2016 ANNO XX N° 3 · nella pianura un’archeologia di abitazioni da tempo abbandonate, ......

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PAROLE BIMESTRALE DI POESIA PROSA E DIALETTO 2016 ANNO XX N° 3 LABRATORIO DI PAROLE Circolo La Fattoria BOLOGNA Poste Italiane s.p.a.Spedizione in abbonamento Postale70% - CN/BO Elio Manini: Sogni infranti 2003 Olio su tela 70x100 cm.

Transcript of 2016 ANNO XX N° 3 · nella pianura un’archeologia di abitazioni da tempo abbandonate, ......

PAROLE BIMESTRALE DI POESIA PROSA E DIALETTO

2016 ANNO XX N° 3

LABRATORIO DI PAROLE Circolo La Fattoria

BOLOGNA

Poste Italiane s.p.a.—Spedizione in abbonamento Postale—70% - CN/BO

Elio Manini: Sogni infranti 2003 Olio su tela 70x100 cm.

O Editoriale di Viviana Santandrea O “Il Poeta del mese”, a cura di Rosalba Casetti o Incipit: ”cosa sono qui i bambini…” da una poesia di Robert Minhinnik o Le “pâgin dal dialàtt”, a cura di Viviana Santandrea o La pagina di Tortoreto, a cura di Angela Falcucci o Il racconto: “Quella volta che persi la strada” di Mirella Gresleri, a cura

di Valeria Bragaglia. o Giochi, indovinelli ed altro ancora di Sandro Sermenghi

Anno 2016: ventiquattresimo anniversario del Laboratorio di Parole

Appuntamenti: - Giovedì 15 settembre 2016 dalle ore 15:30 ripresa degli incontri del

Laboratorio di Parole. - Giovedì 5 ottobre dalle ore 15:30 incontro – lezione con il prof. Gianni

Cascone. - 15 settembre 2016 data ultima per la consegna dei testi per la

pubblicazione delle selezioni poetiche dei Soci del Laboratorio di Parole.

Abbonamento annuale 5 numeri € 15,00 Una copia € 3,00.

Tessera ARCI 2016 € 11,50

Iscrizione 2015 al Movimento Difesa del Cittadino € 1,00

Registrazione Tribunale di Bologna N° 8044 del 18/02/2010 Direttore responsabile Primo Mingozzi

Redazione: Anna Maria Boriani, Oscar De Pauli, Nadia Minarelli, Gabriella Penzo, Viviana Santandrea,

Stampa: Copisteria Asterisco snc. Pubblicazione a diffusione interna del “Laboratorio di Parole”

Proprietà

Via Pirandello, 6 - 40127 BOLOGNA - Tel. 051 505117, Fax. 051 6333781, Bar – ristorante 051 7177581 E mail [email protected] Sito internet: www.circolofattoria.it

P. IVA 02552140374 C. FISCALE 80066910375

Movimento Difesa del Cittadino (MDC) è un’associazione dei Consumatori senza scopo di lucro, nata a Roma nel 1987, che opera a livello nazionale ed è indipendente da partiti e sindacati. MDC è membro del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU) costituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico, di Consumers’ Forum ed è anche Associazione di Promozione Sociale riconosciuta dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Inoltre collabora con Legambiente e le principali associazioni nazionali di tutela dei diritti dei cittadini e dei consumatori.

MDC Promuove la Tutela dei Diritti dei Cittadini, informandoli e dotandoli di strumenti giuridici di autodifesa, prestando Assistenza e Consulenza Legale su problematiche collettive ed individuali. Porta avanti una serie di iniziative per rendere i cittadini sempre più informati su come contrastare le Insidie del Mercato, anche attraverso Azioni Legali per la Difesa degli Interessi Collettivi e Diffusi.

I cittadini che hanno bisogno di un consiglio e assistenza legale in tema di famiglia, lavoro, proprietà e locazione di immobili (liti condominiali), consumo e commercio, infortunistica stradale e multe, viaggi e

turismo, possono usufruire, previo tesseramento, della consulenza GRATUITA di un esperto.

E TUTTI I GIOVEDÌ ANCHE SENZA APPUNTAMENTO

DALLE 16:00 ALLE 19:00 PRESSO LA SEDE DEL CIRCOLO LA FATTORIA

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1966 – 2016 Cinquant’anni del Pilastro

“Virgolone” e Palestra arti marziali Sempre Avanti

Fotografia di Lino Bertone 2015

Editoriale

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Perché una poesia è bella?

Recentemente ho assistito ad una conferenza del Prof. Guido Armellini sul tema: “Perché una poesia è bella?” Come egli stesso ha tenuto a precisare, fino al Rinascimento si poteva affermare che una poesia è bella in base a canoni ben precisi che erano la metrica e la rima, ma oggi si può soltanto dire che una poesia ci piace, poiché questi schemi sono ormai obsoleti.

Allora io mi domando: -se possiamo solamente dire “mi piace”, e ciò pre-suppone che questo sia soggettivo per cui non a tutti indistintamente una data poe-sia piace, perché ci sono i concorsi?

Si sa che in ogni concorso le poesie sono sottoposte al parere di alcuni giu-rati, ciascuno dei quali ha un suo gusto personale che deriva anche da una specifica evoluzione culturale; in considerazione di ciò possiamo affermare che quanto viene premiato sia vera poesia?

Io credo di no. Credo che prima o poi sia necessario stabilire dei canoni. D'altronde sono d’accordo che ormai tanto è stato scritto e in tanti modi, per cui è necessario creare sempre forme nuove, che siano neologismi, similitudini o metafo-re più originali rispetto ai classici, però nessuno mi farà mai cambiare idea sul fatto che a chi ascolta debba arrivare un’insieme armonico di concetti ben legati e possi-bilmente formulati con quel ritmo e musicalità che connotano la poesia, la rende fluida all’orecchio dell’ascoltatore, senza parole su cui il ritmo incespica, ma scelte apposta.

Credo che non basti qualche immagine ad effetto, originale fin che si vuole, anche concettualmente complessa, ma situata in un contesto di difficile compren-sione e spesso anche molto più simile alla prosa.

Direte sempre (e a comodo) che la poesia non va compresa. Allora mi do-vrei accontentare di qualche sporadica emozione? Mi sembra poco per definire una poesia “bella”.

Sarebbe come accontentarsi di qualche stella, quando si può contemplare un firmamento, no?

