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ANNO XXIV DICEMBRE 2003 ANNO XXIV DICEMBRE 2003 SPELEOLOGIA RIVISTA DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA SPELEOLOGIA RIVISTA DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA 49 49 spediz. in abb. post. art. 2 comma 20/b Legge 662/96 aut. D.C.I. - Regione E/R

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ANNO XXIVDICEMBRE 2003

ANNO XXIVDICEMBRE 2003

SPELEOLOGIARIVISTA DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA

SPELEOLOGIARIVISTA DELLA SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANA

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SOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANASOCIETÀ SPELEOLOGICA ITALIANAUFFICI

AmministrazioneAssicurazioniEnrico FratnikC.P. 807 - 34100 Trieste (TS)tel 335 5434002fax 040 [email protected]

Centro Italiano di DocumentazioneSpeleologica “F. Anelli” - CIDSVia Zamboni, 67 - 40126 Bologna; tel. e fax 051.250049; [email protected]

COMMISSIONIScuole di SpeleologiaRinaldo Massucco • Via alla Rocca, 21/917100 Savona; tel. 010 6546390 (uff.), 019 853752 (ab.), fax 019 811960; [email protected]

CatastoPaolo Mietto • Via Generale Giardino,23 - 36100 Vicenza; tel. 0444 965465 (ab.), 049 8272079(uff.); [email protected]

Editoria e Comunicazionec/o C.I.D.S. Via Zamboni, 67 40127 Bologna; tel. e fax 051 250049; [email protected]

Speleo SubacqueaAlessio Fileccia • Via G. da Coderta, 1531100 Treviso; tel. 0422 411520; [email protected]

Speleologia in Cavità Artificiali Maria Luisa PerissinottoPresidente Commissione NazionaleCavità [email protected]

DIREZIONEPresidenzaMauro Chiesi • Via Luca da Reggio, 1 42010 Borzano d’Albi nea (RE); tel. e fax 0522 591758;[email protected]

VicepresidenzaAngelo Naseddu • Via Roma, 8a 09015 Domusnovas (CA); tel. e fax 0781 70669; [email protected]

SegreteriaMila Bottegal • C.P. 807 - 34100 Trieste (TS)tel 335 5433673 • fax 040 [email protected]

TesoreriaCarla Galeazzi • Villa Marignolivia Po 2 - 00198 [email protected]

GRUPPI DI LAVOROScientificoPaolo Forti • c/o Dip. Sc. della TerraUniversità di Bologna, Via Zamboni, 6740126 Bologna; tel. 051 2094547, fax 051 2094522, [email protected]

DidatticaFranco Utili • CP 101 - 50039 Vicchio(FI); tel. e fax 055 8448155

Materiali e TecnicaGiovanni Badino • Via Cignaroli, 8 10152 Torino; tel. 011 4361266, fax 011 6707493; [email protected]

Salvaguardia Aree CarsicheMauro Chiesi • Via Luca da Reggio, 142010 Borzano d’Albinea (RE); tel. e fax 0522 591758;[email protected]

INDICAZIONI PER GLI AUTORI

Nellʼintento di agevolare gliautori nella redazione dei

manoscritti e di ridurre le diffi-coltà ed i tempi di stampa, siforniscono alcuni orientamentida seguire nella preparazionedei testi.

I TESTII testi devono essere forniti alla Redazionesia su supporto cartaceo che su supportomagnetico, in formato Word per Mac o perWindows. Eventuali correzioni apportatemanualmente al testo stampato devonoessere leggibili e trovare corrispondenzacon quanto contenuto nel file. I file di testonon devono contenere la numerazione dellepagine e non devono presentare formatta-zioni (rientri, tabulazioni, ecc.). Le note a pièdi pagina devono essere eliminate. Oltre altitolo dovranno essere indicati i nomi degliautori. Ogni articolo deve essere introdottoda un breve riassunto (possibilmente con lasua traduzione in inglese) e dalle parolechiave. I file non devono contenere immagi-ni né grafici, che andranno consegnati aparte. Eventuali formule ed equazioni devo-no essere presentate in forma chiara e leg-gibile ed eventualmente contrassegnate dauna numerazione progressiva posta traparentesi tonde. Eventuali note bibliografi-che vanno riportate alla fine dell’articolo. Inallegato al manoscritto gli autori devonosempre indicare un loro recapito telefonicoe di e-mail per consentire un sollecito con-tatto da parte della redazione. Ogni artico-lo deve necessariamente essere corredatoda una cartina di inquadramento della zona.

LE FIGUREFigure, carte, profili ed immagini devonoessere numerati progressivamente. Per leimmagini il numero dovrà essere indicatosull’originale in modo da caratterizzarneanche il verso di lettura. Per una miglioreriproduzione si prega di inviare sempre dia-positive in originale (o duplicati di ottimaqualità) e non fotografie, indicando semprel’autore ed accompagnandole con una dida-scalia sufficientemente estesa per la spiega-zione dei contenuti dell’immagine. I rilieviche accompagnano gli articoli dovrannoessere redatti in modo che le parole conte-nute risultino leggibili in una riduzione informato A3 (questo anche se i rilievi ven-gono consegnati su floppy o cd). Eventualicampiture realizzate con retini dovrannoavere una densità tale da risultare leggibilianche dopo una eventuale riduzione.

Per qualsiasi dubbio contattate: [email protected]

Foto di copertina: Cesare Mangiagalli

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Lopportunità di svolgere a Frasassi ilraduno speleologico nazionale del 2004,

offre l’occasione di realizzare un convegno chesviluppi alcune delle tematiche che sono oggicentrali per l’attività speleologica: 1) correttoapproccio al mondo sotterraneo, adattamenticompatibili delle grotte a fini turistici e speleo-logici; 2) problematiche dell’attività speleologi-ca in aree protette e, più in generale, grottecome aree protette.Si tratta di temi molto delicati, fonte di incom-prensioni fra i vari soggetti, di grandi disagi e,peggio, ancora di devastazioni non più accetta-bili. Dunque temi che la Speleologia deve esse-re capace di affrontare senza pregiudiziali esenza zone d’ombra. Per questo desideriamoche ogni componente del movimento speleo-logico nazionale colga l’opportunità di mostra-re e condividere le proprie esperienze, con imezzi che ritiene più opportuni, in un radunoespressamente dedicato a questi argomenti. Inpiù, dedicandovi le iniziative della GiornataNazionale della Speleologia 2004, vorremmosi realizzasse un incontro allargato a tutte lecomponenti della speleologia che si apra alconfronto con le economie collegate allagestione delle aree carsiche e delle grotte,appunto, come aree protette.Siamo ancora ben dentro al solcodi quell’ aprire il mondo dellegrotte all’esterno, per proteggerle.Per questo SSI patrocina l’iniziati-va e non mancherà di portaretutto il proprio contributo, fruttodi un percorso che viene da lonta-no e innanzitutto vuole guardarelontano. Non tutti hanno compreso ciò.Ce ne dispiace, ovviamente, ancordi più quando è dovuto a pregiu-diziali o a principi non condivisidalla maggioranza dei componenti del movi-mento. In questi mesi sono emerse le opinio-ni più bizzarre su dove e come svolgere unraduno speleologico nazionale, mentre pochisi sono espressi sul perché svolgerlo.Interroghiamoci viceversa per quale ragione èopportuno che ci si raduni tutti assieme, sottol’unica bandiera della speleologia di cui, ognu-no di noi è corresponsabile e non depositario.Questo è l’unico principio irrinunciabile, ilsignificato stesso del radunarsi tra speleologidi ogni regione, di ogni cultura. Ricercare ediscutere obiettivi comuni: condividere. Il man-cato patrocinio della FSM fa male dunque suquesto piano, non per le motivazioni che lastessa ha recentemente formalizzato. Saremonel cuore di un’area carsica protetta, a pochecentinaia di metri da una grotta turistica “sim-bolo”. Occuperemo spazi liberamente per-

corsi ogni giorno da migliaia di turisti, spazi abi-tualmente invasi da ogni tipo di mercanzia,paccottiglia, pulmann di gitanti. Non arrampi-chiamo pareti nidificate, non ci buttiamo nellegrotte in orde vandaliche, non cerchiamo didissuadere i turisti dalla visita di una delle piùbelle e controllate grotte al mondo: le aquilesilenti dormiranno sonni più tranquilli sapendoche siamo speleologi. Loro sanno bene che èanche grazie al nostro paziente e miscono-sciuto (anche da noi stessi) lavoro che esisto-no aree protette, e che per sostenerle occor-re anche fare “economia sopportabile”.L’alternativa è già lì, anche per loro, immedia-tamente a monte, come a valle, della gola.Vorremmo che ne fossero più informati anchei compratori di biglietti per il mondo sotterra-neo, che vorremmo trasformare da compra-tori in fruitori consapevoli, esattamente comelo siamo noi speleologi. E’ una sfida da lancia-re innanzi tutto a noi stessi: la speleologia ha laforza e la capacità per presentarsi a quel 1,5milione di persone che ogni anno visita unagrotta nel nostro paese? Se ad ognuno di essi

fosse spiegato in 3 minuti a che serve proteg-gere le grotte dall’inquinamento delle acque,dalla distruzione delle risorse ambientali, dal-l’eccesso di fruizione ecc., sarebbero comples-sivamente 75.000 ore/anno di educazioneambientale in campo speleologico. Se riuscissi-mo addirittura a “mettergli in mano” il librici-no L’acqua che berremo, credo che avremodato un senso compiuto al nostro percorso diSpeleologi. Ecco perché non solo è giusto maè più che opportuno confrontarsi su questitemi, liberamente, con l’associazione dellegrotte turistiche: la Speleologia è pronta edisponibile ad aprire il proprio bagaglio diesperienza al mondo grande. E’ pronto il turi-smo sotterraneo a discutere di limiti e obiet-tivi di qualità rigorosi?

Il PresidenteMauro Chiesi

SPELEOLOGIARivista della Società Speleologica Italiana

Sede Legale: Via Zamboni, 6740126 Bologna

semestrale

N° 49, dicembre 2003Anno XXIV

Autorizzazione del Tribunaledi Bologna n° 7115del 23 aprile 2001

Codice Fiscale 80115570154P.I.V.A. 02362100378

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La rivista viene inviata atutti i soci SSI in regola con il versamento delle

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di cui prezzo rivista € 15,00

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Editoriale

Aquile silenti

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Sommario

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In copertina: Resumidero di Miquizco (Stato di Puebla-Mexico)

Retro copertina: lungo le pareti della dolina de La Cuevadel Cocinero (Stato di Puebla-Mexico)

1 Editoriale

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Gli articoli

14 Le Alte Vie dell’Abisso Astrea 400 metri di arrampicate nel cuore di M. Pelato indicano la strada per future e stimolanti esplorazioni.Andrea Mezzetti

26 Covolo e Morava buche promesseStudi, esplorazioni e speranze attorno alla Splugadella PretaStefano Meggiorini, Roberto Chignola, Giorgio Annichini

33 Plecotus Sardus, un pipistrellotutto italianoMauro Mucedda, Ermanno Pidinchedda

36 Enzo dei Medici: un pioniere della ricerca speleologica in Dalmazia e in Calabria Felice Larocca, Chiara Levato, Sara Marino

46 Pipistrelli in bottigliaAndrea Salvarani

48 Cartoline che passione...La storia della speleologia si ricostruisce anche attraverso le piccole cose: cartoline postali, timbri, saluti...Paolo Forti

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50 Nel cuore della CroaziaUn viaggio attraverso il carso croato tra giovani gruppispeleologici e infinite possibilità esplorativeLuca Tanfoglio

62 Tlàloc 2003 spedizione italo-messicanaQuattro anni di ricerche fra gli Stati di Puebla e Veracruz nel Messico orientale A cura di Giorgio Pannuzzo

74 Kef Aziza la lunga storiadi una grotta pre-saharianaAlberto Buzio, Guido Cantaluppi, Mario De Blasi,Manuel Guffanti, Giuseppe Repetto

50

Verso il fondo

80 Tecniche e sicurezza

84 Notizie italiane

88 Notizie estere

90 Spulciando in biblioteca

92 Recensioni

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Cronaca del Congresso Nazionale di Speleologia

Settant’anni di Congressi NazionaliBologna festeggia così anche la fondazione della prima Società Speleologica Italiana

Come si è svoltoSi è tenuto dal 27 al 31 agosto del2004 a Bologna con la partecipa-zione di 114 iscritti, provenientiper il 45% dal Nord, il 35% dalCentro e il 20% dal Sud Italia.Per il concomitante SimposioInternazionale sulle Evaporitierano presenti anche autorevolirappresentanti del mondo scienti-fico della carsologia ed ospite laFédération Française de

Spéléologie con un suo delegato.Una ventina i Gruppi italiani for-malmente iscritti. Impeccabilel’organizzazione della manifesta-zione, curata dai gruppi GSB-USB con il supporto della FSRERe del Parco Regionale dei GessiBolognesi e Calanchidell’Abbadessa. L’Aula Magna delDipartimento di Scienze delleTerra e Geologico Ambientalidell’Università di Bologna, sede

dei lavori, ha dato voce nell’arcodei cinque giorni dell’evento, allapresentazione di 28 contributi,discussi tutti a sessioni unite. La tavola rotonda inerente lo“Stato della ricerca e dell’esplora-zione scientifica e speleologica”ha concluso brillantemente il congresso nazionale. Visto il modesto numero dei par-tecipati e, non ultima, la torridacondizione climatica dell’estate

SE FARLO Ricevere ufficialmente, con alcuni anni di anti-cipo, l’incarico dalla SSI in occasione del centenario dellasua fondazione, nonché l’appoggio incondizionato dellaFederazione Speleologica Regionale Emilia Romagna e lacollaborazione del Parco Regionale dei Gessi Bolognesi eCalanchi dell’Abbadessa (in occasione del concomitanteSimposio Internazionale sul Carsismo dei Gessi) ha costi-tuito lo stimolo iniziale per un piccolo gruppo di stoici delGruppo Speleologico Bolognese (GSB) e dell’UnioneSpeleologica Bolognese (USB) a buttarsi nell’impresa.

PERCHÈ FARLO Per lo stesso motivo che ci porta inluoghi che alla maggior parte delle cosiddette persone“normali” creano problemi, se non addirittura repulsione:passione, curiosità, ricerca. E comunque per “comunicare laSpeleologia”, sia dentro che fuori la cerchia degli “addetti ailavori”.

QUANDO E COME FARLO L’anno era già predeter-minato. Il periodo è stato la diretta conseguenza delladisponibilità offertaci dalle strutture universitarie bologne-si facenti capo alla Facoltà di Scienze della Terra eGeologico-ambientali che da tempo ospitano anche ilCentro di Documentazione Speleologica “F. Anelli” dell’SSI.Poi è bastato lavorarci per un paio d’anni, gestendo quoti-dianamente logistica, commissione scientifica, sponsor,patrocini, ufficio stampa, redazione Atti, traduzioni, iscrizio-ni, fornitori, trasporti, circolari informative, sito WEB edalcune altre centinaia di cosucce, ben “sintetizzate” nell’ar-chivio riepilogativo delle comunicazioni in ingresso ed usci-ta di circa 2.000 pagine senza la presenza all’interno deiGruppi di un nucleo di una decina di professionisti e rela-tive risorse sarebbe stato impossibile. Tale capillare organizzazione è stata frutto dell’estrema

eterogeneità dei partecipanti (per esperienza, età, prove-nienza, preparazione).

ASSOLUTAMENTE DA EVITARE Le risorse di chi faqueste cose per passione, come ben sappiamo, sono scar-sissime anche se, in fondo, la nostra vera forza sta proprioin questo. Quindi qualsiasi forma di “concorrenza negativa”tra Gruppi, manifestazioni e blocchi più o meno contrap-posti di speleologi altro non sarebbe che una tristissimaguerra tra poveri.

BOLOGNA 1982 - BOLOGNA 2003 Forse l’era deicongressi formali va declinando. Probabilmente la formula“mista” inventata lì per lì ad agosto dell’anno scorso, nellasua semplicità, potrebbe risultare una traccia da seguire,per noi è stata questa: presentazione dei lavori in mattinata in un contesto serioe non serioso; escursioni pomeridiane spesso accessibilianche agli accompagnatori; sempre e comunque disponibi-lità a riservare spazi conviviali sì, ma soprattutto occasionidi scambio di esperienze ed opinioni (commissioni, tavolerotonde, associazioni, ...) con particolare attenzione ancheal mondo esterno, cioè la cittadinanza. Ma in fondo non èquello che accadde anche nel 1982? Chi di voi è abbastanza vecchio da esserci stato ricorderàcertamente il XIV Congresso (con la “C” maiuscola), le“Spipoliadi” e quello che ancora non si chiamava“Speleobar”, ma che di fatto ne è stato il progenitore. Nonc’è nulla di nuovo sotto il sole. Buon senso quindi, un Gruppo (o una serie di Gruppi e dipersone motivate) alle spalle e tanta voglia di fare. NoiSpeleologi bolognesi per i prossimi 21 anni siamo a posto.Per chi verrà dopo di noi, in bocca al lupo!

Stefano Cattabriga, GSB-USB

La parola agli organizzatori

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2003, organizzatori e congressisticon decisione unanime hannoadottato in itinere una formula dicongresso diversa, cioè dividendoal mattino la discussione dei lavoriin aula e al pomeriggio lo svolgi-mento di escursioni e di attivitàpratiche, anziché concentrare que-ste ultime in coda all’evento, comenormalmente avviene nei conses-si. La soluzione adottata, unitamenteal raccolto numero di iscritti, hagenerato un clima empatico fra ipartecipanti, sfociato poi in unacena-buffet dall’atmosfera convi-viale e scanzonata, consumata nelgiardino della sede del Parco deiGessi. L’ultimo giorno, durante latavola rotonda, si sono affrontate

le tematiche pregnanti sulla ricer-ca scientifica speleologica inItalia, con numerosi e stimoltantiinterventi che hanno lasciato soloil rammarico di non aver avutopiù tempo a disposizione per svi-luppare maggiormente il confron-to. Alla fine della tavola sono stateapprovate due mozioni: la prima,con un invito rivolto a SSI eall’IIS di adeguare e sviluppare leproprie strutture per un maggiorecoordinamento delle attività diricerca scientifica e la seconda,con l’auspicio che i promotori del20° Congresso contribuiscano adiffondere la riqualificazione deicontenuti e della qualità dei radu-ni nazionali.

