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IL DISCEPOLO un porto sicuro per tutti coloro che cercano la via, la verità e la vita Provvedimento del Presidente del Tribunale di Modena Iscritto al n.1866 del 19/02/2008 del Registro Stampe e Periodici. anno 7 - n. 23 trimestrale - gennaio/marzo 2014 € 5,00 COPIA OMAGGIO Copyright 2007

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23 discepolo

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IL DISCEPOLOun porto sicuro per tutti coloro che cercano

la via, la verità e la vita

Provvedimento del Presidente del Tribunale

di Modena Iscritto al n.1866 del 19/02/2008

del Registro Stampe e Periodici.

anno 7 - n. 23trimestrale - gennaio/marzo 2014€ 5,00

COPIA OMAGGIO

Copyright 2007

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questa rivista è emanazione della Draco Edizionifondata nel 2006, per diffondere in termini moderni l’antica conoscenza esoterica.

in collaborazione con l’associazione Atman, fondata nel 1994 per la diffusione del raja yoga e dell’esoterismo,

di Energheia, fondata nel 1996, la prima scuola italiana per terapeuti esoterici,di Agnihotri I Custodi del Fuoco, Il Sentiero di Guarigione del Guerriero di Fuoco,

fondata nel 2010 come scuola di Yoga, Vita e Salute,e dell’omonimo portale www.yogavitaesalute.it, fondato nel 2012.

Nel tempo tutto cambia e niente cambia. Le realtà essenziali della vita, le sue strutture fondamentali, l’ana-tomia e la fisiologia della coscienza rimangono fedeli all’emanazione primordiale di quel verbo che tutto pervade. Nel tempo, quello che cambia sono i modi della manifestazione, sempre più aderenti alle forme cangianti che lo spirito può usare, di era in era, nel suo lungo pellegrinaggio tra le pieghe della materia. Nello spirito che discende nella carne si compie la parabola del figliuol prodigo che prima o poi ritornerà nella casa del padre. Questa rivista, in fin dei conti, vuole solo prendere atto dei modi diversi oggi necessari ad esprimere adeguatamente le immutabili verità dell’antica saggezza esoterica. Questo spazio vuole essere utile a tutti i pellegrini che nel loro viaggiare sono arrivati a rivolgere gli occhi verso la casa in cui sono nati. Che il potere del padre, l’amore del figlio e la sapienza dello spirito santo ci uniscano in un’unica vita.

Massimo Rodolfi

La tensione è tale che il Mondo freme. Gli eventi sono in pressione. A tutti i livelli le energie del-la Luce sono impegnate a fondo per salvarlo dalla distruzione, mentre le tenebre si insinuano, con ma-schere luminose, decise ad annientare ciò che la Luce crea e, dove possibile, a demolire le basi stesse dell’opera creativa. Nell’epoca grave dell’Armageddon è specialmente necessario sapere quali sono le forze che causano le azioni di ogni singolo giorno, di ogni singolo evento, di ogni fenomeno; poiché è l’ora della decisione, e non ci sono mezze misure sulla via del Mondo del Fuoco.

Maestro Morya

Immagine di copertina: Fotografia di Manuela Baccin“Fluttuare nel cielo della nostra anima”

Collaborazione progetto grafico Simona MurabitoStampato presso la tipografia Nuovagrafica s.c.

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Sommario

Editoriale Curatore: Massimo Rodolfi

C’È UNA GUERRA IN CORSO... E NOI SIAMO L’ULTIMA SPERANZA! pag. 2 Letteratura e spiritualità Curatore: Anna Todisco

I FRUTTI DELLA FATICA pag. 4 il Raja Yoga e l’esoterismo Curatore: Luca Tomberli

GLI OTTO STADI DELLO YOGA pag. 7 Antica saggezza e scienza moderna Curatore: Gianluca Fontana

THE MAGIC OF SCIENCE... pag. 10 Conoscere la conoscenza Curatore: Andrea Innocenti

I SENSORI DELLA COSCIENZA ASSOLUTA (terza parte) pag. 13 Il Sentiero Iniziatico Curatore: Massimo Rodolfi

NON CREDETE ALLE PROFEZIE! COSTRUIAMO INSIEME IL FUTURO pag. 16 Scienze dell’India Antica Curatore: Alessandra Petrocchi

LA SACRALITÀ DELLA PAROLA NEL CANTO VEDICO pag. 18 Mitologia e Sentiero Iniziatico Curatore: Graziano Fornaciari

ERCOLE E IL RIPULIMENTO DELLE STALLE D’AUGIA pag. 21 Astrologia esoterica Curatore: Maria Grazia Barbieri

MARTE, NETTUNO E IL 6° RAGGIO pag. 25 Geometria Sacra Curatore: Enrica Battaglia

L’OTTO DANZANTE pag. 27 Fitoterapia energetica Curatore: Donatella Donati

IMITA L’ORMONE, VIVRAI SENZA FATICA... pag. 29 La coppia sul sentiero Curatore: Giorgio Ricci Garotti e Monica Giovannini

UN PASSO VERSO IL TANTRA pag. 31 Educare per la consapevolezza Curatore: Anna Grazia Fiorani

SINDROME ADHD, LA SINDROME DELL’IPERATTIVITÁ, MA QUALE IPERATTIVITÁ? pag. 33 La Comunicazione Umana Curatore: Anna Maria Fabene

I CARE... MI È CARO! pag. 36 Psicologia Curatore: Diana Ferrazin

DAI! GIOCHIAMO UN PO’ INSIEME (seconda parte) pag. 38 Le fiabe della Manu Curatore: Manuela Baccin

CANTO DI GUERRA (terza parte) pag. 40

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Non mi sto riferendo semplicemente all’eter-

na lotta tra il Bene e Il Male, ma a qualcosa di

molto più specifico, che riguarda questi tem-

pi. Certo il problema nasce da quando lo ‘Spi-

rito aleggiava sulle acque’, cioè da quando,

all’inizio della creazione, fu necessario spin-

gere in ‘relazione’ due forze fondamentali,

per esprimere la terza.

Spirito e Materia, che nel loro rapporto gene-

rano Coscienza. Yin e Yang, che nella loro re-

lazione esprimono la dinamica del Tao. Pola-

rità positiva e negativa, che trovano armonia

nella neutralità, o se preferite, Rajas e Tamas,

che si compongono in Sattva.

Bene, adesso che vi ho fatto un po’ di cosmo-

gonia gratis, veniamo ai tempi nostri... nei

millenni, questa relazione duale e conflittua-

le, che Hegel ha descritto come tesi-antitesi-

sintesi, ha assunto nella storia dell’umanità,

un’infinità di ‘vesti’ e di contorni, che ovvia-

mente non staremo qui a ripercorrere, però

tutti i tempi non sono uguali.

Vi sono appuntamenti particolari, nei cicli pre-

cisi della vita cosmica, dai quali non si può

prescindere, e mi sa proprio che in questi

anni, sulla faccia della Terra, stiamo vivendo

proprio una singolarità specifica. Nella ma-

tematica precisa del cosmo, siamo giunti in

prossimità di un appuntamento unico, forse

già visto, nella sua cadenza, ma irripetibile

nella sua specificità.

La fine di un ciclo, la fine di un’era, l’inizio di

una nuova avventura per l’umanità, che po-

trebbe confermare la sacralità della nostra

natura, per ora non così evidente...

La porta del Tempio della Saggezza sta aspet-

tando il nostro arrivo e il Guardiano della So-

glia Planetario veglia, affinché il nostro risve-

glio possa avvenire, e Lui essere sconfitto.

Le orbite cosmiche ci stanno inesorabilmen-

te avvicinando al nostro destino, ma toccherà

a noi compiere quel balzo, che solo potrà far-

ci afferrare il prossimo ramo dell’Albero della

Vita, perché l’evoluzione non avviene senza

sforzo, e senza quel sacrificio, che dovremo

imparare a riconoscere come sacri-ficio, in

tutta la sua bellezza.

Nell’approssimarsi dell’ora del Fuoco, le forze

del Male si agitano in tutto il loro furore, e

in tutta la loro cattiveria, opponendo la giusta

resistenza a ciò che di meglio la coscienza

umana ha saputo produrre. Così siamo noi

umani, splendidi e terrifici al tempo stesso,

capaci di opere stupefacenti, grandi slanci di

eroismo, e nefandezze glaciali, impregnate di

putredine.

D’altronde siamo proprio noi l’oggetto del

contendere. Sì, noi siamo la posta in palio, e

in ‘tanti’ vogliono proprio noi, i nostri corpi, le

nostre coscienze, e anche il nostro pianeta.

Io rilevo una discreta coalizione di forme di

vita, che in questo momento stanno operan-

EditorialeCuratore: Massimo Rodolfi

C’È UNA GUERRA IN CORSO... E NOI SIAMO L’ULTIMA SPERANZA!

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do in senso contrario alla vita come la inten-

diamo noi umani, tutte effimeramente unite

dall’avidità e dalla volontà di possesso.

In primo luogo, in questa scellerata alleanza,

vi sono esseri umani corrotti dalla sete di po-

tere e dalle malie che solo un male suadente

può suggerire. Sono quelli che stanno ven-

dendo il pianeta per un piatto di lenticchie, ac-

contendandosi del marcio che le forze oscure

possono offrire loro.

Poi vi sono i cari vecchi demoni, con tutta la

loro Nera Gerarchia, connaturata al destino

del nostro pianeta. Questi, da sempre osses-

sionano gli umani, specialmente quelli più in

sintonia con il loro sentire. Oggi forse sono

in minoranza, ma rappresentano pur sempre

una discreta forza distruttiva.

Infine vi sono alieni di varia natura, soprattut-

to parassiti e provenienti da altre dimensioni,

più che da luoghi specifici dello spazio, che

nella corruzione della nostra coscienza, trova-

no il loro nutrimento preferito, e che vedono

i nostri corpi come utili contenitori per la loro

evoluzione. Non basterebbe un trattato per

descriverli bene a modo, per cui mi limiterò

ad enunciare alcune delle razze più attive e

pericolose per la specie umana.

Rettiliani, Grigi, come nomi comunemente

accettati, poi ci sono quelli che io chiamo

Avatar, sì, proprio quelli del film, quelli che

io chiamo ‘Borg’, per una certa similitudine

con l’omonima razza di Star Trek, e altre raz-

ze minori, non certo per crudeltà ed avidità.

Tutte queste ‘creature aliene’ condividono un

oscuro quanto pericoloso obiettivo, vista la

difficoltà che gli umani hanno nel riconoscere

queste manovre. Sto parlando della manipo-

lazione della coscienza umana e dell’aliena-

zione dei nostri corpi.

Certo che sono cose incredibili, e pensate

che, in realtà, non ho ancora rivelato niente...

devo dire che per anni sono stato abbastanza

riservato nel parlare di questi argomenti, sia

per non allarmare eccessivamente il mio udi-

torio, ma anche per non essere preso subito

per pazzo.

Valutate voi se il fatto che ora inizio a parla-

re apertamente di alieni, sia frutto di legge-

rezza, o magari per da una condizione parti-

colarmente grave. Io opto per la seconda, e

confesso anche che non abbiamo più niente

da perdere, io no di sicuro, per cui mi spendo

nel cercare di avvisare, per quanto possibile,

coloro che vorranno essere avvisati.

Un’obiezione che mi viene spesso fatta, suo-

na più o meno così: “ma non ci sono alie-

ni buoni? Non c’è nessuno che ci aiuta?”

Certamente... esistono esseri di ogni natura

nell’universo, e quindi anche esseri parti-

colarmente evoluti, che anche si prendono

cura dell’evoluzione del nostro pianeta, ma

a differenza dei loro colleghi ‘oscuri’, questi

rispettano la nostra libertà, e soprattutto, sia-

mo ‘noi’ di fronte al ‘nostro’ scalino evolutivo,

che comporta anche la necessità di liberarsi

dei parassiti della coscienza, che, per ora, ci

meritiamo in pieno.

Tratterò meglio in futuro, in maniera più det-

tagliata, ciò che in questo contesto sto solo

accennando, per ora mi basta cercare di far

portare l’attenzione sull’urgenza della que-

stione, su come sta avvenendo la lotta tra

Bene e Male, riguardo alla coscienza umana.

Solo noi umani possiamo fare la differenza e

spostare l’ago della bilancia in nostro favore.

Nessuna grazia dal cielo, nessun aiuto ‘da

casa’, nessuna vocale da comprare. Sempli-

cemente dobbiamo renderci conto che così

non può continuare.

Massimo Rodolfi

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no non solo il soggiacere ai propri limiti, ma

il tentativo pavido ed illusorio di sottrarsi ai

flussi vitali che naturalmente ci sospingono.

Poiché oziare è come vivere fuori del tem-

po, come uscire dalla crescita della vita, che

avanza solenne ed orgogliosamente sotto-

messa verso l’eternità. (K. Gibran)

Sì, perché la vita non si arresta mai, ma si

svolge secondo un progetto determinato, il

Piano, che è la volontà stessa del Creatore

e che prevede l’evoluzione dell’umanità. Va

da sé quindi che l’ozio è contrario a qualsivo-

glia conseguimento, è l’orco a cui dobbiamo

smettere di dare ossa da mordere, visto che

abbiamo tanto da fare per adeguarci sempre

di più alle esigenze della vita, che coincidono

con la necessità di trasformarci per emen-

darci fino ad identificarci perfettamente con

le cellule divine, punti di passaggio, che in

essenza siamo.

Fratelli e sorelle, è possibile lavorare senza

sosta, le ali crescono nel ritmo veloce dei

giorni e delle notti. (Morya)

Ma come ancora ci dice Morya, pochi sanno

gioire quando si tratta di superare un ostaco-

lo. Lo sappiamo bene tutti, per esperienza.

Preservarsi dalla fatica è tendenza comune.

Letteratura e spiritualitàCuratore: Anna Todisco

I FRUTTI DELLA FATICA

Quando stanco siederò lungo la strada

e stenderò il giaciglio sulla polvere,

possa io ricordare

che ho ancora tanta strada da fare.

(R. Tagore)

La fatica rappresenta un tratto esistenziale

che accompagna e caratterizza la condizio-

ne umana. Strettamente connaturata con

qualsiasi attività dell’uomo, essa si è sempre

naturalmente associata ad un’idea di grande

positività e valore, come confermano tanti

aforismi e modi di dire anche di biblica memo-

ria. Secondo una certa visione della filosofia

classica greca la fatica rappresenta il senso

più profondo dell’individuo. Spesso la dignità

dell’uomo è stata commisurata alla sua attitu-

dine a profondere grande impegno e instan-

cabile fatica nelle sue regolari attività. Solo i

pigri e gli indolenti sostengono che il lavoro

stanca e persino nuoce alla salute, così dice

il Maestro Morya, che ci esorta a non cercar

riposo nell’ozio, che è il bacillo dell’indolenza.

La fatica è la fondamentale premessa della

potenza umana, il presupposto necessario

alla realizzazione creativa; solo accettandola

l’uomo può realizzare il desiderio di superare

i propri limiti. Antiteticamente l’ozio e l’im-

mobilismo, condizioni peraltro assolutamen-

te innaturali perché la vita è spinta continua,

incessante impulso ad essere, rappresenta-

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Ma questo non è forse un altro modo di con-

centrarsi su di sé, di appartarsi immobili nella

torre d’avorio a guardare a distanza e giudi-

care, magari recriminando e criticando, ma

rigorosamente fuori dai giochi, al riparo dietro

le quinte? Trionfo ennesimo dell’egoismo e

dell’egocentrismo, trappole della misera mio-

pia umana, che impedisce la percezione della

vita più ampia.

Per noi l’ora del lavoro non è l’ora della gio-

ia. Abbiamo bisogno del riposo, poiché non

possiamo trovare il nostro riposo nel lavoro. Il

fiume riposa nel suo corso regolare, il fuoco

nel divampare della sua fiamma, il profumo

del fiore nel suo diffondersi per l’atmosfera,

ma per noi, nel nostro lavoro ordinario, non

esiste tale riposo. Il lavoro ci affatica perché

non ci dedichiamo completamente ad esso

con gioia. (R. Tagore)

E amare la vita per mezzo della fatica è com-

prenderne il più profondo segreto. […]

E quando lavorate con amore siete in comu-

nione con voi stessi, con gli altri e con Dio.

E cosa significa lavorare con amore? […] è in-

sufflare il vostro spirito in ogni vostra azione.