Sempre fedele a Leopardi Viviana Santandrea

Il poeta del mese: poeti gallesi a cura di Rosalba Casetti

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La poesia ha tuttora un peso rilevante nella cul-tura del Galles. Si muove all’interno della con-trapposizione e compenetrazione tra la lingua inglese e la lingua gallese che si era andata quasi perdendo e che si è cercato di recuperare in-sieme alle peculiarità della cultura gallese. Il poeta è un bardo che fa esistere la sua nazione. come poeta politico, poeta al servizio della co-munità, sensibile ai miti e alle leggende, cre-dente nella magia della parola e nel valore dell’arte. È un poeta che scrive in gallese o in inglese e che si sente in esilio dalla propria lin-gua, è un poeta viaggiatore che appartiene a un popolo di migranti, è un poeta profondamente legato alla natura. Eccone alcuni esempi (ho scelto il grande sciopero dei minatori per ricordi personali, scusate). Robert Minhinnik poeta gallese, romanziere e traduttore, gode di un grande prestigio, molto attivo nel movimento ecologista. Da 25 lamenti per l’Iraq

Questi soldati non si sposeranno. sono già fidanzati con le figlie del’uranio. *

Sherazade siede nel calore e nella polvere e guarda il suo secchio che si riempie. Questa è la prima storia *

Prima della fame sete. Prima della preghiera sete. Prima del denaro sete. Prima della sete acqua.. *

Cosa sono qui i bambini se non noccioli di olive sotto le nostre

suole?

Allungati piuttosto a prendere un dattero prima che perda il lucido. *

Un airone bianco e una donna in nero insieme fino al ginocchio dentro al verde Tigri. *

Le sue due melagrane sono accanto al letto

ma la bambina l’hanno portata via *

Il venditore di ghiaccio aspetta sotto il suo tetto di rami di paglia i suoi soldi scorrono nella canalina del

terreno .*

Falene, dico io. No. Guarda meglio, fa lui

fuse col soffitto ci sono le mani nere dei bambini di Amiriya.

Il poeta del mese: i poeti gallesi contemporanei a cura di Rosalba Casetti

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Duncan Bush è poeta e traduttore di poeti italiani e francesi. Estate, 1984

Estate di scioperi e siccità, di picchetti di minatori su bordi ingialliti di cestini e

divieto di innaffiare… e mentre (così almeno i giornali) cinque mesi senza pioggia avevano portato alla luce da qualche parte

nella pianura un’archeologia di abitazioni da tempo abbandonate, il bacino che le aveva sommerse

lentamente ridotto a pozza tra le sponde screpolate, le case interrate ancora in piedi,

in quell’aria secca, cosa non vista da anni e anni; allo stesso modo (ma questo i giornali non l’hanno detto)

le settimane e i mesi di sciopero hanno visto emergere lentamente e nello stesso momento nelle desolate vallate del Galles meridionale

- e nello Yorkshire – a Durham, nel Kent e nell’ Ayrshire villaggi non più agglomerati di case

monopolizzate dalla televisione, ma di nuovo comunità, video e audiocassette di nuovo restituite

congelatori riportati nei negozi - con così poco da metterci dentro, d’altronde e assemblee al loro posto e assemblee

nei circoli ricreativi e all’associazione minatori, proprio come una volta, comunità assediate ma più coese,

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Il poeta del mese: poeti gallesi contemporanei a cura di Rosalba Casetti

dunque più forti, le risorse ora distribuite secondo i bisogni, e disposte per durare, le sale da ballo stipate

di cibo come una banchina del porto, come se un’atavica memoria collettiva, un’eredità a lungo fosse ritenuta romantica

come nel 1926 i racconti fieri e amari dei vecchi, venisse ora imparata un’altra volta dalla generazione dei nipoti

e pronipoti: una sfida e un’unità che nemmeno sessant’anni di indifferenza sono riusciti a stroncare.

Minatore, Abercynon, 1985

Dopo essere tutti rientrati un giorno mi misi a guardare i ragazzi che salivano nella gabbia, disse lui, le loro facce gli occhi bianchi e stanchi nella testa e capii. Ecco, ecco com’è per gli altri, siamo neri, la tribù dei neri britannici. Quando lavoriamo siamo negri. Quando scioperiamo siamo rossi. Il guaio è, disse ridendo – nera la faccia, gialli i denti, rossa la bocca – è che ci vedono in questi maledetti colori primari. E l’unica cosa blu che abbiamo – e si tirò su il polsino per farmi vedere – sono le cicatrici.

INCIPIT : cosa sono qui i bambini …

Incipit

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Per le vie di Napoli Tra i filari di case in via Pinto, un solo percorso, al cinema c’è folla, oggi è domenica.

Solo gli uccelli sul Cipresso guardano i bimbi dispersi sotto il CROCIFISSO.

Nessuno li vede, tranne il fanciullo cieco che tiene il dito puntato al cielo e urla: COSA SONO QUI I BAMBINI?

Luigi Cuoco

Cosa sono qui i bambini? Manichini per capi firmati mentre là, in mezzo al mare, solo numeri da contare.

Anna Bastelli cosa sono qui i bambini … se non semi che giocano nel nulla sotto il cielo di tutti.

Rosy Giglio. Cosa sono qui i bambini

Dipende dal “QUI”

USA valore di scambio nei divorzi CINA forza lavoro che dorme e mangia sulla macchina in officina ITALIA bene prezioso perché unico LAMPEDUSA “ERA” un bambino ALTROVE non mi sento di parlarne

Maria Luisa Bencivenni

Cosa sono qui i bambini. Turchia 2016 Maschi e femmine siriani. Lavoro, 11 ore al giorno Guarda: sorridono mostrando mani e braccia blu jeans.

Rosalba Casetti

Cosa sono qui i bambini soffi d'aria che non ci toccano come onde del mare fermate

Margherita Lollini

Cosa sono qui i bambini, sono la vita, sono tutto, o niente, dipende dal luogo in cui nascono.

Elio Manini

Incipit

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Cosa sono qui i bambini? Sono la tribù dei neri britannici hanno occhi bianchi e stanchi sono farfalle notturne del soffitto

Gabriella Penzo

Cosa sono qui i bambini impronte di luce negli occhi del futuro?

Aurelia Tieghi

Cosa sono qui i bambini? Meraviglia, curiosità, sorpresa negli spazi senza pareti e territori senza tempo. Come sempre! Speriamo!

Oscar De Pauli

Cosa sono qui i bambini?! -Misuratori di cicatrici lasciate da smemorati adulti-

Maria Iattoni -

Poesie del Laboratorio

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Nell’attesa

Nell’attesa, ho imparato a correre sui muri a diventare mio malgrado bradipo che fugge lungo l’asse temporale

tu non sai quanti occhi chiusi raggiungono traguardi distanti a millepiedi quanti sorrisi scavalcano orizzonti

intanto l’erba brucia sotto il sole e tu ritorni indietro con la pioggia in cui io, da solo vorrei annegare

eppure il vento ha imparato a volare senza ali i sospiri a soffiare via i veli ricamati per non perdere il contatto con la terra

ma io divoro unghie lunghe piano piano le digerisco lentamente per nutrire i ricordi scoloriti, le grandi storie appese

per non graffiare la speranza sottile e farmi male.