Due immagini del 19° Congresso: l'ingressodel Dipartimento di Geologia dell'Universitàdi Bologna, sede dei lavori e presidentirecenti sotto la lapide in ricordo dellafondazione della prima Società SpeleologicaItaliana, avvenuta a Bologna nel 1903. (Foto D. Odorici)

Vengo anch’io, anzi no!Una piccola inchiesta sui Congressi italiani diSpeleologia: partecipazione, contenuti e utilità a settant’anni dal primo incontro di Trieste

a cura della redazione

Si tiene ogni quattro anni fin dal1933, quando in quel di Trieste sicelebrò il primo appuntamentodella speleologia italiana. Una spe-leologia a metà strada fra entusia-stici appassionati ed eminentiaccademici; una speleologia che datempo cercava di organizzarsi, didare un ordine alle sue idee, aisuoi studi, ai suoi progetti; unaspeleologia che sentiva fortissimoil bisogno di comunicare, di condi-videre con gli altri le proprie sco-perte, di portare alla luce del gior-no ciò che il buio delle caverneoscurava e proteggeva. Il Congresso Nazionale diSpeleologia è stato per anni laprincipale ribalta sulla quale esplo-ratori e studiosi si sono alternatinel presentare i risultati delle lororicerche. Un appuntamento, però,che negli ultimi anni ha fattomolto discutere, partecipanti eorganizzatori, sulla validità dellesua formula, sul suo interesse pergli speleologi e la speleologia tutta,fino al punto da metterne in dub-

bio l’utilità stessa. Nel mese diagosto del 2003, in una Bolognaassolata e semideserta, il 19°Congresso ha avuto comunqueluogo, e circa un centinaio di per-sone, fra relatori e iscritti, ha par-tecipato per due giorni ai lavoripresso le aule della Facoltà diScienze della Terra dell’AlmaMater Studiorum. Già, solo uncentinaio. Meno del 5% di quantidi solito partecipano agli incontrinazionali; se ci pensiamo un nume-ro irrisorio. Ma perché? Cosa tienelontano gli speleologi, gli esplora-tori, i tanti appassionati di grotteche tutto l’anno dedicano la mag-gior parte del loro tempo libero aquesta attività? Cosa non va inquello che è, o dovrebbe essere, ilmomento più alto di scambio diinformazioni tra i vari appassionatidel mondo ipogeo? Non potendofare un vero e proprio sondaggio,magari da progettare in un prossi-mo futuro, ci siamo avventurati inuna piccola indagine, via e-mail,sottoponendo ad un gruppo di

Alcuni logotipi dei congressi nazionalidi speleologia

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Tutti i congressi italiani dal primo all’ultimoDove Quando (c’è stato) Chi (ha organizzato) Cosa (è stato scritto)I Trieste 10-14 Giugno 1933 Club Alpino Italiano AttiII Asiago 6-17 Ottobre 1948 C. Sp. It., C.S. Romano Opuscolo III Chieti 4-7 Agosto 1949 Ente Prom. Tur. Chieti Atti (Memoria n. 1, Sp. Cl. Chieti 1975)IV Lecce 23-24 Ottobre 1950 Ente Prom. Tur. Lecce -V Salerno 25-30 Ottobre 1951 Ente Prom. Tur. Salerno AttiVI Trieste 30 Ago.-2 Sett. 1954 SAG, SASN, GTS AttiVII Sassari 3-8 Ottobre 1955 Comitato GGNu, GG Alghero Atti VIII Como 30 Sett. – 6 Ott. 1956 Comitato misto di Gruppi Atti (Memoria RSI n. 4, due vol.)IX Trieste 29 Sett. – 2 Ott. 1963 SAG, XXX O Atti (Memoria RSI n. 7, due vol.)X Roma 27-30 Settembre 1968 Sp. Cl. Roma Atti (Memoria n.3, Sp. Cl. Chieti 1976)XI Genova 1-4 Novembre 1972 GS Ligure “A. Issel” Atti (Memoria RSI n. 11, due vol.)XII San Pellegrino Terme 1-4 Novembre 1974 Ente Sp. Reg. Lombardo Atti (Memoria RSI n. 12)XIII Perugia 30 Sett. – 4 Ott. 1978 GS CAI Perugia PreprintsXIV Bologna 2-5 Settembre 1982 GSB-USB Atti (Grotte d’Italia, s.4, vol. 11)XV Castellana Grotte 10-13 Settembre 1987 Gr. Puglia Grotte Atti (Grotte d’Italia, s.4, vol. 15)XVI Udine 6-9 Settembre 1990 Circ. Id. Sp. Friulano Atti (Grotte d’Italia, s.4, vol. 15, 16) [16, 17]XVII Castelnuovo in Garf. 8-11 Settembre 1994 Gr. Sp. Lucchese Atti (due vol.)XVIII Chiusa Pesio 29-31 Ottobre 1998 AGSP Atti XIX Bologna 27-31 Agosto 2003 GSB-USB Atti (due vol.)

intervistati i nostri dubbi e lenostre perplessità sui tanti perchéche ruotano attorno a questo argo-mento. La prima domanda verteva sullascelta del luogo, cioè “è importan-te il luogo del congresso per averepiù affluenza di pubblico?”.Nessuno degli intervistati ritienequesto un nodo importante; certoun piccolo centro in una bella zonacarsica d’Italia è più appetibile,magari per associare al congressouna piccola vacanza con famigliaal seguito, ma fondamentalmentequesto è un aspetto del tuttosecondario. Bologna o ChiusaPesio poco importa ai fini dell’in-teresse dei congressisti, motivatipiù dai contenuti che dalla località.Scartata l’ipotesi geografica, siamoandati a vedere se per caso non siail legame congresso-università atenere distanti gli speleologi, con ildubbio che lo speleologo medio sisenta un po’ a disagio a confron-tarsi nell’agone accademico, e chequesto binomio non produca piùsvantaggi che vantaggi. Anche quile risposte sono state a larga mag-gioranza concordi, e quasi tuttiritengono che il rapporto conl’Università sia non solo prezioso,ma oggi imprescindibile. Qualcunosi spinge anche più in là, afferman-do che non c’è spazio oggi per unaricerca seria al di fuori dell’ambitoaccademico. Per farla occorronotempo, soldi e competenze, e tutto

ciò si può avere al meglio solodentro le strutture universitarie.Un dubbio viene invece espressoin merito al fatto che i congressi,essendo molto accademizzati, forsenon lasciano spazio a chi, da nonstudioso, pensa di non poter direnulla di importante in un similecontesto, e quindi innescano unmeccanismo di autoesclusione chenel tempo può rivelarsi dannosoper la Speleologia. In poche parolela base, che rappresenta di fatto ilpolmone dell’attività, si stacca e siallontana. La ricerca seria prevedeperò una settorialità o sspecializza-zione sempre più alta, che si riflet-te infine anche sulle formule adot-tate per organizzare i congressi,ovvero sessioni ben definite, campiben delimitati, argomenti moltospecialistici. Tutti sono d’accordosul fatto che tornare a sessioni uni-che sarebbe un ritorno al passatoanacronistico; da anni infatti qual-siasi congresso scientifico si fondasu una sempre maggior separazio-ne dei campi di ricerca, su una spe-cializzazione, che è l’unica manieraper avere risultati concreti. Ma laSpelologia è una disciplina com-plessa e composita. Dove si collo-cano, ad esempio, quegli studi più“umanistici”, come il folklore dellegrotte, oppure la storia delle spe-leologia?Per alcuni dei nostri intervistatisarebbe auspicabile che ci fosserodelle sessioni “allargate”, partendo

dal fatto che la speleologia riesce adare il meglio di sé non tanto enon solo nella iperspecializzazonedella ricerca, ma nel suo continuoraccordarsi con tutti gli altri aspet-ti della grotta. Archeologi, biologi,geologi, me-teorologi, antropologi,geografi, topografi e, last but notleast, esploratori, formano una for-midabile équipe di studio multidi-sciplinare il cui valore va ben al dilà della singola sessione, e cherischia di non trovare rappresenta-zione in un congresso.Congressi che vedono per la stra-grande maggioranza dei casi solopresentazioni di relazioni scientifi-che. Forse perché le relazioni sulleesplorazioni sono noiose? A legge-re la maggioranze delle risposteparrebbe proprio di sì, ma su que-sto punto le opinioni divergonoassai. Noiose o meno che siano(ma perché quelle scientifichesono sempre interessanti?) c’è dadire che spesso le esplorazionisono “fuori tempo” rispetto allascadenza dei congressi; a volte nonsono ancora concluse e non sihanno gli elementi per organizzareuna buona presentazione, e quan-do magari giunge il momento,diventano agli occhi dell’esplorato-re, a torto o a ragione, “già vec-chie” e poco interessanti. E poi sappiamo tutti bene che gliesploratori non sono dei grandiscrittori; preferiscono ancora oggiaffidare alla comunicazione orale

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le loro scoperte (tutt’al più allemailing-lists). Un altro elementonon secondario che emerge dallerisposte è la qualità delle esposi-zioni. Sciorinare sequenze di pozzio metri di topografia lascianoindifferenti anche i più accanitiesploratori, oltre che annoiaremortalmente chi fa ricerca scienti-fica seria (c’è chi si annoia a leg-gerle su Speleologia e chi sostieneche possano andare solo sulle rivi-ste speleologiche, dove invece nondevono andare gli articoli scientifi-ci). Inquadrare le relazioni di uncongresso ponendo e sottoponen-do interrogativi su aree carsicheprecise serve ad aumentare l’atten-zione e ad interagire con “gli acca-demici”, gli unici in grado di“masticare” questi dati grezzi etrasformarli in ipotesi da ri-testaresul campo. Stiamo lentamenteentrando nel cuore del problema,cioè nel confronto tra esploratori estudiosi: chi deve fare cosa e in cherapporto con l’altro. Interessanteci è sembrata una risposta chepone l’accento sul fatto che ““l’e-splorazione è la base sperimentaledella speleologia, quindi non sipuò perdere o evitare il confrontocon essa”. Allo stesso modo gli esploratori“non possono permettersi di daresolamente i numeri, sperando chequalcuno li elabori, ma devonocollaborare con gli studiosi, i qualinon possono permettersi di pre-sentare nulla se non hanno inumeri, poiché la scienza non ènulla senza il confronto sperimen-tale”. Sembra la storia dell’uovo edella gallina, ma in questa otticache differenza c’è fra una relazio-ne sull’esplorazione e una scientifi-ca? Tornando al leit-motiv dellanostra piccola inchiesta, abbiamodomandato se la scarsa partecipa-zione possa essere ovviata ffacendocoincidere il congresso con l’incon-tro annuale degli speleologi. Tutti sono convinti che la cosa siapiù che fattibile, ma nello stessotempo si fanno poche illusioni chequesto serva a far aumentare l’in-teresse per il congresso in sé. Aparte il fatto che risulta difficilepartecipare contemporaneamenteai molteplici momenti di incontro,

relazioni, tavole rotonde (che ine-sorabilmente si accavallerebbero),alcuni pensano che alle migliaia dibevitori da speleobar poco interes-sa il congresso; altri invece vedononel congresso-festa una opportu-nità di crescita, individuale e col-lettiva, della speleologia. Opportunità di crescita che paresiano in questo momento createmaggiormente dai ccongressi regio-nali, che per loro natura si colloca-no a metà strada fra i due modellidi incontro. Qui le risposte sono lepiù variegate: c’è chi sostiene chegli incontri locali tolgono risorseed energie a quelli nazionali equindi siano uno spreco; chi pensache vengano fatti per essere visibilie apprezzabili dalle amministrazio-ni pubbliche; chi pensa che sia piùfacile farli e quindi sia più facileaver un maggior numero di iscritti;nessuno li mette in relazione ad-escludendum (non vado al con-gresso nazionale perché tantovado a quello locale, che mi inte-ressa di più perché si parla dellamia zona di esplorazione, conoscotutti, non ho timore a parlare, midiverto di più). Per finire il nostrogiro di pareri abbiamo chiesto seSSI o CCS CAI debbano organiz-zare direttamente i congressi, enon solamente appoggiare i gruppilocali con il patrocinio o, quandorichiesto, con il supporto scientifi-co. Qui entra in ballo tutta ladebolezza pratica dell’associazioni-smo nazionale, visto da molti come“pensatoio speleologico”, ma nellostesso tempo fragile e inadeguatoad organizzare eventi così impe-gnativi. Fondamentalmente i nostriinterlocutori sono quasi tutti sod-disfatti dal ruolo che la SSI ha nel-

l’organizzazione attuale dei con-gressi, dalla sua presenza nel comi-tato scientifico, o dal suo indirizzodi pensiero. Al momento non sipensa di chiedere nulla di più maallo stesso tempo si ritiene che, seSSI o CCS CAI vogliono impe-gnarsi direttamente, ben venga, apatto che si evitino equivoci oseparazioni tra le “menti pensanti”e i Gruppi grotte “lavoratori” chefanno la bassa manovalanza.La nostra raccolta di opinioni sulperché ai Congressi Nazionali diSpeleologia c’è poca partecipazio-ne finisce qui. Abbiamo contattatovarie persone distribuite lungotutta la penisola, scelte fra speleo-logi giovani e meno giovani, acca-demici ed esploratori, o tutt’e dueinsieme. Non tutti ci hanno rispo-sto, alcuni sono stati telegrafici,altri molto utili. Le risposte sonostate elaborate collegialmentedalla redazione che in questaforma ha provato a restituirle. Nonabbiamo fatto un lavoro statisticoné abbiamo creato un campione“scientificamente” rappresentativodegli speleologi (è al di sopra dellenostre capacità); speriamo però diaver lanciato un tema di discussio-ne che possa essere approfonditonei mesi a venire.Ringraziamo per la collaborazione:Mauro Chiesi, Attilio Eusebio,Paolo Forti, Luca Girelli, PinoGuidi, Felice Larocca, ValentinaMalcapi, Gianni Mecchia, AdrianoRoncioni, Giuseppe Savino eWainer Vandelli.

Dal volume dei primi Atti: "I partecipantial 1° Congresso Speleologico Nazionaleall'ingresso delle Reali Grotte Demaniali di Postumia (12 Giugno 1933)"

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Il 2 gennaio 1990 veniva istituito, in seno alla SSI, ilcatasto nazionale delle cavità artificiali italiane. Inprossimità del venticinquesimo anniversario della suacostituzione, la rivista Opera Ipogea dedicherà unnumero speciale alla pubblicazione dei dati sinteticifin qui raccolti, quale primo contributo, cui seguirannoperiodici aggiornamenti. Riteniamo che l’operazioneeditoriale possa essere di grande utilità per tutto ilmovimento speleologico attento alle cavità artificiali.In primo luogo perché questa pubblicazione costituiràuno strumento importante per promuovere presso gliEnti locali l’attività svolta in questo quarto di secolo eci auguriamo che un’ampia diffusione, garantita ancheda una cospicua tiratura del numero, consenta alleFederazioni Speleologiche Regionali di utilizzarla pro-ficuamente. In secondo luogo perché un volume cheper la prima volta rende pubblici i dati sintetici nazio-nali tende a risolvere le annose (quanto fortunata-mente localizzate e sporadiche, ma non per questomeno gravi) problematiche relative alla proprietà deidati ed all’improprio utilizzo degli stessi. LeFederazioni interessate a patrocinare la pubblicazione,

analogamente a quanto fatto per L’Agendo (attraver-so l’inserimento del logo, di un breve testo di presen-tazione delle peculiarità locali e dei nominativi deicuratori dei catasti regionali delle opere artificiali)possono mettersi in contatto con la redazione dellarivista Opera Ipogea ([email protected] [email protected]). Parallelamente a questainiziativa, segnaliamo che la Commissione NazionaleCavità Artificiali ha provveduto, grazie al lavorovolontaristico di due speleologi del Lazio, alla definiti-va riorganizzazione dei dati nazionali, all’inserimentodegli stessi in forma omogenea su un data base di faci-le consultazione e che l’impegno teso a rendere fruibi-le e consultabile il catasto nazionale si avvia a grandipassi verso il suo completamento.

Carla Galeazzi

25 anni del Catastonazionale dellecavità artificialiTutti i dati significativi in un numerospeciale di Opera Ipogea

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enti IGC-UK2004 - 30th Congress of the

International Geographical UnionGlasgow, Scotland, UK. Dal 15 al 20 Agosto 2004. Durante ilcongresso si svolgeranno 2 appuntamenti particolari: dal 9 al14 “IGU-Karst/IAH-Karst field trip to Ireland”; il 16 “IGU-Karst sessions: Advances in Karst Geomorphology and hydro-logy, and Karst Resource Management”. Organizzato da: Royal Geographical Society e l’Institute of

British Geographers. Contatti: Lorraine Craig, RGS-IBG, London. Email:[email protected] site: http://www.meetingmakers.co.uk/IGC-UK2004.

Trans-Karst 2004: InternationalTransdisciplinary Conference on Developmentand Conservation of Karst Regions Army Hotel, Ha Noi, Vietnam. Dal 13 al 18 SettembreOrganizzato dal Research Institute of Geology and MineralResources (RIGMR), Ministry of Natural Resources andEnvironment; Institute of Ethnology (IE), National Center forSocial Sciences and Humanities; Forest Protection Department(FPD); Ministry of Agriculture and Rural Development.Contatti: Dr. Tran Tan Van (RIGMR), Thanh Xuan, Hanoi,Vietnam. Tel: +84 (4) 854-3107. Fax: 854-2125. Email:[email protected] Web: http://www.vub.ac.be/trans-karst2004.

V Simposio sulla protezione del carsoGuca, Serbia-Montenegro. Dal 24 al 26 settembre 2004.Organizzato dallo Student Speleologic and Alpinistic Club(ASAK).

Per informazioni: Mr. Mihajlo Mandic “Geozavod” Karadordeva 48,Belgrado 11000 Serbia and Montenegro.Tel. ++381 11 3283271 fax ++381 11 638241 e-mail: [email protected]

Limestone Coast 2004 - IGCP 448 and RAMSARConvention workshops Naracoorte, South Australia, Australia. Dal 10 al 17 ottobre 2004Organizzato da IUCN/WCPA Task Force on Caves and Karst. Contatti: Kent Henderson. Tel: +61 (3) 9398-0598. Email:[email protected] Formal postal: Limestone Coast Karst 2004, PO Box 134, Naracoorte,South Australia 5271, Australia.

Frasassi 2004: Incontro Nazionale della SpeleologiaItaliana Frasassi- Genga (An) dal 29 ottobre al 1 novembre 2004organizzato dal Gruppo Grotte Città di Senigallia.Contatti: 335 8182102 oppure 335 5877157, [email protected]

Karst Sessions at 2004 National Meeting of theGeological Society of AmericaDenver, Colorado, USA. Dal 7 al 10 novembre 2004Organizzato dal Karst Waters Institute, the GSA HydrogeologyDivision, and the GSA Geobiology and Geomicrobiology Division. Contatti: The Geological Society of America P.O. Box 9140 Boulder,CO 80301-9140 Tel: (303) 447-2020 Fax: (303) 357-1070. Web:http://www.geosociety.org/meetings/2004/.

