211 2016 ipoacusia e nesso causale con l'infortunio sul lavoro

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Cassazione Civile, Sez. 6, 12 settembre 2016, n. 17935 Ipoacusia e nesso causale con l'infortunio sul lavoro Dettagli Categoria: Cassazione civile (/index.php?option=com_content&view=category&id=16&Itemid=138) Visite: 16 Cassazione Civile, Sez. 6, 12 settembre 2016, n. 17935 Ipoacusia e nesso causale con l'infortunio sul lavoro Malattie Professionali (index.php?option=com_content&view=article&id=778&Itemid=37) Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: ARIENZO ROSA Data pubblicazione: 12/09/2016 FattoDiritto La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 9 giugno 2016, ai sensi dell'art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'art. 380 bis cpc.: “Con sentenza del 23.6.2014, la Corte di appello di Ancona, in riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda proposta da R.B. intesa al riconoscimento dell’indennizzo del danno biologico quale conseguenza del tamponamento subito il 3.3.2008, escludendo la derivazione causale della ipoacusia, poi evoluta in anacusia destra, dal detto Incidente stradale. Rilevava la Corte che non poteva affermarsi l’eventualità del trauma cranico riportato dal R.B. per effetto dell’urto del capo contro il parabrezza, atteso che il referto del pronto soccorso non accennava ad alcuna lesione del genere e che la rottura del parabrezza del veicolo tamponato se collegata con tale specifico impatto non avrebbe mancato di produrre lesioni esterne facilmente riscontrabili. Osservava che anche il Ctu di prime cure aveva affermato che solo una commozione violenta del capo avrebbe potuto produrre un tal genere di lesione, escludendo che il solo colpo di frusta bastasse a tal fine e che non poteva neanche sostenersi con certezza che lo stato confusionale avesse indotto l’infortunato a negare l’impatto, in sede di prime dichiarazioni sulla dinamica del sinistro. Anche l’epistassi implicava un contatto violento del capo, sicché il solo trauma distruttivo cervicale non poteva ritenersi causa di un deficit uditivo di significativa entità ed ingravescente, quale quello riscontrato al R.B.. Non poteva considerarsi, poi, decisivo il solo criterio temporale dell’accertamento dell’ipoacusia soltanto dopo l’incidente, anche ove si eludessero le cause genetiche o degenerative, tenuto conto di altri due incidenti in cui l’infortunato era rimasto coinvolto. Dovendo pertanto escludersi il raggiungimento della prova del nesso causale con l'infortunio sul lavoro, erano da ritenere assorbite le contestazioni in ordine alla valutazione del decorso della patologia, non mancando la Corte territoriale di rilevare che la domanda del R.B. non poteva essere accolta in considerazione della valutazione delle conseguenze al rachide largamente al di sotto della soglia di indennizzabilità. Per la cassazione di tale decisione ricorre il R.B., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’INAIL. Con il primo motivo viene dedotto omesso esame circa una fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, con riferimento all’impatto del capo dell’infortunato con il parabrezza e l’erroneità della deduzione per fallacia della regola presunta, sostenendosi che la Corte del merito aveva aderito acriticamente ed illogicamente alle considerazioni espresse dal CTU officiato in secondo grado, sul presupposto fallace che un impatto col parabrezza avrebbe necessariamente determinato lesioni visibili, non potendo esservi invece spiegazioni logiche alternative alla rottura del parabrezza stesso. Introduce ulteriori elementi probatori e rileva che la diagnosticata epistassi della cavità nasale era particolarmente significativa della violenza dell'Impatto, negato dall'Infortunato nell’immediatezza del sinistro per lo stato confusionale in cui versava. Aggiunge che il corretto esame delle risultanze istruttorie avrebbe condotto ad una giusta considerazione della reale esistenza dell’impatto, con conseguente riconoscimento della compatibilità e dell'idoneità qualitativa e quantitativa dell’ evento lesivo nei riguardi delle lesioni riportate dal R.B.. Con il secondo motivo, si denunzia analogo vizio in relazione all’omesso esame delle risultanze degli accertamenti medici svolti sulla persona del ricorrente, sia nell'immediatezza

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Cassazione Civile, Sez. 6, 12 settembre 2016, n. 17935 ­ Ipoacusia e nesso causale con l'infortunio sullavoro

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Cassazione Civile, Sez. 6, 12 settembre 2016, n. 17935 ­ Ipoacusia e nesso causale con l'infortunio sul lavoro

Malattie Professionali (index.php?option=com_content&view=article&id=778&Itemid=37)