Piero Saguatti

Col pianto nel cuore

Sulle rotaie roventi d’un giorno d’estate verso i monti, i dirupi nascosti dal verde. Le mani tremanti sulla lanterna del sonno, sugli occhi imploranti aldilà del dolore aspirato nel vaneggiare d’un chiaro di luna. Domani farò la strada da solo, non avrò il tuo respiro in cristalli di cielo, solo visioni fuse in parole di ruggine e ombra. Sulla soglia del vuoto dove l’orizzonte cancella memorie ingiallite con lo sguardo ormai cieco. Fragile voce nella marea del destino, nel sorriso piangente al morir d’una strada. Musicante randagio, germoglio i miei passi su canali di sabbia in attesa del tuono.

Andrea Venzi

Visti da Francesco Montori

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DA UN LIBRO RACCOLTO PER CASO

Cosa suggerisce a chi lo sfoglia? Chi è colui che cerca?

Il biografo saprà che l’autore è nato nel 1885, nell’Idaho, che il primo viag-gio in Europa avvenne nel 1898 con la zia materna: «Aunt Frank», che creò molto e subì altrettanto, e che nel giorno dei Santi si spense a Venezia e fu sepolto sull’isola di San Michele.

Il critico letterario comprenderà da chi l’autore fu influenzato. Agli inizi, fortemente: da Browing, Rossetti, Swinburne, Yeats. I francesi, tra cui Rimbaud, il solitario, perché dopo di lui: «Nessuno in Francia ha inventato qualcosa di fonda-mentale». La Cina, i suoi poeti leggendari e i loro ideogrammi: vomeri dal suono ce-leste.

Il pittore osserverà il suo volto sul cartoncino. Soppeserà quel bianco e ne-ro, che significa, semplicemente: vedere cos’ha scritto la luce in quella immagine.

L’infelice lo aprirà per leggerne una, convinto di trovare un po’ di com-prensione in chi si è messo a verseggiare, per quelle che lui ritiene siano le medesi-me ragioni che lo rattristano. Ma da Ritorno a pag. 79, a Ité a pag. 98, sfoglierà più in fretta senza trovare molti appigli per il suo ristoro, il soffrire assieme, io e te. Vitti-ma di un luogo comune che vuole i poeti come moribondi in un sanatorio fatiscen-te: tra sciamani, rivoluzionari, folli, veggenti, e poveri in canna. Forse si sentirà tra-dito da quel mal di vivere non descritto, o forse dopo aver letto Alba, si ripromette-rà di svegliarsi la mattina seguente, buttarsi un po’ di fresco addosso, per scorgere in giardino le pallide umide foglie dei mughetti. Ma solo dopo aver fatto una veloce ricer-ca su come si presentino alla luce quei fiori.

Lo spensierato l’aprirà per distrazione o capriccio, e magari tra sé si dirà: è bello non capire / è bello capire / è bello sapere che posso chiuderlo / è bello sa-pere che ci sono altre poesie e pagine. Dirà è bello, anche quando è brutto, e forse cambierà modo di esporsi al flusso delle cose, per un minuto o per una vita intera, perché avrà qualcosa a cui pensare.

Il lettore di poesie avrà già sentito il nome dell’autore. Affascinato da quella figura controversa, si sarà forse imbattuto nell’intervista che gli fece Pasolini, scru-tato il volto antico, udito il suo italiano lento e preciso. Sarà meglio dei miei autori preferiti? Sarà peggio? Sarà altro? Sarà certo, almeno, che sarà qualcosa.

Visti da Francesco Montori

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Il poeta più o meno esperto, più o meno umile, con la sua voce ancora da trovare o più o meno incisa, si dirà: è migliore di me / è peggiore / lo posso fare anch’io. Ma soprattutto, lui si comporterà come tutti gli altri esploratori messi as-sieme.

Un incontro con un collega non è mai scontato, mai fine a sé stesso, voluto, una relazione di cauto ottimismo. E succhierà, per fare miscele di sangue. Perché ogni poeta è un vampiro. Diurno e notturno. E quando leggerà Canzone, a pag. 13: Ama il tuo sogno / Ogni inferiore disprezzando, / Il vento ama / Ed accorgiti qui / Che sogni solo possono veramente essere, / Perciò in sogno a raggiungerti m’avvio. / il poeta si dirà con-vinto: «È un buon punto sul quale instaurare un dialogo», perché sa, guai a non sa-perlo, che chi riesce a sfumare la banalità ha già fatto poesia.

E in molto di questo, sta la vera forza del poeta.

Francesco Montori

Poesie del Laboratorio

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Cronache 7 Lamento per Aleppo

La pace in quel pomeriggio di dicembre mentre salivo la ripida scala dell’Hotel Baron uscito dal tempo. Silenzio nelle stanze.

Dal suo ritratto si fa avanti Lawrence d’Arabia ha riposato, ora è pronto a inseguire i suoi grandiosi sogni, la fama e la gloria a diventare mito mentre nella stanza accanto serenamente Agatha Christie scrive di delitti in un mondo di buoni e cattivi dove la giustizia trionfa e Lindberg si chiude nella sua stanza solo, in un aspro silenzio.

C’era un silenzio polveroso quel pomeriggio di dicembre e nell’aria il colore seppiato di un luogo in cui la storia si faceva ogni giorno.

Ora nessuno scenderà più all’Hotel Baron la memoria che da sempre riposava nelle sue stanze, affonderà nel tempo buio.

Il cielo brucia e nelle strade corrono i lupi li segue la morte che entra e esce da ogni casa, entra ed esce. nero è il sole che si alza ogni mattina rovine su rovine la città

Il ponte, Adonis, che hai costruito sta franando e lo splendore dei giorni riposa nelle stanze remote dei ricordi e della nostalgia.

Rosalba Casetti Aprile 2016

Poesie del Laboratorio

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Incontro di che tipo? Mi viene incontro mentre già da lontano avevo visto il suo cappello di diversa aria (nube, fumo, polvere, impressione) come una donna vista in volto perde la sinuosità del corpo e devo fare un passo indietro per “mirarla tutta” ma questa in un momento mi è addosso e mi assalta e mi opprime con un suo odore di zolfo e si incattivisce con la sua sabbia nera che bagnata dal mare brilla in questo sole costretto a dividere la scena ma non posso fare un passo indietro vorrebbe dire fuggire ma prima cercare di capire. Franco Lipari

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Foto di Gabriella Penzo 2016

Poesie del Laboratorio

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Aprile

Di fronte il ciliegio impiuma cigli nel tuo dolce tepore. Labbra socchiuse baciano l’aria frizzantina che frulla su campestre ninnando fioriture variopinti. Il sole bacia la terra gravida erbe nuove profumate. Nella luce chiara infiorescenze frullano vortici impollinando e tutto danza risurrezione.