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Congresso del 65° anniversariodella Sociedad Espeleologica de Cuba, Pinar del Rio, Cuba, 8-12 febbraio 2005Il Congresso del 65° anniversariodella fondazione della SociedadEspeleologica de Cuba si svolgerànella spettacolare cornice carsicadella Valle de Vinales, presso laComunidad El Moncada. Le temati-che generali che il Congresso inten-de dibattere sono numerosissime: laspeleologia in generale, la protezionee gestione delle aree cariche, la bio-speleologia, l’archeologia, la speleo-subaquea e il soccorso speleologico,la geologia e la geomorfologia, l’idrogeologia e idrochimica delcarso e l’informatica applicata alla speleologia. Per chi intende por-tare dei contributi i tempi e le modalità per la loro consegnasono i seguenti: riassunto del lavoro presentato in massimo 4 car-telle, divise in un abstract introduttivo di 250 parole, seguite dainomi degli autori e dal riassunto, che può contenere una foto oun disegno. Il formato della presentazione deve essere inMicrosoft Word, formato letter (81/2” x 11”), Tipo del Font(Times New Roman), Grandezza 11 punti. Il grafico o la fotodovranno essere in formato JPG o TIF, a 300 dpi di risoluzione.Inviare tutto prima del 30 di ottobre del 2004 a:[email protected] mentre il lavoro completo dovrà essere invia-to a: [email protected] maggiori dettagli: http://www.sec1940.galeon.com/ e http://www.italia-cuba.speleo.it/65_sec.html

Nuova legge sulla speleologia in SloveniaRecentemente il parlamento della Slovenia ha appro-vato la legge sulla tutela delle grotte. Si tratta di un"mattone" di ben settanta articoli, che affronta i variaspetti della tutela delle grotte. La novità principalesta nella equiparazione tra gli speleologi italiani equelli sloveni. Per andare in grotta gli speleologi slo-veni dovranno frequentare un corso presso unaorganizzazione ufficialmente autorizzata dallo Stato esostenere un esame ufficiale. Chi supera l'esameverrà iscritto in un apposito elenco di esploratoripresso il Ministero dell'Ambiente e solo gli iscritti inquesto elenco potranno svolgere attività speleologi-ca. Gli speleologi provenienti dall'Italia, invece disostenere l'esame, potranno ottenere l'iscrizione nel-l'elenco presso il Ministero presentando un appositocertificato rilasciato dalla associazione nazionale rico-nosciuta dalla UIS, ovvero dalla SSI, in cui si attesti l'i-doneità del richiedente a svolgere l'attività speleolo-gica. Le modalità precise per l'iscrizione nell'elenco ver-ranno stabilite a breve da un apposito regolamento.Con la nuova legge l'antica prassi di venire accompa-gnati da speleologi locali non ha quindi più alcun fon-damento giuridico. Per i trasgressori sono previstemulte dell'ordine di qualche milione di vecchie lire.Appena si avranno nuove informazioni, saranno resenote.

Stojan Sancin

Le grotte di miniera, tra economia mineraria edeconomia turisticaIglesias (CA), dall’ 1 al 5 dicembre 2004. Organizzatodall’Università del Sulcis Iglesiente e da IGEA. Informazioni pressol’Igea allo 0781.49.13.04 oppure per mail: igeadirtin.it

16th Australasian Conference on Cave and KarstManagementWest Coast, South Island, New Zealand. Dal 6 al 23 aprile 2005.Organizzato dall’Australasian Cave and Karst ManagementAssociation Inc. (ACKMA) Contatti Phil Wood. Tel: +64 (3) 789-8800 (work), 789-8106(home). Fax: 789-8800. Email: [email protected] Web: http://ackma.org/members/16thannual.html.

65° anniversario della Sociedad Espeleologica deCubaPinar del Rio, Cuba. Dall’8 al 12 febbraio 2005. Informazioni sul sito www.sec1940.galeon.com oppure sul sitowww.italia-cuba.it/65_sec.html

14th UIS International Speleo CongressAtene, Grecia. Dal 16 al 28 agosto 2005Organizzato dall’Hellenic Speleological Society and HellenicSpeleological Federation. Contact: Christos Petreas, Hellenic Speleological Society.Email: [email protected] Web: http://www.14ics-athens2005.gr

6th International Conference on Geomorphology Saragozza, Spagna. Dal 7 all’11 settembre 2005Organizzato dall’International Association of Geomorphologists, edalla Spanish Society of Geomorphology. Contatti: Organizing Secretariat, Geomorfologia-Facultad deCiences, Universidad de Zaragoza, C/Pedro Cerbuna 12, Zaragoza50009, Spain. Fax: +34 (976) 76 11 06. Email: [email protected] Web: http://wzar.unizar.es/actos/SEG/index.html.

Water resources and environmental problem inkarstBelgrado. Serbia Montenegro. Dal 14 al 19 Settembre 2005.Conferenza internazionale. Informazioni sul sito:http://www.cvijic-karst2005.org.yu/orgcom.htm

13° Convegno regionale di Speleologia del TrentinoAlto AdigeVillazzano (TN). Dal 4 al 9 ottobre 2005.Organizzato dal Gruppo Speleologico Trentino Sat BindesiVillazzano.Contatti: Segreteria 13° Convegno regionale di Speleologia, c/oGruppo Speleologico SAT Bindesi Villazzano, via Pozzata 103,38050 Villazzano - TN.e-mail: [email protected]

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Organizzato dall’Università del Sulcis Iglesiente edall’Igea con la collaborazione della SocietàSpeleologica Italiana, l’Istituto Italiano di Speleologiae la Federazione Speleologica Sarda, si terrà dal 1° al 5dicembre 2004 un Simposio per discutere sul particola-re fenomeno carsico del monte San Giovanni. Tutta laSardegna ed in particolare il Sulcis Iglesiente, a seguitodella chiusura delle miniere, è impegnato da alcunianni in una trasformazione epocale molto complessache ha nel recupero e nella valorizzazione del territo-rio minerario il suo punto focale. Tra gli elementi dimaggior interesse scientifico, didattico e turistico che siprestano ad essere valorizzati sono sicuramente le“Grotte di Miniera”, cavità carsiche prive di sbocconaturale all’esterno, incontrate dalle gallerie minerarie:tra queste spicca per singolarità e bellezza la Grotta diSanta Barbara all’interno della miniera di SanGiovanni. Ma la valorizzazione di queste grotte nonpuò prescindere dal loro studio e dalla loro salvaguar-dia, dato che ben poco ancora si conosce dei loro mec-canismi evolutivi e della risposta del loro ecosistemaad una frequentazione turistica. Per questi motivil’IGEA ha iniziato già da alcuni anni una proficua col-laborazione con la Società Speleologia Italiana e

l’Istituto Italianodi Speleologia econ ricercatori divarie UniversitàItaliane al fine digiungere ad unaconoscenza puntuale dei fenomeni carsici presentiall’interno del Monte San Giovanni. Il Simposio vuoleessere non solo un primo momento di divulgazione deirisultati ottenuti da questi studi, ma anche un momen-to di proficua discussione delle tematiche scientifichegenerali relative ai fenomeni connessi alle “grotte diminiera” e infine anche un momento di riflessionesullo stadio di avanzamento dei processi di trasforma-zione in atto in tutto il territorio del Sulcis-Iglesiente.Per questo motivo si sollecitano contributi originali daparte di quanti sono interessati ai temi del Simposio. IlComitato Scientifico è composto da Ilio Salvadori pre-sidente IGEA, Paolo Forti dell’Università di Bologna,Ermanno Galli dell’Università di Modena, Pier PaoloManca e Luca Fanfani dell’Università di Cagliari. Permaggiori informazioni si può contattare l’IGEA (0781491304-268-330,-e mail: [email protected])

Ilio Salvadori

Grotta di Santa Barbara (foto Gabriela Pani)

A dicembre un simposio sugli studi compiuti nel Sulcis-Iglesiente

Le grotte di minieraEconomia mineraria ed economia turistica: il futuro travalorizzazione e recupero ambientale

Tempi duri per il carburoEra l’ultima fabbrica di carburo di calcio in Francia, madopo oltre un secolo di produzione la storica Usine deBellegarde ha annunciato che alla fine del mese di giugno2003 chiuderà definitivamente l’attività. Rilevata nel 2002da un gruppo industriale tedesco, la SKW MetallurgieAG, non era riuscita a far fronte alla contrazione delmercato mondiale del carburo, accumulando perditefinanziarie di quasi 6 milioni di euro. La produzione deipreziosi sassi “infiammabili” era scesa in questi anni adappena 30.000 t, poco più di un terzo di quella del 1984. Gli speleologi francesi, il cui consumo è stimato in circa50 t all’anno, dovranno rivolgersi al mercato europeo percontinuare a scaldarsi con la piccola fiamma. E i LEDrischiano così di vincere la battaglia della luce più permancanza di carburante che per manifesta superiorità.Da Speluncamondi

Nuova sede per la FSTDal 20 marzo 2004 la sede legale della FederazioneSpeleologica Toscana a Firenze si è trasferita da via Torredel Gallo, 30 a vialetto Amerigo Gomez s.n., 50136Firenze. I nuovi locali ospitano, oltre alla sede della FST.,

anche le sedi del Gruppo Speleologico Fiorentino, delloSpeleo Club Firenze e parte del magazzino della TerzaDelegazione Speleologica del Corpo Nazionale delSoccorso Alpino e Speleologico. Siria Panichi

È nata la carta geologica di RomaDopo anni di ricerca, gli esperti del DipartimentoAmbiente del Comune hanno realizzato "La Carta deiSuoli". La carta rappresenta uno strumento di pianifica-zione e gestione del territorio in cui ogni porzione delsuolo romano viene classificata e valutata sotto il profilodella resistenza al degrado. Ogni scheda riporta, accantoal nome della località, le caratteristiche del substrato, laprofondità dello strato di superficie e quindi il drenaggio,la pendenza e i rischi possibili: erosione, 'compattazione',perdita di struttura, inquinamento delle falde. La carta considera le differenti esigenze di tutela del ter-ritorio, si tratti di aree urbanizzate, agricole, archeologi-che o di parchi. Un lavoro fatto da geologi per gli urba-nisti: la carta è un contributo essenziale per l'attuazionedel nuovo Piano Regolatore Generale e dei suoi indiriz-zi programmatici.

Notizie brevi

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I naturalisti descrivono ogni annocirca 15.000 nuove specie di organi-smi, per la maggior parte insetti. Ladistruzione delle foreste pluviali tro-picali però, che avviene ad un ritmodi 150.000 Kmq all’anno, rischia diprovocare l’estinzione di decine dimigliaia di specie ogni anno. Risultaevidente, quindi, come la tutela dellabiodiversità sulla terra sia vincolataalla conservazione di questo partico-lare ecosistema. In Ecuador, dal 1996il Prof. Giovanni Onore, missionario,docente di Entomologia, direttore delMuseo della Pontificia UniversitàCattolica dell’Ecuador (Quito) e pre-sidente della Fondazione Otonga, sista muovendo contro la distruzionedelle foreste primarie. Grazie all’in-tervento del Prof. Onore sono giàstati acquistati in Ecuador 1.500 ha diforesta vergine (Foresta Otonga), contutta la loro ricchezza biologica. Nel2000, su proposta di GianfrancoCaoduro, biospeleologo e insegnantedi scienze naturali presso un liceo cit-tadino, è stato attivato negli istitutisuperiori di Verona, il ProgettoBiodiversità per far conoscere questeproblematiche a studenti e cittadini eper contribuire alla raccolta di fondiper l’acquisto di porzioni di foresta,l’unico modo di salvaguardare questiambienti dalla definitiva distruzione. Ifondi sono stati raccolti attraverso lavendita di piantine autoctone prodot-te dagli Istituti aderenti e la venditadi oggetti in avorio vegetale (tagua)prodotti dagli indios ecuadoriani.L’avorio vegetale è ricavato dai semidi una palma (Phytelephas aequato-rialis) diffusa nelle foreste tropicalidell’Ecuador. Questa specie, cono-sciuta comunemente col nome diTagua, produce delle noci di 5-6 cm didiametro utilizzate nella produzionedi bottoni e altri piccoli oggetti. Negliultimi anni l’avorio vegetale è statoimpiegato anche per prodotti di arti-gianato e rappresenta una importanteopportunità per l’economia dellepopolazioni locali, permettendo unagestione ecosostenibile delle risorse

della foresta equatoriale. La tagua èdiffusa anche nella foresta di Otongae rappresenta una parte importantedell’ecosistema della stessa foresta.Grazie al Progetto Biodiversità sonostati fino ad oggi raccolti quasi 50.000€, donati alla Fondazione Otonga.Tale cifra ha permesso di acquistarealtri 40 ettari di Foresta e di sostenerel’attività di diverse famiglie di indiostagueros, artigiani esperti nella lavora-zione del Tagua. La MISSIONEOTONGA 2004 si propone di riunireesperti naturalisti e speleologi al finedi studiare le forme di vita e le emer-genze naturalistiche di questo lemboincontaminato di foresta pluvialedell’Ecuador, considerato il paese conla più elevata biodiversità al mondoper unità di superficie. La Foresta Integrale Otonga è localiz-zata nella provincia di Cotopaxi, tra i1300 e i 2300 m slm, a un centinaio dichilometri ad occidente della capitaleQuito. E’ costituita da circa 1500 etta-ri di bosco primario montano, pascoliad evoluzione naturale e aree sotto-poste a interventi di riforestazionecon specie provenienti dai vivai dellastessa Foresta. Otonga confina conuna regione boscata di superficiemaggiore dove esistono aree di pro-prietà privata e una zona a controllostatale detta Reserva Forestal del RìoLelia. Queste foreste, Otonga inclusa,occupano una superficie di circa 5000ettari; a sua volta collegata allaReserva Ecologica Los Ilinizas. Lerelazioni con tutti questi boschi pri-mari permettono ad Otonga di man-tenere una elevata biodiversità, vistala notevole estensione dell’interaarea. Non mancano, tuttavia, serieminacce all’equilibrio naturale legateal bracconaggio, ai tagli abusivi e alleattività estrattive, visto che la regioneè ricca di minerali preziosi (oro com-preso). La regione è generalmentecoperta da una spessa coltre di nubi ela nebbia è un fattore caratteristicodella foresta (da qui il nome dibosque nublado).L’estensione delle foreste negli ultimi

20 anni in Ecuador è diminuita consi-derevolmente e la regione Otonga,insieme alla Reserva Forestal del RioLelia e alla Reserva ecologica LosIlinizas costituiscono gli ultimi rifugidi una certa importanza per la fauna ela flora dell’intera regione. La spedizione naturalistica “MISSIO-NE OTONGA 2004” alla quale pren-deranno parte botanici, zoologi e spe-leologi, avrà come obiettivi principali:- raccolta e studio di campioni difauna e flora;- raccolta e studio della fauna delleacque superficiali e sotterranee;- esplorazione, topografia e ricerchebiospeleologiche delle cavità dellaForesta Otonga e della Provincia diNapo (Amazzonia);- pubblicazione dei risultati conseguitisu bollettini e riviste scientifiche;- realizzazione di seminari da partedei naturalisti partecipanti alla spedi-zione per gli studenti di ScienzeNaturali della Pontificia UniversitàCattolica dell’Ecuador (Quito);- realizzazione di un filmato e di undocumentario fotografico sulla spedi-zione e sulle emergenze naturalistichedella Foresta Otonga;- verifica della possibilità di ricolloca-zione in ambiente controllatodell’Orso andino (Tremarctosornatus) nella Foresta Otonga daparte del Parco Natura Viva diBussolengo (VR). Tra gli enti promo-tori della “Missione Otonga 2004”figurano il Gruppo AttivitàSpeleologica Veronese, la FondazioneOtonga e il Parco Natura Viva.Hanno già dato il loro patrocinio: laSocietà Speleologica Italiana, laSocietà Lichenologica Italiana, laSocietà Internationale deBiospeleologie, il Museo Civico diStoria Naturale di Verona, ilDipartimento di Scienze ambientalidell’Università dell’Aquila e laProvincia di Verona. La MissioneOtonga 2004 si svolgerà dal 26 luglioal 25 agosto 2004.

Gianfranco CaoduroGruppo Attività Speleologica Veronese

Anche la SSI fra i patrocinatori della spedizionenaturalistica in Ecuador

Missione Otonga 2004Naturalisti e speleologi insieme per studiare la biodiversitàdella foresta integrale di Otonga minacciata di distruzione

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� Tempi solcati

Vietato vietareLa vicenda delle sorgenti chiuse nel Nord italia

Pipistrelli in internet

Sarà capitato anche a voi.... di trovare un pipistrello ferito enon sapere che cosa fare. Sarà capitato anche a voi.... di incon-trare un pipistrello che svolazza agilmente in un meandro e dichiedervi di che specie è mentre voi trascinate stancamenteun sacco pesantissimo. Sarà capitato anche a voi... di porvi milledomande sui chirotteri e di non sapervi dare delle risposte. Seavete voglia di cercare queste risposte nella rete sappiate chenegli ultimi anni il numero di siti dedicati ai chirotteri è forte-mente aumentato e il numero di informazioni che si possonotrovare è veramente enorme. La seguente lista non pretendequindi di essere esaustiva ma si propone di dare una panora-mica delle pagine web italiane e straniere votate alla salva-guardia e alla sensibilizzazione del pubblico (speleologico enon) nei riguardi di questo ancora poco conosciuto ordine dimammiferi.

Siti italianihttp://faunadipbsf.uninsubria.it/chiroptera/Sito ufficiale del Gruppo Italiano Ricerca Chirotteri (GIRC),punto di riferimento per la ricerca sui chirotteri a livello nazio-nale e internazionale. Oltre alla storia del gruppo e alle sueattività e collaborazioni è presente un’ampia sezione dedicataall’ecologia e alla conservazione delle nostre specie.http://www.parchilagomaggiore.it/pippi10.htmIl sito del Parco ospita pagine divulgative su cosa sono i pipi-

strelli “in 10 parole chiave” e su come comportarsi in caso sitrovino individui morti o luoghi di rifugio.http://www.regione.emilia-romagna.it/parchi/onferno/Sito della Riserva Naturale Orientata di Onferno (RN), sededella più importante colonia mista nota a livello regionale.http://www.minambiente.it/sito/settori_azione/scn/pubblica-zioni/multimedia/mammiferi/chirotteri/chirotteri.aspTrasposizione online dell’Iconografia dei Mammiferi Italiani,ordine Chiroptera, con le chiavi di riconoscimento di B. Lanzae P. Agnelli (Museo La Specola, FI) e i disegni di U. Catalano.http://www.nandoperettifound.org/eng/wild_bats.aspRicerca che rientra nel progetto sulla biodiversità del ParcoNazionale d’Abruzzo.

