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ANNO XXV GIUGNO 2004 ANNO XXV GIUGNO 2004 SPELEOLOGIA RIVISTA DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA SPELEOLOGIA RIVISTA DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA 50 50 spediz. in abb. post. art. 2 comma 20/c Legge 662/96 aut. D.C.I. - Regione E/R

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ANNO XXVGIUGNO 2004

ANNO XXVGIUGNO 2004

SPELEOLOGIARIVISTA DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA

SPELEOLOGIARIVISTA DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA

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SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANASOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANAUFFICI

AmministrazioneAssicurazioniEnrico FratnikC.P. 807 - 34100 Trieste (TS)tel 335 5434002fax 040 [email protected]

Centro Italiano di DocumentazioneSpeleologica “F. Anelli” - CIDSVia Zamboni, 67 - 40126 Bologna; tel. e fax 051.250049; [email protected]

COMMISSIONIScuole di SpeleologiaRinaldo Massucco • Via alla Rocca, 21/917100 Savona; tel. 010 6546390 (uff.), 019 853752 (ab.), fax 019 811960; [email protected]

CatastoPaolo Mietto • Via Generale Giardino,23 - 36100 Vicenza; tel. 0444 965465 (ab.), 049 8272079(uff.); [email protected]

Editoria e Comunicazionec/o C.I.D.S. Via Zamboni, 67 40127 Bologna; tel. e fax 051 250049; [email protected]

Speleo SubacqueaAlessio Fileccia • Via G. da Coderta, 1531100 Treviso; tel. 0422 411520; [email protected]

Speleologia in Cavità Artificiali Maria Luisa PerissinottoPresidente Commissione NazionaleCavità [email protected]

DIREZIONEPresidenzaMauro Chiesi • Via Luca da Reggio, 1 42010 Borzano d’Albi nea (RE); tel. e fax 0522 591758;[email protected]

VicepresidenzaAngelo Naseddu • Via Roma, 8a 09015 Domusnovas (CA); tel. e fax 0781 70669; [email protected]

SegreteriaMila Bottegal • C.P. 807 - 34100 Trieste (TS)tel 335 5433673 • fax 040 [email protected]

TesoreriaCarla Galeazzi • Villa Marignolivia Po 2 - 00198 [email protected]

GRUPPI DI LAVOROScientificoPaolo Forti • c/o Dip. Sc. della TerraUniversità di Bologna, Via Zamboni, 6740126 Bologna; tel. 051 2094547, fax 051 2094522, [email protected]

DidatticaFranco Utili • CP 101 - 50039 Vicchio(FI); tel. e fax 055 8448155

Materiali e TecnicaGiovanni Badino • Via Cignaroli, 8 10152 Torino; tel. 011 4361266, fax 011 6707493; [email protected]

Salvaguardia Aree CarsicheMauro Chiesi • Via Luca da Reggio, 142010 Borzano d’Albinea (RE); tel. e fax 0522 591758;[email protected]

INDICAZIONI PER GLI AUTORI

Nellʼintento di agevolare gliautori nella redazione dei

manoscritti e di ridurre le diffi-coltà ed i tempi di stampa, siforniscono alcuni orientamentida seguire nella preparazionedei testi.

I TESTII testi devono essere forniti alla Redazionesia su supporto cartaceo che su supportomagnetico, in formato Word per Mac o perWindows. Eventuali correzioni apportatemanualmente al testo stampato devonoessere leggibili e trovare corrispondenzacon quanto contenuto nel file. I file di testonon devono contenere la numerazione dellepagine e non devono presentare formatta-zioni (rientri, tabulazioni, ecc.). Le note a pièdi pagina devono essere eliminate. Oltre altitolo dovranno essere indicati i nomi degliautori. Ogni articolo deve essere introdottoda un breve riassunto (possibilmente con lasua traduzione in inglese) e dalle parolechiave. I file non devono contenere immagi-ni né grafici, che andranno consegnati aparte. Eventuali formule ed equazioni devo-no essere presentate in forma chiara e leg-gibile ed eventualmente contrassegnate dauna numerazione progressiva posta traparentesi tonde. Eventuali note bibliografi-che vanno riportate alla fine dell’articolo. Inallegato al manoscritto gli autori devonosempre indicare un loro recapito telefonicoe di e-mail per consentire un sollecito con-tatto da parte della redazione. Ogni artico-lo deve necessariamente essere corredatoda una cartina di inquadramento della zona.

LE FIGUREFigure, carte, profili ed immagini devonoessere numerati progressivamente. Per leimmagini il numero dovrà essere indicatosull’originale in modo da caratterizzarneanche il verso di lettura. Per una miglioreriproduzione si prega di inviare sempre dia-positive in originale (o duplicati di ottimaqualità) e non fotografie, indicando semprel’autore ed accompagnandole con una dida-scalia sufficientemente estesa per la spiega-zione dei contenuti dell’immagine. I rilieviche accompagnano gli articoli dovrannoessere redatti in modo che le parole conte-nute risultino leggibili in una riduzione informato A3 (questo anche se i rilievi ven-gono consegnati su floppy o cd). Eventualicampiture realizzate con retini dovrannoavere una densità tale da risultare leggibilianche dopo una eventuale riduzione.

Per qualsiasi dubbio contattate: [email protected]

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Qualche anno fa fu lanciata, nel mioGruppo, l’iniziativa dei “mercoledì

intelligenti” : in pratica chi aveva voglia etempo per approfondire qualche tematicatecnica o culturale, si trovava in sede e cilavorava sopra. Poi venne l’epoca dei “gio-vedì intelligenti”, uscite rapide del giovedìsera, nell’Appennino dietro casa, per recu-perare tempo alle uscite del fine settimanae soprattutto al lavoro e alle famiglie.Adesso nel mio Gruppo hanno deciso diridurre le serate di apertura ufficiale dellasede da due a una sola, perché in sede digente che lavori se ne vede sempre meno esoprattutto perché quando c’é gente nonc’é alcuna possibilità di lavorare né di discu-tere attorno alle cose da fare in speleologia.Si era minoranza venti anni fa, lo si è anco-ra, ma le cose che hanno fatto avanzare cosìtanto il mio Gruppo le ha fatte chi si èimpegnato allora e si impegna ora. Si è sem-pre scelto di non espellere nessuno, nel mioGruppo, e abbiamo fatto sem-pre bene. I Raduni nazionali percerti versi assomigliano a ungrande, terrifico, GruppoSpeleologico: pochi organizza-no, tutti ci vanno, molti criticanosenza neppure muovere un dito,altri ancora si lamentano senzaaverne frequentato almeno uno,la maggioranza “fa casino”.E così è stato ancora, perFrasassi 2004, ma con un segna-le poderoso che sarebbe decisa-mente criminale ignorare: ilrilancio dei contenuti sul conte-nitore. La strada per Raduniintelligenti per noi è questa. Cheil prossimo sia più avanti, masullo stesso cammino. La Speleologia hadimostrato di essere capace di affrontare,senza pregiudiziali, temi delicati: accresceree diffondere una propria coscienza etica,analizzare le forme di una corretta intera-zione tra uomo e mondo sotterraneo, met-tere in discussione la necessità di porrefreno al proliferare incontrollato di adatta-menti turistici insostenibili di grotta, sotto-lineare il ruolo svolto e da svolgere persostenere l’istituzione e la sopravvivenza diparchi e ambiti protetti a connotazione car-sica. Ma anche altro ancora: tentare nuoveforme e obiettivi di comunicazione, perrisollevare la qualità culturale complessivadi quanti gravitano attorno ai GruppiSpeleologici, mettendoli decisamente più“in rete” di quanto le strutture ad essi dedi-cate abbiano sin qui potuto fare. Abbiamoanche avuto ottimi contatti con chi vive, chi

lavora, chi governa, nel territorio protettodella gola di Frasassi. Hanno conosciuto,credo apprezzandole tutte per l’apertura edisponibilità, altre speleologie.Non mancheranno motivi di lavoro comu-ne, dunque. Abbiamo invece ancora notatoquanta distanza dalla speleologia vuolemantenere la gestione delle grotte turisti-che, quando questa viene intesa eminente-mente quale impresa economica più checulturale e, come da noi sempre più invoca-to, di eccezionale opportunità didatticaambientale.Se è da ritenere preoccupante l’assenza aidibattiti dei gestori delle grotte turisticheitaliane aderenti a ISCA, siamo altrettantocerti che i segnali lanciati non cadranno nelnulla, sul piano della credibilità e dell’auto-revolezza della speleologia; di quella checerca il confronto e non il facile scontro, diquella che crede nella documentazione enella condivisione piuttosto che nei facili

distinguo. Non affrettiamo giudizi in merito,tuttavia. Meglio proseguire con il pacificoassedio della memoria e delle idee.Attraverso questa Rivista, ad esempio, “il”contenitore di contenuti. Compie i suoiprimi venticinque anni, cinquanta numeriesatti. Quanto sia maturata lo scopriamo adogni numero, mentre ognuno di noi è matu-rato leggendola.Speleologia si dedicherà a un numero spe-ciale, dopo quello su l’acqua che berremo,attorno ai temi delicatissimi (già, ma perchi?) che hanno riempito di argomenti ilnostro essere in raduno.Grazie a tutti quelli che ce la garantiscono,questa Rivista, come grazie a tutti quelli chepreferiscono i contenitori giusti per conte-nuti di qualità.

Il PresidenteMauro Chiesi

SPELEOLOGIARivista della Società Speleologica Italiana

Sede Legale:Via Zamboni, 6740126 Bologna

semestrale

N° 50, giugno 2004Anno XXV

Autorizzazione del Tribunaledi Bologna n° 7115del 23 aprile 2001

Codice Fiscale 80115570154P.I.V.A. 02362100378

Anagrafe nazionale ricercaL18909 LL ISSN 0394-9761

Sede della redazioneVia Zamboni, 6740126 Bologna

telefono e fax 051.250049www. ssi.speleo.it

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Direttore Responsabile:Alessandro Bassi

Redazione:Francesco De Grande,

Massimo Goldoni,Marinella Gondoni,

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La rivista viene inviata atutti i soci SSI in regola con il versamento delle

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Società SpeleologicaItaliana

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Editoriale

Raduni intelligenti,contenitori di contenuti

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Sommario

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1 Editoriale

4 Tempi solcati

Gli articoli

14 La lunga storia delle grotte di SerenaiaDieci anni di esplorazione nel nord delle ApuaneFrancesco De Grande,Alessandro Zanna

28 Percorsi di guerraUn viaggio dentro le fortificazioni di Riva del Garda,simbolo della durezza della Grande Guerra e testimonianza di un’incredibile lavoro di “edilizia ipogea”Arianna Tamburini, Marco Ischia

40 Le grotte naturali del Ponte di VejaAndrea Ceradini e David Hosking Gruppo Attività Speleologica Veronese

46 Dimore celesti per Santi e BrigantiAlla scoperta di tre Eremi ai confini fra Lazio e AbruzzoTullio Dobosz, Carla Galeazzi

52 Quando i funghi vanno in grottaAlcuni spettacolari miceli in una grotta delle Alpi ApuaneFrancesco Mantelli, Damiano Pierotti

54 I giganti di grottaDal Messico all’Ucraina i più grandi cristalli del mondo.Ma anche in Italia...Paolo Forti

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58 Nel Caos della Gran Caverna di Santo TomasI risultati dell’ultima spedizione scientifica nella più gran-de cavità cubanaA cura di Mario Parise

68 Il fiume sotto le risaieDue spedizioni nella Cina Meridionale aprono nuovi orizzonti esplorativiRosario Ruggieri

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In copertina: esplorando in Buca Nuova, Val Serenaia,Alpi Apuane (Foto A. Roncioni)

Retro copertina: il solco d’Equi nei pressi della sorgente omonima,Alpi Apuane (Foto A. Roncioni)

Verso il fondo

76 Tecniche e sicurezza

80 Notizie italiane

86 Notizie estere

88 Spulciando in biblioteca

92 Recensioni

96 Vi sia lieve la terra

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■ Tempi solcati

Quel che resta di Monte Tondo40 anni di misfatti della più grande cava di gesso a cielo apertodell'Unione Europea.

Nell’estate del 1990 l’esplora-zione dell’Abisso Mezzano

porta per la prima volta gli speleo-logi dello Speleo GAM a contattocon la grande cava di BorgoRivola, che si apre nella Vena delGesso romagnola, in provincia diRavenna: infatti la grotta è stataintercettata dalle gallerie di cava ela circolazione delle acque è statadeviata. Nel 1994, in un ramo dellaGrotta del Re Tiberio intercettatodalle gallerie di cava, lo SpeleoGAM individua una sepolturarisalente all'età del Bronzo. Questo consente agli speleologi diavviare un rapporto di collabora-zione con la Soprintendenza per iBeni Archeologici dell'EmiliaRomagna e con il MuseoComunale di Imola.L'esplorazione prosegue per oltredieci anni e porta alla scoperta didue sistemi carsici con uno svilup-po complessivo di una decina dichilometri. Quasi contemporanea-mente iniziano i primi contatti con

il Comune di Riolo Terme, nel cuiterritorio si trovano tutte le grottein questione e gran parte dellacava. In due incontri, sollecitatidallo Speleo GAM Mezzano, dovesono presenti tutti i soggetti inte-ressati (Cava, Regione, Provincia,Comune di Riolo Terme,Università di Bologna,Soprintendenza, FederazioneSpeleologica Regionale e SpeleoGAM), si prende finalmente attodell’allarmante situazione ambien-tale e della necessità di salvaguar-dare quanto rimane dopo oltre 40anni di indiscriminata attivitàestrattiva. Si definiscono alcunepremesse comuni che si basanosulla coesistenza di due esigenze:la necessità economica di prose-guire l'attività estrattiva e la difesaambientale di Monte Tondo, inparticolare dei nuovi sistemi carsi-ci. Contestualmente si constata lamancanza assoluta di dati sull’areadi cava (quanto il gesso estratto,quale il potenziale estrattivo), aparte quelli forniti dalla cava stes-sa. Così il Dipartimento di Scienzedella Terra dell'Università diBologna viene incaricato di effet-tuare uno studio preliminare e poidelineare una ipotetica "linea ditutela ambientale" entro la qualecontenere la coltivazione. Lo stu-dio, finanziato dalla cava stessa,dal Comune e dalla Provincia,viene portato a termine in tempibrevissimi, con il contributo diret-

to dello Speleo GAM. Le conclu-sioni, seppure inevitabilmenteindicative e di massima, sono insostanza semplici: una coltivazionerazionale, pur comportando costiun poco maggiori, può essere svol-ta senza intaccare sostanzialmentel'attuale linea di cresta, lasciandointatte le grotte finora conosciute.Poi, grazie all’impegno di sensibi-lizzazione condotto per anni dalloSpeleo GAM, la Regione decidefinalmente di investire una cifrasignificativa (oltre 200 milioni divecchie lire) per uno studio siste-matico dell'area di Monte Tondo,preoccupata anche dagli effetti chel’incontrollata attività estrattivapuò produrre sulla fruizione turi-stica di Monte Tondo, soprattuttoin previsione della costituzione delParco. Lo studio effettuatodall'ARPA, al quale lo SpeleoGAM ha fornito rilievi e studiidrologici aggiornati, è stato com-

Uno dei reperti archeologici trovatinella Tana di Re Tiberio (Riolo Terme)

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pletato nel dicembre 2001. Non neresta purtroppo condivisibile ilrisultato e la conseguente decisio-ne, assunta dai Comuni interessatie dalla Provincia, di considerarlobase per i futuri piani di attivitàestrattiva. I piani estrattivi (sullabase di un documento originale diconvenzione che risulta introvabi-le) mettono a disposizione dellacava 8.000.000 m3 di gesso di cui4.800.000 nel comune di RioloTerme e 3.200.000 in CasolaValsenio. Pensiamo che questilivelli di concessione debbanoessere assolutamente ridimensio-nati in relazione alla scoperta disistemi carsici prima ignoti edall'incompatibilità con le nuovenorme e qualsiasi piano di tutelaambientale.Rispetto alla Valutazione diImpatto Ambientale sottopostadalla BPB (Multinazionale pro-prietaria della cava di BorgoRivola) alla Provincia di Ravennanel maggio 2004 in previsione delprossimo piano di attività estratti-ve, l’Ente ha in parte accolto leobiezioni degli speleologi, boccian-do in sostanza il documento echiedendo importanti integrazioni.Si tratta di un indubbio successo,che riconosce la sostanziale vali-dità di quanto gli speleologisostengono da anni. Nella inconsi-stente VIA non viene aggiuntonulla ai precedenti piani di coltiva-zione, con la giustificazione che

ormai il massimo danno è statofatto e quindi ogni nuovo interven-to risulterebbe del tutto ininfluen-te. Se ciò non è corretto in genera-le, in particolare non è vero perquanto riguarda idrologia, idro-geologia (tra l’altro la circolazionesotterranea delle acque non èancora compiutamente definita) ecarsismo, aspetti del tutto ignorati.Per di più va sottolineata la previ-sta e diretta distruzione di duegrotte. Se la Provincia ha sostanzialmentebocciato la VIA, il Comune diRiolo Terme -dopo un periodo diinteressanti collaborazioni con glispeleologi sui problemi della cava- ora, con l'avvento del nuovoSindaco, è totalmente asservitoalla logica di rapina ambientaledella BPB, avvallando la decisionedella cava di vietare l'accesso deglispeleologi ai sistemi carsici. Viene così meno sia l’indispensabi-le monitoraggio, tanto più urgenteper la presenza di numerose frane(come quella molto instabile chenel marzo 2004 ha interessato laparete su cui si apre la grotta delRe Tiberio fino al sottostantecorso del fiume Senio), sia la pos-sibilità di completare gli studi idro-geologici necessari a definire ifuturi piani di attività estrattiva.Ancora una volta la cava riveste ildoppio ruolo di controllore e con-trollata (evidente conflitto di inte-ressi, una patologia che sembra

assai diffusa in Italia.). Per giuntasenza obiezione alcuna delComune di Riolo Terme, che nonha quindi alcuna intenzione diopporsi ai futuri piani estrattivi,quali che siano. Informazioni, foto, rilievi e moltoaltro ancora nel sito: www.venadel-gesso.it

Piero LucciSpeleo GAM Mezzano

Uno splendido pozzo nei gessi delsistema carsico di Monte Tondo

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■ Tempi solcati

A inizio estate 2004 è stata distrut-ta la storica cavità trentina deno-minata Bus del Giaz, situata sullaPaganella (TN). I lavori di amplia-mento di una pista da sci – autoriz-zati dalla Provincia autonoma diTrento – non hanno tenuto contodi una cavità al cui interno èsegnalato un grande deposito dighiaccio millenario. Il fatto, mal-destramente attuato ai danni di unparticolarissimo ambiente natura-le, è particolarmente stigmatizzabi-le poiché esiste una specifica leggeprovinciale trentina (LP n.37/1983)che tutela tutte le cavità naturali eciò significherebbe che gli stessiamministratori non hanno quindivoluto tener conto di questa nor-mativa. Per di più va segnalato chela chiusura potrebbe divenire peri-colosa per gli stessi sciatori poichél’azione carsica, continuando al disotto dei materiali riportati, puòprovocare improvvisi crolli di asse-stamento. La comunità speleologi-ca italiana e non solo è maggior-mente indignata su questo fattopoiché è avvenuto in una Regionevista sempre come punto di riferi-

mento per tutto ciò che riguarda lagestione del patrimonio naturale eper la sensibilità dei suoi ammini-stratori. Appena avuta la notiziadella chiusura della grotta laSocietà Speleologica Italiana hainviato un esposto alla Procuradella Repubblica di Trento in cui sichiede un’inchiesta per verificarese vi siano state violazioni dellenormative in materia di tutelaambientale. Qualora si ravvisinospecifiche responsabilità, l’SSIvaluterà l’opportunità di costituirsiparte civile, ma rimane comunquea disposizione per l’eventualerecupero della cavità, mettendo incampo le proprie competenze estudiando i modi più adeguati emeno onerosi per il ripristino del-l’ingresso della cavità. Il Bus delGiaz sarà ancora oggetto di atten-zione da parte di Speleologia cheaggiornerà puntualmente sull’evo-luzione della vicenda. Purtroppoperò dalla Provincia di Trento arri-va un’altra notizia sconfortante.Sempre sulla Paganella il progettodi ampliamento degli impianti scii-stici è a dir poco agghiacciante:dalla perizia sulla VIA si apprendeche sarebbe possibile realizzarealcuni bacini per l’innevamentoprogrammato ricavandoli sulfondo delle doline dell’area! Oltrea prelievo dalle sorgenti (con l’evi-dente rischio di riduzione dell’ap-porto idrico, oltre che di inquina-mento), le acque di alimentazioneverrebbero prese anche dall’ac-quedotto di Andalo – Fai dellaPaganella, lo stesso per il quale laGiunta Provinciale aveva appenastanziato 164.000 euro per metter-lo “in sicurezza”. Nel progetto èaffrontato con superficialità l’im-patto dello scarico di fondo di cuideve essere dotato il bacino sul-l’ambiente e la sicurezza, come

pure il problema della stabilità delfondo da cui si ricaveranno i baci-ni: il substrato roccioso delle doli-ne, una volta impermeabilizzato ecaricato delle migliaia di metricubi di acqua, potrà sopportarne ilpeso? Le operazioni di amplia-mento degli impianti da sci dellaPaganella e i diversi danni già pro-curati dal recente riammoderna-mento sono ora al centro delleattenzioni della SAT e di altreorganizzazioni di protezioneambientale che si stanno mobili-tando per impedire la realizzazio-ne di questo progetto.

La Redazione

Slalom fra i paletti legislativiI lavori di ampliamento di una pista da scichiudono il grande deposito millenario dighiaccio del Bus del Giaz, preludio ad altridanni. Ma l’SSI non sta a guardare.

Due immagini del Bus del Giaz, da:“L’esplorazione della Venezia Tridentina”di Ezio Mosna, 26° Annuario 1930-31della SAT.

Una dolina della Paganella. Si nota sullasinistra la perimetrazione con nastro dacantiere della valle, preludio allacostruzione di un invaso per produrreneve artificiale.

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I confini regionali evidentementenon bastano a frenare l’utilizzo deisistemi di innevamento artificiale ela creazione di impianti sempre piùveloci come unico mezzo di svilup-po del turismo legato agli sportdella neve. Oltre al Trentino, anchein Friuli Venezia Giulia l’attenzionedell’SSI (che, è bene ricordarlo, èriconosciuta istituzionalmente tra le“Associazioni di protezioneambientale” previste dall’articolo13 della legge 8 luglio 1986, n° 349)è stata sollecitata nei riguardi delprogetto per il raccordo della pista“Gilberti” nel comprensorio diSella Nevea, Comune diChiusaforte (UD), dove tre cavità,censite nel Catasto Grotte delFriuli-Venezia Giulia, si trovano sultracciato previsto oppure sul suolimite. È chiaro che, nel corso deilavori portati avanti secondo quan-to progettato, queste cavità verran-no irrimediabilmente distrutte operlomeno ostruite: una di queste èl’Abisso Paolo Fonda (2400 Fr),profondo oltre 700 metri e che –grazie a recenti esplorazioni speleo-

subacquee – si va a collegare conl’Abisso del Laricetto, formandocosì un importante sistema, finoraconosciuto per oltre 2 chilometri disviluppo e più di 700 metri di disli-vello. Solo considerando la dimen-sione metrica, per non parlare degliaspetti idrogeologici, il sistema rap-presenta una delle maggiori cavitàdel Massiccio del Monte Canin. Seciò non bastasse, il tracciato lambi-sce una grande e interessante doli-na di crollo che, con ogni probabi-lità, è in collegamento con le cavitàsottostanti e potrebbe occluderealtre cavità al momento ancora noncensite. Esternamente, sulla som-mità del colle dove è previsto chepassi il tracciato, sono presentiforme carsiche d’alta montagna diindubbia bellezza e particolare inte-resse, quali campi solcati, fori carsi-ci ed un deposito fossilifero diMegalodon, già oggetto di visita daparte degli escursionisti e prossima-mente inserito nel circuito del sen-tiero geologico del Parco dellePrealpi Giulie. La SocietàSpeleologica Italiana intende chie-

dere alle autorità locali competentidi rivedere il progetto perché vengamodificata l’ubicazione della pistache, così concepita, arrecherebbedanni enormi al patrimonio speleo-logico, geologico ed ambientale delnostro territorio.

La Redazione

Sciare “in-compatibilmente”La nuova pista “Gilberti” a Sella Neveaminaccia gli abissi Fonda e Laricetto

Versante sud-orientale del Monte Canin,non lontano da Sella Prevala. Comenella parte italiana anche in quellaslovena il paesaggio carsico ha subitopesanti modifiche per dar spazio alleautostrade dello sci di pista.

Se i mutamenti climatici stanno riducendo l’innevamento natu-rale e gli sport invernali s’hanno comunque da praticare, allorala risposta più semplice è: innevamento artificiale. Ma quantaacqua serve e come funzionano i cannoni per la neve? Come riferisce Gabriella Zipoli in un articolo apparso su “IlManifesto” del 25.11.2004, per coprire una superficie di 3.600mq (equivalente di circa mezzo campo da calcio) con uno stra-to di 15 cm, sono necessari 283 m3 di acqua (il carico di 10 TIR)e questo proprio nei mesi invernali quando, nelle Alpi, i corsid’acqua sono in magra. In Francia, dove l’80% delle stazioniinvernali usa la neve artificiale, i cannoni consumano annual-mente 10 milioni di m3 d’acqua, pari al consumo annuo di unacittà di 170.000 abitanti (calcoli dell’Agenzia francese per ilbacino Rodano Mediterraneo – Corsica). Inoltre la neve artifi-ciale è molto più pesante di quella naturale (da 400 a 500 kg/m3

contro i 100-200 di quella naturale), essendo costituita da cri-stalli non piani, generalmente esagonali nella neve naturale, masferici. I cristalli tridimensionali risultano più resistenti al traffi-co sciistico, ai raggi del sole e alla perdita di coesione ma – pro-prio per la forma sferica che chiude meglio gli interstizi fra le

particelle e lascia passare poca aria – riducono la capacità diisolamento, velocizzando così il raffreddamento del suolo e delmanto erboso, la cui ricrescita viene messa in forse. Per giuntal’innevamento prolungato determina un ritardo per l’inizio del-l’attività vegetativa, e questo solo per parlare della superficie…La neve artificiale è prodotta da cannoni che nebulizzano l’ac-qua in microscopiche goccioline che vengono raffreddate al disotto di 0° C, passando allo stato solido. Se il sistema è a bassapressione, la nebulizzazione viene favorita da un compressoree l’espulsione è ottenuta da una grande ventola in grado di tra-sportare lontano le gocce. Nei cannoni ad alta pressione lanebulizzazione è ottenuta da una miscela di acqua e aria moltocompressa che, a contatto con quella a pressione atmosfericanormale, si espande rapidamente facendo sensibilmente raf-freddare l’acqua, che così diventa neve a temperature superio-ri rispetto a quelle possibili nel sistema a bassa pressione. Conquesto metodo sono necessari compressori molto potenti (erumorosi) che assorbono grandi quantità di energia elettrica obruciano notevoli quantità di gasolio, aggiungendo un plus dialtri fattori di inquinamento.

Quando il cannone spara... ad acqua

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■ Tempi solcatiG

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ti Le grotte raccontanoCastelnuovo in Garfagnana, Lucca, l'11 e il 12 dicembre2004. Organizzato dalla Federazione SpeleologicaToscana,Tema dell'incontro: le grotte come archivinaturali, la ricostruzione dei paleoclimi attraverso l'ana-lisi isotopica sui depositi di grotta.Informazioni: Ilaria Isola, [email protected] -Web: www.speleotoscana.it

65° Anniversario e Congresso della SociedadEspeleologica de CubaEl Moncada, Pinar del Rio, Cuba, dall'8 al 12 Febbraio2005. Orgsanizzato da: Sociedad Espeleologica deCuba. Contatti: Raudel del Llano E-mail: [email protected], oppure: Orlando Velazquez E-mail: [email protected] Web: http://www.sec1940.galeon.com

7° Congresso Messicano di Speleologia e5°Congresso della FEALC Monterrey, Nuevo Leon, Messico, dal 2 al 6 febbraio2005, organizza: Federacion de Espeleologia deAmerica Latina y del Caribe (FEALC), Union Mexicana

de Asociaciones Epeleologicas, Club de Montainismo deITESM. Contatti: Rodolfo Gonzalez-Luna, Paseo de San Angel340-2 Cumbres, 2o Sector, Monterrey, NL, 64610, Mexico.Tel:+52 (818) 665 8688.E-mail: [email protected] Tema del congresso: Legislazione e conservazone dell'ambien-te sotterraneo.

BCRA 2005 Cave Science Symposium Birmingham, Gran Bretagna, il 5 marzo 2005 a , organizzato dalBritish Cave Research Association. Contatti:Andy Baker.School of Geography, Earth & Environmental Sciences,University of Birmingham, B15 2TT.Tel: +44 (121) 415 8133Fax: +44 (121) 414 5528, E-mail: [email protected]: http://bcra.org.uk/events.

16° Australasian Conference on Cave and KarstManagement West Coast, South Island, New Zealand, dal 6 al 23 Aprile2005. Dal 6 al 10 escursioni di pre-conferenza, dal 10 al 17conferenza, dal 17 al 23 post-conferenza.Contatti: Phil Wood.Tel: +64 (3) 789-8800 (work), 789-8106(home). Fax: 789-8800.

Nel 1956 usciva definitivamentedalla legislazione italiana la parola“speleologia”. Ciò avvenne quan-do, assieme a varie altre disposi-zioni abrogative, l’Istituto Italianodi Speleologia cessava di esserericonosciuto come una emanazio-ne dello Stato ed i fasti speleologi-ci di Postumia, capitale della spe-leologia, non solo italiana, diventa-vano un ricordo lontano.Oggi, nella XIV legislatura, è statapresentata da un gruppo di parla-mentari della maggioranza, unaproposta di legge riguardante latutela e la valorizzazione dellecavità marine (pdl n. 4342).L’istruttoria conoscitiva è già statasvolta dal Centro Studi diMontecitorio ed ora la proposta dilegge è in discussione al comitatoristretto della CommissioneAmbiente che ha già sentito unadelegazione della SocietàSpeleologica Italiana per averealcuni pareri di carattere tecnico escientifico. La proposta di leggesulle grotte marine “cavalca l’on-da” di una serie di altre iniziativeintraprese recentemente dal

Ministero dell’Ambiente chehanno avuto come oggetto le costee l’ambiente marino in generale.Fra queste va ricordata la pubbli-cazione nel 2003 del volume“Grotte Marine”, reso possibilegrazie anche alla disponibilità diquelle Federazioni Speleologicheregionali e dei loro catasti e allaSocietà Speleologica Italiana cheha coordinato i lavori. Oltre a que-sta iniziativa, il Ministerodell’Ambiente ha realizzato altridue volumi inerenti l’ambientemarino, il primo dal titolo “IParchi Marini italiani” riguardadati turistici ed è in pratica unaguida enogastronomica; mentre ilsecondo è titolato “Linee guidaper gli enti di gestione delle AreeMarine Protette” che ha comeoggetto l’accessibilità e la fruibilitàdelle strutture di questi ambientida parte di una utenza ampliata,come gli anziani, i bambini e lepersone con disabilità.Anche nel 2001 e nel 2002, rispet-tivamente da parte del DeputatoOn. Pecorario Scanio (Verdi) e delSenatore Romualdo Coviello

(PPI), erano state avanzate dueproposte di legge sull’attività spe-leologica e la protezione delle areee degli acquiferi carsici (pdl n.1073 del 27/6/2001 e n. 1077 del31/1/2002), tuttavia al momentonon sembrano suscitare troppientusiasmi da parte dei nostri par-lamentari e in particolare dell’at-tuale governo. Comunque unacosa è certa: la comunità speleolo-gica nazionale vigilerà affinché,quando venga proposta qualsiasilegge sulla speleologia, si riconoscaalle Organizzazioni Speleologichela primogenitura degli sforzi ado-perati in favore della conservazio-ne dell’ambiente carsico e dellosviluppo della cultura speleologica.

La Redazione

Una nuova proposta di legge sulle cavità marine

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Email: [email protected] Web: http://ackma.org/members/16thannual.html

Assemblea di Bilancio 2005 della SocietàSpeleologica Italianac/. Pensione Vallechiara, Levigliani, Seravezza, Lucca, il 16 e17 Aprile 2005. Nell’occasione sono previste escursioni,visite in grotta, riunione del Tavolo Permanente per la spe-leologia e festa conviviale. Maggiori informazioni sulleprossime circolari di SSI News.

NSS 2005 ConventionHuntsville,Alabama, USA, dal 4 all'8 Luglio 2005, organiz-zato dalla National Speleological Society, contatti: ScottFee, E-mail: [email protected] Maggiori infromazioni a seguire.

14° Congresso Internazionale di SpeleologiaAthens, Grecia dal 21 al 28 agosto 2005. Organizzato dallaa e dalla Federazione Ellenica di Speleologia. Contatti:Chistos Petreas, Società Ellenica di Speleologia, E-mail:[email protected] Web: http://www.14ics-athens2005.gr Note: le lingue ufficiali sono l'inglese e il

greco. Maggiori informazioni sul sito web, sono vivamenteraccomandate le pre-iscrizioni, che possono essere fattevia posta, fax o e-mail dal sito web.

6° Conferenza Internazionale di GeomorfologiaSaragozza, Spagna dal 7 all'11 settembre 2005, escursionipre-incontro dal 2 al 4 settembre 2005. Organizzatodall'International Association of Geomorphologists e dallaSociedad Espanola de Geomorfologia. Contatti: Facoltà diScienze, Università di Saragozza, C/. Pedro Cerbuna 12,Saragozza 50009, Spagna. Fax: +34 (976) 76 11 06.E-mail: [email protected] - Web:http://wzar.unizar.es/actos/SEG/index.html. Note: lingueufficiali, inglese e francese. Sessione speciale su "EvaporiteKarst Processes and Problems".

13° Convegno regionale di speleologia del TrentinoAlto-AdigeVillazzano,Trento dal 4 al 9 ottobre 2005. Organizzatodeal Gruppo Speleologico Trentino SAT Bindesi Villazzano.Contatti e informazioni: GS Trentino SAT, via Pozzata, 10338050 Villazzano TN.E-mail: [email protected]

L’Union Mexicana deAgrupaciones Espeleologicas, laFedercion Espeleologica deAmerica Latina y del Caribe e ilClub ITESM organizzano il VIICongresso Nazionale diSpeleologia. L’incontro si terrà dal2 al 6 febbraio 2005 a Monterrey(Nuevo Leòn) presso la SalaMayor della Rectorìa dell’InstitutoTecnico y Estudio. Sia per il tipodi partecipazioni già assicurate esia per la vicinanza agli Stati Uniti,questo evento ha già assunto uncarattere internazionale e nonpotrebbe essere altrimenti, se sipensa alla dimensione del fenome-no carsico messicano e all’impor-tanza che la speleologia ha assuntoin questo paese negli ultimi anni.Il tema portante del congresso èlegato alla legislazione speleologi-ca e alla protezione dell’ambientesotterraneo, segno evidente che inogni luogo in cui la speleologia si èlargamente affermata ci si pone

sempre più spesso il problema dicome coniugare la tutela dell’am-biente sotterraneo, assicurandosinel contempo la possibilità di con-tinuare l’attività speleologica e lafrequentazione delle grotte.Ne deriva, quindi, che la dimensio-ne etica, le proposte di salvaguar-dia, la definizione e condivisionedi codici di autoregolamentazione,scaturiscono inevitabilmente dachi pratica – costantemente e inogni sua forma – la speleologia.All’indomani del congresso saràforse possibile sapere anche conpiù chiarezza quali saranno ledisposizioni a cui attenersi volendoorganizzare spedizioni speleologi-che in questo paese. Ricordiamo infatti che l’incontrodi Monterrey è il primo che siorganizza dopo l’intervento di soc-corso ai militari britannici venutiin incognito in Messico e rimastiintrappolati da una piena in grotta;circostanza, questa, che ha avuto

una notevole eco nella cronacainternazionale e ovviamente nel-l’ambiente speleologico. Potrà forse apparire meno roman-tico o meno “avventuroso” essereregolati da procedure burocrati-che, ma non possiamo far altro cheprenderne atto ed adattarci, ancheperché queste misure sono conse-guenza di comportamenti di chi faspeleologia.Al congresso di Monterrey non sifaranno solo chiacchiere: il pro-gramma è veramente succulento.Sono previsti momenti conviviali,escursioni nel Far West, musicatex-mex e, ovviamente, visite ingrotta. Il costo è “muy barato”:100 USD, un po’ meno il viaggio,almeno per noi.

Dal 2 al 6 febbraio 2005 gli speleologi d’oltreoceano riuniti in congresso a Monterrey

VII Congresso Nazionale della Speleologia Messicana

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■ Tempi solcati

Trans-karst 2004, HanoiL’impeccabile organizzazione dell’Estremo Oriente

L’importante è partecipareDopo le Olimpiadi Atene ospi-terà il 14° CongressoInternazionale di Speleologia

L’occasione del 14° CongressoInternazionale di Speleologia, che siterrà ad Atene tra il 21 e il 28 ago-sto 2005, rappresenta un’interes-sante opportunità per gli speleologiitaliani che furono i grandi assenti inquello tenutosi in Svizzera nel 1997(e che fu veramente straordinarioper organizzazione, contenuti e par-tecipazione).Si sa che per convenzione i con-gressi si tengono ogni quattro anni eche, sempre per convenzione, quelliinternazionali si svolgono, una voltasì e una no, in Europa dato che nelvecchio continente vive l’80% deglispeleologi esistenti al mondo.Mancare quindi a un appuntamentocome questo sarebbe insommacome se un astronomo al momentodi una eclissi o al passaggio di unacometa, andasse in grotta… E, a parte tutto, è veramente unoccasione per arricchire il propriobagaglio di conoscenze e di espe-rienze personali nonché di Gruppo.Poi, potrebbe essere anche piacevo-le organizzare una allegra comitivadall’Italia ricca di proposte: stand,mostre, relazioni, ecc… facciamo o

no “il più granderaduno speleologi-co al mondo”?Insomma vedremo,i tam-tam informa-tivi sappiamo tuttiquali sono e nonmancheranno cer-to di essere attivida qui ad agosto.Al momento non

si sa come procede l’organizzazionedei greci, tuttavia, manco a dirlo, ècerto che si utilizzeranno anchealcune infrastrutture già impiegateper i giochi olimpici.

Ulteriori informazioni sono dispo-nibili sul sito www.14ics-athens2005.gr.

Dall’11 al 18 Settembre 2004 si èsvolta ad Hanoi (Vietnam) laprima “Conferenza Internazionalemultidisciplinare sullo sviluppo ela conservazione delle aree carsi-che” alla quale hanno partecipatocirca 100 ricercatori e speleologi (4dall’Italia). Si è trattato in assolutodella prima riunione speleologicainternazionale in quel paese.L’evento è stato organizzatodall’Istituto di Geologiadell’Università di Hanoi assieme avarie Università ed Enti di ricercadel Belgio: gli speleologi belgi,infatti, collaborano da oltre undecennio con i vietnamiti nell’e-splorazione e lo studio dei feno-meni carsici del Paese.I due giorni di sedute scientifichesono stati particolarmente interes-santi poiché per la prima volta èstato possibile ascoltare contempo-raneamente persone che si occupa-no dei fenomeni carsici da punti divista diversissimi: dalla pianifica-zione territoriale allo svilupposostenibile, dalla forestazione agliendemismi biologici, dalla salva-guardia delle acque ai problemi dicomunicazione con le popolazioniautoctone, senza tralasciare l’e-splorazione e lo studio delle cavitàsotterranee. L’organizzazionescientifica curata dal Prof. Tan VanTran è stata assolutamente perfet-ta, gli orari rispettati al minutohanno permesso di seguire le rela-zioni di interesseanche in presenza di4 sessioni parallele.A margine dell’incon-tro si è tenuta anchela riunione annualedel Bureaudell’UnioneInternazionale diSpeleologia: i princi-pali temi in discussio-ne sono stati ovvia-mente l’organizzazio-ne dell’ormai prossi-mo CongressoInternazionale ad

Atene (Agosto del 2005), che sem-bra procedere abbastanza bene, equindi i problemi connessi allastampa e alla distribuzionedell’International Journal ofSpeleology. Infine è stata ufficial-mente presentata la candidaturadegli USA ad ospitare ilCongresso Internazionale diSpeleologia nel 2009.Ai 3 giorni di escursione postCongresso ha partecipato circal’80% degli iscritti ed anche inquesto caso l’organizzazione èstata impeccabile. Tra tutte, asso-lutamente indimenticabile, l’escur-sione in barca nella baia di HaLong (patrimonio dell’Umanitàdell’UNESCO): per tutti sarà dav-vero difficile dimenticare quegliincredibili paesaggi caratterizzatida migliaia di coni carsici che sialzano diecine o centinaia di metrisopra un placido mare pieno digiunche, canoe, barconi…In conclusione l’esperienza pertutti noi è stata assolutamentepositiva e, considerando il grado disviluppo delle associazioni speleo-logiche locali e l’entità delle regio-ni carsiche ancora da esplorare,sarebbe sicuramente positivo se inun futuro prossimo si sviluppasse-ro rapporti sistematici di collabo-razione tra l’Italia e il Vietnam:loro sono sicuramente interessati.

Paolo Forti

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In occasione degli scambi culturaliintercorsi tra la FederazioneSpeleologica Bosniaca e i rappre-sentanti della speleologia italiana,si è tenuto dal 2 al 12 settembrescorso presso la sede del localeGruppo Speleologico “DODO” diSarajevo il 1° corso d’introduzionealla speleologia per allievi bosnia-ci. Il corso è stato organizzato dalGS Carnico “Michele Gortani” eha visto la collaborazione delGruppo Grotte di Novara eSeppenhoffer di Gorizia. Al corsohanno partecipato gli allievi prove-nienti da vari gruppi speleologiciaderenti alla FederazioneBosniaca. La direzione del corso èstata affidata al presidente della

Federazione Prof. JasminkoMulaomerovi_ mentre la direzionetecnica è stata curata da GianDomenico Cella (GGN). Al corsohanno partecipato in qualità diIstruttori: IS Simone Milanolo(GGN), IT Marco Meneghini(Seppenhofer), AIS UmbertoTolazzi (GSC) e AIS AntoninoTorre (GSC). Al termine del corsoè stato consegnato un regolareattestato rilasciato dalla ScuolaNazionale di Speleologica del CAIed il Club Alpino Italiano hadonato parte dell’attrezzatura tec-nica individuale; viste le gravi diffi-coltà economiche che attraversa laspeleologia bosniaca. La donazio-ne, particolarmente gradita, ha

sicuramente contribuito al raffor-zamento della collaborazione edello scambio culturale già avviatolo scorso anno con il compimentodella prima spedizione speleologi-ca in Bosnia. Le iniziative intra-prese con la speleologia bosniacasi inseriscono nel progetto “Grottesenza confini” che prevede scambiculturali, didattici e umanitari: inquesto contesto di riferimento ilcorso si è concentrato in particola-re sull’aggiornamento delle tecni-che usate nell’esplorazione ipogea,con l’obiettivo specifico di formaregli istruttori per una futura scuoladi speleologia in BosniaErzegovina.

Antonino Torre

Dal 25 al 29 Aprile 2005, pressol’Austria Center di Vienna, si terrà ilConvegno Internazionale “Naturaland anthropogenic hazards in karstareas” (Pericolosità naturale ed antro-pica in aree carsiche), organizzato nel-l’ambito delle attività della GeneralAssembly della EUG (EuropeanGeosciences Union). Una sessioneinteramente dedicata al carsismoviene così inserita per il secondo annonel programma dell’Assemblea; l’annoscorso a Nizza (Francia) la sessione haavuto un ottimo successo, con parte-cipazione di oltre 30 contributi da varipaesi. Una selezione dei lavori presen-tati nel 2004 è confluita in un numerospeciale della rivista internazionaleNatural Hazards and Earth SystemSciences, attualmente in fase di stam-pa. Il Convegno intende porre l’accen-to su tematiche inerenti i territoricarsici e sui pericoli che su di essi insi-stono. Le aree carsiche, per le lorocaratteristiche, sono tra gli ambientipiù vulnerabili per effetti dovuti a fat-

tori dnaturali (subsidenza, piene,frane, sinkholes) o antropici (cambia-menti nell’uso del suolo, spietramen-to, desertificazione, attività estrattiva,inquinamento delle falde acquifere,intrusione marina, ecc.). Molte di que-ste situazioni possono essere com-prese e studiate soltanto tramite unapproccio multidisciplinare, dove con-fluiscono le competenze di esperti invari campi scientifici. In tale contesto,l’apporto di coloro che, come gli spe-leologi, hanno accesso diretto almondo sotterraneo, può fornire pre-ziose informazioni per la conoscenzadel territorio e la sua salvaguardia,non altrimenti reperibili. Il Convegnorappresenta quindi una’opportunitàper condividere esperienze condottein differenti zone del mondo e perdiscutere tecniche e metodologie peruna migliore comprensione del carsi-smo, dei differenti pericoli che posso-no interessare questi ambienti, e pervalutare i più adeguati sistemi digestione delle aree carsiche.

