2.4 Il Leader Etico: quali caratteristiche 2.4.1 ... · tecniche che un soggetto deve sviluppare...

29
80 2.4 Il Leader Etico: quali caratteristiche A seguito degli esempi pratici che consentono di dimostrare che una forma di leadership etica è possibile, diventa importante a questo punto cercare di fornire nel modo più esauriente possibile alcune caratteristiche che un leader etico dovrebbe approfondire nella sua attività di gestione. 2.4.1 Conoscenza profonda dell'ambito lavorativo La prima peculiarità dovrebbe essere la conoscenza dell'ambito lavorativo. Un approccio etico presuppone che il leader conosca approfonditamente il luogo nel quale inizia ad operare ed anche i soggetti che prenderanno parte nel processo lavorativo. In questo senso, si ritiene molto importante e formativo un periodo di lavoro da parte del futuro leader nell'ambiente lavorativo nel quale dovrà successivamente operare per comprendere le eventuali problematiche derivanti dalla pratica lavorativa ed essere cosciente delle dinamiche a livello tecnico ed emotivo che vengono a crearsi. Questo genere di approccio è stato utilizzato nel passato da una della più grandi famiglie imprenditoriali italiane. La famiglia Agnelli, infatti ha sempre voluto fortemente che i suoi dirigenti, in particolar modo i successori alla dirigenza dell'azienda di famiglia, svolgessero sotto altro nome il lavoro di operai in azienda prima di prendere posto nei consigli di amministrazione. Questa scelta è stata compiuta senza distinzione sia per Giovannino Agnelli, così come pure Lapo Elkann e John Elkann, attualmente Presidente della Fiat. Quest'ultimo infatti, durante il periodo universitario ha maturato esperienze di lavoro in numerose società: montaggio dei fari in una fabbrica della Magneti Marelli di Birmingham, Inghilterra, linea di montaggio della Panda a Tychy, Polonia e in

Transcript of 2.4 Il Leader Etico: quali caratteristiche 2.4.1 ... · tecniche che un soggetto deve sviluppare...

80

2.4 Il Leader Etico: quali caratteristiche

A seguito degli esempi pratici che consentono di dimostrare che una

forma di leadership etica è possibile, diventa importante a questo punto

cercare di fornire nel modo più esauriente possibile alcune caratteristiche

che un leader etico dovrebbe approfondire nella sua attività di gestione.

2.4.1 Conoscenza profonda dell'ambito lavorativo

La prima peculiarità dovrebbe essere la conoscenza dell'ambito

lavorativo. Un approccio etico presuppone che il leader conosca

approfonditamente il luogo nel quale inizia ad operare ed anche i soggetti

che prenderanno parte nel processo lavorativo. In questo senso, si ritiene

molto importante e formativo un periodo di lavoro da parte del futuro leader

nell'ambiente lavorativo nel quale dovrà successivamente operare per

comprendere le eventuali problematiche derivanti dalla pratica lavorativa ed

essere cosciente delle dinamiche a livello tecnico ed emotivo che vengono a

crearsi. Questo genere di approccio è stato utilizzato nel passato da una

della più grandi famiglie imprenditoriali italiane.

La famiglia Agnelli, infatti ha sempre voluto fortemente che i suoi

dirigenti, in particolar modo i successori alla dirigenza dell'azienda di

famiglia, svolgessero sotto altro nome il lavoro di operai in azienda prima di

prendere posto nei consigli di amministrazione. Questa scelta è stata

compiuta senza distinzione sia per Giovannino Agnelli, così come pure Lapo

Elkann e John Elkann, attualmente Presidente della Fiat. Quest'ultimo infatti,

durante il periodo universitario ha maturato esperienze di lavoro in numerose

società: montaggio dei fari in una fabbrica della Magneti Marelli di

Birmingham, Inghilterra, linea di montaggio della Panda a Tychy, Polonia e in

81

una concessionaria di auto a Lille, Francia.

Questa formazione può essere intesa come una traccia a cui un

leader che desidera gestire un'azienda secondo principi etici deve in qualche

modo ispirarsi. Il fondamento di questa pratica in questo caso, è che soltanto

conoscendo in modo preciso l'ambito di lavoro, il tipo di lavoro e le sue

competenze tecniche e umane, ma soprattutto i lavoratori, è possibile

diventare competenti rispetto a tutti gli sviluppi tecnici ed emotivi legati al

lavoro. Quando un leader diventa consapevole delle diverse dinamiche

quotidiane del lavoratore, quest'ultimo ne riconosce l'autorevolezza rispetto

alle scelte fatte in ambito dirigenziale. Molto spesso l'errore che viene

compiuto da molte aziende è quello di calare i futuri dirigenti mantenendo la

propria identità nell'ambito lavorativo. E' indispensabile che i manager

mantengano l'anonimato nel loro inserimento nel lavoro. La conoscenza

delle persone e del lavoro deve avvenire senza alcun tipo di agevolazione.

Le varie dinamiche legate all'integrazione tra i colleghi possono essere ben

comprese solo se questi ultimi non nutrono pregiudizi nei confronti del

soggetto che collaborerà con loro. In questo senso, l'osservazione e la

pratica lavorativa da parte del futuro dirigente non deve avere come finalità

lo spionaggio delle eventuali criticità che possono emergere per le scelte

dirigenziali, in quanto, appartengono alla consuetudine in qualunque

comparto lavorativo.

Al contrario, conoscere le difficoltà, rendersi conto di come un lavoro

viene svolto, scoprire le dinamiche emotive e non soltanto le competenze

tecniche che un soggetto deve sviluppare nel posto di lavoro diventa la

finalità di questo intervento da parte di un leader che ritenga il rispetto degli

altri un requisito etico indispensabile.

82

Molti manager invece per avvicinarsi ai collaboratori, solo

successivamente alla loro assunzione a ruolo e ancor più spesso per un

obbligo da parte della direzione, si propongono per aiutare i dipendenti

quando l'attività è chiusa al pubblico. Un esempio può essere rappresentato

dagli inventari di fine anno. Normalmente in queste occasioni, viene imposta

la chiusura dell'attività lavorativa per il tempo necessario al completamento

delle verifiche, in modo tale che le stime sulla merce in deposito non siano

viziate da continue movimentazioni. In queste occasioni, il manager appena

arrivato in azienda insieme ai colleghi addetti alla gestione dei magazzini si

presta alle procedure di conteggio. In questo caso, l'errore relativamente a

questo tipo di intervento riguarda non tanto il contenuto quanto la forma. Se

infatti la partecipazione al lavoro rappresenta un metodo per conoscere la

realtà in cui si viene inseriti e comunque vero che ricoprire un ruolo ben

definito mette i dipendenti nella condizione di tenere atteggiamenti sia di

diffidenza ma anche di servilismo in alcuni casi. Un simile atteggiamento da

parte degli organi volitivi può diventare anche un'arma a doppio taglio.

