SPELEOLOGIA · 2015. 11. 24. · cacia di Associazione che in venti anni ha quadruplicato i propri...

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ANNO XXIV GIUGNO 2003 ANNO XXIV GIUGNO 2003 SPELEOLOGIA RIVISTA DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA SPELEOLOGIA RIVISTA DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA 48 48 spediz. in abb. post. art. 2 comma 20/c Legge 662/96 aut. D.C.I. - Regione E/R

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ANNO XXIVGIUGNO 2003ANNO XXIV

GIUGNO 2003

SPELEOLOGIARIVISTA DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA

SPELEOLOGIARIVISTA DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA

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SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANASOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANAUFFICI

AmministrazioneAssicurazioniEnrico FratnikC.P. 807 - 34100 Trieste (TS)tel 335 5434002fax 040 [email protected]

Centro Italiano di DocumentazioneSpeleologica “F. Anelli” - CIDSVia Zamboni, 67 - 40126 Bologna; tel. e fax 051.250049; [email protected]

COMMISSIONIScuole di SpeleologiaRinaldo Massucco • Via alla Rocca, 21/917100 Savona; tel. 010 6546390 (uff.), 019 853752 (ab.), fax 019 811960; [email protected]

CatastoPaolo Mietto • Via Generale Giardino,23 - 36100 Vicenza; tel. 0444 965465 (ab.), 049 8272079(uff.); [email protected]

Editoria e Comunicazionec/o C.I.D.S. Via Zamboni, 67 40127 Bologna; tel. e fax 051 250049; [email protected]

Speleo SubacqueaAlessio Fileccia • Via G. da Coderta, 1531100 Treviso; tel. 0422 411520; [email protected]

Speleologia in Cavità Artificiali Maria Luisa PerissinottoPresidente Commissione NazionaleCavità [email protected]

DIREZIONEPresidenzaMauro Chiesi • Via Luca da Reggio, 1 42010 Borzano d’Albi nea (RE); tel. e fax 0522 591758;[email protected]

VicepresidenzaAngelo Naseddu • Via Roma, 8a 09015 Domusnovas (CA); tel. e fax 0781 70669; [email protected]

SegreteriaMila Bottegal • C.P. 807 - 34100 Trieste (TS)tel 335 5433673 • fax 040 [email protected]

TesoreriaCarla Galeazzi • Villa Marignolivia Po 2 - 00198 Romatel. 06 [email protected]

GRUPPI DI LAVOROScientificoPaolo Forti • c/o Dip. Sc. della TerraUniversità di Bologna, Via Zamboni, 6740126 Bologna; tel. 051 2094547, fax 051 2094522, [email protected]

DidatticaFranco Utili • CP 101 - 50039 Vicchio(FI); tel. e fax 055 8448155

Materiali e TecnicaGiovanni Badino • Via Cignaroli, 8 10152 Torino; tel. 011 4361266, fax 011 6707493; [email protected]

Salvaguardia Aree CarsicheMauro Chiesi • Via Luca da Reggio, 142010 Borzano d’Albinea (RE); tel. e fax 0522 591758;[email protected]

INDICAZIONI PER GLI AUTORI

Nell’intento di agevolare gliautori nella redazione dei

manoscritti e di ridurre le diffi-coltà ed i tempi di stampa, siforniscono alcuni orientamentida seguire nella preparazionedei testi.

I TESTII testi devono essere forniti alla Redazionesia su supporto cartaceo che su supportomagnetico, in formato Word per Mac o perWindows. Eventuali correzioni apportatemanualmente al testo stampato devonoessere leggibili e trovare corrispondenzacon quanto contenuto nel file. I file di testonon devono contenere la numerazione dellepagine e non devono presentare formatta-zioni (rientri, tabulazioni, ecc.). Le note a pièdi pagina devono essere eliminate. Oltre altitolo dovranno essere indicati i nomi degliautori. Ogni articolo deve essere introdottoda un breve riassunto (possibilmente con lasua traduzione in inglese) e dalle parolechiave. I file non devono contenere immagi-ni né grafici, che andranno consegnati aparte. Eventuali formule ed equazioni devo-no essere presentate in forma chiara e leg-gibile ed eventualmente contrassegnate dauna numerazione progressiva posta traparentesi tonde. Eventuali note bibliografi-che vanno riportate alla fine dell’articolo. Inallegato al manoscritto gli autori devonosempre indicare un loro recapito telefonicoe di e-mail per consentire un sollecito con-tatto da parte della redazione. Ogni artico-lo deve necessariamente essere corredatoda una cartina di inquadramento della zona.

LE FIGUREFigure, carte, profili ed immagini devonoessere numerati progressivamente. Per leimmagini il numero dovrà essere indicatosull’originale in modo da caratterizzarneanche il verso di lettura. Per una miglioreriproduzione si prega di inviare sempre dia-positive in originale (o duplicati di ottimaqualità) e non fotografie, indicando semprel’autore ed accompagnandole con una dida-scalia sufficientemente estesa per la spiega-zione dei contenuti dell’immagine. I rilieviche accompagnano gli articoli dovrannoessere redatti in modo che le parole conte-nute risultino leggibili in una riduzione informato A3 (questo anche se i rilievi ven-gono consegnati su floppy o cd). Eventualicampiture realizzate con retini dovrannoavere una densità tale da risultare leggibilianche dopo una eventuale riduzione.

Per qualsiasi dubbio contattate: [email protected]

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editoriale

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Editoriale �

SPELEOLOGIARivista della Società Speleologica Italiana

Sede Legale: Via Zamboni, 6740126 Bologna

semestrale

N° 48, giugno 2003Anno XXIV

Autorizzazione del Tribunaledi Bologna n° 7115del 23 aprile 2001

Codice Fiscale 80115570154P.I.V.A. 02362100378

Anagrafe nazionale ricercaL18909 LL ISSN 0394-9761

Sede della redazioneVia Zamboni, 6740126 Bologna

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Direttore Responsabile:Alessandro Bassi

Redazione:Francesco De Grande,

Massimo Goldoni, MarinellaGondoni, Massimo

Pozzo, Michele Sivelli, Alessandro Zanna

Progetto grafico:Maddalena Zenobi

Stampa e impaginazione:LITOSEI s.r.l. Officine Grafiche

Via Rossini, 1040067 Rastignano (BO)

telefono 051.744539www.litosei.com

Associata alla FederazionePro Natura

Segreteria c/o ISEAVia Marchesana, 12

40124 Bologna

AssociatoallʼUnione StampaPeriodica Italiana

La rivista viene inviata atutti i soci SSI in regola con il versamento delle

quote sociali

Quote anno 2004:aderenti € 15,00ordinari € 34,00

sostenitori € 120,00gruppi € 120,00

Versamenti inC.C.P. 58504002 intestato a

Società SpeleologicaItaliana

Via Zamboni, 6740126 Bologna

Specificare la causaledel versamento

SSI 1903-2003 è ancora tempo di nuovi viaggiatori

Quanto sono cambiati gli speleologi e quanto è cambiato lʼassociazionismospeleologico?Posso aprir bocca solo per gli ultimi venti anni: gli speleologi non sono

cambiati affatto, mentre lʼassociazionismo speleologico ha ribaltato il baricentro,che oggi “tocca” a SSI.Uso il termine toccare, perché a volte di questo o anche di peggio si tratta. Nelsenso che, per la enorme capacità nel fare e nellʼagire, oltre che del progettare,noi che siamo delegati alla direzione dellʼassociazione spesso cadiamo nellʼerro-re di non comunicare quanto sia complesso e faticoso tenere alto il livello di effi-cacia di Associazione che in venti anni ha quadruplicato i propri soci.Operiamo su due fronti, apparentemente distinti: servizi di sempre maggiore livel-lo, che dobbiamo necessariamente riservare ai soci che con le loro adesioni per-mettono di ripartirne i costi (mutualizzando i costi aumentiamo i benefici), e ope-riamo in senso assoluto per la promozione della Speleologia. Ne è un esempio losforzo e le risorse che spendiamo per il Centro di Documentazione e per lʼedito-ria speleologica in assoluto. Soldi, lavoro e fatica che spendiamo noi Soci di SSI,perché siamo certi che è ancora tempo di nuovi viaggiatori e che è bene usciredalle grotte per raccontarle e difenderle. Per me è questo il motivo per essere orgoglioso di appartenere a SSI, di farneparte e per quanto possibile, per farla funzionare domani un po ̓meglio di oggi.Chiunque legge queste righe avrà lo stesso o mille altri motivi diversi, tutti ugual-mente meritevoli.Per questo non ha senso chiedersi “SSI cosa mi da”, quanto piuttosto “cosa possodare io a SSI”. Ho un casco, una fiammella e un imbrago: sono speleologo? Nodi certo, non ancora. Ma ho anche sceso 23 menomille! No, non ancora. Ma sesono istruttore di tecnica! NO, non ancora. Perché allora? Ovvio, perché le grottenon finiscono mai dove noi ci siamo fermati.Firmiamo il nostro primo centenario e già ci occupiamo dei prossimi decenni.Dopo lo Statuto dovremo rendere attuale il nostro Regolamento e, speriamo consuccesso, questʼanno sperimentiamo una nuova polizza assicurativa “di associa-zione”, per tutelare tutti i nostri soci estendendo la RCT anche ai soci collettivi (iGruppi) in occasione dei corsi, delle GNS, di tutte le attività di promozione dellaSpeleologia.Dovremo essere molto più fiscali di un tempo: non siamo più tra 400 amici, siamopiù di duemila.Il 2003 è stato anche lʼanno del Congresso Nazionale di Speleologia. Tutto è statoorganizzato alla perfezione ed ha funzionato al meglio, grazie allʼesperienza e alladisponibilità degli amici bolognesi. Ma è evidente che non funziona più la formulastessa del Congresso, dal momento stesso che la maggior parte degli esplorato-ri e degli speleologi erano altrove. Ma cʼè altro ancora.A brevissima distanza di tempo si è organizzato un Convegno di buon livello, daunʼaltra parte, con buone, se non maggiori, risorse a disposizione. Quello delladispersione delle energie e delle risorse è un argomento alquanto urgente dadibattere con i responsabili della speleologia del CAI. E ̓sempre più urgente per la speleologia italiana ridiscutere a fondo le formule dicomunicazione, divulgazione e partecipazione allʼesterno ma anche, se non primadi tutto, allʼinterno del movimento speleologico. Un problema che attraversa ilsignificato stesso di sQuola della Speleologia.

Il PresidenteMauro Chiesi

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gli articoli

sommarioSommario

12 La nuova era di S’EderaDopo 35 anni crolla il mito della franaterminale di Sa Rutta e SʼEdera e riaccende glientusiasmi per la ricerca del grande collettoredi Su Gologone

A cura di Jo De Waele

34 Supramonte verticaleLʼobiettivo è sempre il grande collettore di suGologone, ma le vere sorprese arrivano dalFlumineddu, con la scoperta delle grotte piùprofonde dellʼisola

A cura di Vittorio Crobu

52 Matanzas 2003cronaca di una spedizione a CubaUna complessa regione di cenotesscarsamente documentata, anche selogisticamente facile, apre interessantiprospettive per le future esplorazioni nellʼisolacaraibica

Attilio Eusebio, Roberto Jarre, Giuseppe Minciotti, Esteban Grau

In copertina: 1971 Supramonte di Urzulei. Pastori espeleologi dell'Unione

Speleologica Bolognese davanti al Cuile"Su Fumigosu" della famiglia Mesina, nei pressi

della Piana di Fennau. Foto di C.A. Monaco(Archivio GSB/USB).

Retrocopertina: 1965 Grotta Donini(Su Cunnu s'Ebba) momenti di esplorazione.Da sinistra a destra: C.A. Monaco, A. Morisi,

P. Pelagalli dell'Unione Speleologica Bolognese.Foto di Luigi Donini (Archivio GSB/USB).

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64 Cuba in 3D: immagini di speleologia cubanaUn documentario in 3D realizzato grazie allacollaborazione tra Società SpeleologicaItaliana e la Sociedad Espeleologica de Cubapubblicato per la prima volta su una rivistanazionale di speleologia

Antonio Danieli e Alessandra Carnevali

70 Tra Zambia e CongoRicerche nella “Terra di nessuno” al confinefra i due grandi paesi africani. Uno studio sul carsismo dellʼarea incollaborazione con lʼUniversità di Lusaka e ilCIRS Ragusa

Rosario Ruggieri le rubriche

1 Editoriale

4 Tempi solcati

76 Tecniche e sicurezza

77 Notizie italiane

85 Notizie dall’estero

88 Spulciando qua e là in biblioteca

90 Recensioni

94 Vi sia lieve la terra

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La speleologia italiana e quellacubana hanno da sempre intratte-nuto ottimi rapporti, e negli ultimianni questi scambi sono via viacresciuti, fino a consolidarsi uffi-cialmente attraverso la firma diuna convenzione tra le dueSocietà Nazionali. Convenzioneche permette a tutti i soci SSI dipartecipare alle spedizioni nellʼiso-la caraibica, altrimenti precluse asingoli o gruppi. Il tutto prese lʼav-vio durante una visita ufficiale inItalia, a Savona, del Presidentedella SEC, SociedadEspeleologica de Cuba, Dott.Antonio Nuñez Jimenez, che pro-pose ad alcuni speleologi italianidi organizzare una spedizionecongiunta italo-cubana.Nel 1996 lʼidea si concretizzò conla prima spedizione “El Moncada”,nella quale - grazie allʼottimo rap-porto instauratosi tra gli speleologidei due paesi, e le fondamentaliindicazioni fornite dalla “Carta diCasola” - si cominciò a delineareunʼattività più concreta e continua-tiva.I contatti si intensificarono con lavisita di una delegazione cubanain Italia in occasione di Casola“Speleopolis 97” e con una nuovaspedizione dagli importanti risultatiesplorativi, svoltasi nel 1998.Queste spedizioni si sono semprecontraddistinte per la solidarietàcon le comunità speleologiche, masoprattutto verso la popolazionelocale, provata dai lunghi anni del“bloqueo”.Le basi poste con la Carta diCasola del 1994 e dallʼUIS Code

del 1997 per il comportamentodelle spedizioni speleologicheall'estero (collaborazione, accre-scimento delle speleologie locali,condivisione dei risultati, rispettodelle tradizioni) divennero le fon-damenta di un importante docu-mento dʼintesa tra SSI e SEC fir-mato il 31 ottobre 1999 a CasolaValsenio (RA) dagli allora presi-denti delle associazioni, ErcilioVento Canosa e Giovanni Badino.Il "Protocollo di accordo” equiparai soci SSI e SEC, aprendo le portead ulteriori collaborazione tra i duepaesi e impegnando le due asso-ciazioni nazionali a sviluppare gliscambi speleologici e le attività diesplorazione nei settori scientifico,culturale, sportivo, tecnico, asso-ciativo; nell'esplorazione e nellostudio dell'ambiente sotterraneonaturale ed artificiale; nella prote-zione e conservazione del patri-monio carsico. I membri delle dueassociazioni beneficiano dellareciprocità in materia di iscrizionee partecipazione agli incontri orga-nizzati a Cuba ed in Italia, e delloscambio delle rispettive pubblica-zioni. Ciascuna delle due associa-zioni si impegna a promuoverelʼorganizzazione di spedizioni spe-

leologiche nel pieno rispetto dellaCarta di Casola. La SEC diventa così una graditapresenza nei maggiori momentiufficiali della vita speleologica ita-liana e viceversa.A fine 2002, "Speleologia Italo-Cubana" – questa la sigla sotto laquale si svolgono le attività diinterscambio - supporta unanuova visita di una delegazionecubana in Italia. Grazie allʼappog-gio economico ed organizzativodella SSI, di diverse FederazioniRegionali e di vari GruppiSpeleologici, la delegazione viag-gia per tutto il Paese, presentandouna serie di progetti per una futuracollaborazione."Speleologia Italo-Cubana" – oggiconfluita nellʼUffico RelazioniInternazionali della SSI - dopoessere stata insignita del titolo disocio d'onore della SociedadEspeleologica, viene incaricatadalla stessa SSI di seguire l'interoaspetto delle spedizioni italianeall'estero: dalla concessione delpatrocinio SSI e dell'assicurazioneinternazionale al rispetto delleCarte Etiche fino alla pubblicazio-ne dei risultati, sia sulla presenterivista che su Internet.

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Cuba, querida Cuba

La speleologia italo-cubana nel terzo millennio

SITI INTERNETwww.italia-cuba.speleo.it/ , contiene unampio archivio di tutto ciò che è atti-nente alle attività italo-cubane.italia-cuba-speleo.splinder.it, notiziariocostantemente aggiornato sulle spedi-zioni e iniziative collaterali.www.ssi.speleo.it/estero e

ssi-estero.splinder.itPer seguire le attività all’estero patroci-nate dalla SSI esistono altri due analoghisiti più generali.Per informazioni esistono due indirizzie-mail: [email protected] [email protected]

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Allo scopo di agevolare al massi-mo le spedizioni verso lʼisolacaraibica vengono inoltre attivatinumerosi servizi, tra i quali la con-sulenza logistica pre-spedizione; ipermessi per le esplorazioni; ilvolo aereo a tariffe agevolate conextra carico; il visto di entrata inCuba per scopi scientifici; i contatticon le specifiche strutture speleocubane e i rapporti ufficiali con leistituzioni italiane e cubane; lʼallog-gio in Cuba a condizioni agevolate(sede SEC all'Avana, Scuola diSpeleologia ecc.) ed il magazzinocomune alle spedizioni con mate-riali da campo e da esplorazione.Nel 1997 nasce anche il sito inter-net (www.italia-cuba.speleo.it),affiancato da un altro sito, dedica-to esclusivamente alle news, perseguire giorno per giorno le spedi-

zioni al lavoro, con aggiornamentie immagini (primo esperimentomai tentato). Con la nascitadell'Ufficio Relazioni Internazionalisono poi stati creati altri due sitispecifici.A metà 2003 viene anche appog-giata la prima spedizione "noncubana", che parte alla volta dellaBosnia, e che avrà un proseguonel 2004.L'invito lanciato dai cubani aMontello viene accolto da più partid'Italia, con il lusinghiero risultatodell'organizzazione di ben cinquespedizioni a Cuba, alle qualihanno partecipato almeno 50 spe-leologi italiani.Queste attività hanno portato, almomento in cui scriviamo, alla pia-nificazione di altre 3 spedizioni nel2004, a cui si aggiungono 3 nuovi

progetti, senza dimenticare unavvenimento unico nel suo gene-re, la riunione del Consiglio con-giunto SSI - SEC, che si terrà afine 2004 e che sicuramente saràuna ulteriore occasione di consoli-damento dei rapporti tra le duespeleologie.È con soddisfazione e orgoglioquindi che il neonato UfficioRelazioni Internazionali presenta idue articoli che troverete su que-sto numero della rivista, scritti aseguito di recenti spedizioni nell'i-sola di Cuba, supportate dallaSocietà Speleologica Italiana edalla Sociedad Espeleologica deCuba con il coordinamento dellʼUfficio stesso.

F. Siccardi e R. DellʼAcqua

SOCIEDAD ESPELEOLÓGICADE CUBA La Sociedad Espeleológica de Cubaè una organizzazione non governa-tiva, autofinanziata ed iscrittanel Registro Nazionale delleAssociazioni dellaRepubblica di Cuba. Fu fon-data ufficialmente il 15 gen-naio 1940, da AntonioNuñez Jimenez. La SEC faparte della UIS ed è membrodella Federazione Speleologicadell'America Latina e dei Caraibi,della quale è fondatrice.Conta 14 Comitati Speleologici, unoper ciascuna provincia del paese,che raggruppano i rispettivi gruppispeleologici di ciascuna regione.

Al gennaio 2003 la SEC raccoglie982 membri affiliati nelle categorie disocio "collettivo", "ordinario", "frater-nale", "di Onore" e "Emerito"Per decisione del Governo Cubano,

la SEC ha in carico la protezio-ne e la decisione dell'utilizzodi tutte le cavità sotterraneedel Paese, in modo chenessuna grotta, caverna,sistema carsico, copertura

rocciosa, o qualsiasi altramanifestazione del carso sot-

terraneo, può essere utilizzatasenza l'espressa autorizzazione dellaSEC.La SEC mantiene vincoli di lavorocon società, federazioni, raggruppa-menti e altre istituzioni scientifichecubane e nel mondo, con le quali

promuove visite di studio, viaggi,corsi, pubblicazioni congiunte, inviti acolleghi stranieri, conferenze e pub-blicazioni su qualsiasi tipo di stampa,radio e televisione.Per l'importanza del suo lavoro ed ilprestigio accumulato, la SEC fa partedel programma nazionale delMinistero dell'Educazione Cubano"Università per tutti" che, attraversouno spazio sulla televisione naziona-le, informa e divulga la speleologia,con un pubblico che supera i 5 milio-ni di persone.

Sociedad Espelelogica de CubaCalle 9na, Esq. 84, Miramar,Ciudad Habana, Cubatel. ++225025

Foto: A. Danieli

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Le sorgenti di interessescientifico, il convegnoSIGEA di Salice Terme

Si è svolto il 10 ottobre 2003, presso la SalaNinfea delle Terme di Salice (PV) ilConvegno “Sorgenti di interesse scientificoambientale” promosso dalla Società ItalianaGeologia Ambientale (SIGEA) sezioneinterregionale Liguria, Lombardia, Piemonte,Val d’Aosta, in collaborazione conl’Università degli Studi di Genova, le Termedi Salice, e con sostegno di numerosi Entilocali. L’incontro, organizzato in occasionedell’Anno internazionale dell’Acqua, ha evi-denziato l’importanza delle sorgenti all’in-terno del patrimonio geologico e naturaledel nostro paese. Non solo per la loro rile-vanza scientifica, ma anche per quella socio– economica connessa alla fruizione delleloro acque, per le evidenti modifiche delpaesaggio, per le tradizioni storico - atropi-che. Temi principali sono stati, neanche adirlo, quelli legati alle acque termali e allavoro dell’uomo per utilizzare, captare eproteggere le preziose acque. Si è discussodel patrimonio architettonico degli stabili-menti termali, delle opere di captazione,della protezione idrogeologica degli acqui-feri minerali/termali e della cultura termalein generale.Nel corso del convegno alcuni relatorihanno utilizzato il neologismo idrogeosito(bene naturale ambientale di natura idrica)e unanime è stata la proposta conclusiva dipromuoverne il censimento, sull’esempiodel Progetto Nazionale Geositi già avviato ecoordinato dall’Agenzia Nazionale Pro -tezione Ambientale con la collaborazione dinumerosi enti pubblici e dipartimenti diricerca.Molto interessante e di notevole rilevanzascientifica è stata la sezione poster sul temadelle sorgenti di interesse storico, scientificoed ambientale quali le sorgenti delle Termedi Bagnoli, di Salice, dell’Acquasanta, le sor-genti mineralizzate della Provincia di Romae dell’Appennino Reggiano, le sorgenti con-nesse ai vulcanelli di fango in Abruzzo e inAdriatico, le emergenze minerali e termalidel Parco Regionale del Vulture, completatada una mostra fotografica dedicata all’ac-qua.

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Novità a PostumiaInaugurata la stazione speleobiologica “Proteus” nella Galleria dei Nomi Nuovi

Da questʼanno una nuova attra-zione attende i visitatori dellacelebre Grotta di Postumia –Postojnska Jama, situata a 30km dal confine italo-sloveno diFernetti, sulla strada perLubiana: si tratta della stazionedi speleobiologia Proteus, dedi-cata al raro anfibio che vivenelle acque sotterranee dellaPiuca e di pochi altri fiumi carsicidinarici. Fino al 1831 si pensavache il difficile ambiente delle cavernenon potesse ospitare alcuna forma divita, né animale né vegetale. In quel-lʼanno proprio a Postumia venne sco-perto un minuscolo coleottero cieco, ilprimo di una lunga serie di insetti,ragni, lumache, millepiedi, gamberetti ealtri – molti dei quali scoperti nella stes-sa grotta – che costituiscono la faunatroglobia. Oggi sappiamo che solo nelcomplesso di Postumia vivono ben 130specie diverse, il che rappresenta unvero primato. Molti di questi animalipossono ora essere comodamenteosservati nei vivarium della grotta, uni-tamente ad una proiezione multimedia-le sul Carso.La nuova stazione, alloggiata in unramo fossile laterale lungo 220 m chia-mato “Galleria dei Nomi Nuovi” per la

presenza su pareti e concrezioni difirme di visitatori dellʼ800, colma il vuotonella ricerca lasciato dal laboratorioallestito durante la gestione italiana nel1931. Lavori parziali di scavo hanno orapermesso di collegare la galleria allʼe-sterno, con un ingresso autonomo, met-tendo in evidenza un deposito di riempi-mento prodotto dal fiume Piuca e vec-chio di circa un milione dʼanni. Nellaparte superiore sono stati rinvenutiossa di orso delle caverne, strumentilitici musteriani, nonché vecchie stalag-miti e crostoni alabastrini inglobati. Unopuscolo apposito, anche in italiano,descrive le caratteristiche della stazionee della fauna ipogea locale. Info: www.postojna-cave.com

Giulio Badini

Gli appuntamenti

CaveMania - 25th Biennial Conference of theAustralian Speleological Federation

Dover, Tasmania, Australia. Dal 2 al 9 gen-naio 2004. Organizzato da: AustralianSpeleological Federation.Contatti: Ric Tunney, P.O. Box 198, NorthHobart, Tasmania 7002, Australia. Email:r [email protected] - Web:http://www.tesa.com.au/stc/cavemania/.

II CONAE – Secondo Congresso NazionaleArgentino di Speleologia

Tandil, provincia di Buenos Aires(Argentina). Dal 14 al 21 febbraio 2004.Organizzato dalla Federación Argentina deEspeleología (FAdE).

Contatti: Carlos Benedetto. Tel: +54 (2627)47 07 28. Email: [email protected]

16th Australasian Conference on Cave andKarst Management

West Coast, South Island, New Zealand. Dal6 al 23 aprile 2004. Organizzato da:Australasian Cave and Karst ManagementAssociation Inc. (ACKMA) Contatti: Phil Wood. Email:[email protected] - Web:http://www.ackma.org/members/16thannual.html

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Insegnare siimparaA Pordenone il 3° Corso Nazionalesulla didattica speleologica”

Spumeggianti idee per comunicare la spe-leologia: è il sottotitolo del 3° corso sulladidattica speleologica che l’Ufficio per laDidattica della SSI organizza dal 24 al 27giugno 2004 a Pordenone insieme alGruppo Speleologico CAI Vittorio Veneto,al Progetto Didattico "Spelaion Logos"Pordenone e all’Unione SpeleologicaPordenonese CAI. L’iniziativa ha già avuto ilpatrocinio della Federazione SpeleologicaRegionale Friuli Venezia Giulia e dellaFederazione Speleologica Veneta.Durante l’incontro verranno affrontati varitemi e materie legati alla didattica speleo-logica: psicologia, comunicazione, logopedia,responsabilità e assicurazioni, museologia,materiali e metodologie finalizzati alladidattica. Al calendario si possono aggiun-gere altri argomenti che gli organizzatoriinvitano espressamente a segnalare utiliz-zando la scheda di pre-iscrizione. Sonoprevisti inoltre laboratori ed escursioni “insana allegria e in un contesto eno-gastro-nomico di qualità”, come promette laprima comunicazione diffusa a fine 2003. Achi si pre-iscrive al Corso verrà inviato ildischetto relativo al II Corso Nazionale diDidattica "Frasassi 2001”. Per maggiori informazioni potete contatta-re Gianpaolo Fornasier all’indirizzo e-mail:[email protected]

Plio-Quaternary Fillings in the Karst Systems -SimposioTrieste. Dal16 al18 aprile 2004. Organizzatodal Gruppo Speleologico San Giusto di Triestein collaborazione con l'AIQUA.Tutte le informazioni sul sito www.congres-ses.net/FKS

Karstology - XXI Century: Theoretical andPractical Significance

Perm, Russia. Dal 25 al 30 maggio 2004.Organizzato da: Department of Geology,Perm State University.Contatti: Valery N. Kataev, OrganisingCommittee, "Karstology - XXI century"Department of Geology, Perm StateUniversity 15 Bukirev St. Perm, 614990,Russia, Email: [email protected] - Web:http://www.science.psu.ru/karst/.

ACKMA Cave Guides Workshop and AGMMole Creek Hotel, Mole Creek, Tasmania,Australia. Dal 23 maggio al 6 giugno 2004. Organizzatoda Tasmanian Parks and Wildlife Service, forAustralasian Cave and Karst ManagementAssociation.Contatti: Cathie Plowman, Email: [email protected]

Incontri sulla didattica Speleologica - III° CorsoNazionale

Pordenone. Dal 24 al 27 Giugno 2004.Organizzato dalla Società Speleologica Italiana" Ufficio per la Didattica" e dai gruppi CAI diVittorio Veneto e Pordenone.Contatti: Giampaolo Fornasier, E-mail: [email protected]

IGC-UK2004 - 30th Congress of theInternational Geographical Union16th: IGU sessions: Advances in KarstGeomorphology and hydrology, and KarstResource Management.Glasgow, Scotland, UK. Dal 15 al 20 agosto2004. Organizzato da: Royal GeographicalSociety (with Institute of BritishGeographers).Contatti:http://www.meetingmakers.co.uk/IGC-UK2004.

14th UIS Congress

Athens, Greece. Dal 21 al 28 agosto 2004.Organizzato da: Hellenic Speleological Society.Contatti: Chistos Petreas, HellenicSpeleological Society, Email: [email protected] -Web: http://www.otenet.gr/ellspe.

Pericolosità naturale e antropica in aree carsicheNellʼambito delle attivitàdella 1a GeneralAssembly della EUG(EuropeanGeosciencesUnion) è stata orga-nizzata la sessioneNH8.03 intitolata“Natural and anthro-pogenic hazards inkarst areas” (Pericolositànaturale e antropica in aree car-siche) a Nizza dal 25 al 30 aprile2004.Le aree carsiche, a causa dipeculiari caratteristiche geologi-che e idrogeologiche (rocce frat-turate, presenza di cavità e con-dotti di origine carsica, flussorapido e concentrato delleacque) sono tra gli ambienti piùvulnerabili del mondo.La fragilità dellʼambiente carsicoè inoltre evidenziata dalle faldeacquifere carsiche, che costitui-scono una fondamentale risorsaidrica (circa il 25% della popola-zione mondiale è rifornita in granparte o del tutto da acque carsi-

che), ma la cui qualità èfortemente suscettibile

al degrado.Molte di questesituazioni possonoessere adeguata-mente comprese e

studiate soltanto tra-mite un approccio

multi-disciplinare, chepreveda lʼintervento di

esperti con varie competenze,tra cui la geomorfologia, la geo-logia applicata, lʼidrologia, lʼidro-geologia, la geofisica, e la geo-chimica.Il simposio rappresenta quindiuna buona opportunità per con-dividere esperienze condotte indifferenti aree del mondo e pervalutare le più adeguate manieredi gestione delle aree carsiche.Si invita quindi alla partecipazio-ne inviando lavori su casi di stu-dio in aree carsiche, ed in parti-colare si sollecitano contributiche presentino un approcciomulti-disciplinare al problema.

Contatti: Mario Parise [email protected] WEB: http://www.copernicus.org/EGU/ga/egu04/index.htmlGli abstracts saranno inseriti in un numero della rivista GeophysicalResearch Abstracts, che verrà distribuito in forma di cd-rom ai parte-cipanti al convegno. Data finale per lʼinvio degli estratti: 11 gennaio 2004.

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6th International Conference onGeomorphology

Zaragoza, Spain. Dal 9 al 11 settembre 2004.Organizzato da: International Association ofGeomorphologists, and Spanish Society ofGeomorphology.Contatti: Organizing Secretariat, Geomorfologia-Facultad de Ciences, Universidad de Zaragoza,C/Pedro Cerbuna 12, Zaragoza 50009, Spain,Email: [email protected] - Web:http://wzar.unizar.es/actos/SEG/index.html.

Trans-Karst 2004: International TransdisciplinaryConference on Development and Conservation of Karst Regions

Hanoi National University, Hanoi, Vietnam. Dal13 al 18 settembre 2004. Organizzato da:Research Institute of Geology and MineralResources (RIGMR) (Ministry of Natural

Resources and Environment), Vietnam; Instituteof Ethnology (IE) (National Center for SocialSciences and Humanities), Vietnam; ForestProtection Department (FPD) (Ministry ofAgriculture and Rural Development), Vietnam.Under the auspices of UNESCO (IGCP Project448 and IHP) and the patronage of UIS.Contatti: Tran Tan Van, Research Institute ofGeology and Mineral Resources (RIGMR), ThanhXuan, Hanoi, Vietnam. Email: [email protected] -Web: http://www.vub.ac.be/trans-karst2004.

Limestone Coast 2004 - IGCP 448 andRAMSAR Convention workshops

Naracoorte, South Australia, Australia. Dal 10 al17 ottobre 2004. Organizzato da: IUCN/WCPATask Force on Caves and Karst.Contatti: Kent Henderson. Email: [email protected] - Indirizzo di fermo posta:Limestone Coast Karst 2004, PO Box 134,Naracoorte, South Australia 5271, Australia.

13° Convegno regionale di Speleologia del Trentino Alto Adige

Villazzano (TN). Dal 4 al 9 ottobre 2005.Organizzato dal Gruppo SpeleologicoTrentino SAT Bindesi Villazzano Contatti: Segreteria 13° Convegno regionaledi Speleologia Trentino Alto Adige, c/oGruppo Speleologico Trentino SAT BindesiVillazzano via Pozzata, 103 38050 Villazzano –TN - e-mail: [email protected]

IWIC – 1st International Workshop on Ice Caves

Capus (Romania), dal 29 febbraio al 3 marzo2004. E’ il primo workshop internazionalesulle grotte di ghiaccio.Per contatti segreteria IWCI e-mail: [email protected] Sito Web: http://users.unimi.it/iceca-ves/iwic-i

Discariche e carsismoIl recente decreto vieta le discariche in territori carsici o geologicamente inadeguati, a meno che…

Nel 1997 è stato emanato il Decreto Legislativo n. 22/1997 (decretoRonchi) che disciplina la gestione dei rifiuti. Da allora si sono succedutiprovvedimenti integrativi e modificativi sempre più severi e restrittivicome lʼultimo, il D. Legs. 13 gennaio 2003/ n. 36, in attuazione dellaDirettiva 1999/31/CE, relativo alle discariche di rifiuti. Nellʼallegato 1, alpunto 2.1 si dispone che gli impianti di discarica, sia di rifiuti non perico-losi che pericolosi, non possono essere ubicati “in corrispondenza didoline, inghiottitoi o altre forme di carsismo superficiale”, oltre che natu-ralmente in siti geologicamente ed ecologicamente inadatti. Il decretonon parla di grotte, ma il divieto è ovvio.Tuttavia è previsto che “con provvedimento motivato le regioni possonoautorizzare la realizzazione di discariche per rifiuti non pericolosi nei sitisopradetti”. Scappatoia senza senso e, si spera, inefficace per i limiti fis-sati da tutto il decreto che escludono ogni possibilità di realizzare questiimpianti in situazioni che possano dare luogo ad inquinamento dellefalde. Sarà compito degli speleologi vigilare che non si utilizzi a spropo-sito la deroga.Oltre al rischio, una discarica in una dolina sarebbe un ulteriore sfregioambientale, in buona compagnia di cave insediate nei conoidi e detriti difalda, nel fianco dei monti, nelle grandi frane (“marocche”), negli alveidei fiumi, nelle pianure.La legislazione dei rifiuti si fa carico, sia pure indirettamente, anche diquesto, fissando nuovi limiti. Ad esempio anche per le discariche di rifiu-ti inerti si impone, tra gli altri adempimenti, una costosa impermeabiliz-zazione del sito. Si stabilisce anche la riduzione drastica dei rifiuti assie-me al riciclaggio dei materiali con aumento dei costi di smaltimento cherendono appunto più conveniente il riutilizzo. Il timore è che, in carenza di controlli e di vigilanza, la maggiore conve-nienza ad abbandonare i rifiuti ai bordi delle strade ed in discariche abu-sive potrebbe essere un boomerang.

Giuliano Perna

1° incontro della speleologia balcanica in GreciaDal 11 al 20 settembre 2003 si è svolto il1° incontro speleologico dei Balcani aOthris, in Grecia, organizzato dallaFederazione Speleologica Ellenica (FHS). I circa 100 partecipanti, 7 dei quali prove-nienti dalla Bulgaria, hanno dato vita a ben48 gruppi di lavoro. L’attività del convegnonon è stata solo teorica, ma anche pratica,con la visita a oltre 40 cavità di interessearcheologico e/o biospeleologico. In 7 diqueste sono stati raccolti impor tantiesemplari faunistici.La cavità più profonda tra quelle visitatemisurava 65 m (Titanospilia), mentre la piùlunga (Tetrastomo) oltre un chilometro.All’interno di quest’ultima sono statiesplorati 600 m di nuove gallerie. Sonostate infine raccolte informazioni di altretrenta nuove cavità. Tutto il lavoro di ricer-ca è stato documentato (appunti, disegni,resoconti delle osservazioni, fotografie) euna copia in versione informatica è dispo-nibile presso la BSU e la FHS.L’ottima collaborazione fra speleologigreci e bulgari è stata sottolineata dall’e-sercitazione congiunta di soccorso, svoltal’ultimo giorno, con scambio di esperienzee conoscenze tecniche. La FHS prevedeche la BSU incrementerà le ricerche spe-leologiche anche fuori dalla penisola bal-canica. All’incontro erano presenti il presi-dente ed il segretario della BSU, Prof.Petar Beron e Alexey Jalov.

Kostas Adamopouos (Segretario Generaledella Federazione Speleologica Ellenica)

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Il “Diaol” fa le pentole ma non i coperchi Ancora una volta le associazioni speleologiche e ambientali determinanti per latutela di un’interessante zona carsica nel Trentino meridionale

La vicenda inizia nel novembre 2001 quando leggiamo sulgiornale che presso lʼUfficio per la valutazione dellʼimpattoambientale (VIA) della Provincia autonoma di Trento è depo-sitato il progetto di coltivazione della cava di calcare (da uti-lizzare in un cementificio) in località Patone (comune di Arco)di proprietà della ditta Scavi Chiarani snc. Una cava già esi-stente, che intende sviluppare lo scavo sia in termini di super-ficie che di volume.Lʼampliamento dellʼarea estrattiva sino a 14 ha, con lo scavodi 5 milioni di m3 di roccia, è previsto dal 3° aggiornamentodel Piano provinciale di utilizzazione delle sostanze minerali(1998). Il precedente Piano (1987) limitava lʼarea a 3,1 ha.Notiamo subito che lʼallargamento della zona di coltivazioneandrebbe a sconvolgere una interessante zona carsica e alambire di pochi metri il Bus del Diaol (29 VT), una delle grot-te più significative del Trentino, tutelata dalla LP 37 del31.10.1983 e scelta dalla Commissione Bioitaly come SICper la provincia di Trento. Nel dicembre 2001 gli speleologitrentini elaborano una serie di osservazioni sullʼimportanzadel luogo sia dal punto di vista carsico (presenza di 12 grot-te), che dal punto di vista vegetazionale (la zona rappresen-ta il limite europeo dellʼareale del leccio ed è adiacente alBosco Caproni, oasi WWF). Il documento viene presentatodalla Commissione speleologica e dalla Commissione tutelaambiente montano al Consiglio centrale della SAT che lo sot-toscrive e lo inoltra allʼUfficio VIA. Anche WWF e Comune diArco presentano osservazioni al VIA. Il risultato è positivo: ilprogetto viene bloccato. Poi sulla stampa leggiamo la notiziache la Giunta comunale di Arco si schiera compatta per lachiusura definitiva dellʼattività. Ora la decisione finale spettaalla Giunta provinciale, che in ottobre approva il 4° aggiorna-mento del Piano provinciale di utilizzazione delle sostanzeminerali: nessuno stralcio, anzi, via libera allʼampliamentosino a 9 ha. Il nuovo progetto di coltivazione dovrà essereredatto e sottoposto a procedura di VIA. Le commissionisaranno nuovamente chiamate a studiare e formulare leosservazioni. La collaborazione di chiunque sia interessatosarà gradita.

Riccardo Decarli (Catasto spelelogico VT Trentino-Alto Adige)

LEGENDA CARTA TOPOGRAFICA––––: limite apliamento cava come da prg. 8/2001––––: rilievo planimetrico Bus del diaol (29 VT)––––: ril. plan. Grotta dei traditori (164 VT)––––: ril. plan. Caverna Pianaùra (328 VT)––––: ril. plan.Buco dello scheletro (334 VT)––––: ril. plan. Grotta delle radici (284 VT)• : ingresso grotta304 VT: Buco Soprapatone - 307 VT: Caverna 1a Moletta -308 VT: Caverna 2a Moletta - 346 VT: Caverna Pianaùra 2a -466 VT: Pozzo delle Giare - 467 VT: Antro 1° delle Giare -468 VT: Antro 2° delle Giare.Rilievi planimetrici realizzati da: Gruppo speleologico SatArco. Elaborazione dati: Catasto speleologico VT Trentino-Alto Adige.

Speleologialombarda: un anno di successiLʼ1-2 Novembre 2003 siè tenuto a Pogliana diBisuschio (VA) lʼIncontroRegionale Lombardo diSpeleologia, organizzatodall'Ente Speleologico

Regionale Lombardo edospitato nei locali delCentro Ambientalisticodella Valceresio perl'Evoluzione dellaSpeleologia (CAVES).Della logistica si sonooccupati, in modo magi-strale, lo Speleo ClubValceresio CAI Gaviratee il Gruppo SpeleologicoCAI Varese. I principalitemi affrontati: il pro-gramma per la gestionedel catasto (si è scelto

quello nazionale dellaSSI) con discussionesulla pubblicazione delCatasto Regionale; lacreazione di una nuovabanca dati speleologicaregionale pensata perfavorire lo scambio didati in base a regolechiare, con l'ESRL nelruolo di garante; le appli-cazioni 3D dei dati dipoligonale. Domenica èstata dedicata alla nutritaAssemblea dell'ESRL,

alle proiezioni delle atti-vità dei gruppi speleolo-gici ed alle brillanti novitàesplorative in Grigna,Tivano, PrealpiBergamasche, con qual-che puntata all'estero. Ilbel tempo e il magnificoambiente hanno fornitogli ultimi ingredienti perlʼottimo risultato.

Giorgio Pannuzzo, EnteSpeleologico Regionale

Lombardo

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Più bello e più grande che priaIl Centro Italiano di Documentazione Speleologica, completamente rinnovato, è di nuovo operativo.

I lavori di consolidamento dellʼedi-ficio del Museo Capellini, dove èospitato il Centro “F. Anelli”, sonofinalmente conclusi e quindi, ameno di 9 mesi dallʼinizio dei lavo-ri, i locali rinnovati sono di nuovoagibili.Con questa operazione il Centroha guadagnato moltissimo (con-frontate la pianta allegata conquella sul n.25 di Speleologia) siain spazio sia soprattutto in lumino-sità: due grandi finestre permetto-no finalmente di consultare ilmateriale alla luce del sole. Il cor-ridoio di ingresso dal portone divia Zamboni 61 è diventato di per-tinenza esclusiva del CIDS, datoche ora il Museo ha una uscita disicurezza direttamente nel cortileinterno dellʼedificio.Eʼ stato quindi possibile operareuna razionalizzazione del Centroche ha permesso di separare edampliare le varie sezioni, masoprattutto di creare spazi idoneialla consultazione diretta, sino adoggi oggettivamente sacrificata:un grande tavolo (3 m per 1) hatrovato infatti spazio nella salaprincipale della Biblioteca, mentrealtre piccole basi di appoggio sonocollocate nella sala della “miscel-lanea” e delle riviste straniere.I locali del Centro (circa 160 m2)sono ora suddivisi in due areedistinte: quella della Biblioteca equella dellʼArchivio - magazzino. La Biblioteca può contare su oltre80 metri calpestabili, dove 63scaffalature coprono un totale dioltre 360 metri lineari, a cuiaggiungere tre armadi vetrati dedi-cati ai libri antichi per altri 20 m etre cassettiere da 4 cassetti per ilfondo delle stampe antiche e dellecartoline postali. Attualmente ilpatrimonio della biblioteca occupasolo due terzi dello spazio disponi-bile e perciò è ragionevole suppor-re che, anche se lʼincremento simanterrà sostenuto come in questiultimi tempi, non avremo problemidi spazio per almeno 15 anni.Completano le dotazioni dellaBiblioteca una nuovissima fotoco-piatrice (è andata in pensione la

vecchia che in 10 anni di onoratoservizio ha sfornato quasi 300.000fotocopie) e 3 postazioni per laconsultazione informatica.LʼArchivio - magazzino consta diquasi 60 metri calpestabili, suddi-visi tra il corridoio di accesso davia Zamboni 61 e lo scantinato.Lʼarea è attrezzata con 11 armadimetallici e 15 scaffalature, per untotale di 180 m lineari. Mentre gliarmadi dedicati allʼarchivio SSIsono assolutamente sufficienti agarantirne lʼespansione per unlungo periodo, discorso differenteva fatto per il magazzino dellepubblicazioni.La massa di materiale che vi

affluisce, infatti, è sempre supe-riore a quella che viene distribuitae questo rappresenta una costan-te situazione di “sofferenza”: saràquindi necessario, nel prossimofuturo, che la SSI adotti una seriedi iniziative per riequilibrare ilmagazzino.Da ultimo, a seguito di accordicon il Direttore del MuseoCapellini, tra poco sarà possibileesporre lungo la via di fuga alpiano terra una parte rilevante delnostro patrimonio di stampe anti-che.

Paolo Forti, responsabile del CIDS

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De re metallica

E’ l’ultima meraviglia che la SSI ha voluto fosse presente nel Centro diDocumentazione Speleologica “F. Anelli”.Si tratta di un’opera fondamentale per la storia della speleologia dato chequesta edizione, più recente della prima di oltre cento anni (Macini & Mesini,1994), annovera - oltre al De Re Metallica, ponderoso trattato di arte mine-raria - anche tutti gli altri scritti di Agricola relativi alla geologia, mineralogia eidrogeologia che effettivamente sono, per noi speleologi, molto più impor-tanti (Shaw, 1992).Se infatti nel “De Re metallica” vi sono varie citazioni relative all’azione disolubilizzazione della roccia da parte delle acque circolanti nel sottosuolo ed

al fatto che le sorgenti derivano in parte dall’acquapiovana che circola nei vacui della roccia, è negli altritrattati che Agricola ha effettivamente parlato - spes-so per la prima volta al mondo - di aspetti speleologi-ci.Tralasciando il “De Animantibus subterraneis”, fonda-mentale opera di biospeleologia già descritta nelnumero 47 di Speleologia, nel “De Natura Fossilium”(che può a ragione essere considerato il primo tratta-to di mineralogia) si ha una descrizione del moonmil-ch rinvenuto in una miniera, che viene qui chiamato“Steinomarga”. Sempre nello stesso trattato troviamola prima descrizione dei coralloidi, da lui osservatinella grotta di Scharzfeld in Germania, e ancora laprima descrizione di pisoliti provenienti, queste ulti-

me, dalla sorgente di Karlovy Vary in Ungheria.E infine nel “De Natura eorum quae effluunt ex Terra”, trattato in cui vienediscussa la natura delle sostanze che fuoriescono spontaneamente dalla terra(acque, gas e vapori endogeni), Agricola, oltre a dare alcune indicazioni dimeteorologia ipogea, descrive la genesi delle stalattiti abbastanza corretta-mente per il suo tempo:

“…pietre che si formano nelle grotte da succhi che gocciolanodal soffitto e pietrificano, a causa del freddo..”

Sempre in questo trattato, ma solo nella sua prima edizione, Agricola pub-blicò poi il primo rilievo di una cavità sotterranea, anche se artificiale (LeStufe di Nerone a Pozzuoli), tavola che venne successivamente sostituita conla visione esterna del medesimo luogo nella quale sono riportate solo a trat-teggio le gallerie sotterranee.L’eccezionale valore scientifico dell’opera è aumentato anche dalla presenzadi ben 273 xilografie che illustrano in maniera dettagliata tutte le attivitàminerarie del tempo.Giorgio Agricola 1657 DE RE METALLICA, Libri XII, Basilea, Emanuelis Kònig,pagg 16-708-92 In folio (mm 350x220)

Paolo Forti

Bibliografia:Macini P., Mesini E. 1994 Giorgio Agricola – De Re Metallica (1553) Edizioni ANIM Shaw T. R. 1992 History of Cave science Sidney Speleological Society 338 pp

Quante cose sul gesso

Breve resoconto dal Simposiointernazionale di Bologna, 26 –28 agosto 2003Nel corso del Simposio bolognese sui Gessi nelMondo, un gruppo di specialisti ha animato ladiscussione voluta dal Parco Regionale deiGessi Bolognesi e dal GSB – USB, dedicandoparticolare attenzione al tema delle diverseforme di gestione del patrimonio naturale e difruizione turistica del patrimonio carsico.Nella prima giornata è stato presentato il volu-me “Le aree carsiche gessose in Italia” (che sirichiama al primo e unico lavoro organico sul-lʼargomento, realizzato da O. Marinelli nel1917) curato da Giuliana Madonia e PaoloForti: raccoglie il contributo di oltre trenta spe-cialisti e rappresenta un lavoro nuovo per la let-teratura scientifica nazionale. Vi è allegata una“carta delle emergenze gessose italiane”, chefa percepire facilmente lʼimportanza, la distribu-zione e la varietà del fenomeno.Sono seguiti gli interventi di specialisti stranieriche hanno affrontato temi diversi relativi a variezone (Cordigliera Andina, Spagna, Ucraina,Albania...). Dal loro insieme, eterogeneo perobiettivi e metodologie, è emerso quanto siaarticolata e difficoltosa la stessa conoscenzascientifica e quanto sia importante anche il con-testo socio-politico delle aree rappresentate.Oggetto della mattinata del 27 sono state lericerche nei gessi, con contributi su vari argo-menti (geomorfologia, ricerca speleologica, bio-spelogia); nel pomeriggio il confronto di varieesperienze di gestione di Aree Protette nate atutela di affioramenti gessosi (Parco Regionaledei Gessi Bolognesi, Riserva di Onferno,Riserve Siciliane) con le attuali problematicitàlegate allʼattività estrattiva nei GessiRomagnoli. La giornata si è conclusa con unatavola rotonda che ha coinvolto aree protette,mondo speleologico e associazioni ambientali-ste ed aperto la discussione sulle possibilità dicollaborazione tra i soggetti interessati alla tute-la e valorizzazione dei gessi (gemellaggi, scam-bi culturali, lavoro su progetti comuni), eviden-ziando lʼesigenza di incontrarsi ancora perapprofondire queste ed altre tematiche.Lʼultimo giorno è stato dedicato a visite edescursioni: alla Mostra sulla Biodiversità dellaRegione; al Museo Archeologico “Luigi Donini”con i nuovi – e bellissimi! – allestimenti dedicatial territorio, in particolare alle aree gessose; alParco per visitare la Dolina e la Grotta dellaSpipola; a Castel dʼAiano, in località Labante,per visitare le omonime cascate su travertino.Nei prossimi mesi i contributi del Simposio ver-ranno raccolti negli atti.