[…] Poiché se cuocete il pane senza parteci-

pazione, cuocete un pane amaro che soddi-

sfa solo a metà la fame dell’uomo. E se pigia-

te l’uva di mala voglia il vostro essere restio

trasformerà il vino in veleno. (K. Gibran)

Ma questi discorsi sembrano veri anacro-

nismi nell’attuale momento storico in cui le

tendenze culturali dominanti spingono in dire-

zione opposta. Lo sappiamo bene, oggi ven-

gono veicolati e sostenuti modelli che ben

si sposano con il mondo effimero e fasullo

dell’apparire, del successo e del guadagno

facili, dominato dalle pin up, dai sex-symbol

e i loro bodyguard, tutti look, lifting, body-

building e fitness, sempre oggetti di gossip

nei talk-show. Nello star-system tutto è faci-

le, tutti sono felici, e quello che più conta “si

vince facile”. Questo è quello che appare.

Qui siamo davanti al grande paradosso dei

nostri giorni. Da una parte l’esaltazione dell’e-

donismo, della superficialità, del “tutto senza

sforzo e subito”, che ha come strascico, non

certo sfavillante, il proliferare di corruzione

e malcostume. Dall’altra stiamo assistendo

all’avvento dell’Era del Fuoco, come da tem-

po si va affermando, anche se questo non è

altrettanto evidente. Questi tempi di grandi

cambiamenti richiedono invece adesione

alla sostanza, fermezza nel carattere, ferrea

volontà, eroico coraggio e assunzione di re-

sponsabilità. Di tutto ciò necessita colui che

consapevolmente, incurante della fatica e del

dolore, calca il Sentiero, sottile come filo di

rasoio che, attraverso le lande desolate, at-

traverso le più dense foreste, attraverso le

profonde acque del dolore e dell’angoscia,

attraverso la valle del sacrificio e superando

le montagne della visione conduce alla por-

ta della liberazione. A volte camminerà nelle

tenebre (e l’illusione delle tenebre è estrema-

mente reale); altre volte in una luce tanto ab-

bagliante e sfolgorante da scorgere a fatica il

cammino; potrà provare cosa sia vacillare sul

Sentiero e cedere alla fatica del servizio e del-

la lotta; potrà temporaneamente smarrire la

strada e vagare per i sentieri dell’ambizione,

dell’interesse egoistico e delle seduzioni ma-

teriali, ma non saranno che brevi deviazioni.

(A. A. Bailey, Trattato di Magia bianca)

Costui, l’aspirante, deve necessariamente

avere un atteggiamento virile, ancorato a

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quella ferma perseveranza che vince ogni

ostacolo e non vacilla, qualunque cosa ac-

cada. Egli ha da affrontare le più impegnati-

ve e difficili battaglie all’interno della propria

coscienza per poter liberare il proprio essere

da ogni capacità di nuocere. Deve compiere

un lungo e faticoso lavoro alchemico che lo

porterà a dominare ogni più piccolo angolo di

coscienza, al servizio della luce dell’anima. E

il fremere dei tempi non concede tregue.

Sei in letargo? Quanto prima il tuono ti scuo-

terà; ma forse troppo tardi per alzarti e fende-

re la tua indolenza e la tua passività. […]

Non considerare queste parole come sempli-

ce sfogo poetico. Non è tempo di oziare. Vivi

il messaggio dell’Accordo […] e svela, nella

vita, il miracolo dell’Armonia. (Raphael)

Il Mondo del Fuoco ci chiama ad una presen-

za autentica nella vita, all’adesione ad una pu-

rezza d’intenti quasi eroica, cavalleresca. Non

a caso Elena Rerich, colei che ha ricevuto

direttamente dal Maestro Morya gli insegna-

menti relativi all’Agni yoga, lo yoga del Fuoco,

più volte fa riferimento alla necessità e alla

bellezza di tale attitudine eroica che diventa

sinonimo di abnegazione totale e dedizione

al servizio:

In verità, la vita sarebbe ricolma di miracoli,

se ci accostassimo a tutto con il cuore aperto

e con l’aspirazione alla bellezza e all’autoper-

fezionamento, non per mezzo di artificiali me-

ditazioni, concentrazioni e altri metodi mec-

canici, bensì nel podvig della vita.

Podvig è una parola russa che non trova equi-

valenti in altre lingue occidentali e sta ad indi-

care un atto eroico mirante al Bene dell’Uma-

nità compiuto con la massima tensione e al

limite delle forze, fino al completo oblio di sé.

L’eroe dei nostri giorni non si lascia tentare

dalle lusinghe della materia, eppure supera le

prove vivendo consapevolmente gli eventi di

tutti i giorni, come dice Massimo Rodolfi in

una lettera ai soci Atman, nella libera fatica

che porta a consolidare la gioia in una co-

scienza che conosce la luce.

Siate forti, mostrate il vostro viso al vento,

mentre le gambe si piantano salde nel ter-

reno insidioso di ciò che vi attornia. Ritmate

l’azione e non mirate alla fine, i frutti verranno

alla stagione adeguata, per ora vi basti colti-

vare la terra. (M. Rodolfi)

Il frutto della nostra fatica, a suo tempo, si

tradurrà stabilmente in gioia e capacità creati-

va, in equilibrio permanente e armonia, e tut-

to questo, parafrasando una pubblicità molto

“passata” in TV, non ha prezzo.

Finita la vacanza, riprendiamo il lavoro.

Decidiamo che fare. Agire. In questo agire

eterno sta la Nostra vacanza. Ma voi, seguen-

do il nostro esempio, cercate di farlo senza

penose tensioni. Risolvete di agire con cal-

ma, sapendo che la Nostra Fonte scorre pe-

renne attraverso voi. E quando vi domandate:

“dove sono Coloro che hanno promesso?”

siamo alle vostre spalle, e Ci rallegriamo ve-

dendo come cresce in voi il fiore dell’aura:

Perché questo è il Nostro Giardino. Oltre i

confini ristretti la Luce unisce i cuori. (Morya)

Anna Todisco

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I diversi tipi di yoga accompagnano l’evoluzio-

ne dell’essere umano. Il Raja Yoga è la nostra

grande opportunità. Tutti i veri aspiranti all’u-

nione riconoscono in Patanjali, e in particolare

negli Yogasutra, la vera fonte di trasmissio-

ne degli insegnamenti sullo Yoga. Per la Tra-

dizione, il Raja Yoga è stato codificato negli

Yogasutra 12.000 anni fa. Prima di allora gli

insegnamenti erano trasmessi oralmente da

maestro a discepolo. Secondo i Maestri, no-

nostante sia passato qualche anno dalla sua

divulgazione, il Raja Yoga è ancora adatto per

fornire le istruzioni necessarie per conoscere

la luce. Infatti il controllo delle funzioni della

mente è ancora la meta dell’uomo odierno,

anche se spesso fra gli aspiranti spirituali c’è

una certa confusione in proposito. Ogni tipo

di yoga, nel tempo, ha svolto una funzione

ben precisa, e quindi un ritorno ad una vec-

chia pratica potrebbe risultare in molti casi

inopportuno. Nello yoga, così come in ogni

testo sapienziale, si possono scorgere le leg-

gi dell’anima. Oltre agli Yogasutra, anche la

Bhagavad Gita e il Nuovo Testamento offrono

una panoramica sulle potenzialità dell’anima.

La Gita descrive l’incontro tra Krishna, l’ani-

ma, e Arjuna, l’aspirante spirituale, tramite le

istruzioni dello yoga. Nel Nuovo Testamento

il racconto della vita di Gesù ci svela il percor-

so che ci attende. Viene descritto lo sviluppo

dell’anima tra le pieghe della materia. I Su-

tra Yoga descrivono in maniera particolareg-

giata un sistema di sviluppo della coscienza

che, attraverso la conoscenza di se stessi,

conduce nel Regno dei Cieli. Per conoscersi

è necessario trasformare la personalità. Ed

è proprio Il cambiamento che ci conduce a

trionfare sul mondo, quando il distacco divie-

ne consapevole e l’attività è incessante. Al-

lora l’essere umano, entro la mente, diviene

consapevole del Sé Superiore riflettendone

l’intrinseca luce. Così l’anima, libera dai veli

della materia, permane nel suo stato di uni-

tà isolata, e la coscienza potrà comprendere

definitivamente che tutto ciò che esiste è in

funzione dell’anima; ma fino a quando la con-

sapevolezza è identificata nella percezione,

si rimane schiavi del mondo. Patanjali negli

Yogasutra ci dona un manuale di istruzioni per

raggiungere l’unione e sperimentare tutto il

bene che si dice dello yoga. In particolare at-

traverso gli otto mezzi ci indica il metodo per

realizzare la luce dell’anima. Altri dopo di lui

indicheranno un percorso in otto tappe per

raggiungere le vette della consapevolezza.

Infatti il Signore Buddha, nel rivelare le Quat-

tro Nobili Verità, descrive la parte finale del

percorso umano che si conclude nell’ottupli-

ce sentiero, di cui la retta meditazione rappre-

senta la meta ultima. Anche il Maestro Gesù

indica la Salvezza in otto azioni, le otto Beati-

tudini evangeliche, che conducono all’atteg-

Il Raja Yoga e l’esoterismoCuratore: Luca Tomberli

GLI OTTO STADI DELLO YOGA

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giamento necessario per vivere nel presente

il Regno dei Cieli. Patanjali dedica parte del

secondo libro dei Sutra a spiegare gli otto

mezzi. Le pratiche descritte non sono degli

stadi da compiere temporalmente, uno dopo

l’altro. Questa errata visione ha generato di-

versa confusione tra i praticanti. Come quella

per cui chi si avvicina allo yoga debba iniziare

dalla pratica delle posizioni fisiche. Invece i

vari mezzi devono essere praticati simultane-

amente nei tre mondi della personalità. Per-

ciò le indicazioni date da Patanjali dovrebbero

essere sperimentate contemporaneamente

nei tre mondi inferiori. Affinché tutto il sé in-

feriore ne sia coinvolto.

I primi due stadi, Yama e Nijama, sono i co-

mandamenti e le regole. Spesso vengono

considerati come un tutto unico che forma

la base necessaria per praticare lo Yoga. Se

non sono stati sufficientemente praticati sarà

difficile entrare in contatto con dei veri inse-

gnamenti sullo yoga. Rappresentano quel

minimo di purificazione necessaria per intra-

prendere l’arduo percorso che porta a iner-

picarsi verso se stessi. La pratica dei cinque

comandamenti avrà sempre un suo perché

fino a quando non si realizza il Dharma. Cioè,

quando avremo compreso profondamente

l’essenza dei comandamenti, li riconoscere-

mo come delle leggi naturali presenti in noi e

fuori di noi. Il primo dei cinque comandamen-

ti, innocuità, rappresenta l’inizio e l’obiettivo

del percorso. Approdare all’innocuità significa

aver abbandonato la distruttività ed essere in

contatto con la Natura Profonda. Secondo A.

A. Bailey, Yama e Nijama corrispondono ai

dieci comandamenti della Bibbia e riguardano

la vita quotidiana, i contatti con il prossimo e

le reazioni interiori.

Il terzo mezzo, Asana, riguarda la stabilità

nella vita del triplice mondo inferiore. Per

conoscersi è necessario raggiungere un suf-

ficiente equilibrio emotivo e mentale che in-

viti l’anima a discendere. In altre parole non

possiamo occuparci delle cose spirituali se

abbiamo altre incombenze da sistemare. Fino

a che non avremo trovato un minimo di sta-

bilità nel mondo sarà difficile confrontarsi con

le prove che attendono chi vuole accedere al

Cuore.

Il quarto mezzo, Pranayama, è legato al domi-

nio della forza vitale. Per giungere all’unione

si deve imparare a controllare le forze di cui si

dispone, in modo che siano trasmesse fedel-

mente ai veicoli inferiori. Il concetto dell’ef-

ficienza energetica potrebbe spiegare bene

questo stadio. Imparando a fluire maggior-

mente tra le difficoltà, si riesce a riconoscere

sempre di più nell’attività l’espressione della

vita entro stante.

Il quinto mezzo, Pratyahara, è la capacita di

astrazione dai sensi. In questo stadio si cer-

ca di realizzare un miglior atteggiamento nei

confronti della vita. La personalità, una volta

organizzata, esprime quelle funzioni che la

caratterizzano e quindi diviene utile. Soltan-

to quando non si è attratti dagli aspetti su-

perficiali, si può essere un tramite dei mondi

superiori. I cinque stadi considerati fino ad

adesso possono essere visti nell’ottica di una

grande purificazione, in quanto favoriscono la

trasformazione della personalità, affinché il

sé inferiore abbia sempre meno presa sulla

coscienza. Ciò è necessario per potersi spin-

gere verso le gelide vette della mente dove

il campo di azione si restringe. Il potere della

mente, che per molto tempo aveva diviso, ad

un certo punto viene rivolto alla comprensio-

ne di ciò che incontriamo lungo il cammino.

Al riguardo Massimo Rodolfi scrive: i primi

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cinque passi sul sentiero dello yoga reale,

riguardano l’aspetto propedeutico rispetto a

ciò che anche Patanjali ritiene essere il cuore

di tutta la pratica. Attraverso la comprensio-

ne dei primi cinque mezzi: regole e proibizio-

ni, giusta posizione nella vita, controllo delle

energie vitali e distacco dai sensi, si acqui-

siscono la stabilità e la purezza necessarie

per potere realizzare con profitto la parte più

significativa del raja yoga, quella riguardante

la concentrazione, la meditazione e l’estasi.

Il sesto mezzo, Dharana, riguarda l’attenzio-

ne. È la capacità di focalizzare la mente su un

oggetto prescelto, interno od esterno. Una

calma percezione senza altro turbamento

porta alla concentrazione. Per Vivekananda,

Dharana è tenere la mente su un solo pensie-

ro per dodici secondi.

Il settimo mezzo, Dhyana, riguarda la possibi-

lità di sprofondare in ciò che si sta fissando.

Praticandolo ci si immerge in un mondo di

energie che è al di là della forma. Rispetto alla

concentrazione l’unica variabile è il tempo.

L’ottavo mezzo, Samadhi, riguarda il mondo

delle Cause. Secondo Massimo Rodolfi il

samadhi è lo stato nel quale la nostra per-

cezione della vita è assolutamente aderente

allo stato di fatto delle cose. A. A. Bailey lo

descrive come l’assorbimento nella coscien-

za dell’anima, e la liberazione dalla percezio-

ne sensoria porta a realizzare la coscienza di

gruppo. Allora in quello stato di consapevo-

lezza lo yogi si riconosce come luce.

Visto che gli ultimi tre mezzi rappresentano

il cuore del Raja Yoga è importante che ven-

gano considerati come un unico atto sequen-

ziale. Concludo con le parole di Massimo

Rodolfi: “Dharana, dhyana e samadhi, altri-

menti chiamati samyama, la disciplina, costi-

tuiscono la chiave di volta di tutto il sistema.

Non sono riconducibili semplicemente a delle

specifiche pratiche, che pure possono esiste-

re, quanto piuttosto si riferiscono alla possibi-

lità della mente umana di entrare in rapporto

stabile e non disturbato con l’essenza della

vita stessa. Attraverso la concentrazione,

dharana, appuntata sulla forma, il praticante

di raja yoga sviluppa la capacità di meditare,

dhyana, ossia comincia a percepire la qualità

che sta al di là della forma. Questa percezio-

ne ‘extra-sensoriale’ inizia a far comprendere

le vere strutture della vita e della coscienza,

quelle che normalmente non sono percepite

dall’attività sensoriale fisica. Così si sviluppa-

no tutti quei siddhi, o poteri, di cui Patanjali ci

parla nel terzo capitolo degli Yogasutra. Quan-

do questa capacità di ‘essere’ in meditazione

nella vita diviene stabile, allora si sperimenta

il samadhi, l’indifferenziato stato di non per-

turbazione, altrimenti chiamato estasi, illumi-

nazione, nirvana, etc.”.

