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11 IL PERCORSO 2.1 La struttura 1 Il percorso si articola in tre sezioni: sezione d’entrata, corpo centrale e sezione d’uscita. La sezione d’entrata indica il momento in cui il docente mette in relazione i temi storici con la cultura di cui gli studenti sono portatori e crea le condizioni di partenza favorevoli. In tale sezione, pertanto, l’insegnante verifica il possesso dei prerequisiti ed offre uno stimolo motivante per attivare appieno le energie emozionali e intellettive. Il corpo centrale – diviso a sua volta in tre fasi – è il luogo-chiave dell’interazione insegnante-allievi-materiali, è lo spazio d’uso dei materiali propriamente storici, per una disciplina che voglia proporsi come materia non da memorizzare bensì da “fare” e che, quindi, stimoli l’operatività dello studente. La sezione d’uscita consiste, infine, nel momento della verifica e delle eventuali attività di recupero e/o consolidamento. PREREQUISITI NECESSARI: Conoscere le rilevanze tematiche della storia politico-istituzionale romana (sec. III-I a.C). Conoscere la storia economico-sociale romana e, in particolare, la situazione di crisi succeduta alle proscrizioni sillane ed alle guerre civili. Conoscere i poemi omerici. Saper analizzare una fonte e saperla contestualizzare. Saper collegare le informazioni ricavabili dall’analisi di una fonte al tema oggetto di indagine. 1 Per l’articolazione della struttura nelle tre sezioni si è fatto riferimento a BIANCHI, CRIVELLARI, Nessun tempo è mai passato… .

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IL PERCORSO

2.1 La struttura1

Il percorso si articola in tre sezioni: sezione d’entrata, corpo centrale e

sezione d’uscita.

La sezione d’entrata indica il momento in cui il docente mette in relazione

i temi storici con la cultura di cui gli studenti sono portatori e crea le condizioni di

partenza favorevoli. In tale sezione, pertanto, l’insegnante verifica il possesso dei

prerequisiti ed offre uno stimolo motivante per attivare appieno le energie

emozionali e intellettive.

Il corpo centrale – diviso a sua volta in tre fasi – è il luogo-chiave

dell’interazione insegnante-allievi-materiali, è lo spazio d’uso dei materiali

propriamente storici, per una disciplina che voglia proporsi come materia non da

memorizzare bensì da “fare” e che, quindi, stimoli l’operatività dello studente.

La sezione d’uscita consiste, infine, nel momento della verifica e delle

eventuali attività di recupero e/o consolidamento.

PREREQUISITI NECESSARI:

Conoscere le rilevanze tematiche della storia politico-istituzionale romana

(sec. III-I a.C).

Conoscere la storia economico-sociale romana e, in particolare, la situazione

di crisi succeduta alle proscrizioni sillane ed alle guerre civili.

Conoscere i poemi omerici.

Saper analizzare una fonte e saperla contestualizzare.

Saper collegare le informazioni ricavabili dall’analisi di una fonte al tema

oggetto di indagine.

1 Per l’articolazione della struttura nelle tre sezioni si è fatto riferimento a BIANCHI, CRIVELLARI, Nessun tempo è mai passato… .

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OBIETTIVI PER CONOSCENZA:

Conoscere le tecniche di trasmissione e di produzione della propaganda

odierna.

Conoscere i mezzi di diffusione della propaganda odierna e le strategie

persuasive.

Conoscere i differenti canali di propaganda nel mondo antico.

Conoscere i canali di propaganda utilizzati dall’imperatore Augusto e le

strategie persuasive.

Conoscere i contenuti delle fonti analizzate nel percorso.

OBIETTIVI PER COMPETENZA:

Saper analizzare le fonti proposte per lo studio e saperne distinguere le sottese

tecniche di produzione propagandistica.

Saper cogliere analogie e differenze tra la propaganda antica e quella odierna.

Saper individuare gli espedienti retorici utilizzati nei diversi tipi di slogan

odierni e nella propaganda letteraria antica.

Saper distinguere i diversi tipi di linguaggi cui la propaganda attinge ed ha

attinto.

TEMPI: 24 ore complessive e interdisciplinari, a cui vanno aggiunte 5 ore per le

verifiche e 3 ore per le attività di recupero e consolidamento. Data la strettissima

relazione che il percorso intrattiene con i programmi previsti per l’insegnamento

dell’Italiano, della Lingua latina e degli elementi culturali della latinità, diverse

ore verranno sottratte a tali materie, in modo tale da impiegare non più di 16 ore

di Storia2( 9 ore di lezione + 4 ore di verifica + 3 ore per il recupero). Il percorso

si svolge all’inizio dell’anno scolastico ( metà settembre/fine ottobre).

2 Per maggior chiarezza espositiva, il rapporto interdisciplinare e la sottrazione delle ore da altre materie verranno comunque di volta in volta ricordati.

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2.2 Finalità del percorso

Nella società dell’informazione, quale viene ordinariamente definita la società

odierna, i mass media hanno assunto un ruolo pregnante e sempre più invadente.

Come sistema essi assolvono la funzione di comunicare messaggi e simboli

alla popolazione in maniera più o meno esplicita, mentre i loro compiti sono

svariati: divertire, intrattenere, informare, ma nel contempo inculcare negli

individui valori, credenze e codici di comportamento atti ad integrarli nelle

strutture istituzionali della società di cui fanno parte. In un mondo caratterizzato

dalla concentrazione della ricchezza e da forti conflitti sociali, per conseguire

questo obiettivo occorre una propaganda sistematica e la propaganda assume le

forme più svariate. La pubblicità, con i suoi effetti spesso devastanti, ne è un

tipico esempio: diventa sempre più difficile orientare criticamente il desiderio ed

il consumo dei più giovani, sottoposti ad un implacabile, perenne, gigantesco spot

giorno dopo giorno e sottrarli il più possibile alle lusinghe del mercato diventa

una fatica improba per i genitori3.

Svelare loro i meccanismi della propaganda e le origini antiche di tali

meccanismi – perché anche la propaganda ha una sua storia – significa metterli

nelle condizioni di reagire ad un perverso ingranaggio e compiere un passo verso

quella “formazione della persona” che costituisce l’obiettivo primario

dell’insegnamento.

La scuola è ancora – fortunatamente almeno in Italia – uno spazio privo di

pubblicità, uno spazio in cui l’educazione pura deve e può prevalere rispetto

all’educazione aziendale, alla logica del profitto e dove conoscere e crescere non

significa diventare un consumatore modello, ma una persona capace di pensieri

critici sulla realtà.

3 Per questi temi si possono vedere G. AMODIO, Propaganda e persuasione. La comunicazione politica ovvero come vendere un futuro migliore, Faenza (Ra) 2001 e E. MENDUINI, La televisione, Bologna 2005.

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2.3 Sezione d’entrata ( durata: 3 ore di Italiano)

L’ insegnate sollecita gli allievi a riflettere sul seguente problema: “Immagina di

doverti dichiarare al/alla tuo/a fidanzato/a. Come lo faresti?”. Al fine di attirare

la curiosità degli studenti, non spiega preliminarmente il motivo del quesito, ma

chiarisce il presupposto della dichiarazione d’amore: non deve trattarsi di una

frase improvvisata, bensì di una frase ad effetto intesa alla persuasione.4

L’arte di sedurre e innamorare, infatti, ha molto a che vedere con la

pubblicità emozionale e la pubblicità, come si sa, è una particolare forma di

propaganda: potrebbe, anzi, definirsi come propaganda per la promozione di un

prodotto commerciale. Una dichiarazione d’amore, come la pubblicità, può essere

un eccellente annuncio che fa appello alle emozioni del destinatario.

