libere e dalconvegno Rom e Sinti, Una Indagi-ne Nazionale tenutosi il 11 e 12giugno alla Triennale di Milano perfare alcune riflessioni su un temache suscita spesso irritazione a co-loro che rifiutano largomento.Per nulla intimidito da questo atteg-giamento negativo nellultimo annodel mio insegnamento ad Architettu-ra e Societ ho partecipato a un la-boratorio di progettazione al primo

    anno con Vittorio Prina, Elena Cao,Paolo Golinelli dedicato alla proget-tazione di un piccolo insediamentoresidenziale a Cascina San Grego-rio in un terreno del parco Lambro aridosso della tangenziale Nord.Larea dovrebbe essere destinataallospitalit di una ottantina di Romche aspirano a integrarsi nella no-stra citt.Senza la pretesa di voler risolvereun problema trascurato e semprepi spinoso, con Patrizia Quartieridel Comune di Milano, Don Massi-

    mo Mapelli del CEAS, Suor ClaudiaBiondi della Caritas Ambrosianaabbiamo cercato di capire, prima diaffrontare il tema progettuale, chifossero i Rom Scinti, quali i proble-mi di carattere sociale, quale potes-se essere una possibile via proget-tuale sperimentale che potesse veri-ficare la possibilit di un programmamilanese integrato.Il temine Rom significa uomo, Sintiprende nome da una regione (Sind)del Pakistan. L85% dei Rom arriva-no da noi dalla Europa dellEst, diquesti il 62% provengono dalla Ro-mania e il 24% dalla Bulgaria.Il testo di Spinelli documenta il per-corso di genti che tramandano la

    loro storia solo per via orale. Non visono documenti certi sulle loro ori-gini antiche. Introduce il tema delnomadismo che non sembra essereuna vocazione bens, anche nel-lantichit, una necessit.Dediti allallevamento e al commer-cio dei cavalli quando erano lunicomezzo di trasporto di persone e co-se, hanno sempre cercato di miglio-rare con il commercio, le attivit cir-censi, il lavoro artigianale le lorocondizioni precarie trascurando

    listruzione, la salute, i rapporti con ipaesi ospitanti.Molte Rom, Sinti, Kal, Manou-ches, sono diventati professori uni-versitari e studiosi emeriti: il serboRajko Diuric, professore dellUni-versit di Belgrado, largentino Jor-ge Bernal, linglese Derek Tipler,laustraliano Ken Lee professore al-luniversit di Newcastel, il lettoneJan Kochanowski, professore uni-versitario prima a Parigi poi a Tou-louse - Le Mirail e altri naturalmen-te scrive Spinelli nel suo libro.

    Il convegno fornisce invece la primaindagine nazionale sulla condizionedi Rom e Sinti realizzata dalla Casadella Carit nellambito del progettoeuropeo EU Inclusive. Si sono af-frontati i temi della Casa, Istruzione,Lavoro, Sicurezza, Pregiudizio. Inciascun capitolo governa il sensodella complessit e la prudenza neiconfronti di soluzioni modello chenon possono essere adottate senon vi saranno occasioni di unasperimentazione che rispetti le ri-sorse, le peculiarit di ciascungruppo distribuito nel nostro territo-rio nazionale.Altri convegni sugli stessi temi sonostati organizzati a Madrid, Sofia,

    Bucarest dove l11 luglio si terr unaconferenza internazionale.Quello che noi generalmente sap-piamo riguarda gli sgomberi i campiabusivi, gli incendi dolosi, i furti, iritrovamenti di rotoli di denaro con-tante e gioielli, refurtive di ogni ge-nere, laccattonaggio. Lincapacit diadattamento alle regole di un paeserappresenta un grosso problemache amplifica lillegalit; la difesadelle proprie tradizioni allontanaqueste genti dalle possibili integra-

    zioni, appesantiti anche dallanalfa-betismo, con quella parte di mondoche li rifiuta per la loro diversit. Leostilit dunque sono reciproche.La scuola sta facendo molto attra-verso linsegnamento ai giovani chela frequentano, le madri iniziano acomprendere quale valore possaassumere per i figli lintegrazione ecercano con ogni sforzo di capire. Inagguato comunque esiste sempreuna forma persistente di razzismoche si insinua in ciascuno di noi an-che in coloro che credono di esser-

    ne immuni.Don Virginio Colmegna ha conclusoil convegno ricordando tutte quelleamministrazioni da Torino a Messi-na che stanno lavorando su questitemi senza pregiudizi. Ce la si pufare dice e gli amministratori con luice la si pu fare. Anche se sulCorriere della Sera del 10 gennaio2012 si legge Miliardari di Parigisulle barricate: no ai campi Romnella nostra via: e mille hanno fir-mato contro il campo nomadi, esistela forza del buon senso e la forzadellumanit delluomo che nel tem-po, attraverso la conoscenza e illavoro, riesce a farcela.

    UOMINI IN EDUCAZIONE: LA SCOMPARSA DI UN GENEREBarbara Mapelli

    Se si parla di uomini in educazione,si parla, soprattutto, di unassenza.Scrive Andrea Marchesi, educatoree supervisore pedagogico. Un col-lega mi racconta che si sono dimes-

    si tre educatori nel giro di poche set-timane e nella sua cooperativa sonodisperati perch non riescono a tro-vare figure maschili (). Entro in

    unaula universitaria, corso di laureain scienze delleducazione, 200 per-sone circa: mi bastano le dita percontare gli uomini presenti. Michiamano per una consulenza pe-

    dagogica in una scuola primaria ()partecipo al collegio docenti: incon-tro solo donne. Una richiesta di su-pervisione in una comunit per mi-

    nori: il coordinatore lunico uomodellequipe. Dalluniversit ai serviziterritoriali fino alla scuola (almenotra scuola dellinfanzia e secondariadi primo grado) sembra di assistere

    allevaporazione degli educatori, allaprogressiva scomparsa di uominiprofessionisti delleducazione. (1)

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    Questa la situazione, eppure non sene parla o se ne parla troppo poco:si tratta di unevidenza invisibile,una realt cos nota, cos scontataal punto da non vederla pie si le-gittima cos, col quasi-silenzio, unfenomeno preoccupante, si impedi-sce di prefigurare interventi e non silascia spazio neppure alla possibili-t di nominare i danni che ne deri-vano.Cominciamo allora a porci alcunedomande: perch si creata questasituazione? E perch non se ne par-la?Si dice - e anche questo appartieneal senso comune - che gli uomininon sono presenti nelle professionieducative perch si tratta di lavoripoco remunerativi e con scarsa vi-sibilit sociale. Questa spiegazionenon sufficiente: i giovani sono alladisperata ricerca di un lavoro e

    quando lo trovano rimangono a lun-go precari e con scarsi guadagni.Nel settore delle professioni educa-tive, invece, c una grande richie-sta di uomini, uno dei pochissimicasi in cui la domanda di lavoro su-pera lofferta.Daltronde il bisogno di guadagniadeguati per gli uomini - e moltomeno per le donne - cela uno stere-otipo e una convinzione, salda madestituita di realt nel contempora-neo, che lega ancora la figura ma-schile al ruolo di bredwinner, colui

    che procaccia il reddito per la fami-glia. Non pi cos: la costruzionedel reddito prevalentemente divisaallinterno della coppia e vi sono ca-si, soprattutto tra i giovani, in cui ladonna guadagna di pi. Dunquenessun dato di realt, solo uno ste-reotipo tenace.Se ne parla poco o nulla per i motivicui accennavo in precedenza, maanche perch le professioni educa-tive appartengono a quellarea dilavori definiti lavori di cura e dellacura se ne occupano le donne. Eci che avviene da sempre apparenaturale, non vi si applica n rifles-sione n critica: cos ed giustoche sia cos.Eppure ora gli uomini mostrano de-sideri fino a poco tempo fa impensa-ti: desiderano essere padri nuovi,desiderano - e lo fanno in molti -prendersi cura dei loro figli e figlie.Questo dato presenta molti signifi-cati, e molte problematiche, che nonposso ora prendere in esame, milimito a porre unaltra domanda:perch questo desiderio maschile di

    cura non si trasferisce negli ambitiprofessionali?Non so rispondere, penso per chela paternit e i compiti di cura checomporta, se vissuta nel nuovo mo-do che ora alcuni uomini si propon-gono, sia un primo passaggio, forseil pi facile e immediato per una tra-sformazione, inevitabilmente radica-le, di quel che significa oggi esseree diventare uomini, per superare lebarriere di genere che hanno detta-to norme e imposto al sesso ma-schile la lontananza dallintimit nel-le relazioni, dalla condivisa interdi-pendenza che caratterizza lesserenel mondo degli umani.Limperativo sii uomonon ha tollera-to cedimenti, non ha dato spazio aigesti, alle parole e alle responsabili-t della cura, ha voluto creare ma-schi che non solo non devono chie-dere mai, ma non devono neppure

