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IL PERCORSO
2.1 La struttura1
Il percorso si articola in tre sezioni: sezione d’entrata, corpo centrale e
sezione d’uscita.
La sezione d’entrata indica il momento in cui il docente mette in relazione
i temi storici con la cultura di cui gli studenti sono portatori e crea le condizioni di
partenza favorevoli. In tale sezione, pertanto, l’insegnante verifica il possesso dei
prerequisiti ed offre uno stimolo motivante per attivare appieno le energie
emozionali e intellettive.
Il corpo centrale – diviso a sua volta in tre fasi – è il luogo-chiave
dell’interazione insegnante-allievi-materiali, è lo spazio d’uso dei materiali
propriamente storici, per una disciplina che voglia proporsi come materia non da
memorizzare bensì da “fare” e che, quindi, stimoli l’operatività dello studente.
La sezione d’uscita consiste, infine, nel momento della verifica e delle
eventuali attività di recupero e/o consolidamento.
PREREQUISITI NECESSARI:
Conoscere le rilevanze tematiche della storia politico-istituzionale romana
(sec. III-I a.C).
Conoscere la storia economico-sociale romana e, in particolare, la situazione
di crisi succeduta alle proscrizioni sillane ed alle guerre civili.
Conoscere i poemi omerici.
Saper analizzare una fonte e saperla contestualizzare.
Saper collegare le informazioni ricavabili dall’analisi di una fonte al tema
oggetto di indagine.
1 Per l’articolazione della struttura nelle tre sezioni si è fatto riferimento a BIANCHI, CRIVELLARI, Nessun tempo è mai passato… .
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OBIETTIVI PER CONOSCENZA:
Conoscere le tecniche di trasmissione e di produzione della propaganda
odierna.
Conoscere i mezzi di diffusione della propaganda odierna e le strategie
persuasive.
Conoscere i differenti canali di propaganda nel mondo antico.
Conoscere i canali di propaganda utilizzati dall’imperatore Augusto e le
strategie persuasive.
Conoscere i contenuti delle fonti analizzate nel percorso.
OBIETTIVI PER COMPETENZA:
Saper analizzare le fonti proposte per lo studio e saperne distinguere le sottese
tecniche di produzione propagandistica.
Saper cogliere analogie e differenze tra la propaganda antica e quella odierna.
Saper individuare gli espedienti retorici utilizzati nei diversi tipi di slogan
odierni e nella propaganda letteraria antica.
Saper distinguere i diversi tipi di linguaggi cui la propaganda attinge ed ha
attinto.
TEMPI: 24 ore complessive e interdisciplinari, a cui vanno aggiunte 5 ore per le
verifiche e 3 ore per le attività di recupero e consolidamento. Data la strettissima
relazione che il percorso intrattiene con i programmi previsti per l’insegnamento
dell’Italiano, della Lingua latina e degli elementi culturali della latinità, diverse
ore verranno sottratte a tali materie, in modo tale da impiegare non più di 16 ore
di Storia2( 9 ore di lezione + 4 ore di verifica + 3 ore per il recupero). Il percorso
si svolge all’inizio dell’anno scolastico ( metà settembre/fine ottobre).
2 Per maggior chiarezza espositiva, il rapporto interdisciplinare e la sottrazione delle ore da altre materie verranno comunque di volta in volta ricordati.
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2.2 Finalità del percorso
Nella società dell’informazione, quale viene ordinariamente definita la società
odierna, i mass media hanno assunto un ruolo pregnante e sempre più invadente.
Come sistema essi assolvono la funzione di comunicare messaggi e simboli
alla popolazione in maniera più o meno esplicita, mentre i loro compiti sono
svariati: divertire, intrattenere, informare, ma nel contempo inculcare negli
individui valori, credenze e codici di comportamento atti ad integrarli nelle
strutture istituzionali della società di cui fanno parte. In un mondo caratterizzato
dalla concentrazione della ricchezza e da forti conflitti sociali, per conseguire
questo obiettivo occorre una propaganda sistematica e la propaganda assume le
forme più svariate. La pubblicità, con i suoi effetti spesso devastanti, ne è un
tipico esempio: diventa sempre più difficile orientare criticamente il desiderio ed
il consumo dei più giovani, sottoposti ad un implacabile, perenne, gigantesco spot
giorno dopo giorno e sottrarli il più possibile alle lusinghe del mercato diventa
una fatica improba per i genitori3.
Svelare loro i meccanismi della propaganda e le origini antiche di tali
meccanismi – perché anche la propaganda ha una sua storia – significa metterli
nelle condizioni di reagire ad un perverso ingranaggio e compiere un passo verso
quella “formazione della persona” che costituisce l’obiettivo primario
dell’insegnamento.
La scuola è ancora – fortunatamente almeno in Italia – uno spazio privo di
pubblicità, uno spazio in cui l’educazione pura deve e può prevalere rispetto
all’educazione aziendale, alla logica del profitto e dove conoscere e crescere non
significa diventare un consumatore modello, ma una persona capace di pensieri
critici sulla realtà.
3 Per questi temi si possono vedere G. AMODIO, Propaganda e persuasione. La comunicazione politica ovvero come vendere un futuro migliore, Faenza (Ra) 2001 e E. MENDUINI, La televisione, Bologna 2005.
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2.3 Sezione d’entrata ( durata: 3 ore di Italiano)
L’ insegnate sollecita gli allievi a riflettere sul seguente problema: “Immagina di
doverti dichiarare al/alla tuo/a fidanzato/a. Come lo faresti?”. Al fine di attirare
la curiosità degli studenti, non spiega preliminarmente il motivo del quesito, ma
chiarisce il presupposto della dichiarazione d’amore: non deve trattarsi di una
frase improvvisata, bensì di una frase ad effetto intesa alla persuasione.4
L’arte di sedurre e innamorare, infatti, ha molto a che vedere con la
pubblicità emozionale e la pubblicità, come si sa, è una particolare forma di
propaganda: potrebbe, anzi, definirsi come propaganda per la promozione di un
prodotto commerciale. Una dichiarazione d’amore, come la pubblicità, può essere
un eccellente annuncio che fa appello alle emozioni del destinatario.
Dopo aver ricevuto risposta dagli studenti, l’insegnante annota sulla lavagna
le proposte più efficaci. Spiega poi perché una frase risulti più rispondente allo
scopo rispetto ad un’altra: una promessa del tipo “ ti renderò la ragazza più felice
del mondo” costituisce un obiettivo difficile da raggiungere, fra l’altro perché ci
può essere una sola persona che sia “la più felice del mondo” e non è molto
probabile che sia proprio il/la nostro/a compagno/a. E che, oltretutto, lo sia grazie
ai nostri meriti e virtù. Certo, la seduzione richiede una stilla di passione e utopia,
pertanto non si può accusare un innamorato di mentire quando promette la felicità
assoluta, se questa affermazione gli viene dal cuore. Mentire o manipolare è
un’altra cosa: per esempio millantare un reddito o una posizione sociale che non
corrispondono alla verità. L’analogia con le pubblicità menzognere in questo caso
è quasi ovvia. Ancora: “ quanto sarai felice con me!” è un argomento molto più
attraente e convincente che “ guarda come sono bello/a”, anche se oggettivamente
può essere più dimostrabile il secondo.
Svelato, a questo punto, il nesso tra la dichiarazione amorosa e la pubblicità,
si può aggiungere che la pubblicità deve parlare al consumatore, promettere
qualcosa, sedurlo e andare un po’ oltre la banale ovvietà. Se diciamo “ guarda
come sono bello”, parliamo del prodotto, ma se promettiamo “quanto sarai felice
con me!”, parliamo al consumatore del beneficio che ne avrà e questo è sempre
preferibile.