David Bianco - Parco Regionale dei Gessi Bolognesi e Calanchi dellʼAbbadessa

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RIASSUNTOSa Rutta 'e S'Edera è la più importante cavità carsica delSupramonte di Urzulei (Sardegna centro-orientale). Scopertaverso la fine degli anni '60, ha rappresentato per un’intera gene-razione di speleologi una grotta difficile, tra le più profonde dellaSardegna e lunga quasi 3 km, nella quale le esplorazioni nonportano a facili risultati. Al suo interno scorre il più importantecollettore sotterraneo attualmente conosciuto in zona, e nume-rosi sono stati i tentativi di seguirne il percorso, bloccati da unagrande frana ritenuta impenetrabile. Grazie al decennale lavorodel Gruppo Grotte Cagliari CAI prima, agli studi idrogeologiciorganizzati dalla Federazione Speleologica Sarda poi, l'interessein questa grande cavità è cresciuto tanto da portare a nuoveeccezionali scoperte speleologiche che finalmente permettonodi seguire il fiume sia verso valle sia verso monte, portando asuperare gli 11 km di sviluppo della grotta. Ed è soltanto l’iniziodi un’entusiasmante avventura di speleologia trasversale.

PAROLE CHIAVESardegna, Rutta 'e S'Edera, Urzulei, Idrogeologia, Storia delleesplorazioni, Biospeleologia

ABSTRACTSa Rutta 'e S'Edera is among the most important caves ofUrzulei's Supramonte (Central-East Sardinia). This cave com-plex, one of the deepest of Sardinia and with a total develop-ment of almost 3 km, has been considered among the mostdifficult to explore by a whole generation of cavers. Thesystem hosts the most important underground river known inthe area, and many attempts have been undertaken to followthis river, all of which arrested at the final rockfall. Thanks totens of years exploration by the GG Cagliari CAI cavers andto the dye tests organised by the Sardinian Federation ofSpeleologists, the interest in this cave has again increased andthe last discoveries have allowed to follow the undergroundriver both upstream and downstream reaching more than 11km of development. And this is only the beginning of an entu-siasmatic caving adventure.

KEY WORDSSardinia, Rutta 'e S'Edera, Urzulei, Hydrogeology, History ofexploration, Cave dwelling fauna

A cura di Jo De Waele

Testi di: Salvatore Cabras, Vittorio Crobu, Jo De Waele, LucioMereu, Massimiliano Piras, Vincent Lignier, Andrea Scano,Sandro Sulis

La nuova era di S’Edera

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dato un importantissimo contributo al ricco patrimoniospeleologico della Sardegna e, forse, non era nemme-no giusto chiederle di essere più generosa.Inoltre, una breve chiacchierata con Antonio Assorgia(docente di vulcanologia presso l'Università di Cagliarinonché uno dei primi esploratori della grotta dell'Ederanel lontano 1967) che dava più probabile un collega-mento con la risorgente posta alla fine della Gola diGorropu invece che con la lontana risorgente di SuGologone ad Oliena, aveva rafforzato lo scetticismo.Non si capiva, dunque, perché darsi la pena di percor-rere oltre tre ore di strada da Cagliari per affrontare unagrotta massacrante, complessa e ben più fredda dellamedia delle accoglienti cavità sarde. Altri sistemi carsi-ci, all'epoca molto di moda, risultavano assai più pro-mettenti.Perciò fu solo grazie alla testardaggine di alcuni socidel Gruppo Grotte Cagliari CAI che all'inizio di settem-bre del 1996, in cima al Salone delle Stelle, si aprìdavanti agli occhi degli speleologi una maestosa galle-ria. È da allora che tutti si sono dovuti ovviamente ricre-dere. Da quel momento S'Edera ha conosciuto una sta-gione nuova che, specialmente dopo la notizia del col-legamento idrologico con la risorgente di Su Gologone,

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LA PAROLA FINE NON ESISTE NEL VOCABOLARIO DEI CAPARBI...A metà degli anni '90 la grotta di Sa Rutta 'e S'Ederanon sembrava in grado di riservare grandi sorprese.Certo, le acque che sprofondavano abbondanti nelcuore della montagna dalla piana di Fennau, al cuimargine nord orientale si apre SʼEdera, giustificavanole fervorose attenzioni che gli speleologi dedicavanoormai da anni a quella cavità, ma la frana terminale,contro la quale si erano già scontrati i primi esploratorie poi via via tutti gli altri, sembrava aver segnato laparola fine alle esplorazioni. Si trattava, infatti, di unvero e proprio budello di massi levigati dall'acqua dellepiene, sul quale si infrangevano i tentativi di chi giun-geva al suo cospetto regolarmente stremato dopodiverse ore di un cammino faticoso e irto di difficoltàtecniche.Del resto, con i suoi 2795 metri di sviluppo e i suoiambienti di incomparabile bellezza, la grotta aveva già

� L'ingresso di Sa Rutta 'e S'Edera,impostato su una diaclasi subverticalediretta N-S. La grotta si apre all'interno diun orto recintato (Foto A. Scano).

� Il torrente di S'Iscra Olidanese vista daSerra Ortorgo: sulla destra si vedono icontrafforti di Serra Lodunu sotto la qualesi sviluppa Sa Rutt'e S'Edera, mentre sul fondo ha inizio ilcanyon di Sa Mela (Foto V. Crobu).

Dopo 35 annicrolla il mito della franaterminale di Sa Rutta e S’Ederae riaccende gli entusiasmi per la ricerca del grandecollettore di Su Gologone

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la pone di nuovo al centro delle prospettive esplorativedella Sardegna.

L’EREDITÀ DEL PASSATO

...poi, nel ’60, arrivano i bolognesi a Urzulei

Oggi Urzulei è conosciuta come una terra di grotte.Nel suo territorio si aprono alcuni dei più importantisistemi carsici dell'Isola e non solo: in particolarenella Codula Ilune l'omonimo complesso superaabbondantemente i 40 km di sviluppo ed è in assolu-to una delle mete preferite dagli speleologi che ven-gono in visita all'Isola. Ma non è sempre stato così.Mentre nei comuni supramontani limitrofi, soprattuttoa Dorgali e Oliena, le manifestazioni carsiche sonoben conosciute e studiate da moltissimo tempo (pen-siamo alla grotta del Bue Marino, a Sa Oche e SuBentu ed alla sorgente di Su Gologone) ad Urzulei ilcarsismo profondo è meno evidente e diventa vistososoltanto in zone impervie e di difficile accesso. Nondeve quindi sorprendere che nel primo elenco cata-stale pubblicato nel 1936 dal geologo Carmelo Maxiavi siano citate soltanto 3 grotte d'Urzulei, tra cui lafamosa Domu 'e s'Orcu (Punta Is Gruttas), nellaquale il pastorello Giuseppe Mulas trovò nel 1930 ilpiù famoso bronzetto sardo, la "Madre dell'Ucciso" (o"Pietà Sarda"), poi consegnato al Prof. Taramelli. Lealtre due grotte sono la grotta del Guano, mai piùritrovata, e la insignificante grotta di Bruncu suPunzale. Nello stesso versante di Punta Is Gruttas che siaffaccia sul paese di Urzulei, altre grotte furono visi-

LA ROCCIA E L’ACQUAA S di Sa Rutta 'e S'Edera i terreni scistosiPaleozoici si elevano fino a 1500 metri di quota,sui bordi settentrionali del massiccio delGennargentu, ed è da questi rilievi di MonteGenziana (1505 m), Monte Armario (1433 m),Monte Pipinari (1400 m), Monte Pisucerbu(1348) e Monte Pisaneddu (1254) che inizia illungo viaggio dell'acqua verso N. Qui, sul "tetto"della Sardegna piovono circa 1000 mm di piog-gia all'anno, e buona parte di queste acque,impossibilitate ad infiltrarsi rapidamente nel sot-tosuolo, scorrono allegramente verso valle for-mando piccoli ruscelli temporanei.Nei primi chilometri del percorso i rivoli d'ac-qua erodono le filladi scure e carboniose, lemetasiltiti, le metarenarie, le quarziti nere e legranodioriti tonalitiche del Paleozoico(Ordoviciano sup.-Permiano) formando piccolevalli, spesso meandriformi, in un paesaggio brul-lo ed inospitale in cui gli incendi e i tagli indiscri-minati dei boschi hanno causato una progressivadesertificazione. Alle garighe montane, ricche dispecie vegetali endemiche, subentrano macchiea cisto, corbezzolo ed erica, mentre sul fondodelle valli sopravvivono lembi di foreste di leccio.

Man mano che si scende verso valle i torrentis'ingrossano formando tre piccoli fiumi, Riu SaCodula, Rio Paule e Riu Flumineddu, attivi perbuona parte dell'anno. Sulla sinistra si staglianoalcuni picchi carbonatici, le cueste di MonteFumai (1316 m), di Monte Novo San Giovanni(1316 m) e di Monte Su Biu (1183 m), chepreannunciano un cambio litologico. Questi tremonti, infatti, sono dei rilievi testimoni cheattualmente risultano separati dalla grandecopertura carbonatica mesozoica delSupramonte, di cui si vedono i primi contraffor-ti (Serra Lodunu, Punta Cabaddaris). In varie località (Sas Venas, Nuraghe Mamucone,Cabaddaris ed alla base delle tre cueste) è pos-sibile vedere che il basamento paleozoico ècoperto da sedimenti terrigeni (arenarie, con-glomerati quarzosi, marne, argille) contenentilivelli a piante che indicano un'età giurassicamedia (Baiociano-Batoniano, Dogger) e cheinaugurano la trasgressione marina mesozoica.Finalmente i due fiumi entrano nel Supramonte,aspro e bello, e lungo il Flumineddu le paretidolomitiche si innalzano. Riu Sa Codula, invece,rimane più a lungo sugli scisti e percorre un'am-pia piana alluvionale fino all'ingresso di CodulaSa Mela. Nel frattempo, inoltre, riceve diversi

affluenti e cambia nome, diventando IscraOlidanesa. Qui l'uomo, sfruttando la presenzaquasi perenne delle acque, ha sviluppato le sueattività pastorali modificando il paesaggio. Dellaforesta primaria di lecci rimangono poche trac-ce, mentre il sovraccarico di bestiame mette arischio il mantenimento degli equilibri naturali, inparticolare la riproduzione della foresta stessa.Le acque ora scorrono nei materassi alluvionaliche coprono le dolomie grigie intensamentefratturate, chiaramente visibili a lato delle valli.Tra breve, in normali condizioni idrologiche,saranno costrette a proseguire il loro viaggio insotterraneo, assorbite dai numerosi inghiottitoiche s'incontrano lungo le valli. Le acque delFlumineddu spariscono sottoterra in corrispon-denza dell'inghiottitoio di Sa Funga 'e s'Abba, aquota 892 m, mentre quelle di Sa Codula-IscraOlidanesa scompaiono in una serie di puntiidrovori tra 950 e 935 m s.l.m. (es. Fundu 'ePuntale, Monte Pertunta). I fiumi in piena, invece,possono portare le acque superficiali molto piùa valle, fino alla Gola di Gorropu all'uscita dalSupramonte carbonatico. In particolare durantele eccezionali piene le acque di S'Iscra Olidanesapercorrono la Codula Sa Mela-Codula Orbisi,scavalcando tutti gli inghiottitoi (incluso quello

� L'inghiottitoio di Sa Funga 'e s'Abba: questo punto idrovoroè il più importante del Riu Flumineddu e le colorazioni del 1969hanno dimostrato che le acque assorbite confluiscono nel col-lettore di Sa Rutta 'e S'Edera poco a monte della frana termina-le (Foto V. Crobu).

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enorme di Orbisi), cadono a cascata dentroPischina Urtaddala e si congiungono con ilFlumineddu a Sa Giuntura. In questi casi puòdiventare attivo un inghiottitoio di troppo pienosituato ai piedi di Serra Lodunu, a quota 950 m,conosciuto come Sa Rutta 'e s'Edera. Questagrotta è ritenuto il collettore principale delSupramonte meridionale, confermato anchedalle colorazioni effettuate pochi anni fa dallaFederazione Speleologica Sarda che hanno pro-vato che le acque dell'Edera fuoriescono allarisorgente di Su Gologone (104 m) ad Oliena, apiù di 20 km di distanza in linea d'aria. Dentrol'Edera, in condizioni normali, le acque s'incon-trano alla base della "Grande Marmitta", unpozzo profondo poco più di 10 metri situato aquasi 200 metri dall'ingresso, mentre duranteperiodi piovosi, quando i primi inghiottitoi lungos'Iscra Olidanesa si attivano, si congiungono conil ramo speleologico in cima a questo pozzo for-mando una fragorosa cascata. Dopo la GrandeMarmitta, impostata sull'incrocio tra due frattu-re (una N-S, l'altra NW-SE) il rivolo d'acqua s'in-fila in un interstrato (inclinazione 12° N) chiara-mente eroso dalle acque di piena, con formearrotondate. Dopo questa zona, invece, il tor-rente scorre nuovamente sul fondo di alte e

strette diaclasi in direzione prevalente N-S,caratteristica di quasi tutta la grotta. La morfologia di S’Edera, impostata quasi intera-mente nelle dolomie basali della successionecarbonatica mesozoica, è fortemente influenzatadalla struttura della roccia. Innumerevoli diaclasiinterrompono continuamente l'andamentoregolare della grotta, talvolta caratterizzato daangoli retti, mentre sulle più grosse fratture siimpostano gli ambienti più grandi. Un altro fat-tore determinante nello sviluppo della grotta èl'inclinazione degli strati, che porta il sistema adapprofondirsi gradualmente in direzione N, sem-pre prossimo al contatto con le formazioni mar-nose del contatto stratigrafico tra basamentopaleozoico e copertura mesozoica. Mentre nellalitologia dolomitica gli ambienti sono quasi sem-pre alti e stretti (forre), dove si entra nei ramifossili impostati su livelli più calcarei soprastantile dolomie, i vuoti si fanno più larghi, più con-crezionati e spesso invasi da ingenti depositi gra-viclastici. Tali ambienti si trovano sovrapposti alcollettore principale, nel quale si rinvengonolocalmente dei grossi massi calcarei franati dallesoprastanti gallerie fossili. Anche la frana termi-nale, lunga ben 270 metri, farebbe pensare alcrollo di gallerie fossili soprastanti, ed una più

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tate da studiosi, archeologi e soprattutto tombaroli.Alcune di queste furono esplorate da speleologi mila-nesi nel 1956 e sono conosciute con i nomi di GruttaOnna Nera, Grutta 'e Mesu, Grutta 'e Sala e Gruttasa Puntale 'e s'Abbila. Nessuna di queste, però,risulta al Catasto Regionale delle Grotte.Prima del 1960 Urzulei era un territorio praticamentevergine dal punto di vista speleologico… fino all'arri-vo dei bolognesi!

Il sodalizio sardo – emiliano-romagnolo

Le potenzialità esplorative del Supramonte diUrzulei, in particolare della zona di contatto tra basa-

mento paleozoico e le imponenti coperture carbona-tiche mesozoiche, erano state intuite negli anni '60dagli speleologi dell'Unione Speleologica Bolognese(USB), in particolare da Luigi Donini, precursoredella speleologia supramontana. Prima di loro pochisono stati gli speleologi sardi a dedicarsi sistemati-camente all'esplorazione del Supramonte di Urzulei.Infatti, i gruppi speleologici sardi dell'epoca che lavo-ravano nel Nuorese, come il Gruppo Grotte Nuoreseed il Gruppo Speleologico PIO XI di Cagliari, si dedi-

� Il pozzo della "Grande Marmitta": è chiaramente visibile l'al-ternanza degli strati dolomitici scuri e giallastri, debolmenteinclinati verso Nord (Foto A. Scano).

Sezione geologica schematica meridiana tra Sa Rutta 'e s'Edera e l'altopiano di Orgosolo

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cavano più alle zone di Oliena, Dorgali, Baunei ed alMonte Albo, probabilmente anche per una questione diaccessibilità. Infatti nel libro di Furreddu e Maxia del1964, che riassume le conoscenze speleologiche delperiodo, sono segnalate soltanto cinque grotte nel ter-ritorio di Urzulei: le tre grotte già citate dal Maxia,Suttaterra de Sarpis e l'inghiottitoio di Su Mammucone.Dal 1962 l'USB iniziò uno studio sistematico dellegrotte del Supramonte, prima lungo la costa (Baunei),poi anche delle zone interne (Baunei e Urzulei). Nel1964 fu scoperta ed esplorata la più bella grotta diUrzulei, la "Risorgente di Gorropu", conosciuta daipastori come "Su Cunnu 'e s'Ebba", oltre all'inghiotti-toio di Orbisi, situato poco più a monte, e le due grot-te di Su Mammucone, situate nella zona denominataFennau. Fu proprio in quell'occasione che alcunipastori diedero notizia per la prima volta di Sa Rutta 'eS'Edera, ma non le fu data importanza.L'anno seguente lʼUSB, per la prima volta assieme alGruppo Speleologico Faentino (GSFa) CAI/ENAL e adalcuni soci del neonato Gruppo Grotte Cagliari CAI(GGC), in particolare di Antonio Assorgia, continuò lericerche incentrandosi soprattutto sul Supramonte diOrgosolo (Cabaddaris, Corrasi, Capriles, ecc.).Pochi mesi dopo Luigi Donini morì, insieme a CarloPelagalli, nella Grotta del Castello di Roncobello (BG),e durante la spedizione dell'estate del 1966 il comunedi Urzulei gli dedicò la più bella grotta del proprio ter-ritorio, la Risorgente di Gorropu. Nello stesso anno siscoprì e si iniziò a esplorare Sa Rutta 'e S'Edera, rag-giungendo la frana terminale.Nell'agosto dellʼanno successivo lʼUSB, GSFa e GGCconclusero le esplorazioni nella grotta e realizzaronoun rilievo molto accurato. Durante la stessa spedizio-

ne fu eseguita la prima colorazione delle acque di SaFunga 'e s'Abba, principale inghiottitoio lungo il RiuFlumineddu, le cui acque si ipotizzava potesseroessere le medesime che scorrono nel collettore princi-pale allʼinterno di SʼEdera, ma i risultati non diederoesito positivo. Negli anni seguenti furono eseguiti varitentativi per superare la frana terminale, mentre pro-seguirono le ricerche idrogeologiche ai quali partecipòanche il ricostituito Centro Speleologico Sardo: in par-ticolare il 4 agosto del 1969 fu ripetuta la colorazionedi Sa Funga 'e s'Abba con lʼimpiego di 4 kg di fluore-sceina sodica. Il risultato diede esito positivonell'Edera. Lo stesso giorno altri 5 kg di fluoresceinafurono immessi nel torrente sotterraneo dell'Edera,aggiungendosi ai 4 kg provenienti da Sa Funga 'es'Abba, ma il colorante non fu ritrovato in nessunarisorgente monitorata (Gorropu, Su Gologone ecc.).

Una pausa lunga vent’anni

Dalle ultime spedizioni dei bolognesi e faentini nel1971 il Supramonte di Urzulei tornò alla sua solitariaquiete; soltanto la vita pastorale, ancestrale e quasinuragica, della gente del luogo continuò come sem-

attenta perlustrazione verso l'alto nella franapotrebbe portare a gradevoli sorprese.A quasi 1 km dal suo ingresso nel sistema car-sico, dopo aver ricevuto alcuni piccoli apportiidrici dalla sinistra (Ovest) provenienti da puntiidrovori lungo s'Iscra Olidanese, il piccolo tor-rente affluisce in un fiume di portata maggiore,proveniente da destra (Est) e percorribile versomonte per mezzo chilometro, che rappresentail collettore sotterraneo principale. Questofiume, che mediamente porta una ventina di litrial secondo, con la sua maggiore energia, a valledella confluenza ha formato una galleria dalledimensioni notevoli lunga quasi 400 metri condirezione N-S. Alla fine di questa galleria unaltro affluente proveniente da sinistra (Ovest)raddoppia la portata. Quest'acqua arriva inparte dall'inghiottitoio di Sa Funga 'e s'Abba,distante 1,5 km in linea d'aria, come dimostratoda colorazioni effettuate nel 1969, ma le recen-ti esplorazioni indicano anche una provenienzada S, probabilmente dal fronte di inghiottitoi diSu Mammucone. Da questo punto il fiume, conportata media di 40 l/sec, scorre sul fondo diun'alta e stretta diaclasi che curva bruscamenteverso E in corrispondenza di una faglia, testi-

moniata dal cambio di giacitura degli strati cheora scendono di 20-35° verso E. Questo trattodi fiume diventa nuovamente più ampio, mentreimponenti concrezioni ornano le pareti e for-mano livelli fossili sospesi a 10 m di altezza.Duecento metri più avanti la grotta si riportanuovamente nella sua originaria direzione (N-S)attraverso una zona abbastanza caotica, prelu-dio della frana terminale. L'acqua, infatti, a 1800m dall'ingresso e ad una quota di circa 750metri prosegue il suo viaggio sotterraneo in unafrana lunga 270 m. All’uscita di questa frana ilfiume prosegue in modo placido per altri 500m in una grande galleria pressoché orizzontalefino a scomparire in un cupo e largo sifone,ormai pienamente scavato dentro i calcari bian-chi.Ma l'acqua non sempre ha percorso queste gal-lerie; esistono infatti alcuni importanti ambientifossili che tempo fa portavano l'acqua verso ilcollettore sotterraneo. Quest'ultimo scorrevaprobabilmente in una grande galleria con dire-zione NNE-SSW, mediamente situata una ses-santina di metri sopra il livello attuale del fiumesotterraneo. Soltanto successivamente questocollettore fu catturato allineandosi lungo una

serie di fratture N-S, NNW-SSE e E-W lungo lequali attualmente scorrono le acque. Un altroramo fossile (Ramo di Mondo), questa voltaaffluente del Ramo di Destra, portava le acqueda NE, attraverso una bella forra, verso SW.Sopra il ramo di destra, inoltre, una serie di spa-ziosi ambienti testimoniano anche qui l'evolu-zione temporale del corso d'acqua. Soprattuttoin questi rami, attualmente abbandonati dalleacque, si possono trovare concrezioni di varieforme e dimensioni; nel collettore questi depo-siti chimici si trovano soltanto in alcuni tratti,come la Sala Luigi Donini. Grandi colate ornanoil Salone Gianmichele, mentre in un tratto delCammino di Mondo il pavimento fangoso è let-teralmente ricoperto da una esile colata biancalunga ben 150 m. Nel ramo fossile di"Canoseubeniuinnoipocantaiatenore", oltre allenumerose ed imponenti concrezioni calcitiche,spiccano delle infiorescenze aragonitiche unidi-rezionali (controvento) talvolta coperte daminerali bianchi di neoformazione (potrebbetrattarsi di Huntite o di Idromagnesite).

Salvatore Cabras, Jo De Waele

� Carta geomorfologico-speleologica del Supramonte meridio-nale. Le colorazioni delle acque dell'Edera hanno dimostrato ilcollegamento idrologico con le sorgenti di Su Gologone adOliena, a più di 20 km in linea d'aria dal punto d'immissione delcolorante. Grazie alle scoperte speleologiche recenti ed aglistudi idrogeologici tuttora in corso le conoscenze di questogrande acquifero carbonatico sono migliorate notevolmente.

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pre. La brutta fama dell'Edera, rinomata come la piùfredda e più dura grotta della Sardegna, dirottaronoschiere di speleologi verso altri sistemi carsici grandie più accoglienti (Su Bentu prima, Codula Ilunedopo) lontano da Fennau.Nel frattempo, negli anni 1973-74 si pubblicano irisultati scientifici degli studi condotti negli anni pre-cedenti in varie riviste specializzate. In una di questeappaiono i rilievi completi di Sa Rutta 'e S'Edera edella Grotta Luigi Donini, rilievi di apprezzabile preci-sione per l'epoca rimasti invariati per quasi quindicianni.Continuano anche le ricerche biospeleologiche, conGiancarlo Carta del Gruppo Grotte Nuorese prima,poi, negli anni ʼ80, con Achille Casale e Pier MauroGiachino. Inoltre si avvicendano diverse spedizionidal continente, senza però apprezzabili risultati.Intanto il numero di grotte conosciute ad Urzulei cre-sce e fra queste si scoprono le voragini di CampuPlanu Oddeu, la Nurra di Coile Lubia (o Codi Rubia),la grotta di Su Zippiri e tante altre.Dal 1984 entra di scena il Gruppo Grotte Cagliari CAIche esplora alcuni rami fossili nuovi nella grotta LuigiDonini, ma il più importante impulso alle ricercheviene dato dal Centro Speleologico Cagliaritano che

dal 1985, anno della sua nascita, inizia una sistema-tica ricerca di grotte nel Supramonte di Urzulei.Nascono così gli abissi di Su Cherchi Mannu,Dorghivé, Neulaccoro, Dorgherie, Alcatraz e tantealtre grotte. All'Edera, però, i risultati si fanno atten-dere e solo la testardaggine di alcuni soci del GGCporterà a partire dal 1993 ai primi risultati degni dinota.

Si ricomincia nel XX secolo,si prosegue nel nuovo millennio

Tutti i tentativi che si succedono nel corso degli annisi arrestano di fronte a quella che viene ritenuta unabarriera insuperabile, la frana terminale e così, pocoa poco, le ricerche vengono abbandonate, salvoqualche raro tentativo dall'esito infruttuoso.Anche gli speleologi del neonato Gruppo ArcheoSpeleo Ambientale di Urzulei (GASAU) e vari esplo-ratori di Cagliari (soprattutto del Centro SpeleologicoCagliaritano e, in modo meno insistente, del GruppoSpeleo Archeologico Giovanni Spano) tentano lasorte, alternando le visite in grotta all'esame di alcu-ni inghiottitoi lungo il greto di S'Iscra Olidanesa, il tor-rente che scorre, almeno d'inverno, alla base delMonte Ispignadorgiu. L'idea del GGC, invece, è quella di procedere inmodo sistematico alla ricerca dei livelli fossili dellacavità e di concentrare l'attenzione sui luoghi fino adallora trascurati: il ramo di sinistra e quello di destra,percorsi da un grosso affluente che, a una osserva-zione più accurata, risulterà più ricco d'acqua delfiume principale. I primi risultati giungono nel 1993, con la scopertadei rami Entity e Relationship. Una risalita in artificia-le di circa 30 metri, aperta da Andrea Scano, portaalla conferma che, al di sopra del condotto principa-le, si trova un reticolo di fratture e cunicoli di variamorfologia (mediamente da 0,5 a 2 metri di larghez-za, sviluppatosi sotto i detriti alluvionali di SʼIscraOlidanesa e per questo motivo funzionante comepunto di assorbimento) che aggiunge, per la primavolta dopo 25 anni, 619 m di sviluppo al vecchio rilie-vo, con un dislivello di 84 m. Ancora però non c'ètraccia di quelle grandi gallerie fossili che, per inten-derci, devono portare a saltare il tappo che blocca laprogressione verso N o che, almeno, offrirebbero unmotivo valido per proseguire le indagini.Servono altri tre anni di visite regolari (svolte semprein periodo estivo) per ottenere progressi significativi,anche se il primo ritrovamento non desta particolareentusiasmo. Sa Sindria - scoperto nel luglio 1996 inun punto molto promettente all'intersezione tra ramoprincipale e quello di sinistra - è infatti un ambiente disviluppo modesto, formato da grandi blocchi di crol-lo e, purtroppo, parallelo al fiume. Ma almeno è con-solante constatare all'uscita che l'anguria (“sa sin-dria” in sardo), nascosta nel tratto iniziale della grot-ta, ha raggiunto la temperatura giusta per essereconsumata con grande soddisfazione.La svolta vera e propria si verifica nel settembre del-l'anno successivo, con l'attacco deciso al ramo didestra, ingiustamente trascurato a favore della diret-trice delle acque. Un meticoloso esame del Salonedelle Stelle consente di rinvenire un'ampia galleria (il“Cammino di Mondo”, dedicato a Mondo Liggi, socio

� Prima della "Confluenza a Sinistra" alcuni piccoli salti conmarmitte sottostanti sono armati con corda fissa per agevolarela progressione (Foto L. Pusceddu)

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anche dal clamoroso risultato delle colorazioni effet-tuate dalla Federazione Speleologica Sarda nel1999 e nel 2002: l'acqua che si inabissa nella pianadi Fennau “snobba” la sorgente di Gorropu e riemer-ge a Su Gologone, dopo circa 21 chilometri di per-corso sotterraneo.Queste belle notizie portano, nell'anno appena tra-scorso, nuovi esploratori appartenenti a diverse

del GGC CAI scomparso prematuramente e pionieredella tecnica della sola corda in Sardegna) che si svi-luppa per 819 metri, di particolare suggestione masoprattutto asciutta e confortevole. Da quel momen-to le esplorazioni sono molto agevolate dalla realiz-zazione di un campo interno dove si può riposarecomodamente tra materassini di gomma e pupazzigonfiabili che galleggiano allegramente nellʼampia eprofonda pozza, alimentata da un forte stillicidio, chefornisce ottima acqua potabile.Nel 1998 il Salone delle Stelle rivela altre sorprese.Una breve risalita sino a un finestrone in parete portaall'ingresso del maestoso salone Giammichele, cosìchiamato in ricordo di un amico speleologo scom-parso in mare a 19 anni. Le ricerche a margine delsalone portano a scoprire la prosecuzione dell'af-fluente di destra per circa 100 metri al di là del trattoconosciuto. Verso l'alto una lunga e ripida salita con-duce a una piccola cengia dove nel 1999 verrà ritro-vato lo scheletro di un maialetto (!?). Negli anni suc-cessivi si tenta di arrivare alla superficie, ma ancoranon si riesce a individuare un secondo ingresso chepermetterebbe lʼaccesso più facile e non condiziona-to dalle piene invernali alle zone a valle della casca-ta della grande marmittaDal Salone delle Stelle si sviluppano altre gallerie (il“Salto dellʼAngelo”, dedicato a Angelo Berio, presi-dente per circa 20 anni della Sezione CAI di Cagliari;“Vado a funghi con Erminio”, “Ramo Scello”) esplo-rate nel corso dei campi dell'estate 1998. Nel 1999,dopo il completo riarmo realizzato in collaborazionecon la Federazione Speleologica Sarda, le ricercheriprendono nella zona della frana terminale con l'o-biettivo di intercettare le gallerie soprastanti, della cuiesistenza è ormai lecito avere una ragionevole cer-tezza. Effettivamente si scoprono nuovi ambienti, matutti rigorosamente orientati dalla parte opposta aquella sperata. Tuttavia, uno di questi, esplorato incollaborazione con l'Unione SpeleologicaCagliaritana e i free lance Vittorio Crobu e MarcoMattu, conduce, dopo una difficile strettoia, a un livel-lo fossile molto ampio che, dopo circa 1 chilometroverso S, riporta al ramo principale a monte della con-fluenza. Questo dà la sicurezza di avere un livellofossile ben sviluppato, testimone di passate situazio-ni climatiche ed idrologiche.LʼEdera torna così a essere l'obiettivo sul quale siconcentrano gli sforzi degli speleologi, richiamati

� Il "Fiume bianco" nel Ramo di Mondo è un nastro di concrezio-ne biancastra che spicca, per contrasto, sullo scuro pavimento diargilla, formando un “fiume fossile” lungo 150 metri (Foto V.Schaeffer).

DATI CATASTALI588 SA/NU SA RUTTA 'E S'EDERA Urzulei, Fennau, IGM 517 sez. III (Talana)Lat.: 40°05'55'' Nord, Long.: 9°27'26" Est,Quota: 950 m s.l.m.Svil.sp.: 11050 m, Disl.: -208 m Rilevatori in ordine cronologico:Rilievi 1967: Assorgia Antonio (GruppoGrotte Cagliari CAI-Centro SpeleologicoSardo), Biondi Pierpaolo (GruppoSpeleologico Faentino CAI-ENAL),Morisi Andrea (Unione SpeleologicaBolognese).Rilievi 1997: Locci Carmen, Schirru

Urbano, Scano Andrea, BucarelliGiovanni, Sulis Sandro, Atzeni Beniaminae Mandis Marco (Gruppo Grotte CagliariCAI)Rilievi 1998: Ardau Alessandra, PirasMassimiliano, Scano Andrea, Sulis Sandro(Gruppo Grotte CAI Cagliari), MelisGianluca (Unione SpeleologicaCagliaritana). Crobu Vittorio, MattuMarco, Soro PatriziaRilievi 2002: De Waele Jo, Mereu Lucio(Gruppo Speleo-Archeologico GiovanniSpano Cagliari), Cabras Salvatore(Gruppo Archeo Speleo AmbientaleUrzulei), Robin Yvan (Groupe Ulysse

Spéléo Lyon), Pilo Cristian, Sulis Sandro Rilievi 2003: Atzori Tarcisio, De Waele Jo,Mereu Lucio (Gruppo Speleo-Archeologico Giovanni Spano Cagliari),Cabras Salvatore, Murru Antonio(Gruppo Archeo Speleo AmbientaleUrzulei), Scano Andrea, PirasMassimiliano, Placido Andrea, IbbaAllesandra (Gruppo Grotte CAICagliari), Schaeffer Véronique, Bost Gilles,Robin Yvan, Lignier Vincent, CondaminSylvestre (Groupe Ulysse Spéléo Lyon),Arrica Silvia, Corongiu Carla, CrobuVittorio, De Lucca Riccardo, FarrisMassimo, Melis Gianluca, Sulis Sandro.

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� S’Edera

associazioni speleologiche nella grotta dell'Ederaper cercare di continuare le esplorazioni sistemati-che (peraltro con la scoperta ed il rilevamento didiversi rami laterali nuovi) e, soprattutto, per tentaredi forzare gli stretti passaggi tra i massi della franaterminale.Un primo assaggio del sapore di frana (e di piena)avviene negli ultimi giorni di agosto del 2002. Lasquadra, composta da speleologi di provata espe-rienza (ci sono anche gli amici francesi del GroupeUlysse Spéléo di Lyon) arriva quasi al termine dellafrana (anche se questo si saprà un anno dopo) mauna improvvisa piena fa svanire le possibilità di suc-cesso e il tentativo rischia addirittura di mettere inpericolo la vita di alcuni partecipanti che - notandoalcuni punti del rilievo segnati appena mezzʼoraprima sommersi dallʼacqua - riescono a uscire preci-pitosamente dalla frana e dalle strettoie semi allaga-te. In quellʼoccasione, poco prima della Sala Donini,il fiume arriva ad occupare tutto il fondo della galleriaampia 4 – 5 metri, con una profondità di 30 cm; pocoa monte della stessa sala – nel tratto più stretto delcollettore – lʼaria profuma intensamente delle erbearomatiche portate dal fiume in piena e il livello dellago sifone da cui proviene tutta lʼacqua della pienasale per più di mezzo metro, con una portata stima-ta di 100 l/sec!Lʼinizio 2003 è dedicato alla revisione del rilievo (poli-gonale dei rami principali) e soltanto a fine giugno,dopo alcuni mesi di siccità, viene organizzata unanuova spedizione fra i massi della frana, con buonaparte degli esploratori della passata esplorazione(mancano soprattutto gli amici francesi) e alcuni socidel GG CAI di Cagliari. Eʼ la volta buona: dopo ben270 metri di stretti passaggi in frana finalmente leporte si aprono su una grande galleria occupataquasi interamente dal fiume. Sono 500 metri di

sogno che sʼinfrange su un sifone che blocca per orale nostre esplorazioni. Altre due uscite, con bonificadi alcuni passaggi in frana, portano a più di 1 km dirami, tra attivo e fossile, e buone speranze di poterproseguire il nostro cammino in direzione N (versoSu Gologone).In agosto 2003, infine, due speleosub francesi delGUS (Lyon), grazie anche allʼaiuto di alcuni dei pochispeleologi sardi rimasti lontani dal mare invitantedella Sardegna, superano il sifone a monte, notocome affluente di Sa Funga ʼe sʼAbba, rilevando ben1920 metri di grandi gallerie e esplorandone almenoaltri 500 metri. Anche qui rimane tanto lavoro da fare,ma le piogge rimandano tutto allʼestate prossima.

LA NUOVA EDERA

Come abbiamo visto, nella fase iniziale delle ricerchesi è volutamente trascurata (almeno per alcuni anni) lazona della frana terminale, concentrando lʼattenzionesu altri due obiettivi: la zona finale del “Ramo diSinistra” e il “Salone delle Stelle” presso il “Ramo diDestra”. Se questo non ha portato a risultati eclatanti(le possibili prosecuzioni verso lʼalto dei condottiappaiono occluse da ciottoli calcarei e scistosi di variedimensioni e da terriccio) tuttavia la scoperta prima deirami “Entity” e “Relationship” e poi del ramo fossile “SaSindria” è stata molto importante, poiché avvenutadopo più di due decenni di “stasi esplorativa”.

Esplorando il Salone delle Stelle

Nella parte alta del Salone delle Stelle, in direzioneNE, si trova una galleria di dimensioni significative: èil “Cammino di Mondo” (819 m di sviluppo), scoperto

COLORANDO L’ACQUANell’esplorazione gli speleologi sono spesso cat-turati dallo scorrere delle acque sotterranee, laseguono rapiti, ma quando scompare nella roc-cia precludendo loro il passaggio, la ricerca pro-segue su nuovi versanti, escogitando altri meto-di d’indagine, perché la curiosità non si fermadavanti ad una frana inaccessibile.Dalla seconda metà degli anni '60, già con leprime esplorazioni delle gallerie di questa grot-ta, furono eseguiti sulle sue acque alcuni testcon traccianti per individuare la direzione e ildeflusso principale del torrente ipogeo. Da subi-to, infatti, si capì l’importanza idrogeologica diquesta cavità: occorreva individuare la sorgentedi questo sistema. Due le ipotesi che attendeva-no il conforto di una prova certa: la risorgenzadi Gorropu, su un livello carsico sottostante lagrotta Donini e la risorgenza di Su Gologone,dopo il transito in un collettore collegato alsistema sotterraneo di Su Bentu.Gli sforzi dei primi esploratori non suffragarono

nessuna delle due. Un primo tentativo nel 1967cercò di definire l’area di alimentazione dell’ap-porto idrico laterale a valle della GalleriaPelagalli. Nelle acque del Flumineddu, nel laghet-to antistante l’inghiottitoio di Sa Funga ‘e S’Abba,furono sciolti 3 kg di blue di metilene: dopo 12ore il prelievo di campioni d’acqua nell’affluentedi sinistra dell’Edera non presentò tracce dicolorante ma solo un pH leggermente basico.Era un dato certo, sia pure marginale, ma iltempo di verifica fu troppo esiguo. La provavenne ripetuta il 4 agosto 1969 dal GruppoSpeleologico Faentino, dall’Unione SpeleologicaBolognese e dal Centro Speleologico Sardo con4 Kg di fluoresceina sodica: il tracciante, dopo 18ore ed un percorso in linea d’aria di circa 1300m, fece la sua comparsa dentro la grottadell’Edera alla confluenza poco a valle dellaPelagalli dove, nella stessa occasione, la massad’acqua colorata fu potenziata con l’aggiunta dialtri 5 Kg di fluoresceina, senza però ottenerealcun risultato né a Gorropu, né a Su Gologone.Come spesso succede, rimase salda solo la leg-

genda, raccontata e diffusa tra gli abitanti delluogo, di un pezzo di un antico telaio inghiottitodalle acque nella zona di Fennau riemerso poi aSu Gologone …Seguì un lungo periodo di stasi nella ricerca.Solo nel 1998 - con la scoperta da parte delGruppo Archeo Speleo Ambientale Urzulei edel Gruppo Speleo Ambientale Sassari, sulladestra idrografica del Flumineddu, della grotta diMandara ‘e S’uru Manna e del suo torrente cheva a perdersi oltre un sifone non praticabile -l’interesse per il destino delle acque sotterraneedel Supramonte si risvegliò. Nacque così l’ideadi una nuova colorazione e la FederazioneSpeleologica Sarda si fece promotrice di questanuova fase di ricerca per acquisire informazionidefinitive sulle direzioni del drenaggio sotterra-neo.Il 19 giugno 1999 vennero immessi 10 Kg difluoresceina nel fiume, con una portata di circa60 l/s, alla confluenza con Sa Funga ‘e S’Abba,mentre contemporaneamente si monitoraronole più importanti risorgenti al margine del

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nel 1997, il primo condotto di una certa importanzarinvenuto durante gli anni '90. Si tratta di una galleriaad andamento orizzontale, col pavimento inizialmen-te ricoperto da grossi blocchi; di sezione perlopiùtriangolare, con unʼaltezza del soffitto intorno ai 10metri. Percorsi circa 150 metri, quando il fondo diventa pia-neggiante, si arriva nel “Campo”; superato facilmen-te un piccolo laghetto si giunge ad una corda pen-dente dal soffitto: una risalita di una decina di metriconduce al “Camion della Sabbia”, condotto secon-dario lungo un centinaio di metri esplorato e rilevatosoltanto nel 2002. Più avanti, lungo il ramo principa-le, si osserva una zona caratterizzata dalla presenzadi uno strato dʼargilla spessa e fortemente intrisadʼacqua che, in determinate condizioni, dà origine aspecie di sabbie mobili, nelle quali si può sprofonda-re sino allʼaltezza del ginocchio. Ancora oltre, in untratto veramente particolare, un nastro di concrezio-ne biancastra spicca, per contrasto, sullo scuro pavi-mento di argilla, formando un “fiume fossile” lungo150 metri (il Fiume Bianco). In corrispondenza del-lʼultima curva a NW della galleria, troviamo una seriedi eccentriche, curiosamente orientate tutte nellastessa direzione. Il Cammino di Mondo termina inunʼampia sala occlusa da una frana, perlustrata conuna certa attenzione diverse volte, senza risultati,ma che potrebbe comunque riservare la sorpresa diuna prosecuzione. Numerose e brevi le diramazioni,tutte impostate lungo fratture con direzione NNW-SSE. Ponendosi, allʼinterno del Salone delle Stelle, con lespalle rivolte al ramo di Mondo (e rivolgendosi quin-

Supramonte (Gorropu e Su Gologone) ed unacavità con attività idrica (grotta GiuseppeSardu). Il 5 settembre dello stesso anno, dopocirca 70 giorni e 21 Km di percorso sotterraneoin linea d’aria, l’acqua della risorgente di SuGologone acquistò una colorazione verdementa. La presenza del colorante venne rilevataad occhio nudo su spessori d’acqua ridotti.L’analisi fluorimetrica su un campione di carbo-ne attivo immerso soltanto per tre ore con-fermò la presenza della fluoresceina. Rimarrà l’u-nico recapito positivo osservato, che manterrà ilcolore per diverse settimane (circa due mesi emezzo). Questa prova stabilì in modo definitivoil collegamento tra l’Edera e la risorgente di SuGologone. Da questo risultato il complessoEdera-Gologone è salito al vertice, per sviluppolineare, nella classifica dei sistemi carsici italianicompresi tra un punto di assorbimento ed unaemergenza sorgentizia, se si esclude quelloSloveno-Italo del Timavo.Il 4 novembre 2001 il Gruppo Archeo SpeleoAmbientale Urzulei ed il Gruppo Speleo

Ambientale Sassari, nell’am-bito della programmata atti-vità di studio del bacino dialimentazione del torrenteipogeo di Mandara ‘e S’UruManna, diluirono 1 kg di fluoresceina nelle acquedella risorgente di Badu Ogotza, a quota 850metri, lungo il letto del Flumineddu. Quello stes-so giorno venne posizionato un fluocaptore nelfiume di S’Edera, poco oltre la brusca deviazio-ne ad E, prima della ciclopica frana. Il 21 dellostesso mese S’Edera non diede traccia del colo-rante, mentre conservò evidente quella di unapiena recente che aveva portato il captore 20cm più in alto rispetto alla sua originale colloca-zione (l’analisi fluorimetrica di un campione d’ac-qua prelevato a Mandara ‘e S’Uru Manna daràinvece esito positivo).Nella primavera del 2002 la FederazioneSpeleologica Sarda avviò un secondo program-ma di tracciamento al quale ha partecipatoanche il Prof. Bartolomeo Vigna del Politecnicodi Torino: l’esperimento iniziò il 1 maggio e si

concluse a metà luglio monitorando costante-mente la risorgente di Su Gologone e fornendocosì ulteriori importanti dati sulle caratteristicheidrodinamiche del sistema. Infine, nell'autunnodel 2002 il gruppo di speleologi cagliaritani daanni impegnato nella ricerca del collettore sot-terraneo del Supramonte di Urzulei effettuòun'altra colorazione con fluoresceina da BaddeTurreddu.Un’ultima osservazione: nell’effettuare gli studiidrogeologici, oltre a rimarcare esplicitamentel’importanza delle risorse idriche delle aree car-siche, si è ottenuto anche un risultato “indiret-to”: la sensibilizzazione delle popolazioni neiconfronti delle attività svolte dai gruppi speleo-logici.

Laura Sanna, Salvatore Cabras

� Una delle profonde marmitta che caratterizzano il collettoreprima della confluenza (Foto R. De Luca)

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� Ubicazione di Sa Rutta 'e S'Edera(Urzulei, Sardegna centro-orientale).Il sistema carsico, che si sviluppainteramente nelle rocce carbonati-che di Serra Lodunu, costituisce ilpiù importante collettore ipogeoattualmente conosciuto nelSupramonte meridionale.

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� S’Edera

di verso SW) si possono osservare, da sinistra versodestra, diverse diramazioni: una spaccatura vertica-le, che in realtà è soltanto la parte alta del Ramo diDestra, già conosciuto; un ingresso di forma triango-lare, che dà accesso al cosiddetto “Ramo Scello”,lungo un centinaio di metri; un ampio finestrone di8x15 m, raggiungibile con risalita, da cui poi si acce-de al Salone Gianmichele; un altro ingresso di formaallungata nel senso della verticale, che dà acceso a“Vado a funghi con Erminio” (sviluppo 325 m); infineun finestrone circolare in alto, raggiunto con risalitain artificiale di 20 m nellʼestate del '98 che dà acces-so al “Salto dellʼAngelo” (sviluppo 252 m).Questi rami presentano tratti totalmente privi di con-crezioni, con pavimenti ricoperti da uno spesso stra-

to di argilla, pareti di roccia spesso friabile e di con-sistenza farinosa in superficie, alternati a zone ricca-mente concrezionate, con pavimenti costituiti dacolate calcitiche (come, per esempio, nel ramo“Valentina”). In entrambi i casi le morfologie sonopiuttosto dissimili rispetto a quelle delle zone docu-mentate nel vecchio rilievo, dove sono prevalenti gal-lerie e meandri interessati da scorrimento dʼacqua apelo libero e scarsissimo concrezionamento.Tra queste diramazioni, merita unʼattenzione partico-lare il “Salone Gianmichele”, am biente di enormi pro-porzioni (lʼasse principale è lungo circa 350 metri),situato anchʼesso ad un livello superiore rispetto alRamo di Destra (mediamente + 40 m). Lʼintero saloneha una forma che ricorda vagamente (in pianta) un

ellissoide allungato; in sezione,invece, si può osservare il par-ticolare interessante dellavolta, dalla forma “a botte”,piuttosto regolare, che sprofon-da verso E in direzione delRamo di Destra, che costitui-sce in ultima analisi un unicoambiente con il salone stesso.Nella parte iniziale, in direzioneW, si osserva una zona costi-tuita da enormi colate calcitichee da una serie di vaschette,con la volta alta alcune decinedi metri (La Pigna Calada); pro-seguendo in direzione S, lungolʼasse maggiore del salone, siattraversa una zona con il pavi-mento costituito da massi dicrollo in precario equilibrio, tra iquali è facile rinvenire meravi-gliose infiorescenze calciticheo aragonitiche. In direzione E,invece, il pavimento è costituitoda una serie di gradoni, forma-tisi in seguito ad una intensafratturazione della roccia, men-tre lʼaltezza della volta diminui-sce drasticamente, sino ad arri-vare a circa un metro da terra(Montezuma); nel pavimentostesso sono presenti numerosespaccature verticali, larghepoco meno di un metro, discarso interesse esplorativo.Volendo proseguire ancora inquesta direzione, con lʼaiuto diuna corda, si giungerebbe, piùin basso, sino al fiume (Ramo

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di Destra). Proseguendo invece lungo lʼasse princi-pale del salone, in direzione S, si attraversa unacaratteristica distesa pianeggiante di argilla (PiazzadʼArmi), molto estesa, al termine della quale ci siaffaccia su un ripido pendio. Da qui si può udiredistintamente il rumore di un corso dʼacqua: si trattasempre del “vecchio ramo”, con lʼimportante novitàche, scendendo sul pendio anzidetto, si riesce adoltrepassare quella che prima veniva considerata lafrana terminale del Ramo di Destra. Lʼesplorazione diquesto tratto “a monte”, resa difficoltosa da una seriedi strettoie e massi pericolanti in frana, si è arrestatadopo poco più di cento metri; in questo tratto abbia-mo potuto osservare anche una significativa diminu-zione della portata del ruscello - pur considerevolealcune centinaia di metri più a valle - ed una diversamorfologia: non siamo più in presenza di una evi-dente galleria vadosa, ma soltanto di un ambiente difrana con scorrimento idrico. Pare verosimile lʼipote-si dei primi esploratori, secondo i quali tale affluenteraccoglierebbe le acque provenienti dalle rocce cri-stalline presenti ad E di Serra Lodunu, ed infiltratesidirettamente negli strati di dolomia.Risalito il pendio che conduce al fiume, si prosegue,in direzione S, percorrendo la parte finale del salone,passando su giganteschi blocchi di frana. Siamo aduna quota di circa 50 m sopra il livello del fiume, e inquesta zona in particolare possiamo apprezzare lavolta dalla caratteristica forma semicircolare. Nellaparte finale del salone è stato possibile effettuareuna ulteriore facile risalita tra i massi ed una strettacolata calcitica (sempre in direzione S). Qui, su unterrazzino, è stato rinvenuto il cadavere di un anima-le (un maialetto lungo circa 50 cm) precipitato evi-dentemente dallʼesterno e che, quindi, indica la pos-sibilità di un secondo ingresso. Come già accennato,lʼingresso costituirebbe una importante svolta per lefuture esplorazioni: permettendo di giungere piùcelermente in zone remote della cavità, ma soprat-tutto consentirebbe lʼaccesso anche durante il perio-do delle piene invernali. Tuttavia, alcuni tentativi (nonsemplici) di risalita dallʼinterno e varie battute ester-ne non hanno sinora permesso di coronare questosogno.

