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MARIA Mensile sulle opere e sulle missioni dei Padri Maristi Italiani N° 1 - 2 Gennaio - Febbraio 2006

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MARIAMensile sulle opere e sulle missioni dei Padri Maristi Italiani

N° 1 - 2 Gennaio - Febbraio 2006

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Per capire il senso della tavola, èindispensabile risalire al cosiddet-to Protovangelo della Genesi, il

primo annuncio della salvezza contenu-to nel verdetto di condanna del serpenteda parte di Dio: «Io porrò inimicizia trate e la donna, tra la tua stirpe e la suastirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu leinsidierai il calcagno» (Gn 3,15). Ladonna da cui avrà origine la nuova stir-pe è Maria. Grazie al frutto del suo grem-bo verrà ristabilita l’armonia primordia-le, compromessa dal serpente.

Prendendo spunto dal Protovangelo,Michele di Matteo1 immagina che Maria,distesa sul giaciglio e placidamenteaddormentata, sogni il grande alberoedenico con i progenitori nell’atto di vio-larne l’intangibilità, e il serpente avvoltoal tronco. Sospeso ai rami dell’albero,Gesù crocifisso, l’Uomo-Dio della stirpedella donna che con la sua morte schiacciala testa al male mettendo fine all’esiliodell’umanità.

Non c’è commento più adatto al Sognodella Vergine di un testo di Romano ilMelode2. Seguiamolo.I progenitori intuiscono che con Maria ègiunto il tempo del loro riscatto. Evarichiama l’attenzione di Adamo:All’udire la rondine che canta all’aurora,lascia il tuo sonno di morte, Adamo, e alzati.

Ascolta me, tua sposa. Io, che un tempo hoprovocato la caduta dei mortali, ora mi rial-zo. Considera i prodigi, vedi come la donnache non conosce uomo guarisce la nostra feri-ta attraverso il frutto del suo seno. Un tempoil serpente mi ha preso e ha esultato, ma ora,vedendo quelli che sono nati da me, fuggestrisciando. Ha alzato la testa contro di me,ma ora, umiliato, adula e non schernisce,perché teme colui che ha generato la Piena digrazia. A lei risponde Adamo: Riconosco la pri-mavera, donna, respiro le delizie che untempo abbiamo perduto. Ora vedo un paradi-so nuovo, diverso: la Vergine che porta nelsuo seno lo stesso legno della vita, quellosacro, che un tempo i cherubini custodivanoperché non lo toccassimo. E vedendo crescerequesto legno che non si poteva toccare, hosentito, o mia sposa, il soffio vivificante che fadi me, polvere e fango senza vita, un esserevivente. Ora, rinvigorito dal suo profumo,voglio andare da colei che fa crescere il fruttodella nostra vita, la Piena di grazia. Vedendo i progenitori davanti a lei, isuoi occhi si riempirono subito di lacrime.Si trattenne però cercando di vincere la natu-ra, dal momento che al di là della naturaaveva partorito Cristo. Le sue viscere furonoturbate dalla compassione per i progenitori;al Misericordioso conviene una madre mise-ricordiosa. Maria dice loro: Mettete fine ai vostri

iconografia mariana a cura di P. Gianni Colosio

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IL SOGNO DELLA VERGINE(1430-40)

DI MICHELE DI MATTEOTempera su tavola,

Museo, Pesaro

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lamenti, mi farò avvocato presso mio Figlio.Scacciate la tristezza perché ho partorito lagioia. Io, la Piena di grazia, ora vengo perdistruggere la sofferenza. Ho un Figlio mise-ricordioso e molto compassionevole e ne hofatto esperienza [… ]. Pur essendo fuoco, haabitato il mio corpo di spine senza bruciareme misera [… ]. Mettete dunque freno allelacrime, accettatemi quale mediatrice pressocolui che da me è nato. L’autore della gioia èil Dio generato prima dei secoli. State in pacee non soffrite; io, la Piena di grazia, vado dalui. Ciò detto, la Madre si avvicina alBambino divino e lo supplica: Poiché mihai esaltato, o Figlio, con la tua condiscen-denza, la povera umanità cui appartengo tisupplica ora attraverso di me. Adamo è venu-to da me gemendo amaramente ed Eva, afflit-ta, accompagna i suoi lamenti. La colpa ditutto questo è del serpenteche li ha denudati dell’ono-re, perciò mi chiedono diproteggerli. Gesù accoglie le sue pre-ghiere: O madre, è per te eattraverso di te che li salvo.Se non avessi voluto salvar-li non sarei venuto ad abita-re in te, non avrei fattorisplendere da te la mia lucee tu non saresti stata miamadre. È per l’umanità cuiappartieni che abito nellamangiatoia e di mia volontàmi nutro al tuo seno; è perloro che porti tra le tue brac-cia me, che sono invisibile aicherubini. Tu, invece, mivedi, mi porti e mi accarezzicome un figlio, o Piena di

grazia. Ti ho scelto per madre, io, Creatoredell’universo. Cresco come bambino io chesono perfetto veniente dal Perfetto. Sonoavvolto da fasce a motivo di quelli che untempo hanno indossato tuniche di pelli e amouna grotta a motivo di quelli che hanno odia-to le gioie del paradiso e amato la corruzione.Essi hanno trasgredito il mio comandamentodi vita e io sono disceso sulla terra perchéabbiano la vita. Ma se vuoi sapere, o Santa,quanto ancora sto per fare per amor loro,resterai turbata, insieme a tutti gli elementi. A queste parole, Maria è assalita da legit-tima curiosità e apprensione: Se parlo,non ti adirare con me, che sono fango, oCreatore [… ]. Vorrei sapere che cos’è che staiper fare. Non mi nascondere il disegno da tedisposto dall’eternità. Sono io che da sola tiho generato, svelami i tuoi pensieri su di noi,così che possa conoscere anche da questo la

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grazia che ho ricevuto io, la Piena di grazia. Alla domanda della Vergine, Gesùrisponde: Sono vinto dall’amore per l’uomo[… ]. Ti farò conoscere quello che voglio faree avrò cura della tua anima, o Maria. Coluiche tieni con le tue mani, tra poco lo vedraicon le mani inchiodate, perché amo la tuarazza umana. A colui che allatti, altri daran-no da bere fiele; colui che teneramente baci,sarà coperto di sputi; colui che tu chiami vita,lo dovrai vedere appeso ad una croce.Piangerai la mia morte ma, una volta risorto,mi abbraccerai. Tutto questo lo sopporteròvolentieri a motivo della disposizione d’amo-re che ho sempre avuto per gli uomini e cheho tuttora, l’amore di un Dio che non chiedealtro che di poter salvare.All’udire tali espressioni, Maria ha ungemito e supplica: O mio grappolo, gli ini-qui non ti calpestino! Quando sarai cresciu-to, ch’io non ti veda immolato. Gesù la interrompe: Smetti di piangere,madre, su ciò che non conosci. Se questo nonsi compie, tutti costoro per i quali mi suppli-chi saranno perduti. Considera la mia mortecome sonno, madre mia! Dopo tre giorni nelsepolcro, mi vedrai rivivere e rinnovare laterra e i figli della terra. Queste cose annun-ciale a tutti, o madre; di esse fa’ tesoro, su diesse sii regina, per esse gioisci. Obbediente, Maria annuncia ai progeni-tori: Abbiate pazienza ancora un poco. Avetesentito ciò che dovrà soffrire per voi, che michiamate Piena di grazia3…

La tavola di Michele di Matteo, tantosemplice quanto eloquente, rispecchiacon aderenza lo spirito del testo diRomano il Mèlode. Nella dorata nuditàdel fondo spicca l’albero della conoscenza

del bene e del male. Se il tronco reca anco-ra l’antico serpente, nella ramaturadomina il Crocifisso che coi piedi lo cal-pesta, annientandolo. Col collocaredirettamente il Cristo sui rami dell’albe-ro della Genesi l’artista ha voluto ricorda-re la leggenda secondo cui il legno dellacroce sarebbe stato ricavato da esso4. Losguardo dei progenitori è puntato sullaMadre: un’allusione alla sua concretaopera di mediazione tra l’umanità e ilFiglio, che la fantasia dello scrittore siria-no ha magistralmente evocato. ?

1 Michele di Matteo (sec. XV), pittore tardogoti-co con una spiccata propensione al realismo, fuattivo a Bologna dal 1416 al 1447. Di lui si ricor-dano gli affreschi del Battistero di Siena eseguitinel 1447.