Luca Tomberli

Page 12: 23Discepolo

Siamo a Parigi. È il 19 ottobre 1783. I fratelli

Joseph-Michel e Jacques-Etienne Montgol-

fier stanno predisponendo la loro macchina

del volo di fronte a un pubblico numerosis-

simo. A bordo vi sono tre uomini, tra cui uno

scienziato. Via via che riscaldano l’aria all’in-

terno del pallone, quest’ultimo comincia a

‘galleggiare’. Di lì a poco, le funi si tendono

e la navicella si alza da terra. La folla, incre-

dula, applaude. Per la prima volta, nella sto-

ria dell’umanità, un aeromobile ha portato

l’uomo in cielo. Per questo successo, i fra-

telli Montgolfier vengono nominati membri

straordinari dell’Accademia delle Scienze di

Parigi. E, in Italia, Vincenzo Monti compo-

ne l’Ode al signor di Montgolfier, scrivendo

così di quel giorno memorabile: Il gran pro-

digio immobili i riguardanti lassa, e di terrore

un palpito in ogni cor trapassa. Tace la terra,

e suonano del ciel le vie deserte: stan mille

volti pallidi e mille bocche aperte. Questo il

fatto e le emozioni che lo hanno caratterizza-

to. Ma come sono riusciti i fratelli Montgol-

fier in questa... magia? Beh, hanno applicato

una legge di natura scoperta da Archimede

di Siracusa già nel III secolo a.C. Un princi-

pio che porta il suo nome e che ritroviamo

nell’opera intitolata Sui corpi galleggianti. L’e-

nunciazione più semplice di questo principio

è la seguente: Un corpo immerso in un fluido

riceve una spinta dal basso verso l’alto pari al

peso del volume di fluido spostato. Questa,

per intenderci, è la legge di natura per cui,

dati ad esempio un oggetto in legno e uno di

uguale forma in ferro, il primo galleggia e il

secondo va a fondo. La cosa interessante per

noi è che questa legge non vale solo per il

galleggiamento nei liquidi, ma anche nei gas,

come l’aria. Tutto sta, in questo caso, nel tro-

vare un qualcosa che sia più leggero dell’a-

ria, come il legno lo è dell’acqua. In natura,

vi sono diversi gas che risultano più leggeri

dell’aria, e tra questi uno particolare è l’aria

riscaldata. Lo sappiamo per esperienza, ricor-

dando, per esempio, che fare la sauna seduti

in alto è più impegnativo che seduti in basso.

E lo scoprì uno dei due inventori della mon-

golfiera, Joseph, quando una sera notò che

dei panni posti ad asciugare sopra un fuoco

si sollevavano ripetutamente. Ecco, i fratel-

li Montgolfier, per realizzare la loro... ma-

gia, hanno applicato questa legge di natura.

Siamo, ora, agli inizi degli anni ‘90. David

Copperfield sta presentando al pubblico un

numero che per essere realizzato ha richie-

sto sette anni di lavoro, a lui e al suo team di

progettisti, costruttori ed assistenti. Si tratta

di Flying, Volare: non un ‘semplice’ numero

di levitazione, ma un vero e proprio volo sul

palcoscenico della durata di diversi minuti.

L’obiettivo di Copperfield è dimostrare che

non sta facendo uso di alcun mezzo per li-

Antica saggezza e scienza modernaCuratore: Gianluca Fontana

THE MAGIC OF SCIENCE...

10

Page 13: 23Discepolo

brarsi in volo, come, per esempio, dei cavi.

A tal fine i suoi assistenti, dapprima gli fanno

passare intorno una coppia di cerchi, e poi

lo rinchiudono in una cella di plexiglass, con

tanto di coperchio sul quale cammina uno di

loro. In entrambi i casi, l’illusionista dimostra

di poter fluttuare nell’aria, spostandosi da una

parte all’altra del palcoscenico, come un an-

gelo. Il pubblico è sbalordito, non tanto per la

‘levitazione’ in sé, numero noto da tempo nel

repertorio degli illusionisti, ma per la perfetta

riproduzione del volo. A conclusione del suo

numero straordinario, Copperfield atterra sul

palcoscenico, chiama a sé una ragazza e, pre-

sala tra le braccia, la porta con sé in volo. È la

prima volta nella storia dell’illusionismo. Per

questa ed altre illusioni, Copperfield, conside-

rato l’erede del grande Houdini, viene insigni-

to, dalla presidenza del congresso mondiale

di magia, del titolo di illusionista del millennio.

Questo il fatto e quanto è seguito. Ma come

è riuscito Copperfield in questa... magia?

Un’ipotesi è che abbia fatto ricorso alla leg-

ge di natura che regola l’interazione tra campi

magnetici, prodotti da magneti permanenti

e/o da elettromagneti, ovvero magneti che

sono realizzati facendo percorrere delle spire

di materiale conduttore da correnti elettriche.

L’esempio più semplice di tale interazione è

quello delle due calamite orientate in modo

da attrarsi o respingersi. Un esempio molto

più complesso è quello, invece, dei treni a

levitazione magnetica, per i quali, durante la

marcia, non esiste contatto con le rotaie, con

notevole diminuzione dell’attrito. Detto que-

sto, tranne Copperfield e i suoi più stretti col-

laboratori, nessuno sa con esattezza il trucco

del suo Flying. Quello che è certo è che anche

lui, come i fratelli Montgolfier, è ricorso a una

legge di natura conosciuta. Sebbene, essen-

do lui un illusionista, a differenza dei Montgol-

fier, ha fatto in modo che tale applicazione ri-

manesse nascosta alla vista degli osservatori.

Ci troviamo, ora, sul lago di Genesaret, in Ga-

lilea. È l’anno 0. Ecco cosa sta avvenendo,

secondo il Vangelo di Matteo (14, 22-29): Su-

bito dopo Gesù fece salire in barca i discepoli

e ordinò loro di andare all’altra riva del lago

senza di lui. Egli intanto avrebbe rimandato

a casa la folla. Dopo aver lasciato la folla, salì

sul monte a pregare. Venne la notte, e Gesù

era ancora là, solo. La barca era già molto

lontana dalla spiaggia, ma aveva il vento con-

trario ed era sbattuta dalle onde. Sul finire

della notte, Gesù andò verso i suoi discepoli,

camminando sul lago. Quando essi lo videro

che camminava sull’acqua, si spaventarono.

Dicevano: “È un fantasma!” e gridavano di

paura. Ma subito Gesù parlò: “Coraggio, sono

io! Non abbiate paura!”. Pietro rispose: “Si-

gnore, se sei tu, dimmi di venire verso di te,

sull’acqua”. E Gesù gli disse: “Vieni!”. Pietro

allora scese dalla barca e cominciò a cammi-

nare sull’acqua verso Gesù. Ma vedendo la

forza del vento, ebbe paura, cominciò ad af-

fondare e gridò: “Signore! Salvami!”. Gesù

lo afferrò con la mano e gli disse: “Uomo di

poca fede, perché hai dubitato?”. Quando

salirono insieme sulla barca, il vento cessò.

Allora gli altri che erano nella barca si misero

in ginocchio davanti a Gesù e dissero: “Tu sei

veramente il Figlio di Dio!”. Questo il fatto

narrato nel Vangelo. Ma, parlandone con il

massimo rispetto, come riuscì Gesù in que-

sta... magia? Per comprenderlo occorre cita-

re Sant’Agostino, uno dei grandi Padri della

Chiesa Cattolica, e Patanjali, il fondatore del

Raja Yoga. Sant’Agostino, che viene conside-

rato il massimo pensatore cristiano del primo

millennio, un giorno ebbe a dire: I miracoli non

11

Page 14: 23Discepolo

si verificano in contraddizione con la Natura,

ma solo con ciò che noi conosciamo di essa.

Come ad affermare che, di fatto, il miracolo,

nell’accezione normalmente intesa, non esi-

ste, ma è sempre il risultato della conoscen-

za e dell’applicazione di una legge di Natura,

che in questo caso non è nota e applicabile

dall’uomo ordinario. Ma se le cose stanno

in questo modo, allora devono esistere una

scienza ed una tecnologia relative. Proprio

così: si tratta del Raja Yoga, lo Yoga Regale.

E, qui, arriviamo a citare Patanjali. Egli visse

probabilmente nel II secolo a.C. ed ebbe il

grande merito di mettere per iscritto i più im-

portanti insegnamenti dello Yoga, la scienza

dell’unione tra umano e divino, che fino ad al-

lora erano stati tramandati oralmente, da Ma-

estro a discepolo. In estrema sintesi, la sua

opera, conosciuta come gli Yoga Sutra, ovve-

ro gli Aforismi dello Yoga, spiega come, con

il controllo di se stessi e, in particolare, con la

padronanza della mente, sia possibile arriva-

re all’intima unione con la Divinità interiore. E

come questa unione abbia due tipi di effetti.

Gli effetti principali, costituiti dalla fine della

sofferenza e della distruttività, che lasciano

il posto alla gioia e alla innocuità. E gli effetti

secondari, i cosiddetti siddhi o poteri. Negli

Yoga Sutra, infatti, il terzo dei quattro libri è

proprio dedicato a questi poteri. Tra i diversi

siddhi, l’aforisma 42 del III libro è conosciuto

come “il sutra del volo”. Eccone la traduzio-

ne nell’edizione curata dalla Nuova Era: Con

la meditazione concentrata sul rapporto tra

corpo e Akasha si ha il potere di salire oltre

la materia e di traslarsi nello spazio. Ed ecco

uno stralcio del relativo commento scritto

da Alice Bailey, allieva del Maestro Tibetano,

figura ben nota nella tradizione teosofica:

Quando si sono praticati correttamente i vari

mezzi di Yoga già descritti, si perviene a certe

chiavi, a certe conoscenze, parole e formule

che, con la meditazione concentrata, conferi-

scono la libertà celeste e il diritto di superare

certi cancelli del regno di Dio. Ora, il Maestro

Gesù, non solo era uno Yogi, ovvero un es-

sere umano che aveva perfettamente fuso la

sua personalità con la Divinità interiore, ma

era ed è anche il più grande degli Yogi che fino

ad oggi si siano incarnati sul nostro Pianeta.

Aveva, dunque, le conoscenze di certe leggi

occulte di Natura e le abilità, derivanti dalla

padronanza della mente, di applicarle per ot-

tenere, se necessario, effetti considerati stra-

ordinari, miracolosi: come, per esempio la

camminata sulle acque del lago di Genesaret.

In conclusione, dunque, sia i fratelli Mon-

tgolfier, uomini di scienza, sia David Cop-

perfield, uomo di illusionismo, sia il Maestro

Gesù, Uomo di spiritualità, hanno compiuto,

sì, delle... magie, ma nel senso etimologico

del termine mago. In arabo, infatti, mago

si dice magdim, che significa sapiente...

Gianluca Fontana

12

Page 15: 23Discepolo

Ancora con questo terzo articolo continu-

iamo il commento alla lezione del Maestro

Kempis “I sensori della Coscienza Assoluta”.

Così Kempis:

“La struttura della realtà è logica e ciò

garantisce l’impossibilità dell’assurdo e

della mancanza della ragione, del motivo

per cui. Infatti se ogni successivo è sem-

pre un successivo logico, ciò significa che

è sempre fondato e conseguente. Tuttavia

ciò non significa che sia il solo possibile;

lo svolgimento logico lascia spazio a più

possibilità, sia pure di diversa qualità; ma

è proprio dal salto di qualità, conseguenza

della scelta delle possibilità, che si afferma

una coscienza, un sentire più ampio.”

Questa è un affermazione molto importante,

perché investe il tema della libertà. Se tutto è

una pura sequenzialità logica, può sembrare

che la libertà non esista nel modo più assolu-

to. Ciò non è vero per Kempis. La soluzione

che lui da’ è abbastanza complessa ed è stata

affrontata in numerose sedute, ne farò soltan-

to un brevissimo cenno, precisando che così

appare essere la realtà alla percezione dei

maestri del Cerchio Firenze 77, quindi frutto

d’esperienza e non di speculazione filosofica,

ma che per presentarla a chi non è in grado di

sperimentarla è necessario tradurla in termini

speculativi, inoltre la sua accettazione al di là

della verifica logica rimane affidata alle pos-

sibilità d’intuizione del ricercatore. Per Kem-

pis la struttura di ciò che noi viviamo , è

come un film , costituito di tanti fotogrammi,

perfettamente consequenziali, finché il film è

unico la libertà non esiste, ma quando il co-

strutto logico lo permette possono esserci

delle varianti alla catena di fotogrammi, cor-

rispondenti a più possibilità di scelta, di fatto

due spezzoni di film paralleli originati da un

unico film e confluenti nel film originario, la

libertà, sempre molto relativa, consiste nel vi-

verne uno o l’altro, pur restando entrambi ad

un osservatore esterno perfettamente iden-

tici nella loro vitale attività. Mi rendo conto

della estrema sintesi di questa esposizione,

ma la teoria delle varianti è assai complessa

e di difficile accettazione, per questo le voci

del Cerchio hanno dovuto rispondere a tan-

te domande per chiarire i numerosi dubbi ed

incomprensioni. Comunque non è mia inten-

zione l’andare oltre su questo tema che potrà

essere ripreso con più completezza in altre

trattazioni. Continua il maestro:

“In sostanza , la struttura matematica del-

la realtà non rende il tutto un insensibile

meccanismo. Ciò che rende inumana una

macchina non è la sua struttura matema-

tica, ma l’assenza di coscienza. Mentre si

Conoscere la conoscenzaCuratore: Andrea Innocenti

I SENSORI DELLA COSCIENZA ASSOLUTA (terza parte)

13

Page 16: 23Discepolo

da’ il caso che la realtà sia essenzialmen-

te coscienza, perciò la sua strutturazione

non annulla la sua esistenza; al contrario

la rende possibile.“

Trovo questa affermazione molto illuminante,

la realtà così concepita richiama alla mente

l’immagine di una cattedrale gotica, perfetta

nell’armonia delle forme, costruite con pre-

cisi rapporti armonici , vedi sezione aurea,

che è in grado di trasmettere attraverso una

limitata porzione di materia un’idea universa-

le. In altri termini l’infinito potere della co-

scienza è manifestato attraverso la razionale

strutturazione della pietra e del marmo in sé

materie la cui coscienza esprime il massimo

grado di limitatezza. Kempis:

“Dire che esiste solo ciò che gli esseri sen-

tono in senso lato potrebbe portare a cre-

dere che la realtà fosse onirica, un insieme

di sogni ; invece l’insieme dei sogni ubbi-

disce ad una logica matematica, cosicché

il soggetto non vive mai l’assurdo fantasti-

co, ma sempre il logico conseguente. Ed

è questa consequenzialità che garantisce

l’unità del Tutto, e viceversa; sicché ogni

nucleo di coscienza – sia pure centro di

sensazione – concretizza, manifesta, costi-

tuisce un quid di sentire che per esistere

qualitativamente unico, al fine di dare la

qualità assoluta al Tutto, deve avere il sa-

pore che finisce, mentre ha una natura im-

mutata nella eternità del non tempo.“

La concezione della realtà in essere è alla

base degli insegnamenti di Kempis , questa

può essere anche messa in discussione, ma,

sia pure anche soltanto con l’intelletto, se l’e-

voluzione non è sufficiente, permette all’indi-

viduo di respirare una sensazione di grande

liberazione e di distacco, infatti ogni nostro

attimo vitale, qualunque esso sia, può essere

vissuto quale goccia del oceano ogni perva-

dente, immutabile ed eternamente esisten-

te, che è l’Assoluto. La legge morale rimane,

ma quale aspetto della costruzione logica del-

la vita e non incombe più come obbligo impo-

sto dalle umane organizzazioni ,vedi chiese,

quasi sempre motivate dal potere e dall’avi-

dità. Kempis:

“Scopo del mio discorso è quello di farvi

soffermare sul fatto che il cosmo è costi-

tuito solamente ed unicamente dai sentire

degli esseri. Ecco perché il piano akasico, o

dei sentire, è il mondo degli archètipi. Ba-

date bene, gli archètipi non esistono alla

maniera degli Universali di Platone, cioè

in sé concepiti, separati dalle cose; bensì

alla maniera dei Terministi, dei Nomina-

listi. In altre parole, come la legge della

materia non esiste astrattamente ma è in-

sita nella materia stessa, l’archètipo scap-

pa fuori quale comun denominatore delle

creazioni degli individui e non viceversa.

Quindi importanti sono gli individui, il loro

sentire e la loro conoscenza percettiva.“

I Nominalisti ed i Terministi appartengono ad

una corrente filosofica scolastica secondo

la quale i concetti universali ricavati come

astrazioni dal particolare sono privi di realtà

sostanziale, poiché solo gli individui hanno

esistenza reale. Posizione questa assai vici-

na a quella di Carlo Marx che ironizza sulla

filosofia idealista di Hegel con queste parole

nella sua opera la Sacra Famiglia:

‘… Ma le mele, le pere, … che ritroviamo

14

Page 17: 23Discepolo

nel mondo speculativo sono solo mele,

pere apparenti …; esse sono infatti mo-

menti vitali del <<frutto>>, astratta essen-

za intellettuale, quindi esse stesse sono

astratte essenze intellettuali. Quindi, ciò

che è bello nella speculazione è ritrovarvi

tutte le frutta reali, ma come frutta che han-

no un significato mistico più alto, e che,

cresciute dall’etere del tuo cervello e non

dal suolo materiale, sono le incarnazioni

15

del <<frutto>> del soggetto assoluto…’

L’idealismo della filosofia dei Maestri del Cer-

chio acquista qui una connotazione materia-

lista che ,se anche in sé molto particolare ,

permette all’individuo di recuperare quel va-

lore e quell’importanza, che gli sono negati

da una concezione platonica del reale vissuta

misticamente.

Continua...

