2.2. Impronte e modelli di studio - Daniel Celli · j. insufficiente correzione delle rotazioni...

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2.2. Impronte e modelli di studio I modelli in gesso rappresentano, in senso storico, la prima forma di documentazione ortodontica. Per molto tempo, assieme alle radiografie endorali iuxta-gengivali, hanno costituito l’esame fondamentale su cui impostare la diagnosi ed il piano di trattamento 15 . Successivamente vennero prima introdotte le fotografie della faccia, poi la teleradiografia ed infine le foto endorali. I modelli di inizio trattamento vengono detti modelli di studio in quanto permettono l’effettuazione di varie analisi, tra cui l’analisi dello spazio 16 ed il calcolo dei diametri delle arcate 17-22 . L’esame dei modelli permette inoltre di studiare la forma delle arcate, misurare determinate strutture anatomiche, come la profondità del palato ed il volume della base apicale, ed individuare i rapporti interdentari fra le arcate 4,23-29 . In fase di spiegazione del piano di trattamento, inoltre, possono diventare una valido supporto per illustrare in maniera efficace la malocclusione ai genitori o al paziente stesso 10,15 . Se si vogliono affrontare esami come quelli dei boards, è fondamentale il possesso di modelli in gesso di buona qualità. A tal riguardo, nella guida 30 che veniva fornita ai candidati dell’American Board of Orthodontics, e che sembra essere la più completa, vengono dati dei suggerimenti al fine di evitare una serie di problemi che potrebbero interessare tali records: 1. eccesso di levigatura nelle aree anatomiche 2. distorsioni nelle aree anatomiche a causa di errori di lavorazione 27

Transcript of 2.2. Impronte e modelli di studio - Daniel Celli · j. insufficiente correzione delle rotazioni...

2.2. Impronte e modelli di studio

I modelli in gesso rappresentano, in senso storico, la prima

forma di documentazione ortodontica. Per molto tempo, assieme

alle radiografie endorali iuxta-gengivali, hanno costituito l’esame

fondamentale su cui impostare la diagnosi ed il piano di

trattamento15. Successivamente vennero prima introdotte le

fotografie della faccia, poi la teleradiografia ed infine le foto

endorali.

I modelli di inizio trattamento vengono detti modelli di studio

in quanto permettono l’effettuazione di varie analisi, tra cui

l’analisi dello spazio16 ed il calcolo dei diametri delle arcate17-22.

L’esame dei modelli permette inoltre di studiare la forma delle

arcate, misurare determinate strutture anatomiche, come la

profondità del palato ed il volume della base apicale, ed

individuare i rapporti interdentari fra le arcate4,23-29.

In fase di spiegazione del piano di trattamento, inoltre, possono

diventare una valido supporto per illustrare in maniera efficace la

malocclusione ai genitori o al paziente stesso10,15.

Se si vogliono affrontare esami come quelli dei boards, è

fondamentale il possesso di modelli in gesso di buona qualità.

A tal riguardo, nella guida30 che veniva fornita ai candidati

dell’American Board of Orthodontics, e che sembra essere la più

completa, vengono dati dei suggerimenti al fine di evitare una

serie di problemi che potrebbero interessare tali records:

1. eccesso di levigatura nelle aree anatomiche

2. distorsioni nelle aree anatomiche a causa di errori di

lavorazione

27

3. insufficiente profondità dell’impronta

4. discrepanze nella squadratura delle basi

5. occlusione non accurata, che non corrisponde a quella

della cefalometria o alla massima intercuspidazione del paziente

6. errori nella classificazione (archiviazione), che

determinano una mancata corrispondenza con il case report o con

la malocclusione del paziente

7. duplicati dei modelli con dettagli insufficienti

8. mancata correzione della malocclusione nei modelli a fine

trattamento:

a. classe II o III ancora presenti

b. eccessivi overbite ed overjet

c. insufficiente torque incisale

d. esagerata curva di occlusione mandibolare (curva di

Spee)

e. curva di occlusione mascellare inversa

f. mancata coordinazione della forma delle arcate

g. secondi molari permanenti non allineati

correttamente

h. insufficiente rotazione dei primi molari superiori

i. insufficiente intercuspidazione

j. insufficiente correzione delle rotazioni dentali

k. presenza di aree di contatto aperte

l. sfavorevole inclinazione assiale dei denti

9. recidiva non accettabile nei modelli di studio a distanza

(almeno 2 anni secondo l’A.B.O., 1 secondo l'E.B.O.)