Presidente: CURZIO PIETRO Relatore: ARIENZO ROSA Data pubblicazione: 12/09/2016

FattoDiritto

La causa è stata chiamata all'adunanza in camera di consiglio del 9 giugno 2016, ai sensi dell'art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell'art. 380 bis cpc.:“Con sentenza del 23.6.2014, la Corte di appello di Ancona, in riforma della decisione di primo grado, rigettava la domanda proposta da R.B. intesa al riconoscimento dell’indennizzo deldanno biologico quale conseguenza del tamponamento subito il 3.3.2008, escludendo la derivazione causale della ipoacusia, poi evoluta in anacusia destra, dal detto Incidente stradale.Rilevava la Corte che non poteva affermarsi l’eventualità del trauma cranico riportato dal R.B. per effetto dell’urto del capo contro il parabrezza, atteso che il referto del pronto soccorso nonaccennava ad alcuna lesione del genere e che la rottura del parabrezza del veicolo tamponato ­ se collegata con tale specifico impatto ­ non avrebbe mancato di produrre lesioni esternefacilmente riscontrabili. Osservava che anche il Ctu di prime cure aveva affermato che solo una commozione violenta del capo avrebbe potuto produrre un tal genere di lesione,escludendo che il solo colpo di frusta bastasse a tal fine e che non poteva neanche sostenersi con certezza che lo stato confusionale avesse indotto l’infortunato a negare l’impatto, insede di prime dichiarazioni sulla dinamica del sinistro. Anche l’epistassi implicava un contatto violento del capo, sicché il solo trauma distruttivo cervicale non poteva ritenersi causa di undeficit uditivo di significativa entità ed ingravescente, quale quello riscontrato al R.B..Non poteva considerarsi, poi, decisivo il solo criterio temporale dell’accertamento dell’ipoacusia soltanto dopo l’incidente, anche ove si eludessero le cause genetiche o degenerative,tenuto conto di altri due incidenti in cui l’infortunato era rimasto coinvolto. Dovendo pertanto escludersi il raggiungimento della prova del nesso causale con l'infortunio sul lavoro, erano daritenere assorbite le contestazioni in ordine alla valutazione del decorso della patologia, non mancando la Corte territoriale di rilevare che la domanda del R.B. non poteva essere accolta inconsiderazione della valutazione delle conseguenze al rachide largamente al di sotto della soglia di indennizzabilità.Per la cassazione di tale decisione ricorre il R.B., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’INAIL.Con il primo motivo viene dedotto omesso esame circa una fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, con riferimento all’impatto del capo dell’infortunato con ilparabrezza e l’erroneità della deduzione per fallacia della regola presunta, sostenendosi che la Corte del merito aveva aderito acriticamente ed illogicamente alle considerazioni espressedal CTU officiato in secondo grado, sul presupposto fallace che un impatto col parabrezza avrebbe necessariamente determinato lesioni visibili, non potendo esservi invece spiegazionilogiche alternative alla rottura del parabrezza stesso. Introduce ulteriori elementi probatori e rileva che la diagnosticata epistassi della cavità nasale era particolarmente significativa dellaviolenza dell'Impatto, negato dall'Infortunato nell’immediatezza del sinistro per lo stato confusionale in cui versava. Aggiunge che il corretto esame delle risultanze istruttorie avrebbecondotto ad una giusta considerazione della reale esistenza dell’impatto, con conseguente riconoscimento della compatibilità e dell'idoneità qualitativa e quantitativa dell’ evento lesivo neiriguardi delle lesioni riportate dal R.B..Con il secondo motivo, si denunzia analogo vizio in relazione all’omesso esame delle risultanze degli accertamenti medici svolti sulla persona del ricorrente, sia nell'immediatezza

