2015 ERATO III TRIMESTRE 2015 · dal valore nominale di 10,00 euro, con un incremento del 73%...

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ERATO Cultura… Costume… Sindacato… Attualità III TRIMESTRE 2015 luglio - agosto - settembre A cura del Gruppo Culturale Ricreativo ERATO CIDA-INPS, costituito in seno al SINDACATO NAZIONALE DEI DIRIGENTI E DELLE ALTE PROFESSIONALITÀ DELL’INPS ADERENTE ALLA CIDA EPNE Via Ciro il Grande n.21- 00144 ROMA -Tel. 06 59057488 -89 Fax 06 86603625 siti web: www.cidainps.it (in allestimento) - www.eratonews.it

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ERATO

Cultura… Costume… Sindacato… Attualità

III TRIMESTRE 2015 luglio - agosto - settembre

A cura del Gruppo Culturale Ricreativo ERATO CIDA-INPS, costituito in seno al SINDACATO NAZIONALE DEI DIRIGENTI E DELLE ALTE

PROFESSIONALITÀ DELL’INPS ADERENTE ALLA CIDA EPNE Via Ciro il Grande n.21- 00144 ROMA -Tel. 06 59057488 -89 Fax 06 86603625

siti web: www.cidainps.it (in allestimento) - www.eratonews.it

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ERATO CIDA-INPS

note di cultura, costume, sindacato, attualità

destinate agli associati (diffusione online)

Tutti i diritti sono riservati In caso di riproduzione totale o parziale citare la fonte.

SOMMARIO 3 in punta di penna 5 zig-zagando tra le arti 9 universo donna 11 poeti in vetrina 12 sono passati cento anni e più 15 a tavola con lo chef 17 nei meandri della storia 19 pillole di tecnologia 22 cinema… cinema 24 alimentazione e salute 25 romavagando 26 igiene alimentare e benessere 27 un racconto breve 28 l’Italia dei campanili 30 arti e mestieri 32 la medicina oggi 35 in libreria 36 sindacato… sindacale…sindacato 39 il nostro organigramma La foto in copertina: brocca per il vino Cacchione, dipinta a mano da Silvana Costa in arte Silco. Il Cacchione è un vitigno tipico della zona compresa tra Aprilia, Anzio e Nettuno, ed è sinonimo di "Bellone". Da esso scaturisce un vino molto forte spesso usato insieme al trebbiano ed alla malvasia per creare dell'ottimo vino da tavola. Va servito freddo in accostamento con piatti a base di pesce. Il cacchione di Nettuno ha avuto il riconoscimento DOC.

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IN PUNT A DI PENNA

di Carmelo Pelle* MAGRA CONSOLAZIONE.... Magra consolazione aver constatato in due mesi e più di permanenza in Francia (a Pieve, Corsica), seguendo la stampa nazionale e locale in cartaceo e quella on line, le varie Tv, commerciali e di Stato, che per la politica interna, la popolarità dei Governi guidati in Italia da Renzi e in Francia da Hollande, è, sondaggi alla mano, ai minimi storici, mentre sono molto apprezzati, in parte nei rispettivi Paesi e totalmente all'estero, per la politica internazionale: piace a tutti che Renzi e Hollande abbiano messo il bavaglio alla Merkel e ai suoi sodali, fautori di una Europa dei banchieri e non dei popoli. Davvero una magra consolazione! Le delusioni del Governo Renzi, nel trimestre luglio, agosto, settembre, sono continuate nel corso e dopo l'incontro tra l'Inps e i Ministeri del Lavoro e delle Infrastrutture, dell'Economia e delle Finanze, sulle questioni pensionistiche (salvaguardia degli esodati) e "Opzione donna", svoltosi il 9 Settembre. Il Governo si è presentato con due pareri opposti sulla norma che ha istituito il Fondo Esodati (per il Ministero dell'Economia e delle Finanze quel Fondo non esiste e le risorse non spese nel 2013 e 2014 invece di andare a salvaguardare gli esodati sarebbero confluiti nel bilancio dello Stato e non sarebbero più disponibili). In compenso la quantificazione per assicurare l'"Opzione donna" sino al 2015, è cresciuta a dismisura. In conclusione, l'incontro tra l'Inps e i due Ministeri si è conclusa con un nulla di fatto. Il Governo si è presentato all'incontro diviso, contraddicendo totalmente quanto affermato solo un mese fa allo stesso tavolo, quando tutto pareva risolto. E questo dopo che il Ministro del Lavoro Poletti, e lo stesso Presidente del Consiglio Renzi, nei giorni scorsi hanno fatto marcia indietro sulla volontà di affrontare, nella prossima legge di stabilità, il nodo della flessibilità in uscita dal lavoro, poiché, a quanto si sussurra, le risorse servirebbero per togliere a tutti l'imposta sulla prima casa, nel 2016. Così non va... Note positive, per fortuna, in materia di lavoro. Secondo i dati diffusi dall'ISTAT il 10 Settembre, nei primi sette mesi del 2015, è cresciuta l'occupazione stabile, full time, con retribuzioni più alte; è aumentato, rispetto al corrispondente periodo del 2014, di 286,126 il numero dei nuovi rapporti di lavoro a tempo par time, nel settore privato; sono cresciuti, sia pure di poco (1925) i contratti a termine (part time), mentre si sono ridotte le assunzioni in apprendistato. In leggero aumento anche il lavoro full time rispetto a quello part time. I nuovi rapporti di lavoro a tempo pieno rappresentano il 63,1% del totale delle nuove assunzioni nei primi 7 mesi del 2015, in aumento di 0,9 punti in percentuale, rispetto allo stesso periodo del 2014.

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In rapporto allo stesso periodo del 2014, il peso dei nuovi rapporti di lavoro con retribuzioni mensili inferiori a 1000 euro, è diminuito di un punto in percentuale; analoga diminuzione (0,7%) si riscontra nella fascia retributiva da 1501 a 1750 euro. Per le fasce superiori gli aumenti oscillano tra lo 0,3% e lo 0,1 %, mentre si registra una lieve diminuzione soltanto per le fasce da 3001 euro in su. Per quanto riguarda i buoni lavoro (voucher), destinati al pagamento delle prestazioni accessorie, nei primi 7 mesi del 2015 ne risultano venduti 61.933,279, dal valore nominale di 10,00 euro, con un incremento del 73% rispetto al corrispondente periodo del 2014. I dati statistici parlano chiaro. La riforma del lavoro, voluta fortemente dal Governo Renzi e dai suoi alleati, sta rispondendo alle attese. Si potrà obiettare che è soprattutto merito degli incentivi alla Aziende (principalmente gli sgravi fiscali), ma gli stessi erano al centro del progetto innovatore-riformatore! L'auspicio di tutti è che la crescita continui e si stabilizzi a soddisfacenti livelli anche quando cesseranno. Questo ce lo dirà il futuro. Intanto, godiamoci il presente!

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ZIG-ZAGANDO TRA LE ARTI

IL VINO: UN’ARTE… DA QUANDO È NATO IL MONDO

di Silvana Costa* Le prime testimonianze dell’attività della viticoltura ci giungono dalla Genesi (cap.9) quando Noè, finito il diluvio universale, attraccò a terra, piantò la vite e si ubriacò del suo vino. Le prime attestazioni dell’attività vinicola sono dipinte in un affresco tombale conservato a Tebe che riproduce in dettaglio ogni fase del processo di vinificazione, dalla vendemmia sino al trasporto sulle imbarcazioni lungo il Nilo. I reperti archeologici fanno risalire i primi esperimenti nel periodo neolitico (8000 a.C.): in Turchia e in Giordania sono stati rinvenuti enormi depositi di vinaccioli che fanno pensare ad una primitiva spremitura di uve selvatiche. Si crede che la Vitis Vitifera, la specie di vite con cui si fa la maggior parte del vino moderno, si sia sviluppata intorno al 7500 a.C. nella regione transcaucasica che oggi corrisponde all’Armenia e alla Georgia. Da allora la cultura della vite si è diffusa in quasi tutti i paesi del Mediterraneo fino al Medio Oriente. Creta e Micene sono state le prime a dare grande valore al vino. L’Iliade di Omero è ricca di citazioni al riguardo. A Itaca, Ulisse, nella sala del tesoro, conservava non solo oro, bronzi, tessuti e olio, ma anche “vasi di vino vecchio, dolce da bere” (Odissea II, v 340). I vini, in gran parte rossi, venivano conservati in anfore dal collo stretto, solitamente a due manici, chiuse da un tappo d’argilla. Chi faceva vino apponeva anche un sigillo con l’anno della vendemmia; prima prova di una rudimentale pratica di invecchiamento. Gradualmente, lungo il corso dei secoli, i Greci migrarono verso l’Italia dove le viti prosperavano, e la chiamarono Enotria, la terra della vite. Il vino, infatti, era già comparso in Sicilia oltre 2000 anni a.C. a opera dei Fenici che portarono nuove qualità di Vitis Vinifera, la Sativa e nuove tecnologie di coltura. In tutto il territorio colonizzato dai Greci, avvenne una vera e propria fioritura della civiltà del vino: in Calabria, vicino a Sibari, venne costruito un “veno enodotto”, cioè un condotto di argilla che convogliava il vino nella zona portuale dove veniva raccolto in anfore e quindi imbarcato. In questa fase preromana possiamo individuare in Italia due diverse civiltà del vino soprattutto a causa delle diversità climatiche: una meridionale, caratterizzata da un clima caldo e più progredita e una settentrionale, caratterizzata da un clima freddo, che si è sviluppata posteriormente. Con la caduta dell’Impero Romano, lo sfacelo politico e le scorribande barbariche, le campagne devastate e saccheggiate vengono abbandonate dai contadini che cercano sicurezza presso chi può proteggerli. Sono i monasteri, piccole oasi di pace, protetti da alte mura di cinta, dove si coltivavano ortaggi, ma anche la vite: la vite per il suo vino ed il vino per il culto.

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Nei Vangeli il vino è elemento presente ed essenziale, dalle Nozze di Cana fino all’episodio dell’ultima cena. Il vino e il pane, nel momento dell’offerta, vengono trasmutati in sangue e corpo di Cristo. La religione cristiana, avendo bisogno del vino per il compimento del culto, produce la forza di conservazione e poi di propulsione per lo sviluppo della viticoltura. I monasteri diventano centri di aggregazione e punti di riferimento non solo morale ma anche civile, in quanto assicurano ordine e giustizia. I monaci insegnano le tecniche della viticoltura e della vinificazione e nei monasteri si trovano persino “taberna in monasterium”, e visto che le regole sono sempre meno rigide, il vino è bevuto spesso e volentieri non solo durante l’uffizio religioso, ma ad un tale punto che “ora et labora” viene talvolta affiancato a “bibite fratres ne diabolus vos otiosos inveniat” (bevete fratelli affinché il diavolo non vi colga oziosi). Il mondo civile fa propria la vite assunta a simbolo dalla cristianità. Rotari, prestigioso Re longobardo, fissa nel popolare editto tutta una normativa a difesa della vite; anche Carlo Magno, re dei Franchi, nel suo famoso “Capitolare” detta le regole per la vinificazione. Nel 200 Federico II di Svevia ordina che agli adulteratori del vino venisse inflitta la fustigazione e in caso di recidività, prima il taglio della mano e poi la decapitazione. Con il diffondersi del vino ecco che appaiono i commercianti e, oltre al taverniere, appare il cabarettiere, che porta la sua taverna (panche e tavoli chiusi in un recinto di legno) nelle feste e nei mercati. In Francia Luigi IX concede, nel 1250, il primo status ai mercanti di vino, che in seguito si organizzeranno in Corporazioni. Nasce l’osteria, locale più dignitoso della taverna, ma non esiste ancora un luogo ove si possa, oltre che bere anche mangiare. Il ’500 è un secolo significativo per la viticoltura: le idee e le conoscenze cominciano a circolare con maggior facilità e sempre più zone vengono sottratte ai boschi per essere coltivate a vite. Proprio in questo periodo un grande studioso, Andrea Bacci, naturalista e medico di Sua Santità, autore di una “Natura Vinorum Historia” esalta il buon vino romano. Solo nel XIX secolo si afferma il connubio “vino-bottiglia” preceduto dall’esempio dello Champagne Francese. Piccoli legni avvolti da stracci imbevuti nell’olio o legati da una colata di cera sono i tappi di cui disponevano. L’800 rappresenta un secolo determinante per l’enologia. Il Conte Cavour chiama in Italia l’enologo francese Oudart, i marchesi Falletti danno vita a una nuova produzione di Barolo simile a quella attuale. In Toscana il barone Ricasoli pianifica la procreazione del Chianti, mentre Carlo Gancia trapianta tralci di Pinot e inizia la produzione dello spumante classico. Nel corso del nostro secolo si è fatto moltissimo per la coltura vinicola dal punto di vista tecnologico anche se il carattere del vino è prima di tutto, come abbiamo detto, determinato dall’ambiente: il clima e la composizione geologica dei terreni su cui l’uva è maturata. Un grande vino è quello che riesce a cogliere nel modo più compiuto i profumi, i colori, il sapore che madre natura ha nascosto nel chicco lucente dell’uva matura, che sa esprimere nel liquore i misteriosi affascinanti legami fra terra e sapori.