Quest’ultimo fine richiede in partico-lare una forte attenzione all’interazio-ne tra attività antropiche e ambientecarsico. L’invito è quindi a presentarelavori su specifici casi di studio in areecarsiche, ed in particolare si sollecita-no contributi con un approccio multi-disciplinare al problema. Anche per il2005 si prevede la pubblicazione degliatti, in data successiva al convegno, suuna rivista internazionale la cui sceltaè ancora in fase di definizione. I rias-sunti saranno invece inseriti in unnumero della rivista GeophysicalResearch Abstracts, che verrà distri-buito ai partecipanti come cd-rom. Siinvitano i ricercatori e gli speleologiinteressati a sottoporre all’organizza-zione del convegno un abstract in lin-gua inglese entro il 21 gennaio 2005,seguendo le istruzioni riportate nelsito:http://www.copernicus.org/EGU/ga/egu05/index.htm. Per contatti o richie-ste, scrivere a [email protected]

Mario Parise

Il 1° corso di introduzione alla speleologia per allievibosniaci, a cura del Gruppo Speleologico Carnico CAI

Progetto “Grotte senza confini”

Aprile 2005: Convegno Internazionale su “Pericolosità naturale ed antropica in aree carsiche”

Delicato come ... il carsoOvvero dell’utilità dell’approccio multidisciplinare della speleologia

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■ Tempi solcati

La DLS non ha una pubblicazioneufficiale dove raccogliere notizie,dati e riflessioni, nemmeno unpovero “ciclostilato” vecchio stile,su cui lasciare una testimonianza diquesto importante evento. Eccoperché ho scelto di affidare a“Speleologia” queste poche righe:perché questa prestigiosa rivista,custodisca una traccia del cambiodella guardia e della filosofia chestiamo operando nella DSL.Da neo presidente mi ritrovo dun-que a celebrare questo trentennalee… Che dire? Mi auguro intantoche il traguardo non rappresenti unarrivo e che la DSL trovi le ragioniper continuare a sopravvivere elavorare in un momento di fortecambiamento interno. Per capire leragioni di questa nuova fase dellaDSL bisogna ripercorrere breve-mente la sua storia. Il 9-11-1974 aSavona venne fondata da 10 gruppila Delegazione Speleologica Ligureoggi, dopo un alternarsi di gruppientrati e usciti, si è a quota 13.Dopo la sua fondazione la DSLperseguì un ambizioso progetto:battersi per una legge regionaleper la tutela del patrimonio carsi-co-speleologico; cosìché nel 1990,dopo un lungo e tortuoso camminoiniziato nel 1977 venne promulgatala LR 14/1990, una tra le prime inItalia a regolamentare e riconosce-re l’attività speleologica. La LR

tutela il patrimonio carsico–speleo-logico regionale e riconosce laDSL e il Catasto SpeleologicoLigure come interlocutori istituzio-nali. Per anni i delegati della DSLhanno partecipato alle riunioniprovinciali e regionali, con dirittodi voto e poteri decisivi, accedendoa finanziamenti legati alle attivitàstatutarie della DSL. Tuttavia conil passare del tempo laDelegazione non è stata in gradodi mantenere vivo il rapporto conle istituzioni e ha cominciato a per-dere i delegati nei palazzi del pote-re, poi gli speleologi nelle riunioniche contano. A ciò si aggiunge chenon si sono portati a termine pro-getti che avrebbero consentito dimantenere adeguati finanziamenti.Finiti i periodi delle “vacche gras-se” è iniziato così un periodo nega-tivo, penalizzato peraltro dalla pro-gressiva diminuzione dei finanzia-menti statali alle regioni. Se da unaparte la speleologia regionale èprogredita in questi anni, dall’altrail metodo di lavoro fra i gruppi èrimasto scoordinato, non sostienesufficientemente la DSL e nonrisponde alle richieste dellaRegione: il movimento speleologi-co ligure sta perdendo peso e cre-dibilità. Il mio incarico non saràfacile poiché segue a quello diRinaldo Massucco, tra i piùagguerriti sostenitori e difensori

della Legge Regionale, tenace pro-motore della divulgazione dellaspeleologia, tra i più attenti e capa-ci a trasmettere immagini positivedella speleologia ai vertici dellapolitica provinciale e regionale.Nonostante questo oggi mancanoancora molte cose importanti darealizzare: una pubblicazione DSL,alcune commissioni specifiche, unabiblioteca ed un archivio. Già oggipossiamo dire che dal 2005 saràmesso on-line il nuovo sito internetDSL. Stiamo ora rivedendo loStatuto (per rendere la DSL piùsnella e reattiva), stiamo riscriven-do i criteri di finanziamento (perprogetti e non più per materiali opubblicazioni pro-gruppo), stiamoriprendendo da capo le molte atti-vità sospese da troppi anni: la pub-blicazione della BibliografiaSpeleologica Ligure, la pubblica-zione del volume sulle più estese eprofonde grotte di Liguria e lachiusura della revisione Catastale.Riprendiamo dunque quanto dibuono è stato portato a terminedai nostri predecessori, che cihanno lasciato ottime basi su cuipoggiare il rilancio dell’immaginedella DSL, rilancio che dovrà avve-nire su più scenari, non ultimo inseno SSI ed in sede di TavoloPermanente delle Federazioniregionali.

Roberto Chiesa

9 novembre 1974 – 9 novembre 2004:

Il trentennale della fondazione dellaDelegazione Speleologica Ligure

Simposio Internazionale sullo pseudocarsismo in Slovacchia

I nuovi confini europei si allargano anche per la speleologia Si è tenuto in Slovacchia fra il 26ed il 30 maggio scorsi, l’ottavo sim-posio internazionale sullo pseudo-carsismo, organizzato dall’EnteSlovacco per le Grotte e dallaSocietà Speleologica Slovacca,sotto l’egida dell’UnioneInternazionale di Speleologia. Ilconvegno, organizzato con caden-za biennale sempre in Paesi

dell'Europa centro – orientale, havisto quest’anno una numerosapresenza di studiosi ed appassiona-ti di questa branca della speleolo-gia. Gli speleologi del CentroRicerche Carsiche “CarloSeppenhofer” di Gorizia, sonostati i primi italiani a prenderviparte e questo ha suscitato partico-lare interesse e simpatia da parte

dei convenuti e degli organizzatori.L’importanza di rafforzare la par-tecipazione italiana a questo sim-posio è stata ribadita nel corsodella riunione della Commissioneper lo Pseudocarsismo dell’UnioneInternazionale di Speleologia, pre-sieduta dall’Ungherese IstvànEszterhàs e svoltasi a margine delcongresso. E’ stata infatti avanzata

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la proposta di tenere in Italia l’edi-zione prevista nel 2008 e, in sinto-nia con questo orientamento, il“Seppenhofer” ha dato la propriadisponibilità per la sua organizza-zione. Come sede del Simposio èstato scelto il centro di educazioneambientale di Teply’ Vrch, unastruttura recentemente ristruttura-ta vicina alle aree di maggioreinteresse per i fenomeni pseudo-carsici della Slovacchia meridiona-le. Una ventina le relazioni presen-tate incentrate sull’origine dellecavità pseudocarsiche e sulla lorocatalogazione, nonché sullo studiodelle fenomenologie superficiali eprofonde presenti in varie areed’Europa e del mondo: Di partico-lare rilievo un intervento di A.Kejonen sullo pseudocarsismo inFinlandia, paese poco conosciutodal punto di vista speleologico.Una prospettiva totalmente nuovaè stata aperta degli studiosiaustriaci Karl Mais e RudolfPavuza del Museo di StoriaNaturale di Vienna, che propendo-no a far rientrare nello pseudocar-sismo alcuni fenomeni naturaliindotti da attività umane, come la

formazione di cavità di crollo e diconcrezioni all'interno di miniere.La relazione di MaurizioTavagnutti del Centro RicercheCarsiche di Gorizia ha riguardatole morfologie pseudocarsiche nelflysch della Valle dello Judrio(Friuli Venezia Giulia – Italia).L’intervento di Tavagnutti ha rap-presentato un’importante occasio-ne di confronto con il collegapolacco Grzegorsz Klassek che si èoccupato dello studio dello stessofenomeno nei Monti Carpazi eBeskidy, nella Polonia meridiona-le, dove sono presenti quasi 800cavità di questo tipo.Le escursioni organizzate nel con-testo del simposio sono state dellevere e proprie uscite didattichefinalizzate alla conoscenza deifenomeni illustrati nel corso deilavori. Guidati dagli espertiL’udovit Gaal e Pavel Bella i par-tecipanti hanno potuto visitare learee di maggiore interesse, come ilvulcano spento del Pohansky’hrad, con le sue grotte generatedalle fessure di dilatazione nelbasalto o fra i cumuli di blocchi dicrollo. Nell’altopiano presso la

località di Krupina, invece, si sonopotute osservare anche le interes-santi cavità lasciate dagli alberiimprigionati nelle colate lavicheche, una volta dissolti, formanocunicoli lunghi diverse decine dimetri (grotta Vonacka e grotta delNano). E’ stata questa la meta del-l’escursione conclusiva del simpo-sio, con la visita alle grotte turisti-che dichiarate dall'UNESCOpatrimonio mondiale dell’umanità:Ochtinska, formatasi nel marmo efamosa per i suoi stupendi cristallidi aragonite, e Domica, non lonta-na dal confine magiaro, con i suoimaestosi ambienti stupendamenteconcrezionati e ricchi di testimo-nianze preistoriche. L’eccellenteorganizzazione e l’amicizia instau-rata sia con gli speleologiSlovacchi che con gli altri colleghiche si occupano di pseudocarsi-smo, sono un ottimo biglietto diinvito alla prossima edizione delSimposio, che si svolgerà inPolonia nel 2006: l’impressione èche una numerosa presenza italia-na sarà particolarmente gradita.

Marco Meneghini,C.R.C. Seppenhofer Gorizia

è ancora tempo di nuovi viaggiatori...SOCIETÀ SPELEOLOGICAITALIANA

un pretesto per incontrarsi, andare in grotta,

banchettare e...

16-17 aprile 2005 Pensione Vallechiara (Levigliani-Lucca)

Assemblea di bilancio 2004

Maggiori informazioni nelle prossime circolari ai Soci

Tempi solcati.qxd 2-12-2004 12:08 Pagina 13

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■ Serenaia

Quando nel lontano aprile 1994 Giuseppe Casotti diGorfigliano ci disse che vicino casa sua, in Val Serenaia, c'eraun buco con tanta aria che secondo lui non era mai statosceso da speleologi, nessuno di noi avrebbe mai potutoimmaginare che da quel giorno, e per dieci lunghi anni,avremmo spostato tutte le nostre attenzioni dai bianchimarmi d’Arnetola ai grigi calcari selciferi di Orto di Donna.Con un inverno alle spalle, passato dentro e fuori le grottedel Bancaio Alto (valle di Arnetola), le tiepide giornate pri-maverili ci avevano fatto venire voglia di andar per boschi e

canali alla ricerca dinuove cavità, magariin posti che fino aquel momento nonavevamo mai presoin considerazione.Così la scoperta della Buca del Pannè, con i suoi giganteschivuoti, ha segnato un punto di non ritorno nelle nostreesplorazioni apuane, e aperto la via alla lunga storia dellegrotte di Serenaia.

La lunga storia delle grotte di SerenaiaDieci anni di esplorazioni nel nord delle Apuane

Francesco De Grande,Alessandro Zanna

Riassunto

TOSCANA

Alpi Apuane

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Tutto comincia in quel freddogiorno di Pasqua 1994 quando,

arrancando su per le pendici delMonte Cavallo, dietro il passo svel-to di Giuseppe Casotti, iniziamol'esplorazione della Buca delPannè. La nuova grotta, che si svi-luppa interamente nei calcari selci-feri, è molto attraente, non fossealtro per la quantità d'aria che nefuoriesce. La sua esplorazionedurerà circa quattro anni. Dopouna lunga serie di uscite dedicatealla bonifica della frana iniziale, ilPannè comincia rivelare tutta la suagrandezza: pozzi, gallerie, sale, salo-ni, ancora pozzi e gallerie.Nel giro di qualche mese, pur framille difficoltà per la scarsa com-pattezza delle rocce e la conseguen-te fatica a trovare buoni punti d'at-tacco per superare le verticali, riu-sciamo ad esplorare quasi tre chilo-metri di grotta. Gli ambienti sonogiganteschi, con spettacolari casca-te sui pozzi, gallerie larghe quindicimetri e alte anche di più. E unsogno! Non c'è neanche una stret-toia, si va avanti con il sacco in spal-la e l'imbraco serve soprattutto areggere la tuta. Nella primavera del‘95, durante una battuta nei canaliadiacenti all’ingresso del Pannè,troviamo un pozzo a cielo aperto(la Buca dei Faggi) che - viste ledimensioni e la violenza dell'ariache ne esce, avvertibile da parecchimetri di distanza - stentiamo a cre-dere nessuno abbia mai sceso.

Eppure è così. La grande verticale,anche se terrazzata in più punti,supera i 200 metri di dislivello e sicongiunge al Pannè proprio sopra ilpozzo più grande della grotta, ilPozzo Angel (p. 90). E' una novitàelettrizzante, e l'estate seguenteorganizziamo un campo estivo perconoscere meglio tutta la zona.Per circa due settimane percorria-mo attentamente tutta la fascia deicalcari selciferi che va dalle pendicidi Monte Cavallo fino al fondovalle. Fra le decine di buchi soffian-ti ne troviamo uno che va, e chesigliamo MC5 (Monte Cavallo n.5)e può essere un probabile ingressoalto di quello che appare semprepiù come un sistema carsico impor-tante. Intanto continuiamo leesplorazioni in Pannè, scoprendo

A fianco: la Val Serenaia vista dal passodelle Pecore. A sinistra Foce Giovo e lavetta del Pizzo d’Uccello. La strettafascia di marmi e ben visibile a causadello sfasciume provocato dal selvaggiolavoro di estrazione. (Foto P. Ferrari)

L’Oblò, un singolare pozzo con ingressoperfettamente tondo che si apre inBuca Nuova, l’ultima cavità scoperta,ancora in esplorazione.(Foto A. Roncioni)

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■ Serenaia

sempre nuovi, ma brevi, rami late-rali lungo l'asse principale dellagrotta, impostata su una frattura a330°, interrotta da una grandefaglia perpendicolare di diaspri chene ha, per ora, impedito l’esplora-zione a valle. Prendendo spunto dallavoro fatto dai lucchesi negli annisessanta, e da quello più organicorealizzato successivamente dai fio-rentini, con in mano i dati e i rilieviforniti dal Catasto RegionaleToscano, abbiamo rivisto quasi

tutte le grotte presenti nei selciferidi Serenaia, senza riuscire però atrovare un passaggio verso ilPannè. Per orientarci meglio abbia-mo fatto anche una lunghissimapoligonale esterna con l'intento dicongiungere tutti gli ingressi cono-sciuti, comprese le doline totalmen-te chiuse e senza alcuna possibilitàesplorativa.Era per noi l'unico modo di capirequalcosa in un territorio che sullaCTR era pochissimo dettagliato.

Sempre con l'intento di conosceremeglio il territorio abbiamo rivoltol'attenzione anche alle sorgenti difondo valle, in zona Usciolo, e conl'aiuto di uno speleo-sub è statosuperato un lungo sifone (30 m perotto di profondità) nella Sorgentedel Campanaccio, al di là del qualela grotta continua con un grandecamino la cui altezza è stimata 15metri. L'idea di iniziare a risalire inartificiale non è stata presa in con-siderazione da nessuno...

Il territorio della Val Serenaia è caratterizzato dalla presen-za di una stretta fascia in cui affiorano i marmi s.s., su cui sisono impostate le cave, i ravaneti e le strade di arrocca-mento. Le litologie carbonatiche, quindi quelle che più ciinteressano dal punto di vista carsico e speleologico, sonoperò distribuite su un’area molto più estesa dei marmi verie propri. Si tratta di Calcari Selciferi a Entrochi, Calcari sel-ciferi, Marmi dolomitici, Grezzoni.Affiorano sul fianco rovesciato di una grande struttura sin-clinalica, con l’asse allineato all’incirca parallelamente all’as-se della valle.Le strutture carsiche superficiali concentrate principalmen-te nei marmi e nei marmi dolomitici sono state quasi com-pletamente obliterate dalle profonde modificazioni operatedalle cave. Rimangono ormai solo pochi indizi o frammentidi doline, inghiottitoi, campi solcati. In alcune zone si intui-sce ancora la presenza di un cambiamento di pendenza delpendio in corrispondenza del passaggio tra marmi dolomi-tici e marmi e tra marmi e calcari selciferi.Tutta la fascia di marmi, marmi dolomitici e grezzoni rap-presenta oggi una zona a forte assorbimento idrico e anco-ra di più deve esserlo stato durante l’ultimo periodo gla-ciale. Secondo le ricostruzioni desumibili da carte temati-che edite nel passato i ghiacci dovrebbero aver ricoperto lavalle fino a quote molto elevate, mentre testimonianze dellaloro attività sono i grossi massi erratici sparsi sul fondoval-le. Nella carta che riproduciamo e che ha il solo scopo diillustrare la distribuzione delle litologie prevalentementecarbonatiche, abbiamo omesso tutte le informazioni chesolleticano il palato dei geologi e che sarebbero tropponoiose da trattare. La geologia della valle presenta comun-que zone molto complesse originate dalla sovrapposizionedi anticlinali e sinclinali strizzate a fianchi paralleli, conassottigliamento o elisione di alcuni termini della succes-sione, ma quello che le carte tematiche non evidenziano lorilevano gli sviluppi delle poligonali della maggiori cavità chesi aprono sul fianco sinistro della valle, con allineamenti cheindicano la presenza di almeno un sistema di fratture moltoimportante, orientato NE-SW.La grande sorpresa delle esplorazioni di questi anni è rap-presentata comunque dal forte sviluppo di fenomeni carsi-

ci ipogei all’interno dei Calcari Selciferi a Entrochi (Pannè-Buca dei Faggi-MC5; Canneggiatore), in una litologia gene-ralmente poco generosa dal punto di vista speleologico,mentre la delusione viene dai marmi, dove gli abissi finoraesplorati non hanno portato a profondità considerevoli oad incontrare morfologie particolarmente interessanti.Questo potrebbe essere ricondotto a vari fattori, tra cuinon ultima la difficoltà di reperire ingressi all’interno diun’area profondamente devastata dalle cave, ma l’ultimaparola non è ancora detta e le esplorazioni in corso a BucaNuova potrebbero sovvertire definitivamente l’importanzadei risultati ottenuti nei Calcari Selciferi a Entrochi rispet-to ai marmi.Siamo cocciuti, ma bisogna riconoscere che anche questimarmi sono dei veri duri.

Alessandro Zanna

Note geologiche

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Gli ingressi altiIl 1995 si conclude con ottimi risul-tati. A un anno dalla scoperta delPannè la valle conta adesso altredue grotte nuove, la Buca dei Faggi,già congiunta con il Pannè, el'MC5, che promette di arrivare infretta verso valle, raggiungendonella sua "corsa" anche il Pannè. Intotale abbiamo esplorato e topo-grafato circa quattro chilometri dinuove cavità.Inizia il 1996 e comincia bene.Troviamo subito la via che ci portadall'MC5 al Pannè, con una con-giunzione su uno dei due rami dellagrotta, quello attivo. La zona èmolto grande e labirintica madurante una uscita di rilievo trovia-mo un seconda congiunzione, que-sta volta direttamente sul ramo fos-sile. In primavera siamo ancora inMC5, convinti che le esplorazioniin quel tratto di grotta non sianofinite e, infatti, viene trovata unaterza via "fossile-fossile", molto piùimportante delle altre e con unamagnifica verticale di 70 metri asuggellare il punto di incontro tra ledue grotte. L'MC5 comunque hauna strana circolazione d'aria, conuna inversione a -100 che ci fa guar-dare con attenzione alle parti altedel Monte Cavallo, dove probabil-mente si trova un ulteriore ingressoalto del sistema. E' così che saliamofino a quota 1700 (a poche decinedi metri dalla vetta) per vedere unfinestrone mai raggiunto prima, eche diventerà la Buca del Canneg-giatore.Raggiungiamo i -200 in poco tem-po, poi l'esplorazione si fa piùimpegnativa (disostruzioni, risalite)e per un po' si ferma.Nell'estate dello stesso anno trovia-mo un altro ramo dentro il Pannèche taglia trasversalmente tutto ilcomplesso, ma non ha sbocchi inzone nuove, e termina dopo altri900 metri di sviluppo.Dopo trentasei mesi di esplorazioniil Pannè è lungo 4,5 chilometri ed èprofondo 573 m. Ormai sembra chenon possa più dire nulla in terminiesplorativi. Guardando il profilodella montagna sembra che simuova quasi "sottopelle": la suapendenza è identica a quella del

pendio e lo spessore di roccia che losepara dall'esterno, in parecchipunti, non supera le poche decinedi metri. Non sappiamo dire quantoquesto sia insolito oppure familiarein questo tipo di rocce, ma nonavendo altri paragoni rimaniamonel dubbio. Un altro elemento par-ticolare è costituito dalle dimensio-ni delle vaste gallerie e soprattuttodal continuo ripetersi di una stessaidentica morfologia: tutti questiambienti sembrano nascere lette-ralmente dal nulla. Risalendo infat-ti i diversi rami che intersecano ilramo principale della cavità, cisiamo sempre trovati davanti alnulla; non ad un restringimentodelle pareti, o ad una frana, o adaltro. No, semplicemente davanti auna parete, alta in alcuni casi anchepiù di dieci metri, e dalla cui som-mità un piccolo e insignificantearrivo d'acqua continua periodica-mente ad alimentare il fiume prin-cipale. Tutto qui, e con l'evidenteimpossibilità di procedere oltre.

La colorazione dell’acquaOrmai stanchi di trovare solo "ramichiusi" o "rami ad anello" che cifanno tornare sullo stesso punto,

Il contatto fra i marmi e i calcariselciferi, ben vedibile in più punti lungola strada di cava che porta al Passodelle Pecore. (Foto A. Zanna)

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■ Serenaia

decidiamo che è arrivato il momen-to di fermare le esplorazioni e dedi-carci ad un altro metodo di ricerca,la colorazione della via dell’acqua.Nel 1997, grazie all'appoggio tecni-co della FST, si inizia il lavoro diposizionamento dei captori, e suc-cessivamente l'immissione del colo-rante (4 kg).Dove andrà l'acqua del Pannè?Alcuni pensano che le sorgenti allabase del Pisanino, dentro la valledel Serchio, siano le più accreditate;altri che la grande risorgente delFrigido sia come al solito la "man-gia floureiscina" delle valli interneapuane; e qualcuno non esclude l’i-potesi della risorgente più a N di

Equi Terme, a oltre sette chilometridi distanza in linea d'aria. Nessunocrede, almeno fino in fondo, chel'acqua di Serenaia possa arrivarefin lì ma quando, dopo appena duegiorni, tutta Equi si colora di verdela sorpresa è grande. E già, perchéuna balorda colorazione fatta moltianni addietro nella zona deiMassesi (valle interna del Pisanino)aveva dato positiva la sorgente delFrigido, ipotizzando una continuitàidrogeologica tra queste zone postea N-E di Serenaia e il Frigido situa-to a S-W. Per tutto il 1998 le disceseal Pannè sono molto limitate; non siriesce a passare la fascia di diaspriche ci separa dai marmi, non si tro-vano nuove vie, non si trovanonuovi ingressi. Il selcifero delMonte Cavallo sembra per ilmomento aver dato il meglio di sé.E allora? Si molla lì? Neanche persogno! Adesso che sappiamo doveva l'acqua è giunto il momento dicercare le grotte più a N, nel Solcodi Equi o nelle zone dei Cantoni diNeve Vecchia. Rivediamo la Tanadi Equi, scesa nel ’62 dal G.S.Bolognese, ma non ci sono prosecu-zioni.Facciamo varie battute nelle duevalli ma senza molta convinzione.La compattezza delle rocce, laquasi totale assenza di fratturazionievidenti, la presenza di ripidissimepiastre ci fanno cambiare idea infretta. Sarà meglio tornare inSerenaia e cercare là. E così si riar-ma la Buca dei Lucchesi, piccolacavità profonda 150 m esplorata nel1981 da lucchesi, bolognesi e pie-montesi, posta sui versanti N dellavalle, nei marmi dolomitici che lìaffiorano.La piccola cavità si rivela più impe-gnativa del previsto. Il fondo, anzi isuoi molteplici fondi, altro nonsono che cul de sac di vari pozzetti,privi d'aria, stretti e un po' franosi.Seguire l'aria, che pure si senteall'ingresso, non è per niente bana-le e dopo tre settimane di vani ten-tativi si disarma. E' un nuovo stop,ma momentaneo. Se fino ad oggiabbiamo snobbato i marmi cheaffiorano sul lato W della valle, èarrivato il momento di dargli la giu-sta attenzione. Cominciano cosìuna serie infinita di battute dentro

La parte iniziale delle Gallerie delTrombino. Lunghe oltre 500 metri,queste gallerie collegano il Pannèall’MC5, l’ingresso più alto del sistema.In alcuni punti gli ambienti superano i20 metri di altezza per 15 di larghezza.(Foto F. De Grande)

Il torrente nei pressi della sorgente diEqui, a nord della Val Serenaia. Quiarrivano le acque sotterranee del Pannèe di una parte del Saragato, fin dallalontana Carcaraia. (Foto A.Roncioni)

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e fuori le cave, cave che hannopesantemente cambiato il paesag-gio di quel tratto di valle che va daFoce Giovo al Passo delle Pecore,lungo le pendici dell'ardua e frasta-gliata Cresta di Garnerone.

I marmi di SerenaiaBisognerà aspettare l'estate del2000 quando, dopo quasi un anno emezzo di ricerche infruttuose, tro-viamo una lunga frattura dalla

quale proviene una fortissima cor-rente d'aria. Siamo sul piano dilavoro della vecchia cava n.9, ormainon più in attività, e sulla pareteperfettamente squadrata dal filodiamantato si vede uno stretto manon impossibile passaggio. Pertutto il mese d'agosto si cerca diallargare i primi trenta strettissimimetri, tutti orizzontali, nei qualinon ci si mette mai in piedi se nonnel tratto finale. Alla fine le paretisi allontanano, si giunge al primo

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■ Serenaia

pozzo e l'esplorazione comincia. Lanuova grotta viene chiamata BucaLibre, a quota 1200 slm, ed è laprima grotta "seria" nei marmi diSerenaia. La sua esplorazione duraquasi un anno, a causa anche dellecontinue piogge autunnali che bloc-cano la discesa fin dal primo pozzo(P 40). Al di là c'è un altro strettomeandro, e poi un magnifico pozzodi 70 metri, sviluppatosi dall'unionedi due pozzi paralleli, le cui lisce ebianche pareti hanno l'aspetto diausteri torrioni.Alla base del P70, che in realtà èpoco più di 60 metri ma che inesplorazione tutti chiamavano "ilsettanta", ci si trova su un pavimen-to di frana sotto il quale non è sem-plice trovare la prosecuzione. Lalabirintica via in mezzo alla franaconduce finalmente al grandepozzo da 110 metri, dopo avereoltrepassato uno stretto e zigzagan-

te meandro. Il pozzo da 110 metri èun ovale perfetto, tutto nel vuoto,ma tristemente senza aria. Unaserie di salti successivi ci portano alfondo di -300, sempre rimanendodentro i bianchissimi marmi, masenza speranze di prosecuzione. Cimuoviamo lungo un'unica direzio-ne (225°) e ciò non è di buon auspi-cio. Poco più a W il marmo lascia ilposto ai grezzoni, e solo una nettainversione di marcia può riaccende-re le speranze che l'esplorazionecontinui. Così non è, e nonostantediverse risalite alla ricerca di vieparallele (a - 300, a -150 e a - 90),non si va oltre quel livello, cioè 900slm. La grande massa d'aria che ininverno fa ricoprire di ghiaccio iprimi venti metri del meandro d'in-gresso sembra non trovare giustifi-cazione in una cavità così piccola.Eppure da qualche parte deve puresserci una prosecuzione...Nel frattempo, sempre in zonamarmi, viene trovato l'abissoApprofitterol, un -150 anch'esso inpiano di cava, poco distante dallacava di Buca Libre e quasi alla stes-sa quota. E' un'esplorazione pocofortunata, con l'aria che a volte c'èe a volte no; con grandi massi inbilico che fanno avanzare conmolta trepidazione. L’esplorazionedi questa nuova cavità termina inambienti franosi e la buca vienedisarmata senza troppi rimpianti.Questa grotta viene trovata dagliamici reggiani che, dopo la grandeesplorazione dell'Ariaghiaccia (inCarcaraia), si sono spostati insiemea noi in Val Serenaia partecipandoa tutta l'esplorazione in Pannè findalle primissime uscite.Intanto, nella vicina Carcaraia, glispeleologi fiorentini insieme a bre-sciani, reggiani e altri speleologitoscani, stanno portando alla luceun enorme complesso carsico. Nel1993 viene trovata la prosecuzionedentro l'abisso Saragato che darà ilvia a un turbinio di esplorazioni chein un decennio faranno dellaCarcaraia la zona più interessantedi tutte le Alpi Apuane.In otto anni di serrate discese ingrotta si congiungono Saragato eAriaghiaccia che, con circa 25 chilo-metri e 1.100 metri di dislivello,diventa il più importante sistema

L’ingresso di Buca Libre, trovatanell’estate del 2000 girando fra levecchie cave non più in lavorazione.Oggi in tutta la zona è ripresa l’attività,non solo estrattiva, ma anche diparziale recupero dei ravaneti,indirizzati al vicino frantoio per laproduzione di carbonato di calcio.(Foto A.Roncioni)

N. Cat. 1500 T/LU

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toscano dopo il Corchia; l'AbissoRoversi tocca la quota di -1300, ilpiù profondo d'Italia, e l'ultimonato, l'Abisso Mani Pulite, superaanche lui il fatidico -1000 (oggi,2004, c'è un altro -1000 in Carca-raia, l'Abisso Perestroijka). Ma aldi là dei numeri, pur importanti perinquadrare la vastità del fenomeno,la novità che più ci colpisce dellericerche effettuate da fiorentini esoci, sta nelle colorazioni.Ovviamente anche loro cercano diindividuare il percorso ipogeo del-l'acqua che si muove in Carcaraia, eanche loro restano sorpresi nel con-statare che ad Equi Terme giungo-no, almeno parzialmente, anche leacque di questa valle, situata anco-ra più a S di Serenaia, e quindi aduna distanza maggiore.

Da Buca Libre a TuttelameNell'agosto del 2001, lontani dai"fasti toscani", continuiamo e gira-re palmo a palmo le pendici delGrondilice e in una delle tante bat-

tute troviamo un’altra grotta, giàvista e siglata dal GS. Bolzaneto,ma chiusa a –8 m da una lungastrettoia. L'aria è di quella che sol-leva le foglie secche. Siamo a 1435metri di quota, nei pressi di un vec-chio saggio di cava, quasi sulla ver-ticale del vecchio rifugio Donegani.Dopo qualche tentativo riusciamoa forzare il meandro per affacciarcipoi sul tetto di un grande saloneinclinato, alto ben 25 metri, davve-ro insolito a così poca profondità.E' l'inizio delle esplorazioni diTuttelame, il secondo abisso neimarmi di Serenaia.Qui le verticali sono più modeste, imeandri più larghi ma più instabili.La grotta questa volta non va a S,ma si muove verso il cuore dellamontagna, verso la Cresta diGarnerone, a W. Non dirige a N, mameglio che niente. A circa 100metri di profondità c'è una zona diriempimenti, con grossi ciottolilevigati e cementati fra loro a for-mare un terrazzino fra le pareti diun pozzo. La forte corrente d'aria

N. Cat. 1731T/LU

Il Salone dell’Abisso Tuttelame. Questogrande ambiente si trova a pochi metridalla superficie esterna, subito dopo ilmeandro d’ingresso. Anche Tuttelametermina in strettoia dopo 300 metri didislivello. (Foto M.Sivelli)

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dell'ingresso comincia a disperder-si, mano a mano che si scende inprofondità; si ritrova in qualchepunto stretto, ma molto meno vio-lenta. Giunti a -180, dopo aversceso sette modeste verticali, siincontra sulla sinistra il primoimportante arrivo d'acqua. Questotorrentello, che anche in pienaestate dà il suo piccolo apportoidrico, si butta sul pozzo piùprofondo della grotta, un P 64 cheindica anche il passaggio definitivodai marmi ai grezzoni. Alla suabase la cavità inverte la direzione,con un secco dietro front di 180°circa. Il grande ambiente che siincontra subito dopo il P 64 lasciain breve il passo alle strette paretidi un'alta forra, che ci permette discendere ancora per qualche decinadi metri, ma l'esplorazione è al suoepilogo: un altro -300 che non vaavanti!Anche il 2001 è alle spalle, e strana-mente la sensazione più diffusa nonè quella di aver fatto delle buoneesplorazioni e di aver aggiuntonuove conoscenze a questa valle,tutt'altro. Nonostante le settenuove cavità esplorate (quasi unaall'anno), i chilometri di topografie

e le decine di buchi e buchettisegnati o scavati, sentiamo chesotto la Val Serenaia c'è ancoramolto da scoprire e che i nostrisforzi non sono stati sufficiente-mente ripagati. Il Pannè sta lì,arroccato sotto le pendici N delMonte Cavallo, totalmente isolato,senza possibilità di prosecuzioni avalle, a causa della grande fascia didiaspri che ne ha fermato la corsa.Le sue acque comunque scorronoverso N e in pochi giorni risorgonoa Equi. Le buche trovate nei marminon continuano, e per di più invecedi avvicinarsi ad Equi, vanno indirezione opposta, verso S-W. Leacque di Carcaraia molto probabil-mente si congiungono a quelle cheprovengono dal Pannè (anche se aquote più basse) e insieme alimen-tano Equi. La Buca dei Lucchesi, lapiù a N di tutta la valle, non prose-gue. Il Canneggiatore, la più a Sdella valle, si muove in direzione E-W e dà l'idea di essere isolata addi-rittura anche dal Pannè, la più con-tigua cavità, geograficamente emorfologicamente. Facciamo faticaad organizzare le idee, ad immagi-nare un piano di ricerca preciso.Con l'inverno alle porte l'unicasoluzione ci sembra quella di conti-nuare a battere le zone tra FoceGiovo e Passo della Pecore.Approfittando delle abbondantinevicate giriamo fra boschi e taglidi cava guidati dalle varie ventaioleche in gran quantità sciolgono laneve. Alcuni buchi trovati sonoinattaccabili, altri invece non esplo-rabili, come quello trovato in unacava, purtroppo attiva, che ha tuttal'aria di voler essere una grandegrotta (pozzo da 20 e salone con unmucchio d'aria alla sua base).Dobbiamo far finta di nulla, alme-no fino a quando la cava lavorerà...Troviamo anche l'ingresso a pozzodi una cavità già catastata (Bucadel Muschio) e tentiamo di liberar-ne il fondo dai sassi che ne ostrui-scono la prosecuzione, ma è unimpresa "da cantiere" e desistiamo.

Il ritorno ai SerciferiPassata le neve invernale, nella pri-mavera del 2002 riportiamo l’atten-zione sui calcari selciferi di Monte

Buca del Canneggiatore. Le morfologiedel tutto simili all’MC5, e la sua relativavicinanza, hanno fatto sperare invanoche anche il Canneggiatore facesse partedel sistema. Però la buca più alta ditutta la valle si dirige verso ovest e peril momento non sembra vi sianopossibilità di collegamento.(Foto G.Giudice)

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Cavallo. La Buca del Canneggia-tore è stata rivista dai livornesi chehanno trovato nuovi ambienti ine-splorati. Un secondo ramo porta adun altro fondo, a -400 metri, aggiun-gendo nuovi metri alla topografiache adesso sfiora il chilometro dirilevato.Spinti da questi nuovi risultati, eanche delusi dai continui stop checi danno i marmi, decidiamo dirivedere tutti i buchi soffianti chequattro anni prima avevamo scarta-to sull'onda della frase "tanto sifinisce in Pannè". Il primo ad esse-re "attaccato" è un piccolo bucosoffiante situato nello stesso canaledella Buca dei Faggi, appena 50metri più in alto. L'aria è fortissimae fredda. Superato il lungo cunicoloiniziale entriamo in una sala di crol-lo e poi giù lungo due pareti incli-nate molto vicine fra di loro, quasiarrampicabili. E poi ancora un ter-razzo di frana da cui si vede ungrande pozzo. Non solo, purtroppo,si vedono, e molto bene, anchedelle striscioline di nastro catari-frangente, inequivocabile segno chesiamo entrati in Pannè, ed esatta-mente all'attacco del pozzo da 50,ad appena 10 minuti dall'ingressoprincipale del sistema. Ma ilPannino (così verrà chiamato que-sto quarto ingresso) continua perun'altra via, scende per un pozzettoe prosegue ancora, da una partecon stretti cunicoli per qualchedecina di metri, e dall'altra con unaben più invitante galleria in salita,con classiche morfologie da Pannè(10 x 15). La galleria si interrompedi fronte ad un gigantesco camino,da risalire in artificiale.

Campo SerenoNell'agosto dello stesso anno orga-nizziamo un altro campo estivo."Campo Sereno" prende formapresso il vecchio rifugio Donegani,lungo la strada di cava che porta alPasso delle Pecore. Scopo delcampo è fare il punto sulla quantitàenorme di dati, buche, rilievi, posi-zionamenti che abbiamo accumula-to in questi otto anni, non semprein maniera ordinata. Non si sa piùquale buco è stato visto e da chi.Quando si parla fra di noi c'è sem-

pre qualcuno che in quel buco c'ègià stato, ma non lo ha siglato;oppure che ha visto un buco sof-fiante che però non ricorda dov'è.Insomma c'è un po' di caos comu-nicativo, e decidiamo di provare acomporre una carta speleologicadella valle, dove segnare tutti gliingressi già catastati (facendo unaverifica dei dati), ma anche quelliche conosciamo solo noi e che nonabbiamo ancora messo a catasto.Decidiamo anche di segnare, sullacarta e sul terreno, tutti i buchi chegrotte non sono, ma che possonodiventarlo e che ci servono percapire cosa abbiamo fatto in tuttiquesti anni. E' l'era del GPS, e conquesto nuovo magnifico strumentogiriamo per la valle per tre settima-ne. Le forti piogge estive, buoneper il vino ma un po' meno per chista in tenda, ridimensionano un belpo' le nostre intenzioni. CampoSereno è comunque un successo.Ben settanta persone lo hanno fre-quentato durante le sue tre setti-mane di vita. Grotte nuove poche,qualche buchetto qua e là, ma nulladi serio. Rivediamo anche la bucaWill Coyote, situata nei pressi dellacava 30 (Passo delle Pecore), maniente da fare. Le dettagliatadescrizione che avevamo letto suTalp riportava che l'esplorazione di

Carsismo esterno sulle pendici delM.Cavallo. Contrariamente alla zona deimarmi, devastata dal lavoro di cava, neicalcari selciferi sono ben visibiliinghiottitoio e doline anche di grandidimensioni. (Foto F. De Grande)

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questo -150 era stata effettuata inmaniera rapida e sommaria, acausa dell'instabilità delle rocce.Sul fondo della cavità la grandefrana risulta però davvero inattac-cabile, e non troviamo alcuna fine-stra sulle pareti dei pozzi verso cuipendolare. Ci spostiamo anche al dilà della Cresta di Garnerone, già invalle Vinca, per scendere il PozzoMaledetto (T/MS 1466), un meno160 esplorato dai belgi del CSARInel 1988, indicatoci dagli amicigenovesi del Bolzaneto. Anche lìniente fare.Intanto decidiamo di iniziare a risa-lire dentro il Pannino, per questocamino che sembra sospeso in unazona che sul rilievo del Pannè nonpotrebbe contenere nulla, neanchelo spazio per pareti sottili comecarta velina, e dopo settanta metri

di arrampicata l'esplorazione si èinterrotta per... mancanza di voglia.Dal rilievo si capisce che mancaveramente poco all'esterno, e nellamigliore delle ipotesi la risalita sicongiungerà ad uno dei vari pozzicol fondo chiuso che si aprono inquella parte di valle, forse la BucaQuadrupla, forse.Il risultato più importante dell'e-state 2002 non viene però da ValSerenaia, ma dalla Val Boana, dovei nostri cugini di Reggio Emiliasono riusciti a forzare l'ingresso diuna buca già nota e sono in pienaesplorazione. Dal momento in cuitutte le esplorazioni da dieci anni aquesta parte ci hanno visto sempreinsieme, la nuova scoperta diventacatalizzatrice di attenzione e forze,creando un po’ di vuoto inSerenaia. E non potrebbe essere

altrimenti, perché Go Fredo è unagrotta splendida, che va in profon-dità, pozzo dopo pozzo, quasi fino a-1000. Così in inverno ci troviamoin pochi a girare ancora in valle.Senza un preciso progetto per latesta cerchiamo il colpo grosso,cioè la grotta nuova che va, spo-standoci dal Solco di Equi aiMassesi, per poi tornare sui piani dicava di Serenaia, ma senza alcunrisultato.Da poco abbiamo affittato una casaad Agliano, paesino nei pressi dellago di Gramolazzo, che non ci farimpiangere l'aver abbandonatoVagli come base d'appoggio. Lacasa diventa il nuovo punto di par-tenza per le future esplorazioni, enon solo per noi, ma anche per itanti amici speleologi che giranoper le Apuane.

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■ Serenaia

La zona di affioramento dei marmi corre tra le quote di1600 e 1100 slm, dal Passo Pecore fino a sotto il Garne-roncino, in un contesto di grande valore naturalistico. E’ quiche le cave della Val Serenaia hanno occupato e devastatotutto il fianco sinistro, deturpando con ferite non rimargi-nabili un territorio che via via è diventato irriconoscibile.Solamente dopo avere passato diversi anni a cercare grot-te in questa valle abbiamo dovuto e siamo comunque riu-sciti faticosamente a farci un’idea della morfologia origina-ria di questo settore dove relitti di doline e di pozzi a cieloaperto sventrati sono indicatori di una fascia intensamentecarsificata e di grande assorbimento idrico.A differenza del versante marino, in queste zone internedelle Apuane l’attività delle cave è essenzialmente modernae non c’è nulla della pur devastante, ma per vari aspettiepica e suggestiva, storia plurisecolare dei bacini marmiferidel versante carrarese.Tanto meno ci sono i segni roman-tici del passaggio di grandi scultori che hanno comunquerestituito al mondo – in rapporto proporzionalmente“compatibile” - i pezzi di montagna sottratti. C’è solamen-te il risultato di un’attività iniziata nell’800 dopo la rivolu-zione industriale e proseguita nel dopoguerra, quando l’e-scavazione è letteralmente esplosa con il massiccio impie-go di potenti mezzi meccanici e non solo ed il conseguen-te stravolgimento dell’ambiente naturale.Se l’apertura della strada carrozzabile negli anni ’20 ha rap-presentato una svolta determinante, facilitando enorme-mente l’accesso alla valle, ancora più importante per l’evo-luzione del paesaggio appare il periodo tra la fine degli anni’50 e l’inizio dei ’60 in cui si realizzano grandi strade diarroccamento, in alcuni casi disegnate sui ravaneti esistenti.Proprio per la conformazione dell’area di affioramento deimarmi (lunga e stretta) la sovrapposizione delle cave

moderne (numerate da 1 a 27 ed i cui limiti ormai sonospesso indistinguibili) ha praticamente cancellato quelleattive in precedenza. Di loro rimangono alcune tracce: pic-coli resti di ravaneti ingrigiti e formati da detrito di piccoledimensioni, un unico pezzo di lizza lungo poche decine dimetri e rari e piccoli blocchi riquadrati a mano abbandona-ti qua e là. L’esempio migliore è la cava nei cui pressi si apreBuca Nuova, facilmente localizzabile sotto al Garneroncino:

Cave in Serenaia

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è rimasta intatta dai tempi dell’abban-dono e la sua peculiarità è una cavitànaturale, artificialmente adattata a rico-vero. Negli ultimi due anni abbiamonotato una intensa ripresa delle attività di cava, anche diquelle temporaneamente inattive o con attività ridotta, congrandi sbancamenti e ribassamenti del piano di coltivazio-ne. Questo in concomitanza con le trasformazioni legate al“nuovo corso” dell’attività estrattiva dei bacini marmiferiapuani: l’escavazione dei ravaneti per la produzione di car-bonato di calcio e granigliati, che ha dato nuovo impulsoall’economia del bacino. L’aspetto positivo – che ingenua-mente speravamo rappresentasse la ricaduta prevalente, senon unica, della nuova finalità estrattiva - risiede nella rimo-zione dei grandi ravaneti che sta riportando alla luce tuttauna porzione del fianco della valle, con lo splendido con-tatto tra calcari selciferi e marmi.Viceversa, la possibilità diutilizzare il marmo per finalità meno “nobili” rispetto aquelle storicamente praticate, induce anche le cave conmarmo di scarsa qualità o affioramenti troppo fratturati, ariprendere l’escavazione spesso con metodi molto sbrigati-vi e con la minaccia di un’ulteriore deturpazione del pae-saggio. D’altra parte la forte competizione internazionaledel mercato del marmo aveva costretto molte cave Apuanea chiudere, vista l’impossibilità di produrre marmi di mediaqualità a costi concorrenziali, lasciando attive solamente lezone in cui la qualità risultava molto alta o addirittura mon-dialmente esclusiva. Il recupero dei materiali dei ravaneti haprodotto sicuramente almeno un altro enorme danno: lacostruzione di un gigantesco impianto per la frantumazionee la produzione dei granigliati in una zona di castagni seco-lari. È visibile da qualunque crinale, cresta, vetta o alta pra-teria per un raggio di decine e decine di chilometri.

Paesaggisticamente parlando, una zona peggiore non pote-va essere scelta e, per di più, ha comportato l’ampliamentodella carrozzabile che necessita di manutenzione costante,visto il transito continuo dei pesantissimi mezzi di traspor-to dei materiali estratti, altro fattore di rilevante impattoambientale. Davanti al gigantismo che caratterizza quasitutti i fronti di avanzamento delle cave ci siamo sempre stu-piti pensando alla forza e all’ingegnosità degli uomini che cihanno lavorato; abbiamo vagato per anni in questi luoghiciclopici con una sorta di rispetto per ciò che ogni singoloblocco abbandonato, ogni singola parete di cava ha rappre-sentato in termini di fatica, pericolo e, purtroppo e spesso,tragedia. Nessuna giustificazione e accondiscendenza per loscempio irreversibile di questo mondo, ma gli anni trascor-si a esplorare la Valle di Arnetola prima e quella di Serenaiapoi, ci hanno permesso di entrare più in contatto con quelmondo – duro, isolato e sfruttato dal quale per i giovani èdifficile evadere e che a volte li uccide all’improvviso -facendoci ripensare alla figura stereotipata del cavatoreottuso da disprezzare per quello che ha combinato. Quelloche per molti è solo devastazione è diventata per noi unaseconda casa, che cerchiamo di migliorare con gli strumen-ti che abbiamo a disposizione: ricerca e documentazione,divulgazione e rispetto. E a ben pensarci, anche noi nonsiamo del tutto innocenti: se gli scavi realizzati all’internodelle cave per la ricerca di nuovi ingressi sono mimetizzatida ciò che li circonda, in altre zone invece hanno dato ori-gine a nuovi, piccoli ravaneti…e tutto questo spinti dacuriosità e passione, non da necessità.