    rispondere alle domande di chi habisogno di relazioni accuditive.Questo imperativo ha in realt crea-to figure maschili vulnerabili poichsempre nella necessit di dimostra-re la loro virilit. Una prova conti-nua, che rende la maschilit non ciche si ma ci che si deve essere.E allora? Si tratta ancora di una se-rie di stereotipi, di un problema diculture tradizionali e che non corri-spondono pi alla realt e alle ne-cessit del nostro tempo. Un pro-blema culturale quindi e, come tale,

    superabile, perch le culture, anchele pi tenaci, si possono trasforma-re, adeguare alle nuove domande.Basta che queste domande si co-minci finalmente a porsele. Doman-de serie, che chiedono lo sforzo disuperare lovvio, il gi dato,linvisibilit delle evidenze.Ed urgente farlo perch le assen-ze maschili in educazione creanoproblemi gravi, soprattutto tra chi pi giovane e viene educato o edu-cata in un mondo tutto femminile ecresce nella convinzione che aprendersi cura siano sempre e sol-tanto le donne, che gli uomini nonsanno, possono o vogliono farlo equindi si occupano di altro. Una ca-tena di convinzioni che prolunga neltempo gli stereotipi di genere. E chine subisce i maggiori danni sonoproprio i giovani maschi, sottopostia visioni di toraci maschili gonfi diinutili muscoli, a un potere corrottoma tenacemente maschio, alle ten-tazioni di risolvere i loro problemiattraverso la via della violenza.Che fare dunque? Occorre sradica-re questi stereotipi, apprendere e

    insegnare capacit critica, indurre eindursi il pi possibile a un pensierolibero dalle tradizioni culturalidellessere uomini e donne che an-cora ci ingabbiano. La scuola e lealtre agenzie formative sono i primiluoghi in cui muoversi, ma non facile, perch essere e divenirenuovi uomini appare un compito ar-duo, anche perch manca larga-mente di modelli positivi. Gli inse-gnanti maschi ad esempio, cos po-chi e cos incerti sul loro ruolo dieducatori, soprattutto di chi appar-tiene al loro genere. Ma cos incertianche su quel che significa - in pri-mo luogo per loro - essere uomini.Si pu avviare allora una ricercacomune, tra adulti e giovani. ScriveAndrea Bagni, un insegnante discuola superiore: Il lavoro da farecon i ragazzi, me lo racconto comeil tentativo di contribuire a una libe-

    razione. Aiutare l'apertura dei per-corsi, degli orizzonti. Offrire - cioessere - altri modelli possibili di uo-mo. Che non vuol dire dare direttiveetiche, indicare obiettivi da raggiun-gere, immagini ideali. Non usarela cattedra (qualunque cattedra)per delle prediche, sia pure illumina-te o rivoluzionarie. Saremmo sem-pre all'interno di una gerarchia chenon sarebbe autorevole, perch quil'unica autorevolezza possibile quella che nasce dall'orizzontalitche condivide domande e dubbi. Da

    un non-sapere dell'essere uomini.Cio da un cercare () Forse signi-fica anche continuare a giocare conil genere maschile e con i suoi disa-stri. Non fare come se non esistes-sero - e come se non agissero (...).Attraversare continuamente il confi-ne fra ci che appartiene alla culturadominante e ci che siamo noi. Ovogliamo essere. (2)

    (1) Lo scritto di Andrea Marchesiapparir in un volume, di prossimapubblicazione (ed. Stripes, Milano),dal titolo provvisorio Uomini in edu-cazione, che d conto di un Conve-gno che si tenuto pressolUniversit di Milano Bicocca il 14marzo 2012, promosso dalla Facol-t di Scienze della Formazione e dalCentro interdipartimentale di Studidi genere dellAteneo(2) Andrea Bagni, Didattica dellaliberazione dal potere maschile, in,Stefano Ciccone, Barbara Mapelli,Silenzi. Non detti, reticenze e as-senza di (tra) donne e uomini, E-diesse, Roma 2012, pp.139 -148

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    POLITICA, IPERPOLITICA E ANTIPOLITICAValentino Ballabio

    Nel pieno vigore della seconda re-pubblica Giuseppe DAvanzo scri-veva: la legge di immunit / impuni-t per Berlusconi non un fiore natodal deserto. un pensiero di fondodi cui la cultura politica italiana nonriesce a liberarsi. E non riuscir maia disfarsene, soprattutto nelloppo-sizione di sinistra, () senza ripen-sare con critica severit () a quel-la tentazione giacobina che lha af-fascinata fino a ieri. E che oggi, permano della destra, diventa governo,metodo, cultura e addirittura legge"(La Repubblica, 26 giugno 2003).Tale concezione ha dunque domi-nato il secolo breve fin dal suo ini-zio, da quella rivoluzione contro il

    Capitale alla quale Gramsci ante-poneva la presa egemonica dellecasematte civili e culturali dellasociet. Tuttavia nella fase dellaprima repubblica il primato del to-tus politicus risult temperato dalcarattere di massa dei maggiori par-titi, dal legame con grandi formazio-ni sociali e culturali, sindacali e con-fessionali, garantito dal quadro (al-trimenti detto arco) costituzionale.A partire dagli anni 90 invece il ve-nir meno dei partiti di massa,laffermarsi di leader (Fini, Bossi,

    Berlusconi) estranei allarco costitu-zionale nonch lespulsione delleideologie dallorizzonte dei nuovipartiti hanno portato al ripiegamentoe distacco della politica corrente ri-spetto alla ricerca ideale, alleticapubblica e spesso anche al sempli-ce senso comune. Malgrado nonfossero mancati per tempo i richiamia un rapporto proficuo con la citta-dinanza attiva e riflessiva (per tuttilinvettiva di Nanni Moretti del 2002!)il sistema partitico si raggrumatoin casta, rinchiuso in una ristretta esoffocante tattica iperpolitica. Nonstupisce allora che forme di antipo-litica impegnata e militante nasca-no e crescano per reazione sponta-nea, per naturale resistenza rispettoal cortocircuito di un sistema chiusoautoreferenziale e autoalimentare.Altro fenomeno la disaffezionequalunquista e apolitica, la cuicausa pu essere rintracciatanelloffuscarsi della distinzione de-

    stra-sinistra, nella sostanziale omo-logazione del discorso in un indistin-to pensiero unico. Secondo il poli-tologo Carlo Galli destra e sinistraresistono ancora, per quanto a ri-schio di estinzione, sebbene en-trambe alquanto variegate ricono-scendosi 14 aggettivazioni della de-stra (conservatrice, autoritaria, libe-rista, organicista, ecc.) e ancor pi19 della sinistra (riformista, statali-sta, libertaria, pacifista, ecc.). Dun-que il linguaggio politico e mediaticocontinua a dividersi per inerzia se-condo la diade tradizionale. Ma qual lorigine della distinzione tra de-stra e sinistra nella politica comenella cultura e nel costume? Tenuto

    conto che ancora al tempo della ri-voluzione francese tale suddivisionenon si usava: infatti i giacobini oc-cupavano la parte alta dellas-semblea tanto da meritarsi lappel-lativo di montagnardi.Dovette trascorrere qualche decen-nio affinch il Filosofo classico te-desco lasciasse in eredit la fatidicasentenza: ci che reale razio-nale e ci che razionale reale.Proposizione in apparenza perfet-tamente simmetrica. Tuttavia i gio-vani allievi la superarono dialettica-

    mente e proprio riguardo la sua in-terpretazione si divisero appunto tradestra e sinistra hegeliane. Ladifferenza risiede sul dove metterelaccento: se questo posto sul re-ale lesistente comunque giustifi-cato (il socialismo reale fu lunicorazionale finch non croll e cessdi essere reale). Se laccento po-sto invece sul razionale lesistenteperde realt fino a che non si ade-gui, o almeno si avvicini, al raziona-le (il comunismo labolizione dellostato di cose presente). Cos daGiorgio W. F. Hegel a Giorgio Ga-ber, passando per Carlo Marx eNorberto Bobbio, destra e sinistraprendono forma ed entrano stabil-mente nel linguaggio non solo politi-co.Tuttavia oggi, di fronte alle sfide del-la globalizzazione, le parti appaionotalvolta invertite: una sinistra pi omeno ferma nel difendere valori ediritti acquisiti, e invece una destra

    orientata al cambiamento eallinnovazione, incline essa questavolta ad abolire lo stato di cosepresente ovvero lo stato sociale elassetto democratico costituito.Viene allora capovolta l'interpreta-zione originale: di destra accettare eagevolare il capitalismo reale an-che quando questi tende a evidentiaberrazioni e degenerazioni in ter-mini di ingiustizia sociale, squilibrigeo-politici, derive speculative, di-sastri ambientali; invece di sinistrala critica verso questa realt e losforzo per aspirare a un modellotendenzialmente armonico, equo efunzionale.Ma si sa - mala tempora currunt -