Rosy Giglio. Castenaso 13/04/2016

A volte

M’incanto a volte nel risentir espressa grazia dalla natura che in meraviglia riempie l’animo mio ammirato. Vibro in corda stonata che nel musicar mi espande a dimensioni e spazi immensi e definiti

Il Passero

Poesie del Laboratorio

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Terzo mondo Ci danniamo a riempire sacchetti di plastica con quegli oggetti già vecchi comprati appena ieri… e ogni tanto passa un Tir dice va nel Terzo Mondo giro largo e giro tondo aiutiamo il Terzo Mondo

Dentro ai cassonetti del rusco c’è pane quanto basta per sfamare cani e gatti ma anch’essi, (come noi) avviati ai filetti lasciano che i sorci muoiano di vecchiaia

Ci diamo, a riempire quei sacchetti di plastica ogni tanto passa un Tir dice va nel Terzo Mondo giro largo e giro tondo dice va nel Terzo Mondo aiutiamo il Terzo Mondo

Arnaldo Morelli

Poesie del Laboratorio

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In mezzo alle tristezze del mondo Mi arriva il video di te che sei la gioia pura. Batti i piedini al ritmo Immaginario di una musica tua, Dove il tempo è scandito Dalla voce della mamma. Balli e balli perché sei felice E per fare contenta lei Che ti sollecita con amore, Voce fuori campo, E ciò accadrà per tutta la vita. Mentre ti muovi Alzi la gambetta in modo buffo Come un vero ballerino, Rido di gusto Per la prima volta oggi. Guardo e tocco quasi Tutta la tenerezza di quei piedini Ovattati nei calzini pestati, Nei passettini trovati chissà dove, Nel tuo sforzo d'amore vero Verso chi hai lì E nel tuo momento Sacro di gioco. Angelo Che vieni dal mondo degli Angeli Ti giri e sorridi E quel sorriso Spande una luce che cura l'anima.

Piera Grosso

Poesie del Laboratorio

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Non è solo

Poesia non è solo Rose e fiori, Teneri amori, Dolci pensieri.

Poesia può essere Molte più cose Di varia umanità.

Poesia deve essere Un’invettiva, scagliata Contro i mali del mondo Perché è nel destino del poeta Conoscerli.

E soffrirne.

Maria Luisa Bencivenni 23/5/2016

poesia è attesa e in dolce ricordo animo sorride come esile musica che porta fortuna ed ogni mio vagare era venire da te per scrivere sul cielo il tuo nome, libertà.

Il firmamento delle mie mani nel firmamento delle tue mani l’abisso dei tuoi occhi nell’abisso dei miei occhi soffio leggermente nei tuoi capelli che scivolano via e sorridi. Ti ricorderò nei miei giorni più freddi (aprile)

Stefano Balboni

Poesie del Laboratorio

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Amarsi

Un lacrimare di pioggia scorre sui vetri, sui gerani rosso sfacciato come sfida al grigiore del cielo e dei muri. In fondo al cortile il battito d’ali ferite d’un piccione arreso, solo un fremito di tanto in tanto. Un volo al suo fianco, un becco lo afferra, zampette lo spingono, un sussultare di movimenti, frenesia. Cercare un riparo, forse la salvezza oltre le auto in sosta. Al mio passaggio s’è scostato un momento solo sbigottito con rabbia e ancora a trascinare il corpo ormai inerte mentre lacrime di pioggia lavano le tracce del suo sangue. Alle mie finestre per giorni giunge un pigolio pieno di pianto, un piccione triste ancora alla ricerca delle ali arrese da qualcuno portate via.

Fosca Andraghetti 16 maggio 2016

Poesie del Laboratorio

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Distensione

L’armonia della natura dona silenzi solenni di meditazione sono quei lunghi sorrisi distesi sopra i campi di colori e di essenze dove gli occhi con lo sguardo bevono voli di uccelli simili a torrenti. Da un pianterreno nascosto da siepe un piano suona il bolero di Ravel, le note, prima lievi poi decise, si diffondono nella calma dell’aria, vanno su fino ai tanti batuffoli di nuvole, che sembrano danzare. E’ tiepido il sole di primavera, avvolge il corpo e gli dona calore e l’animo si distende nel tepore, a palpebre chiuse la mente riflette: ritempra se stessa e allevia i pensieri.

Crescenzo Guadagno

Poesie del Laboratorio

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Non ho avuto dominio su di te Non eri mio territorio Ma un giardino preso a prestito Dove ho visto fiorire margherite Poi rose ed orchidee Ed infine ortiche Azzurrabianca "Cambia il cd per favore" È una scusa per guardarti Con gli occhiali sul viso Fuori dal contesto dell'amore Lontano dal turbine del letto Dalle carezze silenziose Prese e date con gli occhi chiusi Dalle parole confuse Dalle parole più care Stringimi amore Mi basta poco, l'ho deciso Mi accontento del tuo "piccola" ogni tanto Il resto è fantasia Il resto è roba mia Lascerò qualche cd Quando me ne andrò da qui Qualcosa da ascoltare Mentre giochiamo all'amore Una scusa per tornare

Azzurrabianca

Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea

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Arturnèr

Prêd ed żass grażżi datåuren äli ajôl ed lavanda. I lillà i én bèle fiuré e äl rôś raparéńni cme alåura äl van só pr i mûr śgrustè. Ai é anc, int i vèś ed tèracòta, äl fói lósstri dl’aspidîstra insàmm ai limón e ala zidréńna.

La mî giûngla par córrer insàmm a Måugli e Achéla, un Far Uèst fât in cà in dóvv cavalchèr con Tècs. I mî canpión i én ancåura là al’ôra dla quêrza e ala fnèstra ai è mî mèder ch’la ciâma pr i cónpit da fèr, mo Sandócan al m aspèta: la Pêrla ed Làbuan l’à da andèr!

Ritorno

Grezzi sassi di selenite a delimitare aiuole di lavanda. I lillà sono già sbocciati e i rosai rampicanti come allora fioriscono sui muri scrostati. C’è ancora, nelle giare di cotto, l’aspidistra insieme ai limoni e alla cedrina.

La mia giungla in cui correre con Mowgli e Akela, un Far West casalingo dove cavalcare con Tex. I miei eroi sono ancora là all’ombra della quercia e alla finestra c’è mia madre che chiama per i compiti da fare, ma Sandokan mi aspetta: la Perla di Labuan deve andare!

