n10a · 2020-05-09 · dei genitori di bambini piccoli, le mamme soprattutto, che non possono...

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TAXE PERCUE – BUREAU DE POSTE 06081 ASSISI ITALIE ISSN 0391 108X periodico quindicinale Poste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post. dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Perugia e 3.50 Rivista della Pro Civitate Christiana Assisi ISSN 0391-108X 10 15 maggio 2020 Corea del Nord scomparsa e ricomparsa del presidente istituzioni scontro tra Stato e Regioni pandemia la politica economica dell’Ue smart working una strada per il futuro? scuola limiti della didattica a distanza i volti del disagio la sindrome del prigioniero religioni il desiderio di Dio di fronte al dolore e al male crollo del petrolio un’opportunità da non perdere

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TAXE PERCUE – BUREAU DE POSTE – 06081 ASSISI – ITALIE ISSN 0391 – 108X

periodico quindicinalePoste Italiane S.p.A. Sped. Abb. Post.dl 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46)art. 1, comma 1, DCB Perugiae 3.50

Rivistadella

Pro Civitate ChristianaAssisi

ISSN 0391-108X

1015 maggio 2020

Corea del Nordscomparsa ericomparsadel presidenteistituzioniscontro tra Statoe Regionipandemiala politicaeconomicadell’Uesmart workinguna stradaper il futuro?scuolalimiti della didatticaa distanzai volti del disagiola sindromedel prigionieroreligioniil desideriodi Dio di fronteal dolore e al male

crollo del petrolioun’opportunità da non perdere

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ver vissuto la pandemia ci faràdiventare migliori? Impareremoa non massacrare il pianeta innome del profitto e del mercato,saremo meno complici di unmodello economico e sociale

devastante, ci convinceremo che il benedi ciascuno passa dal bene di tutti? Non fabene, forse, un troppo facile ottimismo.Ma è certo che stiamo reimparando l’es-senziale. Come il valore di una scuola ditutti e per tutti, capace di tener conto del-le caratteristiche di ciascuno, fiduciosanella possibilità di chiunque di impararee di migliorare.Per molto tempo è stato sottovalutato odistorto, e troppi – proprio come per i si-stemi sanitari pubblici e per la ricerca

scientifica di base – hanno applaudito di-stratti e distruttori. Ma ora sappiamo cosasignifica avere le scuole chiuse. Sembra-va un problema dei soli Paesi poveri, quel-li massacrati da guerre infinite o da ricor-renti catastrofi ambientali, quelli sotto ilgiogo di poteri determinati ad escludere.Oggi è diventata esperienza anche dell’Oc-cidente ricco, evoluto e più o meno demo-cratico.A marzo l’Unesco, l’Agenzia delle NazioniUnite che promuove l’istruzione e la cul-tura, ha calcolato che più di tre quarti delmiliardo e 500.000 studenti del mondo era-no rimasti senza scuola. Per quanto tem-po e con quali prospettive di ritorno allanormalità non è chiaro neanche a maggio.Non era mai successo, con questa durata

i limiti della didatticaa distanza

FiorellaFarinelli A

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ed estensione, neppure sotto le bombe odopo i terremoti.I costi sociali sono altissimi. Ci sono quellidei genitori di bambini piccoli, le mammesoprattutto, che non possono lavorare per-ché i figli sono a casa. E quelli del manca-to apprendimento che colpiscono gli stu-denti, anche se non tutti con la stessa gra-vità. Secondo alcuni studi, per le troppolunghe vacanze estive i bambini della scuo-la primaria perdono tra il 20 e il 50 percento di quello che imparano in un anno,cosa ci lascerà la lunga chiusura del 2020?Ma non è tutto, la scuola che funziona beneè anche lo spazio pubblico in cui tutti sonoeguali «davanti alla legge», e dove talentoe impegno possono liberare dal destinosociale iscritto nelle condizioni familiari.E poi le relazioni tra coetanei e con gliadulti, tra poveri e ricchi, bianchi e neri,sani e disabili, che insegnano intelligenzae solidarietà, e l’equilibrio così prezioso neidue primi decenni di vita tra bisogno ditutela e desiderio di autonomia. Non chela scuola sia l’unica agenzia educativa, maanche l’educazione familiare ha un granbisogno del controcanto dell’educazionepubblica. E la seconda di una certa distan-za dalla prima.