La Buca Nuova Nell'estate del 2003, dopo innume-revoli scavi fatti un po' dappertut-to, alcuni anche di dimensioniimpressionanti, troviamo finalmen-te una nuova grotta. Sopra la cava2, nel canale che viene giù dalGiovetto e dal Pizzo d'Uccello, unrefolo d'aria esce da terra e sassi.Non c'è nulla di carsico, ma l'ariac'è. Scaviamo per un paio di giorni,con l'aria che aumenta, e finalmen-te sprofondiamo su un pozzetto di 6metri. C'è una nuova grotta.La chiamiamo Buca Nuova (1315slm), in attesa di un nome più belloche non arriverà mai. E' la quartagrotta nei marmi e speriamo che siala volta buona. Le morfologie sono"arnetoline" con pozzi e meandriben levigati e "mensolati". Ma a -50

siamo fermi su una frana. Passiamola frana e dopo un bel pozzo da 50siamo di nuovo fermi su strettoia.L'aria è talmente forte che ci fainsistere. Passiamo anche questaprima fessura e ci ritroviamo difronte ad un altro ostacolo. Qui lastrettoia è decisamente più lunga,diversi metri di strette pareti conl'aria che fischia come in mezzo ad

Le cave di Orto di Donna all’inizio delsecolo, viste dal Passo delle Pecore.

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■ Serenaia

un temporale. Ci vorranno altri cin-que mesi prima che si riesca a sca-vare un tunnel che ci faccia andareoltre. Durante le feste di natale2003 la Buca Nuova comincia a sve-larsi. Giungiamo ad una grandeverticale che ci impegna non pocoper scenderla.E' un pozzo da 64 metri seguito daun altro da 30. Acqua, fango efrana: direi che gli ingredienti perrendere difficoltosa la discesa cisono tutti. Alla base di queste dueverticali in sequenza, incontriamoun meandro fossile, e... l'inversionedell'aria! E' la prima volta che inuna grotta nei marmi di Serenaiatroviamo l'aria che sale (in inver-no). Fiduciosi scendiamo ancora earriviamo alla base di un caminodel tutto simile per dimensioni al P64 sceso in precedenza.La via in discesa continua fra duestrette pareti, in mezzo alle qualiscorre un discreto torrentello ali-mentato anche dall'acqua di que-st'ultimo camino. Seguiamo l'acquaper un po' ma le pareti stringonotroppo e non si va più avanti.La prosecuzione però la troviamonella parte alta di questa forra,girando in ambienti angusti, frastrati sottili di grezzoni alternati amarmi. Attualmente la grotta è inesplorazione, ferma a -370 su unpozzo dalla cui base parte un invi-tante e largo meandro. Anche BucaNuova punta a S-W, più esattamen-

N. Cat. 1732 T/LU

ingresso

Buca NuovaAlpi Apuane - Val SerenaiaEsplorazioni: 2003-2004Osm Sottosopra Modena - GSPGC Reggio Emilia GSL - LuccaSvil.sp.: 693m, disl. - 364 m, quota: 1315 m slmScala originale 1:500

SEZIONE

PIANTA

P.50 Il Pozzodell’Inquietudine

P.50 Il Pozzodell’Inquietudine

P.64 Il Pozzo che chiudeva nel vuoto

P.64 Il Pozzo che chiudeva nel vuoto

P.30 L’imbuto

P.30 L’imbuto

L’Enigma

L’Enigma

-364

-364

ingresso

Buca Nuova, il Pozzo dell’Inquietudine,un p.50 che si sviluppa fra marmi egrezzoni. (Foto A. Roncioni)

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te a 225°, così come Buca Libre.Ormai è chiaro che l'inclinazionedegli strati la fa da padrone perdare la direzione a queste buchenei marmi. Almeno nelle parti ini-ziali, fino a quota 900 slm.Più giù non ci siamo ancora arriva-ti e non è detto che gli strati conti-nuino la loro immersione sempreallo stesso modo, o che non ci sianodelle fratturazioni profonde capacidi portarci in altre direzioni.

Conclusioni e prospettiveFra le mille ipotesi che periodica-mente abbiamo formulato per capi-re il carsismo di questa valle, non cen'è una che ci soddisfi pienamente.La zona dei calcari selciferi del M.Cavallo, la più ricca di fenomenicarsici, sembra destinata a rimane-re isolata dal resto della valle,nonostante le sue acque ipogee laattraversino tutta.Nello stesso tempo è quella che haevidenziato un carsismo maggiore,con un grande numero di doline einghiottitoi, a volte completamentechiusi, altre volte decisamenteaperti. Al contrario la zona deimarmi è quasi totalmente priva dicarsismo superficiale.Le doline sono quasi inesistenti, egli ingressi di grotta sono per lo piùfrutto di scavi, oppure sono statiportati alla luce dai tagli delle cavedi marmo. Queste ultime probabil-mente hanno coperto o distrutto gliinghiottitoi naturali forse presentilungo tutto l'affioramento; ne èrimasto solo uno perfettamenteintatto, ma completamente ostruitodalla terra.La direzione degli strati di marmoci ha portato fino ad oggi lontanodalla sorgente di Equi Terme.Per di più il gran numero di ingres-si “bassi”, tutti con una elevata cir-colazione d'aria, sembrano spro-porzionati rispetto agli ipoteticiingressi alti; al punto da far pensareche forse le grandi masse d'aria chesi muovono nel sottosuolo potreb-bero essere inghiottite nella partepiù a S della valle, in prossimità delPasso delle Pecore. Se questa ideafosse confermata, ci troveremmo difronte ad un sistema del tutto auto-nomo e indipendente dal Pannè,

ma anche slegato da eventuali “vieper Equi”. Eppure nei suoi ultimi70 metri, a quota 955 slm, BucaNuova torna verso il centro dellavalle, e forse potrebbe essere ladirezione giusta per intercettare, semai esistessero, quelle famoseGallerie Equi e Solidali che fin dal1997, anno della colorazione delleacque del Pannè, sono sempre statelo stimolo maggiore a non mollarele difficili ricerche nella "valle delcalcare selcifero".

Bibliografia:RONCIONI A. “Val Serenaia, un carsismo impossibile?”.Talp n. 12 (1995) p .26-28

BROGLIO M. “Sorgente del Campanaccio, al di là dei sifoni”.Talp n. 12 (1995) p .29-30

GIUDICE G. “Pannè-Buca dei Faggi - MC5, i figli della speleologia trasversale”.Talp n.12 (dic 1995) p. 31-34.

ZANNA A. “Campo estivo a Orto di Donna”. Sottoterra n.101 (dic 1995), P.25-27.

DE GRANDE F.; DONELLO S.; RONCIONI A.; SALVIOLI F.; ZANNA A,“La Buca delPannè”. Speleologia n.36 (giu. 1997), p. 5-16.

ZANNA A. “Una nuova frontiera speleologica nelle Alpi Apuane: il Pannè e il sistemacarsico di Orto di Donna-Buca d’Equi”. Spel. Em. n. 8, IV serie (dic 1997), p.40-48.

SALVIOLI F.“La Buca Libre”.Talp n. 22 (dic. 2000), p.4-5.

BADINI G.“Alcune cavità delle Alpi Apuane”. Rassegna Speleologica Italiana, fasc. 3-4,anno xx (sett. 1968), p. 203-207

CALANDRI G.,“Note su alcune cavità a nord del Nattapiana (apuane settentrionali)”.Bollettino del Gruppo Speleologico imperiese CAI n.16, anno XI (gen-giu. 1981),pag.23-31

LOVERA U. “Buca dei Lucchesi”, Grotte n. 81 (mag-ago 1983), p. 30-33Senza nome, “Pozzo Maledetto”, Bollettino annuale del G.S. CAI Bolzaneto n. 8(1987), p.5-6

JERVIS P. (a cura di) “Paesaggi del marmo. Uomini e cave nelle Apuane”, RegioneToscana, Marsilio Ed.,Venezia 1994 ISBN 8831760955

Buca Nuova, L’imbuto, un p.30 la cuipartenza molto franosa è il preludioalla zona fossile sottostante.(Foto A.Roncioni)

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■ Trincee ipogee

Percorsi di guerraUn viaggio dentro le fortificazioni di Riva del Garda, simbolo della durezza della Grande Guerra e testimonianza di un’incredibilelavoro di “edilizia ipogea”

Arianna Tamburini, Marco Ischia Gruppo Speleologico SAT Arco

In alto: baracca in un crepaccio del ghiaccio della Marmolada(Museo Storico Italiano della Guerra (onlus) Rovereto. N. cat.: 114-168)

A fianco: Forte Tagliata del Ponale. L’ingresso meridionale dell’operadifensiva, il forte si sviluppa sulla destra della montagna, conpostazioni a picco sul lago, quale quella in primo piano, mentrevicino ai cipressi si trovava una fuciliera (ex Forte Teodosio).All’interno si sviluppa un lungo condotto che porta ad unapostazione fortificata atta a prendere alle spalle eventuali assalitori.(Foto M. Ischia)

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I l grande conflitto, crinale perdue distinte epoche, segnò in

maniera traumatica tutti i livellidella società europea. Ciò che lodifferenziò fu il suo carattere tota-le, con il coinvolgimento di massevastissime di uomini, senza distin-zione fra civili e militari. Questoaccelerò cambiamenti rivoluzionaririguardo ai quali la guerra si com-portò da catalizzatore.Fra questi il rafforzamento delpotere esecutivo, il miglioramentodelle comunicazioni, l’urbanizza-zione, la nascita di partiti di massache contribuirono ad unificare lasocietà, l’allargamento senza prece-denti della sfera militare attraversola leva di massa, la ferrea disciplinae la subordinazione di ogni espres-sione della società alle necessità delconflitto.Molteplici le cause della guerra:spinte imperialistiche, pressionidell’esercito, intensificarsi deimovimenti nazionali che trassero

alimento dalla crisi dell’imperoaustro-ungarico e turco. L’Italiaera legata fin dal 1882 alla TripliceAlleanza, trattato con intentidifensivi che la univa ad Austria eGermania. L’assassinio di Sarajevocolse l’Italia in un delicato momen-to: primi avvicinamenti dell’Italia aFrancia ed Inghilterra, interessedell’Italia ad annettere le provinceitaliane dell’Impero, impreparazio-ne delle forze armate, maggioranzadella popolazione contraria allaguerra, logoramento del trattatoper la rivalità italo-austriaca nel-l’Adriatico e nei Balcani.Su quest’ultimo punto convergeva-no gli interessi di Austria e Ger-mania, che avevano concordatol’attacco alla Serbia senza informa-re l’Italia, negando che si sarebberoverificati ingrandimenti territorialiche avrebbero fatto scattare l’arti-colo VII del trattato, che prevedevareciproci compensi fra le potenzenel caso di acquisti territoriali.

Fig. 1: mappa del confine italo-austriaconell’anno 1915. I bolli in rosso siriferiscono a località fortificate, ilriquadro giallo si riferisce alla fig. 2.(da Fioroni, 1993)

Fig. 2: maggio-giugno 1915. Glischieramenti nel Tirolo.(Da una cartina austriaca dell’epoca conmodifiche apportate dall’autore)

Fig. 1

Fig. 2

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■ Trincee ipogee

Nei dieci mesi che intercorseroprima dell’ingresso in guerradell’Italia, si formò nel paese unsolido blocco interventista, netta-mente minoritario ma appoggiatodai gruppi di potere, che scavalcò leposizioni neutraliste, percorse dadivisioni e incertezze. Così l’Italiascese in guerra per annettersi leprovince italiane dell’Impero eanche territori e popolazioni che

non erano italiani, ma rispecchiava-no le richieste del movimentonazionalista che voleva faredell’Italia una potenza a tutti glieffetti.La guerra italiana, iniziata il 24maggio del 1915, si svolse principal-mente su tre fronti: il saliente tren-tino, il Cadore e la Carnia, la valledell’Isonzo. Il fronte trentino pre-sentava degli aspetti peculiari che

lo differenziavano sia dal fronteoccidentale che da quello polacco,entrambi resi difendibili dall’operadell’uomo. Si distingueva quasinaturalmente, ancor prima che ledifese approntate dagli eserciti lorendessero un saliente di importan-za strategica, poiché il confineseguiva il crinale montuoso, suposizione favorevoli agli austriaci;per di più il Trentino si protendeva

All’indomani della perdita della Lombardia cominciò nelTrentino Meridionale un’intensa fase fortificatoria, sostenu-ta dal sospetto (ravvivato nel 1866 dalla puntata diGaribaldi) che la Valle di Ledro ed il Lago di Garda potes-sero rappresentare la direttrice italiana di avanzata versoTrento. Dal 1860 allo scoppio della Grande Guerra furonocostruiti in tutto il Trentino una trentina di forti per con-trastare una possibile invasione.La prima generazione di forti fu costruita fra il 1860 e il1862 (Forte San Nicolò e Forte di Nago); si trattava diopere in pietra, generalmente disposte a tagliata delle prin-cipali vie di comunicazione. I forti appartenenti alla secon-da generazione, come il Forte Sant’Alessandro che fu peròrimodernato allo scoppio della guerra, furono costruiti neiprimi anni del 1880 generalmente sulla sommità dei dossi.Si trattava di batterie in muratura e terrapieno, con arti-glierie in barbetta, ossia all’aperto.Con l’evolversi delle tecnologie militari ci si accorse che taliopere non erano più sufficienti a garantire il controllo delterritorio e si passò ai cosiddetti forti di terza generazione.Uno degli esempi è costituito dalla Batteria di Mezzo, sulBrione, costruito parte in pietra e con la copertura in cal-cestruzzo era dotato di un sistema sotterraneo di galleriecon due aperture in parete, sede di qualche pezzo d’arti-glieria o di riflettori. Della quarta generazione, nel primo

decennio del 1900, faceva parte il Forte Tombio (completa-mente distrutto dai recuperanti dopo la guerra), postazio-ne nevralgica per i rifornimenti verso la Bocca di Trat e laRocchetta e Pichea, oltre che per lo sbarramento della stra-da verso Tenno e Fiavé. E oltre al Tombio anche il ForteGarda, sul Brione, un gioiello di architettura militare: mime-tizzato e aderente al terreno, poteva ospitare 150-200 sol-dati. Era strutturato su tre piani e collegato ad una galleriasotterranea dallo sviluppo di 300 m. Quest’ultima, ancoravisitabile, è dotata di un ingresso principale a circa 200 m didistanza dal forte e ospitava una cisterna della capacità di150 m3. La galleria conduce ad alcune postazioni di artiglie-ria in parete e mentre durante la guerra sbucava nel fossa-to del forte, ora a metà percorso si ritorna in superficieattraverso una postazione detta “traditore”, perché aveva loscopo di colpire alle spalle eventuali assalitori.Ma della quarta ed ultima generazione di fortificazioniaustroungariche faceva parte anche la Tagliata del Ponalesulla vecchia strada per la Val di Ledro che costituiva unosbarramento strategico unico nel suo genere: completa-mente scavata in roccia, si sviluppa su un dislivello di 120metri attraverso un dedalo di gallerie che dal lago salivanoalla strada per sbarrarla e mettere in comunicazione fortisecondari e postazioni d’appoggio. La Tagliata conducevaanche a un sistema di postazioni e di feritoie a picco sullaparete rocciosa che si affaccia sulla strada, qualche centi-naio di metri più a sud. Il corpo centrale del forte presentauno sviluppo di un chilometro; a ridosso di questo v’eranoaltre gallerie ed opere militari che sbarravano la strada piùa sud, tra le quali la galleria del Finestrò, mai espugnata, e ilsoprastante Defensionmauer (muro di difesa) occupato nel1916 dall’esercito italiano al termine dell’assalto alloSperone. In tale contesto, il Basso Sarca è l’unica zona del-l’ex Impero austroungarico dove siano visitabili tutte letipologie di fortificazioni; peccato che molte giacciano inuno stato di completo abbandono. In anni recenti le asso-ciazioni locali si sono prodigate per un rispetto ed una valo-rizzazione di questo patrimonio, ma quando finalmente siriesce a sensibilizzare le amministrazioni pubbliche al pro-blema, queste rispondono con dei piccoli lavori di sistema-zione limitati alla strada del Ponale e la chiusura degli acces-si ai forti! I tempi evidentemente non sono ancora maturi.

Tipologia dei forti autroungarici

Macchinario per la compressione dell’aria (Archivio Museo Riva del Garda)

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come un cuneo, tra la Lombardia eil Veneto, e costituiva una minacciaper qualsiasi offensiva italiana aTrieste, esposta a un attaccoaustriaco alle spalle. In Trentinonei primi giorni di guerra l’avanza-ta fu abbastanza facile: venneroconquistati il passo del Tonale,Ponte Caffaro, il massiccio delMonte Baldo, il Monte Corno, ilPasubio, il Baffelan ed Ala.L’esercito austroungarico si era riti-rato entro la catena alpina dellaValle di Fassa e la linea degli alto-piani di Folgaria e Lavarone, doveil maresciallo Conrad, capo dellostato maggiore austroungarico,aveva migliorato il sistema difensi-vo molto prima dello scoppio dellaguerra.A dispetto del massiccio dispiega-mento di forze nella Valledell’Isonzo (dove risultò determi-nante l’impreparazione dell’eserci-to), i maggiori progressi vennerorealizzati proprio dove non eranoprevisti, sul fronte trentino, grazieanche alla decisione austriaca diarretrare fino ai limiti del raccordotra la Vallagarina e la piazzaforte diRiva del Garda. L’esercito italianopoté così risalire la valle dell’Adigefino a Mori occupando tutto loZugna - per fermarsi nei sobborghidi Rovereto - la Vallarsa e ilPasubio; percorse inoltre laValsugana fino a Borgo mentresugli altipiani, dove si era attestatol’esercito austriaco ai ripari dellefortificazioni, non ci furono pro-gressi significativi.In questa situazione, tra il 15 mag-gio e l’11 giugno 1916, scattò la«Strafexpedition», progettata dalmaresciallo Conrad per penetrarenella pianura veneta versoBassano: la difesa italiana vennesfondata, l’esercito austriaco oc-cupò Asiago, Arsiero e partedell’Altipiano dei Sette Comunidove l’attacco venne respinto e gliaustriaci si fermarono grazie ancheal contemporaneo attacco russo sulfronte orientale sollecitato dall’Ita-lia. L’impressione sollevata dalla«Strafexpedition» fu enorme intutto il paese: solo durante l’estatedel 1916 si riconquistarono i centridi Arsiero e di Asiago. Non a casoiniziò in questa data un coordina-

mento strategico tra i vari esercitialleati, che compresero il ruoloimportante del conflitto italo-austriaco: guerra di posizione, chefa della trincea il simbolo di questoconflitto.Sul fronte dell’Isonzo - dopo un’ini-ziale fase vittoriosa che aveva por-tato alla conquista di Gorizia il 10agosto 1916 e che aveva logoratol’esercito austroungarico – il mas-siccio aiuto dato dalla Germania egli errori del comando italiano por-tarono, nell’ottobre del ’17 alladisfatta di Caporetto. Nella rotta gliitaliani persero 40.000 tra morti eferiti, oltre al 75% dei cannoni etutti i vettovagliamenti, 280.000furono i prigionieri e 350.000 i mili-tari sbandati.

Inizio della Galleria del Ponale consbarramento di reticolati e ricoveroantigas. I lavori di costruzioneiniziarono prima del conflitto maproseguirono durante la guerra.(Archivio Museo Riva del Garda)

Carta panoramica dell’Alto Garda(particolare). Al centro dell’immagine ilMonte Brione e a sinistra di Riva delGarda la Tagliata del Ponale, i puntinevralgici delle fortificazioni austriachesul fronte occidentale italiano dellaGrande Guerra.

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■ Trincee ipogee

La situazione progressivamentemigliorò nell’ultimo anno di guer-ra, in parte anche per lo sfaldamen-to dell’Impero austroungarico:durante l’estate del 1918 si delineòprogressivamente il crollo delleforze tedesche e austriache, in ago-

sto gli Alleati attaccarono le forzetedesche, grazie anche al continuoapporto delle divisioni americane,travolgendo il fronte tedesco sulleSomme, mentre in settembre sulfronte orientale Bulgaria e ImperoOttomanno si arresero.In Italia Diaz preferì prenderetempo di fronte alle insistentirichieste degli Alleati, ma in autun-no, quando le difficoltà dell’Imperoaustroungarico furono evidenti,divenne improcrastinabile un’azio-ne italiana e il comandante italianopreparò l’offensiva attraverso ilPiave, in direzione Vittorio Veneto.L’attacco italiano iniziò il 24 otto-bre, a un anno esatto di distanzadalla disfatta di Caporetto. Il 30ottobre le truppe italiane sceserodal Grappa, liberarono Feltre e rag-giunsero Vittorio Veneto.L’avanzata italiana in PianuraPadana divenne inesorabile, quasidue terzi dei militari austroungariciimprigionati in Italia – in totale

La Marmolada era un massiccio di primaria importanza per-ché attraverso di esso si poteva accedere alle valli Badia edi Fassa e raggiungere Bolzano, Bressanone e Fortezza.All’inizio delle ostilità parte della Marmolada cadde in manoitaliana e gli austroungarici furono costretti a difendereassiduamente la posizione della Forcella a V per impedirealle truppe italiane di raggiungere la valle. Una posizione dif-ficile anche perché i rifornimenti austriaci al presidio eranoenormemente ostacolati dato che tutti i camminamentierano esposti al fuoco dell’artiglieria italiana, stanziata pres-so Seràuta. Fu proprio in una ricognizione notturna, sor-preso dalla luce dei riflettori italiani, che al comandantedella compagnia Bergführer, ingegner Leo Handl, balenò l’i-dea di raggiungere la Forcella a V attraverso un sistema digallerie nel ghiacciaio. L’impresa era dall’esito imprevedibile,poiché anche ai più eminenti glaciologhi, Bruchner di Viennae Finsterwalder di Monaco di Baviera, non era nota l’esi-stenza di alcuna galleria scavata nei ghiacciai. Dopo aver col-laudato alcuni tipi di esplosivo, Handl scelse l’ecrasite chedava i risultati migliori e studiò un vasto sistema di galleriee caverne all’interno del ghiacciaio. Dal Gran Poz presso ilbordo inferiore a quota 2300 metri, dove si trovavano ibaraccamenti e la stazione superiore della teleferica, il siste-ma di gallerie sarebbe partito alla volta delle varie posta-zioni e della Forcella a V. L’opera fu intrapresa attraverso piùcantieri per affrettarne il compimento e nulla avrebbedovuto essere visibile all’esterno. Il lavoro era molto fatico-so per l’ambiente umido e i fumi che spesso ristagnavano

nelle gallerie: i soldati addetti allo scavo dovevano esseresostituiti ogni due ore perché fradici. La carenza di esplosi-vo impose il proseguo dei lavori con i soli picconi e attrez-zi manuali, ciò nonostante si riusciva ad avanzare 6-8 metrial giorno o poco più, quando si incontravano crepacciimpostati lungo la direzione dello scavo. Questi venivanoadattati con ponticelli e passerelle di legno. Furono circauna dozzina i chilometri di gallerie scavati in tutto il perio-do di guerra e nel tardo autunno 1916 il sistema era svi-luppato al punto che gli austriaci poterono abbandonare icamminamenti esterni.La città di ghiaccio era composta da una trentina di caver-ne a parecchi metri di profondità, anche 40 in alcuni punti,collegate tra loro da cunicoli muniti di passerelle e ponti-celli e dotate di depositi di viveri, materiali e munizioni,ricoveri, infermeria, centralino telefonico, uffici del coman-do,mense e gabinetti. Le gallerie per un certo periodo furo-no illuminate da luce elettrica; i vari percorsi erano segnaticon frecce indicatrici color giallo fosforescente e per facili-tare l’orientamento ogni crepaccio e ogni zona del com-plesso aveva un proprio nome.La città di ghiaccio del capitano Handl fu un’idea grandiosache permise di risparmiare la vita a tanti soldati: sotto ilghiaccio l’effetto dei colpi d’artiglieria era minimo e unasola volta un proietto da 210 riuscì a penetrare nel sistemauccidendo due soldati. Le poche perdite che si ebbero furo-no dovute a cadute nei crepacci, senza considerare che latemperatura all’interno del complesso raramente scendeva

All’interno della Maschinengewehr-kaverne nelle gallerie di Cima Rocca,frequentabili senza grande difficoltàdurante l’intero arco dell’anno.(Foto M. Zattera)

La città di ghiaccio

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670.000 uomini - fu catturato inquesta fase finale della guerra. Sitrattò di una vera e propria corsacontro il tempo, con l’esercito ita-liano che cercava di raggiungereobbiettivi significativi prima che ilGoverno decidesse il cessate ilfuoco Il 3 novembre le forze italia-ne entrarono a Trento e a Trieste elo stesso giorno venne firmato l’ar-mistizio di Villa Giusti che fissavaalle 15 del 4 novembre la fine delleostilità. Il 6 novembre l’esercito ita-liano marciò fino a Bolzano e rag-giunse il Brennero il 10 novembre;

Trentino ed Alto Adige entrarono afar parte dell’Italia. Si era final-mente conclusa la prima guerramondiale, primo vero conflitto dimassa, costato dieci milioni di sol-dati, di cui 650.000 – ovvero il 7,5%dei maschi e il 10% degli arruolati –nella sola Italia.

Le gallerie del Festungabschnittdi Riva del GardaNel maggio del 1915 il fronte traItalia ed Austria correva lungo unagrande S orizzontale per 600 chilo-metri dallo Stelvio al mareAdriatico. Nel Trentino il fronte sidistingueva quasi naturalmente,ancor prima che le difese appronta-te dagli eserciti lo rendessero unsaliente di importanza strategica.Nei primi giorni di guerra l’esercitoitaliano avanzò facilmente poichél’esercito austroungarico si era riti-rato entro la catena alpina della

sotto lo zero, mentre al di fuori raggiungeva spesso puntedi -20 °C.La città di ghiaccio fu un’esperienza ripetuta anche in altrearee del fronte afflitte dalle stesse problematiche ambien-tali, quali Punta San Matteo nel Gruppo Ortles-Cevedale el’Adamello. Su questo grande ghiacciaio, teatro di aspricombattimenti, sia gli austriaci che gli italiani si cimentaro-no nello scavo di gallerie nel ghiaccio che permettevano iltransito alle truppe, risparmiandole sia dal fuoco nemicoche dalle slavine. La più famosa è probabilmente la GalleriaAzzurra, scavata nel 1917 dall’esercito italiano; un tunnellungo 5200 m, alto 2 e largo 2.5 che dal Passo Garibaldiattraversava il ghiacciaio del Mandrone alla profondità di 10metri dalla superficie, sbucando presso il Passo della LobbiaAlta. Anche gli austriaci avevano scavato un tunnel ancorapiù imponente nel ghiacciaio del Lares, lungo 10 km chemetteva in collegamento il Carè Alto, il Corno di Caventoe il Monte Folletto con il Monte Coel, punto di arrivo dellateleferica proveniente da fondovalle, e la località Pozzoni.Era attrezzato per la difesa in modo da poter essere bloc-cato in ogni punto con sbarramenti di ferro.

Bibliografia

ANDREOLETTI A., VIAZZI L., Con gli alpini sulla Marmolada1915-1917, Mursia, Milano1977.

VIAZZI L., La Guerra Bianca sull’Adamello, II ed. Manfrini,Rovereto, 1968.

Eisstollen-arbeiten AUF. ST. P. 3100 m. (lavori in galleria di ghiaccio a 3100 m). (Museo Storico Italiano della Guerra (onlus)Rovereto. N. cat.: 114-178)

L’ingresso del Tunnel del Ponale, la piùardita opera architettonica militare ditutto il settore. Collegata a Rivaattraverso una ferrovia, poteva esserechiusa al nemico con due portoniblindati. (Archivio Museo Riva del Garda)

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■ Trincee ipogee

Valle di Fassa e dietro la linea deglialtopiani di Folgaria e Lavarone,dove il maresciallo Conrad v.Hötzendorf, capo dello StatoMaggiore austroungarico, avevamigliorato il sistema difensivomolto prima dello scoppio dellaguerra. La decisione dell’Imperoaustroungarico di accorciare lalinea del fronte da 450 a 350 chilo-metri permetteva, oltre ad un mag-gior controllo, la possibilità di usu-fruire di un sistema di fortificazionirealizzate a partire dagli ultimi annidel XIX secolo, un asse difensivocon al centro Trento, città fortezza.Uno dei punti di forza era rappre-sentato dagli altipiani di Folgaria eLavarone, dotati di un imponentesistema fortificato – detto dei setteforti – porta di accesso a Trento e

punto di partenza per un’eventualeoffensiva austriaca nel Veneto.All’Armata del Tirolo fu assegnatol’incarico di controllare il settoredallo Stelvio alla Croda Nera.Questo fronte era suddiviso in cin-que settori, denominati Rayon, diessi, il terzo ovvero il TiroloMeridionale, venne ulteriormentediviso in sei sottosettori: Giudica-rie, Riva del Garda, Valle dell’Adi-ge, Lavarone e Folgaria, Valsuganae Trento.La piazzaforte di Riva era un setto-re ben fortificato: il sospetto di unpossibile attacco dal Lago di Gardae dalla Val di Ledro fece erigere nelBasso Sarca una decina di forti col-legati tra loro attraverso trincee,casematte e gallerie scavate nellamontagna, per uno sviluppo attual-mente accertato di quattro chilo-metri.Dal Doss della Torta in Val Conceipartiva una trincea fortificata cheraggiungeva l’osservatorio delMonte Tofino, il Corno di Pichea ela Bocca di Trat - munita di ricove-ri e servita da teleferiche - e termi-nava a Bocca Saval, dove era situa-to il comando di battaglione e unospedale. Dalla Bocca la trincea sidiramava da una parte in direzionedel Tomeabrù e dall’altra versoCima Parì, Cima Dromaé, CimaOro, Malga Giumella e Rocchetta;quest’ultima, situata a picco sullago di Garda, era un’intera monta-gna fortificata. Ancora oggi cammi-nando lungo i sentieri ci si imbattein resti di baracche, camminamenti,

Il Brione (la “montagna fortezza”)fotografata dalla strada del Ponale.Questa piccola collina, situata inposizione centrale sulla rivasettentrionale del Lago di Garda, eraconsiderata a dir poco strategica, alpunto che gli austriaci vi avevanocostruito quattro forti che attorniavanola collina: S. Nicolò, Garda, Batteria diMezzo e S. Alessandro. Sullo sfondo iMonti Stivio, Craino e Segron, fortificatidagli austriaci con trincee e numerosebatterie in caverna. (Foto M. Ischia)

Chiesetta a Bocca Sperone, caposaldoavanzato munito di un complesso digallerie che collegavano le varie trinceeai ricoveri. (Archivio Museo Riva del Garda)

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postazioni d’artiglieria, cisterne perl’acqua potabile e numerose galle-rie. La linea difensiva si snodavaattraverso le cime della Rocchetta -Cima Gionchetto e Grotta Dazi -fino a Bocca Sperone, dove un ardi-to sentiero ricavato nella roccia(sentiero attrezzato Susatti, n. 405)raggiungeva lo Sperone (oggi CimaRocca), caposaldo avanzato munitodi un complesso di gallerie che col-legavano le varie trincee ai ricoveri.Le gallerie di Cima Rocca sonofrequentabili senza particolari dif-ficoltà lungo tutto l’arco dell’anno:dall’abitato di Biacesa in Val diLedro una ripida mulattiera conuna variante immerse nei boschi -sentieri n. 417 e 460 – raggiungonola chiesetta di San Giovanni e ilBivacco Arcioni. Di qui, con unpercorso ad anello, si possono visi-tare le tre gallerie dello sviluppo di100, 50 e 300 m, pervenendo a unalunga trincea che ci riporta al sen-tiero 460b, presso San Giovanni diBiacesa. Sono queste le galleriemeglio conservate, al punto chesulle pareti presso le feritoie sonoriconoscibili le firme dei soldatiche qui combatterono durante laprima guerra mondiale. Una quar-ta galleria, seguita da una profon-da trincea in cemento armato, sitrova al termine del sentiero at-trezzato Foletti n. 460, sulla sellatra Cima Rocca e Cima Capi; da

quest’ultima cima possiamo se-guire la linea del fronte attraversoil suggestivo sentiero attrezzatoSusatti n. 405.Sul costone di San Giovanni soprale Zete del Ponale sorgeva unavamposto munito di mitragliatriciin caverna e postazioni per fuciliereche fungeva da sbarramento difen-sivo. Da qui iniziava quella parte dilinea denominata Defensionmauer(muro di difesa) che attraversotrincee e ricoveri in galleria, scen-deva lungo il crinale roccioso delloSperone fino alla strada del Ponale,portandosi al complesso di operemilitari noto con il nome diPonalsperre, ovvero “Tagliata del

Non furono molte, in Trentino, le cavità naturali adattate intempo di guerra per ottenere ricoveri per truppa o appo-stamenti d’artiglieria e ciò soprattutto in considerazionedelle scarse conoscenze speleologiche del territorio: fino al1926 infatti le grotte note erano meno di una ventina. Lepoche informazioni che si hanno riguardano l’ingresso dellaGrotta di Aladino in Val di Daone, il Bus de l’Avel sulle mon-tagne soprastanti la Val di Concei, intercettato durante loscavo di una galleria militare - verrà esplorato soltanto nel1929 dal Gruppo Grotte SAT Riva - la Caverna Mas delCuco - ricovero con pavimentazione in calcestruzzo - ilCovel di Col Sornale, la Grotta di Costalta in Val Sella, il cuiingresso fu presidiato dai soldati italiani e infine una piccolacavità sulla Marmolada utilizzata per appostamento dai sol-dati austriaci.Proprio per l’importanza che le cavità naturali avevanoassunto nel Carso e per le scarsissime conoscenze del ter-ritorio, il Comando di Corpo d’Armata di Verona sovven-

zionò negli anni successivi (1927-1933) l’attività di ricercadei neonati gruppi grotte trentini, con generosi prestiti dimateriali quali corde e scale a corda, cavi telefonici e appa-recchi da campo. I giornali dell’epoca riportano la notizia,compiacendosi per l’interessamento del Governo per “laillustrazione scientifica della Regione” e per “l’intendimento dieducare la gioventù d’Italia alla vita ardita ed attiva degli sportsmoderni”.

BibliografiaANDREOLETTI A.,VIAZZI L., Con gli alpini sulla Marmolada 1915-1917, Mursia, Milano1977.ANOMIMO, Il Ministero della Guerra per l’esplorazione delle grottedella Venezia Tridentina, IN: «Le Grotte d’Italia», 1928, a. 2, n. 2.CIGALOTTI E., Attraverso la Valle di Ledro: Bezzecca,Trento, 1973DECARLI R., ISCHIA M., ZAMBOTTO P., Le origini della speleologiatrentina tra uomini illustri e celebri istituti, IN: «Speleologia», Bologna,2000, a. 23, n. 46 pp. 23-31.

Cavità naturali adattate in tempo di guerra

Galleria al Doss’Alto di Nago(Rilievo del Gruppo Speleologico SATArco, M. Ischia 22/7/2002)

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■ Trincee ipogee

Ponale”, parte della quale fucostruita dove sorgeva il cosiddettoForte Teodosio, edificato prima del1866. La creazione della più arditaopera architettonica militare ditutto il settore, iniziò prima delloscoppio del conflitto ma per lamaggior parte venne proseguitadurante la guerra. Questo eccezio-nale sistema fortificatorio in galle-ria si estende per circa 1 km, su undislivello di 120 m. Il settore piùbasso del forte è situato poco soprail livello del lago, con gallerie, vani

e quattro postazioni in parete, dueper artiglieria e due adibite a osser-vatorio. Da questo primo corpo unalunga e spettacolare scalinata sca-vata nella montagna sale per 40 m econduce al corpo centrale del forte,ovvero alla seconda galleria(attualmente la terza) della Stradadel Ponale, una strada a picco sullago che collegava il Basso Sarcaalla Valle di Ledro. Questa galleria,collegata a Riva attraverso una fer-rovia De Cauville, poteva esserechiusa al nemico con due portoniblindati ed era dotata di una came-ra per mina. Una seconda galleriascavata nella montagna corre paral-lela alla strada, conducendo a unfortino di appoggio e ad alcunesoprastanti postazioni in roccia,connesse tra loro da un sistema dicunicoli.La Tagliata del Ponale, un’operaunica nel suo genere, si presente-rebbe in ottimo stato - gli unicidanni alla struttura sono stati infer-ti dai recuperanti dopo la guerra -ma gli attuali lavori di sistemazionedella Strada del Ponale, che saràadibita a sentiero, con buona pro-babilità provocheranno la muratu-ra di tutti gli accessi che si diparto-no dal corpo centrale, per questionidi sicurezza.

In questo viaggio attraversiamo luoghi dove si sono consu-mate le vite di migliaia di soldati, di contadini di pianura emontanari portati a combattere in condizioni durissime. Aricordare l’”urlo della tragedia” e l’eterna esclusione degliumili, il poeta Roberto Roversi, in un intervento apparso su“Alias” – supplemento de Il Manifesto del 21 novembre1998- ci ha dato l’opportunità di raccogliere parole e frasisparse del “popolaccio scimunito e vile”, attraverso le qualila guerra emerge come tragedia collettiva. Ecco, quindi, unostralcio di “poesia autentica della prima guerra”.La Redazione

“...Così tutti quei soldati restano là sulle montagne nel silen-zio spettrale della morte, senza più voce, senza più respiro,senza più memoria. Invece quante emozionanti parole e frasidi poesia hanno sparse come manciate di sassi e di foglieprima di morire...Dei contadini di pianura e dei montanarisbattuti a combattere a duemila metri fra le slavine, gelo etormento di neve, massacrati in ogni modo, non c’è eco, nonc’è suono, non c’è parola nella nostra letteratura ; non c’èfuturo che tenga per farli rivivere ancora...

Emilio Bovina, soldato semplice, racconta: “il 10 giugno c’èstato un grande assalto per conquistare questo monte...Inuna compagnia eravamo 280 così siamo rimasti in 27 dellamia compagnia perché era una situazione particolare, erauna cosa impossibile...era come a mietere”. Ecco: una situa-zione esistenziale al limite, che si trasferisce senza media-zioni nella verità di una metafora del lavoro quotidiano (ilrumore impressionante della morte che falcia); spazzandovia, credo, tutte le notte irrorate dalla vampa di molto lon-tani cannoni....Le loro voci erano allora e ancora sono disperse, affidatea libretti vaganti, a pochi foglie quasi interrati; voci trascrit-te e conservate a fatica di coloro che non erano ritenuti ingrado di intendere e di volere ma con l’obbligo esclusivo edurissimo di ubbidire soltanto (a ordine dei super comandile più delle volte dissennati, criminali)... Le parole dette, lefrasi scritte con la voce accompagnano il quotidiano patiree morire con versi lancinanti (non cercati): “La vita va di unmomento all’altro come essere nelle agonie”. “Presto vienequesto giorno in cui è molti sospirato? Ma ora siamo vici-no? A questo desiderato tempo?”.“Gera fosco comencade-

Poeti in trincea

Lanciatori di mine (luftminenwerefer da12 cm) in una caverna di ghiaccio sullaMarmolada.(Museo Storico Italiano della Guerra(onlus) Rovereto. N. cat.: 112-56)

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luf” (c’era buio come in casa del lupo)....Sì cani generosi ubbidienti pazienti rispettosi vicini al fuoco,appena liberi di borbottare. Invece: “c’ero anch’io a muso amuso col nemico che a dirvi la verità ero diventato comemezzo pazzo”.“Fortunati voi che siete nella stalla”, scrive allamoglie Achille Gritti. E Angelo Palini: “Non credete che laguerra sia come voi pensate che io sappi sempre sotto ilfuoco nemico”.E Giovanni Poviani: “Lamarezza e i dolore in me è una cosaincomprensibile, che nessun essere a questo mondo può riva-re a comprendere e farsi unidea della malinconia, la passioneche a me tocca soffocare”. In questo mare tumultuoso di poe-sia vera, rossa di una straziante pietà, noi dovremmo affonda-re per continue abluzioni di lettura, al fine di imparare capiresentire davvero cos’è l’uomo nell’abisso degli orrori senzafine della guerra...

Tratto da “Poeti in trincea. Sul monte era come a mietere” diR. ROVERSI, a commento e recensione di un’antologia a curadi Andrea Cortellessa “Le notti chiare erano tutte un’alba”.Antologia di poeti italiani nella prima guerra mondiale.

Il Capitano distrettuale di Riva del Garda, BaroneSalvatore. (Archivio Museo Riva del Garda)

PONALSPERRE(Tagliata del Ponale)

Rilievo del G.S. SAT Arco.A cura di M. Ischia, rilievo di L e M. Ischia

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IV galleria strada del Ponale

IV e V livello: postazioni in caverna a vista della strada del Ponale e fucileria soprastante

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II e III livello: III galleria (ex II) strada delPonale e opere in cemento di ForteTeodosio

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■ Trincee ipogee

Dalla Tagliata del Ponale la lineaproseguiva in direzione Riva, lungola strada a picco sul lago, con alcu-ne postazioni blindate per mitra-gliatrici denominate blokhaus. Qui,a pochi metri dal lago, era statoeretto tra il 1913 e il 1914 il ForteBellavista (attualmente un risto-rante) dal quale partiva una catenagalleggiante munita di mine subac-quee che raggiungeva Punta Lido,chiudendo l’accesso al porto diRiva, vigilato da apposite imbarca-zioni.Tutto il lungo lago di Riva eradifeso attraverso una linea di minegalleggianti, campi minati, trincee epostazioni per mitragliatrici, fino alForte San Nicolò (1914-1915) ai

piedi del Brione, un’altura situataal centro della valle del Sarca, pro-montorio avanzato sulle acque dellago. La sua posizione strategicafece diventare il Brione una vera epropria montagna fortezza: benquattro erano i forti qui presenti, ilForte San Nicolò (1860–1862) pres-so l’omonimo porto, che chiudevala strada verso Torbole, il ForteGarda (1904-1907) situato pocosopra, il forte Sant’Alessandro(detto anche Batteria Nord,costruito nel 1880-1881 e rifatto inroccia nel 1914-1915) sul culminedella montagna e la Batteria diMezzo (1897-1900) poco sotto. Iquattro forti erano integrati conuna serie di postazioni e reticolatidisseminati su tutto il monte, oltre agallerie che conducevano a posta-zioni in parete, per uno sviluppo dicirca 1 km, talvolta isolate, talvoltacollegate direttamente con i forti.Dal Brione la linea difensiva segui-va il lungo lago e attraversava lapiana di Linfano con una lungatrincea che saliva al monte Perlonee al Forte di Nago (1860-1861). Daqui si diramava salendo con trince-ramenti e postazioni sul monteCreino e sullo Stivo, oppure condu-cendo alla piazzaforte di MalgaZures sul Baldo, montagna occupa-ta dagli italiani già all’inizio delconflitto.Anche in quest’area, lungo le pare-ti che racchiudono la Marocca diGorte sopra Nago, vi sono numero-

Ci si cala dall’estremità di Cima Roccaper raggiungere una feritoia non piùaccessibile dal complesso sotterraneo.(Foto M. Zattera)

Un tenente colonnello davanti a unagalleria nella neve.(Museo Storico Italiano della Guerra(onlus) Rovereto. N. cat.: 51-65)

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se postazioni, gallerie e cammina-menti che gli austroungarici man-tennero fino alla fine del conflitto.A circa mezz’ora di cammino sitrova il Doss Alto, caposaldo dellalinea avanzata italiana; questamodesta altura era stata fortificatadagli austriaci con una galleria di300 metri munita di numerose feri-toie che controllano la strada perLoppio e la Valle dell’Adige. Adinizio ostilità fu preso dagli italianie passò di mano alcune volte nelcorso della guerra fino alla definiti-va conquista italiana nel 1918. Lo siricorda soprattutto per l’impresadella Legione cecoslovacca che,combattendo a fianco dell’esercitoitaliano, mantenne il presidio dagliassalti degli austriaci.La galleria del Doss Alto è ancoravisitabile, si raccomanda tuttavia lamassima prudenza per il reale peri-colo di crolli. Lungo il fronte delFestungabschnitt correva nel 1943-45 la Blaue Linie, parte della lineadifensiva fortificata dell’Alpen-festung, ultima linea difensiva delTerzo Reich. Tale sbarramentodifensivo si servì delle opere milita-ri austroungariche ancora presenti,che furono integrate con altre case-matte e Tobruk pit , ricoveri antiae-rei e postazioni in caverna, tutt’og-gi accessibili.In sostanza il settore fortificato diRiva risultava così ben protetto cheil raggiungimento di risultati di unaqualche consistenza strategica daparte dell’Esercito italiano era pra-ticamente impossibile e ciò portòad una relativa calma. Si ricordanoinfatti poche battaglie tra cui il ten-tativo di aggiramento della Boccadi Trat e la presa di Malga Zures -entrambi falliti dall’esercito italia-no - la battaglia del Doss Alto fra ilegionari cecoslovacchi e gliaustriaci e soprattutto l’azione diSan Giovanni-Sperone, la più san-guinosa di quest’area: l’esercito ita-liano, occupate le Zete del Ponale el’area presso San Giovanni diBiacesa, partì alla conquista delloSperone. Dopo dieci giorni di san-guinosi combattimenti, costati lavita a più di 300 soldati, il ComandoItaliano decise di ritirare le truppesul “Sentiero del Bech” poco soprale Zete del Ponale, dove rimasero

fino alla fine della guerra, mentre laGuardia di Finanza si insediò pres-so San Giovanni, a 30 metri dallaprima linea austriaca, e non abban-donò mai la posizione.