Anna Bastelli

Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea

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Utanta par Sandrén *

Zirudèla a fâg umâg’ a un tîp ch’l à dal curâg’ a l ò cgnusó ala “Fatorî”, grand e gròs e pûc cavî ed parôl l é un magazén e ad nómm al fà Sandrén. Ed poesî l à sänper fâm anc adès ch’l à utant’ân, par mantgnîrs in alenamänt l inbarlòca tante zänt, mo ala scôla dialetèl al fà di dscûrs fenomenèl l invanta vêrs int un mumänt cme rezitèr un sacramänt. Spezialéssta dal dialàtt che con la längua al tâja a fat propi ló l à inventè quater vêrs incavalè: “Agranplères só pr i mûr pr ascultèr da vsén di fiûr frecuentèr däl pésst ziclâbil con poesî indeformâbil”. L é dvintè una sinfunî che tótt quant i i ténnen drî t ai zónt òt vérs tra såura e såtta la tiritéra l’ai sta tótta. Däl zintunèra sänza pôra tanti stòri i tîren fôra, par Sandrén ch’l é un sureèl ch’al tén insàmm i dialetèl, con pasiån e dla favèla tòc e dai la zirudèla.

Ottanta per Sandrino

Zirudèla faccio omaggio a un tipo che ha coraggio l’ho conosciuto alla “Fattoria”, grande e grosso e pochi capelli di parole è un magazzino e di nome fa Sandrino. Di poesia ha sempre fame anche adesso che ha ottant'anni, per mantenersi in allenamento incanta tanta gente, ma alla scuola dialettale fa discorsi fenomenali inventa versi in un momento come recitare un sacramento. Specialista del dialetto che con la lingua taglia a fette proprio lui ha inventato quattro versi incavallati: “Aggrapparsi su per i muri per ascoltare da vicino i fiori frequentare piste ciclabili con poesie indeformabili”. E' diventata una sinfonia che tutti quanti lo seguono ci aggiungi otto versi sopra e sotto la tiritera ci sta tutta. Delle centinaia senza paura tante storie tirano fuori, per Sandrino che è un surreale che tiene uniti i dialettali con passione e favella toc e dai la zirudella.

Elio Manini

* Un affettuoso omaggio a Sandro Sermenghi a quattro anni della scomparsa. Poesia scritta in occasione della festa per il suo ottantesimo compleanno.

Pâgina dal dialàtt a cura di Viviana Santandrea

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La dantîra. Pinsîr ch’i tórnen La dantîra nóva id zécca l’um fa un pó mèl in bàcca. Un pó am la chèv un pó am la métt a la tégn in bisàca. In bisàca dal grimbél che tòca tòca l’é sàmper da lavèr. A io pérs la dantîra nóva. Zàrca che te zàrca che par tzà par dlà sàura a tótti al tével dànter a tótt i bichér pò... Tólta pérsa a dazìd d’andér a durmìr Bàn! Bòia d un mànd! -A vàdd la mé dantîra da l’oblò ch’la fèva al giro-tònd pò… La reddéva cómm par tòr in gìr- -A t al dàg mé.. Adès s’at pòs cavèr da lé quèsi at màgn vìva dala ràbia!- Sturdé dal pòc durmìr i vàn indrì i pinsîr a quand… In znòc’ dala påzza con la bróssca sàura al préd a lavèr al grimbèl la saré andè in Vergadèl… An l’avrév pió véssta la mé dantîra ancòra qué in bàcca la nòt e al dé Vìva al progrès! La dentiera. Pensieri che tornano La dentiera nuova di zecca/ mi fa un po’ male in bocca/ me la levo me la metto/ la tengo in tasca/ in tasca del grembiulino/ tocca, tocca è sempre da lavare/ Ho perso la dentiera nuova/ cerca e ricerca per di qua per di la/ sopra tutte le tavole dentro tutti i bicchieri/ poi… rassegnata decido di andare a dormire/ Ben! Boia d’un mondo/ Vedo la mia dentiera dall’oblò/ che faceva il giro tondo poi…/ Rideva come a pendermi in giro./ Te la dò io… Adesso se ti posso levare di lì/ quasi ti mangio viva dalla rabbia/ Stordita dal poco dormire/ vanno indietro i pensieri quando…/ nella pozza in ginocchio/ con la brusca sopra la pietra/ a lavare il grembiule/ sarebbe andata nel Vergatello/ non l’avrei più trovata la mia dentiera/ invece ancora la tengo in bocca notte e giorno./ Evviva il progresso!

Maria Iattoni

Poesie del Laboratorio

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questo tempo che scivola fra le tende e le poltrone confonde i contorni delle cose in una luce vagamente stracciata, uniforme, raschia nel buio delle tasche pensieri infecondi, parole che non dicono nulla ma dove l’anima si acquieta. emergono ora suoni di vento sul tetto di lamiera del casotto vicino al garage e appari tu, netto il tuo viso segnato da un confine, come confine ha il sasso, il fiore, il fiocco di neve. e il tempo è l’orizzonte che indossi quando mi chiedi se ti porterò a Cervia come regalo per la promozione

Zara Finzi

L’elastico è sottile di medio diametro lo uso per tenere insieme le short story che escono allegate a un quotidiano. Se ne prevedevano otto giuste per le dimensioni dell’elastico. Ma i libretti continuano a uscire settimana dopo settimana. Sono ormai 19. Io li inserisco cautamente ogni volta nelle fragili braccia del legaccio che si tende si tende. Non cambio elastico. Ne sfido ogni volta la resistenza con una lieve eccitazione mista ad ansia. È una gara contro il tempo e mi chiedo, come fosse una questione di vita o di morte chi dei due cederà prima

Zara Finzi

Poesie del Laboratorio

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Meteore

Ci sentiamo illuminati da tutte le meteore che ci attraversano ma non si fermano e lasciano dentro il buio pesto della solitudine.

Mentre gli stolti ridono di stupidate simili chi mendica serenità resta lì a triturarsi l’anima.

Silvano Notari Sei poesia

Di volti, di cuori, e di altri fulgori scrivo da sempre.

Di grandi anime mai nessuna lirica.

Tu, l’anima la mostri la doni, la indossi.

Un abito trasparente che veste i fremiti, i desideri gli imbarazzi.

Semino futuri utopici nelle terre dell’incipit.

L’ispirazione s’inchina alla febbre dei sensi la tua luce interiore illumina il comporre.

Sei poesia che straripa nella sete delle mie illusioni.

Silvano Notari

Poesie del Laboratorio

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Quando chiusero i bordelli quanti orfani a quei tempi Li chiamavano casini i maschietti erano serviti Poi Merlin la senatrice fece chiudere quelle case Licenziarono le sottane per alcuni troppo larghe Dalla sera alla mattina cambiò allora la vetrina Diventò il marciapiede il mercato del piacere Il mestiere non è nuovo e risale al medioevo Quelle case erano "chiuse" ora invece sono vuote Spalancate le persiane che mai più saranno discrete Una lucciola non vuole

la sottana

abbassare e riprende a passeggiare a far luce quel lampione! Tommaso Colonnello

Incontrarsi Incontro te, uomo dagli occhi di ghiaccio il tuo corpo avanza sicuro sento il tuo profumo inebria la mia pelle ci guardiamo per un attimo i nostri sguardi e i respiri si legano i nostri corpi si sfiorano brividi ci percorrono il tuo profumo, la tua pelle le tue mani mi inebriano le labbra si incontrano in una danza veloce che unisce tutto in uno scambio perfetto tra anima e corpo. Paola Mattioli

La pagina di Tortoreto, a cura di Angela Falcucci

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Cari amici della Fattoria, come di consueto, pubblico su questo numero di PAROLE le poesie prime classificate del nostro concorso Premio Tortoreto alla Cultura. Le 65 poesie degli Adulti sono giunte da tutt’Italia. La prima classificata è di Daniela Basti, di Chieti

Il cielo azzurro, la montagna gialla

Il cielo azzurro, la montagna gialla e anfiteatri di calanchi,

alcuni nudi, altri hanno coperto le ferite. Folletti i picchi all’ultimo sole.

