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liBRA

Od 2 S 1967

>e> VI.

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.- ' »

INDICEDE* CAPITOLI

Che fi contengono nel prefente Libro :

CAPITOLO PRIMO.

Pliofapìa e fiafcita dì Corradino. Indh) del-

la fua nafcente ferocia . Sua abilita nella

Meccanica . Burle da luì fatte ,

!

e caftìgo che

/offre. Pag' 1

CAPITOLO II.

Efce dì 'Prigione l Viene eftliato dal Monafte-

ro. Lega amicizia con Celino » da lui cre~_

duto una Donna i Quando e4come fcopre il

fuo inganno

.

9

CAPITOLO III.

Celino da Corradino i /edotto. Inganna il Zio 3

ruba alla Madre , e fugge . Si travefteda Zin-

gana y e fi»gèfi Moglie dell'altro. Vanno in

Roma in divsrfd figura , e trappolano^innamorate

,

*f

CÀ.

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CAPITOLO IV.

5"/ rivefiono da Zinganì. Ferocia di Corradinofperimentaut da due Ebrei . Cangiano gli

abiti con due Pellegrini che vengono arreca-ti per loro, 16

CAPITOLO V.

Entrano in Firenze . Impofiura d'un luffkriofo

Zoppettino che ridonda in loro vantaggio. Il-

lusone del Cu: A. B. che per fare all' amotcon Celino , procura, involontariamente, untraditore alla Figlia. 54

CAPITOLO VI.

Melanconia che funefla là vita della tradita Eri*

richetta. Buone intenzioni di Celino. Corra-

di ho ne impedì/ce gli effetti e l'allontana da

Firenze con arte. 42

CAPITOLO VIL

? imbarcano a Livorno , per Genova . Come

vengono traditi da' Marinari, e abbandonati

fopra uno Scoglio» 5°

CA-

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<è£ v$*

CAPITOLO Vili.

Sótti defiati dalle procelle . Scena bizzarra del

loro incontro . Colpo di prò/pera forte per cui

trovano imbarco s e fuggono con un Teforo . 57

CAPITOLO IX.

jtprono la Cadetta \ Scrittura trovata foprd

V ofo . Si fan rimurchiare da una Barca

Tefcbereccia . Giungono a S. Remo* 6<T

CAPITOLO X.

Infiruzionì date dà Corradino al Compagno

fuo che mofirano vieppiù la finezza della fua

malìzia . 7*

CAPITOLÒ XI.

Giungono in Milano, Spefe eforbkanti per met-

terfi in un treno da Grandi* Loro arrivo a

Torino , e quali ivi fi fingono* 751

fi A-

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<*£ vi 3*

CAPITOLO XII.

S%abbandonano alla paflione del giuoco. "Perdi-

ta dì Corradino . Da uno febiaffo ad unMare/ciallo , e lo sfida al tiro di piftola *

fuo arrefio . Come Celino gii procura la li-

berta. 8(5

CAPITOLO XIII.

Saggia condotta del Mare/dallo . Corradino e

Celino vanno a Varigi . Terditecb' ivi fan-

no > e decadenza della loro Fortuna. 93

CAPITOLO XIV.

Tortentofe combinazioni per le quali Celino fi

crede la Contejfa di Belfiore e conduce(i in

un Ritiro, dizione fanguìnofa da cui Corra-

dino efee falvo dopo gran prove di valore .

Sua fuga. Torna Zingano. Ts^ovo genere del-

le fue furberie. ioi

CAPITOLO XV. .

Vompa fatta da Corradino del [ito fuperfiziak

fapcre . Fede Celino. Modo con cui fé la in-

tende <con ejfo. Come fa credere d' averlo

ttcìfo'rniato di Donna in Uomo.

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m vii $*

CAPITOLO ULTIMO.

Celino torna in liberta. Corradino corbella die*

ci donne del Ritiro. Guardie che tentano ar-

reflarlo, e ftrage fatta da lui. S' accompagna

con Celino. Sua morte che dà conclusone a

queft Opera* n 6

ca-:

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<•$ vrn ^ft

CATALOGODell' Opere tutte che fono ftampate

e da ftamparfi

Del Sig. Antonio Piazza Veneto.

L'Omicida Irreprenfibile Tom. 2. in 8.

L. 5 : iaL'Itafiano Fortunato in 8. L. 5 :

L'Innocente Perfeguitata in S. L. 2 :

L'Amante Difgraziato in 8. L. 2 :

La Turca in cimento Tom. 2. in 8. L. 5 :

La Moglie fenza Marito in 8. L. 2 ; ioIl Merlotto Spennacchiato in S. L. 2 : io

L'Incognito in 8. T. 2. L. ^ ;

Storia Co: d' Arpes in 8. L. 2 : io

L'Amico Tradito in 8. L. 2 : 1©L'Ebrea T. 2. in 8. L. 3 :

I Zingani in 8 L. 2 :

SI STAMPERANNOL'Ebrea Tomo 5. La Vìrtuofa.

II Romito. I I Cartelli in Aria.

L'Amor tra l'Armi.

I ZIN-

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*$ I fc*

I ZING ANISTORIELLA PIACEVOLE,

CAPITOLO PRIMO.

Trofapia e najcita di Corradino. lndh) della

fua nafcente ferocia. Sua abilita nella Mer-cantea . Burle da lui fatte , e cafiigo che

[offre .

NEL Trinc/pató Ulteriore , che formauna Parte della gran Provincia dì

Terra di Lavoro , nel Regnò di Na-poli , innalzali il celebre Monte

tergine , che derivò la fua denominazio'nédall'etere confecrato alla B. V.Maria. Dall'antichità più rimota fino al tempo che fan-tificato rimate coli' erezione di quel Tempiolontuofo , e di quel Monillero cofpicuo chefono al preferire il fuo migliore c-namentOjchiamato fu Monte di Cibele, e creder bifo-

gua che ì ftqjidi Gentili fabbricato avellerò

À ù n

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Wi'Sft

un Santuario , fopra il medefimo , a quella

fognata Divinità. I Fondatori dì quel Reli-

giofo Inftituto che nell' accennato ConventoprofeiTafi furono i SS. Benedetto e Guglielmo

le di cui Statue fi veggono fulle Porte del

Coro. Non è molto dittante la prefata Mon-tagna dalla Città d' .Avellino e dal Fiume Sab-batOy che fcorre nelle di lei vicinanze. Ab-bonda la medefima coli' altre , alle quali fo-

prafta, di faporiti tartufi , e viene divifa dal

'Romitorio dell' Incoronata da un folto Bofco,

che s' emende tre miglia in lunghezza ed è

circuito da un' immenfa moltitudine d'Ebani

che per la loro difpofizione e verdura preien-

tano al Paflfegeiero uno de' più grati fpetta-

coli di cui la Natura è capace.

In quefl:' ombrofo foggiorno di ficurezza e

di pace, là dov' appunto confina col Mona-ftero pr-derro , nacque in un vile TugurioCorradino Anello , uno di que' due Zingani

de' quali fìamo per teffere la breviffima Ifto-

fia Galante . Diicefe il medefimo per linea

retta malcolina da quel famofoTommafo Anel-lo detto Mafanello di «Amalfi che , quantun-

que fervitore d'un Peicivendolo , fi fece Ca-po de' Sollevati alla metade dello fcorfo Se-

colo, e chiamò in Iralia il Duca dì Guifa

eletto Generale i'upremo da' tumultuo!! Ri-belli. Sappiamo già dalle Storie, che a quel-

lo ftrepitofo ammutinamento ^iede iropuKo

una nova importa del Duca d' Arco* , allora

Viceré di Napoli , e che farro prigioniere di

guerra , nell* Abruzzo, il Duca di Guifa, e

battuti i Sollevati dal Viceré, e da D. Gio-van-

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W*'j 5»

vanni d' Aulirla , ebbe fine miferamente la

Ribellione. Ritiratoli un Nipote di Mafanelloliei!' avvifato Bofco s'edificò un ruflico Al-

bergo, fi diede a far legna, e fi guadagnò il

pane a forza de' fuoi fudori. Dal vicino Mo-naflero riceveva qualche giornaliera elemofi-

na . Ivi prefe Moglie e morì in età avanza-

ta da buon Criftiano com' era Tempre viflìi-

to. Lafciò un Figliuolo che fu l'Avolo di

Corradino» il di cui Padre menò una vita ri-

tirata ed ofcura al paro de' fuoi Preceflòri :

Dopo un fecolo, poco meno» d' età> parve

che la Famiglia degli anelli dovette riforge-

re alle oflervazioni del gran Mondo per quan-

to ne prometteva il noftro Corradino. Rima-fto , danni tedici in circa, orfano e folo ,

non diede fegno veruno di queir afflizione

puerile che in cafi fimili fuole avvilire i

Fanciulli. Quafi fuperiore alle leggi della Na-tura non fu veduto a fpargere nemmeno unalagrima per la morte dì chi gli diede la vi-

ta , quantunque non avefTe mancato agli ellre-

mi doveri di buon Figliuolo. Ricufando qua-

lunque compagnia offerita gli venne, conti-

Buò ad abitare folo nel Cafolare paterno e

ridendofi di chi lo voleva perfuadere in con-

trario fé non ho, diceva, paura neppure de*

corpi , come poi pofTo averla dell' anime ?

Quella fortezza di fpirito, così rara negli an-

ni d' adoleicenza , egli la faceva vedere co*

fatti. Fam'glianzzandofi coM'armi da taglio

e da foco pareva che s'addeftrafle a tingerle

di fangue umano. Uceilore fpietato degli Ani-

mali ombrava di non efier contento fé !a-

A a fra-

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»& 4 5&*

fciava paflare un giorno fenza facrificare al

Tuo genio crudele !a vita di qualche Volati-

le , o di qualche Quadrupede. I Cani , i Gat-ti, e l'altre Beflie domeniche di que' contor-

ni non potevano falvarfi dalle lue mani . Vifu più d'uno che minacoollo e tentò di per-

cuoterlo, ma in fine ebbe d'uopo di racco-

nw-darfi alle gambe le non volle lafciare la

pelle. Qpefta intempeftiva fierezza lo rende-

va tanto odiofo al Vicinato quanto lo face-

va»- amabile un* induftria maravigliofa p:r l'

opere di Meccanica che rendeva le fue manicapaci di fare tutto quello che fuggerir gli

fapeva il fecondo fuo ingegno. Parlato emen-

do gradatamente da' giuocolini da Bamboccioalle manifatture più degne d'un' etade matu-ra , e d'un arte confumata, non aveva chediciott' anni e mezzo allorché vide trasfor-

mato il fuo Tugurio in una bella e comoda•Cafetta, fregiata di cento adornamenti leggia-

dri inventati e lavorati da lui. Egli folo fu

V Arthitetto , il Muratore, il Legnaiuolo , ed

il Fabbro. Faceva fervire ogni cofa alle fue

occorrenze. Era amante della fatica, forte di

compiendone, grande di datura , ben fatto ,

nerboruto , olivaftro di carnagione , folto e

nero di chioma, bruno d'occhio e viviffimo,

e con in vifo una certa maichile ferocia che

manteneva in lui un* intima corrifpondenza

co' (entimcn-i dell'animo.

Meraviglia non é fé al baleno d' una virtù

che precorreva tanto J età , co* Monaci tutti

abbagliato rimale il P. Generale del mento-

vato Convento. Un Perlouaggio è quello che

U

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<•£• 5 28*

ha titolo di Barone ed ha Signoria, con va»

r) Privilegj dalla fua dignità dipendenti, con-ceduti da molti Sovrani . Egli ammirò le o-

perazioni tutte di Corradino e previde di

che farebbe ftato capace quel fervido ingegnafé non gli fotte mancata una mediocre coltu-

ra. Biasimando in lui ciò che guadava tante

buone fue qualità gli ofFerfe un loco decente

nel Monaftero, il mantenimento, il veftiro ,

e la (cola ,purché velette cangiar coftume e

dipendere inferamente da un buon Maeftro .

Non efirò il Giovinetto ad accettare il par-

tito; perocché un Letto migliore del fuo; damangiar bene e da bere meglio; una fcola in

cui appagare la fua avidità di fapere , eranotutte cole attai rimarcabili . In non moltotempo imparò a leggere ed ifcrivere bene, s'

impottefsò francamente della latina grann ma-sica , e apprele qualche poco di linguaggioFrancefe. Una memoria tenace, una volon-tà efficaciflima , un intelletto felice , lo fa-<

cevano milurare a patti di gigante la Tua nuo-va carriera . In grazia d'un talento sì ibr-

prendente erano foffVriti i trafporti dell' impe^tuofo fuo naturale. A guifa d'una Fiera chetratta dalla libertà dell?- Selve all'angufto re-

cinto d* tm Parco , anziché manfuefarfi più,

diventa feroce e indomabile» egli di giornoin giorno diveniva più infoiente» tracotante»e molefto. Godevafi di flagellare tòtto ì colpi

d'un battone tutti i Gatti ed i Cani del Mo-naftero. Quando poteva arrivare alla fchienaad un qualche Laico Io percuoteva alla nu-ca o procurava di dargli il gambetto per

A 3 far-

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H$ 6 %*

Farlo cadere a terra. Una notte riufcito ef-

fendogli d' introdurli nel Campanile fi mUe,con quanta forza aveva, a fcampanare sì fat-

tamente che deftò tutto il Convento , e fece

alzare di Letto la metade de' Monaci. Per

evirare il caftigo , accortamente fi finfe not-

tambulo. Un altra volta con un ordigno fat-

to da lui fi calò dall'alto d'un Pulpito fino

m Chiefa , ch'era nella fua pompa più bel-

la ;perocché nel feguente giorno degli otto

Settembre folennizzare dovevafi la natività

di M. V. a cui è dedicato quel Tempio. Ac-cefe tutte le Candele eh' erano preparate per

la funzione > ritornò in Pulpito valendoli del-

io fteflb ordigno che recò immantinente nel-

la fua Stanza camminando fulle punte de*

piedi . Dopo ciò fi mife a correre per ogni

Iato interno del Monaftero gridando: Miraco-

lo , Miracolo . Quafi tutti i Monaci ulcirono

dalle Celle mezzo fpogliati e mezzo vediti .

Gli fi affollarono intorno chiedendogli fé fo-

gnava od era fvegliato . Son {vegliato pur

troppo, rilpofe orientando commozione e for-

prefa. Sognai poco fa che la Chiefa era tut-

ta illuminata per mano invifibile d'un An-gelo. Lafantafia mi reftò colpita sì vivamente

dal fognato chiarore che mi fono (vegliato .

Moffo da qualche cola di più che una natu-

rale curiofità ufeii , così fcalzo e in camifeia

come fono, dalla mia ftanza , e pattato qui

nel vicino Pulpito vidi il fogno avverato .

Andiamo P. P. benedetti , andiamo fé volete

iftupire. Tutti lo feguirono e tutti a pochi

alla volta videro l' illuminazione . I più fcru-

polofi

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%£ 7 SA

polofi e zelanti fi perfuafero del miracolo j

gli altri meno divoti e più accorti credettero'

che la forte un aftuzìa di Corradino . Intanto

le candele fi lardarono ardere tutto il reftan-

te delia notte, e molti e molti fi lufiugaronò

di vedere ogn'anno rinnovato in quel tempo

il prodigio.

Molr' altre furono le burle ingegnofe fatte

con una deftrezza indicibile dal noftro Corra-

dino, e tutte Io lafciarono impunito per l'ar-

te fua fottiliflìmà di cangiar in bianco il ne-

ro e mascherar francamente le fue menzogne»

Ma finalmente una né fece di cui gli toccò

portare la pena. Sotto la Chiefa prenomina-

ta evvi un Cimiterio dove confervanfi molti

cadaveri di Monaci e Generali , così interi e

incorrotti nella lor nudità che fanno ftupire

i Viaggiatori curiofi . Tale rarità s' attribuire

all' eftrema rigidezza dell'aria. Lavorò tanto

d'ingegno ì'aftuto che giunfe a farfi un fer-

ro con cui poter aprire a fuo grado la Por-

ta ed entrare nel Cimiterio. Si fece in oltre

una fpezie di mantice, che venendo ogni po-

co agitato faceva un romcre fimile al muggi-

to de' Buoi. Afpettò che giungeflero le Fe-

tte delle Pentecoste nelle quali venendo vili*

tata da molti Divoti quella Chiefa , molti

ancora concorrono a vedere la fottopofta ra-

rità. Poco prima che s'aprilTe il Tempio „

calò nelCimiterio veftito dì bruno, erinchiufe

l'ufcio fenza ch'alcuno fé ne foiTe accorto -

Stette qualch' ora facendo la converfazione a

quegl' induriti cadaveri. Tofto che S' accorfe

ehe leendevano de' Foreftìeri per vederli , rA 4 ap-

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<•£• S &•»

appiattò dietro due di loro, prefe i! manticein màtio e s* apparecchiò all' empia burla. Perdi lui fatalità qu "ili che calavano al baf-

fo erano il Marchete B gobbo quan-to un Delfino , e la di lei Spofa che dando-gli dietro, nello fcendere la icala , l'andavacontraffacendo per metterlo in derifione ap-prendo chi lo vedeva. Donna timida comeuna Lepre aveva paura, ma voleva vedere

,

e quando fu nel Cimiterio , s' accollò per fuadisgrazia ad uno di quei Cadaveri dietro cuiflava Corradino . Siccom' era Ella grande di

Aratura così (ì curvò un poco per ben mirar-

lo, e allora fu che l'Infoiente agitò il man-tice e allo ftetfo tempo dando un urto a queldefunto Monaco lo rovefciò addoffo la Don-na infelice. Quejl'improvvifo muggito, quelcada vero rovesciato, la fpaveruò a fegno ta-

le che rimafe immobile in queir atteggiamen-to nel quale trova vafi. Corradino guardando-la fi mife a ridere fgangheratamente e poi

difife : è venuto un Gobbo folo, ed ora neveggo due . Il Marchefe non fapeva in chemondo fi folle e feguitò fua Moglie che fu

recata a braccia d' Uomini in una ftanza

vicina . Le fu cacciato fangue , ma rimafegobba, e 1' Autore di tanto male fu rinchiu-

fo, più coli' arte che colla forza, in una Pri-

gione , dove il P. Generale lo fece ftare unanno per emendarlo, e per foddisfare il Mar-chefe.

CA-

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«fé 9 $*

CAPITOLO II.

JE/f* d* Trigiotre . Viene efigtiato dal Monafle-

vo. Lega amicizia con Celino, da lui cre-

duto una Donna, Quando e come [copre il

fuo inganno*

NON m'é riufcito d' avere la copia d'unSonetto leggiadriffimo , che fopra il

fatto del Cimiterio comporto fu da Corradin»

nella lua Prigione. Vengo aflìcurato che per

l'efpofizione circonftanziata del'a burla , per

T ingegnofa apologia della medefima , e per

Ja chiufa fpiritofa , quel componimento fia

degniflìmo d'ammirazione. L'Aftuto lo dedi-

cò al P. Generale per impetrare la lbertà ,

e fi finfe nel medefirno infpirato dal Cie-

lo allorché fi chiufe nel Cimiterio, a fine di

caftigare una Femmina impertinente, che di-

leggiava nel proprio Marito un difetto della

natura. Avendola avvilita, coli' eguagliarla

ad elfo in quell'imperfezione naturale, glo-

riavafi d'efler ftato il braccio della DivinaGiuftizia . Il P. Generale ammirò la rarità

del fuo talento, anche nell'Italiana Poefia

,

ma, facendo forza a fefteflfo, lo lafciò arrab-

biare un anno intero nella (uà Carcere. Co-ià non gli mancava un buon letto, da man-giar e bere b«ne , de' Libri da leggere , equant' altro dimandare fapeva , ma ci vuolaltro che l'acqua limpida 3 ed il nitido gra-

no, per far che fia contento nella fua Gab-bia

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*$ io £ft

bia un Uccello , avvezzo alla libertà dell'

aperta Campagna. Quell'Anima feroce tentò

più volte una fuga e nel furore delle fue fma-

nie fece crollare il Convento . La porta della

Prigione troppo era forte e ben chiufa per non

cedere alle fue fcofle. La picciola inferriata

per cui riceveva qualche poco di lume, e gli

veniva fomminiftrato l'alimento, era troppo

alta da terra, né per il balcone avrebbe po-

tuto pa ffare , quand'ancora gli foffe riufcito

di romperla . Gli veniva negato qualunque

ftrumento fabbrile; perocché la (uà abilità era

temuta, onde difperato per vedere che non

valeva la forza , e che non poteva ufare dell*

arte fua , minacciò d'incendiare il Moniftero*

d'uccidere il P. Generale, di fare una flrage*

Ogni giorno beftemmie di nuova invenzione,

urli da fpiritato, imprecazioni da Demonio *

Ma che mai gli giovava mordere le fue ca-

tene, quando non poteva ifpezzarie?

VCcì finalmente dall' artgufto Tuo carcere, é

intimato gli fu un efiglio perpetuo dal Con-

vento. Fu minacciato in oltre del rigore del-

la Giuftizia, fé aveffe continuato a perturba-

re la quiete del Vicinato , e moleftare il fuo

Profilino . Il P. Generale temeva molto d'e"

fere ammazzato da lui. Egli ne conofceva 1*

animo truce , e ricordava!! troppo delle fucf

minacce. Tentava d emendarlo co' caftigbi ,

e faceva come il Chirurgo che per pietà è

crudele coll'ammalato. Sperava che ritornan-

do alla fua prima indigenza , e crefcendo d'

età intiepidire fi potefle il fervore del fuo na-

turale. Ma ci£ non avvenne ; perocché il Giovin«

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vine ardito era d'avvilirli incapace. Badan-

dogli ogni poco per il fuo foftentamento fi

procacciò il pane con certe manifatture <H

legno che venivano ricercate d'intorno. Tor-

nato nella fua Cafetta difeacciò un Montana-ro a cui appigionata l'aveva. Dedicato al pia-

cere della Caccia confumava gran parte del

giorno errando nel Bofco, e ne vendeva la

preda . Non era parlato che un mefe dacch*

aveva ricuperata la libertà quando giunte s

cacciando, fino al Romitorio dell'Incoronati ,

di cui già feci menzione . Rifiedono nel me-defimo i Monaci Camaldolefl in una belliflì-

ma fituazione che domina la fottopofta Pia-

nura e la Città di Benevento. Efarainando

per turiofità i loro Granaj, e le Cantine, s*

incontrò in un tenero Giovinetto ch'era al

fianco d'un Monaco, e non aveva nulla di

virile nella carnagione, nelle fattezze, nella

voce, nel portamento. Maliziato all' eftremQ

ei fofpettò immantinente che fofTe una Ra-gazza traveftita così per avere acceffo dovele Donne non entrano, e ricevere le grazie

di quel povero Religiofo. Fece molti andiri-

vieni, finché lo vide a dividerli da lui, e al-

lora gli (ì accorto falcandolo cortefemente ,

e fingendo tuff altro che quello aveva in pen-

derò . Gli chiefe chi fofle quel Monaco concui era (laro fino allora. E* un mio Zio, gli

rifpofe, e m'è permeilo di venire a ritrovar-

lo ogni fetrimana . Egli attualmente è il Su-periore de* Monaci, e fé v' occorre qualche co-fa parlate con me, che pofTo molto full' ani-

mo Tuo. Ne fono perfuafiffimo, riprefe a di*

re

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<é% ii %*

re Corraditto, e vi ringrazio affai della voftra

bontà. L'accorto , fuppofe il parentaggio idea-

le , e verace l'affetto, onde crebbe la lua fo-

Ipizione, e colla fteffa, la fperanza di preva-

lere del buon incontro. Lo interrogò gentil-

mente quale folte il Tuo Paefe , la lua effra-

zione, il iuo nome, e verfo qual parte allo-

ca foffe diretto. A tanf interrogazioni fi Ten-

ti rifpondere così. Io mi chiamo Ce/ino, e

nacqui a S. jlgata de' Goti , Città fituata tra

iNapoli e Benevento, come voi ben faprete .

Mio Padre non mi lafciò erede che d'un' in-

utile nobiltà ;perocché icialacquò tutto quel-

lo eh' aveva al Mondo. Dopo la fua morte

fono paflato colla vedova Madre mia in unapicciola Poffeffione di {uà appartenenza „ che

due miglia foltanto è lontana di qui. Ivi ab-

biamo una picciola Cafa , e fé la paffiamo

bene, attefa l'affiftenza di mio Zio, del refto

fareffimo a cattivo partito. Egli viene fpeffo

a ritrovarci, e ci fa del gran bene. Eh ne

fonò perfuafiffimo , tornò a dire Corradino ,

col medefimo fentimento interno d'ironica ap-

provazione. Sicché dunque, aggiunfe lo fcal-

tro , ora v'avviate dalla Mamma. Suppongoche fiate dilettante di Caccia ,

giacché reca-

te lo fchioppetto alla fchiena. Tale è anche

la mia panìone. Se non ifdegnate uno eh*

amico vi brama verrò ad accompagnarvi a

Cafa, e procureremo di fare qualche preda

per viaggio. Sino a Cafa nò, rìfpofe Celino ;

imperocché la Madre mia non vuole eh' io

pratichi alcuno, fé non è conofeiuto da lei,

e mi fgriderebbe fé mi vedeffe con voi. An-che

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fc$ iì %*

che mio Zio la penfa così, e mi lanciano an-

dare dovunque io voglio , ma guai a me fé

fanno eh' io m'affratello con qualcuno . Chevi pare di quefta ftravaganza ! Diavolo ! Son

io forfè di marzapane , perch* abbiano effi a

temere che qualcuno mi mangj ì Ma vedete

bene , a me non giova il romperla con unReligiofo tanto benefico, e fuppongo eh' an-1

che voi fiate perfuafo di quefta verità. Eh né

fono perfuafiflimo , rifpofe Corradino , colla fo-«

iita enfafi . Almeno accordatemi che io v*

accompagni fino alla metade del voftro cani-

mino.Ciò detto fi mìfero in viaggio , e l'attuto

4isò tutta la fua eloquenza, diffe tante cofe ,

« (eppe fare si bene , che in poco tempo pre-

(e qualche pofleflò nel core di Celino, fenza

mai dargli alcun fegno del fuofofpetto. Unafinezza era quefta troppo neceflaria al buonefito de' fuoi dilegni . Gli ballò ,

prima di la-

nciarlo, d'aver avuta da lui (aera parola di

ritrovarfi neila vegnente mattina in Chiefa di

Monte tergine per andare aflìeme alla Cac-cia. Si contentò d' un fervido bacio, nell'at-

to di fepararfi, che gli dirTufe nel (angue Unadolcezza ineffabile , e cantò nel cor fuo la

vittoria prima ancora d'aver Cominciato la

battaglia. Divifo dall' amabile Celino ritornò

alla (uà abitazione, fenza nemmeno avere al-

cun dubbio d' etferfi ingannato nel crederlouna Donna . All'ora preferita lo rivide nelTempio la mattina feguenre , e fi fentì a di-

re così . Oh ben trovato , Corradino . Eccomidi parola . Corbellai mia Madre, dandole ad

in-

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«£ m$*

intendere che mi fono partito per S. rigata

de' Goti, a fine di vìfitare il Marchefe Lof-

fredo, a cui fiaflto molto obbligati .Le dirti

che non ritornerò fennon dimani di notte .