BARIÉ O., Storia del Trentino contem-poraneo. Volume 1. Dall’annessioneall’autonomia, Trento,Verifiche, 1978

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Bibliografia

Maschinengewehrkaverne (gallerie diCima Rocca). Questo vano era sede diun pezzo d’artiglieria che ruotava lungodue binari situati sul pavimento,smantellati dopo la guerra dairecuperanti. (Foto M. Zattera)

Posto di guardia in una galleria delPonale. La galleria si estende per circaun chilometro su un dislivello di 120 m.(Archivio Museo Riva del Garda)

Segnaliamo un interessante sitointernet, curato da Mauro Zattera,dove sono reperibili anche nume-rose immagini sulle strutture mili-tari della Grande Guerra nell’areatrentina: www.fortietrincee.it

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■ Ponte di Veja

Le grotte naturalidel Ponte di VejaAndrea Ceradini, David Hosking Gruppo Attività Speleologica Veronese

Durante l’estate eccezionalmente asciutta del 2003, dopoun impegnativo lavoro di scavo nel detrito alluvionale delpavimento nella Grotta dell’Acqua – una delle cavità chefanno parte del complesso carsico del Ponte di Veja – glispeleologi del GAS Veronese sono riusciti a superare trepassaggi normalmente sifonanti, accedendo ad oltre mezzochilometro di nuove gallerie.

AbstractThe natural arch of Ponte di Veja is situated 600 metres abovesea level in the mid.westerly part of the Monti Lessini plateau,in Verona province.The Arch is a remnant of the roof of a largecavern which dominates the western slope of the Marciora val-ley. The grandeur end picturesque setting of the Ponte di Vejamake it perhaps the most spectacular Karst landform foundanywhere in the Veneto region. The limestone from which thearch has been formed belong to middlie and upper Giurassicage.A considerable network of caves meets to form the originalcavern. The most significant are: Bear’s Cave, Water Cave, BCave, D-E Cave, Ochra Quarry.These caves are well known andhave been the object of geological, palaeontological andarchaeological researches since the 19th century. During theexceptionally dry summer 2003, members of the GruppoAttività Speleologica Veronese, digging in fluvial debris in WaterCave, managed to pass beyond a series of three sumps anddiscover more than half kilometre of new passages.

Key words:Veneto, Monti Lessini,Verona, natural arch, caves.

Riassunto

VENETO

Monti Lessini

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Nella parte medio occidentaledell'altopiano dei Monti

Lessini, poco a monte della con-fluenza del Vajo della Marciora edel Vajo dei Falconi che forma laValpantena, a circa 600 metri dialtitudine in provincia di Verona, sitrova il Ponte di Veja, costituitodall’enorme architrave residuale diuna grande caverna aperta sul ver-sante destro del Vajo della Mar-ciora, la cui volta risulta parzial-mente crollata.L’imponenza e la suggestività diquesto fenomeno carsico ne fannouna delle più spettacolari evidenzenaturalistiche non solo del verone-se ma di tutto il Veneto.Le sue dimensioni sono ragguarde-voli: 25 metri di altezza e 50 di lar-ghezza alla base dell’arcata, mentre

la larghezza del dorso va dai 15 ai23 metri. È famoso da sempre:compare infatti in numerosi docu-menti fin dal Medioevo, viene raffi-gurato in dipinti e stampe antichetanto da riconoscersi perfino negliaffreschi della Camera degli Sposinel Palazzo Ducale di Mantovadipinti da Andrea Mantegna nel1474.Le formazioni calcaree in cui risul-ta scavato appartengono al Giu-rassico medio e superiore: i pilastriai Calcari del Gruppo di Capo S. Vigilio (CGSV), l’architrave al Rosso Ammonitico Veronese(RAV).Le vallette di Crestena e di Fenileche costituiscono il bacino a montesono modellate nei calcari cretaceidel Biancone e della Scaglia Rossa

Il Ponte di Veja, riconoscibile negliaffreschi della Camera degli Sposi diAndrea Mantegna (1474, Palazzo Ducaledi Mantova)

Pagina a fianco e sotto: stampe antichetratte da “Sulle caverne PreistoricheVenete” Memoria di Tommaso AntonioCatullo, 1843.(Archivio CIDS "F.Anelli)

Il Ponte di Veja, lato Ovest: imponentee suggestivo fenomeno carsico descrittoe rappresentato fin dal Medioevo.(Foto A. Ceradini)

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■ Ponte di Veja

Veneta; ancora più a monte affiora-no vulcaniti paleocenico-eocenichee calcari dell'Eoce-ne medio (M.Tesoro). Dalla grande depressionedi crollo si sviluppa un complessodi cavità di considerevole sviluppoe importanza nel panorama lessi-neo.Le principali sono: la Grottadell’Orso, la Grotta Superiore (D-E), la Grotta B, la Grotta G o Cavad’Ocra, da sempre conosciute e stu-

diate dal punto di vista geologico esoprattutto paleontologico - prei-storico fin dal XIX secolo. LaGrotta dell’Acqua è stata oggettodi duri e impegnativi lavori di scavonel detrito alluvionale del pavimen-to e, a seguito dell’eccezionale sic-cità dell’estate del 2003, gli speleo-logi del Gruppo Attività Speleo-logica Veronese sono riusciti asuperare una serie di tre bassi pas-

saggi sifonanti e così ad accederead oltre mezzo chilometro di nuovicondotti e gallerie.

Le grotte dell’areaGrotta GE’ presumibilmente un antico con-dotto carsico riempito da depositiocracei che venivano estratti e uti-lizzati come terre coloranti fino al

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primo dopoguerra. Attualmente èallagata e non se ne conosce l’esat-ta estensione. Una esplorazionespeleosubacquea parziale effettua-ta da David Hosking nel 1996 hamesso in luce una galleria pianeg-giante o in debole pendenza con lepareti costituite da muretti a seccoe pavimento argilloso. Non si evi-denziano morfologie carsiche signi-ficative.

Grotta Superiore o Grotta D-EAnche in questa cavità di circa 80metri di sviluppo, l’asportazione deidepositi che la riempivano ha resopossibile l’accesso a condotti conevidenti morfologie freatiche.Inoltre nell’ingresso superiore (D)sono presenti solcature che testi-moniano una successiva fase vado-sa. Come la precedente si sviluppainteramente nel RAV.

Grotta BE’ formata da una breve ma grandegalleria che si sviluppa nei CGSVcon direzione E-W e termina instretti cunicoli.

Grotta dell’OrsoE’ costituita da una galleria di circa150 metri con direzione N-S che sibiforca nella parte terminale. Nelsuo tratto centrale si presenta sub-circolare con cupole emisfericheinterpretate come fenomeni iper-carsici dovuti a termalismo che evi-denziano una origine freatica e condimensioni inusuali nelle grotte les-sinee. In alcuni punti è osservabileun’intrusione di basalto (visibileanche nella depressione esterna)che, per le caratteristiche osservate,appare iniettato all’interno di con-dotti carsici preesistenti e la cuidatazione fa risalire le parti piùantiche del complesso all’Eocenesuperiore. Si sarebbero poi avutefasi di erosione, svuotamento e

La Grotta dell’Acqua è l’unica attiva delcomplesso: ne fuoriesce un ruscello conportata variabile ma costante chescorre al di sotto del ponte e si gettanella Marciora. (Foto A. Ceradini)

La galleria della Grotta dell’Orso, datempo oggetto di studi paleontologici,ha fornito molti reperti del PaleoliticoMedio e Superiore e fauna delPleistocene. (Foto A. Ceradini)

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■ Ponte di Veja

ripresa di attività carsica in condi-zioni freatiche.La parte terminale della galleria,occlusa da colate, si trova solo aduna trentina di metri dal versantedel Vajo della Marciora e per poconon costituisce un traforo idrogeo-logico. Al momento non vi è nessu-na attività idrica, salvo sparsi e tem-poranei stillicidi nella parte piùinterna.La grotta, a lungo oggetto di studipaleontologici, ha fornito moltissi-mi reperti del Paleolitico Medio eSuperiore ed esemplari di faunaPleistocenica tra cui Ursus spe-leaus, marmotta, cinghiale, stam-becco, cervo, alce e bue primigenio.I primi scavi sono stati intrapresinel 1922 da Achille Forti e RamiroFabiani, continuati nel 1930 daRaffaello Battaglia, portati avantitra il 1947 e il 1949, da Angelo Pasadel Museo Civico di StoriaNaturale di Verona per concludersi,nel 1974, con gli scavi effettuatipresso l’ingresso da partedell’Università di Ferrara. I deposi-ti, costituiti da sedimenti limoso-sabbiosi, hanno evidenziato cicliclimatici che vanno dal clima arido-freddo a quello temperato postgla-

ciale, nell’arco di un periodo che vadalla prima parte dell’ultimo gla-ciale (Pleniglaciale inferiore) con-tenenti industrie musteriane, finoall’ultimo Tardiglaciale. Sono statiritrovati materiali di tipo Gravet-tiano ed Epigravettiano ed anchemolti manufatti di tipo Campi-gnano.Alcuni reperti rinvenuti nelle ulti-me esplorazioni alla Grottadell’Acqua, tra cui frammenti osseidi bisonte e megacero e industrielitiche musteriane, sono attualmen-te in fase di studio presso il MuseoCivico di Storia Naturale di Veronae l’Università di Ferrara.Ricordiamo infine che la Grottadell’Orso ospita un’importantecolonia di chirotteri con un elevatonumero di soggetti attribuibili aben 8 specie diverse, mentre nellaGrotta dell’Acqua sono stati rac-colti esemplari del raro Polides-mide Serradium semiaquaticum, undiplopode detritivoro altamentespecializzato con un apparato boc-cale modificato particolarmenteadatto a filtrare l’acqua, e diLessinodytes caoduroi, un coleotte-ro trechino troglobio rinvenutosolo in due stazioni dei Lessini.

Grotta dell’Acqua: la cavità è formatada una rete di condotti e gallerie che sisviluppano al contatto tra RossoAmmonitico Veronese e Calcari delGruppo di Capo S. Vigilio nella parteiniziale e poi interamente nel RossoAmmonitico Veronese. (Foto A. Ceradini)

Il Rosso Ammonitico Veronese

La formazione carbonatica mesozoica denominata RAVrappresenta una facies pelagica frutto di una sedimentazio-ne lenta e discontinua in un ambiente di soglia sottomarinain cui sono presenti lacune e alternanze di episodi di sedi-mentazione e subsoluzione.Tali condizioni paleogeografiche si realizzano nel Giurassiconella porzione del bacino oceanico Ligure-Piemontesedenominata Piattaforma di Trento strutturalmente solleva-ta rispetto ai vicini bacini Lom-bardo e Bellunese in un periodoche va dal Baiociano Superiore alTitoniano. Il RAV è diffuso, seppurcon locali variabilità, dal MonteBaldo agli altopiani Lessinei di Asiagoe del Trentino meridionale.Nei Lessini il RAV ha una potenzamedia di 20-25 metri e poggia suisottostanti Calcari del Gruppo dicapo S.Vigilio (Giurassico medio p.p.) inmodo sempre molto netto, spesso con hardground.Generalmente appare diviso in due membri a livello di unalacuna situabile tra il Calloviano inferiore e l'Oxfordianosuperiore; tra questi è talvolta evidente uno strato inter-medio caratterizzato da una facies silicea presente sul

Baldo e nel Trentino, ma quasi del tutto assente nei Lessini,corrispondente al Calcare Selcifero di Fonzaso. Il membroinferiore, in cui si sviluppa quasi interamente la Grottadell'Acqua, si presenta come un calcare micritico rosso-roseo, più o meno nodulare localmente con litofacies diver-se: laminare, nodulare, stromatolitica. Particolarmente stu-diato e descritto da numerosi autori è il contenuto paleon-tologico, che abbonda soprattutto di organismi pelagici

cefalopodi (Ammoniti). Le carat-teristiche di resistenza e giacitu-ra, fanno sì che, là dove affiora, ilRAV formi superfici strutturali

pianeggianti alla sommità di rilievitabulari o nei versanti poco inclina-ti, e cornici continue nei solchi valli-vi maggiori. E’ attraversato da unafitta rete diaclasica a maglie piutto-sto larghe che l’azione carsica fa evol-

vere in profondi solchi e crepacci che,separando blocchi di forma squadrata e rettangolare, con-feriscono un aspetto tipico al paesaggio degli altopiani deiLessini, di Folgaria e di Asiago. Il RAV viene estratto e lavo-rato come marmo fin dall’antichità con vari nomi; Nenbro,Rosso Verona, Rosso Magnaboschi, Rosa corallo.

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Grotta dell’AcquaLa grotta, conosciuta finora peruno sviluppo di 70 metri, è l’unicaattiva del complesso: vi fuoriesceinfatti un ruscello che scorre al disotto del ponte e, dopo aver forma-to una cascata, si getta nellaMarciora. La portata è variabile macostante; anche nei periodi siccitosil’acqua, pur non fuoriuscendo dalportale, scorre sotto i detriti allabase del ponte e alimenta sempre lacascata. La cavità è costituita dauna rete di condotti e gallerie che sisviluppano, nella parte iniziale, alcontatto tra CGSV e RAV e poiinteramente in quest’ultima forma-zione. I condotti hanno caratteristi-che freatiche con sezioni variabilida uno a due metri ed il pavimentoè costituito da sedimenti ghiaiosipiù o meno compattati su cui scor-re l’acqua. Le condotte sono impo-state lungo fasci di joint con pianisubverticali, direzionate prevalen-temente a N-S e, in misura minore,E-W; nella parte iniziale e termina-le intercettano camini sviluppatilungo i piani delle fratture maggio-ri. Sono evidenti numerose cupoleemisferiche sulla volta e sulle pare-ti. Il ramo principale, dopo un per-corso iniziale verso S-W, svolta bru-scamente in direzione S-E al disotto del torrente superficiale e ter-mina contro una parete di clasti eargille in cui abbonda il Biancone eda cui filtra l’acqua. Vi sono poialcune diramazioni fossili consezioni minori e morfologie chiara-mente vadose tra cui il principale èil ramo del Megacero che ancorapresenta qualche interrogativoesplorativo. Nella grotta non c’ècorrente d’aria tanto che, quando sisosta, dopo pochi attimi si formauna spesa nebbia di condensazione.

L’esplorazione e la visita al di fuoridei periodi molto secchi (perlopiù imesi estivi) è quasi impossibile per-ché l’acqua occlude rapidamente illume dei sifoni e poi soprattuttoperché nei punti più bassi si devononuovamente asportare i sedimentidi ghiaia.Per l’esperienza finora acquisitanon sembra che la grotta sia sog-getta a piene improvvise, ma èovvio che un rialzo repentino dellivello dell’acqua renderebbe arduase non impossibile l’uscita.

Ipotesi speleogenetichePer quanto riguarda l’origine delcomplesso, allo stato attuale delleconoscenze, la presenza del diccobasaltico che avrebbe separato duediverse aree idrogeologiche a E eda W non sembra essere determi-nante; risulta invece abbastanzaverosimile l’esistenza di un vastobacino di assorbimento situato a Nil cui collettore drenante avrebbepotuto svilupparsi in senso N-Slungo l’attuale corso della Marciorae di cui la Grotta dell’Orso potreb-be rappresentare un tratto residua-le. La Grotta dell’Acqua, per lediverse caratteristiche morfologi-che, sembra invece legata ad un’a-rea di assorbimento limitata allavalletta di Crestena e ai versantisettentrionali del M. Tesoro, cometestimonierebbero notizie sullecolorazioni eseguite con tracciantiin quest’area. Ciò nondimeno lesezioni di alcuni tratti della galleriadi nuova scoperta, benché abbon-dantemente occluse da sedimenti,sono considerevoli e simili - anchese di minori dimensioni - a quelledella grotta dell’Orso e comunque

non paragonabili ad altri condottifreatici sviluppati interamente nelRAV dei Lessini. Risulta oltremo-do difficile interpretare la genesi diun complesso evolutosi con fasialterne in un arco di tempo lunghis-simo che attraverserebbe tuttol’Oligocene e il Miocene, periodi incui sicuramente l’aspetto paleogeo-grafico dei Lessini era così diversodall’attuale. La formazione delladepressione e del ponte sembraquindi dovuta a molti fattori, qualil’approfondimento dell’incisionedel Vajo della Marciora, l’arretra-mento della testata della valle delPonte originata dalla risorgenzacarsica e dalla concomitante pre-senza di fattori favorenti come lecaratteristiche strutturali e litologi-che (strati a franapoggio, diccobasaltico, maggior solubilità e frat-turazione dei CGSV), l’apporto diacque sotterranee superiore all’at-tuale, presenza di vani residuali dicavità preesistenti.

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Grotta dell’Acqua: verso il terzo sifone. (Foto F. Malizia)

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Dimorecelesti per Santie BrigantiAlla scoperta di tre Eremi ai confini fra Lazio e Abruzzo

Tullio Dobosz, Carla GaleazziCentro Ricerche Sotterranee Egeria

Il rapporto fra l’uomo e la grotta risale agli albori della sto-ria umana.Anche l’eremitaggio, per la sua intrinseca ricercadi una alternativa ascetica alla vita comune, è legato all’uti-lizzo di grotte e ripari sotto roccia. Intorno all’anno 1000 ilfenomeno dell’isolamento culminò nella nascita di sette econfraternite che manifestavano la propria spiritualitàvivendo a stretto contatto con la natura, ma non bisognaconsiderare questa scelta come esclusiva prerogativa delperiodo o dei soli religiosi, in quanto fu condivisa da colo-ro che sfuggivano a vessazioni, a terre inospitali, alle propriefamiglie o alla giustizia. Di tanta varia umanità non si con-servano più tracce, contrariamente a quelle ben individua-bili negli ipogei utilizzati a scopo religioso in senso lato,quindi proprie sia del Cristianesimo che del paganesimo (da“pagus” campagna).Ipotizziamo, facendo nostre tesi già esposte da studiosi, chei primi anacoreti si servissero delle grotte prescelte utiliz-zandole nello stato di fatto e che solo la devozione deifedeli, o il successivo ampliamento delle comunità eremiti-che, fecero si che tali rifugi naturali venissero parzialmenteadattati con chiusure in murature a pietra, ingressi dotati diporta, realizzazione di altari o cappelle che andavano adinserirsi nel ridotto contesto, costituendo elementi di signi-ficativa transizione fra la primitiva grotta culturale e la chie-sa poggiante sulle sue fondamenta.L’indagine relativa alla ricerca e riscoperta di eremi rupestri

e grotte-santuario, iniziata molti anni fa da uno degli autori,ha portato nei primi mesi del 2003 ad individuare alcunenuove strutture che vanno ad aggiungersi alla già vastamesse di opere similari del Lazio.

Parole chiaveLazio, GruppoVelino-Sirente, eremi rupestri.

Riassunto

■ Eremi rupestri

LAZIO

GruppoVelino-Sirente

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I l dato comune ai tre complessipresentati in questa sede, che ha

consentito una analisi comparativanon limitata alle semplici emergen-ze strutturali, peraltro piuttostoscontate trattandosi in tutti e tre icasi di ripari sotto roccia, è emersodal sistema di approvvigionamentoidrico, realizzato per mezzo diimponenti opere murarie (Eremidi San Leonardo e San Costanzo)che, nel caso dell’Eremo di PeschioParadiso, trovano il naturale com-pletamento in una cisterna di note-voli dimensioni.

Cenni storiciGli eremi di S. Leonardo e S.Costanzo si aprono lungo scoscesepareti rocciose delle montagnedella Duchessa (Gruppo Velino-Sirente): il primo a circa 1390 m diquota su una piccola cengia cheaggetta su un’alta e suggestivaparete della Val di Fua, il secondopiù in basso, sopra la Valle di Teve,su un esile ripiano roccioso a unaventina di metri dal confine regio-nale. Per giungere ai due eremi sipercorre la strada che parte dall’a-bitato di Cartore (frazione diBorgorose- AQ), posizionato allependici dei Monti della Duchessa,che deve con probabilità il suotoponimo al termine “Castoris”riferibile ad un santuario dedicatoai figli di Giove (Dioscuri oCastori) che sarebbe sorto in corri-spondenza con il paese stesso.Nel Medioevo, dando anche unimpulso economico alla zona, sidiffuse il monachesimo benedetti-no: nel XII secolo sorsero prima il“Monastero di San Leonardo inSelva” e successivamente il“Romitorio di S. Costanzo”.Entrambi i complessi appartenne-ro ai monaci di Farfa.Il “monastero di San Leonardo”,come lo definiscono le fonti che locitano a partire dal 1153 d.C.,doveva trattarsi di un’opera note-vole (del nucleo medioevalerimangono tracce della torre edelle mura perimetrali) frequenta-ta dai pellegrini che la raggiunge-vano per curarsi da malattie artico-lari con i frammenti ferrosi prele-vati nei pressi dell’altare, come

rileva il vescovo di Rieti,Monsignor Osio, ancora nel 1561quando già la struttura era ridottain stato di parziale abbandono.Nel 1587 l’eremo di S. Leonardo furinominato di “S. Paulo semplice”e quello di S. Costanzo “S.Consantio semplice”; da fonti delprimo decennio del 1700 si appren-de che erano riconosciuti ai duecomplessi dei “benefici semplici”:quello di San Leonardo (divenutonel contempo S. Leonardo sulcamino) veniva goduto dal parrocodon Giovanni Antonino, chedipendeva dal monastero di SanPaolo di Roma, quello di SanCostanzo (in Cartore) dal chiericoCesiddio, nominato da don FrancoLuce.Nel 1828 il Vescovo di Rieti,Monsignor Ferretti, fece visita allazona: “Nel territorio di S. Anatogliae precisamente nel Monte Fui, vi èuna grotta con un altare diruto,dedicato a S. Leonardo. Ha unbeneficio semplice padronato dellacasa Colonna la cui istituzione spet-tava all’abate di San Paolo diRoma. Il beneficiato aveva l’obbli-go di contribuire al predetto abate11 once di zafferano all’anno. Oggidì è patronato regio; si possiede dalSig. Canonico don GiuseppePlacidi e le once di zafferano nonpiù si pagano.”Fra il 1850 ed il 1865, sui Montidella Duchessa si segnala la pre-

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Pagina a fianco: Eremo di San Leonardo,veduta d’insieme del sito, dedicato alSanto Patrono dei carcerati, poi anchedei fabbri, fabbricanti di catene,minatori e... briganti.(Foto T. Dobosz)

L’Eremo di San Leonardo si apre a 1390 msu una piccola cengia della Val di Fua.Citato a partire dal 1153 d.C. dovevatrattarsi di un complesso notevole. Qui iresti di un altare o edicola votiva.(Foto T. Dobosz)

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■ Eremi rupestri

senza di briganti, ed in particolare,per la zona oggetto del nostro stu-dio, della banda detta di Cartora,composta da una trentina di ele-menti che si macchiarono di nefan-dezze di ogni tipo.Sull’eremo di Peschio Paradisonon sono state individuate notestoriche.

Eremo di San LeonardoÈ un semplice riparo al culmine diuna cengia obliqua, che si perpetuasulla parete fino alle dimensioni dipochi centimetri, aggirando unapropaggine rocciosa di modestaentità oltre la quale si trova un’al-tra cavità (che non è stata raggiun-ta a causa della notevole difficoltàdi accesso).Dedicato a San Leonardo, origina-riamente patrono dei carcerati suc-cessivamente assunto anche a pro-tettore di fabbri, fabbricanti dicatene e ceppi, minatori e… bri-ganti!; il santo viene prevalente-mente raffigurato con abiti mona-stici e catene, o i ceppi dei prigio-nieri liberati, e a ciò si aggiungonospesso il libro e la croce.Nel riparo principale si trovano iresti murari di una cisterna intona-cata, successivamente ridimensio-nata da un ulteriore tratta muraria,forse per adattarla a riparo. Le

pareti non recano tracce visibili disegni pittorici o incisioni a caratte-re religioso, mentre si notano chia-ramente due piccolissime nicchie,probabilmente votive. Solo recen-temente la devozione popolare havoluto aggiungere, portandola sinoall’eremo, una statuetta alta circa35 cm raffigurante un santo recan-te un tralcio di vite. Le fonti popo-lari attestano che precedentementefosse presente una statua di bendiverse dimensioni (1,5 m) recantein mano un libro con catene(secondo altri un libro in mano eduna corona in testa, o ancora unlibro in una mano ed un bastonenell’altra).Scendendo lungo la cengia siincontrano i resti di un altare piut-tosto articolato, costituito da pietrefinemente lavorate ed il cui pianoorizzontale di celebrazione giaceora rovesciato ed abbandonato.Non sono state rinvenute iscrizio-ni. Lungo le pareti della cengia tro-vano posto i resti di basse cisterneintonacate, quasi delle vasche, evicino a queste alcuni frammentiossei attribuibili con buona proba-bilità ai monaci del luogo (fonti del1700 parlano chiaramente di “pilemortuarie”).Le opere murarie proseguono,molto danneggiate dagli agentiatmosferici e dai massi precipitati

Eremo di San Leonardo – planimetriadel sito. L’Eremo era frequentato ancheda pellegrini che lo raggiungevano percurarsi da malattie articolari conframmenti ferrosi prelevati vicinoall’altare. (Rilievo T. Dobosz, C. Germani -grafica C. Germani e A. De Paolis, 2003)

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dall’alto ed il tratto finale si affac-cia a strapiombo nel vuoto. Lastruttura è visibile, non senza qual-che difficoltà, anche dalla valle sot-tostante.Nel punto più ripido della cengia sipossono ancora notare i resti dellepoderose mura di contenimentodelle strutture superiori.

Itinerario di visitaE’ possibile seguire per un tratto leindicazioni che, partendo dall’abi-tato di Cartore, conducono al Lagodella Duchessa, abbandonando ilsentiero quando, in corrispondenzadi una traccia non molto visibile,una diramazione dello stesso siinerpica sulla sinistra. Il sentiero èscarsamente tracciato, ma si dipanalungo piccole pareti sul lato sini-stro che fanno da punto di riferi-mento. Si continua a salire fino altermine del ripidissimo valloncello,quindi , oltrepassate le rocce visibi-li alla sinistra, si segue un ennesimosentierino che sale obliquamentefino a svalicare un piccolo passag-gio (residuo di antico sentiero) che,quasi orizzontalmente, porta invista del muro a strapiombo. E’anche possibile salire tenendosi piùnel vallone a destra e sempre aggi-rando piccole paretine e seguendoalcune tracce, si giunge fin sottol’eremo, percorrendo anche unbreve tratto di antico sentiero sca-vato nella roccia. Dopo di che, conbrevi arrampicate, si arriva alleprime strutture murarie.In prossimità della struttura e nelvallone sottostante, sono visibilinumerosi frammenti delle tegoleche ricoprivano le costruzioni limi-trofe all’ eremo.Le risalite piuttosto ripide, l’assen-za di sentieri ben definiti e per con-tro la presenza di pareti scosceseed esposte sul percorso, consiglia-no “prudenza” per la visita.

Eremo di San CostanzoDedicato a S. Costanzo, il giovanecristiano eletto vescovo a soli tren-ta anni, noto per sua generositàverso i poveri e per la grande seve-rità verso sé stesso, che fu martiriz-zato nel “calidarium” delle termeromane riscaldate, per la bisogna,

alla stregua di un forno. Uscitomiracolosamente vivo, fu successi-vamente condannato a camminaresui carboni ardenti ed infine, vistivani i tentativi precedenti, decapi-tato intorno all’anno 178 d.C.La cavità, in forte pendenza edinteramente ricoperta da colatecalcaree, è caratterizzata dalla pre-senza di una cisterna cilindrica inmuratura rivestita da intonacoimpermeabile sul quale si notanole iscrizioni dei visitatori dei secoli

Eremo di San Leonardo – prospetto delsito e particolare dell’altare o edicolavotiva. (Rilievo T. Dobosz, C. Germani -grafica C. Germani e A. De Paolis, 2003)

Eremo di San Costanzo: l’ingresso si aprelungo scoscese pareti rocciose dei montidella Duchessa. (Foto T. Dobosz)

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■ Eremi rupestri

scorsi, da una colonna concrezio-nale di notevoli dimensioni, da unafinestra naturale e da scalini inta-gliati sulle colate.All’ingresso una madonnina, postain loco in tempi non remoti, ricor-da ai visitatori l’aspetto religiosodel luogo.Con probabilità la finestra natura-le era utilizzata in passato per con-vogliare acqua verso la cisterna,mentre i gradini trovano ragionesia nella necessità di raggiungere laparte alta della cavità, sia per il piùfacile raggiungimento della fine-stra stessa.Oltre alle molteplici iscrizioni giàsegnalate, all’interno della cisternae sulle pareti concrezionate, nonsono stati rinvenuti segni propria-

mente ascrivibili all’utilizzo reli-gioso, né è stata notata la presenzadi altari nonostante la certa atte-stazione storica già esposta.Interessante la presenza di piccolecanalizzazioni per il trasporto del-l’acqua, realizzate purtroppo adanno dell’apparato concrezionale.La presenza delle scalette è statariscontrata anche in altra strutturasimilare, situata nel comune diPaganico (RI), nella quale i gradinisono funzionali al raggiungimentodi una piccola nicchia fortementeconcrezionata che raccoglie acquadi percolazione.Tale grotta, alla quale è attribuibileun particolare significato religiosolegato al culto delle acque di stilli-cidio, trova quindi questa “curiosa”analogia con l’eremo di SanCostanzo.Essa verrà trattata più diffusamen-te in un successivo articolo, nelquale si presenteranno cavità natu-rali ed artificiali legate a diverseespressioni della religiosità.

Itinerario di visitaLa bella e profonda cavità si apresopra l’imbocco della Val di Teve.Pochi metri oltre la sbarra di fon-dovalle un ripido sentiero sullasinistra, ben visibile, conduce inpochi minuti alle pareti sulle qualisi apre la grotta.

Eremo di PeschioParadiso Più che di una grotta occorre par-lare di un’alta e poco profonda fen-ditura, ben visibile dalla vicinastrada per Prato di Campoli (loca-lità situata a sud del Monte PizzoDeta, alta vetta degli Ernici –comune di Veroli, provincia diFrosinone), alla base di una fasciadi pareti rocciose sul fosso omoni-mo, riadattata con opere murarie.La posizione decentrata rispetto alsentiero e la presenza di una cister-na, ci hanno persuaso ad attribuir-ne la funzione di rifugio a caratterestabile, pur se di modeste dimen-sioni, piuttosto che ad una cappellaeretta all’imbocco della valle perattirare la divina protezione obenevolenza come in un primomomento ipotizzato.

Eremo di Peschio Paradiso.(Rilievo T. Dobosz - grafica C. Germani eA. De Paolis, 2003)

Eremo di San Costanzo.(Rilievo T. Dobosz, S. e C. Galeazzi,C. Germani - grafica C. Germani e A. De Paolis, 2003)

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La valutazione delle opere murarieresiduali non permette di percepirechiaramente quale fosse la struttu-ra dell’eremo, mentre è possibileaffermare che si sviluppava su piùpiani, ciascuno di dimensioni moltomodeste, e che lo sviluppo in altez-za consentiva un rifugio sicuro edisolato una volta recuperata la pro-babile scaletta lignea di accesso.L’ipotesi che i piani fossero colle-gati da scala esterna è confortatadall’assenza di strutture murarieatte al collegamento dei tre pianistessi. Attualmente i piani superio-ri si raggiungono solo in arrampi-cata.Appena fuori la cavità, e quasia ridosso della parete, è possibile

notare una cisterna scavata nel ter-reno alla quale si accede da un pic-colo foro laterale.L’interno, intonacato, è ben conser-vato ed è tuttora visibile l’anticoforo sulla volta, dal quale venivaattinta l’acqua.

Itinerario di visitaPer raggiungere il sito occorreentrare nel fosso dall’ampia curvadella strada sottostante e risalirlofino ad oltrepassare un facile salti-no. Risalire verso sinistra il ripidocrinale boscoso seguendo tracce disentiero non molto evidenti finoquasi a raggiungere le pareti, quin-di deviare a destra costeggiandole.

G. Feo, Eremiti e romitori di Maremma, Editrice Laurum, 2001;

F. dall’Aquila e A. Messina, Le chiese rupestri di Puglia eBasilicata, Mario Adda Editore, 1998;

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R. Francovich, S. Gelichi, R. Parenti,Aspetti e problemi di formeabitative minori attraverso la documentazione materiale nellaToscana Medievale (www.google.it romitori rupestri)

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www.santanatolia.it

www.caifrosinone.it (la grotta di S. Oliva a Cori – LT, di GianniMecchia e Maria Piro)

www.rietionline.net (centri_storici/borgorose_Palazzi)

www.tws.it (borgorose/riserva_duchessa/la memoria)

www.fulginium.com (umbria news - la terra dei santi)

www.perugia.com (sancostanzo)

www.regione.abruzzo.it (turismo)

web.tiscali.it (valledelsalto)

Eremo di Peschio Paradiso: le pocheopere murarie non permettono dicapire la struttura originaria anche selo sviluppo in altezza ne faceva unsicuro e isolato rifugio. (Foto T. Dobosz)

Bibliografia

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■ Funghi di grotta

Nell’ottobre 2003, duranteun’uscita bio-speleologica

nella Buca delle Campore furonoosservate due strane formazionifungine di grosse dimensioni. Lacavità (1217 T/Lu) si apre a 430metri slm nel Comune di Pescaglia(Lucca) sulla sinistra orografica delRio delle Campore; nota da tempo,la Buca è stata rilevata e catastatadal G.S.A.Valfreddana. La grotta si apre nei CalcariSelciferi del Giurassico Superioreha una lunghezza di 40 metri e undislivello di –8 metri; nella parteterminale è presente un laghettoperenne, alimentato da acque distillicidio e da piccole venute d’ac-

qua provenienti da alcune fessura-zioni delle pareti.La Buca delle Campore, pur essen-do di dimensioni così modeste, èuna cavità particolarmente nota inzona poiché ospita nel periodonatalizio un caratteristico Presepeche richiama ogni anno numerosis-simi visitatori. Per questo motivoall’interno della grotta sono stateposizionate alcune attrezzature inlegno e un ponticello in larice,necessario per raggiungere un’iso-letta situata al centro del laghettoterminale.Nell’estate 2003, a causa della note-vole siccità, il livello del lago eradiminuito di ben quattro metri,

Alcuni spettacolari miceli in una grotta delle Alpi Apuane

Francesco Mantelli SSI; Francesco De Sio G.S.Fiorentino;Damiano Pierotti G.S.A.Valfreddana

Quando i funghi vanno in grotta

Sopra: imponente micelio di Pleurotus ostreatus sulle travi di larice della passarella che attraversa il laghetto della Buca delle Campore.

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lasciando all’asciutto il ponte. Latemperatura di 12 °C e la forte umi-dità avevano creato le condizioniambientali per lo sviluppo di unaformazione fungina che ha origina-to un imponente micelio sulle travidi larice, con strutture piriformilunghe 40-60 cm. Queste formazioni sono scomparsequando l’acqua del lago è tornata allivello abituale. Eseguiti prelievidei diversi miceli rinvenuti e messiin contenitori sterili, i campionisono stati poi inviati per la determi-nazione al dott. F. Bersan dell’Uni-versità di Trieste.I risultati hanno riconosciuto lapresenza di Pleurotus ostreatus cheper fruttificare ha prodotto la gran-de massa miceliare; la dimensione ela strana forma sono dovute essen-zialmente alla presenza di elevataumidità ed al buio. Il Pleurotus ostreatus è detto vol-garmente Gelone, perché fruttificain autunno - inverno o ancheOrecchione per la caratteristicaforma a cappello di 20 cm ad ampioventaglio e a orlo involuto. Il colo-re è grigio più o meno intenso e unasuperficie liscia e asciutta. Lelamelle, molto decorrenti sulgambo, sono di colore bianco-crema. Il gambo è lungo fino a 6 cmed è inserito sul cappello lateral-mente. Il suo habitat generalmenteè rappresentato da tronchi di latifo-glie, dove si comporta da parassitase sono vivi, oppure da saprofita sesono secchi. E’ un fungo commestibile, sui tron-chi si dispone a mensole e graziealla sua attività saprofita svolge lafunzione importante di disgregazio-ne e mineralizzazione. Viene colti-vato su larga scala preferibilmentein ambienti chiusi, l’habitat ottima-le è essenzialmente costituito dacave, grotte naturali ed artificiali,dove è più facile regolare le condi-zioni atmosferiche: temperatura,umidità ed areazione devono esse-re controllate e costanti. L’altrofungo trovato nella Buca delleCampore si è sviluppato su alcunipali di castagno ed è stato determi-nato come Coprinus Truncorum, ilcui sclerozio arancio-bruno si eraesteso per diversi metri sulle colatedi calcare del pavimento della grot-

ta. Il Coprinus truncorum ha uncappello largo sino a 3 cm di dia-metro, da globoso a campanulato,deliquescente, con il margine stria-to, il colore è bruno miele. Lelamelle larghe sono ascendenti,bianche poi rosate, infine nere perle spore. Il gambo è cilindrico,allargato in basso, bianco tendenteal giallo alla base.E’ uno dei Coprinus più comunirinvenibile dalla primavera all’au-tunno su residui legnosi e detritivegetali. La presenza di questi due funghi èquindi da correlarsi all’elevata fre-quentazione della grotta, specie nelperiodo natalizio e al fatto che perraggiungerla è necessario percorre-re un sentiero nel bosco e, ovvia-mente, alla presenza delle struttu-re in legno poste al suo interno.

Si ringrazia il Dott. Franco Bersandel Dipartimento di Biologiadell’Uni-versità di Trieste e R.Palla del GSAVF per le immaginifotografiche messe a disposizione.

Bibliografia:Pierotti D. (2003) “Le grotte delComune di Pescaglia”, Talp n. 26,pag. 40-43.

Rizocelio di Coprinus truncorum.

Strutture piriformi lunghe 40-60 cmdi Pleurotus ostreatus.

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■ I giganti

Le grotte non sono un ambienteparticolarmente favorevole

allo sviluppo di cristalli ben forma-ti e riconoscibili: di solito infatti idepositi chimici che vi si formanodanno luogo a concrezioni, anchegigantesche, e solo raramente pos-siamo osservare in grotta cristalliisolati. Per oltre il 90% dei casi sitratta di scalenoedri o romboedri dicalcite che, comunque, solo in casisporadici raggiungono dimensionidecimetriche. Naturalmente, anchese rare, sono note cristallizzazionidi molti altri minerali di grotta (sal-gemma, quarzo, barite, etc.) chedifficilmente comunque superano ipochi centimetri e molto più spessosono visibili solo al microscopioottico o addirittura a quello elettro-

nico. Unica eccezione è il gesso,che molto spesso si presenta bencristallizzato, sia in cristalli singoliche in geminati o druse più o menocomplesse. Questo minerale poi, avolte, permette anche lo sviluppodi veri e propri giganti…

Dove nel mondoCome altro potrebbero infatti esse-re chiamati i prismatici della Cuevade los Cristales a Naica (Messico)che, raggiungendo lunghezze anchedi 8 metri con diametri ben superio-ri al metro, sono attualmente digran lunga i più grandi cristalli digrotta al mondo?Ma il caso messicano non è assolu-tamente isolato: infatti giganti di

I giganti di grottaDal Messico all’Ucraina i più grandi cristalli del mondo.Ma anche in Italia...

Paolo Forti

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Pagina a fianco: dentro al geode gigantedi Pulpì, nella miniera di Pilar deJaravìa in Spagna. La grotta, scoperta dacercatori di minerali e ora chiusadall’Università di Almeria, è statatrasformata in laboratorio scientifico.

I prismatici della Cuevas de losCristales, Miniera di Naica in Messicoraggiungono lunghezze di 8 metri condiametri superiori a un metro(Foto: P. Petrignani, La Venta)

gesso di 1 o 2 metri di lunghezzapossono essere osservati all’internodelle grotte in gesso di Sorbas inSpagna o dell’Ukraina, o ancoradare luogo a quelle stalattiti mono-cristalline note come “candelieri”presenti nelle grotte ipogeniche incalcare quali la Lechuguilla nelNuovo Messico, la Kup Koutuncave in Turkmenistan e altre anco-ra. A questo punto una domandasorge spontanea: come mai il gessosì, e gli altri minerali di grotta no?In altre parole: quali sono i motiviche permettono a questo mineraledi sviluppare nelle cavità naturaligrandi cristallizzazioni invece dicostruire concrezioni, come fannonormalmente la calcite, l’aragonitee tanti altri minerali anche menocomuni?La risposta ci viene fornita dallacaratteristiche chimico - fisiche delgesso e dai processi minerogeneticiche ne condizionano la formazionein grotta. Innanzitutto il gesso èabbastanza solubile (quasi 2.5 g/l incondizioni normali di temperaturae pressione) e quindi il raggiungi-mento della sovrasaturazione per lasua precipitazione non è assoluta-mente facile; inoltre i meccanismiche possono portare ad un aumen-to della sua concentrazione nellasoluzione sono vari (evaporazione,ossidazione, diffusione e doppioscambio) e spesso, anche se nonsempre, abbastanza lenti.Proprio la bassa o bassissima sovra-saturazione è la premessa fonda-mentale per avere grandi cristalli:in queste condizioni infatti l’accre-scimento (fenomeno che richiedel’organizzazione bidimensionaledella materia) è favorito rispettoalla nuova nucleazione (creazionedi nuovi germi cristallini che neces-sariamente richiede l’organizzazio-ne tridimensionale della materia).Un ulteriore impulso a questo pro-cesso viene dall’alta solubilità delgesso che, nel caso si arrivi al limitedi saturazione (soluzione néaggressiva né concrezionante),rende possibile una rapida “canni-balizzazione” dei germi cristallinipiù piccoli da parte di quelli mag-giori: questo giustifica il fatto chespesso si osservano grandi cristallidi gesso che si “alimentano” da

moonmilk dello stesso minerale,mentre ciò non avviene mai per lacalcite o altri minerali meno solubi-li. Una volta chiarito il contesto incui si possono sviluppare i grandicristalli di gesso diviene abbastanzasemplice scegliere l’“ambiente” incui sarà più facile trovare i gigantidi grotta.In generale essi si saranno formatidove le condizioni ambientali sisono mantenute più costanti possi-bile per un lungo lasso di tempo, inmodo da conservare inalterata lasovrasaturazione, seppure moltobassa, rispetto al gesso. Tali condi-zioni sono quelle caratteristiche diacque profonde, ricche in solfuri,che risalgono lentamente sino ad

Stalattite macrocristallina formata dacristalli di gesso (Grotta di CalaFetente, Salerno).

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■ I giganti

incontrare un acquifero meteorico,il cui ossigeno, diffondendo lenta-mente nel sottostante acquiferotermale, ossida lo ione solfuro asolfato che, reagendo a sua voltacon gli ioni calcio già presenti nellasoluzione, causa una sovrasatura-zione rispetto al gesso. E’ questa la situazione che ha por-tato alla evoluzione non solo dellaCueva de los Cristales nella minie-ra di Naica in Messico, ma anchedella Geode gigante di Pulpì nellaminiera di Pilar de Jaravìa inSpagna. Questa cavità, esploratasolo alla fine del 1999, è caratteriz-zata da cristalli sicuramente piùpiccoli di quelli di Naica (1-2 metrimassimo), ma di una perfezionecristallina e di una trasparenzaassolutamente impressionante.La Geode, come spesso accade, èstata scoperta da cercatori di mine-rali che, fortunatamente, dopo averasportato solamente due cristalli (sidice che siano stati venduti ognunoper circa 50.000 euro) hanno decisoche una tale meraviglia dovesseessere preservata, cosa che oggiaccade grazie all’Università diAlmeria che ne ha curato la chiusu-ra e la sua trasformazione in labo-ratorio scientifico.

E in Italia?Se non si considerano i cristalli digesso lenticolari, che si sviluppanonegli interstrati marnoso argillosidei gessi messiniani, in particolare

vicino a Bologna, in bibliografianon esiste nessuna segnalazione digrandi cristallizzazioni di gessoall’interno di grotte, anche se i cam-pioni di gessi provenienti da varieminiere (per esempio Niccioleta inToscana o le Solfare siciliane) ciindicano che sicuramente anche danoi dovevano esistere grotte diminiera simili, per dimensione egenesi, a quella di Pulpì in Spagna.Purtroppo in Italia sono state sco-perte quando ancora le parole “sal-vaguardia e valorizzazione” nonavevano alcun significato e quindi“sacrificate” al collezionismo distato o, peggio, privato.Eppure è assolutamente sicuro chele grotte che ospitano di gran lungai più grandi e bei cristalli di gesso almondo sono in Italia e precisamen-te in Sicilia nella miniera di zolfo diCozzo Disi presso Casteltermini.Questi giganti farebbero impallidi-re quelli di Naica per dimensioni equelli di Pulpì per trasparenza:“…tra i cristalli di gesso ivi presen-ti prevalgono quelli in posizioneverticale, con le pareti perfetta-mente lisce e le facce superiori ine-guali.. Alcuni hanno un’altezza di3-5 metri, una lunghezza di 8-16metri e una spessore di 2-4 metri esono trasparenti al punto da con-sentire il riconoscimento delle per-sone che si dovessero trovare dal-l’altra parte.” (La Porta 1992) Ma non è attualmente possibilevederli perché le grotte che li ospi-tano (localmente conosciute come“Garbere”) si trovano a 300 metrisottoterra e le gallerie minerarieche un tempo permettevano di rag-giungerle sono state abbandonate ecolmate oltre mezzo secolo addie-tro. Proprio per questo motivo iltecnico minerario, che da giovaneiniziò il suo lavoro come topografoin quelle “garbere”, dopo oltre 40anni, ha voluto lasciare testimo-nianza manoscritta di quanto lui e isuoi compagni di lavoro videro inquel, oramai lontano, 1949.Probabilmente l’oblio che hacoperto per tutti questi anni le“Garbere” di Cozzo Disi e i lorogiganti di gesso è stato indispensa-bile per conservare un patrimoniomineralogico assolutamente unicoal mondo e che certo sarebbe stato

Sotto e pagina a fianco: due immaginide la Cueva de los Cristales, Miniera diNaica (Messico), misurazioni climatiche.