4 Il ricorso al coinvolgimento emotivo ed alle esperienze personali dello studente è un espediente per ingenerare motivazione all’apprendimento. A ciò si aggiunga che lo studente viene inconsapevolmente spinto a creare egli stesso uno slogan pubblicitario.
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A questo punto l’insegnante insiste sul concetto di pubblicità come
strumento propagandistico non improvvisato, che si avvale di precise tecniche,
tanto a livello linguistico, quanto a livello psicologico e commerciale. Da un
punto di vista psicologico, i pubblicitari utilizzano precise strategie atte a catturare
l’attenzione e ad imporsi alla memoria mentre, da un punto di vista commerciale,
devono conoscere bene sia il prodotto che il destinatario e, in base a questa
conoscenza, essere in grado di gettare un ponte tra le due realtà. Anche la lingua
in questo ambito viene piegata alle esigenze di mercato e, per raggiungere tale
scopo, gli esperti del settore attingono ad ogni risorsa lessicale nonché retorico-
stilistica.
Giova a questo punto esemplificare il problema “lingua” citando ai ragazzi
un aneddoto caro ai pubblicitari5. Poiché si è parlato di pubblicità emozionale,
l’insegnante invita i ragazzi a riflettere su alcuni slogan che appartengono alla
categoria e fornisce loro qualche esempio che funga da stimolo: per esempio
“Dove c’è Barilla, c’è casa”. A casa i ragazzi dovranno cercare, servendosi di
giornali e riviste, pubblicità analoghe di cui ci si servirà successivamente, ovvero
quando si tornerà nello specifico sul tema.
Segue un brain storming sul concetto di propaganda, inteso a sondare le
preconoscenze e gli eventuali pregiudizi degli studenti. I risultati del brain
storming vengono poi registrati in modo tale da poter costituire, a chiusura del
percorso, un termine di paragone con le nuove conoscenze e competenze
acquisite.
Infine l’insegnante guida un dibattito, al fine di testare i prerequisiti
necessari ad affrontare il modulo. Per fare un esempio, si può domandare agli
studenti se ricordano di aver incontrato qualche slogan nello studio della storia
greca e romana. L’insegnante fornisce qualche spunto e ne svela la tecnica di
produzione: “ Delenda Carthago” è uno slogan che fa leva sul ricorso alla paura.
La celebre frase di Catone può dunque servire come pretesto per riprendere la
conoscenza delle guerre puniche. Un altro esempio: “ Timeo Danaos et dona
ferentes” è un esempio di etichettatura, ovvero di tecnica intesa a far sorgere
pregiudizi nel pubblico etichettando l’oggetto della campagna propagandistica
come qualcosa che la gente teme, odia, evita o trova indesiderabile. La frase di
Laocoonte serve da spunto per ulteriori domande e, quindi, per accertare la
conoscenza dei poemi omerici: tale prerequisito risulta infatti indispensabile per
5 Per l’aneddoto si veda l’ALLEGATO N. 1.
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affrontare la propaganda insita nell’Eneide virgiliana. Al termine della lezione
l’insegnante prende nota di eventuali lacune di conoscenza, in modo da calibrare
il percorso6.
2.4 Corpo centrale
Il corpo centrale del percorso si articola in tre fasi, ciascuna delle quali a sua volta
suddivisa in unità di apprendimento e lezioni. Per facilitarne la comprensione se
ne fornisce lo schema al sottoparagrafo 2.4.4 del presente capitolo.
2.4.1 FASE I: L’odierna propaganda
Unità di apprendimento n. 1: “Introduciamo l’argomento a partire dal presente ”7
Lezione n. 1: ( 1 ora di Italiano )
La lezione è frontale e dialogata: l’insegnante offre una possibile definizione di
propaganda e ne dà la classificazione in base alla fonte di provenienza
(propaganda bianca, nera e grigia). Distingue tra i due principali tipi di
propaganda odierna, quella commerciale e quella politica, anticipando che
costituiranno l’oggetto delle successive unità di apprendimento, e traccia una
breve storia della propaganda del '900: a partire, cioè, dalla prima guerra
mondiale, quando le tecniche di propaganda furono codificate ed applicate in
maniera scientifica – per la prima volta – dal giornalista Walter Lippman e dallo
psicologo Edward Bernays, dietro esplicito ordine dell’allora presidente degli
Stati Uniti, Woodrow Wilson.
6 Ovviamente quello che segue è un modello standard, pertanto è necessario che esso venga calibrato in base alle esigenze della classe. 7 Ritengo opportuno fornire l’indicazione della bibliografia a cui mi sono ispirata per le considerazioni che affiancano la descrizione del percorso: N. CHOMSKY, E. S. HERMAN, La fabbrica del consenso, tr. it. Tropea Editore, Milano 1998. N. ANCARANI ( a cura di ), Lo specchio del reame. Riflessioni su potere e comunicazione, Ravenna 1997.
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Il docente fa poi una rapida carrellata sulla propaganda nella Germania
nazista, nell’Italia fascista e nel periodo della Guerra Fredda, evidenziando i
canali di trasmissione ( stampa, radio, cinema e teatro, ma anche belle arti,
letteratura e, in un secondo momento la televisione) e la forma assunta (volantini,
manifesti, discorsi ecc…). Per la spiegazione l’insegnante fa ricorso ad una
lavagna luminosa con la quale proietta man mano, su lucidi appositamente
predisposti, una sintesi dei concetti che viene esponendo. I ragazzi sono invitati a
copiare i lucidi sul quaderno e ad integrarli con le informazioni fornite oralmente
dall’insegnante. Terminata la spiegazione, il docente fornisce in fotocopia un
esempio chiaro per ogni campagna bellica menzionata. A casa gli studenti
dovranno osservare con attenzione gli esempi proposti e provare a spiegare su
cosa si basi la loro efficacia. Va però precisato che si tratta semplicemente di un
tentativo, giacché non vi è stata preliminare spiegazione. E’ previsto, infatti, che
la spiegazione venga fornita nella successiva lezione: l’inversione, rispetto ad una
normale procedura, è intesa a stimolare la capacità di problem solving degli
studenti.
Lezione n. 2: ( 1 ora di Italiano )
L’insegnante ascolta i tentativi di spiegazione degli studenti, fornendo rinforzi
positivi laddove l’interpretazione del ragazzo abbia colto nella maniera corretta il
messaggio sotteso. In seguito, servendosi di un computer portatile, fornisce
un’analisi delle tre fonti in discussione ed un esempio di schedatura delle
medesime8. Prendendo spunto dalle tecniche di produzione, sottese ai tre
manifesti ed indicate nella scheda, il docente fornisce un elenco degli espedienti
maggiormente utilizzati9, mentre i ragazzi prendono nota di quanto si viene
esponendo ed intervengono qualora i concetti non risultino sufficientemente
chiari. Poiché non tutte le voci sono state (volutamente) corredate dal relativo
esempio, a casa i ragazzi dovranno cercarne almeno uno per ogni tecnica
segnalata dall’insegnante.
8 Per i documenti, corredati di spiegazione, si rimanda agli ALLEGATI N. 2 – 3 – 4 . 9 Cfr. ALLEGATO N. 5.
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Unità di apprendimento n. 2: “Propaganda commerciale. La pubblicità”
Lezione n. 1: ( 1 ora di Italiano)
L’insegnante fornisce un elenco di slogan pubblicitari e domanda: “Secondo te,
quale tipo di prodotto vogliono reclamizzare?”. L’elenco è il seguente:
‘Mare – viglioso’
‘Ma perché ti scaldi tanto?’
‘Sul primo, metti Sublimo’
‘Pretendi di più, paghi di meno?’