Sarebbe infatti preferibile che una volta assunto il nuovo manager, non si

proponga in queste pratiche, in quanto, nel tempo, non venendo ripetute,

fanno percepire al lavoratore che lo specifico intervento aveva come unico

scopo quello di accattivarsi i colleghi. Normalmente a questo segue una

profonda delusione da parte del lavoratore nei confronti del diretto superiore.

Le dinamiche che si creano sono estremamente delicate e presuppongono

una attenzione notevole per evitare di creare pregiudizi da parte dei

lavoratori. Sebbene possa sembrare simile l'atteggiamento: tra il manager

anonimo e quello rivelato, nella realtà le dinamiche che si creano sono

profondamente diverse. Se infatti, nel primo caso, il futuro manager può

rendersi conto della situazione lavorativa prima di occupare un determinato

posto, l'altro ha già acquisito il suo status e l'esperienza non sarebbe altro

che un percorso obbligato ma senza quella volontà di ricerca e

83

comprensione. Il bagaglio di conoscenze che un soggetto sperimenta

nell'ambito lavorativo, quando è anonimo, gli consentono di sperimentare

uno stato emotivo fondamentale per essere un autentico leader, l'empatia.

La dimostrazione della efficacia di quanto sopra proposto è possibile

trovarla ancora una volta nella storia della famiglia Agnelli. Il rispetto nutrito

da parte di operai e cittadini nei confronti del defunto Giovanni Alberto

Agnelli che avrebbe dovuto prendere il posto del nonno Giovanni Agnelli alla

guida della Fiat in questo caso è rappresentativo. Giovanni Alberto Agnelli

aveva lavorato presso uno stabilimento della PIAGGIO sotto falso nome ed

era rispettato da tutte le persone coinvolte nel processo produttivo oltre che

dalla gente comune. Questo atteggiamento da parte dei colleghi e

compaesani valeva tanto per la persona quale operaio che dopo come

capitano d'azienda. Oltre che per le sue doti umane, un punto importante da

lui stesso considerato indispensabile era proprio quello relativo al suo

tirocinio in linea di produzione che lo portarono a dichiarare: «La funzione

dell'industria non è solo e neanche principalmente quella del profitto. Lo

scopo è migliorare la qualità della vita e del lavoro mettendo a disposizione

prodotti e servizi»40.

Il profitto in questo senso, diventa importante in modo proporzionale

alla soddisfazione del consumatore ma anche del lavoratore. Parlare di etica

lavorativa e di pratica filosofica in azienda significa conoscere a fondo la

realtà nella quale si vuole intervenire. Conoscere l'uomo come fine e come

mezzo soprattutto nell'ambito del lavoro non può essere ottenuto

diversamente da una profonda esperienza da maturare sul campo.

40 Giovanni Alberto Agnelli in occasione del cinquantenario della Vespa, Roma 19 settembre

1996

84

2.4.2 La visione lungimirante

Se è importante l'esperienza ancora di più è indispensabile riuscire a

guardare oltre. La visione a lungo periodo consente al dirigente di vedere al

di là del momento presente. Una delle caratteristiche che un leader deve

possedere è senza dubbio la capacità di cercare soluzioni in anticipo sugli

altri. Se questa concezione viene riconosciuta, soprattutto a livello

strategico, come fondamentale in merito alle scelte tecniche che riguardano

l'oggetto aziendale per aggredire il mercato e diventare competitivi, lo stesso

si può dire per una corretta ma soprattutto etica gestione dei rapporti di

lavoro. L'esempio di ENRON è stato un chiaro esempio di come voler

aggredire il mercato per misurarsi con i concorrenti, ha causato la bancarotta

di cui già si è trattato. Nel caso ENRON, l'obiettivo di aggressione di mercato

per aumentare il profitto ha avuto efficacia per gli azionisti fino a quando il

fallimento non ha rivelato il grado di tossicità della società.

La visione di lungo periodo secondo quella che vuole essere l'etica

lavorativa presuppone che, fermo restando lo scopo dell'impresa quale il

profitto, si considerino anche tutte le conseguenze che potrebbero verificarsi

nel momento in cui certe decisioni vengono prese, in modo particolare quelle

che potrebbero essere le ripercussioni nel mercato. Attualmente a

disposizione dei dirigenti d'azienda ci sono forme di Business Plan che

consentono, una volta raccolti tutti i dati per la creazione di una attività, di

determinare, esclusivamente in modo teorico quali saranno le ripercussioni a

livello economico sull'attività.

Il Business Plan diventa uno strumento che consente di evidenziare

nel lungo periodo quale deve essere l'andamento dell'azienda perchè si

85

realizzino i progetti preventivati dalla dirigenza. Ovviamente queste analisi,

che vengono elaborate da personale esperto, considerano non soltanto i

costi ed i ricavi ma anche i risultati delle statistiche economiche prodotte su

determinati settori produttivi. Compiere un'indagine sul mercato per capire

se un prodotto può trovarvi posto, rappresenta un'osservazione che se da un

lato parte da dati economici, si troverà inevitabilmente di fronte alla

discrezionalità personale dei soggetti titolari o organi dirigenziali. Trattandosi

di dati previsionali è evidente che qualunque statistica non può garantire il

successo economico. Analizzando il problema da questa angolazione, in

linea teorica, ogni decisione relativa all'oggetto aziendale se parte da analisi

di dati poi rientra sempre nella sfera della discrezionalità, in quella sede

l'etica deve proporre i suoi dubbi e le sue possibili alternative. Anche se

questi strumenti derivati dall'economia non riguardano espressamente

questa tesi, sono strumenti utili al leader che vuole avere una visione a

lungo periodo e valutare nel migliore modo possibile ogni singola decisione.

Inoltre, sarebbe contraddittorio e sbagliato pensare che l'etica lavorativa sia

slegata dagli strumenti economici. Gli strumenti dell'economia e i principi

dell'etica devono permettere al leader di agire con pensiero “indipendente”.

