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§ CHI T-ROVA UN VERO §

§ AMICO § § . . § § TROVA UN TESORO §

$ — : § O V E 11 O

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§ * «5

§ *

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PULCINELLA | AVVOCATO SPROPOSITATO

COMMEDIA NUOVA , E DI CARATTERE

COMPOSTALA

GREGORIO MANCINELLI ROMANO,

. SECONDA EDIZIONE

Rivedala, e correità dall’ istesso Autore,

IN ROMA i8^$. Stamperia della Ved. Cannetti.

a Pasquino Num.4. /Si pre\yo di bajocchì 15.

Con Licenza de5 Superiori •

§ §

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REIMPRIMÀTUR,

Si videbitur Rmo S, P. A. Mag.

Joseph della Porta Pro Vicar. di Nostro Signore.

REIMPRIMÀTUR,

Fr. Th. Dominicus Piazza Ord. Pred. Mag. et Ritti P* Mag. S.P.À. Soc.

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3 PROTESTA.

Le parole Fato , Idolo , adorare 7 e simili • Z" tutore protestasi , che sono Poetici Ornamenti ^ e non sentimenti di chi gloria di essere vero Cattolico .

ATTORI.

LEANDRO Bisognosi Avvocato , Pa¬ dre di

SILVIO Giovane discolo ) figli di

ROSAURA > Leandro.

RIDOLFO Merendante, Amico di Leandro, c Padre di

FLORINDO amante di Rosaura- TIZIO Cittadino povero , e sciocco. LISETTA ) Servi dell’Av- PULCINELLA ) vocato. F A L L O P P A Servo Sciocco di Ri¬

dolfo. GIUDICE ), , UN NO TARO ) che Parlano-

La Scena si rappresene in Osimo.

a iì

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ATTO PRIMO SCENA PHIMA

• 3

Camera .

Leandro in veste di camera a sedere con un

libro in mano .

Lisetta , che esce in Palco alzato il Sipario con scrittura in mano.

Lisetta. M I sono state date queste Scrittu¬ re i acciò le dia al mio Padrone , e cosi sarà meglio , che gli le consegni ; ma ec¬ colo qua secondo il solito sempre appli¬ cato ; oh il Padrone mio sì , che fa quel¬ lo. che deve fare un vero Avvocato , men¬ tre se ha da difendere qualche Causa non mangia , non dorme , e passa delle notta¬ te intiere sopra dei Libri , non fu come fanno tanti, e tanti , che non si stimano bravi se non volane la borsa de’ pove¬ ri Clienti , e poi tutto fanno fuori di quel¬ lo , che appartiene al loro impiego, ma è meglio , che consegni queste Scritture ai Padrone ; Lustrissimo ?

Leandro. Che cesa vuoi ? Hai qualche cosa da darmi •

Liset. Mi sono state date queste Scritture ... Leand. Lascia , che io le vegga , prendi, ponile

sopra il mio Tavolino , mentre di già ho ve¬ duto , cosa concernono. (le guarda

Liset. La servo subito ( le pone sul Tavolino .

Leand. Dimmi Lisetta è in casa il mio Servo Pili* cinella ?

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5 ATTO PRIMO. Liset. L1 iistrissirao no . Leaud. E bene quando ritorna a casa , Invialo

qui , che ho premura di parlargli. Liset. Sarà servilo , ma Signore in Anticamera

vi è una Persona , che dice d’ avere somma premura di parlare .

Leand. Sai chi possa essere ? Liset. Lustrissimo nò , ma se non m’ inganno,

mi pare , che sia un Spazzacamino , mentre vesie tutto di nero .

Leand. Digli , che passi . Liset. Vado subito . ( va per partire . Leand. Eih ? ( chiama . Liset. Signore. ( ritorna-. Leand. Tira avanti una sedia , acciò possa ac¬

comodarsi quel Galantuomo, e poi fallo pas¬ sare.

Lisetta. L’ Uslrissimo sì ( o il mio Padrone poi tratta tutti egualmente , perchè chiunque venga in sua casa per parlar di negozj su¬ bito li fa accomodare accanto di se , e con amorevolezza sente tutti , e non fa come certuni . che fanno fare un par d’ ora di anticamera alii poveri Clienti , e poi così in piedi in piedi sentono quattro parole, e con poca buona grazia li mandano via ; Ma a me sì che anticemera non me la fan¬ no fare , perchè per buona fortuna non ho Cause , mentre 1’ Illustrissima Signora Madre mia nen mi ha lasciato altro , che il Feudo della Miseria, e il Marchesato delia Necessità . parte.

SCENA SECO NDA

Tizio , e Leandro, che seguita a studiare. Tizio. Q Ignore Avvocato carissimo ecco a vo~

kv stri piedi il piu infelice , che ritro¬ vasi sopra la terra . (infinocchiato. ,

Leand. Sorgete, accomodatevi e fatemi noto ci^

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6 ATTO che v’ affligge , e che ri è servilo di sprone di venire a favorirmi ?

Tizio. Deve sapere il mio Signor Avvocato , che un mio Fratello ritrovasi nelle forze della Giu¬ stizia per avere in una rissa ucciso un suoCom- pagno , e quel , che è peggio , che fra tre , o quattro giorni va la causa , e perciò ricorro

alla pietà di V.Illustrissima acciò si degni di dir - tendere mio Fratello , che il perderlo , non mi

coslarebbe meno prezzo , che quello della vita piange .

Leancl. Nò non temete, che non farò andare la causa se prima non s’ esaminano li testimonj , non si sentono le discolpe del Reo , e la di¬ fesa di qualche onesto Avvocato.

SCENA TERZA

Tulcinella . e detti- Tuie. ]jP| Ice cà lo patrune me boliva , ma

eccolo cà lassarne yide no poco clìillo cà fanno .

facendo varj azzi in disparte • Loand. Certo Signor Tizio mio , che vi siete ri¬

dotto troppo tardi , mentre in tre giorni di tempo poco si puolfare,ma io impiegherò tutte le mie deboli forze per rendervi contente,e de¬ ve servirvi di consolazione Tesservi posto nel¬ le mani d’ un uomo onesto , d’un vero Avvo¬ cato , e d’un sincero Galantuomo ; ma ditemi, chi vi /lia qui indrizzato ?

Tizio. Le voci del Publico, che rendono la dovu¬ ta giustizia alla vostra abilità.

Lean. tra se (Veramente gli uomini onesti sono applauditi da tutti) Non temete, che v’assiste-» rù con il maggiore impegno, che mi sarà pos¬ sibile .

Pule. Fa varj azzi ridicoli per tema di non essere

veduto. Tizio. Signore prendo 1’ ardire di prevenire alle

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PRIMO ? mie obligationi, senza pregiudizio . gli offeri¬ sce una borsa.

Pai. Seguita a fare atti curiosi. Tizio. E’ un preventivo contrasegno di quello

mi riserbo a fare. Leand, Come ! a me denari, ad un Avvocato mio

pari un si mi 1 torlo ? ma non vi è noto, che io tutto fuorché Fìnteresse , e che conoscendomi libero di tal passione ini chiamo contento, mi stim® felice , odio, ed abborrisco que’ tali,che ne sono possessori , perchè questi non posso¬ no vivere, che in continui affanni , rancori, e pen£ , nè godono mai un momento di pace , poiché sempre hanno quella spina nel cuore d’ essersi ingrassati nelle sostanze altrui , e che . . • .

Tizio. Signore compatisca . Leand. Se non vi scusasse il vostro carattere,che

sembrami di un uomo semplice , saprei farvi pentire dell* offerta fatta ad uno, che solo glo¬ riasi di oneslà , e disinteresse.

Pule. Refuteà tornisi ? vi cà Yestia cuornuta .... (tra se.

Tizio. Scusi Signore. . . . tutti i miei Paesani mi hanno detto , oè Tizio se vuoi che la causa di tuo Fratello vada bene , ugnj la ruota , altri¬ menti il carro non gira.

Pule. Seguita a fare in disparte atti ridicoli. Leand. So benissimo, che il Volgo ignorante cre¬

do gl’Avvocati adoratori dell’ interesse , ma questo è falso : mentre se ciò fosse ; sappiate, che a questi tali non converrebbe il titolo d’ Avvocato ad altro non deve tendere le sue mire che a servire il Prossimo con carità , con amo¬ re , con giustizia . con fedeltà , procurare di vivere onorato, e collo spargimento de suoi su¬ dori lasciate eterno il suo nome.

Tizio. Perdoni . Leand. Sì tutto condono alla vostra semplicilà,e

gradisco il vostro buon cuore , mentre com¬ prendo , che privandovi di quelle poche so-

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§ ATTO stanze volevate maggiormente animarmi a di¬ fendere vostro Fratello : riponete il vestro da¬ naro , e del resto lasciate la cura a ine , anzi trattenetevi qui per un momento, che ora torno , mentre voglio andare a prendere alcu¬ ni libri necessarj per la difesa di vostro Fratel¬ lo. parte.

SCENA QUARTA

Pulcinella si cala Vabito ad uso di veste lunga , e con libro in mano si pone a sedere , dove

sedea Leandro , e Tizio in disparte .

Pule. tra se f \ Ua bigna vede d’usa sua Yorsa ; Quod , quod , quod , quod.

Tizio. E chi è costui ! Sarà qualche Giovane del Signore Avvocato .

Pule. Olà dicite Nobis chi và oca interrotto. Tizio. Signore io non seno rotto , sono sano. Pule. Cà moti puorta sse cose , dico se chi bui ite? Tizio. Signor mio ho parlato coi Signor Avvo¬

calo . Pule. Gà vino abboccato ; se buoi lo vino abaoc-

eato vatterme dall’ Uuoste . Tizio. Non signore non voglio 1’ Oste , dico, che

ho di già parlato col Signor Avvocato • Pule. Bono via Vussia dica pure cà ve siento; Tizio. Ma Signore quello che volevo già gli 1©

detto > Fide.Se boi'j alio lietto vatterme a corca. Tizio. ( Costui è sordo ) Ma che Ietto . io gli ho

detto , che ho di già parlato col suo principa¬ le col Signore Avvocate.

Pule. Cà Principale , cu Avvocato, ego sum Avu- catorum , e Principalorum 5 ca non me canu- schi alla faccia , e poi non me vidi ca songo in vesfe da camera.

Tizio. Compatisca Signore Avvocato , e chi era quello , elle è partito ?

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<! R f M O ^ 9 Tuie. Chi ave partorito poi non lo sacclo , pecche

io non sludeo sse cose. Tizio. Oh poveretto me , io non ricerco , chi a

partorito , dico se chi era quello, che se ne an¬

dato 7 Pule. Ah ! chilio , che se ne annato ? © chili©

era uno ca non boliva sta chiù cà „ Tizio. Lei non m’intende. Tuie. Io non tentienno, tu non me capisci simmo

du vestie tu , o io* nsomma tiengo raceiune. Tizio. Sì signore come vuole * ma mi faccia la

finezza , chi e quello , che è entrato in quella camera .

Tuie. Chi 7 chilìo birbante , che è trasut© la din- to 7 chiìlo e un nostro buffone , cà lo tiengo per d-ivertiménlibus nostrorum.

Tizio. Apposta non ha voluto pigliare i denari perche non era capace di riuscirne con onorey

•Signore compatisca perchè m’avea detto esser lui l’Avvocato .

Pule. Ghillo pover’ ommo ave dillo ca isso era P Avvocato, non saccio chi mi tenga, ca non ncè dia l’Avvocatura in coppa allo grugno , e la legge pursì , biribi ri haute.

Tizio.Signore Avvocalo come s’altera subito. Pule. E . ... nui auti Avvocati sìnch-i eia rumo pe

niente , pecche simulo avvezzati alli cantra- roUorj .

Tizio. Vorrà dire contradittórj . Pule. E tutta na cosa , e bene dicileci, chillo che

bolebaiis .

Tizio, Signore ho bisogno di .... Pule. Guitto , lazzaro, pezziente co’hai prìso

P Avucati pe locchi comuni ? se boi fa lo be- suQguo vattene allo monnezzaro.

Tizio. Ma Signore Avvocato siete veramente gu¬ stoso,, i® non vi hodetio, che mi, scappa il bi¬ sogno , ma bensì , che ho premura di parlarvi.

Pillo. Iettate lora.

Tizio. Ha da sa pere Signore Avvocato garbatissi¬

mo , che ho un Fratello in man© della Giusti-

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IO ATTO

zia per avere ammazzato uno in mia tenzone. Pule. Se ha aceiso un tizzone se lamenteranno

li Gravo nari .

Tizio. Questo Signore Avvocato è veramente fa¬ ceto , no tizzone , in una tensone , s’ intende in un duello.

Pule. Ah \ dunque Fralo a aceiso a un ommo un budello7 a . . .è cosa remedeabile pecche £e ncè uà aceiso uno , ce ne restano tanti aulì pe potè campa.

Tizio. Signore Avvocato mio lasciamo le facezie da parte .

Pule. Gnosi. Tizio. E cosi come dicevo, mio Fratello dopo

avere ammazzato questo tale 1’ hanno preso carcerato , e fra due , o tre giorni me lo vo¬ gliono impiccare.

Pule. Male, che en cè manchi due , o tre jorni. Tizio. Forse perchè ha poco tempo per difen¬

derlo 7 Pule. Oibò pecche lo potrebbero spiccia , chiù

priesto . Tizio. Che Avvocato allegro , almeno non e tan¬

to superbo , e alla mano , dunque mi racco¬ mando a lei, acciò volesse piglia le sue parti.

Pule. Cà faccia lo boja c’ aggio a piglia li quarti. Tizio.Che quarti , che quarti ; le parti , cioè me

lo difendesse ; E acciò Vossignoria Lustris¬ sima maggiormente s’animi a difenderlo tenga, questi sono cinquanta scudi .

Fide. Gommo ! tornisi a me , ad uno Avvocato paro mio tornisi ? a me chesso affranto ? me maraviglio . ( li prende.

Tizio, ira se O questo si che l’ha fatta da par suo

poi inappresso soddisfarò le sue fatigli e . Lu¬ strissimo perdoni .

Pule. Sì sì gl’a ut ri ncè li darite a eommodo vuo-

stro , e vi perdono dell’aftrunto , c’avite fatto

alla nostra Avvocatura *

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PRIMO il

SCENA quinta* Leandro in disparte , e Pulcinella si pone

a sedere , e detto •

Fide. A "S7 ite a rengrazeà lo Cielo, cà sougo -1\ bemito fuori io cà , sì nò chillo Ma-

reolo t’assassenava , che se Fraleto aveva da morì empiso , isso colia sua defesa Io faciva squarta : o dienti fa na cosa vaitene aspietta fuor della puorta , sta altiento per lo poriuso della cheave, che mò boglio cheamà chili© bric-* cune , e sla a scntere se quante mazzeale ncè boglio da , e gli boglio mparà lo modo de tratta, siede con libro in mano*

Tizio. Si signore state a sentire ogni cosa , io parlo, e nel tempo ispesso mi raccomando al¬ la sua carità .

Tuie. Accedo bue. Tizio. Signore »oa mi parli latino . Pule» Vi cà ciuccio; io non taggio parlato lante¬

rnino , taggio parlato Francesco# Tizio. Francese vorrà dire. Tuie. Gnossi Francisco , e Francese è tutta na

cosa . Tizio. Peggio I io non 1’ intendo il Francese ,

e non mi sono curato mai d9 impararlo. Fide. E pecche 7 Tizio. Perche non sanno dire altro , che huì 4

huì , che parono giusto tanti porci virtuosi di canto.

Pule, Io non saccio ca malora te dici , via acce¬ de huc 7

Tizio. Ma che vuol dire accede huc 7 Pule. Accede huc in lingua Francese bo dicere

taccia de mammalucco . Leand. s’ accosta piano , piano accanto la sedia,

dove siede Pulcinella , senza farsene accorgere dal medesimo .

Pule, E cosi come deciyo vatienne , pecche se

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la ATTO vie chiiio Maritilo , chillo Frabutto « che ave dillo , ca isso è l’Avucaio , ncè boglio da tante mazzeate , pe cante ne sa puoi la n’aseano paro sujo, Isso ncè bò fa l’À fucato , e non sane le- jere , né scrivere e no ciuccio , no briccune , no frabutto, calo boglio mannà allo dcavolo .

alza la testa , s'avvede del Padrone , e resta sospeso con atti curiosi.

Leand.fa lo stesso guardandolo , e minacciarti dolo .

Tulc.Cerca pian piano con atti curiosi di fuggire Leand. Fermati sciauralo, non ti muovere, che

ho inteso il tutto , e si goderemo , si godere¬ mo ; dimmi ti pare questo il modo di compari¬ re innanzi al tuoFadrone ?

]Pulc. E ve diraggio, e benuta Lisetta la camerera all’ impressa e m’ ave ditto ca boliva , che fris¬ si benuto ca , e m’ ave Ero vaio ca stavo dinto allo Letto , e io pe fa lo servizio buono me sogno scordato da materne li causuni -

Leand* Te ne sei scordalo ? e te ne farò ricorda¬ re io con un bastone .

‘Tizio* Ih l ii buffone , come tratta male 1’ Avvo¬ ca ;o . (tra se *

Land. Compatirà Signor Tizio , se T ho fati# aspettare .

Pule. Mo viengo , ca malora bufile ? volendo fuggire .

Leana» Dove vai, non li muovere , che giuro al ciclo ti farò rompere gl’ossi con un bastone.

'Tizio. Ih ! ad un Avvocato le bastonate . ( tra se.

LeamUE così Signsr Tizio, come diceva, compa¬ tirà se Pilo fatto aspettare, perché mi econve*. nulo ricercare molti libri per ritrovare quello appartenente all’ affare di suo Fratello.

Pule, fa vari azzi . Tizio. Signore Avvocato la ringrazio assai dell’

attenzione mentre ..... . ..... Vulp» fa vari azzi con far cenno a Tizio , che

non parli : Leandro se n* accorge , e Pulci-■

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i3 P R 1 M ° nella finge di giuo cetre alla scherma.

Leand. Glie fai briccone ? Pule. Loco de scherma . Leand. Aspetta , aspetta , che ci giuocherò io ;

onde tornando al nostro proposito Signor Ti¬ zio garbato , spero che fa vostra causa voglia avere un esito felice.

Tizio. l\la io Signor Avvocato ho mutato pen¬ siero , e non ho più genio , che Vostra Il¬ lustrissima me la difenda .

Pule. seguita a fare de’ cenni a Tizio acciò non parli , se ne accorge Leandro , ed il sud¬ detto finge cacciare le mosche .

Leand. Ma in , che stai facendo 9 Pule. S o cacceanno le Mosche , ea me ven¬

gono ncoppa allo naso . Leand. Se non ti fermi le caccierò io con un

bastone, non dubitare nò, che si goderemo: Si¬ gnor Tizio quale è il motivo, per cui non vuo¬ le , che più difenda la Causa . . .

Tizio• Perchè mi ha detto il Signor Avvocalo, ohe.

Pule. Sento jente in Sala , chi è la dinto ? mo viengo .

Leand. Non li muovere, che giuro al Cielo or ora t’uccido , e acciò temerario più non mi fuggi ti terrò forte . . . . ( lo piglia per il ha-

Tulc.-Q mo sì ca non me muovo(re//o«e.

Leand. E che cosa gli ha detto questo Signor Av¬ vocato ? ( con ironia .

Pule. fra tanto , che Tizio dice a Leandro quello , che gli ha detto Pulcinella , il mede¬ simo cala pian piano la testa , e lascia il ba- relione in mano a Leandro .

Tizio. Non ha detto niente di male , ha de’to so¬ lo , che siete il suo buffone , che siete un frabutto, un asino Signor Avvocato .

Leand% Come ! questo biiccone ha avuto tanto ardire di parlare così di me , ha tvcco di scel¬ lerato ( e voltandosi cred» r7+ pigliar Pulcinel¬ la i c d accorge , che c riti tasto con il barritone

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H ATTO in mano , si volta verso le Scene , e vede , che Pulcinella facendo atti curiosi se ne andava via Leandro soggiungendolo dirà . Ma Pulcinella tu vai cercando , che io ti mandi via dal mio servizio .

Pule. Gnomo.

Leand. Sig.Tizio prendetelo voi dall’altro braccio che io lo prenderò per quest’ altro , così non fuggirà quest’ indegno ; non ti muovere.

Pule» Gnomo . Leand. Hai capito ? Pule• Gnossi . Leand. Se ti muovi Io ti bastono.

Pule. Gnomo ( fino che loro discorrono Pulci-* nella si leva Vahhito , e lascia le maniche in mano una di Tizio , e P altra dell’ Avvocato , e comincia pian piano a fuggire , ma deve far tutto senza farsi accorgere dalli medesimi .

Leand. Torniamo a noi Signor Tizio , e mi dica, se costui ha detto altro di me ?

Tizio. Non ha detto altro, ma io credendolo per vero Avvocalo gli ho esibito la borsa , ed esso ha detto mi meraviglio , a me questi affronti , e così bello affrontato , ha preso la borsa , e se 1’ è posta in saccoccia.