‘Rilassati e riprenditi – te lo meriti’
‘Dolce risveglio’
‘Tutte le strade portano a Romex’
‘L’abbiamo inventato per te’
‘Scoprite il mondo – senza viaggiare’
‘Ti portiamo dove voli tu’
Per svolgere il lavoro i ragazzi lavorano in piccoli gruppi. Ogni gruppo dovrà poi
rendere conto, attraverso un portavoce, delle risposte fornite. Segue un dibattito:
ogni gruppo deve eleggere preliminarmente un segretario, che annoti i punti-
chiave della discussione stenda un verbale10. Dibattito e verbale, infatti, implicano
l’uso di due capacità opposte ma parimenti necessarie nell’ambito delle discipline
storiche: l’analisi e la sintesi. Il metodo utilizzato in questa lezione ha dunque
come obiettivo secondario l’esercizio delle due capacità e può essere un efficace
ponte di collegamento con lo studio delle tipologie testuali nell’ambito
dell’Educazione Linguistica.
Lezione n. 2: ( 1 ora di Italiano)
Tramite una lezione frontale l’insegnante chiarisce il senso della lezione
precedente: far capire agli studenti che la funzione suggestiva della pubblicità non
è affidata solo all’immagine, ma anche al linguaggio11 e, soprattutto, a quella
parola d’ordine (slogan, headline), destinata ad imprimersi nella memoria del
consumatore. Proprio perché deve colpire, attirare e far scattare piacevoli
sensazioni, il linguaggio della pubblicità è estremamente creativo e innovatore.
10 Il lavoro può essere completato a casa. 11 Infatti si è lavorato in assenza di immagini.
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Molto spesso si fa ricorso a parole straniere (inglese e francese: quest’ultima
lingua soprattutto per reclamizzare profumi e prodotti di bellezza), si creano
moltissimi neologismi, sempre strani e stravaganti. Ecco alcuni esempi:
Il cioccolato è il cioccolone
Il profumo è il pienaroma
I bambini sono intelloghiotti
Lo straccio è il pulilucido
Un disinfettante è il puliziotto di casa.
Un’ auto FIAT è comodosa, sciccosa, risparmiosa.
Le olive divengono olivolì e olivolà.
La schiuma da barba è panna per radersi.
Il minestrone è ortofresco.
Si ricorre anche a rime e ritmi (“Il metano ti dà una mano”, “Fido gatto, gusto e
salute in un solo piatto”); si gioca sul doppio senso di alcuni termini (“ J&B. Il più
svitato dei whisky”) e si usano artifici tipici del linguaggio poetico e letterario:
similitudini, metafore, iperbole, metonimie. Spesso poi viene stravolta la
grammatica: nomi e aggettivi usati con funzione di avverbi (“Corre giovane chi
corre Agip”), si usa il complemento oggetto retto da verbi intransitivi
(“Camminare Pirelli”), si usano sostantivi al posto dei verbi (“Bourbon ti aroma”)
ed i sostantivi vengono trattati come aggettivi (“L’aperitivissimo”). Lo scopo
rimane sempre quello: colpire la fantasia del consumatore per distinguere un
prodotto da altri simili.
Mentre l’insegnante spiega, gli studenti prendono appunti. Riprendendo gli
slogan sui quali hanno dibattuto nel corso della precedente lezione, dovranno poi
stabilire quali costituiscano un gioco di parole, quali facciano uso della rima,
dell’allitterazione, della seconda persona (singolare o plurale) o dell’imperativo.
Successivamente devono riscrivere gli slogan per cercare di spiegare il messaggio
che le pubblicità desiderano trasmettere.
Esempio: 'Mare – viglioso’
[Il tonno viene dal ‘mare’; trasformando l’aggettivo ‘meraviglioso’ in
‘mareviglioso’ si uniscono due concetti: qualità e prodotto. Questo tonno è
ottimo!]
A casa gli studenti dovranno invece inventare uno slogan per i seguenti
prodotti:
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Un profumo
Un’automobile
Un videogioco
Un cocktail
Delle scarpe da ginnastica
Degli occhiali da sole
Unità di apprendimento n. 3: “Propaganda politica e manifesti elettorali”
Lezione n. 1 ( 2 ore di Italiano)
Basandosi sull’esempio assai più intuitivo della pubblicità, l’insegnante spiega
come anche per la costruzione delle identità politiche contemporanee l’importanza
assunta dalle immagini e dalle retoriche comunicative sia straordinaria. E’
divenuta opinione comune, cioè, che la politica non possa più essere studiata
senza ricorrere ai linguaggi, alle autorappresentazioni e alle immagini con cui i
diversi soggetti della politica pensano se stessi e si raffigurano in rapporto
all’esterno. Un esempio di scottante attualità: la campagna elettorale. Ogni
campagna elettorale è aspra per definizione, ma tale acredine non è casuale: ci
sono esperti della comunicazione che lavorano a stretto contatto con il politico e
che si pongono specifici obiettivi:
a) comunicare al meglio le idee ed i punti di forza di un candidato e del partito
che lo supporta;
b) comunicare al meglio i punti deboli dell’avversario e del partito che lo
supporta.
Il manifesto elettorale è uno degli strumenti che vengono usati per questo scopo.
I manifesti elettorali non sono certo fra i più moderni mezzi di
comunicazione. Nel recente passato, soprattutto negli anni in cui ingenti risorse
venivano destinate all’accaparramento degli spazi televisivi, più volte era stata
decretata la loro fine per inefficienza ed inadeguatezza. Oggi, ristretti gli spazi
televisivi dall’applicazione delle regole della “par condicio”, le affissioni murali
per le campagne elettorali, in inedite dimensioni, hanno acquistato un’imprevista
centralità e visibilità. Il tema, quindi, è quanto mai attuale. Chiariti questi
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presupposti, l’insegnante fornisce tre esempi relativi agli anni ‘7012 sottolineando
gli obiettivi di cui sopra e propone un esercizio didattico per rendere consapevoli i
ragazzi dello stretto rapporto tra persuasione e campi semantici e del suo impiego
in ambito politico. A tal fine è utilizzato un manifesto di Alleanza Nazionale13
apparso alla manifestazione, organizzata a Milano dall’Unione Commercianti (16
marzo 2006), per protestare contro gli scontri avvenuti nella precedente
manifestazione (11 marzo 2006) non autorizzata organizzata dai centri sociali nel
centro di Milano.
Analisi del manifesto:
Il punto debole di Prodi è stato identificato dal comunicatore nella sua incapacità
di gestire la sinistra alternativa della sua coalizione. L’obiettivo del comunicatore
è quindi mostrare come Prodi sia in balia di frange estremiste e violente che il
comunicatore fa percepire come parte integrante della coalizione. C’è in gioco una
strumentalizzazione degli avvenimenti per dimostrare una tesi; cosa che, peraltro,
avviene di norma durante una campagna elettorale. Per questo motivo gli scontri
avvenuti l’11 marzo alla manifestazione non autorizzata organizzata dai centri
sociali nel centro di Milano divengono l’avvenimento che dimostra quanto l’idea
di un Prodi debole sia evidente e dimostrata dai fatti.
Giocano inoltre un ruolo fondamentale i termini ed i campi semantici: un
messaggio è forte quando attiva nella mente di colui che ascolta una serie di
riflessioni. In altri termini, il messaggio non ha una forza di per sé, ma nel suo
rapporto con colui che lo ascolta, lo vede e lo completa. Dire “Prodi è succube dei
violenti” o “Prodi sta con i violenti” – oltre ad incorrere in questioni legali – non
ha lo stesso effetto di dire “NO AI PRODI AUTONOMI”. Prodi è usato come
aggettivo e l’obiettivo del comunicatore è raggiunto perfettamente nel momento in
cui chi legge o vede il manifesto lega e completa i due campi semantici: prodi e
autonomi.