    che pensare a forme e temi dellapolitica basati su semplici valoriquali la coerenza, la correttezza, ildisinteresse, la logica e talvolta ilsolo buon senso espone allo smali-ziato biasimo di utopismo e donchi-sciottismo (il donabbondismo in-vece ampiamente tollerato e ap-prezzato). Per non parlare poi deivalori alti: libert e uguaglianza deicittadini, diritti e doveri civili etico -sociali economici e politici; laddoveil modello iscritto da oltre ses-santanni in cima alle leggi e alle

    istituzioni democratiche. la Costi-tuzione di questa Repubblica:splendida utopia se presa sul serionei valori e nei principi fondamenta-li.Se dunque la Costituzione fosseconsiderata non solo oggetto di unapur doverosa difesa formale bensun modello e una guida per pensareun Paese e un Mondo pi ragione-voli, si porrebbero le basi per un ca-povolgimento dellegemonia delladestra e sarebbe ora - uninver-sione del pendolo della cronistoria,se non della storia. Dunque una di-fesa attiva della Costituzione qualead esempio ripropose GiuseppeDossetti, gi vegliardo e da temporitirato dallattivit politica, nel cul-mine della crisi della prima repub-blica, nei primi anni 90. Purtroppovanamente, visti gli esiti. Ma sareb-be possibile riprovare di nuovo altramonto di questa seconda re-pubblica, forse solo una e mezza?

    SOLDI E POLITICA: TUTTI I NUMERI DEL PD

    Gianluca BozziaSettimo: non rubare. Leggi, norme,regole e sanzioni aiutano a discipli-

    nare il rapporto tra denaro e politica,ma non garantiscono nulla. Negli

    ultimi trentotto anni il legislatore haapprovato sette leggi sul finanzia-

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    mento dei partiti politici (195/1974;659/1981; 515/1993; 2/1997;157/1999; 156/2002; 51/2006), pri-ma della discussione ora in corso alSenato sul disegno di legge 3321.Le questioni ruotano sempre intornoagli stessi concetti: rimborsare lespese elettorali e supportare le atti-vit dei partiti con contributi pubbliciponderati serve a garantirnelesistenza e lautonomia, mentrelimitare e rendere pubbliche le do-nazioni private tutela la libera inizia-tiva allinterno di un contesto di e-quilibri tra il potere delleconomia e ilpotere del popolo. Questo, nel si-stema rappresentativo italiano, regolato attraverso i partiti: tutti icittadini hanno diritto ad associarsiliberamente in partiti per concorrerecon metodo democratico a determi-nare la politica nazionale.Con celerit pari allimportanza del

    tema, dopo oltre sessanta anni, laCommissione Affari Costituzionalidella Camera dei Deputati sta lavo-rando in questi mesi a una disciplinaorganica dei partiti politici. Larticolo49 della Costituzione non ne defini-sce infatti la natura giuridica, lo sta-tuto, il funzionamento e le attivit,n tanto meno indica i metodi di se-lezione del personale e dei candida-ti e le modalit di finanziamento.In attesa degli sviluppi legislativi, lamaggioranza relativa dei cittadini siastiene, mentre una nutrita mino-

    ranza prova a passare alla demo-crazia diretta in salsa telematica(auguri!), rifiutando il finanziamentopubblico abolito dal 90,3% dei vo-tanti al referendum dellaprile 1993e reintrodotto sotto forma di contri-buto per le spese elettorali nel di-cembre dello stesso anno dal Par-lamento.Unaltra significativa minoranza pro-va a coniugare delega e partecipa-zione nella forma del Partito Demo-cratico, sperimentando da oltrequattro anni pratiche politiche che avolte hanno successo, fanno scuolae rischiano di diventare legge pertutti i soggetti politici. Per quantoriguarda il finanziamento, lesistenzadi uno statuto conforme a principidemocratici nella vita interna e di unbilancio pubblico e certificato da unasociet di revisione indipendente una buona pratica di trasparenzadel PD nazionale e del PD lombar-do, mentre il PD metropolitano mi-lanese e alcuni circoli virtuosi pub-blicano un rendiconto economico.Guardare da vicino questa situazio-ne pu essere utile per individuare

    alcuni snodi del rapporto tra attivitpolitica e risorse economiche.Un circolo normale composto davolontari, non ha molte entrate oltre

    al tesseramento e ha spese certe diaffitto e utenze, oltre a quelle dipromozione politica, le quali assor-bono e a volte oltrepassano la suacapacit economica: un circolo nonriceve contributi economici significa-tivi dai livelli superiori, a meno divolere considerare il pur importantemateriale promozionale.Il PD metropolitano, che conta11.700 iscritti, 180 circoli e 11 lavo-ratori stipendiati, ricava il 40% dellesue entrate (700.000 euro nel 2011)dal tesseramento fatto dai circoli, il40% dai contributi degli eletti, il 10%dal PD lombardo e il 10% da entratestraordinarie, mentre le uscite(869.000 euro) sono imputabili perla met al personale amministrativo,il 15% per affitti e utenze, il 12% perla campagna amministrativa, il 13%per la festa democratica e il restante10% per attivit di promozione poli-

    tica.Ridurre progressivamente il perso-nale e, a partire dal 2012, affidare aterzi il rischio economico della festademocratica, mantenendone la di-rezione politica, sono le misure a-dottate per ridurre della spesa, con-siderando che aumentare le entratenon facile per il PD metropolitano,che riceve il supporto comunicativodei livelli superiori in occasione dellegrandi campagne ma solo occasio-nalmente e in maniera discreziona-le, riceve qualche contributo eco-

    nomico.Se la gestione delle campagne e deitesseramenti unattivit ammini-strativa pagata, per la quale forse cisono troppe persone, lattivit pro-priamente politica di coordinamentoviene invece svolta a titolo volonta-rio, il che incide inevitabilmente sul-la qualit dellofferta o, se si vuole,del servizio politico, nonch sullavita personale e professionale di chivi si impegna.Un discorso simile pu valere per ilPD regionale, che conta 42.000 i-scritti, 980 circoli e 11 lavoratori sti-pendiati, e nel 2011 ha avuto entra-te per 2,1 milioni di euro, per oltre lamet dai rimborsi spese delle ele-zioni regionali e per oltre il 20% dalPD nazionale e dai consiglieri re-gionali (ognuno dei quali versa 1000euro mensili al PD regionale), men-tre le uscite sono state pari a 1,7milioni, di cui il 26% per il personale,oltre il 10% per affitti e utenze, il13% per attivit di promozione e ol-tre il 30% per attivit politica gestitaautonomamente dai livelli inferiori.Naturalmente, armonizzare

    lorganizzazione del personale dellefederazioni provinciali e di quellaregionale potrebbe permettere alcu-ne economie di scala e un incre-

    mento dellefficienza nella gestioneamministrativa e quindi liberare ri-sorse per il coordinamento politico.Sul fronte dei ricavi si potrebbe inol-tre attivare una raccolta fondi daprivati degna di tale nome, facendoun notevole salto organizzativo eculturale, con i dovuti accorgimenticontabili, fiscali e legali. Si racco-glierebbe cos anche qualche risor-sa per la ricerca e per la formazio-ne, considerato che il consigliere elassessore normale sviluppa comepu, sul campo e strada facendo, leconoscenze amministrative e lecompetenze gestionali per delinearee implementare il programma politi-co.Ma il passaggio fondamentale quello al livello del PD nazionale,che nato figlio povero e semi libe-ro alla fine del 2007 da un matrimo-nio in regime di separazione dei be-

    ni e dei debiti. Un genitore, la Mar-gherita, non aveva patrimonio maaveva una ricca dote di rimborsi e-lettorali da percepire fino al 2011 afronte di costi fissi e di personalerelativamente bassi: pare chelutilizzo e il relativo controllo di queirimborsi non sia stato dei pi virtuo-si.Laltro genitore, i Democratici di Si-nistra, possedeva un patrimonio di2400 immobili e la possibilit di ri-cevere rimborsi elettorali fino al2011 a fronte di debiti consolidati

    per 584 milioni e circa 300 dipen-denti. Finiti i rimborsi elettorali e ri-dotto il debito verso le banche a 150milioni, nel 2012 ai DS rimangono22 persone e nessun immobile.Cinquantasette fondazioni create adhoc nel 2008 e controllate da per-sone di fiducia dei vari gruppi diri-genti dei DS hanno rilevato gli im-mobili, 1.800 dei quali sono affittaticome sedi alle varie articolazioni delPD. Dieci di queste fondazioni sitrovano nelle dieci regioni del cen-tro-sud, mentre 47 nelle dieci regio-ni del centro-nord e cinque in Lom-bardia. A Milano la fondazione ElioQuercioli gestisce il patrimonio esostiene la formazione, la ricerca ela memoria della cultura politica del-la sinistra democratica.Qualcuno pensa che queste fonda-zioni dovrebbero, se fosse legal-mente possibile, donare questi im-mobili al PD perch alcuni degli i-scritti attuali, gli ex DS, hanno con-tribuito alla creazione di quel patri-monio; altri controbattono che ledonazioni liberali, qualsiasi formaprendano, non sono prestiti e che la

    legittima decisione presa nel 2007 enel 2008 dagli organi democraticidei DS non reversibile. Si trattanei fatti di trovare i migliori accordi