Andrea Innocenti

Page 18: 23Discepolo

Con questo titolo non voglio dire che le pro-

fezie non possano essere realistiche, o non

abbiano un senso, quanto piuttosto voglio

richiamare al bisogno di essere concentrati

sull’attimo presente, per poter determinare,

con maggiore libertà e consapevolezza, il fu-

turo. Molti anni fa, mi appassionai veramente

allo studio delle profezie, con esiti disastrosi

sulla mia vita.

Un po’ come fanno i Testimoni di Geova, che

si vedono costretti, anno dopo anno, a posti-

cipare la fine del mondo, anch’io ero entrato

in un clima mentale particolarmente ‘profeti-

co’, al punto che, attendendo da un momen-

to all’altro ‘la fine’, dormivo con una valigia

pronta sotto il letto. Visto mai... nel caso fos-

se finito il mondo, io ero pronto a partire per

non so dove.

Per fortuna, il mio periodo profetico durò solo

qualche anno, che può sembrare molto, ma

mi è anche andata di lusso, perché altri ci

passano la vita. Anche abbastanza in fretta,

da quella condizione, diventai teorico dell’illu-

minazione nel salotto di casa, da vero ‘guru’

modenese, quale io mi ritengo. Infatti, credo

tutt’ora che per comprendere la realtà, inte-

riore ed esteriore, non serva niente di più e

niente di meno che la propria coscienza, qui

ed ora, cosa che portiamo sempre con noi.

Credo però che il clima di attesa messianica

e di illusione, che il dipendere dalle profezie

spesso comporta, non siano la cosa peggiore

che un tale atteggiamento produce. Infatti,

è vero che regolare la propria esistenza su

visioni di qualcuno vissuto anche migliaia di

anni fa, basandosi fra l’altro su interpretazioni

discutibili, crea una vera e propria distorsio-

ne spazio-temporale, nella quale si rimane

intrappolati, ma non è ancora il peggio che

possiamo produrre comportandoci in questa

maniera.

Ripeto, nulla toglie che la visione del profe-

ta sia stata giusta, rimarrebbe da discutere

semmai l’interpretazione, ma... in quanto al

giorno e l’ora... nemmeno Gesù, ma solo il

Padre, ne conosce la collocazione esatta sul

calendario.

Il problema sono le forme-pensiero, che

vengono alimentate dando continuamente

energia mentale a pensieri, che non di rado

divengono ossessivi. Non starò qui a discute-

re, per convincere qualcuno, che il pensiero

sia costituito da atomi di sostanza mentale,

estremamente tangibili nella propria dimen-

sione, ma lo darò per scontato.

Ecco quindi che il pensare continuamente,

o comunque frequentemente, alle profezie,

e ai loro infausti esiti, crea, in primo luogo,

un clima mentale interiore negativo nella per-

sona che agisce quel pensiero. Inoltre, ven-

gono prodotti flussi di energia, che vanno ad

alimentare grandi serbatoi condivisi dall’uma-

Il Sentiero IniziaticoCuratore: Massimo Rodolfi

NON CREDETE ALLE PROFEZIE!COSTRUIAMO INSIEME IL FUTURO

16

Page 19: 23Discepolo

nità, chiamati forme pensiero collettive, che

contengono tutte le caratteristiche, quantita-

tive e qualitative, relative al tipo di pensiero

‘pensato’.

Indipendentemente dal fatto che ciò che si

pensa, sia tangibile o meno sul piano fisico,

man mano che si alimentano questi serbatoi

di energia mentale, la forma pensiero prende

vita e forza, fino a poter ‘precipitare’ sul piano

fisico, creando influenze proporzionate alla

quantità di energia da cui è informata.

Lo sanno bene gli operatori di magia nera su

grande scala, che usano tutti i mezzi per fa-

vorire il Male, a loro così caro. Lo sanno bene

anche coloro che vogliono controllare la co-

scienza planetaria, visto che continuamente

operano per immettere nelle menti delle per-

sone, pensieri avvilenti e distruttivi, usando i

mass media, e infinite altre tecniche occulte

di condizionamento.

Un esempio recente, sono state le profezie

legate al 2012, e alla supposta fine del

mondo. Per fortuna ci troviamo nel 2014,

non siamo messi benissimo, ma siamo

ancora qua, e contiamo di restarci ancora

un poco, tutti insieme appassionatamente.

Fu però tale e tanta la gazzarra mediatica, e

commerciale, al riguardo, che personalmente

sentii il bisogno di reagire. Lo feci scrivendo,

assieme all’astrologa esoterica Maria Grazia

Barbieri, un libro in controtendenza, dal

titolo 2012 Finalmente!, che trovo ancora di

grande attualità, visto che, non si sofferma

solo sulla questione ‘2012’, ma amplia di

molto la visione, parlando piuttosto della

necessità evolutiva dell’umanità.

Il mio autore preferito, Patanjali, il fondatore

del Raja Yoga, afferma: ‘quando sorge un pen-

siero contrario allo yoga, sviluppa il pensiero

opposto’. Ossia, quando emergono tendenze

distruttive, non ti attardare nel contrastarle,

ma dedica la tua energia a creare aspetti po-

sitivi. Saranno questi ad eliminare le ‘onde’

antagoniste, annichilendole.

Da tempo quindi, mi sono dedicato a cercare

di sviluppare gli aspetti creativi della coscien-

za, evitando di impantanarmi nei climi men-

tali negativi, per quanto realistici possano

sembrare, o anche essere. Non è una cosa

semplice, perché un conto è dirlo, e un conto

è realizzarlo, ma è la sola via per creare posi-

tività nelle nostre vite.

Il futuro, per quanto possa essere in qualche

modo predeterminato dalle tendenze del no-

stro karma, è sempre ‘in movimento’, e ve-

ramente, per lo meno in una certa misura,

può essere modificato, qui ed ora, nel pre-

sente che stiamo vivendo adesso. Non è una

questione di ingenuo ottimismo, ma di cono-

scenza scientifica della vita. Il nostro benes-

sere può essere costruito giorno per giorno,

a partire da ora, se solo riusciamo a ‘volerlo’.

Dovremo contrastare il nostro ‘attaccamento

al male’, che non è indifferente, ma alla fine

potremo instaurare un automatismo positivo

nella nostra coscienza.

Lasciate perdere quindi le profezie, evitate di

essere i gufi, o le civette, di voi stessi, dedi-

cate le vostre energie a costruire un futuro

luminoso. Questo significa assumersi la re-

sponsabilità della propria esistenza, e con-

tribuire alla responsabilità collettiva verso il

pianeta e l’umanità. Forse non cambieremo

definitivamente le cose, anche perché biso-

gna che l’umanità nel suo complesso cam-

bi, ma finalmente la smetteremo di unirci al

coro delle prefiche sciagurate, che cantano le

disgrazie del mondo, e collaboreremo con le

forze sane del pianeta per costruire qualcosa

di gioioso.

Massimo Rodolfi

17

Page 20: 23Discepolo

È comune conoscenza che l’efficacia di certi

mantra nel corpo-mente del praticante risiede

nella potenza spirituale veicolata dalle vibra-

zioni tonali quando capaci di toccare i centri

energetici dei corpi sottili ed evocare le scin-

tille del divino di cui l’essere umano è pensa-

to essere un’emanazione, piuttosto che nel

loro significato letterale.

In India, i più antichi mantra documentati ri-

salgono alla fase iniziale del periodo Vedico

(1500-1300 BCE). Questi sono tipicamente

melodici, con una struttura metrica matema-

tica e composti da sillabe o parole in cui sono

dette risiedere energie arcane. L’uso, la fun-

zione, la struttura ed importanza dei mantra

varia tuttavia considerevolmente a seconda

delle diverse scuole di pensiero.

Che origine ha in India la credenza nella po-

tenza della parola? Quale è il collegamento

tra l’importanza attribuita alla necessità di una

corretta pronuncia di mantra e preghiere, la

visione del Sanscrito come lingua sacra e la

realizzazione dell’atto purificatorio?

La collezione di inni religiosi e rituali chiamati

Veda sono le più antiche opere orali trasmes-

se in una lingua Indiana. Il termine Veda (dal-

la radice del verbo Sanscrito vid-‘conoscere,

percepire’) significa ‘conoscenza’, nel senso

assoluto di ‘vera conoscenza’ o saggezza

eterna che è di per sé trascendente. Sebbe-

ne i Veda sono spesso considerati ‘testi’ sacri

astratti e misteriosi, se c’è qualcosa che tut-

tavia i Veda non sono, è proprio essere ‘testi’:

sono composizioni orali che furono traman-

date da padre a figlio, da maestro a discepolo

e messe in forma scritta in un periodo suc-

cessivo. La letteratura Vedica, il cui contenu-

to costituisce la letteratura sacra degli Indù,

tradizionalmente ritenuta essere diretta rive-

lazione del suono cosmico della Verità udita

dagli antichi ṛṣi ‘veggenti’ a cui i Veda furono

originariamente trasmessi attraverso stati di

elevata coscienza, è stata preservata dunque

da una straordinaria accurata tradizione orale.

Queste tradizioni sono spesso considerate

le più antiche ininterrotte tradizioni orali esi-

stenti. Il linguaggio in cui queste opere si pre-

sentano rappresenta una forma arcaica del

Sanscrito, chiamata Sanscrito Vedico, discen-

dente da un gruppo di lingue strettamente

collegate e ricostruito dai linguisti come Pro-

to Indo-Europeo. Gli inni Vedici rivelano una

forte connessione con le altre culture Indo-

Europee. Si riscontrano ad esempio temi

comuni quali il sacrificio del fuoco (agnihotra)

ed il rituale con una bevanda sacra chiamata

soma in Vedico ed haoma nell’Antico Iraniano.

Le tecniche mnemoniche attraverso cui le

composizioni Vediche, considerate il fonda-

mento del sapere del sanātana dharma ‘il dhar-ma eterno’ (il nome originario di quell’insieme

di credenze, riti, e pratiche a cui è stato re-

Scienze dell’India Antica Curatore: Alessandra Petrocchi

LA SACRALITÀ DELLA PAROLANEL CANTO VEDICO

18

Page 21: 23Discepolo

centemente dato il nome di Induismo) sono

state tramandate, sono una delle caratteri-

stiche che rendono unica ed affascinante la

cultura Indiana antica. D’altra parte, anche te-

sti posteriori ed avente natura tecnica come

quelli matematici ad esempio, venivano im-

parati e recitati a memoria. La loro struttura

ben si adatta di conseguenza a questa funzio-

ne primaria.

La venerazione Vedica del Sanscrito come lin-

gua sacra attraverso cui i testi rivelati divina-

mente erano intesi essere recitati e memo-

rizzati, ha dato forma allo sviluppo delle varie

scuole Vediche di recitazione. Le parole usa-

te durante il sacrificio rituale (yajña), essendo

canale comunicativo tra gli uomini e gli dei,

sono giunte ad essere investite nel corso del

tempo da proprietà mistiche e un immenso

potere magico.

Il termine Veda non ha mai perso in India il suo

significato di ‘conoscenza’ della verità eterna

originariamente percepita dagli antichi ṛṣi e

articolata in suono e parola (śabda, vāc). Pote-

ri di creazione sono ascritti nel RgVeda (il più

antico dei testi Vedici) a vāc ‘Parola’, personi-

ficata anche come una divinità, sebbene con

minime qualità antropomorfiche. Nel RgVeda

1.164, vāc appare chiaramente come princi-

pio creativo e forza assoluta nell’universo, in

1.164.6 essa è descritta come ‘l’unica’ (ekam)

e nei versi seguenti è detta essere ekam śat ‘l’unica esistente’.

Il sacerdote, l’officiante dell’atto rituale-sacri-

ficatorio che ‘conosce’, ‘realizza’ ed ‘esperi-

sce’ vāc è reso vero conoscitore del potere

mistico. Nella successiva letteratura Brahma-

nica, l’aspetto cosmogonico della dea Vāc è

ulteriormente enfatizzato, come anche la sua

associazione con la bevanda sacra del soma.

Nella tarda letteratura Vedica, vāc è persi-

no definita ‘la madre dei Veda’ (in Taittirīya Saṃhitā 2.8.8.5 ad esempio). La ‘Parola’

rappresenta il potere che, attraverso la reci-

tazione del mantra, soggiace la potenza del

sacrificio ed in quanto tale la forza suprema

e creativa che informa, manifesta, sottosta’

ed al tempo stessa oltrepassa l’intero cosmo.

La ‘Parola’ personifica ed incarna il mistero

della vita.

L’esperienza rivelatoria dei ṛṣi è spesso de-

scritta come ‘vista, udita,’ espressioni me-

taforiche che convergono tuttavia la natura

supremamente olistica e convincente della

indescrivibile esperienza rivelatoria. Ciò che

i ṛṣi hanno ‘visto ed ‘udito’ non è un testo

scritto ma la verità’ ultima ed eterna e la

forma duratura e fondamentale che diedero

alla saggezza Vedica è un flusso cosmico di

parola e suono. Il poeta Vedico, l’antico ṛṣi è

un uomo la cui visione interiore, realizzando

‘intuizioni, ’ è in grado di percepire essenze

mistiche e trascendenti.

Attraverso queste parole inspirate, che sono

l’essenza dei Veda, l’ascoltatore entra in con-

tatto con la trascendenza e l’ineffabilità. Que-

sta visione è corroborata nella prima e nella

tarda letteratura Vedica dove la potenza di vāc è chiaramente associata alla verità dell’oltre.

Nel verso 10. 81.7 del RgVeda, Viśvakarman il ‘creatore’ è chiamato vācaspati ‘il signo-

re (pati) della parola (vācas)’. Nel successivo

śivaismo kashmiro, vāc e ‘considerata espres-

sione della śakti, l’energia femminile di Śiva,

attraverso cui egli si manifesta riassorbendo

l’universo.

Alle modalità di trasmissione orale dei Veda

sono intimamente collegati gli undici pāṭha

‘recitazione’ o modi di cantare i mantra Vedi-

ci. I diversi pātha sono concepiti per consen-

tire la completa e perfetta memorizzazione

19

Page 22: 23Discepolo

del testo e la sua pronuncia. L’insistenza nel

preservare la pronuncia e l’accento nel modo

più accurato possibile è collegato alla creden-

za che la potenza dei mantra risiede nel loro

suono quando pronunciato.

Infine, uno sguardo attento all’etimologia in-

do-europea del termine vāc puo’ aprire rifles-

sioni piuttosto intriganti: vāc è ‘diffondersi,

soffiare (va) intorno (ac)’. La radice vā di vāc è

la stessa di quella di vāyu e vāta ‘vento’. En-

trambi, la ‘parola’ ed il ‘vento’ si diffondono

in tutte le direzioni. In Rgveda 10.125.8, è la

20

stessa dea Vāc a parlare:

aham eva vāta iva pra vāmy ārabhamāṇā bhuvanāni viśva |paro divā paro enā pṛithivyai tāvatī mahinā sam babhuva ||“Io soffio come fa il vento, abbracciando tutti

i mondi, più lontano del cielo, più lontano del-

la terra: in questo modo, vado realizzando la

mia grandezza’.

Soffiando come il vento solo fa, la ‘Parola’

rivela ed irradia, oltre i confini del mondo, l’e-

sperienza del sapere divino.Alessandra Petrocchi

Page 23: 23Discepolo

Siamo giunti alla undicesima fatica, nella qua-

le Ercole deve ripulire le stalle del re di Augia,

il quale regnava sull’Elide nel Peloponneso.

Erano ormai trent’anni che le stalle non ve-

nivano ripulite e trenta rappresenta la perfe-

zione della personalità che si offre per essere

santificata dall’anima. Ercole ha ormai acceso

la sua lampada, la sua anima è risplendente

e la coppa del suo cuore è colma, pronta per

essere sorseggiata fino in fondo. A questo

punto, Egli sente l’impulso di ritornare verso

coloro per i quali la luce è ancora qualcosa

di instabile, una tremula fiammella che deve

essere ingrandita, affinché, a propria volta,

possa divenire stabile.

Nella fatica precedente, svolta nel segno del

Capricorno, Ercole è divenuto un Iniziato ca-

pace di muoversi nel Cielo, nella Terra e ne-

gli Inferi e come affermato da Alice A. Bailey

scrivendo delle Fatiche di Ercole ha affronta-

to la prova più difficile che lo ha reso in grado

di superare con successo l’esperienza della

terza iniziazione, quella della Trasfigurazione.