L'analisi economica deve consentire di determinare il profitto di un'attività ma

seguendo un'indicazione etica riguardo alle conseguenze di determinate

decisioni.

Considerando come modello nuovamente il CEO di ENRON Jeffrey

Skilling, quest'ultimo, nonostante la disponibilità di indagini economiche a

riguardo, ha preferito seguire un'indicazione legata al conseguimento

immediato del profitto diventando quello che viene definito come leader

narciso da Andrea Vitullo nel suo leadership riflessive.41 Secondo l'autore,

molti degli scandali scoppiati nelle aziende negli ultimi dieci anno sono stati

41 Andrea Vitullo: Leadership riflessive, APOGEO 2006

86

in parte provocati da narcisismo e dal senso sconfinato di onnipotenza dei

leader. L'etica del lavoro e la visione di lungo periodo che un dirigente

dovrebbe avere, non prevedono la possibilità di operare scelte derivanti

esclusivamente da posizioni di comando. Deve prevalere infatti la

consapevolezza degli effetti provocati non solo a livello economico ma

anche umano. E' significativo occuparsi del caso ENRON, nella nostra

analisi, in quanto è dimostrato come Skilling non si fosse preoccupato degli

effetti a lungo periodo delle politiche economiche di mercato. La scelta di

dichiarare utili fittizi e la contabilità a prezzo di mercato, pratiche da “delirio”

manageriale, che hanno contraddistinto l'operato di Skilling, chiariscono

ancora una volta la scelta di operare prevaricando colleghi e collaboratori,

circondandosi di soggetti moralmente plasmabili alle esigenze della

direzione ed eliminando le possibili fonti di criticità lavorativa.

Altra scelta di lungo periodo prodotta esclusivamente per fidelizzare il

dipendente ingannandolo è rappresentata dalla sottoscrizione delle azioni

per i dipendenti, che a seguito del fallimento non hanno potuto scontare i

titoli di credito in quanto vincolati alla effettiva caduta di valore nel mercato.

Le implicazioni di queste scelte hanno riguardato tutti gli attori, sia

sociali che giuridici; una tra le maggiori società energetiche americane è

caduta, migliaia di persone sono rimaste senza lavoro e senza appoggio

finanziario a causa del valore del pacchetto azionario ricevuto pari a zero.

Prevedere le ripercussioni sul mercato di determinare decisioni

economiche non basta più. Si rende necessario, in un ipotesi di gestione

etica in azienda, la valutazione delle conseguenze anche per i lavoratori. Un

manager guidato da principi etici deve vagliare tutte le implicazioni sociali

derivanti dalle scelte compiute o non riuscirà ad avere alla base dei soggetti

87

che crederanno nel suo operato. La politica adottata dall'amministratore

delegato di ILLY, in questo senso, permette di chiarire in modo pratico quello

che deve essere un approccio di etica aziendale nel lungo periodo. Il

principio infatti che ha guidato l'azienda di famiglia durante questi ultimi anni

è proprio la considerazione che solo un approccio di lungo periodo riguardo

la sostenibilità del business può permettere all'impresa di essere presente in

modo attivo sul mercato. Questo dimostra inoltre, che gli organi dirigenziali

credono profondamente nel loro lavoro e nei processi in cui il lavoro si

articola e viene diretto. Inoltre essere consapevoli di essere ancora ben

inseriti nel mercato, nonostante la diminuzione degli utili e andando

orgogliosi del fatto che nessuno ha perso il posto di lavoro è eticamente

significativo. L'operato di Illy ha come immediata ripercussione una profonda

fidelizzazione del lavoratore che contribuirà ancora di più all'aumento della

qualità del prodotto e rappresenterà un valore aggiunto in prospettiva di

crescita economica. E' possibile in questo senso ipotizzare che applicare

principi etici in azienda potrebbe anche creare un aumento della redditività

nel lungo periodo, per effetto della lealtà di buona parte dei soggetti

impiegati.

88

2.4.3 Approccio Empatico

Introdurre il concetto dell'empatia in ambito economico e di gestione

aziendale può apparire paradossale ma analizzarlo in prospettiva etica

diventa fondamentale. L'empatia viene intesa come la capacità di mettersi

nei panni dell'altro per sentire quello che l'altro sente e relazionarsi con l'altro

per ciò che realmente prova. Il termine empatia deriva dal Greco tardo

empàtheia, complemento di en- “in” e un derivato di pàthos “affetto”.

Secondo la definizione che viene proposta da Nicola Abbagnano l'empatia,

in tedesco Einfühlung è l'unione o la fusione emotiva con altri esseri od

oggetti (considerati animati). Il concetto di empatia si basa sulla

riproduzione, dovuta all'istinto di imitazione, delle manifestazioni corporee

altrui, riprodurrebbe in noi stessi le emozioni che con esse solitamente si

accompagnano, ponendoci così nello stato emotivo della persona cui quelle

manifestazioni appartengono. Appunto tale proiezione, in un altro essere, di

uno stato emotivo, richiamato da noi dalla riproduzione imitativa

all'espressione corporea altrui, sarebbe il modo della comunicazione tra le

persone. L'applicazione di un tale concetto nell'ambito dell'analisi della

leadership etica prevede che il soggetto che si trova a gestire un'attività

produttiva e di conseguenza un certo numero di impiegati deve essere

capace di vivere l'empatia. Questa concezione porta il leader a relazionarsi

con i collaboratori al punto tale che ogni decisione a livello economico o

strategico in ambito aziendale, segua un percorso che non risulti legato

esclusivamente al profitto ma anche al miglioramento delle condizioni dei

lavoratori ed anche dei loro superiori. Ragionare a livello empatico non

significa in ogni caso, passare in rassegna tutti i collaboratori per conoscere

le loro idee rispetto ad una determinata decisione aziendale. Per questo

infatti non è richiesta empatia ma come si vedrà in seguito e richiesta la

capacità di recepire i feedback dai dipendenti. Significa operare scelte che,

89

in virtù di una programmazione di lungo periodo a livello economico ed una

ricerca di innovazione e miglioramento della qualità del lavoro, uniscano

leader e collaboratori. L'empatia, in questo caso, diventa uno strumento che

permette di aumentare non solo il grado di fidelizzazione del lavoratore

rispetto all'azienda, ma consente al leader di acquisire autenticità nei

confronti dei dipendenti. Operare con senso empatico fa scendere dal

piedistallo del potere il leader. Anziché portarlo a decisioni in virtù di una

forma di presunta onnipotenza lo porta a pensare con senso pratico. Il

leader per vivere l'empatia deve necessariamente entrare in contatto con il

lavoro, in qualche caso, abbandonando l'ufficio e le riunioni programmatiche.