Sei tu la mia terra, mi saluti e fremo. Quanti anni ti ho guardata e mai veduta

coro di aquile e civette legato a un sospiro di eternità,

vibrante sasso che perde asprezza incontro alla strada antica.

Tornerò figlia delle foglie, intatto fremito d’acqua lungo il tratturo infinito.

Dai Giovanissimi abbiamo ricevuto solo sei poesie, ma tutte di buon livello. Il primo premio se l’è aggiudicato Eva Carfagnini, di Mosciano sant’Angelo.

“ALL’ABRUZZO”

A te che sei mare, argentea distesa spumeggiante,

lotta di enigmi mordaci, di onde dalla chioma acquea.

A te che sei montagna,

mia segreta dimora, rifugio di atteso respiro, inesorabile sfida gelida.

A te che sei aria fresca, vento pulsante nei polmoni,

ampia boccata di euforia, di meritato sorriso.

A te che sei fuoco,

fiamme raggianti nel nero scalfito, antico focolare di scarlatte speranze.

A te che sei orgoglio e porto sicuro

mentre il resto è insapore.

Anche i Pulcini, guidati dalle loro insegnanti, si sono cimentati con questo genere, non facile, di scrittura. Ben dodici bimbi hanno scritto poesie, semplici e spontanee,

La pagina di Tortoreto, a cura di Angela Falcucci

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piene di immagini e di colori. I bimbi sono tutti di Tortoreto e di Alba Adriatica. La poesia prima classificata è di Cristina Di Sante, V elementare.

Regione del sole

Abruzzo, regione di tesori, piena di brillanti colori. Di montagne ne ha tante, ce n’è una che è un gigante. Il suo nome è Gran Sasso ed è fatto da un masso.

E’ bagnata anche dal mare, così pulito che sembra brillare. D’estate vengon i turisti, di diverse nazioni, tutti misti. Limpidi sono i ruscelli, scorrono fra le montagne, azzurri e belli. C’è quasi sempre il sole, che fa crescere prati e viole. Ci sono molti parchi naturali,

di livelli nazionali. Qui c’è anche il guerriero: sembra vero! Il suo gioiello è la presentosa, medaglia davvero preziosa. Sulmona, regina dei confetti tutti buoni e davvero perfetti. Lo zafferano è un pregiato fiore mentre, nei boschi ci sono le more. Si fan molte tipiche feste, che non son affatto meste. Abruzzo, regione di sole, regione di mare, una terra tutta da amare!!!

Riporto anche la seconda classificata dei giovanissimi, di Andrea Petricca, di Paganica, in provincia dell’Aquila.

Al bivacco Fonte Lauri

I sussurri della Natura /sono ovattati/dal silenzio della luce./I templi di roccia, avvinghiati/ nelle mani del Creatore, /si innalzano/a contorno del cielo. / Cammino tra pietre /addormentate /in letti di muschio/ e immobili /al rumore dei miei passi. /Il sentiero mi porta /dove il cielo /veste di azzurro/le rocce del Sirente /e la luce /disegna all’orizzonte /l’anima della Maiella /mentre vedo Pizzo Cefalone /regnare da un trono di nuvole. /Il vento /rapisce i miei pensieri /che trovano rifugio /nel lento ritmo /del mio cammino.

Un abbraccio a tutti. Ciao da Angela

Poesie del Laboratorio

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Tengo tra le mani più d’una vita e sono qui che in parte la descrivo; entro ed esco da questo mondo alterno che tanto mi piace e più mi fa arrabbiare emozioni molte, il cuore che fibrilla dove ogni giorno è vigilia di qualcosa a sensi espansi sento e mi abbandono a questo letto di bambagio amore… Sono felice e non so come mostrarlo.

La nostra casa un nido, Lei felice il libro più riletto solo l’Atlante un ambiente foderato di rispetto senza un litigio, mai male parole che solo tanta intelligenza ti può dare son maturato per diventar ragazzo con tutte le aspettative di quell’età non tengo conto degli anni passati e scaricato così tutte le some.

Il coltello che segue questa scelta trancia e separa, fa un solco col passato che non rinnego ma ormai è lasciato ho ritrovato quell’io che si era perso e ora non voglio che mi lasci ancora ora la strada è un dolce pendio nessun ostacolo, niente di fatica e il domani è un camminar leggero con la sua mano stretta nella mia.

Carlo Boari

Poesie del Laboratorio

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Leggenda?! Un poco sofferente la “regina” chissà se esce come una leggenda? Qualunque sia il nomignolo s’inchina

…E non sapete il mio saltar de fossi… Al treno delle cinque andavo prima La scusa pronta: - Ci son troppi sassi…!- E Giulio mi aspettava alla “Rovina”

Chissà la mamma se mi ha perdonata Per piccole bugie adolescenti? Per giunta col genero scontrata

…Uscir dai campi più scolarizzata (i cuntadîn a méder)* in ospedale in mezzo a sofferenti appena nati a vita già segnata…

Intingere radici fra neurolesi e mamme dipendenti… chissà se assorbii lì queste pendici?

Maria Iattoni

*I contadini a mietere n.b. La prima quartina è volutamente in terza persona come a non riguardarmi, invece mi riguarda profondamente il punto di riferimento che è e sarà, frequen-tando o no, l’indelebile Fattoria. Sarò o no leggenda? Allo squisito giudizio del prof. Cascone.

Il racconto di Mirella Gresleri, a cura di Valeria Bragaglia

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Quella volta che persi la strada

Eravamo a Istanbul, dove mio marito insegnava presso il locale Liceo Italia-no, da alcuni mesi durante i quali avevamo preso conoscenza della città nel suo com-plesso e visitato i principali monumenti.

Un giorno io decisi di andare a vedere una piccola moschea che mi incuriosi-va per la sua posizione sopra un colle proprio ai bordi della città. Carmine, occupato nella correzione di un voluminoso fascicolo di compiti di matematica, restò in casa. Presi l’autobus, salii il colle e mi trovai presto davanti alla moschea. Entrai dall’ingresso principale tenendo le mie scarpe in mano e dopo la visita, me ne andai da una porta secondaria. Mi trovavo sulla strada di un piccolo borgo popolare forma-to da case basse, tanto che dalle finestre dei primi piani si poteva intravvedere gli umili interni. I bambini giocavano ancora sulla strada, mentre gli adulti rincasavano e nelle case cominciavano ad accendersi le luci.