Così potremo goderfela con libertà. Ho mecodinaro (ufficiente perlefpefe di quelli due gior-

ni. Andiamo a divertirli. Pranzeremo dovevorrete, né credo che vi farà difcaro di me-co dividere, per una notte, il voftro Letto .

Corredino credette allora con ficurezza mag-giore, che gli parlafle una Fanciulla, e che

<juefta fofle innamorata di lui. Confortandoli

con quella fentenza del Taffo che

il bruno il hel non toglie

e confiderandofi per il fuo /pirito, degniamod'ogni amore, poco mancò eh' abbandonato

al fervore del fuo naturale non iftentierte al

collo di Celino le braccia facendogli notal'a£-

fezionefua. Trattenuto, nonfocome, gli pro-

tetto d'ertere onorato anche troppo quand' ei

degna vafi della fua Caletta . Scortollo nella

medefima, e gli kcc ammirare la di lui abi-

lità nelP averla fabbricata ed adornata inter-

namente sì bene. Chiamò poi una Donnetta

eh* abitava vicina ad erto e pregolla d'appa-

recchiare un pranzo per loro due , fommini-

ftrandole il bifognevole, e contandole del de-

naro per far le provigioni neceffarie. Partito

pofeia col Giovanetto, andò feco alla Caccia,

e quanto più l'efaminava tanto più ratifica-

va la fua fperanza. Voce, gracilità, dilica-

tezza, aria, fifonomia, ftile, tutto in fom-

ma,

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w& ij a*

1 1 in»KiTWmi»

ma, tutto gli faceva vedere in elio una Fan-ciulla adorabile. Gli piaceva al fommo quell'

efuberanza di core con cui narrava tutte le

cofe fue. S' appagava d'intendere che aveneuna brama efficace di viaggiare il Mondo ,

e ciò per le mire concepute {opra di Lui . Fi-

nalmente fé fece forza afefteflo, mentre (let-

te da folo a folo tutta quella mattina, nell*

orrore più lòlitario del Bofco , non è da ftu-

pire; perocché riputava d'avere la preda in

mano e fapendo che quanto più fi defidera

tanto riefce più caro il pofleflò d' un bene ,

riferbavafi alla proffima notte per fommer-gerfi tutto in un tratto nel pelago dell' im-maginate dolcezze.

All' ora del meriggio furono di ritorno al-r

la leggiadra Cafetta con alcuni Uccelli , chefecero tofto apparecchiare per la cena . Defi-

narono di buon gufto , ed ebb«ro tutto quello

che fi poteva trovare di meglio in quelle par-

ti . Celino appagavafi delf ofpitaliià di Corra-'

fino, e quelli della di lui riconofcenza . Qual-che bicchiero di vino, bevuto più del folito,

rifcaldò all'uno e all'altro la teda, e fece

rifuonare quel loco di molte grida feftevoli .

Il Mondo tutto era di que' due Giovani al-

legri. Ruppero delle Pignatte, de' tondi, de*

vetri, e fparavano all'aria delle archibugia-te, in fegno di gioja. Badò che Celino pale-

fafle il Tuo defiderio di vedere il Monafterovicino, perchè l'altro s'efibiffe tofto di con-durlo, ad onta dell'inibizione di non più en-trare nello fteflTo. Con quattro pfftole cariche

ed un Schioppetto fcavezzo folto il braccio ,

prer

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*G 16 $*

precedette l'amico che Io feguì armato anch'

elfo fenza faperne il perchè. Entrati inofler-

vabilmente nel centro del Convento fpaven-

tarono i Monaci che furono ì primi a veder-

li , ed otrenero più di quello che bramavano

.

Ognuno s' efibiva a fervidi, e rifpettava pro-

fondamente le loro armi. IIP. Generale fi

rinchiufe nella più interna delle lue ftanze ,

e diede il catenaccio a tutte le porte.

PafTato colà dentro il rimanente del gior-

no, ufeirono foddisfatti , e dopo un lungoparteggio rientrarono in Cafa , fi divertirono

giucando, indi fi mifero a cena. Dopo aver

vuotate più le bozze che i piatti , fi riduflc-

ro in iftato tale che non potevano più ftare

nemmeno feduti. Ondeggiando e loftenendofi

l'uno coli' altro giunfero , {ternatamente ,

nella Camera dove il Letto era apparecchia-

to . Stavano fpogliandofi quando urtato dauno d'efli il Tavolino fu cui era il lume, lo

fece cadere a terra fm orzato e rimafero all'

ofeuro. Cercando il Letro a tentone , dopoche furono interamente fpogliati, fi coricaro-

no come due Porci nel fango. Corradino fi cre-

deva al punto della (uà felicità, e comincia-

va a iputar mele, e inzuccherar le parole conquel mio bene , an<ma mìa, gioj* cara. Sen-

tendo che l'altro con qualche termine avvi-nazzato protestava che non aveva mai pia

dormito in compagnia, ed eflendo infiamma-to dal calore di Bacco e dal foco di v^ene

dunque ditte farò io Non profeguì

perocché un certo incontro capire diftinr

mente gli fece che mentito non era il vfft'to

di

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<é% 17 3B*

di Celino. Le parole gli rimafero tronche fui

labbro . Non so cos' altro fucceffe in quelli

notte , ma so bene che il Furbo feppe tro-

vare , a mente ferena, fino del foo sbaglio

contento, come m'apparecchio a moftrario.

CAPITOLO III.

Celino da Corradino t /edotte. Inganna ilZìo y

ruba alla Madre , e fugge . Si travtfte da Zin-gari

a

, e fingefi Moglie dell'altro. Vanno in

Roma in diverfa figura » e trappolano unInnamorala .

ACcortofi del Tuo inganno, non per ciò

perfuadere fi volle Corradino che il P.Superiore fotte Zio di Celino , ed era tantomalizio!© ch'arrivò a concepire di quel buonMonaco qualche più nero fofpetto. L'inno-cente femplicità con cui l'ingenuo Giovinet-to rifpondeva alle fue maligne interrogazionidoveva aoprendergli a penfare meglio di luì

e di fuoZio. Ma ad un occhio itterico anebala più candida neve gialla apparilce e puzzail ristornai fempreachiha guarii i polmoni.Sfumando il vino e ronfando afmefca mente

giacquero fepolti nel fonno fino alla metade,m circa, del giorno feguente. Allora fu che IoScaltro narrò all' Amico tutto quello che cre-duto aveva di lui e dileguato con lui di fa-re

. Soggiunfe pofria: che bella ftrada mi veg-

go aperta aaila Fortuna fé tu non me ne con-

fi ten-

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*$ 18 %*

tendi il parteggio! Vuoi vedere quello gran

Mondo dì cui fiamo noi, due incogniti Abi-

tatori marciti nell'ozio d' una Solitudine o-

fcura? Vuoi godere di tutti i beni della vi-

ta? Afcoltami. Tenta ciò che puoi tentare

per ammanare qualche fomrna di denaro «.

Dimandane alla Madre ed al Zio . Fingi

qualche debito. Ruba, s'altro fare non puoi.

Io t'infegneiò Ja via più facile a farlo. Coli'

oro, o poco o molto, ch'avrai, capita qui .

Io avrò allora venduto tutto quello che hoal Mondo. Andremo fubito a Napoli. Colà,nafeofti in qualche Locanda, fi vefliremo daZingani , io da Uomo tu da Donna . In po-

chi giorni mi prendo l'impegno, colla lettu-

ra d'alcuni Libri che qui in Convento ru-

bai, d'impofleifarmi della 'H.egromanzìa , del-

ia "Piromanzìa, dell' Ceromanzia , della Geo-

manzi

a

, drlla Hydromanzia , della Chiroman-

zia , che fono le parti in cui 1' arte d' in-

dovinare fu, dall'umana impofluraj divifa .

So che pacati fono que' Secoli di cecità ne'

quali quella fciénza pretefa dell'avvertire ti-

ranneggiava fino li fpiriti più illuminati e Je

Nazioni più colte . Ma so altresì eh' in ogni

età tre Parti, almeno, di Mondo , fempré do-

minate furono dall'ignoranza e che balta ,

anche al prefertte, faper darla ad intendere

per far bene i fatti fuoi , e dare fpaccio alle

più groffolane impofture . L'eloquenza mianaturale, la mia ciarlatanefca franchezza, la

prontezza della memoria che faprà fuggerir-

mi all'occorrenza molti patti d'erudizione e

di Storia) mi faranno credere un fecondo A/W-turio

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m 19 m

cario Trìfmtgìfto. Ecco un capitale im manca-bile per far denaro; ma il capitale più vivo,più lucrofo, più bello, tu devi eflere Celino ^ìnio. Se affatto fembrt una Donna anche nel-

le virili tue fpògiie, che farà poi quando all'

apparenza adatterai anche il vellico? Ti farò*

credere la Figliuola d'un Bafsà d'Egitto fug-

gita dal Serraglio. Fingerò d' averti trovata

nottetempo neile vicinanze del Gran Cairo }

d'averti isolata , ed inftrutra nell' Aflrologia •

Il tuo volto è una gran lettera di raecoman*-

dazione per tutti i Paefi * é per ogni generedi Perfone. Guarderai ciafcuno di buon oc-

chio. À tutti, baciamani, riverenze, fogghi-

gni , vezzi 3 moine, ed anche qualche fcherzofurtivo, a tempo e luogo, per ùbbriàcarli dì

libidine. Un sì perpetuo per lufingare ciafcù*

ho e fperimentarlo benefico i Una continua e-

fagerazione della indigenza che fi deve fìnge-

re appreffo i Poveruomini per approfittarli di

qualche bagattella; ma una pompa magnifi-ca di futto quello che avremo, verfo de' Ric-chi , per metterli in foggeziorie fé vorran far-

ti qualche regalo. Ho un certo gergo parti-

colare che rifultando dal prevértimento delle

lettere e ricevendo dalla frappofizione d'unavocale art fuorro groffo ed ottùfo, fervila amaraviglia per farlo credere l'antico linguag-gio Coptico che fi parlava , ne' Cord fecòli t

dentro l'Egitto. Già non c'è dubbio che pof-

fa alcuno fméntirmi; perocché quella linguanon è nemmeno più nota nel Mondo, e tra

loro quittionano i Critici, non fapendo fé dal-

la Greca derivi, o dall'Araba, ovvero fé di

,

B ì \ quo

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*•$ SO $•>

quefte due, e delia Latina ella fìa veramen-

te nn mifcuglio. L' accennato gergo pare, aprima giunta , una cofa difficiliflìma da ca-

pirti, ma io ti prometto eh' in una fettima-

tia, alla più lunga, giungerai a parfarlo col-

la mia franchezza medefima. Su quefto pia-

no altre macchine vedrai erette dall' ingegno

mio non volgare, delle quali ora non parlo,

gafta che tu non dubiti che, lafciandoti dame dirigere, vedremo quanto c'è di migliore

al Mondo, godremo i piaceri d'una vita li-

bera ed errante, e fi faremo ricchi alle fpefe

de' Minchioni. Oh! la frode .... l'impoftu-

ra . . . . Che impoftura? che frode? Tutto

fulla Terra è un' impoftura , una frode, e

dal più vile Artigiano al Maggiore de' Morta-

li eftendono il loro dominio quefte tiranne

dell' uman genere. Quando fi fentiamo agita-

ti da un'anima che flegna la baflezza del

proprio ftato, bifogna fecondante gì' impilili

anche co' delitti medefimi, per vendicarli del-

la Natura, che all'aratro fpefifo fa nafeerechi

iaria piuttofto degno del Soglio, (a)

Celino flette a bocca aperta ad udirlo. L'ef-

ficace fuo defiderio >di viaggiare , la facondia

di C orrodino , l'amicizia e la ftima che co-

minciava ad avere per lui , lo fecero accon-

fentire incontanente al progetto. Fanciullo an-C3ra

(a) Sentimenti da Giovine fcapeftrato, e

degni veramente dell'obbrobrio del Mondo.

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*£ 21 $4fc

Cora ed incapace di qualche faggio rifleflò s'

abbandonò alla lubricità dell' etade, ed a'tra-

Iporti del genio » Stabilirono di ritrovarfi

in capo ad otto giorni in un certo fito del

Bofco fuori di mano, e non molto dal MonteVergine difeofto. Se la intefero a meravigliain ogni parte, e furono di parola nelPefecu-zione de* loro penfieri . Corradino ricavato

aveva dalla vendita dì tutte le fue facoltà

ottantacinque feudi Romani , né aveva parla-

to con alcuno delle fue intenzioni* L' altro

tra un dono del Zio, e una borfa di moneteche rubò a fua Madre * aveva unito un cen-tinaio di Zecchini* Figlj ingratiflìmi , quefta

è la bella mercede , che render folete a' .do-lori, alle veglie, alle fatiche, e a' fudoji, di

chi vi diede la vita! Quella povera Vedovanon aveva al Mondo altre confolazioni che•quella di vivere con Celino , urwco pegno del-la materna fua tenerezza. Egli era il (uo con-forto, la fua delizia * la fua felicità . Eppureebbe core di rubarle queir oro eh* aveva rac-colto in vigore d'una ftrettiffima economia ,

è che (erbava come un Ancora facra a cuiaffidare la vita in qualche futura burrafea nelmare della vita umana! Eppure ebbe core d*

abbandonarla, fingendo d'andare alla cacciaie non fi fentì l'anima lacerata da' più pun-genti rimorfi, in quella barbara feparazion*!

Giunfero a Napoli i noftri Giovani diflen-nati, con tutta quella preftezza eh' era pof-<

fibile. Alloggiarono nella ftrada di Si Lucia in

un'Abitazione vicina alla Fontana Timente!,di cui era Padrona una Vecchierella opportu^

B i nfe

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m « 5»

ni iw—ma

na a' loro bifogni. Ivi, con maggiore fecre*-

tezza ch'hanno potuto, efeguirono i loro di-

fegni . Corraditto veftito ajla foggia de' Zinga-?

ni, di color verde, con bottoni grandi di lu-

cente metallo, co' capelli neri e cadenti dall'

orecchie in anelli ondeggianti, con in capo

una rete di feta fottopofla ad un Cappellac-

cio guarnito d'oro, e così olivaftro di carna-

gione, com' era, pareva propriamente quale

fihgevafi. Celino , veftito da Donna, innamo-rava a guardarlo. Colla bionda chioma ne-

gletta ; con un Cappellino rotondo, d'azzur-

ro colore, adornato di fettuccie vermiglie, e

di naftri leggiadri; con un abitino tagliato dì

puonilTimo gufto, e con tutti que' fregj che

davano alla perfona un compimento ammira-bile, non lafciava all' altrui guardo nemme-no il menomo indizio del fuo feffo.

Prima che il Sole appariflTe fui noflro Oriz-

zonte ufcirono da Napoli, nel giorno fegueìi-

te, e prefero la via di Roma . Camminava-no quindici miglia al giorno. Il Popolo s'af-

follava a vederli dovunque pattavano . Daogni Iato s'udiva ripetere: Oh che bella Zin-

gatta/ Oh che bella Zingara! Le Contadine

pili mifere godevano di farfi aftrologare da

quella finta Donna e recavano contente, dan-

dole quanto permetteva il loro flato . Corra-

dino incantava la gente colla franchezza, la

verbofità , e l'arte di perfuadere. I poveri Bi-

folchi facevano baruffa tra loro ; perocché

ognuno voleva effare il primo ad udire la fua

ventura da lui. Egli li confolava tutti egual-

mente, ed efigeva denari ed applaufi . Qireiv

Se ioc-

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m v -a*

Sciocchi non rifinivano mai d'efdamare: Co-5i Giovine e faper tanto? Gran cola! Grancofa !

Giunfero nelle vicinanze di Roma con cin-

quanta feudi in faccoccia oltre di quelli eh*

avevano , dopo averne fpefo molti in man-giare a crepa pancia tutto ciò che trovavano

di meglio , e in bere da difperati i vini mi-

gliori di que* Territori . Erano bene informa-

ti di quella famofa Metropoli per non dare

un paflb in fallo coli' entrarvi così veftiti ed

armati com' erano. Vogliofi di vedere le ra-

rità della medefima , e di (lare otto o dieci

giorni in ripofo, penfarono di veftirfi 4a Ab-bati. Mentre pranzavano inunaOfteria, fuo-

ri della ftrada maeftra, andò a Roma , unFanciullo, per loro commiffione, a chiamare

un Ebreo, con cui tornò da lì a poco. Pat-

teggiarono con colui del nolo di due abitine-»

ri , e di tutto il reftante necefTario a fare la

divifata figura. S'accordarono, e l'Ode maL-levadore fi fece della reftiruzione, ; perocché

doveva tenere in ortaggio ùVeftimenti daZingani finché trattenuti fi foriero in Città .

Non inibirono al Giudeo di parlare intorno

quel cambio. Forfè premeva a Corradino che

egli palefaffe a qualcuno che il fuo Compa-gno era una Donna traveftita da Abbatino ,

come credeva, a fine di procurarfi qualche

buon incontro. Entrati dunque in quella cele-

bre Capitale videro in pochi giorni quanto, v*

ha in effa di grande e magnifico. Tutta la

gente li guardava con attenzione e diceva ,

accennando Celino , quella è una Donna; Ve-

B 4 dm-

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<ȣ 14 Sft

derido che fi trattavano con ifplendidezza ,

ch'ogni giorno andavano in Carrozza , cheerano generofi nelle mancie , niuno ofava dì

tentare la Tua fortuna j e tutti invidiavano aCorredino quella bella compagnia ch'aveva»Ma il circoncifo Ufurajo eh' era folito fa-

re il mezzano ad uno di cui tacere bifognajl nome, il carattere , il grado , fubito andòad avvifarlo eh' era giunto in Città un con'trabbando degno di lui , e che bifognava far

fpefa . Gli raccontò la cofa nella fua verità *

e s'impegnò di condurgli il capo di roba di-

nanzi. Gira, rigira, va, ritorna, dimanda ,

e ridomanda, finalmente trovò le due Ma-fchere. Dopo un faluto cortefe chiefe a loro

s'avevano veduta la famofa Galleria del Sig.

Rifpofero di nò, e fi moflraronodefiderofi di vederla. Bene, foggiunfe il Ruf-fiano, oggi dopo pranzo m'efibifeo di foddis-

farvi. Così fu. Eflì forprefi rimafero dalle ra-

rità di quel ricco Mufeo* e il Padrone dello

fteflo fu più forprefo dalla bellezza di Celino*

Gli fece mille finezze. Obbligollo a valerfi

col fuo Compagno del di lui Palazzo, ficchè

fletterò un' altra fettimana in Roma fenza

fpendere un quattrino nemmeno. Il Sig, . . .

era cotto , arfo, fpafimato, feonfitto. Celia*

forto la fcola di Corradiao accresceva legna

al foco. Quefto Furfante fi faceva fentire dall'

Innamorato, eh' un centinajo di feudi gli da-

rebbe la vita; ch'avendolo correrebbe torto aNapoli a ricuperare una gemma colà lafcia-

ta in pegno; eh' intanto larderebbe in Romail Compagno.

Non

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<§£ *5 $•>

ita--Noti ci volle di più . L' Amante ingannato

gli contò il denaro richiedo 9 gli augurò buonviaggio, e promifegli di tener conto del fuo

Compagno, come d* un di lui Fratello. Gli

parve d'aver tocco il Cielo col dito, quando

folo fi vide coli* Oggetto delle fue (manie .

Se lo ftrin£e al feno, io baciò e ripeteva: ca-

ra quefta Zingarella, cara quefta Sacerdoteffa

di Venere. Altro che cento feudi, anche mil-

le ... . anche .... cara quefta Ragazza .

Celino fingeva di trasecolare, e forrideva gra-

ziofamente. Da quando in qua, gli diceva t

ìòn io diventato una Donna fenza faperlo ì

Qtteft' interrogazione fece improvviiamente ca-

dere le piume all' ingalluzzato Pavone. Nonvolle credere che agli occhj fuoi. Minacciò il

JFarifeo della fua difgrazia, e fi chiamò tra-

dito dagli Abbati. Come, riprefe a dire Ce-

lino, quando mai v'ho detto io d'effer Fem-mina, quando ve lo ha detto mai Corradinoì

Va va , Bricconcello , {oggiunfeli li Amantefchernito . Per rifarmi vorrei effere dilettan-

te .... ,

«$$**£$**£$•>

CA-

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<•& 2* 28*

CAPITOLO IV.

Si riteftono da Zinganì* Ferocia di Corradinafperiwentaea da due Ebrei . Cangiano ^li

abiti con due Veilegrini che vengono arreca-ti per loro ,

'Scito Celino ài quel Palazzo, indi di Ro-ma , (i recò all'Ofteria nella quale tra-

vesto s'aveva, e dove flava Corredino at-

tendendolo, a norma del concertato . Quan-tunque riufcifTe sì bene nella fcola del fud-

detto pure fi fentiva combattuto da una ri-

pugnanza dell' anima , che qualche volta lo

faceva ftar melanconico. Non ofava palefar-

Ja al Compagno per non fentirfi a fgridare .

Ritornato al Tuo fianco l'abbracciò, caramen«te, e fi congratularono a vicenda della buo-na riufcita de* loro ftratagemmi . Non aveva-no fretta di rimetterli in viaggio; perocché

nulla temere potevano. Al Sig torna-

va meglio tacere, per molte ragioni , che nar-

rare la maniera con cui fu corbellato, e ten-

tare dì ricuperare il centinaio di feudi, o di

vendicarli. Elfi non erano mai fatolli di ride-

re alle fpefe di quel credulo Lihjdinofo . Ve-di, diceva Corradino, vedi mio caro Amico ,

fé tutto ha dal Mondo, chi fa bene ingan-

narlo! Quel Riccone, come ho faputo, e unAvaro di ventiquattro carati . Solo le Don-ne e i Ruffiani mangiano il Tuo, né darebbe

un foldo per carità, fé fi tratrafle nemmenodi richiamare un Pomo da morte a vita .

Eppu-

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*•£• 47 %*

63»

Eppure gli abbiamo tratto di mano un cen-

tinaio di feudi, ma ci vuole la mia tefla per

giungere a tanto . Oh ne faremo di più bel-

le . Intanto poliamo contentarli che lavamolto bene. Ordiniamo i! pranzo e refliamo

qui che partiremo dop' aver definato. Adefc

(o fpogliamoci di queft' abiti neri, e tornia-

mo m ifeena nella noftra prima figura.

Così fecero. Confegnarono all'Olle i Ve-fitti dell'Ebreo. Il nolo già l'avevano anti-

cipatamente pagato. Finivano appena di pran-

zare allorché giunfe appunto n'elì' Ofteria, per

riaver» il fuo Capitale , quel fordido Farifeo

con un altro fuo Parente. Era egli flato ,

un' ora avanti, dal Sig. .... ond' aveva in-

tefo tutto il (uccellò. Suppofe quel Pazzo ,

che i due Giovani follerò tali da lafcìarfiSpa-

ventare dalle minaccie , e fi cacciò in teda

l'idea di trarre di mano a Corrad'wo li cento

Scudi , o almeno almeno di volere la fua

gran parte anche lui di quel bottino, giacché

lo aveva trovato colà. Senza far chiedere adeffi permiflìone, dall'Ode, fenzatrarfi il Cap-pello di tefla, fenza falurarli nemmeno, en-

trò nella Camera dove (lavano affili alla

Menfa. Li guardò biecamente crollando il ca-

po, e battendo il pavimento d'un piede, fen-

za dire una fillaba . Effi fi mirerò a ridere ,

tanta era la loro paura. Ah ridete, prorup-pe il Giudeo, Bricconcelli, ridete."? Facefte

veramente un' azione da Birbanti , come fo-

no tutti quelli della voftra razza. PeT voi h&perduto un Padrone eh' &ra il mio fofle'ma-

meiyo, e corfi rìfchio di farmi gettare da urta

Fine-

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<t& 18 $*

fineftra. Ma corpo ... ma fangue . . . chenon mi parto di qua fenza li cento feudi, e

datemeli colle buone, fé nò per il . * . . per

la . é . . che v' ammazzo tutti due. Celino

cominciava a penfarci fermamente, e flava avedere ciò che rifolveva il {uo Compagno *

Quefti, foffocando il foco del fuo naturale ,

volle prenderfi fpaflo e fingere , quanto piùgli era poflìbile, d'effere fpaventato . CaroSignor Mardocheo, gli diceva, io non fapevache il voftro meftiere foflfe quello di Ruffiano j

né che col pretefto di farne vedere la Galle-

ria, abbiate tentato di fare il voftro intereflTe.

V' ho io detto forfè che Celino fia una Don-na ? Ve P ha detto forfè egli fteffo? Oh daDonna lo vedette veftito ! Ma che? Non ci fo-

no delle Mafchere anche fuori del Carneva-le? II voftro Padrone mi fece un dono de*

cento feudi , e non me li diede già per prez-

zo d'un' infamia. Pure, con tutte quefte ra-

gioni , fono pronto a compiacervi , caro Sig«

Mardocheo, quando vogliate venire a qualchepatto difereto. L'Anima vile che fondava pili

quanto tiovava più tenero, allora sì che fan~guinizzò e corpomzzò a piena bocca, e nò \

prefe a gridare di quanta voce egli aveva ,

nò, non ci fon patti, li voglio tutti e fubi-

to. Corradìno fi levò in piedi a beli' agio e

rifpofegli: ben bene , quand' è così ve li dòfubito, e tutti j tenete . In ciò dire l'afferrò

al collo , fi cavò di faccoccia una grolla pi-»

itola, e gli die tante percofte fulla tefta, cheJo fece piover fangue, e diventar tutto gon-

fio. Quel vile non fi ricordò più d'effere ar-

ma-

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mato. So Celino non glielo fiaccava dalle ma-ni, l'avrebbe certamente ammazzato. L'altro

Ebreo che voleva difenderlo ebbe anch' egli

Ja fua parte. I! fiero Corredino gli diceva per-

cuotendolo : chi è in compagnia ha da ftare

al bene tà al male. E' giufto eh* anche Voipartiate da queft' Ofteria confolato. Anche in

prò di colui Celino s' interpofe efficacemente,

e gli rifparmiò tutte quelle percoffe che gli

avrebbe date di più il fuo Compagno. L'Ofte

cacciò que' due poveri Ebrei in un Carro ,

in quello flato deplorabile in cui fi trovava^

no, e furono condotti a Roma come due Por-

ci fcannatì. Si lagnò poi altamente con Cor-

radino del fuo procedere» e cominciava a par-

largli alto, ma preflrò fi raffreddò per nonaz-i

zardare Ja vita. Il Giovane inferocito e fat-

to, a guifa d'una Piera, più crudele quandoJordo fi vide di fangue, sfidollo al tiro dì pi-

llola o di fchioppo , e lo minacciò della mor-te fé non taceva, quando ricufava la sfida.