Vivere l'empatia da parte del leader non è una cosa facile. Viene in questo

senso in aiuto la diversa concezione di leadership tra quella statunitense,

che vede il leader vincente contrapposta a quella olandese che applica allo

stile di leadership una forma di impegno totale per dimostrare di essere una

guida per coloro che sono alle sue dipendenze. Ritenere però che l'empatia

sia una sorta di buon sentimento che non può trovare posto in un'analisi

delle dinamiche personali in azienda è un errore. Daniel Goleman ha

pubblicato negli ultimi anni delle ricerche scientifiche che dimostrano che

l'empatia nasce dai neurotrasmettitori del sistema limbico del cervello, il

quale, a sua volta, può essere allenato, attraverso la motivazione, la pratica

ed il feedback. Al contrario il sistema neocorticale, che governa le capacità

tecniche e analitiche è da sempre naturalmente allenato a “come fare

meglio”. Il sistema limbico perciò, che è alla base dello sviluppo

dell'intelligenza emotiva, per essere allenato ha bisogno di uscire dai vecchi

schemi comportamentali per stabilirne di nuovi. Ha bisogno di esercitarsi

all'ascolto o al feedback per imparare ad essere empatico, per osservare ed

osservarsi di più.42 Queste ricerche sono oggi oggetto di studio per psicologi

42 Daniel Goleman: Emotional intelligence, BANTAM, New York, 1995 (tr. it. Di Isabella Blum e

Brunello Lotti, Intelligenza emotiva RIZZOLI , Milano, 1997

90

e psicoanalisti che cercano di comprendere gli effetti e le dinamiche che si

instaurano a livello emotivo nel mondo del lavoro. Ne consegue che parlare

di empatia o intelligenza emotiva non è più legato esclusivamente alla sfera

dei buoni sentimenti, diventa condizione sine qua non per tutti i leader, sia

quelli che scelgono di seguire un approccio etico sia per quelli che, per

scelta, operano in modo tradizionale. In questo senso, le competenze

emotive diventano importanti quanto quelle tecniche. Non è più sufficiente

dichiarare semplicemente l'intento di operare in virtù di visione etica come è

stato nel passato per molte realtà produttive.

91

2.5 l'Etica della Responsabilità come ideale azione di

Leadership

Un leader più essere etico solo nel momento in cui tiene conto

dell'importanza che riveste il principio della responsabilità. Secondo la

definizione che ci offre Nicola Abbagnano della responsabilità, questa è

intesa come “La possibilità di prevedere gli effetti del proprio comportamento

e di correggere il comportamento stesso in base a tale previsione”. La

responsabilità, è cosa diversa dalla semplice imputabilità, che corrisponde

all'attribuzione di un'azione a un agente come alla sua causa. Alla nozione di

imputabilità faceva riferimento Platone quando, a proposito della scelta che

le anime fanno del proprio destino, affermava: “Ciascuno è la causa della

propia scelta, la divinità non ne è imputabile”. Secondo la visione di Weber il

principio della responsabilità corrisponde al principio per si basa sul rapporto

mezzi/fini e alle conseguenze. Senza assumere principi assoluti, l’etica della

responsabilità agisce tenendo sempre presenti le conseguenza del suo

agire: è proprio guardando a tali conseguenze che essa agisce43.

Proprio in base a questo cardine di responsabilità viene inteso

l'operato di un leader che vuole essere guidato da principi etici. Tenere conto

delle conseguenze delle decisioni operate ed analizzando mezzi e fini

diventa una delle caratteristiche più importanti di un leader etico. Come è

stato esposto nei capitoli precedenti, è evidente come le decisioni dei vari

amministratori delegati, abbiano influenzano profondamente sia gli obiettivi

che le dinamiche sociali all'interno dell'azienda. Ripercorrendo la vicenda

ENRON Skilling operò al di fuori di un'etica di responsabilità, cercando ad

ogni costo il suo personale tornaconto, sebbene sia stato poi condannato a

24 anni di prigione. Nella nostra analisi, l'azienda che meglio incarna 43 Max Weber: L'etica della responsabilità Weltaanschaung, 1998 LIGUORI MILANO

92

l'obiettivo di etica responsabile è la ditta ILLY, la quale, appunto, può

dichiarare di aver sempre messo davanti agli interessi di profitto il benessere

di ogni persona impiegata nell'azienda, sia in Italia che all'estero. A

dimostrazione di quanto dichiarato l'azienda triestina ha inoltre acquisito la

certificazione Det Norske Veritas (Dnv). Questa società di gestione, oltre ad

elaborare sistemi che documentano la prevedibilità dei processi operativi e

strutturano la capacità di rispondere alle esigenze dei clienti e della società

nel suo complesso, si occupa di gestire un tipo di certificazione che

consente alle aziende non solo di dimostrare la qualità della loro prodotti ma

anche di commercializzarli in tutto il mondo. La certificazione garantisce

infatti che i prodotti rispettano le normative specifiche e le caratteristiche

richieste dai singoli paesi e dal mercato globale. Di fronte ad una presa di

posizione di questo tipo l'AD di ILLY, nonostante la crisi economica nazionale

ed internazionale può dichiarare di non aver licenziato nessuno. Inoltre nel

momento in cui ci sarà crescita economica sarà tra le aziende che grazie

appunto ad una gestione responsabile, saranno in grado di affrontare nel

migliore dei modi la futura evoluzione del mercato. Essere responsabili a

livello di gestione aziendale, in ultima analisi significa operare scelte in base

a studi compiuti a trecentosessanta gradi. E' profondamente legata alla

visione lungimirante e all'empatia ma può essere applicata nel momento in

cui un leader diventa autorevole e non autoritario.

93

2.6 Operare secondo Principi di autorevolezza

L'autorità viene definita come un qualsiasi potere esercitato su un

uomo o un gruppo umano da un altro uomo o gruppo. Esistono diverse

forme di autorità, la prima trae fondamento dalla natura, la seconda dalla

divinità e la terza dagli uomini.