Camminai così un po’ a caso e tranquillamente, tanto il minareto della mo-schea mi avrebbe indicato la mia direzione. Ma quando mi resi conto che la sera au-tunnale stava avanzando e decisi di tornare sui miei passi, non scorsi più il minareto. Camminai e camminai, mentre l’ansia cominciava ad afferrarmi.

Come era possibile? Sembrava che moschea e minareto fossero stati inghiot-titi dalla terra. Senza sapermi orientare camminai ancora finché mi trovai sul ciglio del colle, non dalla parte che avevo percorso tempo prima lungo una strada agevole. Lì il fianco del colle scendeva a strapiombo fra una vegetazione scarsa, senza sentieri visibili. In basso scorsi, a una distanza che mi parve spaventosa, la strada di scorrimento ve-loce che collega il centro cittadino con la periferia. Tornare indietro e cercare ancora? Impensabile. Non mi restava che scendere da quel punto. Cominciai la mia corsa a salti e balzelloni finché, col cuore in gola, arrivai in fondo proprio al limite della strada che avevo visto dall’alto. Ero così confusa che non sapevo più se il centro era alla mia destra o alla sinistra.

A Istanbul gli autisti di taxi hanno l’abitudine di muoversi in continuazione alla ricerca di clienti, perciò mi fu facile fermarne uno, diedi il mio indirizzo e in poco tempo fui a casa. Quando aprii la porta, mio marito stava ancora al tavolo, impegna-to nella correzione. Alzò la testa e disse : “Mi sembri un po’ stanca, tutto bene?” “ Tutto bene.” risposi.

Mirella Gresleri

Poesie del Laboratorio

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Pietosamente le lagnanze salgono alla bocca Le pietre lignee delle braccia Accolgono un albero rugoso Le inquinate acque della terra salgono alla superficie Dai laghi metamorfosi Dai petroli brulicanti dollari finti perché le vecchiaie sacre diramano il nero dal bianco l’odio dalla remissione. Che importa lo sfatto dei fianchi La pergamena pendula delle mammelle Da latte i denti sono simili a sostanze Dilagate su lettighe di ospedali ancora da campo. Non sono raccoglitori né consumatori di sostanze Non arcieri di confine Né madri alle madie. Scorrono confini sulle mie vene sopraelevate Mi rimandano alle sventure del Maestro e Margherita Mister Joyce ha preso un cargo e va alle paludi di Mompracen Ma Amelia non si è buttata dal balcone E io mi travesto in cerca del mio vecchio udire

Nadia Minarelli

Poesie del Laboratorio

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Estate ad Ampezzo 2011

Un’ora tarda - Un sottofondo di musica carnica e una piazza con il campanile che si staglia nel cielo nero, dove il tempo sa di pianto

ha piovuto tanto c’è un tutto attutito quando le piccole luci sono come anime in sospeso, forse in adorazione dell’attimo dolce, senza peso

dove l’aria rinfranca il battito del vecchio che si abbandona a una partita di scopone con il nipote e il piccolo che corre sul sagrato, nel

paese sotto le nuvole con il monte Tinizza che pare di cristallo; è un tutto vero!!!

Ampezzo, un nome di paese speciale: perché contiene il mio vero io che non conosco, forse sta nel bosco fitto

oggi ci ho camminato dentro; un folletto stava lassù tra le foglie e il cielo, forse starà preparando il dialogo… ma con quale linguaggio? Camminando, anzi correndo lenta

la strada della Cleva è attenta ogni foglia è nuova e gioca tra l’ombra e il sole e si scolora

traspare mentre brilla per scappare e il mio respirare è sostenuto perché palpita di profumo che sa di verde irreale

Una luna grande, color di rosa e un contorno di vapore ottuso, silenzioso fatto di sfiato per far abbassare la luna, quasi a toccarla

in questa piazza, tutta sola , con la fontana che canta

Emelina Pelizzari 14/07/20011

Poesie del Laboratorio

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Pensieri del poeta

Parole d’amor non possono essere intese Solo sei superiore di bontà e amore Tutti gli uomini sono uguali nessuno uomo è solo Perché manca il coraggio e pensier non è all’altezza delle lacrime Casa dello stelo il corpo il passo è breve codardi fresche carni i bimbi Cercava la verità al tramonto rosso e languente Fino lumino e lamina le stelle interrogare gli addii Scuotetevi il corpo il fango nessuno pronunciava parola sacra Nessuno lodato verità e menzogna Nessun fioriva nel suo fiore Letti sbriciolarsi misteriosi sacre pieghe lenzuolo sperma la verità Immobile siamo ancora qui immobile quando scrivo per nascere Come morto da me morto non fiorivo pensier né spirti sensi Seguo il dolor disprezzo necessario portarmi la gioia dove la vita resta Fatica eterna dolore infinito, saremo fioriti languiva la rosa per nessuno Volevo cantare versi di mia madre dorme in me dorme Salvar pensier parola memoria sarebbe tornato onesta L’uomo scena della vita quasi vera madre feriscimi o sceglimi

Amleto Tarroni

Poesie del Laboratorio

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Sole

Assopisco i pensieri con te sulle palpebre sulle labbra sulle carne lievi refoli ti badano e dolce adeschi il mio io mi slacci dal tempo chiuso da stretti luoghi mi spacchetti e mi dono come fiore all’ape.

Rosy Giglio. Castenaso 25/05/2016

Poesie del Laboratorio

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Mèches verde speranza

Fili di primavera mi si sono impigliati tra i capelli.

Come zampilli d’innocua pazzia, noncuranti del tempo che sparge rughe sul terreno stanco, traboccano da qualche anfratto d’anima riluttante ad arrendersi.

Poi sulla tavolozza di quel prato passo i pennelli con sapiente rito, disseminando fiori.

Ho sposato un pittore, quindi che male c’è se mi diverto un poco col colore?

Viviana Santandrea

Poesie del Laboratorio

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Enigma, il vento dell’aurora sprigiona l’anima cede alla brezza utile sentirlo pieno d’amore i sensi liberi infinito s’accosta alla materia scioglie bellezza il vento con lentezza sale sale cambiando ali pesanti trema sulle fronde mentre si fonde… è giorno!