Leand. Come ! costui oltre 1’ aver detto male di me,ha avuto apco coraggio di prendervi il dana¬

ro 7 ah Temerario . . .. Si voltano Tizio , e Leandro credendo lì Pulci-

nella , e si trovano con una manica per uno in mono restano con atti d'ammirazione , e vol¬ tandosi verso la Scena veggono Pulcinella , che

facendo altri alti curiosi vo fuggire* i mede¬

simi lo raggiungono , e presolo . Leand. Ali tocco d’ infame questo ancora ho da

sentire , presto resti uisci la borsa a quel po- ver’ Uomo e dimmi se con che coraggio fi puoi impadronì re di quelle monete, che per accu¬ mulare, chi sa quanti sudori le costassero ,

presto , dagli il danaro altrimenti con un ba¬

stone ti farò p< ’ re d’ un azione si nefanda »

' € tanto da me abborda : presto dico ,

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PRIMO i5 Vide. Gnosi ( si cerca ) e dicite ? 1’ averessi-

vo beduta ? (cercando. Leand. Che cosa . Vide. La Versa , ca non Ja ritrovo. Lectnd. Non la ritrovi eh ? adesso te la f> re tro¬

vare io , Lisetta portami un bastone .... Vide. Vussia non s’ incomodi con chesse finezze

ca l’aggio trovata * Leand. Animo dagli la borsa . Vide. £’ lo vero , che Vussia non la buò (_ di de

si ca pozza'essere acciso ( dice a Tizio . Tizio. Si signore la voglio. Leand. Hai consegnato il danaro ? Pule, (inornò pecchè non lo vò. Leand. Nnon lo vuole e ? Lisetta dico. Vulc. Non beni, Deavolo raò en ce lo dò

Ecce pecuniarn tuam cantra nientem volunta- tem mea .

Leand. Presto ritirati * parti di qui , e avverti di non cadere mai più in simile errore , eh e se nò vedrai , cosa saprà farti un padrone sdegnato»

Vale. Gnossì len contraraggio fu ora. Tizio. Sta zitto borsarolo « Vulc. Se non lussi Vorsarolo faria tuorto all!

Compagni nuostri , pecchè nuie auti Criati se non lavorassimo no poco colia regola del¬ lo cinque alli Padroni , se sshi a tarassimo ta euorpo della bramma

SCEN A SESTA.

Leandro , e Tizio.

Tizio. Q Tgnore Avvocato mio compatisca, se k? io gli ho creduto ,

Leand. Si si vi perdono conoscen do il vostro ca¬ rattere , e considerando, che tutto questo e ac¬ caduto per quel faceto di Pulcinella » e sap¬ piate , ctye io soffro qualche cosa in colui per¬ ché p ho conosciuto sincero , e fedele i Ma V@i piangete ?

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i6 ATTO rìzió. Si piango, e piango con ragione, per¬

chè temo di quello sventurato di mio Fratello (piange.

Leand. Nò non piangete . Noli plorare , quia lacrymac nihil remedii ciff'erunt malis , ben¬ ché Demostene dica ritrovarsi aliquod sola- tiiim in lacrymis . Via Signor Tizio non vi di¬ sperate , che vedrete senz’ altro libero vostro Fratello, ed avete di già occasione di rallegrar¬ vi , mentre il Cielo oggi iavorevole vi porge propizio il suo ajuto , avendovi fatto indrizza¬ re i passi versola mia casa per raccomandarmi la causa di vostro Fratello , vivete dunque quieto# sperate nel Cielo , e fidatevi della mia persona , mentre 1’ avete posto nelle mani di uno , qui inter omnia bona salma honorem existimat. ( parte „

Tizio, lo resto insensato sono stato da tanti altri, e fu Iti i loro discorsi erano , che ci volevano dieci paoli per il Copista , dieci per un altro in somma mi hanno mangiato il mangiabile , e non hanno mai concluso niente , e adesso poi» che si erano accorti, che non vi erano più penne da levare a questo povero pelacchiù mi hanno lasciato , ed abbandonato ; ma il Cielo propizio alle mie disgrazie mi ha falto capitare in uno che d’altro non tratta , che di gloria 9 e di onore. (parte >

SCENA SETTIMA. Strada.

Fiorindo , indi Silvio .

Fior. Tj1’ Innegabile , clic ad un infelice non JLa manchino mai nuove sventure , per

renderlo sempre più sventurato * e di fatti 1’ esperienza , me lo fa vedere nella . mia stessa persona , poiché , e da gran tempo ; che vivo amante della Signora Rosaura Figlia del caro amico Ridolfo ed attese le pessime procedure

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p k r ivi o 17 di Silvio suo Fratello, non mi e permesso d’ar¬ rivare a miei bramati desirj col farla mia sposa, e per questo vorrò io avvilirmi , e danni in preda alla disperazione ! no poiché 1* avvitirsi che giova , l’affligersi , che serve , dunque sia meglio l’armarsi di coraggio , e rimettere il tutto alla providenza del Cielo *

Silo. Oh oh ! eh che fa questo earoSig. Fiorindo sotto le fenestre della naia casa gli ho pure pa¬ recchie volte avvisato , che non voglio in ve- run conto , che ci si fermi , basta avvisiamolo anche questa volta ; umilissimo servo Signor Fiorindo .

Fior. (_ Oh incontro perverso ! ) Padron mio ca¬ ro Signor Silvio .

Silo. Dica Signor Fiorindo , che sta facendo sotto le mie fenestre .

Fior. Quantunque io non sia tenuto dire a lei i fatti miei , pure conoscendo per mio buon padrone , ed amico , gli dirò ; siccome mi di¬ letto un poco di Architettura , stavo osservan¬ do l’intagli di quelle fenestre , che mi sembra¬ no molto belle .

Silo. E pure, caro il mio Signor dilettante se lei guarderà bene quelle fenestre vedrà , che vi manca qualche cosa di rimarchevole .

Fior, Può darsi . che il tenue mio ingegno non arrivi a comprendere ciò , che vi manca .

Silo, Quello , che vi manca è la persona di mia Sorella .

Fior. E’ vero ha raggione, mentre quell’ intagli, che ora restano oscuri agl’ occhi di qualche curioso dilettante risultarebbero maggiormen¬

te se fossero illuminati dallo splendore di si bel volto .

Silo. Questo vostro parlare mi fa cadere in so¬ spetto , che voi viviate amante di mia Sorel¬ la ; Ma giuro da Cavaliere d’ immergervi pria questo ferro in seno , che concedervi mia So¬ rella in Isposa , anzi se non volete , che met¬

ta adesso in esecuzione quello , che vi dico ,

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tS ATTO partite : Guardate 11 un spiantatacelo , un fi¬ glio di un Mercadante fallito , che se non fos¬ se quello sciocco di mio Padre ( che vi man¬ tenesse a denari , a quest’ ora non spasseggia- reste sassi ) ha tanto ardire di fare all’ amore con uria Sorella .

Fior. E’ vero son fìglìb d’ un povero uomo, ma onesto , venne ancora spesse volte mio Padre dal Signore Avvocalo a prender danari ; ma è stato altresì puntuale a restituirglieli .

Silvio. Sì sì a prenderli vi ho veduto , ma a riportarli mai .

fior. Il suo parlare Signor Silvio offende mol¬ to la delicatezza dell’ onor mio .

Silvio . Se vi chiamate offeso ponete mano al¬ la spada, che voglio rendervi conto dell’ af¬ fronto fattovi.

Fior. E via Signor Silvio non sia cosi collerico, operi da Cavaliere , non faccia torto alla sua nascita , lo stimoli a far ciò il ritrovar¬ si figliuolo d’ un Padre , che è lo specchio dell’ onestà , esempio della Città . onore de’ Parenti ; e consolazione di tutti; via moderi questa sua passione di mettere mano alia spada perchè non troverà tutti del mio Carattere-.

Silvio . O sapete, che nuo va ci è , o partite , o ponete mano alla spada .

Fiorirtelo . Non voglio partire , e ne anche por¬ re mano alla spada ?

Silvio. Sapete perché non eseguite quanto vi dico perchè siete un vile , un pusillanime , e un indegno di cingere quel ferro .

Fiorindo . A me vile ! a me indegno di cinge¬ re questo brando , oh questo sì , che è una offesa troppo grande al mio decoro , e per farvi vedere : che non sono tale son pronto a sodisfarvi , non per offendere il Sig. Avvoca¬ to mio Amico , nè voi , che siete il suo Fi¬ gliuolo , ma bensì per difendere la propria mia vita , e l’onor mio vilipeso, (si battono.

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PRIMO if

SCENA OTTAVA. PuUihella da una parte , Falloppa dall’ altra.

Vale. T^» Ermate , fermate si Silvio che te ven- X5 ga no canchero . ( lo trattiene.

Fall, E’ fermatevi Signor Patrone lasciate la panza per i fichi.

Silo, Lasciami dico Pulcinella. Tuie- Jamoncenne , dinto alla casa , lo Cielo mè

ncè à mannato a ccà,pecche stayo chiacchieran- ne co Lisetta mia dinto à no portone , aggio visto embrtioglio , e songo trasuto fuora .

Fior. Lascia Falloppa,che io difenda il mio onore Fall. Che onore, che onore, il megliore ono¬

re , che se possa aver a questo mondo è quel¬ lo de conserva la panza per i fichi .

Silo. Ti rinverrò un altra volta . Pale. Ma io non traso chiù fuora ; oh lasciarne

alletornà da Lisetta , che m’ aspietta , e m’ ave ditto cà me bwò regali .

parte partendo via Silvio. Silo .Senti Fiorindo il mio cuore non torna in cal¬

ma , se non ho il bel vantaggio di vederti svenato . parte.

Fior. Procurerò di fuggire un simile incontro .

SCENA NONA. Falloppa , e Fior in do.

Fall. \ Hù venga un canchero allI matti , e xX a chi ha più giudizio di me .

Fior. E perchè ? Fall. Perchè ! ma ve pare a voi da mette mano

alla sora Lucia con quello ? Sapete pure quante disobligazioni abbiamo a suo Padre , che se non fosse hai a quest’ ora già ave- ressimo assaggiato il pienone , ed il cap¬

pello nero si sarebbe convertito in verde .

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-IO ATTO Fior. Ed a questo riflesso ho tenuto a freno la

mia collera,ma la sua perfidia è arrivata all’ec¬ cesso 9 clié non mi potei piu contenere .

Fall. Ma chi vi ha detto mai , che non avete potuto colitene il secesso .

Fior. Sciocco ; eccesso , e non secesso . Fall. Bene via , e cosi ?

Fior. Già a le sono palesi gli amori , che passa¬ no tra me , e la Signora Rosaura ?

Fior. E cosi , 1’ amore mi ha spinto , a pas¬ seggiare sotto le fenestre della medesima , ed in quel tempo , che stavo vagheggiando la casa di Rosaura lo sopragiunse il Signor Silvio, che villanamente cominciò a dirmi di non vo¬ lere la mia permanenza sotto le suo fenestre , e se imarginar si potesse , che io avessi a sposa¬ re Rosaura m’ avrebbe ucciso , ed io , che ho volsuto. con amorevolezza correggerlo , egli con maggior baldanza, ed ardire seguitò ad offendermi con dirmi vile, ed indegno di cin¬ gere questo brando : dimmi amato servo non do ve a risentirmi di tale aggravio 7 non dovea io porre mano alla spada contro chi presu¬ meva offendere 1’ onor mio ?

Fall. Si è vero , questo voleva l’onore , ma l’in¬ teresse della nostra bottega voleva , che aveste fuggito l’incontro ; ma ditemi un pò se l’arri¬

vata sapè il Signor Avvocalo , egli si disgusterà con vostro Padre , e noi saressimo a traverso .

Fior. Non vi è pericolo perchè il Signor Avvoca¬ to e troppo costante nel mantenersi un amico.

Fall. E’,verissimo, in questo mondo chi trova un amico,trova un tesoro, ma non per questo dob¬ biamo darle campo acciò si disgusti; fate a mo¬ do di uti servitore fedele lasciate questi amori .

Fior. Ah l amato servo sappi , esser vano ogni tuo consiglio , poiché troppo amo Rosaura .

Quii. Ma e possibile ino , che siate tanto cot¬ to , stracotto „ e spolpato ?

Fior. SI Rosaura si è di già resa Padrona di que- SLQ CUOi© »

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PRIMO ai jFall. Veramente ve compatisco ; perche io pu¬

re sto in prigione per 1’ isiessa causa . Fior. Che ! anche tu vivi amante ? Fall. E ve pare grugno de sta a spasso il mio 7

E sicuro o che so innamorato ; ma io faccio l’amore all’usanza .

Fior. Come è quest’ amore all’ usanza ? Fall. Faccio come fanno certi milordi spiantati ,

che vanno lindi t politi , politi , ma la mag¬ gior polizia sapete dove la tengono ?

Fior. E dove 7 Fall. La tengono nel borsellino, perche questi ta¬

li porcheria di quattrini non hanno attorno , e questi milordi portano certe scarpe , che pa¬ iono cucchiaie de’ muratori , certe fibbie al¬ lacciate a a3. ore > e mezza , certi manichet- ti tutti sbusciati, che pare , che abbiano avuti i morviglioni , un cappello piccolo piccolo , fatto ad uso di barachiglia , una perucca , che pare una insegna di ciammcllaro tutte ciammelletle , e se s’ incontra , che piova sa¬ pete , che fanno , portano la bara chi gl ietta ad uso d’ ombrella in alto , ma mai se la mettano intesta per paura, che la barachiglia non guasti le cianameli ette , e li hocconotti della perucca ; portano poi al fianco un spadino.che e lungo quanto un merluzzo secco, e ce vonno ancora porta 1’orlogio , e colla mano sempre spingono fuora il fiocco acciò si veda , ma an¬ nate a domandà a questi se che ora fa il suo

orologio , e fanno finta di non sentire , o di¬ cono , che gli e guastato , o pure , che si sono dimenticati di caricarlo , sapete perche tutte queste cose?

Fior. Non so certamente giudicar]©. Fall. Perche portano il fiocco dell’orloggio cuci¬

to alla cinta deili calsoni , ma porcheria d’ or- logio me ne rido io , ©pure se 1’ hanno : sape¬ te quanto tempo dell’ anno lo portano ?

Fior. Eh lo porteranno sempre*

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2* ATTO Falloppa. Oibò , oibò , perchè la maggior parte

dell’ anno per paura , che non glie lo levino li horsaroìi lo mandano alla scola del Monte.

Fior. Se la mia mente non fosse vessata da fu¬ neste idee tu mi recaresti piacere ; ma tuito questo non milita inforno a quello , che tu dicesti di fare all’amore all’ usanza .

Fall. Mò ve lo dico : sappiate , che lutti questi tali così bene aggiustati cominciano a cammi¬ na per la Città , e camminano a passi di minu¬ etto , e vanno bel bello per potè buttà sempre la gamba storta ; molti poi passeggiano piano perchè hanno le scarpe sfonnate , e così belli, e galanti se ne vanno per il paese , e se s’in¬ contrano con qualche amico , che gli doman- ni se dove vanno , questi risponnano , e vado dalla mia Racchia , e sai chi è } e la signora tale , ed io sono il padrone di casa , la porto a spasso , ci vado ogni sera a giocà a tresette , e jeri sera per la più corta la portai a cena all’O¬ steria del Gallone che credete,che sia la verità ?

Fior, Sicuro . Fall. Quanto siete buono loro fanno 1’ amore , si

spacciano , e le povere donne manco ce pen¬ sano : e così io pure faccio 1’ amore con Li- setta la cameriera del Signore Avvocato , ed essa neppure sa se ce so a sto mondo ; e quan¬ do voi vi battevate col Signor Silvio , allora io stavo facenno l’amore .

Fior. Ma se dici , che non lo sa ; con chi adun¬ que lo facevi ?

Fall. E non se sà ! colla finestra dove sta Lisetta; e così vi ho visto mette mano alla sora Lucia sono uscito fuora da dove stavo ritirato per ve¬ ni a spartirvi : ma non ve ci avvezzate a fa queste cose, che io non esco più fora per cer¬ to : Oli sentile ve voglio da un remedio che può servir giusto jier voi , che fate 1’ amore e che me ne servo ancora io : Quando me pigliano quei fumi di amore sapete , che fac¬ cio ? me poito dallo Speziale me fo da mez-

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P RIMO a3 2a libbra de sciroppo acetoso , me io bevo, bevuto , che 1’ ho, da li a qualche tempo tutto P amore , tulli i fumi , tutte le smanie se ne vanno per secesso .

Fior. Quanto è iaceto costui , altrettanto le ; ma sarà duopo che mi porti al negozio per ajutare quel buon vecchio di mio Padre , e nel tempo stesso scuoprire , se ha saputo niente, che mi son battuto col S»g. Siiv io.parte

SCENA DECIMA

Camera Leandro solo , indi Silvio .

E’ Cosa certa , che P amore di padre verso de’ figliuoli Omnes amores superati ma è anche

certo , che amarli cou soverchio amore è una pazzia ; perchè questi quanto più sono amati meno rispetto ci portano . Oh ! se ne’ temi pi nostri s’ usasse verso de’ figliuoli quel ri¬ gore già dagli antichi Romani costumato ter¬ rei per certo , che in oggi non commette¬ rebbero questi tanti errori , e portarebbero maggior rispetto a’ loro Padri ; ed io per mia sventura ne ho l’esempio in casa, il Cielo mi ha dato due figli una femmina , e P altro ma¬ schio , la prima è P i stessa bontà ricolma di tutte quelle doti necessarie ritrovarsi in una giovane figlia d’ un Cenilo re onesto , il ma¬ schio poi mi perde affatto il rispetto , e si è dato in preda alle crapule , ai giuochi , ai vi- zj , che se non si emenda credo lo condurranno ad un pessimo fine;ma sp into dalPamor , che li porto voglio chiama rio per farle un’ altra amorosa , e paterna c orrezione , chi sa , che il Cielo non si muova a pietà verso di un fìiglir perverso per consolaz ione di un tenero Padr che Pama. Ei vi è ness uno ?

Silvio , Che mi comanda^ Signore Avvocato

parte . è fede-

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2.4 ATTO Leand. Che mi comanda Signore Avvocalo ? Che

nuovo stile è questo ! O secolo infelice in cui arrossiscano i figli di chiamarci col soave no¬ me di Padre ; e da che nasce o figlio questa tua ripugnanza ad un nome tanto prezzabile ?

Silvio- Eh .... non saprei . ... .

Leand* Lo spiegherò io da che nasce, non dal rossore d’essermi figlio , ma dalia viltà di non saperlo essere ; poiché pei; quel dovuto rigore che porta 1’ obligazione di un Padre verso di un figlio prendesi conlragenio a si bel nome ; ma se il Padre condescendesse a rallentare la briglia ai viziosi poi tamenii di questi , o allora si , dicci chiamerebbero Padri colia maggiore tenerezza ; Figlio , deh caro Figlio ( che con tal nome ti chiamo per farti maggior monte confondere ) muta vita , lascia Ji. vizj , mentre questi , presto , o tardi apportano a suoi se¬ coli tragiche conseguenze .

SìU’- Oli finiamola una volta* sempre con que¬ ste cose mi avete rotto il capo.

Leand- Mi avete rotto il capo e ! così rispondi a tuo Padre ? Oh , senti avverti bene di non ris¬ pondermi in tal guisa mai più , ma bensì vo¬ glio , che mi parli con umiltà , e che li abbassi conoscendo il mio grado, che merita da te ogni più dovuto rispetto : come ! ti ho retto il capo perche cerco emendarti per farti seguire 1’ or¬ me della virtù , ed abbandonarci vizj, quali condurranno ad un funestissimo fine .

Sitv- . Oh parerà adesso , che sia un ladro, un .... Leand- Si sei ladro dei mio onore , disturbatore

delia mia quiete , ed assassino della salme pa^- terna .

Silvio. O cantate via * che tanto io voglio fare quello che mi pare * e piace.

Leand. Vuoi fare quel che ti pare ? e non sai temerario , chte sono ancora in tempo di fiuti pentire ? tuo Padre non è morto ancora che non possa renderti meschino privandoti di lut*

lo ciò 9 che .pensi d’ avere ?

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PRIMO sS Silv. E che volete farmi ? quando avete levata la

dote di mia Sorella , il restante è tutta robba mia , o che vogliate , o no ?

Leand. Oh vogliale , o no ! che caro regolato¬ re delle Leggi i se non fosse spregato il tempo e la fatiga saprei persuaderti dell’ arbiti j di un Padre accordateli dalle Leggi con un Figlio di¬ scolo , e sconoscente come sei tu .

£/L\ E già , il figlio è un sconoscente, un disco¬ lo , solo il caro amico , il caro Ridoiio e un buon uomo , perché ogni giorno viene a pren¬ der danari senza mai riportarli ; e poi quel Si¬ gnor Fiorindo figlio del caro vostro amico amo¬ reggia con mia sorella , ed io assolutamenie non voglio , e giuro al Cielo , che se lo ritro¬ vo un’ altra volta a passeggiare sotto le mie fe- nesire gli passo il seno .