� Secondo Platone e Aristotele la prima forma di autorità, quella

appunto stabilita dalla natura è quella aristocratica. Secondo questa

teoria l'autorità deve appartenere ai migliori ed è la natura che

s'incarica di decidere chi sono i migliori: Platone divide gli uomini in

due classi: quelli che sono capaci di diventare filosofi e quelli che non

lo sono. La differenza che viene tracciata da Platone tra le due classi

è che i primi sono mossi a differenza dei secondi da una tendenza

irresistibile alla verità.

� La seconda teoria fondamentale è quella che fonda l'autorità come

derivante dalla divinità. Questa concezione esposta nel capitolo XIII

dell'epistola ai Romani di S. Paolo coincide con la prima in un

carattere negativo: cioè nel rendere l'autorità completamente

indipendente dal consenso dei soggetti. Si differenzia dalla prima in

un carattere fondamentale: essa giustifica ogni autorità che venga

esercitata de facto. Mentre la prima non esige che la classe che è

destinata a comandare comandi sempre di fatto; questa invece

implica che ogni autorità che di fatto venga esercitata, essendo posta

o stabilita da Dio, sia sempre pienamente legittima.

� La terza teoria che diventa importante nell'ambito della leadership

94

etica si distingue dalla prime due in quanto l'autorità non consiste nel

possesso di una forza ma nel diritto di esercitarla; tale diritto, deriva

dal consenso di color sui quali viene esercitata. Questa dottrina è

nata ad opera degli stoici e ha trovato il suo più grande espositore in

Cicerone. Tutti gli uomini hanno avuto da natura la ragione, la vera

legge che comanda e proibisce rettamente, perciò tutti sono liberi e

uguali per natura.44Secondo quest'ultima teoria il principio di autorità

diventa significativo nell'analisi della leadership etica. L'utilizzo

abituale del termine autorità ha destrutturato quello che è il suo

significa originale e viene molto spesso indicato come “autoritario”

colui che esercita il potere con la forza o facendo esclusivamente

leva sulla propria posizione di comando. All'uso dell'autorità però

sarebbe sbagliato attribuire in assoluto, un valore negativo, anche se

spesso dietro l'esercizio dell'autorità si nasconde la debolezza di chi

la subisce o, più facilmente, una condizione di svantaggio che non

mette nella posizione di contrastarla.

In questo senso la teoria di Cicerone che prevede appunto

l'uguaglianza di tutti i soggetti di fronte alla natura perde tutto il suo

significato.

Attualmente l'indirizzo complessivo delle riflessioni sull'autorità

conferma, ancora oggi, la tendenza a ritenerla indispensabile al

funzionamento di organizzazioni complesse come una grande azienda o un

partito politico, a condizione di interpretarla come fenomeno organizzativo e

funzionale da associare ad azioni di coinvolgimento e motivazione.45

44 Nicola Abbagnano: Dizionario di filosofia,TEA 1993 45 Marcello Marino: Leadership filosofica, MORLACCHI EDITORE, 2008

95

A questo punto diventa indispensabile pensare non più all'autorità

così come è stata distorta dal suo significato originale ma è indispensabile

che il leader etico diventi autorevole.

Se l'autorità in questo senso è, in primo luogo, effetto di un “ruolo”

ricoperto da un soggetto, l'autorevolezza si fonda sulle virtù, e prima di

dipendere da qualunque ruolo, è effetto delle capacità attribuite a una

persona. In questo senso autorità ed autorevolezza devono coesistere

all'interno di una organizzazione. La prima è necessaria per un gruppo

organizzato ma non può esistere se dall'altra manca lo stile con cui l'autorità

viene esercitata che in questo caso prende il nome di autorevolezza.

L'autorevolezza in un leader coincide con la credibilità, l'affidabilità e

la competenza, che viene, in questo caso, riconosciuta dai collaboratori.

L'autorevolezza, diversamente dall'autorità non viene assegnata dagli organi

dirigenziali ma viene attribuita spontaneamente dai collaboratori e

dipendenti.

Un leader etico si distingue in questo caso dal leader autoritario in

quanto quest'ultimo, facendo leva esclusivamente su rapporti di forza, perde

di credibilità rispetto al leader etico nei confronti dei dipendenti, che

ovviamente, difficilmente riconoscono l'autorità ma accettano e seguono

naturalmente l'autorevolezza. Di conseguenza, quando viene messo in

discussione il ruolo del leader diventa molto difficile per quest'ultimo favorire

la motivazione dei lavoratori. Il pregiudizio verso un leader è una forma

grave di deterioramento di un rapporto di reciproco riconoscimento, perciò è

necessario che il leader etico diventi fonte di autorevolezza per tutti i

soggetti che collaborano con lui. Una precisazione in questo senso è

opportuna, in quanto, di fronte a problematiche legate alla crisi economica,

96

dove il lavoratore si trova molto spesso a non poter scegliere quale lavoro

fare a causa dell'alto tasso di disoccupazione, i leader autoritari possono

esercitare il loro potere senza per questo risentirne. Se il comportamento

autoritario da parte dei leader in condizione di crisi viene tollerato dal

dipendente per mancanza di alternative, lo stesso non si può dire in periodo

di sviluppo economico, dove questi comportamenti che possono essere

definiti “tossici”, portano a inevitabili ripercussioni nella gestione del

personale in un momento, quale quello dell’ espansione, in cui diventa

ancora più necessario l'appoggio dei lavoratori. In virtù di scelte autorevoli,

questi saranno pronti ad attribuire nuovamente fiducia nelle scelte in ambito

dirigenziale, in caso contrario cercheranno un altro posto di lavoro. “La

dignità – diceva Aristotele – non consiste nel possedere onori, ma nella

coscienza di meritarli”.

Il leader etico, dimostra il suo valore piuttosto che affermare la sua

forza, usa la propria autorevolezza in quanto la ricchezza dei suoi

argomenti, come delle sue virtù, travalicano l'autorità di cui dalla sua

posizione potrebbe avvalersi. Questo ci consente di introdurre quella che è

un'altra caratteristica del leader etico.