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PICCOLA STORIA DEL VINO CACCHIONE

La linea della spiaggia è fine e dolcissima, la sabbia morbida e scintillante, e quel magnifico Capo Circe emerge nel mare come un’isola; di fronte i suoi lidi splende come un magico zaffiro la lontana e piccola isola di Ponza, tra le vele che vanno e vengono, compaiono e scompaiono. Così Ferdinand Gregorovius (illustre storico tedesco) descrive a metà ottocento quel litorale laziale tra Anzio e Nettuno dove sorgevano le ville degli imperatori romani, dove Caligola sprofondava nella dissolutezza, dove è nato Nerone che per questo prediligeva questi luoghi per le sue orge insieme ad altri romani illustri: Lucullo, Cicerone, Mecenate, Augusto. Queste rive che hanno bagnato i piedi alla storia e alla leggenda sono state molto amate dai romani di ieri, ma anche di oggi. E’ una striscia di terra nella zona tra Anzio e Nettuno delimitata tra la Pontina alle spalle e il mare compreso tra Torre Astura a sud e Torre Caldara a nord, il territorio dove si coltiva il vitigno Cacchione, uva bianca altrove denominata Bellone. Da questo antico vitigno si ricava un vino che è l’orgoglio dei nettunesi che gli dedicano ogni anno ad ottobre una festa nel borgo medievale della città. Si coltiva e si produce anche nei comuni di Anzio ed Aprilia, ma solo quello di Nettuno ha avuto il riconoscimento di Cacchione DOC, nel maggio 2003. E per avere il marchio DOC il vino deve essere prodotto con almeno l’85% di uva Cacchione, per il restante 15% si usa il Trebbiano toscano, con gradazione alcolica di almeno 10° 11°, anche nella versione frizzante. Si pensa derivi dalle stesse uve che qui erano coltivate in epoca romana, e forse il vino bevuto da Marco Tullio Cicerone nella villa di Torre Astura e da Caligola o Nerone nell’Antium romana non doveva essere tanto dissimile, salvo se mescolato con acqua e miele o, alle volte, anche con acqua di mare. Plinio lo cita come uva “pantastica”, uva pane, perché i contadini lo gustavano con il pane. L’uva bianca con acini medi e grandi, tendenzialmente rotondi del Cacchione prospera nei terreni ricchi di silicio, leggeri e di origine vulcanica; la foglia è grande e pentagonale, il grappolo medio o grande, di forma cilindrico-conica, abbastanza serrato; la buccia è spessa e consistente piuttosto pruinosa, di colore giallastro non molto uniforme. Foto di Silco - Vigna di Giuliano Cibati - Nettuno

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Possiede vigoria elevata, tanto è vero che molti vigneti hanno una maturazione abbastanza tardiva. Il figlio di quest’uva arcaica è un bianco opulento e piacevole; le uve sono lavorate con moderne tecniche (selezione dei grappoli, raffreddamento immediato delle uve, criomacerazione, pressatura soffice, maturata in serbatoi di acciaio per due mesi). Il colore è giallo paglierino con nuances verdeggianti; nel bicchiere sentori di frutta a polpa gialla matura pesca e agrumati di pompelmo, poi miele e mandorla che si ritrova in bocca con un finale leggermente amarognolo e con una scia che è anche piacevolmente acida; può stare tranquillamente in bottiglia per un paio di anni. Da abbinare ad una minestra di fave, risotto alle erbe, pecorini freschi, ma anche a rane fritte dorate, zuppa alla portodanzese e a molluschi, crostacei e insalate di mare. Nel 1500 alcuni viticoltori si sono riuniti e hanno fondato la Cantina Sociale, oggi Bacco di Nettuno. Tra gli altri produttori, Casa Divina Provvidenza sempre a Nettuno e i Pàmpini, azienda che si trova sul litorale in provincia di Latina e che ha ottenuto il premio Slow Food Lazio 2009 per la qualità alimentare. Se vi capita di soggiornare su questi lidi che hanno visto Shakespeare, Pirandello, D’Annunzio e Paul Klee trovarvi ispirazione per le loro opere, pensate che sarà stato loro offerto un vino bianco fresco e gradevole ottenuto dal vitigno Cacchione, e chi sa che anche voi non ne siate ispirati in qualche modo.

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Antichi resti della villa di Nerone

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UNIVERSO DONNA

di Gabriella Natta* COME VIVERE IN UN MONDO MIGLIORE? Una cena tra amici, in tanti. “Ma perché non usi i piatti e i bicchieri di plastica?” Il mio diniego non è dovuto solo al fatto che mi piace la tavola apparecchiata, ma soprattutto perché cerco sempre di usare poco la plastica, di spegnere le luci quando le vedo accese inutilmente, di chiudere i rubinetti se l’acqua scorre abbondantemente in attesa dell’utilizzo. I piccoli gesti individuali per preservare l’ambiente possono sembrare senza senso, inutili, se non ci abituiamo a pensare che non siamo impotenti spettatori, ma una parte del tutto; non siamo padroni del creato, né al centro di esso, ma siamo noi stessi parte di esso. Se parliamo quindi di ecologia dobbiamo ricordare che non stiamo parlando solo di ambiente, ma anche di noi stessi. La crisi ecologica è profondamente collegata agli stessi modelli di sfruttamento e di oppressione che piagano le relazioni umane, per cui non possiamo impegnarci nella giustizia sociale senza preoccuparci di questioni ecologiche e viceversa. Anche la visione biblica dell’essere umano come amministratore e custode del mondo parte da una posizione di predominio sulla natura, mentre oggi è necessario passare a considerarci come esseri viventi che stanno nel mondo correlati a tutta la dinamica del vivere, consapevoli del nostro impatto sulla rete della vita e riconoscenti per i doni vitali che riceviamo e scambiamo con gli altri esseri animati e inanimati e che dobbiamo trasmettere alle generazioni future. In questa linea si muove l’importante enciclica di papa Francesco “ Laudato si’ ”. Alcune teologhe hanno dato un impulso particolare alla teologia della relazione e della interconnessione di tutto il vivente, anche a partire dall’impegno ambientalista a fianco di popolazioni indigene oppresse, in India, Africa e America Latina. Ricordo qui Vandana Shiva per il suo impegno contro l’agricoltura industriale e le monocolture; Ivone Gebara che dal Brasile si batte per il superamento del modello che vede la natura schiava, un mero oggetto al servizio dell’essere umano; Wangari Maathai in Kenia che, nel piantare più di 51 milioni di alberi, ha coinvolto le giovani donne del Paese per conservare e migliorare il proprio ambiente di vita. Di conseguenza, non si potrà avere salvezza ambientale senza giustizia ambientale. Lo storico ambientalista americano Donald Worster riconosce che stiamo affrontando una crisi planetaria non a causa delle modalità di funzionamento degli ecosistemi, ma a causa di quelle del nostro sistema etico.

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Il debito che abbiamo contratto nei confronti della natura richiede un cambiamento di atteggiamento, che è il presupposto spirituale per l’agire pratico. L’ecofemminismo denuncia il ruolo delle religioni nell’aver alienato la ragione dai corpi, mentre è importante affermare che il corpo è uno dei luoghi essenziali attraverso cui passa la nostra comprensione del mondo. Il comprendere non è opposto al sentire, anzi ne fa parte e permette di riconoscere in ogni essere vivente un corpo desiderante e vulnerabile, un corpo da rispettare e che cerca vita (basti pensare alle piantine cresciute al buio, che cercano la luce per dare colore alla loro vita e sostanza alla loro forma). Gesù si è preso cura dei corpi dichiarando di combattere il peccato che disconnette le persone da sé stesse e dalle loro relazioni. Ha guarito e abbracciato i loro corpi, gli occhi persi, le mani paralizzate, le orecchie chiuse. E ha restituito le persone ai loro contesti relazionali: figli e figlie alle madri e ai padri, uomini e donne ai loro villaggi e alle loro comunità. Per Gesù la salvezza/guarigione è un fatto che passa attraverso i corpi. Un elemento fondamentale è la considerazione della fragilità e della vulnerabilità dei corpi stessi. Basta un soffio di vento perché l’esistenza cambi, basta considerare la fragilità della vecchiaia o la vulnerabilità delle creature appena nate. La teologa americana di area anglicana Sallie McFague dà un’indicazione essenziale: trasformarci da predatori di cibo in cibo che nutre la trasformazione del mondo. Veramente un bell’esempio di amore!

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(Chi vuole saperne di più può leggere il libro della pastora valdese LetiziaTomassone “Crisi ambientale ed etica”, ed. Claudiana, dal quale ho tratto varie suggestioni)

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POETI IN VETRINA a cura della Redazione*

ESORDIO LETTERARIO Quanno ch’ero regazzino de la terza elementare ‘n’amichetto me diceva “Lo scrittore vojo fare, ciò ‘na smania drent’ar petto, drentr’ar core me lo sento che pe’ scrive ciò la grazzia d’un grannissimo talento. Ho ggià scritto ‘na cosetta che me pare de valore e sarà ll’opera prima d’un profonno penzatore, e siccome der poeta tu ciai er core e ciai la mente solo a tte la faccio legge, a tte ssolo, all’antri gnente!” E così de sottobanco me passò ‘na pagginetta, ero tanto emozionato e l’oprii de tutta fretta. Ner frattempo me sentivo ch’ero propio fortunato potè llegge l’anteprima d’un futuro letterato. E penzavo: certamente quarche Musa lo protegge! Voi sapè che c’era scritto? Ecco qua: fesso chi llegge.

Giuseppe Tozzi

VORREI Vorrei cogliere una rosa senza la spina. Vorrei bere un’acqua senza l’amaro. Vorrei avere un’amica senza problemi. Vorrei avere un mondo senza brutture. Vorrei avere affetti senza dolori. Vorrei solo un’ora godere senza pagarla. Ma posso solo sognare, se ancora mi riesce. Rosy Rotoli

ACCESA ERA L'ARIA Il vento della vita, la tempesta degli anni, mai potranno rapire alla memoria le parole,le promesse che improvvise un giorno fiorirono sulle nostre labbra. Era l'estate dalle messi d'oro accesa l'aria come i nostri cuori. Rossana Mezzabarba

NOTTE IN CAMPAGNA Al chiaror della Luna quando fuori tacciono i grilli e rapido il buio serpeggia tra alberi e viali mentre un silenzio inquietante cattura il respiro della notte io veglio, miei cari, il vostro sonno placido e profondo e invento per voi nuove canzoni. Lina Gonnella AUTUNNO Nuvole di rossi foulards sfrangiati da venti lontani contendono il grigiore di un autunno che bagna senza speranza bruni campi assopiti. Ricordi sfumati, perduti, di un’estate intensamente vissuta a consumare la vita. Non resta che aspettare l’inverno sperando che una candida coltre di neve ci regali con il silenzio la pace agognata. Giuliano Cibati

a ROMA

Ti amo, Roma, Caput mundi, Città eterna indiscussa. E da sempre: monella, matrona, parca, epicurea, bigotta e illuminata.... M’incanti col vernacolo ironico e dissacrante dei tuoi figli, coi sapori della tua cucina, varia e appetitosa, con le tue albe e i tuoi tramonti, con i tuoi pini maestosi, pieni di magia. Ti adoro per il tuo splendido clima: la primavera in fiore, la calda estate, l'autunno mite. l'inverno temperato e breve. Ti ammiro per i tuoi tesori d'arte, per la tua Storia millenaria, unica, che ancora stupisce: meraviglia di un Popolo, rude e coraggioso, poi colto e raffinato, che dominò il mondo.