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    possibili tra le fondazioni, responsa-bili della gestione immobiliare, e lestrutture locali del PD, che possonobeneficiare delle attivit formative edi ricerca e, in molti casi, anche del-le strutture fisiche, seppure nonsempre a prezzi di favore.Per quanto riguarda gli ex-dipendenti dei DS, laccordo gistato trovato e molti sono passati alPD nazionale, che conta oggi circa200 lavoratori, pari a un costo dellavoro di 12 milioni di euro. Altri 8milioni servono a coprire le sedi, leutenze, le spese amministrative e dirappresentanza e lattivit politicaordinaria.Considerando i bilanci disponibili delPD nazionale, cio quelli del triennio2008-10, i costi fissi sono stimabili

    intorno ai 20 milioni annuali, le spe-se elettorali dirette, documentate edichiarate, intorno ai 16 milioni an-nuali, oltre ai 22 milioni devoluti allestrutture territoriali; daltra parte irimborsi elettorali per le Politiche2008, le Europee 2009 e le Regio-nali 2010 sono stati pari a 303 mi-lioni e costituiscono il 94% delle en-trate del Partito. In altri termini, perle elezioni sono stati spesi effetti-vamente 49 milioni, mentre ne sonoavanzati 254, di cui 60 sono andatiper le spese fisse, 66 alle struttureterritoriali e 125 sono diventati pa-trimonio disponibile.Se da una parte le strutture territo-riali reclamano laccesso a una par-te dei rimborsi spese per le elezionipolitiche e quelle europee, che co-

    munque passano dal territorio, parelegittimo lo sconcerto del cittadinocontribuente. Le misure propostenel disegno di legge 3321 sono an-cora passibili di miglioramento, siaper quanto riguarda la quantit chela tipologia del contributo. Il rimbor-so elettorale propriamente dettoviene ridotto al 35% dellattuale, ilche avrebbe voluto dire ricevere100 milioni a fronte di 49 milioni dispese documentate: non ci siamoancora. Attribuire il restante 15%dellattuale ammontare in rapportoallattivit di autofinanziamento asostegno dellattivit ordinaria unpasso avanti nella direzione di unamaggiore reciproca autonomia tra ipartiti e lo Stato

    LA SCUOLA: PROBLEMI E SPERANZAIlaria Li Vigni

    In questi giorni si parla molto di ruo-lo della scuola nel nostro paese:sicuramente i recenti fattidellattentato di Brindisi in cui ha

    perso la vita la giovane Melissa esono rimaste ferite altre ragazze hadato clamore alla questione, maforse la ragione unaltra. Nei mesi

    che stiamo vivendo, in cui la crisieconomica, sociale e politica delpaese, davvero ci attanaglia tutti eci rende privi di punti di riferimento,

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    forse ci si sta realmente rendendoconto meglio tardi che mai! chela fiducia in questo paese non puche passare attraverso i giovani e,conseguentemente, attraverso ilmondo della scuola.La difficolt di fondo che sta minan-do lItalia non tanto materiale e

    quindi facilmente individuabile,quanto davvero una sorta di sfidu-cia morale nel futuro. Si creatoun sistema politico / economico co-s autoreferenziale e conseguen-temente antimeritocratico da pri-vare del tutto i giovani e i meno gio-vani di qualsiasi fiducia in una pos-sibilit di cambiamento negli anni avenire. Tale stato danimo socialepu essere contrastato solo conuna adeguata valorizzazione delruolo della scuola, dalla primariasino alluniversit.

    Il sistema scolastico, tuttavia, nono-stante le recenti riforme del prece-dente governo forse pi di formache di sostanza! non se la passacerto bene e gli addetti ai lavori cisottolineano quotidianamentelemergenza del settore e le nume-rose e irrisolte criticit. Anzitutto vi lannoso problema di stipendi degliinsegnanti (e, ovviamente, di tutto ilrestante personale scolastico): non questa la sede per fare delle cifrespecifiche, ma invito i lettori a verifi-care semplicissimo, su internet la busta paga di un insegnante discuola primaria e secondaria a ini-zio e fine carriera (non c moltadifferenza, vi assicuro).Sono cifre terribilmente basse (nonsuperano nella stragrande maggio-ranza dei casi i 1.500/1.800 euro),somme cos distanti e senza al-cun punto di confronto! con quelle

    degli stipendi di politici, dirigenti del-la Pubblica Amministrazione e ma-gistrati. Insomma, il ruolodellinsegnante da un punto di vistaeconomico e, quindi, spiace dirlo,anche sociale nel nostro Stato riconosciuto pochissimo e non daoggi, tempo di crisi, ma da almeno

    cinquantanni a questa parte.Altro esercizio contabile da com-piere quello di confrontare gli sti-pendi degli insegnanti in Italia e nelresto dellEuropa: la busta paga diun insegnante di scuola media esuperiore in Germania, Francia enei Paesi del Nord Europa piricca di oltre 1/3 (2.500/2800 euronetti) rispetto a quella di un profes-sore italiano. Tale trattamento eco-nomico ha comportato, indubbia-mente e ce lo dicono le statisti-che, ma soprattutto tanti casi pratici

    a conoscenza di ciascuno di noi! che le menti pi brillanti abbando-nassero il circuito scolastico italianoper andare a fare altro nella vita otrasferirsi allestero. Con detrimen-to, ovvio, degli studenti e del futuro.Il secondo grande problema cheaffligge il sistema scolastico attienealle modalit di assunzione (granbrutta parola, reclutamento) degliinsegnanti. Anche in questo caso,senza addentrarci nei dettagli tecni-ci, vi sono delle liste di attesa lun-ghissime per accedere alle classi diconcorso e il sospirato posto diruolo arriva dopo anni e anni diprecariato. Con ci non si vuole di-fendere il tanto proclamato postofisso di cui si discute in questi me-si, ma sottolineare che il ruolo delsupplente (ancorch, magari, an-nuale) impedisce qualsiasi pro-grammazione didattica a lungo pe-

    riodo, un rapporto accurato con iragazzi e una fiducia ritorna iltermine! nel proprio futuro profes-sionale.Altra indubbia criticit del sistemariguarda le strutture: sono spessoimmobili obsoleti, poco e mal manu-tenuti e privi di quelle aule tecniche

    in cui si costruisce il futuro di do-mani. Insomma, i problemi sonomoltissimi e, ovviamente, questoelenco solo parziale: il tutto, poi,come spesso in questi mesi, si ri-solve in un problema economico. Ifondi mancano, le decisioni non siprendono e i problemi restano.Tuttavia non possiamo permettercidi gettare la spugna: listruzione aspetto troppo importante per lacrescita del nostro paese e per ar-ginare quella crisi economica e mo-rale che ci riguarda da vicino. Ri-

    volgersi alla politica retorico eserve spesso a poco soprattuttocon riferimento a tanto grandi pro-blemi! e allora penso di rivolgermiproprio a quelle persone (insegnan-ti, tecnici, amministrativi) che nelvariegato mondo scolastico ci lavo-rano, magari da anni, quotidiana-mente.E dire loro: non mollate. Noi cittadi-ni che svolgiamo altre professionisiamo consapevoli del vostro ruolofondamentale per il paese e visproniamo ad andare avanti. Nonservir a molto, ma magari vi fasentire meno soli in questo vostrodifficile compito. E magari, nel pic-colo, risveglier anche le coscienzepolitiche che prendano posizionesullurgente problematica dellascuola.