Particolare dei cristalli di gesso dellageode gigante di Pulpì: la cavità è stataesplorata nel 1999 e i suoi cristalli, di 1– 2 metri al massimo, sono di unaperfezione cristallina e trasparenzaimpressionante.

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Forti P., Casali R., Gnani S.1983 Guidaai gessi del Bolognese, Ed Calderini,Bologna: 1-82

Hill C.A., Forti P. 1997 Cave minerals ofthe world NSS, Huntsville, 464 pp

La Porta A. 1992 Informazioni sullemaestose cavità naturali di Cozzo Disipresso Casteltermini. Manoscrittodepositato presso il Centro Italiano diDocumentazione Speleologica “F.Anelli” 20 pp.

I giganti di gesso di una Garbera nella miniera di zolfo di Cozzo Disi (Sicilia):la grotta è attualmente irraggiungibile perché le gallerie minerarie sono stateabbandonate e colmate oltre cinquanta anni fa.(Disegno originale di Antonio La Porta)

Grotta Zooluska, Ukraina: grandegeminato a ferro di lancia sul soffitto diuna galleria

irrimediabilmente distrutto nei rug-genti anni ’60 e ’70. Ma ora lacoscienza ambientalista è moltocresciuta anche relativamente alleemergenze geologiche e mineralo-giche, tanto che è quasi normaleparlare di Geositi e della loroimportanza, non solo scientifica,ma anche, e direi soprattutto, dalpunto di vista economico.Molte miniere abbandonate, infat-ti, sono tornate a nuova vita, graziealla loro trasformazione in oggettiprivilegiati di turismo ecocompati-bile. Che cosa si aspetta per rende-re di nuovo visibili i giganti di gessodi Cozzo Disi?Mi farebbe davvero piacere se tuttala comunità speleologica italiana, acominciare da quella sicilianaovviamente, si prendesse a cuore lastesura di un progetto in tal senso:progetto che, non dubito, riceve-rebbe tutte le attenzioni che meritadagli Enti, sia locali che nazionali,interessati alla gestione e alla valo-rizzazione del territorioIo sono pronto, diamoci da fare!

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■ Santo Tomás

La spedizione Santo Tomás 2003 haavuto come area di interesse la GranCaverna de Santo Tomás, la grotta piùnota di Cuba, lunga oltre 46 km che sisviluppa su 7 livelli ad andamento sub-orizzontale, nella Sierra de Quemado(provincia di Pinar del Rio). La grottapresenta una grande varietà di morfo-logie e formazioni secondarie, oltre aessere famosa per ritrovamentipaleontologici ed archeologici. Un set-tore dei livelli fossili più alti è utilizza-to come grotta turistica. Le ricerchesvolte nel corso della spedizionehanno riguardato una parte del com-plesso sistema carsico con epicentroil Salón del Caos, una vasta sala pro-dotta da innumerevoli crolli nella zonain cui confluiscono molte gallerie. Quivengono descritti alcuni dei rilievi ese-guiti e i risultati sinora acquisiti.

Parole chiave:Cuba, spedizione, carsismo tropicale,Santo Tomás.

AbstractThe paper deals with the activities ofthe expedition Santo Tomás 2003, car-ried out in December 2003.The GranCaverna de Santo Tomás is probably themost famous cave in Cuba: over 46km long, it is located in the westernpart of the island, and consists of 7 dif-ferent levels of caves, the lowest ofwhich is active and occupied by theArroyo de Santo Tomás.The site is partof the Sierra de los Organos mountainridge, a classical example of the conekarst type, which is characterized bythe presence of mogotes, the typicalisolated carbonate hills with vertical

Nel Caos della Gran Cavernadi Santo TomásI risultati dell’ultima spedizione scientifica nella più grande cavità cubana

A cura di Mario Parise Gruppo Puglia Grotte, Castellana-Grotte;Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica, CNR, Sezione di BariContributi di: Umberto Del Vecchio, Mario Parise, Rosa Potenza, Manuel V.Valdes Suarez,Angela Vecchione

Riassunto

La Valle di Viñales, teatro dellaspedizione Santo Tomás, ripresa dallaCueva de los Santos. (Foto R. Potenza)

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L idea di una spedizione a Cubanasce a novembre 2002, a segui-

to dell’incontro con la delegazionecubana in visita in Italia.Dopo i primi contatti, prende corpol’idea di organizzare una spedizionededicata alla Gran Caverna de SantoTomás, la grotta più nota di Cuba,dichiarata Monumento Nazionale il 5giugno 1989 in occasione della gior-nata mondiale dell’ambiente, per lasua importanza naturalistica, carsica,paleontologica, archeologica e storica.L’intricato sistema della Gran Ca-verna de Santo Tomás è formato da 7livelli principali di grotte sovrapposte,ad andamento prevalentemente sub-orizzontale. Il più basso, ad una quotadi 125 m slm, è quello attivo e corri-sponde all’attuale corso sotterraneodell’Arroyo Santo Tomás. La lunghez-za ad oggi esplorata del sistema carsi-co supera i 46 km, ma le tante galleriepresentano numerose diramazioni conpossibilità di ulteriori esplorazioni.

Note storicheNel corso della sua storia, la GranCaverna de Santo Tomás è stata dimo-ra per gli indigeni e, in tempi piùrecenti, per i cimarrones, nome concui si designavano gli schiavi fuggiti

dal lavoro nelle piantagioni, che ave-vano trovato rifugio e dimora in variegrotte di Santo Tomás nel corso dellaprima metà del XIX secolo. I contadi-ni delle valli limitrofe, inoltre, hannofrequentemente utilizzato alcuni deicorsi d’acqua che scorrono nelle grot-

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walls and rounded top. Activity ofour expedition consisted in topo-graphic surveys, and geological andmorphological observations in thesector of the cave closer to theValle de Santo Tomás. Most of thework was devoted to Salón delCaos, one of the largest caverns inthe karst system, originated by agreat number of huge falls of rocksfrom the vault and the walls of theoriginal chamber.

Key words:Cuba, expedition, tropical karst,Santo Tomás.

Imponente colonna nella Cueva deSalòn. (Foto A. Marangella)

Carta geografica di Cuba da un disegnodi Nuñez Jiménez. Nel riquadro la zonad’indagine della spedizione “SantoTomàs 2003”.

A sinistra: carta della Sierra del Que-mado, nella Sierra de Los Organos da:“Internationaler Karst Atlas” 1:40.000di H. Lehman, H. Mietzner, 1956.

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te come riserva potabile durante perio-di di siccità, hanno estratto guano dausare come fertilizzante dei campi ditabacco e hanno usato le cavità comerifugio durante i cicloni. Da ricordarepoi l’uso della Cueva del Salón comeluogo di balli e feste, grazie alle gran-di dimensioni ed alla facilità di acces-so. Santo Tomás riveste notevoleimportanza anche nella storia contem-poranea: il 31 agosto 1959, infatti, nelcorso della visita del ComandanteFidel Castro alla Valle di SantoTomás, viene fondata nella Cueva deMesa la Prima Milizia Contadina dellaRivoluzione Cubana, denominata LosMalagones e costituita da 12 campesi-nos delle limitrofe campagne.Le esplorazioni sistematiche della

Gran Caverna de Santo Tomás comin-ciano nel 1954, ad opera di AntonioNúñez Jiménez, padre della speleolo-gia cubana, nato adAlquíza, nella pro-vincia dell’Avana il 20 aprile 1923,che a soli 17 anni fondò la SociedadEspeleológica de Cuba, conservandola carica di Presidente sino al settem-bre 1998, data della sua morte. Il 1°gennaio dell’anno successivo si attra-versa per la prima volta l’intera dorsa-le della Sierra de Quemado per viasotterranea, passando per la Cueva deRepresa. Con il proseguire delle ricer-che, aumenta lo sviluppo del sistemacarsico di Santo Tomás, che acquistasempre maggiore fama, divenendouna delle più note grotte del continen-te americano. La seconda fase di

Nel corso delle esplorazioni alla Gran Caverna de SantoTomás numerosi sono stati anche i ritrovamenti archeologi-ci; tra gli altri, nella Cueva de la Incognita, è stato rinvenutoil più antico scheletro di indigena dell’occidente cubano,risalente a 3420 ± 200 anni fa. Certamente però, la scoper-ta archeologica più nota riguarda le incisioni rupestri pre-senti all’interno della Cueva de Mesa: un tratto della grottalungo circa 11 metri (la Galería de García Valdés, in onoredell’archeologo pinareño Pedro García Valdés) è ricopertoda molteplici segni raffiguranti il sole, spirali serpentiformi,rombi, croci e altri simboli di non immediata interpretazio-ne.Tra le simbologie presenti, particolare interesse desta ilrombo che spesso rappresenta, nelle raffigurazioni degliindigeni, la rana, animale particolarmente venerato da moltigruppi culturali americani.Antonio Núñez Jiménez contò esattamente 27 petroglifisulle pareti di questo tratto, e li descrisse in un articolopubblicato nel 1955. Non si tratta certo dell’unico ritrova-mento di questo tipo, visto che petroglifi simili sono statirinvenuti in altre grotte cubane, tra cuila Caverna de las Cinco Cuevas lungo lacosta dell’Avana, e la grotta La Pinturanella penisola di Guanahacabibes. Sullabase di considerazioni degli studiosidel settore, nonché di altri ritrova-menti archeologici, si può ipotizzareche i petroglifi possano risalire allacultura pre-agroalfarera (che tipica-mente lavorava le conchiglie delloStrombus) e in particolare aiGuanahatabeyes del gruppo GuayaboBlanco. I petroglifi sono stati ottenutiraschiando con l’unghia o con unoggetto appuntito la superficie altera-ta che ricopre la roccia calcarea. Fra leincisioni di Santo Tomás, degna di par-ticolare menzione è quella descritta

da Núñez Jiménez con il numero 25, e da noi utilizzatacome logo della spedizione: si tratta di una figura antropo-morfa e serpentiforme, alta 53 cm e larga 24, rappresenta-ta quasi nell’atto di correre. La parte serpentiforme inte-ressa la testa della figura e le ricade poi sui lati, a formarnele braccia, con un’ondulazione che esprime chiaramente ilmovimento. Figura metà uomo e metà serpente, raffigura-zione di antiche divinità?Come ogni attività umana, presente o passata, anche l’artedeve essere valutata e studiata nel contesto complessivo incui si è formata, del quale costituisce una delle manifesta-zioni ed uno dei tasselli che compongono il mosaico del-l’affermarsi di una cultura: la roccia con il segno inciso chediviene simbolo, materializzazione dell’idea, accumulo nonverbale di informazioni così trasmissibili alle generazionisuccessive. L’arte è legata a quei bisogni non materiali chevanno ad occupare spazi sempre maggiori nella vita dei varigruppi umani: con la graduale comparsa di necessità asso-ciate alla convivenza sociale, nuovi sistemi di comunicazioni

- più stabili della comunicazione oralee più diversificati - divengono semprepiù indispensabili. E’ in questo conte-sto che l’arte acquista tutta la suaimportanza: con essa le idee possonoattraversare le generazioni. I segniincisi sulla roccia costituirono quindi ilprimo veicolo per la sopravvivenza delgruppo sociale e la trasmissione delleconoscenze. Essi devono essere giudi-cati per quello che sono: l’espressionedi un’idea del mondo. Al di là dell’o-biettivo specifico di decifrazione deisingoli segni, di attribuzione di signifi-cati e di comprensione delle opere,ciò che comunque traspare è il sensodi un approccio complessivo almondo, e questo non è poco.

Le incisioni di Santo Tomás

Lo “stregone”, il petroglifo che abbiamoadottato come logo della spedizione.(Rilievo e rielaborazione grafica di N.Iglesias Martinez e A. Secchione)

Una parte del Salón del Caos, ripresonel settore che si estende dall’ingressodella Cueva Increible a quello dellaCueva Escarlata. (Foto E. Loreto)

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esplorazioni, iniziata nell’agosto 1959e durata fino al 1970, porta alla sco-perta di nuovi ambienti e, per la primavolta, all’utilizzo dei traccianti checonsentono di provare il collegamentotra il Sumidero de los Cerritos e laCueva de Represa, e, quindi, con ilRio Frío nella Valle de Quemado.La terza fase esplorativa inizia nel set-tembre 1983, con una spedizione cheintende analizzare gli effetti prodottidalle inondazioni connesse alladepressione ciclonica del 14 giugno1982; in quell’occasione l’acquaoccupò la valle di Santo Tomás fino a14 metri al di sopra del Sumidero delRío Santo Tomás, per cui numerosecaverne del sistema (tra cui il SegundoCauce e la Cueva de Mesa) furonoallagate. Nel corso di questa faseviene esplorata la Cueva Borras yValcárcel, oltre al primo pozzo delsistema, di 16 metri di profondità. Unimportante avvenimento segna poi l’a-prile del 1985: l’inaugurazione dellaEscuela Nacional de Espeleologia.Infine, dall’inizio degli anni novanta,comincia la quarta fase esplorativa,

inizialmente sul versante orientaledella Sierra de Quemado; successiva-mente, gli esploratori si suddividonoin vari gruppi, ognuno dei quali inca-ricato di esaminare una specifica zonadella dorsale. L’organizzazione dellefasi esplorative e la suddivisione inaree di ricerca consentono di incre-mentare ulteriormente la lunghezzatotale del sistema e di superare i 45 kmdi grotta. In questa fase compaionoper la prima volta anche gli speleologiitaliani, che prendono parte alle atti-vità nel 1996.

Inquadramento geologico-geomorfologicoCuba presenta una costituzione geolo-gica tra le più complesse della regioneCaraibico-Antillana. Nel settore occi-dentale cubano, l’elemento strutturaledi maggiore importanza è la faglia chesepara l’ampia pianura di Pinar delRío dai cosiddetti terreni sud-occiden-tali, nell’ambito dei quali ricade l’areadi Santo Tomás.All’interno di tali terreni sono stateindividuate differenti sezioni lito-stra-

Topografia della Gran Caverna de SantoTomás (modificata dall’originale elabo-rato nel 1970 da Antonio NúñezJiménez, e successivamente aggiornato a cura della Sociedad Espeleológica de Cuba). (Elaborazione grafica di U. Del Vecchio e R.Tedesco)

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tigrafiche, affioranti lungo fasce adorientazione prevalente NE-SW, chesono il prodotto di sovrascorrimenti avergenza N-NW, successivamente sot-toposti a ulteriori fasi deformative.Il sistema carsico di Santo Tomás sisviluppa in una delle sezioni più anti-che di queste complesse successioni,ed in particolare nei calcari stratifica-ti, con intercalazioni di selce dellaFormazione Guasasa, sovrapposti aquelli a stratificazione più sottile dellaFormazione Jagua. Nell’insieme, ledue formazioni costituiscono le seriecarbonatiche del Giurassico superiorenella Sierra de los Organos.Oltre il 60% del territorio cubanorisulta costituito da rocce solubili, ilche rende Cuba un’isola eminente-mente carsica. Il carso a coni, la cuimanifestazione principale è la Sierrade los Organos, è famoso in tutto ilmondo; Cuba, tuttavia, non presentasoltanto forme carsiche riconducibili aquesta tipologia, ma una grandevarietà di paesaggi carsici, la cui dif-fusione sul territorio evidenzia il ruolofondamentale che le condizioni geolo-gico-strutturali hanno svolto nellagenesi e nell’evoluzione del paesag-gio. Le forme del rilievo, infatti, sonogeneralmente controllate dalle struttu-re tettoniche, oltre che dall’erosioneselettiva allorquando si trovano a con-tatto litotipi con diversa resistenzaall’erosione. L’evoluzione del paesag-

gio va quindi analizzata considerandoi processi carsici congiuntamente aglieffetti derivanti da altri processi.La Sierra de los Organos fa partedelle montagne calcaree dell’ovestcubano, a contatto con la Sierra delRosario a E, mentre a SSW è limitatadalla pianura di Pinar del Río. E’costituita da dorsali strette e parallelea sommità arrotondata, separate dazone pianeggianti o blandi rilievi col-linari, che racchiudono numerosihoyos e valli molto fertili, taloracomunicanti attraverso stretti passag-gi, ma, più di frequente, collegate soloper via sotterranea. Tra gli ambientipiù noti di questo paesaggio carsico èla Valle di Viñales, al contatto trarocce calcaree e materiali terrigeninon carsificabili. La valle presentanumerosi mogotes, rilievi calcareidalle pareti molto inclinate o verticali,che si innalzano sino a oltre 100 msulle pianure che li ospitano. I mogo-tes (alla cui formazione concorrononumerosi fattori, tra cui litologia, tet-tonica, forte intensità dei processi car-sici, processi graviclastici) presentanola sommità arrotondata e spesso sepa-rano ampie valli tettono-carsiche ocarsico-erosionali. Altre forme carsi-che epigee, frequenti nella Sierra delos Organos e nella limitrofa Sierradel Rosario, sono le doline isolate,denominate hoyos, connesse a crollidelle volte di antiche cavità in corri-spondenza dei punti di incontro tra piùvie sotterranee; e le uvalas, generatedalla coalescenza di singole doline.

La spedizione“Santo Tomás 2003”La Sierra de Quemado, allungata indirezione NNW-SSE per circa 8,5 km,è la dorsale montuosa che ospita laGran Caverna de Santo Tomás, obiet-tivo della nostra spedizione. Se il per-corso per raggiungere il villaggio di ElMoncada è di per sé eccezionale, aipaesaggi cubani si aggiungono gliincontri con la popolazione locale, lecui modalità di spostamento da un vil-laggio all’altro sono per noi assoluta-mente inusuali. I gruppi di personeche si affollano ai margini delle stra-de, nell’attesa di un camion o qualun-que altro mezzo che dia loro un pas-saggio, diventano una costante delle

All’imbocco del Lago Liduvina, nel setto-re di confluenza tra la Cueva de Mesa ela Cueva Tapiada. Il lago prende nomeda Liduvina Azcuy, che partecipò insie-me a Núñez Jiménez alle prime esplora-zioni di questo settore del sistema car-sico. (Foto A. Marangella)

Concrezioni eccentriche nella parte fina-le della galleria Escarlata.(Foto A. Marangella)

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nostre giornate. Anche la nostra mal-concia guagua (l’autobus su cui viag-giamo, dal penetrante odore di benzi-na) diviene in più occasioni veicolo ditrasporto per donne, bambini, contadi-ni ed anziani. L’arrivo alla Escuela cilascia poi senza fiato. Un primo sguar-do al versante orientale della Sierra deQuemado, ai piedi del quale ci trovia-mo, mostra innumerevoli ingressi digrotte a varie altezze: un paradiso spe-leologico!I lavori della spedizione comincianosubito, già decisa la zona di interesse:il settore del sistema carsico più pros-simo agli ingressi di Santo Tomás,incentrato su quella che riteniamo unadelle zone più importanti dell’interocomplesso, il Salón del Caos. Da subi-to ci si rende conto da un lato dellaenorme ricchezza e varietà di morfo-logie e, dall’altro, del fondamentaleruolo svolto dalla tettonica nell’impo-stazione della maggior parte delle gal-lerie del sistema carsico. Le direzionidi sviluppo delle gallerie, così comel’andamento a meandri di alcuni tratti(ad es., Antorchas, il tratto finale diTapiada, parte del Segundo Cauce), egli allineamenti dei principali hoyos,che in più parti del sistema si interval-

lano a tratti sotterranei, risultano con-cordanti con i principali sistemi tetto-nici dell’area, orientati SW-NE e circaN-S.Il tratto in cui stiamo lavorando si svi-luppa sui livelli più bassi del sistema,essenzialmente il secondo ed il terzo,con limitate puntate a qualcuno deilivelli superiori; ci muoviamo spessonei pressi delle parti attive della grottae sono frequenti le situazioni in cui siincontra l’acqua. E’ il caso delle galle-rie del Segundo Cauce (SecondoAlveo), chiamato così perché in condi-zioni di piena - quando il Sumidero deSanto Tomás non è in grado di conte-nerle - le acque inondano questa partedel sistema. I più begli esempi di gal-lerie freatiche si rinvengono in questotratto, con forme variabili da circolari,a ellittiche, a fusoidi.Anche la zona di confluenza tra Cuevade Mesa e Cueva Tapiada presentaacqua in corrispondenza del LagoLiduvina. Dopo tale punto, le gallerieassumono andamento meandriforme ei crolli diventano sempre più frequen-ti man mano che ci si avvicina allazona da cui si diparte l’angusto colle-gamento, in salita tra blocchi crollati einstabili, con il Salón del Caos.

Il Lago del Rinoceronte, nella parte ter-minale della Cueva Tapiada.(Foto G. Campanella)

Pianta e sezioni del Salón del Caos.(Elaborazione grafica di U. Del Vecchio eR.Tedesco)

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Lasciandosi sulla destra tale passaggioe proseguendo negli stretti passaggidella Cueva Tapiada, si arriva invecead una delle più belle sorprese diSanto Tomás: il Lago del Rinoceronte.Il Salòn del Caos è senza ombra didubbio uno dei punti chiave del siste-ma di Santo Tomás. Ci si può arrivareda molte direzioni, seguendo le nume-rose gallerie che, con morfologie dif-ferenti, confluiscono nell’enormesalone, in cui si iniziano ad intravede-re massi crollati, di dimensioni sem-pre più grandi, alcuni veramenteimpressionanti: e di colpo, ti rendiconto di essere entrato nel Caos!Proviamo a descriverlo provenendodalla galleria di Antorchas. Lungo ilcammino, la morfologia della grotta

cambia: la concrezionata gallerialascia posto ad un ambiente completa-mente diverso, molto più ampio,caratterizzato da un caotico accumu-larsi di massi che porta, dopo una ripi-da risalita, al Salòn del Caos: il dia-metro della sala, che si sviluppa pre-valentemente in direzione NW, superai 100 m e la volta i 15 m, ma sicura-mente è questa una stima per difetto,perché i crolli hanno elevato la quotadel piano di calpestio. Arrivare nelCaos, e muoversi le prime volte inquesto ambiente, dà la sensazione dispostarsi tanto, di percorrere spazilunghi ed aver raggiunto punti moltodistanti, per poi fermarsi, sedersi edaccorgersi, da un particolare, di esser-si spostati di poco.Il Caos merita il suo nome: è un verolabirinto nel quale sono necessarie oree ore per riuscire a orientarsi, capire la

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Oltre all’indubbio interesse carsico espeleologico, l’area in cui ricade ilsistema della Gran Caverna de SantoTomás presenta notevole rilevanza dicarattere naturalistico per la tipicaflora e fauna, tanto da essere RiservaNaturale del Parco Nazionale Viñales.Questa riserva è custodita dallaEscuela Nacional de Espeleológia, incoordinamento con il Jardìn Botanico diPinar del Rio e il Centro Nazionale delle Aree Protette.Gran parte della flora e della fauna cubana prende originedal settore nord-orientale del continente sud-americano,area dalla quale molte piante ed animali giunsero nell’isolaattraverso l’arco delle Antille.Importante è anche l’influenza della flora nord-americana,giunta a Cuba nel settore occidentale e da qui diffusasi nelresto dell’isola. A ciò si aggiungono gli effetti derivati dallemigrazioni degli indigeni americani che introdussero a Cubapiante silvestri e domestiche, come ad esempio la yucca, iltabacco e vari tipi di frutta. Nei dintorni dell’area in cui sitrova la Gran Caverna de Santo Tomás sono presenti decinedi specie vegetali che danno vita a una grande varietà flori-stica, costituendo nell’insieme il tipico complesso di vege-tazione dei mogotes. Una delle specie più note, endemichenella regione, è la Palma corcho (Microsycas calocoma) chesi incontra in piccole colonie e caratterizza l’intera Sierradel Quemado. Ricordiamo poi il Cafè Cimarrón (Farameaoccidentalis) il cui nome deriva dagli schiavi cimarrones checominciarono a coltivarla nei numerosi hoyos della zona, dacui poi si diffuse per divenire parte integrante dell’ecosiste-ma della zona. Molte sono le piante utilizzate dall’uomo perscopi terapeutici: tra queste, il Cuajani (Pruns occidentalis)

la cui corteccia è utilizzata per prepa-rare infusioni per catarro, asma, tossee problemi di stomaco; il Chichicate(Urera baccifera), un arbusto le cuiradici si usano in infusioni contro leinfezioni renali e per la cura dei calco-li; la Yagruma (Cecropia peltata) le cuifoglie si utilizzano per tè e infusi perl’asma e il catarro.Tra la vasta specie dipiante citiamo anche il Ceibòn

(Bombacopsis cubensis) albero selvatico della famiglia deiBombacaceas caratteristico della zona dei mogotes la cuicorteccia è utilizzata dai campesinos per intrecciare corde eper questo gli danno il nome di “albero drago”.Al pari della flora, anche la fauna della zona risulta ricca evariegata come nel resto dell’isola. E questo nonostante ilfatto che alcune specie siano state cancellate da Cuba aseguito della “scoperta” delle Americhe nel 1492. Un esem-pio per tutti: lo splendido guacamayo, il più bell’esponen-te dell’avifauna cubana, con piume di colore rosso, azzurroe giallo, nel giro di pochi secoli fu completamente annienta-to a causa dell’utilizzo delle piume per adornare i coprica-po delle signore dell’epoca. Nel 1850 il guacamayo si estin-se del tutto perdendosi così un magnifico esemplare dell’a-vifauna cubana, sancendo la definitiva scomparsa di un equi-librio tra l’uomo e la natura che era invece presente allor-quando gli aborigeni occupavano l’isola, sfruttando le innu-merevoli grotte come abitazioni e utilizzando le specie ani-mali per alimentarsi, adornarsi e per ricavare strumenti perla caccia e il lavoro.Tutto ciò in un esempio di primordiale“uso sostenibile” delle risorse naturali, purtroppo rapida-mente perso con l’arrivo dei conquistadores.Tornando ai giorni nostri e alla fauna attuale della Sierra del

Flora e fauna

Il Cangrejo, granchio presente nei laghie nelle innumerevoli pozze dei ramiinferiori del complesso di Santo Tomas.(Foto G. Ruggieri)

Pagina a fianco: le pinulitas, formazionisecondarie originatesi all’interno dilaghi sotterranei: alte sino a 7-9 cm edi forma conica, sembrano costituire unbosco di conifere in miniatura, comesuggerisce il nome “pini di pietra”.(Foto A. Marangella)

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geometria intricata e individuare gliaccessi alle tante gallerie che da essosi dipartono. Antorchas rappresental’accesso più orientale al salone, dalquale si risale tra i crolli in direzioneW, lasciando a destra una diramazioneche invece scende rapidamente. Il pas-saggio permette di risalire 16 m ma,dato che si procede su crolli, non si hapiù la certezza di quanto sotto sia l’o-riginale fondo della sala. Siamo nelcentro del salone e le pareti lateralinon sono più visibili: il percorso fragli enormi blocchi comincia legger-mente a scendere. Prima di iniziare ladiscesa, spostandosi verso destra, sinota sulla parete, ora visibile, un pas-saggio in arrampicata che permette diaccedere alla Cueva Borras-Valcarcel.Questa parete non rappresenta il limi-te più esterno del salone, probabil-mente è un enorme pilastro di roccia

che interrompe la continuità della sala,oltre ci sono altri ambienti. Tornandoindietro, infatti, e discendendo il pas-saggio che prima non era stato percor-so si entra in una galleria che si svi-luppa in direzione NW, parallelamen-te al salone principale e, superata una

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Quemado, nel corso della spedizione sono state incontra-te numerose specie, sia all’esterno che in grotta.Tra que-ste abbiamo rilevato una grande diversità biologica: uccel-li, rettili e ragni. L’elenco delle specie sarebbe quasi inter-minabile, pertanto ne citeremo solo alcune. Sopratuttoabbiamo potuto vedere tra gli uccelli il Tocororo* +(Pritelus temnuros temnuros), Ruseñor* + (Myadesteelisabeth elisabeth), Negrito* (Melopyrrha nigranigra), Gavilan de Monte* + (Buteo jamaisencis soli-tudini) Cartacuba* + (Todus multicolor) CarpinteroChorroso* + (Colaptes fernandinae).All’interno del sistema abbiamo incontrato tre diversevarietà di pipistrelli: Natalus lapidus, Macrotuswaterhosei e il Artibeus jamaicensis e, sui pendii fore-stati, la Jutia Carabali (Capromys prehensilis).Sulle alture della Sierra del Quemado si incontrano moltirettili, tra i maggiori possiamo ricordare il Maja deSanta Maria (Epicatres angulifer), Jubito Magdalena(Antillophis andreae), el Lagarto de Cueva o de PatasAzules (Anolis bartasches), Perrito de Sierra(Lecephalus carinatus). Per la presenza dell’uomo l’areaprossima agli ingressi del sistema ipogeo non costituiscerifugio per questi grandi rettili. E tra i molluschi terrestriabbiamo incontrato la Zacchrysia guanensi, Zachrysiaauricoma,Viana regina.Un incontro entusiasmante è stato quello con l’unica spe-cie velenosa di ragni: l’Araña Peluda (Euryphedma spi-nicus), il suo morso può provocare danni importanti senon trattati farmacologicamente in tempo; ma per fortu-na la bellissima araña si è lasciata fotografare lasciandociincolumi.

* + specie endemica di Cuba e in pericolo di estinzione.

Sotto: si esce dalla Cueva delMegalocnus, tornando alla luce del gior-no ed alla lussureggiante vegetazionedella Dolina del Aire. In questo trattodel sistema carsico, ambienti sotterra-nei si intervallano alle doline prodotteda antiche fasi di crollo delle volte.(Foto A. Marangella)

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■ Santo Tomás

piccola saletta, si percorre un ripidopassaggio in discesa, largo 7-8 m, chepermette di raggiungere il margine piùsettentrionale del salone. Da qui unarisalita tra immensi crolli in direzioneSW conduce nuovamente al centro delsalone, da dove si dipartono una seriedi diramazioni, ora su livelli più alti,con ampi ed evidenti ingressi sullepareti laterali (Cueva Escarlata eCueva Increible), ora su livelli piùbassi, scendendo fra i crolli (Galeriadel Chocolate) o infilandosi in passag-gi stretti e nascosti (Tapiada).Il Salòn del Caos non è finito qui:verso S si raggiungono nuovi ambien-ti, costituiti da un’ampia galleria chegira intorno ad un altro immenso pila-stro di roccia. I crolli si diradano elasciano spazio a depositi di fango econcrezioni, ed è possibile riconosce-re la stratificazione della roccia. Inquesto tratto si cammina sul fondo ori-ginario, con quota relativa molto pros-sima a quella misurata in prossimitàdell’accesso da Antorchas. La galleriagira ad E dopo 30 m e risale verso N,raggiungendo il margine più meridio-nale del Caos.In questo punto è visibile in alto l’ac-cesso alla Cueva de Otero. Poco a NEsi ritorna alla galleria di Antorchas,completando così il giro della sala.I lavori di topografia eseguiti nelSalòn del Caos hanno permesso di

delinearne la geometria e stimarne ledimensioni: il salone ha una forma cir-colare con un diametro di circa 110 mche si mantiene pressoché costante,anche se ovviamente abbastanza irre-golare; il dislivello positivo massimoè circa 16 m rispetto al fondo dellagalleria di Antorchas, raggiunto nellaparte centrale, mentre il dislivellonegativo massimo è circa 14 m nelsettore settentrionale del salone; lavolta è molto irregolare con altezze di15-20 m. Il Salòn del Caos è unambiente creatosi per crolli successiviin un settore caratterizzato da intensafratturazione ed è un crocevia da cui sipuò accedere ad altri rami, sia supe-riori che inferiori, del sistema di SantoTomás.I crolli avvenuti hanno sovente inter-rotto ed articolato le gallerie e modifi-cato gli ambienti, conferendo a questomaestoso salone la forma e le caratte-ristiche cui si deve il suo nome.Dalla vastità del Caos, e dai suoi crol-li, torniamo ad infilarci in alcune dellegallerie che nel grande salone conver-gono: tra queste, la Cueva Increible,lunga circa 500 m, così battezzata daiprimi esploratori per gli incredibilicolori. A poca distanza, e quasi allostesso livello della Cueva Increible, siapre la Cueva Escarlata. Lunga pocomeno di 300 m, è un autentico gioiel-lo per la ricchezza e bellezza delle for-

Foto di gruppo dei partecipanti allaspedizione. (Foto M.T. Potenza)

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mazioni stalattitiche: cerchi, spirali,doppie paletas ornate di sottili e minu-scole eccentriche rendono l’ambienteun fantastico paesaggio da fiaba. Lavarietà delle formazioni secondarieosservate nelle gallerie di SantoTomás ha veramente dell’eccezionale:nel corso delle varie fasi di lavoro edocumentazione abbiamo potutoammirare varie tipologie di concrezio-namenti, stalattiti e stalagmiti di variedimensioni e forme, enormi colonne,splendide eccentriche, cristalliaghiformi di aragonite ed altre forma-zioni per noi meno familiari come lepinulitas o le paletas.

Qualche considerazione finaleLe tre settimane di spedizione sonovolate, in confronto ai tanti mesi dipreparazione, di contatti, di problemiburocratici ed organizzativi. La fine diuna spedizione è il momento di tirarele somme: in un sistema come SantoTomás, sarebbe fuori luogo parlare dirisultati significativi dopo un periodocosì breve trascorso in grotta. La scel-ta di lavorare su un settore definito enon molto esteso del grande comples-so carsico ci ha consentito di concen-trare i nostri sforzi, rilevando e carto-grafando più di 5 km di grotta, privile-giando la precisione del lavoro rispet-to al procedere quanto più in frettapossibile.Abbiamo cercato, in totale sintonia eaccordo con gli amici cubani che ciospitavano, di vivere la grotta, senzalimitarci ad attraversarla prendendodati e misure: abbiamo provato adosservarla, sentirla, studiarla, in qual-che punto anche con l’illusione dicapirla.Ma soprattutto, al termine della spedi-zione, siamo tornati a casa con unpatrimonio inestimabile, costruito len-tamente e quotidianamente, in grotta efuori, con i cubani. Si è creato ungruppo forte ed unito, in cui gli inevi-tabili problemi legati alla convivenzaa stretto contatto hanno solo rappre-sentato motivo di stimolo per affron-tarli insieme, dando vita a rapportiumani che superano il comune interes-se speleologico.Chiudiamo con il ricordo di un amico.Dedichiamo questo lavoro aFrancesco Allocca, “Ciccio” per noi

Núñez Jiménez A. (1984) – Cuevas y carsos. Ed. Cientifico-Tecnica, Ciudad de LaHabana.

Núñez Jiménez A. (1990) – La Gran Caverna de Santo Tomás. Soc. Espel. Cuba, Ed. PlazaVieja, Cuba.

Panos V. & Stelcl O. (1968) – Problems of the conical karst in Cuba. Proc. 4th Int. Congressof Speleology, vol. 3, 533-555, Ljubljana.

Pszczolkowski A., Pistrowska K., Piotrowski J., De La Torre A., Myczynski R. &Haczewski G. (Eds.) (1982, ristampato nel 1987) – Contribución a la geologia de la pro-vincia de Pinar del Río. Ed. Cientifico-Tecnica, Ciudad de La Habana.

Bibliografia

tutti, che ci ha lasciato poche settima-ne prima della partenza per Cuba.Nonostante il destino lo abbia portatovia, Ciccio è stato, ed è ancora, parteintegrante di questa spedizione. Il suosorriso coinvolgente, e la sincera lim-pidezza del suo sguardo sono stati pre-senti nelle nostre giornate cubane,così come continuano ad accompa-gnare coloro che hanno avuto il privi-legio di conoscerlo e gli hanno volutobene.

PartecipantiManuel Virgilio Valdéz Suarez(Comité Espeleologico Pinar del Rio);Raudel del Llano Hernández, IrisaelGonzalez Romero, Nolán IglesiasMartinez, Yira Sierra Averhoff (GrupoGeda); Willian Acosta Hernández,Miguel Boligan (Grupo GuaniguanicoPinar del Rio); Eduardo LopézMontealto (Grupo Macel Loubens);Alexey Hernandez Pérez, LesterRojas Lay, Luis Darien TorrezMirabal, Guillelmo Taguada Lopez(Grupo Sierra del Rosario); OrlandoFelix Velasquez Sanchez (GrupoTabio); Hector Pérez Jiménez (GrupoYabù); Gianni Campanella, MarioParise, Rosa Potenza, GiuseppeRuggieri (Gruppo Puglia Grotte);Massimo Amoroso, Umberto DelVecchio, Fabio Iovino, RossellaTedesco, Angela Vecchione (GruppoSpeleologico CAI Napoli); EnzoLoreto, Francesco Maurano (GruppoSpeleologico Natura Esplora,Summonte); Vincenzo Iurilli (GruppoSpeleologico Ruvese); Michele DeMarco, Ciro Fanigliulo, AurelioMarangella (Speleo Club CryptaeAliae, Grottaglie)

Sito Spedizione Santo Tomáshttp://www.gruppopugliagrotte.org/santomas/index.html

Sulle strade della Valle di Viñales si pos-sono notare specchi d’acqua sullo sfon-do di un magnifico paesaggio caratteriz-zato dai solitari mogotes che si innalza-no sulle circostanti pianure.(Foto A. Marangella)

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■ Cina Guangxi

Nei mesi di dicembre 2001 e 2003 il C.I.R.S. di Ragusa haeffettuato la sua terza e quarta spedizione di ricerca spe-leologica nella provincia di Guangxi, nel settore sud-orien-tale della Cina. Le ricerche condotte di concerto conl’Istituto di Geologia Carsica di Guilin sono state effettuatein alcune aree della Contea di Nandan e di Fengshan dovesi concentra un elevato numero di sistemi carsici attivicostituiti da grandi trafori percorsi da fiumi sotterranei,alternati a grandi doline. Nella Contea di Nandan è statoesplorato il sistema La Gan Dong, un complesso di grandigallerie percorse da un fiume sotterraneo e gallerie fossiliinteressate da diffuse morfologie deposizionali. Il sistema,rilevato per 3,3 km, lascia ipotizzare un più esteso sviluppo,in collegamento con il sistema Lian Feng Dong la cui esplo-razione sarà oggetto di future spedizioni.Nella Contea di Fangshan i risultati esplorativi più interes-santi si sono avuti con la Sicily dong e con la Poxian dong rile-vate rispettivamente per circa 2,3 e 1,3 chilometri, entram-be con buone possibilità esplorative. Nel corso delle rico-gnizioni condotte in entrambe le Contee, sono state esplo-rate diverse cavità verticali, alcune delle quali terminanti inlaghi con sifoni. Dal punto di vista scientifico, infine, è statoraccolto un buon numero di dati geomorfologici e idro-

geologici, mentre il campionamento di dati biospeleologiciha evidenziato la scoperta di nuove specie troglobie in alcu-ne cavità.

SummaryOn December 2001 and December 2003 the C.I.R.S. ofRagusa carried out its third and fourth speleo-expedition inGuangxi Province, in south-eastern China. The researches,undertaken with the Institute of Karst Geology of Guilin,were carried out in some sectors of the Nandan andFengshan Counties characterized by a cone and tower karstrelief with limestone of Permian age. In these areas is deve-loped a large number of karst systems with undergroundrivers and big dolines. In the Nandan County the main acti-

Il fiume sotto le risaieDue spedizioni nella Cina Meridionale aprono nuovi orizzonti esplorativi

Rosario Ruggieri C.I.R.S. Ragusa

Riassunto

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Quella del 2001 è stata la terzaspedizione del CIRS Ragusa

in Cina, dopo la prima nel Sichuannel 1993 e la seconda nel Guizhounel 1997 in collaborazione conl’Istituto di Geologia Carsica diGuilin. Nell’area di ricerca dellaContea di Nandan (Distretto diHechi, nel settore settentrionaledella regione autonoma delGuangxi Zhuang) il territorio, pre-valentemente montuoso, è costitui-to da rilievi caratterizzati da un’al-titudine decrescente da N a S, conquote comprese fra 700 e 1000metri. La Contea, che conta circa280.000 abitanti, è nota in Cina perle sue miniere di stagno e per laproduzione di riso e tabacco. Suuna superficie di 3916 km2, le roccecarbonatiche occupano circa 2255km2 e costituiscono un rilievo conforme tipicamente carsiche a torri econi. Al piede delle depressioni sitrovano grandi antri carsici da cuisgorgano o entro cui scompaionofiumi, mentre sui ripidi pendii, adiverse altezze, sono presentinumerosi ingressi di sistemi fossili.Gli affioramenti carbonatici sonocostituiti da calcari, da grigi a scuri,calcari con selce e calcari dolomiti-

ci con spessori da 60 a 537 metri, dietà permiana. In questa area l’atti-vità esplorativa e di documentazio-ne ha interessato prevalentementeil sistema La Gan Dong, costituitoda un complesso di grandi gallerie,alte da 20 a 50 metri e larghe da 10a 30 percorse da un fiume sotterra-

Pagina a fianco: canne d’organo nellaSicily dong. La peculiarità del sistemasta nella presenza di imponenticomplessi stalagmitico - colonnariall’interno di una sala di circa 5000 m2

Ingresso della La Gan dong, uncomplesso di grandi gallerie percorse daun fiume sotterraneo e gallerie fossiliesplorato per oltre 3 chilometri nelcorso della spedizione del 2001.

vity was the exploration of La Gandong system made up of a complex oflarge galleries, from 20 to 50 m highand from 10 to 30 m wide, with anunderground river and fossil gallerieswith wide deposit morphologies. Thiskarst system, surveyed for 3,3 km,shows further explorative possibilities.In the Fengshan County the main acti-vity was the exploration of Sicily dong,a big karst system developed in thePermian limestone and surveyed for2,5 km with a depth of 150 m, and theexploration of Poxian dong surveyedfor 1,3 km. In both expeditions, a rele-vant number of geomorphological andhydrogeological data were gathered;also interesting fauna was collectedand new species were recorded.

Key - wordsCina, Guangxi; karst system.

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■ Cina Guangxi

neo, e gallerie fossili interessate dadiffuse morfologie deposizionali. Ilsistema, rilevato complessivamenteper 3,3 km, ha evidenziato uno svi-

luppo coincidente con le morfolo-gie che caratterizzano il rilievoesterno, interessato da sistemi difaglie principali con direzione NE -SW e secondarie NW - SE. Il siste-ma La Gan Dong lascia ipotizzareun ben più esteso sviluppo, dell’or-dine dei 5-7 chilometri, in collega-mento con il sistema Lian FengDong, ubicato nei quadranti nordorientali dell’area ed esplorato percirca 1,5 km fino ad un sifone ter-minale.Nel corso di ulteriori ricognizioni,sono stati esplorati anche alcunipozzi e doline attraversati da tor-renti sotterranei, come la Lihudoline e Lihu shaft entrambi conbuone possibilità di ulteriore svi-luppo. Sul piano delle indaginiscientifiche, sono stati raccoltinumerosi dati geomorfologici eidrocarsici, mentre sono scaturitirisultati particolarmente importan-

Colonnato nel ramo superiore dellaSicily dong (Fengshan); si tratta di unesteso sistema rilevato per circa 2,5chilometri nella spedizione del 2003.

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ti dal campionamento della fauna,con la scoperta di specie troglobiequali un crostaceo isopodeStyloniscidae, nuovo genere e inte-ressante specie di origine terrestrepassata successivamente alla vitaacquatica, raccolto nella grottaEnchung dong.Alle ricerche, condotte nel periodofine dicembre 2001 inizi di gennaio2002, hanno preso parte: ZhangHai, Iolanda Galletti, RosarioRuggieri, Giuseppe Ippolito ePaola Fantolini.

Le esplorazioni nella Contea di FengshanArea di ricerca della quarta spedi-zione, condotta nel mese di dicem-bre 2003, è stata la Contea diFengshan, nel settore nord occi-dentale della regione Guangxi.Nell’area, che conta una popolazio-ne di circa 190.000 abitanti, è rile-vante la produzione di mais e riso el’estrazione di solfati. Il territoriooggetto di indagine, esteso circa1753 km2 di cui circa 763 km2 costi-tuito da rocce carbonatiche, ècaratterizzato da un paesaggio fra ipiù affascinanti di tutta la Cina.Alti picchi a forma di coni e torri,ricoperti da una vegetazione lussu-reggiante, separati da depressioni

carsiche, si stagliano all’intorno perdecine e decine di chilometri crean-do, in particolar modo all’alba e altramonto, avvolti da una fine neb-biolina, uno scenario surreale emagico. La pianura sottostante e learee depresse coltivate a risaiesono attraversate, nel periodo deimonsoni, da numerosi corsi d’ac-qua che, dopo un breve tratto in

Sala con vasche concrezionate nellaEnchung dong (Contea di Nandan).Nella grotta è stato raccolto uncrostaceo isopode Styloniscidae,interessante specie di origine terrestrepassata successivamente alla vitaacquatica.

Poxian dongFengshan County, Guangxi Sv.: 1111 m; disl. -92 m; quota slm 720 mRil.: Ruggieri, Giummarra, Orsini, 2004.

Sicily dongFengshan County, Guangxi Province, CinaSv.: 2308 m; disl. -156 m; quota slm 673 mRil.: Ruggieri, Giummarra, Orsini, 2003.