utilizzo delle tecnologie

Nei paesi che se lo possono permettere, siè cercato di rimediare con la didattica on-line, detta didattica a distanza. Anche inItalia, dove sembrava più problematicoche altrove se non altro per l’alta età me-dia degli insegnanti, tutti hanno dovutomisurarsi con l’utilizzo delle tecnologie.Cantano vittoria gli entusiasti della Dad(dentro, oltre a una parte dei docenti e aun grappolo di pedagogisti, c’è un ampio evariegato mondo di editori, produttori disoftware, giganti delle telecomunicazionicome Google e Microsoft, enti di forma-zione). Sostengono che sarà questo il ca-vallo di Troia per il superamento dell’ob-soleto modello trasmissivo dell’insegna-mento – lezioni-esercitazioni-verifiche-va-lutazione – e dell’ingresso trionfale di unadidattica creativa, interattiva, liberatoria.Tra gli entusiasti anche la ministra del-l’istruzione Azzolina, figlia di un movi-mento che alle piattaforme telematicheavrebbe voluto consegnare addirittura tut-te le carte della partecipazione e del gio-

co democratico. Sono bastate poche setti-mane perché apparisse il rovescio dellamedaglia. Fatto non solo dell’improvvisa-zione dovuta alle circostanze emergenzialidella prima attuazione, ma anche di unadiffusa e tenace tentazione di travasarenel «nuovo» gran parte del vecchio: inclu-si il disciplinarismo, le valanghe di compi-ti, le ansie di programmi smisurati. Ma sea questi limiti si potrà porre rimedio piùavanti, lavorando sulla falsariga delle espe-rienze migliori e sull’analisi delle peggio-ri, la criticità principale sta nell’intreccioforzato tra utilizzo delle nuove tecnologiee homeschooling – cioè nel trasferimentoin toto dell’attività scolastica in ambientedomestico. Perché sparendo la «comunitàdi eguali» dello spazio scolastico pubbli-co, sull’apprendimento e anche sull’inse-gnamento si sono scaricate le diseguaglian-ze della dimensione familiare. Non solol’ineguale disponibilità di devices e con-nessioni (che ora si cerca di risolvere conil modesto impegno degli 85 milioni delDecreto Scuola del 17 marzo) ma la varia-bilità delle abitazioni, in tanti casi privedi spazi dedicabili all’apprendimento, tan-to più per la diffusione dello smartworking. E poi c’è la differenza fondamen-tale – già esaltata dall’eccessiva valorizza-zione dello «studio individuale», ovvero deicompiti a casa – fatta della diseguale di-sponibilità di tempo, attenzione, strumenticulturali necessari ai genitori per suppor-tare l’accesso alle piattaforme e la gestio-ne delle attività dei più piccoli, quelli che,pur «nati digitali», non sono ancora auto-nomi nel rapporto con l’informatica.Non che non lo si sapesse che una cosa èrealizzare nelle scuole «ambienti di ap-prendimento» per la didattica digitale eun’altra è affidarsi alle risorse familiari(secondo Istat 2019 il 14,3% delle famigliecon almeno un minore non ha né compu-ter né tablet, e anche in quelle che ne sonoprovviste è raro che ce ne siano di indivi-duali per ogni componente), né che le di-mensioni medie di un appartamento nonsuperano in Italia gli 81metri quadrati.

diseguaglianze che si aggiungonoa diseguaglianze

Non è una novità, d’altra parte, che anchetra le fasce più giovani della popolazione,quella con figli in età scolare, decenni di