    APERITIVO IN PIAZZA: I LIKE MOVIDASergio Violante*

    Il 6 giugno 2012 hanno avuto iniziogli Aperitivi musicali in Piazza Affa-ri a Milano, che si terranno tutti imercoled fino al 4 luglio, e ripren-deranno a settembre con altri dueappuntamenti. I risultati, dopo leprime tre serate di questa manife-stazione sono decisamente positivi,con circa duemila ragazzi (soprattut-to sotto i trentanni) in piazza ognisera, decine di gruppi musicali dalle percussioni al jazz al rock nessun problema di ordine pubblicoe unatmosfera nella piazza allegra

    e fresca.Questa iniziativa ha una duplice va-lenza, sia per la modalit con cui stata sviluppata, che per i contenuti

    intrinseci. Gli aperitivi in Piazza so-no stati infatti realizzati grazie a unBando indetto dal Consiglio di Zona1, finalizzato a promuovere la socia-lit e la creativit giovanile nel Cen-tro Storico della citt. Lo strumentodel Bando ha permesso una mag-giore trasparenza nellaggiudi-cazione degli eventi e una pi strin-gente corrispondenza fra leventostesso e le linee guida espresse dalConsiglio di Zona. Sicuramentequesto modo di procedere ha com-portato un lavoro complesso per il

    Consiglio, in quanto non si trattatodi un semplice contributo auniniziativa gi impostata, ma si dovuto lavorare sulle linee guida e

    sui criteri di assegnazione; cos fa-cendo tuttavia si andati incontroalle nuove linee di indirizzo del Co-mune in materia di decentramento,che prevedono un ruolo delle Zonesempre pi attivo nella gestione delterritorio.Il Bando, che prevede un contributodel Consiglio di Zona di soli 4.000euro, ha dato un peso importantesia al fatto che le associazioni par-tecipanti fossero composte da gio-vani, o che comunque avesserocome finalit lo sviluppo della cultu-

    ra giovanile, sia che ci potesse es-sere unassociazione temporanea dipi organizzazioni. Ci ha compor-tato uno straordinario sforzo di au-

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    torganizzazione da parte di pi as-sociazioni che ha portato a vincereun gruppo di queste, Ape, Arca-duemila, Rinascimento Metropolita-no e Gruppo 97. Quando si parla diimpresa culturale, bisogna a tuttigli effetti annoverare questa espe-rienza come un modello di succes-so. Vedere questi ragazzi prima la-

    vorare sul Bando, poi organizzarefattivamente tutte le serate, statouno dei momenti pi interessanti ditutto il processo.Relativamente ai contenuti dellini-ziativa, si partiti dallosser-vazionedella situazione esistente nella citt,e in particolare nel Centro Storico,per quanto riguarda la socialit gio-vanile in specie notturna - chespesso genera conflitti fra diversidiritti. Da un lato il diritto dei giovaniallo stare insieme, al godere deglispazi della citt, allesprimersi nellepi diverse forme di arte e di comu-nicazione, e dallaltro il diritto deicittadini residenti di avere la neces-saria tranquillit nelle ore notturne. Ilcaso delle Colonne di San Lorenzoe di via Vetere / piazza Vetra unesempio lampante di come questidiritti entrino in conflitto pesante edifficilmente ricomponibile.Come Consiglio di Zona 1 siamopartiti dalla considerazione che ilpieno Centro della citt oggi si svuo-ta nelle ore serali non avendo picarattere residenziale, ma essendo

    diventato sede di uffici ed esercizicommerciali che chiudono le proprieluci fra le 19,30 e le 20,30. Tutto ci,per chi percorre alcune vie e piazzea ridosso del Duomo lascia un sen-so di abbandono e di mancanza divitalit: il Centro sembra spegnersi. quindi in questottica, e in una po-sitiva interazione con lAssessorato

    alla Cultura, che aveva dato indica-zioni in tal senso, che si sceltalubicazione di Piazza Affari comesede unica di queste serate.Lidea stata quella di dare periodi-cit agli eventi, di creare un momen-to di incontro con una cadenza set-timanale, che entrasse nelle con-suetudini dei ragazzi. L iniziativa stata discussa e proposta dallaCommissione Cultura del Consigliodi Zona 1, per sottolineare la centra-lit, nellevento, anche della presen-za della musica che, nel mondo gio-vanile e non solo, qualcosa di pro-fondo e coinvolgente, che accomu-na una cultura all'altra, un genereallaltro, mettendo in secondo pianoogni tipo di differenza.Fra le linee di indirizzo stata indi-cata inoltre la possibilit di sommi-nistrare birre a prezzi calmierati,lindicazione di non utilizzare conte-nitori di vetro e lorganizzazione sul-la piazza di postazioni per la raccol-ta differenziata. Tutto questo vor-rebbe portare a un rovesciamentodelle modalit attualmente riscontra-

    te nei luoghi di aggregazione classi-ci, dove vige soprattutto una logicadi consumo, del tempo e del dana-ro, mancando invece gli aspetti cre-ativi e di scambio, come di cono-scenza e di cultura intesa in sensoampio.Come il gi citato caso delle Colon-ne di San Lorenzo conferma am-

    piamente, appare evidente che igiovani cerchino dei luoghi dove ri-trovarsi, dove potersi incontrare inmodo libero, dove sapere che sitrover sempre qualcuno con cuiparlare. Lesperienza delle primeserate degli Aperitivi Musicali di-mostra come sia possibile raggiun-gere, attraverso un nuovo modo dilavorare e uno sguardo diverso sullacitt, lobiettivo di valorizzare la cre-ativit e il desiderio di socialit gio-vanile, senza al tempo stesso lede-re il diritto alla tranquillit dei cittadi-ni.La citt ha infatti, pur a fronte deiben noti problemi di fondi a disposi-zione, enormi risorse, sia in terminidi inventiva e creativit, che in ter-mini degli spazi pubblici che posso-no essere messi a disposizione perle iniziative culturali e di libera ag-gregazione.

    *Presidente Commissione CulturaConsiglio di Zona 1 Centro Storico

    Il compassato Tg3 regionale, peranni organo ufficiale del celeste hacitato Tabacci e Civati come pros-simi potenziali candidati. Le elezionisi avvicinano davvero

    ***In casa PDL per il dopo Formigoni ci

    si orienta verso Albertini, in moltinon lo amano ma sondaggi riservatilo danno vincente su due dei trecandidati del centrosinistra testati.Sempre che Cacciari e Scalpelli nonlo vogliano candidare per il centro-sinistra alleato a Montezemolo eCasini. Ma le liste Montezemolo sipresentano anche alle regionali?

    ***Dallo statuto del Pd lombardo. Suargomenti e scelte politiche di parti-colare ed essenziale importanza per

    lazione del partito in ambito regio-nale, provinciale e locale, la Dire-zione regionale pu indire, con votoa maggioranza semplice, un Refe-rendum. Pare che lo si voglia pro-porre per le deroghe al numero dimandati dei parlamentari.

    ***Stabilito che il centrosinistra puvincere, la pattuglia dei centristi sidice pronta ad andare a sinistra.Non un dannunziano vado verso la

    vita ma un fantozziano vado versolassessorato.***

    Non si dovrebbe fare pubblicit a unaltro sito ma la dichiarazione Conqueste scelte stiamo sacrificandovalori etici e moralit in nome di E-xpo di Basilio Rizzo nel 2007, con-tro la Moratti che non riceveva il Da-lai Lama, pubblicata dawww.ihatemilano.com deliziosaalla luce della cittadinanza onorariaperduta.

    ***

    Diceva Nenni che un O.d.g. in con-siglio comunale sulla pace non sinega mai a nessuno. A questo de-vono aver pensato quei buontem-poni che hanno proposto la cittadi-nanza onoraria al Dalai Lama. Ilproblema che in Cina sono menospiritosi e cos la nostra giunta harimediato una solenne figuraccia.Visto che ogni volta che si parla diintestare strade, dare ambrogini,dare cittadinanze finisce sempre in

    un casino non sarebbe meglio smet-tere e dedicarsi a fare gli ammin i-stratori di condominio?

    ***Penati avr avuto molti difetti maalmeno una qualit bisogna ricono-scergliela: sapeva scegliersi gli uo-mini e le donne. Tant che ancoroggi li candidano e li nominano datutte le parti.

    ***

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    Scrive Luigi Caroli a Luca Beltrami Gadola

    Definire eccellente il tuo articolosugli appalti pubblici poco. Haifotografato perfettamente un an-dazzo cui nessuno - proprio nes-

    suno - vuol porre rimedio. I pro-getti sono malfatti e approssimati-vi... ad arte. Perch - nel tortuosotragitto - ciascuno possa ritagliar-si, indisturbato e inattaccabile, lasua fettina (o fettona). Se la Cortedei Conti ha ipotizzato in 70 mi-liardi la correzione annua, almeno

    15 sono incassati da irreprensibilie (a sragione) stimati milanesi.Perch non ce lo diciamo: "i cor-rotti sono fra di noi"? Non solo

    Roma a essere ladrona. Funzio-nari, tecnici, progettisti e controllo-ri che nessuno pu o vuole con-trollare. N prima, n durante, ndopo. Quanto pi si frequentanoambienti di elevato livello - dallaScala in gi - tanto pi probabilefinire di trovarsi seduti a tavola

    con sorridenti ed eleganti signo-ri... corrotti. Tu parli del "nuovo"sistema arancione. Ci speri anco-ra? Io ho smesso di farlo, ch al-

    cune cesure si fanno subito o nonsi fanno pi. Atm, mm, verdepubblico, cimiteri, arredo urbano,strade, annonaria. Niente cam-biato. Le spese sono rimaste altee, quel che peggio, senza con-trollo.

