21, Maggio 2016 Berna, Incontro Partiti Socialisti Europei

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La conferenza internazionale dei partiti socialdemocratici Europei "Per una coerente politica migratoria in Europa", tenutasi il 21 Maggio 2016 a Berna, è stata una stimolante opportunità di discussione. Fra i partecipanti, sono intervenuti dalla Svizzera Christian Levrat, presidente dell'SP, e Alexander Tschäppät, sindaco di Berna, dall’Olanda Marije Laffeber, vice- segretario generale del PSE, dall’Italia Michele Nicoletti e Cécile Kyenge, dalla Svezia Carina Ohlsson, co-presidente del PSE (Rete per la migrazione) e dalla Germania Birgit Sippel, membro in Consiglio Europeo dell’alleanza progressista S&D. L’attuale crisi migratoria, che riguarda 60 milioni di persone in tutto il mondo, non è un fenomeno temporaneo né trascurabile, sulla base di ragioni pratiche e morali. Erigere muri o ignorare il problema porterebbe inevitabilmente ad un peggioramento della situazione, giacché la storia insegna iteratamente da millenni l’inarrestabilità delle pressioni migratorie. La questione va affrontata e controllata in modo coordinato, richiedendo pertanto una linea d’azione congiunta fra i Paesi membri dell’ Unione Europea (EU) e dell’Associazione Europea di Libero Scambio (AELS). Va inoltre osservato che solo una minoranza dei migranti arriva nel territorio Europeo, e il problema, in termini relativi all’intera Unione, rappresenta un fenomeno di modeste proporzioni gestibile con sforzi moderati. Una divisione Europea altresì porterebbe ad un impatto relativo decisamente superiore a carico di alcuni stati membri, promuovendo implicitamente politiche populiste e fondamentalmente irrazionali. Va ricordato peraltro che, anche se relativizzato ai singoli stati, il fenomeno assume proporzioni imparagonabili a quelle a cui altri stati extra-Europei sono sottoposti. Si pensi ad esempio al Libano che accoglie una percentuale di profughi pari al 25% della popolazione del Paese. Molte correnti populiste vedono questo problema come una sorta di Conferenza Internazionale dei Partiti Socialdemocratici Europei Berna, 21 Maggio 2016. Sintesi e prospettive

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La conferenza internazionale dei partiti socialdemocratici Europei "Per una coerente politica migratoria in Europa", tenutasi il 21 Maggio 2016 a Berna, è stata una stimolante opportunità di discussione.Fra i partecipanti, sono intervenuti dalla Svizzera Christian Levrat, presidente dell'SP, e Alexander Tschäppät, sindaco di Berna, dall’Olanda Marije Laffeber, vice-segretario generale del PSE, dall’Italia Michele Nicoletti e Cécile Kyenge, dalla Svezia Carina Ohlsson, co-presidente del PSE (Rete per la migrazione) e dalla Germania Birgit Sippel, membro in Consiglio Europeo dell’alleanza progressista S&D.

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La conferenza internazionale dei partiti socialdemocratici Europei "Per una coerente politica migratoria in Europa", tenutasi il 21 Maggio 2016 a Berna, è stata una stimolante opportunità di discussione.

Fra i partecipanti, sono intervenuti dalla Svizzera Christian Levrat, presidente dell'SP, e Alexander Tschäppät, sindaco di Berna, dall’Olanda Marije Laffeber, vice-segretario generale del PSE, dall’Italia Michele Nicoletti e Cécile Kyenge, dalla Svezia Carina Ohlsson, co-presidente del PSE (Rete per la migrazione) e dalla Germania Birgit Sippel, membro in Consiglio Europeo dell’alleanza progressista S&D.

L’attuale crisi migratoria, che riguarda 60 milioni di persone in tutto il

mondo, non è un fenomeno né temporaneo né trascurabile, sulla base di ragioni pratiche e morali. Erigere muri o ignorare il problema porterebbe inevitabilmente ad un peggioramento della situazione, giacché la storia insegna iteratamente da millenni l’inarrestabilità delle pressioni migratorie. La questione va affrontata e controllata in modo coordinato, richiedendo pertanto una linea d’azione congiunta fra i Paesi membri dell’ Unione Europea (EU) e dell’Associazione Europea di Libero Scambio (AELS). Va inoltre osservato che solo una minoranza dei migranti arriva nel territorio Europeo, e il problema, in termini relativi all’intera Unione, rappresenta un fenomeno di modeste proporzioni gestibile con sforzi moderati. Una divisione Europea altresì porterebbe ad un impatto relativo decisamente superiore a carico di alcuni stati membri, promuovendo implicitamente politiche populiste e fondamentalmente irrazionali. Va ricordato peraltro che, anche se relativizzato ai singoli stati, il fenomeno assume proporzioni imparagonabili a quelle a cui altri stati extra-Europei sono sottoposti. Si pensi ad esempio al Libano che accoglie una percentuale di profughi pari al 25% della popolazione del Paese.