2 Romano, il più grande innografo bizantino,nacque a Emesa (Siria) probabilmente da famigliad’origine ebrea. Studiò a Berito (Beirut) dove fuordinato diacono. Visse poi a Costantinopoli finoalla morte (560). Compose un gran numero di Inni(sui temi delle feste religiose dell’anno liturgico)portando a perfezione un genere poetico, di origi-ne siriaca, denominato kontakion (omelia metricadi varie strofe di cui la prima è modello delle suc-cessive). Gli Inni dedicati a Maria sono particolar-mente numerosi e apprezzati.

3 Cit. in Maria, Testi teologici e spirituali dal I alXX secolo, Mondadori Editore, Milano 2000,pp.269-273.

4 La Storia del legno della croce è raccontatanella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. ?

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Anche l'avversione di P. Colin aiprivilegi trae la sua origine daquelle che egli percepiva essere

le necessità dei tempi. Mentre moltiponevano la speranza che la restaurazio-ne avrebbe restituito alla Chiesa il poteree il prestigio di cui godeva prima dellarivoluzione francese, P. Colin trovava ciòdel tutto inopportuno. Il quadrante dellastoria non poteva tornare indietro; unaChiesa potente, ricca e dogmatica avreb-be solo allontanato la gente. Bisognavacostruire una nuova Chiesa che avesseMaria come modello, e che facesse dellapovertà la sua ricchezza [… ].Dove si vede con chiarezza la sua oppo-sizione ad ogni forma di privilegi è nellerelazioni tra la Società di Maria e iVescovi. Le controversie tra i Vescovi e ilclero secolare per questioni di poteri e didiritti erano tristemente note. Quegli epi-sodi addoloravano il Fondatore. A suoparere, la Società di Maria deve essereuna presenza profetica estranea ad ognitipo di rivendicazione; non deve in alcunmodo presentarsi come detentrice dipotere. Per questo, pur essendo unaCongregazione di diritto pontificio einternazionale, non deve mai essere oapparire in antagonismo con i Vescovi oindipendente da essi. Anzi, l'auspicio diP. Colin era che i Vescovi considerasserola Società di Maria come propria("Quanto ai Vescovi, desidero che consi-derino la Società tamquam suam").Egli insisteva affinché, in tutte le operepastorali, i Maristi fossero il più traspa-

renti possibile. Come disse in un'altraoccasione, Maria è ricordata solo quattrovolte nei Vangeli; allo stesso modo iMaristi devono agire in modo tale chesiano messi in evidenza il Vescovo e ilparroco, che si realizzi l'unità dellaChiesa con i suoi pastori titolari: "Nelladiocesi, la Società di Maria non deve atti-rare tutto a sé, non deve operare a pro-prio vantaggio, ma a vantaggio dell'ope-ra comune, l'opera della Chiesa, l'operadei Vescovi, e agire sempre in modo damettere il Vescovo al centro… Fino aquesto momento si è detto che, quando iMaristi lasciano una parrocchia, i parroc-chiani sono più uniti ai loro parroci; chequesto possa sempre essere detto".Colin voleva evitare di dar l'impressioneche le missioni mariste nel Pacifico fosse-ro una riserva di caccia. Si augurava chein quelle regioni i Vescovi assumesseroanche la carica di Provinciali. Su questopunto andava contro l'opinione correntedei Religiosi e parecchi avevano cercatodi dissuaderlo [… ].L'insistenza di P. Colin nel mettere inguardia la Società di Maria da ogniforma di potere tanto nelle sue istituzio-ni quanto nei rapporti con gli altri, nonera solo una questione di politica accortao di buone relazioni pubbliche. Alla basec'era la convinzione che il potere com-promette l'efficacia e l'autenticità dellamissione della Chiesa e che il modo idea-le di essere Chiesa è quello di Maria,docile allo Spirito, umile gregaria e ope-ratrice di unità. ?

spiritualità marista

NO AI PRIVILEGI

di P. Michael Fitzgerald

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Così la descrive uno scrittore:"Viene il caldo e il freddo, la piog-gia e la neve, l'alba e il tramonto,

il sole e la luna, l'ora di alzarsi e di cori-carsi, la fatica del lavoro e il riposo dallafatica, l'ora del pranzo e della cena, e tusei solo, solo, a pensare; e poi i primidolori articolari e l'impossibilità di chi-narsi con agilità; le prime difficoltà nel-l'affrettare il passo per non perdere tramo treno; e l'ansito che poco fa non c'era; eil libro stampato con caratteri troppominuti, e il caffè che dimentichi sul gas, eil gas che dimentichi di spegnere, e lechiavi che uscendo dimentichi in casa, egli auguri che dimentichi di fare, e inomi che ti sfuggono, e i libri letti chenon ricordi più [… ]" (M. Pinchera,Telesforo).

Se la morte non ci pizzica anzitempo, lafragilità e le amnesie del personaggiopincheriano sono inevitabili. Che fare?Ci si può immalinconire, lasciarci osses-sionare dal memento tibi moriendum(ricorda che devi morire), o accettare confilosofia la vecchiaia traendo i vantaggiche pur essa offre. Il nostro Padre Generale ha scritto inproposito alcune considerazioni, valevo-li per tutti. Arriva il momento - afferma -in cui uno deve saper dire: sono troppoanziano per fare quella cosa; rinunciarviè segno di profonda saggezza e di libertàinteriore; c'è un tempo per ogni cosa,dice il biblico Qohelet… La vita non èfatta solo di occupazioni produttive, madi molte altre realtà che danno sapore ainostri giorni terreni, accessibili anche

pagina del direttore

MALEDETTA VECCHIAIA

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(e soprattutto) agli anziani: la dolcezzadei legami famigliari, la conversazionecon amici, la contemplazione dellanatura, l'ascolto di buona musica, glispazi per pregareper sé e per glialtri.

Qualche anzianopuò obiettare: equando non si èpiù autosufficientie afflitti da malat-tie? Risponderei(con convinzione,anche se mi rendoconto che è faciledare consigligodendo ottimasalute): accetta conumiltà la tua con-dizione; hai spesouna vita per glialtri, ora lascia chesiano gli altri a prendersi cura di te edella tua infermità. La decadenza fisicae la sofferenza (inseparabile e insidiosacompagna della nostra natura) ti offro-no l'occasione di un'intimità (privile-giata) col Cristo: unendo la tua soffe-renza alla sua collabori alla redenzionedel mondo.

A chi (per colmo di sventura) si lamen-ta d'essere trascurato dai propri cari,ricorderei (poco convinto, stavolta) latragica solitudine del Crocifisso e le sueparole estreme: Padre, perdona loro per-ché non sanno quello che fanno; poco con-vinto, perché che se esiste un peccato

non perdonabile è quello dell'insensibi-lità verso i genitori anziani.

La scorsa estate ho incontrato nella

Casa di Riposo del mio paese una poe-tessa dialettale, abituale frequentatricedella chiesa del Carmine (Brescia) neglianni in cui vi risiedevo. Le ho chiestocome fosse finita lì. Mi ha risposto,piangendo: Per volontà dei miei otto figli!Otto figli e nessuno l'ha voluta in casa!Alla signora Ersilia (questo il suonome) non ho avuto il coraggio di sug-gerire: "Contempla la natura, ascoltabuona musica ecc… ". Mi sono allonta-nato con una stretta al cuore.Il nostro tempo è davvero al capolinease neppure i figli sono capaci d'un bri-ciolo d'umanità verso chi li ha genera-ti... ?

pagina del direttore

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Cosa accade quando i sei ragazzi diMedjugorje dicono di vedere laMadonna? Fingono o si verifica davveroqualcosa? Per la prima volta nella storia,è scesa in campo la scienza. Non era maiaccaduto in precedenza (ad esempio perLourdes o Fatima) - afferma Socci nel suolibro - sia perché erano altri tempi e lascienza non disponeva di apparecchiatureadatte e di conoscenze utilizzabili; siaperché il protrarsi nel tempo di questofenomeno e la sua regolarità quotidiana,ne fanno un caso straordinario e unasituazione privilegiata per gli studiosi. Le numerose ed accurate visite medico-psichiatriche a cui i veggenti sono statisottoposti escludono fenomeni di alluci-nazione e altre possibili patologie.