    Scrive Ferdinando Mandara a Mario De Gaspari

    L'articolo di Mario De Gaspari espo-ne molto lucidamente - secondo ilmio parere di profano della materia -

    le difficolt, per il prestatore di ulti-ma istanza, di praticare una "giusta"terapia: se si interviene troppo otroppo presto, non si correggono lepratiche errate; se si intervienetroppo poco o troppo tardi, la crisinon si risolve. Non so per quantosu ArcipelagoMilano ci si sia inter-rogati anche sulle cause della crisi:in base al principio che sarebbemeglio prevenire che curare. Tantopi che la cura risulta alquanto diffi-cile e molto costosa. E a pagarlasono certamente i pi deboli, quasi

    mai qualcuno di quelli che l'hannocausata.Di Marx ho letto solo il "Manifestodel Partito Comunista" al liceo. Marecentemente mi capitato di leg-

    gere, in una citazione, un suo branodi poche righe in cui sostiene chequando si manifestano le crisi di so-

    vraproduzione, inevitabili nel siste-ma capitalista, il capitale cerca unrimedio e una alternativa di profittonella finanza. Mi sembra che 150anni dopo questa interpretazione siatuttora realistica: il sistema occiden-tale impostato sul produrre sem-pre pi merci (utili o meno) a costiunitari sempre minori, cio impie-gando meno persone grazie allatecnologia e/o alla delocalizzazione;con il che si riduce il potere d'acqui-sto e le merci finirebbero per restareinvendute malgrado gli enormi inve-

    stimenti pubblicitari.Per mantenere elevati i consumi (ol-tre alla guerra, non sempre pratica-bile dappertutto) non resta che inco-raggiare il debito, pubblico e privato.

    Non a caso in molte nazioni occi-dentali la somma dei due debiti su-pera il 200% del PIL. Ma il gioco fi-

    nanziario non pu durare all'infinito(come d'altronde non potrebbe du-rare all'infinito la crescita della pro-duzione, dell'uso delle materie pri-me e la produzione di rifiuti).Se non si mette in chiaro che la ma-lattia congenita al sistema, e nonsi trova il modo di cambiarlo (c' chici pensa da tempo), non resta cheilludersi di azzeccare la dose giustanelle terapie: tra quella troppo leg-gera e quindi inefficace e la dose dacavallo che rischia di ammazzare ilmalato. Fino alla crisi successiva,

    inevitabilmente molto pi grave:perch la tecnologia e la fantasiafinanziaria corrono sempre pi velo-ci.

    MUSICAquesta rubrica curata da Palo Viola

    [email protected]

    LAndrea Chnier

    In tempi grami come quello chestiamo vivendo, allestire unoperalirica in forma di concerto vale adire con lorchestra, il coro e i can-tanti sul palcoscenico, intorno al di-rettore, senza scenografia n co-stumi, senza effetti di luci n unavera e propria recitazione se non ilcantare in s, dietro un leggio una gran trovata, nel senso chepermette di godere lessenzialedellopera evitando di affrontare gliingenti investimenti chessa sempre

    comporta non solo, appunto, per lescene, i costumi eccetera, ma so-prattutto per linnumerevole quantit

    di prove che altrimenti precedonoogni prima.Per questo non possiamo che esse-re grati alla Verdi o allAuditoriumche dir si voglia per la tradizioneche sta poco a poco costruendo apartire dal bellissimo trittico pucc i-niano (Gianni Schicchi, Il tabarro eSuor Angelica) dato dieci anni fa inquesta forma sotto la direzione diRiccardo Chailly (il quale peraltroera in sala, entusiasta, per la primadellopera di cui stiamo per dire).

    Daltronde cos lanno scorso allaScala fu dato il Fidelio beethovenia-no e fra qualche giorno, nel fantasti-co cortile del Palazzo dei Priori di

    Viterbo, si ascolteranno le Nozze diMozart.Dunque in questi giorni allAudi-torium andato in scena - senzascena - lAndrea Chnier di Umber-to Giordano e durante lintera ese-cuzione ci siamo chiesti come siapossibile che unopera tanto bellasia cos poco rappresentata. Eppuremolti non hanno dimenticato gra-zie anche a un ottimo disco - lamemorabile edizione del 1955 allaScala con Maria Callas (la contessi-

    na Maddalena) e Mario Del Monaco(il poeta Andrea) diretti da AntoninoVotto. unopera che appartiene almomento magico del verismo e dei

    mailto:[email protected]:[email protected]:[email protected]
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    grandi capolavori partoriti negli ulti-mi dieci anni dellottocento: and inscena alla Scala nel 1896, quattromesi dopo Bohme, poco dopo Ca-valleria Rusticana (1890) e pocoprima di Tosca (1900) di cui peraltroanticipa i sentimenti, le forti passionie latmosfera politica (con Toscasiamo nella Roma papalina

    dellanno 1800, con Chnier nellaParigi della Rivoluzione prima e delTerrore poi, negli anni di poco pre-cedenti). Mentre i libretti dei due ca-polavori pucciniani sono stati scrittia quattro mani con Giacosa, loperadi Giordano porta la sola firma delpi prolifico Illica, e dobbiamo direche nonostante alcune pagine digrande poesia, non fra i libretti pileggibili e riusciti fra gli ottanta scrittidal famoso drammaturgo piacenti-no.Venendo allesecuzione della Verdidobbiamo fortemente compiacercinel poter confermare il giudizio piche lusinghiero espresso qualchemese fa sul giovane direttoredorchestra Jader Bignamini: par-lammo di vera rivelazione in occa-sione di un concerto interamentededicato a Musorgskij, ma non a-vremmo mai immaginato che lestesse doti di concertatore e diretto-re avrebbe rivelato poche settimanedopo in unopera lirica, per giuntatanto difficile come questo Chnierche vede insieme non solo 11 can-tanti oltre allorchestra e al coro -

    bravissima sempre Erina Gambarini- ma sopratutto unorchestrazionecomplessa, innovativa, anticipatricedel linguaggio musicale che di l apoco sarebbe esploso con Schn-berg e Stravinskij (che in quellannoavevano rispettivamente ventidue equattordici anni).Tutto bene dunque? Quasi. Qualcheosservazione va fatta. Mediamentedi buona qualit i cantanti, fra cuieccellevano - grazie anche alle lorobellissime parti - il baritono AlbertoGazale (il proletario rivoluzionario

    Grard che diventa laguzzinodellamico poeta Andrea ma alla finesi ravvede e tenta di salvarlo dallaghigliottina) e la giovane americanaNatalie Bergeron - cui bisognerebbeconsigliare un buon sarto italiano -nella parte della eroica Maddalenainnamorata di Andrea fino a volermorire con lui (ottima nella primaparte dellopera, un po meno nellaseconda). Chi non ha brillato affatto stato invece il protagonista, il te-

    nore Marcello Giordani, sempre so-pra le righe, molto preoccupato dimostrare i muscoli e dunquelindiscutibile potenza della voce,ma per nulla attento al carattere delsuo personaggio: pi che un poetasembrava un boxeur. E di certo nonlha aiutato il fatto di essere lunicouomo senza frac fra tutti i musicisti

    sul palcoscenico (direttore, orche-strali, coristi, cantanti), addiritturacon una orrenda cravatta gialla. Di-ranno i lettori che queste note sugliabiti degli interpreti hanno poco dimusicale, vero, ma quando il mu-sicista recita in unopera, il suo abitodiventa costume e fa tuttuno con ilpersonaggio.Dopo aver detto che lopera data informa di concerto magnifica - epu addirittura essere preferibile perchi ama concentrarsi sulla musicapi che sulla narrazione - vorremmoosservare che anche in questa for-ma lopera ha bisogno di un minimodi regia affinch possa essere com-presa e apprezzata dal pubblico.Per esempio quellandirivieni conti-nuo dei cantanti fra le filedellorchestra per entrare e usciredalla scena non va affatto bene, di-strae e disturba pubblico e musicisti;molto meglio tenerli tutti seduti sulproscenio e farli alzare di volta involta quando il loro momento. Epoi, se vogliamo da parte loro qual-che accenno di recitazione, che nonnuoce affatto, bisogna che non sia

    limitato alla spontaneit dei pi disi-nibiti ma deve essere un modo co-ordinato, armonico e condiviso datutto il cast.Soprattutto vi il problema del rac-conto dellopera. stato un grandepasso avanti aver introdotto la pro-iezione dei testi sugli schermi postisopra il palcoscenico (o - come allaScala - con un display collocato sul-le poltrone della fila anteriore) ma,in assenza di scenografia, bisognache qualcuno ce la descriva a paro-le, magari quelle stesse parole che

    si trovano nel libretto e che lautoreusa per indirizzare lo scenografo;dobbiamo almeno capire dove sia-mo, cosa sta accadendo, e quandosullo schermo compare un versosarebbe bene che fosse precedutodal nome del personaggio che lo stacantando.Detto ci non possiamo non ricono-scere che aver proposto a Milanounopera deliziosa, che non si senti-va da anni (per i pi giovani stata

    la prima occasione per ascoltarla!),e proporla in forma di concerto, faparte di quella straordinaria capacitinnovativa dellAuditorium che rendeimpagabili le sue stagioni. ConlAndrea Chnier si magnificamen-te conclusa la stagione sinfonica2011-2012 e ora non c che atten-dere - con il concerto del 5 luglio

    che vedr protagonista il pianista-pilota Roberto Cominati di cui par-lammo quindici giorni fa - linizio del-la nuovissima e attesissima stagio-ne estiva.