Leand. E bene , cosa pretendi ? Il mio caro Ri¬ dolfo mi domanda i danari , e me li riporla , casa entri tu con tua sorella 7 ella e mia figlia* e finché vivo io se ne sono l’assoluto padrone, a Fiorindo figlio del caro amico portale rispetto perchè chi offende lui offende me, intendi 7 parli temerario , ed eseguisci gl" ordini miei , e se diversamente farai , e non darai orecchio agl’ amorosi consigli di tuo Padre , tieni per certo , che dove non potrà arrivare i’ ira mia, arriverà quella del Cielo .

SiW* Se io non sapessi , che il cervello de’ vec¬ chi va sempre più congedandosi saprei rispon¬ dervi come merliate , addio . parte.

SCENA UNDDGIMA,

Leandro , indi Pulcinella con libro in mano.

Leand. T) Rima mi tratta da pazzo » e poi mi da Jl wn addio alla Ciceroniana , ha costui

vuole a forza » che io mi spogli deli’ amore

6

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a6 ATTO paterno , e lo abbandoni come merita un figlio disamorato , basta su di ciò il tempo mi darà consiglio ; infanto sarà meglio , che chiami il mio servo Pulcinella per mandarlo a prendere alcuni libri : Pulcinella ? Pulcinella ?

Tuie. Quid volebuntur da Pulcinellorum Avvo- catorum ? {esce con libro in mano,

Leand. Che lai con quel libro in mano ? pure

parecchie volle ti ho avvisato , che lasci stare i miei libri alle scanzie , altrimenti ti averei licenziato dui mio servizio • e tu cosi esegui¬ sci ciò , che li comando ? avverti bene Pulci¬ nella di non irritarmi maggiormente perche ancora mi s a sul cuore ciò , che facesti a quel povero uomo di Tizio ?

Vuìc. Oh Vussia può dicere ehi (lo che bole, cca io tanto boglìo fa 1* Avvocato.

Lcand. Come può essere questo se neppure sai leggere ,

Vulc. Non è lo vero, saccio lejere meglio che te pe canesce le lettere me mbruoglio no poco , che dello riesto non le saccio mitte assieme ; ma chessa e na cosa,cca io , che ho cellevtdel¬

lo in una ventina d’anni l’emparaa cotnpelà. seguita a leggere.

Leand. Vuol dire , che voi sperate di lare 1’ Av¬ vocato presto .

Vulc. Gnossì priestiss'mo già soago diventato mozzorecchi , e aggio fatto la prima funzione

Leand• Si eh ! me ne rallegro , e cosa avete fat¬ to di bello ? ( tra se ) già m’ immagino qual¬ che sua solila scioccheria .

Vulc, Eh niente niente non te lo boglio dicere pecche Vussia siente , che m’ avanso a mol¬ ta de collo, nell’ Avucatura, me mannate via dallo servizio vuostro pe paura * cca non ve levi li Orienti .

Lcand. Nò , non vi è pericolo; e poi tu sai, che io sono un uomo onesto , e non son capace di far male a veruno , via sollecitati ?

Vulc. Sentite buono , e empara, ignorantuecolo

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PRIMO 27 uomicciofo , e bedrai , che chili o c’ aggi® tal¬ lo io , nè vussuria , né nessuno de pari vucsfi gii sarrà vastato l’anemo ancora , e ciò che ve dico pe non scuordattene scrivettelo in un pio- rotia de collo .

Leand. Protocollo bestia ; oh vìa di sù , che am¬ mirerò il tuo talento .

pale. Cne tira viento ? aggio pacienza , ccà se tira viento non te lo boglio dicere , pecche ag¬ gio paura ccà lo viento me porti via la virtù .

Leand. Che vento , che vento 9 dico che ammi¬ rerò la tua mente.

Vulc* E non v’ empuorta niente pecche lo bo- lite sapè 7

Leand* Pulcinella tu mi vuoi far perdere la sof¬ ferenza ; dimmi che cosa hai fatto da mozzo¬ recchi a ?

Pule* Vi ccà priassa ch’ave da senti la nuosta vertù , senti , e mpara ignorantuccolo uomic- ciolo ; avite da sapé , che passavo pe na stra¬ da , e da na tenestra me songo eratiso cheamà, ò Pagliaccio .

Leand* Come ! ad un Avvocalo Pagliaccio ? ti ha spedito una patente da par tuo .

Vide* Poverino, vi che non capisci niente, chil- Jo m’ave cheamato così pe bedè se io so n’Av- vocato trattabile , o pure superbo ed io con bona manera "l’aggio respuosto che boi bestia, e isso me responnette vìenettene ncoppa , e io songo juto sù , e songo trasuto dinto 1’ antica¬ mera : no, non era anticamera, era sala, no manco sala , era gabinetto ; no ma . . . manco gabinetto : ma tu che sei Avucato me sapercsti dicere dove malora songo trasuto 7

Leand. Questo è impossibile , che tu pretendi « che io debba sapere dove sei entrato.

Vale* Dunca non lo saje dove songo trasuto • Leand. No certamente.

Vale* E chi Ilo che e poggio ccà non Jo saccio re-

capezzà manco io : ma zitto cca mo me se

B 2

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28 ATTO allecuorda ; songo trasuto dinto alla stalla •

Leand. Appartamento degno per gl* Avvocati pa¬ ri tuoi ; e cosi dopo , che sei ivi entrato cosa hai fatto ?

Pule. Gnossiallo Gatto aggio fatto 1* operazione ; chillo ommo m’ ave ditto , oè mozza le rec- chie a sso gatto, gli I* aggio mozzate buono, e lo Griente m* ave dato due tornisi , e m’ ave ditto , da chi nante sarai nostro mczzorecchia , e cosi aggio fatto la prima operazione da moz- aorecchia.

Leand. Operazione veramente da par tue. Pule. legge, fa de* versi curiosi fingendo di

non capire . Lean. Pulcinella dico eseguisci i miei ordini : Pule, Oh ! quanto dice buono , quanto dice

buono e .

Leand. Via sentiamo ciò, che dice di buono quel libro ?

Pule. Chisso libro ? sso libro dice, ccà malora dice sso libro ?

Leand. Io lo dimando a te di che tratta quel libro Pule. L’ aggio a dicere io ? sso libro $ canchero

sso libro , è uno li bro . Leand. Fin qui , Io so anch’io che è un librp ,

ma io non :i chieggo questo » bensì desidera¬ rci sapere, e di che tratta , e chi ne sia l’Autore

Pule. Ah chi el’ Autore ? 1’ Autore poi non lo jaccio commo se chiamma , pecche non cce lo norarao alla fronte del servizio.

Leand. Voi dire frontespizio sciocco ; possibile questa cosa , che non vi sia il nome di chi lo ha composto ; se non lo hai strappato ci deve essere ; Accostati ; lascia , che io lo vegga : (iguardandolo) sciocco , che qui guardi v Oh bravo il mio Signor Avvocato questo e il fron¬ tespizio bestia ? questo è il fine , e poi ten¬

dili il libro al rovescio . Pule. Ora vi mò se che Avvocatura deferente e

la mia dalla vuosta , io così saccio leggere , e

in quell’ auto modo no*

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PRIMO 29 Leand. Cerio che li ritrovi una virtù particolare:

tieni ecco il frontespizio leggi ivi , ed allora saprai chi sia 1’ Autore.

Pule. Aggio da mittere la fruonte in quel servi-* zio che sentiraggio 1’ addore .

Leand. Pulcinella or, ora io perdo teco la pazien¬ za : leggi qua .

Tale» Gnossì mo mence mitto con tutta 1’ Avu- calura .... F ... a ....fa ... r ...i ... fari ...nani farinac ...c ... i ... o ... Gallinaccio.

Leand. O appunto Gallinaccio , che sei . pule. Aggie pazienza si patrune che sso libro

non le lo boglio restimi chiù . Leand. No ! e perchè ? Tuie. Lo prierchè mo te lo dico : me puorto dia¬

lo alla cucina , metto in coppa allo cimmen- nera lo cravone nce attacco lo fuoco , nce mit¬ to no pignato , e dinto lo Gullenaccio , canno e cuotto ine bivo lo brodo,me mando loGallenac- cio,allora tutto lo Callenaccio se miscela collo sanguo con tutta la suja vertù , e deviento ver- tuoso Pe •. . .

Leand. Bestia , bestia e mille volte bestia* Pule. Può rengrazeà lo Cielo, cca non aggio

cancarato lo Galienaccio , cca se no mo te bo~ livo fa no sputo cca aviva a esse una sientenza Ialina e te boliva spedi na cetazione col sospet¬ te de fatte fui : ma lo man eia rò io G di inaccio.

Leand. Che Gallinaccio ! Quello è il Farinaccio ed e uno de’ migliori Autori criminali che ab¬ bia nella mia seansia ; animo posa quel libro e se avrai più ardire di toccarlo , ti gastigarò » ubbidisci posa quel libro ?

Tuie. Mo nce vajo ; ma Vossoria può dicere dril¬ lo cà buole , cà tanto boglio fa 1’ Avucato.

posa il Libro .

Leand. Quanto mai e grazioso costui , e qualche volta per sollevarmi mi ci prendo de’ simili divertimenti ( tra se ) Pulcinella lasciamo ora

le facezie da parte , e senti ciò che devi fare,

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U ATTO ti hai da portare a Palazzo , hai da salire lo scalone della Giustizia *

Pule. Pecche chelleana dello scalone della Jusli- zia me fa male allo Gannaruozzolo .

Leand. Pulcinella finiamola , ed ascolta ciò. die ti dicono : ti hai da portare al palazzo della Giustizia , hai da salire lo scalone , termi¬ nata che averai la scala , vederai , che vi sono tre cancelli, picchia al terzo.

pule. E se me scappasse primula aggio d’aspiet- tà da farla allo tierso cancieiio 7

Leand. Eh ancora non la vuoi terminare ? ma a che giuoco giocamo ?

Tuie. À busciella , a tirilo .... Leand. Pulcinella non abusarti di più della mia

sofferenza , altrimenti proverai il mio rigore ascoltatemi ; battuto , che avrai al terzo ean- cello dimanderai il Nofaro , che si chiama il Signor Lambicco , Lambacco , Lacco di toc¬ co , e dirai in mìo nome, che ti consegni i consulti del Cìnro .

Vulc. N’ avite priessa ? Leand. Sicuro li voglio subitamente. Tuie. Ma che goffeate ? Leand. Pere hè ?

Pule. Pierchè pe mparà lo nommo solo nce buò allo mance tre misi .

Leand. ( con prestezza ) Ma che ci vuole a di¬ re cosi. Lambicco, Lambacco, bacco di toc¬ co , che ti dia i consulti del Claro.

Pule» No tace ho niente , e lo vero , ma Io non io saccio dicere .

Leand. Pulcinella o terminale ragazzate, o pren¬ do un bastone ; animo dimmi quello , che hai da fare .

Pule. Saiia da ride mò ccà n’ Avucato paro mio non sapesse fa n’ anvasciala . 0 sta a sientere ve ; mepuorto al pupazzo della Justizia , sa¬ lico lo cancieiio, parlo colle scale , e poje aggio a piglia lo Notaio pè 1’ ombelico , gli

«io nel grugno no tacco , isso me da na prisa

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PRIMO Si de tabacco , e io ncè do no b;quocco .

Leand. Non so come ho sofferto fin ad ora senza darti una mano nel viso ; questa è la maniera, con cui vuoi fare l’ambasciata ; sentimi Pulci¬ nella questa e 1’ uh ima volta , che te la re¬ plico , ascoltatemi bene , e se non eseguirai diligentemente il tutto ti licenzio dal mio ser¬ vizio .

Pule. E poi non lo farite . Leand. Perchè ? Pule. Per rispetto della nuova Avocatura . Leand. Pulcinella lascia ogni celia da parte 7

portati al palazzo del Tribunale , salisci lo sca¬ lone , salito quello troverai tre cancelli , bat¬ ti al terzo, dimanda il Signor Lambicco, Tom¬ bacco , bacco di tocco , e digli a mio nome , che tì consegni i consulti del Glaro , e acciò maggiormente intendi , tieni .

gli da un calcio . Tute. 0 mò si ccà non me ne scuordo chiù. Leand. E per qual causa ? Pule. Pierché me l’avite scritta , e sigillata ili

carta piccora . parte. Leand. Gran sofferenza ci vuole con costui , se

non 1’ amassi come faccio per la sua fedeltà non sarebbe pericolo , che vi durasse # ma e tanto cordiale , e sincero che m’ obbliga a condonarli ogni sua ledidezza . parte.

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ATTO 3a

SCENA DUODECIMA.

Strada.

Ridoifo 9 Fiorindo 9 e Fdloppa.

Ilidolfo. Tj"1 Iglio mio sò precipitato , ed il mio X male è incili abile .

Fior. Ma caro Signor Padre non vi affliggete tan¬ to , che il Cielo provederà.

Fall, E una cosa 9 che si rimedia .

Ridai. E’ una cosa che si rimedia eh ? non e tan¬ to male ? Eh che vi pare , io che sono passato sempre per uno de’ primi merendanti del pae¬ se « e de’ puntuali a pagare , oggi si , oggi mi troYo nel punto di perdere 1’ onore : e d’ an¬ dane fallito. Come volete figlio raro, amato servo , che paghi questa lettera di cambio di ducento cinquanta doppie , quando non mi ri¬ trovo appresso di me altra somma, che di due¬ cento ; ha ( piange ) ah povero Ridolfo 9 pò* vero onor mio , povera mia famiglia •

seguita a piangere. FÌor. Via non piangete Signor Padre 9 che ho

pensato il modo di rimediarli • Ridai. Ah ! il Cielo lo volesse ; e come figlio mio! Fior. Facciamo una cosa dimandiamo queste

cinquanta doppie in prestito al Signore Avvo¬ cato , sapete pure 9 che egli e 1’ unico amico vostro , e che per servir voi spargerebbe tut¬ to il suo sangue.

Full. Si dice bene lui ; ah 9 che cervello f non poteva pensa meglio : sapete pure il bene « che vi vì> 9 che non solo ve darebbe li quat¬ trini o ma la sua coratella , e se vi bisognasse vi darla anche lo strutto per frigerla .

Ridai. Si vada fallito , si perda l’onore , che in¬ comodare di bel nuovo il caro amico j giusto

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PRIMO 35 jeri gli saldai certe partite e oggi ci avrei da ritornare , e domandargli danaro imprestito , e Figlio , e Falloppa , delle finezze . che si ricev ano dagli amici non bisogna abusarsene , nè 1’ uomo onesto deve incommodare l’amici si spesso .

SCENA. DECIMATERZA.

Leandro uscendo da casa , e detti .

Leand. Q I’ si vado all’ officio, ed ora torno.

^ di dentro. Fiorindo . Oh : ecco il Signor Avvocato. Falloppa. E’ vero sor Padrone ; mutria , e gru¬

gno tosto. Ridolfo- Avvertile* bene di parlare che se nò

1’ averete da far con me .

Leand. esce , e vede Fumici si mostra tutto gio- jale , bugia tutti , ed in tanto Falloppa con un fazzoletto spolvererà le scarpe alV Avvocato e poi Leandro dirà . Cari amici assicuratevi , che per me e stala una fortuna assai grande , se di prima uscita mi sono incontrato con voi che teneramente amo.

RidoL E5 stata mia la sorte * che vi ho veduto , mentre un’ ora , che sto separato da voi * che siete il caro mio amico non trovo pace, non trovo luogo .

Leand. Caro Ridolfo parmi di leggere nel vostro volto un certo torbido , che non mi piace, on¬ de scuoprìte ad un amico , che vi ama ciò , che v’ iinjaieta , che se starà a me il poiervi felicitare , la stimare mia somma fortuna .

Fiorindo - Via diteglielo. Fall. Via su buttate fuora »

Ridolfo . Tacete : Amico mio vi dirò * . . questa mattina è capitato .....

Ffar* Mi tirano il ferajolo acciò , che parli.

Ridai» con sdegno . ( tacete diavolo ; E cosi 3i~

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*4 ATTO gnore Avvocato mio , e capitato sta mane ai mio negozio uno , che voleva fare una buona compra , non ci siamo aggiustati per il prezzo, e questo è quello , che qualche poco m’attrista

Fall, Non è la verità Signor Avvocato ve la dirò 10 . ( chiamandolo in disparte .

Fior. Signor Padre una parola in grazia del Si¬ gnore Avvocalo .

RidoL Che vuoi Figlio mio 9 eon permissione. Leand. Servitevi pure amici miei cari .

Fior. ( (gài discorrono fra di loro fino che Fai- Ridol* ( loppa parla a Leandro, Fall&p. Eh Signore Avvocato mio non e questo

quello , che dà rammarico al mio Padrone . . . é, elle dà un suo corrispondente gli e stata mandala una lettera di cambio di ducen- to cinquanta doppie , ed il povero uomo è sul punto ri’ annà fallito , perche non ne à altro , die duecento , e questo e quello , che tanto l’affligge .

Leand. Tacete per un momento : Ridolfo voi non siete vero amico , voi mi fingete. Come ! ave¬ te ripugnanza di venirmi a dimandare cento cinquanta doppie, quando io vi ho dichiarato padrone di lutto il mio, e voi ve ne abusate ; volete perdere il vostro decoro , precipitare la famiglia per non confidare le vostre indigen¬ ze ad un Amico : ad un Amico poi : che parec¬ chie volte v: ha detto quello che è mio , e vo¬ stro ; vergognatevi adunque di comparire fin¬ to con me che vi amo : e che mi glorio di essere quell5 amicus alter ego.

Ridol• Si avete ragione io sono una bestia . ma 11 mofivo e stalo di non incomodarvi tanto spesso , non perchè diffidassi del vostro buon cuore, onde rendetemi degno del vostro per¬

dono , riflettete , che di ciò un vero Amico

vi priega . Leand. Ah nome per me troppo caro ? non do¬

vevate chiamarmi amico , se non volevate ri¬ portarne il perdono > ma siccome questo no-

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PRIMO 35 me per me è troppo prezzarle Io vi perdono : Ditemi Ridolio n’ avete premura adesso del da¬ naro 7

Ridai. E, basta in oggi . Leand. Io ve lo darei adesso, ma non mi trovo

tanta somma di danaro in scarsella fate una cosa am.ro, venite voi , o mandate oggi da me , che ve 1’ invierò .

Fior. Verrò io Signore Avvocato 7 Leand. Sì caro , che mi sarete molto gradilo 7 Fior. Sì si ci verrò io (tra se) non già per pren¬

dere il danaro , ma solo per rivedere Rosaura. Leand. G * ri amici mi spiace il dovervi lasciare ,

ma devo portarmi dal Giudice per vedere se mi volesse concedere quindici giorni di dilazione per la causa di quei povero Tizio , onde con¬ viene , che vada per non mancare alia cari¬ tà fraterna , ed al debito di vero Avvocato ;

valete . (parte.

SCENA DEdMAQUARTA.

Ridolfo , Fiorindo , e Falloppa.

Fall. T7* Ceo Signor Padrone , che sarete con- J_j tento .

RidoU Ma perchè gli ne avete dimandate cin-* qnanta di pia 7

Falloppa. Ma ditemi un pò 7 date , che abbiamo via questi ducento doppie , nella ciotola neri ci resta un quattrino, e sapete pure , che i mercanti non fanno quattrini ogni giorno , e

con quelli cinquanta scudi di più ci venimo campanno .

Ridol. Sì sì hai fatto bene , anzi fa una cosa ; portati dal Signor Tiburtio e digli che questa sera si porli da me che gli pagherò la lettera di cambio .

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36 ATTO Fall, Vado subito ; non ci voleva altro ; che

quel buon’uomo dell’Avvocato per consoli sto povero vecchio . parta*

SCENA DECIMAQUINTA .

Fiorinde , e Ridolfo. Fior. A Desso SigDor Padre non avete altro, che

vi turba . JHdol. E pure o Figlio non sono aucora contento. Fior. Oitnè ( mio Padre ha saputo qualche cosa

del duello ( e che altro vi affligge ? Ridai. Figlio apri 1’ orecchio alle voci di tuo

Padre , ed eseguisci ciò , che ti ordino : Io ho saputo, che tu hai messo mano alla spada con il Figlio del caro amico , perchè il mede¬ simo non vuole, che lu amoreggi con Rosau- xa di lui Sorella , e così figlio mio consola tao Padre, lascia per ora questi amori acciò non abbiamo a perdere il caro amico . Sì dei far¬ lo o Figlio , devi uniformarti ai voleri di tuo Padre , che ciò , ti chiede colle lagrime agli occhi . **

Fior. Se io lascio Rosaura , vado ad incontrare ia morte , ahi caro Padre , .. . Amore mi ha mortalmente ferito.

ìèìdoL Ma sai Figlio , che cosa è questo amore ? Sappi , che il Padre del mìo Trinonno diceva, che amor est otiosae animae aff'ectus.

Fior» Ma Signor Padre questo vostro Trinonno sbaglia , e bisogna , che sia stato paco esper¬ to in amore perchè l’uomo amando diviene sagace , astuto , studioso , e studiando impa¬ ra l’arte del vivere ; E voi Signor Padre mi volete inebire una cosa si bella.