10. mancanza di standardizzazione nei modelli di studio

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Il raggiungimento di standard di qualità così elevati implica non

solo il possesso di qualità ortodontiche di alto livello, ma anche

un’assoluta padronanza della tecnica di presa dell’impronta, da

parte dell’ortodontista, e di colatura, squadratura e rifinitura dei

modelli da parte dell’ortodontotecnico.

2.2.1. Presa dell’impronta

L’ortodontista ha il compito di mettere in atto tutti gli

accorgimenti a propria disposizione al fine di ottenere impronte

di buona qualità15,27,31. Pur non risultando necessaria la stessa

precisione richiesta nella protesi fissa, occorre comunque una

corretta scelta dei porta-impronte e del materiale da impronta.

E’ molto importante disporre di un adeguato assortimento di

cucchiai porta impronte al fine di scegliere quello più adatto per

ogni paziente (Figg. 7 -9).

Figg. 7 e 8. Prova dei porta impronta.

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Fig. 9. Esempi di porta impronte per ortodonzia.

I cucchiai dovrebbero presentare delle pareti alte al fine di

ottenere impronte molto estese. In pazienti con fornici poco

profondi può tuttavia essere necessario l’utilizzo di porta

impronte convenzionali non forati da protesi.

In commercio esistono sia porta impronte metallici sia porta

impronte monouso in polistirolo. Questi ultimi, sebbene

presentino vantaggi quali la comodità e la sterilità, possiedono

alcuni inconvenienti quali il costo non contenuto e la mancanza

di rigidità che può avere conseguenze negative sulla precisione

dell’impronta.

Bordare con bastoncini o strisce di cera i cucchiai

portaimpronta può costituire una manovra utile in quanto si

ottiene un migliore adattamento al fondo dei fornici ed un

aumento della ritenzione del materiale da impronta (Fig. 10).

30

Fig. 10. Porta impronta bordati con cera.

Il materiale da impronta più utilizzato in ortodonzia è

l’alginato32-34. Questo deve presentare una elevata precisione,

un’elasticità ottimale ed un tempo di presa rapido. L’alginato di

elezione è perciò un idrocolloide irreversibile di classe A tipo I

secondo le norme ISO 1563 sugli alginati (Fig. 11).

Fig. 11. Alginati.

In alcuni pazienti, in genere adulti, può essere necessaria una

detartrasi o una preparazione iniziale parodontale prima di

rilevare le impronte.

31

Le arcate dentarie devono risultare asciutte al momento della

presa dell'impronta. Sebbene l'obiettivo possa essere facilmente

raggiunto con un getto d'aria, si possono anche cospargere le

arcate con un'emulsione siliconica spray.

Il materiale da impronta, che deve essere preparato secondo le

proporzioni suggerite dalla casa produttrice, può essere miscelato

manualmente o per mezzo di apparecchi meccanici, che

eliminano quasi completamente la possibilità che si formino

bolle d'aria.

Solitamente si inizia a riempire il cucchiaio inferiore spatolando

l'alginato con energia. Si può regolarizzare la superficie libera

dell'alginato con un dito bagnato per ottenere una maggiore

fluidità del materiale ed una conseguente maggiore precisione dei

dettagli.

Durante l'inserzione del porta impronte nel cavo orale, secondo

una direzione che va verso il basso e l'indietro, occorre distendere

il labbro inferiore per evitare l'intrappolamento di aria tra

alginato e tessuti orali.

La base del cucchiaio, una volta inserito, deve risultare

parallela al piano occlusale ed il manico deve essere centrato con

il piano di simmetria del volto (Fig. 12).

32

Fig. 12. Presa dell’impronta nell’arcata inferiore.

Durante l'indurimento del materiale si chiede al paziente di

sollevare la lingua. Tale operazione, causando il sollevamento del

pavimento della bocca, determina una maggiore compressione

del materiale sui processi alveolari linguali.

Se l'inserimento del cucchiaio con l'alginato stimola il riflesso

del vomito, si può consigliare al paziente un respiro lento e

profondo attraverso il naso, avvicinando alle narici un rullo

salivare imbevuto di alcol, oppure suggerire di sollevare

alternativamente le gambe in modo da contrarre il

diaframma,diminuendo così la pressione negativa respiratoria e

rendere meno probabile il riflesso del vomito35(Figg. 13 e 14).