97

2.7 La persuasione

Secondo la definizione offerta sempre dal dizionario di filosofia di

Nicola Abbagnano la persuasione viene intesa come una credenza la cui

certezza poggia su basi prevalentemente soggettive, cioè private ed

incomunicabili. La distinzione tra persuasione ed insegnamento razionale fu

stabilita da Platone. “il pensiero diceva Platone, si genera i noi per via di

insegnamento, l'opinione per via di persuasione. I primo si fonda sempre su

un ragionamento vero, l'altra manca di questa base; l'uno rimane saldo di

fronte alla persuasione, l'altra se ne lascia modificare”.46

Kant espose chiaramente questo stesso concetto: “Se la credenza ha

il suo fondamento nella natura particolare del soggetto, si chiama

persuasione. La persuasione è una semplice apparenza perchè il

fondamento del giudizio, che è unicamente nel soggetto, viene considerato

come oggettivo. Quindi un tal giudizio ha solo una validità privata e la

credenza non si può comunicare”.47Quello che consente di distinguere la

persuasione dalla convinzione è in definitiva la “possibilità di comunicare la

credenza e ritrovarla valida per la ragione di ogni uomo”.48 L'interpretazione

che permette di definire in modo appropriato quella che deve essere la

caratteristica del leader etico e comunque quella che identifica la

persuasione come quella che tiene di più al cuore piuttosto che la

convinzione che tiene di più allo spirito.

La persuasione, diventa in un certo modo un atto comunicativo il cui

effettivo risultato è direttamente proporzionale all'abilità di chi lo compie e

possiamo annoverarla tra le virtù essenziali del leader. Nella normale

46 Platone: Timaeus, BURNET, 1899-1906 47 I. Kant: Critica della Ragion Pura. Dottrina del Metodo, cap. 2 sez. 3 1787 48 Idem.

98

dialettica che contraddistingue i ragionamenti umani, ognuno di noi pensa di

affermare la propria opinione come la più verosimile sostenendo la bontà

della propria posizione rispetto ad un'altra. Questo molto spesso crea

l'occasione per confondere quella che è la persuasione, intesa come il

tentativo di essere convincenti riguardo alla bontà di un'iniziativa che deve

essere proposta e la manipolazione, che è una strategia avente lo scopo di

occultare parte dei discorsi per ottenere il risultato atteso. La manipolazione

ha lo scopo di controllare o manovrare gli altri per raggiungere traguardi non

apertamente dichiarati. Si veste di atteggiamenti seduttivi o maschera una

finta fragilità, un vittimismo di maniera così come una benevolenza sfacciata

e irrealistica. Se la persuasione è, in questo senso, il tentativo di essere

convincenti, la manipolazione nasconde l'intenzione di piegare gli altri e

portarli verso il proprio fine. La persuasione ha bisogno di una doppia

convinzione: di chi propone l'ipotesi e di chi vi aderisce, mentre la

manipolazione nasconde la malafede di chi non dichiara mai, in modo netto,

l'obiettivo che vuole raggiungere con ciò che stà affermando.

Secondo la prospettiva di leadership etica la persuasione, in questo

senso, diventa uno strumento in grado di motivare tutti i soggetti impegnati

nell'attività produttiva. Molto spesso a livello aziendale, la comunicazione da

parte del leader è assente, di fatto, esclude i dipendenti da quelle che sono

le decisioni dei dirigenti. E' ovvio che non è possibile comprendere tutti i

lavoratori nelle decisioni degli organi volitivi, in quanto rallenterebbe in modo

sensibile il processo lavorativo. Se poi ci troviamo in una situazione di vera

leadership etica, il lavoratore, non dovrebbe avere necessità di preoccuparsi

delle decisioni prese, in quanto, è certo che rispecchieranno anche la sua

posizione (derivata dai vari feedback) e verrà di conseguenza comunicato

quanto proviene dalle varie parti coinvolte in sede dirigenziale. Quello che

accade nella realtà che a seguito di prese di posizione anche importanti da

99

parte degli organi societari, i lavoratori non vengono informati sulle decisioni

operate. Quello che invece si verifica più spesso è la manipolazione delle

informazioni che di conseguenza arrivano in modo alterato e causano molto

spesso incomprensioni che non contribuiscono al benessere interno

dell'azienda.

Motivare i lavoratori rappresenta il modo migliore che viene riservato

al leader etico per fidelizzare il suo rapporto con i collaboratori. La

persuasione, in questo caso, viene in aiuto al leader per convincere della

bontà delle scelte prese a livello aziendale. Ovviamente la distinzione tra

persuasione e manipolazione è sottile, ma conoscendone bene il significato

è possibile non cadere nell'errore di volere essere persuasivi e risultare

manipolatori.

La persuasione diventa perciò il metodo con il quale comunicare e

condividere le informazioni in azienda. Le decisioni, se spiegate in modo

chiaro, possono evitare che i collaboratori si pongano domande su quello

che potrebbe essere il loro futuro in azienda, creando tensioni e diminuendo

anche la qualità del lavoro. Molto spesso le informazioni in azienda non

vengono condivise a causa dello spirito “borbonico” che contraddistingue

molti leader o manager in azienda. Il principio che li guida è che, in questo

modo, i collaboratori sono costretti a dover chiedere le informazioni a l'unica

persona che le possiede. Il leader in questo senso crede di poter mantenere

il potere a livello aziendale senza rendersi conto che nella realtà non fa altro

che alimentare la sfiducia nei confronti dei dipendenti. La circolazione delle

informazioni, è indispensabile, soprattutto quelle relative alla normale

gestione aziendale. Dipendere costantemente da una persona che in questo

senso diventa il solo detentore delle notizie, rischia di rallentare il lavoro in

modo considerevole.

100

Molto spesso la motivazione che spinge i leader a non condividerle è

legata alla diversa interpretazione che le stesse possono ricevere dai vari

collaboratori e piuttosto che rimediare ad errori derivanti da problemi di

questo genere è più utile, secondo questa visione, essere gli unici detentori

delle stesse.

Per ovviare a questo problema è sufficiente organizzare delle riunioni

che consentano di dipanare eventuali dubbi sulle informazioni ricevute.

Sebbene quest'ultima affermazione possa apparire ovvia, nella realtà

lavorativa la mancanza di riunioni per condividere nuove potenzialità è una

consuetudine.

In questo senso risulta molto utile il principio della persuasione, in

quanto, è proprio in virtù di quest'ultima che è possibile creare gruppo e

condividendo informazioni, cooperare al successo aziendale e

contemporaneamente impedire che le incomprensioni possano minare il

lavoro quotidiano.