Siti stranieri - Ecologia e conservazioneNelle seguenti pagine web sono trattati i seguenti aspetti: mitida sfatare, checklist dei relativi paesi stranieri cui appartengo-no i siti, descrizione dell’ecologia delle diverse specie, ciclobiologico annuale dei pipistrelli, pipistrelli e folklore, leggi perla protezione di questi animali e dei loro habitat, consigli sucome incrementare la loro presenza sul territorio (costruzio-ne di bat box), come comportarsi se si trova un pipistrellomorto o una colonia.http://www.eurobats.org/ http://www.bats.org.uk/ http://www.powen.freeserve.co.uk/Naturepets/Bats/bats.htm

In Italia si stanno moltiplicandosempre più spesso iniziative, ingenere da parte di Enti Pubblici,per limitare o impedire l’accessoalle cavità sotterranee. I motivi percui avviene questo sono disparati epiù o meno comprensibili. Fra que-sti la presunta incolumità pubblica,come è il caso delle risorgenze,oppure per più ragionevoli motividi tutela ambientale - motivi cheperò necessiterebbero preventiva-mente di un confronto a più livelli- oppure ancora per particolari esi-genze di studio. A volte sono glistessi gruppi speleo che autonoma-mente o esercitando pressioni sugliamministratori riescono ad otte-nerne la chiusura. Nel Nord Italia,tra il 1995 ed il 2000, sono statechiuse con ordinanza comunale treimportanti risorgenze: l'EfanteBianco (VI), il Meschio (TV) e ilGorgazzo (PN). Considerate leevidenti incongruenze delle moti-vazioni emesse nelle ordinanzecon la situazione reale, si è costi-

tuito, nel novembre 2000, un comi-tato di subacquei e speleosubac-quei per intraprendere iniziative,anche legali, volte alla loro riaper-tura. Dopo qualche tentativo falli-to di pacifica trattativa, è venutal’idea di unire le forze. L'iniziativa,partita da alcuni sub di Bellunoinsieme alla CommissionePermanente Speleosubacquea(SSI), si è concretizzata con l’ade-sione di altre associazioni e preci-samente: Gruppo Grotte Giara(VI), Gruppo Mizar (RM),Gruppo Speleo Grottaferrata(RM), Sile Sub (TV), Speleo ClubRoma (RM), X-Plorers Group(BO) e numerosi singoli speleolo-gi. Nel 2000 si è deciso di interve-nire direttamente e prioritaria-mente in 3 comuni: Comune diValstagna, VI (Risorgenzadell’Elefante Bianco), Comune diVittorio Veneto, TV (Risorgenzadel Meschio) e Comune diPolcenigo, PN (Risorgenza delGorgazzo). La SSI ha aderito in

pieno all’iniziativa appoggiandol’operato della CommissionePermanente Speleosubacquea, econtribuendo finanziariamente perle necessarie spese legali. Dopol’invio di alcune lettere ed un ulti-mo incontro infruttuoso con ilSindaco di Valstagna ed ilDifensore Civico, il Comitato hadeciso di ricorrere ad una primadiffida già respinta dal Comune diValstagna e quindi al parere delConsiglio di Stato. Finalmente il16/10/2003 il Presidente dellaRepubblica ha vistato il parere delConsiglio di Stato che accoglieva ilricorso e quindi da quest’anno leimmersioni sono di nuovo possibiliin questa risorgenza. Fiducioso diquesto primo successo il Comitatoè intenzionato a continuare con levie legali, che saranno intrapresecontemporaneamente nei confron-ti dei Comuni di Vittorio Veneto ePolcenigo.

Alessio Fileccia

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Il problema acqua non conosce confini“Water resources and environmental problem in karst”,Conferenza internazionale a Belgrado, 14-19 Settembre2005

In occasione del 110° anniversario della pubblicazione“Das Karstphanomen” di Jovan Cvijic, opera capostipitedegli studi sulla carsologia, il Comitato Nazionale diSerbia e Montenegro dell’International Association ofHidrogeologist, organizza dal 14 al 19 settembre 2005,una conferenza internazionale e un seminario sul campodal titolo “Water resources and environmental problemin karst”.Chiunque si occupi di ricerca carsologica conosce il testodello studioso serbo Jovan Cvijic che, pubblicato per laprima volta a Belgrado nel 1895 con il titolo “Karst”,riguarda la morfologia e le interpretazioni dell’evoluzionedel paesaggio carsico. Il dibattito sulle caratteristiche deiterritori carsici è stato sempre notevole, soprattutto per-chè in stretta relazione con la scarsità d’acqua e i rischidel terreno nelle zone ad alta piovosità, rilevabili in varieparti d’Europa e in particolare nell’area del golfo di BokaKotorska. Nello stesso spirito che ha animato il famosocarsologo Cvijic, la città di Belgrado è lieta di accoglierequanti vorranno partecipare a questa conferenza ecogliere l'occasione per conoscere gli spettacolariambienti carsici delle Bocche di Cattaro in Montenegro.

Per informazioni più dettagliate: http://www.cvijic-karst2005.org.yu/orgcom.htm

V Simposio sulla protezione del carsoGuca 24-26 settembre 2004Organizzato dallo Student Speleologic and AlpinisticClub (ASAK), l’incontro ha l'obiettivo di fare il puntodella situazione sul grave stato di degrado in cui versa-no molte aree e acquiferi carsici. L’incontro si propo-ne anche di contribuire a sensibilizzare chi svolge leesplorazioni speleologiche sull’importanza della prote-zione e della valorizzazione del fenomeno carsico.Questa attenzione è emersa dalla constazione chespesso, nella presentazione di articoli riguardanti lostudio e l’esplorazione del carso, non sono sufficiente-mente messi in risalto gli aspetti negativi generati dal-l’impatto antropico sulle grotte e sull’ambiente carsico.L’ASAK ritiene che l'incontro sia una buona occasioneper presentare risultati e confronti di opinioni su que-ste problematiche. Il simposio è diviso in quattro ses-sioni: protezione degli acquiferi, protezione e svilupposostenibile dei territori carsici, valorizzazione di areecon particolari emergenze, risultati di esplorazioni spe-leologiche. Questa iniziativa meriterebbe veramente diessere partecipata anche da speleologi italiani, sia pertestimoniare le proprie esperienze e sia per allargare evalorizzare i contatti verso una di quelle parti diEuropa che, seppur ricchissima di cultura speleologica,da noi è ancora poco conosciuta.Per maggiori informazioni: Mr. Mihajlo Mandic“Geozavod” Karadordeva 48, Belgrado 11000 Serbiaand Montenegro. Tel. ++381 11 3283271 fax ++381 11 638241 e-mail: [email protected]

http://www.stowford.org/dbg/index.htm http://www.wildlifetrust.org.uk/cornwall/bats.htm http://www.warksbats.co.uk/ http://www.londonbats.org.uk/ http://www.onf.fr/foret/faune/chauves-souris/index_fin.htm http://mrw.wallonie.be/dgrne/sibw/especes/ecologie/mammife-res/chauvessouris/ http://www.ville-ge.ch/musinfo/mhng/cco http://www.geocities.com/diomedea.geo/Batindex.html http://www.cccoe.k12.ca.us/bats/welcome.html http://www.batsnorthwest.org/default.htm http://www.angelfire.com/az/chiricahua/chircbat.html http://www.batconservation.org/content/sitemap/sitemap.htm http://www.ucmp.berkeley.edu/mammal/eutheria/chiroptera.html http://www.batbox.org/Bats_Around_the_World.html

Riviste on linehttp://www.batcon.org/batsmag/allissue.htmlLink a tutti i numeri della rivista americana BATMAGAZINE,edita dalla americana BCI (Bat Conservation International) dal1983 al 2001 disponibili online.http://www.webzinemaker.com/kiroptera (in lingua francese)

AttrezzaturaPer l’acquisto on line di bat detectors e altre strumentazioni:

http://www.batsound.com (Pettersson Elektronik AB)http://www.alanaecology.com/mainframe.htmhttp://www.batbox.com/ (Stag Electronics)http://www.skyeinstruments.com/bats.htmhttp://www.ultrasoundadvice.co.uk/http://www.magenta2000.co.uk/prices.htm

Bioacusticahttp://www.bio.bris.ac.uk/research/bats/myotis.htmhttp://www.biology.leeds.ac.uk/staff/dawa/bats/Index.htmhttp://depts.washington.edu/~sdwasm/pnwbat/batcall.html

Fotohttp://www.animalpicturesarchive.comNB: alla voce “Rhinolophus ferrumequinum” tra le foto c’è unprimo piano di Myotis cfr. nattereri.http://www.terrambiente.org/fauna/Mammiferi/chiroptera/index.htmhttp://www.enature.com/search/show_search_byShape.asp?curGroupID=5&shapeID=1025&display=1

a cura di Palladini AlessandraBARBASTELLA - Stazione Modenese Studio e ConservazioneChirotteri c/o Museo di Ecologia e Storia Naturale di Marano sul Panaro mail to: [email protected]

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� Abisso Astrea

Le Alte Vie dell’Abisso Astrea400 metri di arrampicate nel cuore di M. Pelato indicano la strada per future e stimolanti esplorazioni.

Andrea MezzettiGruppo Speleologico Bolognese - Unione Speleologica Bolognese

In questo articolo si dà conto delle esplorazioni condotte daigruppi GSB-USB fra il 2001 e il 2002 all’Abisso Astrea, cavitàcollegata al complesso carsico del M. Pelato - M. Altissimo(Seravezza, LU) sulle Alpi Apuane.Le esplorazioni, effettuate esclusivamente lungo vie in risalita,hanno portato alla scoperta di quasi un chilometro di gallerie,per un dislivello totale di circa 350 metri di arrampicate,ancora in fase di svolgimento. Il Complesso del M. Pelato - M.Altissimo oltrepassa così lo sviluppo di 7036 m, mentre la

profondità passa da - 699 m (625+43 di sifone terminale)m a - 668 m per la rielaborazione dei dati della chiusura dialcune nuove poligonali. Nell’articolo si espongono inoltrevarie informazioni sul Monte Pelato con alcune considerazio-ni sui possibili sviluppi esplorativi nell’area.

Parole chiaveToscana, Alpi Apuane, complesso Pelato-Altissimo, SorgenteRenara.

Riassunto

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La grotta in esame si apre aquota 1175 m slm sulla sinistra

orografica del canale Giuncona,impluvio che raccoglie le acquedella vasta conca compresa tra ilMonte Pelato (1341 m slm) ed ilMonte Altissimo (1589 m slm),cime secondarie dello spartiacqueprincipale del massiccio apuano.L’ingresso viene scoperto nel 1991dal GS Pisano che dopo un brevelavoro di disostruzione svolge unaproficua campagna esplorativa,condotta quasi da subito in collabo-razione con il GSB-USB. Nel corsodi un paio d’anni di intensa attivitàquesti Gruppi trovano il collega-mento con l’Abisso Bagnulo (Bucadi Monte Pelato 465 T/LU) di cuil’Astrea rappresenta l’a-monte delcollettore principale.Dopo la giunzione Astrea -Bagnulo si evidenzia così semprepiù la presenza di un vero e propriocomplesso sotterraneo facentecapo alla grotta-sorgente di Renara(228 T/MS), le cui acque a lorovolta sono tributarie del bacino delFrigido.

Quest’ultimo fiume è ben noto aglispeleologi apuani, e non solo, inquanto recapito delle acque di alcu-ni dei più importanti abissi d’Italia:Roversi (-1300 m), Olivifer (-1215m), Complesso Paleri-Pianone-Pinelli (-964 m).Rispetto al fondo attuale del com-plesso del M. Pelato – M. Altissimola sorgente di Renara è situata 280m più in basso e a 2 Km di distanzain linea d’aria, misure che farebbe-ro supporre la presenza di altrezone emerse fra le due cavità.Il 12 luglio del 1997 il GSArcheologico Apuano di Massa,dopo tre anni di lotta con strettoiee meandri bagnati, raggiunge i – 400 m in una nuova buca, fino allasommità di un pozzo di enormi pro-porzioni. 150 m più in basso, i mas-sesi arrivano alla base del Pozzo delCentenario nell’Abisso Bagnulo:Hanta Yo, o Buca di V, rappresentacosì il quarto ingresso di quello cheormai si sta affermando come l’en-nesimo grande complesso apuano.Questo risultato dimostra ancorauna volta che la speleologia esplo-rativa si è evoluta verso nuovi limi-ti, fissati oggi da sofisticate tecnichedi distruzione o, soprattutto, da viein risalita programmate con cura atavolino, studiando i rilievi e le cir-colazioni d’aria delle cavità.Ed è appunto in quest’ultimamaniera che è iniziata la nostra sto-ria…

Storie e geografiedel luogoIl nome Astrea, in molti di noi dellagenerazione “anni ’90” del GSB-USB, suscita ricordi sognanti eancestrali, ma altro non è che unaproficua campagna esplorativa con-dotta in tempi relativamente recen-ti tra le tante annoverabili nella sto-ria dei Gruppi di Bologna.La prima volta che si scende inAstrea siamo infatti proprio all’ini-zio degli anni ‘90, accettando il cor-tese invito degli amici pisani che neavevano scoperto da poco l’ingres-so. La grotta dispensa enigmi esplo-rativi su svariati fronti e c’è quindiposto per tutti. É così che, in breve, grazie all’azio-ne di squadre miste e attraverso un

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Il versante meridionale del MontePelato. In primo piano i terrazzamentisopra il Pian della Fioba. A sinistra lacresta del Monte Pelato costituita daGrezzoni (Dolomie); sullo sfondo, adestra, la ripidissima piramidemarmorea del Monte Altissimo. (Foto Mario Vianelli)

Alpi Apuane

TOSCANA

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percorso piuttosto articolato e nonsempre logico, si arriva ad unavasta galleria percorsa da unimportante corso d’acqua che ter-mina in un lago sifonante.Quest’ultimo è - ma al momentodella scoperta non lo potevamoancora sapere - la parte ancora ine-splorata del sifone amonte del col-lettore dell’Abisso Bagnulo.Attraverso vie alte riusciamo inseguito ad aggirare l’ostacolo e aunire le due cavità. L’ipotesi esplo-rativa che ci aveva fortementemotivato nelle tante discese in que-sta cavità viene finalmente realizza-

ta e, 18 mesi dopo la scoperta diAstrea, ci troviamo a percorrere legrandi gallerie del fondo delBagnulo.Ottenuto l’eclatante risultato, glientusiasmi scemano un po’ – ancheper il fatto che ormai da tre anni siva sempre nella stessa grotta! – fin-ché non si decide di coronare lacampagna esplorativa con uncampo interno, nell’intento di supe-rare il sifone terminale dell’AbissoBagnulo. L’obiettivo principale della campa-gna estiva del ’94 è la risalita di uncamino situato nei pressi del lago

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� Abisso Astrea

Pagina a fianco: Abisso Astrea, la Prua.“…In mezz’ora risaliamo il pozzo edentriamo in una galleria di straordinariabellezza. È perfetta: andamentosuborizzontale, sezione triangolare,dimensioni più che umane, svolte nettecon angoli che a volte sfiorano i 180°,una delle quali ricorda la prua di unanave…” (Foto S. Stefanini)

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sifone. Con un campo interno diquattro giorni, quattro speleologiarrampicano un dislivello di alcunedecine di metri senza però ottenerei risultati sperati: non rimane cheperfezionare il rilievo e disarmaretutto quanto.

Riprendono le esplorazioniChiusa la prima campagna esplora-tiva all’Astrea, durata oltre quattroanni, noi bolognesi rimaniamo con-vinti che il Pelato possa ancorariservare importanti scoperte poi-ché, nonostante la sua modestaestensione, questa montagna evi-denzia la presenza di un carsismoprofondo molto sviluppato, anchein rapporto ad altre aree apuane

molto più vaste. A tutt’oggi, siamoancora lontani dall’avere delimita-to il suo bacino imbrifero effettivoe circoscritto il campo d’azione perla ricerca di nuove regioni ipogee. A metà del 1995, nel tentativo dioltrepassare il fondo del Bagnuloper altre vie, attrezziamo la BucaGrande di Monte Pelato o AbissoBologna (550 T/MS) situata pocosotto la cima sul versante occiden-tale. La posizione di questo abisso,sull’asse Renara – fondo Bagnulo, èmolto interessante e la scoperta diun nuovo ramo ci potrebbe portare,con un po’ di fortuna, a valle delsifone terminale del Bagnulo.Esplorato sempre dal nostroGruppo negli anni ’70 e ripetuto susola corda nel 1985, “il Bologna”viene ora rivisto secondo più recen-ti concetti esplorativi: traversare,risalire, seguire l’aria… Il risultato arriva, anche se nonquello segretamente sperato.Grazie al superamento di una fes-sura a – 200, in un pozzetto lateraleviene scoperto un nuovo ramo checonduce a tre distinti limiti di cui ilpiù profondo raggiunge i -610 m.Ma siamo ancora troppo in alto –660 m slm – rispetto al livello delcollettore che, epifreatico o vadosoche sia, avvicinandosi alla risorgen-te di Renara ha già sicuramenteperduto quota per approssimarsi allivello di base. Anche nella nuovadiramazione, la grotta mantiene unandamento da abisso, con grandi eprofondi pozzi in successione, inter-vallati da brevi tratti di meandro.Al Bologna infatti non si incontra-

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no morfologie freatiche che com-portino significativi spostamenti inpianta e questo anche alle profon-dità nelle quali avrebbero dovuto opotuto presentarsi. Questo almenoin accordo alla teoria secondo laquale durante le diverse epochespeleogenetiche i livelli di falda chehanno stazionato maggiormente adeterminate quote avrebbero for-mato ambienti freatici che oggi siriscontrano in alcuni abissi apuani.La campagna al Bologna si chiudelasciandoci un gusto agrodolce...

Di nuovo in Astrea, un decennio dopo…Dopo altre ricerche nelle quali ciimpegniamo in accurate revisionicatastali e il rifacimento di rilievi incavità già note (Tripitaka, Moss,Tunnel, ecc..) si ricomincia a nomi-nare l’Astrea nell’ottica di rivederealcune parti esplorate solo somma-riamente nel… millennio scorso!Lasciata da parte per il momentol’idea di riprendere le esplorazioninelle regioni più profonde, decidia-mo di concentrare gli sforzi preva-lentemente nella zona del LagoPisa, sifone pensile situato a – 410nell’Abisso Astrea dove si origina-no le acque del collettore.L’obiettivo dichiarato è quello di

Abisso Astrea. La condotta freatica che dalle Risalite degli Elettricisti precede laGalleria della Nave. (Foto S. Stefanini)

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riuscire a by-passare il sifone, tra-mite alcuni ambienti in risalita edespandere la conoscenza del siste-ma verso la zona S - W del MontePelato ancora “libera” da cavità. Questo obiettivo era già stato ten-tato negli anni ’90 in due occasioni.La prima partendo direttamentedal lago con la Via delle Paturnie(risalita che non ha portato risulta-ti di rilievo) e la seconda con l’im-mersione subacquea tentata dal G.S. Fiorentino, mediante la quale si èappreso che, dopo 90 m di percorsoe a 23 m di profondità, il sifone con-tinua a scendere decisamente.Stante questa situazione decidiamodi risalire alcuni arrivi situati aquote più elevate in Astrea.Ripartiamo così da – 370 attraver-sando il pozzo Onore dei Pizzi, conl’intento di raggiungere una fine-stra situata nelle parte opposta allato della discesa.Da questo momento inizia unalunga serie di risalite che ci impe-gna per oltre due anni in un succe-dersi continuo di arrampicate, ridi-scese e ancora arrampicate e ciporta a coprire un dislivello positi-vo di oltre 200 metri, con la scoper-ta di numerose vie parallele, unintricatissimo dedalo di diramazio-ni. Ma soprattutto si conferma ilsospetto di tornare a cadere in partigià note della grotta, anziché spo-starci in pianta in direzioni trasver-sali o comunque non impostatesullo stesso asse della via origina-ria. Anche questa volta Astrea, deadella giustizia, non ci ha ritenutidegni di indicarci la via per le zonea monte del Lago Pisa! Continua aconcedersi poco alla volta, maquasi in maniera beffarda. I risulta-ti ottenuti, anche se non quelliauspicati, sono comunque buoniperché, oltre alle centinaia di metridi grotta scoperti, abbiamo trovatouna via più comoda per il fondo. Labeffa sta nel fatto che, se tutto ciòfosse stato trovato dieci anni fa,dall’alto, ci saremmo risparmiati lafatica di tutte queste risalite e leesplorazioni in Astrea avrebberopotuto progredire molto più rapi-damente.