Una spedizione scientifica ita-liana. Febbraio-marzo 1984. La dotto-ressa Federica Magatti (anestesista) sot-topone i veggenti ad un'indagine clinicaper valutare la loro sensibilità e reattivi-tà a stimoli sensori, tattili, luminosi edolorifici. Conclusione: prima e dopo leapparizioni essi rispondono, come tutti,agli stimoli; ma durante l'apparizionenon manifestano alcuna sensibilità, nep-pure agli stimoli di tipo doloroso, purmantenendo normalità d'atteggiamento. Il dottor Luciano Cappello ha verificato

tre inspiegabili sincronismi durante l'ap-parizione. Il primo: iniziata la preghieradel Padre Nostro, senza alcun comandopercepibile all'esterno, i ragazzi cadonoin ginocchio nello stesso tempo e inizia ilblack-out sonoro (prima le loro preghie-re erano percepibili acusticamente; oranon più, benché essi continuino a prega-re: ossia muovono le labbra, ma nessunoode il suono). Il secondo: contempora-neamente, e senza alcun comando dall'e-sterno, i veggenti riprendono l'effettosonoro della parlata sempre con le paro-le che sei nei cieli. Essi spiegano che laMadonna intona da sola il Padre Nostro,dopo di che si uniscono a lei. Il terzo sin-cronismo avviene alla fine dell'appari-zione, quando i ragazzi salutano laMadonna: tutti e sei, con assoluto paral-lelismo e contemporaneità dello sguar-do, innalzano gli occhi al cielo come se,visibile solo a loro, seguissero un puntoche si leva in alto.

I dati dell'équipe francese. Ungruppo di scienziati di Montpellier,coordinato dal prof. universitario HenriJoyeux, svolge a più riprese (in marzo,giugno, ottobre, dicembre 1984) unaserie di indagini. Vengono applicatidegli strumenti per controllare i datifisiologici dei veggenti. Si evince che nonvi è alcuna modificazione dei paramentrifisiologi precedenti o successivi all'appa-

medjugorje

MISTERO MEDJUGORJE (seconda parte)la scienza indaga e s'interroga

a cura della redazione

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rizione. In quel lasso di tempo, tuttavia,accade qualcosa di eccezionale che vienerecepito dai sei veggenti, i quali ne sonototalmente assorbiti, perché "i movimen-ti di attenzione del globo oculare deiragazzi cessano simultaneamente all'ini-zio dell'estasi e riprendono immediata-mente alla fine. Durante il fenomenoestatico gli sguardi convergono e c'ècome un faccia a faccia tra i veggenti e lapersona che è oggetto delle loro visioni".Essi affermano che il fenomeno delleapparizioni di Medjugorje si rivela scien-tificamente inspiegabile; i veggenti spe-rimentano uno stato di contemplazione edi comunicazione con una personadistinta che essi solo vedono, odono epossono toccare.

Una seconda indagine italiana.Ha luogo nel marzo e settembre del 1985.Medici coordinatori sono Luigi Frigerioe Giacomo Mattalia. Giungono alle stes-se conclusioni dell'équipe francese, conl'aggiunta di alcune osservazioni nuovee interessanti derivate dallo studiopupillometrico dei veggenti. "La pupilladi un soggetto normale - osservano - sidilata quando si verifica una riduzionedella luce ambientale e si restringe quan-do la lux-metria aumenta". Dunque, acondizioni immutate di luce non dovreb-be esserci alcuna variazione dei diametripupillari. Sottoposta ad esame la pupilladi Marija (una delle veggenti), si scopreche prima dell'estasi presenta un diame-tro pari al 36% del diametro totale dell'i-ride; durante l'estasi si è dilatata al 55%e, dopo, scende al 32%. Stessa cosa pergli altri veggenti. Poiché le condizioniesterne di luminosità sono rimasteimmutate prima, durante e dopo l'estasi,la variazione è da attribuire ad un even-to esterno, a una presenza percepita solodai veggenti. Il neurofisiologo MarcoMargnelli ha utilizzato a Medjugorje ilpoligrafo psicofisiologico (una sorta dimacchina della verità), per stabilire se iveggenti mentivano. La sua diagnosi:posso concludere che non c'è frode o simula-zione.

Fatti inspiegabili. Sono numerosi:fenomeni luminosi nel sole (2-4 agosto1981), la scritta Mir (pace) apparsa incielo, la rotazione della croce sulla colli-na e la sua momentanea sparizione, ilcolossale incendio (visibile da tutti sulla

Natale 2005 a Medjugorje

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collina delle apparizioni), del quale ipompieri, accorsi, non trovarono tracciaalcuna. Suggestione collettiva? Difficilecrederlo, dal momento che diversi eautorevoli testimoni hanno sostenutocon fermezza la loro versione dei fatti (ein quel periodo - commenta Socci - testi-moniare pubblicamente di aver vistofenomeni del genere a Medjugorje signi-ficava andare incontro a pesantissimeconseguenze). Senza parlare dei molticasi di guarigione prodigiosa. Ma - fattoancor più sorprendente - di essi "non sene sa nulla perché la vera guarigione chesi ritiene sia venuta a portare laMadonna apparendo in questo borgo, èla guarigione dal male, dal peccato, dal-l'odio, la guarigione dalla disperazione edall'angoscia, quella guarigione che èdata dal perdono di Dio, dalla graziadella conversione e della fraternità, dallapreghiera e dai suoi frutti, primo deiquali la pace" (p.107).

Alcune considera-zioni conclusive.I veggenti di Medjugorjesono ragazzi del tuttonormali. All'improvvisoiniziano (senza fanatismi)un serio cammino di con-versione; conducono unavita di preghiera e peni-tenza che una dura perse-cuzione, le sofferenze, gliostacoli e gli obiettivipuntati su di loro nonriescono a scalfire.Tale perseveranza eimpegno presupponesiano testimoni di fatti

straordinari."Quando è iniziato il fenomeno, era tut-t'altro che gratificante trovarsi sotto iriflettori, esposti alle calunnie (e alleangherie) del regime e dei mass media,alla diffidenza degli stessi ecclesiastici epure dei vicini e dei parenti, allo schernodei coetanei. Oggi poi - che potrebberodavvero essere delle star e diventare per-fino dei fenomeni della società mediatica- nessuno dei sei veggenti si è mai fattosedurre. Tutti vivono in modo semplice ediscreto, proteggendo gelosamente laloro vita personale e familiare dai tanticuriosi e dalla voracità dei media, senzamai proporsi come primedonne nemme-no a Mejugorje dove tutta l'intensa vitacristiana dei (milioni e milioni di) pelle-grini e degli abitanti ruota attorno allachiesa, alla parrocchia e ai tanti momen-ti di preghiera guidati dai frati e noncerto attorno a loro" (Socci). ?

Veduta di Medjugorje

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solidarietà in buone mani

E’ stato a contatto con la povertàpiù assoluta Padre Arturo Buresti,il parroco della Misericordia di

Castiglion Fiorentino (Arezzo) che nelloscorso ottobre è stato in Perù. Era il suo17° viaggio in quella terra con l'obiettivodi controllare i progetti di solidarietà giàiniziati. Padre Buresti ha incontrato itanti ragazzi che ogni giorno, grazieall'azione dell'Associazione Solidarietà inbuone Mani fondata da lui stesso, posso-no avere un panino e una tazza di latte.Ma per loro sono tanti i bisogni da sod-disfare. Per esempio in un refettoriomanca l'acqua, quindi saranno necessarilavori di adduzione ma anche tavoli esedie.Anche la questione delle adozioni adistanza deve essere tenuta sotto con-trollo perché spesso, purtroppo, i bambi-ni muoiono o non tornano più a scuola.In questi casi le assistenti sociali provve-dono a introdurre nuovi ragazzi in modoche i soldi inviati dai benefattori vadanosempre a buon fine.

Ma l'attenzione di Padre Buresti edell'Associazione è concentrata anche suun'altra terra, questa volta africana. Sitratta del Senegal e in particolare diDakar dove sorgerà la scuola di Arti eMestieri voluta dal compianto campionedi motociclismo Fabrizio Meoni, casti-glionese scomparso lo scorso 11 gennaiodurante la Parigi-Dakar. Fabrizio hafatto tanto per l'Africa e adesso la sua

volontà trova continuità nell'azione ditanti amici. La scuola di Arti e Mestieriera un suo desiderio e durante la prossi-ma Parigi-Dakar, una tappa sarà proprioprogrammata all'interno del terreno cheospiterà la scuola.La scuola Arti e Mestieri intitolata aMeoni comprenderà una piazza centrale,luogo tradizionale di aggregazione comenei paesi e nelle città, e intorno aule eatelier, strutture di appoggio (parcheggi,primo soccorso, alloggi per professori estudenti, mensa, biblioteca), strutturesportive, strutture agricole e strutturetecniche. La grandezza del terreno per-metterà di avere a disposizione campiper le coltivazioni.

Tutti possono contribuire a questiprogetti di solidarietà. È possibilefare versamenti nel Conto Correnten. 306976 intestato ad AssociazioneSolidarietà in Buone Mani Onlus BancaValdichiana - Credito Cooperativo ToscoUmbro CAB 71410 e ABI 08489 oppu-re Conto Corrente postale 59558320intestato ad Associazione Solidarietà inBuone Mani Onlus, località Manciano38, 52043, Castiglion Fiorentino (Ar).Si ricordano i due siti internet neiquali è possibile trovare tutte le infor-mazioni sui progetti: www.fabriziomeoni.it e www.solida-rietainbuonemani.it ?