    Musica per una settimana

    *venerd 29, luned 2, gioved 5 esabato 7 ancora alla Scala le ultimerepliche di Manon di Massenet*sabato 30, sempre alla Scala, pri-ma del Don Pasquale di Donizetti,diretto da Enrique Mazzola, per laregia di Jonathan Miller con le sce-ne e i costumi di Isabella Biwater; leprime repliche saranno marted 3,mercoled 4 e venerd 6, poi conti-nueranno il 9, il 10, il 12, il 13 e il14. Subito dopo la Scala chiude perriaprire il 27 agosto con la Messada Requiem di Verdi diretta da Da-niel Barenboim, anteprima dellatourne ai Festival di Lucerna e diSalisburgo*domenica 1, nella Basilica di SanMarco alle ore 21.15, concertostraordinario di The Priests(www.thepriest.com) in onore di San

    Colombano ed in occasione del XIVcentenario del suo arrivo a Milano.Insieme allOrchestra da CameraMilano Classica diretta da MicheleFedrigotti e al coro Cantus Januaediretto da Luca Dellacasa i tre sa-cerdoti irlandesi ormai noti in tutto ilmondo eseguono: King of Kings,Requerda me, Irish blessing, Youraise me up, How great thou art,Benedictus, Hacia Belen e infineVivaldi (Laudamus te), Schubert (A-ve Maria op. 56 D. 839), Franck(Panis Angelicus) e Hndel (Hor-

    npipe)*infine tutti i marted sera alle ore21 nel Chiostro del Museo Dioce-sano presso la basilica diSantEustorgio con ingresso dalParco delle Basiliche concertoallaperto di musica da camera, incollaborazione con il ConservatorioGiuseppe Verdi, con aperitivo e caf-fetteria dalle 19 alle 24. Ingressogratuito.

    ARTEquesta rubrica a cura di Virginia [email protected]

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    Milano anni 70

    Milano negli anni 70 stata ungrande centro propulsore di arte,idee, movimenti politici e rivoluzioni.Addio anni 70 celebra proprioquesto decennio con una granderetrospettiva a Palazzo Reale, cura-

    ta da Francesco Bonami e PaolaNicolin. La mostra, a ingresso gra-tuito, resta nellambito delle mostreautoprodotte dal Comune, con ilcontributo di 24 Ore Cultura.Una mostra che conta pi di 230opere, 28 stanze (tutto il piano nobi-le del Palazzo) e moltissimi docu-menti e testimonianze dellepoca. Ilpercorso non strutturato in modocronologico o metodico, ma inve-ce libero e fluente, per dar voce espazio ai vai protagonisti del perio-do e alle loro grida sovversive.Il

    visitatore non deve aspettarsi fortiemozioni o sensazioni, piuttosto, inlinea con il pensiero di quel decen-nio, lopera non ha fini prettamenteestetici ma si presenta cos com,in tutta la sua materialit e fisicit,densa piuttosto di un significato pro-fondo e concettuale.La scena artistica era dominata dagruppi come FLUXUS e Laboratoriodi comunicazione militante, dalgruppo del Nouveau Realisme, conRotella, Christo che impacchetta ilmonumento in piazza Duomo e Da-niel Spoerri che imbandisce tavoleposticce come quadri da parete.Cos come era successo per lagrande mostra alla Rotonda dellaBesana, 1970, a cura di Pierre Re-stany e con allestimento di Gae Au-lenti.Tanti i fotografi importanti italiani,come Carla Cerati, che coglie la vitamondana milanese, Gianni BerengoGardin che descrive case di ringhie-ra, cortili e piazze, Cesare Colombo

    che testimonia i cortei del Movimen-to Studentesco, Maria Mulas chedistorce i corpi e i volti dei protago-nisti culturali di quegli anni durantelinaugurazione di una mostra alPAC, e naturalmente Ugo Mulas

    che immortala piazza Duomo colmadi gente ai funerali delle vittime diPiazza Fontana. Tanti anche i nomiillustri del mondo pi artistico, comeCastellani, Gianni Colombo, AlikCavaliere, Luciano Fabro, Pomodo-ro, Garutti, Melotti, Kaprow e Boetti.Caratteristiche del periodo furonoanche le performance, come quelladi John Cage al teatro Lirico, o quel-la di Lucinda Childs alla importantegalleria di Salvatore Ala, tutte testi-moniate da foto e video depoca. Ilclima politico caldo di quegli anni

    sempre presente in sottofondo, te-stimoniato dai video delle protestedi piazza, dalle foto del commissarioCalabresi durante il processo, coscome dalle prove di caduta (conmanichino) del corpo dellanarchicoPinelli di Massimo Vitali. Insommac un po di tutto, opere, libri, man i-festi e racconti, esposti per la primavolta, che non mancheranno di sol-levare interrogativi e riflessioni coscome accadde agli intellettuali e agliscrittori che attraversarono Milano inquegli anni, come Umberto Eco, Mi-chel Foucault e Garcia Marquez.Una mostra esaustiva ma faticosa:tanti gli spazi, tante le sale e le ope-re, si rischia quasi un sovraffolla-mento mentale, causato anche dallascelta un po infelice delle posizionidelle didascalie, spesso lontanedallopera e, nel caso delle fotogra-fie, accorpate lontane dalle immagi-ni di riferimento. Una bella iniziativa il progetto editoriale creato adhoc. Per aiutare il visitatore nella

    complessit fisica e concettuale del-la mostra, stato stampato ungiornale free press, una sorta dicatalogo gratuito che accompagnalesposizione, realizzato da Mousse,e che unantologia di testi e im-

    magini depoca, selezionati e ri-stampati per loccasione. Si tratta didocumenti introvabili, provenienti daarchivi, gallerie, fondazioni e biblio-teche, che ne fanno uno strumentoprezioso da conservare e utilizzaredurante e dopo la visita.Apre e chiude il percorso una rea-ding room, progettata grazie allacollaborazione di Artek e Domus erealizzata con tavoli e sedie di EnzoMari, legate allesperienza dellAuto-progettazione che egli present perla prima volta alla Galleria Milano

    nel 1974. Nella sala sono visibili an-che le interviste a critici e protagoni-sti del decennio realizzate apposi-tamente per la mostra insieme alladocumentazione editoriale depoca.Per restituire la complessit del pe-riodo affiancheranno la mostra unaserie di attivit e momenti di appro-fondimento tematico pubblici e gra-tuiti, ovvero un ciclo di lezioni suglianni Settanta a cura di Doppiozero,a ingresso libero (ore 19.00). Il 28giugno si parler di Sesso e modacon Luca Scarlini, il 5 luglio di Grafi-ca e poesia visiva con Giovanni An-ceschi, il 12 luglio di Letteratura conMarco Belpoliti e il 19 luglio di Ci-nema con Luca Mosso.

    ADDIO ANNI 70 ARTE A MILANO1969 1980, Milano, Palazzo Rea-le, fino al 2 settembre, Ingresso gra-tuito Orari: luned: 14.30_ 19.30;marted, mercoled, venerd, dome-nica: 9.30-19.30; gioved e sabato:9.30_ 22.30

    Venezia e larte contemporanea

    Che Venezia sia una citt unica ericca di testimonianze storiche, que-sto si sa. Che abbia anche due su-per musei di arte contemporanea,forse, si sa un po meno.Limpressione, avendoli visitati unacalda domenica di giugno, che lecentinaia di turisti, soprattutto stra-nieri, che scorrazzavano per la citt,non fossero sufficientemente infor-mati / interessati alle meraviglie diPalazzo Grassi e di Punta della Do-gana. Pochissimi allinterno dellegrandi sale i visitatori, che sia aggi-

    ravano un po spaesati davanti alavori che possono risultare a voleteun po ostici e misteriosi per i nonaddetti ai lavori.