Dopo aver ricevuto risposta dagli studenti, l’insegnante annota sulla lavagna

le proposte più efficaci. Spiega poi perché una frase risulti più rispondente allo

scopo rispetto ad un’altra: una promessa del tipo “ ti renderò la ragazza più felice

del mondo” costituisce un obiettivo difficile da raggiungere, fra l’altro perché ci

può essere una sola persona che sia “la più felice del mondo” e non è molto

probabile che sia proprio il/la nostro/a compagno/a. E che, oltretutto, lo sia grazie

ai nostri meriti e virtù. Certo, la seduzione richiede una stilla di passione e utopia,

pertanto non si può accusare un innamorato di mentire quando promette la felicità

assoluta, se questa affermazione gli viene dal cuore. Mentire o manipolare è

un’altra cosa: per esempio millantare un reddito o una posizione sociale che non

corrispondono alla verità. L’analogia con le pubblicità menzognere in questo caso

è quasi ovvia. Ancora: “ quanto sarai felice con me!” è un argomento molto più

attraente e convincente che “ guarda come sono bello/a”, anche se oggettivamente

può essere più dimostrabile il secondo.

Svelato, a questo punto, il nesso tra la dichiarazione amorosa e la pubblicità,

si può aggiungere che la pubblicità deve parlare al consumatore, promettere

qualcosa, sedurlo e andare un po’ oltre la banale ovvietà. Se diciamo “ guarda

come sono bello”, parliamo del prodotto, ma se promettiamo “quanto sarai felice

con me!”, parliamo al consumatore del beneficio che ne avrà e questo è sempre

preferibile.

4 Il ricorso al coinvolgimento emotivo ed alle esperienze personali dello studente è un espediente per ingenerare motivazione all’apprendimento. A ciò si aggiunga che lo studente viene inconsapevolmente spinto a creare egli stesso uno slogan pubblicitario.

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A questo punto l’insegnante insiste sul concetto di pubblicità come

strumento propagandistico non improvvisato, che si avvale di precise tecniche,

tanto a livello linguistico, quanto a livello psicologico e commerciale. Da un

punto di vista psicologico, i pubblicitari utilizzano precise strategie atte a catturare

l’attenzione e ad imporsi alla memoria mentre, da un punto di vista commerciale,

devono conoscere bene sia il prodotto che il destinatario e, in base a questa

conoscenza, essere in grado di gettare un ponte tra le due realtà. Anche la lingua

in questo ambito viene piegata alle esigenze di mercato e, per raggiungere tale

scopo, gli esperti del settore attingono ad ogni risorsa lessicale nonché retorico-

stilistica.

Giova a questo punto esemplificare il problema “lingua” citando ai ragazzi

un aneddoto caro ai pubblicitari5. Poiché si è parlato di pubblicità emozionale,

l’insegnante invita i ragazzi a riflettere su alcuni slogan che appartengono alla

categoria e fornisce loro qualche esempio che funga da stimolo: per esempio

“Dove c’è Barilla, c’è casa”. A casa i ragazzi dovranno cercare, servendosi di

giornali e riviste, pubblicità analoghe di cui ci si servirà successivamente, ovvero

quando si tornerà nello specifico sul tema.

Segue un brain storming sul concetto di propaganda, inteso a sondare le

preconoscenze e gli eventuali pregiudizi degli studenti. I risultati del brain

storming vengono poi registrati in modo tale da poter costituire, a chiusura del

percorso, un termine di paragone con le nuove conoscenze e competenze

acquisite.

Infine l’insegnante guida un dibattito, al fine di testare i prerequisiti

necessari ad affrontare il modulo. Per fare un esempio, si può domandare agli

studenti se ricordano di aver incontrato qualche slogan nello studio della storia

greca e romana. L’insegnante fornisce qualche spunto e ne svela la tecnica di

produzione: “ Delenda Carthago” è uno slogan che fa leva sul ricorso alla paura.

La celebre frase di Catone può dunque servire come pretesto per riprendere la

conoscenza delle guerre puniche. Un altro esempio: “ Timeo Danaos et dona

ferentes” è un esempio di etichettatura, ovvero di tecnica intesa a far sorgere

pregiudizi nel pubblico etichettando l’oggetto della campagna propagandistica

come qualcosa che la gente teme, odia, evita o trova indesiderabile. La frase di

Laocoonte serve da spunto per ulteriori domande e, quindi, per accertare la

conoscenza dei poemi omerici: tale prerequisito risulta infatti indispensabile per

5 Per l’aneddoto si veda l’ALLEGATO N. 1.

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affrontare la propaganda insita nell’Eneide virgiliana. Al termine della lezione

l’insegnante prende nota di eventuali lacune di conoscenza, in modo da calibrare

il percorso6.

2.4 Corpo centrale

Il corpo centrale del percorso si articola in tre fasi, ciascuna delle quali a sua volta

suddivisa in unità di apprendimento e lezioni. Per facilitarne la comprensione se

ne fornisce lo schema al sottoparagrafo 2.4.4 del presente capitolo.

2.4.1 FASE I: L’odierna propaganda

Unità di apprendimento n. 1: “Introduciamo l’argomento a partire dal presente ”7

Lezione n. 1: ( 1 ora di Italiano )

La lezione è frontale e dialogata: l’insegnante offre una possibile definizione di

propaganda e ne dà la classificazione in base alla fonte di provenienza

(propaganda bianca, nera e grigia). Distingue tra i due principali tipi di

propaganda odierna, quella commerciale e quella politica, anticipando che

costituiranno l’oggetto delle successive unità di apprendimento, e traccia una

breve storia della propaganda del '900: a partire, cioè, dalla prima guerra

mondiale, quando le tecniche di propaganda furono codificate ed applicate in

maniera scientifica – per la prima volta – dal giornalista Walter Lippman e dallo

psicologo Edward Bernays, dietro esplicito ordine dell’allora presidente degli

Stati Uniti, Woodrow Wilson.

6 Ovviamente quello che segue è un modello standard, pertanto è necessario che esso venga calibrato in base alle esigenze della classe. 7 Ritengo opportuno fornire l’indicazione della bibliografia a cui mi sono ispirata per le considerazioni che affiancano la descrizione del percorso: N. CHOMSKY, E. S. HERMAN, La fabbrica del consenso, tr. it. Tropea Editore, Milano 1998. N. ANCARANI ( a cura di ), Lo specchio del reame. Riflessioni su potere e comunicazione, Ravenna 1997.

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Il docente fa poi una rapida carrellata sulla propaganda nella Germania

nazista, nell’Italia fascista e nel periodo della Guerra Fredda, evidenziando i

canali di trasmissione ( stampa, radio, cinema e teatro, ma anche belle arti,

letteratura e, in un secondo momento la televisione) e la forma assunta (volantini,

manifesti, discorsi ecc…). Per la spiegazione l’insegnante fa ricorso ad una

lavagna luminosa con la quale proietta man mano, su lucidi appositamente

predisposti, una sintesi dei concetti che viene esponendo. I ragazzi sono invitati a

copiare i lucidi sul quaderno e ad integrarli con le informazioni fornite oralmente

dall’insegnante. Terminata la spiegazione, il docente fornisce in fotocopia un

esempio chiaro per ogni campagna bellica menzionata. A casa gli studenti

dovranno osservare con attenzione gli esempi proposti e provare a spiegare su

cosa si basi la loro efficacia. Va però precisato che si tratta semplicemente di un

tentativo, giacché non vi è stata preliminare spiegazione. E’ previsto, infatti, che

la spiegazione venga fornita nella successiva lezione: l’inversione, rispetto ad una

normale procedura, è intesa a stimolare la capacità di problem solving degli

studenti.