Carmelo Pelle

PROMEMORIA “Hai preso tutto?” Tutto, niente, qualcosa. Le cose mie, le cose tue. Il tuo berretto, il tuo libro, e una bottiglietta d’acqua. Manca il pane, è finito lo zucchero, non c’è più frutta. Mi manca qualcosa? Ricordo di quella volta E di quell’altra… Sì, ho ricordato tutto. Gabriella Natta [email protected]

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SONO PASSATI CENT’ANNI E PIÙ di Silvana Costa*

CENTENARIO di MARIO MONICELLI - regista, burbero, schivo, geniale, ha realizzato i più bei capolavori del dopoguerra. Nasce a Roma il 16 maggio del 1915 da una famiglia originaria di Ostiglia (MN) composta dal padre Tomaso, giornalista, direttore del Resto del Carlino e dell'Avanti!, dalla madre Maria Carreri e dai fratelli: Giorgio, traduttore ed editore e Furio, divenuto scrittore raggiungendo un buon successo con il romanzo Il gesuita perfetto. Per lungo tempo si è ritenuto che fosse Viareggio la sua città natale, finché il critico cinematografico Stefano Della Casa, compiendo delle ricerche per la stesura del volume L'armata Brancaleone riportò alla luce il fatto che Monicelli fosse, in realtà, nato a Roma, più precisamente nel quartiere Prati, confermato, poi, da Luca Lunardini, sindaco di Viareggio, che ha dichiarato in proposito: È vero: Mario Monicelli non è nato fisicamente a Viareggio, non risulta iscritto alla nostra anagrafe, ma amava talmente tanto Viareggio che considerava questa città il luogo in cui era nata la sua anima, quindi lui stesso. Trascorre la sua infanzia a Roma, dove frequenta le scuole elementari. Successivamente, si trasferisce con la famiglia a Viareggio e lì frequenta le medie, il ginnasio e due anni di liceo; si stabilisce poi a Milano, dove finisce la terza liceo ed inizia gli studi universitari. Nel capoluogo lombardo, frequenta Riccardo Freda, Remo Cantoni, Alberto Lattuada, Alberto Mondadori e Vittorio Sereni; insieme fondano, con l'appoggio dell'editore Mondadori, il giornale Camminare, in cui Monicelli si occupa di critica cinematografica, che non dura molto poiché considerato di sinistra e soppresso dal Ministero della Cultura Popolare. Nel 1934, con Alberto Mondadori ed Alberto Lattuada, nel ruolo di scenografo, realizzano un cortometraggio muto in 16 mm, Il cuore rivelatore, tratto dal racconto di Poe e lo inviano ai Littoriali sperando che venga poi proiettato, ma il film viene bollato come esempio di cinema paranoico. L'anno seguente però, il suo primo lungometraggio, I ragazzi della via Paal inviato a Venezia alla Mostra per i film a passo ridotto, vince il primo premio e l'opportunità per Monicelli di lavorare nella produzione di un film professionale Ballerine, di Gustav Machatý come “ciacchista” che si svolge a Tirrenia. Fa quindi da aiuto regista a Machaty, e poi a Genina, Camerini, Gentilomo, Bonnard, Mattoli, Germi e insieme a Steno dà vita a un felice sodalizio che li vede prima collaboratori al giornale satirico Marc'Aurelio e poi prolifici sceneggiatori. Proprio con Steno avviene il suo vero esordio alla regia nel 1949 con Totò cerca casa e dopo otto film in coppia fra cui Al diavolo la celebrità, Totò e i re di Roma e Guardie e ladri che conquista due premi a Cannes nel '51, prosegue da solo a partire da Proibito nel 1954 con Lea Massari. Comincia così a delinearsi un autore “nazional-popolare”, disincantato osservatore della realtà italiana, irrispettoso di ogni retorica, pessimista feroce, continuamente alla ricerca delle umane debolezze dei suoi personaggi dei quali mette in evidenza i connotati cialtroneschi e il loro lato ridicolo.

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Fra i suoi grandi successi, nel pieno del suo sodalizio con Totò, I soliti ignoti del 1958 (nomination all'Oscar), che ha avuto oltretutto il merito di recuperare al cinema un attore allora mal sfruttato come Vittorio Gassman, e che rappresenta il lato mite, confusionario e frustrato di un manipolo di aspiranti ladri votati all'insuccesso, come pure La Grande guerra (1959) con Vittorio Gassman e Alberto Sordi in versione di soldati lavativi e sfaticati, che trionfatore a Venezia con il Leone d'oro, e L'armata Brancaleone (1965) che rivisita in chiave grottesca il Medioevo. Sono gli anni dell'amicizia con Risi, degli scontri con Antonioni, del controverso rapporto con Comencini, del trionfo della commedia all'italiana e dei “colonnelli della risata”. Inventa una Monica Vitti attrice comica in La ragazza con la pistola (1968 terza nomination all’Oscar) e nel 1975 raccoglie l'ultima volontà di Pietro Germi che gli affida la realizzazione di Amici miei. Nel 1977 recupera la dimensione tragica con Un borghese piccolo piccolo, dal libro di Vincenzo Cerami, interpretato da Alberto Sordi trasformato da lui in attore drammatico. La sua regia ne Il marchese del Grillo, sempre con Albero Sordi, gli fa vincere l'Orso d'argento al festival di Berlino del 1982. Negli anni ottanta e novanta, lo sguardo del regista cambia ancora: dal maschilismo di Amici miei si passa all'esaltazione della donna contenuta nel film Speriamo che sia femmina (1985), con il quale torna a ricevere ampi consensi di critica e pubblico. Nel 1990, periodo di crisi del cinema italiano, riesce a rimanere a galla dirigendo Alessandro Haber, Cinzia Leone, Marina Confalone e Paolo Panelli nella commedia anti-familiare Parenti Serpenti del 1992 una caustica rappresentazione del modello familiare attraverso la difficoltà dei rapporti tra generazioni. Nel 1994 esce nelle sale il grottesco Cari fottutissimi amici, che vede come protagonista l'attore genovese Paolo Villaggio. La pellicola, presentata al Festival di Berlino nello stesso anno, si aggiudica un Orso d'argento, nella sezione menzione speciale. È del 2006 il tanto desiderato ritorno sul set con un film, rallentato da ritardi e difficoltà produttive, Le rose del deserto, liberamente ispirato a Il deserto della Libia di Mario Tobino e a Guerra d'Albania di Giancarlo Fusco. Qualcuno ha detto: “Ha fatto bene, ha capito che mancava poco, e ha deciso lui”. Qualcuno ha detto: “Avrebbe scelto l’eutanasia, se in Italia non ci fossero ancora così tanti tabù.” Intorno alle ore 21 di quel lunedì sera del 29 novembre 2010, Mario Monicelli si è tolto la vita gettandosi nel vuoto dal reparto di urologia dell'ospedale San Giovanni di Roma dove era ricoverato per un tumore alla prostata. Aveva 95 anni. Ha emulato il gesto del padre, Tomaso, scrittore e giornalista, che morì suicida nel 1946. Raccontando la morte del padre aveva detto: La vita non è sempre degna di essere vissuta, se smette di essere vera e dignitosa non ne vale la pena. Una vita quella di Monicelli dedicata interamente al cinema, al ritmo di quasi un film all'anno.

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Una produzione ininterrotta da I ragazzi della via Paal del 1934, fino a Le rose del deserto del 2006 e alla sua ultima opera, il corto della sua carriera, Vicino al Colosseo...c'è Monti, in programma fuori concorso alla 65esima Mostra del Cinema di Venezia. Padre della commedia all'italiana, con colleghi come Dino Risi, Luigi Comencini e Steno, è stato regista di oltre 60 film e autore di più di 80 sceneggiature. E quando si dice il suo nome, almeno a casa nostra, si dice Cinema.

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Ha ricevuto premi e riconoscimenti da tutto il mondo per i suoi bellissimi film. ●Mostra del Cinema di Venezia - 1935 1º premio sezione passo ridotto - I ragazzi della via Paal - 1959 Leone d'oro al miglior film La grande guerra 1985 - Premio Pietro Bianchi 1991 Leone d'oro alla carriera ●Festival di Berlino - 1957 miglior regista Padri e figli -1976 miglior regista Caro Michele -1982 miglior regista Il marchese del Grillo ●David di Donatello - 1976 miglior regista Amici miei -1977 miglior regista Un borghese piccolo piccolo -1977: miglior film Un borghese piccolo piccolo -1986: miglior regista Speriamo che sia femmina -1986 miglior film Speriamo che sia femmina - 1986 miglior sceneggiatura Speriamo che sia femmina -1990 miglior regista Il male oscuro -2005 David speciale ●Nastri d'argento - 1959 migliore sceneggiatura I soliti ignoti -1977 migliore sceneggiatura Un borghese piccolo piccolo - 1982 migliore sceneggiatura Il marchese del Grillo -1986 regista del miglior film Speriamo che sia femmina -1986 migliore sceneggiatura Speriamo che sia femmina ●Premio Oscar - 1958 Nomination all'Oscar al miglior film straniero I soliti ignoti -1959 Nomination all'Oscar al miglior film straniero La grande guerra -1965 Nomination all'Oscar alla migliore sceneggiatura originale I compagni - 1966 Nomination all'Oscar alla migliore sceneggiatura originale Casanova '70 -1968 Nomination all'Oscar al miglior film straniero La ragazza con la pistola -1978: Nomination all'Oscar al miglior film straniero I nuovi mostri (co-regia) ●TraniFilmFestival - 2002 premio cinematografico “Stupor Mundi” riconoscimento alla carriera ispirato alla figura di Federico II di Svevia. ● Onorificenze Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - Roma 1978 - Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana - Roma 1978.

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A TAVOLA CON LO CHEF

di Gina Baldazzi* VOGLIAMO FARE UNA DIETA?

La parola “dieta” non sta per “ dieta dimagrante”, ma deriva dal greco “ diaita” , che significa letteralmente modo di vivere o stile di vita. Questo vuol dire che anche per le persone normopeso è importante seguire una dieta sana: per vivere meglio, prevenire le malattie ed anche evitare di aumentare di peso, che, spesso è la conseguenza di una dieta sbagliata ed eccessiva nelle quantità. Dopo il grande caldo dell’estate, ecco l’autunno, periodo ideale per mettersi a dieta perché non c’è fretta di dimagrire quindi possiamo “rieducarci” ad una corretta alimentazione che ci permetterà di raggiungere il nostro peso forma con calma ed in modo equilibrato ed anche di mantenerlo nel tempo. L’obiettivo primario è quello di prevenire i malanni, mantenendo equilibrato l’apporto di vitamine, sali minerali e proteine di elevata qualità. La dieta mediterranea è sicuramente un valido alleato nell’alimentazione autunnale.

la dieta mediterranea

� Maggiore consumo di proteine vegetali rispetto a quelle animali � Riduzione dei grassi saturi a favore di quelli vegetali insaturi � Riduzione della quota calorica globale � Aumento dei carboidrati complessi a sfavore di quelli semplici � Elevata introduzione di fibra alimentare � Riduzione del colesterolo � Il consumo di carne bianca è prevalente rispetto a quella rossa, ed è comunque limitato a una o due volte la settimana. Maggiore è invece il consumo di pesce e legumi � I dolci sono consumati solo in occasioni particolari � La dieta mediterranea prevede inoltre una drastica riduzione del consumo di: insaccati, super alcolici, zucchero bianco, burro, formaggi grassi, maionese, sale bianco, margarina, carne bovina e suina (specie i tagli grassi), strutto e caffè. Tratto da http://www.my-personaltrainer.it/dieta/dieta-mediterranea.html I pomodori poi, che sono ancora ricchi e saporiti, continuano ad essere un punto di forza come condimento della pasta, con basilico ed olio extravergine d’oliva. I frutti di stagione, quelli color giallo oro: come la zucca, che, lessata, al forno o in minestra, fornisce in grande quantità la vitamina A; poi i cachi, che oltre alla vitamina A, sono ricchi di potassio e calcio. Un frutto al giorno può aiutare il fegato, e, se mangiato di mattina, esercita un’efficace azione diuretica, che aiuta a liberarsi dei liquidi in eccesso. Anche le carni bianche e il pesce sono fondamentali in questa stagione; ottimi anche surgelati, validi dal punto di vista nutrizionale e se cucinati a dovere, di sapore buoni come quelli freschi. Il vino, in quantità moderata, è ammesso sulla tavola d’autunno.