    Sulla lingua di terra dietro alla chie-sa di Santa Maria della Salute spun-ta lenorme museo di Punta dellaDogana che, come ricorda il nome,occupa lo spazio dellex dogana ve-neziana, in un edifico completamen-te ristrutturato che mantiene per lastruttura e un pizzico del fascino o-riginario. Il museo, aperto nel 2009,progettato dallarchistar Tadao Andoe di propriet di Francois Pinault,ospita ogni anno una o due mostredi opere della collezione Pinault in-sieme ad altre appositamente site

    specific, legate a un tema. LElogiodel dubbio largomento 2011-2012. Venti artisti e sessanta operecirca per indagare lidentit

    dellartista e la sua messa in di-scussione.La curatrice Caroline Bourgeois perlallestimento della mostra ha rac-colto opere storiche e produzioniinedite che indagano la dimensionedel turbamento artistico, il crollo del-le certezze e il legame tra la dimen-sione intima e personale dellartistae quella propria dellopera. Ecco al-lora che aggirandosi per le immensesale del museo capita di trovarsidavanti il cavallo impagliato di Cat-telan, lenorme Hanging Heart di

    Jeff Koons, che sembra leggerocome una piuma, appeso con na-strini dorati ma del peso reale di ol-tre una tonnellata; linquietante rico-

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    struzione di un bordello anni 50 diEdward Kienholz; gli omaggi du-champiani di Stuarevant e le instal-lazioni site specific di Tatiana Trou-v che riflettono sul dentro e sulfuori. Impressionanti gli spazi, im-pressionanti le dimensioni delle o-pere cos come forti a volte possonoesserne i temi, dal grottesco al ses-

    so di McCarthy, dal kitsch di Koonsai video paranoia di Bruce Nauman.Ma allorigine di Punta della Doganae della Fondazione Pinault vi fu Pa-lazzo Grassi. Edificio neoclassicocon molti passaggi di propriet, arri-va alla FIAT nel 1983, che lo rimettein sesto grazie al restauro di GaeAulenti, e diventa un importantecentro di mostre darte. La pallapassa poi a Pinault, che acquisisceil palazzo nel 2005 e affida a TadaoAndo la sistemazione e ladegua-mento degli spazi. Ne nasce cosuno spazio sobrio e neutrale, purmantenendo le peculiarit del pa-lazzo, adatto ad accogliere mostredarte contemporanea, spesso dedi-cate alle opere della collezione Pi-nault. in questo contesto che na-sce la grande mostra intitolataMadame Fisscher, personaledellartista svizzero Urs Fischer, ginome internazionale e presente an-che allultima Biennale di Veneziacon il suo Ratto delle Sabinee spet-tatore fatti di cera.

    Lesposizione inaugura un ciclo dicarattere monografico che dar alpubblico l'opportunit di conosceree approfondire il lavoro di artisti dirilievo internazionale presenti nellaFondazione. Pi di trenta le operepresenti che provengono, oltre chedalla Fondazione Pinault, anche dalprestito di importanti collezionisti.

    Questa scelta, operata dalla curatri-ce Caroline Bourgeois, conferma lafama e l'affermazione di un artistasempre pi rappresentativo del pa-norama artistico contemporaneo.Al centro dellatrio del palazzo cam-peggia l'opera da cui prende il titolola mostra: Madame Fisscher (1999-2000). L'installazione, che riproducein modo preciso il caotico atelierlondinese di Fischer, funge da nu-cleo creativo e generativo di tutto ilpercorso espositivo. Scopo dellamostra infatti coinvolgere il visita-tore nella creazione della materiaartistica. In questo senso i meccani-smi in bella vista, come quelli delcagnolino elettrico Keep it Going isa Private Thing (2001), rendono ilsenso della creazione artistica me-diante il movimento e la dinamicit,volutamente in contrasto con la sta-ticit monumentale e la perfezioneformale dellenorme Ballon Dog diJeff Koons, talmente perfetto dasembrare pi finto del finto.In mostra le opere rispecchiano itemi chiave della poetica di Fischer,

    il lento e inesorabile scorrere deltempo, evidenziato da meccanismi,movimenti e fluttuazioni delle sueopere. La sua arte irriverente ecitazionistica, chiama in causa Jo-seph Beuys, Bruce Nauman, lartepop e i surrealisti, ma anche il filoneduchampiano, con la riappropriazio-ne di oggetti comuni di cui riesce a

    darne un nuovo e simbolico signifi-cato, stravolgendoli rispetto a comeeravamo abituati a conoscerli.Al piano nobile Fischer con Necro-phonia, ricostruisce latelier dellarti-sta, con modellini e bozzetti a cuiaggiunge, perch no, una modellavera, in carne e ossa, che gira tra lesale o sta sdraiata su un vecchiodivano, quasi pronta per farsi ritrar-re. Una riflessione tra il corpo dipin-to e il corpo reale, sul rapporto e ilsignificato artistico del gestodellartista. Una mostra irriverentee giocosa, sarcastica e ricca, chedialoga bene con le stanze-installazioni del resto del palazzo,firmate da artisti super star comePenone e Murakami. Venezia comesimbolo non solo de passato maanche della grande importanzadellarte contemporanea.

    Madame Fisscher -Palazzo Gras-si, Campo San Samuele 3231 - Finoal 15 luglio 2012 - Orari: tutti i giorni10.00 19.00. Chiuso il marted.

    Bramantino: una mostra autoctona

    Promossa e auto - prodotta dal Co-mune di Milano, quella di Bramanti-no potrebbe essere la prima di unaserie di mostre rivoluzionarie, nontanto per la novit dei temi quantoper la modalit di produzione. A cu-ra di Giovanni Agosti, Jacopo Stop-pa e Marco Tanzi, Bramantino aMilano unespo-sizione quasimonografica dei capolavori milanesidi Bartolomeo Suardi, detto il Bra-mantino (1480 - 1530), da Vasari,che gli diede questo soprannome inqualit della sua ripresa dei modi diDonato Bramante, pittore e architet-to al servizio di Ludovico il Moro.Che cosha di speciale questa mo-stra, nel cortile della Rocchetta, Ca-stello Sforzesco, fino a settembre?Innanzitutto la gratuit dellingresso,il fatto che sia munita di due miniguide gratuite, complete di descri-zione e dettagli storico - critici sulleopere in esposizione, e infine, il fat-to che una mostra a chilometrozero. Tutte le opere presentate al

    pubblico provengono infatti da mu-sei e collezioni milanesi: lAmbrosia-na, Brera, la pinacoteca del Castelloe la raccolta di stampe Bertarelli.

    Questa la grande novit. In unmomento di crisi, in cui spesso lemostre sono di poca sostanza e si soliti attirare il pubblico con nomi digrandi artisti, senza presentarne pe-r i capolavori, ecco che si preferi-to rinunciare ai prestiti esteri, im-possibili per mancanza di fondi, e si voluto puntare e valorizzare solopezzi cittadini di qualit. Compitofacile visto che Milano conserva ilnucleo pi cospicuo esistente almondo di opere del Bramantino: di-pinti su tavola e tela, arazzi, disegni,affreschi e lunica architettura da luirealizzata, la Cappella Trivulzio nel-la chiesa di San Nazaro in Brolo.Lesposizione si articola nelle duegrandi Sale del Castello Sforzescoche ospitano gi importanti lavoridellartista. Nella Sala del Tesorodove domina lArgo, il grande affre-sco realizzato intorno al 1490 e de-stinato a vegliare sul tesoro sforze-sco, sono esposte una trentina diopere, dipinti e disegni, che permet-

    tono di capire lo svolgersi della car-riere dellartista bergamasco: dallaStampa Prevedari, un'incisione inrame che il milanese Bernardo Pre-

    vedari realizz su disegno di Bra-mante e che influenz per spazi emonumentalit lopera di Bramanti-no, allAdorazione del Bambino del-la Pinacoteca Ambrosiana, alla Ma-donna e Bambino tra i santi Ambro-gio e Michele Arcangelo, con i duestraordinari scorci dei corpi a terra.La soprastante Sala della Balla, cheaccoglie gli arazzi della collezioneTrivulzio, acquisiti dal Comune nel1935, presenta un allestimentocompletamente nuovo, che disponei dodici grandi arazzi, dedicati aimesi e creati per Gian Giacomo Tri-vulzio, in modo che si leghino traloro nella sequenza dei gesti e dellestagioni. Un filmato documenta ciche non stato possibile traspor-tare in mostra: dalla Cappella Tri-vulzio alle Muse del Castello di Vo-ghera, di cui Bramantino fu respon-sabile dei dipinti.Una mostra davvero a costo zero,come dichiara lo stesso Agosti.Gratis l'allestimento di Michele

    De Lucchi, Francesco Dondina harealizzato gratuitamente l'immaginee il fotografo Mauro Magliani ha la-vorato con fondi universitari. La

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    www.arcipelagomilano.org

    n. 24 IV 27 giugno 2012 16

    promozione curata gratuitamente;il Fai e gli Amici di Brera hanno datouna mano per gli incontri e la strut-tura del Comune si rimessa adagi