Terminata l’analisi, l’insegnante propone agli studenti di utilizzare le stesse
tecniche per costruire un manifesto alternativo come risposta a quello precedente.
Riassume quindi i tre elementi sottesi alla costruzione:
a) Porsi come obiettivo la sottolineatura del punto debole dell’avversario.
b) Cercare un evento da strumentalizzare.
12 Si veda l’ALLEGATO N. 6. 13 Si veda l’ALLEGATO N. 7.
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c) Usare termini polisemantici ed associare campi semantici diversi.
L’esercizio viene guidato dall’insegnante che, durante la discussione, suggerisce
un possibile percorso:
- Il punto debole di Alleanza Nazionale è l’inchiesta sulle intercettazioni illegali
a Piero Marrazzo e Alessandra Mussolini compiute, secondo le ipotesi
dell’accusa, per gettare fango sugli avversari dell’allora presidente della regione
Lazio, Francesco Storace di AN.
- L’evento da strumentalizzare è naturalmente l’inchiesta, che ovviamente deve
ancora fare il suo corso, ma può essere utilizzata dal comunicatore per gettare
fango sull’intero partito avversario.
- Il comunicatore deve associare due campi semantici. Da un lato Alleanza
Nazionale che fa della legalità uno dei suoi punti forza, dall’altro l’illegalità (non
dimostrata) che il comunicatore deve far percepire insinuando il sospetto.
Risultato: NO AI FINI OCCULTI
A casa i ragazzi dovranno cercare un’immagine adeguata da associare a questo
slogan.
Questi sono due modi in cui i comunicatori possono sfruttare la forza dei
campi semantici e la loro disposizione naturale a produrre collegamenti tra eventi,
atteggiamenti e significati. Spesso l’obiettivo di un comunicatore è massimizzare
gli effetti di una percezione e quest’ultima ha un valore elevato soprattutto nel
caso della comunicazione politica in una competizione elettorale, la quale spesso
deve adombrare la logica per fare spazio all’emozione. Nel caso di Prodi, come
nel caso di Storace e Alleanza Nazionale il comunicatore non può dimostrare
logicamente nessuna affermazione. Non esistono legami accertati tra Prodi ed i
disordini di Milano come non esistono legami accertati tra Storace/Alleanza
Nazionale e l’inchiesta sulle intercettazioni. La forza della comunicazione
persuasiva però non sta nella sua reale veridicità, ma nel suo effetto e per
ottenerlo si avvale di ogni strumento, dalle immagini al gioco linguistico.
In base al lavoro fin qui svolto l’insegnante può dunque esporre le
conclusioni di questa prima fase del percorso.
Conclusioni:
Nella società di massa i partiti ed i movimenti politici, che aspirano al consenso
elettorale, condividono molte necessità e aspirazioni proprie del mondo della
produzione di beni di largo consumo:
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- devono far conoscere le loro “idee”, più o meno nuove, e lo stesso problema è
di coloro che devono far conoscere un prodotto, soprattutto se nuovo;
- devono far prevalere l’apprezzamento per le proprie idee sulle idee dei partiti
concorrenti. Identico problema per chi vuole imporre il proprio prodotto
battendo “la concorrenza”;
- devono far riconoscere il proprio “simbolo”; operazione essenziale nel
momento finale del voto. Identico problema hanno i produttori di beni rispetto
all’affermazione del “marchio”, il cui ricordo è essenziale nel momento
dell’acquisto;
- aspirano a creare rapporti di “appartenenza” e “fiducia” con gli elettori. Nella
comunicazione commerciale si parla di “fidelizzazione”.
Non deve dunque stupire che fra il mondo della comunicazione politica e quello
della comunicazione commerciale, non da oggi, l’osmosi di tecniche e
professionisti sia costante e che le influenze siano reciproche.
Lo studio svolto in questa fase del percorso, come appare evidente dai temi
trattati e come è stato più volte sottolineato, si svolge in sintonia e pertanto attinge
dal monte ore di altre due discipline: educazione linguistica ed educazione civica.
Nell’ambito dell’educazione linguistica, inoltre, può essere approfondito lo studio
del linguaggio politico e del linguaggio pubblicitario; l’insegnamento civico è
invece di per sé gia implicito: una maggiore consapevolezza delle tecniche di
comunicazione, in generale, e della comunicazione politica in particolare è
necessaria per poter chiedere o inventare altri modi di fare politica, di praticarla e
di comunicarla.
Alla fine della fase è prevista una verifica formativa scritta della durata di
un’ora14.
2.4.2 FASE II: La propaganda nel mondo antico
Questa fase non è stata suddivisa in unità di apprendimento e comprende una sola
lezione di due ore15: è stata, infatti, pensata non tanto come vera e propria tappa
14 Per la verifica formativa si rimanda all’ALLEGATO N. 8. 15 Si ricorda che il tempo indicato viene prelevato dal monte ore di Lingua Latina.
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del percorso – come dimostra l’esiguità del tempo ad essa riservato – bensì come
ponte di collegamento tra l’odierna propaganda e quella di epoca augustea.
Lezione n. 1: ( 2 ore di Latino )
Tramite lezione frontale, l’insegnante collega la precedente fase di lavoro con la
attuale, spiegando che la propaganda, sia politica sia commerciale, e, più in
generale, le tecniche di persuasione non sono un frutto della società
contemporanea, ma affondano le proprie radici nelle civiltà classiche. Fa, dunque,
una rapidissima carrellata di fatti e personaggi, elencando i sofisti (in qualità di
primi filosofi ad essersi interessati di tecniche comunicative volte alla
persuasione), oratori e uomini politici greci e romani16.
Tra oratori e uomini politici e, dunque, tra oratoria e politica il rapporto è
molto stretto nel mondo antico: gli uomini politici spesso assoldano gli oratori
perché elogino le loro virtù nei pubblici discorsi, ma ancor più spesso il politico
stesso è dotato di arte oratoria e dunque si fa retore di se stesso. L’oratoria è
quindi, specialmente nei momenti di maggior tensione dell’età repubblicana, uno
dei principali canali della propaganda.
Poiché nelle lezioni precedenti si è parlato di campagne elettorali e di
pubblicità contemporanee, l’insegnante ripropone l’argomento ma, questa volta
ambientandolo nell’antica Roma e illustrando come, dopo un primo momento in
cui, come si accennava, la propaganda era stata fatta in proprio da politici edotti
nell’arte della retorica, al fai-da-te cominciò ad affiancarsi, fino poi a sostituirlo,
la propaganda condotta dai sostenitori dei candidati. Di pari passo, alla
propaganda orale s’andò sempre più accompagnando quella scritta, con l’impiego
di “manifesti” o “annunci” (programmata) dipinti sui muri. C’erano, per tale
incombenza, dei “professionisti del pennello” (scriptores) che in tempi normali
provvedevano all’esecuzione di avvisi d’ogni genere (da quelli degli spettacoli a
quelli per le vendite o le locazioni d’immobili) e, nel periodo della campagna
elettorale, concentravano la loro attività al servizio dei candidati. Purtroppo la
deperibilità del tipo di fonte ha fatto sì che a Roma non sia rimasta traccia dei
“manifesti” elettorali, anche perché, durante tutta l’età imperiale, venuta meno
ogni necessità di farli, non vennero più eseguiti. A questo punto l’insegnante
invita i ragazzi a riflettere sull’importanza delle fonti, la cui distruzione o perdita
16 Ci si riferisce a Demostene, Isocrate, Pericle da una parte e Cicerone, Cesare, Marco Antonio e lo stesso Ottaviano dall’altra.