33

Figg. 13 e 14. Accorgimenti per impedire il riflesso del vomito.

A indurimento avvenuto, si cerca, con il dito indice, di far

entrare dell'aria tra alginato e mucosa del fornice al fine di

provocare il distacco della massa di alginato dalle strutture

anatomiche. Leggeri movimenti impressi al manico del porta

impronte aiutano tale operazione.

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Fig. 15. Presa dell’impronta completata.

Non molto diversa risulta la presa dell'impronta nell'arcata

superiore. Il materiale, in questo caso, deve riempire

maggiormente la zona anteriore del cucchiaio, per ottenere un

corretto rilevamento dell'area incisiva, ed essere scarso nella zona

più posteriore, per non stimolare il riflesso del vomito.

L'inserimento, che avviene con una direzione che va verso

l'alto e l'indietro, prevede una iniziale pressione solo nella zona

molare, seguita da un movimento verso l'alto e l'indietro di tutto

il cucchiaio dopo aver disteso il labbro superiore.

Il distacco dell'impronta avviene con le stesse modalità

dell'arcata inferiore.

Dopo aver preso le impronte, occorre eseguire il rilievo della

cera di occlusione, che permette di ottenere i normali rapporti

occlusali sui modelli. A tale scopo possono essere usate sia cere

specifiche che la comune cera per modellazione (tipo Tenatex).

Se si opta per quest'ultima è opportuno ripiegarla ai lati per

ottenere uno spessore almeno doppio nella zona occlusale e

rilevare la posizione d'occlusione delle arcate in massima

intercuspidazione escludendo gli incisivi.

Nel caso di doppie chiusure, con una differenza di più di 1 mm

tra l'occlusione in abituale e l'occlusione in relazione centrica, è

raccomandabile rilevare un secondo morso, meglio se in silicone

o con altri materiali adatti, per documentare quest'ultima

posizione15,36.

35

2.2.2. Fasi di laboratorio

Dopo aver lavato accuratamente l'impronta al fine di rimuovere

le eventuali presenze di saliva, questa dovrà essere colata al più

presto32,33. Se ciò non è possibile, è opportuno conservare

l'impronta in ambiente umido nelle ore precedenti la colatura del

modello. Di solito è sufficiente inserire le impronte dentro una

busta sigillata di cellophane con dei rotoli di cotone imbevuti di

acqua.

Una volta asciugata l'impronta, si procede con le succesive fasi

laboratoristiche15,27,31,37.

Si versa in una scodella morbida il quantitativo d'acqua

necessario (30 g) e si aggiunge progressivamente la quantità

corrispondente di polvere (100 g), iniziando a mescolare con una

spatola rigida. Il gesso da utilizzare deve essere di media durezza

e di colore bianco38.

La miscelazione dovrebbe avvenire in senso orario, fino ad

ottenere un impasto di consistenza cremosa ed uniforme.

In alternativa alla miscelazione manuale, possono essere

utilizzati apparecchi di miscelazione sotto vuoto, che forniscono

una maggiore garanzia nell'eliminazione di possibili bolle

d'aria37.

Il gesso, una volta preparato, viene fatto vibrare, in piccole

quantità, e fatto scorrere dall'ultimo molare di destra fino al

controlaterale, riempiendo tutti gli anfratti dell'impronta.

Altro gesso viene poi aggiunto partendo sempre dalla posizione

iniziale, facendolo vibrare e defluire dalla posizione opposta a

36

quella di partenza. In questo modo l'eventuale residuo d'acqua

rimasto rende più fluida la porzione più avanzata della colata.

Tale operazione viene ripetuta continuamente, fino a

completare il riempimento dell'impronta in eccesso rispetto ai

margini dei fornici.

In seguito il modello viene sistemato su apposite sagome in

gomma o su zoccolatori metallici apribili (box), preventivamente

riempiti di gesso, posizionando il piano occlusale dell'impronta

parallelo alla base di tali dispositivi ed il manico del cucchiaio

lungo l'asse di simmetria.

Ad indurimento avvenuto39 e a gesso completamente freddo,

cucchiai ed impronte vengono rimossi dai box, come l'eccesso di

gesso sui modelli.

Si procede quindi alla squadratura per mezzo di specifici

squadra-modelli ortodontici. La procedura prende il nome dal suo

ideatore, Charles H. Tweed, che ha tracciato delle linee guida

molto precise27.