Lezione n. 2: ( 1 ora di Italiano )

L’insegnante ascolta i tentativi di spiegazione degli studenti, fornendo rinforzi

positivi laddove l’interpretazione del ragazzo abbia colto nella maniera corretta il

messaggio sotteso. In seguito, servendosi di un computer portatile, fornisce

un’analisi delle tre fonti in discussione ed un esempio di schedatura delle

medesime8. Prendendo spunto dalle tecniche di produzione, sottese ai tre

manifesti ed indicate nella scheda, il docente fornisce un elenco degli espedienti

maggiormente utilizzati9, mentre i ragazzi prendono nota di quanto si viene

esponendo ed intervengono qualora i concetti non risultino sufficientemente

chiari. Poiché non tutte le voci sono state (volutamente) corredate dal relativo

esempio, a casa i ragazzi dovranno cercarne almeno uno per ogni tecnica

segnalata dall’insegnante.

8 Per i documenti, corredati di spiegazione, si rimanda agli ALLEGATI N. 2 – 3 – 4 . 9 Cfr. ALLEGATO N. 5.

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Unità di apprendimento n. 2: “Propaganda commerciale. La pubblicità”

Lezione n. 1: ( 1 ora di Italiano)

L’insegnante fornisce un elenco di slogan pubblicitari e domanda: “Secondo te,

quale tipo di prodotto vogliono reclamizzare?”. L’elenco è il seguente:

‘Mare – viglioso’

‘Ma perché ti scaldi tanto?’

‘Sul primo, metti Sublimo’

‘Pretendi di più, paghi di meno?’

‘Rilassati e riprenditi – te lo meriti’

‘Dolce risveglio’

‘Tutte le strade portano a Romex’

‘L’abbiamo inventato per te’

‘Scoprite il mondo – senza viaggiare’

‘Ti portiamo dove voli tu’

Per svolgere il lavoro i ragazzi lavorano in piccoli gruppi. Ogni gruppo dovrà poi

rendere conto, attraverso un portavoce, delle risposte fornite. Segue un dibattito:

ogni gruppo deve eleggere preliminarmente un segretario, che annoti i punti-

chiave della discussione stenda un verbale10. Dibattito e verbale, infatti, implicano

l’uso di due capacità opposte ma parimenti necessarie nell’ambito delle discipline

storiche: l’analisi e la sintesi. Il metodo utilizzato in questa lezione ha dunque

come obiettivo secondario l’esercizio delle due capacità e può essere un efficace

ponte di collegamento con lo studio delle tipologie testuali nell’ambito

dell’Educazione Linguistica.

Lezione n. 2: ( 1 ora di Italiano)

Tramite una lezione frontale l’insegnante chiarisce il senso della lezione

precedente: far capire agli studenti che la funzione suggestiva della pubblicità non

è affidata solo all’immagine, ma anche al linguaggio11 e, soprattutto, a quella

parola d’ordine (slogan, headline), destinata ad imprimersi nella memoria del

consumatore. Proprio perché deve colpire, attirare e far scattare piacevoli

sensazioni, il linguaggio della pubblicità è estremamente creativo e innovatore.

10 Il lavoro può essere completato a casa. 11 Infatti si è lavorato in assenza di immagini.

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Molto spesso si fa ricorso a parole straniere (inglese e francese: quest’ultima

lingua soprattutto per reclamizzare profumi e prodotti di bellezza), si creano

moltissimi neologismi, sempre strani e stravaganti. Ecco alcuni esempi:

Il cioccolato è il cioccolone

Il profumo è il pienaroma

I bambini sono intelloghiotti

Lo straccio è il pulilucido

Un disinfettante è il puliziotto di casa.

Un’ auto FIAT è comodosa, sciccosa, risparmiosa.

Le olive divengono olivolì e olivolà.

La schiuma da barba è panna per radersi.

Il minestrone è ortofresco.

Si ricorre anche a rime e ritmi (“Il metano ti dà una mano”, “Fido gatto, gusto e

salute in un solo piatto”); si gioca sul doppio senso di alcuni termini (“ J&B. Il più

svitato dei whisky”) e si usano artifici tipici del linguaggio poetico e letterario:

similitudini, metafore, iperbole, metonimie. Spesso poi viene stravolta la

grammatica: nomi e aggettivi usati con funzione di avverbi (“Corre giovane chi

corre Agip”), si usa il complemento oggetto retto da verbi intransitivi

(“Camminare Pirelli”), si usano sostantivi al posto dei verbi (“Bourbon ti aroma”)

ed i sostantivi vengono trattati come aggettivi (“L’aperitivissimo”). Lo scopo

rimane sempre quello: colpire la fantasia del consumatore per distinguere un

prodotto da altri simili.

Mentre l’insegnante spiega, gli studenti prendono appunti. Riprendendo gli

slogan sui quali hanno dibattuto nel corso della precedente lezione, dovranno poi

stabilire quali costituiscano un gioco di parole, quali facciano uso della rima,

dell’allitterazione, della seconda persona (singolare o plurale) o dell’imperativo.

Successivamente devono riscrivere gli slogan per cercare di spiegare il messaggio

che le pubblicità desiderano trasmettere.

Esempio: 'Mare – viglioso’

[Il tonno viene dal ‘mare’; trasformando l’aggettivo ‘meraviglioso’ in

‘mareviglioso’ si uniscono due concetti: qualità e prodotto. Questo tonno è

ottimo!]

A casa gli studenti dovranno invece inventare uno slogan per i seguenti

prodotti:

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Un profumo

Un’automobile

Un videogioco

Un cocktail

Delle scarpe da ginnastica

Degli occhiali da sole

Unità di apprendimento n. 3: “Propaganda politica e manifesti elettorali”

Lezione n. 1 ( 2 ore di Italiano)

Basandosi sull’esempio assai più intuitivo della pubblicità, l’insegnante spiega

come anche per la costruzione delle identità politiche contemporanee l’importanza

assunta dalle immagini e dalle retoriche comunicative sia straordinaria. E’

divenuta opinione comune, cioè, che la politica non possa più essere studiata

senza ricorrere ai linguaggi, alle autorappresentazioni e alle immagini con cui i

diversi soggetti della politica pensano se stessi e si raffigurano in rapporto

all’esterno. Un esempio di scottante attualità: la campagna elettorale. Ogni

campagna elettorale è aspra per definizione, ma tale acredine non è casuale: ci

sono esperti della comunicazione che lavorano a stretto contatto con il politico e

che si pongono specifici obiettivi:

a) comunicare al meglio le idee ed i punti di forza di un candidato e del partito

che lo supporta;

b) comunicare al meglio i punti deboli dell’avversario e del partito che lo

supporta.

Il manifesto elettorale è uno degli strumenti che vengono usati per questo scopo.

I manifesti elettorali non sono certo fra i più moderni mezzi di

comunicazione. Nel recente passato, soprattutto negli anni in cui ingenti risorse

venivano destinate all’accaparramento degli spazi televisivi, più volte era stata

decretata la loro fine per inefficienza ed inadeguatezza. Oggi, ristretti gli spazi

televisivi dall’applicazione delle regole della “par condicio”, le affissioni murali

per le campagne elettorali, in inedite dimensioni, hanno acquistato un’imprevista

centralità e visibilità. Il tema, quindi, è quanto mai attuale. Chiariti questi

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presupposti, l’insegnante fornisce tre esempi relativi agli anni ‘7012 sottolineando

gli obiettivi di cui sopra e propone un esercizio didattico per rendere consapevoli i

ragazzi dello stretto rapporto tra persuasione e campi semantici e del suo impiego

in ambito politico. A tal fine è utilizzato un manifesto di Alleanza Nazionale13

apparso alla manifestazione, organizzata a Milano dall’Unione Commercianti (16

marzo 2006), per protestare contro gli scontri avvenuti nella precedente

manifestazione (11 marzo 2006) non autorizzata organizzata dai centri sociali nel

centro di Milano.

Analisi del manifesto:

Il punto debole di Prodi è stato identificato dal comunicatore nella sua incapacità

di gestire la sinistra alternativa della sua coalizione. L’obiettivo del comunicatore

è quindi mostrare come Prodi sia in balia di frange estremiste e violente che il

comunicatore fa percepire come parte integrante della coalizione. C’è in gioco una

strumentalizzazione degli avvenimenti per dimostrare una tesi; cosa che, peraltro,

avviene di norma durante una campagna elettorale. Per questo motivo gli scontri

avvenuti l’11 marzo alla manifestazione non autorizzata organizzata dai centri

sociali nel centro di Milano divengono l’avvenimento che dimostra quanto l’idea

di un Prodi debole sia evidente e dimostrata dai fatti.