Foco non fu fé di folo fangue Giudaico ri-

mafe tinta in quel giorno queir Oreria. Ufci-

rono dalla medefima i noftri Zingani fortu-

nati, e a tenore di quant' avevano preftabili-

to feguirono la via di Firenze. Non cammi-navano mai, più di quindici miglia al gior-

no. Mangiavano ferapre tutto quello che di

meglio trovavano. Affogavano nel vino ognimelanconico affetto. Dormivano ne' Letti pia

morbidi, che loro riufeiva di ritrovare, e co-

glievano qualunque occasione di divertirli gli

s'offeriva per via . In tal modo fi mantene-vano fani, robufti, ed allegri. Lo Scolaro co-

rain-

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*$ io $ft

minciava a moftrarfì degno del fuo Maeftro,Intendeva e parlava francamente il gergo in.-

fegnatoglii Abbondava di parole , di menzo-gne, di partiti . A forza di far guerra alla

fua colcienza era giunto a non più fentirne i

timori! . Imbevuto delle dannate maffime del

fuo Compagno , aveva (pento ogni ferimen-to di Religione, e fi credeva iecito tutto perfoddisfare le proprie palTìoni . Perduta quellabella dolcezza che lo ferbava m prima tantoinclinato alle leggi più fante d umanità e di

natura, cominciava ad incrudelir colle Beftie

per avvezzarli afpargereilfangueumano. Avi-do di continuare la verginale fua purità nefomentava il prurito còl baciare e ribaciare

tutte le Giovani eh' astrologava , fenza dare

fcandalo alcuno, ingelofire i loro Mariti, odefporfi ad un torto, attefa la fua finzione del (ef-

fe Tutti quefti erano frutti delle lezioni di

Corredino, che finalmente l'immerfe nel lez-

zo della libidine, e -godeva di laiciare dovun-que partivafi penuria di foldi, ed abbondan-za di corni. Non diro le diverfe manière in-

gegnofè , con cui dal diffoluto Celino fi rapì

a molte incaute Fanciulle il Candido fiore di

verginità, e fi profanò tanti Talami marita-li. Non fi può mefcolare in una fogna fen-

za farne efalare il fetore . Bafti al Leggitore

confederare che la bellezza, la grazia, la fran-

chezza di Celino , dovevano facilitare V im-prefe fue. Gli bafti dedurre dalla depravazio-ne del fuo core, che per poggiare all' alto

fono fpeffo inutili i più magnanimi sforzi ,

ma che per precipitare al baffo !?afta fovente

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m 31 fcft

la più picciola fpinta , tanto l'umana natu-

ra è Tempre al male inclinata *

Giunti i noftri Zingani podi' ore lontani da

Firenze, carichi di denari e fianchi di yiagr

giare, rifolfero di godere per qualche giorno

una tranquilla permanenza in quella deliziosa

Città. Variando Tempre nelle loro ideecapric-

ciofe, penfarono di entrare nella medefimain

abito diverfo, ma colla fteifa apparenza di

vario feiTo» Il progetto non era facile ad efe-

guirfi nel Villaggio dove fi ritrovavano .^Bi-

fognavà mandare a Firenze per i Vefliti , è

quello badava per toglier loro la compiacen-

za di poter foftenère un novo carattere ili

quella Capitale. Un incontro opportuno gli

fece fuperar quello oflacolo . Trovarono unPellegrino ed una Pellegrina che^ feguivano il

cammino di Roma. Erano eguali ad elfi, po^

Co meno, per la ftatura, e per l' età . Veftiti

più che decentemente, e con una polizia mol-to rara in chi viaggia in quella maniera »

avevano un' aria di Nobiltà che invogliava

a conofcerli. Còrradìno gli fi accollò, falutol-

li, gli chiefe doVe fofTero diretti, e^ualch'al-

tra cofa. Pvifpofe l'Uomo, torniamo a Na*poli noflra Patria* Abbiamo girato l'Italia

tutta. Quella è mia Moglie. La Provvidenza

Divina ci afflili ogni giorno, ma oggi lìamodigiuni , e fé prima di fera qualcuno non ci

foccorre cadiamo al fuòlo fvenuti. Andiamo,riprefe a dirgli Corjadìnó> che pranzerete connoi, e s'avviò ad una vicina Ofteria. Anda-rono ma non fenza qualche timore^ perocchél'abito Zingarefco ha fempre un trifto con-

cetto

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<•$ si %b

cetto. Que' poveri Pellegrini fi sfamarono di-

fperatamenre e bevettero , oltre il loro coftu-

rne, per aderire al genio de' loro Benefatto-ri. Allorché fi difponevano alla partenza li

pregò Cotradino di volere cangiare gli abiti

loro col iuo e con quello di Celino. La Don-na rifpofe che dipendeva dal Marito, ed il

Marito che non voleva farlo, ad onta delfuo

ìnterefTe, perocché temeva qualche difgrazia,

traveftendofì nella foggia proporla. Che dis-

grazia, fòggiunfe l'ardito Giovine , che dif-

grazia ? Fallo, o per amore, o per forza, chagià il cambio è per te molto buono, e po-

trai nveflirti da Pellegrino in quaich' altro

tyogo. Animo, preflo che farà meglio per te.

Quefto baftò per farlo obbedire. La Femmi-na aflìftì Celino a veftirfi da Pellegrina, e gli

adatrò il tu to come meglio potevafi . Egli

con eguale docilità le mile intorno l'abito di

cui s'aveva Ipogliato. Con quella vicendevo-

le alfiftenza fi cangiarono apparentemenre gli

altri due di Pellegrino in Zingano, e di Zin-

gano in Pellegrino.

Tutto era fatto a dovere > e già flava ognu-

no fulle mofle per continuare il fuo viaggio

quand' ecco improvvifamente (palancata la

Porta della Camera, in cui erano chiufi , ec-

co la medefima piena di Birri comandati da

un Bargello eh' ordina follo la menzione de'

due L.fJici vefliri da Zingam . Quefli ven-

gono prefi , legati, e condorti in una Vettu-

ra che flava alle Porte dell' Ofleria - Piango-

no i Mekhini , gridano , vogliono avvitare

il Bargello dell' equivoco, ma uon fono alcol-

tati.

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<*$ « 3*

tati. L' Ofte , vedendoli a trapalare ,;

fé n*

accorfe dell'inganno, ma !q lafciò correre vo-lentieri. Celino fé la vide affai brutta, maCorradino fu imperturbabile anche in quel pe-

ricolo , e non fi moflTe; perocché conofceva

quanto gli era giovevole la fuppofizione ch'ei

fotte col Compagno nelle forze della Giufti-

zia. L'Empio rideva penfando al prcfagio ,

che s'aveva fatto quel mifero Pellegrino allor-

ché non voleva cangiarvi d'Abito. Stava al

halcone oflèrvando , finch' era a portata di

farlo, il Legno corrente entro cui era confuaMoglie il fuddetto e gridava : buon viaggio >

buon viaggio. Ceti»* in quel cafo fi fentì im-pietosito, e lo rimprovero acremente di tan-

ta crudelrà, ma l'accorto Giovine lo fece ta-

cere dicendogli : che crudeltà ? ^flì ci denno.

effère obbligati moftiflìirto; perocché andava-no a Napoli a piedi, e noi gb abbiamo tro-

vato una Vettura fenza ch'abbiano a {pende-re un denaro . Avrebbero dovuto mendicareil pane, e così faranno rnanten "ti a fpefe al-

trui fenza prenderfi alcuna briga. A Napoliverranno riconofeiuti , e lafciati in libertà ,

Dunque! cos'è quefta crudeltà, ignorantello

^he lèi?

*g&*

CA-

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<tó 34 ^

CAPITOLO V.

Entrano in Firenze . Impofiitra d'un luffuriofo

Zappettino che ridonda in loro vantaggio. Il-

lusone dei Co: A. B. che per fare air amorcon Celino , procura, involontariamente , untraditore alla Figlia.

A fconfolata Madre di Celino aveva alfi-

B i ne faputo, dopo cento ricerche, e dopomoltiflìmi sforzi della materna fua tenerezza s

con chi era fuggito l'ingrato Figlio, verfocjual parte forte diretto, e quale figura s' eraporto a foftenere fulla gran feena del Mon-do, Mifera Donna! parlava i giorni piangen-do e vegliava le notti al martirio de' proprj

affanni, mentre lo maturato Figli uofo o tran-

quilli dormiva i fuoi fonni , o crapulava, oimmergeva»* nel lezzo delle voluttà fenfuali,

fenza mai ricordare neppure di lei. Ella coli'

aflìftenza del P. Superiore , fuo cognato, e

con non picciola fpefa, impegnò la Giuftizia

d'ogni Stato, per cui pa flava , ad arrecarlo

coli' empio fuo feduttore , e farlo ritornare aNapoli feco lui. Fu ricolma di giubilo quan-do le fu recata la nuova che ciò era fatto

,

ma rimafe di triftezza ripiena allorché s' ac-

corfe dello sbaglio prefo da chi fece la reten-

sione . Ma chi mai non avrebbe errato in

quel cafo, quando però non averte conofeiu-

to in prima Corradino e il di lui Compagno?I Pellegrini fomigliavano ad etti nella fra-

tura e nell'età. Avevano i loro abiti Zinga-refehi -

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ìefchi. Il Bargello viene avvifato ca una fpià

che i Zingani da catturarfi fono, entrati nel»

la tale Ofteria in compagnia dì due Pellegri-

ni» Mette all'ordine là fnà gente, va nella

medefima 3 lafcia i Rei ì prende gl'Innocen-

ti, e fuppone falfe le loro protese e ad in-

gannarlo dirette,; Non avendo altri indizj ched'Uomo e Donna, di fcatura è d'età, d'abi-

to è' d' adornamenti 3 che : dubbio poteva maiconcepire d* ingannarli ì L'Ofte, capitale ne-

mico de'Birri, come fon tutti , godette dive-

derlo in errore , ed ebbe un dono dà Corra-

divo . Quanto poi alla finzione del feflo di

Celino , la non era nota né a* quel Bargello ,

he a quant' altri avevano coiti miflìpne dell'

àrrèfto. Erano àvvifati d' Uomo e Donna e

non alwòo" Ecco perchè l'inganno durò finché

a Napoli furono gì" Innocenti riconofeiuti

Gran combinazione! e non s'avrà poi ragiondi ripetere che la Fortuna è Un' ingiuftiifimà

Dea protettrice de' Bricconi e de' Sciocchi ?

Non indugiarono i noftri finti Pellegrini apartire per Firenze (e non quanto tempo fu

neceiTario s ritrovare ed alleftìre uh agile Le-

gno à cfoe Cavalli a fine d'arrivare colla mag-giore preftezza. Prefero alloggio ihquejla bel-

la Ciì-rà nell' Ofteria migliore eh' hanno tro-

vato. Tutti ii guardavano 3 tutti parlavan dì

loro. Udirono più d'uno a dire fottoyoce 5

accennando Celino , mi pafe un Uomo. Ochei Fiorentini hanno miglior nafo degli alniitaliani per diltinguere con un folo fiuto s'unofìa Màfchio o ìemmina, o che il Giovinet-to cigfccnd6 in età, e qualche poco alterati

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m a m

do Ja carnagione nel fuo giornaliero cammi*no, e per il calore del Sole, cominciava aperdere quella femminile delicatezza che nel

fuo volto fofteneva sì bene l'inganno. Cormunque foffe la cola quefla novità mortificò

non poco l'uno e l'altro; perocché il capita-

Je più lucrofo della loro furberia era quella

finzione, ed ifcemandofi, o mancando, la fa-

rebbe fiata una gran difgrazia per loro. Pen-fandoci {opra feriamente ricorfero all' arte più

fina per metterci ogni riparo potàbile . Celino

ftudiò meglio il paiTo , il portamento , ed il

gefto. Affettò nella voce una fottigliezza mag-giore. Si teneva il vifo lifcio lifcio come unvelluto. Imparava tutti ì vezzi del feflbdonr

nefco per metterli in ufo con qualche profit-

to. Arrotava le freccie d'Amore nel giro del-

le vivide fue pupille. S'adornava in quel mi-glior modo che permetter poteva Y abito dalui veftito. In fomma aggiungendo alle difpo-

fizioni della Natura, i raffinamenti dell' ar-

te, riufciva sì bene nella fua ingannatrice ap-

parenza che non avrebbe potuto far meglio .

Ma con rutto ciò la menzogna non farebbe

{lata ricevuta da tutti comunemente, in Fi-

renze, fé la Fortuna fempre intefa a felicita-

re le frodi dell'uno e dell'altro non fi fofle

intereflata anche in queir occafione in loro

vantaggio . Un Giovine Zoppettino di nonvolgare effrazione, ma di fenrimenti vili e

plebei , capitò di pafl'aggio in quella Città e

non per altro che per legare amicizia colla

creduta Pellegrina a che 1" innamorò con unguardo, (labili l'alloggio fuo nella mentova-

ta

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ttg 37 $&

ta Ofterià. Coli' anima avvelenata dalla paf-

fìone deT giuoco , e lufluriofo più d'uri Ca-pretto , divideva regolarmente la fua vita tra

Je Bifche e i Bordelli, né dilettava!! d'altri

tibrij che di quello da cinquanradue pagine.Spregiatore delle leggi più (acre ed incapaced'amicizia, di diferezione , d' onore, non lai

perdonava riè agli Amici più cari, né a' più.

ftrettì Parenti ± quando poteva dìfohorare i

lor Letti . Ingordo Sparvier da balconi , anda-va a caccia d'intorno, delle Colombe più can-dide per contaminare in qualche modo la lo-

ro purità verginale. Temerario all' eftremdnell'imprefe fue abbominevoJi , non rifpetta-

va né una gravità matronale né la divozio-ne più vera. Ambiziofo del vanto d'Uomofranco, difinvolto* attivo, cortigiano, ed a-

ftuto, portava i fuoi delitti in trionfo , e ri-

cantava talvolta quello fpiritoCo terzetto del

Satirico che appropriato gli fu colla necef-foria mutazione feguente:

„ Chi cerca gli Atteon pia non s' ini"

„ bofchì,

# )> Vercbé il Zoppo petulco ha la poflan-

» za

i, di dar più Cervi alle Città che à* Bo«i, fchi.

Cantando la vittoria anche dopo le feoafitte

rnedefime Jaceiava la riputazione dille piùcafte Penepoli da lui inutilmente tentate e le

metteva tutte nel numero delle fue nefandeconquifte. E non e* è mai per coftoro un bai-

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Itone vendicatore dell'Innocenza infamata? Ej' fulmini fé la prendono fempre co' Campa-nili, e co' Tempj?

Meraviglia non è fé in una Città dove no-

to non era il di lui carattere fi tenne per ve-

ro che goduto averte 1? grazie della Pellegri-

na fuppofta. Giurava d'averla vinta a forza

di preghi , di promefle , di fudori , e di do-

ni. Proiettava ch'era molto di'ficile il ridur-

re alla refa una Piazza sì forte. Esagerava

la dolcezza ineffabile del totale fuo potfedi-

mento, e diceva pubblicamente mclt'alcreco-

fe che , rarificavano nel loro errore quanti

credevano Celino una Donna , pervadevanoquelli che n'erano dubbiofi , e invogliavano #'

molti e molti a procurarli la fortuna del Zop-po. Coftui veramente aveva tutto tentato per

fare ciò che d'aver fatto vantava. Aveva fpe-

i'o molto per trattare col fuo i Pellegrini, maCe/ino promefle e poi promeiTe , bacj e poi

bacj, e così teneva l'Avventore a Bottegaguadagnando non poco fenza vendergli niente.

Corradino finfe d'avere in fui la Aia Mo-glie fino che fu appretto Roma veftito daZingano. Lo faceva credere fuo Fratello quand'era veftito da Abbatino , come lui , in quella

Città, e fpacciavalo per Sorella in Firenze .

Sapeva il vanto che davafi il Zoppo, e neconofeeva il vantaggio che derivava in lui

dal medefimo. Sprezzatore de' pencoli, e cie-

camente affidato alla fua Fortuna, non teme-

va per la di lui libertà rimanendo in quella

Cittade. Eppure la prudenza voleva eh' egli

uiciiTe col Compagno, a precipizio, dalla Tof-ca-

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<•$ 39 $•>

rana. Era fors' egli ficuro che non $' averte

a feoprire fé non a Napoli l'inganno della

feguita menzione? E fenza quella ficurezza

come poteva non temere ogni momento i Bir-

ri alla fchiena ì Pronto a tutto per difenderli

fino all'ultima goccia di fangue non fi tro-

vava mai fenza un mezzo Arfenale d* armiindotto , ed ammaestrava Celino per incontra-

re feco lui, all'occorrenza, qualunque cimen-

to . Firenze gli piaceva fommamente e vole-

va reftarci. Le cofe fue prendevano una fa-

vorevole difpofizione e lufingavafi di partire

di là con qualche frutto delle fue frodi.

Il Conte A. B. era un Vecchio fefTagena-

rìo, ricco, voluttuofo, e cortefe . Altri nonaveva ch'una Figliuola di tre luftri e mezzo d'

età, bella oltr'ogn' immaginazione, epromef-fa in ifpofa al Marchete E. E. che la amavateneramente. Quantunque le "Dorine cagiona-

ti gli aveffero molti mali graviiTìmi da cui

non feppe mai liberarlo nemmeno lo fteflb

Mercurio , pure le benediva ogni momentocome l'opere più belle della Naturale le di-

vorava co' guardi. Giacché non aveva più

denti da poter mangiare , contentava!! di

qualche leccatura, e flava ancora full' aria

"del Cicisbeo quantunque ìofTc un Olpitale am-bulante che minacciava di rovinare da tutti

i lati . Intefe a parlare della creduta Pelle-

grina con quella fama eh* andava il Zoppofpargendo di lei. Volle ad ogni patto veder-

la , e la gif diede onninamente nel genio. Lemandò de' regali. Invitolla a pranzo col fuo

creduto Fratello. Fu aggradito, la accarezzò,

C 4 « e fen-

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<èfe 40 $*—

.

e fentì qualche calore da Efrate anche rtel più

sigido Inverno. Supponendo che folte Corradi'

no un Cavaliere ben nato decaduto dalla Tua

nativa grandezza per la difgrazia del fuo Sovra-

no, come colui dava a tutti ad intendere, fofte-

nendo mirabilmente un carattere di nobiltà e

di dolcezza, non ebbe riguardo il Vecchio d*

offerirgli urta Stanza nel fuo Palazzo, e di

farlo vìvere colla creduta Sorella a fue fpefe,

finché gli folte piacciuto di reftare in Firenze.

Cofa potevano fperare di meglio que' Furbi ?

Appretto un Perfonaggio dì credito e di grand*

aderenze erano quali in ficuro da ogni perqui-

sitone , efigevano nfpetto , rifparmiavano i

denari, e mettevano l'arti loto a profitto.

Deporti gli Abiti da Pellegrini, e veftiti al-

la maniera Francefe, ma ambidue ia Uomo,fi diedero a' divertimenti tutti che vengonoaccordati da quella Capitale. Supponeva!! che

Celino andaife traveftito per godere una mag-giore libertà quand* erano quelle le naturali

fuefpoglie. Madamigella Enrichetta, figlia dell*

Ofpitc fuo, lo ftruggeva con molti bacj in-

nocenti. Cara lamia Fauftina, dicevagli, (ta<-

le egli fingeva il fuo nome) perchè non fiere

un Uomo da vero anziché da burla? Avete unnon so che chem* incanta. Sento per voi un*

amicizia che mai non ebbi per altre. Celine

ftandole appretto, baciandola, temendoli a lei

tanto caro, ardeva d' amore . Comune avendo

con effa l'Abitazione e la Menfa, arrivò ad

aver comune anche il Letto , e a forprendefe

un' Anima innocente con uno di que* colpi

improvvidi centro cui non ha talvolta riparo

la

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*&4* $*

là più robufta oneftà . Le tenebre della not-

te . . . là nudità naturale .... in braccio

d*un Giovinetto .... povera Enrichetta! 1*1

fiore della giovinezza , famelica dal digiuno ,

fenfibiliflìma a' (limoli della natura, inclinata

all'amore, fopraffarta, tradira, che far potè*

ra? L* anima combattuta da* fenfl faceva in

lei ogìni sforzo d'umana virtù e già ributtan-

do l'Ingannatore cominciava a gridare : foe-

corfo. Ma colui, taci, le d'Afe, o fon morto.Le giurò d'efli-r nobile» d'efler ricco, e libe-

ro. Le diede (aera parola di Matrimonio. Pe-rorò in favore della fua calda paflione, pian-

fe, pregò, minacciolla, troncò le parol* ful-

le di lei labbra. Finalmente tanto dille e fe-

ce tanto, che giunte a vincerla. Piucchè il

verginale pudore, il decoro del ferTo, il timo-re del Padre, i riguardi del Mondo , le leggi

d'onore, la virtù, e l'innocenza, hanno po-tuto donnefea credulità , fleflìbilità di core »

ftupidezza di forprefa , fervor di natura, ecci-

tamento d* Amore . Mifera Enrichetta ! chenotte infaufta fu mai quella per te, fé t'ap-

parecchiò a tanti giorni, a tanti mefi, a tant*

anni, di melanconia, di miferia, di triftei-

za,. di lutto!

CAi

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%£ 4* %*<—

CAPITOLO VI.

Melanconia che funefla la 'vita della tradita En-richetta. Buone intenzioni di Celino. Corre-dino ne impedì/ce gli efetti e l'allontana daFirenze con arte*

COme mai gli Uomini acciecare fi lafcia-

no dalle paflìoni ! Fofle pur perfuafo il

Conte A. B. della nobiltà de* finti Pellegrini.

Credeva Tempre però quanto della fuppofla

Donna andava il Zoppo fpargendo, e non eb-

be riguardo d'accogliere nel fuo Palazzo unaMeretrice ramminga, e d'accordarle una Oret-

ta confidenza' coU'oneftiiTima fua Figliuola ?

Ah foflè almeno flato vero, quant' eì per ve-

ro teneva, che alla fin fine la più infame Don-na del Mondo, non avrebbe potuto difonora-

re la fua Famiglia come lo fece un Giovi-

netto (edotto! Quelli poteva contentare il la-

feivo Vecchio impotente fenza correr rifehio

d'effer feoperto ;perocché aveva l'arte bafle-

ole d'occultargli il feflò, mentre accordava-

gli la libertà delle più allettataci carezze. In

modo tale s'aflkurava nella fua grazia , che

molto premevagli per rimaner? appretto di lui

e dormire colla Tua Figlia. E di fatti (e la

feppe afficurare sì bene, che il vecchio Conte

non fi perfuafe a fcacciarlo di Cala col fuo

Compagno per quanto faceiTero e diceiTero, a

tal fine, gli Amici e i Parenti Cuoi . S' era

divulgata, in Firenze, la nuova della reten-

zione feguita. Si fepps il cambio d'abiti fat-

to

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<•$ 45 $•*

to nell'Orerìa, e lo sbaglio per ciò faccetto ,

Ma Corredino che Capeva convertire in balfa-

ino anche il veleno provava celle notizie me-defime la verità apparente delie Tue prime pro-

tette. E* vero, diceva, fui corretto a finger-

mi un Zingano, da Zingana a veftire pure

mia Sorella, e farla credere mia Moglie, fin-

ciiè fummo in viaggio traveftiti così. Senza

una fuga, fenza mascherarmi , fenza l'arte pia

fina, potev* io forfè fottrarmi alla forza del-

lo fdegnato mio Principe? Iddio sa fé ho me-ritato mai l'ira fua , e fé capace fui di quel

delitto di lefa Maeftà, onde fono imputato «

Ma quale Pianta più robufta ed annofa puòmai cozzarla colla furia degli Aquiloni? Per-

feguitata, fino negli altrui Stati, la mia in-

nocenza, farei al prefente nelle forze della Giu-ftizia fé il Cielo protettore de' Giufti infpìrata

non m' averte l'idea di quel cangiamento acui fon io debitore della libertà, e forfè an-

cor della vita.

Quelle efpreflfioni fatte con tutta l'energìa,

e con queir aria di nobiltà che fofteneva sì

bene , pervadevano molti , ma in particolare il

Conte A.B. ch'aveva prefo un forte impegnodi proteggerlo in qualunque pili malagevole fi-

tuazione. Ma all' incontro il Marchefe E. E.

promeflb Spolb di fua Figliuola lo teneva per

un Impoftore aftutiflimo. Mi meraviglio, di-

ceva al Vecchio , che il Palazzo voftro ferva

d* afilo alle Femmine da piacere e a' Bricconi .

Bella compagnia ch'avrà adeffo Enrichetta I

Vi protetto del miglior fenno eh' io m' abbia,

che fé dentro dimani non allontanate dal fao

fian-

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WS 44$*

fianco coloro io ricurerò la dì lei mano, e s*

intenderà fciolto ogn* impegno. Così avvennedi fatti, e Tonetto Amante fi lacerò il core »

lacerando la fcritturadi nozze, per mantenerel'impegno fuo cavallerefco * e moftrarfi capa-

ce di facrificare l'amore al dovere di Gentil-

uomo onorato . Madamigella Enrichetta desi-

derar non potrva di meglio per fuperare la

primiera difficoltà che temeva rapporto al ma-trimonio fperato di Celino. Non è già ch'El-

la giunta foffe sì préfto a cangiare l'amor fuoper il Marchefe in indifferenza o difamore ;

Pur troppo mefchina! lo amava teneramente a

e fi fentiva in Certo il core fquarciato da' ri-

morfi d'effergli Hata infedele. Ma incapace di

tradirlo e fermamente rifolta di fpofare Celino

o di nafcondere la (uà infamia nell'orrore di

qualche diferta Solitudine , dovev' e/Ter pagadell'annullato contratto. Infeliciflima Giovir

ne! sfortunata bellezza! facrificata innocenza!