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alti tassi di abbandoni precoci e di per-corsi scolastici poco capaci di svilupparee consolidare gli apprendimenti hanno de-positato livelli troppo bassi di istruzione edi cultura. E tuttavia molti si sono sorpre-si di fronte all’evidenza di una Dad che,nelle condizioni date, scarica altre dise-guaglianze su un sistema scolastico peg-giore di altri per «equità sociale», cioè percapacità di affrancare il successo scola-stico dalle condizioni economiche, socia-li, culturali di origine. Diseguaglianze chesi aggiungono a diseguaglianze, dunque.In cui a pagare i costi più alti sono i piùdeboli. I bambini e i ragazzi più poveri,quelli con problemi di disabilità, quelli conback ground migratorio, ben più del 20%ammesso anche da viale Trastevere.Le notizie che arrivano dalle scuole nonsono buone. Troppi gli studenti che non sisono mai connessi, che partecipano spo-radicamente alle lezioni a distanza, chestentano a stare al passo, che hanno ab-bandonato. E troppi, al momento, i limitidi una didattica on line ancora troppo stan-dardizzata rispetto alla pluralità delle ca-ratteristiche e dei bisogni formativi indi-viduali. La situazione più grave, energica-mente sollevata dai genitori e dalle loroassociazioni, è quella dei ragazzi disabilio con «bisogni educativi speciali», che conla scuola fisica hanno perso anche rela-zioni preziose e stimoli essenziali, e chehanno spesso enormi difficoltà ad adattarsialle tecnicalità e alla manualità richiestadalla Dad. Ma la perdita colpisce tutti.

un’estate insieme

Anche per tutti questi motivi, oltre cheper l’esigenza dei genitori di riprenderele attività lavorative, in tutti i Paesi siguarda con ansia alla riapertura dellescuole. A quando e a come bambini e ra-gazzi potranno ritornarci, sia pure con leprecauzioni che dovranno esserci finchénon si verrà a capo, con terapie e vacci-ni, della maledetta pandemia. Un’ansiache in Italia viene alimentata non solo dal-l’incertezza sul quando e sul come, maanche dall’evidente sottovalutazione daparte dei responsabili istituzionali delbisogno di recuperare da subito, anchein forme leggere e simboliche, il rappor-to fisico con la scuola, i compagni, gli in-segnanti. Si potrebbero almeno salutarli

gli studenti, in spazi aperti e nel rispettodella sicurezza, alla fine dell’anno scola-stico. Si potrebbe dedicare un po’ di tem-po, dopo il 9 giugno, a incontri individua-li o di piccoli gruppi con gli insegnanti.Invece niente, neppure per i mesi estivi,quando molti non potranno andare in va-canza perché i genitori devono lavoraree i nonni, questa volta, non potranno oc-cuparsene.Si dovrebbe fin d’ora organizzare una«estate insieme», come suggeriscono mol-te associazioni, nelle scuole, negli spazipubblici, nei parchi, giardini, strutturesportive e musei deserti, con attività di so-cializzazione, giochi e educazione ambien-tale. Molti in questi mesi hanno subìto di-scriminazioni, esclusioni, sofferenze psi-cologiche, talora anche lutti, non ci si puòlimitare a prevedere soltanto, a settembree ottobre, momenti di recupero didattico.E invece niente, dovranno essere i Comu-ni, le associazioni, il volontariato ad orga-nizzare i «Centri estivi», ma senza impe-gno alcuno delle scuole e degli insegnanti.Una volta stabilito che, grazie alla Dad,l’anno scolastico è «valido» e che, grazie apassaggi all’anno successivo esenti da boc-ciature, non ci sarà spazio per possibiliricorsi, viale Trastevere sembra al momen-to lavarsene le mani. Non va bene. E pre-occupa se per settembre non si fosse ca-paci di prevedere niente altro che un mixtra scuola in presenza e scuola a distanza,con sequenze che potrebbero costringereancora le famiglie a barcamenarsi tra illavoro e la cura domestica dei figli e delloro rapporto con le piattaforme telemati-che. Cosa succederà ai più piccoli, quelliche a settembre entreranno per la primavolta, senza aver mai visto in faccia gliinsegnanti e senza conoscere ancora i lorocompagni, nelle scuole per l’infanzia enella primaria? Anche tra i più convintidelle grandi potenzialità dell’uso didatti-co delle tecnologie, sono ormai in tanti adaugurarsi che il ricorso alla Dad in alter-nativa alla didattica «in presenza» non sianecessario, o almeno che vi si debba ri-correre solo in condizioni di assoluta emer-genza e per periodi brevi. Anche se que-sto dovesse richiedere, per una volta, in-vestimenti straordinari in nuovi spazi fisi-ci e in nuove risorse professionali.

Fiorella Farinelli