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comporta una drammatica ed irreparabile “cancellazione della memoria”.
Fortunatamente i suddetti manifesti non hanno subito questa sorte: ne sono stati
trovati circa 1500 a Pompei, dove l’eruzione del Vesuvio pose un drammatico e
repentino suggello alla vita quotidiana. Anche in questo caso – come sempre
nella sfortunata città – si tratta perciò di una documentazione di prima mano,
unica e irripetibile, che può valere anche per Roma, nonostante quelle pompeiane
fossero elezioni “municipali” con le quali si procedeva alla nomina dei magistrati
locali.
L’insegnante mostra quindi agli studenti l’immagine di un manifesto
pompeiano17 e distribuisce in fotocopia la trascrizione di alcune iscrizioni murali
tratte dal Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL), per far cogliere analogie e
differenze rispetto agli odierni manifesti elettorali18.
Per quanto riguarda la propaganda commerciale, invece, l’insegnante
chiarisce che non vi era nulla da analogo alla nostra pubblicità e che c’erano, però,
delle insegne commerciali, spesso molto ingegnose, volte ad attirare l’attenzione.
Anche in questo caso ci vengono in aiuto i ritrovamenti di Pompei, che
l’insegnante mostra alla classe19. Come si può vedere dalle immagini proposte,
l’entrata dei negozi era delimitata da due pilastri sormontati da insegne (signa)
diverse tra loro. Alcune insegne, infatti, erano solo scritte, altre solo figurative,
altre univano immagine e testo scritto; e non sempre il rapporto con il
prodotto/servizio offerto dall’esercizio commerciale era motivato.
La spiegazione termina con il seguente necessario chiarimento. Se, come si
è visto, la propaganda commerciale non era particolarmente in voga nella società
romana antica, è giusto a questo punto limitare l’analisi alla propaganda politica e,
infatti – anticipa l’insegnante – , nella successiva fase si parlerà di tale
propaganda, restringendo ulteriormente l’analisi al periodo augusteo. D’altra parte
si è anche detto che nel periodo imperiale i manifesti elettorali non vennero più
eseguiti ; dunque l’insegnante prende spunto da quest’ultima considerazione per
porre alla classe una domanda stimolo: “In assenza di manifesti elettorali, quali
furono, secondo voi, i canali della propaganda augustea?”.
Dopo aver raccolto i suggerimenti degli studenti, il docente chiarisce che il
tema è assai vasto e che la sua complessità pone agli storici diversi problemi
ancora aperti, a partire dalla stessa irreperibilità, nel vocabolario latino, di un
17 Si veda l’ALLEGATO N. 9. 18 Per le iscrizioni ed il relativo commento si veda l’ALLEGATO N. 10. 19 Si veda l’ALLEGATO N. 11.
26
termine corrispondente all’odierno significato di “propaganda”. L’assenza di un
termine specifico, o divenuto tale per processo di semantica, non indica certo che
la propaganda non venisse svolta, ma denota che essa non si chiarificò in concetto
e che le circostanze storiche, per quanto ciò possa sembrare a prima vista
sorprendente, non contennero i presupposti perché essa assumesse un’impalcatura
ed una tecnica tipiche. Molti, dunque, i canali della propaganda nel mondo antico
(anche se non vissuti come tali): la storiografia, l’oratoria, i monumenti, la
monetazione, l’arte pittorica e statuaria, l’architettura, il mito, il teatro, la
letteratura e la documentazione papiracea. Ed ognuno con i suoi punti di
domanda.
Un esempio fra i molti possibili: la costruzione del Foro di Augusto è un
atto di propaganda?
A casa i ragazzi dovranno riflettere sul quesito e cercare di darne una
risposta scritta20, sulla base della storia politico-istituzionale a loro nota e delle
immagini che il docente fornisce loro in fotocopia (perché possano farsi un’idea
dell’opera monumentale a cui tentano di dare un’interpretazione)21.
2.4.3 FASE III : Augusto e la propaganda
Unità di apprendimento n. 1: “Introduciamo l’argomento”
Lezione n. 1: ( 2 ore )
L’insegnante chiama alcuni ragazzi e fa leggere loro, a turno, gli elaborati prodotti
a casa. Dalla lettura scaturisce un breve dibattito, poiché l’insegnante domanda
alla classe: “Siete d’accordo con il/la vostro/a compagno/a ? Perché? ”
Il dibattito, oltre ad essere un efficace mezzo per esercitare l’abilità del
parlato, si rivela utile a testare la supposta acquisizione della storia politico-
istituzionale romana ( I sec. a. C.) e costituisce un espediente per introdurre il
nuovo argomento. Terminato il dibattito l’insegnante rivela che non c’è una
20 Si richiede la risposta scritta nella convinzione che, malgrado la storia venga concepita prevalentemente come materia orale, l’esercizio dell’abilità di scrittura debba essere sollecitato in tutti i contesti disciplinari. Inoltre, il tipo di lavoro affidato costituisce un modo per familiarizzare tanto con la scrittura del tema storico ( e, dunque, funge da ponte di collegamento tra la storia e l’educazione linguistica), quanto con quella del testo argomentativo. 21 Per le immagini fornite si veda l’ALLEGATO N. 12.
27
risposta giusta ed una risposta sbagliata al quesito posto e che entrambe le ipotesi,
allo stato attuale delle conoscenze, sono valide; in questo modo educa gli studenti
al relativismo storico. Per dimostrare quanto appena affermato, l’insegnante
spiega che quando Augusto fece costruire il suo Foro, si trovava nella posizione
privilegiata del vincitore, ma anche in quella molto delicata dell’uomo che si
presenta come tutore della Repubblica, della quale non è permesso affermare il
tramonto. Da una parte, dunque, egli è il princeps inter pares, che precede gli altri
per auctoritas e che deve perciò manifestare la sua supremazia di fatto: in buona
sostanza Augusto pensava che occorreva creare qualcosa di immediatamente
riscontrabile per i cittadini romani, qualcosa che palesasse l’avvento di un regime
innovatore. Dall’altra parte però è difficile giudicare l’operato del princeps in
chiave prevalentemente di propaganda e non pensare che egli possa invece aver
trovato la sua principale sollecitazione nella volontà di mostrare al meglio la sua
immagine di uomo di Stato. Come un artista, cioè, che crea il suo soggetto con
intima libertà da ragioni estranee alla sua arte stessa.
Ha qui inizio una lezione frontale, nel corso della quale il docente spiega
che, stando alla testimonianza di Svetonio22, quando il senato romano si riunì per
deliberare sulle onoranze funebri di Augusto, uno dei senatori propose che l’intera
epoca del defunto imperatore venisse chiamata saeculum Augustum e accolta così
nel calendario. Per quanto la proposta potesse nascere da motivi opportunistici,
rivela la sensazione di aver attraversato una svolta epocale era allora diffusissima.
Dopo gli oscuri decenni delle guerre civili, Roma era vissuta per quarantacinque
anni nella pace e nella sicurezza, perché la monarchia aveva dato finalmente
un’amministrazione ordinata all’Imperium, una disciplina all’esercito, panem et
circenses alla plebs ed un grande slancio all’economia. Il Romano guardava ora al
suo impero con una forte coscienza della propria missione morale.