Fu della appena nella mattina faccetta a quel-

la notte cotanto odiofa alla fua memoria ,

quando cominciò ad efaminare il fuo Tradite-

re e sé fteffa. Dubitava d'aver fognato. Gon-fufa, mutola, influpidita, ed attonita, fofte-

neva con un profondo filenzio il fiero com-battimento che faceva all' a.nima fua feonfo-

lata il dolorofo fuo pentimento . Finalmente

non potendo più contrattare all'intenfa affli*

rione uno sfogo, fgorgò due fiumi dì lagrime,

e traffe un fofpiro alto cotanto e focofo, che

parve le ftaccafle il core dal petto. Che face-

fti Enrichetta, finghiozzando diceva, e comemai non t'uccide il dolore nel rammentar la

tua

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fcfè 45 %m

tua colpa? Ah Padre! Ah Amante! Ah Cie-

lo! che momenti fono quefli per me ! Tradi-

tore! non ofare di guardarmi nemmeno, che

pur troppo lento il fupplizio della tua vici-

nanza per non aggravarlo maggiormente col

faziare i tuoi guardi nel mio vergognofo rof-

{ore. Ah non fotte mai forto il Sole a recar-

mi un giorri» così funefto! Ah m'inghiottifle

almeno nel Tuo centro la Terra per togliermi

alla luce che odio! Quelle che m'agitano fie-

ramente al di dentro fono forfè degli Abi Hi le

Furie? Quel gelido orrore che tutto il fangue

ricercami è forfè un acuto veleno? Oh Dio \

che malincuore! che affanno! chefpafimo! che

agonia ! Quindi come avviene d' un animaChe dallo flato di virtù e d'innocenza pattan-

do la prima volta a quello di corruzione e di

colpa , tiranneggia ingegnofamente sé fletta

coli* aggrandire il bene perduto ed il male ac-

quiftato, e col riguardare sì l'uno che Y al-

tro da tutti ì fuoi lati; così l'accorata Mada-migella priva trovandoli dell' intatta fua ve-

recondia , del fuo verginale decoro, e del can-

dore della fua purità, e vedendoli all' oppo-

fto ricoperta d'obbrobrio, ledotta, difonorata,

tradita, lafciò in preda il fuo core alla tiran-

nia di molti affetti contrarj, e pareva ch'iflu-

diaffe tutte le maniere d'affliggerfi. Celino fen-

tì allora tutto il pefo del fuo dovere, Sicom-mofe, pianfe, fi ftruffe in una tenerezza amo-rofa. Rinnovò i giuramenti più facri e tre-

mendi per riaflìcurarla ch'egli era nobile, eh*

era libero, e che l'avrebbe fpofata . Le con-

fefsò di non effere ricco com' in prima fi fe-

ce

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<•$ & sm

te credere da Lei. Sfidò tutti i fulmini del

Cielo a piombare Culla fua tefta fé mai fofle

mancato alla fua promeffa di matrimonio. Si

ferenò Énrichetta alcun poco ed eccitollo anon indugiare nel mantenimento della fua pa-rola. Egli le fece vedere che non bifògnavaaver groppa fretta ; ch'era d'uopo continuarecoll'ufata apparenza d'amicizia fcàmbievole e

fidarti interamente dì lui|.

Ciò però non impedì che d'ora in ora, e

di giorno in giorno, a difmifura crefceiTe la

triftezza di Madamigella Énrichetta. Le ver-

miglie rofe delle fu? guaneie ceduto avevanoad un languente pallore che tutta efprimendolà fua melanconia non le toglieva però la bel-

lezza. Incolta.; ritirata, taciturna, nauieara ,

piangente, non trovava più nella vita il me»nomo divertimento i Continuava a dividere

con Celino il fuo Letto ,' non per altro cheper* aver tempo ed agio di fnllecitarlo alla

bramata rifoluzibne.' Egli era veramente per-

fuafo di fpofarlà, ma imbrogliato trovavafì

nello fceglieme il modo. Prete un giorno Cor-

vaàino a quattr'occhi e gli diflfe così. Amicomio mi duole il penfaHo ed il dirvelo, ma'fepararci dobbiamo. Amo Fnrichetta , nonpof-fo tradirla, e troppo la fua mano mi preme.Infognerebbe eh' io aveffi in petto un core del

ferro più duro per eflere capace d' un enormeabbandono . Superai la fua roòufta oneftà aforza di promette e di giuramenti, né man-care le pollo iénz' accelerarle la morte, e ten-

tirmi nel fenò jfe pene tutte d'Inferno. Si cre-

de cfce la Mefchinà accorata Ha dalla perdita

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m 47^

dell'Amante Marchefe, ma il folo timor eh"

io la inganni opprime lo fpirito fuo . Ah fé

udita 1* averte prima che mi fi facefle foggetta ! Ahfé l' averte udita dappoi! Affogata da due tor-,

renti di lagrime , diftrutta dagli ardenti fofpi-

ri 3 lamentava!! in modo da impietofire unaTigre. Corradino mio fonò fianco d' andar rara-

mingo d'intorno, d' ingannare il Mondo , ed' offendere il Cielo . Lafciatemi in pace per

carità. A Voi non manca fpirito , induftria ,

talento, per far fortuna anche fensa di me «

Partite da Firenze» Io mi getterò a piedi del

Conte A. B., gli chiederò perdono, mifericor-

dia, pietà. M'efibirÒ a rertituire l'onore alla,

fua Famiglia, fpoferò fua Figlia, fcriverò amia Madre, darò prove d'un vero ravvedi-

mento farò o . . . caro Corradino nono ì . . . Volev' egli aggiungere qualche cofa

di più allorché il dì lui Compagno prendendoun' aria di gravità magiftrale fono quefte -,

gli ditte, fono quefte le maffime che t' infet-

tai? Sono queftì i frutti della mia fcola? Scioc-

carello ! Cofa pretendi ? Che il Conte voglia

concederti in Ifpofa Enrichetta ?' Egli trovan-doli ingannato nella finzione del tuo feffo 3

trovando da te tradita fua Figlia, ti fa fubito

accorpare fé a lui difeòpri l'arcano. Eh che el-

la non morirà nò, non morirà fé tu l'abban-dóni. Pianto di Donna. Oh! mi viene da ri-

dere. Troverà un alrro Spofo a cui la fapràdare ad intendere. Già in querta materia nonc'è più tanta dilicatezza, e quando piaccia il

vifo, il (angue, o la dote , fi chiude un oc-chic? fui retto. Sei innamorato? Bene: allen-

ta-

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f*& 48 sa*

tanati da Lei, ed ecco la medicina al tuo ma-le. Spofarla? Ah Pazzo, ma Pazzo da catena e

da legno ! Non ti £a orrore il Colo, nome di

Matrimonio ì Prendere una bella Moglie oggiè lo fteflò che moltiplicare le Adultere . Unmefe di fedeltà è il tempo maggiore che s'ac-

cordi al poffeflb efclufivo d' un povero Mari-to . Si fuda per allevare Figi) non Cuoi , fi

viene molìrati a dito come trasformati Atteo-»i , fi ftrafcina a ogni patto una pefante ca-

tena j e poi gelofie , maldicenze , nojs , ran-

cori Eh via non ti far da me più.

fentire a dir tale fpropofiti . Apparecchiati avedere l'Inghilterra , la Francia , e oan' al-

tro Paefe più bello d* Europa . Adelfo vie-

ne il meglio per noi . Fa un poco forza a

te fteflb a e ti promettp che m' avrai a bene-

dire.

Sparfo nell' anima del Giovinetto il vele-

no di quell' empie efpreflìoni, fi (end comearredato e rifpinto mentre follevarfi voleva dal

fango della fua impurità. L* aggiunta di cen-

to e cent' altre coir dette dall'Empio per per-

vaderlo , fé non lo fecero interamente , al-

meno lo difpofero a fcntir meno orrore al

p°n(ìero d* abbandonare Enrichetta. Fomenta-ta in lu', da quell' Iniquo, queft.' inclinazio-

ne n-alvagia, temporeggiare lo fece un mefe

in < rea, fenza che nulla lo lafciaflfc rifolve-

re. In capo a tal tempo invito! Io (eco al paf-

Cegg'p, e dal palleggio al folazzo d'una bar-

chetta a feconda deli' Arno . Imbruniva la

notte, e fcenJrva- o ancora colla corrente del

Fiume . Ma quando torniamo addietro, ripe-

teva

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<•& 49 $*

teva CV//';zo ? Torneremo! torneremo, rifpon-<

deva I' aitro a fior di labbra . 11 Giovinettaingannato troppo tardi s'accorfe della fua fro-de, e nominando Enricherra giurar voleva ditornare al di lei (eno . Ma l'Attuto gli fof-

focava le parole fu* labbri > e gli accodavafurtivamente alla ma>io un Tacco di monetetaci , dicendogli , e ti confola . Cofa face-

fti ,gli chiedeva Celino ? Un bottino , ri-

fpondevagli il Compagno , che ci mette iniflato di viaggiar per le porte . Ho fcopertouno Scrignetto del Conte A. 8. Ho lavoratadi chiavi e d* ordigni tre notti intere chiù-.

fo nella mia Stanza . Son giunto ad aprir-lo , e P ho vuotato e rinchiufo ben bene.Son pieno d* oro . Taci. Allegramente . Co-raggio.

CA-

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<•& 50 -m

CAPITOLO VII.

5' imbarcano a Livorno , per Genova . Comevengono traditi da' Marinari > e abbandonati

fopra uno Scoglio»

LA rettorica di Corradino, l'eloquenza dell?

oro, la lontananza da Firenze, il timo-re del caftigo tornandovi, il (bfpetto dellafua

complicità nel furto del Compagno * che di-

vulgato fuppofe, perfuafero da lì a non mol-to Ce/ino a chetarli. Ma fé faceva forza a fé

fteflb per apparire efternamente tranquillo ,

non poteva impedire però quello ftrazio che

facevano della fua cofci?nza i rimorfi. D' En-richettà gli fuonava il nome all' orecchio ,

l'immagine d'Enrichetta gli flava fempre di-

nanzi, ed era pieno di lei gli occhi, la lin-

gua, l'anima, il core. Tanto più fi faceva

grande la fua afflizione, quanto più ripenfava

alla fofpizione della di lei gravidanza, comu-nicatagli dalla medefima il giorno preceden-

te. L'accortiflìmo Amico fuo tratto tratto fa-

ceva capire, moftran 'o di non volerlo, a co-

loro che vogavano la Barchetta, d' eiTere at-

tero in un Vafcello pronto a farpare al fuo

arrivo. E' vero che que* Barcaiuoli furono ac-

cordati da lui col patto di tacere per quante

dimande fatte gli fofTero al loro ritorno, Op-

pure di dire tutto all'oppofto circa la fine del

viaggio. Ma chi poteva fìdarfene, e non era

egli un colpo da Maeftro quello di dargli a

credere una cofa contraria a ciò eh' aveva di*

vifar*

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<©£• 5* 28*

vifato* e dargliela a credere in modo di fin-

gere di non eflfere iri-efo ? Supporlo che que"

Remiganti, o per CoJdisCare l'altrui curiofitàs

o per evitare Un caftigo, ò per buCcarfi là

mànC i"a , détto avefTero il vero appena rien-

trati in Firenze , aggiungendo che i Fuggiti»vi avevano prefo l'imbarco Copra un Vafcei-lo, che vantaggio non farebbe (lato quello per

loro.1? Sinché fi foffr perduto tempo' a cercar-

li su' Legni tutti marittimi, efTViì farebbero

meflì in (alvo fuori della ToCcana.Giùnti a Livorno furono generofa mente pa-

gati i Barcaiuoli. Corrcntino col Compagno »

fi divife da loro e s'incamminò verfo il Por-to per accreditar la finzione. Incontrandoti in

un Marinajo che patteggiando pipava , )o fer-

mò e diffegli: Amico,ti dà l'animo dì gua-

dagnarti uno Scudo col ritrovarmi una Felu-ca che mi porti à Genova? Denari quanti ce

he vorranno , ma partir Cubito; Cubito? peroc-

ché Ce non giungo a tempo perdo, un* eredità

di Cei mila Genuine. Silenzio; prefìo ì . . ani-

lio; Avete roba con Voi ì gli chieCe il Ma-rinajo, e Mentendo' di nò, bene, Co'ggiunCe a

attendetemi qui, non parlate con altri,' e, la-

rete tolto Cervito. In Catti in meno d'un' orai

nife all'ordine una Feluca a dodici remi col-

le neceflarie provigioni da bocca, e colle poC-

fibili comodità per i due PafTeggieri. La pic-

cola Ciurma era tutta comporta di Marinaridi diverfi Paefi, ma tutti Italiani. C'eranode' Veneti, de' ToCcani, de' Calabreiì, de' Li-

guri . Avevano pfeCo a nolo quel picciolo Na-tigli©

s e quantunque folfero eguali di condii

£> 2 210-

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*& 5* $•>

zione obbedivano ad uno che flava al ti-

mone , e dirigeva il tutto. Era quefti lo fief-

fo che fu trovato a cafo da Corradino nelle

vicinanze del Porto. Prevalendoci deli'occafio-

tie, giacché era fuori d'impiego, corfe a ritro-

vare altri dodici Uomini che (lavano anch' ef-

fi afpetrando incontro di coilocarfi in fervizio.

Li accordò ad un tanto per tefira al giorno. x

e fpefati. Se l' inrefe per il nolo della Feluca

egli foitanro. Mif* nella medefima un Fardel-

lo d'Oppio, e una CaiTetta di Rabarbaro che

non aveva potuto vendere a un conveniente

prezzo in Livorno, per tentarne l'efito a Ge-nova. In fornma ufando bene della fua indù-

Oria fperava di fare un buon guadagno in

brev'fljmo tempo. Era Livornefe, e fi chia-

mava 'Pietruzzo. Egli e tutti gli altri Mari-nari tennero p:r fermo che Celino forfè unaDonna. Lontani dalle loro Moglj, e privi di

denari pr-r non poter tratto tratto trovacenein preflito un' altra, lafciavano iT core fopra

ogm bel vifo donnefco che vedevano , come]o lafcia un affamato fopra una fquifira vi-

vanda. Ognuno auguravafi d* elTcre Corradino

frapponendolo il Drudo della creduta Ragaz-za. A quefla fmanìa lafciva s' aggiunfe unardente dellderio d'aver un poco, di quell* oro

ch'avevano veduto in mano del medefimo ,

fenza eh' ei fé ne foffe accorto . Anime tut-

te difperate, e d'ogni ecceffo capaci, comin-ciarono a perfuaderfi a vicenda, dopo che s'

accorfero che i ParTeggieri dormivano, di get-

tar l'Uomo in mare, onde dividerfi tra loro,

le (uè ricchezze , e rcflare in poffr/To della,

fup-

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tt£ 5* à«

fappofta Femmina. Vktruzzìt eh' era il più

bravo Fifonomifta del Mondo credete forfè s

diffe, piano piano, che la fia quefta un* im-

prefa di facile riufcita £ Non avete veduto

che ceffo ha colui? E" pieno d' armi da ta-

glio e da foco; s'è chiufo l»ne nel loco ove

dorme ; e come dunque affogarlo? Se lì pro-

viamo colla forza io ci ("commetterei qualche

cofa di bello, che ci ammazza tutti da' pri-

mo all'ultimo. E poi chi può mai fapere chi

fono? Io non vorrei mettermi fui la via della

Forca , né aver l'onore d'averla a voi pure

moftrata. Qui bifogna penfarci ma feriamen-

te. Oh coloro fono due Ladri ^ prefe a dire

un Veneziano. Una Dorina in abito virile «

L'una e l'altro in viaggiò maritimoi inquell1

arnefe medefimo con cui fi va al palleggio .

Pieni di denari. Quefta fuga precipitata, che

fi vuol far credere frettolofa partenza » Ladri

fenz" altro, Ladri * Bravo gli difle un Geno-vefe, quello fi chiama un fa per dedurre. La-dri, Bricconi, dite bene, e bifogna fare ciò

che fi propofe. Se la forza non vale varrà

l'inganno e domani m' impegno di gettarlo

in mare fenza ch'altri m'ajuti. Lo farò veni-

re in cima alla prora, gli darò un mio Can-nocchiale per fargli feoprife delle lontananze i

e quando lo Vedrò curvato , e tutto intefò

allo feoprimento, gli caccierò una fpinta alla

fchiena, e getterollo in mar capovolto . Ori

Afino, diffegli un Calabrefe , fi vede bene ch^

hai il cervello nelle calcagna quando difeorri

cosi ! L' oro fuo non lo tiene fors' egli tutto

Delle faccoccle-? E le è così, come potrefti

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<•$ 54 %m

precipitarlo fenza donare al mare tanta ric-

chezza, e toglierla a Noir* Senti cola io pen-

fo ed impara. Non abbiamo noi in Feluca unFardello d' Oppio f Bifogna polverizzarne unpoco, e cacciarlo in uno di que' Fiafchetti di

vino che desinati fono per i noftri PafTeggie-

rr. Eflì già fono bravi bevitori, com' abbia-

mo veduto poco fa, nella cena. Dimani a

pranzo fi fa il fervizio. II primo puro , il

fecondo coli" Oppio . Tofto che l'Uomo fa-

rà profondato nel fonno fubito fuori armi e

denari , e pofcia darlo a' pefci in regalo.

Tutti fecero applaudo al Calabrefe furbiflì-

mo, e non indugiarono a levar dal Fardello

quella quantità d' Oppio che fu giudicata ba-

tte voie, ed a ridurla in minutiflima polvere .

Ciò fatto la pofero dentro lo fcelto Fiafchet-

to, che mìfctfo da parte con un fegno diftin-

fivo , dop' averlo ben bene agitato, onde il

vino s" impregnarle delle tenuiflìme particelle

dell'Oppio. Sebbene alcuni, d' animo menocrudele degli altri , cambiati fi follerò in prò

de* traditi Pafleggieri , quand' erano vicini al

gran momento di prefentargli la bevanda fon-

nifera , pure fu maggiore il partito contrario

e feguì T inganno . L' uno e 1* altro bevette

la fua giufta parte, e quali in un tempo me-defimo fopiti furono in una mortale obbli-

vione. Per provare anche in quella disgrazia

la Fortuna propizia di Corradino, ecco unacombinazione ammirevole . Avev* egli in ta-

fca un Taccuino in cui , o colla penna , o

coli' amatita , o camminando , o fedendo ,

componeva di yil.'a in Villa, e di Cittade in

Citta-

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*& 55 sa*

Cittade, il Tuo Itinerario. Non eccetruaranelmedefimo i Tuoi più gravi deiitti , iìcchè ba-

llava leggere in quel Taccuino per fapere tut-

to quello eh' aveva fatto dal giorno in cui

partì dal Tuo Bofco natio a quello in cui ar-

rivò a Livorno. Non fi sa s'averte intenzio-

ne d' apparecchiarli materia a ferivere la fua

vita, o fé godefle di leggere da sé in quantemaniere aveva ingannato il Mondo . E' be-

ne da ftupire che un Giovine tanto accorto

coni* era non averte riguardo a tutti que' fa-

tali accidenti , che gli potevano derivare daquelle notizie, ma è da ftupire maggiormen-te , che a queir imprudente contegno eflère

eì doverle un giorno obbligato nulla menoche della vita. Cavate dal fuo Veftito quant*

armi aveva , levati dal medefimo tutti i de-

nari , fi volle aprire quel Taccuino fperando

che dentro ci forte qualche cambiale . Vie-

truzzo era il folo che fapeffe leggere . Nontrovò quanto bramava , ma dall' argomentodella prima pagina s' accorfe cofa conterrebbe

quello fcritto, e impaziente fi mife a legger-

lo . Intanto chi guidava al timone la Felu-

ca, chi vogava, e chi ftava feparando le mo-nete d'oro da quelle d'argento, e chi le no-

verava , e chi le divorava col guardo . Maquel Calabrefe eh' aveva dato il fuggerimen-to dell' Oppio prevalendoli dell' altrui atten-

zione alla lettura e a' denari, (ì prefe Celino

fulle braccia, e trafportatolo in un angolo del-

la Feluca fi credette di cogliere il primo le

fofpirate frutta d'Amore, e s'apparecchiò acorbellare gli altri dappoi . Lalcio peniare a

D 4 chi

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w 5* $m

chi legge quale ei reftò eonofcendo l'ingannofuo e quello di rutti gli altri . Non lapete ,

prete a dire , non Capete Compagni miei ?

INon è una Donna colui . Lo so , Tietruzzorifpofegli;; perocché in quefio punto lo trovaifcritto qui . Intanto eh' ei terminava la let-

tera fu data la baja al Calabrcfe. Così la Bi-rcia beccò il Ciarlatano . Tanto idegno pr fé

colui, che voleva gettare m mare l'a^dormen-rato Giovinetto. Ma la fua bellezza movevagli altri a difenderlo e maggiore fi tece l'im-pegno di aò quando tutti intiero per boccaeli Tietruzzo la nob Ita de' tuoi natali , e la

fua ledotta innocenza. Fatta comune ad ognu-no la Storia di Corradmo

, per le memorie delTaccuino da Tietruzzo ddcritte, fi gridò chetorto forte precipitato in mare, e che il tuoCompagno fi mctteiTe fu qualche fpiaggia pri-

ma che fotte fvegliato.

11 Veneziano non fa* bbe meglio, difle , dì

metterli in terra ambduef" Già, attefo quan-to tappiamo , non faranno sì finocchi di tor-

nare a Livorno per farfi impiccare. Ecco: già

fìamo vicini allo picciolo Scoglio di . . . Ivi

non e' è vivente alcuno. Se ci refia l'oro ,

perchè dargli la morte<? Fu approvato il con-iglio. Per bizzarro fuggenmento del Calab efe ,

uno fu lìefo alPOrienrale eftremità dello Sco-

glietto dierro un tartufo burrone, e l'altro all'

eftremità Occidentale t'opra un piano epualiilì-

mo. Tietruzzo coli' amatirà che trovò nel

Taccuino , IcrilTe fopra un pezzo di carra

,

che pofe poi in tafea a Corradina quefte pa-

role :

Uh

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<•& 57 $*

Ladro, Seduttore, Briccone, il tuo ItineJ

rario ? prefentato in Giudizio a Livor-

no . Torna in Tofcana , che il Bojat' ajpetta .

CAPITOLO VI IL

Sono defiati dalle procelle. Scena bizzarra del

loro incontro . Colpo di prò/pera forte per cui

trovano imbarco, e fuggono con un Teforo.

ALlargati i Marinari dallo Scogltetto rivol-

lero la p-ora a Livorno e cogliendo il

favore del vento fecero vela. Allora leguì la

divisone de* denari , e fi crede che almeno al-

meno fia toccato in parte bó ognuno un cen-

tinaio di Zecchini, oltr" qualche Comma eh*

in particolare fu accordata a Vttruzzo. Stet-

tero allegramente, fecero de' brinjifi alla fa-

Iute de' Giovani addormentati, e ridevano al

penfare la leena b zzarra che fatto avrebbero

allo fvegliarfì. Già non temevan elfi che colà

perire por fiero ; imnerocché non erano che unfolo migl'O dalla Terraferma lontani, e fic-

come quello Scoglio era più della metà cir-

condato <ìa faflfofi burroni, che formavano unafpezie di Valle femnata e fruttifera , cosìipef-

fe volte alla tetti mana ivi Colevano approda-

re gli Ortolani che ne godevano il poflffo *

Si diedero coloro (aera parola di non palefare

mai in qual fi fofie tempo, luogo, occafio-

ne,

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<•$ 5S %*

ne, né a qual fi fofle Perfona, quant' aveva-no fatto.

Ritornati a Livorno di nottetempo andaro-no tutti alle loro Colite Abitazioni. Tìetruzzorefe la Feluca a chi n'era Padrona , e fece

trafportare di nuovo i due Fagotti di Mercan-zia nel Magazzino della fu a Cafetta. In di

lui potere erano rimafte tutte l'armi rubate ,

il Taccuino, e qualche galanteria che fu tro-

vata in faccoccia a Celino. In quella Città

nulla (apevafi ne di lui né del luo Compa-gno. Il Conte A. B. apriva molto di radoquel fuo vuotato Scrìgnetto. Anche dopo la

fua mancanza da Firenze fupponeva che fofle

Corradino un Gentiluomo d'onore perfeguita-

to dalla Fortuna. Come dunque immaginarlieh' averte' l'abilità di contraffare le chiavi e

l'ingegno acutiflìmo di fore, per dono di na-

tura, ciò che tanti e tanti a far non arriva-

no nemmeno invecchiando nrll' arti ? Purequella partenza improvvilae fenz' altrui Capu-

ta, doveva metterlo in qualche fofpetto , maera un Uomo sì buono, in certe cofe , che

non ballavano tutti gl'indizi potàbili per far-

lo penfar male. S'afpetta forfè chi legge cheMadamigella Enncherta palefando ad effo co-

me fu da Celino tradita tragga la mafehera

dal volro a coloro e feopra il motivo della

loro fuga. Ma ciò non avvenne. Quell'Inno-cente barbaramente tradita morir voleva piut-

tofto che pubblicare le fue vergogne e fé di

giorno in giorno non folTe eliciuto in cita

il timore d'eflere incinta fi farebbe determina-

la a vivere infeparabile dal fuo Genitore co-

pren-

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prendo forto un' apparente tranqnillità la fuaperpetua afflizione. Ma oh Dio ! non poter

nemmeno quefto , era troppo crudele il detti-

no fuo. Sofpirava, piangeva, fi lacerava la

chioma , querelava!! in modo da impietofire

fino le cofe infenfate , quando da sé a sé ri-

trovavafi. Defiderava la morte, ma non ave-va core di darfelaj offendeva il Cielo nel ca-

lore de* fuoi trafporti , ma fé ne pentiva benpretto; vaneggiava, farneticava, impazziva ,

ed era Ja fua, una vita di dannazione. Ali*

altrui prefenza teneva fepolte in feno le fma-nie. Si credeva che quella folita melanconia ,

da cui dominata vedevafi, derivale , comeho già detto, dalla perdita dell' Amante . Sì

fperava di rimettere in vigore il primiero con-tratto e ridarle la pace, giacché mancava al-

lora il motivo che lo fece fciogliere. Cofamaidiceva nel fuo core, la mefchina, mentre ten-tavafi di rallegrarla con tale fperanza ?

Lafciamola intanto nell' abiflb delle fue pe-ne, e torniamo allo Scoglio. Tanto fu cari-

cato d' Oppio quel Fiafchetto di vino che i

noftri Zingani trappolati, fu* duri faflì, efpofti

all'intemperie dell'aria, e al calor del Sole ,

in una politura delle meno comode, e tra il

fragore dell' onde rotte e rifpinte dallo Sco-glio, fletterò profondamente fopiti in un fon-no interrotto, rutto il retto della giornata, tut-ta la notte feguente, e una gran parte dellamattina. Né forfè fi farebbero dettati nemme-no dopo un tal tempo, o dettati non fi fa-rebbero attenne , fé un orrido temporale nonfi avelie affogati con un diluvio di pioggia

,

é^fla-

'•W

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<•% 60 $*>

e flagellati pofcia fotto una grandine fpefla e

non poco grolla. Lo ftrcpiro dei mare inbur-rafca, lo fcoppio delle faette, il ronzare della

tempefta, come mai non avevano a i vegliar-

li, fé non erano morti? Aprono appena gli

occhj languidamente, ed ecco il baleno d'uàlampo che glieli fa torto richiudere . Voglio-

no alzarli da terra, ma lo ftrifciare d'un Ful-

mine minaccia la loro tefta , e li fa ricadere

tremanti. Grondanti di pioggia, battuti dalla

grandine, abbronzati dal Sole , offefi dall' u-mid' aria notturna, intronati dall'Oppio, nonfapevano decidere fé fbflfero detti o fognanti ,

vivi o morti, in Barca o in Terra. Corradi"

no fi fliopicciò gli occhj ben bene, s'alzò apoco a poco, fi guardò d'intorno, fi trovò

vuote le tafihe, e non efitò che poch'iftantì

prima d' accorgerà" eh' era tradito . Non ve-

dendoli al fianco Ce/ino, fuppole fermamenteeh' egli pure avelTe tenuto mano al tradimen-

to per ritornare dall' Amante, e reltituire a

fuo Padre l'oro rubato. M" hanno affannato,-

diceva, con qualche maledetta bevanda ; m*hanno fvaligiato, m' hanno porto qui . . . .