Giocano inoltre un ruolo fondamentale i termini ed i campi semantici: un

messaggio è forte quando attiva nella mente di colui che ascolta una serie di

riflessioni. In altri termini, il messaggio non ha una forza di per sé, ma nel suo

rapporto con colui che lo ascolta, lo vede e lo completa. Dire “Prodi è succube dei

violenti” o “Prodi sta con i violenti” – oltre ad incorrere in questioni legali – non

ha lo stesso effetto di dire “NO AI PRODI AUTONOMI”. Prodi è usato come

aggettivo e l’obiettivo del comunicatore è raggiunto perfettamente nel momento in

cui chi legge o vede il manifesto lega e completa i due campi semantici: prodi e

autonomi.

Terminata l’analisi, l’insegnante propone agli studenti di utilizzare le stesse

tecniche per costruire un manifesto alternativo come risposta a quello precedente.

Riassume quindi i tre elementi sottesi alla costruzione:

a) Porsi come obiettivo la sottolineatura del punto debole dell’avversario.

b) Cercare un evento da strumentalizzare.

12 Si veda l’ALLEGATO N. 6. 13 Si veda l’ALLEGATO N. 7.

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c) Usare termini polisemantici ed associare campi semantici diversi.

L’esercizio viene guidato dall’insegnante che, durante la discussione, suggerisce

un possibile percorso:

- Il punto debole di Alleanza Nazionale è l’inchiesta sulle intercettazioni illegali

a Piero Marrazzo e Alessandra Mussolini compiute, secondo le ipotesi

dell’accusa, per gettare fango sugli avversari dell’allora presidente della regione

Lazio, Francesco Storace di AN.

- L’evento da strumentalizzare è naturalmente l’inchiesta, che ovviamente deve

ancora fare il suo corso, ma può essere utilizzata dal comunicatore per gettare

fango sull’intero partito avversario.

- Il comunicatore deve associare due campi semantici. Da un lato Alleanza

Nazionale che fa della legalità uno dei suoi punti forza, dall’altro l’illegalità (non

dimostrata) che il comunicatore deve far percepire insinuando il sospetto.

Risultato: NO AI FINI OCCULTI

A casa i ragazzi dovranno cercare un’immagine adeguata da associare a questo

slogan.

Questi sono due modi in cui i comunicatori possono sfruttare la forza dei

campi semantici e la loro disposizione naturale a produrre collegamenti tra eventi,

atteggiamenti e significati. Spesso l’obiettivo di un comunicatore è massimizzare

gli effetti di una percezione e quest’ultima ha un valore elevato soprattutto nel

caso della comunicazione politica in una competizione elettorale, la quale spesso

deve adombrare la logica per fare spazio all’emozione. Nel caso di Prodi, come

nel caso di Storace e Alleanza Nazionale il comunicatore non può dimostrare

logicamente nessuna affermazione. Non esistono legami accertati tra Prodi ed i

disordini di Milano come non esistono legami accertati tra Storace/Alleanza

Nazionale e l’inchiesta sulle intercettazioni. La forza della comunicazione

persuasiva però non sta nella sua reale veridicità, ma nel suo effetto e per

ottenerlo si avvale di ogni strumento, dalle immagini al gioco linguistico.

In base al lavoro fin qui svolto l’insegnante può dunque esporre le

conclusioni di questa prima fase del percorso.

Conclusioni:

Nella società di massa i partiti ed i movimenti politici, che aspirano al consenso

elettorale, condividono molte necessità e aspirazioni proprie del mondo della

produzione di beni di largo consumo:

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- devono far conoscere le loro “idee”, più o meno nuove, e lo stesso problema è

di coloro che devono far conoscere un prodotto, soprattutto se nuovo;

- devono far prevalere l’apprezzamento per le proprie idee sulle idee dei partiti

concorrenti. Identico problema per chi vuole imporre il proprio prodotto

battendo “la concorrenza”;

- devono far riconoscere il proprio “simbolo”; operazione essenziale nel

momento finale del voto. Identico problema hanno i produttori di beni rispetto

all’affermazione del “marchio”, il cui ricordo è essenziale nel momento

dell’acquisto;

- aspirano a creare rapporti di “appartenenza” e “fiducia” con gli elettori. Nella

comunicazione commerciale si parla di “fidelizzazione”.

Non deve dunque stupire che fra il mondo della comunicazione politica e quello

della comunicazione commerciale, non da oggi, l’osmosi di tecniche e

professionisti sia costante e che le influenze siano reciproche.

Lo studio svolto in questa fase del percorso, come appare evidente dai temi

trattati e come è stato più volte sottolineato, si svolge in sintonia e pertanto attinge

dal monte ore di altre due discipline: educazione linguistica ed educazione civica.

Nell’ambito dell’educazione linguistica, inoltre, può essere approfondito lo studio

del linguaggio politico e del linguaggio pubblicitario; l’insegnamento civico è

invece di per sé gia implicito: una maggiore consapevolezza delle tecniche di

comunicazione, in generale, e della comunicazione politica in particolare è

necessaria per poter chiedere o inventare altri modi di fare politica, di praticarla e

di comunicarla.

Alla fine della fase è prevista una verifica formativa scritta della durata di

un’ora14.

2.4.2 FASE II: La propaganda nel mondo antico

Questa fase non è stata suddivisa in unità di apprendimento e comprende una sola

lezione di due ore15: è stata, infatti, pensata non tanto come vera e propria tappa

14 Per la verifica formativa si rimanda all’ALLEGATO N. 8. 15 Si ricorda che il tempo indicato viene prelevato dal monte ore di Lingua Latina.

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del percorso – come dimostra l’esiguità del tempo ad essa riservato – bensì come

ponte di collegamento tra l’odierna propaganda e quella di epoca augustea.

Lezione n. 1: ( 2 ore di Latino )

Tramite lezione frontale, l’insegnante collega la precedente fase di lavoro con la

attuale, spiegando che la propaganda, sia politica sia commerciale, e, più in

generale, le tecniche di persuasione non sono un frutto della società

contemporanea, ma affondano le proprie radici nelle civiltà classiche. Fa, dunque,

una rapidissima carrellata di fatti e personaggi, elencando i sofisti (in qualità di

primi filosofi ad essersi interessati di tecniche comunicative volte alla

persuasione), oratori e uomini politici greci e romani16.

Tra oratori e uomini politici e, dunque, tra oratoria e politica il rapporto è

molto stretto nel mondo antico: gli uomini politici spesso assoldano gli oratori

perché elogino le loro virtù nei pubblici discorsi, ma ancor più spesso il politico

stesso è dotato di arte oratoria e dunque si fa retore di se stesso. L’oratoria è

quindi, specialmente nei momenti di maggior tensione dell’età repubblicana, uno

dei principali canali della propaganda.

Poiché nelle lezioni precedenti si è parlato di campagne elettorali e di

pubblicità contemporanee, l’insegnante ripropone l’argomento ma, questa volta

ambientandolo nell’antica Roma e illustrando come, dopo un primo momento in

cui, come si accennava, la propaganda era stata fatta in proprio da politici edotti

nell’arte della retorica, al fai-da-te cominciò ad affiancarsi, fino poi a sostituirlo,

la propaganda condotta dai sostenitori dei candidati. Di pari passo, alla

propaganda orale s’andò sempre più accompagnando quella scritta, con l’impiego

di “manifesti” o “annunci” (programmata) dipinti sui muri. C’erano, per tale

incombenza, dei “professionisti del pennello” (scriptores) che in tempi normali

provvedevano all’esecuzione di avvisi d’ogni genere (da quelli degli spettacoli a

quelli per le vendite o le locazioni d’immobili) e, nel periodo della campagna

elettorale, concentravano la loro attività al servizio dei candidati. Purtroppo la

deperibilità del tipo di fonte ha fatto sì che a Roma non sia rimasta traccia dei

“manifesti” elettorali, anche perché, durante tutta l’età imperiale, venuta meno

ogni necessità di farli, non vennero più eseguiti. A questo punto l’insegnante

invita i ragazzi a riflettere sull’importanza delle fonti, la cui distruzione o perdita

16 Ci si riferisce a Demostene, Isocrate, Pericle da una parte e Cicerone, Cesare, Marco Antonio e lo stesso Ottaviano dall’altra.