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■ Cina Guangxi

superficie, scompaiono all’internodi grandi trafori carsici. In partico-lare il sistema carsico Poxin o delle“Sette doline” è di grande effettopaesaggistico e di notevole interes-se escursionistico. E’ costituito daun complesso spettacolare di gran-di trafori, imponenti ponti naturali,suggestivi laghi carsici sul fondo didoline, che fanno da scenario alpercorso sotterraneo del Poxinriver, il cui attraversamento damonte a valle, sia solo esterno omisto a tratti sotterranei percorribi-li con l’ausilio di mute, costituiscedi per sé un’eccitante avventura,che potrebbe arricchirsi anche dinuove scoperte. In questo straordi-nario contesto ambientale le ricer-che sono state condotte sui sistemicarsici presenti, con l’intento didocumentarne le peculiarità natu-rali, salvaguardare e nello stessotempo valorizzare gli aspetti piùinteressanti, sia sotto il profiloscientifico che culturale e del turi-smo naturalistico. I risultati acqui-siti dal CIRS e dal team cinese, indue settimane di ricognizioni edesplorazioni, possono riassumersiin circa 4 km di cavità esplorate etopografate, un cospicuo numero didati geomorfologici e idrogeologicirilevati e la raccolta di diversi cam-pioni di fauna con particolarità tro-

globie fra cui, così come emersodalle precedenti spedizioni, è moltoprobabile la presenza di specienuove. Fra i sistemi carsici esplora-ti si menzionano: la Fengshan dong,una cavità verticale profonda 50 msul cui fondo si apre un lago sotter-raneo; la Ragusa dong, una grottaprofonda 115 m caratterizzata dapozzi e colate calcitiche, così bat-tezzata dai Cinesi in onore dellanostra città; la Poxian dong unsistema rilevato per 1,3 km caratte-rizzato da grandi gallerie con ilpavimento diffusamente tappezza-to da ampie vasche concrezionate;e infine la Sicily dong, un estesosistema sviluppatosi nei calcari per-miani su due livelli, rilevato percirca 2,5 km per una profondità di150 m e con buone probabilità diulteriore prosecuzione. La peculiarità di tale sistema stanella presenza di imponenti com-plessi stalagmitico - colonnariall’interno di una sala di circa 5000m

2. In questo grande ambiente si

alternano speleotemi e mineraliz-zazioni di tutte le forme e coloriche creano un contesto di notevolespettacolarità.Hanno partecipato alla spedizione:Iolanda Galletti, Riccardo Orsini,Gianluca Giummarra, RosarioRuggieri e Zhang Hai.

Tra tutte le spedizioni internazionali a cui ho partecipato(ben 15) sicuramente le tre realizzate in Cina nelle provin-ce del Suichuan, Guangxi e Guizhou sono risultate le piùinteressanti.E’ questo uno dei motivi per cui torno sempre volentieri inquesto paese, oltre che per rinnovare il contatto con un’an-tichissima e affascinante cultura.Ricordo con soddisfazione le prime scoperte di nuove spe-cie realizzate nel 1993 nel Sichuan: il coleottero carabideJuiroa jolandae (Taglianti 1994), un nuovo genere e nuovaspecie di anfipodo Sinogammarus troglodytes (Ruffo eKaraman 1994), una nuova specie di pseudoscorpione -Stenohya chinacavernicola n.sp. (Schawaller).Per quanto concerne le ricerche biospeleologiche condot-te nel 2001 nella Contea di Nandan (provincia delGuangxi), nel sistema Lian Feng Dong – La Gan Dong sonostati osservati popolamenti animali principalmente lungo irami fossili delle cavità, caratterizzati da condizioni ambien-

tali costanti, mentre lungo i rami attivi percorsi dai torren-ti, le piene annuali probabilmente non consentono l’inse-diamento di organismi. Nei rami fossili del sistema sonostati trovati interessanti miriapodi depigmentati con habitusda isopodi, ancora in corso di studio.Le osservazioni più interessanti sono state fatte nellaEnchun dong riccamente concrezionata: infatti sul fondo dialcune grandi vasche abbiamo trovato una nuova specie diIsopodi Stiloniscidi, probabilmente di origine terreste e tor-nata successivamente alla vita acquatica.Anche le ricerche effettuate nella Contea di Fenshang,durante la spedizione effettuata nel 2003 si sono rivelatefruttuose, anche se ancora non tutto il materiale è statoesaminato e catalogato. Degna di nota la grotta Sicily dongper la presenza di numerosi organismi troglobi tra i qualiisopodi terrestri, miriapodi, ortotteri, collemboli, coleotterie aracnidi

Iolanda Galletti

Nota biospeleologica

Sopra e pagina a fianco: grandi ambienticoncrezionati nella Sicily dong.

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ConclusioniLe due Contee - per le peculiaritàcarsiche sia sotterranee che paesag-gistiche di gran parte del loro terri-torio - rappresentano aree di gran-de interesse speleologico ed escur-sionistico. Il potenziale esplorativo è sicura-mente alto e solo motivi di limita-zioni temporali possono, come nelnostro caso, impedire l’esplorazio-ne ed il rilievo di ulteriori chilome-tri di gallerie. Nelle aree interessa-te dalle nostre ricerche operanoaltri team occidentali, americani edinglesi, per cui, considerato ilpotenziale carsico, è prevedibileaspettarsi novità esplorative in unfuturo prossimo.

BibliografiaRuggieri R. (1995): Caratteristiche morfostrutturali e idrogeologiche di alcuni sistemicarsici del Sichuan orientale. Speleologia Iblea 5: 12-48.

Antoci L., Galletti I., Ruggieri R. (1995): Facies idrochimica degli acquiferi carsici diHuaying. Speleologia Iblea 5: 49-74.

Galletti I. (1995): Note preliminari di biospeleologia di Sichuan ’93. Speleologia Iblea 5:77-81.

Ruggieri R., Zocco M. (1998): Morfostrutture e idrogeologia dei sistemi carsici esplo-rati nell’area di Xingyi (Guizhou, Cina). Speleologia Iblea 7: 113-133.

Favara R., Ruggieri R., Zocco M. (1998): Studio idrochimico degli acquiferi carsici dellaContea di Xingyi (Guizhou, Cina). Speleologia Iblea 7: 134-143.

Fengshan shaftFengshan County, Guangxi Province, CinaSv.: 110 m; disl. -48 m; quota slm 420 mRil.: Ruggieri, Giummarra, Orsini, 2003.

Ragusa shaftFengshan County, Guangxi Sv.: 202 m; disl. -115 m;quota slm 666 mRil.: Ruggieri, Giummarra,Orsini, 2001.

Tutte le foto dell’articolo sono diRosario Ruggieri.

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SPELEOLOGIA, la passione è Rivista

Da venticinque anni questa è la rivista di riferimento del movimento spe-

leologico italiano. Allo stesso tempo vetrina e specchio, memoria

e progetto, dizionario e enciclopedia: c’è tutta la passione per

la Speleologia.

Iniziò a penetrare nel mondo dei Gruppi Speleologici quando i soci SSI

erano un quarto di quelli attuali. Ricordo perfettamente quando

mi fu presentata, dagli istruttori del mio corso, come “la rivista

degli speleologi”, per gli speleologi italiani.

Per la prima volta (evidentemente fondamentale) vedevo un orizzonte

che andava ben oltre le esperienze/conoscenze dei pur validissimi istrut-

tori di quel corso di primo livello del 1981, a Reggio Emilia.

Si spalancava un mondo di persone, relazioni, luoghi, tutti da scoprire.

Mi accorgevo che la Speleologia è innanzi tutto esplorazione

e che la stessa trova significato nella documentazione (testimonianza,

confronto e condivisione). Andando avanti negli anni della “mia” esplora-

zione in Speleologia, mi resi conto che nell’esistenza stessa di questa

Rivista c’era l’espressione più vera e tangibile dell’idea che attraverso

una didattica seria e condivisa si potesse crescere tutti come esploratori.

E’ un’idea che trovo ancora, certo sviluppata, trasformata dagli anni

e dalle vicissitudini di una Associazione che da società dei servizi

è maturata in società delle idee, ma la percepisco ancora più chiara.

Rileggerla, anche nei numeri di qualche lustro fa, ispira un grande senso

di compiutezza; ci trovo passione. Speleologia, registro della nostra

miglior memoria, ha saputo anticipare spesso ciò che sarebbe accaduto

attorno al nostro “mondo delle grotte”.

E’ l’aspetto che trovo più affascinante e appagante nella nostra Rivista,

la sua ricchezza. Ha dato spazio a tutte le anime della speleologia,

stimolandone il confronto,

aiutandone la crescita. Difendiamone in particolare libertà, accessibilità

e diffusione; non dimentichiamoci di presentarla agli “allievi del nostro

corso”. Continuiamo a mettere in luce

il buio delle montagne

e anche il “buio” nel quale,

a volte, teniamo le cose

che amiamo e così crediamo

di proteggere.

Qualcuno, con una

lampada, prima o poi,

verrà comunque a illumi-

nare la strada per i nuovi

viaggiatori. E Speleologia

sarà li, per documentarla.

Mauro Chiesi

1981

1993

1997

2003

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■ Tecniche e sicurezza

■ Notizie italiane

■ Notizie estere

■ Spulciando in biblioteca

■ Recensioni

■ Vi sia lieve la terra

Verso il fondo

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SPELEOLOGIA 5076

11 gennaio – Cavità della Caldana(Toscana)BL, 32anni, si era recato in esplorazionein una cavità della zona. Impensierita dalforte ritardo, la madre allerta la 3° Zona(Toscana) che invia sul posto una squa-dra giusto in tempo per raggiungere ilgiovane all’uscita della grotta, che rientraquindi senza nessun problema.

02 febbraio – Abisso Val di Chiama(Veneto)MS di anni 30, assieme a tre amici, entrain grotta con l’intento di proseguire l’e-splorazione. Dopo qualche ora, mentresta utilizzando un trapano a motore ascoppio in un ambiente ristretto,improvvisamente perde i sensi. Un com-pagno lo soccorre praticandogli la respi-razione artificiale; constatando chel’infortunato non si riprende, si decide diallertare il CNSAS che mobilita unasquadra con 11 tecnici. Nel frattempoMS si riprende e tenta di risalire, ma lesue condizioni peggiorano e viene quindiimbarellato. La grotta presenta parecchiestrettoie così viene avvertita anche unasquadra di disostruttori, mentre unmedico ed un infermiere professionale,ambedue tecnici CNSAS, raggiungono il

ferito. Le cure risultano efficaci ed il gio-vane si riprende, tanto che esce dallacavità senza l’utilizzo della barella.Caricato sull’ambulanza viene trasporta-to all’Ospedale di Asiago (VI): la diagnosiè “intossicazione di monossido di carbo-nio”; resterà in ospedale 5 giorni.

15 febbraio – Abisso Delise (FriuliVenezia Giulia)Scavando alla base di un pozzo, PG di 63anni, investito da un masso spostatosiimprovvisamente, riporta contusioni alginocchio e coscia destri non gravi,tanto che prosegue il lavoro dopo avermesso in sicurezza il masso.

18 aprile – Cava della Tassara(Toscana)PN, 26 anni, e BF di 58 anni entranonella grotta per un’escursione ma, acausa del notevole ritardo, i Carabinieridi Forno (Ms) avvisano la 3° Zona(Toscana) che invia una squadra che rag-giunge i due mentre escono dalla cavità.Rientrano senza problemi.

26 aprile – Abisso Delise (FriuliVenezia Giulia)BNB, 63 anni, nello spostare un grosso

masso, si schiaccia la mano destra, pro-curandosi una ferita lacero contusaall’indice. Risale coi propri mezzi: guariràin una settimana.

07 giugno – Abisso del Nido (Veneto)CM, tecnico CNSAS, scivolando cade esi procura la rottura di un dente incisi-vo; risale senza particolari problemi.

22 giugno – Abisso Simi (Toscana)TA di anni 30, sta risalendo quando,giunto a quota –280, accusa forti doloriaddominali che gli impediscono di pro-seguire (probabile colica renale), i com-pagni avvisano il CNSAS che provvede alrecupero.

28 giugno – Grotta II delle ColonneConfinarie (Friuli Venezia Giulia)Mentre scende in arrampicata una colatacalcitica, ad RP 52 anni si stacca l’appi-glio di concrezione al quale è appeso ecade per un paio di metri, bloccandosisull’orlo del salto successivo. Oltre apiccole contusioni, si procura uno strap-po muscolare con distorsione al polsodestro; uscirà coi propri mezzi e guariràin una settimana.

Tecniche e sicurezza

Interventi di soccorsospeleologici 2003

Nel corso del 2003 si sono registrati 17 incidenti che hannocoinvolto 22 persone con queste conseguenze: nessuna10, lievi 5, gravi 6, morte 1. Oltre agli interventi prettamentespeleologici dobbiamo segnalare il lavoro dei nostri tecnici chehanno collaborato, come sempre, con autorità civili e militari.In agosto la 7° Zona (Puglia) viene chiamata ad interveniredall’Assessorato all’Ambiente di Nardò (LE) per effettuareimmersioni in 4 cavità sottomarine allo scopo di prelevarecampionature di acque per verificare eventuali tracce di inqui-namento sia delle falde idriche che del mare.Il sindaco di Cervinara (AV) richiede in ottobre l’interventodella 14° Zona (Campania) per la ricerca di una persona di 76anni dispersa nei boschi della zona. Dopo varie perlustrazionii tecnici CNSAS raggiungono l’anziano che viene rianimato etrasportato prima all’ambulanza, poi all’ospedale di Benevento.Ancora in ottobre si registra un intervento del CNSAS dellaToscana, in occasione di una esercitazione col SAR diGrosseto sulla Pania Secca. Dopo la pioggia, il notevole abbas-samento della temperatura forma un velo di ghiaccio sullamontagna che blocca due escursionisti, salvati dai tecnici pre-senti per l’esercitazione.

In giugno i componenti della 6° Zona (Veneto – Trentino AltoAdige) prendono parte alla ricerca di un disperso sul MonteCimone (Veneto): la discesa di alcuni pozzi naturali purtropponon dà alcun esito. Sempre la 6° Zona è chiamata in settem-bre alla Spaluga di Lusiana (Asiago – Vicenza), dove pare cheuna persona si sia suicidata gettandosi nel pozzo iniziale di 110metri. Una squadra discende alla base del salto senza trovar-ne la benché minima traccia, quindi risale e poi, su segnalazio-ne di amici dello scomparso, controlla un altro pozzo, ugual-mente senza reperire nessuno.In sintesi va rilevato che prosegue l’andamento decrescente:siamo passati dai 23 incidenti del 2001 ai 18 del 2002 e 17 del2003. Lo stesso dicasi per le persone coinvolte: 60 nel 2001,36 nel 2002 e 22 nel 2003. E’ certamente un dato confortan-te che dimostra come la prevenzione trattata nei vari Corsi diSpeleologia, siano essi del CAI o della SSI, sta producendobuoni risultati.Se i dati in nostro possesso sono esatti, questo calo di inci-denti si verifica in un momento in cui l’attività speleologicarisulta in aumento; se invece fosse dovuto alla mancata segna-lazione di eventi sarebbe un dato negativo!

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30 giugno – Grotta presso il Campodegli Alpini (Friuli Venezia Giulia)UM anni 42, mentre risale il terzo salto,causa il distacco del blocchetto di rocciasu cui è fissato lo spit (spessore circa 20centimetri). Il conseguente salto di oltreun metro, produce una forte tensionesul frazionamento superiore che impedi-sce lo scioglimento del nodo: non sidetermina alcun danno alle persone.

04 luglio – Abisso Vludermaus(Veneto)C.D. anni 22 e B.M. anni 31, sono inforte ritardo rispetto agli orari convenu-ti. Gli amici avvisano quindi il CNSASche invia sul posto una squadra cheincontra i 2 mentre stanno uscendodalla cavità.

10 agosto – Cavità non catastata inCarcaraia (Toscana)BS anni 35, entra con 2 compagni perproseguire l’esplorazione: sceso allaprofondità di 15 metri, una lama di roc-cia di notevoli dimensioni si stacca dallaparete e lo travolge schiacciandolo alpavimento ed impedendogli qualsiasimovimento. L’infortunato non ha subitogravi danni, ma non si riesce a liberarloe quindi viene fatto intervenire ilCNSAS. Parte un elicottero con medicoe materiale che vengono verricellatidavanti all’ingresso della grotta, il medicoentra per verificare le condizioni delbloccato. Dopo un rapido esame lasituazione risulta complicata: BS è com-

pletamente immobilizzato dal lastrone,ma prima di poterlo spostare è necessa-rio togliere accuratamente pietre edaltri massi che rischiano di cadere. BS èmonitorato e mantenuto caldo, nutritoed idratato con flebo riscaldate; nonlamenta dolori, ma a causa della posizio-ne in cui è costretto, respira in modoirregolare e gli viene erogato ossigeno.Si teme però che la grande lama possaspostarsi e precipitare nel salto sotto-stante con conseguenze disastrose;dopo un lungo lavoro di pulizia, si puòprocedere con paranchi e rinvii adimbragare il masso instabile che gravasulle gambe del giovane. I Vigili delFuoco mettono a disposizione cuscini digomma gonfiabili che vengono utilizzatiper sistemare il lastrone e spostarloquel tanto che permette di sfilare il feri-to da quella scomoda posizione; questeoperazioni hanno richiesto 10 ore dilavoro. BS, che riesce a muoversi, puraiutato da un paranco, evita l’imbarella-mento (estremamente problematico perl’ambiente angusto), e raggiunge l’ester-no dove, sotto stretto controllo medico,è caricato sull’ambulanza che lo portaall’Ospedale di Castelnuovo diGarfagnana (LU).

21 settembre – Grotta del Chiocchio(Umbria)MA 39 anni, in fase di risalita, accusa unmalore; si allerta il CNSAS che provvedeal recupero, dopodiché l’infortunatoviene trasportato in ospedale.

28 settembre – Abisso dei DueIncreduli (Lombardia)CE 37 anni, assieme alla giovane SM 33anni, risultano in forte ritardo ed iparenti fanno intervenire una squadradel CNSAS che si porta sul posto e rag-giunge i due giovani che rientrano senzaproblemi.

12 ottobre- Grotta dello Scalandrone(Campania)MS, mentre sta affrontando un passaggioin meandro, scivola e resta appeso allacorda fissa ma nella caduta ruota e restaa testa in giù. Questa torsione gli procu-ra la frattura di tibia e perone destri. Icompagni, tra cui 4 tecnici CNSAS,intervengono subito togliendolo daquella posizione e lo adagiano in situa-zione più comoda. Nel frattempo avvisa-no il CNSAS. Dopo alcune ore il ferito èimmobilizzato sulla barella, la cavitàattrezzata per il recupero che in 3 orepermette di portarlo all’esterno doveun’ambulanza lo trasporta all’elicotteroe da qui in ospedale.

16 novembre – Grotta di Rio Martino(Piemonte)BT 37 anni, cade per 6 metri durante larisalita alla Sala “Pissai” a causa della rot-tura di una grossa corda di canapa; pre-senta lussazione ad una spalla, frattura dientrambi i polsi, trauma cranico. Uncompagno lo assiste mentre SS 34 anniesce per richiedere l’intervento delCNSAS, rientra poi accompagnando dei

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cure

zza

data cavità regione momento coinvolti tipologia causa conseg. sesso età nazione16-nov Grotta di Rio Martino Piemonte risalita 2 trauma rott.mater. gravi M 37 Italia

caduta scivolata morte M 34 Italia28-set Abisso Due Increduli Lombardia risalita 2 ritardo inc.tecnica nessuna M 37 Italia

nessuna F 33 Italia15-feb Abisso Delise Friuli Venezia Giulia scavo 1 trauma masso lievi M 63 Italia26-apr Abisso Delise Friuli Venezia Giulia scavo 1 trauma masso lievi M 63 Italia28-giu Grotta II Colonne Con. Friuli Venezia Giulia avanzam. 1 trauma ced.app. lievi M 52 Italia30-giu Grotta Campo Alpini Friuli Venezia Giulia risalita 1 blocco man.erratanessuna M 42 Italia13-dic Grotta Cava Sistiana Friuli Venezia Giulia scavo 1 trauma masso lievi M 64 Italia27-dic Col delle Erbe Friuli Venezia Giulia esterno 2 blocco nevicata nessuna M nn Italia

nessuna F nn Italia2-feb Abisso Val Chiama Veneto scavo 1 blocco intossic. gravi M 30 Italia7-giu Abisso del Nido Veneto avanzam. 1 caduta scivolata lievi M nn Italia4-lug Abisso Vludermaus Veneto risalita 2 ritardo rott.mater.nessuna M 22 Italia

nessuna M 31 Italia11-gen Cavità in Calvana Toscana risalita 1 ritardo inc.tecnica nessuna M 32 Italia18-apr Cava della Tassara Toscana risalita 2 ritardo inc.tecnica nessuna M 26 Italia

M 58 Italia22-giu Abisso Simi Toscana risalita 1 blocco med/sanit. gravi M 30 Italia10-ago Cavità nn Carcaraia Toscana avanzam. 1 blocco frana gravi M 35 Italia21-set Grotta del Chiocchio Umbria risalita 1 blocco med/sanit. gravi M 39 Italia12-ott Grotta Scalandrone Campania avanzam. 1 caduta scivolata gravi M nn Italia

Grotte 2003

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Tecniche e sicurezza

tecnici alpini ed in breve raggiungono ilferito mentre arrivano anche tecnicispeleologi col medico. Mentre il ferito èassistito, SS decide di tornare da solo incima alla cascata per recuperare il suozaino ed una corda ma, per motiviinspiegabili, poco dopo precipita daun’altezza di 20 metri e muore sulcolpo. Il recupero del ferito procedespedito ed in nottata esce, seguito pocodopo dalla salma del compagno.

13 dicembre – Grotta nuova presso lacava di Sistiana (Friuli Venezia Giulia)G.S. 64 anni, mentre sta scavando perallargare una fessura a circa 3 metri diprofondità, viene colpito alla tibia da unmasso. Fortunatamente indossa stivaliantinfortunistici di gomma che gli evita-no la frattura della gamba: Se la cava conun grosso ematoma che lo fa zoppicareper circa 15 giorni.

27 dicembre – Col delle Erbe (FriuliVenezia Giulia)C.D. e la speleologa E.S., si recano albivacco speleologico D.V.P. per effettua-re dei rilievi in grotta in previsione diuna prossima esplorazione.Pernottano al bivacco ed all’alba si ren-dono conto che le condizioni deltempo, peggiorate paurosamente, nonpermettono di ridiscendere a valle, datoche la copiosa nevicata crea pericolo dislavine.Avvisano il CNSAS 2° Zona e siorganizzano per l’attesa, disponendo diviveri ed attrezzatura idonea. Il perdura-re del maltempo impedisce l’utilizzo del-l’elicottero e salire a piedi risulta troppopericoloso. Finalmente al mattino del 1gennaio l’elicottero del 118 può decolla-re e portare in salvo i 2 giovani sani esalvi.

INCIDENTI IN FORRANel 2003 abbiamo registrato 6 incidenticon 14 persone coinvolte e con queste

il 118 che a sua volta fa intervenire ilCNSAS. I giovani, sani e salvi anche sepiuttosto infreddoliti per la notte tra-scorsa in forra, sono raggiunti dai tecniciCNSAS ed accompagnati fuori dal tor-rente.

3 agosto – Forra del Casco (Umbria)SS, una giovane di 29 anni, durante ladiscesa di un salto, perde il controllo deldiscensore e precipita.Nella caduta riporta la frattura scompo-sta di tibia e perone e la frattura di duevertebre.Viene immediatamente chiama-to il CNSAS che provvede al recupero.

14 agosto – Torrente Barbaira(Liguria)Un francese di 35 anni, a seguito di unascivolata, cade e resta incastrato tra lerocce.I compagni allertano il 118 che diramal’allarme anche ai Vigili del Fuoco cheintervengono con l’elicottero ed effet-tuano il recupero.

30 agosto – Vajo dell’Orsa (Veneto)P.A. 30 anni, mentre discende la forra,scivola compiendo un salto di circa 2metri, procurandosi una ferita lacerocontusa al mento. Interviene il CNSAS(6° Zona) con una squadra che effettuail recupero.

27 ottobre – Gola dell’Inferno(Marche)PR 38 anni, LM 33 anni, SV 32 anni, e leragazze MS 32 anni, RM 23 anni, sbaglia-no completamente la valutazione deitempi di percorrenza e restano bloccatidall’oscurità.Trascorrono la notte all’addiaccio (piovee nevica), intanto i parenti avvertono ilCNSAS che interviene e, raggiunti i gio-vani bloccati , li porta in salvo.

Lelo Pavanello

conseguenze: nessuna 10, lievi 1, gravi 3,nessun morto.Quindi, anche nel torrentismo, si registraun analogo trend in diminuzione: infattisiamo passati dagli 8 incidenti del 2001con 34 coinvolti, ai 17 del 2002 con 56persone ed infine ai 6 incidenti del 2003con 14.E’ auspicabile che anche in questa atti-vità si dedichi più attenzione alla preven-zione ed a una migliore organizzazionedelle discese: è tuttavia nostra impres-sione che gli incidenti segnalati sianouna minoranza rispetto a quanto avvienerealmente.Voglio quindi richiamare l’attenzione deidelegati affinché segnalino ogni eventorelativo al torrentismo.Non c’è dubbio comunque che, vista lacrescita di praticanti del torrentismo,possiamo constatare con soddisfazioneun calo di incidenti.Credo di poter affermare che anche perl’anno 2003 le strutture del SoccorsoSpeleologico hanno saputo rispondereadeguatamente alle operazioni a cuisono state chiamate. Per concludere:prepariamoci sempre al meglio, speran-do di intervenire sempre meno.

maggio – Rio Zagarone (Campania)DVU, mentre percorre la forra, scivolae, cadendo, si procura la frattura delmalleolo. Si allerta il CNSA che, assiemeai compagni dell’infortunato, provvede alrecupero.

10 maggio – Fosso il Rio (Marche)5 giovani (MC, PA 31 anni, DB 37 anni,MC 28 anni,AF 30 anni) discendono ilcanyon sino alla cascata finale.Qui giunti, anziché filare la corda tenen-dola nel sacco, la lanciano e questa, inca-stratasi, non è più recuperabile, impe-dendo così di proseguire.Si sistemano su di un canalino lateraleed avvisano, tramite il telefono cellulare,

data forra regione coinvolti tipologia causa conseg. sesso età nazione

14-ago Torrente Barbaira Liguria 1 caduta scivolata gravi M nn Francia30-ago Vajo dell'Orsa Veneto 1 caduta scivolata lievi M 30 Italia10-maggio Fosso il Rio Marche 5 blocco man.errata nessuna M nn Italia

nessuna M 31 Italianessuna M 37 Italianessuna M 28 Italianessuna F 30 Italia

27-ott Gola dell'Inferno Marche 5 blocco oscurità nessuna M 38 Italianessuna M 33 Italianessuna M 32 Italianessuna F 32 Italianessuna F 23 Italia

3-ago Forra del Casco Umbria 1 trauma man.errata gravi F 29 Italia00 mag Rio Zagarone Campania 1 caduta scivolata gravi M nn Italia

Forre 2003

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Alla guida del Corpo Nazionale Soccorso Alpino eSpeleologico è stato eletto Piergiorgio Baldracco, chesubentra ad Armando Poli.Torinese di nascita, classe 1949 Giorgio inizia giovanis-simo l’attività speleologica nel GSP CAI-UGET diTorino: nel 1965 partecipa al campo sul Colle deiSignori (Marguareis) - dove arriva in sella alla sua vespa- e alle prime discese dell’Abisso Saracco (F 5). Entrada subito nel Soccorso Speleologico, costituitosi nel1966: e ricoprirà vari incarichi sino a diventarneResponsabile Nazionale dal 1981 al 1988, succedendoal triestino Pino Guidi.Fortissimo esploratore ed esperto subacqueo, dopoalcuni campi estivi sul Marguareis, prende parte allaspedizione 1969 alla Spluga della Preta (LessiniVeronesi) dove una piena blocca per 40 ore la squadradi punta alla base del Pozzo Torino; la permanenza sot-terranea sarà di 10 giorni!E’ il trascinatore delle esplorazioni all’Abisso Fighiera(Monte Corchia), coordina tante ricerche in cavità delMarguareis e sul massiccio del Canin (Friuli VeneziaGiulia). Nel Soccorso Speleologico imprime un impulsoderivante anche dal passaggio dalla tecnica su scale alla

progressione su corde. La sua capacità organizzativa,unita ad una grande dinamicità, risultano fondamentaliper lo sviluppo del Soccorso Speleologico sia in Italiache a livello internazionale. In quegli anni si realizzanoanche i primi significativi riconoscimenti legislativi chechiariscono gli ambiti di intervento in ambiente alpinoe speleologico.Lasciato l’incarico del Soccorso Speleologico, ricopreimportanti ruoli nell’ambito del Soccorso Piemontesemettendo a disposizione esperienza e capacità, masoprattutto la sua visione nazionale e non circoscrittaa problemi locali. Un decisionista che non tralascia maiil rapporto con i collaboratori, anzi ne sollecita l’impe-gno e la collaborazione.Certamente la gestione del CNSAS non sarà cosa faci-le, sono già trascorsi 50 anni dalla sua costituzione ed icambiamenti sono stati enormi, sia sul piano tecnicoche legislativo. Proprio per questi motivi le caratteristi-che di Giorgio saranno preziose per il CorpoNazionale Soccorso Alpino e Speleologico. Siamo certiche gli speleologi avranno un valido e capace interlocu-tore.Auguri e buon lavoro !!!

Lelo Pavanello

Cambio alla presidenza del CNSAS

NUOVE QUOTE ASSOCIATIVE 2005L’Assemblea dei soci della Società Speleologica Italiana svoltasi il 31 ottobre 2004, hadeliberato le nuove quote sociali per l’anno 2005:

Aderente: 16 euro Ordinario: 35 euro Sostenitore: 120 euroSocio Gruppo: 120 euro

Come potete notare l’aumento riguarda solo le quote che includono l’assicurazionebase; a fronte dell’aumento di 1 euro viene incluso, nella convenzione assicurativa, ilrischio in itinere solo nell’ambito di corsi omologati SSI o di manifestazioni ed eventipatrocinati da SSI.

Le modalità di pagamento restano invariate e cioè:● con bonifico bancario a UniCreditBanca SpA C/C n. 621694 intestato a SocietàSpeleologica Italiana ABI 02008 CAB 66130 - Filiale di Albinea● oppure conto corrente postale sul CCP n. 58504002, intestato a Società SpeleologicaItaliana, Via Zamboni, 67 - 40126 BOLOGNA

Vi rammento inoltre l’impegno a versare le quote entro il 30 gennaio poiché, al di làdel “Regolamento” o della “Mission” il vantaggio è comune poiché consenteall’Associazione di svolgere con efficacia le attività in corso e ai soci, di accedere - subi-to e integralmente – ai servizi offerti.

La segretaria della SSIMila Bottegal

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LombardiaZona Dossena (Bg)Si è concluso positivamente l’esito deltest con traccianti sulle acque dell’Abissosul ciglio cava Lotto Nord (LoBg 3691)risultate in comunicazione con quelle delsistema Croasa dell’Era – Val Cadur(LoBg 1275; LoBg 3610), determinandoun dislivello totale di 436 m, in caso digiunzione. Le acque fuoriescono dalleSorgenti della Goggia situate nel bacinodel Fiume Brembo. Il dislivello è di 750metri circa per una distanza in linea d’a-ria di oltre 2 chilometri. Diverse, inoltre,le novità esplorative in zona:Abisso Lotto Nord. Dopo una risalita di uncentinaio di metri, si è vicini al secondoingresso, utilissimo per evitare la massa-crante sequenza di strettoie. Il dislivellorimane invariato (-170 metri) ma lo svi-luppo diviene 800 metri circa. Due nuovecavità trovate nelle miniere adiacentisono in aria di giunzione.

Sistema Croasa dell’Era – Abisso Val Cadur.Tanti i tentativi di superare l’odioso stra-to di Calcare Rosso che frena verso ilbasso, nonostante ciò nuove esplorazioniattestano una profondità che ora tocca i–350 m.Viene rivista una vecchia dirama-zione laterale e superato anche il relativofondo (quindi adesso sono cinque), tro-vando una nuova prosecuzione che siinoltra verso zone sconosciute. Lo svilup-po generale raddoppia e ora supera dipoco i tre chilometri.Abisso Occhiperesso. E’ la novità delmomento anche se ricca di difficoltà.Dopo aver imbrigliato due frane ciclopi-che con cavi d’acciaio per passarvi den-tro e poi sotto, scendiamo a -133 m conuno sviluppo di 300 m. La direzione èottima in quanto solo 60 m separano dal

fantomatico Abisso Severino Frassoni,chiuso da un tappo di detrito di minierae quindi inesplorato da decenni (-290 m).Tanta acqua e soprattutto tanta aria.Abisso Puerto Escondido. Breve diramazio-ne di circa 150 metri che porta su vie giànote. Nell’occasione sono state effettuaterisalite senza esito alla ricerca di giunzio-ne col vicino Val Cadur.Sono state inoltre trovate una decina dinuove cavità con sviluppo ancora mode-sto e proseguite le ricerche in piena col-laborazione con soci del G.G. Milano e dialtri gruppi lombardi.Tutti i dati presentisono già raccolti nel numero monografi-co de “L’Alieno” n.3.(Massimo Pozzo, Maurizio Aresi, GruppoSpeleologico Valle Imagna SSI – CAI Calco)

Monte AreraSignificative novità esplorative nel perio-do estivo del 2004 a cura del GSB leNottole con il sostegno di GEC-Genepìe amici dei Gruppi Valle Intelvi, Orobico,Lovere, Milano SEM, e Montorfano.Aracnofobia. Proseguite le disostruzioni inquesta piccola cavità tettonica che “aspi-ra” a diventare ingresso alternativo delsottostante Abisso dei due Increduli (-500): ulteriori possibilità tutte da valu-tare.Abisso dei due Increduli. Dopo duri lavoridi disostruzione nel meandrino finale si èpenetrati in un nuovo settore profondodell’abisso. Gli ambienti sono decisamen-te ampi, l’impressione è quella di trovarsiin una zona di confluenza, dove si riuni-scono diverse diramazioni provenientidall’alto, alcune delle quali forniscono unulteriore apporto idrico che va a incre-mentare il corso d’acqua che abbiamo finqui seguito. Dopo aver sceso una brevesequenza di nuovi pozzi (P17-P7-P7) siperviene a una maestosa verticale di 27m,“il Padrino”.Alla base inizia unasequenza di atri 9 saltini (max 18 metri)intervallati da brevi meandri.A questopunto si trovano ambienti caratterizzatida morfologie poco invitanti (pareti rive-stite di fango e tracce di piena a fino 4metri di altezza) che fanno da anticameraallo specchio d’acqua limpida che sbarrala strada agli esploratori. Si tratta di unsifone largo circa un metro e abbastanzaprofondo (almeno 4-5 metri). Le nostresperanze di raggiungere rapidamente unlivello di grandi gallerie fossili, sono stateal momento deluse.Toccherà spazzolarebene le innumerevoli possibilità lateraliche ancora offre l’abisso a quote un po’più alte. La misurazione tramite bindelladella sola profondità dei pozzi (da - 500in giù, il resto è rilevato) ha permesso difissare la nuova profondità a circa -630metri.Lacca della Seggiovia. Svolte intense sedutedisostruttive nella piccola cavità, strategi-camente posizionata vicino alla verticaledi F. Zappa. La ventosa finestra di –10,

con un eco mostruoso che ritorna dal-l’altra parte della fessura fa ben sperareper la giunzione.Abisso F. Zappa. Continuano le risalite nelramo laterale da poco aperto, si è a circa+30 m rispetto all’ingresso, partendo da–60 m. Il ramo della risalita prosegue finoa una bella saletta con aragoniti. Invariatoal momento il dislivello complessivo (230m).Laca di Muradei. Finalmente “bucato” ilpassaggio soffiante in fondo alle“Deviazioni di D. Rigoberto” (-160 m) edesplorata una nuova serie di saltini (5m,10m, 15m) con begli ambienti. Il nuovofondo lascia invariata la profondità (-198m) ma una fessura con aria potrebbeoffrire nuove emozioni. Un interessantearrivo d’acqua (momentaneamente inatti-vo) occhieggia all’inizio della nuovasequenza di pozzi, probabilmente è pro-prio da qui che arriva la gran parte dell’a-ria smarrita lungo la discesa. Nonostanteil risultato, tutt’altro che disprezzabile,resta un pizzico di delusione per la spe-rata e non realizzata giunzione conl’Abisso dei due Increduli.(G. Pannuzzo, da Speleo.it, modif.)

In Grigna! 2004Campo estivo 2004 condotto dalloSpeleo Club Erba con la collaborazionedi GG Saronno,AS Comasca, GG BustoArsizio, SC Valceresio, più individuali daToscana ed Emilia-Romagna.Attività:Guerriero di Pingu. Cavità verticale di un

Notizie italiane

Passaggio stratigrafico in un pozzodell’Abisso Val Cadur. (Foto M. Pozzo)

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SPELEOLOGIA 81

centinaio di metri di profondità.Kinder brioschi. Trovata un’ampia sala dicrollo con arrivi e labirinto di freatici, dalrilievo la grotta raggiunge i -830 scalzan-do Capitano Paff dal secondo posto perprofondità e avvicinandosi di molto a “Wle Donne” intorno ai -900 nei pressi delCampo Base. Impressioni a posterioridarebbero una giunzione vicinissima consoli 5 metri di dislivello! Se così fossenon muterebbe la profondità ma il com-plesso “W le Donne - Kinder - Pinguì”supererebbe i 2 Km.Antica Erboristeria In contemporanea allapunta a Kinder è stata riarmata la cavità,allo scopo di scendere un p. 20 pocoprima dell’ 80 finale. E’ stata la svolta delcampo: dopo circa 100 metri di condottefreatiche suborizzontali è stata accertatala giunzione con “I Ching” all’altezza delpozzo Panarizzo.“I Ching”, grotta esplo-rata attorno alla metà degli anni 90 dalGruppo Speleologico di Varese, era giàstata protagonista di una giunzione l’annoscorso con “Il Mostro”, un p. 140 che ametà si affianca al già citato Panarizzo.Sull’onda dell’emozione è stata immedia-tamente rilevata la parte nuova, rilevatanuovamente la parte iniziale dei Ching efatta poligonale esterna di collegamentoAntica - I Ching. Dal rilievo si vede chia-ramente che esiste un livello di freatici acirca -70 rispetto alla cresta che tagliadiagonalmente tutte le principali cavitàdella zona.E Viva le Donne? Tempo due uscite edanche questa giunzione entrando da IChing è fatta. Reso agevole un passaggiocon metodi non convenzionali, il pozzopoco dopo è il p.120 delle zone alte diW le Donne. Il complesso divenuto:W leDonne-Ching-Mostro-Antica Erboristeriafa sì che la grotta più profonda diLombardia abbia un incremento di 7metri di profondità.In ultimo è stata aperta esplorata la parteiniziale di una grotta già individuata dabattute esterne in zona “Bustina Furba” e“Bue Muschiato”. Le esplorazioni sonoferme a -40 m ma con due pozzi dascendere, rimasti tali per mancanza dicorde. Il nuovo, certamente abisso, hariveduto l’appellativo di “Topino e leGiostre” situato in una zona molto inte-ressante in quanto parte alta di KinderBrioschi.(D. Montrasio, da: Speleo.it, modif.)

Bus del Quai, nuovo sifoneApprofittando della secca autunnale (ott.’04) il Gruppo Speleo Montorfano, sez.CAI Coccaglio (BS), ha forzato una stret-toia posta in una condotta scoperta dueanni fa e denominata “Ramo della pape-rella smarrita” che aveva posto terminealle esplorazioni. Il tortuoso percorso èstretto, bagnato e infangato come vuolela tradizione al Quai, ma non si ferma.Nelle ultime punte, sono stati esplorati

un centinaio di metri portando lo svilup-po del nuovo ramo intorno ai 200 m(rilevati per metà circa). Stavolta a ferma-re l’avanzata è un sifone di sabbia (il quin-to) che lascia intravedere la via manecessita di essere ripulito. Purtroppo,dopo le ultime precipitazioni, la pienanon ha tardato ad arrivare ed è tuttorimandato alla prossima secca.Considerate le circostanze di questi ulti-mi tempi, dal 24-10-04 le chiavi per l’ac-cesso alla grotta non sono più disponibilipresso il bar Luna a Covelo, per motivi disicurezza. Si tratta comunque di unasituazione transitoria che non vuolecerto impedire le visite, ma solamentecontrollare l’accesso di persone ignaredel pericolo di piene.Attualmente si sta studiando un sistemadi gestione ingressi più efficiente. Siaccettano consigli. In ogni caso, per ora, igruppi che vorrebbero accedere possonocontattare: [email protected] oppurevenire direttamente in sede il giovedìsera: sez.CAI Coccaglio,Via P.Paolo VI(sotto scuole elementari) Coccaglio (BS).(A. Alghisi, da Speleo.it, modif.)

Attività del Gruppo Grotte Milanoal Pian del TivanoUna revisione del Ramo dei Puffinell’Abisso presso la Capanna Stoppani(Pian del Tivano, CO) ha permesso diesplorare un centinaio di metri nuovi. Legallerie si avvicinano molto alla superficie.In Valle Imagna (BG), dopo aver superatodue stretti sifoni (il primo in apnea) nellaGrotta Val d’Adda, si è riusciti ad esplora-re circa 40 m.Sempre passando uno strettissimo sifone,innescato con un tubo, nella SorgenteMelmosa si è potuto accedere ad unagalleria semi allagata esplorata per circa45m e terminante su sifone.Sulla Costa del Palio si è aperta una

nuova grotta: l’esplorazione è ferma, aduna ventina di metri dall’entrata, su unpozzo di una quindicina di metri. SullaCorna Camozzera sono stati discesi alcu-ni pozzi, tra cui uno di 44 m.(Andrea Maconi)

Friuli Venezia GiuliaBarcis: una grotta per la SSI?Una piccola grotta, situata sopra il lago diBarcis (provincia di Pordenone, FVG) èintrinsecamente collegata alla SocietàSpeleologica Italiana. La sua storia – infat-ti – coinvolge a vario titolo la SSI.Scoperta nel luglio 2002 da MicheleSivelli di Bologna (consigliere SSI, nonchébibliotecario del CIDS) è stata aperta edisostruita nel 2003 dai soci del GruppoTriestino Speleologi tra cui anche MilaBottegal di Trieste (segretaria della SSI),per poi essere rilevata, nell’estate 2004,assieme al sottoscritto, da Nicolò Chiesi(il socio più giovane della SSI) e semprenello stesso anno, fotografata da MauroChiesi, presidente della SSI.Questa risorgiva temporanea, dello svi-luppo di una trentina di metri, è percorsanel periodo estivo da una corrente d’ariafredda e all’interno da un piccolo torren-te, che in caso di forti precipitazioni fuo-riesce dall’ingresso.L’avanzamento nella grotta è ostacolatodalla ristrettezza dei vani, tra i qualianche un laminatoio alto circa 25 cm cheimpedisce per ora di lavorare al fondodella grotta costituito da un altro bassolaminatoio.Interessanti comunque possibili connes-sioni, almeno a livello idrogeologico, conaltre cavità assorbenti situate sulla Palad’Altei, estrema propagine settentrionaledel Cansiglio.(Gianni Benedetti - GTS)

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Risorgiva SSI sopra il lago di Barcis (PN)

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Notizie italiane

Nella Tana del Serpentedi Stolvizza (Alpi Giulie, ValResia, Monte Sart)E’ grazie alla rinnovata capacità dilavorare in tanti per un unico obietti-vo e alla disponibilità e generositàdimostrata da persone singole, istitu-zioni (l’Ente Parco delle Prealpi Giulie,il Corpo Forestale Regionale dellaStazione di Resia ed il Comune diResia) ed associazioni (il Gruppo“Sella Buia” di Stolvizza di Resia el’Associazione Nazionale Alpini –Sezioni di Resia) che è stato possibilerealizzare quel viaggio nell’ignotosommerso chiamato “Resia 2002”.Dopo un oblio durato 22 anni dalsuperamento del primo sifone, nel2001 riprendono le ricerche allarisorgiva del Monte Sart, cavità datempo conosciuta dagli abitanti diStolvizza col curioso nome di “Grottadel Serpente” perché vecchie creden-ze popolari, sopravvissute fino agliinizi del ‘900, la credevano il rifugio diun essere mostruoso con il corpo diserpente coperto di peli e la testa digatto. Sempre nel 2001 si effettua unaprima ricognizione subacquea perverificare sia le potenzialità esplorati-ve sia l’attuale situazione delle acquee l’attrezzamento con corde fissedelle gallerie e del grande pozzo.Le uscite preparatorie alla spedizionespeleosubacquea, alle quali hanno par-tecipato speleologi di diversi gruppi,cominciano in luglio 2002 e si pro-traggono per tre settimane, facendoguadagnare due giorni determinantiper il buon esito della spedizione verae propria, iniziata il 3 agosto. Personee materiali (oltre 2500 kg) vengonoscaricati da un elicottero in una piaz-zola allestita appositamente e da qui icolli vengono trasportati con la tele-ferica al canalone dove si apre la grot-

ta. Il pre - armo della grotta consentedi ottimizzare le operazioni di tra-sporto dei pesanti e delicati carichi: ilprimo sifone si raggiunge dopo più di600 metri di gallerie fossili ed unpozzo di 50 m da risalire e qui, in unambiente piuttosto stretto e scomo-do, si trova lo specchio di acqua cherappresenta l’inizio della nuova avven-tura. Due le punte esplorative speleo-subacquee: durante la prima, dopo iltrasporto del materiale oltre il primosifone i due sub di punta iniziano l’e-splorazione del secondo sifone. Il lagodi ingresso è largo un paio di metri elargo una decina; sopra si apre unaspaccatura di cui non si vede la som-mità. Dopo circa 120 metri di immer-sione gli speleosub emergono in unlago lungo 100 metri che risalgono incontrocorrente esplorando circa 800metri di nuovi rami. Le pareti però sirestringono, rendendo impossibile laprosecuzione. Passate sei ore, i quat-tro speleosub della squadra riemergo-no nel primo sifone. Fra la prima e laseconda punta continuano le esplora-zioni delle parti aeree tra i due sifoni,parzialmente già percorse venti anniprima, e se ne traccia un rilievo. Nellaseconda punta viene percorsa una gal-leria asciutta chiamata “schena demus” (schiena d’asino) che si originadi fronte al laghetto terminale delprimo sifone: si tratta di una rampacon la volta concrezionata da stupen-de stalattiti bianche che porta ad unpozzo di 15 m. Dal pozzo si passa adun lago che, dopo una decina di metri,si restringe in una galleria dal fondo

argilloso (“ramo Giorgio Cobol”); unafinestra sopra una spaccatura segna lafine della galleria, ma rivela pochimetri più in basso un lago cristallinoche costituirà uno degli obiettivi perle prossime esplorazioni. Si continuaquindi lungo una galleria che si apresulla parete sovrastante il lago inizialedel secondo sifone. Dopo un trattolabirintico si diramano due cunicoli:quello di destra, stretto e con le pare-ti erose dall’acqua in lame affilate,viene percorso per un centinaio dimetri però i tempi non permettonodi seguirne la prosecuzione. Il ramo disinistra, simile all’altro nel primo trat-to, si allarga in una galleria dal fondoargilloso, poi di nuovo si allaga ren-dendo necessario l’impiego dellebombole. Il nuovo sifone “Maya” vieneinizialmente percorso a tastoni acausa dell’argilla in sospensione, mal’acqua trasparente a pochi metrisotto la superficie rivela un pozzocontorto, con le pareti levigate in can-dide lame. Sul fondo un tappeto dibianchi ciottoli porta lo sguardo all’in-gresso di una galleria di cui le luci nonriescono a illuminare la fine, ma l’au-tonomia delle bombole non permettedi andare oltre.Poi inizia il lento e faticosissimo pas-samano del materiale verso l’uscita eal campo avanzato. Il 7 agosto conclu-se le operazioni logistiche e del recu-pero materiali si torna a casa; l’opera-zione è finita... almeno per il 2002.(Franco Gherlizza)

L’ingresso della Risorgiva sotto ilMonte Sart. (Foto G. Esposito)

Schizzo speditivo delle nuovediramazioni subacquee scoperte nelcorso della spedizione speleo-subacquea “Resia 2002”. (M. Campini,D. Cobol, G. Manià, L. Russo)

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ToscanaNuovo – 1000 italiano: Complessodi Monte TamburaA fine maggio 2004 si è svolta una disce-sa all’Abisso del Pianone (Complesso delMonte Tambura: Pinelli, Pianone, Paleri,Kinaski) con lo scopo di superare il sifo-ne terminale della grotta a- 968 m (- 370m entrando dal Pianone).La squadra composta da speleologitoscani e veneti ha trasportato il mate-riale di immersione sul fondo della cavitàe ha così permesso a due speleolosub disvolgere l’immersione.Al sifone termina-le, rivelatosi lungo 80 m e profondo 8 m,segue una galleria che dopo 250 m di svi-luppo e circa 40 metri di dislivello portaad un ennesimo lago sifone. Con questaesplorazione salgono a nove le cavità ita-liane superiori ai mille metri di profon-dità. Altre discese sono in programmaper superare anche il nuovo fondo.(N. Ruggieri da: Speleo.it modif.).