Cos* è quella carta che mi trovo in faccoc-

eia? Ladro! Sedutore ! Briccone ! Il tuo Itine-

rario e prefentato in Giudizio a Livorno! Tor-

na in Tofcana , che il Bo)at' afpetta! Chi fcrif-

fe qui? Sarà ftato Celino. Ah l'aveflG almenonelle mani che vorrei, anche ferz'armi, trar-

rli il core dal petto. E que' Marinari-i Ahfi foffero almeno affogati, come k> fpero. Magiuro al Cielo, che le erti fono in vita voglio-

trucidagli tutti. Viaggerò tanto, e tanto cer«.

che-

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«g *ì sa*

cherò di loro eh' almeno qualcuno mi capi-

terà alle mani, e quello (offrirà l'eftremofup-

pl zio anche per gli altri. L'Anima feroce non

fi ipaventava per efler folo, come credeva ,

fopra uno Scoglio. Non per ignorare quanto

lontana forte la fpiaggìa, o per non fapere

fé colà approdale mai qualche Barca. Nonper trovarfi fenz'un denaro, fenza un* arma ,

lenza foccorfo. Lo fpirito foltanto della Ven-

detta gli empieva il core e la lingua. Si mor-

deva le mani, fi faceva in vifo ditoco, sbuf-

fava come un Ronzino, beftemmiava , fre-

meva . A fine di fare qualche feoperta s* in-

camminò all' eftrema parte dello Scogjiet-

to oppofta a quella dov' aveva dormito ,'

mafticando il nome di Celino giacché al-

tro sfogo non poteva dare al fuo fdegno .

V infelice Giovinetto s'incamminava anch'

egli verfo di lui. Piangeva, fofpirava , era di-

fperato. Si credeva vivo per miracolo . Tene-va per fermo che la Feluca eflendofì rovefeia-

ta, i Marinari affogati fi foffero col fuo Com-pagno . Povero Corradino , diceva , allorché

(puntando da un angolare burrone fé lo vide

in faccia . E ra tanta la fua ùde che il Cie-

lo avcfTe fatto un miracolo per fai vario, at-

tribuendone il merito all' orazioni di fua Ma-dre; tanto fodo il penfiero che l'Amico fuo

fofle morto; tanro alterata la fua fantafia da-

gli effetti dell' Oppio, dallo ftordimento, dal-

la paura, che prefe Corradino per 1* Animaerrante del medefimo, e volgendogli le fpal-

le fi mife a fuggire da lui gridando dallo {pa-

vento. Corradino reftò di faflò . Non iftette,

mol-

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<0& 62 $*

molto a capire eh' anch' efìfo rimafe da' Ma-rinari tradito , ma non intendeva poi per-chè correrle Iùnge da lui ; Diavolo ! diceva ,

è quefta forfè 1* Ifola incantata dì Circe ?Può darfi che ,• fenz' accorgermi , io mi fia

trasformalo in Un Mofr.ro ? In ciò dire fi ta-

steggiava ridendo di se medefimo . Tornò poiad avvicinarli à Celine pregandolo che volef-fe fermarli i Ma egli timorofo ; come prima 3

gli fi allonranò e poi fermatoli iti qualchediftanza gli chiefe:

'fei corpo od anima ? Cor-

po ed anima,- Corradtno rifpofe,' come fri tu.Che richieda mi fai/ Sei impazzito ì Ferma-,ti» Siamo traditi.' Leggi quefta carta.

Difingahnato il Giovinetto mefehino 1' at-

tere,* lerfe, poi l'abbracciò, e della fua illu-

sone ebbe vergogna ; Cominciarono a dedur-

re 1* una dall'altra cofa. Si comunicarono i

loro fogni i la dolcezza con cui furono prefi

dal Conno , e i modi con i quali riacquifta-

rono a poco a poco V ufo de' lenii . Poggia-rono , foftenendoPi fcambie voi mente , fopra

uno di que' burroni che chiudevano 1* ingrvf-

fò alla verdeggiante Valletta .' Scefero nella

medefima per una poftecia fcala di fallì , enon dubitarono a.lora che a qurllo Scoglioarrivare doverti* chi ne coltivava la maggiorparte . Trovarono colà al baffo, de' femina-ti s delle Piante, e de' frutti. Videro in unangolo della Vallicella ui\ picciolo antro a cuis' accollarono per curioiìtà. Lo trovarono an-gufto e quafi pieno di flatulenti infervientì

alla coltura di quella t'erra . Ivi s' affi fero

».ì coperto, come meglio hanno potuto . Sìfpo-

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<•£**$•>

fpogliarono e giacché il Sole fplendeva nel

fuo meriggio , dopo un temporale sì nero s

come nell* Eftate fuccede , cominciarono ad

afciugare col fuo calore i loro Vediti , aven*

doli già in prima fpremuti quanto più era

potàbile . A una cofa alla Volta fecero tutto

e quantunque i Cappelli s i Calzoni , e qualr

che altra roba j foriero ancora inumiditi in

più parti, potevano contentarli di quant* ave-

vano operato per riftorarfi alcun poco. Pad-

reggiando nell'amena Valletta coglievano tut-

te le frutta mature che ritrovavano e s' ar-

rampicavano fulle Piante quando non arriva-

va la mano . Intanto, fenza che fé ne fode-

ro accorti, era giunto l'Ortolano, con unaltr' Uomo s allo Scoglio. Aveva lafciato il

Battello legato, in parte dove e' era più bo-

naccia di mare. Veniva in fretta all' angolodove innalzatali la fcala pofticcia, onde feen-

dere nella Vallicela, e pofeia entrare nell' An-tro per prendere un Carrettino, e trafportarlo

appreflò il Battello. La Fortuna che rìfarcit

volea Corredino del danno che gli avea fat-

te, abbandonandolo ali' arte de* fuoì Tradi-tori, gl'infpirò il penfiero di celarli col Com-pagno tra* quattro Alberi ramofi, eh' eflendo

uniti e circondati da molte Pianticelle fogliu-

te eh' ingombravano le parti inferiori de'me-defìmi, venivano a formare un luoghettó anafeonderlì opportuniflìmo . Calati al baffo ,

coloto , fi fermarono pochi palli lontani daeffi . L* Ortolano additando all' altro un certo

fito , qui, dille, bifogna fare la buca più pro-fonda che fi può. A forza di fallì allargare-

ino

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<•£ *4 $6

mo quella Scala e la ridurremo più piana e

ftabile , perchè pofla il Carrettino pattare .

Animo andiamo che non ho quiete, fé nonho prima riforterrato il Teforo. Ciò dicendo

entrò nelP Antro col Compagno . Corradìno

ufcì tofto dal folto con Celino a mano, e ful-

le punte de' piedi , tenendo il reipro, forti

«lalla Valletta. Giunto al Battello trovò in ef-

io una Cafletta ferrata. Lo fci lfa, montò in

poppa, fece vogare a prora Celino» e fi fcoft&

dallo Scoglio.

CA-

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V% 61 %*

CAPITOLO IX.

aprono la Caffetta . Scrittura trovata [opra,

l' oro . Si fan rìmurcbiare da una BarcaTefcbereccia . Giungono a S. Remo.

NON erano allontanati che un breve trat-

to di mare dallo Scoglietro allorché

rifalitp l' Ortolano Copra le Collinette faflbfe *

ftralcinando il Carrettino col fuo Compagno,s'avvide del grand* inganno. Credette dappri-

ma di travedere o fognare. Pochi furono i

momenti di forprefa e filenzio che lo tenne-ro in una totale inazione . Scolio da un im-peto di difperato furore fi mite ad urlare co-me uno Spiritato. Ferma , torna indietro »

gridava . Lanciava de* faffi eh' inutilmentepiombavano in mare. Minacciava, pregava,lcangiurava , prometteva, ed invocava T af-

ilftenza del Cielo . Ma tutto era vano. Cor-radino apprefa aveva fino dalli anni più te-

neri l'arte di remigale , e tutta ufandola 9

colla maggiore fua forza, fi trovò in poco ^tempo lontano a fegno di non più difeerne- ^re nemmeno i traditi Ortolani, (opra lo Sgo- \glio rimafti . Egli rideva di loro e vedi tu ,

diceva al Compagno, vedi tu come vannole cofe del Mondo? Un giorno corre il cane,e l'altro la lepre. Jeri la fu fatta a noi, og-gi noi la facciamo agli altri . Oh farina del

Diavolo va tutta in femola! Che vadi purema inranto fi mangia. Sta allegro , feordatì

d'Enrichctu ...... Celino, continuando a.

£ vo-

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*

*% 66 %&

Vogare come meglio fapeva , ah Amico, glirifpofe interrompendolo, tu mi chiedi un im-poni bile. Ertrichetta farà Tempre, per eternamia pena, l'oggetto de* miei penfieri. Il fuonome mi s'è (colpito nel core a lettere inde-lebili. Ciò detto tratte un fofpiro e gli fcorfefui volto qualche lagrimetta d'amore. Da lì

a poco, foggiunfe, dimmi Corradind, dov'an-diamo? Chi sì mai fé in quefta ferrata Cai-fetta ci fia un Teforo difotterrato , o le ric-

chezze di qualch* Avaro tradito.* Chi sa chefenz' accorgerfene non andiamo in braccio dìchi cerca queft' oro.* Eh taci, rifpofe l' Attu-to» eh' io non ho d' uopo di te per regolar»mi faggiamente. Credi tu eh' io non mi fia

accorto tofto che venni in Battello, che il

Lucchetto di quefta Cafletta fi può fiaccare

con poca fatica ed aprirla ? Vedi tu come la

ruggine ha rofo l'Anello che lo foftiene? Ba-tta uno sforzo per ifpezzarlo. Ho voluto tar-

dare fino adeflb a fine d'eflere non poco dal-

lo Scoglio lontano, ma guarda come fi fa

per procurarli ogni pofìibile cognizione primadi ftabiliré la meta del noftro viaggio pre-

fente

.

Ciò detto fcefe di poppa e trovando moltoopportuno al bifogno fuo una fpezie ài cate-

naccio , non so a qual' ufo dall' Ortolanoferbato, fé ne valfe dello tterTo per aprire la

ferrata Cafletta . Cacciatolo fino alla metànell' anello e fermandone la punta fopra unchiodo della Cafletta fi mife ad alzarlo fpel

manico con tutta la forza eh' aveva . Aquella violenza cefle 1' Anello rugginofo ed

ifpe*

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<è£ (>i %*

ifpezzandofi indjue parti cadde col Lucchet-

to. La fcofìfa fu sì veemènte, che il Battello

ebbe à rovefciarfi . Grati combinazióne di co-

fe fé ciò fofle accaduto! Ma là Fortuna nonabbandonava colui nemmeno nelle fue ini"

prefe più enormi , e gli fece trovare in quel»

là CafTettà una carta che fu per lui ùhà bùf-

fola éfattà e una flelià fedele onde guidarlo

In ficuro. Stava ririchiufa la medefima iri

Una grotta pergamena piegata e ripiegata a

pia doppi • Conteneva una nota numerale

di tutte le monete chiufe ÌU déntro é del lo-

ro valore. Secóndo quella memoria il Tefo-

ró afeéndeva alla fommà dì trenta mila Zec-chini iti circa. Moftravà là data eh* era flato

cola ferrato dà uri fécólo addietro, é caccia-

to fòtterrà in un Orto di ragione del Conte

Z . . . . i i appartenente ad. ufi fuó Palazzo

di delizia fiutato in eguale diflànzà da Luc-ca e dal mare. Si Conofcévà quale fòfle fia-

tò il Caràttere dì quél ricco Avaro dalle fe-

guentì parole che terminavano là fcrittura.

a, Giacche dunque meco non porfo all' al-

3, tro Mondo recare quefìo Tefofo, che rnt

„ coflà Ménti, fùdori, vigilie, e fang'ùe , là

„ nàfcohdó in feno della Terrà acciocché al-

„ iti non goda ciò che più godere io noni

„ ftoffo. Oh tu' che leggi dùnque l'hai rirro-

„ vàto? Se è vero che fi fàppià ne' Regni

5, della morte ciò che fuccede tra i vivi , e

j, che gli Eftintì fiano effi pure, alle paflìoìù

„ foggettì , fàppì che mi duole della tua

i, fortuna. ,,

Corradino fi mife a ridere e rileggendo

È -x quel-

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fc& ts &*

quelle poche linee ne faceva tratto tratto

bizzarramente il comento. Oh Conte Afino 3

diceva, oh maledetto Mìfantropo! Mi rincre-

fce che non parta mai un Corriere per il

Paefe de' Dannati ,per non poterti avvifare

con due righe quand' io fcialacqnerò le ric-

chezze da te latriate , e ti corbellerò beven-

do alla tua falute. Ma quello fcritto mi gio-

va molto. Alla larga, alla larga dalle fpiag-

gie della Tofcana. Capperi! andavo in rete

Fenz' accorgermene . E* vero che può darfi

bèni (fimo che l'Ortolano e il fuo Compa-gno ivi non abbiano lafciato indizio della

foro (coperta , ma fé ritornano , fe^ ci trova-

no, ftiamo frefchi come i cocomeri in ghiac-

cio. Pretto prefto volgiamo altrove la prora

fé nò, per quanto credo, andiamo' a* lidi di

Lucca o di Pifa . Tornato in poppa colui

prefe un cammino diverfo, e quafi radendo

]a fpiaggia fi mife a vogare verfo Tramon-tana , fapendo che mantenendoli ih quella

linea retta che fegnava coli' occhio doveva

giungere al litorale dì Genova . Saltava Cul-

la poppa dall' ecceflìva allegrezza, cantava ,

fifchiava , e faceva tutto quello che può fare

di più un ebbro di gioja. Quanti penfieri !

quanti trafporti di vanità! quanti fumi alla

tetta! Viaggj, fpettacoli, fervi a livrea, Car-

rozze dorate, mancie, giuochi , amori, ban-

chetti, convenzioni , e quant' altro può im-

maginarfi un Prodigo difloluto, pattavano raf-

fegna nella fua fantafia e l'allettavano. Ce-

lino non era ìnfenfibile allo ftrepitofo pafTag-

sjo da un* eftrema miferia ad una ricchezza

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«fe &9 $*

sì grande. Ma temeva una burrafca. Si vol-

geva Tempre indietro per timore d' efTer fe-

guito. Si rammaricava immaginandoli tutti

i pericoli potàbili a cui andava incontro .

Diceva che il volo era tropp' alto per teme-re un orribile precipizio. Rammentava la Tua

tradita Enrichecta, ed era molto ingegnofo

per .tormentarli.

Gon tale differenza di flato d' animo va-gavano que' fortunati Colpevoli fenza ri po-

lare un momento. Videro in lontananza bian-

cheggiare le vele d'una Pefchereccia Barchet-

ta che, prendendo in fianco un venticello daPonente, che lievemente fpirava, approflima-

vafi a loro. Stanchi dalla fatica , languidi

dal digiuno , e non ancora col capo libero

dal fopofe dell' Oppio, non vedevano 1* ora

di riftorarfi col ripofo. e col cibo* Torto eh?

furono a porrata d* effere intefi, gridarono a"

Pefcatori che cataffero le, vele . ÉA» c*°

fecero lenza veruna difficoltà, e (ì lafciaro-

no abbordare dal Battello » Corradino intrec-

ciò là fu due piedi una Favoletta galante

per perfuadere quella povera gente d' edere

I' avanzo d' uri naufragio non meno dtì fuo

Compagno . Le die ad intendere d* averein quella Caffetta delle pelanti lamine d*

un metallo inferviente a mplt' ufi , ed an-co de* denari . Se volete , difle al Capo de'

Pefcatori, rimurchiarne fino alle cortiere del-

la Liguria, farete pagato bene . Accettò il

partito quel pover Uomo fperando di fare

buona giornata . Il vento era propizio egual-

mente anche per tornare addietro . Andò la

E $ Bar

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m io •$*

Barca a remi e a vele tirando (eco il Bat-

tello attaccato per una corda alla poppa »

Celino fi fece letto d' alcune ftuoje che cala-

te al baffo gli furono da' Pefcatori , e coper-

to d' un Cappotto predatogli da uno $U lo-

ro s' abbandonò aj ripofo ed al fonno . Valtro affifo appreffo la Caffetta (opra un Fa-

gotto di cencj e ravvolto anch' effo in ufi

Cappottino mangiava e beveva quel pocoche potevano dargli quelP infaticabili Crea-

ture. Sempre cogli occhj in tefta , e in Ten-

tinola avanzata tendeva 1' orecchio , men-tre fingeva pur di dormire , e non avendo

altre armi confidava nel catenaccio con cui

promettevafi di fare una flrage , fé mai

ne foffe nato il bifogno . Ma quelle Perfo-

ne innocenti non davano a' fuoi fofpetti la

menoma fuflìftenza . Allo (puntare dell'Al-

ba furono in Porto a S. Remo . Ancora il

fonno teneva le cofe in filenzio. Il fito dov*

approdarono era difcofto dall' abitato . Aforza di braccia e d' induftria recata fu la

Caffetta in una picciola Ofteria . Ivi fure-

tto ricompenfati i Pefcatori da Corredino ,

con un dono di trenta Zecchini . Rimafero

confolati e {ubito fùbito fi rimi fero in mare

per tornare a Torto Venere , e dividere l'al-

legrezza colle loro Mogi) . L' Ofte eh' ave-

vano fvegliato, per far avere ricetto a' cre-

duti avanzi delle procelle , era attonito e

non fapeva che fare per dare interamente nel

genio a* due Foreftieri . In primo loco fu

comandato da loro che tacere ei doveffe in-

torno quant' avevano feco recato . Gli fu or-

drna-

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*£ 7i '£*

dinato poi di comperare per efii , due ricur-

ve fpadette da viaggio e quattro piftole da

iacooccia col bifognevole da caricarle . Oltre

ciò due paja di Stivali, due Gabbani, emolt*

altre coferelle di cui avevano bifogno . Gli

commifero che prepararle un buon pranzo ab-

bondante di quanto trovavafi in quelle Parti

di più fquifito . Gli contarono molti dena-

ri per le fpefe ordinate , e 1' avvifarono che

al mezzogiorno volevano tutto pronto . L*

Ofle afficurotli che non potevauo capitare in

miglior mano per effere ferviti con fedel-

tà e fecretezza . In fatti 1* opere fue corri-

fpofero alle parole , effetto della loro forte

propizia. Sinché quel buon Uomo efeguì le

fue commiflìoni , effi chiufi in un Stanzino

nel primo piano dell'Oreria dormirono tran-

quillamente . Avevano la Caffetta alle fpoa-

de del Letto, e de' Schioppi dell' Ofte, ca-

ricati di palla , vicini al Capezzale. Furonodettati allorché tutto era all' ordine ^ Man-giarono a crepa pancia , bevettero fenza ve-

runa mifura , e penfarono cento cofe circa

i modi della partenza e il carattere da fo-

ftenerfi in apprettò . Fingiamoci , diffe Cor-

ranno di qualche gran Famiglia . Nò , l'al-

tro rifpofegli , perch* avendo molt* oro fa-

remmo am merli agevolmente alle più Iplen-

dide Converfazìoni , Quelle fono le pietre

del cimento , dove fi diftingue 1' oro vero

dal falfo . Corradìno 1* interruppe dicendogli »

so che dire mi vuoi, ma fenti quanto poco

ci vuole a parere Perfone nobili.

La lezione datagli farà il principio del

E 4 Ca-

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<•$ n $fi>

Capìtolo Decimo, e farà conofcere come ma-le penfava queir Empio intorno i Grandi delSecolo

.

CAPITOLO X.

infiruzìoni date da Corradino al Compagnofuo che moflrano vieppiù la finezza della fuamalizia »

CI vuol poi tanto , Celino mìo , ci vuolpoi tanto, ei dicevagli, a foftenere un

carattere non fuo , quando gli efempj chetutto dì ci fi prefentano fono un' inftruzione

infallibile per ben imitare la natura coli' ar-

te? E , in quanto a Te, che per la gracili-

tà, per la candidezza della carnagione, perJa dolcezza delle maniere, e per quel non soche di dilicato e foave , che feconda sì benel'inganno comune del tuo feffo, hai tutte li

naturali difpofìzioni per farti credere una vez-zofa Damina , cos' altro ti manca fuorchéveftirne le fpoglie? Difogna adattarli alle leg-

gi della gran moda, a colio di cangiare ognigiorno . Tempo già fu che cerchiate le Da-me come le Botti, parevano tante Didoni in

ifcena , e nel giro vaftiflìmo del loro Padi-glione ambulante foftenevano una merceriadi ricchiffimo drappo , ec^ ingombravano nel

loro paffaggio le vie più larghe eziandio .

Abolita queir incomoda ufanza ferpeggia adef-

fo

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<§£- T> $*

fo di dietro quanto loro ftava innanzi ed

a* lati , ed è più quello che ftrafeinano e fer-

ve a feopare la Cafa e la ftrada, di quello

che bafta a lor per coprirli. Dunque un abì-

lino tagliato all' ultimo gufto colla fua gran

codaccia lunga tre braccia , e alla larga chi

ila di dietro fé correr rifehio non vuole d*

aver dell' Afino giù per la tefta. Molto, tetti-

po non è parlato dacché certe acconciature

di capo alte e piramidali flavano relegate su*

polverofi Ritratti dello (corfo Secolo , ed era-

no oggetti di derilione e cenfura. Ora è tor-

nata anche di quelle la voga. Dunque racco-

mandarli al ferro ed al foco, perchè torreggi

jn tefta una chioma da gareggiar col Tur-

bante dell* Imperator di Marocco. S'ufa la

manica corra .<• Bene! braccio icoperto e fi

moftri , fé non balta il gomito, una parte

ancor della (palla. S'ufano Cuffioni di fmifu-

rata grandezza? Bene! ordinarne uno fubiij

con due alaccie lavorate fui modello di quel-

le d'un Oca onde poter andare a vela fé tro-

vali favorevole il vento . S'ufano i pendenti

Junghi? Bene! portarli e lafciare che dondo-

lando percuotino e ripercuotino il collo. Gol-

lette , naltri , fiorellini artefatti , e quant' al-

tro lavorafi nelI'Arfenale della vanita fem-

minile , tutto! tutto adattarli e moftrar dal

capo alle piante una varietà di colori limile

a quella che vagamente apparìfee .nella fpie-

gata coda d'un fuperbo Pavone. Lo so, Ce-

lino mio, che il lagrifizio di tre o quattr'ore

alla Tavoletta, la tortura d'un pettine, il

torraento d'un ferro infocato, il martirio

d'un

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<§&74$*

&' un ^bufto, il raggruppo de* piedi per farli

ftare in piccioliflìme {carpe , e le diligenzeche devi ufare per ammaeftrare le Camerie-re ndCarchitettura de' nei, ti faranno male-dire talvolta la moda, la vanità, e la tuafinzione . Ma penfa che patimenti fon quelli

neceffarj perchè tu porta fare nel Mondo unaJumjnofa figura, e vederti adorato come unaDivinità. Che piacere di fentirfi al volto unìneenfo d'amorofi folpiri , di vederli corteg-

giato a gara da' Cavalieri e da' Principi, di

felicitarli con un folo guardo > e di ridere in-

ternamente di tutti ! Ma per ciò non batta

la ricchezza dell'abito, le bizzarrie della mo-da, l'efattezza dell'attillatura, ci vuole que-

llo di più, ed aicokami bene.

La moda non riftrigne i precetti Gioì alla

fola foggia di veftire e adornarci, ma in ol-

tre preferive delle nove regole per lo ftile

i^onnefco , per la pronunzia , per il portamen-

to, per il parlo, e per l'arte di farfi inten-

dere a cenni. La noflra lingua comparire nonofa nella fua purità naturale , nelle moderneConverfazioni, e in bocca d'una Dama nonè mai bella fé non fi mefcola colla France-

fe. E' vero che bafta faper quattro parole ,

per comparire una Donna di fpirito, e cac-

ciarle per tutto ci vadano , o non ci vada-

no . Qui Monfieur jlàìeu mon eber

ointi Comment vous portez vous? . . .

Excufez-moi . . . . , Qu* a^ons nuùs de nou-

•veau? Quelle heure e(ì il? . . . Toìnt

du tout .... Ma fot Cela eft tirai

.... >Avec votre permiffiott .... fotte Ser-

va*-

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<•$ 75 m

<vante Vous vous moquez de nm . . «.

Mon aimabìe enfant .... Moitie de mot me-me Ecco il Dizionario francefe delle

Femmine nobili che può fervir a (e pure per

falutare, per congedarti, per interrogare, per

affermare , per far all'amore, e per infran-

ciofare ogni periodo Italiano. Quanto poi al-

la pronunzia ci vuole l'attenzione di parlare

co* denti chiufi onde ogni parola efca comeper la trafila, e fia così fottile fonile che nonpoffa intenderli fé non in grandiffima vici-

nanza. Per evitare il fuono afpro della R bi-

fogna fìngere d'aver mozza la lingua e fot-

toporre a' cangiamenti della moda fino le

fteffe lettere dell' Alfabetto. Riguardo al por-

tamento ed al paffo s' offerva ciò che fanno1' altre per bene imitarle . Vanno favellandocome un Ronzino fulle moffe ; portano le

braccia calcanti incrocicchiate full' iimbilico ;

girano e rigirano il capo per veder tutti in

faccia e cercar materia alla critica e al bia-

simo; ufano nelle riverenze d'abbaffarfi per-

pendicolarmente, d' impicciolirli , d'annicchi-jarfi , bene in nome del Cielo, copia e poi

copia . Ma veniamo all' arte de' cenni chequello è il punto di maggiore importanza .