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comporta una drammatica ed irreparabile “cancellazione della memoria”.

Fortunatamente i suddetti manifesti non hanno subito questa sorte: ne sono stati

trovati circa 1500 a Pompei, dove l’eruzione del Vesuvio pose un drammatico e

repentino suggello alla vita quotidiana. Anche in questo caso – come sempre

nella sfortunata città – si tratta perciò di una documentazione di prima mano,

unica e irripetibile, che può valere anche per Roma, nonostante quelle pompeiane

fossero elezioni “municipali” con le quali si procedeva alla nomina dei magistrati

locali.

L’insegnante mostra quindi agli studenti l’immagine di un manifesto

pompeiano17 e distribuisce in fotocopia la trascrizione di alcune iscrizioni murali

tratte dal Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), per far cogliere analogie e

differenze rispetto agli odierni manifesti elettorali18.

Per quanto riguarda la propaganda commerciale, invece, l’insegnante

chiarisce che non vi era nulla da analogo alla nostra pubblicità e che c’erano, però,

delle insegne commerciali, spesso molto ingegnose, volte ad attirare l’attenzione.

Anche in questo caso ci vengono in aiuto i ritrovamenti di Pompei, che

l’insegnante mostra alla classe19. Come si può vedere dalle immagini proposte,

l’entrata dei negozi era delimitata da due pilastri sormontati da insegne (signa)

diverse tra loro. Alcune insegne, infatti, erano solo scritte, altre solo figurative,

altre univano immagine e testo scritto; e non sempre il rapporto con il

prodotto/servizio offerto dall’esercizio commerciale era motivato.

La spiegazione termina con il seguente necessario chiarimento. Se, come si

è visto, la propaganda commerciale non era particolarmente in voga nella società

romana antica, è giusto a questo punto limitare l’analisi alla propaganda politica e,

infatti – anticipa l’insegnante – , nella successiva fase si parlerà di tale

propaganda, restringendo ulteriormente l’analisi al periodo augusteo. D’altra parte

si è anche detto che nel periodo imperiale i manifesti elettorali non vennero più

eseguiti ; dunque l’insegnante prende spunto da quest’ultima considerazione per

porre alla classe una domanda stimolo: “In assenza di manifesti elettorali, quali

furono, secondo voi, i canali della propaganda augustea?”.

Dopo aver raccolto i suggerimenti degli studenti, il docente chiarisce che il

tema è assai vasto e che la sua complessità pone agli storici diversi problemi

ancora aperti, a partire dalla stessa irreperibilità, nel vocabolario latino, di un

17 Si veda l’ALLEGATO N. 9. 18 Per le iscrizioni ed il relativo commento si veda l’ALLEGATO N. 10. 19 Si veda l’ALLEGATO N. 11.

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termine corrispondente all’odierno significato di “propaganda”. L’assenza di un

termine specifico, o divenuto tale per processo di semantica, non indica certo che

la propaganda non venisse svolta, ma denota che essa non si chiarificò in concetto

e che le circostanze storiche, per quanto ciò possa sembrare a prima vista

sorprendente, non contennero i presupposti perché essa assumesse un’impalcatura

ed una tecnica tipiche. Molti, dunque, i canali della propaganda nel mondo antico

(anche se non vissuti come tali): la storiografia, l’oratoria, i monumenti, la

monetazione, l’arte pittorica e statuaria, l’architettura, il mito, il teatro, la

letteratura e la documentazione papiracea. Ed ognuno con i suoi punti di

domanda.

Un esempio fra i molti possibili: la costruzione del Foro di Augusto è un

atto di propaganda?

A casa i ragazzi dovranno riflettere sul quesito e cercare di darne una

risposta scritta20, sulla base della storia politico-istituzionale a loro nota e delle

immagini che il docente fornisce loro in fotocopia (perché possano farsi un’idea

dell’opera monumentale a cui tentano di dare un’interpretazione)21.

2.4.3 FASE III : Augusto e la propaganda

Unità di apprendimento n. 1: “Introduciamo l’argomento”

Lezione n. 1: ( 2 ore )

L’insegnante chiama alcuni ragazzi e fa leggere loro, a turno, gli elaborati prodotti

a casa. Dalla lettura scaturisce un breve dibattito, poiché l’insegnante domanda

alla classe: “Siete d’accordo con il/la vostro/a compagno/a ? Perché? ”

Il dibattito, oltre ad essere un efficace mezzo per esercitare l’abilità del

parlato, si rivela utile a testare la supposta acquisizione della storia politico-

istituzionale romana ( I sec. a. C.) e costituisce un espediente per introdurre il

nuovo argomento. Terminato il dibattito l’insegnante rivela che non c’è una

20 Si richiede la risposta scritta nella convinzione che, malgrado la storia venga concepita prevalentemente come materia orale, l’esercizio dell’abilità di scrittura debba essere sollecitato in tutti i contesti disciplinari. Inoltre, il tipo di lavoro affidato costituisce un modo per familiarizzare tanto con la scrittura del tema storico ( e, dunque, funge da ponte di collegamento tra la storia e l’educazione linguistica), quanto con quella del testo argomentativo. 21 Per le immagini fornite si veda l’ALLEGATO N. 12.

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risposta giusta ed una risposta sbagliata al quesito posto e che entrambe le ipotesi,

allo stato attuale delle conoscenze, sono valide; in questo modo educa gli studenti

al relativismo storico. Per dimostrare quanto appena affermato, l’insegnante

spiega che quando Augusto fece costruire il suo Foro, si trovava nella posizione

privilegiata del vincitore, ma anche in quella molto delicata dell’uomo che si

presenta come tutore della Repubblica, della quale non è permesso affermare il

tramonto. Da una parte, dunque, egli è il princeps inter pares, che precede gli altri

per auctoritas e che deve perciò manifestare la sua supremazia di fatto: in buona

sostanza Augusto pensava che occorreva creare qualcosa di immediatamente

riscontrabile per i cittadini romani, qualcosa che palesasse l’avvento di un regime

innovatore. Dall’altra parte però è difficile giudicare l’operato del princeps in

chiave prevalentemente di propaganda e non pensare che egli possa invece aver

trovato la sua principale sollecitazione nella volontà di mostrare al meglio la sua

immagine di uomo di Stato. Come un artista, cioè, che crea il suo soggetto con

intima libertà da ragioni estranee alla sua arte stessa.

Ha qui inizio una lezione frontale, nel corso della quale il docente spiega

che, stando alla testimonianza di Svetonio22, quando il senato romano si riunì per

deliberare sulle onoranze funebri di Augusto, uno dei senatori propose che l’intera

epoca del defunto imperatore venisse chiamata saeculum Augustum e accolta così

nel calendario. Per quanto la proposta potesse nascere da motivi opportunistici,

rivela la sensazione di aver attraversato una svolta epocale era allora diffusissima.

Dopo gli oscuri decenni delle guerre civili, Roma era vissuta per quarantacinque

anni nella pace e nella sicurezza, perché la monarchia aveva dato finalmente

un’amministrazione ordinata all’Imperium, una disciplina all’esercito, panem et

circenses alla plebs ed un grande slancio all’economia. Il Romano guardava ora al

suo impero con una forte coscienza della propria missione morale.