Ridai» Quell’ amore, che tu mi hai descritto è un amore virtuoso , e non dannoso come il tuo , perchè se ti cimenti un’ altra volta con il Signor Silvio , qualcheduno di voi resta

istinto; se munte il figlio dell’amico, ecco

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PRIMO 37 che tua Padre perde la cosa più cara , che ave-, va al mondo , se muori tu ( che il Ciclo tol¬ ga un sì sinistro augurio ) ecco , che tuo Padre resta privo di un figlio sa di cui ave¬ va fondate le sue speranze : in qualunque modo seguitando tu questi amori, renderai co! tempo infelice questo povero tuo Padre , che con tanti sudori, e stenti ti ha finora al¬ levato. Deh figlio tralascia per ora questi amo¬ ri , che coi tempo poi s’ aggiusteranno le cose, può darsi , che Silvio si moderi , e si contenti : via figlio mio me io prometti.

Fior. Si caro Padre sono così amante delia vo¬ stra quiete , che per vedervi contento sono pronto a sagrificare la pace del cuor mio , e ciò facendo , adempio al dovere quale mi obli— ga di stare rassegnato alli cornmandi , di chi mi ha dato Ja vita .

Rìdol. Ora si figlio mio , che parto contento ; ah proprio questo figlio si somiglia a suo Padre , è una pasta di marsapano ; Addico- Figlio mio, parte.

Fior. Vi son servo amato Genitore •

SCENA DECTMA5E3TA

Fiorindo , e Rosaura alla fenestra .

Fior. Tl/T Io Padre teme con raggiane di qual- IVX die sinistro evento , mentre sa il pro¬

cedere del Signor Silvio, qual* è perniciosis¬ simo attesa la facilità grande con cui pone mano alla spada : ed il mio Genitore , che teneramente ini ami procura tenermi lontana da ogni pericolo . Infelice cuor mie , in che labirinto ti trovi ! Mio Padre desidera , che tralasci gli amori di Rosaura , ed il debito eli

figlio mi obbliga ad obbedirlo * ma se rifletto

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13 ATTO poi all’ amore , che mi professa la mia cara rimango confuso in risolvere , e non so a qual partito appigliarmi .

s’ incammina per partire . Ras. dalla feneslra. Caro signor Fiorindo. Fior. Oh Cieli qual voce mi chiama • . . .

con ammirazione . Ros. Quella della tua Kosaura .

Fior. Ah ! voce , che mi piomba sul cuore .... pensieroso .

Ros. Che avete Signor Fiorindo , che state si mesto 7 lorse qualche nuova beltà vi ha fe¬ rito il cuore?

Fior. M’ incenneriscano i numi se il mio cuore non e solamente ferito da voi .

Ros. Con quai dardi 7 Fior. Con quei d’ amare. Ros. Ah Signor Fiorindo voi non mi amate . Fior. Se io dicessi di non amarvi mentirebbe la

mia lingua , perchè costantemente adoro il vostro merito , e le qualità riguardevoli , che vi albergano in seno .

Ros. Deh dunque se ciò , che i vostri labbri pro¬ feriscono sono sentimenti del cuore corrispon¬ dente con segni veraci al mio affetto , e non fate ? che debba querelarmi di voi , perchè tardate di venire qualche volta a consolarmi

colla vostra cara presenza ; e siete troppo

crudele . SCENA DECIMASETTIMA

Silvio in disparte •> e detti • Silvio esce , e fa atti ammirativi , e si ferma

a sentire .

Fior. T71 Cara cara, il crudele non sono io » JLj ma è il vostro Germano , che in ve¬

rna conto vuole , che sieguano queste nozze . Ros. Basta , che vogliamo noi altri due 9 tutti

gli altri s’ aggiusteranno poi • Silvio, si fa innanzi.. Tutti si aggiu-

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P R r M O 3<) steranno ... si divertino pare me ne ral¬ legro .

Ros. O infelice Rosaura . Fior. O sventurato Flbrindo . Sito. Ritiratevi in casa adesso proprio . Uos. Vado subito . Amalo Flcrindo addio .

Fior. Addio cara Rosaura . ('si ritira.

SCENA DECIMAOTTAVA

Silvio , e Fior in do .

Silo. S~\ Ra non mi potrete niegare ciò , che ho V_7 veduto co’ miei occhi , e inteso colle

proprie orecchie . Fior. Non posso tenervi occulta una cosa di cui

ne siete venuto in chiaro ; caro amico com¬ patitemi c chi non adorerebbe con ogni ar¬ to di più umile rispetto il suo boi volto» e chi

non s’ iuchmarebhe al merito di quella bel¬ lezza » che mostra d’ essere accompagnata da ogni più rara virtù ?

Silo. 11 vostro parlare meriterebbe , che vi pas¬ sassi da parte » a parte ; come ! ed in si fatta maniera vengo da voi obbedito .

Fior. Ma via caro Signor Silvio discorriamola tra buoni amici , non vi riscaldate ; Ditemi iu grazia , credo , che voi non andareste contro la volontà delii Numi .

Silo. Che volete significarmi con ciò ? Fior. Voglio dire, che se i Numi avessero de¬

stinato , che dovessero effettuarsi queste nozze credo, che non dovreste essere lontano nei dirmi di sì , tanto più , che in questo caso avrei la sorte di divenirvi Cognato .

Silo. E tant’ oltre arriva il vestro desiderio ? ah giuro il Cielo , che non sò , chi trattenga 1’ ira mia .

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40 ATTO Fior. Lo sò io quale è il motivo , che vi trat¬

tiene* • con ironia . Silv. E qual’ è '?

fior. E’ 1’ amore grande , che portate a me , che dovrò essere il vostro caro Cornalo .

Silv. Non vi date più questo titolo di Cognato , che or ora vi ammizzo .

fior. Giacché vi dispiace , che vi chiami col titolo di Cognato, vi prometto di mai più chiamarvi Cognato,

Silvio . A.che non mi posso più con¬ tenere 5 presto partite , che sarà meglio per voi .

Fior. Quando sia per contentare il mio Cognato parto subirò .

Silv. Ma io vi ho detto , che questo nome di Co¬ gnato non voglio ; che lo proferiate .

Fior. Via , via non vi riscaldate , che non vi di¬ rò mai più G gnat» : ma sentite Cogitino mio ; io che averei ragione di adirarmi se¬ co v®i , pur non m’ inquieto , mentre vi pare piccolo affronlo quello , che mi faceste colla vostra venuta quando discorrevo colla vo¬

stra Germana, che mi toglieste il bel conten¬ to di più vagheggiarla ?

Silv. Se vi chiamate offeso ponete mano alla spa¬ zia ? lesto dico , voglio rendervi raggione del torto fattovi 7

pone mano alla spada . Fiorindo. Ecco lì subito le stranezze , e via »

riponete il ferro , e non vi dimostrate sì crudele verso di uno , che ha da divenirvi Cognato .

Silv. Non dite più questo nome , che vi metto questa spada nel seno , presto fuora il fer¬ vo ?

Fiorindo . ( Vorrei fuggire ]’ incontro per non disgustare mio Padre , Cieli assistetemi voi , nò , non sarà mai , vero , che mi cimenti

con voi . Silvio , E bene se non fate ciò , che vi dico sio

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PRIMO t 4< te un vile, un poco di buono , ed un Indegno di cingere quel ferro .

fiorindo . Oh questo si ; che non Io posse sop¬ portare , si tratta d’ onore offeso dalla vostra troppo ardita baldanza , non e uomo ? chi non si risente alle offese di onore , è vile » chi dif¬ ferisce la vendetta della riputazione oltraggia¬ ta : ( pone mano alla spada , e si battono ) ec¬ comi pronto a servirvi.

SCENA DECI MA NONA Ro saura , Lisetta in fretta , e detti •

Rosaura. T^v Eh caro Fratello fermatevi. Lisetta. L/ Fermatevi sor Padrone .

e lo trattengono . fiorindo . Già , che il C elo mi mostra favo-

revole e meglio il partire , o facendo in tal guisa obbedisco ai voleri del mio Genitore .

parte. Silvio* Ah giuro al Cielo lasciatemi , che voglio

ammazzare quel perfido . Rosaura. Ma caro Fratello tornate in voi stesse;

e non date questo disgusto al nostro Signor Padre .

Lisetta. Ma vi pare di dare questo dispiacere al Signor Avvocato ?

Silvio. Lasciatemi dico pettegole, altrimenti sfo¬ go l’ira mia con voi altre ; pure mi riuscì il fuggire , vado a rinvenire colui per potere so¬ vra d’ esso sfogare 1’ ira mia. parte.

Ros. Oh Cielo in qual laberint® ritrovasi questo misero cuore l piange.

Liset. Ma via non piangete Signora mia , che il Signor Fiorindo pure sa maneggiare la spada e poi è un Giovane di giudizio , si sarà na¬ scosto ,

Ros. E. .. . caraListetta qualnnque evento suc¬ ceda sono infelice , perchè se resta ucciso mi© Fratello , mio Padre non vorrà dare la mia de-

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4* ATT 0 sira, a chi ne fu 1’ uccisore , se poi resta estin¬ to Florindo lo vado a perdere per un altro mo¬ do : Deh cara Lisetta va , ritrovali , priegali , e sappiami dire ciò , che accade , mentre in¬ tanto mi ritiro a piangere le mie disavventure.

parte• Liset. Io ce vado per ubbedi la Padrona , ma già

mi tremano le gambe , perchè noi altre don¬ ne siamo di core tenero tenero , non possia¬ mo vedere litigare , che subito ci vengono le pene di stomaco , e siamo obbligate a ricor¬ rere all’ acqua della Regina , ed al barattolo

dell’ Orvietano .

Fine dell' Atto primo .

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ATTO II SCENA PRIMA.

Sala del Tribunale .

Pulcinella , indi Tizio. , Pule. Tl/T A cosa bo-dicere studeò notte , e jor-

IVA no : se tratta cca io da sì che me son- go misso in idea da fa 1’ Avucato non pienzo , nè a mancià , nè a fa delle vippere , e pe non levareme dallo studeo manco vo a licet , e se trascorre che pe studeà me songo scordato d’ anni pe lo patrone a piglia li libri, e chili® che è peggio , che non me s’ allecuorda chiù l’anyasciala , ma mofaraggio na cosa me por- telaggio dallo Notaro , e gli diraggio cca me guardi nello chilieto ccà lo patrune me nc’ave scritto l’anvasciata , e me 1* à sigillata cc no caucio , ... ma zitto ... che mo me pare che lo nomino me vada jeranno pe lo stomaco... Ane- mo Pulcinella jetta fuora lo nomino: a ...aggio da i dallo Segnure .... fuora ; vi cà te vienga no canchero trase fuora .... ah è nò nomine truoppo gruosso , bigna cà non ce pozza tra¬ si .... ah cilto citte ccà mo se ne vene , me siento remucenà pe lo stuomaco , e canno ma¬ lora trasi fuora .... a ! a revometà sso nomino vido proprio cà la mia natura repugna , zitto zitto che nao ne trase fuora no piezzetto, aggio da j dallo Sign. La. la. la. La piscio , e 1’ in¬ tacco col tabacco, un abbacchio coi tocco...Ah: vi se che memoria m’ allelruovo • ha memoria propeo d’ Avucato . parte.

A “ SCENA SECONDA Tizio , e Fiorindo con spada in mano .

Tizio. Rmai è ora d’ udienza , onde voglio KJ procurare di sapere se il Giudice ha

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44 ATTO accordato questi quindici giorni di tempo per la causa di mio Fratello , perchè se gli accor¬ da il tempo , me ne voglio andare un poco fuori . Già per la causa sto sicura che sta in buone mani , e basta dire , che sta in mano di un’ Avvocato , che non ha voluto prender denari : Ma sarà meglio che legga questa let¬ tera legge»

Fior. esce. Lode al Cielo , che mi è riuscito di fuggire dalle mani di quel pazzarello senza che sìa accaduto niente , e mi sono a tal mo¬ tivo portato qui nella sala del Tribunale per obbedire mio Padre, e per fuggire ogni incon¬ tro, mentre non credo , che anche qui verrà a cimentarmi , sapendo il medesimo con quali pene si puniscano i rei di tal delitto.

tizio. Servitor suo umilissimo Signor Fiorin¬ do . accorgendosi del medesimo.

Fior. Padron mio caro Signor Tizio , Tizio. Compatisca Signor Fiorindo il mio ardire

gli pare questo luogo di venire colla spada alla mano ?

Fior. Ti dirò Amico , nel salire le scale di que¬ sto Palazzo mi sono imbattuto in un cane,che voleva mordermi f e per mera difesa ho posto mano alla spada , e mi sono dimenticato di

riporla nel fodero ( lo ripone ) opportuno il rimedio.

SCENA TERZA

Silvio con spada frettoloso , e detti• v.

Silv. He credete d’ essere qui sicure 7 po- V>< nete mano alla spada , o qui vi fac¬

cio cader vittima del mio sdegno* Tizio, {tra se.") Mo ho capito , se cosa è il cane 9

capperi questo c un cane arrabbiato . Fior. ( Oh perverso destino ) via caroSig. Silvio

moderate questa passione collerica , e ram¬ mentatevi ? che se viene qualcuno della corte

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SECONDO 45 e vi ritrova colla spada alla mano siete preci¬ pitato per sempre, via riponete il ferro , fac¬ ciamo pace v ed appigliatevi al savio consi¬ glio d’ un vero amico , che v’ ama .

Silo. Che Corte , che Pace, che Amico, non temo nessuno , e voglio qui ammazzarvi.

Tizio. Deh Signor Silvio qui non si può liticà sapete ; questo qui è il palazzo , dove si fa la giustizia .

Silo. Chetatevi uomo sciocco , se non volete, che rivolga il mio sdegno contro di voi .

Tizio. Vi volete ammazzi, ammazzatevi , che io per me tanto me faccio una serratura al¬ la bocca .

Silo. Ànimo quanto state ? o ponete mano » o vv uccido .

Fior. Ma caro Signor Silvio è possibile , che siate si accecato dalla passione , che non vi permettali vedere in che periglio ritrovasi il vostro onore , ed in che cimento esponete la vostra e la mia vita.

Silo. Non so chi finora abbia trattenuto il mio sdegno senza immergervi questo ferro nel sebo ; ponete mano alla spada, <}he io no» *ho bisogno de’ vostri consigli, c se non ponete mano al ferro siete un poco di buono , e sarà segno evidente, che avete ti¬ more di me .

Elor. Si sono nn poco di buono , e temo di voi , però non voglio cimentarmi .

Silo. Ed ecco Silvio come tratta li vili , e li pa¬ ri vostri . gli da delle piattonate.

Fior. Questo è un affronto , che non si deve sop¬ portare . Signor Tizio ?

Tizio. Che mi comanda . Fior. Voi vedete in che lagcimevole crisi io mi

trovo , onde pongo mano alla spada non già per perdere il rispetto a questo luogo da me venerato, nè per offendere Ja vita dei Signor Silvio , e nè tampoco per disgusta¬

re il caro amico di suo Padre , ma solo pe?

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46 ATTO difesa deJJa propria mia vita , e del proprio decoro .

Tizio. Si lo vedo ( pure me potrò gloriare d’aver servito per testimonio .) ride. Qui succede il duello reila estinto Silvio , ma

va a cadei e dentro la Scena dicendo. Silvio. Cieli io manco, ò Dei io moro ...

finge cadere dentro le Scene. Tizio. E io bello , che testimonio scappo .

vario* SCENA QUARTA

Fiorindo solo . Vengano de’ Soldati levano la spada ,

ed il Cappello a Fiorindo , e Vinca¬

tenano y ed incatenato dirà .

Fior. Q 1 può trovare nelle vicende di fortuna & caso più strano . , . . si vidde negli ac¬

cidenti della sorte più infelice incontro ...... Mi ritiro fin qui dentro per fuggirne 1’ impe¬ gno ; »... Ed egli fin qui m* insulta .... 1’ accarezzo con parole di vero amico ... ed egli più che mai mi cimenta , e m* oltrag¬ gia .... Oh sfortunatissimo Fiorindo .... Ec¬ coti qual Reo fatto prigione. . .. che peggio ti potea succedere .... che d’ avantaggio ti è per avvenire io perdo il senno .... son fuori di me ; vedo in un punto atterrale le mie spe¬ ranze , in periglio I* onore , disgustato l’ami¬ co f afflitto il Padre , e perduto il mio Bene , solo mi resta per compagno i’ affanno , solo il tormento è possessore di questo misero cuo¬ re ; Fiorindo infelice . . . .ma a che dolermi.... 1’ affligermi , che giova ? il Cielo vede lo sta¬ to in cui mi trovo . e da lui ne spero il soc¬ corso ; ma se questo non succede ... se non succede .... pagherà la mia vita il fio di un

innocente errore . parte incatenato .

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47 SECONDÒ

SCENA QUINTA Strada.

Ridolfo , indi Falloppa.

Ridol. Q Ono ormai 22. ore , e mio Figlio noft >3 é tornalo a casa , chi sa poveraccio

quanto gira per riscuotere de’ denari , che si avanzano : Ma mi dispiace che verrà il Signor Tibut zio per prendere il danaro , e non l’ho in casa perchè ancora non sono stalo dal Sig. Avvocato, onde mi converrà andarvi da me ac¬ ciò vedendo il mio creditore possa riuscire puntuale , andarò dunque senza perdere tem¬ po a battere alla porta del caro amico.

Fall. Sor Ridolfo, Sor Padrone dove andate? Ridol» Vado dal caro Amico per vedere di farmi

dare quel danero , che tu sai. Fall. Per carità allontanatevi da quella porta • é

lasciate annà 1’ amico , il danaro , mentre è tempo di là in te sola confido , e fumassela.

Piidol. Ma perchè 7 Fall. Ah non state tanto vicino a quella porta. Ridol. Ma che hà i morviglioni ? ha la febbre

maligna quella porla ? Fall. Peggio.

Ridol, Ma che sta per cadere. Fall. Peggio; ma piangete, e piangete forte ;

ah ; che disgrazia , ma non v’ avvicinate a quella porta .

Ridol. Ma che diavolo vi è in quella porta , si è attaccato forse fuoco alla casa del caro Amico?

Fall. Ah piangete Signor Padrone, perché è una cosa proprio da piange .

Ridol. Ma come vuoi , che io pianga se non so il motivo ; sono andato forse fallito ?

Fall. Peggio,

Ridol. Sono venuti a rubbare al mio negozio 7 Fall. Ma slontanatevi da quella porta , e piange¬

te diavolo 9 che è assai peggiore i’inibriume »

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& ATTO Fddol, E’ vernila forse la peste al Paese * Fall. Sarebbe Riale fosse questo , ma e assai pag¬

gio , piangete , e per carità fuggimo da quel¬ la porta .

Ridol. E sempre siamo con quella porta . ma che vi eia dentro qualche serraglio di fiere ?

Fall. Aaaaaaa( piangendo ) uh cose assai peggiori , piangete , piangete.

Fddol. Costui mi fa gelare il sangue nelle vene.o via piangemo per consenso u u u u. piange .

Fall. A a a a a a piangete , avete da sapè a a a a piange

Ridol. A a a a a a a tu me lo dichi in musica , o quangemo u u u u u u

Fall. Se ci sentono i cani a fa cosi sapete come bajono , che ci pigliano per cani barbonij Ma così piangete , si o no ?

Ridol\ Piango , piange» . Fall. 11 Signor Florindo a ammazzala il Signor

Silvio , il Figlio del caro amico , ah fuggi mo da quella porta , che se no vie qualcuno -, e ci ammolla una schioppettata per uno , e ci man¬ dano in conversazione col Signor Silvio .

Fddol• Come ! mio Figlio ha ucciso il figlio del caro amico , e che non ci posso credere Fio¬ lindo non e capace di dare questo disgusto a suo Padre , tanto piu , che poche ore sono gliene ho vietato 1’ incontro .

Fati. E il povero Signor Florindo non ci ha che fa niente, perchè lui come, che lui per fug¬ gire di battersi si ritirò fino nella Sala de! Tii- bunale, ed il Signor Silvio fin la andirde a minacciarle la vita , ed il Signor Florindo non

polendo scappare gli e convenuto mette mano alla Signóra Lucia , se so date due botte leste, leste, la Signora Lucia del Signor Florindo stando così sfoderala aveva freddo, e per pau¬ ra di non pigliarsi un attacco di pet o si andiede infodera dentro la panza del Signor Sil vio.

Ridei» FaJloppa mi burli , o diahi davvero ?

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SECONDO < 49 Fall. Vista oculis , e poi mo ci giuro , e tatuo

Ter©, che il Signor Silvio e stalo ammazzato dai Signor Fiorindo, quanto è vero, che io son Falloppa , se poi non volete credere ne anche a questa sorte di giuramento ....

Ridai. Infelice Ridolfo , sventuratissimo Figlio , ma più di tatti inconsolabile il caro Amico quando saprà ^ che il di lui Figlio e morto , e che e stato ucciso dal Figlio del suo caro ami¬ co ; Ah Figlio che mai facesti , dare questo di¬ sgusto al caro amico , ad uno , che mi a fatto tanto del bene , e tuo padre come potrà vive¬ re colla perdita del medesimo 7 voglio andare

adesso proprio in persona a buttarmi ai suoi piedi , acciò che m’ uccida , e sparga fino ali’ ultima stilla il mio sangue , purché resti vendicalo del torlo , che gli ha fatto mio Fi¬ gli© ; Falloppa andiamo .