dell'occorso che successivamente, che avrebbero condotto ad una pronuncia di segno opposto. In particolare, si menzionano esami audiometrici e visite specialistiche riportati nella ctu diprimo grado ed esami praticati antecedentemente al sinistro, dei quali l’ausiliare di secondo grado non avrebbe tenuto conto e che, valutati, unitamente all’ulteriore documentazione medicaprodotta, avevano indotto il primo CTU ad affermare la sussistenza del nesso causale tra anacusia ed evento lesivo occorso, in base al criterio cronologico, topografico e dell'idoneitàqualitativa e quantitativa, escludendo l’incidenza di altre cause.I motivi di ricorso vanno trattati congiuntamente per l’evidente connessione delle questioni che ne costituiscono l’oggetto.Anche nelle controversie in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sui lavoro vige il principio generale, enunciato nell'art. 2697 cod.civ., secondo il quale chi vuol far valereun diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. L'infortunato, che richiede l'indennità, deve, quindi, provare i fatti dedotti a sostegno della domanda,dimostrando il nesso causale tra l'asserito stato invalidante ed il fatto costituente infortunio, anche se in proposito non occorra assoluta certezza e basti che la dimostrazione delcollegamento tra i due fattori emerga da un ragionevole e serio criterio di probabilità scientifica.Nella specie non si tratta della applicazione dei criteri generalmente validi in materia degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, per i quali trova diretta applicazione la regolacontenuta nell'art. 41 cod. pen., secondo la quale il rapporto causale tra evento e danno è regolato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, e va riconosciuta efficienza causale adogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, a determinare l’evento, sicché solo qualora possa ritenersi con certezza che l'intervento di un fattore estraneoall’attività lavorativa sia stato di per sé sufficiente a produrre la infermità deve escludersi l'esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge. Si tratta più specificamente di individuarel’esistenza di un nesso causale tra patologia acustica in relazione alla quale è richiesta la rendita e sinistro stradale occorso al R.B., in relazione alle modalità del verificarsi dello stesso. Tanto premesso, deve rilevarsi che l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134 (index.php?option=com_content&view=article&id=7582:2012­cordiato­83­134&catid=5&Itemid=137), introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omessoesame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbiacarattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primocomma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il " fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risultiesistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività", fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori nonintegra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenzanon abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass., s. u., 8053/2014).Nella evidente prospettiva della novella introdotta dal legislatore del 2012 ­ che mira a ridurre drasticamente l'area del sindacato di legittimità attorno ai "fatti” ­ l’omesso esame del fattodecisivo oggetto di discussione nel giudizio afferisce a dati materiali, ad episodi fenomenici rilevanti, ed alle loro ricadute in termini di diritto, aventi portata idonea a determinaredirettamente il giudizio. Per converso, le censure motivazionali formulate dal ricorrente, anche mediante deduzione di circostanze di fatto non risultanti dalla sentenza impugnata (e senzaindicazione del luogo e delle modalità in cui siano state sottoposte al giudice del merito, quindi in violazione del principio di autosufficienza) risultano inammissibili. Nessun fatto decisivotrascurato dalla Corte territoriale viene indicato se non gli stessi fatti valutati nella sentenza impugnata e di cui si vorrebbe una diversa lettura. Il vizio denunciato, poi, neppure sussiste alla stregua dell'alt 132 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 4, alla luce dei quali l'inosservanza dell'obbligo di motivazione è deducibile soltanto nelle ipotesidi mancanza assoluta della motivazione, ovvero di motivazione meramente apparente o perplessa o assolutamente illogica, ipotesi nella specie non ricorrenti.Va, quindi, rilevato ­ più specificamente con riferimento alla seconda doglianza ­ che, nell'ambito della valutazione delle risultanze processuali operata dal giudice del merito nel giudizio inmateria di accertamento dell'Inabilità da infortunio sul lavoro, qualora il giudice del merito si sia basato sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, affinché sia denunciabile incassazione il vizio nella specie dedotto, è necessario che eventuali errori e lacune della consulenza, che si riverberano sulla sentenza, si sostanzino in carenze o deficienze diagnostiche,o in affermazioni illogiche o scientificamente errate, non già in semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l'entità e l'incidenza del dato patologico e il valore diverso allostesso attribuito dalla parte. Va, pertanto, rigettato il ricorso avverso la sentenza che, condividendo la relazione del c.t.u., abbia escluso la derivazione causale dell' infortunio dal sinistrooccorso durante l’attività di lavoro, quando il ricorrente si limiti ad invocare una diversa valutazione scientifica delle prove raccolte (cfr. Cass. 8.11.2010 n. 22708, Cass. 3.2.2012 n. 1652).Le censure in realtà sollecitano soltanto una nuova lettura delle risultanze istruttorie, operazione preclusa in sede di legittimità. Infatti, per costante giurisprudenza in materia di prestazioniprevidenziali derivanti da patologie relative allo stato di salute dell'assicurato, il difetto di motivazione della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnicod’ufficio è ravvisabile solo in caso di palese deviazione dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai quali,secondo le predette nozioni, non si può prescindere per la formulazione di una corretta diagnosi. Al di fuori di tale ambito le censure anzidette costituiscono mero dissenso diagnostico non attinente a vizi del processo logico ­ formale, e si traducono, quindi, in una inammissibile criticadel convincimento del giudice (giurisprudenza consolidata: v. da ultimo Cass. 22 febbraio 2013, n. 4570; id. 15 gennaio 2013, n. 767 del 2013; 23 novembre 2012, n. 20773; 12 dicembre2011, n. 26558; Cass. 29 aprile 2009, n. 9988; 3 aprile 2008, n. 8654). Con il ricorso in esame non vengono dedotti vizi logico­formali che si concretino in deviazioni dalle nozioni della

scienza medica o si sostanzino in affermazioni manifestamente illogiche o scientificamente errate, ne' ­ ancor meno ­se ne indicano le fonti: ci si limita, invece, a svolgere soloosservazioni concernenti il merito di causa senza evidenziare quali sarebbero gli accertamenti strumentali omessi e quali le affermazioni scientificamente errate.Alla stregua delle esposte considerazioni, si propone il rigetto del ricorso”.Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio. L’INPS ha depositato memoria aisensi dell'art. 380 bis, 2° comma, c.p.c., adesiva alle conclusioni del relatore.Il Collegio ritiene di condividere integralmente il contenuto e le conclusioni della riportata relazione pur ritenendo che le argomentazioni ivi svolte conducano più propriamente alladeclaratoria di inammissibilità del ricorso.Le spese del presente giudizio di legittimità cedono, per il principio della soccombenza, a carico del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.Il ricorso è stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 del 2012),che ha integrato l’art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l'impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o èdichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione,principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momentodel deposito dello stesso”.La declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione comporta che venga disposto in conformità alla richiamata previsione.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro 100,00 per esborsi, euro 2500,00 percompensi professionali, oltre accessori come per legge, nonché al rimborso delle spese generali in misura del 15%.Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributounificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.Così deciso in Roma, in data 9.6.2016