Andrea Scano

Canoseubeniuinnoipocantaiatenore e dintorni

Le varie ricognizioni effettuate lungo il collettore prin-cipale, a partire dalla Confluenza sino ad arrivare allazona della frana terminale, avevano lo scopo princi-pale di tentare di intercettare quel reticolo di gallerie(della cui esistenza si era ormai certi) che potessericongiungersi al fiume, più a valle, oltrepassando lafrana stessa.Questi rami trovati a partire da una zona vicinissimaalla frana (punto 171 del vecchio rilievo) dopo varitentativi infruttuosi lungo la galleria principale, si svi-luppano prevalentemente in direzione SSW. Per rag-giungerli si arrampica per una trentina di metri sullaparete E, in corrispondenza del punto 171, sino agiungere ad uno slargo che fa intuire la possibilità diuna prosecuzione. Contrariamente alle nostre aspet-tative, questi ambienti non oltrepassano minimamen-te verso N lʼarea della frana terminale, nonostante le

numerose perlustrazioni svolte in tal senso nellazona più promettente, denominata “Suzza”. In que-stʼultimo tratto le possibili prosecuzioni verso N sonointerrotte da restringimenti con detriti e terriccio, adunʼaltezza di 50 metri rispetto al fiume e nelle imme-diate vicinanze della frana. Si tratta comunque diambienti con morfologie simili a quelle già riscontra-te negli altri “rami nuovi”: sale riccamente concrezio-nate, con pavimenti perlopiù costituiti da grossimassi di crollo, in buona parte ricoperti da colate cal-citiche e talvolta da uno spesso strato di argilla. Atratti si riconoscono evidenti segmenti di gallerievadose, come nella zona presso “Cracca Dimoniu”.Dopo aver effettuato un traverso su corda e sceso unpozzetto di 8 m, ci si affaccia su una ampia sala conmassi di crollo (Succhiandiamo), alla quale si acce-de ancora con un breve salto in corda (anche se oggisi arriva più facilmente ai rami alti per mezzo dei pas-saggi descritti più avanti). Da qui si raggiunge ilfiume presso il punto 165 (vecchio rilievo) mante-nendosi in basso e in direzione W, attraverso pas-saggi tra massi. Ugualmente si può scendere su cordasino alla breve galleria che conduce al punto 171 delvecchio rilievo. Dal lato S della sala un improbabilepassaggio tra massi ci ha condotto ad un altrettantoimprobabile cunicolo, sempre tra massi di frana. Dopocirca 40 metri; oltrepassando una difficile strettoia insalita (Strettulis) siamo giunti ad ambienti nuovamen-

� Le concrezioni all'ingresso del "Passaggio delle Fatte" prelu-dono agli ambienti concrezionati della "Sala da Thè" e di"Canoseubeniuinnoipocantaiatenore"(Foto V. Crobu)

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te molto ampi e concrezionati; la zona è stata deno-minata “Mmh” e, sebbene la direzione di questa galle-ria fosse esattamente opposta rispetto a quella desi-derata, la sua prosecuzione ci ha portato in ambien-ti di dimensioni veramente ragguardevoli. Infatti lafrana seguente (“Brutti, sporchie cattivi”) ha permesso final-mente di accedere ad unabella galleria di notevo-le ampiezza, largasino a 50 metri,con soffitti altianche più di20 metri edu l t e r i o r ipossibilitàdi prosecu-zione.Questa zona èstata battezzata“Canoseu beniuin -n o i p o c a n t a -iatenore”, per sottoli-nearne la bellezza elʼimportanza. Unafrana situata a circametà dello sviluppodella galleria segna ilpunto di massimodislivello rispetto alfiume: + 90 m circa,con possibile prose-cuzione verso lʼalto.E ̓ da segnalare cheinizialmente questazona era stata denomina-ta “VMS”, sigla che compa-re anche in alcuni articoli indi-cati in bibliografia.Proseguendo in direzione SSW sigiunge alla maestosa e ben concre-zionata “Sala da Thè”, quindi si attraver-sano delle gallerie impostate lungo evidentifratture, larghe mediamente 2/3 m, con soffittitalvolta piuttosto bassi (“Passaggio delle Fatte”,“Tana del Luppo”), giungendo inaspettatamente alfiume, in una zona a monte della Confluenza, non lon-tano dal punto 104 del vecchio rilievo.Eʼ interessante osservare che i primi esploratori,descrivendo la frana presso la Confluenza, la rite-nessero il punto di incontro di tre gallerie: il ramo di

� Vasche stalagmitiche con concrezioni subacquee a"Canoseubeniuinnoipocantaiatenore"(Foto V. Crobu)

SʼEdera, il Ramo di Destra ed un terzo ramo prove-niente da W, percorribile con difficoltà per pochedecine di metri a causa di grossi massi di dolomia ecumuli di detriti scistosi. Ebbene, questo ramo pro-veniente da W, poco oltre la frana anzidetta, comuni-ca con il “Passaggio delle Fatte”.I rami appena descritti, partendo dalla zona dellafrana terminale sino al passaggio presso il punto104, hanno uno sviluppo di poco superiore al chilo-metro e mantengono, di massima, lʼandamento NNE– SSW caratteristico del ramo principale prima dellaConfluenza.

Vittorio Crobu, Andrea Scano

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� Presso il "Passaggio delle Fatte" alcune vaschestalagmitiche rimangono piene durante tutto l'an-no, consentendo un campo interno avanzato nellavicina "Sala da Thè" (Foto V. Crobu)

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A monte della Grande Marmitta

Nel corso del 2002 diverse uscite, bloccate dal mal-tempo, hanno "costretto" gli esploratori a perlustraremeglio le parti iniziali dell'Edera, prima del Salto dellaGrande Marmitta, con interessanti risultati. A montedella Marmitta, infatti, si sviluppa una serie di galleriebasse e talvolta anguste di cui la più grande è sta-gionalmente percorsa da un piccolo torrente che pro-viene dagli inghiottitoi dell'Iscra Olidanesa gettando-si con una fragorosa cascata nel pozzo della GrandeMarmitta. Lo sviluppo di questi rami si aggira intornoai 450 metri. Più a monte nella galleria principale, sotto il secondopozzo, un'altra breve diramazione porta sempre indirezione dell'Iscra Olidanesa. Anche questa brevegalleria, inizialmente bassa, poi più ampia, è caratte-rizzata da un fondo ricoperto da ciottoli fluviali ediventa attiva dopo consistenti piogge.

Jo De Waele

La Frana Terminale e il ramo dei “Bucali Stivati”

Ci sarà una cura contro la “frana terminale”? Sembraproprio sia stata trovata! Ora non è più terminale. Adirla così sembra più il nome di una brutta malattiache non quello della condizione, spesso constata inuna grotta, che, se non la blocca, sicuramente nelimita fortemente lʼesplorazione. Certo che, se nonproprio una malattia, per moltissimi speleologi èstata un chiodo fisso, quasi un incubo. Si era sicuriche dietro quei massi giganteschi la grotta continua-va, ma proprio …non cʼera verso!Prima di raccontarvi la storia di questo successoesplorativo, vogliamo innanzi tutto rendere merito eringraziare tutti quelli che ci provarono già dalla finedegli anni sessanta; tutti hanno dato il loro contribu-to con i rilievi, i sacrifici e anche le frecce incise chespesso ci hanno guidato in quel caos di rocce.Già nellʼagosto 2002, con una squadra composta daspeleologi provenienti da vari gruppi della Sardegnae persino da un gruppo francese (Lucio Mereu, JoDe Waele, Sandro Sulis, Salvatore Cabras, VittorioCrobu, Riccardo De Lucca, Carla Corongiu,Gianluca Melis, Silvia Arrica, Roberta Siddi, YvanRobin, Gilles Bost, Vincent Darras e Anne Martelat)abbiamo provato a curare in maniera sistematica la

“malattia”. Ma, proprio quando le cose sembranoprocedere per il meglio, la piena di un sifone prove-niente dallʼinghiottitoio de “Sa Funga e sʼAbba” ci“siringa” in frana una quantità incredibile dʼacqua checi fa desistere, almeno per quellʼanno, dal prosegui-re lʼesplorazione.Comunque, già nel giugno 2003, con una nuovaéquipe di speleologi provenienti da vari gruppi dellaSardegna - il che sta ad indicare uno sforzo comunee un modo di fare speleologia sempre auspicabile -armata di grande entusiasmo e di unʼattrezzaturaadeguata per le varie difficoltà che pensiamo si pos-sano presentate, sferriamo lʼennesimo attacco aquella benedetissima frana. Entriamo in grotta fin dalvenerdì sera e, dopo una sostanziosa cenetta, ciapprestiamo a passare la nottata al campo “H2O”per essere freschi e riposati in vista delle fatiche cheinevitabilmente ci attenderanno lʼindomani. Già dueore dopo la sveglia, infatti, ci sguinzagliamo allʼinter-no della frana, ognuno con i propri compiti precisi.Lʼorganizzazione, a mio parere, è perfetta: quattroavanti in esplorazione, due seguono piazzando unfilo dʼArianna e tre fanno il rilievo. Sento dentro di meche questa può essere la volta buona. Tutti i lavori,compreso quello dʼesplorazione, proseguono perquasi sette ore, in cui si alternano gioie e delusioni.Lʼunica costante è una fatica boia, il freddo, maanche una difficile progressione fra quei blocchi cao-tici, inframmezzati ogni tanto dallʼacqua che cicostringe ad un bagnetto.Quando ormai il “complesso del criceto” incombe sudi noi, tanto abbiamo girato su e giù tra quei massi,ecco che, tra due di questi, disposti in precario equi-librio, intravediamo un passaggio che non sembra lasolita frana. Forse è solo lʼimpressione, o forse lavoglia di cambiare minestra. In ogni caso quellastrettoia così come si presenta è impraticabile ma,con le “medicine” adatte, anche quellʼostacolo vienepresto superato. Compiuti (o strascicati) i primi passioltre quel passaggio, ci accorgiamo subito che lamusica è cambiata. La grotta ha improvvisamenteassunto un altro aspetto. Davanti a noi cʼè un laghet-to lungo una quindicina di metri e largo circa sei, conle pareti strapiombanti e una piccola cengetta sullasinistra. Ma quello che ci colpisce più di tutto e chefa erompere un grido di esultanza dalle nostre gole èche non si vedono più gli onnipresenti massi di franache ci hanno accompagnato e sovrastato per più diotto ore.

� La frana terminale la galle-ria, sempre più ampia, è sol-cata da un placido corsod’acqua dalle sponde sabbio-se. (Foto R. De Luca)

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La frana è stata superata. La frana non è più “termi-nale”. Il paziente è stato “curato”.La fase successiva sembra più lʼattraversamento diun paesaggio incantato che non lʼesplorazione diuna grotta dura e selvaggia come lʼEdera. Difatti -mentre il più avanzato degli esploratori si ostina ascalare la cengetta per non bagnarsi - gli altri, gri-dando come ossessi, guadano velocemente il fred-dissimo laghetto; incuranti delle invocazioni semprepiù lontane di quel primo esploratore che, ancoraasciutto là sulla cengia, li esorta ad aspettarlo. A quel primo laghetto ne seguono altri mentre la gal-leria, ora sempre più ampia, è solcata da un placidocorso dʼacqua dalle sponde sabbiose. Lʼampiezza diquei banchi di sabbia ci fa pensare che probabil-mente quello non era, o non sarebbe sempre stato,un placido fiumiciattolo.Passato lʼentusiasmo iniziale, una volta tutti nuova-mente riuniti, ci rendiamo solo allora veramenteconto delle possibilità esplorative di quegli ambienti“post-frana”. La galleria è veramente ampia, maquello che ci fa sognare sono i vasti ambienti fossiliche sʼintravedono lassù in alto. Andiamo così avanti,

35 anni fa sul Supramonte di Urzulei

Per prima cosa un grazie agli amici sardi e nonsardi che nell’entusiasmo delle nuove esplora-zioni si ricordano di coloro che per primi tren-tacinque anni fa si inoltrarono nell’Edera. Noncapita spesso.Jo mi chiede: “Quali erano i tuoi/vostri pensieridi fronte alla frana terminale di Sa Rutta ‘ES’Edera?” Difficile è riportarsi con la mente allecondizioni di allora, ma certamente posso affer-mare che tentammo di tutto; lato destro, latosinistro, alto al centro per filtrare in eventualicaverne di crollo rasenti alla volta. Era infatti logi-co ipotizzare che, superando l’ostacolo, al di là cifosse ben altro. Bagnati e infreddoliti, a corto ditempo e di viveri dovemmo rinunciare anche laterza volta, e negli anni successivi, per gravi luttiche avevano colpito il Gruppo di Faenza, nontornammo con la stessa frequenza.In quel 1969 come sempre, arrivando inSardegna, puntiamo a Urzulei dove Assorgia conl’aiuto del Sindaco ci riserva un vecchio garageper depositare i materiali (sempre voluminosi).Un saluto alla famiglia Mesina, amici di vecchiadata, e su nel Sopramonte. Le auto faticosamen-te ci portano al margine Nord/Ovest di PlanuCampu Oddeu. Oltre si va a piedi con più di uncarico a testa.Una deviazione al Cuile Su Fumigosu deiMesina è d’obbligo. All’interno, seduto suuno sgabello, c’è l’anziano Giuseppe Mesina, ilpatriarca, che anno dopo anno si mantieneaggiornato sui fatti del mondo con intelligentecuriosità. Anni prima, in occasione di una nostravisita, nello stesso cuile, ci eravamo conosciuti.

Stavamo ultimando le esplorazioni nel comples-so Orbisi/Donini e, come sempre, volevamoallargare le nostre conoscenze sul territorio cir-costante. Parlammo a lungo delle acque sotter-ranee che noi vedevamo in grande quantità incontrasto con la penuria della superficie.Allora la pastorizia era ben diversa. Il pastorepresidiava e seguiva il gregge giorno e notte edil Sopramonte era raggiungibile solo a piedi ocon l’asino. L’acqua era un bene prezioso soprat-tutto per il bestiame. Mesina padre, nel cuile, ciascoltava con attenzione e rivelava di tanto intanto nuovi possibili luoghi di ricerca.Guidati da suo figlio “Ciccio” Antonio, AndreaMorisi ed io controllammo per giorni le nurre, glianfratti, i pertugi dell’Iscra Olidanesa e dell’aspraSerra Lodunu, ipotizzando quale poteva esserela circolazione ipogea delle acque in quella zonae teorizzandone, ancor prima dell’esplorazione,il probabile percorso. Una seppur remota ideaera quella di poterne far risorgere, con qualcheartifizio, una parte in vicinanza del cuile.Quell’anno il campo fu posto presso FuntanaSaguilargia e di notte si vedevano i fuochi deiBaschi Verdi in Campu su Mudercu in territoriodi Orgosolo per il presidio antibanditi-smo. Erano tempi caldi.

Il recinto dell’orto presso l’entrata di Sa Ederaera l’ultima roccaforte per arginare le incursionidei maiali, delle capre e delle vacche sui nostrimateriali di esplorazione.Eravamo in buon numero, convinti più che maidi concretizzare le teorie a lungo elaborate. Nonvoglio e non posso ricordare i nomi dei presen-ti, doloroso sarebbe dimenticarne qualcuno.Non sempre i sogni si realizzano ed in questocaso le difficili condizioni esplorative, il tempodisponibile e l’avanzare dell’asfalto (positivo?)non hanno lasciato tradurre in pratica questenostre fantasticherie, ma la speleologia non èsolo scienza, spesso è anche fantasia.

Pier Paolo Biondi Gruppo Speleologico Faentino

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� Giuseppe Mesina ci ascoltava con atten-zione...

camminando sul letto del fiume o attraversando altrilaghetti, per quasi 450 metri finché ci accorgiamoche la volta inizia ad abbassarsi. Brutto segno!Pensiamo quasi di poter correre per quelle gallerieallʼinfinito, ma non è così. Una trentina di metri piùavanti, un bel laghetto chiuso fra pareti ci segnalache la pacchia è finita. Il fiume sifona. Eʼ il sifone ter-minale nord dellʼEdera. Abbiamo appena finito conuna “frana terminale” per ritrovarci con un “sifoneterminale”. Guardando verso quelle gallerie fossiliancora da esplorare che lo sovrastano, pensiamo incuor nostro che forse là si trova la “cura” anche perlui. Allʼinizio la vista di quel sifone ci lascia un poʼdelusi, ma poi lʼeuforia ci riprende quando ci rendia-mo conto che non sarà altro che lʼinizio di una nuovasfida. Questo è il bello della speleologia: se tuttofosse facile e scontato non sarebbe più la stessacosa …non avrebbe più lo stesso sapore.Ci apprestiamo a rientrare al campo. Siamo stanchi,infreddoliti e bagnati fino allʼosso, dopo quasi dodiciore di punta e ce ne vogliono ancora almeno altre treo quattro per rientrare. Qualcuno si lamenta persinodʼavere gli stivali bucati, ma forse lo pensa solamen-

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È TERRA INCOGNITA (ETI)8 Agosto 2003, ore 22h00Lascio i compagni per un massimo di 3 ore con un bi-7 litri; obiettivo è l’e-splorazione del sifone a monte della grotta dell’Edera (arrivo di Sa Fung’es’Abba). L’acqua è limpida, ma i sedimenti neri ricchi di materiale organico sisollevano in fretta. Il sifone è sorprendentemente corto, con un passaggiobasso (altezza galleria 1 m) dopo pochi metri, a profondità di -3,5 metri.Dopo questa sorta di lama, il soffitto si rialza immediatamente ponendo ter-mine al sifone (11 m, -3,5 m). La galleria, percorribile a nuoto ed intersecatada diaclasi impostate su faglie in direzione NS (che rallentano l’esplorazionealla ricerca della prosecuzione giusta), continua in direzione NW con una lar-ghezza costante e con un’altezza di una diecina di metri. Tiro il filo d’Ariannasulla superficie del lago fino all’imboccatura del secondo sifone. Questo scen-de 4 metri, ma si può passare seguendo il soffitto a -1,5 metri lungo la diaclasisommersa larga circa 1 m. Sbuco in un’ampia vasca ed entro in una gallerialarga 6-7 metri ed alta almeno 20 ritrovandomi presto in una sorta di grossafrana. Ma riesco comunque a seguire il fiume sulla destra, in mezzo ai blocchi,proseguendo attraverso passaggi acquatici per quasi cento metri. Finalmentela frana, comunque di facile percorribilità, finisce e mi si aprono davanti duepossibilità: una bella galleria fossile sulla sinistra ed una più stretta forra-mean-dro attivo alto una quindicina di metri sulla destra. Dopo aver percorso unadiecina di metri nella galleria fossile decido di tornare indietro per ispezionareil ramo attivo, più interessante. Proseguo, talvolta in opposizione talvolta anuoto, lungo questo meandro largo mediamente meno d’un metro, e dopocirca 100 metri la galleria si allarga ed entro nuovamente in una sorta di frana.Qui decido di tornare perché il tempo è passato inesorabilmente, facendo undisegno dei rami finora esplorati. Alle 00h30 raggiungo i miei compagni ghiac-ciati. Lascio le mie due 7 litri al sifone (intanto tornerò) e, tra una chiacchiera-ta e l’altra, arriviamo al campo H2O alle 3h30.

14 agosto 2003Questa volta ritorno ad esplorare il sifone di Sa Fung’e s’Abba in compagnia:con Sylvestre: infatti, abbiamo l’intenzione di fare due immersioni successivecon bivacco interno al campo H2O. Siamo accompagnati da diversi portatoriche si caricano 2 quattro litri ed il materiale subacqueo e da bivacco.Passiamo il primo sifone senza problemi, ma durante la nuotata, prima di rag-giungere il secondo sifone, salta una delle guarnizioni di alta pressione delprimo stadio (il sinistro). Resto con una bombola che normalmente significa ilritorno. Ma conosco il sifone ed il fatto di averlo topografato la prima volta mirassicura: è veramente corto e confortevole. Ma sì, al diavolo, proseguiamo l’e-splorazione e così riprendiamo il rilievo da dove mi sono fermato. La galleriafossile si ferma su concrezioni, argille e vasche stalagmitiche con perle di grot-ta. A questo punto riprendiamo ad esplorare e rilevare il meandro attivo. Unsemi-sifone quasi c’inganna, ma passiamo ogni ostacolo e l’ambiente si fa viavia più grande. Alla fine la galleria attiva, sempre più larga, è cosparsa di grossimacigni e l’acqua continua a levigare i ciottoli di scisto e di quarzo. Le concre-zioni, anche imponenti, iniziano a sembrare piccole. Arriviamo ad un biviodove l’ambiente diventa talmente ampio che la cordella metrica da venti nonbasta più, facendoci perdere la testa. Qui, dopo una piccola pausa di riflessio-ne, siamo costretti a salire sui blocchi lasciando il fiume che s’infila sotto delleconcrezioni. Salendo su macigni giganteschi, difficili da scalare con le mute inneoprene, la luce delle nostre lampade si perde nel buio più totale … unimmenso vuoto alto più di 50 metri sembra proseguire. Decidiamo invece discendere nuovamente verso il fiume che ritroviamo scorrere in un’ampia gal-leria. Proseguiamo stupefatti per oltre 600 metri, su vasche stalagmitiche e suciottoli arrotondati, senza alcuna difficoltà. Per oggi basta, lasciamo un omino dipietra e torniamo indietro. Sulla via di ritorno sbagliamo strada e ci ritroviamoin un affluente non visto all’andata che viene probabilmente dall’inghiottitoiodi Sa Fung’e s’Abba. Questo affluente rappresenta un terzo dell’intera portatadel fiume!!Rientriamo senza problemi (con una bombola soltanto), ma comunque inpiena sicurezza, felici delle scoperte fatte e lasciamo tutte le bombole, ancorapiene, all’imbocco del sifone per una prossima esplorazione. Dopo una bellanotte tranquilla sottoterra (in estate si dorme meglio in grotta) usciamo perriparare il materiale

16 agosto 2003I racconti delle scoperte fatte galvanizzano il resto del branco speleologico esi decide di entrare in massa all’Edera per cercare di svuotare, in qualchemodo, il sifone. Con Sylvestre entriamo già il 15 sera (dormiamo dentro alCampo H2O) e riattacchiamo il sifone la mattina del 16 agosto, mentre glialtri, entrati la mattina del 16, tentano di svuotarlo (questo tentativo avrà scar-so risultato). Andiamo direttamente al grande salone scoperto due giorni fa(Salone Jules Verne) e riprendiamo il rilievo del fiume. Poco più avanti notia-mo sulla destra un altro accesso alla grande sala che ci sovrasta. Questa voltadecidiamo di esplorare questo gigantesco vacuo per renderci conto delle suedimensioni. Dopo avere scalato una colata di calcite parzialmente coperta difango sbuchiamo nell’ambiente immenso, più di 100 metri di lunghezza, largoalmeno una cinquantina ed alto almeno 70 metri lungo parete N. La sala, tap-pezzata da sedimenti fini neri (sabbie frammiste ad argille) ritorna verso ilfiume attraverso l’accesso visto precedentemente, mentre una grande colon-na troneggia al centro. Quest’ultima, situata nel lato S del salone, è alta unaventina di metri e larga 5. Un’altra enorme colata, bianca ed arancione decorala parete N creando, insieme a tutto il resto, un paesaggio degno delle avven-ture di Jules Verne. Ma il tempo è tiranno e lasciamo questi ambienti fossiliche spariscono nel buio e nell’ignoto per ridiscendere al fiume e proseguire ilrilievo.Superiamo un lungo lago a nuoto fino ad una curva a sinistra, dove proseguia-mo diritti per seguire l’affluente che porterebbe diritti a Sa Funga ’e s’Abba,caratterizzato da una forte corrente d’aria di 0,5 m.s-1 in uscita. Dopo circa200 metri una grande colata stalagmitica ostruisce parzialmente la sezione

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della galleria: per proseguire bisognerebbe abbassarsi oppure scalare alcunimetri. Approfittiamo di questa scusa e decidiamo di tornare al collettore perproseguire il rilievo in direzione S. La galleria del collettore mantiene dimen-sioni di 5-6 metri di larghezza per 20-30 di altezza e si presenta con sezionerettangolare. Ormai, come dei robot, misuriamo spezzoni di poligonale acolpi di venti metri, sempre in direzione S. Dopo cento metri circa il fiumediventa un meandro con due curve dalle quali partono altrettante diramazio-ni fossili. In corrispondenza delle curve, dune di sab-bia e ciottoli coprono il pavimento e sono parzial-mente ricoperti da colate e vaschette che proven-gono dalle gallerie superiori. Altri cento metri ed ilfiume s’infila nuovamente in un meandro, questavolta caratterizzato da grossi macigni che provengo-no da ambienti più larghi in alto. Man mano che si vaavanti la galleria diventa più piccola mentre aumentala quantità di concrezioni e di colate. Queste con-crezioni riempiono la parte superiore della galleria:noi ci passiamo sotto ammirando un soffitto perfet-tamente piatto (stiamo guardando la concrezionedal basso!!) circa 1-2 metri sopra le nostre teste,caratterizzato dalle bande di accrescimento dellecolate soprastanti. Le vasche d’acqua diventano sem-pre più frequenti e la galleria prende la forma del“buco di serratura” con in alto una galleria a sezioneovale impostata su giunto di strato, eroso alla base.

Ma ormai è ora di tornare indietro per evitare di creare inutili allarmi.Interrompiamo il rilievo e decidiamo di andare a vedere per 20 minuti comeprosegue la grotta.La galleria diventa più bassa e prende la forma di condotta forzata impostatasu interstrato, con passaggi in roccia pura (senza ciottoli sul pavimento). Lapendenza sembra leggermente aumentare. Una frana ostruisce parzialmentela galleria lasciando spazio in alto ad una piccola sala di 20 x 30 metri.

Saliamo nella sala e subito dopo ridiscendiamo alfiume che prosegue formando dei piccoli meandri.Sulla sinistra troviamo diversi arrivi d’acqua di cuiuno esplorato per una diecina di metri mentre glialtri due sifonano oppure sono ostruiti da sabbia.Poco dopo una piccola frana ferma la nostra esplo-razione, eppure sembra facile da passare … ma ètardi! Lasciamo un omino di pietra ed una piccolascritta su un ciottolo, … per la storia.Poco più di un ora più tardi siamo nuovamente aisifoni che superiamo senza problemi. Decidiamo diportare fuori già parte del nostro materiale perchégià domani alcuni di noi torneranno già in Francia. Civorrà un’altra spedizione per portare fuori il resto,una quindicina di chili a testa ma, visti i risultati otte-nuti, il materiale sembra pesare molto, molto meno.

Vincent Lignier

Vincent e Sylvestre in un momento disosta post-sifone (Foto V. Ligner)

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Progressione lungo il canyon a valle del primo sifone (Foto S.Condamin)

te tanto è affaticato, e qualcun altro giura (non si sase sia poi lui, altrettanto stanco, a recepirlo così) dʼa-ver sentito uscire dalla sua bocca le parole “Ho tuttigli bucali stivati” Da lì il nome dato a quel bellissimoramo in onore allʼentusiasmo e alle fatiche di unappassionato gruppo di speleologi e, soprattutto, diamici.

Lucio Mereu

LA TELA DI PENELOPE DEGLIESPLORATORI: I RILIEVI

Nel corso delle esplorazioni degli ultimi dieci annisono stati rilevati i tratti nuovi, seguendo le classichee collaudate metodologie speleologiche che dannouna più o meno accettabile precisione. Vari trattinuovi di grotta sono stati rilevati più volte, in modotale da controllare eventuali errori e soprattutto farchiudere le poligonali, aumentando così l'affidabilitàdei nostri rilievi. Nella sovrapposizione dei rilievi dei nuovi rami suquello originale del 1969, tuttavia, si sono riscontratenotevoli difficoltà, causate da tutta una serie di moti-vi, tra cui differenze di attrezzature (bussole), devia-zioni del Nord magnetico, imprecisioni varie.

Soprattutto il ramo Canoseubeniuinnoipo canta -iatenore - che parte dal punto 104 del vecchio rilievoe termina nei due punti 165 e 171 formando, quindi,una specie di poligonale chiusa che si sviluppa perquasi 2 km - ha consentito purtroppo di constataregrosse divergenze tra i due rilievi. Lʼinevitabile misu-razione di una nuova poligonale nei rami principalidel sistema carsico ha fortunatamente corretto que-sti errori che risiedevano soprattutto nei dislivelli e,conseguentemente ha cambiato in modo sostanzia-le anche la planimetria.

UN PO’ DI TEMPERATURE

Durante vari campi interni sono state effettuate misu-razioni di temperatura dell'aria con un TermometroDigitale Testo 110 con precisione al decimo di grado. A maggio 2002 la temperatura al Campo H2O era di10,9 °C (sia nella terra che nell'acqua), mentre nellafrana terminale del Ramo di Mondo saliva fino a 11,5°C. Nel fiume del Ramo di Destra, invece, l'acqua el'aria si trovavano alla stessa temperatura delCampo (10,9°C), mentre andando verso l'uscita ten-deva a scendere per raggiungere 8,7°C all'attaccodel Ramo fossile "Canoseubeniuinnoipocantaiate -nore" e 8,8°C alla base della Grande Marmitta. Nella"Sala da Thè" una cinquantina di metri sopra il col-lettore la temperatura saliva nuovamente a 10,1 °C.L'acqua esterna del Iscra Olidanesa, verso le 15:00di pomeriggio, era di 17,0 °C.Le correnti d'aria quel giorno erano in entrata e per-correvano tutta la grotta dall'ingresso verso la franaterminale. Anche il ramo di destra mostrava aria inentrata, dal Salone delle Stelle alla Confluenza,come era logico aspettarsi. Nel Ramo di Mondo lasituazione era un po' strana: l'aria si dirigeva fino alCampo, lo superava e s'infilava nella risalita delCamion di Sabbia. Da questa risalita verso il fondodel Ramo di Mondo, invece, si andava incontro all'a-ria, fino alla frana terminale. Ciò testimonierebbe uncollegamento tra il "Camion di Sabbia" con altri rami,

Temperatura dell’aria nella Grotta dell’EderaData Punto di misura Temp. (°C)

12/05/2002 Base della Grande Marmitta 8,8

12/05/2002 Base dell’attacco Tana del Luppo 8,7

12/05/2002 Fiume ramo di destra (a 100 m dalla confluenza) 10,9

12/05/2002 Campo H2O 10,9

12/05/2002 Cammino di Mondo 10,1

12/05/2002 Fine Fiume Bianco 11,5

12/05/2002 Frana finale Cammino di Mondo 11,4

28/06/2003 Campo H2O 11,1

28/06/2003 Collettore a 100 m dalla frana terminale 10,7

28/06/2003 Inizio della frana 10,0

28/06/2003 In frana (100 metri dentro) 11,1

26/07/2003 Sifone terminale 10,9

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LA FAUNA DI SA RUTTA’E S’EDERA

I primi dati faunistici di Sa Rutta ‘e s’Edera si devono a A.Assorgia (A.S. Iglesiente) nel luglio 1967, in occasione dell’e-splorazione del vasto sistema carsico. Successivamente la grot-ta è stata oggetto di puntuali ricognizioni biospeleologiche daparte di S. Puddu (S.C. Cagliari) e F. Cassola nel settembre1968 e nell’aprile 1969 (Stefani, 1969; Assorgia et al., 1973;Beier, 1973; Puddu & Pirodda, 1974; Strasser, 1974; Cassola,1982; Bordoni, 1982), di P. De Laurentiis nell’agosto 1969, di A.Casale, A. Gobetti e A. Longhetto (G.S. Piemontese CAI-UGETTorino) nell’agosto 1970 (Casale, 1969; 1970a, b; Argano &Rampini, 1973) e di C. Carta negli stessi anni (Carta, 1974).Nell’agosto 1979 e 1983 anche il G.S. Sassarese (S. Cossu, R.Loru e M. Mucedda) effettua ricerche a S’Edera con la raccol-ta di alcuni campioni faunistici. Tra il 1985 ed il 1990, nuove pro-

spezioni sono svolte da A. Casale e P. M. Giachino, talvolta conesiti scarsi a causa delle condizioni esterne di clima caldo e disecchezza del primo tratto della cavità (Casale, 1985; 1986;1988; Casale & Giachino, 1988). Più di recente, nel luglio 1990G. Trezzi (G.G. Milano CAI-SEM) compie una visita alla grotta(Trezzi, 1992). Ancora nell’ottobre 1993 ed in date successiveM. Mucedda e coll. (GSS) svolgono osservazioni sui Chirotteri(Mucedda et al., 1995). Infine, durante le ultime esplorazioni del2002 sono state fatte ulteriori osservazioni sulla fauna dellagrotta.Allo stato attuale la fauna conosciuta di Sa Rutta ‘e s’Edera èrappresentata dai seguenti gruppi animali: Crostacei (Isopodi),Aracnidi (Pseudoscorpioni, Ragni, Opilioni, Acari), Diplopodi(Polidesmidi), Insetti (Dipluri, Ortotteri, Lepidotteri, Coleotteri)e Vertebrati (Anfibi Urodeli, Mammiferi Chirotteri).I Crostacei Isopodi sono costituiti da una sola specie, ilTrichoniscidae Alpioniscus fragilis (B. Lund), elemento troglobio,

probabilmente con lo stesso collettore oppure con"Canoseubeniuinnoipocan taia tenore". Lungo il per-corso di quest'ultimo ramo fossile l'aria era semprediretta verso N e si infilava nella frana terminale.Fine giugno 2003 la temperatura al Campo H2O èleggermente superiore (11,1 °C) rispetto alla prima-vera dellʼanno precedente, mentre lʼaria nel colletto-re a 100 metri dalla frana si mantiene a 10,7 °C, valo-re che scende a 10,0 allʼaltezza dellʼacqua allʼiniziodella frana. Dentro la frana, invece, negli ambienti trai massi lontano dallʼacqua la temperatura sale a 11,1°C (probabilmente dovuto anche al passaggio di 9speleologi in questi ambienti stretti). In piena estatelʼampio ambiente poco prima del sifone terminale avalle registra una temperatura di 10,9 °C.

RINGRAZIAMENTI

Questo lavoro è stato possibile grazie alla determinazione dimoltissimi speleologi, prima di tutto quelli del Gruppo GrotteCagliari CAI, successivamente tutti coloro che hanno parteci-pato alle esplorazioni che via via si stanno configurando sem-pre più trasversali. Con lavori di questa portata, in cui a fian-co alla documentazione speleologica (rilievi, descrizioni, foto-grafie ecc.) si effettuano anche studi scientifici (colorazioni,biospeleologia, geologia ecc.) la speleologia con la S maiusco-la si propone in primo piano nello studio del territorio. Per la stesura dei rilievi, fatti con sistemi CAD, gli Autorivogliono ringraziare in modo particolare Nicola Ibba e IsaccoCurreli dell'Unione Speleologica Cagliaritana.Per il tracciamento delle acque si ringraziano la FederazioneSpeleologica Sarda e tutti gli speleologi che vi hanno parteci-pato, oltre che il Prof. Bartolomeo Vigna del Politecnico diTorino che ha messo a disposizione degli speleologi sardi lasua lunga esperienza scientifica in materia e la strumentazio-ne per il monitoraggio in continuo.

Cronologia delle esplorazioni a Sa Rutta ‘e s’Edera

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endemico sardo, segnalato in numero-sissime grotte del Supramonte internoe costiero e diffuso in altre aree carsi-che della Sardegna centro-orientale,fino al Gerrei (Argano & Rampini, 1973;Grafitti, 2001). Tra gli Aracnidi degni dinota gli Pseudoscorpioni con ilNeobisiidae Neobisium (Ommatoblo -thrus) sardoum Beier, troglobio evoluto,apparente endemita dei Supramonti (Assorgia et al., 1973;Beier, 1973; Gardini, 2000). Per i Ragni e gli Opilioni, gli esem-plari raccolti e citati da Assorgia et al. (1973), sono rimasti pur-troppo indeterminati. Mentre gli Acari sono rappresentatidall’Ixodidae Eschatocephalus vespertilionis (C. L. Koch), unaspecie di zecca ectoparassita di Chirotteri, rinvenuta allo stadiolibero su parete (Cassola, 1982). I Diplopodi hanno una solaentità, il Polydesmidae Polydesmus (Hormobrachium) dismilusBerl., troglosseno noto di altre cavità sarde e diffuso in alcuneregioni italiane (Strasser, 1974). Ma il gruppo più numeroso dispecie è quello degli Insetti. Riscontriamo il DipluroCampodeidae Patrizicampa sardoa Condé, troglobio specializ-zato, endemico del Supramonte interno e costiero e segnalatoin varie grotte (Car ta, 1974; Puddu & Pirodda, 1974);l’Ortottero Gryllidae Gryllomorpha dalmatina (Ocsk.), troglo-filo frequente in molte grotte dell’Isola, con un’ampia distribu-zione italiana e sud-europea (Puddu & Pirodda, 1974); ilLepidottero della fam. Noctuidae Apopestes spectrum (Esper),citato da Assorgia et al. (1973), è specie troglofila, diffusa inEuropa e Nord Africa, nota di numerose cavità sarde, è unodegli elementi costituenti la cosiddetta associazione parietale,di notevole importanza perché fornisce, insieme ad altre spe-cie, risorse energetiche in cavità oligotrofiche fredde comeS’Edera. Tra i Coleotteri si evidenziano in primo luogo ilCarabide Trechino Sardaphaenops supramontanus supramon-tanus (Cerr. & Hen.), elemento troglobio altamente specializza-

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� Il Sardaphaenops supramontanussupramontanus Cerr. & Henrot, coleot-tero troglobio endemico delSupramonte, molto diffuso in Sa Rutta'e S'Edera (Foto G. M. Delitala)

to, endemico del Supramonte interno e conosciuto di una doz-zina di grotte comprese nei territori dei comuni di Oliena,Orgosolo e Urzulei; differisce per caratteri dimensionali e ana-tomo-morfologici dalla sottospecie S. supramontanus grafittiiCasale & Giach. (Casale, 1969; 1970a, b; 1988; Assorgia et al.,1973; Carta, 1974; Puddu & Pirodda, 1974; Cassola, 1982;Casale & Giachino, 1988; Grafitti, 2001). Da sottolineare inoltreil Cholevidae Leptodirino Ovobathysciola majori (Reitt.), tro-globio, diffusissimo sia nel Supramonte costiero, sia in quellointerno (Carta, 1974; Puddu & Pirodda, 1974). Da citare infinegli Stafilinidi Oxytelus (Epomotylus) sculpturatus (Gravh.),Aloconota insecta (Thomp.), Aloconota planifrons (Wat.) eAleochara sp., entità troglossene od occasionali in grotta, notedi tutta Italia (Bordoni, 1982). Tra i Vertebrati evidenziamo gliAnfibi Urodeli con il Plethodontidae Speleomantes supramon-tis (Lanza et al.), segnalato da Casale (1969) e da Stefani(1969), endemico del Supramonte interno e costiero, ed ilSalamandridae Euproctus platycephalus (Grav.), citato daAssorgia et al. (1973: sub Triturus rusconii), osservato presso ilsifone a circa 1300 m dall’ingresso. Da citare infine i MammiferiChirotteri rappresentati dalle specie Rhinolophus hipposideros(Bech.), Myotis myotis (Borkh.) e Myotis daubentoni (Kuhl),tutte troglofile, note anche di altre cavità della Sardegna(Mucedda et al., 1995; Mucedda, in verbis).

Giuseppe Grafitti

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� Supramonte di Orgosolo. Veduta panoramica da Monte SuBiu: in primo piano Badde Tureddu, sullo sfondo l’area delFlumineddu e le creste di Su Nercone (1263 m) che delimitanoad oriente il Supramonte di Urzulei, formando un allineamentodi cime con orientamento N-S (Foto V. Crobu)

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RIASSUNTODopo aver accertato per la prima volta, nel giugno del 1999, ilcollegamento idrogeologico tra le due distanti areeSupramontane di Urzulei e Oliena, l’intero quadro di congettureconosce una svolta che desta stupore. Al mondo speleologicosardo però sembra che non si sia risolto un quesito, bensì chegli interrogativi sulle caratteristiche del complesso carsico sisiano moltiplicati. Cercando di risolvere questo rebus, abbiamodato inizio qualche anno fa ad una impegnativa e invitante ricer-ca ricca di sorprese, che ci ha regalato le cavità più profondedella Sardegna, nel territorio più aspro e selvaggio dell’isola. Glisviluppi fanno supporre che si possa, in un futuro non lontano,accedere ad uno dei tratti più intimi del sistema, che risultaancora troppo profondo ed ermetico per la speleologia isolana“normale”.

PAROLE CHIAVESardegna, Urzulei, complesso carsico, rio Flumineddu,Idrogeologia, morfologia delle grotte, meteorologia.

ABSTRACTAfter the dye tests of 1999, during which for the first time theconnection between these two distant areas (Urzulei andOliena) has been unmistakably proofed, the Sardinian caversworld has been shaken, resolving one dilemma that immediatelymakes other not less important questions arise. It is in this atmosphere of doubtful certainness that our deman-ding but inviting challenge starts a couple of years ago, giving usthe pleasure of discovering the deepest caves of Sardinia in oneof the most “wilderness” places of the island. And the more andmore we are penetrating in this fascinating karst system, themore we are convinced that the discovery of the most wonder-ful surprises is getting closer and closer.

KEY WORDS: Sardinia, Urzulei, Karst complex, rio Flumineddu,Hydrogeology, cave morphology, meteorology.

� S’Orare su Mudrecu (VPF).Lungo il ramo attivo a -300.(Foto V. Crobu)

A cura di Vittorio Crobu

Supramonte verticale

L’obiettivo è sempre il grandecollettore disu Gologone,ma le veresorpresearrivano dalFlumineddu,con lascoperta delle grottepiù profondedell’isola.

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ste. Lʼimpegno costante, continuo e quasi ossessi-vo, fatto di campi durante le festività, lunghi anchequindici giorni, ha improntato senza dubbio la stra-tegia giusta per la qualità della ricerca.Lʼosservazione sistematica ha messo in luce lʼop-portunità di concentrare lo studio soprattutto lungole fasce basse di quota e in porzioni esatte di terri-torio, peraltro senza avere facilitazioni dalle grotte,spesso assorbenti, che hanno richiesto impegnativie faticosi lavori di disostruzione. Con questo meto-do, finalmente, si stanno aprendo le porte di unmondo sotterraneo più grande che inaspettato. In tutta lʼarea a SW del Supramonte è preponderan-te la presenza delle grigie dolomie Mesozoiche dellaFormazione di Dorgali, che il rio Flumineddu solcalungo il proprio percorso. Lʼidrologia sotterranea diquestʼarea si attiva grazie alle sporadiche piene maviene alimentata soprattutto dalle zone di contattotra il basamento paleozoico e la formazione sum-menzionata. Così presso lʼarea a N di Monte NovoS. Giovanni si identificano due importanti sistemitorrentizi, Badde Tureddu e Badde Mattosa, chediscendono ad E fino a scomparire al contatto con iprimi sedimenti carbonatici, rispettivamente nellazona di Sa Senepida e Sos Campidanesos. Come si può notare il rilievo di Serra Cupercu (924m) è posto geograficamente e geologicamente alcentro di questo settore, presentando lungo tutto ilversante occidentale cavità di assorbimento localeche si aprono a livello dellʼalveo del rio Flumineddu,che diviene attivo solo straordinariamente, a segui-to di intense precipitazioni. Sul lato orientale diCupercu sono quasi assenti cavità assorbenti pervia dellʼimmersione degli strati rocciosi che favoriscela formazione di punti idrovori sul versante destroidrografico del Flumineddu. Alle quote più elevateritroviamo cavità di origine tettonica con comporta-mento meteo alto; il numero di “Bocche Calde” èrilevante, sopratutto sulle parti sommitali dellaSerra. La più importante di queste, Nurra Cupercu,si apre lungo una strapiombante cengia rocciosa sulversante orientale della Serra, a 875 m di quota,circa 70 m sopra lʼalveo del Flumineddu. Si presen-

� Orgosolo. Veduta al tra-monto dei “tacchi” M.NovoS.Giovanni e M.Su Biu. Daqui discendono i due torrentiBadde Tureddu e BaddeMattosa, verso E fino a scom-parire al contatto con i primisedimenti carbonatici. (FotoV. Crobu)

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SI SA COSA SI CERCA, NON SI SA COSA SI TROVA

In questi ultimi anni il Supramonte di Urzulei staentrando prepotentemente nelle cronache speleolo-giche, grazie soprattutto alle colorazioni effettuatedalla Federazione Speleologica Sarda nella GrottadellʼEdera, con gli esaltanti esiti che tutti sappiamo(21 km in linea dʼaria tra lʼinghiottitoio e la risorgentedi Su Gologone faranno impazzire unʼintera genera-zione di speleologi!) ed alle belle scoperte fatte nellastessa grotta dal 1999 al 2003. Ma non sono le uni-che scoperte ad aver fatto clamore non solo nelmondo speleologico isolano: un lavoro sistematicosul letto e lungo le sponde del fiume più grande cheattraversa il Supramonte, il Flumineddu, ha portatoinaspettate soddisfazioni a quei pochi “irriducibili”che hanno sempre creduto nelle potenzialità speleo-logiche di questo canyon. “Quelli del Collettore”,come ultimamente ci definiamo, di fatto hanno sco-perto in questo sperduto angolo del Supramonte ledue grotte più profonde della Sardegna (- 340 e –370 m), ma non solo. Se il ritrovamento di alcunifiumi ipogei ha consentito di effettuare colorazioniche hanno aggiunto preziosi tasselli al sempre piùintricato puzzle idrogeologico del Supramonte, lascoperta degli abissi consente ora di “toccare conmano” lʼintera sequenza carbonatica giurassica finoal basamento paleozoico, ben più profondo di quan-to creduto finora. Insomma, tante ricerche e tantescoperte che ci indicano soprattutto che la stradapercorsa, piena di sacrifici, di delusioni ma anche digratificazioni e grandi emozioni, è quella giusta emagari ci porterà a percorrere con entusiasmo lʼago-gnato collettore.

CERCARE AL FLUMINEDDU...

Rompere lʼatmosfera di mistero per mettere ordinealle acquisizioni passate e recenti è stato difficilecome sforzarsi di credere in qualcosa che non esi-

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ta inizialmente ad andamento verti-cale, impostata lungo una fratturacon direzione principale NNW -SSE che origina le prime verticali elʼampio pozzo finale. La grotta,esplorata fino alla profondità di 114m, si sviluppa alla base in evidentizone di scorrimento sub orizzontaliattivate dalle piene esterne,approfondendosi allʼinterno dellastruttura dolomitica di SerraCupercu ed interrompendosi perora in un sifoncino colmo di depo-siti sabbiosi, al termine di unalunga e stretta diaclasi.A SE della Nurra, sulla destra idro-grafica a pochi metri sopra il gretodel rio Flumineddu, si apre la grot-ta di Su Colostrargiu, anchʼessacon ingresso e sviluppo interamen-te nella dolomia. Lʼingresso immet-te in una piccola zona di frana, conandamento inizialmente sub orizzontale per divenireverticale allʼinnesto con il pozzo Millelire, profondooltre 50 m, impostato lungo una frattura dal cuifondo parte lo stretto meandro del “Rio Zavor”, atti-vo durante le piene. Questo stretto corridoio diacla-sico lungo circa 50 m immette in un ambiente di crol-lo collegato con le gallerie attive (Sala Vitto-SalaBusca), con direzione preferenziale NE - SW, attra-versate da un copioso corso dʼacqua con portatadellʼordine di decine di litri al secondo. In entrambele direzioni la cavità termina in un ambiente di crol-lo, che si presenta più vasto a valle (NE) dove, datoil notevole volume dʼaria, sono state tentate alcunedisostruzioni. Colostrargiu ha fatto pensare inizial-mente al diretto collegamento con il collettore, vistoil preferenziale orientamento del ramo attivo e lasituazione geologica strutturale. Le colorazioni,invece, hanno dimostrato che si tratta soltanto dellaparte iniziale di un lungo affluente del complessocarsico ricercato. Proseguendo verso valle il rio Flumineddu incontralʼaffluente del Rio Tureddu sulla sinistra idrografica;qui la valle si presenta più ampia e ricoperta da

detriti alluvionali di natura alloctona. Il contatto tra ladolomia basale e le formazioni calcaree - che carat-terizzano Punta Arzane (1007 m) ad occidente e iprimi fronti rocciosi del M. Nieddu (964 m) ad orien-te - declina dolcemente verso NE, fino a scompariresotto il terreno alluvionale presso lʼansa di SʼIscra ʻesu Murdegu (810 m), dove lʼambiente diviene piùaspro e caratterizzato da pareti verticali e canalidiscendenti dal M.te Nieddu. Lʼinclinazione dei sedi-menti mesozoici porta sotto il livello del rio i calcari

� Inconsueto scorrimento superficiale dovuto alle copiose pre-cipitazioni dell’inverno 2003 nel Rio Flumineddu. (Foto R. DeLuca).