Agli inizi del potere assoluto augusteo – e cioè nel 31 a. C. – regnava però il
pessimismo: molti ritenevano che lo Stato, travolto dalla propria immoralità, fosse
sull’orlo della rovina. Come si giunse allora ad un così drastico mutamento di
clima, che grazie all’opera dei poeti augustei avrebbe condizionato l’immagine
futura del saeculum augustum? Per rispondere a questa domanda bisogna risalire
al tramonto definitivo della vecchia res publica, a quando cioè, durante le lotte per
il potere tra Cesare e Pompeo, e poi tra Ottaviano e Antonio, i romani
22 C. SVETONIO TRANQUILLO, Divus Augustus, in Vite dei Cesari, Rizzoli, Milano 1994, libro II, cap. C.
28
cominciarono a interrogarsi sulle cause di quel generale disorientamento, e ne
addossarono la colpa in primo luogo all’abbandono degli antichi dèi e dei patrii
costumi (mores maiorum) seguito al processo di ellenizzazione. I motivi
strutturali rimanevano invece oscuri. La visione di un’antica Roma semplice e
devota, di una classe politica disinteressata e di un popolo contadino pronto al
sacrificio, rimase però vuota retorica di fronte alla realtà delle cose, poiché i
tumultuosi mutamenti delle ultime generazioni avevano reso problematica non
solo la res publica ma la sua stessa identità culturale. Dopo aver raggiunto il
potere assoluto, nel 31 a. C., Augusto si misurò con i problemi evidenziati dagli
slogan conservatori e diede la sua risposta: con un programma culturale di ampio
respiro, perseguito con coerenza lungo un arco di oltre vent’anni, egli si propose,
e ottenne nei fatti, un sostanziale rinnovamento della mentalità collettiva. Ai fasti
celebrativi dei grandi generali oppose il culto del sovrano eletto dagli dèi; allo
scandalo del lusso privato, un programma di grandiose opere pubbliche (publica
magnificentia); all’indifferenza religiosa e all’immoralità, una campagna di
rinnovamento religioso e morale. Un tale mutamento richiedeva una metamorfosi
anche del linguaggio figurativo, che in effetti ci fu.
Chi c’era dietro le quinte? C’era qualcuno o più di qualcuno a lavorare in tal
senso?
Le esperienze moderne hanno fatto ipotizzare in questo caso l’esistenza di
un preciso apparato propagandistico e sono alla base anche dell’origine dei quesiti
proposti. Dice invece Paul Zanker23 che:
“Quello che ci appare, a posteriori, come un raffinato sistema di propaganda, risultò da un
intreccio tra le iniziative celebrative del sovrano e gli omaggi più o meno spontanei offertigli dalla
popolazione: un processo che non sembra obbedire, in gran parte, ad alcuna regia occulta”.
Se si trattò in buona sostanza di un movimento spontaneo, rimane però da
chiedersi quale significato assunsero le nuove immagini. Pubblicizzare la
monarchia? Non avrebbe avuto senso, giacché l’impresa sarebbe stata superflua
presso il popolo ed inefficace presso l’aristocrazia repubblicana. E’ una domanda
a cui è difficile rispondere: sappiamo solo che l’efficacia del linguaggio visivo
sulla mentalità generale durò a lungo e rappresentò un fattore storico di cospicua
importanza. Attraverso le immagini, prese forma un mito imperiale capace di
23 Si veda ZANKER, Augusto… , p. 5.
29
filtrare la realtà stessa e di produrre per intere generazioni la certezza di vivere nel
migliore degli Stati possibili e nella pienezza dei tempi.
Mentre l’insegnante spiega, i ragazzi prendono appunti e, a casa, dovranno
rispondere alla seguente consegna: “Dopo aver ripassato l’età di Pericle e l’età di
Alessandro Magno, rispondi ai seguenti quesiti: a) Che rapporto c’era tra il grande
statista greco del V secolo a. C. e l’arte genericamente intesa? b) Che rapporto
c’era tra il re macedone e l’arte? c) In base a quanto hai ascoltato nell’ultima
lezione, sai elencare almeno due analogie e due differenze rispetto all’epoca
augustea?
Lezione n. 2: ( 1 ora )
Poiché è stato citato Svetonio, dopo aver fornito le necessarie informazioni
sull’autore, l’insegnante fornisce in fotocopia ed in traduzione il brano
interessato24 e procede alla lettura commentata. Si passa poi ad un’analisi
interpretativa del Foro di Augusto, di cui pure si è già data la chiave esplicativa: a
tal scopo, l’insegnante distribuisce in fotocopia una pianta schematica del Foro
Romano (intorno al 10 d. C)25 corredata di sintetici commenti. Procede poi ad
integrare le scarne informazioni della fotocopia con una spiegazione organica
tendente a dimostrare come, dopo la vittoria di Azio, Ottaviano tese ad occupare
l’intera città con i suoi edifici e le sue insegne e come il Foro, cui il novello
imperatore fece assumere un nuovo volto, fu il punto di partenza della politica
trasformatrice.
In chiusura di lezione l’insegnante illustra, tramite il consueto lucido per
lavagna luminosa, quali saranno le successive tappe del percorso e quali “canali
propagandistici”26 verranno analizzati.
Come compito a casa gli studenti dovranno leggere l’intera Vita svetoniana.
24 Si veda l’ALLEGATO N. 13. 25 Si veda l’ALLEGATO N. 14. 26 Ammesso che, dopo le riflessioni di Paul Zanker, li si possa ancora definire tali.
30
Unità di apprendimento n. 2: “Numismatica e propaganda”
Lezione n. 1: ( 2 ore)
Prima di entrare in medias res della nuova unità di apprendimento, l’insegnante fa
una necessaria premessa, mediante la quale fornisce a priori la chiave
interpretativa del tipo di fonte prescelto: le monete.
I soggetti raffigurati sulle monete romane – spiega – sono quasi per la
maggior parte di carattere politico, per cui è stato ravvisato in essi un intento
propagandistico di grande impegno e di estrema capacità di infiltrazione. Vale
però la pena ricordare l’avvertenza di Gian Guido Belloni, secondo il quale questo
argomento:
“(…) esige lo sforzo di esaminare se e in quali limiti si possa parlare davvero di
propaganda. Certo, è noto che l’immagine figurativa ha una capacità di forte sedimentazione e
radicamento nella mente, ed oggi la figura è ampiamente utilizzata in sede propagandistica (e
reclamistica). Ma, tuttavia la figura appare più come la sintesi e il simbolo di una propaganda
svolta con altri mezzi. Anzitutto con gli scritti, le parole, gli slogan27”.
Secondo Belloni, dunque, le monete non rappresenterebbero un reale canale di
propaganda, bensì il riflesso di una propaganda svolta mediante altri canali. Ciò
non toglie, come sostiene lo stesso studioso, che le monete per noi non siano una
fonte preziosa per lo studio del tema a motivo della lacuna delle fonti.
Con questa avvertenza l’insegnante mostra ai ragazzi alcune immagini di
monete e ne analizza i simboli28. Fornisce poi in fotocopia il saggio di Gian Guido
Belloni di cui una parte viene letta e commentata in classe. A casa i ragazzi
dovranno completare la lettura proposta.
Lezione n. 2: ( 1 ora)
Poiché una delle monete analizzate fa implicito riferimento al concetto di
“restitutio”29e poiché si tratta di un concetto di fondamentale importanza,
l’insegnante ne chiarisce il significato con la seguente spiegazione.
Quando le splendide celebrazioni per il trionfo dell’anno 29 a. C. furono
finite, Ottaviano si trovò di fronte ad una situazione profondamente mutata. Il
27 Cfr. G. G. BELLONI, Monete romane e propaganda. Impostazione di una problematica complessa in M. SORDI ( a cura di), I canali della propaganda nel mondo antico, Milano 1976. 28Per l’analisi si veda l’ALLEGATO N. 15. 29 Si veda nell’ALLEGATO N. 15 la scheda analitica 3.