Uno sguardo d’insiemeIl complesso del M. Pelato – M.Altissimo è sicuramente collegato,almeno da un punto di vista idro-geologico, ad altre cavità importan-ti della zona: fra queste la bellaBuca dei Tunnel (551 T/MS), metadi molti corsi di I livello e periodicitentativi esplorativi da parte di varigruppi. Analoga considerazione vafatta per l’Abisso Neil Moss (385T/Ms), una cavità di -240 m situatasul medesimo versante della Bucadei Tunnel e dell’Abisso Bologna.Discorso a parte va fatto per laBuca Sofia o Buca 3° di Taneta (390T/MS), una grotta che abbiamoesplorato nel 1995 e che si apre aduna quota molto più bassa (692 mslm) rispetto alle altre cavità fin quicitate. La cavità è situata non lonta-no dalla sorgente di Renara e sispinge a una profondità di –140 mdall’ingresso con una serie di pozziimpostati lungo un’importante

Carta d’insieme del bacino del CanaleGiuncona e del sisteme di cavità cheappartengono al Complesso carsico delMonte Pelato – Monte Altissimo. Ilflusso idrico sotterraneo verso laSorgente di Renara venne accertato nel1975 durante al prima campagnaesplorativa del GSB – USB alla Buca diMonte Pelato.

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� Abisso Astrea

linea di discontinuità. Purtroppo,per il momento, la Buca Sofia nonci ha condotto come speravamo aiprobabili ambienti epifreatici pre-senti a monte del sifone di Renara.Ma sicuramente l’incognita piùaffascinante - anche se un po’ “fan-taspeleologica”! - ancora da svelareè, se esista o meno una connessionetra il sistema del Monte Pelato-Altissimo e l’Abisso Milazzo. Quest’ultima grotta (1001 T/LU), siestende per diversi chilometri nelleviscere del Monte dei Ronchi a E diMonte Pelato e presenta al suointerno un grande piano di gallerie,in parte attive, poste fra i 900 e gli800 m slm.

Qui si incontrano più corsi d’acqua;quelli più vicini all’ingresso sonoringiovanimenti che, lungo vie ver-ticali, vanno con ogni probabilitàad alimentare la sorgente dellaPollaccia, mentre il fiume principa-le, denominato La Storia Infinita, sisposta lungamente verso W e puntadecisamente verso il CanaleGiuncona, quindi verso il nostrocomplesso. Una colorazione – dai risultati nontroppo attendibili però! – fattadalla Federazione SpeleologicaToscana nel 1996 a La StoriaInfinita avrebbe dato positivo ilLago Pisa: nel qual caso la zona dialimentazione del Complesso di

Sul pozzo “Onore dei Pizzi” partono due vie: una in disce-sa che, accompagnata da un gran rombo d’acqua corrente,conduce nuovamente sull’attivo poco a valle rispetto alLago Pisa; la seconda è costituita da uno stretto e scivolo-so budello pseudoverticale che, dopo aver guadagnato unatrentina di metri di quota, raggiunge un primo piano costi-tuito da più meandrini che si intersecano. Pochi metri soprasi trova un altro livello formato da un’unica galleria didimensioni decisamente maggiori [tratta A-B]. È stato veri-ficato poi, in seguito al rilievo strumentale e a successiveesplorazioni, che questa grande galleria è impostata sullastessa linea di faglia del famigerato “Inferno di Cristalli”, dicui acquisisce le morfologie nella sua prosecuzione fino aricongiungersene diversi metri più sotto. Questa nuova viaper il fondo di Astrea [tratta B-B’] ha il vantaggio di esseremeno “tecnica” e quindi più agevole rispetto quella classica.Dalla galleria descritta in precedenza,abbiamo continuato a risalire inseguen-do una forte corrente d’aria fino adarrivare, dopo aver guadagnato altri 80metri circa superando una serie di pic-coli pozzi a volte arrampicabili, ad ungrande meandro potentemente con-crezionato che si è rivelato in seguitoun punto nodale di questa zona dellagrotta. Ancora ignari di tutto ciò, abbia-mo proseguito nelle risalite seguendola via più logica che ci ha portati inbreve alla base di un altro pozzo [trat-ta B-C]: lavoro per un’altra uscita! L’attacco a questo ramo sembra pro-prio andare nella direzione giusta: sud-ovest, verso il passo degli Uncini e ilmonte Altissimo. In mezzora risaliamoil pozzo ed entriamo in una galleria distraordinaria bellezza. È perfetta: anda-mento suborizzontale, sezione triango-

lare, dimensioni più che umane, svolte nette con angoli chea volte sfiorano i 180° (una delle quali ricorda la prua di unanave), pareti in marmo compatto rivestite di scallops…Iltutto per uno sviluppo di una cinquantina di metri in cuisono presenti anche alcune biforcazioni. La prima di queste[tratta D-D’], esplorata successivamente, porta, dopo unprimo saltino di 7 m, ad una saletta con due prosecuzioni.Entrambe danno accesso ad un profondo ed ampio pozzoche si rivelerà essere sempre il Cocoon, sulla via originariadelle prime esplorazioni degli anni ’90. Data la facilità dellaprogressione lungo la galleria, abbiamo però inizialmentetrascurato questa diramazione, cercando di procederelungo tutte le direzioni che non richiedono l’uso di attrez-zature. Viene così “ignorato” anche il secondo bivio: unosfondamento meandriforme nel pavimento della galleria, mache presumibilmente, data la vicinanza con il Cocoon e la

Le Risalite degli ElettricistiSchema sinottico delle diramazioni esplorate allʼAbisso Astrea

Andiamo per ordine

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Monte Pelato si sposterebbe dimolti chilometri verso E, aprendocosì a potenziali esplorazioni digrande rilevanza. Il dubbio sull’attendibilità di que-sto dato si evince subito dall’osser-vazione dei rilievi: se essi sono esat-ti, infatti, la quota lago Pisa risultamaggiore rispetto quella del sifoneterminale de “La storia Infinita” eci troveremmo di fronte al primocaso al mondo di acqua che scorrein salita…! Se mai esiste un collegameto idricofra queste due cavità, questo è daricercare più in profondità e la zonapiù promettente potrebbe esserel’apporto proveniente dall’arrivo in

prossimità della Galleria Astruloattorno ai 600 m slm. Per svelare l’arcano, sarebbe auspi-cabile innanzitutto ripetere questacolorazione, anche perché le zonecarsiche dei Ronchi e del Pelatosono divise da uno strato di roccedel basamento cristallino che potr-rebbero condizionare questo possi-bile collegamento.Un’altra mossa intelligente potreb-be essere quella di cercare diretta-mente un accesso intermedio, ed èappunto in quest’ottica che, oltread effettuare battute esterne, risul-ta importante il lavoro di revisionedelle grotte già note ubicate inposizione strategica. Tra queste vi è

somiglianza delle morfologie, dovrebbe essere la parte altadel Michelazzo, meandro che precede il Cocoon [tratta E-E’]). Le dimensioni e la conformazione della galleria la ren-dono così facile da percorrere che cominciamo a fare glischizzinosi: diamo per chiuso un cunicolo a misura d’uomo,neanche troppo scomodo, che nell’uscita successiva si sco-prirà condurre al secondo punto di giunzione con il ramovecchio, a metà del P.30 sotto il Cuore Nero [tratta F-F’].Ben ci sta, perché, dopo aver percorso la galleria lungo ilsuo asse principale fino ad un sifone di sabbia che ne decre-ta la fine, ripieghiamo ignari e soddisfatti verso l’esterno,facendo un giro ad anello che comporta diverse centinaiadi metri di grotta – sia come sviluppo che come dislivello –prima di ripassare a circa venti metri di distanza dal limiteraggiunto in precedenza. Che coglioni!Successivamente, date le anomalie anemoscopiche che viabbiamo riscontrato, prendiamo di mira il meandro con-crezionato di cui sopra, setacciandolo in ogni suo anfratto.È stato così scoperto un altro ramo ascendente [tratta G-H], superiore al primo da noi percorso che, dopo essersibiforcato e ricongiunto, si affaccia a metà di un vasto pozzo,denominato Pozzo del Pelo Marocchino (P.P.M.). Con evi-dente entusiasmo è stata attrezzata la calata, che risultaessere una ventina di metri: alla base del pozzo, tre diversevie percorribili non fanno che aumentare la nostra gioia.L’entusiasmo scema ben presto, però, con la scoperta che ilramo più promettente, dopo una quarantina di metri di gal-leria fortemente inclinata verso il basso, sfocia su un poz-zetto che si affaccia a metà del solito meandro [tratta I-I’].Tornando alla base del P.P.M., un’altra diramazione laterale,costituita da una bella condotta orizzontale e rettilinea,chiude dopo poco, mentre l’ultima via percorribile è colle-gata tramite un saltino di tre metri al sifone di sabbia delleGallerie della Nave [tratta I-L]. Tanti metri di grotta nuova, ma tutti attorcigliati fra loro econtenuti in un volume assai ridotto! Viene preso così dimira il P.P.M, che verso l’alto si presenta ancora come un

interrogativo occhio nero: nove ore di risalita continua, tuttain artificiale, ci permettono di arrivare all’apice del pozzo edi scoprire così di essere giunti a pochi metri di distanza dalramo dei Tre Porcellini, dove gli amici pisani – anche lorocolpiti da un attacco di nostalgia – hanno intrapreso altrerisalite.Niente da fare: anche questa volta Astrea, ci ha negato l’ac-cesso alle zone a monte del Lago Pisa.

Abisso Astrea. Concrezioni da splashoccupano interamente la forra della Viadegli Elettricisti. “… qui abbiamo continuato a risalireinseguendo una forte corrente d’ariafino ad arrivare, dopo aver guadagnatoaltri 80 m, ad un grande meandropotentemente concrezionato che si èrivelato in seguito un punto nodale diquesta zona della grotta”. (Foto S. Stefanini)

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certamente il fantomatico (in quan-to mai più ritrovato) AbissoSuvlaky, esplorato dai torinesi neglianni ’80 e situato sul MonteAltissimo, alla destra orografica delCanale Giuncona. Poi c’è ilTripitaka (1024 T/LU) un –250circa che si apre ad una quota rela-tivamente bassa nel canale delleGobbie, di cui il Canale Giuncona ètributario.Per ciò che concerne invece l’am-pliamento delle conoscenze nel set-tore opposto, cioè la zona occiden-tale del Pelato, potrebbe essereinteressante provare a disostruirealcune doline sommitali ed ancheverificare con traccianti se l’attivodella Buca del Generatore e ilprimo ramo esplorato nel Bagnulo,il Ramo di Sinistra che stringeattorno ai – 320, possano rappre-sentare uno dei tanti arrivi diAstrea.

Ciò appare plausibile in quantolungo tutto il percorso del Bagnulo,dall’ingresso al fondo, l’unicoaffluente significativo che si incon-tra è quello del collettore prove-niente da Astrea: ciò significa che lediffluenze del Generatore e delRamo di Sinistra o vanno per contoloro a Renara, cosa molto improba-bile, o rientrano nel Complesso inzone già note. L’altro dubbio amle-tico - ormai una questione persona-le per noi bolognesi - è costituitodal tratto che separa il sifone termi-nale del Bagnulo dalla sorgente diRenara: ne esistono parti accessibi-li agli speleo “normali” e non solo

alla ristretta élite degli speleosub?Ormai innumerevoli speleologi didiversa esperienza ed “estrazione”si sono pronunciati al riguardo,enunciando varie teorie a volteanche contrastanti tra loro.Questo suggerisce che le conoscen-ze sull’area sono ancora lontanedall’essere complete e che esistonoi presupposti per intressanti e sti-molanti nuove ricerche. L’unicaconsiderazione che mi sento di fareal riguardo è molto meno “scientifi-ca”, ma basata esclusivamente susperanze e su dati puramente stati-stici: se la maggior parte delle grot-te apuane arrivano a poche decinedi metri – se non di distanza, alme-no per quanto riguarda il dislivello– dalle sorgenti, perché questo com-plesso dovrebbe appartenere allaminoranza?Non ci rimane quindi che tentare dicolmare sul campo le nostre lacune

Come è stato scritto nel lontano ’75…E’ legge fisica che un canotto pieno d’ariagalleggia anche con due persone sopra,bucato no.Per la punta che avrebbe dovuto raggiun-gere il fondo del Bagnulo ci mancava solouna persona capace di nuotare: Sivellic’era stato la settimana precedente, men-tre Zuffa non ha mai avuto grosse affinitàcon l’acqua.L’unica alternativa parevo essere io.Dopo il corso ero stato solo al disarmodel Bologna e un paio di volte al Corchia:da ex allievo di colpo mi sono trovatouomo di punta, in un’epoca in cui questadefinizione aveva un significato molto piùprofondo!Carico come una molla per l’opportunità di poter vivere unaesperienza di tale spessore, decisi di partecipare a quella che sipresentava come una spedizione a tutti gli effetti, con tanto diuomini d’appoggio e una valanga di materiale, canotti compresi…… In quattro arriviamo verso il fondo, dove la grotta, dopo tanti,lunghi pozzi, assume un andamento orizzontale.Percorriamo la vasta galleria solcata da un impetuoso corsod’acqua che ogni tanto si allarga a formare un laghetto. Io eSandro facciamo coppia sul canotto: guardando giù verso il pelodell’acqua è come essere in una stanza di notte con una lucespenta; solo l’acetilene ci illumina quasi come opere diCaravaggio. D’improvviso io e il mio compagno ci scambiamouno sguardo preoccupato dovuto all’innescarsi di uno strano gor-

goglio sotto di noi. Il natante, colpendouna lama sommersa, si è infatti bucato el’entità dello squarcio è tale che a nullavalgono i tentativi di riporre aria all’inter-no.Ad un certo punto capisco che la situa-zione è molto critica e, invece di subirepassivamente il naufragio, decido di but-tarmi in acqua e raggiungere la riva inpuro stile libero!Riaccendo l’acetilene e mi giro giusto intempo per vedere Sandro imitare il miogesto: una volta entrambi all’asciutto – sifa per dire! – facciamo il punto dellasituazione e concordiamo che potevaandare anche molto peggio. Se è vero cheil canotto e i sacchi con tutta l’attrezza-

tura giacciono ormai sotto almeno 2 metri d’acqua, è vero chel’unico materiale realmente insostituibile (noi due) è fradicio manon irreparabilmente compromesso e può quindi riguadagnarel’uscita.Sono esperienze che non si dimenticano.Mentre scrivo queste poche righe, mi viene in mente un docu-mentario visto poco tempo fa, riguardante alcune spedizioni dialpinismo estremo sull’Everest. Tutto ciò mi ha commosso, anzi,mi sono proprio messo a piangere!Le fatiche, i disagi, il freddo, la paura sono sensazioni non com-pletamente negative, ma emozioni che fanno vedere anche cosebelle. E perciò tutto questo è il mio ottomila.

Gabriele Mezzetti

Un’ampia falla nel canotto!

Tredici settembre 1975, Abisso Bagnulo.Gabriele Mezzetti (a sinistra) e PaoloNassano poco prima del naufragio (foto S.Mandini)

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riguardo la conoscenza della zonain esame con ulteriori esplorazioni.

Due parole sul rilievoInsieme alle ipotesi esplorative finqui avanzate, per completare ilquadro d’attività, sarebbe necessa-rio recuperare alcuni dati strumen-tali dell’Abisso Bagnulo (purtrop-po dispersi ai tempi delle primeesplorazioni) e cioè dall’ingressostorico a quota 1245 m slm sinoalla sommità del Pozzo delCentenario: un impegno non indif-ferente, anche se, pensato comeobiettivo di revisione catastale equindi con la collaborazione dellaFST, potrebbe essere fattibile.Allo stato attuale, per quantoriguarda i dati strumentali dellosviluppo spaziale, le cifre sono cosìripartite: Buca del Generatore: 194m; Abisso Bagnulo: 2970 m; AbissoAstrea: 2817 m; Buca di V.: 1055, acui occorre aggiungere i circa 200metri del sifone teminale (dato sti-mato in seguito ad una immersio-ne effettuata dal G. S. Fiorentino)e almeno altri 500 metri di varirami secondari non rilevati, per untotale di oltre 7700 metri di svilup-po.Discorso più semplice riguardainvece la profondità che si attestadefinitivamente a – 668, infatti,dalla chiusura delle poligonali diAstrea – Buca di V e dai dati già innostro possesso del Bagnulo, risul-ta una profondità inferiore di circa40 metri a quella precedentementestimata.

RingraziamentiSenza fare nomi – per evitare ilrischio di tralasciare qualcunocompilando al contempo una listache risulterebbe più lunga di quan-to scritto finora! – desidero ringra-ziare tutti quanti hanno partecipa-to alle esplorazioni in Astrea, unasola o cento volte, di recente o piùdi dieci anni fa. Chiunque di loro si sia sentito tor-mentare da raffiche di domandeassurde, sconnesse o ripetitive, utiliper la stesura di questo testo, si èsempre comunque reso disponibile

ad illuminare i miei dubbi.Un grazie in particolare va, in que-st’ottica, a Michele Sivelli dellaredazione di Speleologia: senza ilsuo aiuto e la sua esperienza (spe-leologica ed editoriale) non avreimai potuto vincere la scommessa,nata quasi per gioco, di trasforma-re la cronaca goliardica di unaesplorazione sotterranea in unlavoro organico ed approfonditomeritevole di uno spazio nellanostra rivista nazionale!

Abisso Astrea, Galleria della Nave,questo ambiente è situato al centro diun sistema di gallerie poste fra i 900 ei 1000 m slm, scoperto attraverso unacomplicata serie di risalite iniziate dalLago Pisa a -370. (Foto S. Stefanini)

Agosto 1973: scoperta della Buca di Monte Pelato (Abisso Bagnulo);

Settembre 1975: raggiunto il sifone terminale Abisso Bagnulo;

Febbraio-Aprile 1984: Scoperta la Buca del Generatore e giunzione con l’A. Bagnulo;

Dicembre 1991: scoperta dell’Abisso Astrea;

Luglio 1993: giunzione fra Abisso Astrea e Bagnulo;

Ottobre 1994: scoperta la Buca di V;

Primavera 1996: immersione al sifone terminale all’Abisso Bagnulo;

Luglio 1997: giunzione fra Buca di V e Abisso Bagnulo

2000-2002: Abisso Astrea. Risalite degli Elettricisti

Complesso del M. Pelato-M. Altissimo cronologia delle principali esplorazioni

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Le acque della sorgente di Renara vengono a giorno sullasinistra idrografica dell’omonimo canale, nel versante maredelle Alpi Apuane, con una portata media di 200 l/s. In normale regime idrico troviamo solamente alcune limpi-de scaturigini nel greto del canale, ma quando sale la pienale acque allagano il modesto tratto aereo della cavità e tra-cimano dall’ingresso. La prima caratteristica delle cavitàdella zona, se paragonate alle altre famose cavità-sorgentedelle Apuane, è la marcata complessità delle caratteristichegeomorfologiche interne.I recenti lavori che hanno portato alla scoperta di altrecavità basali del solco di Renara come la Buca Golem (1450T/MS) (Bigoni e Roncioni, 1998) hanno evidenziato come leacque fuoriescano dal loro percorso ipogeo non con un'u-nica emergenza, ma frangendosi in molti ringiovanimenti,che formano addirittura più livelli e, di conseguenza, più col-lettori. La Buca Golem, soprastante Renara, presenta un salone conconsiderevoli fenomeni di crollo e classiche morfologiefreatiche fossili, comuni anche nelle altre cavità del sistema,cui fa capo anche la vicina Buca del Rocciolo. Questo par-ticolare, può portare alla considerazione che l’intera zona

abbia la struttura di un carsismo profondo molto maturocon crolli e potenti freatici ora abbandonati dalle acque, acausa di un probabile veloce approfondimento della valle(Agolini, 1996). In alcuni tratti sommersi di Renara l’attualeazione corrosiva delle acque, infatti, non è così avanzata danon evidenziare più le morfologie tettoniche originarie.Questo può confermare lo scorrimento a pressione relati-vamente recente, o comunque per nulla dominante in ter-mini di portata o di tempi di corrosione, rispetto alle note-voli tracce dei freatici antecedenti. Le sezioni del trattosifonante di Renara non possono essere mai consideratenel loro insieme come “degne” del bacino di assorbimentosovrastante; alcuni passaggi poi (zona Strettoie delDilemma) non possono essere considerati come agevoliper una normale progressione speleosubacquea.