Molte correnti populiste vedono questo problema come una sorta di

Conferenza Internazionale dei Partiti Socialdemocratici Europei

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patologia, quindi come una malattia da evitare aprioristicamente, additando ogni posizione di compromesso come la via del degrado della nostra civiltà. Al fine di affrontare in modo efficace e razionale la situazione, questa posizione francamente grottesca va respinta con fermezza. Si pensi alla leggenda di Enea che, alla fondazione di Roma, accettò addirittura di diffondere una cultura diversa dalla sua – quella latina – in onore dei popoli fra cui si sarebbe stabilito. Eppure anche Enea era un migrante; nella stessa ampia categoria, possiamo includere le migrazioni economiche, come le migrazioni intellettuali e, infine, i processi migratori di uomini che si giocano il tutto per tutto intraprendo viaggi lunghi e rischiosi. Questo non vuol dire, rinunciare a tutto e concedere a chiunque. Una politica coerente, lungimirante e compatta da parte dell'Europa dovrebbe garantire un’ammissione controllata delle persone comprovatamene bisognose di protezione nei nostri Paesi. Tali persone non solo devono essere realmente bisognose, ma la loro ammissione dovrebbe avvenire in modo sostenibile, in base alle oneste possibilità economiche e sociali di ogni Paese. D’altro canto, chi viene da noi deve essere rispettato e rispettarci, perché non dimentichiamolo: il razzismo non è una prerogativa di un popolo o di un insieme di popoli, ma è una spiacevole degenerazione a cui chiunque può approdare, per ignoranza o anche solo per egoismo o pigrizia mentale.

La nostra cultura, le nostre regole ed i nostri valori vanno preservati ed insegnati per una reale integrazione dei migranti nella nostre società; i ghetti da sempre si sono rivelati luoghi di catalizzazione della criminalità e delle tensioni sociali e l’unico superamento è un profondo e serio impegno verso un’integrazione. Un impegno che possa cancellare – o quanto meno – minimizzare molti preconcetti e pregiudizi.

L’integrazione avviene a partire dalla famiglia e dallo stato. In merito, è emersa nell’incontro l’importanza delle pari opportunità. Infatti, molte culture da cui provengono i migranti non equiparano minimamente la dignità della donna a quella dell’uomo ed è pertanto prioritario disporre di strumenti pratici per consentire alle donne ed alla loro prole una rapida accettazione nella nostra società. In particolare, tutte le statistiche mostrano che l’integrazione delle donne è una condicio sine qua non all’integrazione dell’intera famiglia. Questo fenomeno non è solo un momento critico in sé, ma è anche uno spunto per riflettere sulla nostra identità di Europei. In effetti, quando parliamo di integrazione, dobbiamo almeno avere chiaro noi quali siano i valori da trasmettere ai nostri ospiti e possibilmente futuri concittadini. Non possiamo più ricorrere a quelle demagogie che individuano nella diversità, gli alibi per le nostre debolezze o mancanze.

La nostra stessa identità è messa alla prova dai fenomeni migratori come dalla crisi economica. Da questa analisi, sorge istintiva una domanda. Il nostro continente – luogo in cui è stata concepita un’immensità di invenzioni sociali e tecnologiche per l’umanità intera – può

ancora oggi essere foriero di quei valori che storicamente lo caratterizzano? Molti Paesi extra-europei hanno una visione parziale della nostra cultura: la colonizzazione, le guerre mondiali, i

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nazionalismi, le guerre di religione etc. Senza dubbio parti infamanti della nostra storia. È nostra la responsabilità di costruire una più ampia narrativa; solo per fare alcuni esempi, in Europa sono nati alcuni fra i concetti più importanti dell’umanità. Pensiamo solo a tre esempi, valori fondanti degli ideali socialdemocratici, quali democrazia, solidarietà, e sostenibilità. La democrazia – lo sappiamo bene – è nata in Grecia. Si pensi ad Atene, dove, sulla collina della Pnice, si riuniva l’ecclesia, l’assemblea di tutti i cittadini, per poter decidere sui più svariati temi economici e politici. Ma tuttavia – come disse Sandro Pertini nel discorso di fine anno del 1983 “La libertà senza la giustizia sociale non è che una conquista fragile, che si risolve per molti nella libertà di morire di fame”. Non a caso, l’ecclesia ateniese offriva due oboli come gettone di presenza ai partecipanti in modo tale che anche i ceti meno abbienti potessero partecipare, senza perdere il compenso della giornata di lavoro. Non si tratta solo del passato; anche Albert Einstein nel 1949 scrisse che lo Stato avrebbe dovuto garantire un sistema di welfare sostenibile e dovesse impegnarsi a pianificare e salvaguardare le attività sociali ed economiche della popolazione. Come si può vedere, un insieme di valori socialdemocratrici – come prospettiva europea – non preclude alcuna strada ideologica purché civile e basata sul buon senso, anzi riconosce l’importanza della libertà e della sostenibilità di ogni azione e progetto politico, sociale ed economico.

Semplicemente completa il modello, riconoscendo la necessità di orientare i principi liberali verso un sistema socialmente equo e sostenibile dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Essere aperti non vuol dire non sapere cosa difendere o rinunciare a quello che siamo; vuol dire semplicemente sforzarci di comprendere che ogni uomo ha pari dignità e pertanto ogni nostra azione deve con un po’ di buon senso conformarsi a questa affermazione.

Non ci sono soluzioni scontate e ogni estremismo che tenda verso la chiusura o l’apertura incondizionate sarebbe insostenibile, ma molto dipende da noi. Sarà una sfida difficile, ma se affrontata con unità, intelligenza e comprensione reciproca, potrà diventare un'opportunità di arricchimento umano ed economico per tutti. Noi stiamo lavorando in questa direzione.

Nicolò Barbero, PD Zurigo.

Autore dell’articolo: Nicolò Barbero Hanno partecipato alla riunione: Salvatore De Vito, Nicolò Barbero. Preparazione grafica ed editing del Documento: Marco Broccardo, Alberto Cingolani, Eugenio Serantoni