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Ora alcune ricette facili e buone *. � Orata con patate e melanzane. - Sbucciare le patate, tagliarle a cubetti, lessarle per almeno 5 minuti. Pulire le melanzane e tagliarle a cubetti come le patate. Condire la pancia del pesce con un trito di erbe aromatiche, maggiorana, timo, prezzemolo, sale, pepe ed olio. Mettere della carta da forno in una pirofila. Sistemarvi il pesce e le verdure Infornare a 180 gradi. Spennellare il pesce più volte durante la cottura con olio sale e pepe. �Petto di pollo ai funghi - ½ Kg di petto di pollo a bocconcini - 1 bustina di funghi secchi - 3 spicchi di aglio - pepe in grani - panna da cucina - sale e burro q.b. Mettete a bagno la sera prima i funghi in un litro e ½ di acqua con l’aglio e il pepe. L’indomani bollite il tutto per un’ora in una pentola con il coperchio: il liquido non si deve ritirare. A fine cottura filtratelo, eliminate l’aglio e il pepe e tenete solo i funghi che andranno rimessi nel liquido. Infine aggiungete la panna e salate. Nel frattempo avrete infarinato e rosolato il pollo in padella con il burro. Mettete ora il pollo in un tegame, ricoprite con il liquido e infornate a 250° circa per ¾ d’ora, più o meno, finché la salsa non si sarà addensata. �Rotolo di tacchino al radicchio e gorgonzola - 1 petto di tacchino aperto a libro - 1 radicchio trevigiano - 10 gherigli di noce - 3 etti di gorgonzola – cipolla e carote a piacere, 1 bicchiere di vino bianco - sale e pepe q.b. Tritate grossolanamente il radicchio e le noci che stenderete sul tacchino insieme a 2 etti e mezzo di gorgonzola a pezzetti, salate e pepate. Arrotolate ben stretto e fate rosolare in pentola a pressione, senza coperchio, con cipolla e carote tagliate a dadini; sfumate con il vino. Aggiungete un bicchiere di acqua, il restante gorgonzola, chiudete la pentola e cuocete per 20 minuti. Frullate la salsa di cottura e se troppo densa aggiungete un po’ d’acqua. Tagliate il rotolo quando è freddo e servite con la salsa ben calda. *(le ricette si trovano nel libro “Quelle di…” di Gina Baldazzi.

*[email protected] Rotolo di tacchino

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NEI MEANDRI DELLA STORIA Fatti e figure tra ieri e domani

di Mario Spinelli* WATERLOO 200 ANNI DOPO. TUTTO (O QUASI) COME ALLORA

Fino all’estate scorsa le sole rievocazioni storiche a cui avevo assistito si erano incentrate su Roma antica: dai duelli dei gladiatori ai cortei di senatori, matrone, togati, legionari, aquiliferi e quant’altro su via dei Fori Imperiali per celebrare il 21 Aprile, Natale di Roma. Il 12 ottobre del 2013 mi era capitato di ammirare - si fa per dire, data la messinscena miserella… - la ricostruzione (altra parola esagerata!) della battaglia di Ponte Milvio, dove Costantino 17 secoli fa sconfisse Massenzio, si ritrovò arbitro dell’impero e abolì le persecuzioni anticristiane. Quest’anno ho creduto bene di allargare i miei orizzonti in questo tipo di esperienze “storico-spettacolari”. Infatti l’occasione era ghiotta; parlo della celebrazione dei 200 anni dalla memorabile battaglia di Waterloo, l’ultima combattuta da Napoleone, che ne uscì sonoramente sconfitto, per sempre. Sul finire della primavera del 1815 sulle colline di Waterloo, a 20 minuti oggi di treno da Bruxelles, la Grande Armée si scontrò con l’esercito della Sesta Coalizione antifrancese, comandato dal duca di Wellington e lanciato contro l’Empereur per bloccare il suo estremo tentativo (e l’ultimo sogno) di risorgere dalle ceneri e dare nuovo filo da torcere all’Europa dell’ancien régime. Dopo le débalcles già incassate (la Russia, Lipsia), il breve esilio all’Elba e l’ubriacatura dei Cento Giorni, dove il tifo da stadio dei parigini gli aveva fatto credere di poter osare ancora, Napoleone ci riprovava, andando incontro ai nemici di sempre e pronto a giocarsi il tutto per tutto. Numericamente le due armate si equilibravano, circa 70 mila uomini sull’uno come sull’altro fronte. Inoltre sia i napoleonici sia gli avversari erano una massa multietnica, riflesso da un lato dell’impero francese, dall’altro della tavolozza di nazioni schierate contro il Còrso. Ma i due condottieri si chiamavano Bonaparte e Wellington, e non c’era dubbio su che lingua parlassero i rispettivi stati maggiori: il francese da un lato, l’inglese dall’altro. Gli italiani presenti erano quasi tutti nelle file francesi; altri, come i belgi, si trovavano su entrambi i fronti. Ma veniamo alla rievocazione, a cui ho assistito insieme a qualche spettatore: in tutto eravamo (appena) 68 mila persone! Arrivati da tutta Europa, molti con indosso variopinti costumi d’epoca: contadinotte, vivandiere, gentiluomini, dame aristocratiche, preti con tonaca e “bavaglino” e altre figure del primo ‘800. Per far sedere lo sterminato pubblico era stata montata una lunga fila di tribune, alte, imponenti e brulicanti di gente come quelle dei circuiti di Formula 1. E tutt’intorno al teatro dell’evento (il terreno dove si combatté) posti di ristoro, fornitissime bancarelle e bagni chimici a non finire. Cose fatte alla grande insomma; e ci mancava che non fosse così, visto che il comitato organizzativo (anglo-franco-belga) aveva strappato un finanziamento di ben 8 milioni di euro! A cui si sarebbe aggiunto lo stratosferico incasso: 100 euro a persona, per 2 giorni di rappresentazione, moltiplicate per 60 mila e rotti paganti!

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Lo “spettacolo” si è articolato in 2 parti, il 18 e il 19 giugno, alla distanza esatta di 200 anni dagli eventi celebrati, che si prolungarono anch’essi per tutti e due i giorni, dalla mattina del 18 al pomeriggio del 19. Davanti a me, su di giri e in nervosa attesa come tutti, si estendeva in tutta la sua ondulata ampiezza uno dei campi di battaglia più famosi della storia militare, ancora vuoto e silenzioso. D’improvviso, rulli di tamburi, colpi di cannone e un lampeggiare di sciabole, lance e baionette. I francesi spuntano e avanzano da destra, prima la fanteria poi la cavalleria, con le loro uniformi sgargianti, i vistosi alamari, i cappelloni cilindrici dei fanti e gli elmi luccicanti dei cavalieri, simili ai nostri corazzieri. Marciano a fucili spianati e baionette innestate, ogni tanto si fermano e la prima fila si inginocchia; poi tutti puntano e sparano in perfetta sincronia, e riprendono l’avanzata. Dietro di loro i cannoni in appoggio esplodono a ripetizione i loro colpi, saturando l’aria di fumo e facendo un baccano d’inferno. Nelle retrovie, su una collina, si scorge Napoleone, che dirige la battaglia sull’immancabile bianco destriero. Lo “incarna” un avvocato francese, da anni, in tutte le rievocazioni, per pura passione, come tutti gli altri 7000 figuranti che partecipano su entrambi i fronti all’azione. Pagandosi di tasca propria costume ed equipaggiamento, incluso l’eventuale cavallo, per un rimborso spese ridicolo. Pardon, simbolico. In che direzione attaccano i soldati dell’Empereur? Panoramichiamo verso la sinistra del paesaggio in cinemascope, ed ecco là schierati gli inglesi, con le inconfondibili giubbe rosse. Sono asserragliati e fitti come mosche in quella che è la ricostruzione del castello, o fattoria, di Hougoumont, dove la battaglia arse più accanita. I francesi si dannano l’anima per stanarli, per abbattere il manufatto e per travolgere il nemico. Nulla da fare, nella messinscena come quel giorno. Gli inglesi resistono, la fattoria non viene espugnata e lì comincia la svolta negativa (per i napoleonici) dello scontro. Spari, duelli, scaramucce, cariche di cavalleria, attacchi e contrattacchi, morti e feriti a iosa, finti ma verosimili. Non c’è più storia: inglesi che resistono, supportati dalla cavalleria, e francesi che mandano avanti uno dopo l’altro i loro reparti, arrivando a sacrificare la Guardia Imperiale e perfino la Vielle Garde, che Napoleone teneva sempre in serbo per chiudere i conti a suo favore, come i “triari” delle legioni romane. In passato gli era andata spesso bene. Ma stavolta no, e anche i suoi pluridecorati veterani cadono, si arrendono o si disperdono. Finché arriva la mazzata finale, risolutiva, il 19 giugno 1815. Da lontano, da est, sbucano a sorpresa i prussiani, il IV Corpo d’Armata, che il maresciallo Ney, numero 1 del comando francese, ha rinunciato a inseguire il giorno prima. Li guida il mitico generale Von Bulow, burbero e spietato. Napoleone li credeva ormai fuori gioco. Invece sono tornati e saranno il valore aggiunto della Coalizione, il fattore decisivo della sua vittoria e del crollo militare e politico di Bonaparte. Quarantamila morti, quelli che si conteranno alla fine. Il costo orribile di una svolta tra le più decisive della storia: Napoleone a Sant’Elena, fine della repubblica e ritorno della monarchia in Francia, Congresso di Vienna e avvio dell’età della restaurazione, del romanticismo e dei risorgimenti nazionali. Incluso il nostro. Inevitabile pensare a tutto questo, mentre si sfolla dalle tribune di Waterloo. *[email protected]

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PILLOLE DI TECNOLOGIA

di Emilio Tripodi* N. 1 - Settembre 2015 Temporary Manager Business Consultant Bentornati nella rubrica “Pillole di Tecnologia”, augurandomi che il precedente articolo sia stato di vostro interesse, rimanendo sul tema della tecnologia mobile, oggi parleremo brevemente degli SmartPhone che hanno ormai soppiantato i tradizionali telefoni cellulari e pertanto in uso ad utenti di tutte le età, dai 3 ai 100 e oltre anni ☺ Buona Lettura Emilio Uno SmartPhone a prova di Nonna? Iniziamo subito con la traduzione letterale di SmartPhone (parola composta da Smart & Phone) quindi telefono intelligente. E’ proprio così ormai i telefoni di nuova generazione e quindi la totalità degli SmartPhone non si limitano soltanto ad offrire il servizio di telefonate come i vecchi cellulari che al massimo inviavano semplici messaggi di testo SMS, bensì sono delle vere e proprie consolle mobili sia per uso domestico che business. Ai giorni d’oggi con uno SmartPhone si ha a disposizione un’infinità di risorse locali e/o offerte dalla rete alla quale ci si interconnette, lo si utilizza per lo svago quindi come game consolle, per la posta elettronica, per redigere documenti, scattare fotografie e registrare filmati, comunicare in tempo reale in modalità audio/video e tanto altro ancora. Anziani, Nonne e Nonni, volenti o dolenti oggi hanno poca scelta e nonostante le prime resistenze innanzi alla differenza tra il vecchio cellulare e lo SmartPhone, oggi lo SmartPhone è molto apprezzato dagli utenti della seconda e terza età che grazie a strumenti di semplificazione utilizzano anche applicazioni che un tempo per la loro complessità, erano accessibili ai soli patiti e appassionati di tecnologia. Lo SmartPhone per i Nonni non ha nulla di diverso dal punto di vista tecnologico rispetto allo stesso prodotto destinato ad una utenza di adolescenti, è proprio la tecnologia che grazie alla sua evoluzione va incontro alle mutate e mutabili esigenze dell’utente, offrendo soluzioni di accessibilità diversificate in funzione delle difficoltà che l’utente potrebbe avere, esempio:

• ampio schermo con possibilità di attivare funzione per ipovedenti • suoni diversificati al tatto dello schermo e vibrazioni di stato • eliminazione dal display di tutto ciò che potrebbe confondere l’utente

nell’accedere alla funzione desiderata, quindi personalizzazione dello schermo con grandi pulsanti per accedere alle macro funzioni, esempio: TELEFONATE, GIOCHI, POSTA, MESSAGGI, EMERGENZA

• Inibizione all’accesso alle aree sensibili di personalizzazione dello SmartPhone ecc…

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Tutte le suddette funzionalità si abilitano attraverso i cosiddetti LAUNCHER ossia delle pre-configurazioni grafiche di uso semplificato per migliorare l’accessibilità alle molteplici funzionalità abilitandone o oscurandone la visione delle stesse. Elenco dei principali suggerimenti per predisporre uno SmartPhone per la Nonna poco avvezza all’utilizzo della tecnologia:

• Installare l’applicazione AppLock, che offre la possibilità di bloccare alcune applicazioni, vietarne la rimozione accidentale, lo spostamento ecc…

• Selezionare uno dei tanti Launcher semplificati e orientati a utenti in avanti con l’età, esempio Wiser o Chimera e simili

• Abilitare i vari servizi non disturbare per le ore notturne, quindi disabilitare i vari

suoni e notifiche, lasciando attive solo le suonerie per le telefonate.