In questa fatica, che si svolge in Acquario,

Ercole si muove come un liberato e le sue

prove non saranno più individuali e personali,

ma universali, tali da sancire una coscienza

inclusiva. A questo punto, il nostro Eroe non

possiede più una personalità, Egli è divenuto

un Servitore del Mondo e, capiamoci, ci stia-

mo avventurando in un ambito nel quale l’e-

sperienza di chi scrive può fare difetto, e non

poco. La personalità rappresenta quella par-

te di coscienza che si oppone alla possibilità

dell’anima di affermarsi nella materia. Essa

è composta dal fisico/eterico, dall’astrale e

dal mentale inferiore, aspetti che dovranno

trovare sintesi in funzione del Sé superiore,

aspetti che, per la loro natura parziale, non

potranno che indurre sofferenza in mancan-

za di un senso di unità che solo l’anima può

evocare.

Cercheremo di comprendere questi grandi

eventi nel piccolo delle nostre esperienze, le

quali ci portano a pensare quanto sia difficile

“abbandonare” ciò che è stato reso “perfet-

to”. Sono convinto che ognuno di noi abbia

sperimentato nella propria vita l’ardua impre-

sa di cedere, specialmente dopo un grande

sforzo che ci ha permesso di acquisire, af-

fermando che, almeno per un po’ di tempo,

ciò che abbiamo ottenuto dovrà necessaria-

mente essere trattenuto e goduto. Quanta

ignoranza possiede l’essere umano quando

trattiene per sé, e quanto potrebbe ricevere

se permettesse alla Vita di nutrirlo. Ma sono

parole che potranno essere comprese solo

dopo la dovuta esperienza, capace di elevare

la percezione rendendola atta a riconoscerne

la validità.

Le stalle di Augia dovevano essere ripulite da

un male antico, ed Ercole, giunto nei pressi,

Mitologia e Sentiero IniziaticoCuratore: Graziano Fornaciari

ERCOLE E IL RIPULIMENTO DELLE STALLE D’AUGIA

21

Page 24: 23Discepolo

venne assalito da un fetore orrendo che lo

fece vacillare. Il re da molto tempo non ripuli-

va le stalle reali dagli escrementi del suo be-

stiame ed anche i pascoli erano ricoperti dal

letame. Ercole chiese al re di ripulire le stalle

senza compenso, ed egli si insospettì dubi-

tando della sua lealtà, ma alla fine si convin-

se concordando che, qualora l’impresa fosse

riuscita, egli avrebbe donato un decimo del-

le sue mandrie a Ercole; se invece così non

fosse stato, tutte le fortune del nostro Eroe

sarebbero passate nelle mani del re.

Ercole vide che vi erano due fiumi che poteva-

no essere deviati e fatti confluire nelle stalle

del reame; così fece, ed in breve tempo le ac-

que dell’Alfeo e del Peneo si riversarono nel-

le stalle ed in un solo giorno il reame fu spur-

gato. Nella soluzione trovata dal nostro Eroe

evidenziamo l’aspetto Terapeutico dell’ani-

ma, la quale, a dispetto della personalità, non

è una forza separativa, ma un agire coesivo

che tiene conto degli elementi a disposizione

secondo la loro funzionalità. Quando si è nella

possibilità di attingere ai grandi serbatoi ener-

getici della Vita nulla viene trattenuto per sé,

ma la propria azione si tramuta in un chiaro

intento di favorire e coadiuvare.

La Vita è risanante, non bisogna fare altro che

permetterle di fluire e spazzare via ciò che ri-

copre lo Spirito. La prima legge della Guarigio-

ne Esoterica ci viene in soccorso affermando

che la malattia è effetto dell’inibizione della

vita dell’anima, legge che possiamo accomu-

nare alla quarta, a quale ci indica che dove la

coscienza si affligge il morbo si espande. In

questo stadio non vi è distorsione della vita

dell’anima e l’agire del nostro Eroe è in sim-

biosi con essa. L’arte del guaritore sta nell’e-

levare lo sguardo non più attratto dalla natura

inferiore e dalla sua afflizione, ma rivolto al

bene comune agendo in modo distaccato la

propria missione.

Il re non poteva credere che tutto si fosse

risolto velocemente e senza particolari sfor-

zi e, asserendo che era stato aiutato e che

avrebbe dovuto compiere la prova da solo,

disse che la prova non era valida e che non

doveva nulla ad Ercole. La personalità non ac-

cetta mai qualcosa che contrasta le proprie

aspettative; dovendosi giustificare, quindi, il

re bandì Ercole dalle proprie terre ma Egli, in-

curante, proseguì il suo cammino essendo di-

venuto Servitore del Mondo, come colui che

agisce senza aspettare i frutti del proprio agi-

re, traendo forza dal proprio essere innocuo.

L’era dell’Acquario, nella quale siamo da poco

entrati, durerà 2500 anni, sicuri del fatto che

l’essere umano sarà in grado di vivere un po’

più come anima e meno come personalità,

questa è la meta. Le pecore diverranno capri

in grado di salire la montagna dell’iniziazione,

espiando il proprio karma al fine di produrre

l’albedo nella propria esistenza. L’aria è l’ele-

mento di questo segno ed il suo influsso, che

tutto pervade, è penetrante e sovente causa

di mutamenti. Il capro espiatorio deve salire

il monte dell’iniziazione senza più essere at-

tratto dal “facile” nutrimento della materia,

deve salire sempre più in alto dove la materia

risuonerà in funzione dello Spirito.

I contrassegni dell’iniziato sono il servizio al-

truistico, perché la coscienza non è più ac-

centrata in noi stessi, poi il lavoro di gruppo,

non così facile come può sembrare visto che

i gruppi sono facilmente preda di focolai, di

gelosie ove le persone cercano di impressio-

nare gli altri esponendo come loro si “sacri-

ficano” per la vita, immolandosi con tutta la

loro “conoscenza”. Questo non è lavoro di

gruppo, ma significa essere spiritualmente

22

Page 25: 23Discepolo

soli a vantaggio di una personalità che non

deve essere incentivata e nutrita a scapito

del vero Sé. L’altro aspetto è dato dall’auto

sacrificio, perché dalla vetta del Capricorno

bisogna scendere e non bearsi dei propri con-

seguimenti. Poca gloria e pedalare, che la vita

chiama perché il Maestro serve tutti senza se

e senza ma. L’Acquario è raffigurato come un

uomo che porta un vaso capovolto. L’uomo

volge il vaso da cui fluiscono due rivoli d’ac-

qua, quello della Vita e quello dell’Amore che

incarnano questa Era.

Il nativo dell’Acquario, se di basso livello,

manifesta una consapevolezza superficiale.

Essa si approfondisce nel Leone, il segno

opposto polare, e diventa una ben radicata

autocoscienza, un intenso interesse per il

sé e le proprie esigenze individualistiche. Gli

scambi fra Leone e Acquario approfondisco-

no tutte le doti e le esteriorità scompaiono,

fino a quando, invertito il moto, l’intensa auto

coscienza del Leone s’espande nella coscien-

za di gruppo dell’Acquario. Dopo aver servito

se stesso si dedica al mondo manifestando

coscienza di gruppo.

L’uomo comune in Acquario espone ogni

cosa alla finestra, e sovente c’è poco da sco-

prire là dietro. In senso esoterico, invece,

l’uomo evoluto nato nell’Acquario mette ciò

che ha nella sua brocca a fini di servizio, e lo

versa generoso quando occorre per sopperi-

re un’esigenza. Acquario è soprattutto segno

di moto costante, di attività mutevole e varia-

zioni ricorrenti. L’era dell’Acquario abbatte le

barriere. Il Leone deve uscire dalla caverna

e, dopo aver domato la propria aggressività,

non può non ritornarne al proprio interno ad

aiutare i suoi fratelli che stanno ancora com-

battendo con il mondo delle ombre, con la

proiezione di se stessi. In questo modo Egli

porta la sua lampada a rischiarare i piccoli

inferni personali nei quali l’essere umano si

agita senza percepirne via d’uscita.

Il nativo dell’Acquario può toccare il fondo

della depressione e del disprezzo di sé, o co-

noscere e provare l’esaltazione dell’anima e

il senso di potere spirituale che essa conferi-

sce. Come detto in precedenza, è un segno

di grandi mutamenti, di azione e reazione ne-

cessari per crescere e comprendere. Questa

è la legge che impara ad applicare, trovare

l’equilibrio fra gli opposti.

Acquario si dice governi la circolazione del

sangue. Il sangue distribuisce la forza vitale

in tutto il corpo umano. È quindi simbolo della

missione di chi, liberatosi in Acquario, dispen-

sa vita spirituale in tutto il quarto regno della

natura. Entrare nel Regno dei Cieli è entrare

nell’Era dell’Acquario, e ciò sta avvenendo a

partire dagli ultimi duecento/trecento anni. Ci

viene detto, attraverso gli insegnamenti del

Tibetano, che all’inizio del XXI secolo la no-

stra stella polare e la stella Vega entreranno

in congiunzione e l’Era dell’Acquario diverrà

particolarmente attiva.

L’Acquario, come ogni segno, è suddiviso in

tre periodi, come citato nel testo di Alice A.

Bailey Astrologia Esoterica: il primo è retto

da Saturno, il pianeta del karma che regge

il chakra della gola e il sistema endocrino,

pianeta che produrrà notevoli sconvolgimen-

ti politici e religiosi, alimentando le divisioni

dei gruppi orientati verso la materia e lo Spi-

rito. Saturno ci impone la disciplina e ci apre

alle opportunità per emergere dalle tenebre

e orientarci verso la luce. Il secondo è retto

da Mercurio da cui verrà l’illuminazione, pia-

neta che regge il chakra Ajna. L’illuminazione

ottenuta in Leone, opposto dell’Acquario, fu

“Io sono il Sé”. L’illuminazione in Acquario

23

Page 26: 23Discepolo

sarà “Io sono quello”, io sono coscienza di

gruppo. L’individualità non avrà più alcuna

importanza. Il terzo periodo, retto da Venere,

ci rimanda al sistema nervoso, e favorirà l’e-

mergere dell’amore inclusivo. L’aspirante in-

dividuale non può prendere l’iniziazione fino

a quando non ha imparato ad amare tutti in

modo disinteressato, non solo coloro che agi-

scono come lui desidera.

Vi sono due legislatori nello Zodiaco, Rego-

lo e Chefeo. In Leone Regolo crea la legge

per l’individuo, la legge dell’egoismo e della

competizione. In Acquario Chefeo è la legge

fondata sulla sofferenza, l’illuminazione e l’a-

more. Quando si è sofferto ci si cura meno di

se stessi e bisogna liberarsi della sofferenza.

Questo è l’undicesimo segno, e l’undicesimo

comandamento recita che bisogna amarsi

l’un l’altro.

Sempre nel testo Le Fatiche di Ercole Alice

A. Bailey precisa che vi sono tre costellazioni

legate al segno dell’Acquario: Pesce australe,

Pegaso e Cigno. Il Pesce australe rappresen-

ta la venuta dei Salvatori del Mondo, infatti

al culmine dei Pesci avremo un solo pesce e

non i due legati insieme. Nelle vecchie mappe

stellari è raffigurato in atto di bere l’acqua ver-

sata dalla brocca dell’Acquario, costellazione

ad esso adiacente. Pegaso, il cavallo alato, è

l’ispiratore della mente superiore, dell’amore

che rifiuta la terra e dimora nell’aria. Ad un

livello più basso le ali di Mercurio ci ricordano

le ali della mente. Secondo il mito, Pegaso è

il destriero alato che sarebbe nato dal sangue

sgorgato dalla Medusa. La leggenda racconta

che il primo a montare il cavallo alato fu Per-

seo, che cavalcandolo attaccò la Balena (Ce-

tus) dal cielo per salvare la bella Andromeda,

simbolo della materia, incatenata ad una roc-

cia sul mare. Il Cigno è il simbolo dell’eternità

che vola nel tempo e nello spazio, è il sim-

bolo della vita stessa. Secondo la leggenda

più famosa, Zeus avrebbe assunto le eleganti

sembianze dell’uccello per ingannare e se-

durre la bella Leda di Sparta. Il Cigno viene

anche detto la Croce del Nord; non è difficile

immaginarselo in forma di cigno dalle ali spie-

gate mentre vola lungo la Via Lattea.

Nel prossimo articolo approfondiremo questo

segno che è in manifestazione traendo spun-

to dalle sue caratteristiche, cercando, tra le

altre cose, di comprendere meglio che cosa

significa favorire, coadiuvare senza afflizione

permettendo all’anima di agire come tera-

peuta nella materia, la quale, se accordata,

potrà risuonare dirigendosi verso il Padre.

Graziano Fornaciari

24

Page 27: 23Discepolo

Nel 2012, l’ingresso di Nettuno in Pisces ha

dato inizio alla discesa, sull’Umanità, di un bel-

lissimo afflato di spiritualità, offrendo l’oppor-

tunità all’uomo di entrare in rapporto con l’e-

nergia di 6° raggio, di devozione a un ideale, e

da questo essere sostenuto nella lotta contro

il dominio di uomini che, accecati dal potere

e dall’avidità, stanno distruggendo la vita su

questo pianeta. Inoltre Marte, che come Net-

tuno trasmette anch’esso energia di 6° raggio,

sempre nel 2012 ha prolungato il suo transi-

to in Virgo, ponendosi in tal modo in rapporto

conflittuale con Nettuno.

Nettuno e Marte in transito in aspetto di oppo-

sizione fra di loro hanno innescato un conflitto

fra gli aspetti inferiori e distorti, ancora non

purificati, del 6° raggio e l’aspetto superiore e

spirituale che questo raggio manifesta. Quin-

di hanno messo in contrapposizione, in seno

all’Umanità, la realizzazione di desideri egoisti-

ci e personali con l’aspirazione spirituale, che

porta invece l’uomo a non pensare al bene

di se stesso, ma al bene comune. Questo

aspetto planetario nel 2012 ha fatto emergere

questo conflitto, dando l’opportunità all’Uma-

nità di elevare la sua coscienza verso il piano

dell’anima.

Il 6° raggio, tramite Marte e Nettuno, pone

in rapporto tre costellazioni: Aries, Cancer e

Scorpio. Marte, in Aries, esorta l’anima all’in-

carnazione, mentre in Scorpio incita all’ucci-

sione della personalità e porta il discepolo a ri-

orientarsi, compiendo l’inversione sulla ruota.

Marte regola e controlla in modo particolare

il piano fisico e determina tutte le lotte che

noi affrontiamo durante il viaggio attorno allo

Zodiaco. A Marte viene associato il colore ros-

so, il colore del sangue, poiché Marte è il Dio

guerriero, che entra in azione motivato dal de-

siderio, dalla passione e dalle contrapposizioni

in genere, poiché, qui, il dualismo è estrema-

mente potente e nessuna parte dell’uomo ne

rimane indenne.

Il nesso simbolico fra Marte e il sangue indi-

ca il conflitto fra vita e morte, infatti Scorpio è

un segno di morte, di distruzione della forma,

della necessità di scendere nel profondo de-

gli inferi per potere poi risorgere a nuova vita.

Proprio questo conflitto ci porta a comprende-

re perchè il Cristianesimo sia nato sotto l’egi-

da del 6° raggio e di Marte. Il maestro Gesù

era un maestro di 6° raggio, e venne sulla

terra per incarnarne l’aspetto più sublime ed

elevato. Ma è evidente che il Cristianesimo è

stato, ed è ancora, una religione fondata sul

conflitto e sulla morte, infatti è governata dal

credo del Cristo morto in croce, dove dolore,

castigo, espiazione e morte prevalgono a di-

scapito della gioia, del piacere della vita, e del

Cristo risorto. Tutto è stato fondato su questo

clima sanguigno e di sofferenza, basti pensare

al Medioevo; ma se il Cristo aveva portato un

Astrologia esotericaCuratore: Maria Grazia Barbieri

MARTE, NETTUNO E IL 6° RAGGIO

25

Page 28: 23Discepolo

messaggio pieno d’amore, come mai questo è

potuto accadere? L’astrologia esoterica pone

come causa, peraltro necessaria, il fatto che il

Cristianesimo è arrivato in occidente attraver-

so la figura di San Paolo, nato sotto il segno

di Scorpio, quindi governato da Marte e dal 6°

raggio. San Paolo, sotto l’influsso marziano,

ha dato un’interpretazione personale alle pa-

role del Cristo, e le ha trasmesse filtrate dalla

sua personalità, sotto l’influsso delle energie

distruttive di Scorpio, perché era funzionale

all’evoluzione dell’umanità, perchè così dove-

va essere, quindi Marte si impose attraverso

la figura di San Paolo, e diede inizio alla cupa

storia del Cristianesimo. Tutto questo è avve-

nuto perché lo scopo del Cristianesimo era

quello di essere una religione di scissione, atta

ad esaltare la dualità dell’uomo affinché fosse-

ro poste le basi per una unione futura. Infine,

come il 6° raggio sta uscendo dalla manifesta-

zione dal 1625, anche se i suoi effetti sono

ancora potenti, così anche il Cristianesimo sta

concludendo la sua missione e presto sarà

sostituito da una nuova religione che riporterà

alla luce antiche verità rivelate attraverso una

mente illuminata.