Per poter operare comunque in virtù di una riconosciuta

autorevolezza, una delle caratteristiche che deve possedere un leader etico

è l'attenzione ai segnali che provengono dal luogo di lavoro e dalle persone

che vi lavorano. Molto spesso il lavoratore, è percepito essenzialmente

come colui che presta la sua capacità lavorativa per il fine aziendale. Può

invece dare importanti ragguagli alla direzione per migliorare le condizioni di

lavoro ma soprattutto la redditività aziendale.

101

2.8 Il leader etico ha bisogna di feedback veritier i

Abbiamo visto come ogni soggetto è in grado, in virtù della

competenza tecnica acquisita negli anni e al bagaglio intellettuale ed

emotivo legato al lavoro svolto, di essere un elemento che presenta

l'azienda agli occhi delle persone (si veda ad esempio coloro i quali si

occupano di vendita e risultano agenti di una particolare società). Negli anni

queste figure professionali, così come pure gli operativi, acquisiscono, oltre

a delle capacità tecniche derivanti espressamente dal lavoro svolto, anche

tutta una serie di meccanismi intellettuali, emotivi ma soprattutto personali,

per mezzo dei quali possono aggiudicarsi un contratto o una fornitura. Lo

stesso può dirsi per l'operaio di linea, che anche se non legato all'ambiente

esterno per mettere al servizio le sue capacità, può sempre influenzare il

lavoro dei colleghi. E' indubbio che ogni soggetto che presta il suo lavoro, in

realtà “vende” anche una parte di sè stesso. Si tratta in un senso lato di uno

scambio, tra competenze tecniche ed emotive con denaro da parte del

datore di lavoro. Per fare in modo che queste competenze siano sempre

alimentate è necessario che venga riconosciuto il loro indubbio valore.

Il feedback è uno strumento tra i più importanti nella struttura

relazionale di un'azienda. Si intende come il processo che innesca il ritorno

del segnale fornito dall'informazione agli interessati. Attraverso lo stesso, si

sottolinea un effettivo riconoscimento del messaggio al fine di configurare

una relazione aperta e flessibile tra dipendente e responsabile. Permette

infatti di migliorare la comunicazione a tutti i livelli, per assicurarsi che il

ricevente del messaggio abbia a disposizione tutte le informazioni

necessarie allo sviluppo della performance aziendale. Il meccanismo

generato da questo mezzo di comunicazione in azienda indica l'avvenuta e

corretta ricezione dell'informazione e di tutti i suoi contenuti. Il dipendente e il

102

leader in questo caso, diventano parti attive di un processo di collegamento

delle modalità vincenti ed efficienti per creare confronti costruttivi sia per la

crescita professionale ma anche per quella comportamentale. Per il

dipendente viene in un certo modo determinato un processo operativo,

esplorando nuove opportunità di interazione, per modificare il

comportamento, senza però avere l'idea di essere in qualche modo diretto in

modo passivo. I contenuti ideologici e le ragioni per promuovere un'abilità

comunicativa innovativa e stimolante come il feedback, si focalizzano sulla

necessità di imparare a scorgere e accettare le differenze e le alternative,

valutando un più ampio punto di vista: chi riceve feedback, in riferimento

all'abituale modalità di azione, evita di innescare il paralizzante meccanismo

di difesa e di resistenza ai cambiamenti.

Operare feedback sull'operatività dei dipendenti per percepire quali

possono essere i margini di miglioramento in ambito lavorativo è molto più

importante di quanto non si pensi. Quello che molti leader e manager in

qualche modo dimenticano, è proprio che il lavoro viene portato avanti dai

dipendenti. Non avere a disposizione uno strumento che determini come

stanno andando le cose o accontentarsi di analizzare esclusivamente dati

statistici inerenti l'andamento aziendale è insufficiente. Sono tecniche utili

per monitorare ma non per avere una reale fotografia di come l'attività si sta

muovendo.

Tramite il feedback, è possibile, per ogni dipendente, elaborare qual'è

lo stato delle cose ed inoltre riuscire in qualche modo a fornire delle soluzioni

per il miglioramento non solo della condizione del lavoro, ma anche per un

aumento della redditività in azienda. Il leader etico deve analizzare questi

risultati, che grazie agli strumenti della statistica, consentono di avere

risultati matematici che confermano o meno le teorie sull'andamento

103

aziendale. L'informazione in questo caso proviene direttamente da chi si

trova a contatto con il cliente o con la pratica lavorativa in genere. Questi

risultati, devono essere analizzati con la stessa attenzione che viene

riservata alla stime di crescita ed all'andamento delle vendite e della

produzione per singolo settore. Entrambe consentono di capire cosa accade

nella realtà lavorativa, possono diventare indicatori importanti, per piani di

sviluppo altrimenti basati esclusivamente su dati economici che da soli non

bastano più, soprattutto quando il mercato è instabile come in questo

periodo storico.

Il feedback può essere anche effettuato comunicando direttamente

con i dipendenti, soprattutto in ambiti medio piccoli, dove il colloquio è più

facile e consente di cogliere anche tutte le sfumature che in luogo della

scrittura non è possibile ottenere con un questionario scritto. Partendo dal

presupposto che il leader acquisisce autorevolezza da parte dei dipendenti,

operare feedback sull'andamento del lavoro, diventa uno strumento

attendibile proprio in quanto il dipendente si riconosce come parte attiva ed

integrante nel processo lavorativo. Operare feedback trasparenti, significa

inoltre, procedere nel comunicare i risultati derivanti dal processo di raccolta

dei dati. Quello che molto spesso accade nelle aziende che provano ad

effettuare un percorso di feedback, è che gli eventuali questionari vengono

proposti ma mai analizzati. Di norma i collaboratori più anziani chiedono

spiegazioni sul perché debbano sottoporsi a questi, se poi non vengono

analizzati e comunicati i risultati. Piuttosto che raccogliere delle informazioni

illudendo il dipendente sulla possibilità di un cambiamento nel rapporto tra

direzione e lavoratori è meglio non effettuare feedback affatto.

Le aree di utilizzo del feedback a livello aziendale, riguardano per la

maggiore fasi operative e professionali caratterizzate da un alto tasso di

104

competenza lavorativa. In questo senso il feedback ha il compito di

incentivare ed innalzare la performance. Per essere in grado di ottenere

degli ottimi feedback è necessario predisporre delle verifiche sul posto di

lavoro che potremmo dividere in quattro aree:

� Osservare più da vicino un compito ben preciso e impegnativo dal

punto di vista delle competenze richieste, cercando di capire dove ci

sono incomprensioni o difficoltà.