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delle Formazione di Monte Tului e di Monte Bardia,che sovrastano le dolomie basali. Sul versantedestro idrografico, procedendo lungo un ambiente difitta foresta di Quercus Ilex, troviamo alla quota di790 m lʼaccesso della grotta chiamata SʼOrale ʻe suMudrecu (“VPF”). Uno scavo nel terreno alluvionalesotto unʼalta parete ha permesso di arrivare, lungouna serie di strettoie verticali disostruite malamente,ai pozzi più ampi, attraversando circa 80 m di calca-

ri e lʼintera dolomia, fino a raggiungere il contattocon il basamento metamorfico in corrispondenza diun ampio salone dove abbiamo allestito un campointerno a quota 270 m. Da qui unʼintricata frana chesi trova lungo il contatto con gli scisti paleozoici,porta in ambienti percorsi dal fiume. Eʼ una zonacontornata da ampie sale fossili collegate al ramoattivo che a valle raggiunge la profondità di circa340 m dove si perdono provvisoriamente le possibi-

� Carta d’insieme dell’area oggetto delle ricerche, con il posizionamento delle principali cavità. Su Eni ‘e Istéttai, si sviluppain direzione S, verso il M.Unnoro dove riteniamo si possano intercettare le acque che provengono dalle zone di alimentazionea sud, senz’altro coincidenti con le gallerie del misterioso collettore.

Ingressi cavitàSistema Colostrargiu - VPFMovimenti ipotizzati del collettore

Asse antinclinaleImmersione degli stratiDirettrici locali

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lità esplorative, mentre a monte si attraversanoprofondi e suggestivi laghetti con gallerie fossili finoal sifone che per ora blocca le esplorazioni.A N di M. Nieddu il rio si imposta lungo una direzio-ne preferenziale ENE - WSW, fino alla zona diBilialai (ansa a “U”, ben visibile in carta). Lungo que-sto tratto, grazie alla continua immersione degli stra-ti, fa comparsa una fascia di dolomia potente qual-che decina di metri che si intercala nei calcari diM.te Bardia, che costituisce la litologia in cui si svi-luppa la grotta di Su Sammucu (775 m) nellʼomoni-ma zona. Si tratta di un inghiottitoio attivo in caso dipiena del rio, caratterizzato da uno sprofondamentoalla base di una parete rocciosa. La grotta è artico-lata in vari ambienti diaclasici impostati lungo lineeche favoriscono lʼingresso delle acque in direzioneSSE, seguiti da un pozzo di 12 m ealtri minori fino ad arrivare ad unlivello di sedimentazione del mate-riale organico e fini argille a circa40 m di profondità, dove gli impe-gnativi lavori di disostruzionehanno liberato oltre una ventina dimetri di condotte che, per ilmomento, non offrono grandi prospet-tive. Poco più a valle, a quota 760 m,fanno ancora comparsa al livello del rio le

do lo -mie, in corri-spondenza delle quali siapre la profonda grotta di Su Eni de Istéttai, il “IlTasso di Istèttai”: le radici di un grande esemplare diTaxus Baccata accolgono infatti la grotta più profon-da dellʼisola. Nonostante lo sviluppo di soli 1600m ègià la cavità più impegnativa e promettente dellʼa-rea. Infatti, una stretta fessura disostruita dà acces-so a numerose verticali a cui si aggiungono le diffi-coltà delle strettoie che, da 240 a 290 m di profon-dità, portano in gallerie allagate (Campo da Rugby)che richiedono lʼutilizzo delle mute. Altri due pozzi epassaggi in libera comunicano con il lungo ambien-te di scorrimento a tratti allagato che conduce fino alsifone di qualche metro, a quota –370, superabile inapnea. Da qui si accede ad ambienti non presenti inrilievo, percorsi per altre decine di metri fino ad unazona di strettoie in disostruzione, che impegnano inpunte esplorative di oltre 20 ore. La direzione gene-rale a SSE convoglia, contro ogni previsione logica,i flussi idrici dei numerosi punti di assorbimentodella zona sotto il massiccio di M.te Unnoro. Neipressi dellʼansa a “U” troviamo unʼaltra cavità chia-mata Sa Cungiadura de su Calavriche, sul versantesinistro idrografico del Rio a circa 40 m sopra lʼal-veo. Pur aprendosi in una posizione attraente, ilfondo a 114 m appare purtroppo ostruito da grosseformazioni calcitiche.Nel settore di SʼIscra Olidanesa e Codula de saMela a S, la grotta più importante è “Sa Mela”, posi-zionata in una zona di forte inghiottimento, rintrac-ciata dopo vari tentativi di forzatura di passaggi conmovimento dʼaria. Le belle condotte freatico-vadosesi approfondiscono con piccoli salti lungo la dolomiaben lavorata, fino ad una zona più verticale che pre-

� Grotta di Su Colostrargiu. La “Sala Busca” è l’ambiente piùimponente, attraversato dal torrente che percorre in direzioneSW - NE tutta la cavità lungo numerose zone di frana. (Foto V.Crobu).

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� Zona di alimentazione e percorso sotterraneo delle acque nel sistema Colostrargiu-VPF; i flussi provenienti dagli inghiottitoi di SaSepineda e da Sos Campidaneso sono stati accertati con l’uso dei traccianti, gli altri sono ipotizzati.

Terreni impermeabili

Direzione dei flussi ipogei

Punti di asorbimento

cede il fondo. Durante lʼesplorazione la cavità ha ali-mentato aspettative per la vicinanza con SʼEdera eha dato soddisfazioni per la profondità (114 m), mala stretta diaclasi sul fondo per il momento è impos-sibile da percorrere, se non forse dopo pesanti lavo-ri di disostruzione.

2002, L’ANNO DELLE COLORAZIONIIl ritrovamento di Colostrargiu fa emergere la neces-sità di una speleologia con competenze più com-plesse di quelle normalmente richieste nella fase diesplorazione e rilievo delle grotte. Il ritrovamento diun corso dʼacqua di portata intorno ai 30 l/s, in unperiodo così secco dopo lʼautunno del 2000, evi-denzia lʼopportunità di compiere ulteriori studi, siaper interpretare i dati specifici sia, soprattutto, percapire le dinamiche delle acque. Si identifica lʼorigi-ne del “rio Crobu” esclusivamente attraverso lʼesa-me del territorio, attribuendone la provenienza allezone di contatto presso le vicine gole di Orgosolo.La dinamica del comportamento delle acque, analiz-zata dopo un lungo periodo di osservazioni e di

misurazioni, rafforza questa ipotesi. Tuttavia èopportuno preparare le colorazioni che però nonsono realizzabili per il peggioramento delle condi-zioni climatiche durante tutto lʼinverno 2000-2001.La direzione preferenziale verso NE del ramo attivodi Colostrargiu pare collegare direttamente questacavità al collettore che dovrebbe incrociare il nostrofiume proprio lungo questa direzione. Il ritrovamen-to di un secondo torrente ipogeo nella grotta “VPF”,nel maggio 2002, ad oltre 300 m di profondità, riac-cende lo stimolo per le indagini colorimetriche.Infatti il nuovo fiume presenta grossomodo le varia-zioni di portata del “Rio Crobu” di Colostrargiu e nonpare essere il collettore stando ad un veloce calco-lo delle portate. Finalmente, il 23 novembre 2002rilasciamo 1 Kg di Fluoresceina sodica a BaddeTureddu, quantità sufficiente calcolando la distanzadelle due cavità da questa zona e soprattutto tenen-do conto della bassa portata riscontrata nel periodo.Nella stessa giornata si collocano i captori aColostrargiu mentre un altro gruppo entra al “VPF”per disporre diverse reticelle con i carboni attivati inacido e proseguire con i rilievi del ramo a monte del

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ISTETTAI: DUE ANALISTI SUL FONDO

Questa grotta l’ho vista crescere, schiudersidalla strettoia iniziale e allungarsi verso ilfondo, lasciandoci passare in un amorevoleabbraccio lungo quanto tutto il suo percor-so. L’ho vista aprirsi, poi chiudersi, poi ria-prirsi in un alternarsi di speranze, gioie edelusioni a seconda delle settimane chepassavano. In effetti, pensandoci bene, forsenon voleva proprio aprirsi, ma qualcuno dinoi l’ha convinta. Devo dire che è una grot-ta molto romantica, infatti quello che è piùpiacevole è il contatto fisico con le suepareti.Sembra ieri quando in un fine settimana diAprile 2003 il Flumineddu (smesso il suofreddo abito invernale di quest’ anno fattodi neve, ghiaccio e grosse piene) si è rivela-to di nuovo.Non che prima si fosse nascosto, ma ora cidava un'altra ghiotta occasione per...approfondire la conoscenza.In quel dì, io e Massy facevamo capolino alnostro solito campo come ogni fine setti-mana; ma questa volta c’èra una novità:Vittorio, Ricky e Patrizia avevano apertol’ingresso il giorno prima, ma dopo la stret-toia iniziale si erano fermati in corrispon-denza di qualche pozzo per mancanza dimateriale. Si erano bloccati sul nero, pro-prio il nero, il buio, il vuoto, che piace tantoagli speleo.

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L’indomani esploravamo senza sosta. Un sus-seguirsi di pozzi ci faceva subito sperare diessere “ad un passo dal collettore”! Non cirestava che comprare un po’ di materiale escendere, rilevare e fotografare, cosa che èavvenuta poi nelle settimane seguenti.Ora sono passati alcuni mesi e dopo unestate di “riposo” in terra d’ Islanda ci ritro-viamo a fine Settembre 2003 veramente adun passo dal Collettore a – 400 metri conottime speranze, per adesso purtropporiservate solo al nostro sistema uditivo. Siccome il detto dice che “anche l’occhiovuole la sua parte” il 20 Settembre 2003,siamo dentro io e Vittorio, due analisti in

tuta speleo che decidono di tentare l’opera-zione. Scendiamo con tutto l’occorrente per passa-re. Dopo uno sguardo incantato alFlumineddu immobile, ancora nella sua vesteestiva, entriamo dentro senza pensarci e fac-ciamo veloci i primi pozzi; superiamo leprime strettoie per arrivare a quelle di“Sacrificio” e “Violazione di Domicilio” e poila zona del “ Campo da Rugby” ci accoglie a– 300 metri.Indossare le mute è quasi un obbligo, da quici si bagna e il lavoro vero e proprio deveancora incominciare. Percorriamo la parteallagata, poi ancora pozzi e infine tutto siapre nella bellissima galleria del fiume.Arriviamo al sifone, un passaggio che emo-ziona: pochi metri di buio esplorato in soli-taria e sagolato da Vittorio l’estate scorsa, dafare con calma e concentrazione. Passa lui erimango solo nel silenzio della grotta.Dall’altra parte tira i sacchi con un'altrasagola. Tocca a me, indosso la maschera evia……sono dall’altra parte. Sensazionestrana...ma non c’è neppure tempo per unosguardo intorno che partiamo e in unamezz’oretta di sali e scendi tra frane e altre

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fiume. Dopo una settimana verifichiamo già ad unesame visivo lʼesito positivo e quasi scontato di SuColostrargiu, ma le piene che si susseguono nellesettimane successive ostacolano lʼingresso al“VPF”. Il fine settimana del 14 e 15 Dicembre 2002si recuperano alcuni preziosi contenitori a SʼOraleDe Su Mudrecu (VPF); vista la grande diluizioneraggiunta a causa delle prime importanti piene sta-gionali, non rileviamo la presenza del traccianteneanche con la lampada di Wood. Spediamo quindila soluzione di potassa alcolica al Prof. BartolomeoVigna che riscontra, con lʼanalisi strumentale, la pre-senza del colorante. Provata così lʼesistenza delsistema carsico sotto il Supramonte di Urzulei, sidelinea un affascinante contesto: la situazione strut-turale favorisce il drenaggio di affluenti provenientidal Supramonte di Orgosolo, comprese le perditeche si allineano lungo il tratto interessato del rioFlumineddu. Emerge una situazione dalle grandipotenzialità speleologiche che si manifesta già negliambienti del “VPF”, ma soprattutto nella quantità diacqua raccolta in questa grotta durante le piene eche, se non è precisamente quantificabile, ammon-

ta a parecchie centinaia di litrial secondo, considerati i livelliraggiunti presso le zone attive.Probabilmente, dopo un lungotragitto sotto il Supramonte diOrgosolo dove la condizionestratigrafica pare indirizzare leacque, queste andranno a con-fluire verso il grande collettore.

IPOTESIIDROGEOLOGICAImmaginando una linea che uni-sca Sa Rutta ʻe SʼEdera a suGologone abbiamo rappresen-tato con buona approssimazio-ne il probabile percorso del col-lettore che, oltrepassando ilsistema di SʼIscra Olidanesa –Codula de Sa Mela, attraversa ilM.te Unnoro raggiungendo piùa N la prepotente linea del RioFlumineddu, che incide forte-mente le formazioni carbonati-che del mesozoico. Per stabilirei parametri di una ricerca effica-ce è stato necessario individua-

re situazioni strutturali e stratigrafiche favorevoli almovimento sotterraneo del collettore verso questaarea lungo il Rio Flumineddu, fissando un limiteestremo a S presso la grotta di Colostrargiu e a Npoco oltre lʼansa a “U” e delimitando, da ultimo, unafascia di quote relativamente bassa dove concentra-re lo sforzo esplorativo. Un altro presupposto hariguardato la profondità in cui presumibilmente scor-re il collettore, condizionata dalla quota del basa-mento impermeabile. Infatti abbiamo verificato chegli acquiferi carsici in tutta lʼarea raggiungono nor-malmente questo livello, grazie alla forte diaclasatu-ra delle dolomie basali e alla modesta copertura deisedimenti carbonatici. Più a monte di Colostrargiu

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strettoie siamo finalmente alla salettafinale o, come dice Vittorio, “…all’in-comincio!..” perché se il Collettorepassa qui a fianco siamo solo all’iniziodell’avventura. Meglio non pensarci,per ora!Cominciamo a lavorare, apriamo,apriamo, sgombriamo dalle maceriela saletta minuscola dove per ora cisi ferma. La muta fa il suo dovere enon patiamo il freddo più di tantoPassano le ore ma c’è ancora tantoda fare per allargare il laminatoio cheblocca il passaggio e dietro una“voce” che costante ci sprona alduro lavoro. Incomincia a essere tardi(sono le 23:00)… e ci restano 400metri di risalita da fare. A malincuoreinterrompiamo e, dopo aver ripostocon cura gli strumenti, ascoltiamoancora una volta la bellissima eincantevole “voce” del Flumineddu elentamente torniamo indietro.Usciamo fuori e la mattina ci acco-glie con un tiepido calore che nonpuò che farci piacere, dopo tutta l’u-midità che abbiamo preso.Al campo Patrizia e Silvia si sveglia-no, ci hanno lasciato pasta e uova già cotteche divoriamo in un boccone. Al gusto pen-seremo più tardi. Ci mettiamo a dormirepensando che l’analisi è riuscita e i controllisono stati positivi. Tra poco stileremo ireferti o meglio … i R I L I E V I…………… ma questa sarà sicuramenteun altra storia !

Gianluca Melis

� Su eni ‘e Istéttai. Ampiecondotte semicircolari chepresentano un consistenteriempimento di sedimentialluvionali di natura allocto-na presso il contatto con ledolomie, alla profondità di140 m. (Foto R. De Luca)

� Su eni ‘e Istéttai.Imponenti lavori di diso-struzione hanno portatoalla luce l’ingresso dellacavità, una stretta fessuradisostruita che dà accessoalle numerose verticali.(Foto R. De Luca)

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(825 m) il limitato spessore delle dolomie (pochedecine di metri) non garantisce neanche la quotaadeguata del basamento impermeabile per il pas-saggio del collettore, relegando lʼarea ad un ruolomarginale. Questo fattore spiega come la grotta diMandara ʼe SʼUru, esplorata dal GSAS e GASAU nel1998 - estendendosi con il ramo vadoso attivo nelladirezione di Serra Lodunu attraverso la direttrice di“Ortorgo” - abbia una modesta profondità, pureessendo impostata lungo il verso di immersione deglistrati. La quota raggiunta da Mandara ʻe SʼUru èpressoché uguale a quella della (ex) frana terminaledi SʼEdera ma ne è troppo distante per pensare aduna vicina giunzione con il collettore, assegnandoleil profilo di remota tributaria. A N di Colostrargiu lʼim-mersione costante della serie carbonatica mesozoi-ca pone il contatto a profondità progressivamentesempre più crescenti verso NE fino a svilupparsisotto la quota di sfioro di Su Gologone (1042 m.s.l.m), dove inizia la complessa rete freatica che ali-menta la risorgenza. Considerato che il sistemaColostrargiu - “VPF” non incontra il collettore, nederiva unʼimportanza maggiore dellʼarea più a valle,in cui il collettore può segnare il massimo avvicina-mento al Flumineddu. Grazie allʼimmersione a NEdel basamento e le importanti discontinuità tettoni-che trasversali evidenti in questo tratto fino allʼansa a“U”, si può ipotizzare una deviazione delle acqueprovenienti dal M.Unnoro verso il Flumineddu e quin-di la possibilità di raggiungere il collettore da cavitàcome Su Sammucu o Istèttai. A N dellʼansa a “U”lʼanticlinale di Azzaudeli agirebbe da spartiacque albacino di Gorroppu, racchiuso a S dalla sinclinaleche accoglie la valle del rio Orbisi. A questo puntoil collettore proseguendo verso N si approfondi-rebbe ulteriormente a W dellʼanticlinale diAzzaudeli, ma le probabilità di intercettare lo stes-

so collettore troppo a valle del Flumineddu sonobasse proprio a causa dello sprofondamento dellaformazione Mesozoica verso lʼimportante piega sin-clinale di Gorroppu, che però accoglie il bacino idro-logico facente capo alla connessa risorgenza, mairisultata positiva alle colorazioni effettuate a SʼEdera.In accordo con le quote del basamento stabilite dalleprofonde cavità del VPF e Istéttai si può calcolare lapotenza dei sedimenti mesozoici lungo vari punti delFlumineddu, che porta ad ipotizzare lʼesistenza delbacino sommerso di Su Gologone già nellʼarea a Ndellʼansa a “U”, quindi non più confinato al soloSupramonte di Oliena. La possibilità che il collettoresi direzioni verso occidente, quindi trasversalmenteallʼimmersione del basamento, può consentire unminore approfondimento delle acque che allontane-rebbe lʼipotesi di trovare la zona freatica, con i risvol-ti di una speleologia aerea forse più attraente. Ma ilfascino e la potenzialità dellʼesplorazione sta proprionellʼessere in grado di ribaltare spesso le teorie con-solidate o le ipotesi formulate, e siamo convinti cheanche questa volta il Supramonte saprà stupirci!

ASPETTI MORFOLOGICI DELLE CAVITÀLa situazione tettonica ha inciso fortemente sulla

morfologia delle cavità deter-minandone forme comuni disviluppo. Certamente si pos-sono collegare alcune morfo-logie ricorrenti con il tipo dilitologia associata. La mag-gior parte delle cavità stu-diate si sviluppano soprat-tutto nei sedimenti dolomi-

tici che si trovano allabase della serie

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� Grotta Su Sammucu. Il p.12 all’interno della cavità si presen-ta notevolmente modellato dalle acque che si originano durantele piene esterne del Rio Flumineddu. (Foto V. Crobu)

delle cavità. Le grotte di Sa Mela, Su Sammucu eIstéttai ben evidenziano nella planimetria la situazio-ne esterna. Tra le forme più comuni che accompa-gnano gli ambienti in dolomia si annoverano i lunghicorridoi diaclasici scarsamente lavorati, conapprofondimento lungo la stessa direttrice o direttriciparallele, come si può notare nella grotta di Sa Mela.Gli accessi nel tipo di roccia in questione sono nor-

mesozoica. Lʼintensa fratturazionedelle dolomie è indicativa dellʼelevatogrado di rigidità rispetto agli altri ele-menti della serie carbonatica. Lo spic-cato trasferimento verticale, dipenden-te dal fattore tettonico, ha regolato lagenesi dei sistemi ipogei drenantisuperficiali al veloce approfondimento,avendo un livello di riferimento normal-mente coincidente con il substratopaleozoico impermeabile. La rilevantedifferenza di quota esistente tra i siste-mi sopraindicati e le zone di accumulodei bacini idrogeologici – unita allasituazione strutturale e stratigrafica –impronta lʼidrografia sotterranea dellʼa-rea in esame ad un predominante regi-me vadoso. Lʼassenza di morfologiefreatiche importanti è forse indice diquesto quadro globale. Presso la zonain disostruzione nella grotta di SuSammucu si incontrano alcune con-dotte con andamento longitudinalesinuoso di diametro modesto (1/1,5m), mentre la stessa morfologia ma dimaggiore ampiezza, rinvenuta nellacavità di Istèttai a 140 m, si sviluppa sul piano di con-tatto con la dolomia sottostante, unʼinterfaccia cheha favorito la genesi di queste forme nei calcarisoprastanti, trovandosi spesso in regime di pressio-ne. Nel passaggio tra le due litologie è infatti eviden-te il restringimento notevole nella sezione, per pro-seguire in condotte freatico - vadose accresciutesi indolomia (“Piccolo S. Bernardo”). I risvolti pratici dellaspiccata fratturazione di questi sedimenti si traduco-no in accessi più agevoli - pur essendo la dolomiameno carsificabile di tutta la serie mesozoica - e

nella maggiore facilità di individuare le diret-trici di importanza locale, riflesse

spesso nello sviluppo interno

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malmente strette fessure verticali (Istéttai), in alcunicasi come Sa Mela allʼincrocio di diaclasi ortogonali,mentre lungo i pozzi interni la evidente scampanatu-ra presso il fondo, è causata dalla forte erosione,dovuta al trasporto di notevole corpo solido, cheaccompagna cavità fortemente assorbenti comeVPF e Istéttai. In generale le fratture diaclasiche pre-sentano immersioni che si discostano di pochi gradidalla verticalità, con profondità che si attesta media-mente sui 20 metri. La grotta del “VPF” presenta laverticale a campata unica più profonda (circa 45metri); il pozzo “Millelire” a Su Colostrargiu misuraoltre 50 m, ma è terrazzato a causa dellʼerosioneche ha provocato lʼarretramento lungo la lineaperpendicolare alla direttrice NNE-SSW, cheorigina la profonda parete frontale. Lʼattivitàidrica che lo ha lavorato in epoche passate èattualmente assente nelle parti iniziali comenellʼampia frattura tettonica che caratterizzala Nurra Cupercu. Essa presenta una con-cavità lungo la parete dellʼultimo pozzo chesi interrompe su un fondo semicircolaresospeso, rispetto a quello attualmenteattivo, ad indicare lʼattività passatadella cavità, ora decine di metri al disopra della quota esterna delFlumineddu. Una morfologiaaltrettanto tipica in questecavità è lʼampliamento degliambienti per gravità, riscontra-bile soprattutto al contatto conle rocce impermeabili. Il contat-to predispone una superficieche favorisce lʼerosione e loscalzamento da parte delleacque circolanti, agevolando ilcollasso delle dolomie forte-mente diaclasate. Il lungo

� S’iscra Olidanesa. L’ampia vallata che si sviluppa oltre i 900m di quota nel Supramonte di Urzulei è spesso innevata nel periodoinvernale sullo sfondo a N è visibile l’imbocco della Codula de Sa Mela ed il rilievo di M. Unnoro. (Foto V. Crobu)

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ambiente di crollo del VPF denominato “franaMaomettana” trova correlazione con altre simili nellaposizione in cui si origina, così ad Istèttai, notiamo a360 m presso il contatto (Sala della Cascatella) uncedimento delle stratificazioni che forma il classicoprofilo parabolico, determinato dal carico rocciososovrastante. Probabilmente la frana a valle diColostrargiu ricalca la stessa genesi, anche se non sievidenziano nella parte iniziale affioramenti di rocceimpermeabili, ma calcolando lʼestensione superior-mente alla quota dʼingresso della formazione dolomi-tica se ne intuisce la prossimità. La differenza traambienti modellati in litologie diverse si evidenziasoprattutto nella grotta di Istéttai, proprio lungo leverticali dove la formazione mesozoica appare abba-stanza varia, incontrando due strati di dolomie e duedi calcari nella seguente successione: dolo mia / cal -ca re / dolo mia / cal care / dolomia. Allʼingresso (Dolo -mia) si osserva una impostazione dei pozzi in frattu-ra, poco lavorati, mentre al passaggio con i calcari (-40 m), si assiste ad un aumento notevole delledimensioni e alla preferenziale formazione di pozzi asezione circolare, spesso in associazione a formeellittiche verso il fondo. Le sedimentazioni presenta-no inizialmente bande grigiastre di deposizione e adiverse profondità si notano conglomerati di arenariee calcari insiti nella struttura rocciosa larghi circa 20-30 cm, mentre nella verticale che si apre a - 100sono evidenti gli ammassi di macrofossili, a trattimessi in rilievo dallʼerosione-corrosione. Lʼultimostrato di calcari che si interpone nelle dolomie basa-li è spesso circa 20 m, tra la profondità di 185 e 205m, una successione che non si presenta ad esempionelle verticali del VPF che pur attraver-sano la stessa formazione.Questa stratificazione ina-spettata modellauna verticale

� Nurra Cupercu. Frattura alla base dell’ultima verticale, a circa90 m, dove si evidenzia un alveo non più attivo proveniente dal rio Flumineddu. Le disostruzioni a valle di questo tratto hanno reso possibile l’esplorazione dei rami di drenaggio più profondi. (Foto V. Crobu)

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in profondità, permettendo il lungo cammino dellʼac-qua che preludeva inizialmente ad una situazioneinsostenibile, vista la direzione di sviluppo contrariaallʼinclinazione della stratificazione. Nei passaggi indisostruzione oltre il sifone, la presenza di livelli mar-nosi ci indica che il contatto è nuovamente vicino.Possiamo pensare ad un cambiamento importantedella direzione. Al “VPF” una faglia di direzione NE -SW segna il ramo che permette lʼaccesso alla verti-cale sul salone del campo (-270) e approfondisce didiversi metri il contatto sul lato NW della sala, lato incui trovano sfogo le acque originate dalle piene ester-ne verso la “Frana Maomettana”. Questa importantefaglia, evidente anche in planimetria, pare delinearetutta la cavità fino alla “sala della cascata” e potrebbesuggerire una probabile prosecuzione presso unazona allagata da controllare forse più attentamente.

METEOROLOGIA DELLE CAVITÀ Gli ingressi, distribuiti in una fascia tra i 750 m e i 900m slm, si aprono in un ambiente montano abbastan-za rigido per cui le grotte, almeno considerando loscenario isolano, si possono definire particolarmentefredde. Il comportamento meteorologico risulta ingenerale abbastanza chiaro e netto, anche se nonsono stati eseguiti studi specifici. Tutti gli accessiinferiori, come di norma, fanno registrare temperatu-re più basse, specialmente nella stagione invernaleed il prolungato raffreddamento delle zone inizialigenera, come si è potuto notare, unʼinerzia alle inver-sioni del flusso dʼaria riscontrabile nelle calde gior-nate primaverili. La massa della roccia di grandecapacità termica, produce il veloce raffreddamentodelle colonne dʼaria presente agli ingressi inferiori einduce movimenti aspiratori anche con temperatureesterne che di regola tenderebbero a invertire il flus-

particolarmente bella nella forma circolare, incon-trando la dolomia sottostante che restringe legger-mente la sezione per impostarsi in larga frattura: ilpozzo è di circa 50 metri, con una verticale spezzatalievemente dal contatto con le due litologie che for-mano un piccolo terrazzo circolare dal quale sporgo-no alcune lingue rocciose. Una particolarità è rap-presentata dalla formazione di terrazzamenti in corri-spondenza delle superfici di contatto con ammassidolomitici dove la giunzione delle verticali viene sfal-sata con evidente disassamento. I sedimenti calcareiinfatti presentano una deposizione non omogeneaverificabile sia presso il “VPF” che ad Istéttai dove lefasce sedimentarie, riconoscibili dal colore più scuro,mostrano la minor attitudine allʼerosione che le portain visibile rilievo. Le faglie presenti lungo il settore delFlumineddu risultano di piccolo rigetto ma caratteriz-zano alcune importanti situazioni morfologiche. Laprincipale discontinuità tettonica nella grotta di Su Eniʻe Istéttai regola la direzione degli scorrimenti verso

SSE, una direzione preferenziale cheacquisisce già alle quote superiori.

Alla profondità di - 360 si osserva ilcontatto con gli scisti paleozoicimessi in grande evidenza sul latoovest da una faglia di direzioneSSE - NNW e che direziona ini-zialmente la galleria di“Landmanna laugar”. Poco piùavanti la probabile presenzadi una faglia trasversale aquesta direttrice, non ancoraben individuata per i varicrolli che si susseguono inquesta intersezione, dislo-

ca il contatto

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� Grotta VPF. Nella parte terminale del “ramo amonte del fiume” la galleria si sviluppa ad un livel-lo superiore ed è solo occasionalmente interessa-ta dallo scorrimento. Sono presenti alcune bellevasche che abbelliscono il percorso. (Foto V.Crobu)

so, mentre in autunno quando le temperature in que-ste zone sono state mitigate dai flussi in uscita delperiodo estivo, si assiste ad una riduzione drasticadel fenomeno ancora da definire nei dettagli. Il com-portamento accennato si può notare particolarmenteal VPF dove esiste una notevole superficie di scam-bio soprattutto nelle lunghe e strette diaclasi iniziali.In questa cavità si nota una circolazione definibile a“tubo di vento”, quindi in presenza di ingressi supe-riori, con un movimento più intenso rispetto alle altrequi menzionate. Su Colostrargiu e Nurra Cupercuappartengono a questa categoria. La disostruzionedi alcune aperture alla base di Serra Cupercu haindotto un aumento del flusso allʼingresso della“Nurra”, consentendo di trovare allʼinterno dellacavità e tramite il rilievo, i punti comunicanti con alcu-ne principali zone di assorbimento esterne, che atti-vano questa in caso di piene. Il fenomeno della for-mazione di colonne di vapore è molto esplicito inquesti ingressi, soprattutto in presenza di aria satura,durante le piogge anche se in condizioni di tempera-tura non molto bassa Questo fenomeno ha facilitatodurante la ricerca di campagna il reperimento dinumerosi ingressi. Si possono registrare alcunesituazioni di <tipo misto per la circolazione internanella grotta di Sa Cungiadura ʻe su Calavriche, defi-nibile a tubo di vento presso lʼingresso, che comuni-

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TRE RAGAZZI E UNATENDINA DA DUE POSTI

Il miracolo del VPF (Vittorio, Patrizia,Francesco) si rivela nella primavera del2002: una serie di verticali ha impegnatoper diverse settimane noi sette (“quelli delCollettore”) nell’attrezzamento. Non è piùuna tipica cavità sarda e i primi ostacolilungo una fitta frana ci affascinano e ci spa-ventano: questo gioco è forse più grandedi noi? Nuovo week-end 22-23 maggio2002: siamo io, Riccardo De Luca eMassimo Farris, forse nell’ultimo tentativodi superare la frana che ci tiene da settima-ne con il fiato sospeso. Pensiamo che lastrategia giusta sia allestire un campo inter-no, dopo tanti weekend distruttivi che cihanno visti uscire puntualmente alle primeore del mattino. Siamo veramente giù dimorale...giungere a -300 dopo tutte leenergie spese e fermarci in una frana!Dietro quel caos c'è il mondo! Comunquesia, la voglia di preparare un campo internocon le tendine che offriranno un caldoriparo ci appassiona più di quella intricata eoppressiva frana con cui dovremo combat-tere. Così sabato mattina siamo in grotta,qualche ora per affrontare le verticali condue zaini in più e all’ora del the siamo nelluogo della nostra condanna. Caldi ed

infangati, imbracciamo gli attrezzi da lavoroin mezzo a quel caos, ripassiamo ogni cen-timetro già visto e apriamo nuove vie spo-stando pericolosamente i blocchi che cisovrastano. Sono ore di vani tentativi: deci-ne di passaggi e strettoie ci fanno perderela testa, solo la bussola sa la direzione giu-sta e alla fine ognuno parla con il proprioattrezzo. Prima ci assale la stanchezza e poiuno stato di abbattimento che cresce.Eppure sentiamo che il collettore non èmai stato così vicino. La diminuzione dellatemperatura esterna, con il sopraggiungeredella sera, induce la grotta ad aspirare,muove un notevole volume d'aria qui giùed è un piccolo stimolo per proseguire. Mistacco da Massimo e Riccardo per tentareuna via alta: se l'acqua ci chiude la strada disotto, l'aria ce la indicherà di sopra? Io e ilmio palanchino andiamo d'accordo quandosiamo davanti ad una sfida. Giro per unamezz'ora fin quando mi raggiunge Riccardo.Apriamo altre vie buttando giù quintali dipietre che occludono i passaggi e la bussolaindica nord, non è male! L’immersione degliscisti lungo la frana è circa a NE. I blocchiqui si poggiano ad una parete che pareessere l'unico punto fermo di questo labi-rinto. Contorsioni e movimenti serpeggiantimi portano in un ambiente diaclasico, pro-prio una stranezza in mezzo a questo caos.Una fessura più avanti mi lascia intravedere

un buio maestoso, uno di quei vuoti in cuila voce si perde (come in un salone?!). Misento come un gatto chiuso in un baratto-lo, questa fessura è troppo stretta acciden-ti! Si avvicina Riccardo e sale, vertiginosa,l’ansia da esplorazione: l’arrampicata nelladiaclasi mi porta nuovamente in frana esopra il nuovo salone. Massimo intanto èirrintracciabile (si starà rifacendo il trucco?Boh). Pochi passaggi e sono finalmente giù,mi si apre un grande vuoto che a destrasprofonda verso il basso mentre davantiscorgo un largo terrazzo che sembra pro-seguire più comodamente. Siamo all'oradella verità, ma nessuno di noi due osa illu-dersi troppo e in un silenzio riflessivo con-tinuo il mio viaggio: la sala prosegue perdecine di metri e più avanti stringe in unafrattura verticale. Posso andare avanti tra imassi incastrati nel nuovo ambiente difrana. Mi si apre alla vista una densa oscu-rità, mi blocco di scatto e fermo pure ilrespiro. Non può essere! Questo è ilrumore di un fiume “....Fiumeeeee!”, urlocome un pazzo verso Riccardo e torno piùindietro perché mi possa sentire. Anche luichiama Massimo con tutta la forza dallafrana che lo blocca, e intanto perdo la testae mi affaccio nel salone. Con l'elettricocerco di scrutare il buio per valutare la viadi discesa. L'aria è satura di umidità, con unfragore d’acqua che proviene dalla parte

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inferiore dell’oscurità. L’idea di poter trova-re il collettore mi fa impazzire e salto giùsui grossi blocchi che terrazzano questoambiente che sprofonda fino ad una distesapuntinata di piccoli ciottoli umidi. Davantimi si presenta un lago cristallino che con-torna una prepotente cascata, avvolgendouna grossa formazione stalagmitica di unvivo colore ocra che si protende fino all’in-vitante buco sul soffitto della sala. Resto

senza parole. “Questo è un film?” Pensoche questa grotta sia frutto della mente eincredulo mi chino per bere. E’ un momen-to veramente magico! La frenesia esplorati-va mi riconquista dopo breve e scrutolungo la via del fiume mentre più su siaprono spaziose sale. Questo è un sogno,non è una grotta! Vado a recuperare i duecompagni per condividere la bellezza diquesta scoperta, questa notte non si dor-

mirà! Alle quattro del mattino siamo ancoracon la pala in mano per spianare una piaz-zola sul lato del salone, altrimenti la tendadove si piazza? Abbiamo ancora voglia discherzare e ridere dopo una durissimagiornata ma resta ancora, soprattutto, ilsapore dell’avventura di tre ragazzi e unatendina da due posti.

Vittorio Crobu

Grotta VPF. Allaprofondità di 270 m ilcontatto con il basa-mento metamorficocostituito da scistipaleozoici ha permes-so la formazione di unampio salone di crollo,da dove si diparte la“Frana Maomettana”.Un suggestivo salto di15 m immette nell’am-biente dominando ilconfortevole campointerno attrezzato ditendine . (Foto V.Crobu).

ca grazie ad unʼalta frattura verso zone superiori,dove si innescano flussi molto evidenti, mentre neipozzi interni completamente occlusi al fondo dapotenti concrezionamenti. la circolazione – presso-ché assente – costituisce un regime statico definibi-le a “sacco dʼaria”. Istèttai sembra rispecchiare uncomportamento generale come quello appenadescritto. Un comportamento particolare con circolazionesempre soffiante si riscontra negli ambienti post-sifone e si avverte palesemente presso la zona indisostruzione: questo farebbe pensare ad un tipo dicircolazione “endogena” che si manifesta per ricir-

colo in ambienti interconnessi a notevole sviluppoverticale. Lʼingresso di Istéttai risulta spesso “aspi-rante” e nelle giornate calde si manifestano brevicicli di inversione; questa fase di transizione farebbesupporre di essere in realtà in presenza di un meteomedio, in prossimità della quota di inversione, men-tre le basse temperature non fanno che accentuarenotevolmente il flusso di aspirazione. Le misurazio-ni presso Su Colostrargiu, VPF e Istettai dimostranoche le temperature più basse si esprimono pressozone iniziali come di norma e lungo importantirestringimenti della cavità ad alta ventilazione e conpresenza di intenso stillicidio. Le temperature aIstéttai sono state misurate il 22 giugno 2003; neiprimi pozzi in calcare (-60 m circa) registrando ilvalore di 8,1°C per lʼacqua, 8,4°C per la roccia e9,3°C per lʼaria; nelle strettoie a -250 risultano 8,9°Cper acqua e 9,3°C in aria, con unʼumidità relativa del96%. Questi valori abbastanza bassi tendono adaumentare presso il fondo dove, pur essendocigrande circolazione dʼacqua, lʼevaporazione è ridot-ta a causa dei bassissimi flussi dʼaria che attestano

� Su eni ‘e Istéttai. Suggestiva condotta freatica fossile perfet-tamente circolare a -135 m. Questa morfologia si sviluppa sulpiano di contatto con la dolomia sottostante, un’interfaccia cheha favorito la genesi di queste forme nei calcari soprastanti, tro-vandosi spesso in regime di pressione. (Foto R. De Luca)

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� Porceddu e trattalias sapientemente preparati dalle abilimani del sig. Pietro Mulas di Urzulei. (Foto R. De Luca)

� S’iscra Olidanesa, Supramonte di Urzulei. Nonostante iltempo invernale si presenti rigido e avverso, i lavori di disostru-zione non conoscono soste. (Foto G. Melis)

DATI CATASTALI

2623 SA/NU SU COLOSTRARGIUUrzulei, Colostrargiu, Funtana Bona 517 IVLat.: 40° 08’ 12’’ – Long.: 09° 27’ 03’’- Quota:825 m slmSvil.spaz.: 478 m - Svil.plan.: 385 m - Disl.: -108 mRil: Carla Corongiu, Vittorio Crobu, RiccardoDe Luca, Patrizia Soro.

2360 SA/NU NURRA CUPERCUOrgosolo, Serra Cupercu, Funtana Bona 517IVLat.: 40° 08’ 13’’ – Long.: 09° 26’ 59’’- Quota:875 m slmSvil.spaz.: 325 m - Svil.plan.: 197 m - Disl.: -113 mRil: Carla Corongiu, Vittorio Crobu, RiccardoDe Luca, Patrizia Soro, Alessandra Ardau.

2718 SA/NU SA MELAUrzulei, Codula Sa Mela, Funtana Bona 517 IV

Lat.: 40° 07’ 24’’ – Long.: 09° 28’ 03’’- Quota:925 m slmSvil.spaz.: 230 m - Svil.plan.: 146 m - Disl.: -114mRil: Carla Corongiu, Vittorio Crobu.

N° catastale non ancora assegnato SA/NUSA CUNGIATURA DE SU CALAVRICHEOrgosolo, Su Calavriche, Funtana Bona 517IVLat.: 40° 08’ 58’’ – Long.: 09° 28’ 34’’- Quota:800 m slmSvil.spaz.: 342 m - Svil.plan.: 150 m - Disl.: -114 mRil: Sergio Bangoni, Vittorio Crobu, PatriziaSoro.

2717 SA/NU SU SAMMUCUUrzulei, Su Sammucu, Funtana Bona 517 IVLat.: 40° 08’ 49’’ – Long.: 09° 28’ 10’’- Quota:775 m slmSvil.spaz.: 273 m - Svil.plan.: 200 m - Disl.: - 41m

Ril: Carla Corongiu, Vittorio Crobu, RiccardoDe Luca, Massimo Farris, Patrizia Soro.

N° catastale non ancora assegnato SA/NUS’ORALE ‘E SU MUDRECU ( VPF )Urzulei, Funtana Bona 517 IVLat.: 40° 08’ 43’’ - Long.: 09° 27’ 47’’ - Quota:790m slm Svil.spaz.: 1570 m - Svil.plan.: 1252 m - Disl.: -340 mRil: Carla Corongiu, Vittorio Crobu, RiccardoDe Luca, Massimo Farris, Patrizia Soro.

N° catastale non ancora assegnato SA/NUSU ENI ‘E ISTÉTTAIUrzulei, Funtana Bona 517 IVLat.: 40°08’52” – Long.: 09°28’19” - Quota:760m slmSvil.spaz.: 1600 m - Svil.plan.: 1250 m - Disl.: -370 mRil: Silvia Arrica, Vittorio Crobu, GianlucaMelis, Massimo Farris, Patrizia Soro.

a 10,3°C lʼaria nel ramo denominato “campo daRugby” (-300) e presso il sifone 11,6°C per lʼacquae 12,1°C per lʼaria.

SIAMO SOLO ALL’INIZIO

Ci sono tutti i presupposti per entrare nel profondocollettore già in un futuro non lontano, ma la vastitàdel sistema carsico esistente non può non far pen-sare alle difficoltà tecniche, che già in questa fasesi manifestano. Dei due settori principali, quello direttamente adia-cente a SʼEdera può aprire altre connessioni a valledelle gallerie esplorate recentemente, ma esiste unlargo intervallo fino al Flumineddu, costituito dalrilievo di M.te Unnoro e cime adiacenti, che portanolʼaltimetria oltre quel livello stimolante per ricerchefruttuose. Si può sperare di raggiungere questaparte del sistema carsico più interno soltanto daidue fronti, ma con grande complessità. Lʼulteriorelimite è stabilito dagli altipiani di Orgosolo a N del-lʼansa a”U”, importantissima area che nonostante lenumerose ricerche non ha ancora dato i giusti frutti(si può stimare una profondità per il raggiungimen-to del basamento impermeabile di oltre 600 m perora relegata solo alle cavità dʼoltremare). Si riusci-rebbe a fare una ricerca promettente più a N solonel lontano Supramonte di Oliena, ...ma ancora itempi non sono abbastanza maturi per organizzar-si.Lʼinteresse può invece concentrasi nel collegamen-to delle grotte di Colostrargiu e “VPF”: si trattereb-be di diversi chilometri sotto il Supramonte diUrzulei, che possono trovare anche fattibili e imme-diati riscontri, vista la relativa facilità con cui è pos-sibile forzare rispettivamente la frana a valle di Su

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Colostrargiu e il sifone del ramo a monte del “VPF”,non ancora tentati per scelta e impostazione dellaricerca. I numerosi rami che raccolgono gli assorbi-menti lungo il Flumineddu e il versante di Orgosolofarebbero lievitare lo sviluppo di tutta questa por-zione sconosciuta, con prospettive forse sottovalu-tate. Sarebbe di conseguenza proficuo impegnarsi mag-giormente nel ramo terminale del “VPF” per prose-guire verso la confluenza con il collettore principa-le. Il ramo a monte di Colostrargiu occluso dallafrana è il punto di arrivo del fiume che alimenta que-sta importante ramificazione del collettore; anchequi le possibilità sono legate ai collegamenti con ilvicino settore di contatto e, come le altre aree peri-feriche, può ancora esprimere ulteriori potenzialità,così come le zone ancora poco esaminate a W e aS del Flumineddu, che, se non appaiono diretta-mente collegate al collettore, possono portare abuoni risultati nel reperimento di altre cavità. Ilnucleo principale dei lavori è certamente quello del

� Su eni ‘e Istéttai. Discesa in una dellebelle verticali in calcare a -120. Dallaprofondità di - 40 si assiste ad un aumen-to notevole delle dimensioni e alla prefe-renziale formazione di pozzi a sezione cir-colare, spesso in associazione a formeellittiche verso il fondo. (Foto R. De Luca)

Flumineddu, lʼultimo fronte dadove poter accedere alla partecentrale e vadosa del grossosistema, un progetto affascinante,che stimola forse più del settoreiniziale di Sʼiscra Olidanesa eCodula de sa Mela, nonostantepresenti anchʼesso un grandepotenziale speleologico.

RINGRAZIAMENTI

Quattro anni di continuo impegnoricordano grandi emozioni e fati-che vissute tra pochi compagniaccomunati dallo stesso desiderioche si sviluppa in un ambientegrandioso, familiare e severonello stesso tempo, come ilSupramonte. Ricordi di bei mo -menti si alternano a quelli di sacri-fici, timori e, a volte, anche disconforto. Vorremo ringraziaretutte le persone che ci hannoofferto amichevolmente il loro con-tributo: il primo compagno di scaviFrancesco Lai; Alessandra Ardau;gli amici di Baunei Marco Millelire,Salvatore Caredda, BenedettoMaddanu e Sergio Bangoni; iragazzi di Cagliari speleo e non; lacricca delle “merdone”, la “bale-

na”e le altre bestie che spesso ci fanno compagnia;Sandro Sulis, Jo De Waele, Lucio Mereu, che ulti-mamente ci danno forte sostegno e poi ancoraAntonio Saba e Salvatore Porcu con cui collaboria-mo nei tempi più recenti ad alcune disostruzioni; iragazzi del gruppo di Urzulei e così tutte le perso-ne amiche del paese che incontriamo sulla monta-gna, in particolare il sig. Pietro Mulas caro amico epunto di riferimento nel solitario Supramonte diUrzulei. che improvvisa buoni pranzi a base di por-chetto. Grazie anche allʼamico Aldo Puggioni che civizia in “cucina” mettendo a serio rischio il nostropassaggio in strettoia e gli amici dellʼEquipeSpeleologica di Domusnovas, in particolar modoFranco Fais e Massimiliano Gessa. E infine iresponsabili catasto Mauro Villani e Mario Puddu,sempre disponibili. Senzʼaltro dimenticherò qualcu-no, chiedo scusa a mio nome e di tutti “Quelli delCollettore”.

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Una complessa regione di cenotes scarsamentedocumentata, anche selogisticamente facile, apre interessanti prospettive per le futureesplorazioni

Attilio Eusebio*, Roberto Jarre**,Giuseppe Minciotti***, Estaban Grau****

*Gruppo Speleologico Piemontese CAI UGET, Torino**Gruppo Speleologico Alpi Marittime CAI, Cuneo***Gruppo Speleologico CAI, Verona****Sociedad Espeleologica de Cuba

CRONACA DI UNA SPEDIZIONE

MATANZAS 2003Speleologia a Cuba

MATANZAS 2003Speleologia a Cuba

IntroduzioneNellʼimmaginario collettivo lʼisola di Cuba evoca ilricordo di una natura ancora selvaggia, di campi ditabacco e di canna da zucchero, dellʼautarchiacomunista, di un ideale “cubano” nato dalla rivoluzio-ne di Fidel e di Che Guevara, e di un orgoglio nazio-nale che vuole competere, con dignità e fierezza,con i vicini Stati Uniti.Cuba in realtà è tutto questo, a cui bisogna somma-re il clima favorevole e la gente ospitale per farne laterra ideale per le esigenze di una comunità speleo-logica in cerca di avventura, sognando grandi ecalde gallerie, giungla e zone inesplorate.Meno male quindi che, accanto al fenomeno turisticodi massa con i suoi aspetti deteriori, esiste anchequesta realtà parallela: una Cuba non turistica dovela grande massa per ora non arriva, le esplorazioni sisvolgono in scenari differenti da quelli prospettati neicataloghi delle agenzie e la vita di tutti i giorni èabbastanza diversa da quella dei villaggi turistici.Il modo di vivere del popolo cubano, spesso duro edaustero, lo si percepisce attraversando lʼisola e percor-rendo le strade che uniscono i centri turistici. La nostraspedizione, isolata dal contesto turistico, ha avutomodo di provarlo unendo allʼaspetto ludico ed esplora-tivo tipico, in questo caso, dellʼattività speleosubac-quea, anche una esperienza umana del tutto nuova.