Veramente la medefima effer comune dovreb-be a' Muti, a' Bambini, e ©'Ballerini foltan-

to; perocché quelli efprimer denno le azioni

fenza parlare, e quelli parlar non ponno pereffer coflretri a far intendere i loro bifognì

co' gefli . Ma ficcome le Donne volgari ten-gono in un moto perpetuo la lingua, e aguifa delle Cicale vogliono ftridere finch' han-

no

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*£ io $ft

no vita e fiato, così le Nobili, per diftin-

guerfi da loro, toccano l'altro eftrèmo di par-lare co' moti . Certi movimenti della tefta ,

degli occhj, delle ciglia 3 delle gambe, de' pie-

di , delle braccia, delle mani, compongonoin lóro un Dizionario compiuto, che tutte ameraviglia efprime 1* umane paflìoni . Unafpinta di fianco a chi s' incontra pattandovuol dire: Voglio la ftrada tutta per me . Untorcimento di capo in faccia a qualcuno li-

gnifica : da te non vogliofaluti » II rannicchiar-fi nelle fpalle alcun poco al fentire talunoche parla per il bene fi è Io fteflb che dir-

gli: tu pefli in un Mortaio dell' acqua. La cupi-digia di guardare e riguardare un bell'abito

cos'altro dice fé non : *Ab né avejfi anch' io

uno di fimile f II nafconderfi col Ventagliòqualche parte del vrfo vuol lignificare: guar-datemi che fon bella ; Il morderne 1' estremi-

tà fuperiori , o percuoterli con eflò la pal-

ma: fono in collera coli' ^Amante; L'efaminar-lo con attenzione: quejìa brigata m' anno]a ;

E il lafciarfelo cadere di mano : vàglio ehtutti s' incomodino . Lo sbadigliare al fianco d'

uno Cicisbeo fconfolato vuol dire: tu non mipiaci; il guardare taluno con un rifolinogra-

ziofo lignifica: c'è' da fperare \ e il giuocar

feco di piede alPofcuro: fono tua fenta dub-

bio. Aggiungendo a quella muta eloquenzaun apparente difgufto di tutti gli umani pia-

ceri; una non curanza e difpregio verfo il

Marito j una tenerezza amorofa per qualche

Augelletto o qualche Cagnuolo, e una fred-

di0ìma indifferenza per i Parenti ; una cura

cfat-

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<•$ 77 %*

—9

cfattiffima per certe bagattelluzze da.nulla

,

e una negligenza totale per le cofe di iomr

ma importanza; chi mai , Celino mio, potrà

dubitare della tua finzione? (<0 L

Quanto a me ci vuole minore Audio ema-

tica per farmi credere tuo Marito» e jafciare

in ogni Paefe qualche marca della mia finta

grandezza. Un abito guarnito djoro lucente;

Servitori a livrea dinanzi e di dietro ;una

truppa di Buffoni, d'Adulatori, di Mezzani,

di Parafiti , che corteggiandomi ftiano at-

tentamente guardando tutto quello eh* io fac-

cio per imitarmi nel paflfo, nel getto, e fino

nel rifo, o nel pianto; tuia certa compoitez-

sa affettata ; uno fole tronco da Qracolo ,

varranno a farmi foftenere la gran finzione.

Ogni quattro parole giurare da- Cavaliere d^

onore; ogni menomo dilgufto che dato mi

fofle minacciare di far rompere le braccia^

,

di far accoppare ; e . . . . in fomma lalcia

fare a me che fé non riefeo mio danno .Se

verrà a vifitarmi un Mezzano?

una Canta-

trice, una Ballerina, terrà ordine la Servitù

di lafciar ch'entrino nelle mie ftanze fenza

farmi fare in pria l'ambafciata. Ma fé verrà

una Perfona di merito, un Uomodi Lettere,

dovrà paffare un' ora almeno d'Anticamera

prima d'effere ammeffo all'onore della mia

prefenza. Se vorrà dedicarmi qualche fua Ope-

ra nq accetterò T offerta con una cert^a reni-

tenza che vorrà parere modeftia e farà vani-

tà .

( a ) Il Compilatore di quella Storia non

adotta ma derefta V ingiuriofa Dottrina del

prefente Capitolo.

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<•$ 7S 3*

tà. Somminiflrandogli qualche fcritto apocri-

fo e qualche difégno ideate gli darò un am-pia materia di farmi uri bel Panegirico, e

d'imprimere nel frontifpiViò del Libro lo flem-

ma della mia fognata Famiglia fregiatod* Ai-Jori, di Trofei ì di Corone, e di Scettri,; Gli

farò in molte guife fperare un regalo magni-fico, acciocché faccia legare le copie a meJeftinate iti fmiffima pelle adornata di dora-ti difegni t Sé mai non faranno ballanti li

Tomi recatimi a Soddisfare là curiofità de'

miei Adulatori gliene ordinerò degli altri, e

poi per pagamento é regalo gli farò bere unacioccolata o un caffè i A forza di fingere di

noti efferé in Cafà* di mandargli a dire chefonò occupato, lo fiancherò a legno che noni

pia verrà a rompermi il capo e perderà ogni

fperanza . S'avrò mai a fcrivere quattro ri-

ghe uferò un carattere Gottico colle Lettere

Ora gigantefche ora nane , e farò che le linee

iti Vece di rette fìano curve é trafverfali ,

perchè una Lettera fembrì una Carta geo-

grafica . Manderò via i Supplichevoli confa-

teti da un vedremo, dà un potete tornare, dà

òfi parler* , che in buon linguaggio politico

finonfmi fono del nulla. Generofo nelle man-cié, prodigo con qualche teatrale bellezza ,

ma poi piantare una partita da non faldarfì

giammai, e fé noti fi può fulle Stampe , al-

meno vivere eterni fu' Libri manòferitti de"

Mercatanti. Che te ne pare Celimi

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<•% 79 &>

CAPITOLO XI.

Giungono in Milano. Spefe eforbitanti per met^

terfi in un treno da Grandi* Loro arrivo àTorino 3 e quali ivi fi fingono *

OGni medaglia, Corradim rifpofegli/ eb-

be mai Tempre il diritto fuo e il fuo

rovefcio, né v' ha regola alcuna che non pa-

tifca la fua eccezione. Il Mondo è flato feiri-

pre il medefimo, e i più forti hanno (empréoppreflb i più deboli . I Grandi fon Uominianch' elfi , e fé tanti e tanti Declamatori fo.

fiftici pofti foffero! nel loro rango diverrebbe-

ro l'odio del genere Umano* Una iCerta ciaf-

fé di paflìoni che nello flato di povertà fi

denno infrenare per forza , nella ricchezza

non fi tengono a freno che per virtù . Tuttifiamo fenfibilì all'ira, alla vendetta , all'amo-re j ma l' Uomo volgare trova chiufa ognivia di foddisfare certi infani appetiti 3 e il

Grande deve far forza a sé fteffo per non va-lerli de' mezzi che gli fi ofTerifcono allo sfo-

go delle voglie più ree. PaiTando dalla pre-

potenza del noftro Seflò alla vanità del Setto

donnefco 3 e confiderando gradatamente le dif-

ferenze tutte che dividono gli Uomini in tan-te condizioni diverfe,1

fi verrà fempre a con-cludere che ì Grandi fono più fcufabili di

noi ne' loro vizj 3 e più di noi commendabi-li nelle loro virtù. Maflìme fono quelle chemolte volte mi pofé in vifta mio zio nelloro afpetto migliore. E perchè mai Corradìno?

£er-?

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m so $&

perchè mai, vorremo noi fcegliere il peggionell'imitazione propoftami anziché prefiggerli

a quell'ottime qualità, che formano il lumi'nolo carattere della vera Grandezza ?

Molte cofe prò e contro hanno detto dap-poi, ma reftò ftabilito ch'ognuno regolarli

doveffe fecondo il fuo genio. Si miiero i Sti-

vali, i Gabbani, e s'adattarono l'armi , e

quant' altro comperato aveva V Olle per lo-

ro. Tutte le monete d'oro, il cui valore a-

fcendeva alla metade del Teforo, le avevanodivife in molte porzioni , e pofte m altret-

tante Borfe che tenevano, parte nelle fcarfel-

Je degli abiti, e parte in una Valigia, rav-

volte tra molti arnefi pieghevoli. Col valore

dell' argento fi fecero fare tante cambiali pa-

gabili a Milano, a Turino, e a Parigi, daun ricco Banchiere Genovefe eh' ivi trovava-

fì . L' Olle reftò da loro rimunerato con unaprincipefea generofità . Sicché difpofta ogni

cofa alla meglio, fono partiti per le pofte nefi vollero trattenere in ripofo, fé non quandofurono a Tortona. Di là paffati a Milano ,

con eguale preflezza , ftabilirono di dare ef-

fetto a quant' avevano divifato. Arrivati di

notte alla migliore Locanda di quella Città

rifolfero di non fortire dalla medefima, che

quando foffero flati in punto di foflenere il

carattere di nobiltà con cui volevano farli

largo nel Mondo. Il Locandiere ebbe com-miffione di fermare ai loro fervizio due Lac-

chè , due Staffieri , e un Francale in qualità

di Secretano, ond' apprendere perfettamente

da lui il fuo naturale linguaggio. Nel giorno

fé-

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*$ Si 3*

feguente tutti e cinque pattarono ratfegna di-

nanzi a' proflimi loro Padroni . Diedero ad

effi nel ganio , e s'accordarono per il falario.

Il Francefe appellavafi M. Vlambeau ì ed era

un compendio deila fua Nazione . Leggiadro

e disinvolto della perfona , fervido e rofieg-

giante nel volto, correte ed obbligante nel

tratto, pieno di fpiriro, di vivezza, di brio,

niuna mancavagli di quelle qualità che ren-

dono un Uomo a poitata di tutti e facile adottenere ftima e amicizia. Egli ricevè daOr-rafano una Borfa di denari per far vefliie i

Servi a livrea con magnificenza e buon gu-fto. Di fatti ne per il materiale del drappo,«è per il colore , né per il taglio degli Abi-ti, né per la guarnitura, o gli altri fregj, fi

poteva bramare di meglio. Erano i Staffieri

e i Lacchè tutti giovani di beli' afpetto , e

proporzionati di membra . Vediti d'azzurroe gallonati di lucido argento, co' capelli ina-

nellati e coperti di cipria polvere, colla bian-

cheria d'una finezza e candidezza indicibile ,

parevano la Corte d' un qualche Principe .

M. Vlambeau era provveduto molto bene di

Veftiti da gala per corrifpondere allo sfarzo

delle livree e foftenere il decoro de' fuoi Pa-droni. Egli comperò per loro una ufata Car-rozza per quattrocento Zecchini ch'era a buo-niflìmo patto attefa la bellezza de' fuoi. lavo-»

ri. Hife in oltre Celino in abito di Dama contutti gli adornamenti dell'ultima moda némai dubitò egli medefimo che una Donnaei non (offe. Ma» più l'amabile Giovinettoparve sì bello nella fua femminile apparenza.

F II

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*% 82 mIl ripofo di pochi giorni, le precauzioni ufa-te per rifarfi da' patimenti, e l'artività d'unacert' acqua puriiTima con cui fi lavò ben be-ne più volte , lo fecero ritornare nello ftatod'una robufta fanità, e ricuperare la natura-le candidezza della Tua carnagione. Immagi-niamoci quefto modello di naturale perfezio-ne, d'una datura mediocre e pregievole mol-to nel (effo donnefco, di mèmbra corrifport-

dentì e ben fatte, d'una gracilità difinvol-ta, di portamento leggiadro, con un vifo ri-

tondetto in cui gareggiava colla porpora del-

le rofe il candor delfa neve, colle labbra di

corallo, con due vivide ftelle in una fronte

ipaziofa fotto a due nere fottiliflìme ciglia ,

con un immacolato feno di latte, in cui Vabbondanza appariva d' un' adolefcente Fan-ciulla, con un piedino graziofo, e colle ma-ni picciole, tornite e morbide . Animiamoquefto Ritratto con un'amabile fifonomia di-

licara, con un'aria vivace e nobile , con un'acconciatura adattata molto bene al taglio

del volto, con un abito donnefco per la- for-

ma j per la varieià de' colori , per la profu-

sione dell'oro, degno d'una Bellezza sì rara,

e con tutti quagli adornamenti fuggenti dal-

lo Spirito della mi da , al bel fedo . Aggiun-giamo a qtfefìa pittura un armoniofo tuonodi voce foave, un matronale contegno , e tut-

ti quegli naturali attributi, che inoltravano

in Celino , u^ó. Damigella vezzofa, e guardia-

mo poi (e cr re 'a a ftupire di que' rapidi

progredì che fece l'avvenenza iua nel core di

molti Amanti.Cor-

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<•$ u %&

Cerradino s'era veftito anch' egli da Gran-

de, e per parer tale d'uopo non ebbed' af-

faticarli . Computando un fornimento digioje,

ima ripetizione d'oro, uno ftuccio, e alcune

altre galanterie che con molti abiti da viag-

gio, da camera, e da gala, provveduti ave-

va a Celino , montava la ipefa a poco menodi dieci mila feudi! Per sèi in Veftimenti i

Anelli, Orìvolò, Tabacchiera, biancherìa,

ed altre cofe, rie fpefe più d'otto mila. Ag-

giungendo il valore della Carrozza e delle

Livree, i Salarj anticipati, le mancie, il no-

lo de' Cavalli adoperati per divertimento, là

pigione della Locardà, e qualche perdita fat-

ta al Faraone , lafciò in Milano ventiquattro'

mila Scudi a un dipreflb. E' vero ch'effi ave-

vano acquiftato de' gran Capitali; ma le co-

minciavano così, chi mai, non poteva prefa-

gire ch'avrebbero ben pretto finito? M. Vlatri-

beau, non , fu sì ftolidò dà patire la fere iri

mezzo dell' acque, e ficrome tutto paisò per

le fue mani l'oro fpelò da' tuoi Padroni, Co.

iì feppe approfittartene; perocché aveva il fè-

Creto d'un Algebra particolare, e più bocche

dì Cerbero, fariiofd Cane trifaùcè , per man-giare in più luoghi in un medefimo tempo i

Egli aveva chiefto a Cotradinó ,qual titolo'

dovéfle ufaré feco lui; L'Eccellenza, gli dif-

(é in rifpófta l' Attuto, l'Eccellènza. Siamo'

Cavaliere e Dama, &loglie é Marito., Perora

vì batti così; Informatene la Servitù e nor*

dite di più con quanti vi chiederanno noti-^

zfe di noi . Così fu . Eccellènza di qua , Ec-

cellenza' dì là, Eccellenza all'uno, 1 ÈccéllènV

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«5 84 &*

za. all'altro, non udivafi che rifuonare que-fto magnifico titolo dovunque recavanfi. Scap-pellate , riverenze, inchini, umiliazioni, tri-

butavanfi in larga copia alla loro ideale gran-dezza. Milano era foiTopra per fapere chifof*

fero quelle Eccellenze nate e crefciute in unanotte come i funghi dopo una pioggia . Tut-ti dicevano il lor parere. Chi penfava male,chi bene. Era comune la curiofità . I Giova-notti divoravano Celino col guardo , e dice-

vano meraviglie della Tua bellezza. Si procu-ravano ingegnofamente le occafioni di par-

largli, di legare amicizia, ma Corradino ria-

bilito aveva di non volere praticare alcunocolà, né intervenire colla finta Donna in ve-run pubblico luogo. Aveva ragione. Era giun-to in Milano fenza treno, inoflervaro, e in

quella Città da un giorno all'altro fi cangiòdallo flato di Viaggiatore privato a quello

d' un pubblico Perlbnaggio r.icchifiìmo . Lemonete d'oro fpefe da lui fi conofcevano al-

la ruggine eh' erano fiate difotterrate. Que-llo sfoggio improvvHo di principefea gran-dezza, quello indizio chiariflìmo d'uno (co-

perto Teforo, avrebbero in Milano refa fof-

petta moltiflìmo quella nobiltà eh* orientare

ei voleva. 11 rigore d'un efame avrebbe po-tuto (coprire^ delle cofe grandi. L'affronto di

qualch'efclufìva da certe colte adunanze po-teva fargli fare qualche folenne fpropofìto .

In fomma la pensò bene a vivere a sé , e al

fuo Compagno (bltanto, finché flette colà e

a partire dopo due fole fettimane di perma-nenza .

A Tu-

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stè «5 à*

A Turino fi cangiò fcena . ìA.Flambeau eb-

be in viaggio l'aVvifo da Cbrradino di doverriconofcerlo per il Marchefe di Trètnari , è

farlo fapére a chiunqiie chiedo gli avelie

qualche notzìa di lui. Gli die il Menzognè-re ad intendere d'efferfi occultato in Milanoper rriolté ragioni politiche. Il Francefe era

aftuto , e credette o non credette, d'uopo nonebbe che d' un ordine tale per avvitare là

Servitù , e fecondare il Padrone Tuo . L' ar-

iivo in Turino de' noftri fortunati Colpevoli

fece dello ftrepitò molto. La migliore Locan-da di quella Capitale fu fcèlta alla loro di-

mora. Stanze arredate coli' ultima magnifi-

cenza, mehfe imbandite Con una fplendidez-

za regale , paflatempi , giuochi , pafleggj , cor-

fé, còhverfàziòni, tutto in fomma guanto di

meglio potevano godere concorreva a felicita-

re il loro foggiorno in quella deliziofa Cir-r

tà . Ognuno lafciavà il core fui volto de!

vezzofo Celino. Ognuno additando Corradìno

fottovoce diceva : Voila le Marquis de trois

mers. Egli godeva d* elfere cònoiciuto per ta-

le. Un nome era quello noto in Italia nort

poco e gli ferviva a meraviglia per efigere le

attenzioni della primaria Nobiltà di Savoja s'

è il rifpetto del Popolo. Ammetto a qualun-

que adunanza più colta fofteneva sì bène il

non fuo caràttere che fi faceva ftimare , ed

amare dà tutti. La creduta Marchelìna fuà

Moglie era l'anima di qualunque difeorfo, e1* Idolo della Città. Nettuno poteva accor-

gerli che fotte un Giovinetto traveftìto così/

In conelufione àmbidue facevano a nieravì-

F 1 ili*

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m ** m

glia la loro parte, e chi mai non avrebbe

ftupito altamente , fé dopo averli veduti daZingani ad afìrologare i Villani, li aveffe po-

fcia mirati in quella figura a decorare una,

nobiliflima Convenzione >

(CAPITOLO XII.

$' abbandonano alla pajftone del giuoco. Verdi*

ta di Corradino . Da uno fchiaffo ad un

Marefdallo , e lo sfida al tiro di piflola .

fuo arrefio . Come Celino gli procura la li-

berta,

TVtte le delizie con cui proccurava <V-radino d'innondare l'anima al Tuo fe-

dotto Compagno {ufficienti non erano a far-

gli godere quella foave calma di core, equell*

ebbrietà d'allegrezza eh' egli fteflb godeva .

In quell' amabile Giovinetto era troppo di-

scorde l'apparenaa del volto collo flato dell'

animo . Non era infenfibile agli agj d' unavita sì comoda e molle, e allo fplendoredel-

Ja Tua novella fo rtuna. Ma per poco che cef-

fate in lui 1' incantefmo di quella terrena

felicità tutti fentiva nella loro fierezza ì pun-genti rimorfi che gli laceravano la cofeien-

za. L'unico oggetto dell'interne fue pene era

ja bella Enricherta . Da ciò dedurre bifogna

che il di lui amore per effe foffe vero, co-

lante, e fommo. Credefi per certo eh' in-

dotto ei fiafi a continuar» la finzione del (et-

to

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<•% 87 &•>

fp per evirare l'occafioni d'un nuovo inna-

moramento. Di fatti adorato effóndo da unaturba di Giovani pari Tuoi , che pericolo po-teva mai correre trattandoli con gentilezza ì

E' vero, che la mafchera dell' abito poteva

fervirgii ancora per facilitarli il poffóflb dì

qualche femminile bH'ezza . Ma un giura-

mento tremendo che fatto aveva di non ag-

giungere una Vittima nemmeno alla fua in-

continenza, e di non abbandonarli mai pia

a' diletti del fenfo, fé ciò avvenuto non fof-

fe in legittima unione colla tradira Madami-gella , Ceppe tenerlo a. freno sì bene che mainon volle ftrignere amicizia con alcuna Gio-

vane per non metterli in qualche nov Ilo

pericolo • Quante tentazioni ebbe a fupe-

rare il Melchino per non azzardare unaLettera ad Enrichetta diretta 1 Quante ne fo-

llenne per non abbandonare, con una fuga ,

il tuo Seduttore! Erano vani tutti ì sforzi d*

eloquenza ufati dal medefimo per fare eh' ei

fi feordafle di Lei. Vani i configl) per impe-gnarlo a fcacciare una paflione coli' altra .

Il povero Celino era martire del fuo penti-

mento.. Non so come mai egli potefTe colti-

vare sì bene la oeriona, apprendere agevol-

mente da M. Flambeau la lingua Francefe ,

{ottenere con tanto ftudio il carattere di Da-ma , e non mancare mai alla vivezza , al

brio, alle convenienze dell'adunanze più

fplendide

.

All' incontro Corredino fempre eguale a sé

fteffo e nelle colpe incallito, fenza tormen-tarfi col penfare al palato, fi faceva un'ag-

F 4 gra-

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%£ SS %*

gradevole occupazione, ftudiando Tempre qual-che novo modo «li divertila . Artefi quei pri-

mi elementi del Francefe linguaggio ch'ave-va apprefi a Mente t'ergine, nella fua fcola ,

le vocali lezioni di M. FlambeaU facevano inini progredì cotanto rapidi, ch'era giunto in

sì breve tempo ad inrendere nel giro natura-le delle Tue frafi , e a pronunziare col veraaccento de' Parlatori più caftigati, la Fran-cefe favella. Comperava ogni giorno qualcheLibro fcrrto nella medefima, ma non facevaper lui fé contrario non era al buon coftu-

me, o alla Fede. Pagava a caro prezzo cer-

te Figure difegnate o ftampate in rame chediffondono per le vie degli occhj il

, velenodell'innocenza, e fomentano la lufTuria nelle

membra più pigre e invecchiate. Non e' erain Torino , Canratrice, o Ballerina, con cuinon avefs' egli Irgara amicizia. Non fi sa Ce

più (penderle in trilli o in pajjaggj e le inbecca d'una Virtuofa più gli pìacefle unacroma , una terza maggiore , un ottava , od unbel ti grande e fchietto che la merteiTe feco

d'accordo. Ammirava nelle Baverine l'abili-

rà di trinciare replicatamele delle pifiolette ,

dell? capriole , ma per afTìcurarfi l'efficiente

fua grazia ci volevano poi le [paccate . Tut-te le Femmine da partito ch'abbandonate nonerano all' infamia d'un Poftribolo, e viveva-

no con qualche decenza e riguardo , traflero

non poco profitto da lui. I Mezzani prega-

vano la fortuna eh' ei fi tratrenefTe lungorempo in quella Gttà. I Buffoni, gli Adula-tori, i Parafiti, lo gonfiavano di lodi, come

un

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tog? fc $*

un tefo pallone . Coftoro mangiavano il Aio

a piena bocca e dietro le fpaile lo laceravano

co* motti più pungenti , e colle Satire pia

fanguinofe. Per fola ambizione di comparire

fapiente ed amante degli Uomini dotti volle

conoscere, e trattare i Letrerati di maggiorgrido. Ogni g orno ne aveva più d' uno alla

tua Tavola. Quell'erudizione fuperfiziale eh*

aveva contratta con una paffeggiera lettura,

unita alla fua natura'e facondia , e alla fer-

tilità d'un ingegno fublime , Io faceva com*parire un Giovine feienziaro, quale veramen-te nou era. Così confondendo 1 vizj reali coli]

apparenti virtù , faceva dividere le opinioni

irì prò e centra di lui, e fcialacquava a dif-

iniiura le fue ufurpate ricchezze.

Non era egli uno Sciocco per non accor-

gerli che in quella figura non avrebbe potuto

foftenerfi che poco tempo . Pensò dunque al

modo di procurare una rendita conveniente

all'ecceffo di tante fpefe, e dop' avere- pen-

fato e ripenfato (labili di tentare col giuoco

queh'a Fortuna che gli fi era mai fempre <ii-

moftrata propizia. A tenore di quefto prin-

cipio s'introdufle colla creduta Moglie nella

Convenzione che teneva con ilplend'dezza

ogni fera nel proprio Palazzo il Mareiciallo

di C .... . fuggetto di fomma riputazione

per l'efperienza del tuo militare valore, e per

le grand' aderenze eh' aveva alla Corte. Quan-tunque contafTe allora felTant* anni d* età

combattevano fieramente l'animo fuo la paf-

fione del giuoco e quella d'amore. Refa la

fua Abitazione un afilo di Giuocatori precì-

ci-

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«$ 90 %*

cipitofi fi vedeva ogni notte nella medefi-

nia quattro o lei Banchi da Faraone, e fe-

guivan colà tutte le vicende dell' inftabile for-

te. La medefima non fi moftrò al fuo fo-

lito troppo favorevole , in quell'occafione,

al noftro Corradmo . Alternando le vincite

colle perdite fece in quindici giorni pochifìì-

ma differenza. Anche Celino giuoco coll'iftef-

fa violenza , e fu più fortunato di lui; pe-

rocché vinte quali un migliajo di feudi. Un'efea fu quefta che Io prefe all' amo . Co-minciò ad appalfionarfi talmente per il giuo-

co, che fino in fogno parlava di paro/i , di

doppie paci 3 di fette a levare. Avvelenati am-bidue da quefta potentiffima fmania teneva-

no Tempre mazzi di carte in mano o in fcar-

fella, e difeorrevano da veri profefTori intor-

no i punti in marea, le foniche, le faccie vec»

cbie, i dobletti, i terzetti, le mofaìcbe grime,

e tutti quegli altri termini che compongonoil Dizionario nuoviifimo delle Bifche. Egual-

mente feontenti nelle perdite e nelle vincite

fi lagnavano di non avere ìngroffata la po-

fla, quando trovavano il punto lecondo, e d'

aver giuocato fuori di regola, quando lo tro-

vavano primo . Pafciuti fempre di grundiofe

fperanze fi lambiccavano il cervello per dar

legge a cinquanta due carte, e ridurre a cer-

ti metodi la loro porzione, ond" arricchirli

in pochiflìmo tempo . Ma con tutto lo ftu-

dio e l'attenzione pofTìbile le coie andava-

no a ritrofo delle loro iufinghe , e perdevano

a rompicollo co' denari la quiete.

Una notte più dell'altre fatale provò tan-

ta

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*% 91 sa*

fa difdetta Corredino che tagliando e puntati*

do, tra i pronti contanti, e quelli che giuo-

co lulla parola, perdette fei mila Scudi. Pa-reva che gli tjfcifTe il foco dagli occhi, e eh'

averte cento Diavoli in corpo. Sbuffava co-

me un Cavallo . Beftemmiava tottovoce daEretico . Farneticava . Faceva paura . Ce/ino

giuocava con imparziale Fortuna ad un al-

tro Tavolino, ed era feco intereffato il Ma-refciallo che ftavagli appretto. Quefti, tra-

fportato dall' allegrezza d'un punto decifivo

trovato favorevole dal Giovinetto , e moflbdall' inclinazione fua naturale verfo il bel

Seffo , lo ftrinfe al feno e bacciollo dicendo-

gli : Brava Marchefina mia . Corrad'tno che fi

farebbe arram piccato fu' fpecchi per isfogare

la bile, ne colfe 1' occasione e fenza dir cul-

la diede al Marefcialio una guanciata fono-

ra che lo rovefeiò colla f dia fui pavimento .