A CONTATTO CON LA POVERTA’di Simona Buracci

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Questo breve articolo si propone di farealcune considerazioni e riflessioni su unodei grandi drammi del Novecento:l'Olocausto. Queste poche righe nonhanno grandi pretese, anche perché sul-l'antisemitismo e la Shoah esiste ormaiun'ampia letteratura; infinite sono le dis-sertazioni che esaminano le diverse pro-spettive: si passa dalla descrizione dell'e-sperienza personale del lager ad analisistorico-politiche, a riflessioni filosofichesull'etica, ecc. Noi vorremmo semplice-mente far luce su quella che fu una trage-dia dell'umanità e uno degli eventi piùsconvolgenti della storia per trarre degliinsegnamenti positivi ed utili.

Il Viaggio della Memoria è stato ilpunto d'arrivo di un progetto che avevanon poche ambizioni. Gli organizzatoridel Comune (di Roma) si erano, infatti,proposti di ridare memoria alla deporta-zione del Ghetto romano, evento quasidel tutto sconosciuto alle nuove genera-zioni, e di offrire a noi giovani utili spun-ti di riflessione e di crescita interiore. Lascelta del viaggio come termine di que-sto cammino è stata, poi, molto felice. Selo studio della storia ha un difetto è pro-prio quello di essere confinato, troppevolte, dentro un libro. Al contrario averevisto con i nostri occhi certi luoghi e aver

avuto la possibilità di confrontarci tra dinoi e con studenti di altre scuole romaneci ha fatto comprendere come dietro asemplici righe d'inchiostro vi siano storiereali di persone e di popoli.

Un'esperienza stimolante. Siamorimasti, inoltre, positivamente colpitidall'ottima organizzazione, che, se da unlato ci ha un po' provato fisicamente,dall'altro ci ha permesso di seguire unitinerario logico e compiuto. Inutile sot-tolineare l'ottima preparazione e deinostri accompagnatori e delle personeche hanno tenuto seminari sull'argomen-to e delle guide che hanno dimostratouna sincera empatia verso questi temi.Altro fattore che abbiamo notevolmenteapprezzato è stato il vedere un coinvol-

esperienze

“SE COMPRENDERE E’ IMPOSSIBILECONOSCERE E’ NECESSARIO”

Alunne della Classe III - Liceo ClassicoIstituto San Giovanni Evangelista di Roma

L’ingresso al campo di Auschwitz

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gimento da parte di scuole di ogni ordi-ne, quasi una democratizzazione nelprogetto che ha portato alla partecipa-zione di studenti provenienti da tuttaRoma, con una conseguente osmosi dipensieri e di realtà diverse. Unico verostrumento per combattere l'intolleranza.Personalmente tutti noi abbiamo trovatomolto stimolante questa esperienza, ciauguriamo pertanto che nei progettifuturi possano partecipare ancora piùstudenti.

Le parole del sindaco di Roma."Questo modo di vivere per i ragazzi ilviaggio come parte di un progetto edu-cativo che stanno facendo nelle scuole e,al tempo stesso, la possibilità di recarsinei campi di concentramento diAuschwitz-Birkenau con i testimoni che

possono raccontare direttamente ciò cheè stato vissuto, dà loro una emozione euna voglia di capire e di approfondireche poi li accompagna per un lungo trat-to della loro vita". Così il Sindaco di Roma, Walter Veltroni,ha spiegato, poco prima di imbarcarcidallo scalo di Fiumicino di Roma sulvolo per Cracovia, l'importanza delViaggio della Memoria che portava 204studenti romani a visitare i campi diconcentramento di Auschwitz-Birkenaudove furono sterminati dai nazisti unmilione e mezzo di persone, la maggiorparte dei quali ebrei deportati. "Per mequesto è il terzo viaggio nell'ambito delprogetto Noi ricordiamo, promosso dalCampidoglio a cui quest'anno partecipa-no 51 istituti superiori di Roma - ha spie-gato Walter Veltroni - e devo dire che in

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Il sindaco di Roma Walter Veltroni e noi

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tutti i ragazzi che sono venuti, ho vistoche è stato l'inizio di qualcosa. Tornandoda questi viaggi hanno riportato indietrole emozioni che sono già queste una levamolto importante per poi passare allarazionalizzazione, e poi tanti interrogati-vi, tanta voglia di approfondire, capiredi più - prosegue il Sindaco di Roma - infondo diciamoci la verità, ancora oggi èdel tutto inspiegabile alla ragione di tuttinoi come sia potuto accadere uno dei piùgrandi genocidi che si ricordi nella sto-ria; ancora oggi, a distanza di così tantotempo, si scrivono tanti libri per cercaredi capire la follia e l'orrore nel quale ilmondo è precipitato sessant'anni fa".

Sui luoghi dell'Olocausto. Tra noistudenti in procinto di imbarcarci suidue voli charter dell'Alitalia diretti aCracovia, c'era tanta emozione. Unavolta giunti nella città polacca il giorno 9ottobre e dopo esserci sistemati in unalbergo al centro della città, abbiamovisitato il grande quartiere ebraicoKazimierz e la sua sinagoga Temple,dove il sindaco non solo ha incontratonoi giovani, ma anche il rappresentantedella comunità ebraica. Il giorno seguen-te, lunedì 11 ottobre, abbiamo invecededicato una giornata intera alla visitadei due campi di sterminio Auschwitz-Birkenau. Per noi questa è stata unagrande opportunità che ci ha aiutato acomprendere meglio cosa è veramenteaccaduto in questi luoghi. A raccontarcigli orrori avvenuti nei campi di concen-tramento sono stati, infatti, alcuni testi-moni sopravvissuti, tra i quali PieroTerracina, Shlomo Venezia, Sami

Modiano, le sorelle Bucci, EnzoCamerino, giunto appositamente dalCanada e tanti altri. Ma solo una voltatornati ci siamo resi davvero conto dellaportata dell'esperienza che avevamoappena vissuto. Ci siamo sentiti orgo-gliosi di aver potuto prendere parte aquesto viaggio perché ciò che fino a ieriavevamo saputo della Shoah era soloquanto avevamo appreso sui libri; men-tre adesso, non solo possiamo ricordaredi aver visto con i nostri occhi i campi diconcentramento, ma abbiamo avutoanche la possibilità di ascoltare le testi-monianze direttamente da alcuni di loroche si sono riusciti a salvare.

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Birkenau, le rotaie della morte

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Il futuro è nel dialogo. L'ultimatappa del nostro viaggio è stato l'incon-tro avuto l'ultimo giorno della nostrapermanenza, martedì 11 ottobre, inPolonia nella chiesa della SantissimaMaria Vergine a Cracovia. C'è un dove-re della memoria e del dialogo cheserve per non ripetere gli errori e gliorrori del passato. Su questo puntohanno insistito e concordato il sindacodi Roma Walter Veltroni e l'arcivesco-vo Stanislaw Dziwisz. L'incontro si èsvolto in un clima di grande familiaritàcon l'arcivescovo Dziwisz per il grandeaffetto per Roma. E proprio sull'inse-gnamento di Wojtyla, che ha sempreesortato al dialogo e al dovere dellamemoria storica, si sono soffermatiDziwisz e Veltroni. Si è ricordato ilgrande gesto di Giovanni Paolo II che,visitando la Sinagoga di Roma e incon-trando l'allora rabbino Elio Toaff,

aveva chiamato gli ebrei fratelli maggio-ri. ''La ricerca del dialogo e la compren-sione che superi le ragioni della guerrae del conflitto è uno dei suoi più gran-di insegnamenti. Il futuro è nel dialogo.Nessuna cultura o religione è superiorealle altre''. "Non possiamo dimenticareAuschwitz - ha detto Dziwisz - il vostroè stato un viaggio per mantenere vivala memoria degli eventi tragici, perricordare il dolore e la morte di vittimeinnocenti dell'odio. La Shoah fu un attodisumano''.