Cronaca delle esplorazioniL’interesse per il sifone ci è stato gentilmente suggerito daG. Guidotti, che ci ha fatto notare l’esigenza di un più com-pleto e sistematico controllo generale della parte sifonantedella cavità. Il sifone di Renara fu oggetto di immersioni già

Il Sifone della Buca di Renara

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negli anni ’70 fino a circa -40 da parte di speleosubdell’Unione Speleologica Bolognese e poi ulteriormenteesplorata dai fiorentini Pergolini e Carletti. Durante lanostra esplorazione abbiamo avuto il piacere di constatare lacordialità e il clima di concreta collaborazione che tutta laspeleologia toscana riserva a noi emiliani. Non solo logisti-che più razionali, trasporti materiali più potenti, realizzazio-ne di video, scambio di tecniche ed informazioni: in toscanaci siamo sempre trovati a casa di amici, letteralmente.La prima immersione è stata effettuata il 2/1/1999 dallo scri-vente: ultimato il lavoro di sagolatura già si riesce a esplora-re una ventina di metri in una bella galleria dalle pareti sinuo-se, oltre il camino a –42 che aveva fermato i primi esplora-tori. Una seconda immersione consente poi di esplorare unaltro tratto di galleria, fino ad una strettoia (il Dilemma). Verso la metà di marzo ‘99 si interessa della risorgenteanche lo speleosub Andrea Salari Sinagra, del GS Bolzaneto.Non essendo a conoscenza dei nostri precedenti lavori,Andrea segue la nostra sagola fino alla strettoia, la supera edesplora altri 50 m di gallerie, comprensive di uno splendidosalto che porterà temporaneamente la profondità massimaa – 60 m. Nella successiva immersione, avvenuta il 15/4/99 da partedello scrivente con il trasporto curato dal GS Ferrarese,viene ricontrollata la zona della Piramide e iniziata la topo-grafia, mentre il 5/6/99 viene seguita la sagola lasciata daSinagra fino a –45, ma la scelta di miscele arricchite di ossi-geno impediscono di spingersi più in profondità. Finalmentecon un giro di telefonate riusciamo a coordinare le discese,considerando che oramai l’esplorazione esige un reale lavo-ro d’équipe così, nel luglio dello stesso anno, una numerosasquadra permette agli speleosub di esplorare altri 50 metridi nuove gallerie, proseguire il lavoro topografico e iniziareuna serie riprese video. Nel settembre dello stesso anno, ancora dallo scrivente ven-gono esplorati un centinaio di metri di nuove gallerie, por-tando lo sviluppo complessivo a 380 m, con una profonditàmassima di –61; determinante si rivela in acqua Fabio Baio diBergamo. Dopo qualche immersione tesa al ripristino della sagolatura,portata via da una piena e l’ultimazione della topografia, ametà luglio del 2000 ci si dà tutti appuntamento per il campoche permetterà a Salari di raggiungere l’attuale limite esplo-rativo. Fissa la sagola a 430 m dall’ingresso del tratto allaga-to, in corrispondenza di un significativo camino, alla profon-dità di - 40 m.

Le immersioni e le esplorazioni condotte a Renara sonostate rese possibili grazie all’aiuto spassionato di numerosiamici, speleologi dei Gruppi: GS Ferrarese, GS Lucchese,OSM Sottosopra, GS Bolzaneto e GSAA Massa. Un ringra-ziamento particolarre per l’appoggio ricevuto va a NicolaAndara e Silvia Sardoz.

Roberto Corsi (Gruppo Speleologico Ferrarese)

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Bibliografia

Ingresso della Buca di Renara (Foto R. Corsi)

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� Covolo e Morava

Vengono riportati alcuni risultati di ricerche compiutenegli ultimi anni nella regione della Spluga della Preta.In particolare descriviamo recenti esplorazioni nellaGrotta Morava e nella Grotta del Covolo posizionateai due lati opposti della Preta. La prima, scoperta daspeleologi cecoslovacchi nel 1986, è stata oggetto distudio e di una intensa campagna di disostruzione delmeandro terminale. La seconda si apre alla base dellepareti che precipitano sulla Val d'Adige. Considerazioni geomorfologiche e sulla circolazionedell'aria ci portano a ritenere che le due grotte sianocon buona probabilità collegate alla Spluga della Preta.

Parole chiaveVeneto, Altopiano della Lessinia, Corno d’Aquilio, Splu-ga della Preta, meteorologia.

AbstractIn this paper we report some recent findings concer-ning the area around the famous cave Spluga dellaPreta (Verona, Italy). During the last years, we focussedour researches on two caves placed at the oppositeextremes of the Spluga della Preta. The first one,named Morava, was found by cavers from CzechRepublic in 1986. Efforts have been made to putforward the explorations through the final narrow pas-sage and an up-to-date map will be shown. The secondone is a recently found cave that opens at the bottomof the walls falling down the mountain towards theAdige Valley. Geomorphological studies and the pecu-liar circulation of underground air lead us to concludethat both caves are probabily connected to the Splugadella Preta.

Covolo e Morava buche promesseStudi, esplorazioni e speranze attorno alla Spluga della Preta

Stefano Meggiorini, Roberto Chignola Unione Speleologica Veronese

Giorgio Annichini Gruppo Amici della Montagna

Riassunto

Spluga della Preta, Pozzo Bologna (foto E. Anzanello)

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Morava. Nel biennio 1987/88 il GSCAI di Verona organizza tre campidurante i quali porta a termine unamassiccia opera d’allargamentoproseguendo nel meandro per circa35 metri oltre quella che diverrà laSala del Telo. Seguono lavori di sin-goli speleologi che porteranno lafessura terminale a circa 60 metri dilunghezza, per poi constatare l’im-praticabilità del meandro. Infine,nell’estate 2002, l’Unione Speleo-logica Veronese allarga tutto ilmeandro terminale, raggiungendola settantina di metri di lunghezzaper una profondità di 70 m ed unosviluppo di circa 130 metri.Nell’inverno 2002/2003 viene effet-tuato un rilevamento della tempe-ratura interna dell’aria, che si stabi-lizza dopo Sala del Telo a +5,4° conun andamento tale da far dedurreche si tratti d’ingresso basso. Nelperiodo invernale, a -20 m dove ilmeandro stringe, la corrente d’ariaaumenta coprendo di ghiacciopareti e pavimento, fino ad ostruirequasi completamente il passaggio.Vengono fatte le colorazioni dell’a-ria, utilizzando anche un traccianteprofumato, senza però riscontrarenulla sia all’esterno sia all’internodella Spluga della Preta, dove gliamici padovani (in esplorazionenella Via Nuovissima) non vedononé “annusano” nulla.

Note geologiche, morfolo-giche e biospeleologicheLa Grotta Morava si apre e si svi-luppa all’interno di rocce apparte-nenti al Gruppo di S. Vigilio. Si trat-ta prevalentemente di calcari ooliti-ci e di calcari di scogliera, il cuispessore si riduce notevolmenteverso E e verso S del Cornod’Aquilio. Questi calcari danno ori-gine a pareti che orlano la sommitàdei fianchi dei vaj, come quello in

corrispondenza del quale si apre laGrotta Morava. A breve distanzadall’ingresso della cavità affioranole bancate del Rosso AmmoniticoVeronese che sono sovrastate daicalcari marnosi del Biancone, all’in-terno dei quali si apre la Splugadella Preta. L’ingresso della Grotta Morava sitrova in prossimità di una faglia chesi sviluppa in direzione N-W/S-Eche ha sensibilmente condizionatole morfologie di superficie.La grotta si apre a 1425 m slm nelgreto di un piccolo torrente, sullasua sinistra orografica; a monte del-l’ingresso si trovano alcuni assorbi-menti in linea con la frattura sotto-stante. La Grotta Morava è alimen-tata dal torrente solo a seguito diforti piogge e, all’interno, da ridottiarrivi d’acqua in Sala Costanza eSala del Telo: l’unico pericolo realedella cavità è quindi rappresentatodai forti temporali estivi. Oltre que-sto punto le acque si disperdono ingran parte tra i detriti alla base delpozzo, per poi ricomparire nelmeandro sottostante.L’ingresso è una stretta buca da let-tere verticale che immette, dopo unpaio di metri di laminatoio, diretta-mente sul primo pozzo di 18 m. Allabase del P.18 la via prosegue oltrealcuni massi di crollo, lungo l’evi-dente frattura, con un alto meandroin direzione N fino alla Saladell’Amicizia. Lì inverte brusca-mente direzione per buttarsi poi,con il fotogenico pozzo di 11 m,nella Sala Costanza. A questopunto la grotta cambia, riprenden-do lo stesso andamento della primaparte: il meandro però riduce le suedimensioni e le verticali diventanopraticamente assenti.

La Grotta MoravaIl 14 agosto 1986, risalendo a piediil sentiero che da Fosse porta sulCorno d’Aquilio, alcuni speleologicecoslovacchi (gruppi Javoricko &Orcus) in spedizione alla Splugadella Preta trovano uno strettoingresso nel greto del torrente.Dopo una breve disostruzionescendono fino all’ultimo pozzoinoltrandosi alcuni metri nellostretto meandro sottostante e rea-lizzano anche un rilievo con annes-sa descrizione, completa di disegnopanoramico del Corno d’Aquilio, diquella che chiamano Grotta

VENETO

Altopiano della Lessinia

Veduta invernale dai pressi della Splugadella Preta. Sullo sfondo il Monte Baldo (foto E. Anzanello)

Key wordsVeneto, Altopiano della Lessinia,Corno d’Aquilio, Spluga dellaPreta, meteorology .

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� Covolo e Morava

Nella parte terminale l’aria è moltoforte ed il meandro prosegue in leg-gera pendenza, profondo ma ine-quivocabilmente stretto. In questomeandro è presente una singolaresaletta (Sala del Telo) a sezione ret-tangolare con un camino ascenden-te. La seconda parte della grottapare un ringiovanimento impostatosempre sulla stessa frattura. Il rilievo strumentale e la sovrappo-sizione delle piante di tutte le grot-te intorno alla Spluga della Preta èstato realizzato con la collaborazio-ne di Giorgio Annichini delGruppo Amici della Montagna diVerona, mentre con l’aiuto del geo-logo Roberto Zorzin del CentroRicerche Naturalistiche di Veronasono state individuate le fagliedominanti e la conformazione deglistrati rocciosi su cui si sono impo-state e sviluppate le grotte di quel-la regione carsica.Una breve indagine condotta assie-me allo zoologo Leonardo Latella,del Circolo Speleologico Romano edell’Unione Speleologica Verone-se, ha portato al ritrovamento di

alcuni Opilioni, aracnidi piuttostocomuni nelle grotte della Lessinia,uno dei quali completamentedepigmentato è tuttora allo studio.Per le sue caratteristiche morfolo-giche e climatiche, la GrottaMorava è di notevole interesseanche dal punto di vista dell’analisifaunistica e tassonomica: la suaposizione geografica e l’esiguadistanza dalla Spluga della Preta,dalla Grotta del Ciabattino e dallaSpiuga della Fanta, grotte relativa-mente ben conosciute sotto l’aspet-to biospeleologico, offrono un’otti-ma occasione per approfondire leconoscenze di quest'interessantissi-ma zona dei Monti Lessini. Finorale analisi hanno permesso di appu-rare la presenza dei seguenti taxa:Gastropoda (indeterminati), osser-vati alla base della serie iniziale dipozzi; Opiliones IschyropsalididaeIschyropsalis strandi (Kratochvil,1936), elemento troglobio presentesul Monte Baldo e nei MontiLessini frequente nelle grotte fred-de dove si nutre predando altriartropodi: all’interno della Grotta

A sinistra: Grotta Morava, frazionamentosul P11 che conduce a Sala Costanza (foto S. Meggiorini)

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Morava è stato rinvenuto nei pozziiniziali fino ad una profondità di 60m; Collembola Entomobryidae(indeterminati), osservati alla basedei primi pozzi e nel meandro suc-cessivo; Lepidoptera Noctuidae:Scoliopteryx libatrix (Linnaeus,1758), specie subtroglofila ampia-mente distribuita nella regioneoloartica e presente in numerosegrotte europee; Diptera Helio-myzidae e Culicidae (indetermina-ti), distribuiti in tutta la grotta.

Possibilità esplorativeIl comportamento meteo dellagrotta la identifica come un ingres-so basso e lì vicino la Spluga dellaPreta potrebbe esserne il suo alto.La sovrapposizione delle piante,l’impostazione delle faglie, la dire-zione generale delle grotte nell’a-rea circostante, la forte presenzad’aria e l’evidente vicinanza con il“colosso Preta” lasciano prevedereun collegamento ipogeo. La fasciapiù probabile di “contatto” potreb-be essere intorno ai -250/350 metri,dopo le prime grandi verticali dellaSpluga della Preta, oppure in zona“Via Nuovissima” (-150/250 metri)però, si sa, tra il dire ed il fare c’è dimezzo ... un mare di meandri spu-doratamente stretti. E’ prevista unacolorazione dell’acqua, ma biso-gnerà attendere il periodo adatto,giacché all’interno della Morava nescorre ben poca. Alcune perplessitàsull'eventuale collegamento con laPreta sono nate a seguito delle colo-razioni dell’aria, facendo venire ildubbio sulla possibile comunicazio-ne con la Spurga delle Cadene oGrotta di Peri (VR), una lungarisorgenza della Val’Adige con duesifoni esplorati dall’Unione Speleo-logica Bolognese negli anni ’70. Leesplorazioni sono ferme da quindicianni a causa dei liquami provenien-ti da un allevamento di suini sopra-stante: adesso nessuno è ovviamen-te disposto ad immergersi.

La grotta del CovoloBorghetto è un paesino della Vald'Adige appena al di là del confinetra Verona e Trento. Ci si arrivaseguendo la statale che percorre la

sinistra Adige. Uno stabilimentodella polenta PAF indica che ci sista avvicinando al paese. Quellodella polenta PAF è un punto spe-leologicamente importante poichédietro l'edificio esce una buonaparte dell'acqua della Spluga dellaPreta. Lo si era verificato durantel'Operazione Corno d'Aquilio(OCA). Così come, durante la stes-sa OCA, avevamo dimostrato chesulla piatta parete giallastra benvisibile da Borghetto c'erano buchi,qui e là, termicamente rilevanti.Termicamente rilevanti vuol direche vennero individuati a distanzacon una telecamera digitale ingrado di effettuare scansioni ter-mografiche. L'attrezzatura vennefornita da un ingegnere contattatoa suo tempo da Giuseppe Troncone venne trasportata a spalle (il suocosto allora era di 200 milioni dellevecchie lire) lungo un crinale ghiac-ciato in una fredda notte di dicem-bre di qualche tempo fa. La piatta

parete giallastra sopra Borghettocorre perpendicolare ai ramiprofondi della Preta e parallela allaVal d'Adige, e lì sembra ragionevo-le trovare un accesso basso allagrotta.Verso N la parete compie una bru-sca svolta verso la montagna, comese fosse stata pizzicata indietro dalCorno d'Aquilio, a formare unastretta valle chiusa. Alla grotta delCovolo si arriva passando per lalocalità Belvedere e risalendo inmezzo al bosco per ripido sentiero.La valle cieca dove si trova ilCovolo è così incassata da nonvedere mai il sole e d'inverno sicomporta da frigorifero naturale.

Descrizione della cavitàGli strati probabilmente a contattotra ooliti di S.Vigilio e calcari grigi(ma un preciso studio geologiconon è ancora stato effettuato) sonoessenzialmente orizzontali.

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� Covolo e Morava

La grotta si sviluppa nella primaparte all'interno della faglia secon-daria e ne segue l'andamento incli-nato alternando strettoie a piccolesale. Il percorso sub-orizzontale sisposta debolmente verso l'alto ecostringe ad affrontare sempliciarrampicate o complicate manovrein fessura. A pochi metri dall'ingresso siincontra una fessura in salita, uscitidalla quale ci si ritrova in un mean-dro molto stretto che sbuca nellapiccola Sala Tini. Segue il Passaggiodel Gambero, oggetto di intense

opere di disostruzione, che finiscecon una impennata verticale di 90gradi che porta alla Sala Mini. Siarrampica la parete di sinistra finoad intuire il passaggio in una nuovastrettoia; che si allarga in prossi-mità di un piccolo pozzo. L'attuale"via bassa" scende questo pozzettoe uno successivo in un ambientefossile e franoso. Alla base delsecondo pozzetto parte un cunicoloche porta ad un saltino non ancorarilevato. Da un punto di vista esplorativoquesta zona potrebbe riservare sor-prese per le ragioni illustrate piùavanti.Attraversando il primo pozzo edopo l'ennesima strettoia si rag-giunge il Pozzo Lengo, il primo diuna serie di pozzi/camini sui quali siè concentrata l'attenzione esplora-tiva nell'autunno 2000 e in buonaparte del 2001. Alla sommità delpozzo si esce in una sala e da qui losviluppo è verticale ed alternapozzi a sale. La via dei pozzi/caminiprosegue verso l'alto avvitandosi suse stessa in senso antiorario, adindicare che questa regione non hageologicamente nulla a che farecon la frattura in basso. L'ipotesi è che si tratti di un arrivod'acqua che ha intersecato la fagliadella regione sottostante. La viafinisce alla sommità di un pozzo diuna ventina di metri in una saletta

Grotta del Covolo: Passaggio delGambero (foto A. Bileddo)

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dove è presente un laghetto, ilLaghetto Micione, dove un passag-gio in interstrato impraticabilesbarra la strada.