Agli inizi del potere assoluto augusteo – e cioè nel 31 a. C. – regnava però il

pessimismo: molti ritenevano che lo Stato, travolto dalla propria immoralità, fosse

sull’orlo della rovina. Come si giunse allora ad un così drastico mutamento di

clima, che grazie all’opera dei poeti augustei avrebbe condizionato l’immagine

futura del saeculum augustum? Per rispondere a questa domanda bisogna risalire

al tramonto definitivo della vecchia res publica, a quando cioè, durante le lotte per

il potere tra Cesare e Pompeo, e poi tra Ottaviano e Antonio, i romani

22 C. SVETONIO TRANQUILLO, Divus Augustus, in Vite dei Cesari, Rizzoli, Milano 1994, libro II, cap. C.

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cominciarono a interrogarsi sulle cause di quel generale disorientamento, e ne

addossarono la colpa in primo luogo all’abbandono degli antichi dèi e dei patrii

costumi (mores maiorum) seguito al processo di ellenizzazione. I motivi

strutturali rimanevano invece oscuri. La visione di un’antica Roma semplice e

devota, di una classe politica disinteressata e di un popolo contadino pronto al

sacrificio, rimase però vuota retorica di fronte alla realtà delle cose, poiché i

tumultuosi mutamenti delle ultime generazioni avevano reso problematica non

solo la res publica ma la sua stessa identità culturale. Dopo aver raggiunto il

potere assoluto, nel 31 a. C., Augusto si misurò con i problemi evidenziati dagli

slogan conservatori e diede la sua risposta: con un programma culturale di ampio

respiro, perseguito con coerenza lungo un arco di oltre vent’anni, egli si propose,

e ottenne nei fatti, un sostanziale rinnovamento della mentalità collettiva. Ai fasti

celebrativi dei grandi generali oppose il culto del sovrano eletto dagli dèi; allo

scandalo del lusso privato, un programma di grandiose opere pubbliche (publica

magnificentia); all’indifferenza religiosa e all’immoralità, una campagna di

rinnovamento religioso e morale. Un tale mutamento richiedeva una metamorfosi

anche del linguaggio figurativo, che in effetti ci fu.

Chi c’era dietro le quinte? C’era qualcuno o più di qualcuno a lavorare in tal

senso?

Le esperienze moderne hanno fatto ipotizzare in questo caso l’esistenza di

un preciso apparato propagandistico e sono alla base anche dell’origine dei quesiti

proposti. Dice invece Paul Zanker23 che:

“Quello che ci appare, a posteriori, come un raffinato sistema di propaganda, risultò da un

intreccio tra le iniziative celebrative del sovrano e gli omaggi più o meno spontanei offertigli dalla

popolazione: un processo che non sembra obbedire, in gran parte, ad alcuna regia occulta”.

Se si trattò in buona sostanza di un movimento spontaneo, rimane però da

chiedersi quale significato assunsero le nuove immagini. Pubblicizzare la

monarchia? Non avrebbe avuto senso, giacché l’impresa sarebbe stata superflua

presso il popolo ed inefficace presso l’aristocrazia repubblicana. E’ una domanda

a cui è difficile rispondere: sappiamo solo che l’efficacia del linguaggio visivo

sulla mentalità generale durò a lungo e rappresentò un fattore storico di cospicua

importanza. Attraverso le immagini, prese forma un mito imperiale capace di

23 Si veda ZANKER, Augusto… , p. 5.

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filtrare la realtà stessa e di produrre per intere generazioni la certezza di vivere nel

migliore degli Stati possibili e nella pienezza dei tempi.

Mentre l’insegnante spiega, i ragazzi prendono appunti e, a casa, dovranno

rispondere alla seguente consegna: “Dopo aver ripassato l’età di Pericle e l’età di

Alessandro Magno, rispondi ai seguenti quesiti: a) Che rapporto c’era tra il grande

statista greco del V secolo a. C. e l’arte genericamente intesa? b) Che rapporto

c’era tra il re macedone e l’arte? c) In base a quanto hai ascoltato nell’ultima

lezione, sai elencare almeno due analogie e due differenze rispetto all’epoca

augustea?

Lezione n. 2: ( 1 ora )

Poiché è stato citato Svetonio, dopo aver fornito le necessarie informazioni

sull’autore, l’insegnante fornisce in fotocopia ed in traduzione il brano

interessato24 e procede alla lettura commentata. Si passa poi ad un’analisi

interpretativa del Foro di Augusto, di cui pure si è già data la chiave esplicativa: a

tal scopo, l’insegnante distribuisce in fotocopia una pianta schematica del Foro

Romano (intorno al 10 d. C)25 corredata di sintetici commenti. Procede poi ad

integrare le scarne informazioni della fotocopia con una spiegazione organica

tendente a dimostrare come, dopo la vittoria di Azio, Ottaviano tese ad occupare

l’intera città con i suoi edifici e le sue insegne e come il Foro, cui il novello

imperatore fece assumere un nuovo volto, fu il punto di partenza della politica

trasformatrice.

In chiusura di lezione l’insegnante illustra, tramite il consueto lucido per

lavagna luminosa, quali saranno le successive tappe del percorso e quali “canali

propagandistici”26 verranno analizzati.

Come compito a casa gli studenti dovranno leggere l’intera Vita svetoniana.

24 Si veda l’ALLEGATO N. 13. 25 Si veda l’ALLEGATO N. 14. 26 Ammesso che, dopo le riflessioni di Paul Zanker, li si possa ancora definire tali.

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Unità di apprendimento n. 2: “Numismatica e propaganda”

Lezione n. 1: ( 2 ore)

Prima di entrare in medias res della nuova unità di apprendimento, l’insegnante fa

una necessaria premessa, mediante la quale fornisce a priori la chiave

interpretativa del tipo di fonte prescelto: le monete.

I soggetti raffigurati sulle monete romane – spiega – sono quasi per la

maggior parte di carattere politico, per cui è stato ravvisato in essi un intento

propagandistico di grande impegno e di estrema capacità di infiltrazione. Vale

però la pena ricordare l’avvertenza di Gian Guido Belloni, secondo il quale questo

argomento:

“(…) esige lo sforzo di esaminare se e in quali limiti si possa parlare davvero di

propaganda. Certo, è noto che l’immagine figurativa ha una capacità di forte sedimentazione e

radicamento nella mente, ed oggi la figura è ampiamente utilizzata in sede propagandistica (e

reclamistica). Ma, tuttavia la figura appare più come la sintesi e il simbolo di una propaganda

svolta con altri mezzi. Anzitutto con gli scritti, le parole, gli slogan27”.

Secondo Belloni, dunque, le monete non rappresenterebbero un reale canale di

propaganda, bensì il riflesso di una propaganda svolta mediante altri canali. Ciò

non toglie, come sostiene lo stesso studioso, che le monete per noi non siano una

fonte preziosa per lo studio del tema a motivo della lacuna delle fonti.

Con questa avvertenza l’insegnante mostra ai ragazzi alcune immagini di

monete e ne analizza i simboli28. Fornisce poi in fotocopia il saggio di Gian Guido

Belloni di cui una parte viene letta e commentata in classe. A casa i ragazzi

dovranno completare la lettura proposta.

Lezione n. 2: ( 1 ora)

Poiché una delle monete analizzate fa implicito riferimento al concetto di

“restitutio”29e poiché si tratta di un concetto di fondamentale importanza,

l’insegnante ne chiarisce il significato con la seguente spiegazione.

Quando le splendide celebrazioni per il trionfo dell’anno 29 a. C. furono

finite, Ottaviano si trovò di fronte ad una situazione profondamente mutata. Il

27 Cfr. G. G. BELLONI, Monete romane e propaganda. Impostazione di una problematica complessa in M. SORDI ( a cura di), I canali della propaganda nel mondo antico, Milano 1976. 28Per l’analisi si veda l’ALLEGATO N. 15. 29 Si veda nell’ALLEGATO N. 15 la scheda analitica 3.