'Fall. Ci potete antià da voi a farvi ammazza,che

io patisco de’ calli non posso cammina .

SCENA SESTA

Leandro , e detti , che restano intimoriti . ]

Leand• con serietà . R Idolfo , Falloppa aspet¬ tatemi per un momento. (entra in casa

Fall. Io ho da fa non posso ; ali Signor Padrone mio iuggimo , che è andato in casa a piglia

qualche ieccabugio , e ci schiaffa due pillole sfracassanti nello stomaco ,

Ridol. No, non voglio partire , venga pure Le¬ andro , mi uccida k mi faccia in pezzi t che morrò contento purché resti vendicato il caro Amico ,

Leand. ritorna giojale. Caro amico , amato Fal-

loppa, giacché non siete venuto nessuno di voi a favorirmi per prendere il danaro ve lo

portato io , tenete caro il mio Ridolfo questi

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5o ATTO

sono sessanta scudi se volete di più comari- date , die il mio danaro , e tutta la mia casa sta in disposizione di voi , che siete , e sarete sinché io viva il mio diletto amico ; cari vi la-

ahroW™ vllélen.affaredÌpremUla ““ chiami

' SCENA SETTIMA .

Ridolfo , e Falloppa •

Fall, Ui a sete > e io bisogna , che vada a beve un bicchiere d’ acqua , che se no ho

° 16 1Tl* vengano i morvigjioni. 1 ®fo» da una guardata all’ Avvocato senza parlare , e poi a Falloppa , che gli dirà.

Ma cosa mi venghi dicendo , cosa da fa piglia 1 ìniantiglioli ad un povero Padre , ma che ti prendi gioco di me ?

Fall, Ditemi un poco quanti Figliuoli ha il Sign. Leandro . °

Ridol, Ma che ancora non tì è noto, che ritrova¬ si una Femniuia , ed un Maschio ?

Fall, E bene adunque mo gli vado ammazza la lemmina .

Ridol. E perchè ? Fall. Perchè per averli si Signor Fiorindo am*

mozzato il Signor Silvio ci ha dato sessanta scu¬ di 9 e se gli ammazzatilo la femmina ci da mil¬ le doppie perchè si leva quel malanno da tor¬ no * mentre dove sono le femmine lì senza dubbio ce so malanni a campane doppie , ma In somma voi non ci volete credere , ed io vi dicojì che è stato ammazzalo Silvio dal Signor Fiorindo , e lui sta aspettando la canepuccia sicut in gahbia Papagallus .

Ridol. Come questo di p.ù mio Figlio sta carce¬ rato ! ho poveretto me in che laberinio rni tro¬ vo, in pericolo di perdere 1’ amico , e di ve¬ dermi decapitato mio Figlio j Amato Serro por-

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SECONOO 5 r talami alle carceri , che mi voglio certificare del'tutto , e se c vero ciò che tu dici vaglio andare a dirittura a buttarmi ai piedi del caro amico 9 acciò mi uccida , e faccia della mia vita ciò ehe vuole, povero Amico sventura¬ tissimo Figlio , infelicissimo Padre .

parte piangendo . fall. Disgraziato Falloppa , che gli tocca a servi

una gabbia de matti . partef

SCENA OTTA V

Camera. i

Lisetta 9 e Iìosaura .

Ros, p Bene eseguisci Lisetta ciocché ti co- JLj mandai , sollecitati consola questo mi¬

sero cuore Fiorindo dove è , di mio Fratello che ne fu 7

Liset. Io Signora non viddi altro , che il Signor Fiorindo si ritirò nel Palazzo del Tribunale , e dopc qualche tempo viddi anche il Sig. Silvio che qual cane corso gl’ insidiava la vita , co¬ me poi terminasse io non lo so.

Ros. Certamente devo credere , che sia termina¬ ta bene , mentre Silvio non averà avuto ardi¬ re di cimentare Fiorindo nelle stanze del Tri¬ bunale 9 poiché il medesimo è bene informa¬

to con quali pene si gastigano li rei di tal de¬ litto .

Liset. Così credo Io pure ... ma .... llos. Tu con questo ma mi fai morire . Deh cara

Lisetta se sai qualche cosa palesala alla tua Padrona 9 che colie lacrime agl’ occhi ciò ti chiede .

Liset. I’ Signora? mia io sò di cuore tanto tene¬

ro , che non vi posso vede piange 9 e volete 9

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52 ATTO che a si belle lacrime pòessi tenere celate qualche cosa , e poi sapete pure , che sono

donna , e ciò dovrebbe bastare per assicurarvi che se sapessi qual cosa ve Taverei detto,men- tre sapete bene # che basti , che sappia una cosa una donua per tarla sapere a lutto il Paese #

Ros. Dunque perchè hai detto quel mi 7 Liset. Ho detto ma perchè sapete , che quan¬

do il Signor Silvio è arrabbiato gli escono due liamme dagli occhi , che pare un diavo¬

lo ; onde dubi o , che fin la dentro non ab¬ bi fatto qualche cosa .

Ros. Ai Li»etta tu con questo sospetto mi hai mortalmente feri a .

Liset. Ma perchè . Ros. Perchè 7 c li sa cosa sia accaduto . Liset. E bene cosa potrà essere mai accaduto 7 Ros. 0’ bella ! puoi e essere stato ferito FIo-

rindo , e Si!v o . Liset. Il tutto e rimediabile .

Ros. E come 7 Liset. Se fosse ferito vostro Fratello , e che anco

morisse, allora siete sicura di sposarvi Flo- rindo 9 mentre non avete più quell’ ostacolo , che ciò v’impedisce, se poi 1’ istessa cosa fosse accaduta al povero Signor Fiorindo , ve ne trovate un’ alito più he lo, e faressivo co¬

me fanno tante , e tan'e del bellissimo sesso nòstro , che ora dtnno udienza ad uno ed ora ad un altro ; E se le Signore donne non faces¬ sero cosi assicuratevi, che non le vedreste

passeggiare per la città , ne con tante golìe , nè con tanti mantiglioni,

Ras. Il Cielo mi liberi di nudrire nel seno sen¬ timenti si vili f e mi meraviglio , che in tal

guisa mi parli . Liset. Compatite Signora mia ho detto cosi per

rallegrarvi un poco » mentre mi dispiace di ve¬ dervi si mesta .

Ro s. Senti Lisetta io confido nella pietà delli nu-

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SECONDO 53

mi , che non sia accaduto niente , ma se di¬ versamente fosse, ti assicuro die ( piu to¬ sto , che dare la destra di sposa ad alto aman¬ te ) voglio sacrificarmi per sempre nella ca¬

sa paterna * Liset. Via stale di buon animo , che non sarà

successo niente. Rost Così spera il mio cuore.

SCENA NONA.

Piticinella con libro in mano , e dette. Vale. H scheavo vuos’o si patrona , addio

V>/ Lisetta mia , allecuordate cà Pulieci- nella è pe te chillo PullecineJla chiù fedele de tutta la Pullicennellaria , e che te bo nso à.

Liset. Sì sì ; ma dimmi un poco dove vai con questi libri.,

Pule. L’ aggio a puorià allo Padrone, e poi nce aggio dà una buona nuova .

Liset. Kos a a* ^ 16 nuova*

Pule. Vi che curiosetà de femmene . Liset* Via dimmelo per quell5 amore che ti

porto.

Pule. Abbesuogna che te lo dica per fuorza , perchè me 1’ ai chiesto pe na gran cosa , avi¬ te a sapè ca lo si Florinmo , ah che buona nuova . . .

Jlos. Fiorindo! Cieli , che fu ? Liset. Che dichi di Fiorindo 1

Pule. Gnossì lo si Florfnno ; Già vui auti non la sapite la cosa dello si Florinno .

Liset. Si la sappiamo , la sappiamo . Ros. La cosa del duello ?

Pule. Se la sapite che malora annate cercanno , Scheavo vuoilo .

Ros. Ma quale è la buona nuova , che hai da porta a mio padre .

Pule. Avite a sapé che*

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54 # ATTO Liset. Sbrigati non ci tenere più sospese. Pule. Gnossì ino ve lo dico avile a sapè , che lo

si Florinno ,

Ros. E bene che cosa ne fù di Fiorindo? Pule. De Florinno ne fu . Liset. Se ci porti una buona nuova , la mia Pa¬

drona li da la mancia . Pule. E a cosi lo si Florinno . Kos. Certo se è una nuova , che la gradisca il

mio core-, ti promelto di un buon para- guanto .

Pule. Gnossì me piglieraggio un par de guanti j e così lo si Florinno .

Liset. So tre ore che parli, e non si sente al¬ tro , che Florindo .

Tale. E "non è poco cà songo arrevaio a di¬ cere tanto , se non me tacite termenà lo trascorso .

Liset. Via parla . Tuie. E così lo si Florinno . Liset. Eccoci da capo con qnesfo Florindo. Vide. Ma io mo senza lo nomrno de Florinno

non ve pozzo dicere la bona nova . Kos. Lisetta acchetati * Pulcinella non gli dare

udienza e: raccontami il lutto. Pule, voltato verso Rosaura . Gnossì avi:e da sa¬

pè , che lo Florinno se ne jeite. Jjset. Ma Pulcinella tutio a lei , famme sapere

qualche cosa a me pure . (tirandolo per un braccio.

pule. E accossì lo si Florinno se ne jette. voltandosi verso Lisetta ,

jRos. E bene raccontami dove se ne andiede .... ( Tirandolo per un braccio verso Rosam a

Pule. Lo si Florinno se ne jette , Lisetta. tirandolo per braccio .Ma si può sa¬

pere dove andiede ? Pule. Gnossì mo velo dico ; lo si Florinno se

ne jette ..... verso Lisetta. Ròsaura. Io sono la Padrona , a mo lo devi

raccontare ..........

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SECONDO' S> Seguitando a tirare .

Vale. Aggie pacienza Lisetta V ave raggione U Padrona , e così lo si Florinno,

verso Rosaura • Lisetta, ( ritirandolo ) Ma Pulcinella sai che

ti voblio bene . raccontalo a me. (tirandolo ora ( una , ed óra V altra . ‘ >

Pale E’ lo vero . < Ros. Io ti do il salario. Tuie, E’ lo vero . Liset. Io ti ho'da sposare . Pule* E’ lo vero . ^ Iios. Io ti posso mandare via dal Servizio. Pale. E’ io vero . • c 1 * * » , • . < ; .Y f

Liset. Io ti posso lasciare andare .* JPuZc. E’ lo vero . .

jPuZc. -Ma che mmalora avite ? che me Lolite da la corda à 1 tratti ?

Ros> Lisetta io ti ho ébrrimandato , che taci. ma ho fatto Padrona J&set. E vero Signora

liuto questo per farvi un poco ridere. Fide. E pè fa chiagno a me , canno m’ avevate

• rot; e le vraccie

JLófi E ... cara ierva gradisco il tuo buon cuore, ma io temo di qualche sinistro evento .

Pule. Gnomo non è vieni© . Vale. Via Pulcinella mio lasciamo le facezie da

parie ; e dacci questa buona nuova. Vide. Mo ve la dico ymà mettitele loco la ; e

non v’ accostate chiù vicino alle vraccie ì Ma dimme na cosa Lisetta , la padroua patisce del mal del padre ? >

Liset. Di Madre vuoi dire 7

Pule. O dello patre, o delia maire , o dell© non¬ no , è tutta na cosaynsomma ne paté si , onò?

Liset. Che sappia io ; no certamente $ e perchè mi dichi questo ?

Vide. Pecche è tanto bona la nova, che ncag-

£io a dà , che pe consolazione aggio paura

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56 ATTO che non abbia a casca morta*

Liset'. Nò vi e pericolo. Tuie, fe cosi avite a sapè , che e mùorio . Ros. Cieli , chi*e morto 7 LiseC. Chi e morto ?

Pule. E’ muorto chillo che non è chiù vivo.

Liset. Comincia male , e questa tua nuova co¬ mincia c©n morti .

Vide. Se-non e buona pe vivi aulì , e buona pe me .

Ros. Bene , dunque chi eD morto 7

Liset. Sbrigati Pulcinella , leva d’affanni ]a m;a Padrona 7

Vulc. Fio . . . .rin . . .. no .. . Ros. Fiorindo e morto , o Dei ! Vulc. Gnornò . Liset Ma chi dunque 7 Vulc. Fiorindo a accis® lo si Silvio . Ros. Ah temerario questa e la buona nova. Pule. Gnossì pecche canno ce uno de manco

a tavola caucareo chiù io , non ve |V aggio dillo , ccà se non e buona pe vu’ aulii, e bona pe miro .

Ros. Bene era prevenuto il mio cuore . Lisetta ai , che il dolore mi opprime. Cieli, io manco.... Numi assistetemi voi. . . sviene.

Pule. Ah ncè xiesuno ca dinlo che abbia no au¬ rinale dacque de cucina ?

Lisci. Vedi se che cosa hai fatto . J Pule. Ma tu che minati ora hai y non te l’aggio

ditto io se pativa del male dello . padre.

Lì&et., E ti pare questa cosa di nou atfligersi : Pule. A me me pare de no. Liset. Perchè 7 Pule. Tecchè nce sarà no briccone de manco

allo paise, no mazzasctte . Ora vi cornino vanno Ile cose uno che era na mazza nesu- no ave acciso uno che era na mazzaselte.

Ros. Oh Cieli * ritorna, Liset. Via datevi animo Signora Padrona* Ros. Conducami Lisetta a casa , che di bel novo

mi sento mancare , Oh Dei il Germano estin-

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SECONDO 57 ?o ; e di Fiorindo , e del mio bone che tie sarà a» ? che il dolore per uno , ed il timore per 1’ altro anno riempito questo cuore di affanni .

;parte. Liset. Ora vengo Signora Padrona ; Addio Pulci¬

nella mio ( appoggiandosi Rosaura parte Vide. Addio legato de chisso polmune.

SCENA DECIMA

Pulcinella solò. Pule-f\ H Deavolo lo malanno gruosso sta a dii—

V_/ lo allo Padrone : Aù negregafo Pollece- nella chi te lavisse dilto esse anvasciatuie de male nove ; ma Pollecenella ? gno . . . dimine na cosa , commo farrai a dillo allo Padrone. .. Faraggio cossi gli diraggis» ca chili© fe^liuolo era no briccone Nono Pollecenella ...... Ma pecche no.... Pecche lo padrone nee bo¬ li va bene , e se in re dichi ea era no fì- iìgliulo bi iceonio te manna alletrova Io Demo¬ nio Si si dichi bona Pollecenella , e bene commo farai .... nee di raggio subbeto ca e stato acciso .... No non lo bene meo ... E pec- chè .... pecche isso sdegna o della s mal-ara- tura dello fegliuolo te smafara a te parsi. Ma a le Pollecenella ca te npuorta sse guaje se t’uccide .... Cancaro se me npuorta ... e pec- chè aggio promisso d’ ensorammo co Lisetta la canimerera , e se lo patrune me smafara nee manco de parola , e deviente frabutto . .. Pol- lecenella ... gnu ... commo farrai .... faraggio cossi non ce diraggio niente .... Oh Deavolo

ecco lo Patrune , ca gl’aggio a da ssi birbi .... e eccole Pollecenella in uno aulro laluerno chiù gruosso , pecche canno usci vo dallo Pa¬ lazzo della tristizia puriavo si birbi, e meson- go addonalo ca ncerano li Sbirri , e aggio co- menciaio a tirà ssi libri, e song© strappati, oh Deavolo DeaYolo....

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ATTO é8

SCENA UNDECIMA

Leandro , e dettou Leaìids~\ Qanto più vado col pensiero agilan-

domi per rintracciare 1’ origine di questa mìa subitanea melanconia , t into meno so ritrovarla ^ Da poche ore, ches.eulomi una pena interna nel cuore , ceni tremori nel san¬ gue , nè so capire il perchè ! che mutazione e mai questa ? che osservo oggi nel mio cuo-* r® 9 poco fa ero allegro , e contento , ora mi trovo il cuore oppresso da mille affanni ? ah voglia il Cielo « che un cangiamento cosi improviso non sia araldo di qualche pena al mio cuore . pensa.

Tuie. Oh ! P ave saputo senza attiro t Jueand. ( voltandosi. ) Come tu qui ? che co¬

sa vuoi 9 che pretendi ? parla 7 Tuie. Chiana , clnano ( ah 1’ ha saputo) dici-

te lo sapi te si, o nò la disgrazia successa ? Le and. Oh Cieli f sbrigaci Pulcinella , dim ni .

che disgrazia c accaduta 9 Pule. Zitto Puliecenellu ca non la sa , e non

ce Jo boglio dicere . Leand. j\p. cosa stai borbottando irate medesima

presto sbrigati di dirmi , che disgrazia e ac¬ caduta ? o ti faccio lìaccare le ossa coti un bastone .

Pine, ( Zitto ) ve di raggio , la disgrazia , pec¬

che , canno gnossi , io era a loco , lo cane , li Ebri, le scale , m mco le scado , che deavolo, non avite capito ancora ?

Leand, Se fu non ti sai spiegare . Ma per quanto capisco , tu hi sci scordalo di andare a pren¬ dere i libri

Pule. Gnor nò , li libri eccoli eca .

gli da tutti i libri sttappati . Lcarid. Vediamo ; come ! questi libri sono

cosi strapp iti ? ( accorgendosi dei libri rotti *.

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SECONDO t 59

Pule. Gnomo non l’aggio strapazzata * lo Notaro me P ave ditto , che li libri erano rotti , ma che la cagna ave fetafo ; li denti con li ca- gnoli nce età benuta lantasia de fa P Avvocalo

e P anno ru»ti » ^ Leand. Non g ahro che questa la disgrazia 7 Pule. Non e antro . Pulleceniella zitto ca isso

non sape niente. Leand» Tieni porti colesti libri sul tavolino. Pule. Gnossi : {dipesa ) P aggio pesati* Leand. D mmi è ora di pranzo ? Vide. Gnossi . Lecmd» Sbrigati Pulcinella va a vedere se e ri¬

tornalo mio Figlio 7 e se è ritornato, di in cucina , che porlino in tavola .

Vale. Aù deavolo ..... Leand. Ma qnanfo stai 7 Vale. Non ce dmto alla casa 7 Leand.Non è ritornato ancora 7 Vale. Gnomo . Leand. Bene intanto che ritorna, io vado allo

studio , e subito , che viene avvisami , che andererno a pranzo.

Vide. Oh mmalora non se ave da cancareà fino ca figlietlo non all» tuorna ( tra se ) se aspet¬ tammo isso se poti unno morì de Inanima a po¬ sta nuosla ; e se non alletuornasse fino se nuotte 7

Leandt Fino a notte non si desina . Pule. E seeuro de vanterà ggio na lesina se non

se caneara , e se non benisse manco a nuotte. Leand• Fino che non torna mio Figlio non si

-mangia , tu pure lo sai , che io sono assue¬ fatto così ; pazienza , quanto vorrà stare un’ altra ora , per solito poco piu può lardare.

Pulei Poco chiù ( tra se )- quant’ aule ore ave¬ ne da passa , ma io faraggio ua cosa , an¬ drò a cancareà io frattanto , che Figlietto al- leuiorne ...

Leand. Il Servitore deve aspettare il Padrone.

Vale. Gaucaro se lo Patrone non alletuorna

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6© ATTO non se pranza 7

Leand. No certamente. Tuie. Gbesso me bo fa morì de brani ma a me

puro : Si Patrone me furessivo no servizio. L and. Che cosa 7

Vide. Borri a ca me dassivo cheilo do miesate ca v’anzo .

Leandro. Glie premura hai di questi denari 7 Tuie, Seouro ca n5 aggio premitura ; io non

me boglio mori dalia bramma. Leand. Dunque se tu hai prescia di pranzare

va a ritrovare mio Figlio , e digli , che suo Padre lo sta aspettando , presto , via sbrigati vanne a ricercare mio Figlio ,

Tuie. Aggio d’ annà a trova Figlieto ! ( Oh in una manera * o nella autro chisso me bò bedè rmioi to ) e meglio ca ncè annate da vui pecche te stimerà nò poco chiù che a me .

Leand. Non piu repliche dico , vanne a ritro¬ vare mio Figlio.

Tuie, ( lo non nce vao propeo ; } ma ve pare desereziune de mannareme a trova Piglielo 7

Fide. Perché „ Tuie. Pecche isso mena subito . e così aggio

temore . Leand, Ma con le non avrà quest’ardire quel

temerario . Vide. E’ veramente no briccone . Leand. Come temerario così perdi il rispetto al

Figlio del tuo Padrone ? Fide. ( Puilecenella sta in cerviello lien din-

to, non jetta Inora) agge pazienza si Pa¬ trone * aggio ditto cosi, pecehè borria che s’ assomigliasse a tico » e che non desgu-

stasse Io Patre sujo * Leand. Se Io di ehi per questo non ci e gran

male , e li perdono. Tuie. ( Oh vi in ca malora d’ embruoglio ca

m’ alietrovo 1 ) Ma dlceteme na cosa nce botile bene a Figlietto *

Leand, Mi vergogna ria di essere Padre , se non

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6i SECONDO amassi mio Figlio .