• Disabilitare i vari PINCODE di accesso alle singole applicazioni e/o SIM o portali di download oggetti, evitare quindi di dover ricordare diverse password per l’utilizzo semplificato di tutto ciò che c’è sul telefono/ SmartPhone

• Abilitare la geolocalizzazione remota del telefono, a volte può esser utile anche per rintracciare lo SmartPhone dimenticato da qualche parte o addirittura soccorrere l’utente che ne è in possesso

• Creare una pagina sul display riunendo tutte le funzionalità ricorrenti e desiderate dall’utente (es: Telefono, Email, SMS, WhatsApp, Giochi…), un unico punto di accesso semplifica enormemente l’utilizzo dello SmartPhone

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Una cosa è certa, nonostante adottiate tutti i possibili trucchi per facilitare l’uso dello SmartPhone, saranno sempre decine le chiamate di aiuto che la Nonna farà a nipoti e amici, quindi oltre alla conoscenza della tecnologia necessita comunque tanto amore e passione per il supporto tecnico da offrire ai propri cari e non solo… Infine, regalare uno SmartPhone alla propria Nonna può essere anche una buona scusa per andare a trovarla con maggiore frequenza e chiederle oltre allo stato di salute anche come va l’uso dello SmartPhone e perché no, insegnarle nuove funzionalità e scoperte che quotidianamente giungono sul mercato. P.S. satirico: Se pensate di sbarazzarvi di Nonna lasciandole in mano uno SmartPhone Android o Apple siete fuori strada, diventerebbe un cane da tartufo e vi scoverebbe ovunque voi siate affinché le facciate funzionare il suo nuovo SmartPhone ☺

*[email protected] www.emilio.tripodi.com

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CINEMA: IMPEGNO E DISIMPEGNO

di Giuliana Costantini* Vogliamo parlarvi brevemente di Cannes, della grande delusione per il cinema italiano e di quelli che sono attualmente fra i nostri migliori registi, ovvero Moretti, Garrone, Sorrentino: i loro film sono ancora nelle sale, anche se le platee non sono più affollate perché il tempo è passato. Quindi ne accenneremo soltanto per chi, causa caldo tropicale li avesse persi, per poi soffermarci sulle “novità”. Moretti, commosso e commovente, con Mia madre affronta il tema del dolore con tutta la sua bravura e si avvale dell’interpretazione di una Margherita Buy davvero eccezionale: una mamma deve pur morire, ma noi figli ne accettiamo la fragilità finale quasi sorpresi, come se la malattia di un genitore, le cure l’ospedale, la pazienza, fossero un peso, un intralcio al nostro impegno: ogni figlio reagisce al dolore come può… Garrone, con il suo fantasy Il racconto dei racconti liberamente tratto da Lu cuntu de li cunti di Basile, stampato nel 1634, presenta una rivisitazione ironica, drammatica e coraggiosa che strappa a volte qualche risata, di un classico della nostra bella narrativa popolare. Poi c’è Sorrentino con Yout, la giovinezza, descrizione del tramonto della vita visto da diverse prospettive. In un centro termale svizzero si incontrano personaggi con una concezione del tempo che resta loro da vivere molto contrastante. Attori del calibro di Michael Caine, anzi, Sir Michael Caine e Harvey Keytel, che interpretano la vecchiaia come una malattia inevitabile l’uno, e come una stagione ancora ricca di emozioni l’altro, si scontreranno e… diventeranno grandi amici. Ed ora è arrivata la Mostra del cinema di Venezia Vedremo nelle sale i film più belli, che spesso non sono i più premiati, alcuni molto rapidamente, altri fra mesi. �Per l’impegno vi proponiamo: DOVE ERAVAMO RIMASTI - regia di J. Demme con Meryl Streep e Kevin Kline. Storia commovente di una cantante rock che lascia la famiglia per seguire la sua band. Quando però il suo ex marito la informa che la figlia sta attraversando un periodo molto difficile, decide di tornare: si può recuperare il tempo perduto? accettano i giovani un ritorno dopo anni? Essere madri non è mai facile, siamo pronti a perdonare noi stessi pensando di sacrificarci, ma può un figlio perdonare l’abbandono? Presentato fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia, il film conferma, se mai ce ne fosse bisogno, la bravura del regista (Philadelphia) e degli interpreti. NON ESSERE CATTIVO - regia di Claudio Cagliari. Con Silvia D’Amico e Luca Marinelli. Questo film, fuori concorso a Venezia, è stato portato a termine dagli amici del regista, in particolare da Valerio Mastrandrea perché Cagliari è scomparso prematuramente prima di portarlo a compimento.

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Ambientato ad Ostia, negli anni novanta, atmosfera pasoliniana, regno di droga e di violenza: due fratelli, vivono la stessa esistenza, convinti che sia l’unica possibile e che anche il lavoro sia una delle tante illusioni. Quando però per uno di loro arriverà l’amore, entreranno inevitabilmente in un drammatico contrasto. �Per il disimpegno vi proponiamo: INSIDE OUT - di Pete Docter Film di animazione, dove ad animarsi sono i sentimenti, anzi le emozioni: Gioia, Tristezza, Disgusto, Rabbia, Paura. La protagonista è una ragazzina di 11 anni che è costretta a trasferirsi dal lontano Minnesota a San Francisco e lo spettatore vive con lei le emozioni… animate in forma di cartoni… e che cartoni! Si tratta insomma di un film che non ignora certo Freud o Jung e che i piccoli spettatori interpreteranno in un modo e gli adulti molto diversamente, ma forse noi dimentichiamo troppo spesso che le emozioni della piccola protagonista continuano ad essere anche le nostre: sicuri di essere proprio adulti, come dovremmo, e non soltanto invecchiati come dice Battiato in una delle sue bellissime canzoni?

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ALIMENTAZIONE E SALUTE

di Antonella Bailetti*

UNA SANA ALIMENTAZIONE PER VIVERE MEGLIO E PIU’ A LUNGO

Il ruolo dell’alimentazione nel processo d’invecchiamento. Un’alimentazione corretta può allungare la possibilità di vita e migliorarne la qualità, come dimostrato da studi scientifici. L’invecchiamento si definisce come una progressiva degradazione della struttura e delle fonti di tutti gli organi e apparati, associandosi ad una capacità di risposta ridotta agli stress ambientali, con un’aumentata probabilità di andare incontro a malattie più o meno gravi. I nostri anziani soffrono sempre più spesso di malattie come il cancro, il morbo di Bright, il Parkinson, le malattie del cuore e delle arterie, il diabete, le intolleranze alimentari, l’osteoporosi, il colesterolo, i disturbi mentali e così via. Per non parlare del pauroso e continuo aumento di operazioni di trapianto di reni e fegato, di operazioni al cuore e alla maggior parte degli organi vitali. È importante dire che, se da una parte c’è il danno biologico causato dai prodotti del metabolismo “i radicali liberi” e da fattori esogeni, come per esempio, il foto invecchiamento cutaneo, dall’altro ci sono i processi riparativi che permettono alle cellule, di eliminare i radicali liberi: è sull’efficacia di questi ultimi che bisogna agire. Le ricerche dimostrano che, l’alimentazione influenza questo processo di “pulizia” delle cellule: sembra che questo processo sia più efficace in regime di restrizione calorica. Sono quattro i punti di azione concreta, che ci permettono di contrastare l’invecchiamento. - un adeguato apporto dietetico a base di pesce, olio di pesce e acidi grassi polinsaturi (omega 3) - l’assunzione di alimenti ad alto contenuto di antiossidanti di origine vegetale - l’esercizio fisico che ha l’effetto di prolungare la durata media della vita - la distribuzione dell’apporto calorico rispetto alle esigenze individuali. Una dieta equilibrata e bilanciata, ricca di antiossidanti, come la dieta mediterranea, un corretto apporto calorico, uno stile di vita attivo, possono essere “l’elisir di lunga vita” delle nuove generazioni, nelle quali la prevalenza di fattori di rischio come obesità, sovrappeso e ipertensione arteriosa, sembra essere più alta. La necessità di esercizio fisico e di un cambiamento delle abitudini generali, si coniuga con una dieta che tenga conto, dello stato di salute e delle particolarità individuali. Nei numeri seguenti saranno indicate, le diete più conosciute a seconda della patologia supposta (es. dieta per il diabete, dieta per l’ulcera duodenale, dieta per la cirrosi epatica ecc…).

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ROMAVAGANDO di Giuliano Cibati*

Con il Concilio Ecumenico Vaticano II, aperto nel 1962 da Papa Giovanni XXIII e concluso da Paolo VI nel 1965, la Chiesa di Roma ha fissato le sue linee guida per affrontare la modernità. L’attesa delle comunità cristiane si era manifestata con forza nell’ultimo secolo seguito al Concilio Vaticano I dell’800. I risultati concreti che ne dovevano derivare purtroppo tardarono a venire con i papati di Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Si è dovuto aspettare la venuta di Papa Francesco nel 2015. Nel sonetto che segue, datato 1990, si descrive metaforicamente la delusione degli ultimi anni prima della venuta di Papa Francesco.

A PIAZZA SAN GIOVANNI A NETTUNO

In cim’ar campanile de ‘sta chiesa ‘ndo m’hanno battezzato appena nato ce sta ‘na bannerrola dritta, stesa com’un dito de santo imbarsamato.

So’ trent’anni che sta quasi sorpresa d’er compito c’un tempo j’hanno dato, visto che poi nessuno se l’è presa si pe’ trent’anni nun ha funzionato.

Da trent’anni inchiodata sur ponente puro quanno che tira tramontana forse capisce perché tanta gente

puro quanno che sona la campana nun arza manco l’occhi e indifferente piano piano diventa mussulmana.

Nettuno 1990

(Negli anni sessanta , contro il parere di Peppe Andolfi, egregio artigiano del ferro, fu montata sul campanile di S. Giovanni una croce con in cima una banderuola che non ha mai funzionato).