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31

potere era ormai completamente nelle sue mani, tutti guardavano verso di lui e

toccava a lui mostrare quale sarebbe stato il corso dei prossimi eventi. Sull’arco di

trionfo, fatto costruire dal Senato per il vincitore della guerra civile, c’era la scritta

RES PUBLICA CONSERVATA, ossia “per la salvezza dello Stato”. Ottaviano

aveva salvato lo Stato dalla rovina, ora però doveva “ristabilirlo”.

A guardare la situazione con realismo, nessuno poteva aspettarsi che il

vincitore avrebbe restituito il potere nelle mani del Senato, ma bisognava

escogitare una formula che rendesse tollerabile la monarchia, in particolare alla

nobiltà. Nel 27 a. C., dunque, egli “restituì” formalmente lo Stato “al Senato e al

Popolo”.

A questo punto l’insegnante legge ai ragazzi un passo delle Res Gestae30:

“ Da allora fui il primo per considerazione e influenza (auctoritas), ma non avevo maggior potere

(potestas) di coloro che erano miei colleghi nelle varie magistrature”.

Spiega poi che questa frase dell’autobiografia politica di Augusto dice solo una

mezza verità, poiché grazie ad un complicato sistema di pieni poteri sempre

rinnovati, di privilegi onorari e di cariche vitalizie, ma soprattutto grazie alle sue

enormi sostanze, Augusto mantenne il potere, ossia in primo luogo l’esercito,

saldamente nelle sue mani. La Repubblica era quindi chiaramente sottomessa, ma

l’atto della restitutio fu comunque un gesto grandioso, che permise

all’aristocrazia, se così si può dire, di salvarsi la faccia e di collaborare in futuro

con il nuovo regime.

Viene letto un altro passo delle Res Gestae in cui Augusto stesso parla della

restitutio, ma la cui significatività è data principalmente dal riferimento ai simboli

del potere osservati sulle monete.

“Per questa benemerenza [la restitutio] ricevetti dal Senato il nome di Augusto. Gli stipiti della

mia casa furono decorati ufficialmente con allori, sopra la porta venne affissa la corona civica [una

corona di fronde di quercia] e nella curia Iulia venne esposto il clipeus virtutis, assegnatomi dal

senato e dal Popolo per il mio valore, la mia clemenza, la mia giustizia e la mia pietà, come attesta

un’iscrizione sopra lo scudo”31

I ramoscelli d’alloro, la corona civica e anche il clipeus virtutis erano semplici

onorificenze, conformi all’austera tradizione degli antichi. Così voleva il nuovo

30 Cfr. Res Gestae Divi Augusti, testo orig. e tr. it. a fronte, Mondadori, Milano 2002, 34. 31 Res Gestae Divi Augusti, 34.

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32

stile di Augusto, che ora amava tenersi in disparte e nei rapporti col Senato si

atteggiava a primus inter pares.

Terminata la spiegazione, docente e studenti lavorano assieme per la

costruzione di una doppia linea del tempo su cui dovranno comparire, da una parte

i principali eventi politici e le implicazioni a livello sociale, dall’altra le fonti via

via analizzate ed il messaggio che esse veicolano32.

Unità di apprendimento n. 3: “Statuaria e propaganda”

Lezione n. 1: ( 1 ora)

Vengono mostrate e analizzate le immagini di quattro statue raffiguranti

Augusto33. In un primo momento l’insegnante si limita a fornire solo una

descrizione estetica, priva di implicazioni a livello storico: il fine è quello di far

lavorare gli studenti sulla contestualizzazione della fonte. In seguito, infatti,

l’insegnante chiede loro di datare approssimativamente le opere, tenendo conto

delle caratteristiche estetiche appena notate e di quanto studiato in relazione alla

storia politico-istituzionale. Dopo aver concesso qualche minuto di riflessione,

l’insegnante apre un breve dibattito affinché gli studenti esprimano le soluzioni

trovate.

Lezione n. 2: ( 2 ore)

Nel corso di questa lezione l’insegnante risolve l’interrogativo lasciato aperto.

La prima immagine rappresenta una statua databile al 27 a. C. e le

caratteristiche di questo ritratto si legano strettamente al titolo di “Augusto”

appena assunto. Ottaviano aveva pensato di farsi chiamare Romolo, ma nel 27 a.

C. la cosa appariva in contrasto col nuovo quadro politico, poiché avrebbe

ricordato troppo direttamente la monarchia. Augustus invece era un aggettivo

dall’ampio raggio semantico (“sublime”, “venerabile”, “sacro”) e lo si poteva

associare ad augere (accrescere): del resto, non era forse vero che egli aveva

“arricchito l’Impero”?

32 La doppia linea del tempo serve infatti a contestualizzare le fonti e, contemporaneamente, attraverso il messaggio veicolato dalla fonte medesima, ad arricchire di senso la conoscenza storica strictu sensu. 33 Cfr. ALLEGATO N. 16.

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33

L’insegnante fa quindi notare ai ragazzi come la scelta del nome in questo

caso sia uno slogan “sui generis” e lo collega agli slogan elettorali odierni, il cui

gioco sui campi semantici è già stato ampiamente analizzato. Il nome fu, in altre

parole, una scelta geniale che avvolse la figura di Augusto in un alone di sublimità

e di prodigio fin dall’epoca della restitutio. Negli stessi anni nacque il nuovo

ritratto del Cesare Augusto, un ritratto idealizzato che mirava ad identificare il

sovrano col nuovo titolo onorifico. Fu con ogni probabilità lo stesso Augusto a

dare allo scultore indicazioni sullo stile e forse fu proprio lui a commissionarlo. Il

ritratto ebbe poi un grande successo, venne replicato in ogni parte dell’impero e

diventò l’immagine ufficiale del princeps, benché avesse poco a che fare col suo

aspetto fisico effettivo. Parlare di propaganda in questo caso è improprio: è vero

che Augusto si identificò con la sua nuova immagine celebrativa, tuttavia non

mosse un dito per propagandarla; furono gli altri a dedicargli statue con quel

ritratto. Il potere dei nuovi simboli non era dunque imposto da un comitato di

propaganda che si rivolgesse ad un pubblico preciso con immagini e parole

d’ordine. La loro rapida diffusione si deve allo slancio con cui le città e le

corporazioni, i gruppi e i privati cittadini fecero a gara nell’omaggiare Augusto,

nel dimostrargli lealtà e gratitudine.

La seconda immagine è sicuramente posteriore al 17 a. C, anno in cui, in

occasione dei ludi saeculares 34,Augusto lasciò intendere che nelle statue erette in

suo onore si sarebbe visto volentieri raffigurare come togatus, a capo coperto,

intento al sacrificio e alla preghiera. L’insegnante richiama dunque quanto è stato

detto in merito ai simboli sacri delle monete35e prosegue spiegando che, anche

nella terza immagine proposta, Augusto capite velato si presenta nelle vesti del

Romano devoto. Questa statua però proviene da Corinto ed in Oriente il culto

dell’Imperatore era assai più sentito che a Roma. L’Imperatore in Oriente era

visto sia come un uomo che come un dio e così viene rappresentato: questa è una

tipica rappresentazione della sua duplice natura, giacchè la statua propone

raffinate fattezze del volto, che alludono alla perfezione divina, ma anche tratti di

realismo come le ciocche ribelli e le orecchie sporgenti.

L’ultima immagine appartiene infine ad un periodo compreso tra il 19 ed il

13 a.C. e propone lo schema iconografico di Giove seduto: qui Augusto compare

nelle vesti, a quella data ormai consuete, di padrone del mondo. La statua è in

34 Per i ludi saeculares si veda anche quanto viene detto in merito al Carmen di Orazio. 35 Si rimanda alla schede analitiche 1 e 2 dell’ALLEGATO N. 15.