Nettuno e Marte pongono anche in rapporto

Cancer e Scorpio, e sotto l’influsso del 6° rag-

gio la coscienza di massa, tipica di Cancer, di-

viene coscienza inclusiva, propria del discepo-

lo, sotto il dominio di Scorpio. Inoltre Cancer

è il segno della nascita e Scorpio presiede al

sesso e alla rigenerazione, quindi lo spirito e la

materia si incontrano per generare nuova vita.

Allora la sofferenza e il travaglio che l’umanità

sta vivendo ora non sono altro che il preludio

a una nuova vita, sono l’annuncio della nascita

di una nuova era, che potrà avvenire solo se

l’energia di 6° raggio di Marte sarà trasmutata

in quella di Nettuno, poiché Marte è oggettivo

e sanguigno, mentre Nettuno è soggettivo e

pieno di vita. Nettuno connette il discepolo al

“cuore” del Sole, e lo conduce verso l’amore

vero ed inclusivo, scevro da sentimenti perso-

nali e da relazioni ordinarie.

Quando sono vissuti sul piano personale, Mar-

te è violento e bramoso di conquiste materiali,

mentre Nettuno annebbia e avvolge nell’illu-

sione, ma se la coscienza umana sarà illumina-

ta dalla luce dell’anima allora l’Umanità espri-

merà gli aspetti elevati di questi due pianeti:

Marte sarà l’ardente passione verso un ideale

e Nettuno renderà questo ideale elevato e spi-

rituale.

Il discepolo, sotto l’influsso del 6° raggio, vei-

colato da Marte e da Nettuno, deve liberarsi

dalla schiavitù della forma, deve staccarsi dalla

sua visione personale della vita e di se stesso,

deve abbandonare la sua verità. La devozione,

quando è determinata dalla personalità, divie-

ne cieco fanatismo, che è distruttivo e sepa-

rativo; quando invece la devozione fluisce di-

rettamente dall’anima, attraverso un’astralità

purificata, allora non è altro che amore inclusi-

vo e comprensione, e il discepolo finalmente

abbandonerà i suoi ideali per aderire agli ideali

della Gerarchia e potrà così contribuire alla re-

alizzazione del piano divino sulla terra.

Maria Grazia Barbieri

26

Page 29: 23Discepolo

L’otto tra tutti i numeri è quello più somigliante

al movimento di un completo passo di danza,

simmetrico, elegante e ciclicamente eterno.

Solo lo zero, che di per sé non è un numero

e che rappresenta l’assenza di una qual si vo-

glia quantità, lo può eguagliare per la sempli-

cità e la simmetria della forma. Le geometrie

dei numeri hanno simbolicamente un signifi-

cato importante almeno come la quantità che

rappresentano, trasmettendoci la bellezza di

un messaggio celato dall’immagine che ripro-

ducono. I numeri hanno un’anima che dà vita

alle forme di tutto il creato, sottostando alla

legge innegabile della gerarchia delle cose,

detenendo l’ordine di ogni espressione vita-

le. Nel nostro regno, quello umano, i numeri

hanno rappresentato lo strumento attraverso

il quale l’uomo ha imparato a enumerare il

mondo attraverso i gradi dei colori, dei suoni

o di altri tipi d’intensità, utilizzando la capa-

cità mentale di catalogare, gestire, imparare

a conoscere la realtà formale. Tutto ciò è in-

nescato dall’osservazione dei cicli delle sta-

gioni, degli astri nei loro moti apparenti, del

sorgere e del calare del sole. La bellezza di

questa magia nasce nel piacere e nel ricono-

scimento della vita, tutta così com’è, perfetta

in ogni momento, in ogni istante vissuto in

simbiosi con essa. La storia è cosparsa da

costellazioni di numeri, e la mappa del nostro

retaggio è ricongiungibile attraverso le ere e i

luoghi, in cui latitudini e longitudini identifica-

rono i punti da cui scaturirono i messaggi che

l’hanno creata, dentro alla vita di quell’essere

che è la Terra, in balia delle coscienze uma-

ne che, in preda alle proprie scosse interiori,

hanno agito il bene e il male determinandone

le sorti. Ed è attraverso questa danza infinita

di moti, azioni, pensieri e reazioni che si crea-

no come dei diagrammi che modificano il di-

venire, comunque contenuto in un più ampio

disegno che tende alla perfezione, e questo

movimento è simile alla riproduzione del trat-

to che ricalca il movimento del numero otto.

Ed anche la simmetria della parola scritta,

OTTO, coincide con il significato del simbolo

numerico; corrisponde alla ciclicità della vita

che a ronde ripropone l’inizio di una nuova

danza che avrà fine col suo punto d’inizio, ed

il tutto sarà compiuto nel ricongiungimento

delle cause con i loro effetti. Più da vicino,

poiché come sappiamo l’infinitamente gran-

de è contenuto nell’infinitamente piccolo,

l’otto rappresenta il rapporto delle cose che

mettono in relazione il mondo terreno con

quello celeste, la natura umana con quella

divina, a rappresentare la chiave della felicità

che dà accesso al bello, al buono e al vero

di ogni manifestazione dell’uomo che abbia

l’intento di andare oltre i propri limiti. In ge-

ometria il poligono con otto lati è l’ottagono,

utilizzato come perimetro di tutti gli antichi

geometria sacraCuratore: Enrica Battaglia

L’OTTO DANZANTE

27

Page 30: 23Discepolo

edifici cristiani denominati Battisteri. All’inter-

no di queste costruzioni è contenuta la fonte

battesimale, luogo in cui tutt’ora viene consa-

crata la vita dei nascituri alla comunità cristia-

na, battezzandoli con l’aspersione dell’acqua

sacra, elemento di trasmissione della forza

divina necessario per divenire sostenitori del

sentiero che riconduce alla casa del Padre,

attraverso la vita che si consuma con il rag-

giungimento degli obbiettivi prefissati dall’a-

nima di ognuno. L’otto è stato venerato nelle

religioni e nelle mitologie di tutto il mondo, ed

ha avuto il compito ancora più grande di av-

vicinare l’uomo alla ricerca di sé attraverso le

filosofie e le conoscenze esoteriche trasmes-

se dall’Antica Saggezza. Ne è testimonianza

la dottrina dell’Ottuplice Sentiero proclamata

dal Buddha Sakyamuni nel 600 a.C. E ancora

precedentemente nelle antiche conoscenze

yogiche in cui sono menzionati gli otto mezzi

per raggiungere lo stato di illuminazione at-

traverso la pratica della meditazione, trascritti

per la prima volta da Patanjali, codificatore

del Raja Yoga. Il numero otto è anche alla

base dell’Oracolo cinese dell’I Ching, in cui

otto trigrammi, costituiti da tre linee intere o

spezzate che rappresentano lo yin e lo yang,

simboleggiano ognuna le possibili combi-

nazioni del rapporto tra l’energia del cielo e

quella della terra. Inoltre gli stessi trigrammi

si riferiscono alle otto direzioni della bussola,

dando origine – insieme ai cinque elementi,

alle forme dei paesaggi e agli influssi celesti

– alla millenaria arte del Feng Shui, utilizza-

ta dagli antichi conoscitori per governare le

forze della natura a vantaggio dell’uomo, in

armonia con le leggi universali. Un esempio

molto particolare di architettura basata sulla

figura dell’ottagono è la fortezza che si erge

nelle colline della Murgia pugliese, edificata

da Federico II intorno al 1240. La potenza che

già da lontano emana da questa costruzione

architettonica così imponente e perfetta, è

scandita da otto torri ottagonali, una per ogni

angolo del castello, all’interno delle quali vi

sono grandi sale, con grandi caminetti, un

tempo decorati da marmi e dipinti di grande

bellezza. Il suo significato esoterico, che ge-

ometricamente si riconosce dalla presenza

ripetuta dell’otto e delle proporzioni auriche

che lo caratterizzano, ha attratto l’interesse

di molti studiosi. Il suo valore e la sua bellez-

za sono accresciuti dalla storia di una costru-

zione antecedente al castello, trattasi di una

cappella dedicata alla Vergine Maria. Questa

influenza sacra si aggiunge al già imponente

significato esoterico insito nella costruzione

e nel luogo, consolidandone il valore. Su que-

sta precedente struttura esistono tutt’ora do-

cumenti precedenti alla costruzione di Castel

del Monte, dove si parla di un detto mona-

stero benedettino di Santa Maria del Monte.

Si consideri che nella tradizione sacra legata

a Maria, l’otto è uno dei numeri a lei riferiti,

insieme al 5 e al 15. La frequenza emanata da

tale struttura è percepibile da ognuno a pro-

prio modo, comunque piacevolmente bella

e potente. La luce del cielo visto dal centro

del monumento di Castel del Monte appa-

re come la possibile riuscita, nel tendere lo

sguardo verso il cielo, di potersi liberare da

ogni peso che si ha sul cuore, e fa sentire i

polmoni pieni di un immenso respiro di luce;

un pezzo di cielo ottagonale che fa risuona-

re, con il suo gioco di luminose geometrie, la

corrispondente capacità interiore di raggiun-

gere il cielo, sede della nostra anima e del

prossimo passaggio nel Regno dei Cieli.

Enrica Battaglia

28

Page 31: 23Discepolo

Caro il mio polimero, oltre che a essere privo

di chimica della vita sei anche un parassita

dei corpi fisici umani!

Dopo tanto tempo che cerco di guardare con

occhio esoterico il movimento dei polimeri

all’interno del nostro corpo fisico, posso de-

durre, che il polimero si muove, all’interno del

circolo sanguigno, come un ormone.

Gli ormoni sono cellule altamente specializ-

zate atte a trasportare un segnale capace di

indurre una modificazione cellulare, di qualsi-

asi natura essa sia.

L’ormone ha il passepartou per entrare in

ogni anfratto del nostro corpo, in ogni cel-

lula, anche la più specializzata. L’ormone è

l’organizzatore dello smistamento biochimico

dell’organismo umano.

La comunicazione è fondamentale alla vita del

polimero, il polimero è diverso naturalmente

dall’ormone ma imitando quest’ultimo, riesce

a captare, usurpare e a sostituirsi ad esso.

Ma torniamo ai polimeri, alcuni “rinomati”

scienziati li hanno classificati come ragni vo-

lanti, io ho dato un’esame, all’università, di

entomologia, e, per quel che ricordo, non

abbiamo mai esaminato ragni volanti o cose

simili...

Dagli studi del chimico organico Dott.Tail-

liez, all’interno dei filamenti di polimeri sono

state trovate diverse sostanze come: ftalati

(sostanze che aumentano la flessibilità e l’a-

dattabilità dei polimeri...ma guarda???) e ,

purtroppo, è stato riscontrata, la presenza, in

alcuni campioni sottoposti a diversi test e a

Cromatografia Gassosa e identificati tramite

Spettrografia di Massa, di DEHP (di-2-etilesil-

ftalato ) uno ftalato che viene definito da Wi-

kipedia “distruttore endocrino”. Credo non

sia necessario aggiungere molto...anzi nulla!

Tra i composti trovati nei filamenti che gene-

rano questi supposti ragni volanti, spiccano,

in larga misura, i carbammati, famosi inset-

ticidi.

Ma vi sembra che un ragno si fa una ragna-

tela che contiene un carbammato? Cos’è un

aracnide kamikaze?? Dai...

Altro che ragni volanti, qui c’è in atto una

guerra subdola e volta a sradicare la natura

umana.

Alcuni carbammati hanno proprietà aneste-

tiche e attività mutagena, quindi alterano

il Dna. Infine i carbammati possono influire

sulla sintesi proteica, sostenendo una sintesi

piuttosto che un’altra e, naturalmente, creare

un legame chimico al posto di un altro.

Conclusione? Il polimero non è una creazione

autodistruttiva di un ragno, ma è un conteni-

tore di sintesi di sostanze biocompatibili atte

a: anestetizzarci, modificare il Dna, la sintesi

proteica e a ribaltare tutto il sistema comu-

nicativo endogeno, controllando, attraverso

una lenta e continuativa distruzione ormona-

Fitoterapia energeticaCuratore: Donatella Donati

IMITA L’ORMONE, VIVRAI SENZA FATICA...

29

Page 32: 23Discepolo

le, tutte le funzioni biologiche.

Per di più, proprio ieri sera, in treno, mi è ve-

nuta in mente una spora, nello specifico un’

endospora.

Quando ero in laboratorio mi affascinava que-

sto mondo tutto a sé, questa strana vita si-

lente.

Mi sembra che ci stiano (coloro che attuano

questa modificazione planetaria) mantenen-

do in vita come delle loro endospore. Stanno

rendendo la vita su questo pianeta alquanto

sfavorevole e dura, togliendoci il sole, l’ossi-

geno e tutti i nutrienti atti alla vita a base

carbonio.

Ci inducono a essere spore, involvendo, ral-

lentando pur di sopravvivere. Io preferirei mo-

rire, ma i nostri corpi forse, possono servire...

La vita umana è, da un lato un laboratorio di

trasformazione (dall’organico all’inorganico),

dall’altro, un contenitore utile (una spora di

resistenza) che si risveglia “nuovo”; io direi

alieno...

In una spora il tempo è falsato, lo spazio im-

posto da confini ben definiti (capsula petri)

senza ossigeno, e senza sole.

Ma se fossimo “dolcemente coltivati” come

spore? Io lo credo fermamente.

Cosa possiamo fare? Cercare di essere attivi,

vivi e con la voglia di rimettersi sempre in di-

scussione. Ci sono emozioni che sostengono

una vita da spore da laboratorio e sono l’orgo-

glio, l’invidia e la solitudine eccessiva.

Anche il senso di ingustizia ci allontana dalla

gioia e dalla luce del nostro cuore.

Dovremmo prendere spunto dal polimero:

osservare ed imitare l’ormone. Essere sem-

pre un mezzo, sentirsi sempre i tramiti e non

gli artefici, ed infine, avere una spinta all’azio-

ne verso la vita.

La giusta comunicazione, scevra da pulsioni

personali, ci aiuta a uscire dalle nostre piastre

petri e a ritornare a vivere, forzando anche

noi, come il polimero, il tempo e lo spazio.

Distruggendo le barriere che ci dividono da-

gli altri, gli spazi si annullano, e il tempo è

scandito da pensieri di amore e di perdono e

restano immortali. Grazie polimero, anche io

imiterò l’ormone e seguirò, con il mio retag-

gio umano, il tuo esempio.

Donatella Donati

30

Page 33: 23Discepolo

A Lui

“O mio Diletto, sono tutta tua – tua ora nel-

la vita mortale come in quella immortale; una

cosa sola con te, sia come natura sia come

condizione; trattenuta nell’effimera creta come

lo sei tu; soggetta al dolore, alla pena e alla

stanchezza; desiderosa di condividere con te

la tua sorte terrena, pronta a prender parte alle

tue pene e alle tue gioie! Per mia scelta sono

venuta qui… Ogni volta che hai rinunciato al

desiderio di una tua felicità, mi hai sempre più

attratto verso di te; ogni volta che hai pregato

Dio per la mia pace piuttosto che per la tua, la

mia esistenza si è sempre più legata alla tua. E

adesso, o mio poeta, mio signore, mio re! Noi

siamo insieme per sempre… Dimmi che sono

benvenuta!?”.

A Lei

“Benvenuta? Mia santa, mia regina! Benvenu-

ta, più benvenuta del primo fiore che appare

dopo le nevi dell’inverno; benvenuta, più ben-

venuta di un tempestivo soccorso prestato a

chi versi in grave pericolo; benvenuta, angelo

mio, nel buio delle cose mortali che forse una

così dolce presenza potrà rischiarare! O sacra

innocenza che io non son degno di protegge-

re! O bellezza senza pecche che io non sono

all’altezza di pretendere o possedere! Benve-

nuti alla mia vita, al mio cuore, alla mia anima!

Benvenuti, o dolce fiducia, dolce speranza,

dolce amore, che, come Cristo vive, mai offen-

derò, tradirò o abbandonerò per tutti gli spazi

di gloria della lontana eternità”. Marie Corelli

Vi ritrovate tutti in queste parole, vero?

Parole arcaiche, per noi uomini e donne del ter-

zo millennio, eppure toccanti nella loro mistica

e umile semplicità che pare suggerire: “quanto

c’è ancora da scoprire?”. Ed è con tale spirito

che iniziamo a considerare le possibilità appli-

cative del Tantra Yoga alla relazione amorosa

dell’uomo di oggi. Ma cos’è il Tantra?