Sul perchè (forse) vale lapena continuare a fre-quentare la grottaLa Grotta del Covolo in realtà nonha un nome ben definito. La si chia-ma così per semplicità o per scara-manzia. A molti piacerebbe chia-marla con il suo vero nome, ovveroingresso basso della Preta per leragioni connesse allo studio dellacircolazione dell'aria nella grotta,che non possono prescindere dalladescrizione sommaria della circola-zione dell'aria in Preta.La Spluga della Preta non è percor-sa da forti circolazioni d'aria e anostro avviso questo è dovuto allaparticolare conformazione dei suoivuoti. La Preta sembra costituitainfatti da due grotte diverse colle-gate tra loro a livello del Pozzo delChiodo a circa - 500 metri. Si avver-te questa sensazione lasciandosialle spalle i vari meandri e fessuresuperiori ed entrando nelle piùvaste regioni basse. Le esplorazionieffettuate durante l'OperazioneCorno d'Aquilio hanno permessodi constatare che la parte alta dellaPreta è costituita da un reticolo difessurazioni collegate tra loro dapozzi di diverse dimensioni, retico-lo che costituisce un ragionevoleostacolo alla circolazione dell'ariatra l'ingresso e le zone profonde, unpo' come il delta di un fiume dovela corrente si disperde in mille rivo-li. Le zone profonde sono caratte-rizzate da anelli di notevoli dimen-sioni che collegano pozzi in cui cir-cola una discreta quantità d'acqua.L'ultimo di questi anelli, a quantone so, è stato scoperto alla finedegli anni ’90 e parte dall'inizio delRamo del Vecchio Trippa a circa -700. Questa via apre su un pozzo diun centinaio di metri che costitui-sce la parte alta e oscura del PozzoRibaldone. La circolazione dell'arianelle zone profonde è complicatadallo scorrimento delle acque edalla presenza degli anelli che for-mano circolazioni interne non lega-te alla presenza di ingressi seconda-

ri. Tuttavia, durante la stessaOperazione vennero posizionatisensori per la registrazione dellatemperatura dell’aria, dell'acqua edella roccia lungo tutta la verticaledella Preta. I dati, credo mai pub-blicati né attualmente disponibili,mostrano una brusca discontinuitànel gradiente termico dell'aria piùo meno a livello del Pozzo Torino,segno dell'esistenza di un arrivo diacqua o di aria da zone a quota piùbassa rispetto all'ingresso. Il pro-blema è che non sembrano esserciscorrimenti di acqua che risalganocome salmoni in contropendenza ipendii e le pareti della Val d'Adigeper poi precipitarsi in Preta.Rimane quindi l'ipotesi di uningresso basso più o meno a quota800-900 metri slm, ovvero la quotadella Grotta del Covolo.Traversando la sommità del PozzoTorino si accede al ramo che faanello tra il P. del Chiodo e ilTorino, esplorato anni prima dal

Vista aerea dell’area circostante laPreta. In rosso sono riportati le piantedella Preta, della Morava, del Covolo egli ingressi delle grotte note dell’area. (elaborazione grafica Giorgio Annichini).

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� Covolo e Morava

CAI-VR. Restando alti nel mean-dro che dalla base del Pozzo delChiodo scende verso il PozzoGonnella si arriva ad un ballatoioin una galleria di sezione circolareche quasi subito svolta bruscamen-te a destra. A questo livello si intui-sce un passaggio sulla sinistra acirca due metri d'altezza che per-mette di accedere ad una salettacalda e concrezionata. Sul pavi-mento di questa saletta esisteva unnotevole deposito di guano in corri-spondenza della verticale di un'a-pertura sul soffitto. L'apertura, sebbene troppo stretta,lascia passare una sensibile corren-te d'aria che, in regime estivo, vienerisucchiata. Altre circolazioni d'ariapresumibilmente legate ad ingressibassi si percepiscono anche nelRamo del Vecchio Trippa.Nel suo piccolo la Grotta delCovolo ha una temperatura di circa9°C. Come viene indicato sul testoFisica del Clima Sotterraneo di G.Badino (Mem. IIS n.7) l'aria tradue ingressi posizionati a quote dif-ferenti si muove solo se si verificauna determinata differenza di tem-peratura tra l'aria di grotta e l'ariaesterna, che può essere calcolatagrazie alla relazione: DTª3+6x dovex è la distanza in Km tra i dueingressi. In pratica, se i due ingressidistano tra loro 1 Km, la differenzadi temperatura tra interno ed ester-

no deve essere di circa 9°C affinchél'aria si metta in movimento. Ladistanza tra l'ingresso della Preta eil Covolo è di circa 0.54 Km e quin-di DTª6°C. Pertanto la circolazioned’aria al Covolo dovrebbe attivarsise all'esterno la temperatura èsuperiore ai 15°C o inferiore ai 3°C.In piena estate e in pieno invernoabbiamo verificato che la previsio-ne teorica è suffragata dall'osserva-zione, ponendo così il Covolo comeingresso meteo-basso.Tutte queste considerazioni ci spin-gono a continuare a salire lassù ead andare avanti nelle esplorazioni.Ma dove continuare ad esplorare?

Le possibilità esplorativeAttualmente alla Grotta delCovolo le possibilità di una prose-cuzione non sono evidenti e sonolegate allo studio della circolazionedell'aria effettuato durante tutte leuscite. In estate una sensibile circo-lazione si avverte a livello delleregioni basse della grotta. L'aria,però, proviene da passaggi non ovvie, per la verità, studiati troppo som-mariamente.La via dei pozzi/camini non sembraessere interessata da circolazioned'aria, se non da un leggero movi-mento legato presumibilmenteall'effetto camino originato dalloscorrimento dell'acqua che abbassala temperatura dei pozzi rispettoalla regione fossile sottostante.Il problema sembrava destinato anon aver soluzione fino a quandonon abbiamo deciso di dedicare

l'inverno del 2002 al solo studiodella circolazione dell'aria. In quel-le occasioni ci siamo resi conto chealla sommità del Pozzo Lengo uncunicolo di interstrato in invernosucchia una discreta quantità d'a-ria. Il cunicolo attraversa il PozzoLengo ma sembra essere separatoda questo soltanto da un sottile dia-framma roccioso, ragion per cuiabbiamo quasi subito abbandonatol'idea di continuare per quella dire-zione. Nella sala sopra al Pozzo lo stessointerstrato è ben visibile e, prose-guendo lungo la sua direzione,abbiamo notato una ennesima fes-sura dimenticata. Qui si stanno concentrando lenostre forze dato che al di là dellafessura si vede...

ConclusioniProbabilmente non vale la pena ditirare alcuna conclusione. La spe-ranza, infatti, è che non ci sia unafine alle possibilità esplorative del-l'area della Preta. Queste possibi-lità ci sono ma si scontrano subitocon la particolare conformazionegeologica del Corno d'Aquiliotagliato da faglie che sembranoessersi decise ad aprirsi solo inPreta. Sulle cenge, sulle pareti e neivari ingressi abbiamo spesso trova-to passaggi di altri speleologi chenon hanno mai documentato neldettaglio le loro uscite. Dato che la mancanza di informa-zioni e di comunicazione comportaanche un notevole spreco di tempoe di forze abbiamo deciso di scrive-re queste note.

RingraziamentiCommissione Speleologica Vero-nese per il Patrocinio e l’interessa-mento burocratico, Ente ParcoNaturale della Lessinia per i per-messi all’installazione del campoestivo; Ezio Anzanello per le foto;Leonardo Latella, ConservatoreZoologia del Museo di StoriaNaturale di Verona, per la biospe-leologia; Roberto Zorzin, Conser-vatore Geologia e Paleontologiadel Museo di Storia Naturale diVerona, per la geologia.

Il Pozzo De Battisti, 131 m di verticalenel vuoto per l’ingresso alla Splugadella Preta. (foto E. Anzanello)

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Plecotus Sardus, un pipistrello tutto italiano

Mauro Mucedda, Ermanno PidincheddaGruppo Speleologico Sassarese Centro per lo Studio e la Protezione dei Pipistrelli in Sardegna

Riassunto

Plecotus Sardus �

La collaborazione tra il Centro per lo Studio ela protezione dei Pipistrelli in Sardegna el’Università di Mainz, che da anni si occupano diinvestigare l’ancora misterioso mondo dei chi-rotteri, ha portato due speleologi sardi, MauroMucedda ed Ermanno Pidinchedda del GruppoSpeleologico Sassarese e due ricercatori tede-schi, Andreas Kiefer e Michael Veith, a fare unastraordinaria scoperta zoologica, che ha con-sentito di aggiungere una nuova entità all’elencodei mammiferi della Sardegna, finora sfuggita atutti i ricercatori e zoologi che hanno studiatola fauna dell’isola. Plecotus sardus (Orecchionesardo) è il nome scientifico dato alla nuova spe-

cie di pipistrello che costituisce una novità nonsolo in ambito italiano, ma anche nel contestoeuropeo e mondiale. La rivista internazionale “Acta Chiropterolo-gica”, edita dal Prof. Wieslaw Bogdanowicz, si èoccupata della scoperta, riportando i risultatidelle analisi del DNA, la descrizione dell’anima-le e il confronto con le altre specie congenerieuropee.

Parole chiave: Sardegna, biospeleologia, chirotteri

SARDEGNA

Supramonte

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� Plecotus Sardus

Gli Orecchioni costituiscono ungruppo che si differenzia dagli

altri pipistrelli per le loro orecchielunghissime, quasi quanto il corpo,particolarità somatica che li rendemolto caratteristici In Europa for-mano il genere Plecotus, che com-prendeva già quattro specie, la cuiidentificazione risulta particolar-mente difficoltosa: si tratta infattidelle cosiddette “specie criptiche” o“specie gemelle” che, come dice laparola, appaiono quasi identiche.Le differenze sono dovute unica-mente a piccole particolaritàmorfologiche o caratteristiche bio-metriche non facilmente rilevabili eperciò gli Orecchioni possono esse-re classificati solo da chirotterologiesperti.

La scopertaGià da tempo avevamo osservato lapresenza in Sardegna di Orecchionicon anomalie morfologiche chenon consentivano una esatta attri-buzione alle specie note e che face-vano ritenere di trovarci di fronte aqualcosa di sconosciuto.Solo grazie alle tecniche molecolaribasate sulle analisi del DNA, chenegli ultimi anni hanno permesso difare grandi passi avanti nella cono-scenza delle relazioni evoluzionisti-che degli organismi animali, si èavuta una risposta alle nostre per-plessità. Quei pipistrelli così difficilmenteidentificabili erano tali perché sitrattava di una specie nuova per lascienza. E’ quasi incredibile che agli inizidel terzo millennio si possa ancorascoprire un nuovo mammifero inambito europeo, dove si ritiene chetutta la fauna sia sostanzialmentegià nota ed anche studiata datempo.Il carattere morfologico più eviden-te che differenzia il Plecotus sardusdalle altre specie di Orecchioni è laforma del trago. Il trago è una sorta di sottile mem-brana o lamella, di forma lanceola-ta, che si trova davanti al padiglio-ne auricolare e che è parte inte-grante dell’apparato di ecolocazio-ne dei pipistrelli, cioè quello chepermette agli animali di orientarsi

in volo mediante l’emissione e laricezione degli ultrasuoni.Ebbene, nella nuova specie il tragoè particolarmente lungo, più lungodi qualsiasi altro Orecchione notoin Europa, ed appare evidentissimonell’osservazione diretta. Altri caratteri distintivi sono ilcolore della pelliccia, la larghezzadel trago, la dimensione dellaghiandola sopraorbitale, nei maschila forma del pene, la dimensionedel piede, la lunghezza del pollice.Nessuno di questi caratteri è peròsufficiente da solo per la identifica-zione della specie, ma è necessariauna loro ben precisa combinazione.La differenziazione genetica daglialtri Orecchioni si riscontra nelgene 16s del DNA mitocondriale. Il sequenziamento di un frammen-to di 550 paia di basi di questo generivela infatti una divergenza dicirca il 5% rispetto agli altriPlecotus europei, valore che per imammiferi indica una discrimina-zione a livello di specie.Il Plecotus sardus attualmente è l’u-nico mammifero endemico dellaSardegna. Sino ad oggi nell’isola, pur ricca diparticolarità naturalistiche sia zoo-logiche che botaniche, non si pote-va infatti annoverare alcun endemi-smo specifico nella mammalofau-na.

Tipica grotta di origine carsica in cuil’Orecchione sardo può trovare rifugio.Nell’areale sinora noto della specieesistono numerose cavità come questa(Foto: M. Mucedda)

Pagina precedente: curiosa espressionedel pipistrello, in cui si può notareevidentissimo davanti al padiglioneauricolare il lungo trago checaratterizza la nuova specie (Foto: M. Mucedda)

A destra: il Supramonte di Bauneicostituisce una tipica area carsica, riccadi boschi, grotte, profonde forre. E’questo uno degli habitat in cui vive lanuova specie di pipistrello (Foto: M. Mucedda)

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Erano già note delle differenziazio-ni a livello di sottospecie, ma nessu-na specie risultava essere veramen-te esclusiva della Sardegna. La nuova specie rappresenta anchel’unico pipistrello endemico d’Ita-lia; tutti gli altri pipistrelli italianisono infatti gli stessi che è possibiletrovare in Europa e nell’area medi-terranea. Ed è l’unico pipistrello al mondo adessere stato descritto da autori ita-liani. Con questa scoperta l’importanzazoologica e naturalistica dellaSardegna, che è già molto elevata,viene ad accrescersi ulteriormentee il mondo scientifico può guardareall’isola con maggiore interesse.

Ecologia e habitatData la sua recentissima scoperta,ancora ben poco si sa dell’ecologiadel Plecotus sardus, che rimane cosìtutta da studiare. In base allepochissime località in cui è statofinora segnalato, possiamo ipotizza-re che il suo areale si estenda dallevaste zone calcaree delSupramonte di Oliena e delSupramonte di Baunei verso leregioni circostanti il Gennargentu,sino al Mandrolisai - Barigadu,

dove il Lago Omodeo dovrebbecostituirne il limite occidentale emeridionale.Questa specie quindi utilizza prin-cipalmente l’habitat boschivo, conforte predilezione per le zone carsi-che ricche di grotte. E proprio legrotte - o comunque gli ambientisotterranei in genere e i vecchi edi-fici con soffitte buie - sembranocostituire i rifugi tipici dell’Orec-chione sardo, sia per la riproduzio-ne che per il letargo invernale.L’areale, sino ad ora supposto, rica-de quindi in gran parte nel perime-tro del Parco Nazionale del Gen-nargentu e del Golfo di Orosei.Quale miglior auspicio, per unparco ancora nascente, della sco-perta di una nuova specie di mam-mifero, che ora meriterebbe dicostituirne il simbolo. E sarebbe anche il giusto riscattoper i pipistrelli, animali da sempretrascurati, o peggio, oggetto digenerale discredito se non di repul-sione (e quindi aggressione) daparte dell’uomo.Ora sappiamo che nelle areeboschive del centro Sardegna ogninotte vola un mammifero, unico inEuropa, che sino a poco tempo faneanche potevamo immaginare esi-stesse. �

Un cucciolo di Orecchione zampettasulle pareti di una grotta (Foto: M. Mucedda)

L’Orecchione sardo in volo. Le grandiorecchie consentono a questi pipistrellidi percepire qualsiasi movimento ecatturare così gli insetti anche fermi sulfogliame (Foto: D. Nill)

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Enzo dei Medici:

Il presente articolo recupera e valorizza la figura e l’operadi Enzo dei Medici, un fecondo esploratore di grotte atti-vo nella prima metà del ‘900. La sua attività si esplica dap-prima in Dalmazia, di cui Enzo dei Medici è originario, quin-di in Calabria. Molte le cavità da lui esplorate e censite(oltre 150), per le quali elabora rilevamenti topografici erelazioni descrittive. Importante anche l’archivio fotografi-co raccolto nel corso delle varie ricognizioni: immagini digrotte, di doline, di montagne, di paesaggi costieri e carsiciin genere. Tutta questa documentazione, che per oltre 60anni è rimasta accantonata in alcuni cassetti, viene orarestituita alla collettività speleologica contribuendo a rico-struire un importante passaggio della storia della speleolo-gia dalmata e calabrese.

Riassunto

Enzo dei Medici:un pioniere della ricercaspeleologica in Dalmazia e in CalabriaFelice Larocca, Chiara Levato e Sara MarinoCentro Regionale di Speleologia “Enzo dei Medici”

AbstractThe present article recovers and values the figure and thework of Enzo dei Medici, a prolific caves explorer active inthe last century. His spelaeological activity was realizedfirst in Dalmazia, of which Enzo dei Medici was native, thenin Calabria. He explored and taked a census of many cavi-ties (more than 150), of which he elaborated surveyingsand careful descriptive accounts. Is also important his pho-tographic archive, collected in the course of the severalreconnaissances and inspections: images of caves, dolinas,mountains, coastal and karst landscapes. All this documen-tation, put aside in some drawers more over 60 years, nowis given back to spelaeological community to contribute inreconstruction of an important phase of dalmatian andcalabrian spelaeological history.

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La singolare vicenda legata alnome di Enzo dei Medici – e,

per certi versi, la sua riscoperta –inizia nel 1987, allorché prendeavvio un’operazione di verifica eintegrazione dei dati “storici” pos-seduti dal Catasto delle Grottedella Calabria. In questo originariocensimento di cavità naturali cala-bresi, dapprima custodito aPostumia presso la sede dell’Isti-tuto Italiano di Speleologia e poitrasferito con varie vicissitudini inCalabria, erano conservate 68 sche-de catastali a firma di Enzo deiMedici. Esse riguardavano altret-tante cavità variamente ubicate suimassicci carbonatici della parte set-tentrionale della regione, tutte rien-tranti nel territorio della provinciadi Cosenza. Da tali schede emergeva il caratte-re meticoloso delle indagini con-dotte dal dei Medici che, per ognigrotta censita, aveva raccolto i datidi localizzazione geografica (longi-tudine, latitudine, quota sul livellodel mare), aveva misurato i princi-pali parametri speleometrici (lun-ghezza, profondità, altezze) e, piùdi tutto, aveva effettuato un pun-tuale rilevamento topografico conrestituzioni grafiche in planimetriae sezioni. L’accuratezza della documentazio-ne stimolava spontaneamente lacuriosità di sapere qualcosa in piùsul suo autore. Chi era Enzo deiMedici? Nel 1987 si ignorava prati-camente tutto sul suo conto. Non sipossedeva una sola informazioneutile sulla sua persona: di dovefosse e quanti anni avesse, quale ilsuo mestiere, dove abitasse.Iniziarono ben presto ricerche invarie direzioni, ma tutte senza risul-tati degni di nota. Di Enzo deiMedici, a dispetto della sua intensaattività esplorativa, si era persacompletamente ogni traccia. E tut-tavia il suo nome continuava a rap-presentare una presenza costanteper chi compiva ricerche speleolo-giche nella Calabria settentrionale,tanto che i suoi dati costituivanol’irrinunciabile base di partenza perogni nuova indagine in quest’ambi-to territoriale.La consapevolezza della sua impor-tanza per la conoscenza del patri-

monio ipogeo calabrese portò, nel1996, alla creazione di un CentroRegionale di Speleologia a lui inti-tolato. L’organismo associativo,oltre ad un’intensa attività di ricer-ca speleologica sul territorio, pro-mosse subito una serie di indaginiper cercare di reperire notizie edati di vario genere sull’esploratoredi cui portava il nome. E i risultatinon si fecero attendere: dalla corri-spondenza del Dott. Franco Anelli,direttore dell’Istituto Italiano diSpeleologia negli anni precedenti laII Guerra Mondiale, spuntò infattiun fitto carteggio che l’Anelli stes-so aveva intrattenuto col deiMedici nel corso degli anni 1940-43. In una lettera spedita il 17 feb-braio 1942 ad Anelli, Enzo deiMedici palesava le sue generalitàscrivendo: “Capo Manipolo dellaMilizia Nazionale Forestale Dott.Vincenzo dei Medici fu Lino, nato aSebenico l’8 ottobre 1913”. Da altrelettere, poi, si evinse che egli scrive-va, a suo tempo, dal Comando diCosenza della Milizia NazionaleForestale. Finalmente una traccia sicura daseguire! Nella speranza di trovarloancora in vita – e se lo era dovevaessere ormai ultraottantenne – ven-nero intraprese rapidamente ricer-che in molteplici direzioni, parten-do da pochi dati che ora, perlome-no, costituivano un indizio attendi-bile in quanto confermati dallamano del diretto interessato.Furono così contattati diversi Enti

Enzo dei Medici all’esordio della suaprima attività speleologica.