Ricordare è crescere. Si sa, oggisiamo un po' tutti viaggiatori, ma trop-po spesso il viaggio è un alibi, un ane-stetico alle proprie insicurezze se nonuna fuga da se stessi e dai problemi.Ma noi adesso vogliamo testimoniare,anche a nome dei nostri compagni,l'importanza, la ricchezza, la profondi-

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tà, la tensione e l'entusiasmo di un viag-gio speciale, il nostro viaggio nei luoghidella memoria: da Roma, noi romani ecustodi del ricordo di una tragedia cheappartiene in primo luogo alla nostracittà, ad Auschwitz-Birkenau. In questopercorso culturale ed umano abbiamotrovato un filo rosso che lega tutte lestragi dalle deportazioni ai campi di ster-minio, un filo rosso che non è soltanto lascia insanguinata delle vittime innocenti,

né tanto meno l'assurdo desiderio divendetta di chi è sopravvissuto: noiabbiamo le capacità e i mezzi per poterdivulgare, diffondere la conoscenza deifatti e promuovere permanentemente lariflessione su di essi. Se è vero, comeafferma Platone, che la vera conoscenzaè reminiscenza, è altrettanto vero chericordare ci fa conoscere e ci fa crescere.

Questo perché la memoria non è unalastra fotografica che si limita a copiaresterilmente il passato, ma, ricordandolo,lo ricostruisce, lo seleziona, lo aggiorna.Insomma, ricordare avendo consapevo-lezza dei tragici errori del passato, per-mette di creare qualcosa di nuovo, qual-cosa di buono e di migliore, sì, un futuromigliore. Il percorso ora deve diventareprogetto: a noi giovani, il compito diascoltare queste voci, a noi l'impegno di

strappare quelle vite spezzate all'ineso-rabile dissolvenza del tempo, all'oblio. Efarle parlare. Circa l'impegno degli studenti dellescuole romane che hanno visitato fino adoggi i campi di concentramento inPolonia, Veltroni ha ricordato che sonoproprio i giovani, una volta tornati daiviaggi della memoria, a svolgere con

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Auschwitz

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grande devozione il lavoro più impor-tante. "Ogni anno organizziamo dellemostre con i loro lavori - ha aggiuntoVeltroni - tra cui quadri, poesie, fotogra-fie proprio per ricordare gli aspetti piùsignificativi di queste esperienze. Quindiè anche un modo per 'accendere' dentrodi loro una domanda di senso, di ragionigrandi; insomma, sono sempre delleesperienze bellissime, anche per me chevado per la terza volta".

E ricordiamo… affinché non siripetaSono molte le atrocità nel mondo e mol-tissimi i pericoli.Ma di una cosa sono certo: il male peg-giore è l'indifferenza.Il contrario dell'amore non è l'odio, mal'indifferenza; il contrario della vita non è la morte, mal'indifferenza; il contrario dell'intelligenza non è la stu-pidità, ma l'indifferenza.È contro di essa che bisogna combatterecon tutte le proprie forze.E per farlo un'arma esiste: l'educazione.Bisogna praticarla, diffonderla,condividerla, esercitarla sempre edovunque. Non arrendersi mai.

(Elie Wiesel, Premio Nobel per la pace, 1986)

Formare le coscienze. Tutte leriflessioni che abbiamo fatto finorasarebbero perfettamente inutili se rima-nessero sterili e non servissero invece acapire meglio la realtà in cui viviamo per

poterla conoscere, giudicare e affrontaremeglio.Ma se è impossibile comprendere quan-to è accaduto perché le parole e le azionidei nazisti furono "contro umane", noiabbiamo comunque il dovere di sapereciò che è accaduto, per tentare di capirequali furono le radici malate che condus-sero a tali aberrazioni e follia. Perché ciòche è importante, di fronte ad eventi cheriguardano la storia di un gruppo, di unpaese o di più nazioni, è che se ne con-servi una memoria collettiva e non soloindividuale. Per far sì che resti traccia delpassato per poi costruire un futuromigliore, affinché l'oblio non inghiottiscatutto. Oggi più che mai la nostra societàè proiettata nel futuro e se da un latopositivamente spinge tutti a guardareoltre e "puntare sempre più in alto", dal-l'altro, negativamente, facilita la perditadel passato, e dunque, la perdita dimemoria, perché il passato rimane qual-cosa di vecchio, obsoleto, superato e allafine inutile. Ma perdere la memoriasignifica perdere la propria identità. Lamemoria è la costruzione della nostraidentità. Dobbiamo allora adoprarciaffinchè l'oblio non abbia la meglio. Inche modo? A livello collettivo esistonotante iniziative atte a salvaguardare lamemoria storica, quali i musei, l'istitu-zione delle ricorrenze, le varie rievoca-zioni e celebrazioni, ecc. Tutte questecose sono ottime eppure a volte nonbastano. Questo spesso accade perchéciò che è veramente fondamentale è for-mare delle coscienze, soprattutto nei gio-vani. Purtroppo non sappiamo quantoquesto avvenga e in che misura…

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Questo è un grande, delicato compitoche, dopo la famiglia, è affidato soprat-tutto alla scuola; essa dovrebbe fornirenon solo istruzione, ma anche e soprat-tutto educazione. Altrimenti a che serve"imbottire" i ragazzi di nozionismo sepoi non si è appreso veramente niente?Che cosa possiamo fare, dunque, affin-ché non si ripetano più tragedie comequella dell'Olocausto? Questo è il mini-mo che possiamo fare, ma almeno faccia-molo. Dobbiamo credere che le cose pos-sono cambiare o non cambieranno mai.Nessuno dovrebbe mai spegnere la spe-ranza.

Il bene esiste. Anche gli eventi piùnegativi hanno almeno un aspetto positi-vo: possono illuminarci sui veri valori,possono insegnarci la verità dell'uomo edella vita. Chi è passato indenne attra-verso le tempeste della vita e ha speri-mentato il male dell'uomo e vissuto ildolore, di conseguenza conosce il beneperché comprende ciò che veramenteconta e vale nella vita, e sa quali sono ivalori imprescindibili intrinseci nell'uo-

mo. Così, passando attraverso le tenebredell'uomo e le mostruosità che ha gene-rato, vorremmo considerare quella chepuò essere invece la sua luce, perchécerte ignominie non si ripetano più. C'èchi ha detto che dopo Auschwitz nonsarebbe stato più possibile scrivere poe-sie… non si sarebbe potuto più crederenell'uomo e nella bellezza… Questohanno sostenuto e tuttora sostengono ipiù pessimisti. Ma noi preferiamo gliottimisti. L'uomo è davvero un grandeinsondabile mistero. La storia ci offreesempi di ignoranza e infame miseriamorale e spirituale, così come modelli

esemplari di virtù e illuminatasaggezza. Noi crediamo,comunque, che l'uomo non siaun coacervo indomabile diistinti e passioni, ma che conun'adeguata istruzione ed edu-cazione sia possibile un cammi-no di maturazione e progressio-ne personale. Crediamo altresìche sia possibile un progressodella civiltà, anche se moltolento e faticoso. Le ragioni percadere nel pessimismo certonon mancano. Basta osservare

come accadano ancora tante barbariesotto i nostri occhi increduli o indifferen-ti. Eppure il bene esiste. E, come recitaun noto proverbio orientale "fa piùrumore un albero che cade piuttosto cheuna foresta che cresce". Noi, malgradotutto, siamo per la speranza e vogliamoessere ottimisti. Vogliamo credere nel-l'uomo, nonostante tutto. Questa è lanostra sola ed unica speranza.Altrimenti, che senso avrebbe la vita? ?

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Divise dei deportati

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Un apostolo eroicoChi era Lejeune? Ricostruiamo la suavita attingendo al panegirico tenuto daP. Leopold Gonner il 6 dicembre 1976,nel centenario della sua nascita (anchequesto documento proviene dagli archi-vi maristi).

Nasce il 12 gennaio 1876 a Petitvoir.Comincia gli studi dai Maristi a Differt(Belgio) e li completain Inghilterra eFrancia. È ordinatosacerdote nel 1901.Parte missionario l'8settembre dello stes-so anno. Destinazione: isoleFigi. S'impegna adimparare la lingua.In quanto più giova-ne, ha il compito divisitare le stazionimissionarie più

distanti. Scriveva: Ciò che sfianca maggior-mente sono i viaggi. Si passano intere gior-nate a salire e scendere montagne, fradicifino alle ossa di sudore e di pioggia. Quandoalla sera si arriva in un villaggio, per sfa-marsi c'è un boccone di igname cotto nell'ac-qua; per dormire, una stuoia con una scarpaavvolta nei calzoni come cuscino. Si occupadel bene spirituale degli indigeni giàconvertiti, ma cerca di conquistarne altri

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P. LEON LEJEUNEMISSIONARIO MARISTA LEBBROSO

a cura di P. C. M. Schianchi

Imponente figura di missionario quella di Léon Lejeune. L'archivista della CasaGeneralizia, Padre Carlo Maria, ci ha passato una sua lettera scritta dal leb-brosario di Makogai. Come costaterete, non vi è alcun accenno alla sua malat-tia; descrive, con l'entusiasmo di un missionario giovane, il ministero che svol-ge tra i malati. Una seconda lettera, anonima, racconta la Professione religiosadi una giovane Suora lebbrosa a Makogai; in lei possiamo vedere riflessa l'eroi-ca abnegazione di anonime e folte schiere di missionari e missionarie che sul-l'esempio di Cristo hanno dato tutto, anche la propria vita.