Tanto per cominciare si potrebbe demolire

l’immagine che ne viene data ai giorni nostri,

frutto di tutte quelle manipolazioni che le ap-

plicazioni distorte di tale gnosi sono state

prodotte in passato dall’uomo stesso, che si

sa, prima distrugge, poi, eventualmente, ri-

costruisce. Venendo a tempi più recenti, si

può tranquillamente dire che non c’è nulla di

più devastante di una conoscenza prezzolata

o diffusa un tanto al chilo, a piene mani, nella

più esecrabile superficialità, che la New Age

stessa molto spesso veicola all’umana specie,

per non parlare degli intenti subdoli che dietro

a tutto questo si muovono, opportunamente

occultati e mascherati da un’attraenza solo ap-

parentemente appetibile.

Nel passato come nel presente si riscontra

sempre una certa coerenza nella distruttività,

ma non è questo il senso della Vita. Ecco per-

ché una fonte di conoscenza come il Tantra –

La Coppia sul SentieroCuratore: Giorgio Ricci Garotti e Monica Giovannini

UN PASSO VERSO IL TANTRA

31

Page 34: 23Discepolo

che considera la psicologia del rapporto di cop-

pia a tutto campo, dal piano causale a quello

fisico, con conseguente sviluppo percettivo,

intuitivo e telepatico animici, nonché gli aspetti

energetici-iniziatici inerenti l’amplesso, senza

trascurare la possibilità di una comprensione

consapevole dell’unità di coscienza di ognuno

e dell’insieme – non va affatto svilita o peggio

ancora mercificata, riconducendola ad ambi-

gue tecniche o mirabolanti pratiche erotiche

alla ricerca di una sensualità perduta.

Sintetizzando molto potremmo dire che il Tan-

tra è il complemento del Vedanta, nell’ambi-

to di quella scienza millenaria che è lo Yoga.

E come ogni scienza che si rispetti, postula

degli obiettivi ma fornisce anche i mezzi per

perseguirli, applicabili alla condizione specifi-

ca della coscienza umana, alle sue possibilità

e manifestazioni e, quindi, alle dinamiche del

comportamento nello spazio e nel tempo.

Ognuno di noi, nella vita di ogni giorno, si re-

laziona continuamente con se stesso e con gli

altri, e con l’altro in particolare, nel contesto

privilegiato della relazione amorosa. Quindi,

lungi dall’essere in contraddizione, Tantra e

Vedanta possono considerarsi filoni sapienziali

speculari dello sviluppo evolutivo creativo. In-

fatti l’obiettivo comune è l’unione, e per di più

nella manifestazione d’amore, in piena coeren-

za armonica, creativa e funzionale con la Vita.

Il Vedanta indica la strada dello Yoga nel riunifi-

care la propria coscienza su tutti i piani dall’alto

al basso; il Tantra lo stesso, ma attraverso il

rapporto con l’altro; potremmo dire, lo Yoga a

due. Shiva e Shakti, di riffo o di raffo, desidera-

no incontrarsi, e lo fanno.

Tralasciando volutamente superficialità e in-

consistenza, ecco che il considerare seriamen-

te il Tantra smuove inevitabili quanto giuste re-

sistenze, perché la coppia si orienta a un gioco

di squadra in cui ognuno partecipa alla pari, per

l’amore dato come per quello ricevuto, affron-

tando i limiti reciproci, in uno scambio sempre

più fluido ed equanime.

Gli ostacoli a questi processi vanno principal-

mente considerati nella natura astrale, nelle

emozioni negative e quindi nella distruttività

di ognuno, secondo le proprie caratteristiche

specificità.

Le donne, per natura più emotive, attraverso

questi meccanismi tendono ad incrinare la ma-

nifestazione delle loro buone intenzioni, in una

capillare inibizione del piacere, inteso nel sen-

so più ampio: entusiasmo, giocosità, vitalità,

felicità, gioia.

Gli uomini, dal canto loro, avendo in dotazio-

ne quei due neuroni che si rincorrono all’infi-

nito nella vana speranza di incontrarsi, sono

più inclini a squilibri mentali che li inducono

quantomeno a sminuire la portata di un’unio-

ne profonda come quella postulata dal Tantra,

considerandola una sciocchezza, un’illusione

spirituale o tutt’al più una fantasia sessuale,

con un atteggiamento decisamente castrante,

tanto per essere virili.

Se tendenzialmente le donne sono più crudeli,

nel controllo delle emozioni, gli uomini sono

più scettici, ancorati ai loro rigidi pregiudizi,

ma la musica non cambia. Entrambi possono

trovare infinite scuse, elegante metafora, per

non dedicarsi alla loro felice unione consa-

pevole, e le trovano in continuazione sotto la

frusta instancabile degli automatismi reciproci

che spengono ogni germoglio di piacevolezza.

Ecco perché la pratica yogica ci viene in prezio-

so aiuto, spezzando ciò che ostacola l’anelito

alla gioia che palpita in ogni cuore.

Ma si è fatto tardi, e ne parleremo la prossima

volta, dello yoga a nudo.

Giorgio Ricci Garotti e Monica Giovannini

32

Page 35: 23Discepolo

ADHD è la sigla della sindrome da deficit di at-

tenzione e iperattività motoria che ha avuto nu-

merose attenzioni da parte di medici e scienzia-

ti, e le cause, fino a questo momento, sono da

attribuirsi a fattori genetici od ambientali, come

l’alcool ed il fumo durante la gravidanza, oppure

a infezioni come la varicella sempre durante il

periodo di gestazione. A questo proposito si è

pronunciata anche la World Health Organization

(agenzia specializzata dell’ONU per la salute), la

quale pone come cause possibili eventuali di-

sfunzioni all’interno della famiglia e del sistema

educativo, o patologie dei singoli individui. Al-

tri ricercatori invece ritengono che la sindrome

ADHD si presenti in bambini che hanno subito

abusi o violenze, ponendo anche l’ipotesi che

questa patologia nasca nella capacità di autore-

golamentazione e di attenzione nella relazione.

Le opinioni sono a dir poco contrastanti, ma a

mettere tutti d’accordo è stato lo stesso psi-

chiatra americano Leon Eisenberg, definito il

“padre scientifico” dell’ADHD, il quale sette

mesi prima di morire, nella sua ultima intervista,

ha affermato che la malattia non esiste, e che

è stata inventata dalle case farmaceutiche per

realizzare le vendite dei farmaci, per esempio il

Ritalin. Non esistono test clinici per l’ADHD, ma

ci si basa su informazioni soggettive avute dai

genitori o dagli insegnanti, per cui, in mancanza

di metodi diagnostici oggettivi, risulta molto dif-

ficile avere una diagnosi certa.

Sulla base della mia esperienza mi sono fatta

un’idea molto semplice e pragmatica di questo

fenomeno che sembra esistere dai primi del

‘900, patologia che semplicemente ha cambia-

to più o meno descrizione a seconda del mo-

mento storico che l’umanità ha attraversato.

Personalmente non credo che questa sintoma-

tologia sia una malattia o, come vogliono farci

credere, una patologia tale da dovere assume-

re farmaci; visto sotto questo aspetto tutto ciò

che si muove potrebbe essere fonte di patolo-

gia. Sono convinta che siamo ancora una volta

in presenza di una società incapace di portare

ad esempio valori educativi armonici, cambia-

menti profondi in linea con i processi evolutivi

che la vita porta in essere; infatti le strutture

di potere politico ed economico non facilitano

certamente l’accesso al vero significato della

nuova consapevolezza educativa capace di ri-

svegliare le coscienze.

Tutti noi viviamo in questo mondo, ma siamo

sempre meno consapevoli del mondo che vivia-

mo, il quale viene vissuto in maniera meccanica

e passiva. Siamo tutti iperattivi, assoggettati a

più stimoli nello stesso momento, portati a fare,

non sempre con successo, tre o quattro cose

contemporaneamente, quindi se sentiamo un

po’ di stress (tra l’altro causa principale di mor-

te secondo numerose statistiche), di affanno

dovuto ad un senso di continua velocità, non

comprenderemo e non sapremo mai veramen-

Educare per la consapevolezzaCuratore: Anna Grazia Fiorani

SINDROME ADHD, LA SINDROME DELL’IPERATTIVITÁ, MA QUALE IPERATTIVITÁ?

33

Page 36: 23Discepolo

te a che cosa lo potremmo attribuire. Siamo in

presenza di un movimento selvaggio continuo

che ormai sappiamo solo subire, portandoci

a sentire come lontana la mancanza interiore

della quiete o del senso dell’ordine; insomma

potremo dire che queste mancanze entrano nel

campo della nostra mente umana in modo in-

consapevole.

La non coerenza che abbiamo ci porta ad esse-

re in errore perché ci pensiamo individualmente

ma viviamo a livello sociale. Siamo un organo

di un corpo più grande che patisce i cambia-

menti che il mondo impone, ed il nostro corpo

si identifica nel mondo e riproduce nei sintomi

del corpo le tensioni e le tendenze del tempo in

cui vive. Spesso dimentichiamo che la nostra

mente è sempre un organo sociale, e molti non

riescono a stare al passo di tutti questi input

uscendone così sopraffatti, specialmente, è il

caso di dirlo, i bambini, che corrono notevoli ri-

schi dovuti alla eccessiva pressione che grava

su di loro.

Pensiamo ai nostri figli e a quali stress ogni

giorno sono assoggettati, anche solo per il fatto

di starci vicini e di non essere completamente

autonomi nelle scelte. Ma quanto li stressiamo

con le nostre paure che ormai viviamo senza

nemmeno accorgercene, con i nostri ormai

convulsi modi di vivere senza ritmo… Queste

sono un tipo di frequenze energetiche, poi pen-

siamo a quanto possano essere bombardati

dai programmi televisivi, dalla continua connes-

sione della rete che viene persino proposta

fin dalle scuole elementari. Non ci sono studi

certi della corrosione energetica che tutto ciò

può produrre, o meglio quei pochi studi ven-

gono abilmente insabbiati, deviati e sopraffatti

dall’importanza che diamo all’essere sempre

collegati nel dovere avere tutto e subito.

Lo stesso uso dei cellulari ci riporta a nefaste

notizie, in modo speciale riguardanti i corpi in

via di crescita e di sviluppo. Tutti noi sembriamo

dimenticare tutto e non ci prendiamo abbastan-

za cura dei nostri figli proteggendoli, ma ancor

peggio le nostre vite stanno vivendo uno stato

di profondo smarrimento e di abbandono, sen-

za una consapevolezza più profonda che unisca

cielo e terra, la causa con l’effetto. Siamo una

umanità preda di un grande sonno, il sonno a

cui fu sottoposta la Bella addormentata nel bo-

sco, quando si punse il dito con il fuso, e che

solo la pronta presenza del Bellissimo Principe

avrebbe risvegliato, donandole quella pace e

quella gioia che le appartengono.

Penso che l’etere nel quale siamo immersi sia

fortemente attraversato da queste continue

interferenze da parte di frequenze alienanti,

inoltre credo proprio questa la causa di questo

“nuovo malessere” a cui bambini e adulti sono

assoggettati. Dobbiamo fare presto ed inter-

venire con strumenti idonei a trasformare tale

processo degenerativo prima che le parti del

nostro corpo e della nostra mente non siano più

in grado di guarire autonomamente.

Come si fa a non conoscere lo sviluppo neurolo-

gico dei bambini, come si fa a non capire quanto

in negativo possano influire le onde elettroma-

gnetiche nella comunicazione dei segnali tra le

cellule… La comunicazione delle cellule avvie-

ne attraverso i neurotrasmettitori (dopamine,

serotonina e norepinefrina), sostanze chimiche

prodotte dalle cellule cerebrali che regolano tra

l’altro l’iperattività, l’impulsività, la mancanza di

attenzione, le emozioni e anche la depressione.

Uno squilibrio di queste sostanze chimiche può

causare disturbi del funzionamento cerebrale,

molto probabilmente portando a sintomi consi-

derati dai medici sindrome di ADHD, e come tali

ora vengono trattati con psicofarmaci; ma sape-

te cosa avviene con queste somministrazioni?

34

Page 37: 23Discepolo

Ciò che viene somministrato sono anfetamine,

farmaci come Ritalin, Adderal e Concerta.

Le anfetamine aumentano in modo artificiale le

quantità di neurotrasmettitori nel cervello ac-

celerandone il funzionamento, in modo tale che

essi non sono più stimolati ad entrare in azione

producendole. In questo modo viene meno la

crescita naturale delle cellule cerebrali che crea-

no la rete di neuroni, quindi un cervello giovane

potrebbe non avere mai la possibilità di svilup-

parsi spontaneamente e di raggiungere un fun-

zionamento maturo.

Ne possiamo dedurre che un farmaco non cura,

anche perché non ci sarebbe niente da cura-

re visto che il disturbo potrebbe essere visto

come momentaneo, fino a quando non si in-

terviene con strumenti atti ad alzare le difese

immunitarie, ripristinando quindi il rispetto del

normale sviluppo armonico del bambino. Gli

strumenti potranno essere il rilassamento, il

gioco e la meditazione nell’affermazione dello

yoga, favorendo attività umane che stimolino

naturalmente lo sviluppo del bambino, così da

permettere la crescita delle difese naturali da

opporsi allo stress, come d’altronde è sempre

accaduto da centinaia di anni.

In modo particolare il movimento nel bambino è

espressione dell’io interiore ed è importante per

costruire una coscienza intelligente. Da sempre

i bambini si muovono (siamo noi che abbiamo

messo parametri per potere controllare o cata-

logare, ma tali parametri possono cambiare) per

conoscere e per entrare in relazione con ciò che

li circonda vivendo nuove conquiste e scoperte.

Ho lavorato spesso con bambini etichettati

come iperattivi, posso dire che sono bambini

con una marcia in più, bambini che si muovono

per non essere presi e bloccati da ciò che è in-

torno a loro e che risulta loro irritante e pesante.

Essi hanno a che fare continuamente con vec-

chi schemi che non tengono conto della vitali-

tà e di ciò che evolve, bambini spesso fatti di

materia leggera, di pensieri leggeri che parlano

di amore, un amore ancora più grande dei loro

piccoli corpi, corpi che si muovono per non fare

morire questa saggezza contenuta in loro, non

ancora compresa dagli adulti che gli sono ac-

canto. Osservo adulti che non hanno il coraggio

di accompagnarli verso qualcosa di più grande

che parla di un bene comune.

Questi bambini si annoiano nello svolgimento

dei programmi scolastici, delle relazioni conte-

nitive a cui sono sottoposti quotidianamente.

Ogni bambino è diverso ed ha bisogno di canali

diversi per potere creare e costruire ciò che la

sua anima ha deciso di realizzare. Questi bam-

bini non sopportano costrizioni fisiche come lo

stare troppo a sedere, oppure il sentire urlare

da parte degli adulti. Essi non sentono il giusto

clima che li possa accogliere, spesso sembra

che si abbia a che fare con due mondi, il loro e

il mondo che gli richiede di adattarsi. I bambi-

ni non sono cattivi ma semplicemente nel loro

linguaggio esiste altro, diamogli la possibilità di

esprimersi e vedrete che vi racconteranno di

emozioni nobili, vi insegneranno capacità di ap-

prendimento nuove che solo attraverso un’at-

tenta comunicazione che parli di amore e di ac-

coglienza riusciremo a vedere con nuovi occhi.

Sono sicura che solo attraverso l’amore si po-

tranno riequilibrare queste energie vecchie e

nuove, creando il ponte che ci porterà a risco-

prire il significato dell’educazione e della cre-

scita armonica. Vedo le capacità di questi bam-

bini che contengono in essenza l’antidoto per

armonizzare l’umanità. Quando penso a loro li

immagino come bambini chiave, la chiave che

ci aprirà al cambiamento più elevato della vita e

che ci potrà far suonare la nuova nota.

Anna Grazia Fiorani

35

Page 38: 23Discepolo

Mi fermo un attimo a riflettere. Pausa. Silenzio.

Mi guardo indietro a rileggere le storie vissute

e narrate finora. In esse ritrovo il senso della

mia ricerca personale ed esistenziale: la possi-

bilità reale per l’essere umano di comunicare e

sentirsi unito agli altri. Il percorso professiona-

le e quello della ricerca spirituale camminano

da tanti anni in parallelo, ma ciò che ha dato

spessore ad entrambi è stato l’incontro con le

tante persone e la condivisione della loro storia

personale. A distanza di tanti anni non è venu-

ta meno la spinta ad incontrare, a conoscere,

per cercare di offrire il mio contributo profes-

sionale ed umano. Col tempo la consapevolez-

za della risonanza interiore con quei vissuti, a

volte così coinvolgenti, è divenuta più netta.