Tuie. E pure isso ve pierde rispetto ? ve re- sponne , e ve da de’ desgusti >

heand. E’ vero mio Figlio è un pessimo Figlio , ma non per questo lascia d’ essere mìo san¬ gue , ne io devo scordarmi di esserli tener© Padre : Sa ii Gielo-con quanto amore io I’ a- ino , quante glie ne ho rimediate t ed egli di¬ mentico de’ beneficj paterni ad altro non pen¬ sa che a strapazzare chi tanto lo ama , basta confido nel Cielo , che o toglieranno a me la vita o muteranno a mio Figlio il cuore.

Tuie. Ma diceteme na cosa se benisse uno da vussoria ( che lo Cieha non boglia ) e ve por¬ tasse na brutta nova de Figlieto, chiagnerestc?

Leand. Taci , e tolga il Cielo un si sinistro au¬ gurio : ma ti giuro da uomo onorato , che x

chi mi portasse un si infausta nuo vai-vorrei con un ferro trapassarle il seno come araldo funesto di mie sventure ; e poi dalla gran pe¬ na sarei capace di morireanch* io .

Tuie- ( Cancaro buò accidcre a chi nce puorfa la nuova , e poi mori isso pure j ccu mo¬ risse isso sarebbe poc© male , ina lo malan¬ no gruosso ca nce vanno appriesso le miesa- te pursi ) : Si Patrone faciteme lo chiace- re dateme chelie do miesate.

heand. Ma perchè questa volta hai lauta pre¬ mura del danaro ?

Tale. Aggio da compra cierta robba . Leand, Bene , lamo;che termini il mese ci manca

poco , e così allora ti darò lutto il trimestre» Tuie, Non boglio fenestre bogho tornisi . Leand. Sciocco ho detto , che ti pagare tolti i

tre mesi intieri *

Vale. Si e ! ( ma io fino che non m? ave da¬ to i tornisi non nce dico niente dello fi¬ glio pecchè se no m’ accide a me « more is¬ so , e io povero oramo pierdo le miesate ) o via si Patrone jan*oncenne a pranzo , che

chi sa se isso torna chiù *

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62 ATTO Leand, Se torna più; dunque tu sai dove egli sia ? Puìc* ( Ghisso mo m» me more ca : ) io non

io sardo dove malora sia .

Leand, Duni]uè perché mi dichi j che non tor¬ nerà piu 7 t

Yale- C>oè non tornerà chiù pe sa mattina. Leand. ( Cidi respiro ! > Ma sai Pulcinella

cosa ho risoluto 7 Pale. Cosa 7 Leand. Io osservo in mio Figlio un gran coraggio Pale. Si e lo veio se non contaggia ce man¬

ca poco . ( tra se ) Leandro, ( con smania ) A che ci manca poco ? Vide. A nuotte . Leand. Pulcinella lascia le facezie da parte , e

come dicevo veggo , che accompagnato i! co¬ raggio vi e anche la virtù. , mentre ho procu¬ rato di farle apprendere tutte le virtù Caval¬ leresche .

Pule L’ aggio a caro che gli chiamano le b?n- tresche .

Leand. Tu vuoi a viva forza farmi inquietare : io ti ho detto , che gli ho fatte imparare tutte le virtù necessarie ritrovarsi in un Cavaliere » cioè i letterarj studj , la cavelleria , il ballo , la scherma * e vaglia il vero poi per maneg¬ giare la spada e unico , e . . .

Pule. Si e lo vero » e cornino la maneggiabono P aggio visto io co sse vecchie pi opeo .

Leand. Come ? ho Cieli ! tu hai veduto maneg¬ giare la spada a mio Figlio , come , dove, quando 7

Pule. Pulcinella zitto ca se no muore isso , smafara a te pure , e drillo che e peggio; che pierdo pursì le iniesate . ( tra se . )

Leand. Cosa stai raggiornando fra te ; sbriga¬ ti , dimmi dove hai veduto mio Figlio a Pia¬ neggiare la spada ?

Pale» ( Chisso mo mo me muore ca ) l’aggio visto g.nossì l’aggio visto , dove malora P aggio vi¬ sto non lo saccio : asp ietta faggio vis o , can¬

no emparava collo maistro de scherma . . . *

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SECONDO 63 ( cancaro 1’ aggio remedeala , non saccio commo . ) (_ tra se , )

Leand. Tu con questo pai lare mi lai gal a re il sanque nelle vene : Dunque anche tu lo hai veduto , nella spada è bravo .

P?de. Gnossi * Leand. E così ho stabilito di fare ima cosa :( Io

so , che le Famiglie non arrivano ad ingran¬ dirsi , nè si avanzano a posti sublimi ? se non se per mezzo , o della penna, o delia spada; mio Figlio per la penna ha il suo merito; ma la sua inclinazione è quella di maneggiare la spada ) , e cosi ho pensato di mandarlo alia guerra . Vale. Chi ?

Leand» Mio Figlio , e sai come avansarebbe su¬ bito di grado .

Vulc. Si suhbeto ; subbeto lo fanno Jenerale(/r<s se ) deiii muorti.

Leand. E mandandola alla guerra forse si mu¬ terà , m atre non avrà all®ra quesLi falsi ami¬ ci , che io conducliino per il sentiero del pre¬ cipizio . Onde fa una cosa vanne dal Ministro di posta e digli a mio nome , che metta in or¬ dine una sedia per 22. ore, su cui voglio man¬ dare mio Figlio , poi torna a casa , che aggdi¬ staremo il baulle , acciocché appena desinato possa subito partire .

Pule. Ma Figlieto mio non ave besuogno 9 nc de cavalli , ne de calessi pecche già ci e arma¬ to per le puoste (tra se) per l’autro rnunrio .

Leand. Come ? mio Figlio e partito? tu lo sar sciagurato , e non mi avvisi ?

Pule. Ma io che mmalora 1’ av.ea avvisa se non saccio niente , aggio ditto così pecche aggio na bramina che ne la veo , e Figlieto non re- tuorna ancora .

Leand. Dunque non e andato fuora ? Pule. Gnor nò .

Leand. Chi sa dove si trova quel disgraziato». Pule» E veramente, desgrazeato »,

leandro. Perchè ?

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64 ATTO Tuie. Pecche pierde lo rispielto alio Patre sujo;

ina diciteme na cosa credite mo , che Figlierò pozza campà assaje ?

Leand. Il suo temperamento , la sua tenera età oli promettono molto di vita .

Tuie. E io crido che hogiia campà poco chia • Leand. Perchè ?

Tuie. Pecche se non ero io a chessa ora giè 1’ a- vrebbero smafaralo .

Leand. Come ! mio Figlio e stato in pericolo di essere ucciso ? ai „

?ulc. ( tra se ) Ai povere mi miesate : ma grazie allo |Celo non e stato niente , pec¬ che songe arrevato a tiempo .

Leand. Ah ! ques'o ingrato vuole a forza dar¬ mi qualcne gran disgusto * raccontami co¬ me ciò e accaduto .

Tuie. Vussia ave a sape oca lo si Florinno sta¬ va trescorrenno con Figlieta , lo si Silvio se n’ addonatte , e cominciò a strapazzarlo .

Leand. Come Silvio ha avuto tanto ardire di offendere quel giovane di garbo Figlio del ca¬ ro Amico 1 Tuie. Gnossi „

Leand. Torna a casa , torna • ( verso la scena. Tuie. Si canno tuorna a casa , dance delle maz¬

zate cca se le merita ; e poi Io si Silvio *$eco- tava a maltrattarlo, e lo si Florinno se ne sta¬ va zitto „

Leand. Gran prudenza di Giovane onesto, gran¬ de ostinazione di Figlio perverso .

Tuie. Zitto cca mo vie lo bono , lo si Silvio mis? mano alla si Lucia contro lo si Florinno ►

Leand• Come ! e tanto oltre è arrivato costui? tornerai a casa temerario- , tornerai sì .

Tuie. Si tuorna a casa cca sentirai Patrelo , e ave raggiane » E pai lo si Florinno pe no es¬ se smaferato, anche isso ave misso mano alla si Lucia , e li se songo date quatto vette leste, le^te r e nchessa manera Figlieta 9 e Lisetta la camercra sortirnea fuora , hanno trattenuto

Figlieto , e lo si Florinno fui dinto la sala

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(55 S E G 0. N D 0 dello Tribunale .

Leand. Oli felice quel Padre , che ritrovasi si- mil sorta di Figli, ma altrettanto infelice quello , ehe ritrovasi un figlio simile al mio; E qui terminò la rissa ?

Yale. Gnornò , Figlieto cca ^re no gran corag¬ gio fino la dinlo colla si Lucia eu mano gli di- cette no voglio cca cancarai le mora .

Lecitici. Chi mi® Figlio a Fiorindo ?

Yale. Gnossi . Leand. Tornerai a casa Temerario si, e vederai

fin dove possa arrivare lo sdegno di un Pa¬ dre adirato .

Yale. Tuornerai » tuornerai , e così lo si Florin- no che se visto cementi la dinlo gl’ ave co- menciato a dicere tante belle cose .

Leand. E mio Figlio , che diceva a simili cose. Pule. Responette nò boglio che mora , e gl* ave

comenciato a da delle piattolate . Lo si Fio- rinno dice , commo ad un omino desonorato le piattole , chesso dice e no piezzo d’ onto cca non lo pozzo sopporta , e misse mano alla si Lucia .

Leand* Con giusta raggione ; ma mi figuro che il mio figlio avrà mostrato il suo gran coraggio

Pule. Gancaro sta sientere lo coraggio de Fi- glielo : nsomina se so miss! in guardia tutti doje, lo si Silvie sif. lo si FJorinno sef; lo si Silvio ha tirato na volta allo si Fiorino® , e lo si Florinno co na volta de seconda se la reparalte, lo si Silvio gli à fatto na tersale lo si Florinno cona finta se la riparatte ; Lo si Silvio fece na scartocciata , e io si Florin-» no ca se bede appunta la punta del cartoc¬ cio : dice che mi hai priso pe no orzarolo ca me mostri lo cartocci# , e gli tira na volta alio si Silvio .

Leand• E mio Figlio come si rapaio il c^lpo . Yulc. Sienti , e vi se che coraggio domino ; se

reparalte la votta senza la spada . Leand* Già del coraggio di mio Figlio ne sono

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66 ATTO quasi sicuro, in che modo dunque si ri¬

parò dal colpo ? Tuie» Collo stomm.jco a drir.tura . Leand. Come ! mio Figlio è ferito ? oh Cieli . Tale- Ah povere le mie miesate ; ma no non

è niènte e na piccola sfasciatura .

Leand. Lode al O&ajo., che non sia ferita rimar¬ chevole , ma dove e la ferita ?

Vide. La ferita non gli ave fatto gran male, pecchè alla sciamberga non ci ha fa! la co¬ sa, manco lo‘ sciambei’ghirio 1’ ave toccato , e manco la camisa : senti Judice de spada , la punta gliè trasuta pe la spaccatura della ca¬ misa , e gli e annata a uscì pe la scucitura della parte di dietro .

Leand. Come ! dunque mio Figlio e morto ? Tuie. Lo male cca mó mò more isso pure gnomo

non e rauorto e stato solamente acciso che è ria cosa remedeabile .

Leandro. C eli » PulcineC. Miesate.

Lea ridro. ISfu m i f Vulcinel. Miesate.

Leandro• Mio Figlio

Pw/c. Lo mio salari© * Leandro. E’ morto • Pulcinel. E’ muorto.

SCENA DUODECIMA • m ; é -

Lisetta piangendo con carta in, mano r e,delìi.

Liset. Q Ignor Padrone il Signor Silvio vi man- da questo loglio, che lo ha scritto pri¬

ma di morire , perchè povero Giovane e mor¬ to sotto la medicatura .

parte piangendo . Vide. Vi se che bravo Miedeco , Leand. Ah .... che non errano nelle'sufe infelici¬

tà i presagi del errore-, .... leggiamo ...cièche scrìve quest© infelice .

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SECONDO 67

Carissimo Padre. Leand. legge. Piacque alla Giustizia dei Cielo fi¬

nalmente di gastigarmi come meritai , Ja mia maggior passione non e la morte , poiché io stesso andiedi ad incontrarla ; il più che mi affligge in questi ultimi periodi di vita e il pensare al vostro affanno ( ahi povero Figlio ) piange. Ma sarà breve se rifletterete seriamen¬ te alle mie scelleragini , ed alla disobbedien¬ za a’vostri savj consigli, e perchè sentomi in questi fatali momenti , che mi rimangono di vita stimolalo a fare qualche allo virtuoso che possa in qualche maniera estinguere il cattivo credito , che si ha di mia persona, vi scongiuro con queste ultime lagrime ad ac¬ cordar meco un generoso perdono a chi mi lol¬ le la vita : Caro Padre manco , racn maro.

Silvio vostro ingratissimo Figlio. Oh foglio crudele con gli strali pungenti de’

tuoi caratteri , quanti affanni mi apporti, qua¬ li pene mi fai soffrire ! Non so da qual parte rivolgermi , a qual partito appigliarmi ; a che e pur troppo vero quel detto, che vere, et rea- liter dolor est perturbatio animi . Non so che mi fare , amore con violenza colà mi spinge ma il timore con più maturo conseglio me ne distoglie 1’ impresa ; O Dei farmi perdere un figlio in si barbara guisa ! il Cielo o darme¬ lo non dovea » o non dovea togliermelo in si crudele maniera. Figlio . O Dei che colpo; ah ciré la mia sinderesi accresce le mie smanie

Pale. A’ , che le povere mi miesate . Leand. M’ingombra il seno. Pule. Non trasono dinto la saccoccia , Leand. A’ che il piè vacilla . Pule. A’ che lo salario strilla . Leand. Io manco , io moro .

sviene , e si getta adosso a Pulcinella.

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63 ATTO Vulc. Mielate addio : ah povero Io mio salario :

ma e Io vero c’aggi® pierso le miesate , mance remarlo Io capetale, e saje che buon puorco grasso ch’e chisso ; mè lo puorto allo pizzica- roio » G me fo da li tornisi che ci avanzo.

SCENA DECIMATELA

Ridolfo , Faloppa piangendo , e deiti. Vale. T Atevenne allo deavolo che mietlite paura

J allorauorto.

Ridol. Ecco a’ vostri piedi il caro amico Ridolfo . s’ inginocchia

Fall. Il vostro servo fedele Failoppa. scingi no celila

Vulc. Chesse ssò le bere elemosine per tre poveri biga moni. inginocchiandosi

Ridol. Via amico rivolgete benigno lo sguardo verso il vostro Ridolfo. piange.

Fall. E non piangemo tanto Sor Padrone , che se no mo ino morimo affogati tutti in mezzo alle lagrime.

Ridol. De caro amico io non mi parto da voi se non mi concedete tre grazie.

Fall. Si si non dubitate , de niente perche il Si¬ gnore Avvocato aun cor di tenerume , e poi ha proprio un sangue di porco , che non vi saprà dir di dò.

Leand. A’ ) Vulc. V ) sospirando. Fall. O’ ) Tiidol. Curo amico consolatemi. ( piangendo. Leand. Oh vista , che mi sorprende ! De partite»

partite. Ridol. No amico non sarà vero , che io parta se

prima non mi concedete tre grazie. Leand. Ah sedetevi per un momento furie de’

miei tormenti , e datemi o Numi un contra¬ tempo quanto possa meit; rmi in forza per secondare la volontà di quell’infelice. ( e qui

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SECONDO r>9 piangendo-, e pensieroso si getta sopra le spalle di Pulcinella.

Ville Oìrnc ecà morono !e miesate n’ autra vota . Kidol. Amico morrò più tosto genuflesso innanzi

a voi , ohe partire se prima n»n mi concedete tre grazie.

Leand. Via sù dite con sollecitudine , e poi par¬ tite . piangendo.

Ridol. La prima e , che perdoniate mio Figlio. Leand. Si si , ma partile vi priego. Pulc- E partorirete na vota malora , Ridai. La seconda e, che non tralasciate d’ essere"

il mio caro-amietiu Leand. O Celi assistetemi . Seritite amico penso

di porre in guardia al mio cuore tutte le mie virtù perche da quelle circondato senza stimo¬ li , at:i a potere risvegliare quei sentimenti ,

che sono degni di un uomo, che desidera di¬ stinguersi dal volgo ignorante per mezzo di eroismi ; cosi voglio anche io , che i secoli fu¬ turi abbiano in me un vero esempio della fe¬ deltà di un vero amico , e di un giusto Padre £ ah ! quel nome di Padre è la lata , che mi crucia il seno , e mi rende troppo debole alla grande impresa , che mi accingo di lare . ) nò vincala mia virtù, trionfi il carattere di una vera amicizia : Amico io vi prometto di eseguire quanto voi mi chiedete , tanto più , che il defonlo mio figlio anche esso ciò mi stimola a fare ,

Ridol. Amatissimo amico mio sono soprafatto

dalla vostra bontà , e affidato a questa vi chieggo anche 1’ ultima grazia , ed è che mi difendiate mio Figlio che trovasi in man® della giustizia e vi stimoli a far ciò in ram¬ mentarvi , che son Padre aneli’ io , che so¬ no il yostro diletto amico , e che troppo con¬ fido nella vostra bella pietà .

Leand. Ai !

dii dot. Deh amico date dunque quest’ ultima

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70 ATTO pennellata a sì bel quadro,che rapresenterà a’ posteri la più valorosa azione di quante ne rap- ponorno mai le storiche tessiture.

Leand. Amico sorgete : non so se avrò forza ba¬ stante a superare tanto impegno , ma assicura¬ tevi che porrò in opra tu to ciò che aqquislai co’ miei letterarj sudori , e spero , che non resteranno delusele vostre speranze.

Dulcis Amìce mi dilectissime surge . Torquent lacrime tuie cor menni Tesse Patrem illius , qui Filiuni meum oecidit, obliviscor. Vitam Filj tuiprope mortern vis , ut salvem7 sum proni- ptus ; nec a prcesentia Judicis disce darri , si soluto, vincula Filj tui non videbo: Ira ego glo¬ riar i poterò esse Patrem tibi cof quale ni J Tu ^itee illius , quam ipsi dedisti , ego cju,s- deni , quam tibi do. Vis amoris mei rnajorem experientiam 1 loquere , vis pecuniam , vi¬ ta ni meum sanguinali . Omne , quod habeo off erro tibi . O soave nomen amici Si quid non potest ! Eece prò tua , & mea consolazio¬ ne , do tibi osculimi pacis & amplector, Se ut tibi serviam eamus ,eamus :

abbraccia Ridolfo ed uniti partono.

SCENA DECIMAQUATA

Pulcinella gurardando t Avvocato, che parte 9 e Falloppa inginochione,

tallo. T)silcina amici mi da mecumpacis. Pule, i Biocca araicorum meorum insucheralus

lacrimas tuas sicut olium in lampadaribus fri— gentibus ita frigunt in core meo: Nontiinebunt ego fìlium cuum bastardinum delendam: Vis al¬ tro apri Locca , die nerba , ejettal’ anema fo¬ ra. Vis si raui exporionliorum moe corniaiitatis .

Vis pecuniam , non iubco* Vis vitam non me

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SECONDO 71 la sientoYis sariguinem si fuisset sangulnis por- cinum qui possit lacere sanguinacelo^ , & in lignurn meae fetoris, Se tristi ti cc do tibi 1’ osso allo scuro pacis , Se amplecto, & abeo te in cui riverenza cordile acciò possunt crescere amici- tias nostrorum, ficca nasum tuum in periuso oscure, amicala fa età est eamus eamus.

palloppa . Eamus . partono abbracciati.

Fine dell? Atto Secondo,

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"atto III SCENA PRIMA.

Camera.

Rosaura»

Ros. A H barbara sorte quanto crudele li mo- xX stri verso ]’ infelice Rosaura ! mentre

quando procurò d’ andare mendicando qual¬ che sollievo al mio duolo , incontro più che mai occasione di pianto ! Sorte avversa non ti è bastato l’avermi tolto il Germano, im¬ prigionato il mio bene , che ora nuovi affanni mi accresci coli’ incertezza di sapere che esito averà appresso il Giudice la difesa, che si ac¬ cinge di fare il mio Genitore .... ah Rosaura: e* come puoi resistere a tanti affanni senza mo¬ rire .

si pone a sedere vicino ad un tavolino .

SCENA SECONDA

Lisetta , e Rosaura . Lìsci. A H questa povera mia Padrona vò mo-

xx ri tisica per forza : sarà meglio che io proeuri di divertirla un poco .