*eratocidainps@[email protected]

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IGIENE ALIMENTARE E BENESSERE FISICO (cibi, bibite, frutta, dolci, tisane e surrogati, integratori..)

di Daniela Pagnotta*

IL “GERME DI GRANO”

Uno degli elementi più preziosi contenuti nel chicco di grano macinato a pietra è il germe, vero cuore nutritivo del chicco, in grado di offrire tantissime sostanze benefiche per il nostro organismo. Nella mia esperienza personale mi è capitato di dover cercare ed approfondire sempre di più il campo degli elementi naturali che possono essere molto utili nel caso di allergie e/o intolleranze di vario genere, soprattutto per contrastare elementi chimici, medicinali o eccipienti dei composti farmaceutici. Esigenze familiari e curiosità personale hanno fatto si che arricchissi sempre più il mio bagaglio di conoscenze al riguardo con benefici inconfutabili. Il “germe di grano”, ricco di aminoacidi, acidi grassi, sali minerali, vitamine del gruppo B e la vitamina E, è un ottimo rimedio naturale che può essere assunto anche tutti i giorni nei periodi di cambio stagione, alternandolo, se il caso, con altri rimedi o vitamine al bisogno. Il “germe di grano” sono dei piccoli fiocchetti giallastri, che possiamo utilizzare proprio come tutti gli altri cereali: con il latte o lo yoghurt, con le creme a freddo, o per impreziosire le nostre insalate. L'importante è mangiarli crudi (in questo modo mantengono intatte tutte le loro proprietà) senza superare la dose giornaliera di 50 grammi. Un cucchiaio di germe in polvere nello yogurt, o nell'insalata, oppure nell'impasto delle polpette... così come si preferisce sarà un valido aiuto per molte cose. È uno degli elementi del frumento, ricco di Omega 3 e 6, ottimo antiossidante per mantenere giovane la pelle, i capelli e le unghie quando sono sfibrati e indebolite, contiene vitamine A, B e D, grassi buoni, proteine e carboidrati, fibre, sali minerali. Molto utile anche per contenere il colesterolo. Il germe di grano si vende nelle erboristerie ma anche nei supermercati in bustina che, una volta aperta, si dovrà conservare in frigorifero in un barattolo chiuso da usare in modo continuativo per un periodo almeno di tre mesi entro i termini di scadenza.

Per il rapporto costi / benefici mi sento quindi di consigliarvi l'uso di germe di grano, cosi come di altri elementi naturali di cui vi parlerò nei prossimi numeri. È sempre utile ricordare che in presenza di problemi importanti specifici è consigliabile comunque sentire il proprio medico di base per avere cure adeguate, ma per la cura giornaliera della salute del proprio corpo in situazione di normalità ed anche a livello di prevenzione questi aiuti naturali sono veramente efficaci.

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UN RACCONTO BREVE

di Daniela Ferraro SCARPE DA TENNIS

Non ritenevo fosse così importante il non avere un paio di scarpe da tennis, invece lei si è posta il problema e non ha voluto venire con me...ed è stato meglio. Non avevo neppure ancora imboccato il vialetto, che già l’acuto odore dei pini mi ha investita, acre e fragrante come il profumo di quei biscotti di casa appena sfornati che tanto mi faceva impazzire da bambina, penetrando attraverso tutte le fibre del mio essere non distratte da altro suono, odore o presenza a me accanto e stordendomi lievemente all’interno di un’insolita ebbrezza. Eppure ci ero andata tante volte, però in compagnia… e ti accorgi così come cose apparentemente usuali e scontate possano assumere nuovi colori e cadenze se guardate e ascoltate in situazioni diverse. La solitudine accende ulteriormente i sensi dilatandone gli occhi, acutendo l’udito e l’olfatto. Non c’era nessun altro nel vialetto ancora venato dagli ultimi raggi morenti del sole che si aggrappavano ai cespugli, ai rami nodosi degli alberi quasi cercando un ultimo appiglio, un’estrema possibilità di sopravvivenza tra il fitto fogliame anch’esso, inesorabilmente, segnato dalla prima ruggine dell’autunno ormai incombente. Eppure, tra il giallo e il cremisi, spiccavano delle piccole foglie ancora stupendamente così verdi che si facevano spazio, festose, all’interno di una personale, gagliarda palingenesi. Non tutto mai muore del tutto, come i sentimenti. Non ho potuto fare a meno di pensarlo, di pensare se, tra il giallo e il cremisi dei suoi pensieri nei miei confronti, potrebbe mai rinascere una macchia di verde che gli riporti, alla mente, i miei lineamenti, all’animo il calore dei miei abbracci quando, come bambina festosa per il rinnovarsi di un meraviglioso regalo, mi aggrappavo al suo petto respirando all’interno delle sue labbra e vibrando all’unisono dei battiti del suo cuore. Ma, quest’ultimo, batte ora per un’altra donna… sicuramente lei ha le scarpe da tennis mentre io ho imboccato il vialetto a piedi scalzi. Man mano che esso si popolava di radi corridori in tuta e radiolina, avvertivo il loro sottile stupore sui miei piedi scalzi. Ora sono gonfi e scalfiti, ma non importa… non so bene neppure perché l’ho fatto né intendo starci a pensare su. So solo che, ritornata a casa, ho pianto.

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L'ITALIA DEI CAMPANILI

Annamaria De Ruggieri*

CAPOLAVORO DI ARCHITETTURA SENZA ARCHITETTI

Borgo di origine messapica, Cisternino (BR) si erge su un gradone calcareo al centro della bellissima valle d’Itria. Siamo in Puglia, in provincia di Brindisi, a pochi chilometri dal mare e dalle incantevoli cittadine di Locorotondo e Martina Franca. Qui il paesaggio è reso unico dai tantissimi trulli che punteggiano la vallata ed ancora dall’alternarsi suggestivo, a volte violento, di muretti a secco, maestosi alberi di fico, odori di macchia mediterranea, tortuose stradine di campagna, improvvise apparizioni di bianco durante la fioritura dei mandorli. Non è dunque un caso se Cisternino si annovera tra i Borghi più belli d’Italia, ma anche Bandiera arancione e Città slow. Le vicende di Cisternino sono un ordito storico, proprio come la sua architettura: forse distrutto nel 216 a.C. durante le scorrerie di Annibale in Puglia, l’abitato si ripopolò nell’VIII secolo quando un gruppo di monaci basiliani, sulle rovine dell’antico Sturninum, edificarono un’abbazia di rito greco che chiamarono San Nicolò cis - Sturninum. Il borgo vive alterne vicende storiche passando dalla giurisdizione vescovile a quella dei baroni di Monopoli, seguendo dunque gli eventi della vicina Monopoli e di questa parte di Puglia che ha visto succedersi numerose dominazioni, dai Normanno-Svevi, agli Aragonesi ed infine ai Borboni. Fuori dal paese, sulla via che conduce verso il mare, spicca la candida chiesetta della Madonna del Soccorso. Sulla parete dell’altare maggiore (che poi è l’unico altare) appare tra giochi di luci ed ombre la bellissima tela raffigurante la Madonna del Soccorso, da attribuirsi al pittore Barnaba Zizzi (1762-1828), originario di Cisternino ed autore anche delle importanti tele presenti nella cappella del ss. Sacramento nella chiesa madre di Cisternino. A pochissimi chilometri dal paese vi è il famoso santuario della Madonna d'Ibernia del XII secolo, probabilmente edificato su un preesistente cenobio basiliano, non distante dal tempio pagano dedicato alla dea della fertilità Cibele. La tradizione popolare onora la Vergine d’Ibernia come la Madonna dell’abbondanza e della fertilità e la festeggia, a Pasquetta, con il simbolico dolce U chirruchele con funzione propiziatoria: a forma di borsetta con due uova sode per gli uomini e di bambola con un uovo sodo nel grembo per le donne. Cisternino, insomma, è un contenitore straordinario di memoria e di tasselli artistici; nel borgo vale la pena visitare la chiesa di San Nicola di Pàtara, nota come Chiesa Madre. Edificata sulla precedente chiesa basiliana, nel tempo è stata oggetto di non pochi rifacimenti: la facciata, di gusto neoclassico, fu eretta intorno al 1848 abbattendo la precedente, di ispirazione romanica; solo all’interno la chiesa conserva l’originario impianto del romanico pugliese. Qui si può ammirare una prestigiosa scultura dell’artista rinascimentale Stefano da Putignano: La Madonna del Cardellino ed ancora, accedendo dalla sagrestia tramite una scale interna, si può visionare la chiesetta del Purgatorio di origini antichissime, luogo di culto dei monaci basiliani.

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Vicino alla chiesa Madre si erge, a simbolo del potere civile, la torre quadrangolare di origine normanna, alta ben 17 metri. Nel salotto di piazza Vittorio Emanuele svetta la bella ottocentesca torre dell’orologio e, annessi ai palazzi nobiliari Amati e Capece, si individuano le torri cilindriche dell’antica cinta muraria. L’architettura urbanistica del paese nasce dall’intreccio spontaneo di spazi pubblici e privati, civili e religiosi, intreccio che ha prodotto nel tempo un singolare ordito abitativo dal fascino orientale: un grande capolavoro di architettura senza architetti, così definisce il borgo antico di Cisternino Hidenobu Jinnai noto architetto ed intellettuale giapponese. Vale la pena lasciarsi avvolgere dalle atmosfere dei quattro quartieri di “Bère Vécchie”, “Scheledd”, “u Pantène”, “L’ìsule”, che con quello più esterno, chiamato “u Bùrie”, compongono il labirinto cittadino. Case bianche di calce, vicoli stretti e punteggiati di gerani, piccole logge, archi e corti nascoste movimentano lo sguardo del visitatore, obbligandolo a seguire i sentieri degli occhi e delle suggestioni emotive, piuttosto che itinerari prestabiliti. Nel labirinto di strade e vicoletti il turista – viandante può liberamente scoprire gli antichi rioni del paese e comprendere, compiutamente, che le ragioni architettoniche dell’abitato sono la semplice, spontanea espressione di profondi e complessi legami sociali, ispirati al senso della comunanza e del vicinato, ma anche delle gerarchie sociali. Insomma, chiunque, se vuole, può creare il proprio percorso di visita, lasciandosi guidare dal particolare di un’edicola votiva, dal bianco accecante di una facciata, dalla raffinatezza dei palazzi nobiliari o del potere religioso e politico o ancora dalla grottesca espressione di una maschera apotropaica ed anche… perché no? dai profumi della cucina locale! Cisternino, infatti, città slow, è famosa per i suoi “fornelli pronti”: macellerie con forno a legna e sala, dove è possibile scegliere al banco la carne e degustarla, cotta al momento, accompagnata da un buon bicchiere di vino! Secondo alcuni questa tradizione è legata alla cultura contadina: quando i contadini, pagati alla giornata, rientravano in paese e passavano a comprare la carne, i macellai si trasformavano in osti, cuocendone una parte nei loro forni. Insomma a Cisternino ce n'è per tutti i gusti…in senso non solo metaforico!

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ARTI E MESTIERI di Antonio Pilluci*

I TETTAI Avere un tetto sotto il quale ripararsi era ed è il sogno di tutti. Il tetto, da riparo, a grotta, a palafitta, a capanna, a manufatto in terra bagnata e pietra locale poi sostituita da calce e cemento, è diventato per antonomasia la casa dove vivere, convivere con la famiglia, conservare il necessario... Nel recente passato, quando, nel costruire la casa, si arrivava alla copertura col tetto, veniva issata su di esso la bandiera italiana, in segno di “vittoria”. I tettai sono, o meglio, erano operatori edili specializzati in costruzione e manutenzione della impermeabilità del tetto. Le case d'un tempo erano basse e quasi tutte avevano il tetto spiovente, di modo che pioggia o neve sciolta defluissero più facilmente da esso. Il tetto, una volta costruito il solaio portante, veniva chiuso a cemento e ricoperto di tegole (laterizio ondulato per raccogliere e convogliare le acque) o di coppi (laterizi che assolvevano alla medesima funzione, mediante l'accostamento di due diversi tipi di coppi, uno sopra per trattenere l'acqua e due, sotto e a fianco, per permetterne il deflusso. Il cemento, tuttavia, è soggetto a lesioni: basta che si formi un piccolo foro, che l'acqua trova la strada per defluire. Si manifesta in conseguenza una perdita, che cola dal soffitto, bagnandolo, screpolandolo e tingendolo di marrone unitamente alla parete; a volte piove dentro casa e l’acqua viene raccolta in catini o evitata... con l'ombrello aperto in casa: a tal punto bisogna ricorrere al tettaio. Il predetto in primo luogo effettua la ricerca della causa dell'infiltrazione, che può verificarsi lontano dal punto da cui sgorga. I punti critici, normalmente sono i camini, gli abbaini, i lucernai e il dislivello del tetto. Per evitare ciò, nacque la guaina, un tappeto di catrame che si attacca sopra il cemento e non fa passare l'acqua perché la convoglia nella canala. La guaina si applica sciogliendola con la fiamma e attaccandola al cemento. Nei tre punti nevralgici su indicati la guaina viene rialzata per coprire lo scalino che camini, abbaini e dislivelli creano. Il tettaio (l’ultimo, al paese mio Castel di Sangro, è Felice Lauriente, il figlio Antonio ne perpetra sporadicamente il ruolo per motivi affettivi) veniva nel giorno concordato della buona stagione sperando di aver puntato su alcuni giorni di bel tempo, con la sua scala smontabile, che estraeva per montare sul tetto. Vi issava poi il rotolo di guaina, una bombola di gas, una pistola erogatrice, lamiera e quant'altro. Camminando al centro delle tegole o mettendo il piede tra due coppi (“pince”, in dialetto abruzzese), per non romperli, si dirigeva sul tetto e, a seconda del caso, lo scoperchiava o operava controlli ed aggiustamenti per eliminare l'infiltrazione una volta individuata. L'icona di questo lavoro era e resta, nei nostri ricordi, la figura di due o più uomini sul tetto stagliarsi nel cielo, intenti al lavoro, armati di fuoco, che riconciliava il dono delle piogge con la difesa di non bagnarsi!