“Conoscere è sempre un riconoscere”, dico-

no le Guide spirituali dell’umanità. Nel credere

ingenuamente di essere capace e in dovere

di risolvere i problemi degli altri, ho scoperto

che ogni volta quello che contattavo non era

all’esterno ed estraneo a me bensì assoluta-

mente interno e profondamente radicato nelle

recondite e sconosciute zone del mio essere.

L’incontro con l’altro in realtà partiva dal di den-

tro, come se una sottile e meravigliosa regia

attivasse un magnete che dava vita ad una nuo-

va storia. Non era dunque una coincidenza se

ritrovavo in essa un clima emotivo già vissuto

o problemi analoghi che mi avevano fatto sof-

frire o gioire. La comprensione delle dinamiche

che scaturivano dalla partecipazione a quelle

vicende umane si è lentamente trasformata.

Inizialmente centrata sugli aspetti più immedia-

ti di tipo professionale, basati sulle conoscenze

scientifiche, si è radicata sempre di più in quel-

le spirituali ed esoteriche. Quelle motivazioni,

credute basate sull’altruismo, sono state ridi-

mensionate e smascherate. L’antica saggez-

za, che si esprime con parole simili a mantra,

armoniose perché in perfetta sintonia con le

Leggi della Vita, e che narra del lungo viaggio

compiuto dalla coscienza, spiega come ogni

esperienza ed ogni essere, esprimenti le quali-

tà dell’unica Vita, siano perfettamente collegati

tra loro dal karma. La vita delle tante persone

che è entrata a far parte della mia, seppure per

motivi professionali, è stata ed è tuttora pre-

ziosa ed importante. Come potrei vivere senza

queste esperienze che mi fanno uscire dai miei

angusti spazi interiori? Non ho da sostituire ad

esse la pienezza coscienziale propria dei saggi.

Come un bambino ai suoi primi passi nella vita,

così è la mia coscienza ancora troppo immatu-

ra e alle prese con emozioni discordanti. Incer-

tezze, dubbi, paure, egoismo, ambizione, viltà

sono i miei compagni di viaggio. Li ritrovo ogni

giorno quando devo affrontare nuovi incontri,

nuovi problemi che potrebbero minare il mio

equilibrio, l’immagine perfetta che voglio avere

di me stessa. Di contro una voce sommessa

ma non meno importante che spinge ad osser-

La Comunicazione UmanaCuratore: Anna Maria Fabene

I CARE... MI È CARO!

36

Page 39: 23Discepolo

varsi, a capire le reali intenzioni, a cercare di

stabilire sempre e comunque l’armonia, l’ami-

cizia, la pace... Conflitti, ansie, equilibri ritrovati

faticosamente con la gioia nel cuore e la voglia

di semplicità. I care... mi è cara questa vita che

mi sta insegnando tutte queste cose. I care...

mi sono care tutte queste persone con le loro

vite che si intrecciano con la mia. Spero di vi-

vere con intensità e fino alla fine di questa vita

queste esperienze. Spero di riuscire a dare ad

ognuno qualcosa che possa servire ad alleg-

gerire un po’ la pesantezza, a ridurre un po’ la

solitudine e la tristezza, e a condividere anche

le gioie per le piccole o grandi conquiste. A tut-

ti voglio esprimere il mio ringraziamento per la

fiducia offertami e per l’insegnamento che da

essi io ho ricevuto. Che i nostri cuori siano uni-

ti, anche se lo sono già da sempre e per sem-

pre. Sul mio stendardo immaginario, celato nel

cuore, scriverò il mio motto I care! I care! Che

la semplicità e l’unione con la Vita mi accompa-

gnino sempre lungo il cammino.

Anna Maria Fabene

37

Page 40: 23Discepolo

Quante volte i bambini chiedono a noi “grandi”

di giocare con loro? Più spesso di quanto ricor-

diamo in realtà! Mi lascio trascinare volentieri

nel loro mondo per qualche ora e ogni volta ne

esco rigenerata, alleggerita o spettinata a volte,

dipende, ma questo perché? Stare con i bambi-

ni, soprattutto i più piccoli, ti aiuta a capire quan-

to la vita in sé sia un gioco. Cambi le carte? Usi

nuove regole in tacito accordo con gli altri? Un

momento metti le vesti del pilota e il momento

dopo sei il dottore che visita, o la mamma dol-

ce che coccola i suoi bambini? Sì, certo, tanto

è uguale, perché? Perché è un gioco! Il gioco

ha questa possibilità di leggerezza, che avrebbe

anche la vita se sapessimo giocarcela con ironia

nel movimento, invece di affrontarla con rigida,

schematica razionalità, cieca fiducia nella nostra

percezione, rassegnazione e pigrizia.

Giocare in realtà ti insegna a vivere.

Le feste natalizie ormai sono solo un vago ri-

cordo, e il carnevale galoppa in queste umide e

grigie giornate di non inverno, ma cosa ci con-

sigliavano gli esperti a dicembre? Di tornare a

giocare!

Il gioco è un’attività vecchia come il mondo, e

poi, diciamola tutta, a chi non piace giocare?

A chi ha disimparato a giocare e non ricorda più

il piacere di quello scambio leggero!

Tutti abbiamo giocato almeno una volta nella

vita, e se ci fosse qualcuno che non l’ha ancora

fatto per qualche oscuro motivo perdinci, beh,

sarebbe bello e utile se cominciasse... ora!

A volte siamo talmente addentro alle nostre co-

razze da non sentirne più il bisogno, ma ci sono

davvero giochi per tutti i gusti, ed è veramente

difficile non trovarne uno su misura per te!

Quando si parla di gioco poi si pensa immedia-

tamente a certe tipologie, parte subito la forma

pensiero della tombolona in famiglia, o i giochi

in scatola o le storiche e intramontabili carte da

briscola; ma il gioco in realtà lo puoi sperimenta-

re in ogni momento della tua vita. Quando riesci

ad alleggerire un pensiero ironizzandoci su? Hai

imparato a giocare. Quando affronti un esame

con un piacevole sorriso ed una vocina in sotto-

fondo che ti suggerisce che... vada come vada

ma sarà comunque un successo? Ti sei conces-

so il piacere di metterti in gioco.

La vita è Lyla, il gioco di Dio, allora perché non

può essere gioco anche per noi che siamo parte

di quel “Dio” a cui sappiamo dare tanti nomi?!

Cos’abbiamo da perdere in realtà?

Certo diventerà gioco quanto più sapremo li-

berarci delle nostre catene; quando si vivono

momenti densi di difficoltà è normale che ci

si chieda CHI in realtà si sta divertendo in quel

momento; ma passata la tempesta, potendo

guardare il vissuto con un po’ di distacco, ti ren-

di conto di quanto tutto quello fosse necessa-

rio, perfetto e parte di un gioco essenzialmente

a lieto fine!

Invece l’essere umano è un complicato e pre-

PsicologiaCuratore: Diana Ferrazin

DAI! GIOCHIAMO UN PO’ INSIEME (seconda parte)

38

Page 41: 23Discepolo

suntuoso rompiscatole, perché, o non vuole

giocare, o gioca imponendo le sue regole, ba-

rando spudoratamente per vincere e preten-

dendo di essere amato dopo avere calpestato i

suoi compagni! Beh... si può migliorare.

Il gioco è fondamentalmente parte dei nostri

istinti primari; si comincia a giocare sin da quan-

do si è piccoli piccoli perché è un modo per co-

noscere se stessi, è un modo per conoscere il

mondo che ci circonda.

Il gioco ha precise funzioni nello sviluppo cogni-

tivo, ma anche affettivo e relazionale dell’indivi-

duo. Diversi studiosi negli anni hanno dato un’i-

dentità all’attività ludica: per alcuni servirebbe a

ottimizzare una nuova dinamica comportamen-

tale, per altri il gioco viene visto come momen-

to propedeutico alla vita adulta.

Ma pensiamo per un attimo anche agli anima-

li nostri fratelli minori? In questo campo loro

sono dei veri maestri, in tanti anni non ho mai

visto un cucciolo che non fosse giocattolone,

poi continuano instancabili anche in età adulta,

se glielo si permette; l’uomo invece è un po’

più cristallizzato, e vive a volte il gioco piuttosto

come un modo per scansare la fatica di assu-

mersi le proprie responsabilità, come un velato

rifiuto di diventare grandi, come se la vita adulta

dovesse essere necessariamente qualcosa di

pesante e monolitico!

Siamo noi che abbiamo bollato la maturità psi-

cofisica come una pallosissima telenovela di

mummie isteriche!

Non è facile giocare quando fuori e dentro il

gelo della personalità umana opera per raffred-

dare ogni istinto vitale, rallentare i movimenti,

rendere spigolosi i nostri pensieri e aspre le

nostre emozioni, ma proprio per questo diviene

oggi un’impresa interessante e necessaria.

Il gioco della vita è in grado di spezzarti le gam-

be, ma sa anche con forza condurti là dove re-

gna la Voce del silenzio, la pace del tuo cuore,

e tutto questo dipende da noi perché è dentro

di noi.

Il gioco è “un’attività volontaria e intrinsecamen-

te motivata” che ha lo scopo di darti piacere. La

vita è bella nella sua infinita creatività, possiamo

renderla piacevole, giocosa, gioiosa se lo voglia-

mo; è però necessario fare delle scelte, perché

stare bene è una scelta, io scelgo di vivere nella

gioia! E questa scelta porta con sé un’infinità di

effetti collaterali inimmaginabili, ma come sem-

pre bisogna sperimentarli su di sé, giorno dopo

giorno. Allora cosa aspettiamo? Dai, diamoci

una mossa perché c’è tanto da fare!

Diana Ferrazin

39

Page 42: 23Discepolo

Era ancora buio, e dopo una notte passata nell’in-

quietudine e nella febbre della Guerra, che da lì a

poco sarebbe iniziata,

il Re, era pronto nelle sue vesti da battaglia. Af-

ferrò la sua spada affilata, dalla lama lucente, che

giaceva estratta, sul letto, la rinfoderò, si avvolse

nel suo manto blu, e con passo rapido raggiunse

la sala delle armi, dove lo attendevano i suoi due

più fidati cavalieri.

All’arrivo inaspettato del re, i due guerrieri scat-

tarono in piedi dicendo: “Re, Brynja!” Lui rimase

per un attimo in silenzio, e guardandoli negli oc-

chi, con lo sguardo di chi sa, di chi ha visto al di

là dal velo, rispose: “Noi penetreremo la notte

per conoscere il luogo dove si avvolge il male e

lo combatteremo. L’alba sarà nostra alleata, e al

primo chiarore il suono delle sfere celesti echeg-

gerà sulle immense terre della beatitudine”.

I due cavalieri si avvicinarono al re, allungarono

il loro braccio, e posero con vigore le mani sulle

sue spalle: “Siamo con te, il nostro braccio im-

pugnerà l’arma del coraggio e sconfiggeremo il

Tentatore”.

Così si misero a cavallo, giungendo alle pendici

di una collina. In quel silenzio della notte si avver-

tivano solo piccoli fruscii, e lo sbuffare dei caval-

li. Poi, d’improvviso, dinanzi a loro, ecco, fermi,

immobili, migliaia di guerrieri, decisi e preparati,

nell’attesa di udire l’urlo di guerra.

Il re Brynja lì guardò tutti, poi si avvicinò a loro di

pochi passi, sfoderò la spada e la volse al cielo

comandando: “Che la vostra spada sia brandita

dal cuore, Che il vostro coraggio sia sostenuto

dalla solennità, che la vostra vita sia illuminata

dalla vostra anima, che il nostro viaggio porti

alla vittoria sul male, e che le nostre azioni siano

semi per un nuovo mondo”. Poi gridò con po-

tenza il Canto di Guerra: “Non per Me, non per

Noi innalziamo il Fuoco all’universo, ma per

la Luce, Per la Vita e per Il Cuore vittorioso

perenne”.

In risposta al comando del Re, tutti i guerrieri

batterono le loro spade sugli scudi. Quel rumo-

re sordo e imponente tuonò nella notte nera…

poi, tutto fu sovrastato dal fragoroso galoppare

dei cavalli, che sollevarono una densa nube di

polvere.

Così giunsero dinanzi alle Gole di Dala Kadavara,

veri e propri squarci nella montagna rocciosa. Un

luogo, dove il calore del sole non è conosciuto, e

le pareti fredde sono solcate da acqua melmosa.

Brynja fece cenno di fermarsi, rimase per un

istante in osservazione, poi si rivolse al suo brac-

cio destro: “Avanziamo in silenzio e lentamente,

avvisate i cavalieri che per tutto il tragitto, i loro

occhi dovranno essere bendati”.

Procedettero tutti in fila. Il non vedere acuiva gli

altri sensi, e sempre più forte si sentiva l’odore

di marciume emanato da quelle Gole. Tutti quan-

ti però avanzavano saldi gli uni dietro agli altri.

Procedendo nel buio più assoluto, a un tratto i

cavalieri si sentirono sfiorare i visi da artigli me-

Le fiabe della ManuCuratore: Manuela Baccin

CANTO DI GUERRA (terza parte)

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Page 43: 23Discepolo

tallici, ma come se niente fosse, continuarono a

procedere in silenzio. Il Re era a capo della fila,

ed era l’unico ad avere gli occhi sbendati e anche

l’unico che poteva comprendere.

All’improvviso gli si parò dinnanzi un essere con-

sumato nelle carni, in una veste scura, grigio di

pelle, che così si rivolse a Brynja, con voce ca-

vernosa: “Non hai paura di vedere?”

Il Re si arrestò e disse: “Io non ho paura di vede-

re l’invisibile!” .

L’essere allora sogghignante gli rispose: “Si!

Questo lo vedo, ma come farai a portare in salvo

i tuoi guerrieri? Loro sono ciechi!”.

Brynja sorrise e con voce sicura: “Sono ciechi

per non essere soggiogati dall’inganno della vi-

sta terrena, ma vedono attraverso il loro cuore, e

tu questo non puoi vederlo!”.

In quell’istante l’essere s’infuriò: “Oh, piccolo

uomo insignificante, che calpesti il mio regno, la

tua voce non è degna di essere udita. Stupido!

Arrogante! Io ti maledico con l’oblio della ceci-

tà!” Mentre pronunciava queste parole, un flus-

so grigio e fetido, fu lanciato dalle sue mani…

Il Re, in un lampo sfoderò la sua spada, e la lan-

ciò verso la maledizione. Un boato anticipò l’e-

splosione di luce prodotta dall’impatto tra le due.

Poi si rivolse all’essere: “Le maledizioni si av-

verano solo se in te c’è, anche solo una piccola

goccia di quel male. Invece la luce prevale sem-

pre, anche là dove non ce n’è nemmeno una pic-

cola goccia”.

Brynja quindi si girò, e ordinò di riprendere il pas-

so e di avanzare….

Uscirono dalle Gole, e così tutti i guerrieri si tol-

sero le bende e continuarono la marcia per con-

quistare terreno.

Nel frattempo, il giorno non sorgeva, mentre la

notte prendeva il suo posto. I guerrieri non ave-

vano più riferimenti, immersi nella foresta buia,

mentre la fatica incominciava a farsi sentire. Così

a quel punto, il Re ordinò di bivaccare per poche

ore.

Mentre tutti dormivano, il Re era seduto sotto un

albero a meditare. Allora uno dei suoi fedeli lì si

avvicinò: “Brynja, devo parlarti”. Il re aprì gli oc-

chi e gli fece un cenno con la testa, allora questi

continuò...

“Più ci avviciniamo al centro del male, più acca-

dono cose sempre più strane. La luce del giorno

è oscurata, i cavalieri sono sempre più logorati,

e sai che non è per il viaggio… è una stanchezza

strana! Sono assenti e demotivati. Forse sareb-

be bene cercare di negoziare con questa forza,

magari per tentare di coesistere. In questo modo

salveresti molte vite!”.

Brynja immobile rimase a guardarlo, poi si alzò,

dandogli le spalle. Si allontanò di poco, quindi si

voltò, rimanendo fermo, rivolto verso di lui, scan-

dì queste frasi: “Se io ascoltassi le tue parole, la

tua voce… così sarei l’uccisore di molte vite. Tu

sei la serpe in seno, il tuo veleno uccide il fervore

dei cuori. Tu, ingannatore della tua Anima, tu In-

fedele del Bene, tu, Perfido strisciante meschino

uomo! Non c’è peggiore nemico del traditore!

Insinui i dubbi, la calunnia, la paura nelle orecchie

altrui! Tu vivi nell’ombra della miseria del male,

sei tu il marcio da estirpare dalle nostre vite”.

“Io ti ordino! Di andartene! Io ti comando trami-

te la potenza dell’Amore di abbandonare questa

Terra!”.

Segue…

Manuela Baccin

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ISSN 2283-9763