Rosaura . Sospira . hiset. Ma S'gnora che vobba è questo sospirare:

via stale di buon animo, e sollevatevi da que¬ sta ipocondria , perchè se no perderete il vo¬

stro bel colore (tra sei già rni consolo, che dove scarseggerà la natura suppliranno i ba¬

rattoli del coloraro . Ros. Ah come vuoi amata serva , che possa vi¬

vere allegra sapendo di certo , che il mi®

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TERZO 73 Flortndo ritrovarsi colà dentro a pensare? e poi aggiùntavi 1’ incertazza se ne.uscirà JiKero.....*

Xfa.Òh ecco cóme siamo fatte noi-altre Donne pe- riamò , languimo , piangemo per uno * e poi quando l’abbiamo sposato allora, poi piangemo per un altro verso , perchè Corressimo restar vedova a capo quattro giorni, in somma noi al- tre donne non trovamo forca , che c’impicchi.

Ros. Eh Lisetta il cuore di Ròsaara non racchiu¬ de in petto si bassi pénsiéri . .

Liset. Cosi non ce ne fossero di queste donnesche operano , come vi ho detto', ma credetemi, che in cggi è venuto in usanza che le signóre donne desiderano di restare vedove: Ma lasciamo que¬ sti discorsi nojosi , e ditemi in grazia perché non vi accomodate le chiome , perchè non vi accintale un poco ?

iter. Ad allrd pensa l’appassionato mio cuòre. Lisi Per me è una meraviglia da si che sta carce-

rato Fiorindo,: non mi secca più acciò gli ag¬ giusti la testa * mèntrè quando si aveva d’ ag- giustà , bisognava , che gli stassi attorno tre» o quattro ore.

Ros, Se non avessi altro per la testa , tu mi fare¬ sti venite alle risa 3 ma Lisetta parmi battuto, va a vedere chi è ,

Lis, Adesso. (si ritira, )' Ros. Cielo libera da tanti affanni il mio cuore, ] ‘2

SCENA TERZA, Lisetta , Ridolfo , Rosaùra .

Liset. Tjl Avorisca Signor Ridolfo. fddol. A ‘Umilissimo Servo delia Sig. Rosaura. Ros. Serva sua Signor Ridolfo;(nel rimirare qne-

sto buon vecchio non posso trattenere le lagri¬ me , mentre ci veggo scolpita 1’ imàginè dei mio Fiorindo . Rictol. piange-

Ros. Ma Signor Ridolfo , c forse Lei venuto da me per essermi apportatore di qualche infausta nuova ?

Ridol. E perché mi dice questo 7 Ros.Perchè appena entrato in questa camera>vi si

sono approssimale le lagrime agl’occh£ D

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74 . .A X T 0 ' '3 Ridai. Le dirò , dife'sóiio i moli vi, « forti motiVi

che a piangere m' invitano ; il primo, con¬ siderandola priVà del Germano a causa di mio Figliò ; Secondo * pensaridò alla bontà si di lèi, che del suo Sig. Padre , che dimentichi dei di¬ sgusto arrecatoli, non sanno scordarsi d’ esserci amici ; considerando adunque il mancamento dell’uno, e 1’ amor grande dell’alno , mi si rende impossibile.il trattenere le lagrime

Ridol» Deh Sig.Ridólfò , ora non ma bensì di gnrae ,

è tempo di la- pénsare a liberare vostro

Figlio . lAs. ( Ah qui mi cadde V asino . /{(«.Sapete niente che faccia , se stia bene o male? Ridol, Eh Signóra , come vuole che stia quel po¬

vero disgraziato , (piangendo) sta aspettando chi con mano benedica gli porga soccorso,

Kos. Oggi per altro va la causa. ( con passione, Ridolfo. Si oggi, mediante l’ajuto del caro amico

spero rivedere liberato mio Figlio, piange. Ros* Ai t ed à che ora e intimata la causa ? RidoL Pochi più momenti ci restano , e perciò

sono venuto a sollecitare il caro amico. Ròsi Ma Fio ri rido sa niente , che oggi vaia sua

causa ? jLis, fOh quanti interrogatori diggestivi . } Ridol» Nò cértàinehte , mentre io non ho avuto

coraggio di andarvi . {piangendo . Lis. Povero Padre ! ( tra se. Ros. Infelice Fiorili lo f { tra se. Ridol. Ma Signora , non abbiamo più tfrnpo da

pèrdere : se mi da il permesse , vorrei entrare dal caro amico .

Ros. P assi pure , che io lo sieguo * Rid. G elo ! consola questo povero Padre. parte . Rqs. Numi assistete un annate infelice . parte. Lig. Mercurio un po di cervello a questi poveri

matti . SCENA QUARTA . Pulcinella , e Lisetta.

Pule- \ Cciait in punto , quei poti iiUÌA5à t XX neU’auao * ó chessa si che e - nx cosa»

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T E R Z O ; # èhe I4.tìuosta avecatura non Petitierine, cfeessa è ria bcstèalitàrche hanno a fa li, punti coll’*fi- ìio , se non era quarcke avocato , che cuciva li miesi .

Liset. Ma ne poi di più de spropositi ! ; Pule. Gommo spreposili a n’ Avocato 9 e non- -sajti

tu che songo avocato addottorato io , é^n'ém’ addottororiono 1’ auto jorno , e antiopa ria è la sienio pe le spalle.

Liset, Si e ! oh me ne rallegro 9 e dove ti addot- tororno ? giacche la padrona e andai» in ca¬ mera 9 lasciami un poco divèrtire con Costui , che mi va tanto a genio , che «hi sa che non lo sposi .

Tuie- Mo te lo diraggio io... pecCht* ... lo patro¬ ne Gnossì lo patrone lo sape isso cho laccio l’avocato , anzi ci ave chiacere, p-ecchè qvian¬ no ave cerche dificollà , e qualche pririto di Filaria , se ne tene da me 9 acciò lice lo «pie¬ ghi : e .

Liset. E che già ti sei tanto avanzalo 7 Pule. Cancan» : eoli’ occasione ca studee nriotte ,

e jorno : Lisét. Ma a me mi pare , che dormi continua-

mente il giorno 9 e la notte nóri t: àlzi mai. Pule» Cà dormi, ca dormi , allóra compongo,non

duormo . Liset. E che cosa componghi di hello là notte. Pulc. Chili© c’aggio a fa la mattina subétoca me

suso . Liset. E che cosa e quello 9 che cornponi pCt la

riiatlina . Pule. Tutta robba pe lo necessario . Liset. Quanto sei sciocco , sempre lepidezze. Pule. Che capezze vaje capezzànno 9 la tnaltina

lo patrune mio pnrsl va allo necessario à fa chillo e’ ave compuoste la nuoti e , e ió commc omino dotto abbesuogna eoa dopè e’à'Vé fatta la composetione la guardi e siempe fa cóVriposi- tiune che lela , è io la jeltó a bOseio dtnto lo seriuojo spuorco * e se rio» crrdi armico Via pe

D a

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7&' ATTO la Cettà a domannà a tutti V Avocati se è lo vero che compongono Ja nuotte pe la manina.

Liset, Quanto mi lai ridere : ma tu mi hai detto che ti sei addottorato , e cosi dimmi un poco se cosa ti dimandorono .

Ville» Io addimanatte allo Padrune se addove sa addottoravano 1’ Avucati è isso me risponnelte dice ca te boi addottora tu pure ? e io con aria d’ Avocato ncè responnelte gnossl , e isso me dicette ridendo pe la consolatane , che aviva , vattenne a ripetta .

Lisetta. E tu c’andasti . Tuie* Gancaro vado subeto a repetta..c faje tu can¬

ta jente ssaddoltoravano ; m’accuosto da uno de quelli nce dicelli io pursi me boglio addottole^, quello me responnette aje portato lo ciuffo , e In cinta , io non lo sapi va cca nce bolina sse cose : dicette n’aulo Avocato nce lo darò , io, e me misero lo ciu/fo ncoppa la capa, e poje me spedirono la patente .

Liset» E come fecero ? Pule. Avivano cierii barili de vino me le misero

ncuollo , e poje dicettero oé bigna fasse bedè pe la città , acciò la jente canoscano ca tu sii trasuto dinto 1’ aboccatura , e comincia, corti quella patente de barili ncuollo a giri pe lo paese, e tutta la jente mi dicevano varda se canto mmallora fatiga chilio povero Avocato , e saje tu come megonfeavano allora ?

Liset. E perchè ? Pule. Pierchè pegliava credito : nce responneva

cancaro se fatigo , e chi bo di veni eccellente Avucato . bigna cca se Jo guadagni co lo sudore

Liset» Ma quanto sei sciocco , e non ti accorgesti, che quella fu una addottoratura de’ Facchini .

Tuie. Facchini ? e vade in pacibus schifensèusa feminicula , & noli rumpere capocciam 5 Fac¬ chini ? chilli erano Ayucatoni .

Liset• Pulcinella mio se tu non lasci queste ideo sciocche io non ti prendo per marito .

Pule* Tu me poje lassa annà fino a mò cca non

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TERZO 77 m’ enpuorta nente , pecchè io non lassarrà da la T A vacato màfnco se me smafarano lo grugno

Listi. Ma quésto è impossibile,che tu faccia l’Av¬ vocato , mentre tu non sai che lesta ei vuole .

Pule. Dimmello bene mio se elle testa ncè bo cca me la vao a compra .

Liset. Che testa : voglio dire con questo » che per divenire Avvocato ci vuole uno che abbia pas¬ sato avanti li studj di Umanità, Filosofìa , Ret- lorica , Legge, e tante altre cose ►

Pule. E dove mmalora abitano ssa jente cca mo nce vao a passare nante f accosì dopo che ncè sarò passalo diventare) Avocato .

Liset» Ma è possibile che sei tanto sciocco , que¬ ste cose non si acquistano altro che collo spar¬ gimento de’ sudori .

Pule. Eh pe sudore , aggio tanto sudato canno m’addoilororono con chilli mmalora de barili ncnollo .

Liset. Già con te non ei si può discorrere, mentre tutte le cose pigli a traverso , ma dimmi un po¬ co non sai tu che per fare 1’ Avvocato oltre la gran virtù ci vuole anche accompagnata una gran fortuna 9

Pule. Si oli in chesso poje aje rajune : pecchè di¬ ce T avverbio spinaces fortuna diluviat risp. rosp. ri pezze .

Liset. (jride forte.') E’ meglio che me ne vada per non sentirne delle più grosse . Addio Pulcinel¬ la mio.

Pule. Scheavo Sponzieuccia anzi Avocatessa nuo- sta .

Liset. Ricordatevi , che vi voglio bene. Pule. Aliecuordati cca Navucato t’ama . Liset. Pulcinella. ( verso le scene uno da una Pule. Lisetta , (parte , ed uno dall' altra » Liset. Addio . £ ed arrivati alla scena voi-

( tandosi. Pule. Sale ad usam42tcerchionis • (partono.

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A T T 0 78

SCENA QUINTA Camera dello Studio .

Leandro yestito di lim°o , e Ridolfo. Ridai. |p\ Unque siete all’ordine caro Amico. Leand. Si eccomi,che armato di geoeroso ar¬

dire , si bella occasione di darvi una riprova sincera della mia amicizia ; quantunque chi sa quale impressione possa fare nel cuore di talu¬ no ( che non sappiano distinguere dalla viltà del loro spirito la nohiftà d* un’ amico grande) a cedere che la forza dell’amicizia supera l’a¬ more di Padre .

Rìdol. lo già tcnea per certo , che voi caro ami¬ co allontanare non vi potevate dalli voleri dì Ridolfo , che tanto v’ama * ed in considerare l’amor grande che nudrite in petto per me , è

■ un forte stimolo , che mi muove il pianto f mentre conosco, che per consolare me supera¬ le la natura istessa , che ripugnarebbe in simll opra Ali caro Amico il trattenere le lagrime Imi si rende- impossibile . piange. Leand.

Leand. Frenate in, grazia le lagrime e ringraziate il Cielo , che vi ha fatto imbattere nelle mani di uh vero Amico , che oggi spera di rendervi

.pienamente contento. Ridai. Si mediante la bontà di un.caro amico ira

‘l^ochcvco’is sperò di abbraccia^® mio Figliola dii » Imi muto «»ntfe morir* .

Leand. Orsa andiamo ; ed assicuratevi* che per compiacere a vài, , che siete il caro mio Amico mi accingo ad un impresa , che per essere contro le leggi di natura tempo non m’abbia a fruttare la critica di molti, ma mi consolo, che questi tali saranno quei che non intondo- bo che sia il vincolo di una vera amicizia : andiamo . . ì . ) parte.

Ridai. Ed e pur vero ; chi in questo Mondo trova un Amico » ^ro v<a un tesoro . parte.

SCENA SESTA. Sala del Tribunale con due tavolini . e sopra

de’ libri, ad un tavolino starà il Giudice con

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TERZO 79 un’ altro vestito di negro, e nell' altro il Nota- ro , che scrive, e mentre questi scrivono escono

Leandro vestito d'Avvocato , e Ridolfo tutto mesto .

Cuid.f^ Onducali ’il ReoJ Pórle tùiaguar-fti# ) V_4 Cìli è F Avvocata difensore ?

Le'antl. Sono io umile servitore di V. S. Illma. Giud. Per mia sventura sono io lo sfortunato Ge¬

nitore, ma ciò non rechi meraviglia a V.S, Il¬ lustrissima se vede , che il Padre viene a di¬ fendere ^uccisore del proprio Figlio , mentre a far ciò non altro lo sprona, se non ,che il Ca¬ rattere di véro amico.

Giud* (tra ■sé') Gran coraggio. . Ridoì.A’ chi trova un vero amico trova un tesoro. Ciud* Ecco che a noi ne viene il Reo .

SCENA SETTIMA. Flor/ndo in catene tra mezzo dé' Soldati e Pulcinella vestito di’Avvocato. Lcan-

l? \ dro da ima parte ,‘e Ridolfo

* s u i - - dalV altra . Fior, (mesto tra se ) A n }n|elice Fiorindo j ÌÌ(dr'[marig> tra se)** Po vero Figlio mi fa pietà Fliff . jaj'à molti atti curiósi salutando il Giudice \,RpijÌ porrà in disparte con atto ridicolo,

j&e'diid. Ma che cosa hai fatto «damato ^ (ridendo Pufc. li farà cenno che stia zitto. j

<riM- -é&'iff™ U^a rÀyerenza a tutti? e poi leggerà» ^Yp|J|?in(ij jil posfrp governo sempre mai alla ~ ^Hicte/comnpedenpndo pronti li vigilantissimi

$ppi nnplstr.i, per ogni incontra , che possa $i- niVfe0\,x Pap,iUtt9, nelle no. Stredpr^e il^igpor Aretusi per avere egli ug-

* ^isp i.ì §ig, Silvio Fighe) dell’ IJlnio Sig. Awo- ,CtUf> ^apdrfpj, quindi è chje a vendo minutamen¬ te esaminato il Reo, e fattone il p incesso lab¬ bia mo condannato,e lo condanniapio alla morte consideratjs copsiderandis, per I* capi seguenti.

I. L’abbiamo condannato alla morte , perché Ja Legge dice , che quioccidil debel mòri.

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8o ^ ATTO Jtìdol- farà atti di dispiacimento. Fior. lo stesso. Leantf. Piano , pian© ; Egli è cerio , che ogni

omicidio è delitto grave j e che ogni grave de¬ litto merita una pena corrispondente , come V. S. Ilima sa benissimo : perchè si danno di¬ verse sorli d’omicidio come o per assassino , © per caso pensato, o per tradimento , per que¬ sti vi entra senza dubbio la pena capitale irre¬ missibile , ma l’omicidio , che si commette in una rissa improvisa suole sempre scemare la pena all’Uccisore, e ciò anche si de,duce al Te¬ sto nella Legge Divus in fin. ff. ad Leg.Corn.de Sicar. in quelle parole. Leniendam ejus poenam qui in ri oca casa magìs , quam eoe voluntate admiserit , e l'erma il Farinaccio nel trattato de Ornicid. quaest. 126.7*. 48. Se .questo e vero , come di tatti e verissimo ; quanto piu dovrassi scemare di pena nel nostro caso dove 1’ Ucciso¬ re non comise il realo, che per propria difesa come riprovasi dal somm• delproces. a car. 2 5.

Qind• Con grazia Sig. Avvocato meptre l’Omici¬ dio commesso in rissa e doloso, è perciò si può punire colia pena della morte , si deduce dallo stesso Testo nella Leg. Divus ff. ad Leg.Cornel. de Sicar. ponderando quelle parole tanien non occid&ndi animo, dalle quali apparisce , che allora deve diminuirsi la pena nell’ omicidio commesso,quando non vi sia animo dr uccjdprej al contrario se fu commesso con .animo di'Re¬ cider e benché commesso ih rissa, e benché l’a¬ nimo di uccidete non vi sia stato prima della risse, basta che vi sia nel tempo della risse come considera Bastolo sop^a il detto Testo.

Leand. Ma per evitare la pena della morte basta , che l’uccisore non sia staio provocatore, « che costui, che altercando abbia avuto ànimo d’uc¬ cidere,, il duale per il calore della risse mai si presume ', macìe ve concluden tediente provarsi, come ferma 11 FàHna'ébio nella quctst-izó.n.ty*.

E poi e legge incontrastabile di natura il d:fen-

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TERZO S* tJere la propria vita , secondo li testi Leg. ,Virti vi ff. de vi , et vi armata Leg. scientiam » et Ìe%. itàque ff.adleg.Aag.Farinac. de Ormpid, tj'iaesl. 126. n. io. E poi non avendo i’ Uccisore alitò scampo da liberarsi : se non che coll'ùc- cisione del'defonto : Qui dunque non vi ha colpa l’uccisore , ma ì’ucciso , non 1’ irritato , ina l’irritante , ed in questo caso non ha luo¬ go la Legge , che qui occidit debet mori*

Giud. Si legga il secondo punto . JSJot. II. Per duellimi a Lege itili ih itimi* Hidol. starà smanioso. Fior, lo stesso. Giud. Qui che cosa ho da rispondere 7 Lcand. Cosa ho da rispondere ? Molto , anzi mol¬

tissimo , 'qui si condanna ilSig. Fiorindo , per duellimi a lege inhibitum . Rispondo qual ca¬ rattere di duello fu mai questo , qui non vi fu¬ rono le forinole , che si costumano ne’ duelli , cioè d’intimarsi l’ore appuntate , come anche di stabilire il/uogo per duellarsi coli assisten¬ za de’ Padrini, die cleVouo garantire i duelIali¬ ti , perché non sucoeda cosa alcuna contraria alle leggi cavalleresche . Ma nel nostro caso , come V. S. Illustrissima ben vede non solo l’uc¬ cisore non volle mai accettare 1’ invito di por¬ re mano alla spada , anzi si ridusse à schermir¬ si sin colla fuga in luogo , che doveva rispet¬ tarsi dall’Ucciso , come appa tenente alla Giu¬ stizia ; ma ne la maestà del luogo . né li Rigo¬ rosi bandi furono hastevoli a sedare la furia dell’Ucciso, anziché ridusse J’ uccisore inse¬ guendolo in una situazione , ove non eravi al¬ tro-scampo , che il tarsi uccidere , come appa¬ risce dai Testimoiij al Secondo punto delSommé del proces. a car. z5. Onde neppure deve esse¬ re condannato alla morte per duellimi a lege inhibitum; mentre questo non ebbe mai la.me¬ noma figura di duello , e poi dice la Leg. Oc- ciìlens hominem ad sui defennonem non pimi«. tur* L. sì quès percussorem Cod. de leg.Cornei* de Si car*

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82 ATTO Ciud. -Via voglio concedervi ànchó quésto . Ma

come rimediare al terzo punto ; leggete. Not. III. D eliciti m Ictesae Majeslalis . Leand. Ciò che riguarda al III. punto. Delictum ~ Vestir Majestatis . Rispondo , che egli è vero che f la Maestà del luogo potrebbe aggravare di mol¬

to ildelittó, ma tu itti volta , che si accorda es¬ sere'accaduto j'omièidio involontario per pro¬ pria‘difésa e senza dolo , la maestà del luog« non significa punto : Emendo dunque vero , che per esser Reo di lesaVJaes'à ricercasi indis¬ pensabilmente ii dolo conforme attico il Testa jff. ad leg. Jul.Ma jestatis , e ciò atìcdie il Fari- naccio de criminalit ut e laes. Majest. quaesl.27. et' de paenis temperandis quaest.&q. il Cigas de

crinu Laesae Mvjestat. quaest. 67. •> il FalUrio nella Praltica crini, laes. Maiesl., e finalmente in Cephal. consiL 7$. lib. 1. Restando adunqne nel nostro caso pienamente provato nel proces¬ sò d’essere seguito l’omicidio per difesa della propria vita e serva o il Moderarne , dell’ in- c&1?pklà tu eia resta perciò escluso il dolo * e codleguentcmoTre il delitto di lesa Maestà.

•ìì quando ciò :non basti dico, che se qualcuno dugge'dallo malli dell’inimico per trovare asilo ìndie Reggio Camere drr Mon/rchi , e che il in mie© |y inseguisca , è lo riduca in stalo di noè potere liberarsi dalla mòrte, se «on se colla propria difésa di venta qiesti in tal Caso

tiR fet Ni* comune ad ogni altro . Tornando sem¬ pre alia legge naturale , che la cl lesa della propria vita possa esercitarsi in qualunque iu©gòd0irqùe neanche per questo deve essere

alfa morte , perchè' non est deh- elttrit Va e sa e Majeslaiis.