Nuovissimo – 1000 italiano: AbissoPerestroikaIn occasione del campo estivo ’04 orga-nizzato dal GS Fiorentino e altri gruppitoscani è stata proseguita l’esplorazionedell’Abisso Perestroika (Carcaraia, M.Tambura). In questa occasione è stataraggiunta la profondità di -1160m e rile-vato uno sviluppo di 2.3 Km circa;Perestroika diviene così il decimo -1000d’Italia.Alla profondità di -800 m sonostate esplorate gallerie fossili concrezio-nate e di grandi dimensioni che chiudonosu un sifone pensile. Il ramo del fondomaggiore ha inizio dalle gallerie di –800 econtinua a pozzi fino alla profondità di -1160 m seguendo un bel corso d’acquache si perde poi in una frattura alta estretta. Si continua così per piccoli con-dotti, strettissimi e fangosi, che arrivanosu un attivo più piccolo del precedente; ilramo termina su sifone.In un ulteriore punta a fine di Agosto ’04quasi all’inizio delle gallerie fossili di –800

si è esplorato un nuovo ramo con unpozzo di 130 m (il Gobbo Nero); allabase di questo si rincontra un attivomolto grosso che proviene da una via sucui è necessario effettuare delle risalite.Nella zona a valle la via scende per zonedisagevoli. Una via fossile tuttavia permet-te di proseguire con una serie di pozzet-ti, meandri e condottine fangose e torna-re nuovamente sull’attivo in una zona dipiccole condotte che, in caso di piena,molto probabilmente si allagano comple-tamente.Sceso un altro pozzo e percorso qualchealtro metro si giunge a un nuovo fondocon sifone a –1150 m.(A. Ghetti, da Speleo.it, modif.).

SardegnaUn nuovo sistema sardo nelSupramonte di UrzuleiLe numerose scoperte effettuate nelSupramonte di Urzulei non conoscono

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Alcune precisazioni sulla GrottaSébera (Domus de Maria - Sulcismeridionale)La Grotta Sébera è una piccola cavitàesplorata nel 1997 dal gruppo Specusdi Cagliari che si sviluppa per 198 mnelle formazioni carbonatiche delCambrico della Sardegna sud-orientale.Si apre a quota 964 m di Punta Sébera(famosa per il bellissimo panorama eper i lussureggianti boschi, vero paradi-so dei cercatori di funghi) e dista unaquindicina di metri dal punto geodeticodi questa località: il suo ingresso è quin-di uno dei più elevati del Sulcis-Iglesiente.Noi del gruppo di Uras la sentimmonominare per la prima volta nell’estatedel 1995: a segnalarcela fu un operaiodel servizio antincendio, in quei giornidi vedetta proprio a Punta Sébera, checi accompagnò all’ingresso. Una rapidaocchiata alla strettissima diaclasi verti-cale ci bastò per capire l’entità del lavo-ro necessario per renderla accessibile ecosì decidemmo di rinviare l’impresa,visto che in quel periodo avevamoappena iniziato il censimento delle grot-te del Comune di Domus De Maria esia le scoperte che le esplorazioni sisuccedevano a ritmo incalzante.Solo nel 1999, leggendo l’articolo suSpeleologia n. 38, risentimmo parlaredella cavità, scoprendo con piacere chel’ingresso era stato disostruito dalGruppo Specus di Cagliari, al quale sideve anche il nome, l’accatastamento ela stesura del primo rilievo.Essendo assidui frequentatori dellazona, non potevamo esimerci dal dareun’occhiata anche a questa cavità. Così

nei mesi di novembre e dicembre del2002, abbiamo effettuato due uscite,finalizzate anche al posizionamentoesatto dell’ingresso collocato nel comu-ne di Santadi. In realtà si trova in quellodi Domus De Maria: l’errore è dovutoalla vicinanza del limite comunale chedista appena mezzo metro dall’apertu-ra, ma il confine che corre vicinissimo èquello fra i comuni di Domus De Mariae Teulada, non quello di Santadi.Un’altra piccola imprecisione riguarda ildislivello negativo, che è di 41 m e nondi 57 m, e lo sviluppo, pari a 198 m.La Grotta Sébera è una cavità diaclasicail cui carsismo ricorda moltissimo quel-lo di alcune altre cavità della zona diPunta Su Piroi (distante appena 3 chilo-metri a SS-E da Punta Sébera) ed inparticolare gli ambienti caotici, estrema-

mente franosi e instabili, quelli dellegrotte “Del Lastrone”,“Dell’Arietta” edella “Grotta La Prima”. Come queste,infatti, si apre su litologie ben stratifica-te e fortemente tettonizzate, costituiteda quarziti vacuolari che verso il bassolasciano il posto a calcari e dolomie. Lastratificazione nelle quarziti è primariamentre appare evidente una silicizzazio-ne secondaria; le formazioni sono ascri-vibili al Cambriano.Dopo la diaclasi di ingresso, la grotta sisviluppa prevalentemente in orizzonta-le; con ambienti di crollo dove la pro-gressione, in mezzo a grossi blocchi,lame, frane e strette diaclasi, risulta fati-cosa.Verso il basso, in corrispondenzadel passaggio litologico dalle quarziti aicalcari la grotta cambia aspetto e il suosviluppo diventa esclusivamente vertica-le. La grotta non è concrezionata ed èdebolmente percorsa da fenomeni distillicidio soprattutto nei mesi invernali.Purtroppo, anche se aperta da poco, èdiventata una delle grotte più sporchedel territorio di Domus De Maria.Alsuo interno infatti sono state trovateimmondizie di ogni genere: piatti ebuste in plastica, scatolette e lattine inalluminio, bottiglie di vetro, resti di cibo(anche gusci di cozze, eppure il maredista parecchi chilometri!), tubi in PVCdi varie misure, paletti in ferro e persi-no una bomboletta di vernice rossa.Ancora una volta è con grande ramma-rico che siamo costretti a segnalare lesolite cattive abitudini di chi dimenticache le grotte non sono una pattumiera.

(Marco Pisano,Associazione Speleologica “A. DellaMarmora”, Uras)

L’ingresso della stretta diaclasi dellaGrotta Sebera. (Foto M. Pisano)

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soste per il gruppo di determinati spe-leologi “freelance” che da qualche annooperano in questo territorio dellaSardegna centro-orientale, di enormipotenzialità speleologiche.Sono state esplorate le cavità piùprofonde dell’isola che, con la scopertadi nuovi torrenti ipogei, iniziano a farluce sui flussi sotterranei finora solo ipo-tizzati. L’obiettivo principale di questaimpegnativa ricerca è stato raggiunto: lanotte del quattro settembre 2004Vittorio Crobu e Marcello Moi, attraver-so la cavità di Su Eni ‘e Istettai, sonoentrati nel “Grande collettore”, che percirca quarant’anni ha rappresentato unodegli interrogativi irrisolti della speleolo-gia italiana.Esso convoglia le acque dal Supramontedi Urzulei fino alle emergenze carsiche,come Su Gologone, ai piedi del massic-cio di Oliena, ad oltre 20 chilometri didistanza. Il bacino acquifero che si esten-de sotto il Supramonte è stimato tra i

più importanti d’Europa ed è alimentatosoprattutto dal torrente di Sa Rutta ‘es’Edera, considerata come importantezona iniziale del sistema e oggetto distudi fin dagli anni ’60. Proprio da quiabbiamo rilasciato due chili di fluorescei-na sodica per stabilire l’effettiva apparte-nenza del profondo torrente al colletto-re principale.Le esplorazioni proseguono senza soste,approfittando sia del tempo relativamen-te buono e quindi del ridotto regimeidrico, sia dell’aiuto di vari gruppi isolani,uniti per conseguire il grande risultato.Ora si è superata abilmente la frana avalle, raggiungendo una profondità totaledi quasi 500 metri, destinata a crescereseguendo il fiume che degrada lungo ilbasamento impermeabile, tra stupendegallerie vadose e ambienti sempre diver-si. Speriamo così di raggiungere la quotaaltimetrica di Su Gologone di 107 m slm,alla profondità di – 650 m dall’ingressodi Istettai, dove incontreremo il freatico;

il viaggio poi potrebbe proseguire anco-ra, ma questo sarà un altro capitolo.Una gigantesca frana a monte bloccaimportanti congiunzioni con Sa Rutta ‘es’Edera, dove le recenti esplorazioni spe-leo subacquee (organizzate dalla federa-zione speleologica sarda) si sono fermatelungo una serie di sifoni. Interessante -oltre alla distanza da questa ultima - è ildislivello, che si aggirerebbe intorno ai400 metri e che porterebbe tutto ilcomplesso a potenziali fino ad ora vera-mente impensabili per l’isola.Questa nuova speleologia ha cambiato inpoco tempo la visione dell’intera situa-zione idrogeologica in Supramonte: oltreai chilometri che ora si aggiungerannoalla conoscenza delle vie remote al col-lettore, sarà il fattore profondità a guida-re la nuova frontiera della speleologiasarda, una dimensione che, fino a pochis-simo tempo fa, era appannaggio solodelle cavità d’oltre mare.(Vittorio Crobu)

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Il fenomeno carsicotermale del MonteKronio, esiste ancoraqualche piccolo dubbio.

Nei miei precedenti due articoli sulfenomeno geotermico del MonteKronio, pubblicati su Speleologia 42 e43, avevo riassunto le conclusioni cuiero arrivato dopo decenni di osserva-zioni ed elucubrazioni, e ciò nella spe-

ranza che un giorno qualcuno, mi augu-ro con maggiori mezzi di quelli a nostradisposizione, possa avere l’occasione diriprendere il lavoro che abbiamo dovu-to interrompere.A questi è dedicato ilseguente breve scritto dato che reputoopportuno segnalare loro alcuni dubbiche tuttora mi sono rimasti in merito.Abbiamo sempre supposto, forse inmodo un po’ semplicistico, fosse possi-bile determinare l’epoca nella quale ilfenomeno ebbe inizio, sulla base diquanto riscontrato durante gli scavi

archeologici, e cioè che l’abbandonodella frequentazione umana, iniziataattorno il 3500 aC e cessata improvvi-samente attorno il 1500 aC, sia statocausato proprio dall’irrompere deivapori caldi che avrebbero costretto glioccupanti a lasciare la comoda dimora,ormai inabitabile.Potrebbe però anche darsi che il flussocaldo fosse preesistente l’insediamentopreistorico e che proprio l’antropizza-zione del sito, con il conseguente ingen-te deposito creatosi (circa 4mnell’Antro di Fazzello, unica zona scava-ta ad oggi), ne abbia ridotto notevol-mente le iniziali sezioni di efflusso, con-tribuendo così ad un progressivoaumento della temperatura dell’ambien-te sino a renderlo inutilizzabile. Questoperò è un argomento che potrà inte-ressare di più gli archeologi che riman-do, qualora interessati, ad un mio lavo-retto edito in poche copie e facilmentereperibile presso la BibliotecaComunale di Sciacca od in quella dellaSAG (G. Perotti / Monte Kronio: sulsuo fenomeno geotermico).Per quanto riguarda poi la circolazionedel flusso vaporoso, si potrebbe pureavanzare l’ipotesi che questo percorrastrade diverse, piuttosto che quellaunica da noi per logica ipotizzata. I per-corsi sin ora esplorati fanno parteindubbiamente di un unico antico gros-so inghiottitoio che, essendo statointercettato dalla falda termale pede-

Schema dei flussi termali all’internodel complesso carsico del monteKronio

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montana, ha dato origine al sistema ditiraggio che fa risalire il vapore acqueolungo le caverne e sino alla vetta delmonte, 300 metri più in alto.Per comprendere quindi la dinamicadel flusso e soprattutto gli elementi chela determinano, è indispensabile cono-scerne perfettamente il suo percorsoipogeo ed è ciò che negli anni abbiamotentato di fare, riuscendovi solo parzial-mente.Purtroppo ci siamo dovuti fermare alfondo del Pozzo Trieste dove, per con-tinuare è indispensabile individuare unby-pass, certamente esistente, chesuperando tale ostacolo (vedi articolicitati) porti alla falda dell’acqua termale,60/70 metri più in basso. Attualmentenon si ha un idea di come si sviluppi la

cavità più in basso, dove si potrebbeavere la comprensione del fenomeno.Non ci è stato possibile inoltre appura-re se il grande finestrone che si distin-gue al vertice del Pozzo Trieste portialla zona mediana:“Di Milia” o“Pozzacchione”, dove si riscontra unvolume di flusso circa pari a quello chefuoriesce dalle Stufe.La mancanza dei predetti elementi per-mette di conseguenza due ipotesi: laprima che si tratti di un sistema unicoche congiunge la falda termale con lavetta del monte; questa sembra, comegià descritto nei precedenti articoli, siala più probabile. La seconda invece por-terebbe ad una situazione diversa ecioè che, essendo una zona discreta-mente carsificata, le acque ipogeeavrebbero potuto scavare più vie. Nonsi può quindi escludere possa esservianche un altro sistema parallelo a quel-lo del Pozzo Trieste che porti più inprofondità. Del resto nella vicina cavaabbiamo riscontrato, se pur di dimen-sioni notevolmente inferiori, un sistemasimile, con zona di aspirazione di ariaesterna e zona di emissione di flussovaporoso.In tal caso il flusso che fuoriesce dalleStufe potrebbe provenire, forse esclusi-vamente, da una serie di pozzi, congiun-ti attraverso la Grotta del Lebbrosocon la zona mediana della cavità(Pozzacchione, Galleria Di Milia) senzainteressare il sistema Cucchiara - PozzoTrieste. Se così fosse, questo tratto ipo-tizzato, avrebbe esclusivamente la fun-zione di grosso condensatore, dove nelPozzo Trieste il flusso vaporoso prove-niente dal basso, miscelandosi con l’aria

fredda aspirata dalla Cucchiara, cedeparte della sua umidità, dando originealla condensa che in esso si riscontra ela cui acqua confluisce nella falda super-ficiale, dando origine a piccole sorgenti,come la “Fontana Calda”.A maggiorechiarimento la bella tavola elaborata daLouis Torelli espone visivamente comepotrebbe essere la situazione anche nelcaso di quest’ultima, ripeto non moltoprobabile, ipotesi.Penso questo sia, anche per ragionianagrafiche, il mio ultimo scritto sull’ar-gomento; non posso però non ripetereagli eventuali successori le cose cheprima o poi dovranno essere fatte ecioè:per quanta riguarda la conoscenza dellavita che si svolgeva nelle caverne supe-riori uno scavo nella Grotta degliAnimali, dove il deposito potrebbe chia-rire se la frequentazione sia continuatain questa e nell’Antro di Dedalo sinol’epoca classica, contrariamente a quan-to avvenuto nell’Antro di Fazzello. In talcaso l’ipotesi di una più lontana com-parsa del fenomeno vaporoso potrebbeanche essere valida. Un più attentoesame dei reperti esistenti nelle galleriemediane farebbe forse comprenderemeglio per quanto tempo ed in qualiepoche si sono svolte inumazioni o riti.Per quanto riguarda poi il fenomenovaporoso, stabilire se esista veramentela comunicazione tra le gallerie media-ne ed il Pozzo Trieste e quindi trovareun by-pass che porti all’origine del flus-so caldo. Mi auguro che ciò non riman-ga solo una mia mera speranza.

(Giulio Perotti,Commissione Grotte E.Boegan)

SiciliaConclusa la prima fase di esplora-zioni nell’inghiottitoio di MonteConca (Campofranco, CL).Con la raccolta degli ultimi dati topogra-fici si è conclusa ad ottobre 2004 laprima fase delle esplorazioni effettuatedal Gruppo Speleologico “Speleo Petra”della sez. delle Madonie Petralia Sottanadel C.A.I., in collaborazione con laRiserva Naturale Integrale “MonteConca” gestita dal C.A.I. Sicilia.In questa prima fase si è esplorato e rile-vato una serie di ambienti raggiunti graziead una risalita di circa 6 metri tra il 3° edil 4° pozzo. In particolare si è scopertauna galleria principale ed altre minori checonducono ad un meraviglioso pozzo dicirca 18 metri denominato “Pozzo delle conuliti” e poi a uno splen-dido meandro che termina in un piccolosifone.Questo punto è distante 5 metri in linea

d’aria da un altro ambiente della partevecchia della grotta e ad una zona dovele originali morfologie sono spessomascherate da enormi crolli. In questazona, denominata “Pezzi di vetro”, sitrova il “Pozzo Stefano” profondo circa25 metri e così chiamato in ricordo di unamico scomparso. In totale si è raggiuntouno sviluppo planimetrico di circa 1630metri e spaziale di circa 1840 con undislivello di 132 m.Questi dati fanno diventare l’inghiottitoiodi Monte Conca non solo la più profondagrotta nei gessi in Sicilia, ma anche la piùestesa. La seconda fase delle esplorazionein questa che si pone al 5° posto tra legrotte più profonde nei gessi al mondo,sarà centrata su tre risalite impegnativedi circa 20 metri ciascuna che dovrebbe-ro permettere di raggiungere altre galle-rie ad oggi solo intraviste.

(Marco Vattano, GS Speleo Petra – CAI delleMadonie Petralia Sottana)

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Monte Kronio (Sciacca-AG) sullosfondo lo stabilimento termalecostruito nei pressi delle Stufe diSan Calogero.

Pozzo delle conuliti nel ramo nuovodella grotta di monte Conca (Foto M.Vattano)

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MessicoIl vulcano dei pipistrelli (Yucatan) Quanti si trovassero a transitare versol’ora del tramonto al km 106,5 della car-retera federal n. 186 tra Escarcega eChetumal, nello stato di Campeche(Messico), 9 km ad est del piccolo pueblodi Conhaus, alzando lo sguardo al cielonon potrebbero non osservare unaondeggiante e continua linea nera che sidirige verso sud. Sono milioni e milioni dipipistrelli che escono ogni sera da unsotano, un pozzo carsico distante pochecentinaia di metri dal bordo stradale (l’e-satta posizione è lat. 18° 31,235’ N elong. 089° 49,522’ W), noto con il nomedi Vulcan o di Cueva de los Murcièlagos, danon confondere con altre cavità omoni-me presenti in Spagna e nell’Americacentrale.Il Vulcan de los Murcièlagos si trova nellaRiserva della Biosfera di Calakmul, un’a-rea protetta creata nel 1989 su unasuperfice di 723 mila ettari, che ne fa unadelle più grandi e importanti del centroa-merica in quanto confinante con un’areaprotetta nel Guatemala. Si tratta di unondulato bassopiano con altezza media di300 m, formato da calcari e dolomie delPaleocene, con evidenti manifestazionicarsiche esterne e la totale assenza insuperficie di corpi idrici nel quale nonrisulta siano stati compiuti studi o esplo-razioni speleologiche. La riserva proteggeuna foresta pluviale relativamente intatta,ancora abitata da tucani, scimmie urlatri-ci, giaguari e importanti endemismi, tantoda meritare la tutela dell’Unesco. Maforse l’attrattiva maggiore è costituita dalsito maya di Calakmul, scoperto nel 1931e dove gli scavi iniziati nel 1982 hannosvelato una minuscola parte di questacittà-stato estesa su 70 kmq, quindi l’areaarcheologica maggiore del Mesoamerica.I pipistrelli che ogni sera escono a milionidal Vulcan per la loro battuta di cacciaagli insetti o per mangiare frutta svolgo-no una funzione biologica fondamentaleper l’ecosistema di Calakmul: appositericerche compiute dall’Istituto di Ecologia

dell’UNAM hanno rivelato che un milio-ne di chirotteri distruggono in una solanotte 10 tonnellate di insetti, mentreogni pipistrello frugivoro dissemina da 6ad 8 semi per metro quadrato.Nel raggiungere l’ingresso del sotano sutracce di sentiero conviene scrutareattentamente il terreno, per evitare i ser-penti il cui principale cibo è costituitoproprio dai pipistrelli. Il pozzo circolare èlargo in media 8-10 m con una profon-dità minima di 25 e massima di 60, essen-do le pareti opposte decisamente sfalsa-te, con un evidente deposito detriticoinclinato sul fondo.La cavità sarebbe stata esplorata per laprima volta nel 1975 (Reddell, 1977: Apreliminary survey of the caves of theYucatan peninsula, Association forMexican Caves Studies): secondo ladescrizione, al pozzo segue una galleriasuborizzontale di ampie dimensioni, lungapoco meno di un chilometro, che condu-ce ad una profondità di circa 100 metri,fino ad un salto verticale non disceso.L’esplorazione è stata resa difficoltosa erapida al tempo stesso dall’elevata tem-peratura ambientale, dal nauseabondoolezzo di guano in fermentazione sulquale si è costretti a camminare, e dallavera e propria pioggia di guano e di acariprovenienti dall’immensa colonia di pipi-strelli sulla volta.Per questo non fu effettuato il rilievotopografico.Alcuni indizi fanno supporreche sul fondo scorra un fiume che, inperiodi di piena, provvede a ripulirealmeno parzialmente il deposito di guanosul pavimento della galleria iniziale.Secondo uno studio compiuto da un bio-logo americano, nel Vulcan troverebberorifugio tra 10 e 15 milioni di chirotteriappartenenti a 36 specie diverse (sulle140 presenti in Messico), sia insettivoriche frugivori, il che ne farebbe una dellecavità più importanti per la presenza dipipistrelli di tutte le Americhe.Da sommarie indagini compiute pressoguide locali e associazioni speleologichemessicane non risulta siano state com-piute discese successive, cosa comprensi-bile considerando la scarsa presenza dispeleologi nella regione e, soprattutto, lecondizioni ambientali ostili. Il Vulcan yuca-teco ha un illustre precedente nelleCarlbad Caverns del New Messico, unatra le più estese cavità americane, sco-perte nel 1800 proprio grazie alla seralenuvola di pipistrelli: in quel caso si tratta-va di poco più di un milione di individui. Ilnord-est del Messico e gli stati americanidel New Messico e del Texas sono anco-ra oggi assai ricchi di chirotteri: si calcolache vi abitino 150 milioni di esemplari,dei quali 20 nella sola Caverna Brachenin Texas. Ma lo Yucatan dista in linea d’a-ria non meno di 2.000 km!Giulio Badini(GSB-USB Bologna, SSI)

TurchiaEvren Gunay Dudeni, -1429 mnuovo record di profondità della Turchia La grotta Evren Gunay Mehmed AliDudeni (EGMA) soprannominataPeynirilikonu Magarasi si apre a 1900 mslm nella parte occidentale del MonteTaurus, a 17 km SW dalla città mediter-ranea di Andmur. E’ stata scoperta nel1991 dal Bogazici University SpeleologicalClub (BUMAK) di Istanbul. Fino al 1993la grotta è stata esplorata fino a 232 m ela spedizione del 1997 l’ha portata a1377 m di profondità. La successiva spe-dizione è stata organizzata nel 2001, male impreviste ed abbondantissime pioggehanno causato una piena nel corso dellaquale lo speleologo Mehmet Ali Ozel delBUMAK è deceduto alla profondità di1280 m.

Dopo la piena gli speleologi sono staticostretti a lasciare la grotta, dove hannoabbandonato tutti i materiali. La morte ingrotta era un fatto con cui le autoritàturche non avevano mai dovuto confron-tarsi e per questo hanno mostrato scarsacomprensione della situazione. Il corpodella vittima è rimasto in grotta. Solo treanni dopo il BUMAK è stato in grado diorganizzare un’altra spedizione. La mag-gior parte dei membri esperti del clubperò erano fuori dalla Turchia e altri nonpotevano prendervi parte.Avendo biso-gno di aiuto, gli speleologi turchi hannodeciso di chiederlo ai vicini colleghiBulgari.Il 13 luglio 2004 8 membri di diversiclubs della Federazione SpeleologicaBulgara sono partiti da Sofia per Istanbul.Poco prima di raggiungere la città unadelle automobili ha avuto un incidente esolo la fortuna ha evitato che la spedizio-ne iniziasse in maniera tragica. I colleghiturchi ci hanno aiutato e dopo aver supe-rato molte altre piccole difficoltà il teamsi è riunito ad Istanbul. Da qui la squadraha raggiunto il posto con piccoli bus for-niti dall’Università.Al decimo giorno dal-l’inizio della spedizione il team ha conqui-stato il record di profondità a 1429 m,fermato da un lago grande e profondo,esplorato con un canotto. Il passaggio da– 1377 a – 1429 è stato topografato.Qualche speleologo turco che aveva fattoparte della spedizione del 1997 ci hadetto che il lago si forma periodicamentee che dopo quel passaggio c’è un pozzo!E’ ovvio che è necessario organizzareun’altra spedizione che può appurare seci sia o meno il pozzo al di là del lago.Comunque sia, grazie agli sforzi congiuntidegli speleologi turchi e bulgari, l’EGMAè adesso la grotta più profonda dellaTurchia e dell’Asia intera. In generale puòessere considerata una grotta difficile: ipassaggi sono stretti, i salti sono piccolida 3 – 5 – e 8 metri ed il più lungo è di

Notizie estere

Ciondolo d’oro di colturaPrecolombiana

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circa 40. Questo è il motivo per cuioccorre molto materiale per attrezzarela grotta. Il team ha usato più di 2000metri di corde, 250 ancoraggi e moschet-toni. Per raggiungere la profondità recordsono stati allestiti 3 campi a – 418, 684 e1300 metri. Nella grotta è stata stesa lalinea telefonica fino a 684 metri per pre-venire i rischi di nuove piene.Contemporaneamente, gli sforzi congiun-ti degli speleologi hanno permesso direcuperare i resti di Mehmet Ali Ozelche è stato sepolto dai parenti.La Federazione Speleologica Bulgara èmolto grata ai colleghi del BUMAK siaper l’invito sia per la calda ospitalità.Speriamo che la collaborazione continuinella realizzazione di nuove spedizionisulle montagne turche o bulgare.(Alexey Jalov,Speleo Club ”Helictite” - Sofia [email protected])

AlbaniaNovità dai Balcani (Monte GoloBurdo)Dal 27 luglio al 5 agosto 2004 8 membridello Speleo Club ”Helictite” di Sofia, gui-dati da Alexey Jalov hanno realizzato laseconda spedizione sul Monte GoloBurdo, nell’Albania orientale. Un terzo diquest’area montuosa è costituito da cal-cari del Giurassico ed è caratterizzato daun carsismo di superficie ben sviluppatocon doline, uvala, carren. Nel corso dellaspedizione sono state scoperte 7 nuovegrotte, di modeste dimensioni (ShphellaGur I Jaut, con 157 m di sviluppo è la piùlunga). Nel corso della spedizione sonostati raccolti importanti esemplari difauna appartenenti a differenti gruppi(coleotteri, aracnidi, crostacei, opilionidi,diplopodi, ecc.). Dopo questa spedizioneil numero complessivo di cavità esplorateda speleologi bulgari arriva a 220, inclusala grotta più profonda dell’Albania, la BB30 (-610 m).(Alexey Jalov,Speleo Club ”Helictite” - Sofia [email protected])

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izie

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Società SpeleologicaItaliana

www.ssi.speleo.it

L’Associazione Gruppi Speleologici Piemontesi, in

collaborazione alla Commissione per la Didattica della

SSI, organizza “Speleo a Scuola”, IV Corso Nazionalesulla didattica che si terrà dal 23 al 25 giugno 2005a Varallo.

Il corso è rivolto principalmente agli speleologi che

fanno attività didattica, ma anche agli insegnanti e agli

accompagnatori naturalistici ed è articolato in tre

fasi: lezione in classe, palestra di roccia e grotta.

Nella prima giornata, dopo una introduzione sul

tema della comunicazione (come ci si rivolge ai

ragazzi delle diverse età, ma anche agli inse-

gnanti e alle istituzioni) verranno esposte le linee

guida per una corretta impostazione degli argo-

menti da trattare quando si parla delle diverse disci-

pline speleologiche (carsismo, idrogeologia, biospe-

leologia, tecniche, ambiente, ecc...).

Si parlerà poi di come organizzare ed allestire una

palestra, con idee per la realizzazione di un percorso

simulato di avanzamento in grotta. Infine si tratterà

l’argomento “uscita in grotta”: come creare l’aspettati-

va, come percorrere la grotta, ma anche come organiz-

zarsi, l’assicurazione, ecc…

Accanto ad ogni sessione teorica seguirà la parte pra-

tica, funzionale all’ultima mattinata durante la quale si

spera di poter affontare un momento di formazione in

situazione (con una classe vera!). Si ascolterà parallela-

mente la voce degli insegnanti e di chi ha fatto della

comunicazione scientifica il proprio mestiere.

E’ prevista la partecipazione di un numero massimo di

30 iscritti per un costo di 150 euro a persona, com-

prensivi di vitto ed alloggio. Le preiscrizioni sono già

aperte e si posso effettuare inviando alla segreteria la

scheda di adesione scaricabile dal sito internet

www.agsp.it. Per qualsiasi altra informazione i riferi-

menti sono:

AGSP, Galleria Subalpina, 30 - 10123 Torino [email protected] - 335 709 3687Vi aspettiamo a Varallo!

Il corso “Speleo a Scuola” nasce dall’omonima espe-

rienza che ha preso avvio in Piemonte lo

scorso anno e che ha coinvolto ben 3040

ragazzi. L’iniziativa “Speleo a Scuola” ha

riscontrato il vivo interesse da parte

degli Istituti scolastici e dei ragazzi, ma

ha anche reso consapevoli gli organizza-

tori (speleologi) della necessità di operare

a fianco di chi insegna per mestiere. Questo

sia per migliorare le capacità di comunicare e

sia per elevare il grado di coinvolgento verso

coloro che potrebbero essere gli speleologi

di domani.

Immagini tratte da “il giocagrotta” del progettodidattico “Grotta Vecchia Diga” a cura dell’UnioneSpeleologica Pordenonese CAI.

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Spulciando in biblioteca

Con questo festeggio i mieiprimi 10 numeri di collabo-

razione alla rubrica. Penso cheper me sia un onore ed undivertimento, anche se non sem-pre si tratta di una passeggiata. E’difficile soprattutto decidere, tal-volta a malincuore, cosa lasciareda parte. Non a caso, assieme adelogi, ho ricevuto inevitabilmenteanche lamentele e critiche dellequali, qualsiasi sia la motivazione,devo tener conto.Ringrazio tutti voi e la redazioneper la continua fiducia nel miolavoro.

Max

Spedire le riviste da recensire al mio indirizzo:

Massimo PozzoPiazza Pontida n.36

24122 BergamoE-mail: [email protected]

IN SCIÖ FÕNDO

Bollettino dell’A.S. Genovese “San Giorgio”N. 5 – anno 2003

Il numero siapre con l’e-ditoriale delpresidente M.Gabuti chespiega l’evolu-zione delgruppo negliultimi anni,orientatosempre più suprogetti defi-niti ed obietti-vi precisi.

Come succede in altre realtà, concen-trarsi sulla ricerca rischia di far allontana-re chi è più interessato a programmimeno impegnativi, ma l’A.S. San Giorgio èancora un piccolo gruppo con grandiprogrammi, ed in questa direzione haeffettuato delle scelte. Il programma diattività svolta e da svolgere è comunqueintensissimo ed i risultati comincianoveramente ad arrivare… “piano e bene”diceva qualcuno….

AA.VV.: “Ultimo fango allaDragunea”La tana della Dragunea (Li 6 GE), si apresulle alture di Genova, in località Forte

Begato, a circa 350 metri di quota.Considerata grotta storica viste le descri-zioni risalenti ai primi del ’900, è rimastainviolata fino al sifone terminale, dopocirca 100 metri di condotta. L’interessenasce nel maggio 2000 quando si consta-ta che il sifone terminale si può attacca-re. Dopo varie peripezie di tubi e pompe,di fanghi e livelli dell’acqua che si alzanopericolosamente, i nostri riescono a pas-sare, esplorando circa una settantina dimetri nuovi e fermandosi di fronte adun’arrampicata rimandata al futuro…Oltre il sifone, la condotta diventa transi-tabile, tra concrezioni e splendidevaschette, sempre in presenza del corsod’acqua. Bella la foto storica del 1930, lefoto a colori, il rilievo ed il posizionamen-to su C.T.R..

AA.VV.: “Marguareis – Biecai 2002”L’importanza di un geologo in gruppo sifa sentire, perché le osservazioni sullaricerca in questa zona, da anni meta delcampo estivo, danno informazioni nuovee molto interessanti ed i lavori acquista-no maggiore spessore scientifico. Il rilievodelle principali famiglie di diaclasi messo aconfronto con le direzioni dei ramidell’A. Ferro di Cavallo, ha orientato leesplorazioni dei buchi rilevati in superfi-cie. La carta pubblicata a pag. 31 dimostral’utilità di questo lavoro, assieme al ripo-sizionamento con GPS di tutte le cavitàdella zona. G. De Astis dedica due paginealla descrizione delle fasi esplorative delFerro di Cavallo, che da quest’annodiventa abisso ricco di possibilità esplora-tive, frutto di una ricerca che dura da unbuon triennio. La topografia pubblicatanon è completamente aggiornata, mabasta per capire: a circa 100 metri diprofondità e dopo il ritrovamento di gal-lerie, una grande forra con fiume chescorre aspetta le impronte che i genovesilasceranno nel prossimo campo.Attendiamo con grande curiosità: il Biecaicomincia a svelarsi….

G. De Astis: “I bombardamenti aTora Bora”Un’altra area di ricerca del San Giorgio èla zona della Foce di Monte Cavallo(Toscana – MS) L’abisso più noto in zonaè il Watanka (svil. 1,5 km circa; -270 m –vedi Talp. N.2, giugno ’90, pag.15-18), eOssiba (-200 m circa), mentre a circa 1km di distanza si apre l’Abisso Olivifer (-1215 m). Mentre parte del gruppo si con-centra sul riarmo di Watanka, nel Canaledei Pradacetti, a 980 m di quota, inizia ladisostruzione pesante di due fessure ven-tose situate in posizione strategica, inmezzo ai due abissi sopracitati. In con-temporanea, anche la ristrutturazione diun bivacco dedicato a Luisa Corna. Dopolavori ciclopici finalmente si passa e siesplora Tora Bora, una frattura verticaledi circa 50 metri che per ora offre poche

opportunità di prosecuzione. Oltre aWatanka, è in programma anche una rivi-sitazione di Ossiba.

Q. 4000

Annuario della sezione di Erba delCAI - Anno 2004

L’annuario degli erbesi è sempre puntua-le, visto che si tratta di una pubblicazionedi attività sezionale, ma ciò che ha mag-giore rilevanza sono i “numeri esplorati-vi”, certo legati al fatto di condurre ricer-

che in duedelle piùpotenti areecarsiche lom-barde: ilMassicciodelle Grigne(LC) ed ilPian delTivano (CO).Negli ultimianni abbiamoassistito aduna crescita

vorticosa delle cavità in esplorazione inqueste zone, frutto di collaborazione coni gruppi lombardi più attivi. Per capirlobasta citare i circa 20 chilometri nuovi diIngresso Fornitori (Tivano), ed i –900metri di Kinder Brioschi in GrignaSettentrionale. L’anno in corso purtroppoè stato segnato dalla scomparsa del pre-sidente Marco Bomman, che lascia in ere-dità passione, impegno, volontà e amoreper la montagna e l’amicizia. Un esempioche rimarrà comunque sempre vivo neicuori di chi lo ha conosciuto.

D. Montrasio: “Black …in!(Grigna)”L’autore, conosciuto come Lontra, ciregala una chicca “spirituale” tratta dalserbatoio di emozioni che spesso prece-dono una discesa a grandi profondità.<<Laggiù ci si dovrebbe andare una voltasola perché poi è una spirale… e la spi-rale ti travolge e non ti lascia più>>. Siriferisce al week end in cui ha deciso diunirsi al gruppo che ha toccato i –800 min Kinder Brioschi.Analizza tutti gli statid’animo della sua decisione, pur sapendoche la via del ritorno sarà tutt’altra cosarispetto allo scorrere della corda neldiscensore. Ma resistere alla tentazione èquasi impossibile, anche perché negliocchi dei compagni c’è la medesimacuriosità che spinge ad andare…

A. Merazzi: “Aggiornameto e revi-sione catastale 2003-2004”Fa seguito al mistico racconto di Lontra,l’aggiornamento catastale di uno dei due

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Merazzi,Adolfo e Marzio, che a turno sidividono l’incombenza di documentarel’attività dell’anno in corso. Cinque paginequindi di novità, con topografie e relativetabelle catastali.Vengono esaminate quat-tro aree: le Grigne, il Tivano la Valle delPelc e l’Alpe Turati, specificando che perle le Grigne il lavoro è condotto dal“Progetto InGrigna!” cui fanno capo bensette gruppi speleologici.

I CAVERNICOLI

Bollettino del Gruppo SpeleologicoCycnus di Toirano (SV)N.9 – dicembre 2003

Il contenuto di questa rivista è semprestato caratterizzato dall’attenzione per gliaggiornamenti del sistema turistico dellaBàsura e di altre cavità del Toiranese(SV).Tra le esplorazioni più significativedegli ultimi anni ricordo la relazione sulBuranco II di Case Peglia (LiSv 1072, disl.-165 m, svil.380), presente nel n.7 (1995).Di contorno a “I Cavernicoli” vorrei cita-re “Santa Lucia – La grotta, l’eremo, letradizioni” , già alla terza ristampa(11.000 copie!), e gli “Atti del VConvegno Speleologico Ligure –2000”(185 pagine), veramente ben curati e ric-chi di contributi interessanti. Il n.9 si pre-senta con copertina a colori e formatomedio e, nonostante i “mugugni” di

R.Chiesa nellaprefazione,colgo propriodalle sue paro-le la forza checi contraddi-stingue e lasperanza cheanche un pic-colo passopossa valerecome segno diripresa.

R. Chiesa, R. Papamarenghi:“Aggiornamento speleometrico delsistema turistico-carsico dellaBàsura e delle altre cavità delVallone del Rio Vero, Toirano (SV)”Sin dalla ricostruzione del Gruppo (1988)si è avvertita la necessità di controllare idati topografici relativi alle cavità delnoto complesso “Grotte di Toirano” e diricostruirne l’evoluzione storica, ormaiconservata solo nella memoria di pochis-simi. Il lavoro viene quindi esposto conmolta chiarezza, distinguendo le cavità“storiche” da quelle di “recente scoper-ta”, ordinate secondo numero catastale.Segue l’evoluzione delle ricerche in zonain ordine temporale a partire dal 1783,data della prima stesura di rilievo delleGrotte di S. Lucia, fino al 2000, anno in

cui, con la realizzazione degli atti del VConvegno, tutta la documentazione èstata riunita in un unico archivio. Sonostati effettuati i rilievi topografici di tuttele cavità riposizionando anche gli ingressi,e mettendo a confronto in una tabella, glierrori riscontrati. Ne risulta che il com-plesso ha uno sviluppo di 1770 metri edun dislivello di 42 metri. Il percorso turi-stico ne misura 925 a differenza dei 1280riportati nei depliants.A corredo, letopografie delle varie cavità, un pieghevo-le in A3 con il complesso e la rappresen-tazione degli ingressi con i punti utilizzatiper i posizionamenti.Il risultato di questa impegnativa ricercanon può che diventare un’occasione peravviare nuove indagini sulla genesi dellegrotte, sulla loro distribuzione e, più ingenerale, sull’evoluzione del territorio.

R. Chiesa: “Furibondia, la terra deibuchi soffianti”Dopo diverse ricognizioni in un settoredell’area del Monte Carmo di Loano(SV), nasce il progetto di ricerca“Furibondia”, in omaggio all’aria che soffiada molti buchi. L’obiettivo è quindi il soli-to, cioè trovare nuove grotte nel “Settore2” dell’area che negli Atti di Toirano 2000occupa due misere pagine con solo quat-tro cavità… La “terra dei buchi soffianti”ha una forma vagamente rettangolare dicirca 3 x 0,7 km, occupando una superfi-cie di 1,8 km2. Negli ultimi due anni laricerca ha portato al ritrovamento di 45cavità (o buchi), soffianti ed aspiranti, etre sorgenti la cui portata si aggiramediamente sui 5 l/sec.Al momento legrotte di maggior interesse non hannosviluppo e dislivello superiore ai centometri, ma la quantità di dati ed informa-zioni è sufficiente a far pensare che lazona sia molto interessante: i risultatinon tarderanno a venire.A corredo diquesto contributo una tabella con tutti idati delle cavità, una cartina di inquadra-mento geologico e una con il posiziona-mento dei buchi soffianti.

R. Merlo, R. Chiesa: “Buranco daCruxe: cent’anni dopo”Bella e simpatica l’iniziativa di rievocarel’ardua impresa di due giovani toiranesieffettuata nel 1891, che, calandosi nelbaratro del Buranco da Cruxe, smitizza-rono “La Leggenda del Buranco”, (libroscritto da Baccio Emanuele Maineri epubblicato postumo nel 1900), fino adallora ritenuto “la bocca dell’inferno”. Inpoche parole nel 1891, Pietro Canaveseseguito da Ambrogio Vigliano, si fece cala-re con un canapone a braccia, in fondo alpozzo iniziale valutato circa ventisettemetri e non si avventurò oltre per stre-mo delle forze e probabilmente paura. Isoci del Cycnus hanno ripercorso con imedesimi materiali (foto di copertina),l’impresa dell’epoca.

IL GROTTESCO

Notiziario del Gruppo GrotteMilano CAI SEMN. 54 – anno 2004

Il bollettino dello storico gruppo lombar-do, arriva al n.54 rispettando degnamentela frase in prima pagina:“Esce quando neha voglia e quando c’è bel tempo…”. Ilnumero precedente è datato 1999 ecome allora si presenta con un numerosconfinato di pagine, quindi difficile darecensire integralmente, ma allo stessotempo stimolante nella lettura, da pagina1 a pagina 155.Si può dire che il “ritardo” nelle riviste

abbia anche un lato positivo, e cioè quel-lo di presentare lavori estremamentearticolati e completi. L’esempio è proprio“Il Grottesco”, impaginato molto sempli-cemente ma pulito, quasi completamentein bianco e nero ed in formato A4.Pochissime critiche, se non per alcunetopografie che hanno risentito degli effet-ti della riduzione, e quindi risultano pocoleggibili perché troppo piene (vedi PuertoEscondido).Per il resto faccio i complimenti adAndrea Maconi per questa riuscitissimaed impegnativa prima impaginazione.Pregevole l’idea di dare ampio spazio adautori di altri gruppi speleologici, frutto edimostrazione del clima di collaborazioneche caratterizza la speleologia lombardadi questi ultimi anni. I risultati ne fannofede. Quattro i grossi blocchi descrittivi:il Tivano (CO), la Grigna Settentrionale(LC), la Valle Imagna (BG) e la Zona diDossena (BG), a cui seguono resoconti diesplorazioni all’estero (Venezuela,Marocco, Cuba, Bosnia e Cina). In allega-to anche un cd ricco di foto, cartine, daticatastali e altri racconti. Nelle ultimepagine un saluto a due cari amici scom-parsi,Andrea Mohwinckel e Dario Basola.