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logistici. Lʼorganizzazione di una spedizione speleo-subacquea si porta dietro una serie di problematicheambientali quasi insormontabili ad oltre 8.000 chilo-metri da casa, tra cui prevale il trasporto materiali. Non va infatti dimenticato che la spedizione è statapossibile grazie ad una lunga e accurata preparazio-ne. Una rappresentanza cubana era stata infattiospite in Italia e con essa avevamo discusso a lungoi programmi, le aree di intervento e le modalità di col-laborazione. Inoltre lʼufficio relazioni estere della SSIe della SEC, lʼagenzia Altius Sole, specializzata inviaggi alternativi, hanno lavorato a tempo pieno perol nostro progetto. Premesso tutto ciò permanevano ancora alcune dif-ficoltà. Una ragionevole autonomia che comprende-va compressore, bombole ed attrezzature personaliper tre speleosub, come nel nostro caso, vale circa350 kg di materiali, trasportati prima allʼaeroporto,poi sullʼaeromobile, poi ancora a spasso per Cuba edinfine nelle varie grotte cubane. Alcuni dei materiali indispensabili erano incompatibi-li con i normali regolamenti aeronautici, sempre piùrigorosi e restrittivi: il trasporto di un compressore edelle bombole subacquee ha così dovuto ottenereanche alcuni importanti placet da parte delle Autoritàcompetenti e della compagnia aerea.

Diario della spedizione

Il 26 aprile 2003 alle 11.00 decolla dallʼaeroporto diMilano Malpensa il volo 127 con destinazione LaHabana. A bordo ci sono i componenti della primaspedizione speleosubacquea italiana a Cuba. Ècomposta solamente da tre persone: Attilio Eusebio,Roby Jarre, Beppe Minciotti, ma con 350 kg di mate-riale. Tutto era nato circa sedici mesi prima mentre sistava esplorando una risorgenza in Piemonte: trachiacchiere e progetti vari si cominciò a pensare diandare a Cuba, dove si sapeva che cʼerano tanterisorgenze e cenotes inesplorati. Lʼidea a poco a poco cominciò a concretizzarsi, cʼeralʼaccordo tra SSI e SEC che ci favoriva, cʼera genteinteressata a partecipare, le notizie cominciavano adarrivare, lʼiniziativa prendeva forma. Come sempre

succede in questevicende gli ultimi mesisono decisivi e freneticie in quei pochi giorniprima della partenzaaccade di tutto. Infattigiunti al dunque rima-niamo solo in tre sicuridi partire: che si fa?Avevamo ipotizzato dinon essere molti, seimassimo otto personeper essere snelli, flessi-bili e veloci, ma solo trerischiamo di esseredrammaticamente inpochi. Alla fine decidia-mo di andare: esseresolo in tre sarà lanostra fortuna. A Cuba

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Tutto questo è stato possibile grazie al Protocollo diaccordi SSI - SEC, con scambi finalizzati a facilitaregli ingressi in territorio cubano e permettere una fre-quentazione delle grotte locali agli speleologi italiani.A questo va premesso che Cuba ha una profondacultura speleologica che si perde nella notte deitempi e che trova la sua forza e motivazione attualenellʼutilizzo delle grotte per usi militari come fu fatto –in modo decisivo – durante la rivoluzione. Sullʼisoladunque la speleologia è una cosa seria e tutti cono-scono, rispettano e ascoltano lʼorganizzazione spe-leologica, che è riconosciuta e parzialmente finan-ziata dal governo centrale.Una spedizione ufficiale, per giunta esplorativa, èquindi un passo serio ed importante. Per noi, oltre aiproblemi burocratici – in verità trascurabili anche peri buoni rapporti personali ed istituzionali della spe-leologia italiana con quella cubana – restano quelli

� Il Cenote dell’Infierno, una delle più controverse cavità visi-tate. I suoi grandiosi ambienti sono purtroppo rovinati da detritie rottami di varia natura, depositati sul fondo di un gigantescosalone di 80 per 25 m.

Schema della situazione carsica della parte centro-occidentale dell’isola. In giallo sono evidenziate le zone perlustrate (da Gèze et Mangin, 1980 modif.).

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INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO

Cuba è un’isola che si può definire senza dubbio “calcarea”, suuna superficie di 110.000 km2 più di 80.000 km2 sono occupatida rocce carbonatiche, per la maggior parte interessate da feno-meni carsici superficiali e profondi.Si tratta per lo più di morfologie di tipo tropicale che nel 1968A. Nuñes Jimenez et al. (Nuñes Jimenez A, Panos V. y Stelcl O.Carsos de Cuba, Ac. Ciencas Cuba, Ser. Espeleologica yCarsologica, 2, 47 pp) catalogarono in 6 macro-tipi e 14 sotto-tipi, identificando i vari karst che coprono tutte le situazioni pre-senti sull’isola.Successivamente Gèze e Mangin nel 1980 (Bernard Gèeze etAlain Mangin – Le karst de Cuba - Rev. Géol. Dynamique et deGèogr. Physique, vol 22, fasc. 2, 157-166, 1980) semplificarono dimolto la trattazione, distinguendo e concentrando il loro studiosu due tipologie caratteristiche, ben evidenti ed originali del ter-ritorio cubano: i “cénotes” ed i “mogotés”. Nel primo caso si tratta di una particolare morfologia carsica(pozzo - dolina) dove all’ingresso segue una cavità più o menosviluppata e percorribile, occupata dall’acqua in modo perenne.E’ di fatto un’apertura naturale verso un carso allagato a deboleprofondità, mediamente tra i 5 ed i 20 metri. Gli ingressi sonosubcircolari e nell’area studiata sono posizionati, con sorprenden-te monotonia, intorno ai 10-15 metri slm.Il termine è di derivazione messicana ma anche a Cuba ha lostesso significato. I cenotes presenti sull’isola sono innumerevoli ma prevalgononella parte occidentale e vanno ad occupare una fascia larga da20 a 30 km e lunga circa 250 km, compresa nelle province diPinar del Rio, La Habana, Matanzas e Las Villas. Il termine “mogoté” è invece di derivazione spagnola ed è benrappresentativo del carso cubano a coni, passante a cupole ed avolte a torre. In ogni caso si tratta di un rilievo calcareo, abitual-mente circolare, con un diametro da 100 a 500 metri, che siinnalza sulla pianura sottostante da 50 a 200 metri. E’ un tipo dicarsismo relativamente diffuso in tutto il territorio cubano mache raggiunge le sue massime espressioni nella Sierra de losOrganos nella provincia di Pinar del Rio.Una successiva trattazione del carsismo nei suoi molteplici aspet-ti e delle grotte cubane viene svolta nel 1988 ancora da NunesJimenez e colleghi, nell’ultima edizione di “Cuevas y Carsos”: quiviene ripresa la suddivisione “cubana” delle morfologie carsichein maniera chiara ed esplicita. Queste, elencate di seguito, catalo-gano in modo esauriente tutto il territorio dell’isola:

• Llanuras carsicas• Llanuras calcareas• Llanuras de carso desnudo y parcialmente desnudo• Carso con una capa delgada de suelos• Carso litoral y de las terrazzas marinas• Llanuras formadas por depositos potentes• Carso de los pantanos y las ciénagas• Alturas y montanas carsicas• Mesetas• Carso cupular• Carso conico y de torres• Carso tabular• Carso en yeso• Carso tabular en association con el carso conico

Le aree obiettivo dalla nostra prospezione, in previsione di un

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impareremo subito che oltre le tre - quattro personesi rischia di incorrere in problemi insormontabili; pro-blemi qui facilmente risolvibili là diventano paraliz-zanti, reperire mezzi di trasporto è un problema, lʼal-loggio è un problema, in pochi, ma veramente inpochi, si riesce a cavarsela abbastanza bene; innumero maggiore si rischia il black out. La secondaseria crisi che abbiamo dovuto superare prima dellapartenza è stata quella legata ai materiali. Si sa chespeleologia subacquea significa materiali voluminosie pesanti: ci vogliono le bombole, i compressori percaricarle ecc. Inizialmente contavamo di reperirequesto materiale in loco, invece alla fine ci siamo resiconto che non cʼè niente da fare: o ci portiamo tuttoma proprio tutto o arrivati là ci troviamo senza bom-bole e compressore per caricarle. Non è facile, mastoicamente decidiamo di portarci le bombole e dicomprare un compressore e portarci anche quello.Tutto questo però pesa terribilmente e sugli aerei ipesi si pagano profumatamente. Extra budget abbia-mo già comprato di tasca nostra un compressore,

� Speleosub in azione.

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approfondimento successivo, sono posizionate ad E e a S di Matanzasin un contesto carsico attribuibile alle “Llanuras de carso desnudo yparcialmente desnudo” per quanto riguarda l’area compresa traMatanzas stessa e Varadero (sistema di Santa Catalina). Per la trattapiù meridionale si tratta invece della classica Llanura carsica meridio-nal. La prima zona presenta una estensione di molte decine di chilometriquadrati con quote altimetriche comprese tra 100 m slm circa finoalla costa, dove sono evidenti anche fenomeni carsici marini (grottesottocosta, ecc..).I litotipi sono costituiti da calcari organogeni di età compresa tra ilPliocene ed il Pleistocene, generalmente con caratteristiche geomec-caniche non particolarmente buone. Morfologicamente si presentacome una piana monoclinale debolmente inclinata verso il mare. Lacopertura vegetale di queste aree è relativamente estesa ed abbon-dante soprattutto in prossimità dei punti d’acqua (quindi delle grotte).Raramente comunque affiora il karst in modo netto e la coperturaargillosa e vegetale è diffusa pressoché ovunque.Vi sono complessi carsici chilometrici, il più noto dei quali è la Grottadi Santa Catalina, in parte turistica, che si sviluppa per circa 20 chilo-metri in un alternarsi labirintico di gallerie suborizzontali quasi sempreasciutte. Il reticolo carsico è organizzato in livelli fossili ed attivi spessocollegati da grandi crolli, con abbondante presenza di depositi e con-crezionamenti tra cui si riconoscono le tipiche concrezioni subacquee.Il livello di base viene raggiunto da quasi tutte le cavità con laghi esifoni a quote prossime a quelle marine anche a chilometri di distanzadalla costa, mettendo in evidenza un gradiente piezometrico moltobasso (tra 0,05 e 0,1%). Le immersioni rivelano la totale assenza dicorrenti e la presenza di acque stratificate con ingresso di acque mari-ne profonde anche all’interno di cavità lontane dal mare, come adesempio nella Cueva di Saturno. Ciò è dovuto all’esistenza di una retefreatica vasta, profonda e con tempi di residenza delle acque relativa-mente lunghi. Questa risente in modo sensibile e documentabile deiforti prelievi di acqua dolce eseguiti attraverso pozzi per alimentare ivillaggi turistici.La seconda zona è a S di Matanzas. Provenendo da N vi si giungescendendo da una serie di graziose colline, solcate da qualche spora-dico corso d’acqua, arrivando ad una pianura infinita, fortemente

vegetata, in parte antropizzata ed oggetto di piani di risanamento ecoltivazioni per lo più abbandonate (canna da zucchero ed aranceti).Morfologicamente è una grande pianura che degrada verso il marecon gradienti intorno all’0,1% e che nella parte più prossima al Golfodi Batamano e nella Penisola di Zapata si trasforma in un’area palustrenella quale acque dolci e salate si miscelano senza soluzione di conti-nuità.In questa immensa piana si aprono cavità anche di grandi dimensioni(diametro fino a 70-80 metri) che raggiungono quasi sempre il livellodi base della falda. Nella parte mediana sono presenti i cenotes, i cuiingressi sono spesso nascosti dalla abbondante vegetazione che siconcentra sui bordi o all’interno dei pozzi - dolina, con una densitàmedia di una cavità ogni 2-3 km2.Gli ingressi sono solitamente subcircolari, con diametro da qualchedecimetro fino a grandi dimensioni. Nel primo caso il pelo dell’acquaè libero ad una profondità di 5-10 metri, nel secondo si osserva abi-tualmente un cono di detriti nella parte centrale. Quello che apparechiaro, e le esplorazioni speleosubacquee lo stanno confermando, èl’esistenza di un grande reticolo di gallerie, che seppure con dimensio-ni variabili, rappresenta un unico, immenso serbatoio.

� Cenote de Cocodrilo.

Schema del karst tra Matanzas e il Golfo di Batabano con evidenziate le caratteristiche delle due Llanuras carsicas. In verde sono rap-presentati i terreni non carsici, in marrone i calcari mentre la linea viola tratteggiata indica la piezometrica ideale. Le frecce evidenzianole ingressioni di acqua marina.

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lui. Quindi si riparte alla volta di Saturno, località turi-stica dove ci installeremo.Arriviamo che piove e tira vento, la stagione dellepiogge sta iniziando e noi cominciamo a pagarne leconseguenze. Il maltempo ci perseguiterà anche neiprossimi giorni, mettendo in più di un momento inseria crisi la nostra pazienza e la nostra sopportazio-ne.Ceniamo al relativo riparo di un ampia tettoia e poi ciimpossessiamo di un locale adibito ad una specie dipunto informativo per turisti per dormire al riparodella bufera, tra bombole, compressore, sacchi escatoloni. Sarà la nostra sistemazione per i prossimigiorni. Dopo oltre 24 ore ci stendiamo per riposare.

27 aprile 2003, Saturno. Lavoriamo alacrementeper riassettare lʼattrezzatura, verificare tutti i materia-li, rimontare e caricare le bombole. Il compressorefunziona a dovere e romba per ore riempiendo lenostre bombole e quelle di due speleosub cubaniche sono con noi, Adriano e Clinche. Finito questolavoro partiamo alla volta di due cuevas allagate nonmolto distanti dalle nostra base. La nostra trepida-zione svanisce tristemente dinnanzi alla prima: è unlaghetto di un verde marcescente schifoso. Il moralesi rialza alla vista della seconda. Allʼinterno di unampio cavernone un lago cristallino molto invitante.Al ritorno passiamo per Varadero, la Rimini cubana,quindi visitiamo la Cueva di Santa Catalina, una grot-ta fossile di ampie dimensioni e di grande sviluppocon impressionanti concrezioni.

28 aprile 2003, Saturno. Si preparano le attrezzatu-re e si parte alla volta del laghetto visto ieri.Cavallerescamente, ma non disinteressatamente,lasciamo il passo ai cubani che si accingono adimmergersi in quellʼacqua poco invitante. Non esco-no dopo molto, la visibilità è nulla, perciò lasciamoperdere sperando in maggiore fortuna altrove. Li aiu-tiamo a sbaraccare e andiamo alla Cueva de lʼAgua.Allʼingresso Beppe viene ripetutamente punto da unavespa e finisce subito fuori gioco. Si immergonoAdriano, Clinche, Poppi e Roby. Nulla di entusia-smante, le sezioni via via si restringono e aumenta-no i depositi di sedimento finissimo che a sfiorarlo sialza in nuvole impenetrabili che annullano la visibi-lità. Ritorniamo alla base. Beppe è ai box momenta-neamente bloccato dalle punture della vespa. Siriparte per la Cueva Los Mojados; lʼavvicinamentonon è facile perché si trova in una inestricabileboscaglia dove orientarsi è veramente difficile. Il sifo-ne praticamente non cʼè, ma nel laghetto internodove viene fatta lʼimmersione vengono individuati deipesci ciechi e del vasellame antico.

29 aprile 2003, Saturno. Dopo aver lavorato allaricarica delle bombole, si va alla Cueva Abono. Postoveramente notevole, grande caverna con dovizia diconcrezioni fossili e lago cristallino. Si preparaBeppe e si immerge nel primo lago. Non cʼè granche. Solo un paio di buchetti stretti e estremamenteinsidiosi perché si aprono tra roccia instabile e frana.Infilandosi dentro crolla di tutto e si rischia di rimane-re sepolti. Si passa ad un secondo lago. Scendesempre Beppe e subito si allontana in profondità. Allabase una galleria prosegue ma è già sagolata, da

che costa ben più di qualche euro e lʼaccollo deglionerosissimi costi per il sovrappeso è improponibileper il bilancio della spedizione che è totalmente anostro carico. Con una disperata determinazione riu-sciamo a far caricare tutte le nostre masseriziesenza sborsare un cent. Alla fine, snelliti nel numeroe lievitati in pesi ed ingombri, un poʼesauriti da tantetraversie ma assolutamente decisi, seduti su tre pol-trone di classe economica, siamo in volo per Cuba.

26 aprile 2003, La Habana. Recuperiamo tutto (enon è poco) il materiale e ci incontriamo con un nutri-to gruppo di cubani che ci attendono in aeroporto.Poco dopo arrivano anche i mezzi che ci condurran-no a Matanzas. Vedendoli si comincia subito a capi-re come gireranno le cose nei prossimi giorni. Noisaliamo su un vecchio e sgangherato GAZ 69 exarmata rossa, il materiale e i cubani su un camionci-no di marca, modello ed età indefinibili, più che sgan-gherato ormai devastato.Alla partenza, per motivi a noi oscuri, i due mezziprendono direzioni diverse; i nostri accompagnatoricubani non si scompongono, noi speriamo benevisto che sul camioncino ci sono tutti i nostri averi.Lungo la strada la nostra GAZ si ferma, è finita labenzina e non ce nʼè altra. Aspettiamo fiduciosi chepassi il camioncino, sperando che sia dietro a noi. Gliamici cubani sono tranquilli, noi li imitiamo rassegna-ti.Alla fine il camioncino si materializza allʼorizzontedella deserta strada litoranea cubana. Restiamosconcertati nel renderci conto che i cubani non pen-sano minimamente a rifornire di carburante il mezzorimasto a secco ma lo trainano, così sul far della serafacciamo il nostro ingresso trionfale a Matanzas arimorchio dello sderenato camioncino.Veniamo accompagnati alla abitazione di Ercilio, ilpresidente della SEC, e ci intratteniamo un poʼ con

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� Matanzas

� Per le strade di Matanzas, capoluogo dell’omonima regione(foto di A. Danieli)

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Ritornati alla nostra base, la troviamo affollatissimadi turisti europei e cubani e occupata da un foltogruppo di tecnici televisivi o cinematografici chedevono girare dei filmati. Facciamo fagotto in fretta eci allontaniamo da quella confusione. A Matanzasgrazie al fatto che siamo solo in tre veniamo ospita-ti dai nostri accompagnatori cubani e alloggiamotranquillamente a casa loro.

2 maggio 2003, Matanzas. Dalla città ci spostiamoa SSE alla ricerca di nuovi sifoni. Anche i nostriaccompagnatori non conoscono particolarmentebene la zona, ma riescono a recuperare alcuni abi-tanti del luogo che ci portano a vedere cinque caver-noni con al fondo un lago. Almeno tre sono sicura-mente interessanti ma si aprono proprio in mezzoalla jungla e bisogna aprirsi la strada a colpi dimachete.Ritorniamo che è sera, prepariamo tutti i materialinecessari per domani, consumando la solita cenafrancescana a cui ci siamo ormai più che abituati erassegnati, ma che comincia a stufarci e speriamo inun domani gastronomicamente più fortunato.

3 maggio 2003, Matanzas. Oggi è una bella giorna-ta, carichiamo le nostre masserizie sul camioncinoche ci accompagna fin dal primo giorno e partiamoalla volta delle cuevas localizzate ieri. Ognuno di noitre si immerge in maniera indipendente in una dellecavità, riportandone descrizione e rilievo. È unametodologia molto efficace che ci consente di esse-re estremamente efficienti senza sovraccaricarcieccessivamente. Terminate le immersioni ci spostiamo verso la zonadi Bolondron dove cerchiamo il Cenote delCocodrilo. Quando arriviamo restiamo veramenteimpressionati: è un lago di oltre quaranta metri didiametro, con pareti a picco alte circa dieci metri dalpelo dellʼacqua e con al centro unʼisoletta completa-mente ricoperta di folta di vegetazione verde sme-raldo. Restiamo tutti a bocca aperta.

non si sa chi, visto che a detta dei cubani dovremoessere i primi a fare immersioni qui. Dopo averseguito la sagola percorrendo ampi ambienti som-mersi. Beppe riemerge per tuffarsi in un terzo laghet-to. Qui vengono trovate diverse prosecuzioni cheperò inesorabilmente si ricollegano alla galleria giàsagolata.Nel pomeriggio ci spostiamo verso Matanzas.Risaliamo con un gommone un fiume per visitareuna grotta altrimenti non raggiungibile. Il viaggio èentusiasmante, peccato per il cielo plumbeo e per lapioggerellina che a tratti cade. Anche lʼapprodo èspettacolare. Raggiungiamo la grotta e Roby siimmerge nel laghetto terminale. Anche qui nessunaprosecuzione di rilievo. Dopo questa esperienzaandiamo nella periferia della città, sulla costa perverificare la presenza di alcune grotte costiere. Siimmergono Adriano e Poppi. La faccenda ha dellʼe-silarante poichè lʼimmersione avviene sulla costaprospiciente ad un enorme condominio di stile sovie-tico. Tutti sono alle finestre e sui balconi a guardarci:centinaia di persone assistono allʼimpresa. Come sipoteva prevedere non cʼè nulla, ma comunque è ungran divertimento.

30 aprile 2003, Saturno. Ricarica bombole e prepa-razione di tutta lʼattrezzatura. Oggi facciamo unaimmersione nel lago sifone della Cueva di Saturno.Ci dedichiamo esclusivamente allʼattività fotografica.Le condizioni ambientali e la limpidezza dellʼacquasono ottime. Restiamo sotto a fotografare per oltreunʼora.Nel pomeriggio si ritorna alla Cueva Los Mojados.Considerato lʼavvicinamento disagevole alleggeria-mo al massimo il materiale da trasportare, ma nono-stante ciò il percorso è faticoso e disagevole. Laboscaglia è fitta ed impenetrabile e non è facileorientarsi e aprirsi la strada. Fa molto caldo e quan-do finalmente arriviamo alla grotta sostiamo a lungoallʼombra e al fresco allʼinterno.Beppe e Roby si immergono e riescono a fotografa-re i pesci ciechi ed i reperti individuati inprecedenza. Un vaso integro vienerecuperato per consegnarlo ai cubani.A sera Adriano e Clinche, gli speleosubdi La Habana che sono stati con noi inquesti giorni, tornano a casa. Li rive-dremo gli ultimi giorni, quando ciaccompagneranno a visitare alcunisifoni nei pressi della capitale.

1° maggio 2003, Saturno. Ritorniamoalla Cueva di Saturno a completare leriprese fotografiche nelle parti del sifo-ne che ieri non avevamo visto. Nelpomeriggio torniamo alla Cueva Abonoanche qui per fotografare gli ambientisommersi visti un paio di giorni addie-tro.

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Matanzas �

� L’immancabile sabbia in sospensione, veroostacolo di ogni esplorazione speleosubacquea. Qui all’interno della Cueva Abono.

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� Matanzas

4 maggio 2003, Matanzas. Partiamo alla volta delCenote del Cocodrilo. Scende Poppi assistito daRoby. Piazziamo una vecchia scaletta dei cubani ecaliamo lʼattrezzatura subacquea. Si perlustra il con-torno del lago, poi Poppi scende nel punto che appa-re più promettente. Emerge dopo venticinque minuti.Eʼ sceso in un ambiente grande fino alla profondità di– 30 m, poi la grotta continua con dimensioni di tuttoriguardo e sembra che diventi orizzontale. Terminatalʼimmersione e recuperato tutto il materiale andiamoa vedere lʼingresso del Cenote de lʼInferno e un terzocenote: il Tanca Azul che si apre in mezzo un aran-ceto. Purtroppo questʼultimo è veramente una speciedi discarica e perciò rinunciamo a esplorarlo.Tornati in città ci mettiamo subito allʼopera caricandobombole e preparando gli svolgisagola: domani sitorna allʼassalto del Cenote del Cocodrilo.

5 maggio 2003, Matanzas. Al Cenote del Cocodrilosi immerge Beppe con il supporto di Roby. Scendefino al punto raggiunto ieri da Poppi. Prosegue inorizzontale ma non trova gallerie, finisce su unaparete, allora piega a destra e scende ancora inprofondità. Raggiunti i –50 m risale uscendo dopouna abbondante decompressione. Il cenote prose-gue ancora verso il basso.Sgomberiamo con calma, si va al Cenote delʼInferno. Si immerge Poppi al cospetto di un foltopubblico: si era sparsa la voce che saremmo venutie ci aspettavano. Scompare sottʼacqua per emerge-re dopo parecchio tempo. Sotto ha trovato unambiente molto vasto ma con scarsa visibilità chenon gli ha consentito di individuare ulteriori prosecu-zioni. La grotta finisce in un salone di 80 m per 25 m,ad una profondità di 33 m.Tornati a casa di Esteban decidiamo di ritardare lapartenza per La Habana dove ci aspettano Adriano eClinche; vogliamo chiudere i conti con il Cenote delCocodrilo. Finiamo la serata scolandoci una spremu-ta di 40 arance recuperate nella piantagione vicino alcenote: tre litri abbondanti di succo concentrato.

6 maggio 2003, Matanzas. Oggi si va allʼassalto delCenote del Cocodrilo, noi siamo prontissimi, il mate-riale è tutto in ordine, controllato e ricontrollato, tuttoè a posto, ma non è giornata. Lungo la strada sirompe il differenziale posteriore del camioncino.Dobbiamo rinunciare ma almeno riusciamo a rientra-re in città ad unʼora decente. Di trovare un altromezzo di trasporto neanche a parlarne, né per ogginé per domani.

7 maggio 2003, Matanzas. Carichiamo le nostremasserizie su un camion, montiamo sul vecchio GAZ69 e andiamo a La Habana. Nella capitale siamoospitati nella sede della SEC dove cʼè una foresteria.Ritroviamo Adriano, Clinche e Pepe, speleosubcubani. Domani ci portano a visitare un sifone chehanno esplorato.

8 maggio 2003, La Habana. Viene a prenderciAdriano con una Lada sgangherata e tutto il materia-le viene caricato su un carrello costruito artigianal-mente. Passiamo a casa di Clinche e carichiamoanche lui e il suo materiale. Non facciamo molta stra-da, il motore esausto dellʼauto si ferma, perde olio da

tutte le parti. Siamo bloccati nella periferia della capi-tale. Devono venirci a prendere ma questa non è unacosa semplice perchè recuperare una macchina aCuba non è facile. Attendiamo per ore, poi arriva ilpapà di Adriano con unʼaltra Lada in condizioni nonmolto migliori della prima e ci traina. La giornata èandata e conoscendo la situazione sarà molto diffici-le che si riesca a trovare degli altri mezzi per muo-verci.

9 maggio 2003, La Habana. Oggi è lʼultimo giornoutile. Attendiamo notizie dai cubani ma nessuno si favivo. Li cerchiamo al telefono ma come era prevedi-bile non ci sono possibilità di recuperare un mezzo.Passiamo la giornata a preparare tutto il bagaglio peril rientro e a fare un poʼdi turismo.

10 maggio 2003, La Habana. Facciamo gli ultimi giriin città, poi vengono gli amici di Matanzas. Ci porta-no in aeroporto. Noi partiamo mentre altri speleologiitaliani arrivano per fare un servizio fotografico sullegrotte cubane. La festa è finita.

Considerazioni esplorative

Le grotte conosciute nelle regioni perlustrate sonopiù di 2000, ma si tratta in realtà di un numero desti-nato ad aumentare con estrema facilità appenamiglioreranno le condizioni ambientali, sociali e lalogistica (soprattutto i trasporti).Inoltre bisogna considerare anche il numero ridotto dispeleologi attivi rapportato alle grandi estensioni cal-caree solo parzialmente esplorate. Territorio, dunque,interessantissimo. A titolo di esempio basti citare lʼarea più meridionalevisitata dalla nostra spedizione, a S delle cittadine diBolondron e di Pedro Betancourt, che inseriva a cata-sto, prima del nostro arrivo, poche cavità. Ebbene inpochi giorni di attività, in unʼarea logisticamente faci-le, sono stati ritrovati – con frequenza ogni tre/quat-tro km2 – grandi cenotes o laghi carsici, mediamenteinesplorati e i cui ingressi sono difficilmente visibili dalontano in quanto ricoperti dalla vegetazione. Unarecente comunicazione dai nostri amici cubani ne citaaltri 14 ancora da esplorare.Lʼattuale spedizione aveva come obiettivi originari laricognizione di tre distinte aree, successivamenteridotte a due, in previsione di una esplorazioneapprofondita da svolgersi in un prossimo futuro.La prima zona, come è stato detto in precedenza,risulta localizzata in prossimità degli abitati diMatanzas e Varadero. A poche decine di chilometridal mare si apre un complesso carsico molto noto, laGrotta di Santa Catalina. Ma mentre la parte aerea ditutta questa regione carsica è abbastanza conosciu-ta, nulla o quasi è stato fatto, in modo sistematico,nella parte subacquea. Così i primi giorni sono stati impiegati per scenderealcuni sifoni di varie grotte, esplorando ambienti chepurtroppo non presentavano grandi prosecuzionioppure che si arrestavano su detriti fangosi e stret-toie impraticabili.Ad antri entusiasmanti e rigogliosi, con gallerie aereedi dimensioni decametriche seguivano dunque bacini

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Beato e Cueva Molina. In questʼultima è stata rag-giunta la profondità di –22 m arrestandosi su un con-dotto fangoso di dimensioni ridotte. La zona più promettente, ritrovata come capita spes-so, negli ultimi giorni, si posiziona alcuni chilometri aS di Pedro Betancourt ed è compresa in una fasciadi territorio subpianeggiante lungo lʼAutopista checollega La Habana con Camaguey, coltivata ad aran-ceti (ormai abbandonati) o incolto. Per motivi di tempo sono stati discesi solo due ceno-te dei tanti segnalati: il Cenote del Cocodrilo e ilCenote de lʼInfierno. Questʼultimo raggiunge i 33 m diprofondità con un salone di 80 m per 25 m.Più grandioso è il Cenote del Cocodrilo, il cui nomeè dovuto alla leggenda popolare che narra comedentro al lago iniziale fosse stato incatenato, fino allamorte, un coccodrillo grandissimo che terrorizzavagli abitanti. In effetti, per la sua forma subcircolare,largo 40 m e posto circa 7-8 m più in basso del pianocampagna e le sue pareti a strapiombo, ben si confi-gura come un recinto naturale nel quale, anche noi,abbiamo faticato non poco a scendere con tutta lʼat-trezzatura. Dal lago iniziale si dipartono enormi gal-lerie, larghe 30-40 m ed alte 15. Scendendo tendonoa restringersi ed intorno ai 50 metri di profondità lesezioni diventano a dimensione dʼuomo. La profon-dità raggiunta finora – ma speriamo che non sia fini-ta - ne fa una delle grotte più profonde dellʼIsola.

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lacustri e successivi condotti subacquei modesti efangosi. Il primo reticolo subacqueo di una certa estensione èstato ritrovato alla Cueva Abono, dove ad un lago di20 m di diametro seguiva una profonda galleria, di17-18 metri di profondità e 150 m di sviluppo, giàvista in parte nel recente passato da speleosubac-quei statunitensi e cubani. Più particolare è la Cueva Los Mojados, nella qualeè presente una colonia endemica di pesci albini eciechi molto caratteristici. La dolina di accesso,ormai molto lontana da una qualunque strada opista, è attraversata da una antica mulattiera scava-ta nella roccia e da un terrapieno, nonché da unaccenno di scalinata che testimonia come in tempipassati vi fosse una frequentazione umana del sito.Nel lago inoltre sono stati ritrovati in anteprima esegnalati al Museo locale, reperti archeologici di otrie damigiane utilizzate, probabilmente in epoca colo-niale (a cavallo del 1800), per la raccolta dellʼacqua.La seconda area, ad W di Bolondron, presentavacaratteristiche similari alla precedente con grandesviluppo di cuevas esterne, antri dalle dimensionidantesche, cui purtroppo non seguivano sottʼacquareticoli di una certa importanza e/o dimensione. Quisono state scese Cueva de Los Jimagua, Cueva El

Ringraziamenti d’obbligo vanno agli amici italiani e cubani edagli sponsor che hanno permesso la spedizione in particolarealle ditte: Giò Sub di Brescia e Scubatica di Torino per gli illu-minatori subacquei, a Spazio Blu di Torino, Lochner di Torino,Aqua3 di Trieste, Coltri Compressori di Peschiera eMontagnoli Gas di Verona per le attrezzature subacquee eper la disponibilità e collaborazione generale. Particolari ringra-ziamenti vanno ad Andrés Bayon, Fernando Arencibia, IvonneVasquez, Jorge L. Clinche e Adrian de la Paz, compagni edamici di esplorazioni in terra cubana.

� Le nostre immersionierano spesso accompagnatedalla presenza di bambini.

� Cueva de Saturno. In una delle varie gallerielaterali.

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DESCRIZIONE DELLE GROTTE

Cueva Abono – Grotta molto complessa, conpiù ingressi, ad andamento labirintico e subo-rizzontale. La profondità delle gallerie (rispettoalla superficie topografica esterna) è intorno ai20/25 metri. E’ uno dei sistemi più percorsi e conosciuti delsettore orientale della provincia di Matanzas(zona tra Horacio Rodriguez e Cantel); sulposto è nota anche come Cuocha Ignacio e losviluppo attuale è superiore ai due chilometri,con gallerie di notevoli dimensioni (15-20metri di diametro).

Cueva Molina – Situata tra gli abitati diAlacranes e Union de Reyes, a una trentina dichilometri a S di Matanzas. L’ingresso è rappresentato da una depressionemolto grande, con un lago-sifone nella parteterminale. La profondità della dolina – moltovegetata e di difficile individuazione – è circa–15/20 metri da p.c. Il livello delle acque risultaquindi prossimo al livello del mare (confermatoanche dagli altimetri). L’immersione nel lago-sifone finale è stata ese-guita il 3/5/03 da B. Minciotti che ha percorso,per circa 50-60 metri una ampia diaclasi, incli-nata e con il pavimento costituito da fango. Lagalleria raggiunge la profondità di –23 m e ter-mina su strettoia fangosa. Anche se la grotta si sviluppa al disotto dellivello marino non incontra mai acqua salata edè abitata dai normali pescetti di acqua dolce.

Cueva Quintana – La cavità si apre poche cen-tinaia di metri a sud della strada nazionale checollega Matanzas con la penisola di Hicacos, inprossimità della costa, vicina all’aeroporto diVaradero. Si tratta della solita depressione adolina, molto aperta, la cui parte inferiore è

occupata da uno specchio lacustre di una ven-tina di metri di diametro. L’immersione è stataeseguita il 28/4/03 da due speleosub cubani,Clinche e Adrian, fino alla profondità di circa 8metri. La scarsa visibilità (inferiore al metro)non ha consentito di proseguire oltre l’esplora-

zione, successivamente si èavuto notizia che speleosubcubani avevano raggiunto, pre-cedentemente alla nostraimmersione, la profondità di–56 m, ma questa informazioneresta da verificare.

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Cueva de l’Agua – Lungo la strada che collegaVaradero con l’aeroporto, a S della localitàturistica di Cueva Saturno. Si apre al centro diun’area boscata (un misto tra savana, boschinaligure e giungla tropicale) e la cavità è utilizzataper pompare acqua ad uso irriguo e/o potabi-le. E’ una profonda dolina (-20/25 m da p.c.)con un lago sul fondo. Sono state eseguite due

immersioni (28/4/03) da Clinque ed Adrian eda A. Eusebio e R. Jarre: il profondo lago dàadito ad ambienti complessi e labirintici senzaprosecuzioni importanti. La presenza di fangoin sospensione rende particolarmente infida laprogressione. Sono stati ritrovati grossi granchid’acqua dolce. La profondità massima è di 6 m,lo sviluppo di 30 m.

Cueva Los Mojados – Ritrovata grazie all’analisidelle foto aere, si trova in mezzo alla “boschi-na”, a circa un’ora di marcia della strada piùvicina. L’immersione eseguita il 28/4/03 da A.Eusebio ha permesso di percorrere un ampiolago largo 8-10 m e lungo oltre 40 metri. Lamassima profondità raggiunta à stata di –11 m.Il lago chiude su massi e nella parte terminaleè presente una densa sospensione carbonaticagalleggiante sull’acqua. Il lago è abitato da pescidepigmentati e ciechi, che raggiungono i 20 cmdi lunghezza (specie Lucifugas poeyi). Sul fondodel lago, semisepolti dai sedimenti fini, sonostati ritrovati e segnalati alle Autorità locali vasie otri di terracotta e vasellame in vetro di pro-babile epoca coloniale.

� Cueva de Saturno. Si parte per una dellavarie immersioni dedicate al servizio fotogra-fico. A –22 m, in questa grotta turistica moltofrequentata, si incontra l’acqua salata ediversi pesci tropicali.

� Cueva Los Mojados. Il lungo lago (40 m) èabitato da pesci depigmentati e ciechi cheraggiungono i 20 cm di lunghezza (specieLucifugas poeyi).

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� Matanzas

Grotta lungo il Rio Canimar – Poco ad est diMatanzas una profonda incisione ospita il RioCanimar. Essa pare costituire anche lo spartiac-que idrogeologico tra i sistemi posti ad ovestdi Matanzas e quelli ad est, oggetto dellenostre esplorazioni. Nel caso in esame erastata segnalata una cavità con acqua in sinistraorografica del rio, raggiunta con l’ausilio di ungommone e dopo un viaggio di una mezz’oret-ta. E’ una ampia diaclasi a cui segue una came-ra del diametro di una decina di metri con unlaghetto al fondo. L’esplorazione è stata con-dotta fino alla profondità di 4 m senza tuttaviapervenire a nessuna prosecuzione, il fondo dellago è occupato da fango e depositi clastici. Inalto si apre una possibile prosecuzione (nicchiaa circa 10 metri di altezza) che tuttavia andreb-be raggiunta con mezzi artificiali.

Grotta a mare vicino a Matanzas – La città diMatanzas vive a contatto diretto con il carsi-smo e il connubio tra grotte e popolazione èmolto forte. Nella zona costiera esistono grotte conosciutedagli abitanti ma mai visitate da speleosub. Nelcaso in oggetto la grotta si apre poco sotto uncondominio “stile socialista”. La cavità si apre lungo la falesia a 1.5 m diprofondità, presenta uno sviluppo di circa 20metri e raggiunge una piccola camera con unacampana d’aria e l’arrivo di acqua dolce. Ilfondo è costituito da sabbia fine e sono pre-senti veli di concrezioni.

El Beato – Attraversata dalla Autopista che col-lega L’Avana con CienFuegos, a S di Bolondron,inizia una ampia fascia di territorio lunga uncentinaio di chilometri e largo una trentina, aduna quota di circa 10 metri sul livello del mare,nella quale si sviluppano i più tipici cenotescubani, che nulla hanno da invidiare ai loro piùfamosi parenti messicani. El Beato è uno di questi: si tratta di un lago diuna trentina di metri di diametro, che raggiun-ge la massima profondità a 13,8 m sul latoorientale. È senza possibilità di prosecuzione.

� Cueva Los Mojados. Uno dei vasi di terra-cotta ritrovati in fondo al lago, semisepolti daisedimenti fini.

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Matanzas �

Cueva de Saturno – Grotta turistica molto fre-quentata, ubicata nei pressi dell’aeroporto diVaradero, a circa un paio di chilometri in linead’aria dalla costa. Anche la parte subacquea èmolto nota e raggiunge la profondità di –22 mincontrando acqua salata e pesci tropicali mari-ni. Deliziose gallerie laterali ci hanno permessomolte delle immagini che accompagnano i variarticoli.

Cueva de lo Jimagua – Posizionata poco amonte (qualche chilometro) di El Beato pre-senta ancora le caratteristiche delle doline consprofondamento laterale e lago finale, vegeta-zione molto fitta e soprattutto fango. Ad ungrande lago iniziale a mezzaluna - lungo unasettantina di metri e largo 8-10 metri - seguo-no vani ridottissimi che si intasano molto pre-sto in fango e detrito.

Cenote de Cocodrillo – Un ampio lago di unaquarantina di metri di diametro, ubicato 7-8metri sotto il piano campagna consente diaccedere ad una serie di ambienti subacqueimolto grandi e solo in parte esplorati. Ledimensioni degli ambienti subacquei non per-mettono di definire con chiarezza le dimensio-ni delle gallerie, ma senza dubbio queste risul-tano molto ampie, e la galleria iniziale ha un’al-tezza di circa 10 metri ed una larghezza di 30-40 metri, inclinata verso il basso di circa 30gradi. Intorno ai 25-30 metri la sezione sirestringe, l’altezza diventa di 2-3 metri e le

pareti si restringono fino a qualche metro. Lagrotta prosegue ulteriormente con le medesi-me dimensioni fino ad incontrare dei massi sulpavimento e raggiunge, per ora, la profonditàdi 44 m.

Cenote de l’Infierno – A fianco di un aranceto,presso la Autopista Habana – Camaguey, sitrova una delle cavità più controverse fra quel-le visitate. Si apre vicino ad una stazione dipompaggio delle acque destinate alle coltiva-zioni e viene utilizzato come riserva d’acqua

per la stagione secca; e purtroppo anche comediscarica non autorizzata, per tutto quanto nonsi sa dove mettere in superficie. Si tratta di unosprofondamento subcircolare, di alcuni metri didiametro, che si allarga in basso a forma dicupola ellittica raggiungendo i 33 m di profon-dità, con un salone di 80 per 25 m. La visibilitàè pessima fino a 20 m ed a stento si vedono leproprie pinne. Oltre diventa buona, la lumino-sità è assente e l’ambiente tetro e gigantescocon detriti e rottami di varia natura ammuc-chiati sul fondo che conferiscono un aspettospettrale al tutto.

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che, che ci hanno fornito nuovi materiali di ripresa.Nello specifico sono stati usati 2 prototipi di pannelliluminosi da 315 LED ognuno, il primo in versioneSoft-Light (luce diffusa) e lʼaltro in Deep-Light. Questipannelli sono alimentati da batterie a 12V e le carat-teristiche tecniche sono: potenza 30 W, assorbimen-to max 3 A, dimensione 450x350x15 mm per un pesodi 1,500 Kg più le batterie. Il nostro gruppo è ormai abituato a lavorare da tempocon luci fisse quali faretti dicroici e lampade alogene.Utilizzando i LED ci è subito saltato agli occhi il lorolimitato consumo elettrico: le batterie, infatti, contra-riamente al solito, non si sono mai scaricate comple-tamente. Molto interessante è anche la dolce luceavvolgente che si ottiene sui primi piani dovutaallʼampia superficie su cui sono distribuiti i LED.Essi si sono dimostrati sufficientemente resistentianche se un po ̓ ingombranti: non hanno presentato

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Promossa dal Gruppo Speleologico S. Marco esostenuta dalla Federazione Speleologica Venetacon il Patrocinio della Società Speleologica Italiana edella Sociedad Espeleologica de Cuba, nel mese dimaggio 2003 si è svolta la prima spedizione Italo-Cubana di documentazione fotografica in 3D del car-sismo di questʼisola caraibica.Il progetto era nato qualche mese prima, durante ilCongresso Internazionale di Speleologia “Montello2002” tenutosi a Nervesa della Battaglia a novembre2002. In quellʼoccasione il Presidente della SEC,Ercilio Vento Canosa, manifestava un notevole inte-resse per i diaporami 3D da noi realizzati comeCommissione Fotografica della FSV e ventilava lʼipo-tesi di una collaborazione per realizzarne altri sullegrotte cubane. Nei mesi a venire questa semplice ipo-tesi si è trasformata in realtà.La spedizione è stata quindi progettata con un obietti-vo ben specifico, quello di documentare in 3D alcunedelle principali cavità dellʼarea occidentale dellʼisola,nelle Provincie di Matanzas e Pinar del Rio.Chiaramente le più belle e le più grandi e cioè la GranPaleocaverna Bellamar (27 km di sviluppo) e la GranCaverna Santa Catalina (12 km di sviluppo), monu-menti nazionali e aree protette di rilevante interessenaturalistico; la Cueva la Chucha; il Sistema Carsicodi Santo Tomas (76 km di sviluppo), altro monumentonazionale, dichiarato dallʼUNESCO patrimoniodellʼUmanità, e principale grotta di Cuba. A questo obiettivo si è aggiunto quello di divulgare letecniche di ripresa in stereoscopia da noi utilizzate esoprattutto, in linea con lo spirito di collaborazione traSSI e SEC, lʼaddestramento di fotografi cubani allʼap-prendimento di tali tecniche. Per permettere la cre-scita degli speleofotografi cubani la FederazioneSpeleologica Veneta ha donato alla SEC diversomateriale da progressione e un set di macchine pre-disposte per le riprese stereoscopiche.Durante le due settimane che ci hanno visti impegna-ti a Cuba, abbiamo anche organizzato varie proiezio-ni dei nostri diaporami nei principali centri toccatidalla spedizione.Nel progetto sono state coinvolte anche alcune dittedi produzione e distribuzione di attrezzature fotografi-

� Antonio Cosentino imposta la telecamera sul dolly, braccioestensibile che ci ha permesso di fare particolari riprese con sog-gettive inusuali.

� Ortega apprende le nozioni di ripresa fotografica in 3Dmediante l'utilizzo della staffa scorrevole millimetrata montata sucavalletto in carbonio, entrambi prodotti da Manfrotto.

Antonio Danieli e Alessandra Carnevali

Società Speleologica Italiana – Sociedad Espeleologica deCuba – Federazione Speleologica Veneta

Immagini di speleologiacubana Un documentario

in 3D realizzato grazie allacollaborazione tra SocietàSpeleologica Italiana e laSociedad Espeleologica de Cuba pubblicato per laprima volta su una rivistanazionale di speleologia.

Un documentario in 3D realizzato grazie allacollaborazione tra SocietàSpeleologica Italiana e laSociedad Espeleologica de Cuba pubblicato per laprima volta su una rivistanazionale di speleologia.

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gressione verticale. Queste grotte infatti, anche seimpostate su più livelli, consentono quasi sempre diaggirare i pozzi. Le difficoltà erano comunque caratte-rizzate dal loro enorme sviluppo, spesso con anda-mento di tipo labirintico, e dal loro clima che ha messoa dura prova le nostre forze nel trasportare le attrez-zature fotografiche. Bellamar, in particolare, oltre ad essere calda, umidae vasta, è stata quella che, più di altre, presentavapassaggi stretti e a saliscendi. Il fondo era costituitoin gran parte da una finissima sabbia di calcite, risul-tato del disfacimento delle bianche concrezioni chetappezzavano soffitto e pareti. Lʼimpressione era dicamminare su di un immenso nevaio caldo. Questicristalli oltretutto si insinuavano ovunque, esercitandoun fortissimo effetto abrasivo sul corpo e sulle attrez-zature di ripresa, mettendo a dura prova i materiali.Anche i mezzi messi a disposizione dalla SEC meri-tano un commento: i 2 fuoristrada, tenuti su dalla rug-gine, si sono comportati benissimo e hanno assoltoegregiamente al loro compito (da quelle parti questaè una vera eccezione) grazie anche allo sforzo diFernando ed alla fantasiosa capacità di riparare iguasti con soluzioni incredibilmente essenziali. Ungrande plauso va a tutti gli speleologi cubani che cihanno assistito e supportato, alla loro spiccata capa-cità di adattarsi alle nostre esigenze lavorative e algrande impegno dimostrato nel gestire ogni difficoltàche si è presentata. Grazie, Grazie, Grazie.Cʼè comunque da menzionare anche una conse-guenza della nostra inesperienza e della leggerezzacon cui abbiamo affrontato il rischio “istoplasmosi”.Durante unʼuscita fuori programma in un settore diSanta Catalina per riprendere una colonia di6.000.000 di pipistrelli, ci siamo esposti cosciente-mente a questo rischio (spinti dalle rassicurazioni deicubani) pur sapendo di non poter contare su adegua-te protezioni. La conseguenza di questo azzardo è

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particolari problemi tecnici dovuti allʼimmancabilemaltrattamento a cui sono stati sottoposti e allʼeleva-to grado di umidità.Altro materiale di cui abbiamo potuto apprezzare qua-lità e leggerezza, sono stati i due cavalletti in carbo-nio corredati da testa fluida per la videocamera etesta a joystick per le macchine fotografiche.Sinceramente nutrivamo alcuni dubbi sulla resistenzaagli urti e alle abrasioni, ma ci siamo ricreduti quan-do, a fine spedizione, nonostante lʼinevitabile maltrat-tamento, i cavalletti non presentavano né graffi evi-denti né cedimenti strutturali, e apparivano, una voltaripuliti, praticamente nuovi.Di questi è stato possibile apprezzare lʼestrema leg-gerezza e le innumerevoli soluzioni di posizionamen-to: dai piedi indipendenti e apribili a 90°, al braccettodi sostegno della testa facilmente estraibile e posizio-nabile sul cavalletto di traverso o sottosopra; soluzio-ni queste che ben si prestano alle riprese macro ingrotta, ove i soggetti da fotografare sono solitamentenei posti più fetenti.Per concludere non possiamo fare a meno di men-zionare il dolly per riprese video: un braccio lungo 4,5m che ci ha permesso di filmare soggetti irraggiungi-bili, oltreché a girare soggettive insolite. I cubani,dopo ore di trasporto di questo attrezzo, lʼhannoscherzosamente denominato “el canòn”, per la somi-glianza ad un obice fatto a pezzi, e ci hanno diffidatodal riportarlo alla prossima spedizione, pena lasegnalazione in dogana per… traffico dʼarmi.Unico momento critico della spedizione è stato lʼe-splosione di un faro stagno da 100 W che per fortunanon ha colpito nessuno. Anche in questo caso il com-mento dei cubani è stato memorabile: “la lamparafunciona muy bien… pero canta mucho mejor”.Gli ambienti visitati e fotografati non presentavanoparticolari difficoltà tecniche di progressione. In tutte legrotte non è mai stata necessaria lʼattrezzatura di pro-

� Navigazione lungo il fiume Canimar tra Matanzas eVaradero. Questo fiume è generato da evidente erosione carsi-ca e cela l'accesso nelle sue alte pareti a strapiombo ad innu-merevoli grotte.

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Partecipanti alla spedizione e alle riprese: GruppoSpeleologico S. Marco Venezia, Centro Ricerche Ipogeedi Genova, Grupo Felix Rodrigues de la Fuente, GrupoCarlos de la Torres, Escuela Nacional de Espeleologia“Antonio Nuñez Jimenez”, Comite Espeleologico deCiudad Habana, Grupo Guaniguanico, GrupoEspeleologico Sierra del Rosario.Tutte le foto che accompagnano l’articolo sono di: A.Danieli e A. Carnevali.