Mi fé mano pofeia a due pillole da tafea e

impara, gli difliè , Uffiziale fenz" onore, a ri-

fpettare le Dame di qualità. Riforgi e, fé

non fei un Coltrone, accetta la sfida eh' io

ti faccio d' un tiro di pillola e guardami co-

me fon pronto.. La feena prefe un orrido a-

fpetto. Fiaccole fpente , denari caduti, Ta-volini rovefeiati, Donne in ifcompiglio, Uo-mini in armi , ftrida, minaccie, confusione,

terrore, fdegno , paura , figuravano in molti

afpetti quella belligera azione. Il Marefcialio

s' era alzato e correva a prendere le piftole «

Ma intanto tutti i fuoi Dimettici aflalirono

Corradmo alla fchiena , e ficcome il tradimen-

to

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%% 91 3ft

to e la forza opprimono qualunque valore, così

il noftro fìnto Marchefe reftò difarmato, per-

coflò, e Vinto, dop' avere fparate invano le

due pillole. Si riconobbe debitore della vita

allo fteflb Marefciatlo che vietò feveramenre

alla fua gente d' ammazzarlo, o ferirlo . Lavicina Guardia entrò nel Palazzo e lo con-

durre in arrefto. Celino difperato tornò in Car-rozza alla Locanda. Gli altri tutti fi reterò

alle loro abitazioni, e i Chirurghi in quella

notte hanno fatto un grotto guadagno

.

Il cafo fece parlare la Città tutta, e fi te-

meva molto di Corradinb. Il fuo delitto fi

grave, ma pure ballava una fupplica del Ma-'refciallo per fargli evitare il caftigo e il pro-

cedo. Celino, nel giorno feguenté, andò atentare il gran oblpo. Il Maresciallo fi fentì

bollire il fangue. Bene Marchefina , gli difle,

vi prometto libero per dimani voftro Marito

,

quando vi piaccia di meco parlare la not-

te vegnente. Celino ci pensò fopra un poco,e vide che falvar poteva l'Amico feiìza difo-

norare fé fteffo. Finfe un atroce ripugnanzaad un sì , ma finalmente Io pronunziò tol-

ta condizione che il Vecchio dovefle con-

iegnargli la fupplica per la libertà del fuo

creduto Marito, prima di trattenerli feco lui.

Tutto promife l'Innamorato. Secondo Y ac-

cordo , alla metà della notte Celino veflito

da Uomo fi recò inoffervato per la porta del

Giardino in certe danze a pian terreno dov'

era attefo dal Marefciallo. Lo trovò folo è

leffe il Memoriale eh' era fermo con tut-

to

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*$ 93 %m

pò 1" impegno . Chiamò Vhmbsau che (la-

vagli dietro e glielo confegnò dicendogli „•

dimani farete quello che V ho detto .

CAPITOLO XIII.

Saggia condotta del Marefcìallo . Corradino e

Celino vanno a Tartgì . "Perdite eh* ivi fan-no , e decadenza della loro Fortuna.

UNA guanciata in Cafa propria ad unUomo di guerra, è uno di quegli af-

fronti che col fangue foltanto cancellare fi

ponno. Ciò non per tanto eliminando benela condotta del Marefciallo fi verrà a conofee-re eh' egli fi regolò da Uomo grande . Sin-ché vide il Nemico ^ in iftato di foftenere la

sfida, fi mife in ordine di dargli una milita-

re foddisfazione. Ma quando fopraffatto Io vi-

de dalla fua gente non pensò che a difender-

lo. Aveva eg(i intenzione di lafciarlo fortire

in iftrada, e recargli colà le pillole onde ci-

mentare la vita contro colui. Ma un fuo Ni-pote s'era recato a chiamare la Guardia, enon potè contrariare alta medefima l'arredodel delinquente fenza affliggere tutta la fuppli-chevole fua Famiglia, e difobblìgare un' adu-nanza di Cavalieri e Dame, che lo pregava-

mo a lafciarlo prigione.

Con,

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<•% S>4 3*

Condotto dunque Corradino nelle forze del-

la Giuftizia doveva molto temere. 11 grado ,'

il credito , le aderenze, del Marefciallo, fpa-

vcntarlo dovevano i Uno fchiaffo , una sfida s-

lo fparo di piftol- i l'ofpiralità tradita, il lo-

co in cui commife la colpa, l'adunanza acuiperfe il rifpetto, e cert'altre graviflìme confe-

renze, creder facevano che fi dovette folle-

citare la formazione del procefTo, e che a que-llo doveffe fuccedere una tremenda fentenza ;

l?er impedir qùefto male è da credere che nonci foflc altra via le non quella che trovata

1

fu da Celino. Il Maresciallo amava in lui unavezzofa Damina. Le Donne gli piacevano e-

ftremamentei ma in particolare iti quell'età jdi quella figura, e provvedute di tanti meri-

ti perfonafi. Non capiva in sé fteflb dall' al-

legrezza quando conclufe i! patto colla fuppo-

fta Marchefìna . Per bene córrifpondere alle

preghiere della medefima fcrifle la fupplicà

Con tutto 1* ingégno fuo a fine di facilitar-

ne gli effetti . Nei la ftefla ei fi confeffa-

va reo d' aver mancato di rifpetto ad una'

nobiliffima Dama còl prenderli una licenza non'

mai permeffa dalla moda piti libera. Giufltifi-

Càva il creduto Marchefe colf' onore cavai fé»

Meo, colla" giuftizia della fua c«ufa, e colla

perdita che fatta aveva in quel punto, per

cui era dai la b'ié agitato. Metteva m vifla1

la fua nobiltà, le Tue rendite, e tutti i ri-

guardi che gli fi dovevano. Eccitava la di

lui liberazione colla rifleffione che rimanevafola in una Locanda la Marchefìna fua Mfo-

fclie. Aggiungeva alje ragióni le fue pregh'ie-

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m^mre, e chiamandoli più che foddisfatro 5 coli*

arredo che gli fi uiede, implorava la grazia

che fotte lafctarò in libertà.

Celino nel leggerla non dubitò d* aver fat-

to il gran colpo. M. Flambcau a cui la por-i

fé, aveva da lui avuto l'ordine di prefentaf-"

Ja nella marttna Tegnente al V. . . . cui era

diretta » e non parlare del modo e d.l loco

in cui 1' ebbe. Tutto era fatto a dovere, mafi doveva allora fcoprire 1* inganno in cui vi-

veva il Maresciallo. Il povero Giovinetto fi

fmarriva in quel punto. Il core gli tremavain petto. Da Cortadino appi eia aveva 1' arte

di fingerei rna quando non era con lui fi fce-

niava di molto la fua franchezza. Aveva già

meditato l'airtifiziolo difcoHo che doveva te-

nere , ma gli mancava Ja voce, e molte vol-te apiiva la bocca per cominciare , ma gli fi

troncavano le parole (ul labbro. Il Vecchio in-

vaghito <he guardandolo attentamente fuppO-neva mila fua confusone una ripugnanza ono-rata di mantenergli la prometta, fi compia ~

eque di quella fperanza e cominciò a carezzar-

lo i a chiamarlo una Venere di bellezza , *ftruggerfi in amorofe dolcezze, e a promet-tergli quanto gli averte faputo chiedere. Cof-fe il punto Celino e con tremola voce, umiletutto e fommeffo, non altro vi chiedo, Si-

gnore j gli difle, che un generofo perdono, iov' ho ingannato, ma la nobiltà della fua ca-gione onora il mio inganno medefimo . Nonlon io Moglie del Marchefe^ Donna non fo-

no, ma il naturale Figlio d'un Principe illu-

ftre e potente che nominare non deggio * Ai

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"

altro tempo vi riferbo il racconto delle mieavventure. Per ora fa per vi bafti che fon co-ftretto a vivere lontano dall' amorofo mio Pa-dre per non perdere la vita. Che per me nonc'è angolo più rimoto del Mondo, in cui a

temere io non abbia la più ingiufta perlecu*

zione di cui Ila capace 1" umana perfidia . Chemi prevalgo di quelle qualità femminili chela natura mi diede e le autorizzo coli' arte afine di fottrarmi colla finzion delle fpoglie

all'enorme flagello che mi ricerca. Che nel

Marchefe di Tre-tnari ho trovato un Amico ,

un Fratello, anzi un Genitore . Che per Cal-

vario poco darei s' anco gli deffi tutto il miofangue. Dopo ciò, mio Signore, cola vi refla

a fa pere di più per farmi godere i benefici

effetti del voftro core magnanimo? Perde tut-

to il fuo pregio la più g!or ofa azione del

Mondo, quando tenda ad una vile mercede .

Non avendo nulla da rimproverare a voi ftet-

fo godrete fenza rimorfi quegli applaufl che vi

farà il Pubblico fenrendo la gcnerofità concui liberale un voftro Nemico. Ch' sa cheproflìmo non (la quel giorno in cui io pofla

darvi un ampio atreftato della mia gratitu-

dine? La (ola morie d'una Perfona efler puòla mia vita. Se piacerà al Cielo di farmi go-dere i diritti di quel fangue che mi rifcalda

le vene, voi farete il primo oggetto de 1 le mie*• ricompenfe. Retti , ve ne prego, coteft' arca-

no fepolto in quefta Camera. Per quffto pian-

to che mi corre fugli occhj .... Per quefta

mano che vi flringo ....I L'interruppe ilMarefciallo, dicendogli, non

ag-

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*& 97 &•>

aggiungete dì pia che pai-latte abbaftanza. Sia

vero o faJfo quanto narrato m'avete, non ri-

tratto la Supplica per non manifeftare un mo-tivo che mi farebbe difonojre . Non attendo

alcun premio da Voi. Perdono all'amicizia 1*

inganno volerò. Cnnlo cbe fiate un Uomo*fenza volerne l'irrefragabile prova. Non è no-

to ad alcuno, per parte mia, l'appuntamen-

to fatto tra noi . State ficuro che non parle-

rò. Godrò che Ci creda un atto di fpontanea

grandezza ciò che ho fatto per uno (limolo

d'amore. Onoratemi colle voftre afTerzioni di

quefto vanto. Ma ricordatevi bene che il Mar-chefe non fi trattenga più d'un giorno in Tu-rino, dopo la lua liberazione, o vi giuro, daSoldato d'onore, che morrà uccifo. Partite v

Redo malcontento per la lufinga da me cori-

caputa, ma farò forza a me fteflò per rimet-

termi in calma.Celino lo ringraziò nelle più gentili manie-

re, e ritornò Coletto nella Locanda, dovepaf-

sò una tranquilififìma notte . Nella mattinafeguente parlò con M. F/ambeau rinnovandogli ordini che dati gli aveva, e tornando acommettergli 1' efatto filenzio. Quell'accòrto

Francete efequì a meraviglia la fua commiflìo-ne. Corradino ritornò in libertà all'ora del

meriggio, e fi decantò per la Città tutta la

liberalità del Marefciallo; perocché fi credeva

comunemente ch'egli avelie mandata la fup-plica alla fuppofta Marchefina, acciocché fé

ne valeflfe e imparante da quelì' azione a co-

flofcerlo. Cerino gli narrò il vero. Bifogna par-

tire domani, gli difle, che tale è 1* impegnoG da

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**% 9S $fc

MA

da me prefo per liberarti. Come] gli rifpofe il

feroce. Voglio ftar qui quanto mi piace , e

fé il Marefciallo ha core m' avanzi, una sfida

da Soldato che di noi decideranno il coraggio

e il valore. D(Te quanto gli venne in bocca.

Ma poi la dolcezza e le .ragioni del fuo Com-pagno l'hanno perfuafo , ficchè nel giorno fe-

guente fi mifero in viaggio per Parigi , aven-do in prima foddisfatti tutti i loro Creditori.

Quefla era la vera maniera di farli riputare

quali fi fingevano.

Tutte le monete d'oro ritrovate nella Caf-fé tta , e quafi tutti i denari delle cambiali pa-

gate a Milano e a Torino, erano andati. Lo-ro non reftava in contanti che il bifognevole

appena per fare il viaggio fino a Parigi. Ve-ro ben è che colà dovevano efigere coli* ulti-

me du? polizze di cambio ch'avevano, mille e

cinquecento Luigi , ma per quanto tempo maigli potevano baltare, mantenendo»* conifpl^n-

didezza in quell* eccelfa Metropoli .<* Perchè

non licenziare almeno due Servitori e mode-rare alcun poco le fpefe ? Ce/ino la intendeva

bene j ma il fuo Compagno la voleva così ,

e fperava fempre nella Forruna pef andare al-

legramente in miferia . Giunfero in Parigi ;

Durante il viaggio * loro non avvenne che

delle cofe troppo comiani, e p?r ciò non me-ritevoli di memoria. A'ia Locanda in cui pre-

fero alloggio vennero trattati con tanta no-

biltà, magnificenza, e buon gufh., che rima-

fero maravigliati. Videro in pochi giorni quan-

to v' ha di più pregievole in quella Capirale

famofa , e colla loro prefenza accrebbero al

paf-

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& 99 5$

patteggio delle Tuilkries gli oggetti d° ammi-razione , e la materia di ricerche e difcorfi ì

Teatri, Accademie , Feftini, Corfe di Carroz-

ze , Convenzioni , tutto in fomma tutto

quello che la (ragione e il coflume accorda-

vano di più piacevole , fi godeva da loro »

Àmmefiì colla icona de' loro titoli , e per lo

sfarzo del loro treno, a qualunque più rifpet-

tàbile adunanza, giocavano dadifperati e co-

minciavano già ad ingroflare la Bofa, magiuoca e rigiùoca, perdi e vinci , su e giù s

finalmente venne ìà notte critica, ed ebbero

lina fotta tale che rimafero fenza un denaro *

e con cinquecento Luigi di debiti .

à* loro co-

mandi. Allora sì che Corradino principio a ve-

dértela brutta , Voleva partire occultamen-te di Parigi per non pagare, ma nò, [gli dif-

ìe Celirìo > nò rion faccìarr^o i Si, può impe-

gnare le mie gioje , élpiaré il debito , e ten-

tare coi feftànte de* denari una:

vincita. (Ire-

pitofa . II core mi prefàgifce bene . Fa a

modo mio caro Amico . Di fatti lo com-piacque i Un ricco Gioielliere ebbe le gem-me in depofiro eguardolle con ammirazionefenza dir nulla. Contò a Corradino , eh* era

nella Locanda vicino alia finta fua Moglie ?

tre mila Luigi , con parto di riaverli dentro

Quindici giorni con una mediocre ufura , ov-

vero dì Contargli il refto comperando le gioje-,

Si pagò , fi giuoco, fi perle . Celino andavaveftito da Uomo , perchè gli mancava ufornimento impegnato quale fu ,poi a rom-picollo venduto dal fuo Compagno . Anche§uél refto di denari , ebbe la fteffa forte de-

M 7, &i

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m *<*> $*

gli altri . Voleva gìuocare il Marchefe di

«mova fìampa Culla parola , ma ficeome $*

era divulgata la vendita delle gemme, così

j Giuocatori ftabilirono di' non badargli nem-meno quando non avelie giuocato co' dena-

ri alla mano . S' eflì non avevano un' e-

ftrema prudenza per {offerire tutte le in-

giurìe che gli difle colui , quando r le-vette 1' affronto , farebbe fucceffa una fìra-

Ecco i noftri Zinganì inciviliti abballati

dalla Fortuna con un giro della fua ruota

volubile . Vedremo nel feguente Capiselo co-

la di peggio era preparato per loro.

>

e a-

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<è£ ioi %ft

CAPITOLO XIV.

Portento/e combinazioni pei le jUali Celino fi

crede la Contejfa di Belfiore e conducefi in

un Ritiro. Azione fanguinofa da cui Corra-

dirio èfcè [alvo dopo gran prove di valore !

Sua figa. Torna Zigano. %ovo genere de l-

k fue furberie «

L 'Ammirazione còti ciii il Gioielliere efa-

tminato aveva il forniménto di gemme"

impegnato, ed a lui pòfcià venduto, non era

fenzà ragione. Sapeva d'averlo veduto ancori

ed avuto ih mano, ma non ricordava*! il. co-

me ed il quando. Penfandòeripenfando, Scar-

tabello il Libro manofcfitto bièlle fue vendite

è finalmente coll'ajuto déljÀafèrrJoria , e co*

lum'i tratti dà »na partitàWritta dì fuo pu-

gno, s' accorffcJjjj^yjuél fòrnirntnto di gioje

r aveva fatto^H; BfcL'fct^^e venduto da

quattr" anni addi^^ai£b^T(|fcrÉ dì Beau-

t)ais. Era queftì un Vecchio fordo, malattie-

ciò, e feempiàto che viveva fempfe in un lo-

cò fuo di delizia pòco difeoftò dalla fuà Pa-

ula . Non aveva che un' unica Figlia per cui

comperò quelle gioje. Ma qùefta, innamorata

un palmo fopra la frotfte d'un Giovinetto af-

famato che afpirava ad urta carica militare ,

era fuggita fecó luì per non ifpofare ùnofgra-

giato Gentiluomo che a viva forza voleva dar-

gli fuò Padre. Tfe. affili erano pattati" dopò'

quella fuga. Non fi feppe mài ài certo fé fi'

folle fpofata. Si fapeva bensì che abbandona-

G ì t*

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<§£ 102 $ft

ta ella rimafe iti Italia dall' amato fuo

Giovinetto . Ciò feguì in Milano ove ven-

dute aveva le gioje, per mantenerli. Ecco le

ftrane combinazioni del cafo! Corradino com-pra in Milano quelle gioje medefime ch'erano

in vendita da un Mercante. Le impegna in

Parigi a quello fteflb Negoziante che le ave-

va fatte legare. Quefto fofpetta che Celino fia

la ram minga Conteflìna di Belfiore. Si diffon-

de la fofpizione. Alcuni giurano d'aver vedu-

ta più volte quefta Conteflìna e di conofcerla

bene, Efaminano attentamente Celino» e tro-

vano in lui una fomiglianza così perfetta col-

la medefima che convengono nell'unanime pro-

tetta ch'era veriffimo quanto il Gioielliere pen-

tito aveva. Si feri ve' al Vecchio Conte che

lua Figlia è mj^arigi con uno che chiamai!

il Marchefe di IfcemarL Quefto fordo va fu-

bito a Ikattvais wTaccotnand^fr-al Velcovo ,

perchè s'interponga qnd^ajmjtfeftare e chiu-

dere nel Jà^^^ÉÉ^^ Wr° difeofto dal-

le fD'onde dJÉÉPfMfi^^^ffovo lo amava e

aveva prefWra d'fTervirlo . Scrive lubito una

Lettera al Cancelliere del Confìglio delle Tat-

ti ch'era fuo ftretto Parente . Lo informa di

tutto e caldamente lo prega 'di maneggiarli

fubito per fare il colpo afpettato. Confegna il

Foglio a un Cameriere del Conte incaricato

di dover riconofeere s' era veramente fua Fi-

glia quella che a Parigi tale credevafi. Co-

ftui efrguifee la fua commiflìone. Confegnata

al Cancelliere la Lettera fi porta in traccia

della creduta (uà Padroncina, e refta egli pu-

re ingannato. Bifogna dunque concludere che

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*£ io 7 28*

1q né Io abbandonò giammai nella povertà ,

o nella ricchezza. Sarà Tempre nella fua Sto-

ria un punto di ftupore il rifleffo eh' egli ab-

bia perduto un Teioro al giuoco quando non

gli mancava un' abilità imprendente per po-

ter apprendere a barare, ed aveva un' animac-

ela neri fiima capace di qualunque iniquità*

Le cofe fatte da lui in un folo mefe di tem-

po che pafsò girando intorno 1' Ifola di Fran-

cia, così veftito da UfìTaro, tali fono che il

genere di quello Libro non ne comporta la

circoftanziata deferizione . Oltre il lucro dell*

Aftrologia quello fi procurava di recare alla

Cafa di qualche Signore , in ora eh* egli noti

c'era, una Lettera fcritta da lui nella man-gione toltanto con qualche Fagottino conte-

nente della fabbia, della paglia, e talvolta

qualche cofa di peggio . Faceva!! pagare il

porto e corbellava così or l'un, or l'altro .

Lavorava la notte in due ore fole di tempocinquanta crocette che vendeva nel giorno fe-

guente a' Villani aderendo che recate da Ge-

rusalemme le aveva. Con degli offi d'Anitra

o di Gallina rotti e fchiacciati formava alcu-

ne polveri accreditate da' criftalli , in cui

erano chiufe , e da' loro ben travagliati

contorni. Per elitarie con più facilità l'Em-

pio le faceva credere certe medicine ch'hanno

maggiore riputazione appretto la gente baf-

fa , e giurando che fanato aveva il ta-

le o tal' altro trovava finalmente l'Aloc-

co che faceva fpefa . Vantando d* avere cer-

te immagini miracolofe premetteva di rizzar

gobbi , fanare florpj , illuminare ciechi . Adognu-

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<•£ iò8 $ft

ognuno fpremeva il fuco vitale della Borfa ,

ma in fine l'Orbo cominciando a camminarfenza guida dava la tefta nel muro, il Zop-po lafciando le flampelle cadeva in terra , e

il Gobbo {offeriva il martirio di lafciarfi un-gere la gobba con dell'olio bollente dall' attu-

to Impoftore. Dove mai non giunge una cre-

dula ftolidezaa, quando da iwi* aftuzia raffio

nata venga prefa di mira?

C A-

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<•$ 109 3*

CAPITOLO XV.

Vompa fatta da Corradino del fuo Juperfizjate

fapere . Vede Celino . Modo con cui fé la in-

tende con ejjo . Come fa credere d' averlo

trasformato, di Donna in Vpmif.

ERa giunto nelle vicinanze di Compiegne %

il noftro Zingano ardito , ad un Vil-

laggio in cui e* era uno ftrepifiofo concorfo acagione di cert' annua folennità eh' ivi fi ce-

lebrava. La figura, il veftito, la franchezza

fua, attraevano i guardi di tutti. Al fuo fo-

li to era mezz' ubbriacco e ripieno d' allegrez-

za, di vivacità, di foco. Si fentiva una vo-glia sì grande d'aftrologare che non V avevapiù avuta . Salito Copra una pieciola zolla er»

bofa fi mife a gridare: venés , wnés. In po-chi momenti gli s'affollò intorno una moltitu-

dine di (ciocchi Villani. Tutti lo guardava-

no attentamente colla bocca aperta ed im-mobili come le Statue . Colui parlò un poconel (no gergo, e chi sa mai cofa dille? Ra-gionò lunga pezza anche in lingua Italiana .

Que* ftolidi lodavano ciò che non capivano e

guardandoli l'un 1' altro, colle ciglia in pun-to ammirativo , quante lingue , dicevano ,

quante lingue ha in bocca coftui? Finalmentetraffe fuori Corradino la Zingarefca lua can-

na , ed offerfe la fua abilità per aftrologare abuon prezzo. Un certo Abbatino di Compie-gne che voleva fare il faccente gli s'accollò e

guardandolo in faccia con un forrifo, (prezzan-

te,

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te gli fece^ alcune interrogazioni a fine di far-lo comparire un Impoftore ignorante. Di chePaefe fiete? gli chiefe in prima . Di Sues, rl-

fpofe l'accorto, picciolo luogo d' Egitto fuimar rotto da cui prende il nome queir iftmofamofo che unifce all' Africa, l'Afia. E qualè il linguaggio voftro naturale ? L' antico Co-ptico di cui Tufo è foltanto riftretto, al pre-fente, alle fole funzioni facre de* Copti. Ma eperchè vi chiamate Zingano , e donde traete1' arte d* indovinare ? Deriva la noftra deno-minazione da un certo Zingano illuftre capodi quella errante Nazione 3 che in più Paefidel Mondo fi refe tanto famofa colla forzadell'armi, e colla feienza dell'avvenire. L'o-livaftro della mia carnagione e uno de' fegnidiftintiyi eh' io pure procedo dalla medefima.Non bifogna confondere i pari miei co' Ciar-latani da Piazza. L'arte d'indovinare o la

traggo col mezzo de* morti, ed allora chia-mafi Negromanzia ; o con quello del foco e

iri cafo ^tale s' appella Viromanzia . L'acre-inanità è quella in cui ci ferviamo dell' aria ,'

l' Hìdromanzia dell'acqua ; la Ùeomanzia del-

la terra , e la Chiromanzia delle linee della:

palma. Voi, Signor Abbatinò, che m'inter-rogate con queft' aria pedantefea, avere maiIetto il Bi//y nel fuo Tombeau de ? urologiejudiciaire? l'Indagine nella fu a IntroduHion alaC'womancieì il Ta*ìl nella fua ^ijìrohgie

& Tbijìonomìe en leur fplendeur? L'\Arcan-dam des TreditionJ d' <Aftrologie ? Il Rhompbi-le 3 o il Tricafse neìla loro Chyrotnance ? Vùidamantius o il Meldmpe nella loro Th/iàto*

mie?

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«g in m

mie ? Sapete voi fé quefti fiano Uomini y qBeftie? Volatili o Quadrupedi ? Se fi mangi-no arrofto , o aleflo? Avete veduti i cartoni

nemmeno del Libro intitolato: Trans curieux

de ?\Aflr~ologie Jtìdiciaire ? Intendete il Latino

o fono per Voi Libri arabi quelli ch'hanno il

feguente titolo? Ranzovii TraBatus odftrologi'

tus ; Tratorti Thesaurus Ctyromàntia . Codi'

tis Chyromantia > (9* Thfionómià ^Anaftajis ;

Tfaifnerit Chyromantia , Tbyfionomia, jljlrolo-'

già naturali* Ì5" judiciarìà 3 (p ars divinatrix •

Ci vuol altro eh' un abito nero, e una zaz-

zera impolverata per mettere in foggezìone i

miei pari! Sapete Voi che non c'è cofa Ram-pata in prò o contrà la mia profetinone chenon mi fia nota; e che tutti ì £affi più im-porranti degli Autori che vi ho nominati a in-

tefi a foftenerla , o a metterla in ridicolo , li

ho (colpiti nella memoria / Sapete voi chequanto fcriffero i Poeti e i Storici Greci e La-tini per autorizzare co'fatti l'arte d'indovinarelo so a mente come il mio home? Sapete chefé m'abbandono al prurito d'una diflèrtazio-

ne apologetica del mio mefliero vi fo partire

ftordito? Che in propofitò ancóra d*augurj ^d'incantefmi, di (ortilegj, ho Un Libro in que-fte quattro dita di fronte da far vergogna al-

la Fiiojofia occulta d' ^grippa j al Mondò in-

cantato del Beher; alla Demonomania del Bo*din i a' Secreti ammirabili d' Alberto Magno ,<

e alla Magia fettentrtofiale d' Olao ? Bifognafludiar per fapere e non aver più cura di col-tivare la chioma che lo fpirito. Guardate là

che Figurina da Quadro! Piuttofto che all' Al-tare

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<•£ H2 $*

tare pare che fiate deftinato al Teatro ne unBallerino può comparire in ifcena con un' at-tillatura che fia più della volìra compiuta.Chi sa quanto di più l'infervorato Corradi-

no detto gli avrebbe fé l'Abbatino vergogna-to ed attonito, non fi fotte partito dal circolo

fenza rifpondergli nulla * I Villani applaudi-rono colle mani l'eloquentiifijTio Zingano , e

colla tetta piena degli Autori e de' Libri dalui nominati gran Uomo, dicevano, granUo«-mo ! Tutti vollero aftrologarfi e partirono con-tenti anche fenza un denaro in tafea. Così l*

Aftrologo fece buona giornata e l'Abbatinocredendo di fcreditarlo gli fece acquiftare ripu-

tazione. Continuando ad approfittarli del fuoingegno con tali o limili fuHberie , fi davabuon tempo, ammaliava denari, e avanzava-fi alle fponde del Marne, dovè gli fi apparec-

chiava un incontro che gli lomm>niftrò l'idea

dell' ultima prova che diede al Mondo della

fua fina malizia.