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alla fede. L'antropofagia non è più prati-cata, ma molti indigeni sono ancora deiveri selvaggi. Deve, come tutti i missio-nari del tempo, eseguire lavori di ognigenere. Lui stesso scrive che funge orada architetto, ora da impresario ora daoperaio; quasi tutte le stazioni missiona-rie delle Figi hanno edifici costruiti conle sue mani. Crea una scuola di catechi-sti; ben presto 150 di essi vanno nei vil-laggi a presiedere le preghiere, a prepa-rare al Battesimo e, quando necessario, aimprovvisare una predica. P. Lejeunesapeva infondere in essi lo zelo e la fededel missionario.Torna in patria nel 1925, dopo 24 anni diassenza, per una breve vacanza. Al rien-tro, riprende la sua attività. Stavolta gli èaffidato anche il compito di promotore

del clero indigeno. Il 16 aprile 1938 lecampane di Figi suonano a festa perl'Ordinazione del primo sacerdote indi-geno, nipote di un autentico mangiatored'uomini.Il Padre non ha la gioia di assistervi: è giànell'inferno di Makogai, lebbroso tra ilebbrosi. Nel 1935 accusa un malesseregenerale: risente di un insistente pruritoalla testa, gli compaiono delle piccolechiazze sul braccio sinistro. Si fa visitareda un medico. Il responso: lebbra. Unospecialista conferma la diagnosi.Dev'essersi contagiato a contatto con ilconfratello Xavier Nicouleau, un altroPadre Damiano che morirà anche lui leb-broso a Makogai. Cosciente del male, ilPadre scrive: Mi rassegno alla volontà diDio. Accetto fin d'ora tutto quello che glipiacerà mandarmi. Gli chiedo solo una cosa:di poter celebrare la Messa e recitare il mioBreviario fino alla fine. La sofferenza fisica època cosa… Con questi sentimenti s'im-barca per Makogai, l'isola destinata dalgoverno inglese ai lebbrosi del Pacifico.È l'isola della morte lenta, dei sepoltivivi, ma anche l'isola della speranza,della carità al servizio dei più miserabilitra gli uomini. Là si dona senza riserve aifratelli, si fa tutto a tutti offrendo unmirabile esempio d'accettazione del pro-prio stato, con immutata serenità. Attivocome non mai, traduce in lingua figianai libri d'istruzione religiosa e dei canti,forma catechisti e maestri di scuola indi-gena, mette su una bella corale e orga-nizza magnifiche cerimonie liturgiche,ricostruisce la chiesa di un villaggio vici-no a Makogai. Il suo zelo e il buon umoredanno presto frutti: amministra molti

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P. Léon Lejeune

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Battesimi e vede i compagni di sventuraritrovare la fiducia che avevano perso. Passa 15 lunghi anni di sofferenza e disacrificio. Nel gennaio 1951 celebra lasua ultima Messa. Soffre moralmente dinon poter più continuare il suo intensoapostolato, ma in un gesto di perfettoolocausto offre tutto a Dio per le missio-ni. Offrire la vita per le missioni era ilsogno del piccolo Léon, pastore di peco-re nel villaggio di Petitvoir. Ha realizza-to il suo ideale. Torna alla Casa del Padreil 19 maggio 1951.

La lettera dal lebbrosarioMakogai 20 giugno 1947.Mi trovo qui nella stessa situazione di unsacerdote in una località di 650 abitanti,dei quali circa duecento cattolici. Conuna differenza: il parroco e i suoi fedelihanno tutti la lebbra, come i pagani e iprotestanti in mezzo ai quali vivono.Particolarmente consolante, in quest'am-biente, è il lavoro del sacerdote. Questipoveri malati si mostrano aperti alla gra-zia e le conversioni sono numerose,anche se il lebbrosario ha le caratteristi-che laiche di un istituto governativo. I9/10 dei malati arrivano protestanti: nonhanno mai sentito una buonaparola sulla religione cattoli-ca. Se vogliono convertirsi, leloro famiglie di solito fannotutto il possibile per dissua-derli. Tuttavia vi sono sem-pre delle anime ben disposteche sfidano tutto per rispon-dere all'appello della grazia.Così, l'ultima Pentecoste,sedici dei nostri lebbrosi

hanno fatto la loro Prima Comunione;sui sedici, solo due erano cattolici dinascita; gli altri quattordici erano con-vertiti, battezzati il Natale precedente(dal mio internamento nel lebbrosario, il29 settembre 1935, abbiamo avuto 281Battesimi di adulti). La diversità dellelingue rende spesso molto difficile lapreparazione al Battesimo; tra i 16 citatisopra, uno era cinese, due delleSalomoni, due indiani, due figiani, quat-tro tongani, quattro isolani dell'arcipela-go Cook. I più conoscono il figiano e l'in-glese. Ma per il cinese e i tongani hodovuto cercarmi un interprete. A questineofiti è necessario dare un'istruzionesolida…A Makogai il ministero è interessante.Tutte le mattine circa ottanta personepartecipano alla Messa e molti fanno laComunione. Prima della preghieracomunitaria si recitano due diecine diRosario fino all'Elevazione. Tutti si uni-scono alla preghiera prima dellaComunione. Dopo la Comunione sicanta un inno e si lascia qualche minutoper le devozioni private. La sera, pre-ghiera in comune con una diecina delRosario e un canto. Come vedete, non c'ètempo per annoiarsi.

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Un’istantanea dal lebbrosario di Makogai

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La musica è uno dei mezzi più efficaciper attirare le anime a Dio. A Figi abbia-mo dei bei canti. Io approfitto del mioisolamento per trascriverne le parti perle varie voci. Il frutto del mio lavoro èstato stampato a Lione e ci è pervenutosei mesi or sono. I nostri canti, a due, tre,quattro voci, sono davvero belli, soprat-tutto se si considera che sono eseguiti da

lebbrosi, per la maggioranza dei quali lalingua figiana presenta le difficoltà pro-prie di una lingua straniera… È questaatmosfera religiosa che, unita alla dedi-zione instancabile delle Suore, attira aDio le anime ben disposte. La segrega-zione dal mondo favorisce il raccogli-mento e la pietà. Non ho esitato a lancia-re tra i nostri malati due iniziative cheprosperano: il Terz'Ordine di Maria checonta 32 iscritti e la Crociata Eucaristicacon 68 aderenti. Le due organizzazionimantengono la fede, lo spirito di sacrifi-cio e la gioia nel nostro lebbrosario di

Makogai… (P. Léon Lejeune).

Makogai, Suor Rufina, lebbrosa,pronuncia i voti perpetui. Il 25 aprile 1925 Filomena, suora indige-na delle Piccole Suore, è stata colpitadalla lebbra dopo 14 anni d'indefessaattività a Makogai. Appena una settima-

na dopo è arrivata Rufina,novizia del nostroNoviziato delle PiccoleSuore indigene di Solevu,anche lei colpita dal terri-bile male. La Provvidenzasembra aver riunito que-ste due Piccole Suore per-ché possano sostenersi avicenda e perché il loroisolamento in mezzo aimalati sia meno crudele.Grazie alla presenza dellaconsorella maggiore,Monsignore ha autorizza-to Rufina a continuare ilsuo Noviziato. Nel 1929 Rufina ha pro-

nunciato i suoi voti religiosi annuali. Il26 febbraio è stata una grande festa: lanostra Maria Rufina ha pronunciato ivoti perpetui, circondata da SuorFilomena - la nostra cara lebbrosa daicapelli bianchi - e dalle altre Suore. Conquale forte emozione questa cara ragaz-za ha risposto alle domande del cerimo-niale rivoltele dal reverendo PadreGonnet, delegato di Monsignore. Inutile dire che Suore, Piccole Suore efanciulle erano vivamente impressionatenel vedere che la malattia più implacabi-le del mondo non aveva impedito una

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Una vecchia foto del lebbrosario con le suore