Ringraziamo per la collaborazione:MANFROTTO TRADING Distribuzione attrezzatureprofessionali foto e video (Milano), AALF SERVICE pro-duzione apparecchi luminosi fototecnici (Firenze), CCIEFFE VIDEOITALIA rivenditori materiale video professionale SONY (Milano),,ALTIUS SOLE Agenzia viaggi (Milano), AAQUATICA equipaggia-mento subacqueo professionale (Marghera VE), AANDREELLAPHOTO rivenditore articoli fotografici (Busto Arsizio VA),ASPORT'S mountain eqipment (Chies D'Alpago BL), PPHOTOMARKET VIDEO rivenditore articoli fotografici (Mestre VE), DDEPRETTO ROBERTO rivenditore articoli fotografici (Padova).

Con le immagini scattate stiamo preparando unamostra fotografica sfruttando la tecnica dellʼanaglifoper restituire la tridimensionalità. Prevediamo anche direalizzare un libro fotografico riassuntivo delle tre spe-dizioni previste (la seconda è già fissata per febbraio2004). Per quanto riguarda gli obiettivi che ci poniamodi realizzare a Cuba, dopo la formazione dei fotografi,cʼè la volontà di riuscire a fornire alla SEC un impiantodi proiezione 3D, tale da poter proiettare questi lavori edi consentire loro di realizzare nuovi documentari. È sicuramente un pro gramma ambizioso, ma in baseai primi risultati siamo certi di trovare persone sensibi-li e disponibili a darci una mano.

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stata che tutti e quattro i partecipanti a questa uscitahanno contratto (chi più chi meno) la malattia checomunque, grazie a tempestive cure, non ha causatogravi conseguenze.La nostra personale esperienza ci ha fatto comunqueintuire che questa malattia è ancora lontana dallʼesse-re, come dire… standardizzata nelle modalità di dia-gnosi e dʼinterevento terapeutico: ognuno di noi hasubito esami e trattamenti nel tempo e nel modo diver-sificati, cosa che ho potuto constatare anche tramite ilconfronto con altri speleologi colpiti dalla stessa sven-tura.Questo argomento merita sicuramente maggioreattenzione e approfondimento da parte dei medicivicini al nostro mondo, per dare chiarezza dʼinforma-zione e riferimenti certi a chi dovesse incappare infuturo in questa malattia.Complessivamente, i risultati di questa prima esperien-za sono stati molto positivi: è stato prodotto un diapo-rama tridimensionale dal titolo “Cuba (lʼaltra dimensio-ne)”, un secondo diaporama a tecnica mista (3D e 2D)che illustra il back stage ed un video, anche questo informa di back stage, realizzato da Antonio Casentinodel Centro Ricerche Ipogee di Genova.

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� Esteban R. Grau si affaccia sull'orlo delbacino che ha generato alcuni dei fantasticicristalli del ramo Bianca Vittoria di Bellamar.Da questo punto in poi hanno proseguitosolo Esteban e Antonio, per limitare al mas-simo i danni inevitabili dovuti al passaggiodegli speleologi.

� Il “Segundo Cauce” della Gran Cavernade Santo Tomas. L'affascinante ramo in cal-care nero mette in risalto, in questo graffian-te controluce, forme di erosione a scallopsdovute all'acqua corrente.

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� La progressione a Bellamar era relativa-mente facile, ma il caldo soffocante e l'umi-dità altissima ci costringevano a frequentisoste ristoratrici in affascinanti ambienti.

� Manuel Valdès Suarez, vice direttoredella “Scuola Nazionale di Speleologia A. N.Jimanez”, posa per un ritratto lungo le paretidi calcare nero del settore Segundo Caucedella Gran Caverna de Santo Tomas.L'illuminazione è stata effettuata con duepannelli a led.

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� Queste particolari formazioni calcaree aforma di fungo sono una delle unicità dellagrotta di Santa Catalina. Si manifestano ingran quantità in un esteso settore della labi-rintica grotta, superando il centinaio diesemplari.

� La fotografia di questi bellissimi cristalli aBellamar, vista su un documento della SEC,ha dato il via al progetto 3D a Cuba, svilup-pato in soli sette mesi.La sua realizzazione completa prevede unperiodo di tempo di circa tre anni.

� Proiezione in 3D dei diaporami prodotti dalla FederazioneSpeleologica Veneta presso la Scuola di Speleologia A. N.Jimanez di Vinales per una classe del locale istituto agrario.

�Esteban R. Grau è esterefatto: non ha mai visto questo postoilluminato a giorno, e s'incanta nell'osservare le bellissime einnumerevoli formazioni calcitiche in tutto il loro splendore.

IL RISULTATO DEGLI “ANAGLIFI”

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Hill cave (Kaiser et alii, 1998), mentrealtre indagini (O. Sikazwe & B. deWaele) hanno rimarcato lʼimportanzadella presenza di depositi di guano adalto contenuto di fosfati. Di contro, pocoesiste in letteratura riguardo a studi spe-leogenetici sul carsismo dellʼarea diLusaka e del paese più in generale; cer-care di colmare questa lacuna è quindi

un buon motivo per avviare unʼindagine sistematica.Lʼesigua letteratura esistente fornisce pochi datianche sulle cavità già conosciute, limitati a rilievi

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Premessa

Lʼaccordo tradotto in convenzione di ricerca conlʼUniversità di Lusaka, Dipartimento di GeologiaSchool of Mines, e il CIRS Ragusa, ci apre nel mesedi agosto del 2001 la via per lo Zambia per svolgereunʼindagine sulle morfologie carsiche del paese.Siamo in quattro: Davide Messina Panfalone, VitoSantoro, Simasiku Simasiku del Dipartimento diGeologia di Lusaka ed io. Il programma da svolgerenellʼarco di 12 giorni consiste nella rac-colta di informazioni e dati sul carsismodellʼarea circostante Lusaka e dellʼareadel settore settentrionale al confine con ilCongo. In base ai risultati ottenuti sisarebbe poi deciso se proseguire o menole ricerche nei settori studiati o se punta-re su altre aree.

Kapongo e istoplasmosi

Le cavità conosciute nellʼarea di Lusaka sono ogget-to di studio per gli aspetti archeologici e paleontolo-gici, come la Kapongo, la Chipongwe e la Leopardʼs

RIASSUNTONel mese di agosto del 2001 il CIRS di Ragusa ha effettuatoalcune ricerche sul carsismo dello Zambia con la collabora-zione del Dipartimento di Geologia, School of Mines diLusaka. Le indagini hanno interessato due zone: una nell’areadi Kafue, 60 Km a S-E della capitale, caratterizzata da affiora-menti di calcari metamorfosati del Precambriano superiorecon presenza di cavità fossili; l’altra nell’estremo settorenord-occidentale del paese, confinante con il Congo, detta“terra di nessuno” per i recenti e tuttora irrisolti conflittiche hanno funestato la regione. In quest’area, nell’isola diKilwa sul lago Mwere, è stata esplorata una cavità ad anda-mento labirintico che si sviluppa in un fitto sistema di diacla-si in un pacco poco spesso di strati carbonatici inglobato frarocce arenacee del Precambriano. La grotta, con uno svilup-po poco inferiore al chilometro, costituisce al momento ilsistema carsico più esteso dello Zambia.

PAROLE CHIAVE: Zambia, Congo, morfologia delle grotte.

ABSTRACTOn August 2001 the CIRS of Ragusa carried out someresearches about karst of Zambia in co-operation with theDepartment of Geology, School of Mines of Lusaka. In parti-cular, the research interested two sites: the first one in thearea of Kafue, 60 Km southeast from Lusaka, characterizedby meta-sediments of Upper Precambrian age with presen-ce of fossil caves; the second one in the north-western sec-tor of the Country bordering with Congo, called “none’sland”. In this area, in Kilwa island on the Mwere Lake, wasexplored a labyrinthine cave developed in limestone ofPrecambrian age included between sandstone layers. Thiscave, with a length about one kilometre, actually representsthe longest karstic system of Zambia.

KEY-WORDS: Zambia, Congo, cave morphology.

Rosario RuggieriCentro Ibleo di Ricerche Speleo-Idrogeologiche Ragusa

Ricerche nella terra di nes

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vazione testimoniata anche dai relitti di binari di ferroe da un carrello trasportatore, semisepolti tra i detritidella parte iniziale della grotta.Nel corso della prospezione e del rilievo il denso pul-viscolo biancastro che si solleva al nostro passaggio,anche per la scarsa umidità dellʼambiente, ci induceseriamente a temere la presenza della spora dellʼi-stoplasma, considerata la numerosa colonia di pipi-strelli che stazionano nella cavità.Nei giorni seguenti proseguiamo la fase di ricogni-zione alla ricerca di due cavità riportate nella cartatopografica, nei dintorni della città di Kafue: di unanon riusciamo ad ottenere alcuna notizia, le ricerchedellʼaltra – il cui ingresso ci raccontano sia stato chiu-so con la dinamite dallʼarcheologo che avrebbe con-dotto le ricerche – risultano vane.Alla luce delle scarse prospettive di trovare cavitàinteressanti nellʼarea di Lusaka, oltre agli accertatirischi di istoplasmosi, si parte per il N del paese conobiettivo lʼisola di Kilwa, nel lago Mwere, dove è

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sommari, e la documentazione fotografica degliambienti ipogei è quantitativamente e qualitativa-mente scarsa. Su questa base, per effettuare un rilie-vo dettagliato di una delle cavità forse più interes-santi fra quelle già conosciute e raccogliere elemen-ti morfologici utili ad una preliminare analisi speleo-genetica, si decide di iniziare con la grotta Kapongo,poi, dagli elementi rilevati, valutare come proseguire.Percorsi 40 km circa a sud di Lusaka, la morfologiadel paesaggio da inizialmente tabulare diventa colli-nare con pendii mediamente ripidi ricoperti da unafitta boscaglia. La cavità, ubicata a circa 14,4 Km daShimabala e a 90 m dalla confluenza del fiumeKafue con il fiume Nyachiri, viene raggiunta dopocirca due ore. Lʼingresso, sul versante di una collina, è una dolinadi crollo profonda 20 m che ci conduce nel primoambiente della cavità: una piccola sala dalla quale sidipartono vari rami. La grotta è costituita da unaserie di condotti fossili su frattura interessati sia damorfologie freatiche che da paleoriempimenti di late-rite residuale presenti su alcune forme a cupola sullavolta. Notevole la presenza di guano che ha dato vitanegli anni passati ad una fiorente economia di colti-

s suno tra Zambia e Congo

� Falesia con ingresso di cavità. (Foto R. Ruggieri).

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segnalata la presenza di due cavità, senza riferirenullʼaltro sulla loro dimensione.

Nella terra di nessuno!Lasciata Lusaka, dopo una serie di incidenti di per-corso, attraversiamo il monotono paesaggio a sava-na che, in prossimità del fiume Luapula, si trasformain una vasta pianura acquitrinosa da dove il fiume ini-zia a scorrere verso N in direzione del lago Mwere,nostra meta. Dallʼaltra parte del fiume il paesaggiodel tragicamente inquieto Congo.

In serata facciamo sosta a Mansa, capoluogo dellaprovincia di Luapula dove una signora piacentinaproprietaria di un Italian food restaurant, sposata conun medico congolese, ci mette in guardia sui perico-li dellʼarea meta delle nostre ricerche, definendola“terra di nessuno”.Parole quanto mai profetiche, considerato il fatto chearrivati a Nchelenge, sulle rive del lago, subiamoalcune minacce proprio da parte della polizia localeche vuole imporci una sorta di “protezione”.Superato, in un modo o nellʼaltro, il momento di crisi,il giorno successivo raggiungiamo lʼisola distante 40

� Morfologie a denti di drago negli affioramenti carbonaticidell’area di Lusaka (foto R. Ruggieri)

NOTA GEOGRAFICA,CLIMATICA E GEOLOGICADEL PAESE

Lo Zambia prende il nome dal fiumeZambesi, che nasce nella zona nord-occi-dentale del paese e fa da confine natura-le nella zona meridionale. E’ situato tra lalatitudine 10° e 18° a S e la longitudine22° e 33° a E con una superficie di464.937 Km2 per la maggior parte costi-tuita da un altopiano fra i 1060 e i 1363m, con isolate catene montuose chevanno dai 1800 ai 2100 m.L’altopiano è interrotto da enormi vallatecreate dall’alto Zambesi e dai suoi tribu-tari, i maggiori dei quali sono il Kafue e ilLuangwa, mentre nella maggior parte delterritorio il rilievo risulta pianeggiante,interrotto da piccole colline (Kopje).I tre grandi laghi naturali del paese -Bangueulu, Mweru e l’estremità del LagoTanganika - si trovano tutti a N e fanno

parte del fiume Zaire. Il lago Bangueulu,che copre con le sue paludi una zona di3800 miglia quadrate, è drenato dalfiume Luapula che inizia il suo percorsonel S, poi svolta a W e a N passandoattraverso il lago Mweru prima di entra-re nello Zaire.L’altitudine generale del paese offre unclima gradevole con tre stagioni: fresco easciutto da maggio ad aprile, caldo esecco da settembre a novembre, caldo epiovoso da dicembre ad aprile.Le temperature medie sono moderatedall’altitudine dell’altopiano, mentre le

massime variano da 15° ai 27° nella sta-gione fredda e dai 27° ai 35° nella sta-gione calda.Nel N del paese la quantità di precipita-zione è di 1250 mm/anno diminuendopian piano che ci si avvicina a Lusakadove è di circa 750 mm/anno, mentre nelS varia fra 500 e 750 mm/anno.I sedimenti carbonatici dello Zambiasono esposti su una superficie di circa13.400 km2 e la maggior parte sonometa-carbonati appartenenti al KatangaSystem del Precambriano superiore.Entro questo sistema la serie inferioredenominata Kundulungu contiene meta-carbonati che occupano aree nel settorenord-occidentale e centrale del paese,mentre carbonati della serie superioreRoan affiorano nel Distretto di Ndola(Kaiser et alii, 1998).

� Villaggio di Kilwa nell’omonima isola.(Foto R. Ruggieri).

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km circa con unʼimbarcazione noleggiata. Approdatisullʼisola, dopo aver ottenuto il permesso di visitarela grotta Membo dal re del villaggio, salpiamo in dire-zione della cavità il cui ingresso si apre su una fale-sia carbonatica lambita dalle acque del lago.Superata la punta N-W dellʼisola, sbarchiamo in cor-rispondenza di uno dei numerosi condotti carsici chetappezzano la falesia e che costituisce uno dei puntidi ingresso della grotta Membo.La cavità è caratterizzata da una fitta serie di con-dotti impostati su fratture subortogonali, ad anda-mento labirintico, con alcuni settori su interstrato. Inalcune gallerie osserviamo morfologie di erosionefreatica quali camini, solchi e grossi scallops; più rariin alcuni ambienti colate e stalattiti bianche, mentrepiù numerose risultano le morfologie tipo pendants ei riempimenti di laterite lungo le fratture. In alcuneparti della cavità la presenza di una fitta fratturazioneha determinato la formazione di particolari morfolo-gie a nicchie e alveoli e parti subarrotondate. La roc-cia è costituita da un pacco di carbonati incluso frarocce psammitiche e ruditiche appartenente alla for-mazione Kundelungu del Precambriano superio-re–Paleozoico inferiore. Lʼaspetto labirintico delsistema appare prevalentemente legato alle partico-lari condizioni di ricarica idrica diffusa, determinatedalla copertura arenacea, con successiva soluzionedel sistema subparallelo di fratture del pacco carbo-natico intercluso fra gli strati psammitici.

Numerosi i pipistrelli ed altri animali presenti nel riccosuolo organico creato dal guano: peccato per lanostra biospeleologa Iolanda rimasta a casa percausa di forza maggiore.Terminiamo di rilevare allʼimbrunire e torniamo al vil-laggio dove passeremo la notte. La sera cena a basedi pesce cucinato dai locali e la notte battaglia con itopi che, pur non invitati, cercano insistentemente diallietarci con la loro presenza.

Serpenti e grandi occhi rossi nel buio

Passata finalmente la lunga notte insonne a scaccia-re topi, ci imbarchiamo per tornare alla grotta Memboa completare il lavoro nonostante le acque del lagosiano notevolmente agitate.Nel corso del rilievo notiamo una grossa pelle di pito-ne in un condotto che ci fa temere un possibile incon-tro con il suo ex-proprietario: dʼaltronde lʼacqua dellago che penetra parzialmente nei condotti costitui-sce una facile via dʼaccesso per tutti gli animali chevivono nella zona. A proposito di animali, un secon-do e più concreto incontro stava per avvenire allʼin-terno di uno stretto e basso condotto rischiarato nellaparte più profonda, oltre che dalle nostre luci, da duegrandi occhi rossi. La curiosità di scoprire a che ani-male potevano appartenere non dura molto, tantʼè

� Condotto su frattura nella grotta Membo.(foto R. Ruggieri)

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che a marcia indietro piano piano ci ritiriamo dalbudello. Terminiamo di esplorare e rilevare a metàgiornata e ritorniamo al villaggio, mentre nel frattem-po le agitate acque del lago cominciano a placarsi. Ilre del villaggio ci invita a pranzo a base di pesce ecasava (ishima), poi il commiato con finale foto digruppo.Salpiamo, ma cʼè un problema: non possiamo anda-re a vedere lʼaltra grotta nella punta S-E dellʼisolaperché il nostro traghettatore non ha fatto bene i cal-coli ed il carburante non è sufficiente neanche perritornare a Nchelenge. Non ci resta che andare di vil-laggio in villaggio costeggiando lʼisola per cercarnequanto basta e lʼidea di passare unʼaltra notte incompagnia dei topi non ci arride.

Qualche riflessione post spedizione

Avventura, questa dello Zambia, con risvolti umani eforte impatto emotivo scaturito anche dal problemati-co rapporto con alcuni settori delle “istituzioni” locali.Esperienza, per certi versi, da non augurare a nes-suno, anche se il passare del tempo ha stemperatoe messo un poʼ di ordine nelle emozioni vissute, arri-vando addirittura a farci ricordare con malinconicanostalgia alcuni momenti del viaggio. Ma questo, sisa, è lʼeffetto del tempo che velocemente scivola via,a volte ingannandoci.E che dire dei problemi di salute? Vito è ritornato con

la malaria (forse a causa di una inadeguata profilas-si con la clorochina, anziché con il raccomandatoLariam), mentre Simasiku e Pieter, uno studentebelga a caccia di pipistrelli che ci ha accompagnatonella prima fase del viaggio, hanno contratto lʼisto-plasmosi. Ora, per fortuna, stanno tutti bene.Riguardo alle ricerche, anche se abbiamo esploratoe rilevato la cavità attualmente più estesa delloZambia, speravamo di portare a casa un bottino unpoʼ più consistente; qualcosa di più interessante dalpunto di vista speleologico; ma va bene lo stesso. Daquesta e precedenti ricognizioni fatte da altri ricerca-tori emerge un quadro non particolarmente promet-tente sulle potenzialità carsiche dello Zambia, nono-stante la presenza di diffusi affioramenti di rocce car-bonatiche molto antiche. Ma va anche detto che nonsono ancora state fatte indagini e studi approfonditi,soprattutto in settori del paese difficili per accessibi-lità e sicurezza, e questo rimane il vero limite alladefinizione di un quadro esaustivo di conoscenze sulcarsismo dello Zambia. Il nostro, pur con i limitidescritti, resta quindi un piccolo contributo in questadirezione, in attesa di più consistenti scoperte chepotrebbero arrivare in futuro.

Bibliografia

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Simpson J.G., Drysdall A.R. & Lambert H.H. J. (1993): The geo-logy and groundwater resources of the Lusaka area –Explanation of degree sheet 1528, NW, Quarter. NorthenRhodesia Ministry of Labour and Mines, Report of theGeological Survey, n. 16.

Kaiser, T. M., Seiffer C. & Truluk T. (1998): The speleologicalpotential of limestone karst in Zambia (Central Africa) areconnaissance survey. Cave and Karst Science, 25 (1), p.23-28; Bridgwater (UK).

Sikazwe B. & De Waele B. (?): Guano. A phosphate resourcein Zambia? University of Zambia, Geology Department,Lusaka.

� Morfologie a denti di drago. Sullo sfondo i blocchi di calcarelavorati dalle cave. (foto R. Ruggieri)

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Verso il fondo �

VERSOIL FONDO

• TECNICHE E SICUREZZA

• NOTIZIE ITALIANE

• NOTIZIE DALL’ESTERO

• SPULCIANDO QUA E LÀ IN BIBLIOTECA

• RECENSIONI

• VI SIA LIEVE LA TERRA

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� Tecniche e sicurezza

SPELEOLOGIANel 2002 si sono verificati 18 inciden-ti che hanno coinvolto 36 persone (34uomini e 2 donne). Queste le conse-guenze:

nessuna 25lievi 3gravi 8

Rispetto allʼanno precedente si è regi-strato un calo sia degli incidenti, da 23a 18, che del numero dei coinvolti,passato dai 60 del 2001 ai 36 del2002, e nessun caso di morte.Tra i vari interventi di pertinenza delSoccorso Speleologico, vogliamosegnalare alcune operazioni, richie-steci dalle autorità competenti, allequali il Soccorso ha partecipato.Il 17 agosto una squadra della 14°Zona (Campania) era allertata dal sin-daco di Sacco (Salerno) per parteci-pare alla ricerca di una personadispersa; venivano controllate duecavità presenti nella zona senza tro-vare traccia del disperso, che saràritrovato morto venti giorni dopo sulciglio della strada, a cento metri dallasua abitazione.Altro singolare intervento di una squa-dra del Lazio è avvenuto il 20 agostoal Pozzo Comune presso CarpinetoRomano. M.A. di 42 anni si era inol-trato nella sala iniziale della grotta edaveva poi ingerito una massicciadose di sonnifero con lʼintento di sui-cidarsi. Al momento del recuperorisultava in forte stato confusionale edin preda a notevole alterazione emoti-va; veniva quindi portato allʼesterno e

CNSAS - INCIDENTI 2002

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Lelo Pavanello

TECNICHESICUREZZATecniche e sicurezza

INCIDENTI SPELEOLOGICI 2002

trasportato allʼospedale per le curedel caso.In data 8 dicembre due speleologi,tecnici CNSAS, mentre discendeva-no dal Monte Mauro (Veneto) avvi-stavano, su di un pendio erboso allabase di balze rocciose, una sagomadistesa ed inanimata. Raggiunto ilferito, dopo vari tentativi di rianima-zione, ne constatavano la morte. Eraavvisata la squadra alpina di Feltreed il Suem 118, che inviava un elicot-tero con altri due tecnici che rimuo-vevano il cadavere (dopo autorizza-zione del magistrato di turno) ponen-dolo nel sacco salma e poi nel saccotrasporto. La salma sarà successiva-mente identificata per S. N. di 37anni, deceduto a causa di traumi eferite riportate nella caduta.

TORRENTISMOPer quanto riguarda il torrentismo,invece, si registra un netto aumentorispetto al 2001 (da 8 a 17 incidenti eda 34 a 56 persone coinvolte, 48

uomini e 8 donne). Queste le conse-guenze:

nessuna 41lievi 7gravi 7morte 1

I dati dimostrano come il torrentismo,o canyoning, sia unʼattività in forteespansione. Ogni anno vengono sco-perte e percorse nuove forre, edalcune regioni, come ad esempio laLiguria, sono fortemente frequentateanche da escursionisti dʼoltralpe.Spesso i tecnici CNSAS intervengo-no per recuperare persone quasitotalmente prive della necessariaesperienza, dotate di attrezzaturenon idonee e che contano sul fattoche è sufficiente saper scendere incorda doppia per essere autonomi,nonché sul fatto che comunque i per-corsi sono già ben attrezzati!Mi auguro che questo tipo di escur-sionisti apprendano in fretta le giustetecniche, perché non basta aver lettosu qualche pubblicazione i percorsi dicanyon, per ritenersi in grado discendere in qualsiasi forra.

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Notizie italiane �Notizie italiane

zioni laterali. Inoltre, diversamente dallealtre cavità della zona che si inabissanoavvitandosi su se stesse, i 2 Increduli si spo-stano notevolmente anche in pianta.Tutto questo fa ipotizzare l’esistenza di ungrande sistema del quale conosciamo solouna piccola parte; attualmente le esplora-zioni del ramo principale sono ferme acausa dell’acqua che ne impedisce la disce-sa. Ulteriori esplorazioni sono rivolte adinseguire l’aria nel ramo a monte del pozzod’ingresso, percorso per circa 50 metri efermo su passaggi impraticabili.A –100 inoltre è stato risalito per 30 metri,dagli amici del GS Montorfano - CAI Coc-caglio (BS), un ramo interessato da unnotevole arrivo d’acqua che punta versol’esterno (solo 20 metri!) Un possibilenuovo ingresso ci permetterebbe di evitare

i fastidiosi 250 m di meandro.Alla Laca di Müradèi è stato completato ilrilievo del ramo fossile “Deviazioni di DonRigoberto” fino a –170; oltre il meandrodell’attuale fondo, ancora da disostruire, sisente forte rumore di cascata. Dal rilievosembrerebbe trattarsi di un corso d’acquadiverso rispetto a quello del Ramo Princi-pale.

Mauro Ravasio, GSB Le Nottole - GEC Genepì

LOMBARDIA

Novità dal Monte Arera (PrealpiBergamasche)

Continuano le esplorazioni del GSB leNottole nelle zone del Monte Arera e delMonte Grem. Nell’Abisso Dolce Vita (rami“Effetti Collaterali” a –250) merita menzio-ne il rametto in salita “Piadina”, con possibi-lità di ulteriori prosecuzioni in finestra.Nella zona alta del sistema (rami “OnlyWomen” e “Battistero”) si cerca la congiun-zione con l’ormai vicina Lacca della Miniera,distante meno di 30 m in linea…di roccia.Nella Lacca della Miniera è stato individua-to un meandro che si dirige proprio verso irami sopra citati, ma la disostruzione èancora da completare. L’eventuale giunzione non cambierebbe l’at-tuale dislivello della “Dolce Vita” (484 m), ma aumenterebbe il suo sviluppo di circamezzo chilometro portandola a superare i 3500 m (l’attuale primato Bergamascospetta alla Laca di Sponcc (3465m). Nell’A-bisso dei 2 Increduli, dopo incessanti diso-struzioni lungo 250 metri di meandro, cisiamo affacciati, a –100m, sul primo di unaserie di trenta pozzi (compresi tra i 10 e i30 metri) che ci ha permesso di scenderevelocemente fino a sfiorare gli attuali–500m.Lungo i pozzi, anche nei aridi mesi questaestate 2003, era presente un notevole stilli-cidio. Alla base di ogni salto risultava difficilepersino trovare dei sassi per sondare ilpozzo successivo, segno che lungo questavia l’acqua passa con notevole violenza,spazzando via anche le pietre.A –200 si giunge in una grande sala inclina-ta che continua per 50 m lungo una spetta-colare faglia; a –300 si incontra una zonacaratterizzata da un incrocio di fratturesub-verticali. La principale di esse, larga dauno a due metri e lunga dieci volte tanto,scende per quasi 100 metri fino ad incon-trare una forra sub-orizzontale con dirama-zioni fossili.L’abisso prosegue in ambienti caratterizzatida meandri fangosi, sia attivi che fossili,intervallati da pozzetti. Dopo l’ultimo P 30si giunge all’attuale fondo (circa –500) in unmeandro facilmente disostruibile.Fino ad ora è stato seguito solo il ramoprincipale, non badando alle diramazionilaterali e alle strane inversioni delle correntid’aria. I vicini abissi meteobassi Laca diMüradèi (-200)” e Crevazza Fruttari (-114),in cui pensavamo di andare a finire, sonostati ampiamente oltrepassati ed eventualigiunzioni saranno da ricercarsi in dirama-

PIEMONTE

Abisso Ferro di Cavallo (Val Ellero – CN)

L'ASG San Giorgio durante il mese di ago-sto ha effettuato il consueto campo estivonella zona compresa tra Porta Sestrera e leRocche di Serpentera (sistema carsico diPian Marchisio – Val Ellero, Cuneo), con l'o-biettivo di continuare le esplorazioni dell'A-bisso Ferro di Cavallo (2195m slm), fermea –110 a causa di severe strettoie e franeinstabili, nonostante la scoperta della cavitàrisalga all’anno 2000. A partire dal mese digiugno 2003 sono state organizzate unaserie di punte che hanno prodotto un’in-tensissima attività esplorativa durante tutti inove giorni di campo, allestito presso ilLago delle Mogli. Le prime punte inizianonella stupenda "Forra del Venticello", unadiaclasi a tratti fortemente concrezionatache termina in grandi ambienti dopo 140m di sviluppo.Superati grandi saloni di crollo (SaloniRavaccia), è stata intercettata la galleriaprincipale, dove un ruscello di portatacostante scorre su roccia impermeabile. Daquesto punto in avanti la grotta assumeun’unica direzione intercettando numerosiarrivi, in parte attivi, ancora in fase di esplo-razione. Seguendo il ruscello verso monte(Riviera di Levante), la grotta continua instretti budelli che dovrebbero intercettarenuove gallerie. Attualmente le esplorazionisono ferme su una frana sospesa a –320, inprossimità di un ulteriore salto di 15 m,mentre il rilievo è stato completato finoalla profondità di –295 m. Anche se inumeri non rendono giustizia ad una grottache in alcuni tratti è veramente fantastica,ad oggi l'Abisso Ferro di Cavallo risulta unadelle più profonde cavità della Val Ellero,con un ulteriore potenziale carsico di100/150 m. Lo sviluppo della cavità è oltreil chilometro (solo la parte rilevata), ed unaprobabile giunzione con la Voragine del Bie-cai (Pi 159: profondità: -265 m, sviluppo660 m), porterebbe il complesso ad un’e-stensione di quasi 2 chilometri. Il rilievodella cavità sarà pubblicato nel numero diaprile 2004 del nostro bollettino “In ScioFondo”. Per ulteriori informazioni, potetecontattare Gianmarco De Astis (3357271943) oppure spedire un e-mail all’indi-rizzo [email protected]

Gianmarco De Astis, Associazione Speleologica Genovese

San Giorgio

notizieitalianeNotizie italiane

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� Notizie italiane

Ingresso Fornitori (Pian DelTivano – CO)

La disostruzione di una frana ventosa, giàparzialmente puntellata da componenti delGruppo Grotte Milano agli inizi degli anni’90, ha permesso di entrare in una grottache, dopo una prima parte abbastanzadisagevole, assume dimensioni enormi.Nella prima fase vengono esplorate veloce-mente 4 km di gallerie, tralasciando nume-rosi arrivi laterali e diffluenze tra cui unpozzo valutato 30 metri. Dopo la pausaestiva dedicata al campo in Grigna, leesplorazioni riprendono a ritmi intensi:sceso il P. 30 la grotta continua ancora edin un mese raddoppia lo sviluppo. Siamofermi in un salone dal quale si diramanoenormi gallerie esplorate solo sommaria-mente; in sei mesi lo sviluppo di IngressoFornitori è passato da 50 m a oltre 8 chilo-metri per una profondità di 400 m ed èsicuramente destinato a crescere. Ora l'a-pertura di un nuovo ingresso da parte delGruppo Grotte Milano permette di entraredirettamente nelle parti profonde, accor-ciando notevolmente i tempi. Hanno parte-cipato alle esplorazioni, oltre allo SpeleoClub Erba e all'Associazione SpeleologicaComasca (cui va il merito di aver credutoin uno scavo quasi impossibile), il GruppoSpeleologico Valle Imagna, Gruppo GrotteMilano, Gruppo Speleologico Varesino,Gruppo Grotte "I Tassi", Speleo Club ValleIntelvi, Speleo Club Valceresio e SpeleologiIndipendenti.

Marzio Merazzi - Speleo Club CAI Erba

Obelix (Pian del Tivano – CO)Sono terminate le esplorazioni dei nuovirami ad Obelix. A luglio era stata disostrui-ta una strettoia e al di là sono state trovatedue diramazioni: una galleria in discesa chetermina su depositi fangosi e una lungarisalita in interstrato che termina a pochimetri dalla superficie, nelle vicinanze dell’in-gresso. Ad ottobre è stato esplorato ancheun grosso interstrato che purtroppo finiscedopo una quarantina di metri e un altrostrettissimo cunicolo, di una trentina dimetri, lungo la risalita. Gli ambienti dei raminuovi in alcuni punti sono abbastanza gran-di, ma non sembrano esserci possibilità diprosecuzioni significative. In totale sonostati esplorati 309 m nuovi, da aggiungere ai336 m precedentemente rilevati. Laprofondità invece resta invariata (-124 m).

Andrea Maconi, Gruppo Grotte Milano

contemporaneamente alla raccolta dati per latesi, il gruppo ha sistematicamente rivisitatotutti gli abissi noti nei dintorni di Col de laRizza. Tutto sommato le sorprese sono risulta-te modeste per quello che riguarda l’esplora-zione, ad eccezione dell'abisso FR 410. Il pic-colo ramo esplorato allora, pur non essendorilevante per dimensioni e profondità, è statooggetto di accurate ricerche per la sua note-vole corrente d'aria. Gli abissi di questa zonasono generalmente caratterizzati da profondipozzi di ingresso e vasti saloni terminali.Nel gennaio 2003 il gruppo, stimolato daglieclatanti risultati in quel dei marmi apuani diGo Fredo assieme agli amici di Reggio Emilia,e fortificato dalle nuove leve che di Cansiglioavevano solo sentito parlare, decide di ripren-dere la ricerca di quella fatidica corrente d'a-ria.Durante la prima uscita, una sfrenata fanta-sia ci suggerisce l'uso di palloncini riempiti dielio, da usare tipo scandaglio cerca-aria, alfine di discriminare le molte possibilità diesplorazione verso l'alto. Questo ci ha per-messo di riprendere in considerazione unarisalita intrapresa dieci anni prima, scoprendol'imbocco di un'ampia galleria a pochi metridalla visuale dei primi sfortunati esploratori.Dopo la galleria ed un breve salto, ci troviamoad esplorare una stupenda e articolata zonariccamente concrezionata, con chiari segnifreatici e molti paleolivelli. Presto arriva ilprimo bivio e con esso la contemporaneaesplorazione di due rami, uno attivo e l'altrofossile. Sono stati topografati fino ad ora sola-mente 400 m di sviluppo, ma circa altrettantirestano ancora da rilevare. La profondità rag-giunta è di circa 330 metri; l'esplorazioneadesso (novembre 2003) non è più così facileed euforica come nelle fortunate uscite prece-denti. Non si aprono più verticali, ed unavasta sala di crollo per ora preclude ogniapprofondimento. Tuttavia restano da verifica-re moltissimi punti e speriamo che l'invernopossa ripristinare le condizioni per seguire almeglio le correnti d'aria, che anche in questazona sono molto importanti.

Chiara Maietti e Stefano Rossetti, G.S.Fe. Ferrara

Grotta Martina, un altro gioiellodella Val Rosandra

Gli speleologi della Commissione Grotte "E.Boegan" nei primi sei mesi del 2002 hannoarricchito il patrimonio sotterraneo della ValRosandra di un nuovo gioiello: la GrottaMartina.All'inizio della storia - fine anni '80 e primianni '90 - la cavità era costituita da unostretto cunicolo, lungo un paio di metri,portato da Giuliano Zanini, spesso aiutatoda qualche consocio, a sette metri di svilup-po e quattro di profondità, dal cui fondospirava una discreta corrente d'aria. Nell'ot-

VENETO

Nuova grotta scoperta nel Montello (TV)

Lungamente cercata come esuttore delnoto e storico Tavaran Longo (V TV 73) lacavità appena scoperta è un lungo cunicolofreatico esplorato fino ad ora per circa 300metri, misura per niente banale se rappor-tata alle caratteristiche geomorfologiche delluogo, cioè al carso montelliano su conglo-merati. La grotta è un condotto di troppopieno che viene invaso totalmente neiperiodi di piena. L’acqua proveniente dalTavaran si disperde per la maggior parte inprofondità creando una lunga serie di sor-genti che sgorgano alla base del “Coston”(falesia a N del Montello) disperdendosinelle ghiaie del letto del Piave.La cavità possiede delle parti concrezionatenei punti in cui la galleria incrocia fratturetrasversali.L’esplorazione proseguirà in inverno spe-rando in un lungo periodo di magra. Lepotenzialità planimetriche sono notevoli inquanto il Tavaran Longo ed il conseguenteTavaranetto distano circa 800 metri in linead’aria ed il loro collegamento è possibile. Laconferma di questo è stata provata contracciamento a mezzo fluorisceina, effettua-to nel mese di ottobre scorso, che ha datol’esito sperato.Questo risultato dimostra quanto si puòfare in un territorio che è stato intensa-mente esplorato e che oramai molti pensa-no non possa riservare nuove scoperte. Leesplorazioni subacquee che si prospettanonel prossimo futuro al Cadin de le Fate,altra conosciuta risorgenza a pochi chilo-metri di distanza, potranno dare altri risul-tati di eccellenza.

Paolo Gasparetto, Gruppo Naturalistico Montelliano

FRIULI VENEZIAGIULIA

Col de la Rizza, CansiglioL'interesse del Gruppo Speleologico Ferrareseper la zona del Cansiglio, bosco protetto amonte di Vittorio Veneto (TV), ripartito tra leprovincie di Treviso, Pordenone e Belluno, risaleall'anno 1993 quando uno dei nostri socisvolse la sua tesi in geologia con lo studio delrapporto tra fenomeni carsici e tettonica inquelle zone. Durante quel periodo di studio,

ERRATA CORRIGELa foto a pagina 83 del n. 47 è di Paolo Giuliani. Ce ne scusiamo con lʼautore per la mancata segnalazione

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Notizie italiane �Notizie italiane

parzialmente un passaggio stretto ma pro-mettente. Quest'anno, la situazione delnevaio interno è nuovamente mutata, per-mettendo la discesa fino alla profondità di -128 m, dove il solito tappo di neve mettemomentaneamente la parola fine alleesplorazioni dell'ipogeo. Il tratto esploratonell'agosto del 2003, risulta più disagevoleda percorrere a causa degli ambienti piùstretti rispetto ai pozzi superiori ed allaconsistente presenza di neve. Nel corsodelle esplorazioni di quest'anno, è statoanche rilevato un pozzo parallelo con unaccesso separato, che dall'esterno si ricon-giunge al pozzo principale a circa 40 metridi profondità. Non si può escludere,comunque, che lo scioglimento delle nevinella prossima stagione estiva possa aprireun nuovo capitolo esplorativo: la CRC Z5,infatti, si trova nelle immediate vicinanze dinumerose cavità che vanno a formare l'im-portante complesso sotterraneo del ForànDal Muss, fra cui il noto Abisso Comici, ilcui ingresso dista un paio di centinaia dimetri.

Marco Meneghini, C.R.C. Seppenhofer – Gorizia

Monte Naiarda (UD)Sono proseguite anche nel 2003 le esplora-zioni e i lavori di ricerca nella nuova areacarsica del Monte Naiarda nell’Alta Val Taglia-mento (Comune di Socchieve, UD), scoper-ta dal Gruppo Triestino Speleologi nel 2001.Grazie anche alla collaborazione del Grup-po Speleologico Carnico “M. Gortani”, èstata esplorata parzialmente quella che almomento sembra essere la cavità piùimportante dell’area. Siglata NA10, la cavitàconsta di un pozzo sui 50 metri di profon-dità, impostato lungo un’evidente faglia. Pur-troppo alla massima profondità un consi-stente deposito glacio-nivale non permettedi individuare una possibile prosecuzione. Incompenso, a pochi metri dal fondo, si dipar-te una condotta forzata ascendente interes-sata da una corrente d’aria. Per ora si è fermidavanti ad un riempimento, ma quasi sicura-mente la condotta dovrebbe sfociare all’e-sterno, in corrispondenza di una serie didoline e avvallamenti assorbenti. Diversesono le cavità discese e rilevate verso la finedell’estate, in special modo quelle al cuifondo stazionano usualmente depositi dineve. Per vari pozzi (nella maggior parte deicasi di profondità non superiore ai 10 metri)si è potuto così mettere la parola fine. Sonoproseguiti anche i lavori di siglatura e posi-zionamento con GPS dei numerosi imboc-chi dell’interessante, seppur ristretta, areache si trova ad una quota media di 1700 ms.l.m. Grazie alla costruzione di una nuovapista forestale, il lungo avvicinamento a piedi,necessario fino allo scorso anno (circa 4 oree mezza), è stato ridotto a poco più di un’o-

di raggiungere una galleria fossile in leggerasalita, di notevole bellezza per il concrezio-namento che presenta. Un altro passaggio,posto qualche metro più in basso del pre-cedente, conduce al Ramo a Valle, labirinti-ca e fangosa serie di gallerie che si svilup-pano appunto verso valle.Vista l'importanza e la bellezza della grottai suoi scavatori-esploratori hanno deciso diribattezzarla Grotta Martina, in ricordo dellafiglia, prematuramente scomparsa, di unsocio della Commissione. La cavità, il cuisviluppo sfiora il chilometro, si è dimostrataidrologicamente attiva nei periodi piovosi inquanto la Galleria Cristian risulta percorsada un torrentello che scarica le sue acquenel meandro che alimenta il terzo lago. L'in-teresse per questa cavità è però soprattut-to determinato dal fatto che le sue galleriefinali si diramano in prossimità non solodella Grotta Gualtiero, ma anche della Fes-sura del Vento (4139 VG) e della Grottadelle Gallerie (420 VG), grotta quest'ultimain cui è stato accertato il collegamento deiflussi d'aria provenienti dalla Grotta Marti-na.La Val Rosandra si avvia così a diventareun'area speleologica di importanza notevo-le, con un complesso sistema di grotte(oltre quattro chilometri la Gualtiero, due emezzo la Fessura del Vento, sul chilometrola Martina, alcune centinaia di metri le Gal-lerie) che rimette in discussione tuttoquanto si sapeva sull'antica idrografia dellavalle.

Pino Guidi, Commissione Grotte "E. Boegan"

Monte Canin: un nevaio a -130 ferma (momentanea-mente?) le esplorazioni delpozzo II° a Nord del Foran dal Muss

Con alcune uscite effettuate nell'agosto2003 sull'altopiano del Monte Canin, e pre-cisamente, nell'area del Foran dal Muss, ilC.R.C. Seppenhofer di Gorizia ha volutocompletare l'esplorazione del Pozzo II° aNord del Foran dal Muss (CRC Z5).Al momento della scoperta, avvenutadurante la campagna esplorativa del 1995,l'ipogeo misurava 57 m di profondità ma,alla base di un pozzo interno, un pertugionella neve che ne occludeva il fondo lascia-va ben sperare, lasciando cadere i sassi chevenivano gettati al suo interno per ulterioridiverse decine di metri. Gli spazi, però,erano così stretti da permettere il passag-gio delle sole pietre. Solo nel 2002, compli-ce il ben noto fenomeno dello scioglimen-to delle nevi che si fa sentire anche sotto-terra, si è potuta raggiungere la profonditàcomplessiva di 109 m, fermandosi nuova-mente a causa del ghiaccio che occludeva

tobre 1991 venne catastato (5640 VG) conil bene augurante nome di Cunicolo dell'A-ria. Le difficoltà nel proseguire lo scavo,tutto in roccia viva, e la ricerca di qualchesito aspirante che portò al raddoppio dellosviluppo della Grotta Ferroviaria (4352 VG)e alla conseguente scoperta della GrottaGualtiero (5730 VG), segnarono la momen-tanea interruzione dei lavori.Momentaneamente, appunto, perché nel-l'autunno 2001 un gruppo di speleologidella Commissione ha ripreso in esame lacavità, facendo base nella Grotta del Tasso(425 VG) adattata a spogliatoio e magazzi-no, che successivamente si rivelerà il proba-bile antico ingresso del nuovo complessosotterraneo. Bisognava, per poter seguirel'aria, allargare e rendere transitabile unafessura di pochi centimetri ma parecchiolunga. Dopo sei mesi di scavo nella rocciaviva il cunicolo era diventato lungo una ses-santina di metri (di cui una trentina in unadirezione rivelatasi poi sbagliata) e alla suafine si è aperto uno spiraglio che ha per-messo l'accesso ad una prima caverna ric-camente concrezionata da cui si dipartonotre vie. Quella in direzione W sprofonda per alcunimetri in uno stretto meandro che parechiudere inesorabilmente, la seconda si diri-ge a SE, salendo verso la superficie in dire-zione della Grotta del Tasso e terminandodopo una ventina di metri in una selva diconcrezioni. La terza, sita sul lato WNWdella caverna, immette in una stretta ed altaforra, in più punti ostruita da frane cemen-tate dalla calcite e intervallata da pozzi epozzetti da aggirare, che si addentra nelleviscere del monte Stena in direzioneWNW. Lungo il percorso si incontranoaltre due ampie caverne ospitanti dei laghitemporanei, che nei periodi piovosi si rive-lano profondi oltre sei metri.L'abbassamento dell'acqua del secondolago, conseguente ad una stagione secca, hapermesso di individuare la prosecuzionedella cavità. Ulteriori scavi hanno svelatouna galleria in accentuata discesa - la Galle-ria Cristian, riccamente concrezionata eintervallata da un susseguirsi di vasche dagliorli bordati di infiorescenze calcaree. Al ter-mine della galleria uno stretto meandrolungo una quarantina di metri, completa-mente allagato, conduce al terzo grandelago, questa volta perenne. Dopo un'altrasala ed un ulteriore tratto di forra strettaed alta si perviene al quarto bacino d'ac-qua, ancora più ampio e profondo del pre-cedente. I tentativi di superare quest'osta-colo da parte di speleosub non hanno datoesito positivo: il sifone, dopo una ventina dimetri di percorso a otto metri di profon-dità, chiude .Nella forra, ad una dozzina di metri dallaprima caverna, un passaggio alto permette

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ra, fermo restando la necessità di disporre diun fuoristrada e dei dovuti permessi. È dasegnalare infatti che la nuova area investiga-ta si apre all’interno di una proprietà privata,adibita ad azienda faunistico-venatoria. Perquesto motivo l’attività in zona è possibilesolo grazie al permesso accordato dal pro-prietario dell’area.

Gianni Benedetti, Gruppo Triestino Speleologi – Trieste

TOSCANA

Carcaraia (Alpi Apuane - LU)

Durante la primavera ed estate di quest’an-no la nostra attenzione si è concentrataprincipalmente su due obiettivi: l’abissoPerestrojka e l’abisso Mani Pulite.Nel primo, che era stato attrezzato duranteil campo estivo del 2002, la prima verapunta è stata fatta in giugno: dopo aver for-zato una strettoia circa cinque metri soprail vecchio fondo, ci siamo immessi in unpozzo di una quindicina di metri che portasulla sommità dell’imponente “pozzo degliapplausi” (120 metri circa) caratterizzato dainnumerevoli arrivi; nelle successive esplora-zioni abbiamo sceso altri tre pozzi fino adarrivare approssimativamente a - 420 metridall’ingresso. Mani Pulite invece è stato pro-tagonista del campo estivo 2003: abbiamoorganizzato due campi interni durante iquali - attrezzata una risalita di circa 15metri, che ci aveva più volte respinto perl’acqua, nei pressi della frana a monte delcampo a –710 metri - abbiamo esploratoun enorme salone. Si tratta di un ambienteveramente grande: vi arrivano tre pozzi e,nonostante il periodo di siccità, abbiamoindividuato tre arrivi d’acqua importanti;una risalita di circa 30 metri ci ha fattoentrare in condotte che si spostano note-volmente in pianta. Colgo l’occasione perringraziare l’insostituibile aiuto di quantisono passati dalla Carcaraia in agosto (circa50 persone).

Michele Cuccurullo, G.S.F. – Firenze

News da Go fredo. (Alpi Apuane, M. Sumbra, Vagli- LU)

L'eccezionale siccità dell'estate 2003, hapermesso di continuare le punte a Gofredo in condizioni di assoluta tranquillitàdal punto di vista idrico. Dopo aver rag-giunto la profondità di -820, a fine primave-ra, siamo entrati in un reticolo di galleriefossili, preludio alla fine delle esplorazioni inverticale. Alla base di un successivo salto -

piena eccezionale delle sorgenti di EquiTerme (risorgenti dei complessi carsici dellaSerenaia e di parte della Carcaraia) che ciha permesso di individuare un troppopieno mai visto prima d’ora. Il sopralluogoeffettuato appena smaltita la piena ha rive-lato la presenza di una grande quantità diciottoli arrotondati in corrispondenza dellevenuta a giorno delle acque, avvalorandol’ipotesi dell’esistenza di condotti carsici conscorrimento delle acque di tipo principal-mente vadoso.Stupefacente infine il tempo di innalzamen-to ed esaurimento della piena: poco più di24 ore per smaltire le acque di un territo-rio situato a più di 10 km di distanza.Parallelamente all’attività squisitamenteesplorativa continua l’opera di revisionecatastale delle grotte presenti nella valle inprevisione della pubblicazione del nuovoCatasto delle Grotte della Regione Toscana,previsto per il 2004.