IL Ritiro in cui ftava chìufo Celino era ifo-

lato. Pochiffimi Villereccj Tugurj erano fparfi

nelle fue vicinanze . Il Fiume prenominatofeorreva mezzo miglio in circa lontano dal

medefimo. La più vicina Ofteria era fituata

a ponente del luogo prefato e difcolta due mi-glia. Celino viveva tranquillamente là dentro.

Tutte lo credevano la Conteffina di Belfiore .

Il creduto fuo Padre giurato aveva di nonpiù volerla vedere. Pagava molto perchè fofTe

trattata da Dama e cercava di fa pere per al-

trui mezzo s'era maritata, e cola le folle av-

venuto dacch* era fuggita da lui, fino a quel

tem-

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W£ «u $•>

tempo. CW/«o faceva il Cordo a tali interro-

gazioni . In quefta maniera non correva ri-

fchio di fcoprirfi. La perdita della fua libertà

riufcivagli amara. Ma la confiderazione che

colà nulla gli mancava a'bifogni, e a* como-di della vita; che l'eflere divifo da Ccrradirto

era un bene per lui onde non avere una con-tinua tentazione dappreflb; eh' una volta ol'altra farebbe perito fé rimaneva con effo ,

gli faceva guardare con indifferenza le fue

catene. E* certo in oltre che in quel Ritiro

s'innamorò d'una certa Madamigella Devili?

€ che nutrendo occultamente la fua padìone

non fi fapeva rifoJvere ad allontanarli da lei.

Il giuramento di fedeltà alla fua Enricberta

lo teneva in freno, ma chi sa Te avrebbe vin-

to fempre sé fteiTo quando più a lungo fifof-

fe eftefa la fua dimora colà?

La di lui ftanza era fituara in un angola-re eftremità del fecondo piano del Ritiro. Ri-ceveva il lume da due balconi coli* inferriata

al di fuori, l'uno de' quali guardava fópra il

Giardino e l'altro fopra la iìrada. Egli s'era

chiufo nella medefima, e flava feduto fui da-

vanzale guardando la Campagna e la varietà

degli oggetti che la coprivano . Il Sole decli-

nava all'Occidente. Corradino eh' era (tato apranzo nel)' a vvifata Ofteria, s' avvicinava al

Ritiro; perocché fperava di far buona giorna-

ta astrologando le Donne ivi chiufe . Celino

lo vide alla larga e non deviò il fuo guardoda lui finché non giunfe a ravvisarlo . Fugrande la fua (orprefa. Sputò e tofsì ad arte

per farlo alzar gli occh). Così fece l'Aliato

H e non

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m 114 me non efitò un momento a riconofcere il fuoCelino . Diede fegno , co' moti , del fuo (tu-

pore, e già voleva parlare, ma il Giovinettogli fé cenno dall'alto che tacefle, e ftefle fer-

mo colà . Si recò pofcia dentro la Camera e

fcrifle fopra una carta, che gettò dappoi iniftrada con entro un faflolino, quefte pocheparole: Scodatevi per carità da quefto Ritiro .

V attendo alla meta della notte» Ciò fatto tor-

nò di dentro; perocché temeva d'efTer vedutoda qualche iua Compagna ad intendetela conlui. Corradino prefa la carta, la lefle, e paf-

fo paiTo tornò all'Ofteria. 11 fentiero era di-

ritto e d'uopo di ftudiarlo non ebbe per affi-

curarfi di non errare ripagandolo nella nottevegnente. Cenò, (lette allegro, e s'appagò d*

una certa bizzarra invenzione fuggerìraglì dal

penfiero, dì cui ne vedremo tra poco gli ef-

fetti. Fecondo Tempre nella fua immaginati-va potenza chiefe all'Olle fé aveva del carto-

ne da vendergli . Per buona forte ne trovò in

tanta* quantità, e così fottile com' appuntolo bramava. Con un agone da lacco e del

fpago fi fece in breve tempo una canna sì

lunga da poter parlare all'orecchio a Celino

dando in iflrada. Veniva quella comporta di

dodici pezzi che fi fiaccavano ed attaccavanocon fomma facilità ', laonde potev' egli por-

tarli tutti l'un dentro l'altro nelle lunghefcarfelle del fuo veflito. Arrivò la mezza not-

te quand' appena ei giunfe al Ritiro. Celino

fu di parola . Gli aveva apparecchiata unalettera per non parlare, ma non la gettò al

baffo nemmeno quand' offerita fi vide all' 0-

re«-

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*fe "5 3#

rocchio la canna dì cartone. Colla medefimà^fenza rifchio di dettare alcuna Perfona , fi rac-

contarono a vicenda quant" era ad eflì acca-duto dopo la loro di vinone," indi ftabilirond

un accordo che fi vedrà quale foflfe da quan-to jegue

.

Nella mattina del dì feguente comparveCórradino in una fpezie di Parlatorio, o*e dauna Grata divife, accoglievano le viGte , le

Donne di quel Ritiro. Celino , a tenore del

concertato, colà tròvavafi con molte Amiche.Il Èingano tutta usò la fua fagacità per far

impreflìonè rie' loro cervelli. Tra tanti fecretì

che vantò di poltedere prometteva arìcora dì

cangiare una Dortna in Uomo. Tutte fi fcom-pifciarono dalle rifa udendo un tale fpropofi-

to. Ah fofle veroi diiTe Celino, eh' io farei là

prima à darvi tutto quello che ho al Mondòper quefta trasformazione! Bene, diflel'Aftro-

logo, mi contento di dieci foli Luigi , ma lì

voglio anticipatamente, e (e non fiete un Uo-mo prego il Cielo a farmi morire im'provvifa-

mente e dannarmi all'Inferno. Quella efpref-

fione era un gioco bene intefo nel fuo fenfo^

da Celino* Egli corfe a prendere i Litigi* Glie-

li diede e ricevè dal Furbo poche goccie d'unliquore aromatico che toftd bevette i Corradi-

no gli teneva una mano alla fronte e bòrbot»

éò nel fuo gergo alcune parole. Tutte le Don»he s'erano affollate Intorno Celino. Oh Paz-

za , gli dicevano, oh feiocca, cofa mài cre-

de? E' corbellata. Mentre ognuna rideva tut-

io è fatto, gridò Corradinó. E* veriflìmo. Ce-

lino diffe, oftenràndo uno ftupore grandini»

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m n6 $*

«no. Due Vecchie furono fcelte 3II' efame e

quelle gridando: è vero, è vero, mifero tut-

to fotfopra il Ritiro.

CAPITOLO ULTIMO.

pelino torna in liberta. Corradìno corbella die-

ci donne del Ritiro, Guardie che tentate ar~

reftarlo, e ftrage fatta da lui. S'accompagna

con Celino. Sua morti che dà conclufione a

quefi Opera.

E*Inenarrabile lo fcompiglio, la con fti (io-

ne, lo ftupore, ch'apparivano in volto

à tutte quelle Donne curiofe . Se la modefUanon l'averte viecato ciafcheduna avrebbe vo-

luto certificarli cogli occhj proprj della tras-

formazione ftupenda. Sebbene come dubitar-

ne fé ad una ad una tutte le Vecchie grin-

zofe ratificavano, colla teftimonianza de' lo-

ro guardi , la veridica aflerzione delle due.

prime? Sarebbe un adulare il bel Serto negan-

do gli eftremi di quella credulità che fpeilò,

gli é tanto fatale. Ma gli fi farebbe una ma-nifefta ìngiuftizia non accordandogli quell'ec-

cezione che fuole patire ogni regola umana .

La femminile popolazione di quel Ritiro ce.

ne porge l'efémpio onde fanamente giudicare

del Mondo donnefco , col paragonare lecita-

mente alle grandi le picciole cole. Prefcin-

dendo da quattro, o fei, Donne di fpirito ,

che non dubitavano nemmeno che Celino for-

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m ni **

Te (tato un Uomo anche prima di bere te

goccie , tutto il redo d'effe attribuivano al

fingano il merito di quel cangiamento. Im-maginiamoci pregiudicate da queft' ignoranzaalcune Mefchine che (lavano colà carcerate

per indiferezione de' loro MaHtì; altre che fi

lagnavano della Natura continuamente perch"

Uomini non erano natej e vediamo poi fé et

retta a (lupi re che per ricuperare la libertà,

colla fperata trasformazione , fi fiano. effe pri-

vate di quam' avevano dì meglio. Ci vole-

va altro per difingannarle che le forti ragio-

ni delle loro fpregiudicaté Amiche? Chi met-teva fuori un Orivolo, chi una Tabacchiera \

chi uno aftuccio, echi i denari. Ognuna pa-reggiava il valore di dieci Luigi 3 e faceva agara coli' altre per effer la prima a cangiarli-

Ma Corràdino che non voleva, a norma de"

fuoi dilegni, efercitare la frode fé prima nonvedeva Celino fuori del Ritiro ,

f

prefe à dire

così . Signore mie adeflb non porto fervirvij

Mancami il prodigiofo liquore e tra andata e

ritorno biibgna che fei miglia io cammini per

averne qui quanto me ne occorre.. Torneròverfo fera e promettovi di Soddisfarvi "tutte

in una volta in pochiffimò tempo . Ciò det-

to partì e 4iede colore alla fua finzione. Tor-nò all'Olteria, pranzò .> rifé, e fi difpofe acorbellare quelle povere Giovani eh' intanto

facevano d' ògn' erba fafeio per unire diecii

Luigi per ognuna e apparecchiarli a queir Em-pio.

Celino non celiava di proteftare che Voler

va fubito ufeire. Le Giovani tentavano inva-

li j ho

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«•& nS $*

no di difluaderlo. Le Vecchie governatrici ve-

devano i pericoli che poteva far incontrare

la fua dimora. Dilicate di cofcienza non a*

vevano quiete penfando d'aver* un Giovinetto

s\ bello là dentro tra tante Donne rabbiofe .

Non vedevano 1' ira che fortifle dal Ritiro ;

ma poi come regolarfi verfo il Conte di Bel-

fiore creduto fuo Padre ? Penfa e ripenfa , fi-

nalmente rifolfero d'abboccarli con un certo

M. Tremblant ch'era il Capo di (ei Guardiepedinate a ftar lempre in armi apprettò V u-

nica Porta del Ritiro, ond' impedire qualun-que violenza . Ad etto narrarono il cafo fe-

guito e lo fecero fmafcellare dalle rifa . Ba-tta, gli dittero, fia vero o non vero il can-giamento, ora fiamo certe che la Contettìna

è un Uomo e qui non ha da ftare. Fate al-

ìeftire un Legno a due Cavalli e conducete-lo da fuo Padre, a cui racconterete tutto ciò,

che vi ho detto . Fatevi precedere da dueGuardie per maggiore decoro. L'efccuzionefn

pronta. Celino con tutte le cofe fue partì .

Credefi ch'egli fi fia lafciato novamente fe-

durre dal fuo Compagno ali'onefto fine d* al-

lontanarli da Madamigella Devi/le , per cui

fempre più ardeva d'amore. Non voleva man-care al giuramento che kcc per Enrichetta ,

né tanto fìdavafi di sé medefimo che fperaf-

fe di vincer fempre la vigorìa della carne

continuando a vivere nel pericolo . Vero benè eh' anche fenza la frode àiCorradino ei po-

teva fortire manifeftandofi qual' era . Matalvolta certi riguardi impedifeono delle buo-

ne operazioni anche alle Perfone meno fpre-

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ttS ÌÌ9 %*

giudicate. Cecino non aveva cuore di dire: fonUomo. Bramava di fortire fenza vergognarti.

Aveva bìfogno d' un impulfo . Nella finzione

del fuo cang'amcnto confifteva la fua inno-cenza apparente. Lafcìamolo ia viaggio per i

contorni di Beauvais e torniamo a Corra-

d'ino.

Coftui empiuta aveva nell'Ofteria una Boz-zerta del fuo liquore aromatico, o fia d'acquadi Cifterna impregnata un poco dell* oleofafo-

ftanza di qualch* aromato meflo in fufione

nella medefima. Tornato all'ora prefcritta nel

Parlatorio, fi vide attefo con impazienza daquelleFemmine che bramavano cangiarli di fef-

fo. Siccome prima del fuo ritorno s'era detto

prò e contra di lui tutto quello che feppero

fuggerire tanre fantafie rifcaldate dallo (pirite*

di partito , così le quattro Guardie rimafre ,

prefo avevano l'impegno di ftare alle foglie

dell' ufeio del Parlatorio, e non lafciare ulcire

colui, cafo che dopo l'anticipato pagamentonon averte fatto il prodigio prometto. Corra-*

ditto vide coftoro fermi nel fito accennato,

e pensò fubito il vero . Ma quelle quattro Fi-

gure non gli davano fuggezione . Di fatti

erano Villani feiancati, d'età matura, e d'

una certa fifonomia da Poltroni . Egli confi-

dava nel tuo core, nella fua avvedutezza, e

nell' armi che feco aveva. Sono qui, Signore

mie, prefe a dire, e meco ho tutto il biso-

gnevole per fervirvi. In quante fiete difpofte

alla trasformazione? Fuori denari e lalciate la

cura a me. Soltanto dieci furono quelle che

li avevano pronti. Da loro ricevè colui cento

H 4 Lui-

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m uo mLuigi computando il valore d'alcuni capi di

roba d'argento e d'oro. Ognuna gli fi prefen-

tò con una chicchera in mano e da lui ebbeun eguale porzione di liquore. Le fece poi ,

Corradi™ , ftendere tutte in fila l' una in fian-

co dell' altra, e fecegli fare una fpezie di mi-litare efercizio in tre tempi. Il primoeraquel*Io d'alzar la mano, che flava ferma al pet-

to, fino in faccia alla bocca i il fecondo d'

apprettare alle labbra la chicchera ; il terzo di

bere. Che bella Scena farà fiata quella a ve-dere quel!' Importare franchiamo con una gra-vità da Uffiziale e fentirlo con imperiofa vo-ce gridare : alza .... accofla .... bevi .

Immaginiamoci quelle dieci Femmine così

fchierate ad accordarli efartàmente in ognilormovimento e poi, fé polliamo , facciamo ameno di ridere come ridevan le loro circondan-

ti Compagne e le Guardie. Colui tratteneva,non so come, le rifa. Ad una alla volta po-ie a tutte lui la fronte la mano, e difle nelfuo gergo quanto gli venne in bocca è Ciò fat-

to correte, difle, correte tutte a chiudervi inuna Camera , e dopo un' ora di permanenzanella medefima ufcirete Uomini . Alcune più(ciocche volevano farlo, ma quelle eh' eranoqualche poco accorte come, dittero, la Con-teflìna non ebbe d'uopo di tanto, voi ci ave-te tradite, vogliamo i noflri denari, non vo-gliamo entrare in Camera . Bene, Signore mie,foggiunfe l'Empio dopo un forrifo, fé non vo-lete andare in Camera ftare là ch'io vi fac-

cio un* umiliflima riverenza , e vado pe* fatti

miei. Tutte allora gridarono: Olà, guardi

fer-

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fermate colui, toglietegli Toro noftros am*mattatelo.

Corradino s'era avanzato fui limitare della

porta per evitare il rifchio di reftar ferrato nel

Parlatorio. Quelle quattro Guardie da Cafotto

gli fi affacciarono e con ceffi minaccevoli gì]

intimarono di metter fuori l'oro truffato. Egli

come fé aveffe avuto a fare con quattro Bam-bocci di cencj, fé la prefe Con tutta l' indiffe-

renza e mettendoli a ridere non rifpofe nem-meno * Due di coloro ch'erano i più corag-

giofi mifero mano all'armi, ma fu più pretto

di loro Cotràdìno e con un coltello da Caccia

all'uno tagliò il nafocon una giuftezza arato-

mica, e all'altro divife il mento in due par-

tii Caduti al fuolo quegl' Infelici tutti innon-

dati di fangue ebbero appena voce e fpifitodì

dire flebilmente: fon morto. Gli altri due fi

Melarono cadere l'armi di mano , e ad onta

delle loro naturali imperfezióni fi mifero a

correre come Lacchè. L'Empio li guardava

e diceva forridendo: Veh ! Veh! che bravi Sol-

dati! Egli prefe la via di Beaitvaìs per accom-

pagnarli con Celino, giacch' aveva intefo dov*

era flato condottò. Nel giorno* feguente trovò

per viaggio M. Tfemblant coll'altre dueGuar-

die, che tornavano al Ritiro. Oh buon gior-

no, Signor Uffiziale, gli diffe, cos'è del Con-

tino dì Belfiore) L'ho condotto da fuò Padre,

rilpofegli il Francefe, eh* è fordó come un ma-cigno. Gridò quando lo vide , fupponendolo

ancora Donna, ed io intanto per non romper-

mi la tefta fono partito . Adeflo fé la intende-

ranno tra di loro. Ma dimmi , caro Zinganomio.

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<•% m %fc

mio, com'è quella faccenda? Io già non cre-

do nulla intorno alla trasformazione. Non cre-

dete nulla ? Tornate, tornate al Ritiro che ne

trovarete altre dieci cangiate in Uomini .

Guadagnai jeri cento Luigi, e lafciai a duedelle voftre Guardie tali fegni della mia gene-

ralità ch'avranno motivo di ricordata" Tempredi me. Buon viaggio Tremb/anp. Addio Zin-

gano. Così fi dividero

.

Arrivato Corradino a Beauvais ritrovò Ce-

lino . Gli chiefe come l'aveva pattata. Felice-

mente , rifpofe . Con un Luigi di mancia hoperfuafo M. Tremblant a partire fubito dop'

avermi condotto alla prefenza del Co: di Bel-

fiore. Rimafto folo con lui guardommi in fac-

cia feveramente indi, mi ditte: Temeraria che

vuoi qui? Non fon più tuo Padre. Fuggi dame . Allora maggiormente comprefì che mol-to io fomiglio a quefta fua benedetta Figliuo-

la. A forza di sfiatarmi gli feci intendere eh'

io fono uomo, che fui arredato in fallo; chenel Ritiro ho palefato il mio feffo; e che fui

condotto alla fua prefenza per K>gliergli ognidubbio della fedeltà delle Governataci del Ri-tiro. Oh corpo di Bacco! cos'intendo mai ì

Egli prefe a dire. Ho fpefo tanto finora per

caftigare mia Figlia, e cafligava uno chenoaha colpa. Non so che dire. Sono perfuafo .

Andate che il Cielo vi benedica. M'ha la pro-

va convinto. Lo falutai, e partito dal fuo Pa-lazzo qui venni . Ma voi , Corradino , comela finifte al Ritiro? Colui gli narrò quant'a-veva fatto e inorridire Io fece. Si partirono daBeauvais e prefero la via della Lorena, a fine

di

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<•£ m Sto

di pacare di là in Allemagna, Chi sa maicofa prometteva!? colà Corradino? Ma il Cie-

lo fianco di l'offerirlo l'appreffava agli orli del

Sepolcro, e ferbava il colpo alla vendicatrice

fua fpada.

Erano giunti nelle vicinante di Reìms, Ara-bidue vediti da Uomini, e in arnefe da viag-

gio, erigevano colla fantafia delle macchinedi nova invenzione. Ma Celina altro non fa-

ceva che fecondare il Compagno . Era fvo-

gliato, melanconico, afflitto, Crefceva la fua

triftezza coli' orrore d'un temporale che to-

gliendo al Mondo Ja luce del giorno s tutto

copriva di tenebre e minacciava la terra. Scof-

fe dalla furia del vento s' abbacavano e rial*

zavanfi le Piante formando nella veemenzadelle loro agitazioni un orrido mormorio. Sol-

levata la polvere della ftrada in denfi globiondeggianti avvolgeva nella fua difperfione i

noftri Zingani erranti . I lampi li abbagliava-

no e li affordavano i tuoni . I! feroce Corra-

dino , avvezzo a trefear colla morte , ridevafi

di quel nero apparato, e mentre pure comin-ciava a flagellarlo la grandine , quafi per

ifcherzo cantava:

3, Venga fulmini, nembi, e il Mondo cada

La combinazione parrà un' invenzione inge-

gnofa di chi fcrive la Storia prefente, quand*è pure un' effenziale verità . Una faetta lo

colfe e incenerito lafciollo quand' appena com-piuto aveva il verfo preallegato. Ecco inqualmodo finì di vivere quel Corradino che fi re-

fe

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«$ 124 %k

fé più celebre per le fiie Iniquità che per là

rarità del Tuo ingegno. Felice lui fé coltivan-

do que' doni concertigli largamente dalla na-

tura, ò profondato fi fofle nello ftudio delle

Matematiche, o dedicato alla gloria dell'ar-

mi. La Repubblica delle Lettere trovare po-

teva in eflo un foftègno, o forfè forfè, l'Eu-ropa ancora avrebbe avuto in queftó Secolo

il fuo JLouli-Kan. Un talento nell'ampiezza

fua tanto penetrante, generale, ed acuto, ac-

cappiato ad uri animo forte fprezzatore de'piùt

tremendi pericoli i poteva formare d'effo unEroe quando colla coltura dell'intelletto nonavefle mancato di regolare il coraggio. Alfianr

co d'un Soldato una fpada è onorata , è di-

venta infame ih pugno d'un AflafTino. Quan-ti applaufì ottenuto avrebbe quel valore, fpe-

rimentato faralmenre da que' Soldati di Pa-

rigi, e dalle guardie del Ritiro, s' egli nonfolle flato conol'ciutb per un Empio. Secondoquanto proteflato aveva pia volte , fece colui

quella morte che desiderava; • perocché fenterr-

do che qualcuno era flato uccifo, o all' im-provvidi èra morto, ah, diceva, fofle almenocosì anche di me al termine deftinato della

mìa vita!

Qui ha fine la Storiella preferite* Lo Scrit-

tore della medefìma è informato che Ce/ino hi

debitore alla morte ferale del fuo Compagno,'di quell'edificanre ravvedimento che fegnalò

finora il refto dell'efemplare fua vira . Egli sa.

in oltre molte cofe di lui eh* ingroflando que-

llo Volume potrebbero renderlo pi Ci intereflan-«

te e foddisfare la pubblica curiofità, che in

CCf-

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*$ %u m

certo modo refta quivi delufa. Ma. non ofadi

manifestarle, perocché gli è noto che Celino

ftà, prefentementc, fcriyendo un Libro intito-

lato 11 'Romito, il quale comincia dove queftq

finifce e contiene le memorie di quella vita

che ei prefe a condurre col fuo pentimento .

L'onefto fine di non prevenire il Mondo conifVantaggio dell'Opera eh' è dietro a compila-

re il Suddetto', limita l'Autore della prefente

a quefto fegno dov'ora è giunto. AlmenoCV-lino gliene fappìa buon grado e in grazia di

tale convenienza lo feufi, fé fcrifle di lui con

troppa libertà, o fé forfè» involontariamente a

gli attribuì delle cofe che non fon vere.

Da tale particolare lufinga, il Compilatore

di quefta Storia , palla alla pubblica protetta

dì non farli mallevadore di quanto foiiTe «

Quantunque le fonti da cui derivate gli fono

le notizie al fuo lavoro infervienti , (embrino

pure e di fede degniflime , ciò null'oltante ,

per non riportarli ciecamente all'altrui aflfer-

zioni, egli ha femore in vifìa quell'ignoranza

de' fatti, quello fpirito d'odio, o d'amore, e

quelle tant'altre paffioni, che guaftano le più

belle Storie antiche e moderne . Non manche-

rà chi l'acculi d'efferfi affaticato intorno un ar-

gomento che non meritava la (lampa , comenon la meritavano le vite d'un Totleben^ d'

un Cartoccio, d'un Mandrino. Ma finalmente

i Zingani fono un efempio di fpavento agl'Ini-

qui, e di conforto a quegl* Infelici che gemo-

no fotto l'incarico delle lor colpe. Uno é fe-

duttore, 'l'altro fedotàQ. Il primo incallito ne'

(Uoi misfatti vien fulminato dal Cielo . Eccola

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<•$ 12*5 %*

la fine de* Scellerati. II fecondo fi pente e ri-

nate a una vita d'Innocenza e di Santità .

Ècco un ajuto a chi tenta difcioglierfi dal le-

game de'vizj. Quanto a Corradino l'abbiamoveduto. Tocca a Celino moflrarci il refto di

sè medefimc, acciocché fé biafimato l'abbia-mo finché fu Zingano , Io polliamo lodare cri-

me Romite»

i t FINE-

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Agli Amatori delle Novità

ANGELO GEREMIALibrajo in Merceria

All'Infegna della Minerva»

OGNI Negoziante tiene Tempre pfov*

veduta la Aia Bottega di quelle cofe

che fono più dell' altre addotate dall*

ufo corrente e dallo fpirito della Moda che fi-

gnoreggìa le più colte Nazioni . Chi vende

non ha da filofofare fui gufto di quello che

compra né deve sforzarli dì cangiare la te-

tta ad un Pubblico che ne' fuoì paiTatempi

legge non vuole che da fé fteflo . Le cofe

tutte hanno il loro tempo , e vi fono de*

giorni ne' quali l'Uomo più grave e feienzia-

to gode dì lafciarfi fedurre dalla lettura <T

ìiti qualche geniale Libretto . La Verità, e la

Virtù inacceflìbili fono alla maggior parte de-

gli Uomini quando fpoglie fi trovano degli

adornamenti dell'arte.

Vagliano quelle poche ragioni a giuftifi-

care la fcelta da me fatta d' una galanteOpera periodica a fine di uniformarmi al ge-

nio del noftro Secolo.

La Nave in Viaggio , o sia Racg*)L-ta d* Avvenimenti Piacevoli è il ti-

tolo deftinato alla medefima . Ogni quindici

giorni ne ufeirà una Parte comprefa in quat-

tro fogli. La qualità della Carta , e del Ca-rattere farà la ftefia del Manifejlo prefeme*

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Il' prèzzo rlfìretto alla discrezione di Coiài

15. alfa Parte . La Prima farà pubblicata im-mancabilmente alla metà del corrente. Ago-fto. Una breve nece0aria premetta darà l'idea

generale dell' Opera . L* Aurore del gra-

ziofo divertimento è refo manifefto abbaftan-

za con molte Opere di fimil genere accolte

dall' Italia con un pieniflìmo aggradimento .

Perciò tutto poflb promettermi per lufingare

d' un onefto trattenimento un Pubblico a cui

V unico mio fcopo è , di piacere.

Venezia 4. sA&ofto 176^

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PQ Piazza, Antonio473

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