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bella vocazione. All'uscita dalla cap-pella le piccole fanciulle lebbrosesono venute spontaneamente adabbracciare la loro maestra. MariaRufina è davvero una piccolamamma per questa ventina di fan-ciulle esiliate dai loro paesi e dalleloro famiglie: è tutta dedita a loro: lecura, le coccola, le corregge, fa lorolezione, insegna loro a cucire i vestiti.Anche le ragazze di fede protestantehanno voluto assistere alla cerimonia. Durante i dieci giorni di Ritiro prepa-ratorio ai voti, Rufina ha dovutonecessariamente occuparsi delleragazze, ma tutte hanno rispettato ilsuo silenzio. Per non distrarla, nessu-na ha parlato o alzato la voce… SoloLita, la più piccola, di tre anni, non siè rassegnata alla separazione. Restavaaccovacciata alla porta della piccolacamera dove Maria Rufina si ritiravadurante il giorno; la bimba aspettaval'ora in cui le portavano il pranzo pervederla almeno dalla soglia. Poi se neandava per il villaggio dicendo, e per-sino cantando a squarciagola: è proibi-to parlare a Rufina, è muta.Ma la sera della ceri-monia, che scoppio digioia! Le ragazze ave-vano preparato unaspecie di arco di trion-fo con ogni sorta dighirlande e, sotto, lesedie per le nostredue Piccole Suore.Hanno anche improv-visato un coro conclu-sosi bruscamente per

una pioggia torrenziale, che non hadanneggiato più di tanto la cerimo-nia perché era l'ora d'andare al festinopreparato in onore di Rufina.Le due Piccole Suore lebbrose fannoun bene immenso. La loro sola pre-senza fa interrompere conversazionio gesti più o meno disdicevoli. Senzadubbio la lontananza dalle loro con-sorelle dev'essere penoso per loro.Sono molto amate da tutti. MariaFilomena è dolce, paziente e buona…La si trova sovente al letto dei malatiterminali e gli parla con bontà. È sol-lecita con tutti senza distinzione dirazza o di religione. Anch'essa, comeRufina, è sfigurata dalla lebbra; maciò nondimeno la generosità dientrambe è immutata. Con le ragazzetengono in ordine la sacrestia di P.Lejeune e la cappella dei lebbrosi,lavano e stirano la biancheria deinostri pazienti. Insomma, possiamoringraziare il buon Dio per averceledate e ammiriamo i disegni della divi-na Provvidenza che sa trarre un gran-de bene da un grande male… ?

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Makogai: le suore impegnate nel giardinaggio

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laicato marista

GIORNATE DI SPIRITUALITA’PER LAICI MARISTI

S. FEDE, 7-9 OTTOBRE 2005a cura dei laici di Cavagnolo

Ciò che sembrava un sogno, ciò che sembrava una sfida lanciata contro ogniumana previsione è diventato realtà: una quarantina di amici maristi si sonotrovati con alcuni padri responsabili dei diversi gruppi, per vivere insiemeuna straordinaria esperienza di comunione e di approfondimento del carisma.Erano presenti le realtà di Marconia, Alfonsine, Castiglion Fiorentino,Moncalieri e Cavagnolo.

Il programma. Ci siamo trovati la seradel venerdì e, dopo cena P. Antonio Airò(responsabile per i Padri del laicato alivello nazionale) ci ha presentato il pro-gramma delle giornate. E' quindi seguitoil primo momento di preghiera ispiratoall'Eccomi! di Maria nell'Annunciazione.La giornata del sabato si è aperta con lapreghiera meditando questa volta l'epi-sodio della visita di Maria alla cuginaElisabetta. Ed eccoci al primo incontrotenuto dal P. Antonio e avente per titolo:Ignoti e come nascosti: una modalità perrealizzare la fedeltà al Vangelo e perun'autentica missione nel nostro tempo.Ad un'ora lasciata alla meditazione per-sonale è seguito il pranzo e, nel pomerig-gio, il secondo incontro, sempre tenutoda P. Antonio: Tutto il mondo marista:evangelizzazione come Maria, modello deldiscepolo.

Terzo appuntamento della giornata haavuto per oggetto la presentazione dellibro scritto dagli amici di Castiglion

Fiorentino (Paolo e Vanna): Il laicatomarista: uno strumento per la formazionepersonale e per accompagnare singoliamici o gruppi. La preghiera della seraha avuto come tema Maria presente allenozze di Cana.Alla cena è quindi seguita una serata difesta con giochi, canti, aneddoti, il tuttotra risate a crepapelle in un clima di fra-terna comunione. E, infine, la mattinatadi domenica iniziata con la preghieraispirata alla presenza di Maria sotto laCroce. Quindi l'incontro tenuto dagliamici di Moncalieri (Maurilia, Renato eLaura) sul tema: Il laicato marista in Italia,una rete di relazioni per crescere nella capa-cità di vivere e trasmettere il dono.La Celebrazione della Messa diPentecoste, scelta per far memoria dellapresenza di Maria nel Cenacolo con idodici e del mandato missionario, haconcluso la mattinata. Foto di gruppo,pranzo e commovente canto della SalveRegina davanti alla statua dellaMadonna, hanno concluso il ritiro.

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Per raccontare quello che non è cronaca,ma che è l'impatto che queste due giorna-te hanno avuto sulla nostra vita, seguiràuna "lettera aperta all'amico che non erapresente", un modo per tentare di darvoce a ciò che è difficile comunque espri-mere.

Carissimo, peccato che tu non sia potuto essere pre-sente, perché per noi è stato davvero unmomento di Grazia. Il fatto di incontrareper la prima volta amici di Alfonsine e disentirci subito in sintonia con loro, ilclima di Famiglia che tutti noi abbiamopotuto respirare al di là delle diverse età,

provenienze, abitudini, vocazioni, è stataoccasione per percepire sensibilmenteche abbiamo ricevuto un DONO grande,che è il Carisma Marista! Una spirituali-tà che il Signore ci ha fatto incontrare edavanti alla quale ci siamo trovati a dire:"Ecco, questa fa per me, questa propostami corrisponde!". Dono dunque di cuiessere grati, ma che ci chiede anche diassumerci una responsabilità, quella ditrasmetterlo. Gli incontri tenuti da P.Antonio Ignoti e come nascosti e Tutto ilmondo marista, ci hanno aiutato in questosenso, cioè a comprendere il significatodell'essere maristi anzitutto e poi acogliere la modalità concreta per essere

laicato marista

I partecipanti alla giornata di spiritualità

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missionari secondo questo spirito.Un'evangelizzazione, dunque, che non sitraduce in prediche, che non ci fa sentirecome depositari di una verità che si fapoi cadere dall'alto ma, al contrario,un'evangelizzazione che parte dalla logi-ca delle Parabole del Regno: essere sale,lievito, per penetrare e dare senso egusto alla vita del mondo. Davvero sti-molo per andare avanti con sempre mag-giore slancio sono stati gli interventi deilaici: gli amici di Castiglion Fiorentinonel presentarci il libro, frutto di paziente

lavoro, ci hanno fatto capire che, quandosi è mossi dalla passione per ciò in cui sicrede, si possono fare cose grandi! E glie-ne siamo grati. E, ancora, le toccanti

testimonianze di Maurilia, Renato eLaura di Moncalieri ci hanno rivelato chel'adesione al carisma piano pian cambiala vita e le relazioni.E ora gli aspetti giocosi… Non possiamo,per concludere, non dire due parole sullaserata di sabato. Ci dovevi essere alcanto Alla fiera dell'est trasformato ingioco: scene da filmare! Anzi, un consi-glio: se ti capita in futuro di capitarcidentro cerca di non farti affibbiare il per-sonaggio del topo: devi avere un fisicoallenato per reggere! (complimenti a

P. Renato!). E poi risate fino alle lacrimegrazie ai racconti comici di P. Mauro (ilProvinciale), P. Giuseppe Fontana eancora P. Renato. Insomma una serata

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Abbazia di Santa Fede

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indimenticabile! Bene, ora ti salutiamonella speranza di aver suscitato in te ildesiderio di esserci la prossima volta. Sì,perché non è stato un episodio quelloche è accaduto a Santa Fede, ma la tappadi un cammino che guarda avanti conrinnovato entusiasmo e speranza. Se cre-diamo di aver ricevuto un dono, verrà dasé trafficarlo e diffonderlo. Maria ciaccompagnerà. Ciao!