Alessandro Zanna e Francesco De Grande,OSM - Modena, GSPGC - Reggio Emilia

UMBRIA

Monte Catria (PG)Tra la fine del 2002 e l´inizio del 2003viene scoperto ed esplorato l'Abisso diMonte Catria, una nuova cavità di grandissi-mo interesse, visto che in pochi mesi èdiventata la terza grotta più profonda del-l’Umbria, dopo la Grotta di Monte Cuccoe il Chiocchio.Il Monte Catria, con le sue maestose e pano-ramiche pareti è una delle montagne nellequali lo sforzo esplorativo degli speleologiumbro-marchigiani ha conosciuto il più altoimpegno, seguito spesso da cocenti delusio-ni. Stavolta però è andata diversamentequando abbiamo visitato due piccole cavitàverticali, già note ad alcuni di noi da unadecina d´anni, situate in luoghi di bellezzaincantevole e mozzafiato nella proprietàdella Comunanza Agraria di Isola Fossara. Illuogo è accessibile solo con calate in pareteed ha permesso agli speleologi della SezioneSpeleologica Città di Castello (SSCC) dipenetrare nel cuore della montagna daingressi situati a 1200 m di quota. Sopra dinoi la montagna ha ancora un paio di centi-naia di metri di calcare da esplorare (il M.Catria è alto 1701 m ma in vetta affioranoformazioni poco carsificabili); sotto, il Torren-te Sentino, lo stesso che ha scavato la Goladi Frasassi, scorre 800 m più in basso. Giàdalle prime uscite effettuate in pieno inver-no, allarmando qualche volta gli abitanti diIsola Fossara che vedevano fino a tardanotte le nostre luci sulle pareti e si preoccu-

pozzo Katanga - si incontra infatti un sifone(quota stimata –900, il rilevo è fermo a -845). La scarsità d'acqua non ha permessodi valutare quale sia il normale livello idricodel fondo di Go fredo, ed ha aperto nuoviinterrogativi per quanto riguarda la risor-genza. Interrogativi a cui speriamo dirispondere attraverso le colorazioni orga-nizzate in collaborazione con la F.S.T. previ-ste per la primavera 2004. Non menoentusiasmanti le arrampicate che partono aquota -160 e hanno raggiunto quota 0spostandosi in pianta di oltre 300m, sotto ilM.Fiocca. Sono state quindi rivisitate alcunevecchie cavità poste proprio sopra la verti-cale di queste risalite. In particolar modo laBuca dell'impiccato e la Buca dell'invisibilesembrano le più promettenti per effettuareun congiunzione con Go Fredo. Nella Bucadell’invisibile è stato disostruito un passag-gio che ha permesso di esplorare oltre uncentinaio di metri di meandro concreziona-to. Continua anche l'attività di documenta-zione filmata e fotografica in diretta durantele punte esplorative.

Massimo “Nebbia” Neviani, GSPGC - Reggio Emilia

In Serenaia continuano a spirare nuovi venti (Alpi Apuane - LU)

Nell’estate 2003 sono state scoperte diver-se nuove buche, tutte con grande circola-zione d’aria, tra cui la più promettente è laBuca Nuova (il cui nome poco fantasioso èovviamente provvisorio), situata nell’avvalla-mento poco pronunciato che dal Garne-roncino scende verso valle perdendosi poinei fronti di sbancamento delle prime cave.Si tratta di una buca fonda 120 m, ferma suuna fessura impegnativa, stretta e lunga, cheinvoglia decisamente allo scavo con il ventoche ne fuoriesce. Il movimento dell’ariaquest’estate era così violento che produce-va un rumore inizialmente scambiato per ilsuono di acqua in lontananza.Le particolari condizioni climatiche di que-st’estate (caldo torrido e assenza presso-ché totale di precipitazioni) facevano soffia-re qualsiasi buchetto e proprio grazie alvento è stata iniziata la disostruzione dialcuni ingressi molto promettenti posti ametà strada tra il Pannè - MC5 e la Bucadei Canneggiatori.In quest’ultima è stata raggiunta la profon-dità di –350 m, con oltre un chilometro disviluppo.Nel Pannino (quarto ingresso del Pannè) èancora in corso la risalita infinita del ramo amonte (80 m su roccia sbriciolona) e secon-do i nostri calcoli dovremmo essere quasiall’esterno, su un ulteriore ingresso!Infine all’inizio di novembre, durante ilponte dei Morti, abbiamo assistito ad una

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valli, testimoniano la presenza di boschi. Pergli altri 225.000 anni il paesaggio dei nostriantenati era la steppa, più o meno come inSiberia al giorno d'oggi". Ma c'è un'incogni-ta di cui la scienza non riesce a venire acapo: "Non siamo in grado di stabilire -conclude Giardini - se e in che misura suicambiamenti possa avere inciso l'ultimomezzo secolo, la civiltà moderna, con l'im-missione di tonnellate di anidride carbonicae un'immensa superficie impermeabilizzatadal cemento".

da Speleoit, su segnalazione di Lorenzo Grassi

CAMPANIA

Nuove esplorazioni alla GravaAuletta sui Monti Alburni (SA)

Sul massiccio dei monti Alburni sono moltele cavità che possono offrire ancora sor-prese dal punto di vista esplorativo. Tra letante si è deciso di rivederne una in parti-colare, scelta tra le cavità minori dimentica-te da anni in questo massiccio: la GravaAuletta con un dislivello totale di circa 100metri, dove nella saletta terminale era pre-sente uno stretto passaggio percorribiledall’uomo se non per pochi metri e attra-versato da un piccolo ma intenso corsod’acqua.Tra dicembre 2002 e marzo 2003 ha avutoluogo una campagna dedita principalmentealla disostruzione di questo stretto passag-gio che rappresentava il fondo della grotta.

Regina e Colonnelle, che alimentano leterme di Bagni di Tivoli. "Lo sbalzo di livelloqui al Merro non si era mai scostato dai10-15 centimetri a seconda della consisten-za delle precipitazioni", spiega Marco Giar-dini, ricercatore presso il dipartimento dibiologia vegetale dell'Università La Sapienzadi Roma. "Una situazione di questo genere- continua Giardini - non può essere attri-buita soltanto alla siccità di quest'estate. E'indice, piuttosto, di una progressiva diminu-zione delle precipitazioni ad andamentopluriennale. Le falde non si ricaricano quan-to dovrebbero, la situazione è peggiorata dianno in anno fino a rendersi così evidente"."La zona circostante il pozzo del Merro -sostiene Giardini - può essere un osserva-torio dei mutamenti climatici, che in questaestate torrida (2003 ndr) sono comeimprovvisamente esplosi". Quello che ilprofessore ha visto il 21 agosto durante unsopralluogo lo ha impressionato: "La colon-nina posta sul bordo dai ricercatori dell'uni-versità per misurare il livello dell'acqua è amezz'aria, completamente all'asciutto. L'a-rea circostante la cavità - spiega Giardini -presenta spaccature profonde anche qual-che decina di centimetri. Il terreno, solita-mente fresco e umido, è completamenteasciutto, e la fascia di vegetazione caratteri-stica del luogo che vive normalmente conle radici nell'acqua si è ridotta molto eminaccia di scomparire perché a secco". IlPozzo del Merro può essere consideratocome il "termometro" di un clima impazzi-to? I ricercatori vanno cauti: "Nel nostrodipartimento abbiamo studiato unasequenza di pollini di 250.000 anni - affer-ma Giardini - di questi solo 25.000, a inter-

pavano per la nostra incolumità, ci siamoaccorti di avere trovato la via d´accesso alcuore della montagna, che ci riservava osti-che strettoie, ma anche pozzi e meandridalle forme invitanti e appaganti. La tantaaria che fluiva attraverso questi passaggi e letracce di imponenti flussi idrici che percor-rono la grotta allo sciogliersi delle nevi o inseguito a importanti piogge, ci hanno sem-pre stimolati a proseguire e a coinvolgerealtri gruppi nelle nostre uscite. Si sono infat-ti uniti a noi tanti amici provenienti da moltigruppi speleologici di Umbria e Marche eanche da altre regioni d´Italia, coi quali stia-mo condividendo questa emozionanteesplorazione. Per ora ci siamo fermati intor-no ai 300 metri di profondità ma da ognipunta torniamo con nuovi suggerimenti esperanze per chi cerchi di dipanare la rete divuoti che la montagna ancora nasconde.La speranza di tutti noi è, oltre ad averesempre la possibilità di raccontare e tra-smettere la conoscenza dei luoghi scoperti,quella di poter essere finalmente considera-ti dalle amministrazioni locali e regionali verisoggetti coi quali interloquire quando si trat-ti di intervenire su suoli e sottosuoli carsicialterandone gli equilibri, così da poterneprogrammare una gestione più consapevoledi quanto si sia fatto finora e si stia tuttorafacendo. Basti ad esempio pensare all’incon-cepibile progetto di "valorizzazione" turisticadella Grotta di Monte Cucco, portato avan-ti sino ad ora senza la minima partecipazio-ne delle federazioni speleologiche dell’Um-bria e delle Marche (FSM e FUGS), dellaSocietà Speleologica Italiana (SSI) e dell’Isti-tuto Italiano di Speleologia (IIS), reali deposi-tari delle conoscenze e delle competenzeadeguate a poter fungere da imprescindibileorgano consultivo per i piani di tutela e valo-rizzazione di certe entità ambientali. Luca Girelli, Sezione Speleologica Città diCastello

LAZIO

Acqua mai così bassa nellavoragine più' profonda almondo (Pozzo del Merro -Roma)

E' la voragine carsica allagata più profondadel mondo, con i suoi 392 m al di sotto dellivello del mare. Al Pozzo del Merro, nellacampagna di S. Angelo Romano, il livellodell'acqua, secondo un sopralluogo di stu-diosi della Sapienza, è sceso di tre metririspetto al precedente rilevamento, effet-tuato sempre dagli stessi ricercatori circaun anno fa. Mai, a memoria d'uomo, il livel-lo dell'acqua nella cavità si era abbassato inmaniera così drastica. A giugno un fenome-no analogo era stato notato presso i laghi

� Il pozzo di ingresso della Grava Auletta (foto Vito Buongiorno)

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Il Ramo Alto sul Lago Sifone della Grottadi Castelcivita (Monti Alburni - SA)

Questo breve contributo sulla Grotta di Castelcivita è rimasto dimen-ticato nel cassetto degli autori, come si può evincere dalla data del

rilievo, dall’ormai lontano 1995 ritornando alla luce solo alla fine del 2002durante il riordino del nostro polveroso archivio speleologico.In quel periodo, sullo slancio degli esaltanti risultati emersi dalle esplora-zioni nella Grotta di Castelcivita, procedevano con entusiasmo le ricerchedi nuove ramificazioni sia aeree che subacquee (Bellucci et al., 1994; DelPrete, 1995, Del Prete & Bocchino, 1995, Bellucci et al., 1995) coordinatedagli autori nella parte subaerea (esplorazione e rilievo delle CondotteForzate, dei rami CAI I e CAI II, del Ramo M, Ramo N, Condotte Argen-tino) in collaborazione con il GS CAI Foligno (coordinati da Massimo Bol-lati) nella parte subacquea (scoperta del Ramo Ipossico, giunzione Castel-civita-Ausino, collegamento CAI I-CAI II, esplorazione del Lago Terminale,etc.). Il proposito di entrare a Castelcivita con un occhio nuovo e di guar-dare anche nel tratto turistico nei posti più impensati, contribuì a questacome ad altre scoperte precedenti. Ciò permise di sfruttare ulteriormen-te le potenzialità di una cavità che, frequentata da tanti anni da speleologi,era ritenuta finita in quanto a prospettive esplorative fino a quando… il“riassetto” della speleologia campana da un lato, e le alterne vicende poli-tico amministrative dall’altra, che in seguito condizionavano e limitavano lepossibilità di accesso alla grotta, arrestarono più o meno bruscamente leprosecuzione e lo sviluppo di tutti i programmi esplorativi. Gli ultimi datiraccolti e pubblicati dagli scriventi, infatti, risalgono ad un sopralluogo effet-tuato a seguito dell’evento alluvionale che il 26 novembre 1996 interessòla grotta anche nel suo tratto turistico provocando gravi danni a infra-strutture e concrezioni (Del Prete et al, 1997).In questa sede riportiamo brevemente la descrizione di un ramo lateraleche rilevammo nell’agosto 1995 sul Lago Sifone della Grotta, quale con-tributo per chi oggi o in futuro sia più “bravo” o più “fortunato” di noi nelriuscire ad aggirare certi ostacoli…e riprendere le attività esplorative.

Descrizione del Ramo Alto sul Lago Sifone.Questo nuovo tratto di grotta è stato denominato dagli autori “Ramo Altosul Lago Sifone”, è ubicato a 6 m di altezza dalla superficie del lago ed hauno sviluppo planimetrico di circa 116 metri ed un dislivello totale di 10m.Dopo aver traversato il Lago Sifone si giunge al punto IGM 58 (caposal-do della poligonale eseguita dall’Esercito Italiano nel 1950-52) sito propriosulla riva dello stesso. Da qui in sinistra orografica, ovvero a destra di chiarriva col canotto, bisogna effettuare una risalita di circa 6 m molto scivo-losa e pericolosa (sotto c’è il lago) sopra la quale si aprono due piccoli

ingressi di poco più di 0,5 m di diametro. Per le sue ridotte dimensioni tra-sversali tutto il ramo (in gran parte alto non più di 60-70 cm) non è certodei più agevoli da percorrere, ma è senza dubbio molto affascinante. Datele dimensioni e la scarsa circolazione d’aria, non fu possibile usare la soli-ta illuminazione ad acetilene ma quella esclusivamente elettrica. Nono-stante questo accorgimento dopo solo alcune ore di permanenza l’ariaera diventata comunque pesante anche per 2 sole persone.Il Ramo, nel suo tratto iniziale, si sviluppa in direzione N 100° per poideviare bruscamente dopo 5 m verso NNE per altri 5 m. La sezione tra-sversale è tipicamente da interstrato di piccole dimensioni e le pareti sonocesellate di scallops e senza presenza di fango. Da questo punto l’ipogeosi divide in due gallerie; quella a N ritorna indietro e porta al secondoingresso dopo un tortuoso budello, mentre quella ad E continua verso ilfondo. Proseguendo lungo quest’ultima, dopo 8 m si devia verso SE e ci sipuò finalmente sgranchire le ossa e stare un po’ in piedi. Si giunge, infatti,in un tratto del ramo a sezione diaclasica con orientazione media N 145°.Alla fine di questo tratto, a 2,2 m di altezza si apre un’altra piccola prose-cuzione dove il ramo continua e la situazione non cambia. Esso devia deci-samente verso S ma si mantiene sempre basso e si è costretti a prose-guire strisciando per terra.Da questo punto sono stati individuati diversi rami anastomizzati fino agiungere dopo una ventina di metri su un pozzetto di 2 m di profondità elargo circa 1,2 m, dalle pareti completamente lisce e scivolose al cui fondoc’è una pozza d’acqua profonda circa 50 cm. A questo punto la galleriaprosegue verso SE, poi devia bruscamente verso NW e di nuovo versoSE nella parte finale. Per accedere a quest’ultimo settore del ramo biso-gna bagnarsi completamente fino al petto lungo un piccolo tratto basso dicirca 5 m di sviluppo prima di poter finalmente tornar a stare in piedi. Quila galleria mostra una tipica sezione diaclasica con tracce di flussi d’acquain pressione (scallops). Infine, nel tratto finale si arriva in una piccola salet-ta di 4 m x 2,5 m sulle cui pareti sono presenti delle bellissime improntein rilievo di Rudiste di circa 20 cm di altezza. Sulla volta è poi presenteanche una marmitta d’evorsione che risale per almeno 10 m la cui risalitanon fu effettuata al momento. Da un punto di vista morfologico, lungo tutto il ramo sono chiaramentevisibili forme idromorfe tipiche di condotte freatiche, a tratti anche anti-gravitative, il cui sviluppo è stato in parte condizionato da un sistema difratture con orientazione media N 145° (lungo cui la sezione della grottaassume una forma più o meno fusiforme) ed in parte da giunti di stratolungo livelli più carsificabili in corrispondenza di zone poco o per nulladisturbate dalle diaclasi (lungo cui la sezione diventa tipicamente da inter-strato e di forma ellissoidale molto schiacciata). In tutta la galleria il sedi-mento limo sabbioso di natura piroclastica, molto diffuso nella Grotta diCastelcivita, è presente solo nel settore centrale dell’ipogeo dove la

Alle operazioni hanno preso parte varigruppi speleologici del sud e centro Italia.Tutto il lavoro è stato reso più semplicegrazie all’utilizzo di corrente 220 V generatada un gruppo elettrogeno collocato all’in-gresso della grotta. Dopo svariati fine setti-ma, in cui si è lavorato 24 ore su 24 conturni di 4-5 ore grazie al gran numero dipersone che ne ha preso parte, si è entratiin una zona notevolmente più larga e age-vole, dove dopo i primi due saltini rispetti-vamente di 7 e 5 m si giunge ad un enor-me pozzo con un dislivello totale di 70 m.Purtroppo con molto rammarico abbiamodovuto costatare che al fondo è presenteuna nuova strettoia nella quale si riversa iltroppo pieno del laghetto che si forma allabase del pozzo e che tutti i finestroni di

CALABRIA

Forzato il sifone a valle dellaGrotta di Grave Grubbo (Verzi-no – KR)

Nel mese di luglio 2003 il Gruppo Speleolo-gico “Le Grave” di Verzino ha raggiunto unimportantissimo risultato esplorativo, forzan-do il sifone a valle della Grotta di GraveGrubbo, e raggiungendo il sifone a montedella Grotta Risorgenza Vallone Cufalo“Grotta dello Stige”.La distanza percorsa tra il sifone a valle diGrave Grubbo e la Risorgenza Vallone Cufa-lo è di 350 m. Quindi i due sistemi carsiciconosciuti Grotta di Grave Grubbo, GrottaRisorgenza Vallone Cufalo più il nuovo trattodanno origine ad unico sistema con uno svi-

quest’ultimo non danno speranza di ulte-riori esplorazioni.Nonostante il risultato metrico sia statomodesto, eccezionale è stato l’impegno el’organizzazione di molti speleologi chehanno creduto in questo lavoro e in parti-colar modo si ringrazia: Gruppo PugliaGrotte, Centro Altamurano Ricerche Spe-leologiche, Gruppo Speleologico del Mate-se, Speleo Club Roma, Gruppo Speleologi-co Vespertilio CAI Bari, Gruppo SpeleoCAI Napoli, riuniti sotto un unico nomeAIRES (Associazione Interregionale Ricer-che Esplorazioni Speleologiche)

Vito Buongiorno, Gruppo Puglia Grotte

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morfologia consente il ristagno dell’acqua e la conseguente deposizionedel carico solido.A testimonianza dello stato di attività della condotta non sono stati rinve-nuti depositi litochimici di nessun tipo lungo il ramo tranne le colate di cal-cite, peraltro di modeste dimensioni, che dall’ingresso del ramo si riversa-no nel Lago Sifone. Infine, la presenza di percolamenti di materiale argillo-so dall’alto nei tratti a sezione diaclasica, evidenziano l’importante ruoloche svolge e ha svolto la fratturazione della roccia calcarea nel convoglia-re le acque di drenaggio superficiale ed il sedimento piroclastico all’inter-no della grotta.

Berardino Bocchino e Sossio Del Prete, Gruppo Speleologico Natura Esplora – Summonte - AV

Bibliografia:Bellucci et alii (1994): Nuove esplorazioni alle Grotte di Castelcivita. Not.

Sez. CAI Napoli n. 3/94, pp. 34-39.Bellucci F., Giulivo I., Pelella L., Santo A. (1995): Monti Alburni – Ricerche

Speleologiche. Ed. De Angelis, pp. 62-72.Del Prete S. (1995): Sulle condotte forzate della Grotta di Castelcivita.

Not. Sez. CAI Napoli n. 1/95, pp. 30-37.Del Prete S., Bocchino B., (1995): Il nuovo rilievo del cunicolo CAI II,

Grotta di Castelcivita (SA). Not. Sez. CAI Napoli n. 2/95, pp. 37-40.Del Prete S., Bocchino B, D’Angelo R. (1997): Notizie sull’alluvione verifi-

catasi nella Grotta di Castelcivita il 26 novembre 1996. Not. Sez. CAINapoli n. 1/97, pp. 44-47.

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Dalle prime fruttuose esplorazioni di queglianni si arriva sino ai nostri giorni, con alcunitentativi sia in strettoia sia in artificiale chehanno consentito di incrementare ulterior-mente lo sviluppo della grotta, che raggiungeormai i 1100 m con un dislivello di 57 m. Lagrotta prende il nome dal bastone da passeg-gio (bacculu in sardo) agitato da un arzillovecchietto nei momenti d’ira. Vi si accede dal-l’ambiente originato dal collasso della volta diun ramo assorbente superiore che permettedi arrivare ad un reticolo di gallerie freatiche,sub-orizzontali e parzialmente fossili.Queste sono raccordate tra loro da angustecondottine a pressione impostate su una frat-tura principale, sempre rettilinea e condimensioni costanti, che è possibile seguireper circa 150 metri.

conserva evidenti le tracce lasciate dalle pas-sate attività minerarie per l’estrazione dellabarite e dell’onice che in certe località hannopesantemente modificato la morfologia delterritorio.Siamo nel bel mezzo del Paleozoico sardo, trai metacalcari e le metadolomie del cambricoed i fenomeni carsici, sia epigei sia ipogei, nonsi fanno desiderare. Le ricerche speleologichecondotte sporadicamente nei primi anni set-tanta dallo SC Cagliari e poi in modo via viapiù sistematico essenzialmente dal GRS Mar-tel di Carbonia, hanno consentito l’esplora-zione di un reticolo ipogeo di circa 3,5 chilo-metri distribuito su una trentina di cavità. Tratutte spicca la Sa/Ca 1870 Su Bacculu, il cuiingresso fu scoperto e disostruito dagli spe-leologi del Martel nel 1997.

luppo totale di circa 3 chilometri. Gli ambien-ti si presentano affascinanti, con grandi salonied un’interminabile successione di vaschettemolto suggestive.Il Gruppo Speleologico Le Grave sta già pre-disponendo il rilievo topografico del nuovotratto, nonché il servizio fotografico.

Carmine Lepera, Gruppo Speleologico “Le Grave”, Verzino – KR

SARDEGNA

Terraseo (Narcao - CA)Terraseo, frazione periferica del comune diNarcao nel Sulcis (Sardegna sud-occidentale),

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Ai rami superiori, sempre molto concrezio-nati con grande varietà di candidi speleotemisi contrappongono quelli di base, dove pre-dominano alcune belle morfologie da scorri-mento. Dal punto di vista esplorativo riman-gono ancora da vedere alcuni punti di sicurointeresse.

Mauro Villani, Gruppo Ricerche Speleologiche"E.A. Martel" Carbonia – SSI

Risalite a Sa Domu 'e s'Orcu(Carbonia - CA)

Cavità nota speleologicamente da una tren-tina d'anni la Sa/Ca 747 Sa Domu 'e s'Orcu(La Casa dell'Orco, dove l'Orco non è altroche una trasfigurazione popolare di Plutone,Signore degli Inferi) viene visitata raramentea causa della fangosità abnorme degliambienti terminali.Un piccolo gruppo di aficionados vi ha effet-tuato alcune risalite, con buoni risultati ebuone prospettive. In particolare partendodal cambio-attacco posto 35 metri circa dalfondo del pozzo finale si è risaliti in artificialeper una trentina di metri. Qui una diaclasilaterale sospesa e con il fondo ricolmo dilatte di monte diviene ben presto impratica-bile per accumuli di detrito. Si prosegue tra-versando il pozzo sul lato opposto, sempre inartificiale per circa 8 metri, per raggiungeredopo qualche metro in verticale l'accesso adun vasto ambiente freatico fossile ormai inparte concrezionato, con belle aragonitieccentriche (Terre di Mezzo). Qui, superatoun pozzo circolare che riporta, 70 m più inbasso, sulla via del fondo, sono stati control-lati alcuni terrazzi a cui seguono breviambienti.Mantenendo le spalle al pozzo circolare si èiniziata la risalita artificiale di un articolatocamino che presto diventa la parete diun'ampia sala dove s'intravedono dei baldac-chini concrezionati diverse decine di metripiù in alto …. esplorazioni in corso!!Incrementata anche la topografia della grotta,con lo sviluppo spaziale che raggiunge 1,3 kmper un dislivello di -104 m, che la confermacosì come la più estesa e relativamenteprofonda tra le circa 200 cavità naturali oggia catasto nel territorio comunale di Carbonia.

Mauro Villani, Gruppo Ricerche Speleologiche"E.A. Martel" Carbonia – SSI

Fauna pleistocenica a Santadi(CA)

Durante le fasi del rilievo topografico dellaSa/Ca 2761 Conca 'e Su Cani, cavità dilimitato sviluppo che si apre nei calcaricambrici del versante sud-occidentale delMonte Meana a Santadi, grazie alle acuteosservazioni degli amici Tonio Atzeni eMarco Pala del GAS "Prolagus" di Santadi,

evitare un basso passaggio obbligato, gene-ralmente semi-allagato ma che può anchearrivare a sifonare secondo gli umori diGiove pluvio.Infine è stato ripristinato l'accesso dell'in-gresso alto del sistema che era ostruito daun crollo, ne sono stati ridiscesi i pozzi e acirca metà del P.35 “Jour de l'an chinois” sista armando un traverso che speriamoconduca ad un nuovo livello sospeso. Losviluppo spaziale topografato supera 1,5km per un dislivello di -103 m.

Mauro Villani, Gruppo Ricerche Speleologiche"E.A. Martel" Carbonia – SSI

Sesamocam nel Comune di Vil-lamassargia (CA)

Prosegue l’attività esplorativa nel Comune diVillamassargia che ha permesso di rilevarealtre 15 grotte, portando il numero com-plessivo ad un centinaio. Si descrivono sinte-ticamente due cavità, in una delle quali èstato sperimentato con successo un nuovomodo di indagare le strettoie, che può farcapire se e quando conviene insistere. Sitratta di una micro telecamera con un dia-metro di cinque centimetri, illuminazionecompresa, in grado di entrare nelle strettoieper diversi metri. L’abbiamo battezzata sesa-mocam e la sua versatilità aumenta con l’uso,divenendo un utilissimo strumento nelleesplorazioni di nuovi rami o strettoie prece-dentemente verificate in modo parziale.Sarebbe interessante scambiare eventualialtre esperienze, fatte con metodologiediverse, in modo da orientare meglio i nostrisforzi, permettere d’avere meno dubbi emagari risparmiarci inutili fatiche. Ma venia-mo alle due grotte:GROTTA V DI SEDDAS ORTIGUPercorsa una decina di metri si arriva ad unprimo cunicolo abbastanza stretto (circa 70

sono stati individuati nei depositi di riempi-mento che caratterizzano la volta delprimo ambiente, alcuni interessanti restiosteologici attribuibili preliminarmente aCynotherium sardous.Questo canide era una delle poche speciepredatrici del Pleistocene sardo, anche se lecaratteristiche morfologiche ne limitavanocertamente l'azione predatrice nei soli con-fronti di piccoli animali.Di questo ritrovamento si sta occupando ilMuseo Civico di Paleontologia e Speleologia"E. A. Martel" di Carbonia ed è degno di notaperché i siti conosciuti con reperti di questotipo allo stato attuale sono meno di unadecina in tutta l'isola. Segnaliamo inoltre che la cavità in questioneè stata certamente utilizzata dall'uomo inepoche passate, come testimoniato dall'os-servazione dei resti di alcuni frammenticeramici d'epoca romana e di un piccolomuro nella zona adiacente l'ingresso.Mauro Villani, Gruppo Ricerche Speleologiche“E.A. Martel” Carbonia - SSI

Novità da Su Sennori (Iglesias -CA)

La Sa/Ca 1669 Grutta 'e su Sennori si aprealla base delle pareti verticali di calcareceroide del cambrico sardo che costituisco-no l'ossatura dell'isolato rilievo del MonteSu Casteddu. Quest’ultimo si trova nellapiana del Canale Peddori, al confine tra iterritori amministrati dai comuni di Iglesiase Carbonia, nella Sardegna sud-occidentale.Questa complessa cavità è impostata sualcune grosse fratture che si intersecano,dando origine ad ambienti organizzati supiù livelli con un clima decisamente freddoper il sud dell'isola. Le temperature interneoscillano infatti tra i 5 ed i 9 gradi centigra-di.La grotta offre da sempre asilo per il letar-go invernale ad una numerosa quantoassortita colonia di chirotteri dove sonoriconoscibili ben 6 specie differenti contem-poraneamente conviventi: Myotismyotis/blythi, Myotis capaccinii, Rhinolophusferrumequinum, Rhinolophus mehelyi, Rhi-nolophus euryale e Miniopterus schreibersi. Recentemente sono stati controllati meglioalcuni settori considerati promettenti. Nelcosiddetto Ramo del Fiume, superato unlungo e stretto laminatoio, sono in corsodegli scavi per tentare di trovare ulterioriprosecuzioni. Due risalite distinte nella Saladel Fango posta nel settore meridionaledella grotta non hanno dato risultati se nonquello di toccare con mano il tetto dell'am-biente.Nella Saletta di Mezzo una breve ma “'umi-da” risalita in artificiale di 8 m ci ha dato lapossibilità di accedere e percorrere un geli-do meandrino sospeso, che permette di

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Speleologia 48 85

Notizie estere �Notizie estere

cm di larghezza per 35 d’altezza) dal quale siaccede ad una sala che sembrava chiudere einvece si è rivelata piuttosto interessante,costituita da un ambiente in discesa che chiu-de in un cunicolo. A sinistra si apre una pic-cola sala concrezionata alta mediamente 2,5-3 metri, con al centro una grossa colata (4,10metri di circonferenza e altezza 180 cm) ebianche stalattiti fossili. Superato quest’am-biente si arriva in un’altra sala che immette inuno stretto cunicolo largo 70 e alto 30 cm,dal quale si diparte un altro ambiente abba-stanza regolare lungo 6 m, con un altezzamedia di 80 cm e una larghezza media di 1m, che chiude dopo un centinaio di metri instrettoia. Secondo quanto rivelato dalla sesa-mocam, potrebbe però allargarsi per prose-guire nel cuore della montagna...GROTTA X DI SEDDAS ORTIGUSi accede in un ambiente sub orizzontale conuna pendenza di circa 35°, largo intorno ai70-80 centimetri ed in alcuni tratti alto qual-che metro, anche se per la maggior parte siprogredisce carponi. Il ramo principale con-duce ad un piccolo laghetto largo circa 70centimetri e lungo 4 metri. Poco prima diarrivare nella parte terminale, un cunicolosulla destra conduce in un altro ambienteconcrezionato, nel quale si procede striscian-do. L’ambiente termina dopo una trentina dimetri ma sulla sinistra, superata una strettadiaclasi alta circa 3 metri e larga da 25 a 50cm, si torna verso il lago. In questo ramo sipotrebbero esplorare altri due ambienti cela-ti dietro due stretti cunicoli. Nel primo caso,in una parete che si trova a destra scenden-do, a circa 2 metri d’altezza si trova la scritta“CASU 1968”. Le esplorazioni ed i rilievisono stati curati da: Franco Brundu, Antonel-lo Floris, Gesuino Marini, Carlo Usai

Antonello Floris

notizieestreoNotizie dall’estero

ALBANIA

Nuovo record di profondità inAlbania: la BB 30 (-610 m)

Dal 10 al 23 agosto 2003 sei membri delCaving Club Studenetz (Pleven, Bulgaria)hanno condotto una spedizione nel massic-cio Bridash, nelle Alpi Albanesi (Albania set-tentrionale).

La spedizione era guidata da Orlin Kolov ead essa hanno preso parte i giovani speleo-logi K. Nantzev, I. Ivanov, M. Ivanov, K. Petrove V. Yakimov.Scopo della spedizione era continuare l’e-splorazione della grotta BB 30, a 1940 m diquota, scoperta durante la seconda spedi-zione speleologica bulgara in Albania nel1992.Nel 1994 e nel 1996 gli speleologi delloStudenetz continuarono nell’esplorazionedella grotta, raggiungendo la profondità di–500 m.

La situazione politica di quegli anniimpedì la realizzazione delle successive

spedizioni bulgare fino al 2002, annoin cui è iniziata una nuova era nelle

esplorazioni speleologiche inAlbania.

Boga è il paese più vicino allagrotta, a 900 m di quota: daquesto punto in poi si

impiegano 5 ore per portarei materiali a 1770 m dove è

stato organizzato il campo base(il trasporto di attrezzature e

cibo è avvenuto in due riprese,con l’impiego di muli affittati a 25 $

l’uno). Per coprire la distanza tra ilcampo e l’ingresso della grotta occorreun’ora e mezzo di cammino.Le esplorazioni sono iniziate il 14 agosto.Dall’ingresso fino a –200 m la morfologiadella grotta permette di utilizzare arminaturali; da lì in avanti i pozzi sono attrez-zati a spit. A – 150 compare un piccoloruscello, mentre a – 250 si trova il pozzopiù profondo (170 m). La grotta si svilup-pa poi con una sequenza di pozzi dicirca 15 – 20 m.A – 610 la grotta termina su un intasa-mento di massi e una fessura impene-trabile, con un piccolo lago sul fondo.Con la sua profondità di –610 m BB30 è diventata la grotta più profondadell’Albania ed è anche la grotta piùprofonda scoperta ed esplorata daspeleologi bulgari, mentre la secon-da in ordine di profondità è la S-2(-568 m) nel monte Tenengebeige(Austria).

Alexey Jalov

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RUANDA

Nei mesi di giugno e luglio 2003 una spedi-zione leggera di speleologi svizzeri e tede-schi ha aperto in Ruanda una nuova eradelle esplorazioni di questo piccolo paesecentro africano.In due settimane e mezzo di ricerche unasquadra di due persone ha esplorato 10km di gallerie in tubi lavici.L’area principalmente indagata si trova nellazona N-W del paese, dove la catena delvulcano Virunga ospita gli ultimi gorilla dellemontagne ancora esistenti sul nostro piane-ta.Nei dintorni di questo vulcano si trovanocolate laviche molto estese che ricopronogran parte delle province di Gisenyi eRuhengeri. Quest’ultima è stato l’obiettivodel progetto del 2003.La cooperazione con le autorità locali si èdimostrata perfetta. Il Ruanda è il paesecon la più alta densità di popolazione del-l’Africa, il che significa aver avuto non il soli-to e considerevole numero di spettatori(come in tutti i paesi africani) ma un eleva-tissimo gruppo di curiosi.Tra le 42 grotte rilevate la maggiore èUbuvumo Nyabikuri-Ruri: si tratta di untubo lavico lungo e continuo, senza passaggilaterali, con uno sviluppo di 3384 m che nefa, ad oggi, la grotta più lunga del Ruanda. Iltubo termina sull’orlo di un pozzo inesplo-rato, valutato circa 20 metri.Un’altra scoperta sorprendente è stata lagrotta Ubuvumo Gacinyiro II di 1.470 m,senza interruzioni. In questa larga cavitànumerosi collassi del tetto fanno filtrare laluce esterna che permette di esplorarneampi tratti anche senza impianto di illumi-nazione. Gacinyiro II è un tubo di lavaramificato che, assieme alla Gacinyiro I (350m di sviluppo), fa parte di un tubo geneti-camente identico, di 1820 m complessivi,anche se segmentati.In Ruanda sono state condotte poche spe-dizioni speleologiche: una di belgi nel 1975ed un progetto spagnolo realizzato nel1977. Entrambi i gruppi studiarono Ubuvu-mo bwa Musanze di cui gli spagnoli ripor-tarono una lunghezza di 4560 m. questotubo di lava è comunque frammentato e ilsegmento sotterraneo più lungo è di circa

1660 m. Ubuvumo bwa Musanze è la cavitàpiù conosciuta del Ruanda ed è citata innumerose guide. Attualmente la grotta èstata chiusa dall’esercito poiché all’internoci sono ancora i resti delle vittime delgenocidio del 1994.Una breve visita nel 2003 ha confermatoche Ubuvumo bwa Musanze è tuttora unvero museo dell’orrore, con numerosischeletri ancora avvolti dai vestiti.Un resoconto dettagliato verrà pubblicatoa breve in inglese e francese.

Michael Laumanns (www.speleo-berlin.de)

SPAGNA

Picos 2003: buone nuove, -800 e continua!

L’esplorazione sul massiccio occidentale delPicos de Europa ha portato quest’anno lasquadra italo - francese a -800 m nella The-saurus Fragilis, splendida grotta verticalescoperta nel 1997 da “Quelli del Picos”.Allora furono solo i matesini (Natalino eLuigi Russo e qualcun altro) che disostrui-rono l’ingresso - già segnalato dagli inglesiqualche anno prima - ed arrivarono a -200,mentre il resto della combriccola terminavail rilievo e la documentazione di un’altrasplendida cavità con ghiacciaio fossile (LaDuernona). L’anno successivo, sull’onda del-l’entusiasmo, umbri, matesini e francesi rag-giungevano faticosamente i -400, e ancoraun anno ci volle per arrivare a -620 (ma ioquello non me lo ricordo, perché feci sostain ospedale prima di arrivare in Spagna!). Epoi, smorzati gli entusiasmi, ci sono volutiben 4 anni per arrivare ai fatidici -800! The-saurus Fragilis è una bella grotta di monta-gna, verticale, con temperature poco sopralo 0, e con un andamento frastornantemandro-pozzo-meandro-pozzo, che a volte tipare di non poterne più. Adesso siamo fermi in mezzo ad un pozzodi cui non si vede il fondo, la corda non ciè bastata... Per arrivarci ci sono voluti tuttiquesti anni, 15 giorni ogni estate, perchéper portarla laggiù, la corda, bisogna primaportarla in Spagna, poi in spalla fino alcampo, poi in meandro e ci vogliono lun-ghe faticose ore fino al fondo. E quindi sequest'anno siamo a -800 è per la tenacia dialcuni e l'entusiasmo di altri. Grazie Picos,speriamo l'anno prossimo di essere tanti, diarrivare veramente al fondo e di potervidire "Siamo a -1000, adesso basta".

Betta Preziosi e Mimmo Scipioni

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� Notizie estere

ETIOPIA

Ethiopia Karst Project

Prima spedizione di ricerca speleologica inalcune aree carsiche degli altipiani e dellaRift Valley dell’Etiopia condotta dal CIRSRagusa nel mese di agosto del 2003 nell’am-bito di un accordo di cooperazione interna-zionale sottoscritto con il Dipartimento diGeologia e Geofisica dell’Università di AddisAbeba. Le ricognizioni, finalizzate allo studiodelle morfologie carsiche presenti nel paese,hanno interessato preliminarmente la regio-ne del Tigray nel nordest etiopico, quindiquelle dell’Hararghe occidentale, nel settoresud-orientale, interessate entrambe da affio-ramenti di rocce carbonatiche carsificate delgiurassico.Nel corso del secondo campo sono stateeffettuate esplorazioni ed interessanti sco-perte, sia nel bacino del fiume Mechara siain quello del fiume Ejersa: nei fondovallealcune grotte-sorgenti eruttano, certe inmodo improvviso e intermittente spessocon devastanti effetti erosivi lungo i versanti;le intense piogge monsoniche sono assorbi-te dagli inghiottitoi dell’altipiano.In tale contesto, per i problemi derivantidalle piene sono stati parzialmente esploratii sistemi carsici Garayati – Eyefeyte e Rukie-sa. Il primo è contraddistinto da due ingres-si di cui quello a quota più alta, con un’am-pia apertura percorsa da una forte corren-te d’aria, funge da emergenza di troppopieno, mentre quello a quota più bassa, pocodistante, drenante un piccolo ruscello, costi-tuisce l’attuale livello di base del sistema. Laseconda cavità, Rukiesa, caratterizzata dagrandi gallerie meandriformi attraversate daun ruscello, viene rilevata per circa un chilo-metro dopo avere interrotto l’esplorazioneper un’improvvisa pericolosa piena. Entrambi i sistemi e altri inghiottitoi indivi-duati nell’area saranno oggetto nel 2004 diuna seconda spedizione prevista nel proto-collo di ricerca. Hanno partecipato alla spe-dizione: Iolanda Galletti, Ignazio Gravina, Ric-cardo Orsini, Davide Messina Pantalone,Rosario Ruggieri del CIRS e AsfawassenAsrat dell’Università di Addis Abeba.

Rosario Ruggieri – CIRS Ragusa

Società Speleologica Italiana

LʼAssemblea dei Soci, riunita il 6 dicembre 2003 a San GiovanniRotondo (FG), ha deliberato le seguenti quote sociali per lʼanno 2004:

aderenti � 15,00 • ordinari � 34,00 sostenitori � 120,00 • gruppi � 120,00

Maggiori informazioni consultando il sito www.ssi.speleo.it. Oppure telefonando agli uffici di segreteria (335 5433673)

e assicurazione (335 5434002)

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L’attività speleologica èandata, nel corso neltempo rapportandosi sem-pre di più all’esterno; peresistere e garantirsi la pos-sibilità di continuare a svi-luppare la propria attività,i Gruppi speleologiciintrecciano contatti conmolte altre realtà e sodali-zi: parchi, enti pubblici,scuole, grotte turistiche ealtri soggetti che sonoparte integrante della“società civile”. Questerealtà e il costante svilup-po delle diverse speleolo-gie sono stati il presuppo-sto e per la realizzazionedell’Agendo, uno strumen-to di viaggio per incontra-re persone e luoghi. Èun’affermazione d’identità;conferisce visibilità all’agi-re che porta curiosità ed entusiasmi nel buio non visto.Dietro ad ogni riferimento c’è un mondo possibile.Pertanto, l’Agendo ha, tra i suoi obiettivi, l’intento dicontribuire a sviluppare la rete di solidarietà e collabo-razione all’interno del mondo speleologico, facilitando,inoltre, la comunicazione con le istituzioni. La speleolo-gia intesa, dunque, in stretto rapporto con programmi disalvaguardia, didattica e promozione ambientale.Se amate il gioco, provate a giocare.

L’Agendo 2004 è l’ultima produzione editoriale curatadella Società Speleologica Italiana e dal Centro Italianodi Speleologia “F. Anelli”.

Realizzato grazie alla colla-borazione di tutte le orga-nizzazioni speleologiched’Italia, L’Agendo 2004 è unrepertorio di oltre 500 indi-rizzi e riferimenti di associa-zioni, istituti ed enti che sioccupano di ricercare,esplorare, documentare esalvaguardare il patrimoniocarsico-speleologicod’Italia. Uno strumento indi-spensabile per un correttoapproccio alla conoscenzae alla promozione dellecavità naturali e artificiali ea tutto ciò che riguarda lostudio dei siti sotterranei.L’Agendo della speleologiaè una banca dati al serviziodegli speleologi ma nonsolo, rappresenta unbiglietto da visita che con-sente alla speleologia di

divulgare le proprie finalità e i propri valori.La prossima edizione de L’Agendo, già in programmaper il 2005, si propone di allargare l’archivio delle realtàfin ora censite, questo grazie anche alla collaborazionedella Casa Editrice Erga di Genova che si occuperà delladistribuzione e della promozione dell’opera.Tutte le realtà finora coinvolte possono collaborare allaprossima edizione aggiornando le schede allegate all’in-terno, inviandole via fax al Centro Italiano diDocumentazione Speleologica “F. Anelli” (051-2550049) o, preferibilmente, via e-mail [email protected] o aggiornando i dati direttamentedal sito www.cds.speleo.it.

Oltre la soglia del buio. È ancora tempo di nuovi viaggiatori.

Richiedete L’Agendo 2004 al Centro Italiano di Documentazione Speleologica “F. Anelli” Via Zamboni, 67 - 40126 Bologna • Tel. e fax: 051-2550049

e-mail: [email protected] • www.cds.speleo.it.

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� In biblioteca

L. Garelli “Aree carsiche nella Valledel Santerno. L’altro MontePenzola”

Il Monte Penzola è situato sulla sinistra oro-grafica del Fiume Santerno nei pressi delpaese di Borgo Tossignano. Oltre alla Grottadella Befana sono state qui esplorate altre 5cavità, di cui la Grotta della Sfollato è la piùestesa con 88 metri di sviluppo.

M. Ercolani, P. Lucci, B. Sansavini“Grotta del Re Tiberio, AbissoCinquanta: una grotta sola!”

Breve notizia sull’avvenuta giunzione delledue cavità che porta il complesso a oltre4300 metri di sviluppo e 182 di dislivello,ponendolo così al secondo posto fra lecavità più estese e profonde della regione.Purtroppo questo sistema e tutte le altrecavità limitrofe, sono tornate ad essereseriamente minacciate dalla grande cava digesso del M Tondo.

A. Parmeggiani, M. Melloni “Sotto laChiesa del Rosario di Cento”

Incredibile, ma si riesce a fare speleologiaanche nel bel mezzo della pianura Padana!Naturalmente speleologia urbana, anzi piùche urbana: in pieno centro storico di Cento(FE). Un fruttuoso accordo fraArcivescovato, G.S. Centotalpe e Vigili delFuoco ha permesso l’esplorazione della crip-ta necessaria al monitoraggio delle fonda-menta della chiesa ed il rinvenimento dialcune sepolture e frammenti di vasellame interracotta.

M. Melloni “Due giorni sull’altopia-no (sogni di gloria spezzati)”

Rapporto sull’esplorazione del Pozzo a Suddi malga Fiara, rinvenuto casualmente dalGruppo Centotalpe, in località Busa diPostgrabe, Asiago. La cavità chiude subitoalla base del primo pozzo ed è profonda 57metri.

2002” svoltasi in Corea del Sud dal 10 luglioal 10 agosto. Il commento sull’organizzazionedell’evento e sulla realtà locale fornisce varispunti di riflessione su quello che si ritieneessere il concetto coreano di grotte e il paral-lelo non concetto di speleologia. Nella mani-festazione infatti (che probabilmente haavuto più di un milione di visitatori!) è statadata molta enfasi alla rappresentazione del-l’ambiente grotta e al fenomeno carsismo ingenerale, ma molto meno spazio al vissuto dichi scopre e indaga questi fenomeni.

�SPELEOLOGIA EMILIANARivista dellaFederazioneSpeleologicaRegionaledell’EmiliaRomagna - IVserie, n. 12/13, 2001/2002

R. Corsi “Gaibola e dintorni”

Nell’ambito del progetto di aggiornamentocatastale della Federazione, il G.S. Ferraresesi impegna nello svolgimento del nuovo delrilievo della Grotta a Fianco della Chiesa diGaibola (ER BO 24), una delle più comples-se della provincia di Bologna.Descrizione della grotta, metodologie d’a-zione per il rilevamento e breve rapportosulle cavità limitrofe. (Rilievo allegato fuoritesto).

F. Fioralli “La Grotta della Befana”

L’ultima cavità scoperta sul M. Penzola (dovequesto si “erge” non è dato sapere) da partedella Ronda Speleologica Imolese è laGrotta della Befana di cui si relaziona sullevarie fasi esplorative. La cavità ha uno svilup-po spaziale di 1200 metri. (Rilievo allegatofuori testo).

�GROTTEbollettino del G.S.Piemontese CAI-UGET N. 138 -Dicembre 2002

GP. Carrieri “Progetto dentro ilMarguareis sintesi del lavoro svoltoal 31 dicembre 2002”

Presentazione del progetto e rapporto sinte-tico dei primi risultati. L’obiettivo finale delprogetto mira a una maggiore conoscenzadei sistemi carsici del massiccio e termineràcon la realizzazione di una monografia e diun filmato sul Marguareis sotterraneo, il tuttopassando attraverso un’articolata serie diindagini. Allo stato attuale, fra varie altre cose,è stata fatta un’ampia raccolta bibliografica, sisono riposizionate 450 cavità ed effettuatenuove colorazioni all’Abisso Gaché all’AbissoSolai che, per il primo, hanno confermato irisultati già noti sulla risorgente dell’Ellero e,per il secondo, hanno comprovato che leacque confluiscono nel canyon Fighierà dellaFilologa.

I. Ciconnetti “Io me ne impippo”

I risultati delle ultime esplorazioni svolteall’Abisso Sardu, situato in zona Biecai sulMarguareis. Tra il 2000 e il 2002 sono statiscoperti e topografati oltre 800 metri di raminuovi.

R. Pozzo “L’Abisso dei Trichechi”

Articolo piuttosto dettagliato su una dellepiù rilevanti e promettenti “nuove” cavità delMarguareis. L’Abisso dei Tricheci si apre nellavalle degli Omega sul versante sud orientaledel Pian Ballaur, attualmente profondo 500metri e con uno sviluppo di circa un chilome-tro e mezzo. Ottime sono le possibilità di col-legarsi a Piaggia Bella nella zona dei Resaeux.Oltre a riportare il rilievo l’articolo descrivel’accesso alla cavità, le esplorazioni, gli ambientiinterni, le note tecniche e le prospettive future.

U. Lovera “Dai Reseaux”

La scoperta dell’Abisso Grassi Trichechi riac-cende l’interesse esplorativo per le lontane eormai poco frequentateregioni dei Reseauxin P.B. Ube dà qui conto delle ultime vicendeesplorative che, nonostante la mancata giun-zione, hanno avuto il merito di trovare nelResaux G altri 350 metri di nuovi rami e pre-ludere ad ulteriori indagini.

G. Badino, C. Silvestro “Expo Cave2002”

Rapporto, in tandem, sulla partecipazione ita-liana all’esposizione internazionale “Expo Cave

Inumerosi impegni per redigere que-sto numero, ci hanno impedito di

svolgere una più estesa e accurata ana-lisi dei bollettini. Perdonerete quindil’estrema sintesi di queste note e lascelta di considerare solamente alcuniarticoli. Speriamo solo che nella pros-sima occasione Max riesca a trovareancora il tempo per questa preziosissi-ma e insostituibile rubrica.

La Redazione

Vi prego di spedire le rivi-ste da recensire al mioindirizzo:

Massimo PozzoPiazza Pontida 3624122 BergamoE-mail:

[email protected]

Spulciando qua e làIN BIBLIOTECA

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In biblioteca �

S. Bassi “Grotte nell’arte. Due visio-ni romantiche del Buco I di MonteMauro”

All’interno di un catalogo delle opere delvedutista faentino Romolo Liverani (1809-1972), il nostro Direttore “scopre” dueacquarelli raffiguranti l’ingresso di una notacavità del Monte Mauro (Vena del GessoRomagnola).L’articolo riporta la biografia dell’artista e dàuna descrizione dell’attuale condizione dellacavità. E, più in generale, denuncia comesovente le cavità elette a luogo di culto e difacile accesso, vengano addomesticate eadattate in modo kitsch o surreale.