Gli zoccoli dei modelli devono rispettare delle specifiche

angolazioni per i tagli laterali (65), anteriori (25) e posteriori

(60-55). L'altezza complessiva dei modelli articolati, inoltre,

deve essere di 70 mm. Una piccola differenza a tale convenzione

è prevista dai board A.B.O., E.B.O., I.B.O., che prevedono un

angolo di 70 per i tagli laterali dello zoccolo superiore30,40-

42(Fig.16).

37

Fig. 16. Regole dei boards per la squadratura dei modelli.

La sequenza di squadratura prevede inizialmente la

parallelizzazione della base inferiore con il piano occlusale. Tale

proposito viene raggiunto ponendo la superficie occlusale del

modello con il piano mobile della guida dello squadramodelli,

evitando le interferenze del trigono retromolare. Il taglio della

base inferiore dovrebbe arrivare fino a 36-37 mm con la mola a

grana grossa, per arrivare a 35 mm con il molaggio fine.

38

Fig. 17. Procedure della squadratura. Da CH Tweed, Clinical

Orthodontics. Mosby, St. Louis, 1966.

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Fig. 18. Procedure della squadratura. Da CH Tweed, Clinical

Orthodontics. Mosby, St. Louis, 1966.

Successivamente si pone un elastico attorno al modello

superiore in modo da farlo coincidere, a livello occlusale, con la

linea mediana dell'arcata. Si traccia quindi sul dorso del modello

40

una linea con la matita che riprenda la direzione dell'elastico.

Altre linee, perpendicolari a quest'ultima e distanziate fra di loro

di 1 mm, vanno tracciate sul modello.

A questo punto i modelli vanno articolati utilizzando le cere di

occlusione e posti sullo squadra-modelli con la base del modello

inferiore che deve poggiare sulla piastra. Tenendoli uniti in

blocco unico, si inizia la squadratura della parte posteriore dei

modelli mantenendosi paralleli alle righe distanziate di 1 mm.

Durante tale operazione occorre fare attenzione sia a non tagliare

i molari terminali sia a non lasciare eccessivamente pronunciati i

trigoni.

Utilizzando come guida il piano dei dorsi, viene poi squadrato

il dorso del modello superiore, fino ad arrivare ad una altezza

complessiva dei modelli di 72-74 mm, che permetterà di

raggiungere il valore ideale di 70 mm con il molaggio più fine.

La squadratura continua poi con i tagli laterali ed anteriori del

modello superiore, con i tagli laterali del modello inferiore e con

i tagli posteriori di entrambi i modelli.

Il punto di passaggio tra il taglio laterale e quello anteriore del

modello superiore deve coincidere con l'area canina, mentre la

convergenza dei due tagli anteriori deve essere posizionata sul

piano mediano di simmetria.

I tagli degli spigoli posteriori avvengono articolando i modelli e

poggiando la slitta dello squadramodelli a 0 sulla superficie dei

tagli laterali. Tale procedura richiede il controllo della posizione

di settimi ed ottavi, che potrebbero essere molati.

I modelli così squadrati possono articolarsi correttamente senza

cera sia quando appoggiati sui dorsi sia sugli spigoli posteriori.

41

La squadratura, infine, prevede l'arrotondamento della zona

anteriore dello zoccolo inferiore (Figg. 17 e 18).

I modelli sono poi rifiniti nei dettagli anatomici, utilizzando

sottili strumenti che asportano le irregolarità, ed eventuali

deficienze dello zoccolo, attribuibili all'inglobamento di bolle

d'aria durante la colatura, vengono colmate con del gesso fluido.

Con una pietra di arkansas e con della carta smerigliata il

modello viene levigato per poi passare alla fase di

impermeabilizzazione. Il modello essicato viene immerso in una

soluzione saponosa (Glossing Fluid) per circa 20 minuti,

risciacquato e lasciato ad asciugare per circa 24 ore.

Con un panno morbido il modello così trattato viene lucidato

accuratamente.

A questo punto il modello è pronto per essere etichettato,

classificato ed archiviato (Fig. 19).

In questa fase può già essere utilizzato un sistema di

etichettatura simile a quello del board a cui si aspira.

Il modello può essere classificato con metodo numerico,

alfanumerico o con codice colore al fine di garantire una

archiviazione sicura e di facile consultazione.

42Fig. 19. Modelli in gesso rifiniti ed etichettati per la presentazione E.B.O.