� Valutare il potenziale di una nuova e più matura prestazione

professionale dopo un percorso di formazione specifico, come ad

esempio il cambio di un gestionale aziendale che pianifichi in modo

certo le varie mansioni affidate ai colleghi.

� Imparare sempre e comunque, un'interazione reciproca nell'ambito

professionale e comportamentale per conoscere meglio colleghi e

loro potenzialità

� Sostenere queste dinamiche introdotte in modo duraturo e stabile

motivando sia il singolo che il team di lavoro, ove ve ne fosse.

Predisporre in questo modo il rapporto con i colleghi permette di

ricevere notizie utili per correggere, dove fosse necessario, una particolare

decisione aziendale. Mette inoltre tutti i dipendenti in una posizione attiva

rispetto alle decisioni della proprietà. Apprendere la cultura del feedback

significa sapere offrire l'occasione giusta per affrontare nuove sfide. Il

feedback, se operato in modo appropriato, crea struttura, incoraggia

atteggiamenti proattivi ed esplorativi anche nei soggetti che normalmente si

limiterebbero esclusivamente alla loro mansione.

105

In ogni caso, per parlare di un feedback efficace in un'ottica di

leadership etica è indispensabile che i vari leader imparino a valutare

l'ipotesi che non esistono fallimenti, ma soltanto spunti di riflessione dai quali

trarre un insegnamento. Molto spesso, questo particolare, nell'ambito

lavorativo, prevalentemente basato sulla competizione, rappresenta un

ostacolo difficile da superare creando difficoltà nella delineazione di

feedback propositivi.

106

2.9 Operare Trial and Error

In un ambito dove l'errore è un mezzo per creare competizione,

acquista un'importanza notevole in concetto di Trial and Error. Inteso in

questo modo il concetto che ogni leader etico deve comprendere è la sua

possibile fallibilità. L'esperienza lavorativa dimostra che, difficilmente un

manager o un leader ammettono di aver sbagliato previsione riguardo una

determinata decisione oppure di aver sbagliato la strategia aziendale. Il

leader narciso come è stato analizzato da Andrea Vitullo preferisce

circondarsi di soggetti che indipendentemente dalla loro personale idea

considerano giusto il suo operato. Contrapporsi in modo propositivo nei

confronti del leader dovrebbe diventare uno strumento utile per lo stesso,

per autoanalizzare i suoi comportamenti e di conseguenza le decisioni

aziendali. Un leader etico deve essere pienamente consapevole dei limiti

che lo riguardano. Ammettere di non riuscire a seguire ogni cosa ma dover

collaborare con i dipendenti in ambito aziendale non deve essere

riconosciuto come un limite, ma come una fonte importante di crescita.

Anche con una formazione culturale e tecnica molto specifica, il leader non

potrà mai essere in grado di controllare e prevedere tutto senza la

collaborazione e i consigli di chi per esperienza conosce l'ambito lavorativo

meglio di lui. Il principio del trial and error parte dal presupposto che solo

ammettendo la fallibilità è possibile essere riconosciuti al pari degli altri

lavoratori e coordinare in modo efficace sia le possibile soluzioni ma anche il

lavoro stesso. Il dipendente è disposto ad accettare che un suo superiore

ammetta un errore e cerchi in qualche modo di risolvere il problema piuttosto

che continuare a dimostrarsi al di sopra di ogni ragionevole dubbio.

L'infallibilità del manager, è frutto di una cultura tipicamente americana, che

lo vuole come detentore assoluto della ragione, per trasformare buoni

107

manager in eccellenti leader.49

Il leader straordinario come viene definito da Zenger e Folkman deve

possedere tutta una serie di caratteristiche per cui, carattere, capacità

personale, orientamento ai risultati, e catalizzazione al cambiamento che se

da una parte definiscono quali devono essere le caratteristiche tipiche di un

manager, dall'altra non sviluppano quali devono essere le peculiarità etiche.

Quest'ultime, consentono al soggetto di essere considerato dai suoi

collaboratori e dai dipendenti come un soggetto chiaramente competente nel

suo lavoro, ma aperto ad una visione d'insieme che consenta ai lavoratori di

sentirsi parte del processo lavorativo come condivisione con gli organi

direttivi. Pensare al leader solo al vertice è un'espressione che appartiene al

passato. Senza il fondamento derivante dalla consapevolezza che il leader

etico non deve operare senza considerare le conseguenze delle sue azioni,

si rischia di continuare a commettere errori gestionali che penalizzano prima

di tutto l'azienda e di conseguenza anche tutti i dipendenti. Operare Trial and

Error non significa prendere decisioni con scarsa competenza e

approssimazione, rischierebbe di trasformare questa pratica in una

giustificazione per le proprie inettitudini. Indica al contrario un concetto,

quello dell'umiltà che i leader di norma tendono ad evitare in virtù del loro

status. Secondo S. Tommaso, l'umiltà era considerata una virtù “che

conferma l'animo contro la disperazione e lo spinge a perseguire le cose

grandi secondo la retta ragione”. Essere coscienti dei propri limiti permette ai

leader di conoscersi in modo più profondo, in particolare la fallibilità

dovrebbe diventare una spinta a cercare sempre una soluzione migliore, sia

a livello economico che di rapporti tra i collaboratori in azienda. Abbiamo

avuto modo di osservare gli effetti devastanti anche sulla salute di molti

manager che sotto pressione non riescono più a gestire nè il loro lavoro nè

49 John H. Zenger – Joseph R. Folkman: Il leader straordinario, FRANCO ANGELI, 2010

108

la loro vita privata. Una miseria che può trovare soluzione nell'ammissione,

verso se stessi innanzitutto, dei propri limiti. Il mercato, in questo senso è

pieno di esempi che confermano l'applicabilità del Trial and Error e di come

sia stato sottovalutato, preferendo soluzioni basate esclusivamente

sull'egocentrismo e la presunta onnipotenza dei protagonisti. Una delle

facoltà più importanti dell'uomo è la capacità di pensare, dove ci sia un

errore di trovare una possibile soluzione. Quello che diventa cardinale è la

capacità di andare oltre il solo problema, ma con la condivisione e il

confronto cercare la soluzione più idonea ed efficace, per riprendersi e se

dovesse succedere, sbagliare nuovamente.