31
potere era ormai completamente nelle sue mani, tutti guardavano verso di lui e
toccava a lui mostrare quale sarebbe stato il corso dei prossimi eventi. Sull’arco di
trionfo, fatto costruire dal Senato per il vincitore della guerra civile, c’era la scritta
RES PUBLICA CONSERVATA, ossia “per la salvezza dello Stato”. Ottaviano
aveva salvato lo Stato dalla rovina, ora però doveva “ristabilirlo”.
A guardare la situazione con realismo, nessuno poteva aspettarsi che il
vincitore avrebbe restituito il potere nelle mani del Senato, ma bisognava
escogitare una formula che rendesse tollerabile la monarchia, in particolare alla
nobiltà. Nel 27 a. C., dunque, egli “restituì” formalmente lo Stato “al Senato e al
Popolo”.
A questo punto l’insegnante legge ai ragazzi un passo delle Res Gestae30:
“ Da allora fui il primo per considerazione e influenza (auctoritas), ma non avevo maggior potere
(potestas) di coloro che erano miei colleghi nelle varie magistrature”.
Spiega poi che questa frase dell’autobiografia politica di Augusto dice solo una
mezza verità, poiché grazie ad un complicato sistema di pieni poteri sempre
rinnovati, di privilegi onorari e di cariche vitalizie, ma soprattutto grazie alle sue
enormi sostanze, Augusto mantenne il potere, ossia in primo luogo l’esercito,
saldamente nelle sue mani. La Repubblica era quindi chiaramente sottomessa, ma
l’atto della restitutio fu comunque un gesto grandioso, che permise
all’aristocrazia, se così si può dire, di salvarsi la faccia e di collaborare in futuro
con il nuovo regime.
Viene letto un altro passo delle Res Gestae in cui Augusto stesso parla della
restitutio, ma la cui significatività è data principalmente dal riferimento ai simboli
del potere osservati sulle monete.
“Per questa benemerenza [la restitutio] ricevetti dal Senato il nome di Augusto. Gli stipiti della
mia casa furono decorati ufficialmente con allori, sopra la porta venne affissa la corona civica [una
corona di fronde di quercia] e nella curia Iulia venne esposto il clipeus virtutis, assegnatomi dal
senato e dal Popolo per il mio valore, la mia clemenza, la mia giustizia e la mia pietà, come attesta
un’iscrizione sopra lo scudo”31
I ramoscelli d’alloro, la corona civica e anche il clipeus virtutis erano semplici
onorificenze, conformi all’austera tradizione degli antichi. Così voleva il nuovo
30 Cfr. Res Gestae Divi Augusti, testo orig. e tr. it. a fronte, Mondadori, Milano 2002, 34. 31 Res Gestae Divi Augusti, 34.
32
stile di Augusto, che ora amava tenersi in disparte e nei rapporti col Senato si
atteggiava a primus inter pares.
Terminata la spiegazione, docente e studenti lavorano assieme per la
costruzione di una doppia linea del tempo su cui dovranno comparire, da una parte
i principali eventi politici e le implicazioni a livello sociale, dall’altra le fonti via
via analizzate ed il messaggio che esse veicolano32.
Unità di apprendimento n. 3: “Statuaria e propaganda”
Lezione n. 1: ( 1 ora)
Vengono mostrate e analizzate le immagini di quattro statue raffiguranti
Augusto33. In un primo momento l’insegnante si limita a fornire solo una
descrizione estetica, priva di implicazioni a livello storico: il fine è quello di far
lavorare gli studenti sulla contestualizzazione della fonte. In seguito, infatti,
l’insegnante chiede loro di datare approssimativamente le opere, tenendo conto
delle caratteristiche estetiche appena notate e di quanto studiato in relazione alla
storia politico-istituzionale. Dopo aver concesso qualche minuto di riflessione,
l’insegnante apre un breve dibattito affinché gli studenti esprimano le soluzioni
trovate.
Lezione n. 2: ( 2 ore)
Nel corso di questa lezione l’insegnante risolve l’interrogativo lasciato aperto.
La prima immagine rappresenta una statua databile al 27 a. C. e le
caratteristiche di questo ritratto si legano strettamente al titolo di “Augusto”
appena assunto. Ottaviano aveva pensato di farsi chiamare Romolo, ma nel 27 a.
C. la cosa appariva in contrasto col nuovo quadro politico, poiché avrebbe
ricordato troppo direttamente la monarchia. Augustus invece era un aggettivo
dall’ampio raggio semantico (“sublime”, “venerabile”, “sacro”) e lo si poteva
associare ad augere (accrescere): del resto, non era forse vero che egli aveva
“arricchito l’Impero”?
32 La doppia linea del tempo serve infatti a contestualizzare le fonti e, contemporaneamente, attraverso il messaggio veicolato dalla fonte medesima, ad arricchire di senso la conoscenza storica strictu sensu. 33 Cfr. ALLEGATO N. 16.
33
L’insegnante fa quindi notare ai ragazzi come la scelta del nome in questo
caso sia uno slogan “sui generis” e lo collega agli slogan elettorali odierni, il cui
gioco sui campi semantici è già stato ampiamente analizzato. Il nome fu, in altre
parole, una scelta geniale che avvolse la figura di Augusto in un alone di sublimità
e di prodigio fin dall’epoca della restitutio. Negli stessi anni nacque il nuovo
ritratto del Cesare Augusto, un ritratto idealizzato che mirava ad identificare il
sovrano col nuovo titolo onorifico. Fu con ogni probabilità lo stesso Augusto a
dare allo scultore indicazioni sullo stile e forse fu proprio lui a commissionarlo. Il
ritratto ebbe poi un grande successo, venne replicato in ogni parte dell’impero e
diventò l’immagine ufficiale del princeps, benché avesse poco a che fare col suo
aspetto fisico effettivo. Parlare di propaganda in questo caso è improprio: è vero
che Augusto si identificò con la sua nuova immagine celebrativa, tuttavia non
mosse un dito per propagandarla; furono gli altri a dedicargli statue con quel
ritratto. Il potere dei nuovi simboli non era dunque imposto da un comitato di
propaganda che si rivolgesse ad un pubblico preciso con immagini e parole
d’ordine. La loro rapida diffusione si deve allo slancio con cui le città e le
corporazioni, i gruppi e i privati cittadini fecero a gara nell’omaggiare Augusto,
nel dimostrargli lealtà e gratitudine.
La seconda immagine è sicuramente posteriore al 17 a. C, anno in cui, in
occasione dei ludi saeculares 34,Augusto lasciò intendere che nelle statue erette in
suo onore si sarebbe visto volentieri raffigurare come togatus, a capo coperto,
intento al sacrificio e alla preghiera. L’insegnante richiama dunque quanto è stato
detto in merito ai simboli sacri delle monete35e prosegue spiegando che, anche
nella terza immagine proposta, Augusto capite velato si presenta nelle vesti del
Romano devoto. Questa statua però proviene da Corinto ed in Oriente il culto
dell’Imperatore era assai più sentito che a Roma. L’Imperatore in Oriente era
visto sia come un uomo che come un dio e così viene rappresentato: questa è una
tipica rappresentazione della sua duplice natura, giacchè la statua propone
raffinate fattezze del volto, che alludono alla perfezione divina, ma anche tratti di
realismo come le ciocche ribelli e le orecchie sporgenti.
L’ultima immagine appartiene infine ad un periodo compreso tra il 19 ed il
13 a.C. e propone lo schema iconografico di Giove seduto: qui Augusto compare
nelle vesti, a quella data ormai consuete, di padrone del mondo. La statua è in
34 Per i ludi saeculares si veda anche quanto viene detto in merito al Carmen di Orazio. 35 Si rimanda alla schede analitiche 1 e 2 dell’ALLEGATO N. 15.