G. Ferrari: “Aggiornamenti Tivanici(2000-2004)”L’autore offre una panoramica delle ulti-me novità esplorative al Pian del Tivano epiù in generale in Valle del Nosê(Triangolo Lariano – CO). La cooperazio-ne tra diversi gruppi speleologici, cui va ilmerito generale, ha portato all’esplora-zione dell’area con il ritrovamento dinuovi reticoli un po’ dappertutto: sonostate scoperte importanti cavità mentrequelle già note hanno avuto incrementiconsistenti.Sul Monte San Primo, l’Abisso dei Mondi(-263 m) e l’Altro Mondo (-285 m),danno la speranza e stimolano la curio-sità di penetrare in un complesso ancoraignoto, di cui si può solo ipotizzarne laconsistenza (quello della mitica“Controtacchi”), ed il cui potenziale puòsuperare i 1000 metri di dislivello.

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Vengono poi analizzate tutte le altrecavità dell’area tra cui spicca “IngressoFornitori” che si avvicina ai 20 km di svi-luppo (disl. 400 m circa), esplorati prati-camente tutti in poco più di un anno. E’indubbiamente la scoperta più eclatante

del 2003.Tuttoil resocontotermina conconsiderazioniinteressantisulle ipotesi disviluppo diquesto grandecomplesso esulla necessitàdi effettuaretracciamentidei corsi d’ac-qua.A questo

contributo ne seguono altri di vari auto-ri: D. Holzammer sulla giunzione tra“Aurora e la Grotta di Zelbio”, M.Varin(G.G. I Tassi) descrive “Criopolis” (-236m; > 1 km),A. Bertolini il “Buco delDossello”,A. Maconi aggiornamenti alla“Zelbio” e l’“Elissoide”, e con P.Tognini ilresoconto di “Obelix” (-124 m; 645 m).

A. Maconi, F. Bertolini: “Abissodella Piancaformia - Holiday onIce - Vecchi Ricordi”Resoconto esplorativo di rivisita di treabissi situati in Grigna Settentrionale. Ilprimo è situato quasi in cresta, 150 metrisopra il nuovissimo Kinder Brioschi; l’in-tento era di aumentarne il dislivello conuna giunzione non avvenuta perché fermia –53 metri (Campo InGrigna!2003).Holiday on Ice e Vecchi Ricordi invecerisalgono al 2000 e sono ancora in esplo-razione: il primo ha grossi depositi dighiaccio su tutto il pavimento (senzaramponi è pericoloso) ed è fermo supozzo a –50 metri circa, mentre l’altrotocca i –124 metri con un bel P.71 e…ovviamente prosegue. In collegamento aquesti tre articoli ci sono ancora duescritti di A. Maconi:“Piccole Scoperte sulMonte Fopp” (scoperta di brevi cavitànella zona sotto la quale dovrebbe esser-ci il collettore delle acque della Grigna), edi D. Rovati: “Piccole soddisfazioni aiResinelli” (reperimento ed esplorazionedi piccole grotte nelle miniere dei Piandei Resinelli).

A. Maconi: “Esplorazioni in ValleImagna e in Val San Martino”Le due valli prese in considerazione, sonoda anni oggetto di ricerche da parte delG.G. Milano. Le grotte sono numerosissi-me, oltre 300, e diversi sono i complessicarsici presenti. L’A. propone un resocon-to ben dettagliato delle scoperte piùinteressanti, suddividendo a settori il ter-ritorio corredato da topografie, foto eaggiornamenti catastali di circa 250cavità.

Conclude il lavoro un contributo di M.Varin sulla “Grotta Berni” (-30 m; 85 m),ultima novità del G.G. I Tassi.

M. Pozzo: “Il Complesso Carsico diDossena (BG)L’Autore (G.S.Valle Imagna), propone unasintesi del lavoro monografico sull’area,pubblicato su L’Alieno n.3 (recensito suSpeleologia n.49).All’inquadramento geo-grafico e a quello idrogeologico di A.Uggeri (G.S.Varese), segue un resocontostorico sull’evoluzione delle scoperte edil punto della situazione sul complesso,dopo l’esito positivo dei test con trac-cianti che ne hanno determinato l’unita-rietà ed il collegamento con le risorgen-ze. Gli abissi di maggiore potenzialitàsono anche quelli che per ora hanno svi-luppi notevoli, quali il Val Cadur-Croasadell’Era (-340 m; 3 km), PuertoEscondido (-250 m; oltre 1,5 km), LottoNord (-170 m; 800 m), S. Frassoni (-290m), Club Med (-120 m; 280 m) ed ilnuovissimo Occhiperesso (-133 m; 300m).A corredo la pianta generale del com-plesso, la sezione schematica e la cartaidrogeologica (di A. Uggeri).

R. Bregani: “Puerto Escondido:ultimissime notizie” - “Concediti ilmeglio: l’Abisso Club Med”Altro blocco di contributi sull’area carsi-ca di Dossena (BG). Puerto Escondido èl’abisso completamente esplorato dalG.G.M. ed è il secondo per importanza esviluppo nel sistema in oggetto: pratica-mente ogni anno viene esplorato qualco-sa di nuovo anche se le prosecuzionisembra siano legate a grosse disostruzio-ni o impegnative risalite in artificiale.Determinante per il prosieguo dellericerche è stata l’apertura di un secondoingresso dopo un potente lavoro di sban-catura. Club-Med è invece un abissomolto ostico ed infangato, che si sviluppain posizione strategica rispetto agli abissicircostanti.Purtroppo però si concede con moltadifficoltà e le strettoie di fondo rimango-no per ora inviolate rallentando la prose-cuzione verso il basso. R. Bregani descri-ve con articolo separato anche l’esplora-zione di “Aquapark”, una modesta cavitàsempre all’interno delle miniere diDossena.Di contorno al resoconto su Dossena,ancora due contributi sulle miniere:A.Buzio con “Cenni di storia minerarialombarda” e S. Ronchi con “La miniera diDossena”.

P. Tognini, M. Inglese: “Esplorazioninelle grotte di Cuba: Projecto SanVicente 2003”In questo corposo resoconto vengonopresentati i risultati della spedizione italocubana “San Vicente 2003”, composta da

cinque speleologi italiani e sette cubani enata da un progetto di collaborazioneesplorativa e scientifica tra la SSI e la SECper l’esplorazione della Sierra SanVicente, nella regione di Pinar del Rio, aprosecuzione di una precedente spedizio-ne italiana che, nel 1998, aveva scopertoun sistema di oltre sei chilometri di svi-luppo.Vengono scoperte altre sei cavità per untotale di circa 740 metri. Interessanti emolto ben curati gli inquadramenti diPaola, peccato che le tante foto siano inbianco e nero (tranne due). Importanteanche la scoperta di una nuova specie dicoleottero.

A. Buzio, C. Ciapparelli: “Guizhou2000 - 2002”Gli Autori descrivono i risultati di duespedizioni speleologico-scientifiche svoltenello stato del Guizhou, nella zona meri-dionale della Repubblica Popolare Cinese.Le ricerche si svolgono in una piccolaparte della più grande area carsica delmondo (estesa quasi quanto tuttal’Italia!), nel villaggio di Hong Lin.Al ter-mine della spedizione risultano esploratie topografati 19 km di grotte.Nel contempo vengono condotte impor-tanti ricerche biospeleologiche, geo-morfologiche e sulla contaminazionedelle grotte da Radon.

PROGRESSIONE 48

Commissione Grotte “E. Boegan”SAG Anno 26, n. 1, giugno 2003Le attività e le riflessioni della CGEBsono sempre ricchissime di argomenti,caratteristica che fa di Progressione larivista di Gruppo più varia nel panoramadei seriali speleologici d’Italia. Data lagrande quantità di articoli presenti siamocostretti a scegliere, arbitrariamente, soloalcuni contributi.Recensioni a cura di M. Sivelli

P. Guidi: “L’Abisso del SegretarioMarcello”Gli arzilli grottisti in forza alla Boeganhanno arricchito il Carso triestino diun’ennesima cavità, situata non lontanodalla Grotta Noè. La grotta trovata invece di un’altra di cui si era persa l’ubica-zione è stata dedicata a Marcello Delise,storico segretario della Commissione.Nell’articolo - che è preceduto da unoun po’ simile di N. Bone sempre sullastessa grotta - si espone la cronaca delleesplorazioni e si descrivono le caratteri-stiche morfologiche della grotta (profon-da 89 m).Viene infine dedicato un ricor-do a Delise riproponendo alcuni suoiscritti poetici.

R. Corazzi: “Visto che le biciclettevanno tanto di moda tra gli spe-

Spulciando in biblioteca

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leo scoppiati…”. “El Pampa, vicen-de di rhum ed esplorazioni”Breve cronistoria delle esplorazioni edescrizione della Grotta delle Biciclettesituata nella zona soprastante la CaseraGoriuda sul M. Canin. Le esplorazionisono state condotte da un team inter-gruppi (CGEB, GTS GS Pradis) e i tenta-tivi di collegarla al Complesso del Forandel Muss al momento sono andati falliti.La cavità con tre ingressi è profonda 145metri con uno sviluppo di alcune centi-naia. Nell’articolo successivo l’autore dàconto del buon esito ottenuto invece perla giunzione fra la cavità “El Pampero”con il sistema Rotule Spezzate che prelu-de ad una ennesima giunzione, quella conil già enorme sistema carsico del Busd’Ajar-Complesso del Col delle Erbe.

E. Padovan: “Il sistema carsicodella cordillera de la Sal neldeserto di Acatama”.Rapporto di tre spedizioni alpinistico-speleologiche svolte sull’altopiano salinodi Acatama in Cile. Sono state esplorateuna dozzina di cavità di attraversamento,di cui la più lunga sviluppa circa 700metri. Molte di queste grotte sono carat-terizzate da splendidi concrezionamentidi sale che purtroppo a volte sonodeturpati da occasionali visitatori.Proposta dell’Autore per una loro tutela.

F. Forti: “L’uso corretto dei termi-ni “corrosione”, “soluzione”, “ero-sione” negli studi carsici”.Excursus storico sull’uso dei terminicomunemente utilizzati per descrivere iprocessi carsici. Dalla terminologia dellascuola tedesca, da cui derivano originaria-mente i termini correlati agli studi carsici,alla distinzione dei termini omologhi piùappropriati da usare nelle altre lingue.L’A. propone di utilizzare il termine “solu-zione carsica” per i processi di carsismoepigeo e, per il carsismo ipogeo, il termi-ne “erosione” solo quando il grandescorrimento idrico determina consuma-zione meccanica o fisica, quindi prevalen-te sull’azione chimica.

PROGRESSIONE 49

Commissione Grotte “E. Boegan”SAG Anno 26, n. 2, dicembre 2003Bizzarra la decisione del Direttore diaprire questo numero con un articolo infavore dell’utilizzo del discensore Stop(back to anni ’80…), criticando una tesidi G. Badino in cui si sostiene l’opposto.Il pezzo ha più il sapore di un attaccopersonale piuttosto che un invito al buonsenso. Nell’articolo successivo segue unaffondo – ineccepibile – di Fabio Fortisull’incomprensibile teoria per cui inambito SSI si vuole portare la fondazionedell’associazione al 1903 anziché al 1950.

Per i più pruriginosi si rimanda alla lettu-ra della circostanziata disquisizione.

C. Brun, U. Mikolic: “L’abissoDomus de Janas”Breve ma esaustivo articolo “chiavi inmano”: storia delle esplorazioni, descri-zione, note d’armo, ubicazione e rilievo diun nuovo abisso in Canin. Un -282 m(continua…?) esplorato in collaborazionefra CGEB e GSSG; la cavità si apre nellazona Poviz - Sella Prevala, a quota 1930slm.

F. Forti: “Stazione per la misuradella consumazione carsica”Dopo la descrizione e la storia delleesplorazioni della Grotta di Baredine

(Parenzo,Istria), l’A.compara irisultati dellavelocità disoluzionecarsica sudue massirocciosisituati unonei pressidella Grottadi Baradine eun altro alla

stazione sperimentale di Borgo GrottaGigante; le misurazioni sono avvenutecon lo strumento a treppiede graduato.Si è riscontrato che nell’arco di 4 annil’abbassamento da consumazione carsicaad opera delle acque meteoriche degliammassi rocciosi è stato molto differen-te. In pratica il masso di Borgo Grottasubisce un abbassamento quasi doppio aquello vicino alla Grotta di Baredine, ilche dimostra il differente grado di piovo-sità delle due zone pur non lontane unadall’altra.

S. Savio: “Ceki 2 (-1500)”Un giro al nuovo fondo del Ceki 2 daparte di tre “semi-veci” della Boegan.L’occasione è un momento per ricordarele esplorazioni della grotta avvenute oltre10 anni fa ed apprezzare la capacità deigiovani speleologi sloveni che hanno por-tato il Ceki 2 alle prime posizioni almondo per profondità. Segue tradottol’articolo degli sloveni apparso su NaseJame descrivente la scoperta e le esplo-razioni del nuovo fondo.

F. Forti: “Considerazioni in meritoall’esclusione della Venezia Giuliadalle Alpi Giulie”Articolo che contesta la proposta appar-sa su un numero della Rivista del CAIper una nuova suddivisione dell’arco alpi-no, che escluderebbe la zona del Carso ela Venezia Giulia e la includerebbe nellafascia dei monti dinarici. Con dovizia di

particolari l’A. sostiene la totale insensa-tezza della proposta con argomentazionistoriche, geologiche, culturali e antropo-logiche.

Se l’obiettivo di Speleologia è quel-lo di narrare la speleologia nei suoipiù diversi aspetti, la rubricaSpulciando… è sicuramente unaparte importante di questo eternoracconto. Come Notizie Italiane,Spulciando (in effetti titolo è propriobruttino…) rappresenta una finestraaperta sulla vita dei Gruppi e per-mette di segnalare una quantità diinformazioni che, per loro natura,Speleologia non potrebbe altrimentitrattare. I motivi possono esserediversi: perché gli autori preferisco-no altri canali d’informazione. perchéforse non ci si ritiene pronti (!?) perun articolo su Speleologia, oppureperché chi va in grotta non si preoc-cupa di diffondere i propri risultati.Dei tre, l’ultimo ci sembra il motivoprincipale e se questa valutazionefosse corretta, rappresenterebbe difatto una contraddizione - evidente-mente diffusa e radicata e anche inqualche modo orgogliosamente nonrisolta – che gli speleologi si portanodentro. Nel nostro caso la questioneaperta è: cosa resta di tutte le fati-che, delle tante ipotesi elaborate, deirisultati ottenuti (e dei fallimenti) senon vengono restituiti attraverso ladivulgazione e documentazione?Se però, e per estremizzare il discor-so, non interessa proprio che la con-traddizione sia affrontata, restanomolti dubbi sull’effettiva utilità dispazi come questi, dubbi aggravatianche dal disagio di ammettere l’e-strema difficoltà nel riuscire a “con-fezionarli”. Perplessità avvalorate dalrisultato, diciamo pure, non esaustivodel contenuto della rassegna. Si diràche se un Gruppo non invia le pro-prie riviste a Max per le recensionisignifica che il bibliotecario di turnoè un insipiente, si dirà che se unGruppo non divulga i risultati delleproprie esplorazioni significa chenon gli interessa informare altri chese stesso e via così. Una cosa è certa,l’interfaccia è sempre più spesso ilproprio ambito provinciale cheosserva il mondo attraverso unimbuto.Del resto il percorso sembraproprio questo; chi mai si è accortoche di punto in bianco è sparita lasezione “Stampa estera”? Chi mai siè accorto che, di punto in bianco,sparì la rubrica “Cosa succede nelmondo”? Non un amen; di questopasso… Michele Sivelli

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Recensioni

Le Grotte del LazioPiù di cinquant’anni separano questolibro da “I fenomeni carsici e la speleo-logia del Lazio” di A. Segre del 1948; unlavoro, quindi, senz’altro necessarioprima che gradito.Qualche numero di presentazione: 414pagine, per un formato di 30 cm per 43per 4,5 chilogrammi di peso. Quasi mez-zometro di sberla sdraiata sulla scriva-nia, contenente informazioni dettagliatedi carattere geologico, morfologico, sto-rico, nonché rilievi, fotografie e itinerarid’avvicinamento di 206 cavità sulle 1400accatastate nella regione, in ottima vestegrafica.Sono serviti dieci anni di lavoro perriempirlo di contenuti aggiornati eattendibili che, come giustamente rico-noscono gli Autori, valorizzano anche ilcontributo di varie generazioni di spe-leologi, e la collaborazione scevra diinteressi e gelosie di chi ancora conti-nua a lavorare “sul campo”. Questi pro-babilmente i meriti maggiori del libro.Detti i pregi, passiamo, doverosamente,ai difetti. Il primo, tristissimo, è che que-sto volume al momento non è in vendi-ta, ed è di fatto introvabile: le 1500copie edite sono state distribuite aglispeleologi del Lazio ed a enti e associa-zioni speleologiche primarie. Si rimanda-no pertanto gli interessati al Centro diDocumentazione F.Anelli per eventualiconsultazioni e parziali riproduzioni.Entrando più nel dettaglio dell’opera, semai sarà possibile una seconda e più dif-fusa edizione, auspichiamo un indicesuddiviso per nome della grotta e percomune, che renderebbe sicuramentepiù agevole la ricerca, anche se nonrisulta comunque particolarmente labo-riosa.Complimenti agli autori, dunque, e aifortunati possessori di quella che sperosia solo una prima edizione.(Andrea Bonucci)

“Le Grotte del Lazio” di MarcoMecchia, Giovanni Mecchia, Maria Piro,Maurizio BarbatiAgenzia Regionale per i Parchi Lazio –ARP, Roma, 2004. 414 pagg., 31x44 cm,

Grotte dei Berici Aspetti fisici e naturalistici.

Prodotto grazie ai contributi della Regione Veneto,questo è il primo di una serie di tre volumi dedicatialle cavità naturali dei Colli Berici, situati in provinciadi Vicenza. La collana, diretta da A. Dal Longo e P.Mietto, è realizzata in occasione del 40° anniversariodel Club Speleologico Proteo di Vicenza e vede la col-laborazione di vari naturalisti e speleologi vicentini. Icapitoli del volume, che sono accompagnati da unampia documentazione fotografica a colori e dai rilie-vi delle cavità, comprendono la descrizione dell’am-biente geologico, gli aspetti faunistici e botanici, la sto-ria delle ricerche speleologiche, un repertorio biblio-grafico e spunti metodologici per la ricerca speleologica (documentazione fotografi-ca ed elementi di tecniche di progressione in grotta).

Grotte dei Berici.Aspetti fisici e naturalistici, vol. I. Museo Naturalistico Archeologicodi Vicenza, 2003. ISBN 8890018445, 21x29 cm, 270 pagg.

Insoliti viaggi:l’appassionante diario di un precursore

Luigi Vittorio Bertarelli fu un grande pro-motore della speleologia italiana neiprimi anni del ’900, coautore assieme aBoegan di “Duemila grotte”, esploratoree sostenitore dello sviluppo turisticodelle Grotte di Postumia e protagonistadi numerose esplorazioni, tra cui quelledel Bus de la Lum e dell’Abisso delRaspo, il più profondo abisso della terradi quegli anni. E’ destino tuttavia che laspeleologia rimanga un’attività miscono-sciuta, anche quando a praticarla sonopersonaggi del calibro di Bertarelli, piùnoto al grande pubblico come uno deimaggiori divulgatori della cultura geo-grafica del nostro Paese. Presidente delTouring Club Italiano del 1919 al 1926, alui si deve la realizzazione di un’enormequantità di guide turistiche e descrittived’Italia. Comunque sia, speleologo e/ogeografo, Bertarelli fu tra coloro che inquegli anni cominciarono a far conosce-re l’Italia come stato nazionale, deco-struendone l’esoticità mitizzata persecoli dai nobili inglesi. Un compito diffi-

cile, per un paese troppo esteso lungo isuoi meridiani, ma lo sforzo di Bertarelliper accorciarne le distanze è oggi evi-dente in ogni sua opera.Da milanese benestante, con intelligentepassione si dedicò ai viaggi e alle scoper-te geografiche, descrivendo tutte leregioni già declamate dal suo grandepredecessore Antonio Stoppani. Qui,negli “Insoliti viaggi”, sono raccolti alcunidei diari editi che Bertarelli tenne duran-te le sue missioni, fra queste ne figuranodiverse a sfondo speleologico, nessunatuttavia riguarda l’attività del Bertarellipiù eminentemente speleologico, a partequella della discesa alla grotta deiRemeron del 1900.Ciò che emerge maggiormente in questaraccolta è il personaggio, la persona difronte agli eventi che lo ostacolano; unuomo dal carattere vigoroso, essenzialee ironico. Il suo stile narrativo è sempli-ce, fatto in presa diretta e poco incline avisioni romantiche che tuttavia traspaio-no di tanto in tanto ed evocano tutta lamagia del viaggio nel Bel Paese (immagi-niamoci cosa poteva essere l’Italia allora.Ah!... esserci!). Colpisce peraltro l’atten-zione con cui Bertarelli ricorda, costan-temente, l’umanità incontrata nel suopellegrinare: la contadina del meridione,la vita pastorale, le popolazioni carcera-te, i bambini operai nelle miniere sicilia-ne.Come recita il sottotitolo del libro,Bertarelli è un precursore, un vero viag-giatore ed esploratore globale ante litte-ram: in bicicletta a fine ’800, con quattrostracci addosso, per settimane da sololungo lo stivale. Altro che gallerie delCorchia! (Michele Sivelli)

“Insoliti viaggi : l’appassionante diario diun precursore” di Luigi VittorioBertarelli. Tourig Club Italiano, Milano,2004. ISBN 8836530664, 13x19 cm,14,00 Euro.

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Fratture, dell’anima?Come noto, stranoto e da sempre lamen-tato, la speleologia soffre per la mancanzadi comunicazioni con il mondo esterno e laletteratura speleologica - che poteva esse-re un valido mediatore - è sempre stataperlopiù saggistica, quasi mai narrativa.La narrativa speleologica è una chimera.Ammettiamolo: siamo un popolo chiuso,elitario, a tratti orgogliosodel suo isolamento, e glisforzi per farci capire da chispeleo non è ci hanno sem-pre interessato fino ad uncerto punto.D’altronde quando si prendein mano la penna per trasfe-rire sulla carta le emozioniprovate sottoterra ci sisente impotenti: è difficile,non si sa chi siano gli inter-locutori, si teme di esserefraintesi.Al di là dei bolletti-ni - che svolgono una funzio-ne importantissima ma nonescono dal nostro ristrettonucleo - c’è sempre stato poco, anche per-ché se si parla di pura speleologia il pubbli-co non può che essere limitato.Lo scrivere di luoghi, per quanto importan-ti essi siano, in fondo è una noia, figuriamo-ci il leggere di luoghi e specialmente daparte di chi non può che avere, di questiluoghi, un’idea confusa, spesso del tuttoerronea. Un’alternativa era - ed è - parlaredi speleologi, cioè non tanto delle loroincomprensibili mete (le grotte) quantodelle loro tensioni, pulsioni, umanissimeemozioni. In passato qualcosa s’è fatto;dovremmo scomodare Martel, Casteret,Mornig, Ghidini... di recente ci sono statiAndrea Gobetti, Fabrizio Ardito e pochialtri. Comunque meno, infinitamente menorispetto all’alpinismo, che difatti non ha maipatito gli stessi problemi comunicativi. Benvengano, allora, gli sforzi per rimediare.«Fratture», dello speleologo Natalino

Russo, non è un libro di speleologia. E’ uninsieme di racconti, anche molto brevi eche non sempre hanno a che fare con ilsottoterra.Natalino Russo usa una scrittura intimista,coraggiosamente si sofferma a scavare den-tro il proprio io più che a cercare di descri-vere luoghi o la loro esplorazione. Con unametafora assai retorica si potrebbe direche le fratture del libro di Russo sono non

tanto quelle del calcarequanto quelle dell’anima.Il rischio di una narrativacosì è che si può finire neltroppo personale e a trattifra le pagine di Russo si per-cepisce tale difficoltà.I racconti di «Fratture» nonsono improntati al tradizio-nale canovaccio narrativo,con storie normali, dove c’èun fatto, un accadimento, unatrama... Spesso nei raccontidi Russo non accade niente.La lettura di un libro così èpiù ardua, richiede uno sfor-zo maggiore e il sottoscritto,

ad esempio, non può nascondere di prefe-rire - forse per pigrizia - la narrativa spe-leologica “classica”, quella di un Gobetti odi un Ardito, dove, pur con passi deliranti(nel primo) si capiva cosa stava succeden-do, c’era un accadimento, una storia, affasci-nante o meno.Se Natalino Russo ha fatto un passo avantioppure indietro, lo giudichi il lettore. Se èatmosfera new age o se dietro l’apparenteminimalismo c’è un significato profondo,idem come sopra. Di certo, meglio così cherimanere alle solite descrizioni di posti (legrotte) che, per quanto meravigliosi, resta-no solo nel nostro ristretto circolo.(Sandro Bassi).

“Fratture. Scorie vere di passi falsi” diNatalino Russo, prefazione di Mario Tozzi.Imago Media ed., Piedimonte Matese, 2004.224 pagg., 1x19 cm.

L’emozione di chi c’era(e l’emozione del video)

La Federazione Speleologica Toscana hainviato agli abbonati di Talp una copiaDVD del video di Andrea Gobetti eClaudio Cormio “L’emozione di chic’era”. Nel 2001 a Seravezza, durantel’incontro nazionale di speleologia, siritrovarono molti tra i protagonisti delleesplorazioni dentro al Monte Corchianegli anni ‘70 e ‘80. Quasi una riunionedi ex compagni di scuola, quasi l’imba-razzo per riproporre in età adulta, lecontese di un gioco adolescenziale.Emozione per l’oggetto che il gioco haprodotto. Riprese curiose, nervose,quasi irrispettose di corretta sintassi. Latopografia riprodotta dei luoghi descrit-ti produce un effetto straniante.Possibile tanta fatica, tanto contendersi,per questi resoconti da geometriadescrittiva? Percorsi d’aria, gare tracomplesse gallerie, passaggi chiave.Andrea Gobetti e Claudio Cormiosanno esattamente cosa raccontare.Una storia di passioni e umori, unasplendida metafora del tempo e dellavita. Quando Baldracco parla delSavonese a perdere (Badino), poi di ulti-ma pietra, e di nuovo percorso; quandoIvano di Ciolo pensa a persone e non arocce; quando la telecamera insegue ivolti di questi allievi (caotici, sbadati,disattenti) di una scuola immaginaria eimmaginata, dove roccia aria e acquasono docenti. Noi eravamo sotto(Adiodati, Utili) e loro sopra, faentiniche capitano in questo gioco scorrel’oggettività dei rilievi, ma quale oggetti-vità? Non c’è il buio, la contesa, la sor-presa. Nell’essenza grafica non c’è l’epi-co racconto di una stagione passata, ilsilenzio di vette apuane. ValentinaMalcapi è bravissima a dare sintesi e for-nire conoscenza. Ma il vero centro dellanarrazione è altrove: lo troviamo, voluto,nelle prime ombre di un tramonto chenon riguarda la Versilia, ma dolce e ine-sorabile ci attraversa.Giudizio: renderlo obbligatorio nei corsidi speleologia. (Massimo Goldoni)

L’emozione di chi c’era, di AndreaGobetti e Claudio Cormio. MusichePaolo Ciarchi. Durata 36’40’’Federazione Speleologica Toscana,2004.

Subterranean biology (formerly Mémoires de Biospéologie).Vol. 1(Tome 56), 2003International Society for Subterranean Biology -SIBIOS

Riuniti sforzi e competenze, dopo alcuni anni di inat-tività seriale, la Societé Internationale deBiospéologie / International Society forSubterranean Biology ha dato vita alla rivista“Subterranean biology”. In realtà si tratta di una ri-partenza in quanto il periodico è la naturale prose-cuzione delle “Mémoires de Biospéologie”, serieattiva tra il 1977 e il 2001, diffluita dagli storici“Annales de Speléologie” del Centre National de laRecherche Scientifique.La rivista, accogliendo i lavori dei più noti studiosi del settore, ha un alto taglio scien-tifico e, come ricorda G. Messana presidente di SIBIOS, si occuperà non solo della bio-logia delle grotte, ma di tutti gli aspetti dell’ecosistema sotterraneo.Per abbonamenti e informazioni: Janine Gibert ([email protected])

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The Desert Caves of SaudiArabia

Le grotte dei deserti dell’Arabia Sauditahanno un fascino del tutto particolare, nonsolo e non tanto per la varietà delle morfo-

La valle del TellesimoBella monografia naturalistica sul bacinodel fiume Tellesimo in provincia diRagusa: è interessante notare come laspeleologia e i Gruppi Speleologici sem-pre di più porgano attenzione all’insiemedel paesaggio carsico e alle sue peculia-rità, aprendo i loro orizzonti verso areenelle quali le grotte rimangono certo unaspetto importante, ma non fondamenta-le. L’interesse del C.I.R.S. all’area risalealla nascita stessa del Gruppo, dato cheuna sua parete strapiombante veniva uti-lizzata per gli allenamenti e per i corsi dispeleologia. Il volume è suddiviso in cin-que sezioni ognuna delle quali tratta spe-cificamente un particolare aspetto dellaValle del Tellesimo: la prima copre tutti gliaspetti fisici (geologia, idrologia, geo-morfologia, salvaguardia ambientale), laseconda affronta l’aspetto botanico, laterza si occupa della fauna, mentre laquarta fornisce dati sugli importantiritrovamenti archeologici effettuati inzona. La quinta parte è di particolare uti-lità pratica per tutti coloro che non siaccontenteranno di leggere il volume mavorranno anche osservare direttamentel’ambiente naturale della Valle: vengonofornite infatti 5 schede pratiche per itine-rari “classici” che si snodano all’internodel bacino del Tellesimo.Molto curata la parte iconografica, conbelle immagini tecnicamente perfetteanche nella stampa. L’opera è completatada una carta fuori testo con l’elaborazio-ne grafica dell’immagine aerea del bacinoin cui sono evidenziati i punti di maggiorinteresse naturalistico, storico e speleo-logico della valle e che potrà risultaremolto utile sul campo. Personalmente miauguro che questa opera non soltantodia un impulso notevole al “turismo eco-compatibile” in Sicilia,ma permetta anchedi porre vincoli naturalistici su tutta lavalle del Tellesimo, ambiente carsico com-plesso di notevole bellezza e rarità.(Paolo Forti)

La valle del Tellesimo. Speleologia Iblea,vol. 9, anno 2002. Centro Ibleo diRicerche Speleo-Idrogeologiche, 160pagg., 22x31 cm.

Valorizzazione delle opere di guerra del Monte Ermada.Settore del Monte CoccoC’è una speleologia attiva, sul campo e non solo alla scriva-nia, anche per i grottisti della terza età. Una riprova di que-sto asserto ce la fornisce il libro sulle opere di guerra delmonte Ermada, scritto da tre speleologi ultrasessantenniquale corollario di tre anni di lavoro nelle trincee e grottedi questo monte, baluardo austriaco a difesa della città diTrieste nella prima guerra mondiale. Infatti negli anni1915/1917 nessuna delle varie offensive scatenate sul Carsodalle forze armate italiane è riuscita a fiaccare la resistenzadelle truppe austro ungariche trincerate su – anzi, in – que-sto dosso calcareo crivellato di trincee, camminamenti ecaverne naturali e artificiali.Il libro, 64 pagine formato A4, riccamente illustrato – fotod’epoca e attuali delle fortificazioni in caverna, planimetrie,documenti – descrive un piccolo settore delle opere di dife-sa che sbarravano la strada per Trieste alle truppe italiane attestate presso Monfalcone e il lavo-ro svolto per renderle nuovamente visibili. Gli uomini del Gruppo Cavità Artificiali (una dellequindici strutture in cui si articola la Società Alpina delle Giulie, sezione di Trieste del CAI)hanno lavorato per tre anni sul monte, individuando, riaprendo e rilevando oltre 200 cavità traricoveri sotterranei, caverne attrezzate e ripari in trincea.Il loro programma di lavoro prevede la catalogazione di tutti i siti bellici di questa zona del fron-te, il loro collegamento con un itinerario didattico - museale che permetta al visitatore di rivi-vere quei momenti e meglio comprendere i drammi e le sofferenze di quella guerra.Il volume si articola in tre parti: la valorizzazione delle opere di guerra del Monte Ermada; cennigeologici e geomorfologici; aspetti botanici, completati da alcune pagine di schede tecnichedelle principali cavità interessate dallo studio.La prima parte contiene una breve cronaca degli eventi bellici svoltisi sul monte, la descrizio-ne delle fortificazioni ipogee e dei lavori eseguiti per riportarle alla luce, il tutto corredato da

logie delle concrezioni ospitate, ma anche esoprattutto per il particolarissimo ambientein cui si trovano oggi: una sterminata pianu-ra desertica. Seppure la loro esplorazionesia iniziata da oltre un ventennio, a livellointernazionale sono praticamente scono-sciute: infatti le pubblicazioni relative nonsono nemmeno una decina e, in generale, direperibilità molto difficile. Tale situazionedipende in buona parte dal fatto che anco-ra oggi non è possibile recarsi in ArabiaSaudita come semplici turisti (magari spe-leo), ma vi si può andare solo su invito o permotivi di lavoro. Questo libro fotograficoriempie quindi una grande lacuna, permet-tendo al grande pubblico di addentrarsi,almeno attraverso le immagini, nell’incanta-to mondo delle grotte del deserto. L’Arabiaè ricca di formazioni carbonatiche affiorantinelle quali, in un passato abbastanza remo-to, l’acqua che scorreva abbondante ha per-messo l’evoluzione di grotte complesse,anche di medie dimensioni. Oggi l’acqua èpraticamente scomparsa e all’interno diqueste cavità fluisce sempre di più la sabbiadel deserto…

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Mondo Sotterraneo Notiziario di speleologia del TrentinoAlto Adige. N. 1 –2004In: Bollettino SAT n. 1 – 2004

Riprende dopo molti anni di assenzadalla rivista della SAT la rubrica spe-leologica “Mondo Sotterraneo” che,come anticipato in apertura, appariràsu ogni primo numero del Bollettinotrimestrale della SAT. Il recupero diuna sezione fissa dedicata alla speleo-logia dimostra che la CommissioneSpeleologica SAT, di recentissimacostituzione, è partita con il piedegiusto e evidenzia la vitalità delleorganizzazioni speleologiche dellaregione. In questo primo numero,oltre alla rassegna della più recenteattività dei Gruppi (GS SAT Arco, GSCAI-SAT Lavis, GG “E. Roner”Rovereto, GG SAT Selva, e GSTrentino SAT Bindesi-Villazzano)viene pubblicato un interessanteresoconto della spedizione delGruppo di Lavis all’Isla Madre deDios in Patagonia (vedi Speleologia n.49). La rubrica si chiude poi con unampio rapporto sulla vicenda legataalla difesa dell’area carsica di Paitonee del Bus del Diaol

L’Appennino MeridionalePeriodico della Sezione CAI NapoliN. 1 – 2004

In qualche modo analogo al ritorno dicui sopra, è la nuova serie della rivistaomologa della Sezione del CAI di

Ma non sono solo le grotte carsiche adarricchire il sottosuolo dell’Arabia: infattimolto di recente si sono iniziati a scoprireed esplorare grandi tubi di lava, al cui inter-no sono state rinvenute tracce della fre-quentazione umana risalenti ad un passatoanche remoto. Oltre alle fotografie belle evariate, l’autore John Pint, primo ed indefes-so esploratore in questo paese, presenta,con una prosa semplice e lineare, non solol’epopea delle esplorazioni, ma anche i varimotivi di interesse futuro per la speleologiain Arabia Saudita. In conclusione un libromolto interessante che, a parer mio, nondeve mancare nella biblioteca di ogni spe-leologo appassionato di spedizioni all’este-ro. Il libro può essere ordinato direttamen-te a: Stacey International, 128 KensingtonChurch street London W8 4BH [email protected].(Paolo Forti)

The Desert Caves of Saudi Arabia. SaudiGeological Survey [photos by J. Pint et al.],Stacey International London, 2003. 120pagg., 22x29 cm, ISBN 1900988488.

Napoli, che riprende la stampa dopo circatredici anni di interruzione. Anche quiun’ampia sezione è dedicata alla speleolo-gia, senza tuttavia che questa si configuriin modo strutturato come la precedente.In questo numero si espongono le nuoveesplorazioni del GS CAI Napoli nell’areadei Monti Alburni e trovano spazio varierecensioni di pubblicazioni speleologicheredatte a cura di N. Russo.La ripresa di un notiziario speleologicodella Campania e di una voce aperta sui eper Gruppi di questa regione è estrema-mente importante. I motivi sono dueprincipalmente: il primo perché inCampania vi sono alcune delle più impor-tanti aree carsiche del nostro Paese di cuioccuparsi, il secondo perché questa occa-sione può contribuire a consolidare l’i-dentità di gruppi molto attivi, ma pur-troppo presenti solo occasionalmentenel panorama delle testate speleologiche.Un unico appunto: la restituzione graficadei rilievi e delle topografie così ridotta èpoco utile ai fini dell’informazione.

L’auspicio che si può fare non è solo quel-lo di vedere presto riconsolidate questerubriche ma, ancor di più, che un giornopossano divenire due riviste indipendentie dunque consentire la conservazionedella memoria della speleologia locale,impedendone la dispersione di informa-zioni presso sedi meno consone.(Michele Sivelli)

documenti e foto sia attuali che tratte daarchivi storici. Nella seconda il geologo LucaZini illustra brevemente la litologia della zona,mentre nella terza lo speleobotanico Elio Pollianalizza le associazioni botanico-vegetazionalidei monti Ermada (m 323) e Cocco (m 275),sua propaggine meridionale, con particolareriguardo a quella relativa agli ingressi degli ipo-gei, sia naturali che artificiali.Chiude il libro la parte dedicata alla presenta-zione delle schede tecniche (schede catastaliinformatizzate, rilievi) di alcune delle cavitàdescritte. Un libro bello – graficamente moltoben curato – e interessante sia dal punto divista storico che sociale.Storico perché racconta un pezzetto di storiadel nostro Carso. Sociale perché dimostracome l’età non abbia impedito di fare seria-mente speleologia ad un gruppetto di anzianisoci della “Boegan” che, pur non avendoabbandonato le consuete ricerche in Carso, sisono dedicati anima e corpo ad un’attività cheè un incrocio fra speleologia tradizionale espeleologia urbana. (Pino Guidi)

“Valorizzazione delle opere di guerra delMonte Ermada. Settore del Monte Cocco” diFranco Gherbaz, Claudio Sagai, Flavio Vidonis.Suppl. n. 25 di Atti e Memorie dellaCommissione Grotte E. Boegan,Trieste 2003,64 pagg.

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Vi sia lieve la terra

Anka AntkiewiczNon so quanti si ricorderanno di leioggi, ma quando arrivò, ai primianni ’80 assieme a una manciata diamici nerboruti, ci fece veramenteconoscere cos’era “l’altra” Europa.Si presentò alla stazione di Bologna,con Krysztof e una dozzina di tublo-lari. Poi, un secondo appuntamento,sullo svincolo dell’Autosole, a pren-dere Marcin e Smarkul arrivati dallaPolonia in Fiat 126 con rimorchio.Non ricordo ora se i tubolari fosseroin tutto ventotto o trenta; il cibo eracompreso, però.Poi Apuane, Corchia, Pisanino, perquattro anni di seguito: nuove grot-te, carne in scatola, cetrioli in agro-dolce e tanta, tanta, tanta vodka.Al terzo giro arrivarono in camion.Poi un giorno, così come era arriva-ta, questa orda speleologica se neandò; lasciandoci anche qualchelezionicina su come e dove si trova-no gli abissi a casa nostra. A Natale, però, tutti gli anni peranni, da casa Antkiewicz seguironobiglietti gentili di auguri, un’usanzatipica di quei paesi “barbari”... Sìcerto, anche lettere dai Tatra o diritorno da qualche altra spedizione“tamugna” su un gebirge o l’altro.Scriversi... Quaggiù, già allora, ce lo eravamoscordati da un pezzo il sapore dellelettere di carta; che bello però,aprire la buchetta e trovarle den-tro!Tardi l’abbiamo saputo, ma que-st’inverno Anna è scomparsa assie-me ad altri tre amici allo stessomodo con cui la montagna si presenove di noi alla Chiusetta, era il‘91. Che peccato ora, vedere, e solopoter ricordare, quei pensieri dipenna.

Michele Sivelli

Agosto 1966 Colle dei Signori(Marguareis) Lelo (a sinistra) e John inpartenza per l’esplorazione dell’F 3(Abisso Volante).

Giovanni Toninelli (John)E anche John se ne è andato. Nonmi ricordo quanti anni avesse, cer-tamente aveva superato i 60. E’molto triste aver saputo dopo mesiche aveva perso la sua battagliacontro un cancro ai polmoni.John si era ritirato dal “giro” spe-leologico da tanti anni, avrà avuto isuoi buoni motivi. Ripenso alleesplorazioni sul Marguareis: F 5, F3, ed altre grotte dove risuona anco-ra il suo colpo di tosse che placavaaccendendo subito una Gauloise…A quei tempi, parlo degli anni ’60,abitava a Cascine Vica vicino aRivoli, a pochi chilometri daTorino. Da poco aveva lasciato laFIAT dove aveva lavorato per annied era stato assunto al Politecnico,poi le vicissitudini della vita lohanno portato ad altre scelte sinoad occuparsi e scrivere di“Numerologia” e argomenti delgenere, nulla di illegale sia ben chia-ro. Partecipò attivamente alla vitadel Gruppo SpeleologicoPiemontese e non solo; si impegnòanche alla costruzione del SoccorsoSpeleologico. Era sposato con Pierae ricordo il suo entusiasmo quandomi disse che aspettavano un figlio:mi scrisse una lettera, mica un mes-saggio del cazzo sul cellulare! Poi ilmatrimonio si ruppe e fece altrescelte. Era un personaggio partico-lare, figlio di quella Torino operaiache ebbe un ruolo importante nellavita italiana di quel periodo. Oggimi resta l’amarezza ed il rimpiantodi non averlo più rivisto in questianni. Si era proprio voluto isolare; ilsuo ricordo resterà nelle “sgrottate”fatte assieme, come nelle bevute

che seguivano il Capitano Paf. Nonsentirò più la tua inconfondibiletosse, ma non per questo ti dimenti-cherò, addio John.

Lelo Pavanello

Jacques Choppy 1926 - 2004Per moltissimi anni JacquesChoppy è stato probabilmente lospeleologo francese più conosciuto,sia per la sua attività scientifica cheper quella direttamente svolta sulcampo. I quaderni che pubblicavasotto l’egida dello Speléo Club deParis costituiscono una vera minieradi dati sui più diversi aspetti dellaspeleologia. Anche nei testi scienti-fici metteva sempre una certa dosedi humour sia con vignette che concitazioni varie, conferendo così unostile speciale e riconoscibile ai suoilavori. Non riesco a ricordare quan-do ci siamo incontrati la primavolta: ho la netta sensazione che ciòsia successo fin dall’inizio della miaattività speleologica e che gli incon-tri siano continuati fino ad oggi.Insieme alla moglie Brigitte, anchelei speleologa, era spesso presenteai congressi ed ai vari altri incontri:assieme erano considerati da tantiuna delle coppie di speleologi piùattivi. Come ogni buon francese,anche Jacques era fluente soltantonella sua madrelingua ma, a diffe-renza dei suoi compatrioti, era ingrado di leggere e comprenderediverse altre lingue, col risultato dipotersi ampiamente documentaresu quanto veniva fatto in tutte lealtre parti del mondo. Abbiamoproprio perso un grande amico edun esperto collega. A nome di tantiamici italiani e mio personale espri-mo a Brigitte ed a tutta la sua fami-glia le condoglianze più sincere.

Arrigo A. Cigna

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GROTTE DʼITALIAIstituto Italiano di Speleologia.Rivista annuale, pubblica lavori originali brevi inqualsiasi campo della ricerca scientifica in ambitocarsico-speleologico. Redazione: c/o Sandro Galdenzi, Viale Verdi 10 - 60035 Jesi, tel. 0731203814; e-mail: [email protected].

SPELEOLOGIA Semestrale della Società Speleologica Italiana.Redazione: c/o Centro Italiano diDocumentazione Speleologica "F.Anelli",via Zamboni 67 - 40127 Bologna. Tel. e fax 051250049, e-mail: [email protected]

MEMORIE DELLʼISTITUTOITALIANO DI SPELEOLOGIA

Rivista aperiodica, ospita mono-grafie multidisciplinari su areecarsiche o ricerche di ampiorespiro in ambito carsico-speleo-logico. Contatto: c/o Prof. PaoloForti, Università di Bologna, Dip. di Scienze GeologicoAmbientali, via Zamboni 67 -40126; Tel. 0512094547; e-mail: [email protected]

BULLETIN BIBLIOGRAPHIQUE SPLEOLOGIQUE

Union Internationale de Speleologie. Redazioneper lʼItalia: Centro Italiano

di Documentazione Speleologica "F.Anelli", via Zamboni 67 - 40126 Bologna.

Tel. e fax 051250049, e-mail: [email protected]

OPERA IPOGEA Memorie della Commissione Cavità Artificiali dellaSSI. Redazione c/o Carla Galeazzi - Villa Marignoli, viaPo 2 - 00198 Roma; tel. 068418009 (uff.), tel.0676901095 (ab.), fax 068411639; e-mail: [email protected]

Collana narrativa S.S.I.

PUBBLICAZIONI DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA

INTERNATIONAL JOURNAL OF SPELEOLOGYOrgano ufficiale dellʼUnion Internationale deSpéléo logie. Si pubblica dal 1964; dal 1978 proprietà della SSI.Ezio Burri - Dip. Sc. Amb. Univ. de LʼAquila - v. Vetoio loc. Coppito - 67100 LʼAquila (AQ); e-mail: [email protected]

Quaderni Didattici S.S.I.

1) Geomorfologia e spe-leogenesi carsica

2) Tecnica speleologica

3) Il rilievo delle grotte

4) Speleologia in cavitàartificiali

5) Lʼimpatto dellʼuomo sul-lʼambiente di grotta

6) Geologia per speleologi

7) I depositi chimici dellegrotte

8) Il clima delle grotte

9) Biospeleogia

10) Lʼutilizzo del GPS inspeleologia

11) Storia della speleologia

12) Gli acquiferi carsici

13) SOS in grotta

14) Fotografare il buio

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