�SPELEOLOGIA VENETARivista dellaFederazioneSpeleologicaVeneta - Vol. 10,anno 2002

P. Gasparetto:“Storia della spe-leologia montelliana e revisionestorica di due cavità”

Vengono ripercorse le principali tappeesplorative delle cavità del Montello, di cui lostudioso Antono Sacardo fu il vero precur-sore con l’esplorazione delle prime undicicavità fra il 1879 e il 1881. Viene inoltre for-nita una rettifica catastale, riguardante alcunecavità messe erroneamente a catasto duevolte.

P. Gasparetto: “Le opere di fortifica-zione ipogee del Montello nellaGrande Guerra”

Descrizione di dieci cavità artificiali e semi-naturali utilizzate dall’esercito italiano nell’ul-timo periodo della Grande Guerra. Brevestoria degli avvenimenti bellici sul Montello.

F. Stoch, G. Tomasin: “La faunadelle acque carsiche sotterraneedel Montello”

I risultati di un anno di ricerche nelle acquedi 15 cavità e 4 sorgenti del Montello.Scoperte e identificate 36 specie apparte-nenti a vari tipi di anfipodi. Descrizionegenerica del carsismo, della geologia e dell’i-drologia del Montello. Descrizione dellecondizioni ambientali e climatiche delle sta-zioni di raccolta e della fauna rinvenuta conipotesi sulle possibili forme d’uso delle spe-cie stigobie come bioindicatori.

ta i migliaia di manufatti risalenti all’ultimoperiodo dell’età della pietra (5000 anni fa).Sono previste ulteriori ricerche e, null’altro siconta.

L. Montomoli, S. Thurll “La Tomba(Belagaio) un graziosissimo gioiel-lo”

La cavità del Belagaio (Rocastrada, GR) èusata da tantissimi anni come palestra per icorsi di primo livello. Proprio in occasione diuno di questi, è stato possibile individuareuna breve prosecuzione all’attacco delprimo pozzo.

G. Dellavalle, L. Montomoli, F.Serena, M. Baroni “La Bucaccia.Voragine Maris Morelli” (con rilievoallegato fuori testo).

La cavità, situata nel comune di CastagnetoCarducci (LI) era stata esplorata dal GSALivorno fino a –100. Dopo l’allargamentodella strettoia terminale nel 2000 ad operadello stesso Gruppo, le esplorazioni sonocontinuate fino quasi a triplicare le profon-dità e lo sviluppo (-257 m e 812 m di esten-sione spaziale) della grotta.

G. Zanchetta, I. Isola, R. Drysdale,G. Bruschi “Il clima delle AlpiApuane tra 280.000 e 370.000 annifa”.

E’ in fase di analisi una concrezione preleva-ta nella Galleria delle Stalattiti dell’Antro delCorchia. Attraverso le tecniche radiometri-che di datazione con il metodoUranio/Torio, è stato possibile ricostruireuna “stratigrafia climatica” risalente fino a370.000 anni fa. I risultati indicano che levariazioni climatiche avvenute durante i cicliglaciali e interglaciali, corrispondono esatta-mente a quelle evidenziate all’interno diriempimenti stalagmitici studiati in cavità sta-tunitensi.

D. Pierotti “Le grotte del Comune diPescaglia”

Descrizione di tre piccole cavità con interes-se antropico, situate nel comune lucchese:Buca delle Campore, Buca della Nelida eBuca dell’inglese.

D. Pierotti, M. Primierani“Esplorazione Abisso 5 Luglio”

Storia delle esplorazioni, presentata sottoforma di intervista agli scopritori, di unacavità situata sul M Mirandola nella AlpiaApuane. L’Abisso 5 Luglio risulta attualmen-te profondo 430 metri, ma le esplorazioninon sono concluse.

GB. Sauro “Cinquantesimo di fon-dazione del Gruppo Grotte FalchiVerona”

Simpatica, e purtroppo breve, rievocazionestorica della fondazione, nel 1951, del piùanziano Gruppo Speleologico veronese,legato indissolubilmente alla storia dellaSpluga della Preta.

L. Busellato “Abisso del Branzone”

Breve descrizione di una cavità, esplorata dalG.G. Schio, fino a 283 metri di profonditàper 600 di sviluppo. Con molta probabilitàquesta cavità e le altre situate sul MonteNovegno, fanno parte di un unico grandesistema solo parzialmente noto.

A. Ceradini, M. Prealta “Alta valled’Illasi: recenti esplorazioni”

Vengono descritte tre zone carsiche delveronese, situate nel bacino della valled’Illasi: zona di Segio Rosso, Covoli di Velo eVal Fraselle: in quest’ultima si apre la secon-da cavità più fonda del Veronese, l’Abisso A.Pasa con un pozzo interno di 215 metri. Siriferisce inoltre delle nuove prosecuzioniindividuate nella Grotta di Monte Gaule ealla Perloch.

V. Toniello “Misure di dissoluzionechimica ed erosione nelle roccecarsificabili”

Presentato il metodo del micrometro qualemisuratore dell’abbassamento della superfi-cie rocciosa dovuto ai processi di corrosio-ne carsica. Tecniche per l’impianto e infor-mazioni sulla lettura dei dati.

A. Riva “Il punto sul GPS”

Dopo una breve descrizione dello strumen-to GPS e del suo utilizzo per la speleologia,Alberto ci espone i motivi per cui, spesso, ipunti forniti dal GPS, una volta convertiti sucarta, non risultano sufficientemente precisi.Sono illustrate possibili strategie da adottareper diminuire i ricorrenti divari.

�TALPRivista dellaFederazioneSpeleologicaToscana. N.26 -giugno 2003

C. Cavanna “Etiopia 2002: ricercapreistorica nella grotta di Harurona(Gesuba)”

La spedizione, che aveva lo scopo di svolge-re uno scavo archeologico in un sottorocciadel deserto etiope, ha consentito la scoper-

In biblioteca

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Il volume offre una sin-tesi aggiornata delleattuali conoscenze sulpatrimonio sotterraneodella Calabria. La tratta-zione si svolge attraver-so le pagine di quattrosaggi scritti da autoridiversi, tutti corredatida un’ampia bibliografiatematica. Il primo, dicarattere storico, rico-struisce con criteriodiacronico le molteplicitestimonianze sulle grotte della regio-ne a cominciare dal XVI secolo e trac-cia la storia delle ricerche speleologi-che, dalle prime indagini pionieristiche,risalenti agli anni Trenta del Novecento,fino a quelle più recenti condotte daivari sodalizi speleologici; il secondosaggio analizza con criterio geograficole cavità ubicate in provincia diCosenza, l’ambito territoriale più riccodi fenomeni sotterranei; il terzo consi-dera le emergenze ipogee nei territoriprovinciali di Crotone e Catanzaro,

nella parte medianadella regione; il quarto,infine, vaglia gli affiora-menti carsici e le cavitànaturali di un compren-sorio fino a qualchetempo fa completa-mente sconosciuto dalpunto di vista speleolo-gico, quello delle pro-vince di Vibo Valentia eReggio Calabria. Il volu-me è completato daun’utile appendice in cui

si riporta l’elenco completo delle grot-te della regione in base ai dati fornitidal Catasto delle Grotte della Calabria(aggiornamento a luglio 2003).Il libro può essere richiesto a:Centro Regionale di Speleologia “Enzodei Medici” - Via Lucania, 3 – CasellaPostale n° 20 - 87070 Roseto CapoSpulico Stazione (Cs) tel.: 0981913755 – e-mail: [email protected](f.to 14x24, 96 pp., 115 ill. colore)Euro 20,00 + spese di spedizione

� Calabria Profonda. Guida alla conoscenza del patrimonio sotter-raneo regionale.A cura di Felice Larocca.

�Il carsismo e la ricerca speleologicain Sardegna. Atti del convegno, 23-25 novembre 2001, Cagliari.(Anthèo, n. 6 dicembre 2002).Gruppo SpeleoArcheologico Giovanni Spano. Cagliari, 2002.

Si tratta di un corposo volume di quasi 400pagine in cui sono raccolti i risultati delle piùinteressanti e recenti esplorazioni scientifichesvolte in Sardegna. I contributi sono a firmanon solo di speleologi sardi, ma anche dimolti altri provenienti dal continente e dall’e-stero, segno evidente che la Sardegna suscitaancora un grande fascino fra gli speleologi,come d’altra parte non potrebbe esserealtrimenti. Non solo, ciò significa che gli orga-nizzatori del convegno hanno avuto la capa-cità di stimolare e assicurarsi la partecipazio-ne di tutti coloro che ultimamene hannolavorato con profitto nell’Isola. Bravi!Il testo non ha soluzione di continuità, tutta-

via i contributi sono praticamente separati per aree di interesse:idrogeologia, con particolare riferimento alle indagini svolte nelbacino carsico di Su Gologone; carsismo e speleogenesi delSupramonte di Baunei e di altre zone del cagliaritano, fino ai risulta-ti delle valutazioni di impatto ambientale di un paio di cavità delcagliaritano. Belle testimonianze d’esplorazione, trattate anche inchiave narrativa, riguardano varie campagne svolte alla grotta di SaEdera, a Su Clovu, a Lovettecannas e in numerose altre.Nell’ultima parte il volume ospita contributi inerenti scavi archeolo-gici in siti ipogei neolitici del cagliaritano e del sassarese. Non man-cano due interessanti lavori di speleologia urbana sugli antichiacquedotti di Cagliari.Insomma il testo è un utilissimo punto di riferimento per la “ri-par-tenza” di future indagini su quest’isola straordinaria.Il volume è disponibile presso il Gruppo editore e al CIDS diBologna.

Michele Sivelli

La realizzazione di questi Atti costituisce unimportante contributo della FederazioneSpeleologica Toscana alla conoscenza degli acqui-feri carsici d’Italia. Un argomento, quello della sal-vaguardia degli acquiferi carsici, sul quale le orga-nizzazioni speleologiche si dovranno sempre piùimpegnare per svolgere un ruolo importante inuna società che, volente o nolente, deve porre ilbene acqua in cima ai propri obiettivi di tutela.Può apparire materia per specialisti o avulsa dal-l’interesse degli “esploratori” ma non è così: gliargomenti trattati sono di grande importanza permigliorare la cultura teorico-pratica di tutti gli spe-leologi - siano essi “machos punteros” o meno - eper comprendere l’importanza sociale della spe-leologiaIl volume (uscito nel 2003), piacevole anche nellaforma grafica che ne agevola la consultazione, è

costituito da una prima parte generale afirma di due tra i più noti e competentispecialisti della materia (Forti, Vigna), allaquale segue l’analisi della situazione idro-carsica delle Alpi Apuane sotto variaspetti, a partire dalle prime indagini deinaturalisti del ’700 (Vallisneri, Spallanzani)che qui fecero nascere la storia deglistudi sulle sorgenti, fino ai risultati dellepiù recenti colorazioni. Da L. Piccini vengonoanche riepilogate, in una sintetica descrizione, lecaratteristiche idrodinamiche delle maggiori sor-genti carsiche e da A. Roncioni viene illustrata lastoria delle colorazioni effettuate negli abissi apua-ni e riportati i dati essenziali, organizzati in utilischede riassuntive per singola sorgente, corredateda belle carte. In chiusura un interessante inter-vento che ci aggiorna sullo stato di salute delle

acque dell’Antro delCorchia dopo larealizzazione delpercorso turistico,dove vengono presiin esame i diversifattori inquinanti,determinati da diffe-renti soggetti. Da

questo intervento si coglie la possibilità di unaevoluzione positiva: proprio dal confronto delleesperienze dei diversi agenti (speleologi, cavatori,abitanti del luogo, ...) - che singolarmente produ-cono effetti in sommatoria negativi per l’ambiente- può scaturire un diverso comportamento, com-plessivamente più rispettoso nei confronti del“bene comune” (grotta, cava, sorgente, che sia...).

Marinella Gondoni

� Le risorse idriche sotterranee delle Alpi Apuane:conoscenze attuali e prospettive di utilizzo.Atti del convegno, 22 giugno 2002, Forno (MS).

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� Spelaion 2000. 5° incontro regionale dispeleologia pugliese.Atti delle giornate, 1-3 dicembre 2000, Altamura (BA).

Da alcuni mesi sono usciti i primi Atti delconsueto appuntamento speleologicopugliese occasione questa anche per cele-brare il 50° anniversario della fondazionedel Centro Altamurano RicercheSpeleologiche (Cars). E' certo un impegnonon da poco uscire con un lavoro di questogenere per incontro regionale e, difatti, itempi occorsi per la sua realizzazione lodimostrano. Nonostante ciò il significato diquesto testo, unitamente ad altri segnali checi provengono dalla Puglia, evidenziano lecapacità e la motivazione degli speleologipugliesi. Va detto inoltre che in questa regio-ne la speleologia organizzata si confronta,forse più che in altre parti d'Italia, con una

realtà socio-ambientale stori-camente legata almondo delle grot-te; una sorta di"agorà carsica" sevogliamo, dove glispeleologici, assu-mono occasional-mente il ruolo dimoderni aedi. Ed èquesto ciò cheemerge dalla lettu-

ra di questi atti dove, oltre alle consueteparti relative alla ricerca esplorativa e scien-tifica delle cavità, troviamo i contributi ine-renti il rapporto dell'uomo con l'ambientecarsico, soprattutto a riguardo delle anticheciviltà. Il tutto è suggellato da i vari interven-ti dei rappresentanti delle amministrazionilocali e dalle pagine dedicate alle iniziativepresenti al momento del convegno regiona-le: poster, mostre, visite guidate, pannellididattici e annullo filatelico.Questo lavoro è anche un augurio e unauspicio affinché la realizzazione di questepubblicazioni possa consolidarsi nel tempoperché, come recita la prefazione: "... il lavo-ro e le attività condotte dagli speleologi nonvadano perdute al termine delle loro rela-zioni..." (Michele Sivelli)

Centro Altamurano Ricerche SpeleologicheAltamura, 2002Uniongrafica Corticelli EditriceVia S. Milella, 10BariISBN 8873290299

�Il Labirinto di Chiusi: storia, scavi, esplorazionidi Franco Fabrizi

L’autore (socio della SSIdal 1960) ha dedicatopraticamente tutta la suavita alle ricerche e alleesplorazioni dei com-plessi ipogei artificiali chesi snodano al di sotto diChiusi.Tali cunicoli sotterranei, ilcui scavo iniziale vaascritto probabilmente alperiodo etrusco, eranogià famosi in epoca anti-ca, tanto che Plinio ilVecchio ne parla ricor-dando come il mitico rePorsenna fosse stato sepolto proprioall’interno di uno di essi.Le esplorazioni si sono succedute nelcorso del tempo tanto che esiste unaabbondantissima documentazione ico-nografica anche antica che ha puntual-mente registrato le variazioni, sia antro-piche (scavo di nuovi cunicoli) sia natu-rali (crolli e obliterazioni), che questocomplesso sistema di cunicoli ha subitoe ancora oggi subisce.

Uno dei maggiori pregi diquesto volume è quellodi fornire indicazioniaccurate e dettagliate perla visita di alcune porzionidi questo immenso patri-monio, che è stato recen-temente valorizzato dal-l’amministrazione comu-nale.Estremamente valido, poi,il corredo di immagini siadegli ambienti ipogei siadei documenti storici,soprattutto iconografici: èun totale di ben 250 figu-

re che permetterebbero, anche senzaleggere il testo, di seguire perfettamenteil percorso esplorativo e culturale dell’o-pera.

Purtroppo l’opera è reperibile sola-mente nelle librerie-edicole di Cortonao richiedendola direttamente all’Autore

(via Solitari 30, Sarteano).

Paolo FortiCalosci - Cortona, 2001

� Enzo dei MediciLe grotte della Provincia di Cosenza. Tipi di cavità e zone speleologiche (genesi e descri-zione del fenomeno).A cura di Felice Larocca

Con questo volumevede la luce un dattilo-scritto inedito, elaboratonegli anni a ridosso delsecondo conflitto mon-diale da Enzo deiMedici, uno dei pionieridella speleologia inCalabria, le cui esplora-zioni nella regione sicollocano nel triennio1939-1941.Il testo rappresenta perla Calabria non solo laprima pubblicazione diargomento speleologicofinora nota, ma anche un’opera speleo-logica nel significato moderno del termi-ne. Infatti nelle sue pagine l’Autore trac-cia un organico inquadramento delfenomeno carsico nella provincia diCosenza dal punto di vista geografico egeologico e descrive circa cento grotte,con un approccio rigorosamente scienti-fico. Tale analisi ha una sua rilevanzaanche nel quadro della storia degli studi

di geologia e carsismo,rappresentando un’utiletestimonianza sulle teoriee sui criteri interpretativiseguiti negli anni Trenta. Ilpar ticolare interesse diquesta monografia deri-va, tuttavia, oltre che daicontenuti testuali, anchedal ricchissimo apparatoiconografico, costituito darilevamenti topografici efotografie delle grotterealizzati dallo stessoAutore negli anni dellasua permanenza in

Calabria.Il libro, edito nel 2003, può essere richie-sto a: Centro Regionale di Speleologia“Enzo dei Medici” - Via Lucania, 3 –Casella Postale n° 20 - 87070 RosetoCapo Spulico Stazione (Cs) - tel.: 0981913755 – e-mail: [email protected](f.to 23x30, 128 pp.,1 tavola fuori testo,147 ill. b/n)Euro 30,00 + spese di spedizione

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Mediterranea non si possono annoverare taliforme). E ancora, sarebbe stato importantecitare di più i lavori di Zander, in particolareZander & Jelinek, 1976, che, anche se datato,costituisce un buon riferimento per discute-re argomenti relativi alla distribuzione e/o allazonazione ittica dell’ingresso delle grottemarine, compreso la descrizione delGobidae Speleogobius trigloides Zander &Jelinek, 1976 ritrovato nella grotta di Banjolevicino a Rovinj ex Juogoslavia, forse ancorapiù specializzato di O. ater. Da tutto ciò sievincono le grandi potenzialità di studio chein futuro permetteranno sicuramente di for-mulare anche complessi modelli ecologicivisto la posizione apicale che questi organi-smi possono assumere in tali ambienti.In tutto questo dobbiamo riconoscere aglispeleologi un ruolo non solo fondamentale,ma oserei dire imprescindibile. Essi sono esaranno sempre di più soggetti importantis-simi, sia nell’esplorazione degli ambienti, sianella raccolta delle informazioni e descrizio-ne delle situazioni incontrate. Negli ultimianni la pratica speleosubacquea ha avuto unnotevole sviluppo tecnico e sotto il profilodella sicurezza: ormai possiamo consideraregli speleologi italiani allineati e in certi casiall’avanguardia sull’argomento e ciò emergechiaramente dal percorso sviluppato neicapitoli che compongono il volume.Sono sicuro che quello che distinguerà laspeleosubacquea italiana (in particolare quel-la marina) dalle esperienze sviluppatesi inaltri paesi, è e sarà la capacità di acquisire inmaniera sempre più motivata le informazionibiologiche e restituirle in un modo scientifi-camente corretto e comprensibile a tutti. Questa via è stata intrapresa e non potràessere più lasciata: questo volume lo testi-monia con gran determinazione.

Fabrizio Serena

Principali citazioni bibliografiche:

Alvisi M., Colantoni P., Forti P. 1994 –Grotte Marine d’Italia. Atti delConvegno SPELEOMAR 91 e successi-vi contributi. Memorie dell’IstitutoItaliano di Speleologia, serie II vol. 6,Bologna. 254 pp.

Barbieri F. 1999 – Speleologia Marina,Gribaudo Cavallermaggiore. 176 pp.

Latella L., Stoch F., Lapini L. 2001.Biospeleologia In: Stoch F. ed., Grotte efenomeno carsico, Quaderni Habitat,Ministero dell’Ambiente e MuseoFriulano di Storia Naturale: 53-129.

Zander D.C., Jelinek H. 1976 – Zur demer-sen Fischfauna im Bereich der Grottevon Banjole (Rovinj/YU) mitBeschreibung von Speleogobius trigloidesn.gen.n.sp. (Gobiidae, Perciformes). Mitt.Hamburg. Zool.Mus.Inst.265-280.

� Grotte MarineA cura di F. Cicogna, P. N. Bianchi, G. Ferrari, P. Forti

È questa la secondaimportante iniziativa delMinistero dell’Ambientesu argomenti molto speci-fici che interessano davicino la speleologia,prima con il volume dellacollana “QuaderniHabitat” (Grotte e feno-meno carsico, 2001), ora,direi in maniera più con-creta, con questo volumeedito nel 2003, all’edizionedel quale hanno collabo-rato il CLEM ed altri.Per la produzione di que-sto volume sono staticoinvolti numerosi e validi autori, dando spa-zio ad un aspetto ancora più particolare rela-tivo alle grotte marine sommerse e semi-sommerse, ambienti tutt’altro che facili dastudiare, ma ricchi di informazioni. In talsenso questa opera concorrerà a stimolarenuove iniziative e certamente diventerà unriferimento bibliografico indispensabile.Nell’ambito delle azioni rivolte alla conserva-zione degli ambienti a rischio - come anchenel caso delle grotte marine - è fondamenta-le il lavoro di censimento dal quale occorrepartire per impostare seri programmi di stu-dio. Il relativo capitolo è molto bene orga-nizzato, soprattutto per la possibilità di con-sultare l’archivio sul CD allegato. Oltre che difacile consultazione, il CD è la dimostrazionetangibile dell’accurato lavoro che è statofatto per realizzare un archivio complessocome quello delle grotte marine italiane. Ilvolume - assieme al 1° ColloquioInternazionale di Biologia Marina sullo statodelle conoscenze e sull’ecologia delle grottemarine tenutosi a Capri nel 1974, agli atti diSpelomar 91, pubblicati nelle Memoriedell’Istituto Italiano di Speleologia e infine allaproduzione scientifica di alcuni gruppi grotteitaliani (vedi il grande lavoro fatto da Alvisi)che da tempo lavorano attivamente in que-sto campo - potrà sicuramente costituireuno strumento fondamentale per eventuali efuturi progetti coordinati. L’apporto scientifico di Colantoni - che inpassato ha contribuito a classificare le grottemarine - benché corretto dal punto di vistageologico e speleogenetico, non poteva con-siderarsi esaustivo. Ora credo che Forti eAntonioli siano riusciti in questo intento,anche attraverso un grande lavoro di recen-sione.Chi però, più della biologia, può dare il sensodell’importanza che questi ambienti rivesto-no nella tutela della diversità biologicariscontrabile in mare? Il peculiare habitat

delle grotte marine, sedeinaspettata di rari organi-smi altrimenti impossibilida trovare e studiare davicino, dimostra quantosia rilevante l’azione diconservazione intrapresadal Ministerodell’Ambiente verso queidelicati ambienti, esposti arischio di gravi alterazionied il cui equilibrio è stret-tamente legato alle cono-scenze biologiche dellecomunità che li colonizza-no. I taxa riconosciutisono molti e richiedono

altrettante conoscenze e professionalità perdeterminarli e classificarli. Credo che il lavo-ro di coordinamento condotto da Nike siastato prezioso, molto dettagliato e propositi-vo, poiché la mole di materiale raccolto e quibene esposto potrà consentire, speriamo inun futuro prossimo, di puntualizzare ulterior-mente la zonazione degli ambienti di grottafino a fornire risultati esaustivi.Forse poco risalto è stato dato alla compo-nente floristica che, benché impedita nellacolonizzazione soprattutto delle parti piùprofonde della grotta, costituisce un elemen-to fondamentale nella caratterizzazione dellazona d’ingresso.Alcuni capitoli, per la verità solo due o tre,sono da considerarsi, forse, una forzatura, inparticolare quello riguardante gli insetti equello dei chirotteri, a mio parere troppoaneddotico.Manca, a mio avviso, una parte importantedella speleologia subacquea, sulla quale sidiscusse molto durante l’incontro Speleomardi Palinuro del 1991: la tecnica di rilievo,anche al fine di una sua standardizzazione neimetodi e nelle restituzioni. Forse per questoargomento si può rimandare a libro edito daGribaudo e coordinato da F. Barbieri(Speleologia Marina,1999).Altri capitoli ancora testimoniano quanto siaimportante affinare i metodi di lavoro digruppo su questi ambienti al fine di migliora-re le conoscenze. È il caso del capitolo suipesci che, pur facendo il punto della situazio-ne, mostra alcune inesattezze tassonomiche(Oligopus ater Risso, 1810 e non Grammonusater, poiché il genere Grammonus Gill, inGoode & Bean, 1896, è entrato in sinonimiadopo la revisione del genere Oligopus daparte di Cohen nel 1964) ed ecologiche (lastessa specie, ampiamente distribuita nelbacino Mediterraneo, non deve essere con-siderata come unico rappresentante troglo-bio, poiché nella Regione Atlanto -

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� Le grotte di Castelcivita (Castelcivita – Salerno)Le grotte di Pertosa o dell’Angelo(Pertosa – Salerno)di Felice Larocca

Si tratta di brevi guide informativesu due famose grotte turistiche delCilento; due opuscoli tutti a coloresemplici, gradevoli e con molteimmagini dello stesso Autore.Felice Larocca, sempre particolar-mente attento agli episodi umani,anche per queste cavità riserva unasintetica, ma accattivante storia delleesplorazioni che riporta informazio-ni assai poco note nell’ambito dellapubblicistica speleologica. In partico-lare per Castelcivita si da conto di

un soccorso speleologico del 1889,forse il primo svolto in Italia, effet-tuato per il recupero di due disper-si ritrovati solo dopo una settimanadi ricerche.Inoltre, dato anche l’alto interessearcheologico delle due cavità e laspecifica competenza dell’Autore,sono riportate le informazioni piùimportanti sui ritrovamenti effettua-ti nel corso di varie campagne discavo svolte fin dai primi del secoloscorso.Una descrizione delle grotte corre-date dai rilievi - particolarmente

bello quello della grotta di Pertosa - occupa la parte centrale delleguide. Le stesse possono essere richieste direttamente al CentroRegionale di Speleologica “Enzo dei Medici” all’indirizzo e-mail [email protected] al costo di 3 Euro + spese di spedizione.

Michele Sivelli

sé il ricambio: quella voltanon si andava in grotta, ma lacamicia della sera (dellanotte: nessuno andò a letto)non sarebbe stata riutilizzabi-le, il mattino dopo, per lacerimonia funebre. Rividi labanda nell'82 in quel liberomanicomio che era laCapanna Saracco-Volante, alMarguareis. Oltre che tuttisempre ubriachi, erano anche stranamentedisposti, in Capanna: fitti stipati sui letti dell'a-cropoli (al piano di sopra) e Gobetti da solo,con tutto il posto che voleva, a quello disotto. Merito delle piattole.“L'ombra del tempo” è, ancor più di una“Frontiera da immaginare”, un libro sugli spe-leologi, non tanto e non solo sulla speleolo-gia. Stavolta lo si evince anche dal sottotito-lo: “Gli esploratori delle caverne”. Ed è infat-ti la dimensione umana, senza altri aggettivi,ad interessare l'autore. Che a dispetto dell'a-spetto (suo e dei suoi compari), ha cercatociò che c'è dietro i cliché di cui tutti o quasi,praticando questa avventura - vien da diredisciplina, ma nella recensione di un libro delgenere appare vocabolo fuori luogo - cisiamo più o meno a lungo imbevuti.In termini visionari, introspettivi, talvoltaamari, non senza qualche scivolata in unacompiaciuta autocommiserazione, Gobettiha comunque descritto quel mondo senza icascami della scientificità, dello sport, dell'a-nalisi geografica e geomorfologica. Sia che sitrattasse di Marguareis (di gran lunga ilposto più presente, nella “Frontiera” comeanche in queste pagine), sia che si trattassedi Apuane, sia che si trattasse di sotanosmessicani.Va sottolineata anche stavolta l'elevata qua-

� L'ombra del tempodi Andrea Gobetti

Privo dell'impudente sfrontatezza di “Unafrontiera da immaginare” e, rispetto a que-st'ultimo, più profondo, più maturo, inevita-bilmente anche meno fresco - il che, se siconsidera il tempo trascorso e l'età nel frat-tempo progredita, è logico o quantomenonaturale - è uscito di Andrea Gobetti“L'ombra del tempo”.Il confronto fra due opere non è mai lecito,tuttavia viene spontaneo paragonare l'ultimafatica letteraria del Gobetti alla sua prima,risalente a 27 anni fa (e ristampata nel 2001).Le accomuna in primo luogo la sincerità,della quale bisogna dare atto all'Autore, qua-lunque cosa si pensi di lui. Istrionico affabula-tore, indolente concentrato di tutti i vizi dicui la speleologia tradizionalmente si circon-da, rissoso ed ecumenico, generoso e sabo-tatore, egocentrico e altruista, nostalgico ma- tutto sommato - al passo con i tempi e conle mutate tecniche speleologiche, fascinosa-mente contraddittorio ed orgogliosamentefallito per i canoni dell'odierna società,Gobetti è Gobetti. Che piaccia o no, haimpersonato per tre decenni gli intramonta-bili luoghi comuni - sia detto con il più disin-cantato affetto - dello speleo anarcoide, irri-verente, spostato, etilico e fumato, liberissi-mo: ultimo erede dei giramondo ottocente-schi di retaggio romantico e bohemien.Chi scrive conobbe Gobetti ad un funerale,quello di Rodolfo Farolfi, a Faenza, nel lon-tanissimo 1979. Chi scrive era allora pocopiù di un bambino e vagamente immagina-va che le libagioni in onore di un morto esi-stessero davvero, ma non così copiose.Gobetti e amici, scientemente, avevano con

Recensioni

lità della scrittura, persona-lissima e avvincente, qualitàrara anche senza il confron-to con la media di quellaspeleologica. Si è sempreconvenuto sul fatto cheGobetti sia stato il primo afar della speleologia argo-mento di narrativa. Omeglio, non il primo (c'era-no già stati Casteret, Martel

e a modo loro anche Mornig o Ghidini), mail più consapevole, il più convinto e convin-cente, paradossalmente il più lucido.Per far ciò era necessario smettere di parla-re di grotte per sostituirle con i loro fre-quentatori, o piuttosto, usare le primecome pretesto, come scusa autobiograficaper raccontare dei secondi: di amicizie, diliti, di debolezze e di orgogli, di viaggi e didiscese negli abissi ma anche di sentimenti.E' curioso (fino a un certo punto, a pensar-ci bene) che l'esponente più emblematicodi quella figura manierata di speleologo ler-cio, teppista e perdigiorno, dedito solo alvino e alle bestemmie, sia stato capace didisegnarne un'altra profondamente “genti-le” e sensibile, adatta a cogliere quell'essen-za che della speleologia rimane forse la piùvera: quella ludica. Perché al di là dei record,delle ricerche geografiche, di tutti i contri-buti alla scienza, dei valori naturalistici esportivi, l'esplorazione - sublimazione ditutte le speleologie - resta il gioco più bellodel mondo.

Sandro Bassi

CDA & Vivalda Editori - Torino, 2003ISBN 8874800134Euro 18,00

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MARIO PAVAN1918 - 2003

Il 17 maggio 2003 è mancato ilprof. Mario Pavan. Per noi speleo-logi è stato una figura di spiccoche ha avuto un peso grandissimonello sviluppo della speleologiaitaliana dopo la seconda GuerraMondiale. Aveva già cominciato adinteressarsi di grotte negli anni'30. Poi, nel 1945 fu tra i promotoridel Centro Speleologico Italiano,sorto sotto gli auspici del TouringClub Italiano. Nel 1949, su desi-gnazione di molti gruppi speleolo-gici e del Consiglio Nazionaledelle Ricerche, entrò a far parte,quale delegato italiano, del ComitéPermanent des CongrèsInternationaux de Spéléologie.L'anno successivo presentò la fon-damentale relazione che eviden-ziava le ragioni che consigliavanodi raggruppare gli speleologi delnostro Paese in una società.Proprio su questa base vennedecisa la costituzione a Veronadella Società SpeleologicaItaliana, nella quale ricoprì l'incari-co di Segretario per un decennio.Ma lʼamico Pavan deve esserericordato anche per altri aspetti,forse meno noti della sua perso-nalità. Infatti mentre tutti sono aconoscenza del ruolo della speleo-logia nella rivoluzione cubana,pochi sono al corrente che, sottoquesto aspetto, Pavan è stato unprecursore. Infatti nel corso dellaseconda Guerra Mondiale, ilNostro passò ai partigiani tutte leinformazioni sulle grotte lombardeche poterono così opportunamen-te utilizzarle come rifugi e depositi.Dal punto di vista umano, sottolʼapparenza di uno stile estrema-mente serio e compassato, eradotato di un fortissimo senso dihumor che lo portava a situazioniparadossali ed estremamentedivertenti. Nei viaggi che effettua-va periodicamente non mancavadi giocare tiri burloni ai suo com-pagni di avventura. A titolo diesempio mi sia consentito unricordo personale: una trentina dianni fa ci eravamo incontrati inaeroporto diretti a Strasburgo per

Quando nel 1990 la SocietàSpeleologica Italiana pose unalapide nella sala del Museo diStoria Naturale di Verona a qua-rantʼanni esatti da quella chevenne definita “rifondazione” ebbea dolersi, insieme a SalvatoreDellʼOca (altro nume tutelare dellaspeleologia italiana che ricordiamosempre con tanto affetto ed infinitariconoscenza) del fatto che sivolesse evidenziare un qualsivo-glia legame tra la SocietàSpeleologica Italiana fondata aBologna nel 1903 da MicheleGortani ed altri suoi colleghi dellʼe-poca e la Società costituita nel1950 a Verona dopo la parentesibellica. Sia Mario Pavan cheSalvatore DellʼOca non volevanoammettere alcun legame conGortani soprattutto dopo il malde-stro tentativo di questʼultimo di farrivivere lʼIstituto Italiano diSpeleologia.Come ho già avuto modo di ricor-dare in altre occasioni, a distanzadagli eventi e con una visioneassolutamente libera da questionipersonali, diversi di noi hanno rite-nuto che questo legame effettiva-mente esistesse senza, peraltro,che esso potesse togliere qualco-sa ai contributi essenziali di ognu-no degli attori comparsi sullascena. La prova più eloquente dei nostrisentimenti lʼabbiamo proprio inquesta occasione, quando nelcorso del Congresso delCentenario, si è voluto ricordare inmodo ufficiale il nostro MarioPavan al quale dobbiamo una infi-nita riconoscenza ed al quale cilega un ricordo che non potrà maiaffievolirsi. Così, questa volta, siamo noi agiocargli un tiro burlone dopo itanti giocati da lui ai suoi amici: locommemoriamo nella forma piùsolenne e sentita proprio nelCongresso di quel Centenario chenon voleva riconoscere !Ma gli abbiamo voluto e gli voglia-mo sempre bene.

Arrigo Cigna

una riunione nellʼambito delConsiglio dʼEuropa, lui in rappre-sentanza del MinisterodellʼAmbiente ed io da parte delCNEN. Nel corso dei lavori esordì,con un commento allʼintervento diunʼaltra delegazione, con le paro-le: “With reference to the state-ment of the most honourableDelegation, etc.” invece di usare iltono consueto meno ampolloso. Inbreve da quel momento in poi, tuttigli interventi si adeguarono al suostile, per timore di una mancanzaallʼetichetta tra le occhiate divertitedel Nostro. In quella stessa occa-sione ci trovammo immediatamen-te alleati, con un semplice sguar-do dʼintesa, per evitare che il terzopersonaggio della delegazione ita-liana, burocrate senza arte neparte, potesse intervenire a spro-posito. Così, ogni volta che ilpoveretto stava per prendere laparola, uno di noi due, lo fermavacon la scusa di un commentourgente alla discussione in corso!Naturalmente, alla sera, in unristorante di Strasburgo rievocam-mo con molte risate tutte le vicen-de.Nel 1971 fece costituire laCommissione Speciale del Senatoper i problemi ecologici e nel 1987venne chiamato a far parte delGoverno Fanfani quale MinistrodellʼAmbiente dando così un con-tributo importante grazie alla com-petenza in materia. Anche in que-sta occasione non perse il suo spi-rito di presa in giro, nei suoi stessiconfronti, reagendo a male paroleogni volta che qualcuno di noi glisi rivolgeva chiamandolo “SignorMinistro”.

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BRUNO COSMINI (Trieste 1909 – Trieste 2003)

Nei primi mesi del 2003 è venuto a mancare Bruno Cosmini, speleologo triesti-no attivo dal 1923 ai primi anni ’90. Nato nel 1909 ha iniziato ad andare ingrotta a quattordici anni con un gruppetto di amici, inserendosi poco dopo nelfortissimo Gruppo Grotte dell’Associazione XXX Ottobre di Trieste. Rimarrànel Gruppo, partecipando alle maggiori esplorazioni compiute dallo stesso, sinoal 1933, anno in cui passa alla Società Alpina delle Giulie, della cui CommissioneGrotte diventa membro. Nel 1929, esplorando un abisso sito fra Fernetti eMonrupino (la futura Grotta dell’Elmo, 2696 VG), scopre e riporta in superficieun elmo di bronzo risalente al VI-V secolo a.C. Il reperto viene donato dai grot-tisti della XXX Ottobre all’archeologo Raffaello Battaglia che lo consegnerà alCivico Museo di Storia ed Arte di Trieste, nelle cui sale è tuttora esposto.Nella sua lunga carriera di speleologo, oltre ad interessarsi di archeologia, hacollaborato con Diego de Henriquez nelle ricerche effettuate nella Grotta diOspo (68 VG) ha esplorato e topografato un centinaio di cavità e parecchi deisuoi rilievi, molto apprezzati sia per la precisione che per la resa grafica, sonostati pubblicati nel 1938 nella monografia di Eugenio Boegan “Il Timavo”.Negli anni del secondo dopoguerra gli speleologi triestini gli hanno dedicato unagrotta da lui esplorata e rilevata nei suoi anni giovanali: la Grotta Cosmini (561VG). Nel 1993 il Comitato Regionale per la Difesa dei Fenomeni Carsici gli haassegnato, per i meriti acquisiti nella diffusione della conoscenza del Carso sot-terraneo, la Targa al Merito “San Benedetto Abate”, giusto riconoscimento a set-tant’anni di attività legata alle grotte del Carso.

(Pino Guidi - Commissione Grotte “E. Boegan”, Trieste)

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tanti anni, appassionato a talpunto da esserci, da parteciparealle attività del Gruppo anchequando fisicamente non potevaessere con noi, in qualche modopartecipava comunque, imomenti condivisi, i risultatierano…sono comunque anche isuoi.Così è stato in escursionismo,era un grande appassionatodella natura, di quella più inac-cessibile, infiniti sono i chilometrimacinati insieme, con gli amici disempre, a cercar grotte, a crea-re, discutere, mettere a puntopercorsi inesistenti da collegaretra loro sul filo dei pensieri, delleemozioni… come i quasi 100 kmlungo costa da Punt'e Trettu allaMarina di Arbus o il Supramonteche lo affascinava e dove nonperdeva mai occasione perandare a vagare.Voglio credere che anche ades-so Ottavio sia da qualche parte emi piace pensarlo mentre prepa-ra le sue cose, il suo immancabi-le thè, la macchina fotografica, lozaino insomma, per una nuova,lʼennesima, lunga scarpinata…..Buon viaggio amico mio, da tuttinoi.

Mauro Villani

sempre da trent'anni, era sociodel Gruppo RicercheSpeleologiche "E.A. Martel" diCarbonia ininterrottamente dal1973.Ottavio si muoveva curando dicoltivare sempre la passione nelfar le cose, nel farle con piacere,cercando di soddisfare i suoidubbi, ponendosene dei nuovi; aldi là di risultati metrici che eranosempre comunque aspettisecondari, l'importante era starbene inseguendo il filo della pas-sione insieme ad altri amici, percoltivare insieme la magia diquei momenti che tanti, credo,conoscono.Così è stato in speleologia, per

Ottavio Corona

Ottavio se nʼè andato neanchecinquantatreenne, ammazzatoda un bastardo durante un tenta-tivo di rapina nell'agenzia delBanco di Sardegna di Castiadaspresso cui da diversi anni lavora-va; un venerdì all'ora di pranzo,poche ore dalla chiusura e qual-che ora prima di terminare illavoro lì, trasferito dal lunedìsuccessivo in altra sede …È difficile trovare parole adatteper rendere i sentimenti, la rab-bia, la tristezza per una mortecosì inattesa, così inutile se maimorte possa essere definita utile.Siamo tutti tristi, profondamentetristi. I momenti, le situazioni passateinsieme con Ottavio sono infinite,così tante che non saprei proprioda dove iniziare per evocarequalcosa che è archiviato gelo-samente in una parte della miamemoria.In questi giorni, ancora mesidopo, i ricordi affiorano lenta-mente, in modo disordinato,casuale ed è piacevole sorrider-ne insieme con gli amici, miamoglie come se non fosse suc-cesso niente e lui potesse arriva-re da un momento all'altro ariderne con noi.Non voglio fare un elenco dicose, non adesso, non vorreiessere formale, retorico, so chenon gli piacerebbe…ci tengosolo a dire, a ricordare che ci hainsegnato in Gruppo, almeno ame, a quelli della mia generazio-ne, un qualcosa di fondamentale,ci ha insegnato ad appassionarcia quel che facevamo, alla spe-leologia; sì perché più dʼognialtra era questa la sua caratteri-stica principale, la sua forza:investirsi in qualcosa ma conpassione, non tanto per fare masempre credendo a ciò che sifaceva. Tante volte aveva avutoin Gruppo, del resto è inevitabile,screzi per vedute diverse eppu-re stava sempre lì fermo, midiceva, ci diceva che quel qual-cuno rompeva le balle ma nonsarebbe durato a lungo perchéera solo uno di passaggio, senzavera passione e quando sarebbenaturalmente sparito dalla spe-leologia lui sarebbe stato ancoralì, al suo posto…..ed avevaragione, al suo posto c'è stato

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Giovedì 14 agosto nel pomeriggio Jack Dal Secco ci ha lasciato.

In questʼultimo anno di sofferen-ze per un male che non perdonaha affrontato lʼultimo viaggiocome sempre ha fatto in grotta:con serenità. La speleologiaVeneta perde uno dei suoi pre-cursori storici.Fin dai primi anni sessanta hadocumentato, con la passioneper la fotografia ereditata dalpadre, le prime esplorazioni nelMontello. Immagini rare che diffi-cilmente si ritrovano negli archividei gruppi speleologici e cherestano memoria storica di tempiin cui, in cavità, tutto era difficile,anche fare una fotografia.Le sue immagini restano per noiun patrimonio di conoscenza ecultura e un dolce ricordo diquando la Speleologia - agli albo-ri nella nostra zona – era coagu-lante sociale e di amicizia, volon-tariato sociale, seme per lanascita di realtà culturali piùgrandi. Lui, promotore di tanteesplorazioni, con la sua innatacuriosità ci ha regalato un ricor-do del passato irripetibile, fatto dipiccole scoperte, di lunghi per-nottamenti in grotta, di profondipozzi affrontati con tecniche –quelle di allora molto approssi-mative – che presupponevanolʼaiuto di una squadra, cioè affi-dare la propria sicurezza ad altrepersone.Promotore del Museo di StoriaNaturale del Montello e delGruppo Naturalistico Montelliano,è stato fin dagli albori della strut-tura uno dei suoi più accesisostenitori. La passione per tuttociò che esisteva nella propria

Battaglia, sezione che razionalizzòle indagini di preistoria sul Carso: irisultati non mancarono e si con-cretizzarono nella scoperta di nuovisiti preistorici sia all'aperto - castel-lieri, strade preromane - che ingrotta. Fra quelli di maggior inte-resse possono essere ricordati lascoperta di un tempio ipogeo dedi-cato al culto dio Mitra in una caver-na presso Duino e il ritrovamentodi resti di inumati in una grottapresso il castelliere di Nivize. Ma non solo di preistoria si interes-sava Legnani. Quale medico hagestito la parte sanitaria della spe-dizione effettuata nel 1958 daglispeleologi dell'Alpina nelle grottevaporose del Monte Kronio. In pre-parazione della stessa, assieme adaltri medici, aveva avviato in unostabilimento di bagni a vaporeun'indagine sul comportamento delcorpo umano sottoposto ad altetemperature e con umidità del100%. I risultati di questo studio,preparatorio alla spedizione cui poiLegnani ha appunto partecipatoquale responsabile della partesanitaria, vennero pubblicati l'annosuccessivo in apposito volumetto. Presente a vari congressi diarcheologia e preistoria tenuti neglianni '50-'70 del secolo scorso, halasciato due dozzine di pubblicazio-ni di carattere speleologico, spa-zianti dalla divulgazione alla prei-storia, dalla palinologia alla geolo-gia, alla paleoclimatologia delCarso. Buona parte dei dati ottenu-ti nelle indagini nelle grotte delCarso sono stati pubblicati nellasua opera più conosciuta, LaPiccola Guida della preistoria diTrieste, libro edito dallaCommissione Grotte "E. Boegan"nel 1968 e che ancor oggi destal'interesse degli studiosi del ramo.E' stato socio della CommissioneGrotte "E. Boegan" sin dalla metàdegli anni '50; ha fatto parte delsuo Direttivo dal 1958 al 1964,mentre dal 1958 al 1983 ha rico-perto l'incarico di Conservatoredelle raccolte del materiale archeo-logico. Uno studioso che alla pas-sione della ricerca sul campo hasaputo legare non solo la restitu-zione a tavolino dei dati raccolti,ma pure una disinteressata dispo-nibilità all'impegno societario.

Pino GuidiCommissione Grotte “E. Boegan”, Trieste

terra lo ha portato ad intrapren-dere ricerche in campi diversi macomplementari: botanica, minera-logia, speleologia e biospeleolo-gia, archeologia, tutte legate alpaese che più amava.Molto ha dato agli studiosi che siavvicinavano al Montello.Rappresentava un aiuto sinceroche chiedeva come unico scam-bio di soddisfare la curiositàverso cose nuove e forse, per luida solo, inavvicinabili.Ciao Jack. Lieve ti sia la via,nuove esplorazioni ti stannoaspettando.

Gli speleologi del GruppoNaturalistico Montelliano

È scomparso Franco Legnani, medico e archeologo

L'8 ottobre 2002, all'età di 78 anni,ci ha lasciato Franco Legnani,eclettica figura di speleologo giulia-no. Nato a Trieste il 15 marzo1924, dopo essersi laureato inmedicina, si era dedicato con parientusiasmo sia alla professionemedica - campo in cui ottenne benpresto meritati successi - sia allericerche sulla preistoria del Carso,cui diede l'avvio nel 1951 con inda-gini agli insediamenti di MuggiaVecchia alle quali seguirono unacampagna di scavi nella Grottadell'Orso di Gabrovizza e quindi, acavallo degli anni '50 e '60, allaGrotta dei Ciclami presso Fernetti.Alla fine degli anni '50 con un pic-colo gruppo di amici formò, nel-l'ambito della Commissione Grottedell'Alpina delle Giulie, la Sezionedi ricerche preistoriche Raffaello

“Un soleggiato sabato di novembre non si è più svegliato. FRANCESCOALLOCCA se ne andato nel sonno, lasciandoci tutti sgomenti. Geologo,tesoriere della Federazione Speleologica Campana, sodalizio di cui eraanimatore tenace e disinteressato, Francesco lavorava per dare corpoalle idee in cui credeva. Stava per partire per Cuba, per discutere unatesi di dottorato, per porre basi forti alla sua e nostra speleologia regio-nale. Non ha fatto in tempo. La Federazione Speleologica Campana gli dedica il Centro diDocumentazione Speleologica, che da oggi porterà il suo nome. Quellodi un giovane buono.”

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Pubblicazioni SSI �

GROTTE DʼITALIAIstituto Italiano di Speleologia.Rivista annuale, pubblica lavori originali brevi inqualsiasi campo della ricerca scientifica in ambitocarsico-speleologico. Redazione: c/o Sandro Galdenzi, Viale Verdi 10 - 60035 Jesi, tel. 0731203814; e-mail: [email protected].

SPELEOLOGIASemestrale dellaSocietàSpeleologicaItaliana.

LʼAGENDO2004L’annuario della speleologia italiana

MEMORIE DELLʼISTITUTOITALIANO DI SPELEOLOGIA

Rivista aperiodica, ospita mono-grafie multidisciplinari su areecarsiche o ricerche di ampiorespiro in ambito carsico-speleo-logico. Contatto: c/o Prof. PaoloForti, Università di Bologna, Dip. di Scienze GeologicoAmbientali, via Zamboni 67 -40126; Tel. 0512094547; e-mail: [email protected]

BULLETIN BIBLIOGRAPHIQUE SPLEOLOGIQUEUnion Internationalede Speleologie. Redazione per l’Italia

OPERA IPOGEA Memorie della Commissione Cavità Artificiali dellaSSI. Redazione c/o Carla Galeazzi - Villa Marignoli, viaPo 2 - 00198 Roma; tel. 068418009 (uff.), tel.0676901095 (ab.), fax 068411639; e-mail: [email protected]

Collana narrativa S.S.I.

PUBBLICAZIONI DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA

INTERNATIONAL JOURNAL OF SPELEOLOGYOrgano ufficiale dell’Union Internationale deSpéléo logie. Si pubblica dal 1964; dal 1978 proprietà della SSI.Ezio Burri - Dip. Sc. Amb. Univ. de L’Aquila - v. Vetoio loc. Coppito - 67100 L’Aquila (AQ); e-mail: [email protected]

Collana Quaderni Didattici della S.S.I.

1) Geomorfologia e speleogenesi carsica

2) Tecnica speleologica 3) Il rilievo delle grotte 4) Speleologia in cavità

artificiali5) L’impatto dell’uomo

sull’ambiente di grotta 6) Geologia per speleologi 7) I depositi chimici delle

grotte 8) Il clima delle grotte 9) Biospeleogia

10) L’utilizzo del GPS inspeleologia

11) Storia della speleologia 12) Gli acquiferi carsici13) SOS in grotta14) Fotografare il buio

Redazione: c/o Centro Italiano di Documentazione Speleologica "F.Anelli", via Zamboni 67 - 40126 Bologna. Tel. e fax 051 250049 • e-mail: [email protected] • e-mail: [email protected]

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