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34

aperto contrasto con l’immagine del pio sacrificante con cui Augusto amava allora

identificarsi, ma è assai probabile che appartenesse ad un liberto di Tivoli di nome

M. Vareno e che Vareno abbia agito di sua iniziativa. Del resto non sembra che il

princeps avesse molto da obiettare contro questa iconografia così “ambiziosa”: a

condizione che fosse tenuta lontana da Roma e dalla presenza diretta

dell’Imperatore. Inoltre non è certo un caso che un uomo come Vareno si affretti a

proclamare con tanta disinvoltura la sua venerazione per Augusto: per un liberto

le tradizioni della Res publica significavano poco o nulla, mentre il potere del

sovrano era tutto.

I quattro esempi proposti servono dunque ad illustrare come, non solo la

data di creazione, ma anche il luogo di provenienza sia di fondamentale

importanza per l’interpretazione del tipo di fonte. L’ultimo esempio, inoltre,

mostra come certa propaganda non solo non fosse opera del sovrano, ma non

fosse neppure autorizzata. Servendosi degli appunti presi durante quest’ultima

spiegazione e nella lezione precedente, gli studenti devono ora costruire (con la

necessaria guida dell’insegnante) delle schede in cui inserire i dati relativi alle

fonti analizzate ed i collegamenti fra esse riscontrati. A casa, invece, dovranno

inserire anche questo materiale nella linea del tempo già approntata.

Unità di apprendimento n. 4: “Letteratura e propaganda”36

Lezione n. 1: ( 2 ore )

L’insegnante introduce il tema del rinnovamento culturale e della promozione

artistica da parte di Augusto. Parla del circolo di Mecenate e delle personalità

gravitanti attorno a questo personaggio. Poi fornisce alcuni dati biografici

essenziali su Orazio e Virgilio e spiega che la nuova unità di apprendimento

prevede la trattazione del rapporto tra letteratura e propaganda o, più

precisamente, della propaganda insita nella produzione letteraria dei suddetti

autori.

Si parte da Orazio: l’insegnante ne spiega il temperamento e i trascorsi

repubblicani, elenca le opere ed i temi in esse maggiormente ricorrenti e giunge

alla presentazione del Carmen saeculare. Il Carmen viene loro fornito in

36 Si ricorda che per questa unità di apprendimento si utilizzeranno delle ore in compresenza con l’insegnamento del Latino.

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35

fotocopia37, letto in traduzione, spiegato e commentato; dopodiché l’insegnante lo

contestualizza, legandolo ai ludi saeculares, e chiarisce il contesto ideologico

entro il quale inserirlo: il concetto di aurea aetas.

Dopo dieci anni di rinnovamento religioso e morale – narra l’insegnante –,

gli edifici e le immagini, i sacrifici e le feste incominciarono a dispiegare tutta la

loro forza suggestiva. La convinzione che il nuovo Stato sarebbe durato in eterno

e la fiducia nella sua guida crebbero ovunque. I tentativi di far cadere il regime

erano falliti, l’invincibilità di Augusto era stata ribadita dalle vittorie sui Cantari e

sui Parti, la pace interna si confermava stabile: chiunque poteva sperimentare in

prima persona i successi del nuovo regime. Era dunque venuto il momento di dare

a quel successo un’espressione duratura. Il nuovo Stato aveva bisogno di

immagini che fossero in grado di idealizzare la realtà e di celebrare la felicità

presente: aveva bisogno di un mito. Si diede vita dunque al mito di una nuova età

dell’oro e la nuova era venne inaugurata con i celebri ludi saeculares. Per

l’occasione Augusto commissionò ad Orazio la composizione poetica, che alcuni

fanciulli bianco-vestiti cantarono poi, durante le cerimonie, davanti al tempio di

Apollo Palatino. Tenendo a mente i temi presenti nella composizione poetica,

nonché il fatto che l’opera sia stata direttamente commissionata, il Carmen –

domanda l’insegnante – può essere considerato un’opera propagandistica?

Si attendono le risposte degli studenti e poi si precisa che, mentre il Carmen

fu sicuramente un’opera di propaganda nelle intenzioni del princeps, non lo fu per

Orazio, così come non venne recepito per tale da molti altri cittadini, i quali

sottoscrissero la loro piena adesione al mito spesso più spontaneamente che non

per effetto della propaganda. A casa i ragazzi dovranno leggere in traduzione

l’Ode IV, 2 che l’insegnante fornisce loro in fotocopia38 corredata delle necessarie

note.

Lezione n. 2 : (2 ore)

L’insegnante riprende l’Ode oraziana assegnata come compito a casa e chiarisce

eventuali punti oscuri su richiesta degli studenti. Passa poi ad illustrare un nuovo

canale della propaganda: il mito e, in particolare, il mito di Enea nell’Eneide

virgiliana. Introduce l’autore, narra la trama dell’opera (solo le vicende e i

personaggi principali), sottolinea i temi dominanti e li schematizza alla lavagna.

37 Cfr. ALLEGATO N. 17. 38 Cfr. ALLEGATO N. 18.

Page 26: 2.1 La struttura 1 - Univr11 IL PERCORSO 2.1 La struttura1 Il percorso si articola in tre sezioni: sezione d’entrata, corpo centrale e sezione d’uscita. La sezione d’entrata

36

Dopo aver precisato che l’opera fu esplicitamente commissionata da Augusto,

l’insegnante chiarisce il collegamento tra l’opera, il contesto storico in cui si

colloca ed il messaggio propagandistico che intende veicolare.

Per quanto positiva fosse l’immagine che i romani avevano del presente –

precisa il docente -, grazie alle celebrazioni del saeculum aureum e delle vittorie

volute dagli dèi, Roma aveva pur sempre un grande passato che non poteva

dimenticare. Nel 27 a.C. lo stesso Augusto si era presentato come un restauratore

e non come un innovatore, e in tutte le occasioni possibili egli si richiamava agli

antenati. Anche il nuovo Stato e il ruolo dominante che Augusto vi ricopriva

richiedevano una legittimazione a partire dalla storia della città. Le grandi

famiglie aristocratiche nutrivano il proprio orgoglio di casta con le memorie della

vecchia Res publica, sinonimo di libertà, e avrebbero visto volentieri nel nuovo

regime una delle tante situazioni transitorie che la storia romana aveva conosciuto.

Si trattava, dunque, di contrapporre alla tradizione qualcosa di non meno valido,

di incorporare il passato nel mito della nuova era: per ottenere ciò Augusto si

rivolse a Virgilio. Nell’Eneide il mito di Venere, la caduta di Troia e le

peregrinazioni di Enea si inseriscono in un quadro unitario e l’intera storia di

Roma, incluse ovviamente le sorti della famiglia Giulia, assume il carattere di un

disegno provvidenziale. L’epoca di Augusto irrompe nell’Eneide sotto forma di

anticipazioni visionarie e viene salutata come il futuro avvento di un ordine

mondiale: in altre parole, nell’Eneide Augusto sta al centro, ma in modo tale che

non si parla direttamente di lui. Si parla del progenitore e capostipite Enea, ma lo

sguardo è rivolto al punto d’arrivo rappresentato dal princeps, il nuovo fondatore

di Roma.

L’insegnante propone quindi in fotocopia la lettura di passi dal IV libro

dell’Eneide in cui vengono narrate le vicende amorose di Enea e Didone ed il

suicidio di quest’ultima. Il tema amoroso permette infatti di alleggerire la tematica

tutta politica finora affrontata ed ha un ulteriore pregio: quello di sottolineare,

attraverso il tema della rinuncia agli affetti, la grandezza dell’eroe ( e dunque

indirettamente di Augusto), l’inevitabilità di un destino segnato (e dunque la

grande potenza della Roma del presente) e le origini mitiche di un conflitto, quello

tra romani e cartaginesi, che gli studenti già conoscono e che, quindi, in questo

modo, possono rivestire di nuovi significati.