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Rifare il tetto era rifare casa. La luce della fiamma e il soffio della bombola sembravano un invito ad alzare gli occhi in su, ammirare e prendere parte a tale avvenimento, della stessa dignità dello scampanio delle campane, della mungitura, della trebbiatura… . Oggi gli edifici sono alti; molti sono dotati di lastrico solare; si raggiungono con le scale e si calpestano per andare in soffitta o stendere i panni... Eventuali lavori si fanno erigendo impalcature. A Castel di Sangro i due o più “tettari” che vi lavoravano non si vedono più. Vi sono guaine granigliate e colorate, che non necessitano di tegole. Il lastrico copre diversi appartamenti sottostanti e la ripartizione delle spese è prevista dalle leggi. I tettai veri e propri sono praticamente scomparsi e il loro compito è assolto da muratori specializzati.

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Foto SILCO – i tetti di Camerino (MC)

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LA MEDICINA OGGI

(PREVENZIONE...CURA... RIABILITAZIONE)

di Leo Moro*

VENE VARICOSE, QUANDO IL PROBLEMA NON È SOLO ESTETI CO

Capillari in evidenza sulle gambe e vene varicose sono un problema diffuso, che cresce con il passare degli anni. Quello dei capillari evidenti, in particolare, è un disturbo che può essere dovuto a ereditarietà o a scatenamenti ormonali provocati, per esempio, da mestruazioni, terapie ormonali sostitutive in menopausa o alcuni farmaci. A volte, però, i capillari o piccole varici in vista sono la prima spia di un problema venoso sottostante che, se non curato opportunamente, può dar luogo a serie complicanze. Il primo passo: conoscere il problema Distinguere tra i capillari innocui e quelli che sono il primo passo di una patologia venosa destinata a complicarsi non è difficile, purché ci si rivolga a specialisti. Grazie a un eco-color-doppler, vale a dire un’ecografia in grado di visualizzare sia i vasi sanguigni sia il flusso di sangue che scorre in essi, è possibile “disegnare” il flusso sanguigno venoso delle gambe e comprendere l’origine del disturbo. A volte si tratta di un problema puramente estetico, limitato ai soli capillari ed è quasi completamente inutile ricorrere a creme o farmaci, che intervengono soltanto sui sintomi, senza arrestare la progressione del disturbo. L’unico intervento efficace, in questi casi, è la compressione con calze elastiche, che tuttavia non permette di eliminare il problema, ma previene il peggioramento. Quando non è solo un problema estetico In altri casi, invece, l’eco-color-doppler può evidenziare problemi nella circolazione venosa superficiale. Le varici, per esempio, cioè delle dilatazioni permanenti delle vene, possono essere il segno di una difficoltà della rete venosa nel canalizzare correttamente il sangue verso il cuore. In questi casi si tratta di una vera e propria patologia, che necessita di un trattamento efficace. Il sangue che ristagna, infatti, oltre a dilatare progressivamente la vena, può avere conseguenze serie. Innanzitutto l’edema, cioè l’accumulo di liquidi nella gamba che può causare gonfiore, dolore, pesantezza o prurito. Non solo: se in questi casi non s’interviene per tempo, l’accumulo di liquidi finisce per rendere più difficile lo scambio di sostanze tra i vasi sanguigni e la pelle. Basta allora una piccola ferita per determinare un’ulcera, una ferita che tende a non cicatrizzare o a farlo con molta difficoltà. Varici non curate possono essere anche all’origine di un ristagno del sangue nella vena, fino a provocare un coagulo e quindi un evento trombotico, che può avere un pesante impatto sulla qualità di vita. Un trattamento sempre meno invasivo Per evitare queste complicanze, nella maggior parte dei casi è opportuno procedere al trattamento. Fino a qualche anno fa si trattava di un intervento chirurgico invasivo che comportava la rimozione dell’intera vena malata. Oggi non è più così.

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La nuova tecnica prevede un approccio misto, che si basa sull’impiego contestuale di una schiuma sclerosante e della micro-chirurgia. È un intervento eseguito in ambulatorio, in anestesia locale, dura meno di un’ora e consente al paziente di tornare a casa dopo un breve periodo di osservazione. Nella prima fase, che viene eseguita dopo un ulteriore studio dei flussi sanguigni venosi, le varici sono portate in superficie attraverso piccoli fori praticati sulla pelle, lungo tutto il decorso della vena, con un semplice ago. Nella seconda fase viene iniettata nel vaso una speciale schiuma in grado di “bruciare” la vena malata: è quella che viene definita scleroterapia. La tecnica consente sia di risparmiare i vasi sani sia di avere risultati estetici ottimali. Dopo 6 mesi, infatti, le cicatrici sono pressoché invisibili. Terminato l’intervento, la gamba viene fasciata, e dopo circa mezz’ora - in cui si invita il paziente a camminare, per verificare che non si presentino complicazioni – la persona può tornare a casa. Una volta dimesso, al paziente non viene prescritto alcun farmaco aggiuntivo (come antinfiammatori, antidolorifici o antibiotici) e non è necessario che rimanga a riposo. Dopo una settimana vengono tolte le fasciature, che sono sostituite con opportune calze elastiche da portare per un paio di mesi. Microchirurgia per bellezza L’opzione micro-chirurgica è praticabile anche da tutte le persone che per fini estetici vogliono risolvere il problema di capillari o piccole varici evidenti. Anche in questo caso l’intervento è ambulatoriale. Con aghi sottilissimi viene iniettata nei vasi da trattare la schiuma sclerosante che chiude i vasi visibili. Gli effetti collaterali sono quasi nulli: può comparire del rossore nelle zone trattate, che si risolve spontaneamente in pochi giorni. Il consiglio dell'esperto La patologia venosa è una patologia che risente della familiarità e delle predisposizioni genetiche. Inoltre qualsiasi scatenamento ormonale (menarca, gravidanze, menopausa, terapie ormonali ecc ecc ecc) tendono a peggiorare sia la componente estetica che emodinamica venosa, motivo per il quale tendenzialmente le donne sono più colpite dei maschi. Pensare quindi di risolvere a vita la problematica venosa, che tipicamente tende per i motivi suddetti, a recidivare, sarebbe un approccio sbagliato. Negli ultimi anni, grazie anche alle nuove tecnologie d'intervento mininvasive, è stato sempre più proposto un approccio conservativo e meno invasivo piuttosto che un approccio più traumatico e demolitivo. Eticamente fondamentale in questo tipo di patologia è l'educazione del paziente ad effettuare regolari controlli annuali.

Dott. Leo Moro, Responsabile del Centro di Flebologia,

Policlinico Universitario Campus Bio Medico - Roma

Per approfondire: Rathbun S, Norris A, Stoner J. Efficacy and safety of endovenous foam sclerotherapy: meta-analysis for treatment of venous disorders. Phlebology. 2012 Apr;27(3):105-17.

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IN LIBRERIA di Carmelo Pelle*

LA VOCE VERDE DELLA CALMA di Ciro Imparato (Come smettere di arrabbiarsi e infondere amore, fiducia e rispetto con la voce) Ed. Sperling&Kupfer, pagine 228 + Dvd € 19,00. È un manuale nel quale Imparato spiega come "scegliere" le emozioni positive che si desidera trasmettere quando si parla e in che modo allontanare quelle negative, quali la rabbia e l'aggressività. Con il metodo della Voce Verde è possibile creare in se stessi prima di tutto e in coloro che ascoltano, uno stato di calma, empatia e disponibilità totale: la vera chiave per trasformare ogni genere di relazioni. La voce è l’espressione dei nostri sentimenti e di ciò che siamo. È importante nella comunicazione perché è il metro che le persone usano per misurare la coerenza fra ciò che diciamo e quanto crediamo in ciò che diciamo. Imparato rivela che, dopo lunghi studi, scoprì che parlando si generano sei emozioni: due negative (apatia e rabbia), e quattro positive (simpatia, fiducia, autorevolezza, passione), che “colorò” cosi: grigio (apatia); nero (rabbia), giallo (simpatia), verde (fiducia), blu (autorevolezza), rosso (passione). Propedeutica è la simpatia (scherzare anche su se stesso, raccontarsi), a seguire poi: incutere fiducia (è persona seria), apparire calmi e misurati (tono basso e brevi pause), creare empatia, feeling imprescindibile. Amava fare questo esempio: a tutti sarà capitato di sbagliare. In quei casi, vorremmo chiedere scusa ed essere perdonati, perché in fondo a ognuno di noi c'è amore e desiderio di condivisione. Ma il nostro mondo fa di tutto per lanciare messaggi depotenzianti (per esempio «Se offri un dito si prendono anche il braccio» e detti simili), quindi siamo abituati a non credere nelle nostre capacità e a pensare: e se umiliandomi e chiedendo perdono non ottenessi l'effetto sperato? Ma quando la vostra voce sarà stata potenziata saprete con certezza che la vostra richiesta di perdono andrà dritta al cuore di chi vi ascolta. E, consapevoli del potere della voce, cercherete ogni occasione possibile per dimostrare la vostra sincerità. In altre parole... è facile essere sinceri quando sappiamo che la sincerità (grazie alla voce) paga! Saremo tutti sinceri quando padroneggeremo al meglio la nostra voce: essere sinceri è enormemente più vantaggioso che mentire. Ma come si fa a generare emozioni con la voce? È semplice: ci sono persone che lo fanno tutti i giorni, e con grande successo. Per capire come, occorre che consideriate la voce da una prospettiva che probabilmente non avete mai immaginato. La voce, fino a oggi, è stata vista come l'effetto collaterale dello stato d'animo, secondo uno schema del tipo: Sono triste > ho una voce triste. In altre parole, il suono della voce e le emozioni a essa collegate dipendono dallo stato d'animo che proviamo in quel momento Per poter decidere della nostra vita, occorre capovolgere il concetto e considerare la voce come causa delle emozioni, secondo lo schema:Ho una voce allegra > divento allegro. Questo è il segreto di chiunque parli in pubblico e in privato. L'autore, recentemente scomparso, non si è risparmiato: nelle pagine conclusive del manuale, ha dettato finanche i tempi di allenamento per raggiungere lo stato ottimale: 5 minuti al giorno per 21 giorni. Provare per credere!

Nota: Ciro Imparato, studioso degli aspetti psicologici della voce e della comunicazione, era doppiatore, formatore e voice coach. Nel 2005 ha inventato il metodo Four Voice Colors per migliorare la voce e la capacità comunicativa in ambito sia professionale (negoziazione, medicina, vendita, public-speaking) sia personale (relazione di coppia, rapporto con i figli, interazioni con amici e conoscenti) Ha tenuto corsi seguitissimi per aziende e per privati. Con Sperling&Kupfer ha pubblicato con successo: La tua voce può cambiarti la vita giunta all'ottava edizione.