34
aperto contrasto con l’immagine del pio sacrificante con cui Augusto amava allora
identificarsi, ma è assai probabile che appartenesse ad un liberto di Tivoli di nome
M. Vareno e che Vareno abbia agito di sua iniziativa. Del resto non sembra che il
princeps avesse molto da obiettare contro questa iconografia così “ambiziosa”: a
condizione che fosse tenuta lontana da Roma e dalla presenza diretta
dell’Imperatore. Inoltre non è certo un caso che un uomo come Vareno si affretti a
proclamare con tanta disinvoltura la sua venerazione per Augusto: per un liberto
le tradizioni della Res publica significavano poco o nulla, mentre il potere del
sovrano era tutto.
I quattro esempi proposti servono dunque ad illustrare come, non solo la
data di creazione, ma anche il luogo di provenienza sia di fondamentale
importanza per l’interpretazione del tipo di fonte. L’ultimo esempio, inoltre,
mostra come certa propaganda non solo non fosse opera del sovrano, ma non
fosse neppure autorizzata. Servendosi degli appunti presi durante quest’ultima
spiegazione e nella lezione precedente, gli studenti devono ora costruire (con la
necessaria guida dell’insegnante) delle schede in cui inserire i dati relativi alle
fonti analizzate ed i collegamenti fra esse riscontrati. A casa, invece, dovranno
inserire anche questo materiale nella linea del tempo già approntata.
Unità di apprendimento n. 4: “Letteratura e propaganda”36
Lezione n. 1: ( 2 ore )
L’insegnante introduce il tema del rinnovamento culturale e della promozione
artistica da parte di Augusto. Parla del circolo di Mecenate e delle personalità
gravitanti attorno a questo personaggio. Poi fornisce alcuni dati biografici
essenziali su Orazio e Virgilio e spiega che la nuova unità di apprendimento
prevede la trattazione del rapporto tra letteratura e propaganda o, più
precisamente, della propaganda insita nella produzione letteraria dei suddetti
autori.
Si parte da Orazio: l’insegnante ne spiega il temperamento e i trascorsi
repubblicani, elenca le opere ed i temi in esse maggiormente ricorrenti e giunge
alla presentazione del Carmen saeculare. Il Carmen viene loro fornito in
36 Si ricorda che per questa unità di apprendimento si utilizzeranno delle ore in compresenza con l’insegnamento del Latino.
35
fotocopia37, letto in traduzione, spiegato e commentato; dopodiché l’insegnante lo
contestualizza, legandolo ai ludi saeculares, e chiarisce il contesto ideologico
entro il quale inserirlo: il concetto di aurea aetas.
Dopo dieci anni di rinnovamento religioso e morale – narra l’insegnante –,
gli edifici e le immagini, i sacrifici e le feste incominciarono a dispiegare tutta la
loro forza suggestiva. La convinzione che il nuovo Stato sarebbe durato in eterno
e la fiducia nella sua guida crebbero ovunque. I tentativi di far cadere il regime
erano falliti, l’invincibilità di Augusto era stata ribadita dalle vittorie sui Cantari e
sui Parti, la pace interna si confermava stabile: chiunque poteva sperimentare in
prima persona i successi del nuovo regime. Era dunque venuto il momento di dare
a quel successo un’espressione duratura. Il nuovo Stato aveva bisogno di
immagini che fossero in grado di idealizzare la realtà e di celebrare la felicità
presente: aveva bisogno di un mito. Si diede vita dunque al mito di una nuova età
dell’oro e la nuova era venne inaugurata con i celebri ludi saeculares. Per
l’occasione Augusto commissionò ad Orazio la composizione poetica, che alcuni
fanciulli bianco-vestiti cantarono poi, durante le cerimonie, davanti al tempio di
Apollo Palatino. Tenendo a mente i temi presenti nella composizione poetica,
nonché il fatto che l’opera sia stata direttamente commissionata, il Carmen –
domanda l’insegnante – può essere considerato un’opera propagandistica?
Si attendono le risposte degli studenti e poi si precisa che, mentre il Carmen
fu sicuramente un’opera di propaganda nelle intenzioni del princeps, non lo fu per
Orazio, così come non venne recepito per tale da molti altri cittadini, i quali
sottoscrissero la loro piena adesione al mito spesso più spontaneamente che non
per effetto della propaganda. A casa i ragazzi dovranno leggere in traduzione
l’Ode IV, 2 che l’insegnante fornisce loro in fotocopia38 corredata delle necessarie
note.
Lezione n. 2 : (2 ore)
L’insegnante riprende l’Ode oraziana assegnata come compito a casa e chiarisce
eventuali punti oscuri su richiesta degli studenti. Passa poi ad illustrare un nuovo
canale della propaganda: il mito e, in particolare, il mito di Enea nell’Eneide
virgiliana. Introduce l’autore, narra la trama dell’opera (solo le vicende e i
personaggi principali), sottolinea i temi dominanti e li schematizza alla lavagna.
37 Cfr. ALLEGATO N. 17. 38 Cfr. ALLEGATO N. 18.
36
Dopo aver precisato che l’opera fu esplicitamente commissionata da Augusto,
l’insegnante chiarisce il collegamento tra l’opera, il contesto storico in cui si
colloca ed il messaggio propagandistico che intende veicolare.
Per quanto positiva fosse l’immagine che i romani avevano del presente –
precisa il docente -, grazie alle celebrazioni del saeculum aureum e delle vittorie
volute dagli dèi, Roma aveva pur sempre un grande passato che non poteva
dimenticare. Nel 27 a.C. lo stesso Augusto si era presentato come un restauratore
e non come un innovatore, e in tutte le occasioni possibili egli si richiamava agli
antenati. Anche il nuovo Stato e il ruolo dominante che Augusto vi ricopriva
richiedevano una legittimazione a partire dalla storia della città. Le grandi
famiglie aristocratiche nutrivano il proprio orgoglio di casta con le memorie della
vecchia Res publica, sinonimo di libertà, e avrebbero visto volentieri nel nuovo
regime una delle tante situazioni transitorie che la storia romana aveva conosciuto.
Si trattava, dunque, di contrapporre alla tradizione qualcosa di non meno valido,
di incorporare il passato nel mito della nuova era: per ottenere ciò Augusto si
rivolse a Virgilio. Nell’Eneide il mito di Venere, la caduta di Troia e le
peregrinazioni di Enea si inseriscono in un quadro unitario e l’intera storia di
Roma, incluse ovviamente le sorti della famiglia Giulia, assume il carattere di un
disegno provvidenziale. L’epoca di Augusto irrompe nell’Eneide sotto forma di
anticipazioni visionarie e viene salutata come il futuro avvento di un ordine
mondiale: in altre parole, nell’Eneide Augusto sta al centro, ma in modo tale che
non si parla direttamente di lui. Si parla del progenitore e capostipite Enea, ma lo
sguardo è rivolto al punto d’arrivo rappresentato dal princeps, il nuovo fondatore
di Roma.
L’insegnante propone quindi in fotocopia la lettura di passi dal IV libro
dell’Eneide in cui vengono narrate le vicende amorose di Enea e Didone ed il
suicidio di quest’ultima. Il tema amoroso permette infatti di alleggerire la tematica
tutta politica finora affrontata ed ha un ulteriore pregio: quello di sottolineare,
attraverso il tema della rinuncia agli affetti, la grandezza dell’eroe ( e dunque
indirettamente di Augusto), l’inevitabilità di un destino segnato (e dunque la
grande potenza della Roma del presente) e le origini mitiche di un conflitto, quello
tra romani e cartaginesi, che gli studenti già conoscono e che, quindi, in questo
modo, possono rivestire di nuovi significati.