GRAZIE di cuore. A P. ANTO-NIO. Grazie per quello che fai per noilaici! Si vede che ci credi davvero, si vedeche il dono del Carisma Marista che hairicevuto come Padre, desideri parteci-parlo ai Laici; di questo te ne siamo grati!A P. MAURO. La Sua presenza è statasegno di comunione tra il ramo dei Padrie quello dei Laici. Abbiamo apprezzatoquesto messaggio lanciato e auspichia-mo una sempre maggiore condivisione.A P. GIUSEPPE. A nome di tutti, ilnostro grazie per l'accoglienza a SantaFede in questi due giorni, per averci fattisentire a casa, per le belle intuizioniavute nella preparazione della preghie-ra. E poi, come gruppo di Cavagnolo, ilnostro grazie speciale per il camminoche stai compiendo con noi nel condurcialla scoperta del dono che abbiamo rice-vuto. Grazie di cuore!GRAZIE ai Padri RENATO, GIANCAR-LO, MARIO, SANTE, GIOVANNI,ATTILIO. Siete i Padri che camminanocon noi, o che abbiamo incontrato in que-sti due giorni e che comunque sentiamovicini. GRAZIE VANNA e PAOLO! Ilvostro lavoro va a vantaggio di tutti e diquesto ve ne siamo grati! Ora abbiamo

tra le mani uno strumento di lavoro chepermetterà ai vari gruppi di fare un cam-mino comune. Sarà dunque ulterioreoccasione di condivisione e di unità.Grazie! GRAZIE A TUTTI! Nella speran-za di non aver fatto gravi dimenticanze ilnostro grazie è ora davvero per tutti. Sì,perché ciascuno di noi, anche solo con laPresenza, ha dato il suo prezioso contri-buto, ciascuno di noi è stato dono per glialtri. Grazie a chi ha fatto i salti mortaliper esserci, a causa del lavoro. Grazie achi per esserci ha attraversato tuttal'Italia! A presto! ?

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Uno scontro ideologico. Ci risia-mo, il dibattito politico del momentoverte sulla Legge 194 (interruzione tera-peutica della gravidanza) e sulla RU 486(interruzione chimica della gravidanza).I radicali e i rappresentanti di sinistrasostengono che il progresso non si devefermare, la donna deve avere libertà discelta e la vita, ancora una volta, è ogget-to di uno scontro ideologico che relega lalegge di Dio nel cantuccio del bigotti-smo. La verità è che i cattolici nonvogliono l'aborto perché la vita è sacra!Ma prima di addentrarci nella riflessionedobbiamo focalizzare di cosa si parla.

La pillola che uccide. La RU 486 èdenominata dagli americani Kill pill, pil-lola che uccide, perché è un prodotto chi-mico a base di mifepristrone, un potenteantiormonale che interrompe l'annida-mento dell'embrione nell'utero e provo-ca l'aborto. È differente dalla pillola delgiorno dopo, che si deve prendere entro72 ore dal rapporto, perché si può assu-mere entro il 49mo giorno dall'ultimociclo mestruale, mediante due pillole, laprima blocca il progesterone, causandola morte dell'embrione, la seconda, presadopo tre giorni, ne favorisce l'espulsione.

Ciò avviene con grandi dolori, emorra-gie devastanti, che possono durare ancheper più di sessanta giorni, oltre ai sensidi nausea, vomito e addirittura mortedella donna che ha assunto la kill pill.Secondo un'indagine americana, la sin-drome mortale, provocata da shock tos-sico per Clostridium Sordelli (un batte-rio vaginale), solitamente rara, ha visto

aumentare i casi di morte, grazie all'as-sunzione di questo farmaco velenosissi-mo. Dall'indagine, il 75% delle donneespelle il "prodotto del concepimento"entro le 24 ore dalla somministrazione, il68% ha ricevuto antidolorifici, il 2% hasubito un ricovero ospedaliero per idolori, per il vomito e per interventi chi-rurgici, il 4% ha subito infezioni virali.

il commento

LEGGE 194 E RU 486IL PROGRESSO CHE STRONCA LAVITA

di Francesca Caracò

Che cos'è la pillola che uccide, le sue devastanti conseguenze fisiche e psicolo-giche, le differenze con la Legge 194, i paradossi e le contraddizioni di unalibera scelta che rende schiave le donne.

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Tutte le donne che hanno risposto sonostate concordi nell'affermare che è statopiù doloroso di quanto ci si aspettava.

Vittime innocenti. La Legge 194vuole che la donna si rivolga ad un con-sultorio, o ad una struttura socio-sanita-ria abilitata, per svolgere gli accertamen-ti medici necessari, mentre i medici s'im-pegnano a rimuovere le cause che laspingono all'aborto. I tempi, che per laRu 486 sono di tre giorni, si allungano asette e la donna ha il tempo di ripensarea quello che sta facendo e ad impedirel'aborto.Ma parliamo di cifre. L'aborto legalizza-to ha sacrificato un miliardo di vite inno-centi. Più di una guerra mondiale. InItalia gli aborti legalizzati hanno distrut-to 4 milioni e 200.000 vite umane.

L'ipocrisia. Parliamo adesso deirisvolti psicologici. La donna negli ospe-dali non si sente sola, con la Ru 486 fatutto a casa. Questo aumenta il sensodevastante tipico e non evitabile deldopo aborto. La sofferenza comunque èidentica. Il problema è l'aborto nella suasostanza. La Ru 486 solleva gli ospedalidal dover sostenere costi notevoli: devo-no pagare, infatti, la ferrista, il ginecolo-go, il chirurgo, l'anestesista e tutto il per-sonale della sala operatoria. C'è un atteg-giamento dilagante, si afferma che l'a-borto chimico è meglio di quello chirur-gico anche perché molti medici si sento-no così sollevati dalla decisione di essereobiettori. Questa è ipocrisia.Intendiamoci, qui non si afferma che èmeglio abortire in ospedale piuttosto che

a casa, l'aborto è un'ingiustizia devastan-te da estirpare dalla società, ma si vuoleinvitare alla riflessione che il male mag-giore o quello minore è sempre e comun-que un danno sociale, psicologico emorale.Il fatto principale è che o si crede o non sicrede in Dio. Chi crede non si opponealla Legge di Dio e non abortisce, chi noncrede utilizza tutti i mezzi a sua disposi-zione per far prevalere la sua ragione tra-vestita da libertà. I giornali laici afferma-no che la donna deve essere libera di sce-gliere. Si immola la vita all'altare dellalibertà assoluta, che diventa il VALOREper eccellenza, l'idolatria del terzo mil-lennio. Nella cultura politicamente cor-retta, le donne devono scegliere di abor-tire con leggerezza, nessuno però mettel'accento sul senso di solitudine e didevastazione del post-aborto.L'ideologia vuole eliminare i sensi dicolpa, si tenta anche con le parole dilegalizzare psicologicamente e dal puntodi vista etico ciò che è in realtà un assas-sinio. L'aborto è chiamato InterruzioneTerapeutica della gravidanza, e il ritornodel ciclo "ripristino della regolaritàmestruale" come se la gravidanza fosseuna malattia. Il feto fecondato e abortitosi chiama "prodotto del concepimento".Tutte terminologie ipocrite che voglionofar passare per buone le libere sceltedelle donne e vogliono velare la gravitàdell'aborto facendone una questione eco-nomico-sociale. Comunque questedonne saranno sole con se stesse, con illoro immenso carico di sofferenza, dirimorso, di traumi fisici pesantissimi econ la colpa di avere sacrificato la vita e

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l'amore all'altare dell'autonomia.

Il problema è il relativismo.Benedetto XVI ha denunciato più voltela sua dittatura: non esistono opinionipersonali tutte uguali e plausibili, lalibertà non può essere svincolata dallaverità. Il Papa ha affermato il 4 dicembre scor-so, in occasione del discorso allaCommissione episcopale per la fami-glia e la vita dell'America Latina, che "Ibambini hanno il diritto di nascere ecrescere in seno ad una famiglia fonda-ta sul matrimonio, i figli sono la mag-giore ricchezza e il bene più preziosodella famiglia e l'aborto è un male

intrinseco, un crimine che oltre adattentare alla vita umana nel suo inizio,è anche un'aggressione contro la socie-tà medesima. Il matrimonio, in quantoistituzione naturale, è patrimonio del-l'umanità e, ha sottolineato il Pontefice,il Vangelo della famiglia è sfigurato dafalse concezioni del matrimonio e dellafamiglia che non rispecchiano il pro-getto originario di Dio, proponendonuove forme di matrimonio, sconosciu-te alla tradizione popolare. Di conse-guenza a tutto ciò si facilita l'elimina-zione dell'embrione o il suo uso arbi-trario per il progresso della scienza.Viene allora da chiedersi: che progres-so è se distrugge la vita? ?

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1-2 gennaio - febbraio 2006

2 Iconografia Mariana

5 Spiritualità Maristadi P. Michael Fitzgerald

6 Pagina del direttoredi P.Gianni Colosio

8 Mistero Medjugorjea cura della redazione

11 Solidarietà in buone manidi Simona Buracci

12 EsperienzeAlunne della Classe III

19 Archivio Maristaa cura di C.M. Schianchi

24 Laicato Maristaa cura dei laici di Cavagnolo

28 Il commentodi Francesca Caracò

In questo numeroMARIA

Mensile sulle operee sulle missioni

dei Padri Maristi italiani

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Finito di stampare il31 Gennaio 2006

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