*pelleilcalabro.blogspot.com

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PER STRAPPARE UN SORRISO

a cura di Rocco Ferri* QUAL È… il colmo dei colmi? è non avere un colmo! “ dell’insonne? svegliarsi per vedere se sta dormendo “ per una chiave inglese? essere fabbricata in Germania “ per un fotografo? mettere a fuoco un ghiacciaio “ di una rana in bicicletta? fare i girini “ per un cacciatore? perdere i colpi “ per un giardiniere? piantare mogli e figli “ per il direttore di una trasmissione? cadere nel canale 5 e essere ripescato con la rete 4 “ per un abete? avere tanti aghi e non saper cucire “ per un cantante? avere la cravatta stonata “ per un piccione? avere la pelle d'oca “ per un pettine? avere mal di denti “ per 2 scheletri? essere amici per la pelle “ per un gioielliere? avere idee brillanti “ per un astronauta? avere poco spazio “ per un subacqueo? avere la testa fra le nuvole “ per la prof. di tecnica ? pettinarsi con la riga “ per un dentista? essere poco incisivo “ per un riccio? non saper dire battute... pungenti “ per un orologiaio? avere la figlia sveglia “ per un prete dal parrucchiere? la "messa" in piega “ per un fabbro? avere una memoria di ferro “ per un professore di matematica? abitare in una frazione “ per un falegname? essere licenziato in tronco “ per un computer? non avere programmi per la sera “ per un elettricista? vivere isolato “ per un matematico? temere le operazioni. “ per un giardiniere? piantare la rosa dei venti “ per un polpo? andare in polposition! “ di un antipatico? non te lo dico “ di una sarta? perdere il filo del discorso “ per il proprietario di una lavanderia? darsi alla macchia “ per un sindaco? avere la testa fuori dal comune. “ per un matematico sposato? scoprire che la sua metà gli è stata fregata da un terzo “ per un vigile? avere problemi di circolazione “ per uno sguattero? gettare la spugna “ per un astronauta? avere la luna di traverso “ per un bruco? sentirsi un verme “ per una coccinella in farmacia? chiedere una crema contro i punti neri “ per un gatto? guardare in cagnesco “ per una giraffa? avere le vertigini “ per un grasso? fare una magra figura “ per un medico? influenzare i suoi pazienti “ per un insegnante di matematica? scavare in giardino e trovare le radici quadrate “ per un oculista? sposare la sua pupilla. [email protected]

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SINDACATO… SINDACALE… SINDACATO

LA CALDA ESTATE DEI PENSIONATI di Aurelio Guerra

Tra i primi impegni curati dal nuovo Presidente della CIDA Giorgio Ambrogioni va annoverato l’incontro del 30 luglio u.s. con il Presidente dell’INPS Stefano Boeri. Non erano mancate finora prese di posizione della CIDA contro i propositi espressi da Boeri e contro iniziative quali quella sulla cosiddetta “trasparenza” che aveva sollevato critiche di strumentalità e tendenziosità tanto da provocare una richiesta al Ministro Poletti per ottenere la disponibilità della relativa documentazione. Opportuno quindi l’incontro con una delegazione di tutte le organizzazioni sindacali della dirigenza (CIDA, CONFEDIR, COSMED) che ha permesso di acquisire fin d’ora alcuni punti. Obiettivo principale è stato quello di illustrare al Presidente INPS la posizione e le valutazioni del management italiano sui principali temi previdenziali: ipotesi di ricalcolo delle pensioni in essere, flessibilità di accesso al pensionamento, distinzione fra previdenza e assistenza, equità negli interventi sul sistema pensionistico, incentivazione della previdenza integrativa, ricongiunzioni delle posizioni contributive e reversibilità. I rappresentati della dirigenza hanno fornito a Boeri idee e proposte tese a valorizzare il loro ruolo di classe dirigente responsabile e hanno evidenziato la loro indisponibilità ad accettare approcci ingiustamente punitivi e penalizzanti dei trattamenti pensionistici da loro rappresentati. A tale riguardo, sono stati ricordati gli effetti negativi dei ripetuti blocchi della perequazione automatica e dei vari contributi di solidarietà. Il Presidente INPS nel ringraziare per le proposte e le osservazioni, alcune delle quali ritenute condivisibili, si è detto disponibile a continuare il confronto e a farsi interprete delle posizioni della dirigenza nei confronti del Governo. L’incontro, secondo i componenti della delegazione, è servito anche a chiarire alcuni elementi controversi e ad evidenziare l’importanza, per la dirigenza, di politiche attive e non assistenziali a favore dei giovani per favorire l’occupazione nonché di interventi a sostegno delle loro posizioni previdenziali. Si è trattato di un appuntamento che le tre sigle hanno considerato positivo e foriero di nuovi incontri e approfondimenti tecnici. Ma intanto, al di là degli incontri con l’INPS, la CIDA sta sviluppando la sua iniziativa nei confronti del Governo dopo le note vicende della sentenza 70 della Corte Costituzionale e dell’inaccettabile tentativo di chiudere la vertenza con rimborsi parziali e addirittura con l’esclusione di intere fasce di pensione. A questo scopo mercoledì 29 luglio 2015 si è svolta una riunione presso la sede CIDA con rappresentanti dello Studio Orrick. Al termine di un approfondito esame tecnico della questione è stato deciso di avviare una serie di cause pilota in varie città italiane finalizzate ad avere dalla Magistratura di merito nuove ordinanze di rinvio alla Consulta per ottenere la dichiarazione di illegittimità costituzionale della recente legge n. 109.

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Sono state inoltre riassunte dallo Studio Orrick due cause già pendenti presso il Tribunale di Avellino e il Tribunale di Palermo. La discussione di queste cause riprenderà con le udienze previste rispettivamente per il 5 ottobre e per il 28 ottobre 2015. D’intesa con lo Studio Orrick saranno attivate anche delle azioni presso la Corte dei Conti per la tutela di pensionati pubblici. Lo scopo che si vuole raggiungere con queste azioni è quello di veder riconosciuto, a tutti i pensionati penalizzati dal blocco, l’integrale rimborso di quanto loro trattenuto illegittimamente. Questa soluzione presenta il vantaggio, in caso di esito positivo, di ottenere il riconoscimento del diritto a favore di tutti gli interessati avendo le pronunce della Corte Costituzionale l’effetto di cancellare dall’ordinamento le norme considerate illegittime. Confidiamo che la Consulta richiamerà il Legislatore a dare piena e completa attuazione alla sua precedente sentenza n. 70 del 2015 dichiarando quindi la illegittimità della legge 109/2015. Sarà cura della CIDA seguire con la massima attenzione gli sviluppi dei ricorsi avviati mantenendo viva la vigilanza rispetto a ipotesi di ulteriori penalizzazioni della categoria, per le quali potrebbe essere occasione la prossima legge di stabilità. Il Presidente del Consiglio ha recentemente dichiarato che “la questione delle pensioni non è all’ordine del giorno” ma noi, ammaestrati dall’esperienza, preferiamo non “stare sereni”.

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LA VOCE DEI SINDACATI è la volta del Sindacato Nozionale CIDA EPNE INPS Si riporta integralmente il comunicato che il Sindacato Nazionale CIDA EPNE INPS (coordinamento Area Pensionati e Attività Sociali e Culturali) ha inoltrato a firma rispettivamente dei Coordinatori Rosario Procopio e Carmelo Pelle ai colleghi in pensione e in servizio, concernente la sentenza della Corte Costituzionale n°70/2015, sull'annullamento del blocco dell'adeguamento automatico delle pensioni al costo della vita per gli anni 2012- 2013, sancito a fine anno 2011 dal Governo Monti. “Si fa seguito al Comunicato sindacale n. 3/2015 del 17 giugno 2015 per aggiornare i colleghi sugli sviluppi della questione. Dopo l’emanazione del Decreto Legge n. 65/2015, con il quale il Governo ha dato parziale esecuzione al disposto della sentenza n. 70/2015 della Corte Costituzionale, il Parlamento con la legge n. 109 del 17 luglio 2015 ha provveduto alla conversione, senza alcuna modifica. Non ha tenuto conto perciò delle osservazioni e delle proposte di soluzione formulate dalla Confederazione in occasione dell’audizione dell’8 giugno 2015 tenuta presso la Commissione Lavoro della Camera. Ciò premesso la stessa CIDA ha deciso di intensificare la lotta e a conclusione della riunione tenuta il 29 luglio u.s. con lo Studio legale ORRICK ha emesso il seguente comunicato: ●Mercoledì 29 luglio 2015 si è svolta una riunione presso la sede CIDA con rappresentanti dello Studio Orrick. La riunione aveva lo scopo di individuare la migliore strada da percorrere per la tutela degli interessi dei pensionati dopo l’approvazione della Legge n. 109 che, com’è noto, non ha previsto rimborsi per i trattamenti di importo superiore a 6 volte il minimo e ne ha previsti in misura irrisoria per tutti gli altri. Al termine di un approfondito esame tecnico della questione è stato deciso di avviare una serie di cause pilota in varie città italiane finalizzate ad avere dalla Magistratura di merito nuove ordinanze di rinvio alla Consulta per ottenere la dichiarazione di illegittimità costituzionale della recente legge n. 109. Sono state inoltre riassunte dallo Studio Orrick due cause già pendenti presso il Tribunale di Avellino e il Tribunale di Palermo. La discussione di queste cause riprenderà con le udienze previste rispettivamente per il 5 ottobre e per il 28 ottobre 2015. D’intesa con lo Studio Orrick attiveremo anche delle azioni presso la Corte dei Conti per la tutela di pensionati pubblici. Lo scopo che vogliamo raggiungere con queste azioni è quello di veder riconosciuto, a tutti i pensionati penalizzati dal blocco, l’integrale rimborso di quanto loro trattenuto illegittimamente. Questa soluzione presenta il vantaggio, in caso di esito positivo, di ottenere il riconoscimento del diritto a favore di tutti gli interessati avendo le pronunce della Corte Costituzionale l’effetto di cancellare dall’ordinamento le norme considerate illegittime. Confidiamo che la Consulta richiamerà il Legislatore a dare piena e completa attuazione alla sua precedente sentenza n.70 del 2015 dichiarando quindi la illegittimità della legge 109/2015 che, anziché prevedere rimborsi per tutti i pensionati penalizzati dal blocco ha stabilito rimborsi limitati o addirittura nessun rimborso. Sarà cura della Confederazione seguire con la massima attenzione gli sviluppi dei ricorsi avviati e riferirne tempestivamente gli esiti.” Rosario Procopio Carmelo Pelle [email protected] [email protected]

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IL NOSTRO ORGANIGRAMMA

COMITATO ESECUTIVO Coordinatore: Carmelo PELLE Vice: Rocco FERRI Giuseppe SPINELLI Amministrazione: Rosario PROCOPIO Organizzazione: Silvana COSTA Relazioni Pubbliche: Scipione GIOFFRE’ Segretario: Alberto CECI

COMITATO DI REDAZIONE

Coordinatore: Carmelo PELLE Redattore Capo: Silvana COSTA Redattori: Antonio PILLUCCI Giuliana COSTANTINI Aurelio GUERRA RESPONSABILI DI SETTORE: Giuseppe BEATO problematiche Cida Giuliana COSTANTINI cinema Antonio DE CARLO questioni sociali Antonio DE CHIARO musica classica Adriano LONGHI teatro Ezio NURZIA turismo e visite guidate Claudia PELLE spiritualità Giulio SORDINI poesia in vernacolo Emilio TRIPODI resp. comunicazione & social media Rosario ZIINO escursioni e sport

RAPPRESENTANTI PERIFERICI:

Attilio AGHEMO (Torino) - Gaetano BARTOLI (Palermo) - Rosario BONTEMPI (Regione Piemonte) - Lillo BRUCCOLERI (Genova) - Bruno DE BIASI (Oristano) - Marino FABBRI (Reggio Emilia) -Giuseppe GIGLIOTTI (Cosenza) - Mario LOMONACO (Campobasso) - Armando LO PUMO (Genova) - Mario MIRABELLO (Catanzaro) – Elio PELAGGI (Catanzaro) - Salvatore PINTUS (Genova) - Gesuino SCANO (Sassari) - Mario SCOCCHIERI (Locri) - Enrico VIGNES (Latina) - Vincenzo VITRANO (Trapani) - Pietro ZAPPIA (Reggio Calabria). L’adesione è libera. L’auspicio è di garantire la presenza di rappresentanti del Gruppo in ogni provincia d’Italia. INFO: Gli associati al Sindacato Nazionale CIDA-EPNE-INPS possono iscriversi al Gruppo Culturale Ricreativo ERATO-CIDA-INPS, essendo consentita la doppia iscrizione, trattandosi del Cral di riferimento dello stesso Sindacato; possono altresì iscriversi, su presentazione di un associato, il personale dell’INPS, in servizio o in pensione e le persone appartenenti ad altri ambienti di lavoro. ([email protected]) La tessera è gratuita per minori di 18 anni.