Aurelia Tieghi

Una ragazza, una donna, una madre. (dedicata a tutte le Custodi della nostra chiave del paradiso)

Sconosciuto avvolgersi dell’anima in corsa, timorosi palpiti accompagnano curiose mani. Distesi sul verde in quel cielo più rivisto, abbracciati. Sentire il suo cuore battermi nel petto a riconcorrere, fino a perdersi nel mio. Abbassava i suoi tramonti il sole. Un saluto veloce alla stazione. Il tempo passa e il silenzio si fa pietra. L’ho rivista donna e non so, com’era alto il sole. L’ho rivista sorridere a due occhi stupendi che conosco. Ha ritrovato il capo di un filo disperso il volto sereno di una madre, e quel ricordo si fa pace.

Giampietro Calotti

Giochi, indovinelli ed altro di Sandro Sermenghi

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Interloquire a Marsiglia?

O Miranda lieve stella del tuo gotico adorato questa sera qui a Marsiglia piano piano abbiam mangiato tagliatelle al ragù. E poi stando a tu per tu piano piano abbiam bevuto col coniglio in cacciatora. Due verdure e alcune frutta ci han scaldato e la crostata giunta a fin di lauta cena scatenata mi ha la vena. E discorsi a non finire era meglio il sol d'aprile era meglio non dormire era meglio il mar d'Antille era meglio far stupire era meglio "Inter, l'ò qui? Re!" raccontando fole assurde che però sian folte e assurte? Non lo so cos'era meglio ma mi piace questo celio qui noi quattro in compagnia e la barba che va via!

Sandro Sermenghi

Poesie del Laboratorio

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Ciaosandren

Poveta surreale e ferroviere che al bisogno la doccia hai ben fatto alle signore, agli amici ed anche al gatto quando tu strilli al vento le tue lenzuola in periferia mi viene il desiderio di non essere reale e vorrei non dovermi accontentare del tuo bolognesorum da dover capire in modo elementare ma le zucchine fritte con l’aceto possono comparire solo tradotte da parole vestite a festa con tondini, cappellini e lineette e altri accenti sparsi a piene mani che ci vuole un computer truccato per poter scrivere quello che hai ideato come l’acqua dalla tua doccia che scende in tanti bigliettini bilingui, trini e ancor di più come se scrivere Dante in italiano non fosse sufficiente per la tua testa armata che brilla sotto la pelata che sforna fatti di vita inaspettata diversa, in bicicletta che resta indeformabil pur asculter i fiur questa è fantasia attraverso le sillabe contate con la mano come fossero beeecorelle che rientrano a sera nel tuo mondo di parole nel quale tante volte ci scontriamo perché io scrivo di ritorno da una vita che non ha vissuto sui binari terzine, quaterne o settenari Bedda matri Franco sono. Franco Lipari

Poesie del Laboratorio

39

L’apparenza

Si parla di tutto non di ciò che importa: la mente scivola sui concetti Senza approfondire.

I rari sorrisi non rispecchiati nello sguardo son facciata patetica, che non riscalda

Si parla di tutto del cielo e delle nuvole mentre, dietro l’angolo, la verità si cela (viaggiando in incognito).

Monete usurate nelle mie mani ciò che rimane di un tesoro in cui credevo come fosse Amore

Francesca Crivellaro

Poesie del Laboratorio

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Vastità dell'anima

Il più alto pennone il più profondo oceano la più lunga strada non rendono l'idea della vastità dell'anima.

Vastedad del alma

El mas alto màstil el mas profundo ocèano el camino mas largo no te dan la idea de la vastedad del alma.

Jorge Tarducci

Aborto

Così non detto, così segreto, molto ma molto prima del feto… grano prezioso come amuleto. Vita-non vita… solo sfortuna… vita dispersa nella laguna. Segreto lungo da qui alla luna.

Patrizia Tomba

Poesie del Laboratorio

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Parrucchiera degli alberi la brezza arriccia le foglie con un soffio che viene da dentro.

Alla via rubo sorrisi, il passo lento affiancato a un qualche dio e il respiro rosso papavero.

Scossa da un terremoto di bellezza vivo l’attimo eterno dalla fanciullezza al nulla.

Finalmente la ferita cercata: una spina di felicità verde sangue.

Anna Zucchini

42

Appuntamento sotto casa, in via L. Pirandello

Foto di Lino Bertone

Poesie del Laboratorio

43

Camminava su una corda tesa cercava il suo equilibrio sentiva addosso un certo tremore per l’eco che le ripeteva nella testa “Sei un poco, sei un suono, una vocale sei un ma, sei un sì – ma dillo grande come un mondo” – Vertigine!

Il mondo era sotto di lei.

Ansimava, da quella latitudine filtravano tangenti di sole. ci si voleva aggrappare, ma era sospesa. Forse lanciò un messaggio. Scese Paraclito. Non era più su una corda tesa stava cavalcando un arcobaleno.

Anna Maria Boriani 04.05.2016

Logica

Incontrai i miei occhi nella grande vetrata, dove il passaggio notturno, velato di pioggia si perdeva nelle tenebre.

All’alba, lontano nel cielo chiaro, esuli nuvole passavano lentamente per ogni destinazione.

Una giornata tranquilla mi aspettava, con la consapevolezza di sapere che un giorno morirò, altrimenti non mi accorgo che vivo appieno questa vita.

Vivo nel silenzio dell’io, e spesso mi confondo nei tortuosi sentieri del sapere.

Sapere quel poco che basta, non vorrei perdermi nella realtà della vita...

Luigi Cuoco Maggio 2016...

Indice alfabetico

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Cognome e nome N° di pag. Cognome e nome N° di pag. Andraghetti Fosca 17 Notari Silvano 24 Balboni Stefano 16 Passarini Giancarlo 13 Bastelli Anna 5, 20 Pellizzari Emelina 32 Basti Daniela 26 Penzo Gabriella 6, 12 Bencivenni Maria Luisa 5, 16, Petricca Andrea 27 Bertone Lino 42, 4 di cop. Saguatti Piero 7 Boari Carlo 28 Santandrea Viviana 1, 35 Boriani Anna Maria 43 Sermenghi Sandro 37 Bush Duncan 3, 4 Tarducci Jorge 40 Calotti Gianpietro 36 Tarroni Amleto 33 Carfagnini Eva 26 Tieghi Aurelia 6, 36 Casetti Rosalba 2, 3, 4, 5,10 Tomba Patrizia 40 Colonnello Tommaso 25 Venzi Andrea 7 Crivellaro Francesca 39 Zucchini Anna 41 Cuoco Luigi 5, 43 De Pauli Oscar 6 Di Sante Cristina 27 Falcucci Angela 26, 27 Finzi Zara 23 Generali Alessandra 19 Giglio Rosy 5, 13, 34 Gresleri Mirella 30 Grosso Piera 15 Guadagno Crescenzo 18 Iattoni Maria 6, 22, 29 Lipari Franco 11, 38 Lollini Margherita 5 Manini Elio 1 di cop, 5 21 Mattioli Paola 25 Minarelli Nadia 31 Minhinnik Robert 2 Montori Francesco 8, 9 Morelli Arnaldo 14