' Ee quanto debolmente po'ei ì’àprreset»ta¬ le V. S- 1 Ifiistiissima in difesa del Big- Floriiido,

• raccomandando poi tutto il resto alle pietose

viscere'dì’V.S. li ima , che colla sua solita cle- l'hònih, i'ogluo degnarsi a oondesccndmo a libc-

■: ,vf are Vf U^d ;‘-o a minofdrìe la. p.etia . U.x !} tt

tifivi 7;dét.

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TERZO H Qjjid. stiverà una cariai e poi dal suo Compa*

gtio là farà porgere cit Noi aro, fluì'. Irà se. Numi assistetemi vo,i . tti’dbl. starà con un frizzale} io' in, piano piangiti-

do . , Tìirc-'ùlt'e .z.u^rSa^®"- che zuppa éssèuno quoque

' Vé^'ì’À^iicatìp porca a'iVuje ad arringare , cca ifi tì'iiev.ia d’aTènghe , e stoccafissi , e tonnina life'.hèsìino cca tanto ne abbia dinto allo ceie- vri.eltp canto òhe Viuje f Essendo donca io lo vi¬ no, abboccato , bevitori carissimi (yerso il po¬ polo') boglio colia nuosta defensiune dare.del¬ le vippete alio si Florinno arso , ed assietato da liberarsi da quelli aalarnorum cca lo circon-

; cidono s^donno dèsidériuin cca de- * siderababt scappare « Se liber.tibiis ‘acquistare.

E eoa lp si Florinno cerne lo Papa gallo deside¬

rò tifi s filile balla gabbia, e Ubèra rese dalle ma- ,ni de vujc autipiglia , pi«1 in , e così io colle bisaccie d*1 Andrea assumo i suoi quarti , e coti il labro lubrico , ed infecóndo begli0 def’enno sso impicrabonno , e promettennovi del nuo- sto coni piai loia mento dò nel precipizio.

qui farà riverenze ridicole. LeanH. dirà 'a'Pulcinella di nascosto • Sciaurato

che'lai: bada con chi pirli. Piaci gli tirerà der calci . Dice lo prolasso

dello si Florinno cca isso se refruova nelle scorse della malizia p^r avere accisam inter- t èclum & smafa rata ni S.il vio.rum , e che si con¬ danna alla rnaorte , pecche la Legge dice ccà chi Decide Jbqde ìi mori , LVlajolica , nego , et rinego . perche tarhqs Norciùós , qui porcos

^ ani mazza ntur , 8t non sono sfafarati’, bene fó¬ ci unno c unto niije ccu 1’ ucciso sìa stato no Può reo , e l’aecisore no Norcino , ergo lo si Fiorì mio non a da vede lì mori* : E pojeT* ave

fatto per defensionein sane corae trippae, e se- t có'nnò fa Testa nella legge del vini vino , e la

“ Col t elei Gallonacelo de Omicidio colatione ia5 lo^lietie io, licitipn est ‘sòiafurare per conser-

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8 4 ATTO ^arem pamettam ; e ine io proveraggìó^’colla Legge Cornelia ; Si cut Taunts easenìit inimi¬ carli canem ed aaricularn attaccatus sh'epìtat acciò vienga lo Macellaro per staccarlo, et sì hic haec , et hoc non succedcit ». allecordando- si delle due punte della Leg. Cornelila , ceè ave in testa & cimi Lega Coni, smaf’arat,, sbudeJJat jicmicus aitaceli. Tali chiodo Florjnnus Tau- rus sentit Silvium Ganem Corsimi., che coi denti del sujo cattivo trattare morde il timpa¬ no della delicatezza de Fiorinno . E ha si Flo- rinno Taurus coininciat a strepitare acciò che veniuniur guardie macellaro a liberarlo dallo cane cuorso dello si Silvio cca con i denti ca¬ nini della sua discrezione avesse a strappa la nricuìa della pazienza dello si Fiorinno : E Mercurio protettore de.Ui affamati , Uditori ea- i issimi non fece sorti Io Macellaro ; e io cane moz2ccava , e io si Fiorinno allecuordandosi della leg.Cornelìno cum leg.Cornei, cca noni’ aviva , sed cum arma virumque cano smafarat S I vium Canem : & fecit hoc propter salvare jmdMIas , erg o non e colpa dell’ acc,isore , ma dell’acciso non dello Toro , ma dello Cane ( verso il padrone ) ad costas attaccatus.

Lo 2, punto poje pe hudellum a leg. inhibilum , nego, et renego consequentiarn perché ehes- so non è stato budello , ma deliclum stomaca¬ le j pecche pe esse budello io si Fio» inno do¬ ve va da le stoccate nelle budello de io si Sii - •vio , ma la stoccata e stata dìnto lo sterna co : èrgo non est budeiluira , sed delictum stoma¬ cale , poche le budella non nce Fave toccate f p°je scis tu spietatissime Index cca sopra terribile u rimde sède , quid sii occisio 7 non

Jo.sapile e • Yussia compiattoiFcu la nuosta modestia , site na gran vestia . Occisio dice 1’ Anguillaia nelle suja HToghette ai capitello 22 cca occisio non est aliud cà occasio. Ergo sma-

. Taratura SiKi seguita , quia occasi» non fug¬ hila'. Nìin-c,\ niMico pe budtlinm po bedé li-

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TERZO , 85 mori , pechè non fuerunt budellum » rpa stoc¬ cata stomacale . £ renovandomi io mio coni- piattolarnento m’accuosto al finale.

Dicunlur ancora che lo delitto dello si Florinno si è reso ingravidato per o^e.re accise nel pu¬ pazzo della malizia , & est delictorum laese mi¬ nestre c ma che vesticiIlà e majechessa , ca s5 ave a fa accidechillo povero ommo pe no pez¬ zo d’ unto de Civiltà ; No , ottime fecil con- servare trippetlam tempora Ficorum ; Nò, e 1© vero : Florinno avc smalarato lo si Silvio , ha fatto male ; pecche avea da sm alerà tinti vuje autri 5 Si post trott ; trottasque escuriationes ante occhio cum. Legge Cornelia missas non l'uisset bastantes , Se volunlur condannare ad impisaturam , premino d’Avocato errante,che canno slabit su pe seala cum canapi gruosso al cuollo , e ca Mastrum ballarinum facit la¬ cere minuettum ego lirabbo pede usque ad ul¬ ti inam venlositatem. Stoccafissi , & suppe snp-

Pe * ' , Qui verrà una Comparsa , che porterà un Fera-

jolo , ed una scatola con Cipria; Pulcinella con atti ridicoli s’ inciprierà tutto , e poi s’infara- jolerà e così inferajolato senza dir niente par¬ tirà con modi ridicoli , tutti rideranno.

Leand. Compatisca per carità Signor Giudice le bestialità di quello sciocco .

Ciud. Anzi vi lio avuto piacere , mentre mi ha un poco sollevato , stimo il suo spirito , ed il tutto condono alla sua simplicità . Circa poi l’affare del Sig. F/orindo Rehiittitur Fisco. Il Fisco sottoscrive la sentenza , e parte.

Le,and. Leggasi dunque Sig. Notaro ciò , che an¬ no stabilito del Sig* Fiorindo Ciro Amico Ri¬ dolfo , darò Fiorindo , sperate entrambi nella pietà delli Numi.

Nat, legge.

DECRETUM* AUenlls rationìbus peracìis coram lllmo Tu- dice in nvorem Domini Fiorindi Fiiii Do-*

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U m . £ T T 0 : mini Ri rettisi rtecrtràtnus , snrimns ; atqò’e‘decrptamus il furti non esse mòrte ffì- gnum, idèoque libeftatern ei coneedimus modo , Sts^htpèr, excejpt'i> idèo e^pensls'seu spòrtulis mihi , <&. aìiis solvehdis &<\

Leond. Quantunque Ja povertà di R'id.oì--» non sa¬ rebbe tenuta a pagare le spese , pàgiio io, ac¬ ciò maggiormente triónfi il carattere di òri V’o¬ ro Amido .

TS7òt. farà dna riverenza , e parte . he and. Andiamo o cari, che ancora non ho com¬

piuto di fare conoscere al Mondo quanto "possa, e vaglia la forza di una vera Amicizia.

Riddi- In somma chj trova un vero amicò trova un Tesoro : Sia ringrazialo il Ctelò cfm pur ti veggo libero di quei lacci , che servivano ' di somma pena al imo cuòre . Vieni caro Figlio, che io scordandomi di tutti » crepacuòri per ragion tua sofferti li stringo al ien® ,e qtul Padre amoroso prometto di amarti .

Fior. Caro Padre il rossore, la confusiòneJ’J- Jcgria ,, ed il pentimento sono tariti stimoli . che mi fendono incapaci di proferire parola ì Altro péh ora le làgrime non ini permettono dirvi s.e rfop che questo sarà il primo , ed ulti¬ mo disgusto arrecatovi . piange.

Ridai. Tralascia Figlio di piangere , ~d il Cielo sia quello , che li renda' contentò? andiamo dal caro Aulico, ed ivi prostrati à’ suoi piedi di¬ mandiamogli scusa del disgusto arrecatoli , è nel tempo stèsso' ringraziarlo della bontà avu¬ ta verso di npi . Andiamo .

Fiat .Eccoini pronto ad obbedire ì vostri cenni...

(_ Cielo seconda-i u ' i miei giusti desili !) , Ridai-Numi consolate questo povero FigFc.parfe

S C E N A OTTAVA, Camera.

Rosaitra , e Lisetta . Ros. T Isella il errore mi predice ,'che FafTafo

sia riuscito favo rè volere che il m;*o Fio-

riìridó. sì V di' già reso liberò dalle mani della

Giustiziti ;

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T E R O 87 Lìset• Per dirvi il vero io pàté credo ? mentre

tutte le cause.,^ehe ha difese 41 suo Signor Pa¬ dre sono stale vime ; Vkiol • dire dunque ,, che adesso vi saranno jj>à$3àte le smanie; le pene.

Jios. Anzi piu cheffhàr sériléttn aggUata. Lisat. Perchè^'Vj> • Kos. E chi sa se mio Padre vorrà concèdèrmi?

Fiorirvi® ih'isposòdopo d’avere ucciso il miu Germano ... - . ; >

Liset»tù sicuro non è poco che abb-ia* avuto tanto coraggio di difenderle .

Ros. Ah vaglia il vero , mie padre poi e costante nel mantenersi un Amico .

Liset.Ma adesso credo, che non si tratteranno più certamente> e cosi io vi eon$igliarei una cosa.;

Ros. Cosa m’insinuaresti di lare 7 Lis. Che bel bello, vi scordassi vo del Sig. Fiorini

do , e vi cercaste un Giovanetto più bello. Ros. E’ impossibile ama>a serva , che possatrala-

sciare l’amore di Fiorindo senza morire, è dif¬ ficile , che possa desistere da questo amore 3

Son troppo tenaci ì vincoli, che quasi «schiava

mè tengono avvinta . Non posso tare di macco sono troppo violentata ad amate Fiorindo: esso mi ha in tal guisa ammali iato il cuore , ch e àl5r tré scampo non trovo alla mia vita , se non che arrivare a! possesso di si bel tesoro ,

SCENA NONA Pulcinella , Rosaura , e Lisetta.

Fide. Q Cheavo vuoslro , se po trasi 7 Liset. Prima entri ,epoì domandi, se si può. Ros. Che Creanze sono queste .

Vulc. So eri a tue d’ A vocalo . Liset. Ma perchè ti sei vestilo così ?

Pule. Oh a propeselo me farissivo no chiàciete . ' Ijis&t: f>i su Pulci ne Uà mio".

Pule. Àverissevo na carni sa ? Litet. Perchè ?

Pule. Me do ma uni lo pierehè , agglomerato si¬

no a ino , dice l’avverbio , die Omn,is labor ot¬ to premiti v ■*

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Z& : *vA \T T 0 Kos* E chetai'fga ha* fatta 7 . .

Vide. Aggio defiso lo si Florinno 4 e se non ero io , Palmo già si era perso non sapeva che mtnalora se diceva , sempre diceva zuppe zup¬ pe , polite rengrazeà lo Cielo, a file , craise no moriva empiso , e io nce avea dato parola.

Kos. Di che ?

Pale* Da facce sparambeà Jo tira piede . Ros.Iu somma si pò sapere se chi a vinto la causa? Puic* L’aggio vinta Io colla Lègge Cornelia .

SCENA ULTIMA. Leandro, Ridolfo, Fiorindo, Falloppa , e detti.

Leand. Cco o Figlia mia il povero Ridolfo J—i contento , libero il mio FJorindo.

Pule. Pecchè l’aggio liberato io colla Legge Cor-, nelia .

JLecind. Taci ; Io non so come il Ciudice ti abbia sofferto senza farti fiaccare gl’ossi con un basto¬ ne; e poi eorne'hai fatto ad introdurli colà •

Fulc, Aggio ditto che crai’ Avocato . Leand. Sei propriamente uno sciocco*. Ma lascia¬

mo ogni celia da parte , e possiamo ringrazia¬ re allinei’ assistenza del Cielo in una causa

di .tanta importanza* iÙidoh Amico , pieno dì confusione non so quale

ricompensa restituirvi per un benefìci» di tanto lilievo, ma vi prometto una eterna gratitudine giacché sapete ii mio povero stalo.s'inginocch.

Xt‘««r/.Sorgeie.Non richieggo altro da voi in con¬ tracambio , che Ja sequela di quella vera ami¬ cizia , che mi avete sempre professata .

Flor> Ed io ('ome potro comparirvi dinanzi senza un’estremo vassoi eringi nocchia") vedendo non solo giunta la vostra sofferenza all’,estremi mo¬ menti , ma di più trovarmi libero per vostra cagione, ( si volta a Piosaura ) Sig. Rosaura io dovea terminare la mia vita , ina la bontà, la gentilezza del suo Sig. Padre me ne rese libero, ed a tallii atti eroìei a fi ro non mi é permesso di dire,se non che ii Ciclo i< liciti la vita d’en- trambi ujme meritate , e permettetemi , che

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T E È :Z O $9 imprima in quella mano ( verso ly Avvocato ) un contrasegno di stima , c di eterna obbliga- zinne . ( le bagia la mano.

Lèand. Sorgete Signor Fiorindo , e conservatevi tale , e quale siete stato fin ad ora. Rispettate il vostro Genitore , appigliatevi a* di lui savj consigli , e non temete d* incorrere In una si¬ nistra fortuna . Ma figlia tu piangi ! deh scuo- pri a tuo Padre, ciò che ti affligge ?

Fall. Ve io dirò io : Ma ditemi prima se deside¬ rate vederla contenta •

Leand. lì Gielp lo sa . Fall. Già che avete fatto tanto pelressivo compì

l’opera . Leand. In qual maniera . Fall. E potressivo stringervi in parentela con il

Signor Ridolfo , poiché un’ amicizia si grande sarebbe meglio , elle divenisse parentela, e fa¬ cendo cosi, nel Signor Florindo litro varete il Figlio defonta ,

Iteti.inginocchia ) Si caro Padre coronate con quest® ultimo atto di generosità , quanto già faceste per noi .

Lis&t. Alla mia padrona gli sono ritornatigli spiriti.

Fior. ( s? inginocchia ) Io non ho tanto ardire di pretenderlo f ma avendo esperimeatata per me favorevole ogni vostra azione vi scongiuro coir le lagrime agli occhi di felicitare due anime amanti , e dare compimento a si bella virtù con questo dolce nodo .

Leand. Cielo dammi forze valevoli per consolar

la Figlia , per rendere contento l’amico . Sor¬ gete , e quando ne sia contento il caro amico Ridolfo non ho difficoltà prestarvi il mio con¬ senso , e ritrovare nella persona del’Sig. Flo¬ rindo un muòvò Figlio.

Fldr. V e Ros. ( si alzano. ) Ridai. Signóre che dite ? il mio consenso ? po¬

nete figurarvi con che giubilo possa Jo'concor¬

rere a ricevere , ciò che mi meritai.

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99 . ATTO Lecitici. Bene,* si eseguiscano in questo puntò i

vostri désiderj, si ebano la destra di sposi Fio- lindo , e Rosaura .

Fior. Eccovi la destra : oh giorno per me troppo felice !

(s/ danno la mano da sposi dicendo .) Ros. Oh momenti per me troppo fortunali ! Fai. M'ò gli voglio chiede Lisetta E così ... Fide. Già che tutti sensorawo se bolimmo ensorà

nuie autvi pure . Lìset. Io sono contenta * ma bisogna sentì il Pa¬

drone * diglielo tu eli io mi vergogno . Tuie. Mo rice lo dico io : Dominem Avocalibus7

Giachè, concicsiacosache , benché, perche, Lisetta diccelo tu , che io mi confonno ciò tanti termini Avocateschi ,

Lìset. Sei proprio una bestia. Tuie. Bestia ! commo ! così pierdi io respietto

allo Matremonio ? mo nce iodico io .

Leand. Via finiscila Cosa voi , Ridol. ) discorreranno fra di loro mostrandosi Fior. ) giojali . Rosaura , e Fallòppa ) stanno a sentire. Fido. Io me borria nsorà co Lisetta , acciò pror

pagandosi la stirpe Pulcinellesca possa produr¬ le Avocati simili a nuje : Così se V. S. IJltpa * cioè bel 9 canno Voi , ma tu me la boi da r si , o nò ?

Leand. Conoscendo i portamenti dell’ uno, coipe dell’ altra , purché Lisetta ti voglia io Ye he dò il'permesso.

Tuie. Cancaro $e so ^opjiènlà , veni vehinntp^ LiséUibu^ nostrorùm , & Jq cenere Padronibus nuosto , Se presta consen^iis tuo$ acciò ohe spòhsèàlia cura Pulclnélìaruh^ tuis conchtu- dunlur .

Lìset. Io mi vergogno1 ( irà se~) quando lei si conienti ..... il mio aÌFefló e dedicato a costui: ( tra se ) Mi sono fatta ro-s§a rossa .

Pule. Vos audiuntur o Domino* *, ora res- ponnebatis a Pulcinoilis tuos.

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t r r a o «m Leand.-.Quanto mi faresti ridere se noti avessi il

cuore oppresso da qualche passione . Via dun¬ que sia Lisetta $oa moglie .

Vulc. Che sj^te berjetlp , Pasquino potava responne tpipgh’o .

Liset, Ed ioperubbedirè al Padrone ti dù ia nfràno ¥yjic+ Epcote la mano , e lo pede pursì. Fall. Mo che ho preso moglie sto allegramente;

E sor Ridolfo ?

Ridol. Ghe cosa vuoi ? Fall. Giacché tutti si sono sposati sposiamoci noi

altri due assieme.

Ridol. E vja , che sei pazpo ; Figlio , Figlia» qhe con tal nome , benché ne sia indegno pure voglio chiamarvi; Amico, sappiate, chq $e dovessi serrare le luci in questo istante il sof- i’Àrei con tutta indifferenza ; e chi polca sup¬ porsi , che clailjpt virtù di un IJomo potesse-spe¬ rarsi tanto ; quando credeà dovesse il Cielo iscarisare tutti i sajoi fqlpìini sovra la mia ca¬ sa la ritrovo ripiena di tutte,le maggiori feli¬ cità .

Flox- E starno tutti awerubcatì par fa bontà di .Vyujero amico .

Ros. Ed io per l*amore di un tenero Padre. Pule. EJ io per ia Y^rtu Avoegtesca . Fall. Ed io scontenta per fare 1’ amore all’ u-

sanza .

Leand, p yagz, fsfapqus pn sl hèl giorno in di¬ menticanza ogni passata olfp.sa v -fi con.f{iie- &to Jtyfatri«ionio si dia , compimento,'a quanto

~ 4ih ora seppi coll5 assistita de*diurni opera¬ re , e dove ia vendetta avrebbe dovutoisparge- re una serie di stragi , una virtuosa sofferenza sparga moti di gioja ; sperando con ciò di la¬ sciare a’ posteci una virtuosa imjgine , in cui specchiandosi potranno vedere, che a cuori pieni di una savia passione non è punto dif- iieile il superare ogni ostacolo

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9* ATTO TERZO .

Mihi altus honorfuit rappresentare D'un Amico Fedele le vicende 7 Qiiae sepe soleat pectus delectare D'ingegno eguale a Voi,, chi tutto in-

( tende

Voluntatis errorem non comprende Il mio dovere 7 si potuit lingua errare Questa mia debolezza sol pretende destra excusaliones ricercare .

ìd preces , quas nuncfere aures praebete Che sia all ignoranza un grarì onoro, Se condonar , se compatir vorrete.

E allor sarà glorioso anche il mio errore 7 Et illaris dirò Sodi gaudete 7 Che non può 5 che gradir , chi ka no-

( bil cuore.

IL FINE.

Vidit, et nihil obstat . Datam ex Araceli bac die 9. Nóvembris i8a3.

F. Cherubiniis de Argentio S. T\ Le¬ der.

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