A sinistra: un tratto della costa dalmatain un dipinto di Enzo dei Medici.

L’Isola di Dino nel territorio di Praia aMare in Calabria, ricca di grotte marine.

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che si riteneva potessero contribui-re con notizie ed informazioni alleindagini in atto: l’Istituto diRicerche Carsiche di Postumia inSlovenia, il Comando del CorpoForestale dello Stato nelle sue sedidi Cosenza e Roma, l’ArchivioStorico e l’Ufficio dei Registri dellacittà di Sebenico, l’Ambasciatadella Croazia in Italia. Gli esitidelle ricerche, purtroppo, risultaro-no sempre negativi. Nel 1999, tutta-via, un fatto del tutto inatteso pro-vocò nuovi sviluppi: consultando inInternet gli elenchi delle utenzetelefoniche di varie province italia-ne, comparve inaspettatamente unrecapito intestato ad un omonimodell’esploratore. Era la via giusta:una successiva emozionante telefo-nata poneva fine, dopo ben 12 anni,alle ricerche. Enzo dei Medici veni-va infatti fortunatamente “ritrova-to” a Padova, dove risiedeva daoltre quarant’anni.L’inatteso contatto e il conseguenteincontro con Enzo dei Medici noncostituì, di per sé, la fine delle sor-prese. L’esploratore, infatti, purritenendo la sua attività speleologi-ca nient’altro che un lontano ricor-do di gioventù, conservava ancoraun importante fondo di varia eabbondante documentazione sullegrotte della Calabria e dellaDalmazia, queste ultime esplorateancor prima della sua attività inItalia meridionale. Comparvero inaspettatamente fo-tografie, appunti, carte geografiche,relazioni descrittive e disegni suuna grande quantità di cavità natu-

rali esistenti nei due distinti ambititerritoriali. Riguardo alla Calabria,in particolare, il dei Medici conser-vava addirittura una monografiainedita dal titolo Le Grotte dellaProvincia di Cosenza, scritta primadella guerra col proposito di unasua pubblicazione che, tuttavia, nonebbe mai luogo. Questa preziosaopera di documentazione speleolo-gica vedrà la luce solo nel 2003, adistanza di oltre 60 anni dacchévenne scritta.Un volume che oggi, con il presen-te articolo, viene integrato dalleprime e completamente ineditenotizie sulle esplorazioni del deiMedici in Dalmazia, che speriamodi vedere presto approfondite suun’ulteriore specifica monografia.

Profilo biograficoVincenzo dei Medici nasce aSebenico (Dalmazia) l’8 ottobre1913. Poco dopo la morte del padre,nel 1919, la madre si trasferisce conil piccolo figlio a Zara, attualmentein Croazia ma in quell’epoca annes-sa al territorio italiano insiemeall’Istria e alle isole del Quarnaro(Cherso, Lussino, Lagosta ePelagosa). Sin dall’età di 13-14 anniEnzo mostra uno spiccato interesseper il mondo naturale che lo portaad avventurarsi nei dintorni dellacittà per raccogliere insetti. Tra il1927 e il 1932 frequenta il RegioLiceo Classico “GabrieleD’Annunzio” e in questo periodostringe una forte amicizia conGiuseppe Tamino, detto “Beppi”,anch’egli iscritto allo stesso liceo eappassionato di scienze naturali. Giovanissimi ed entusiasti si infer-vorano ancora di più dopo averconosciuto il Prof. Müller, entomo-logo di fama internazionale e diret-tore del Museo Civico di StoriaNaturale nonché dell’Orto Bota-nico di Trieste. Il Prof. Müller rendepartecipi i due ragazzi delle suenumerose escursioni alla ricerca divipere (per lo studio del loro vele-no) e di insetti soprattutto anoftal-mi, particolarmente legati agliambienti ipogei. Sono proprio gliorganismi anoftalmi a spingere idue amici ad interessarsi alla spe-leologia. Infatti già nel 1929 si

I Longicorni osservati nel territorio diZara, disegnati da Enzo dei Medici nel1930.

Enzo dei Medici mentre ricostruisce, nelfebbraio del 2004, le vicende esplorativedella sua giovinezza (foto F. Larocca).

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cimentano nell’esplorazione dellegrotte di Monte Zuccaro, in territo-rio zaratino. Si tratta solo di unevento isolato poiché per tutti glianni del liceo i due si rivolgonoessenzialmente ad escursioni ester-ne. Al termine di questo periodo,Enzo sostiene gli esami di maturitàconferendo proprio sullo studiodegli insetti a cui si è appassionata-mente dedicato. I suoi interessinaturalistici lo portano quindi adiscriversi alla Facoltà di ScienzeAgrarie a Bologna. In quest’epocale università sono organizzate neicosiddetti “G.U.F.” (GruppiUniversitari Fascisti) in cui anche

lui e Beppi sono inseriti. Allorché, nei periodi di vacanza,ritorna da Bologna a Zara, si ritro-va con i suoi compagni di avventu-re che, oltre a Beppi, sono ancheLivio Pedrazzoli e Mario Bercich,quest’ultimo detto “Zentopei”(“cento peli”) poiché usa comecappello un logoro manicotto spe-lacchiato. È l’aprile del 1934 quan-do Enzo, Beppi e Livio pianificanoquella che diverrà la loro prima,vera e più rischiosa esplorazionespeleologica. Infatti si recano interritorio iugoslavo, a circa trentachilometri da Zara, per compiereuna ricognizione delle grotte diPossedaria. Sospettati di spionaggiodalle autorità locali, vengono arre-stati e condotti nel carcere diSpalato dove subiscono intensiinterrogatori. Raccontando adistanza di anni questa avventura, ecitando lo specifico episodio del

loro trasferimento via mare subitodopo l’arresto, Enzo dei Medici siesprime con le seguenti parole:“Nell’incoscienza dei nostri vent’an-ni stavamo architettando di gettare amare i nostri due custodi, che moltoprobabilmente non sapevano nem-meno nuotare. Se malauguratamen-te avessimo attuato il nostro proget-to quasi certamente saremmo finitidavanti ad un plotone di esecuzioneed io, oggi, non sarei qua a vergarequesti ricordi”.Fortunatamente, anche e soprattut-to grazie ad uno zio di Enzo (cherivestiva un importante incaricoper il Ministero degli Esteri aRoma), saranno rilasciati dopocirca quindici giorni. Per nienteintimoriti da questa azzardataavventura nell’estate del 1935Enzo, Beppi e Zentopei compionouna spedizione speleologica sull’i-sola di Lagosta, cui fanno seguitoquelle sulle isole di Cherso eLussino. Tra studio e vacanze tra-scorre un altro anno ed Enzo con-segue la laurea in Scienze Agrarie.La sua carriera continuanell’Accademia della MiliziaNazionale Forestale che, dopo dueanni di corso, gli permette di iscri-versi alla Facoltà di ScienzeForestali a Firenze, dove ottieneuna seconda laurea nel 1938.Grazie a quest’ultima si apre unnuovo capitolo nella sua vita.Infatti, a cavallo tra il 1938 e il 1939,viene inviato in Calabria, precisa-mente in provincia di Cosenza, inqualità di Ispettore Forestale. Perlui questo non è altro che l’inizio diun triennio, dal 1939 al 1941, che glipermette di continuare la sua atti-vità speleologica in un territoriocarsico quasi del tutto inesplorato.Costantemente accompagnato daGrazia, sua novella sposa, docu-menta con precisione l’esistenza dinumerose cavità, trovando preziosacollaborazione negli abitanti delluogo.Nella primavera del 1942, nonsenza una punta di malinconia,viene trasferito a Pola in Istria,dalla quale dovrà fuggire appenadue anni più tardi a causa di mas-sicci bombardamenti. Si sta consu-mando la follia della II GuerraMondiale e si assiste per mano del

Mario Bercich (a sinistra), GiuseppeTamino (al centro) ed Enzo dei Medici(a destra) durante il viaggio versoLagosta nel 1935.

Foto a sinistra: Giuseppe Tamino (a sinistra) ed Enzo dei Medici (a destra) insieme al Prof. GiuseppeMüller all’inizio degli anni Trenta.

Foto di gruppo realizzata a Zara dopola prigionia a Spalato: Livio Pedrazzoli(a sinistra), Enzo dei Medici (al centro)e Giuseppe Tamino (a destra).

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maresciallo Tito all’opera di puliziaetnica contro la popolazione italia-na della Venezia Giulia, dell’Istria edella Dalmazia, trucidata nelle note“foibe”. Enzo si ritrova così a vive-re la duplice condizione di soprav-vissuto e di esule. Infatti dopo ilconflitto l’Istria, Zara e le isole delQuarnaro vengono cedute allaIugoslavia: egli ritornerà, più tardi,nella sua terra natia, ma solo cometurista. Dopo varie peripezie, si sta-bilisce dal 1945 al 1958 a Primiero(oggi Fiera di Primiero, provincia diTrento) con l’incarico di ammini-strare la Foresta Demaniale di SanMartino di Castrozza. Qui riveste lapresidenza della Sezione“Primiero-San Martino diCastrozza” della Società degliAlpinisti Tridentini e si occupa conpassione della ricostruzione delRifugio Rosetta “GiovanniPedrotti”, danneggiato durante laguerra e inaugurato nel 1952. Seianni dopo, insieme alla moglie ealle due figlie, Maria e Lina, si tra-sferisce a Padova, dove tuttora vivededicandosi all’arte del dipingere edel poetare.

L’attività speleologicain DalmaziaLe numerose esplorazioni ed escur-sioni speleologiche che Enzo deiMedici realizza nel territorio dal-mata, dalla fiorente natura carsica,possono essere condensate in quat-tro spedizioni che vedono tutte ilpatrocinio del G.U.F.D. (Gruppo

Universitario Fascista Dalmata).La prima spedizione a caratteredocumentativo viene effettuata neidintorni della città di Possedaria, interritorio iugoslavo anche se apochi chilometri da Zara. Già nelleprecedenti escursioni con finalitàentomologiche, condotte sotto laguida del Prof. Müller, Enzo deiMedici sente spesso parlare di alcu-ne grotte che, a detta degli abitantidel luogo, si aprirebbero nel circon-dario della città. Dal 2 al 15 apriledel 1934 – in compagnia diGiuseppe Tamino e LivioPedrazzoli – egli esplora 5 cavitàrestituendo per ognuna documen-tazione topografica e fotograficacompleta. La grotta più interessan-te dal punto di vista geomorfologi-co è senza dubbio la Grotta Müller,così chiamata in onore del loromaestro. Si tratta infatti di unacosiddetta “jama” (nome locale perindicare – come lui stesso annotanei suoi appunti – le grotte a pozzoo anche le doline) che costituisce laformazione carsica caratteristicadel territorio dalmata. Enzo deiMedici si sofferma particolarmentesui processi evolutivi che portano lesuccitate jame a trasformarsi, inseguito a progressivi cedimenti,nelle classiche e conosciute dolinedi crollo. Le cavità di Possedariasono prese proprio come “esempitipo” per illustrare questi complessimeccanismi di lenta trasformazio-ne. Sicuramente tale ricognizionein terra iugoslava è anche la piùavventurosa poiché, sulla via delritorno, Enzo dei Medici e i suoi

Disegno di Enzo dei Medici raffigurantele varie fasi del processo evolutivo cheporta alla formazione di una dolina dicrollo.

A destra: planimetria e sezionelongitudinale della Grotta Müller aPossedaria (Dalmazia).

Grotta dei Gamberi o di Radazdósull’Isola di Lagosta (Dalmazia): l’ampioingresso della cavità visto dall’interno.

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due amici vengono fermati dalleautorità locali e, come abbiamo giàvisto, finiscono in carcere a Spalatosospettati di essere spie.Nonostante il malaugurato episo-dio, la spedizione a Possedariarisulta molto proficua dal punto divista speleologico tanto che, aseguito dei risultati raggiunti, vieneprogettata un’ulteriore spedizionealla volta dell’Isola di Lagosta, rea-lizzata poi nell’agosto del 1935. Inquest’occasione vengono censite erilevate 7 cavità che più tardi saran-no inserite nel Catasto delle Grottedella Venezia Giulia. Interessante ènotare come, dagli studi effettuatida Enzo dei Medici e dai suoi com-pagni, emergano due tipologie dicavità: una di tipo prettamente car-sico cui sono ascritte la maggiorparte delle grotte indagate; un’altrainteressata da un’intensa e prolun-gata azione di erosione marina. Trale cavità del primo gruppo partico-lare interesse riveste la Grotta deiGamberi, nota localmente comeGrotta di Radazdó. Questa cavità è

la più nota dell’isola possedendograndi ambienti interni caratteriz-zati da enormi crolli e imponentifenomeni di concrezionamento. Nelsecondo gruppo spiccano invece ledue grotte delle Foche, così chiama-te perché vi vivrebbe una specieprotetta di questo animale, scienti-ficamente denominata “Mo-nacusAlbiventer”.Il 1935, tuttavia, è un anno che vedealtre esplorazioni speleologiche. Airisultati delle ricerche nelle grottedi Lagosta, infatti, si aggiungonoanche quelli riguardanti le isole diLussino e Cherso. L’attività in que-ste altre due isole si articola in trespedizioni distinte che portanoall’esplorazione e alla documenta-zione di ben 11 cavità: 6 a Lussino e5 a Cherso. Sull’Isola di Lussinodegne di particolare nota sono laGrotta dell’Orso e la Grotta

Esplorazione di una cavità verticaleprobabilmente sull’Isola di Cherso(Dalmazia).

Attrezzature autocostruite utilizzate daEnzo dei Medici e dai suoi compagniper la discesa in cavità ad andamentoverticale (foto F. Larocca).

Copertina di un saggio di caratteregeografico sull’Isola di Lagosta, scrittoda Enzo dei Medici nel 1936.

Enzo dei Medici in fase di risalita, suscala metallica e corda di canapa, diuna voragine in Dalmazia (si trattaprobabilmente del Buso dei Cani aZara).

Ricognizione speleologica sull’Isola diLagosta: Giuseppe Tamino (a sinistra),Enzo dei Medici (al centro) e MarioBercich (a destra).

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Mestrovizza: la prima venne giàesplorata nel 1926 da un abitantedel luogo che la battezzò così per-ché al suo interno vi trovò un cra-nio di Ursus Spelaeus; la secondainvece è interessata da una fortepresenza di anidride carbonica checrea agli esploratori non pochi pro-blemi durante la progressione(annota infatti il dei Medici: “[…] a6 metri il fiammifero mentre si scen-deva con la scala non poteva restareacceso […]”). A Cherso la costitu-zione geologica dell’isola contribui-sce alla presenza di numerose vora-gini che richiedono, per la loroesplorazione, l’impegnativa discesadi tratti verticali con attrezzatureautocostruite. Esemplificativo ariguardo è il Pozzo Ermanno,profondo ben 30 m ed avente ilprofilo di un cilindro leggermentesvasato alla base.Si arriva infine all’autunno del 1936quando, nel circondario di Zara, sirilevano ben 14 grotte. L’attivitàzaratina consiste, in gran parte,nella documentazione di cavità giàesplorate nel corso delle numeroseescursioni effettuate negli anni pre-cedenti. Per Zara non si può parla-re però di vere e proprie spedizionipoiché la vicinanza delle grotte conil luogo di residenza fa sì che i lavo-ri di documentazione procedano inpiù tappe successive. Il nucleo dicavità più numeroso è localizzato inun’area geografica piuttosto circo-scritta detta “La Valle” (localmentechiamata “Draga”), ricchissima didoline di grandi e piccole dimensio-ni. Proprio in questa zona si incon-tra la cavità più vasta tra tutte quel-le esplorate da Enzo dei Medici aZara: è la Grotta delle Tre Entrate,che ha uno sviluppo complessivo dicirca 100 metri. Un numero moltopiù ristretto – costituito da sole 3grotte – è invece localizzato in zonegeografiche differenti. Una in parti-colare si apre sulle pendici di uncolle che la gente del luogo chiama“Monte Zuccaro” e da cui prende ilnome. La caratteristica della grottaè la presenza (al suolo e sulla volta)di una serie di piccole palle di terrarossa cementate tra di loro che lafantasia popolare ha voluto asso-ciare ad un brigante il quale avreb-be nascosto un imprecisato “qual-

cosa” dentro una di esse. Si conclu-de così il 1936 e con esso anche l’at-tività speleologica di Enzo deiMedici in Dalmazia.

Le esplorazioni sotterranee in CalabriaL’attività speleologica del deiMedici in Calabria è concentratanel triennio 1939-41, periodo che lovede censire 128 cavità naturalinella parte settentrionale dellaregione. Il campo operativo dellesue indagini copre quel formidabilearco di rilievi calcarei e calcareo-dolomitici che si snoda dal massic-cio del Pollino, a Nord lungo il con-fine con la Basilicata, fino ai cosid-detti “Monti di Orsomarso” e allaCatena Costiera, ad Ovest, a ridos-so del litorale tirrenico. Essendo unabile disegnatore, egli realizza pun-tuali rilevamenti topografici dellecavità visitate, tracciando di ognu-na, con stretta aderenza realistica,le peculiarità geomorfologicheosservate. Ma è anche un buonfotografo e, con la fotografia, ladocumentazione che va paziente-mente raccogliendo si arricchisce diun corpus preziosissimo di immagi-ni di luoghi naturali (ingressi digrotte, vedute montane, panorami-che di pareti rocciose lungo lacosta, etc.). Le sue prime mosseesplorative prendono avvio sul ver-sante orientale del massiccio delPollino, nell’importante area carsi-ca compresa fra il Monte Sellaro ela Pietra Sant’Angelo. È il 7 lugliodel 1939 quando visita la Grotta deiBagni, nota risorgente di acque sul-furee calde nel territorio diCerchiara di Calabria, insieme adaltre cavità minori nella vicinaforra in cui scorre il TorrenteCaldanello. Il giorno successivo,accompagnato da una guida locale,esplora a San Lorenzo Bellizzi laGrotta del Banco di Ferro il cuigrande imbocco si apre alla som-mità di verticali pareti calcaree.Sono sopralluoghi veloci ma altempo stesso estremamente attenti,che gli permettono di raccogliereappunti, di disegnare, di scattarequalche fotografia. Il mese succes-sivo, in compagnia della moglie,compie una ricognizione delle grot-

Isola di Lagosta (Dalmazia). Unparticolare delle articolate insenaturecostiere.

Ingresso della Grotta del Banco di Ferroa San Lorenzo Bellizzi (Cosenza).

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te costiere situate lungo il litoraletirrenico tra i centri di Praia a Maree San Nicola Arcella. Particolareattenzione è dedicata alle cavitàmarine presenti lungo il perimetrodell’Isola di Dino (Grotta delFrontone, Grotta Azzurra, Grottadel Leone, etc.) e, più a Sud lungola costa, alla Grotta dell’ArcoMagno, che l’esploratore trovapiuttosto interessante perché rico-nosce nel suo aspetto le tracce resi-due di quella che dovette essereuna immensa dolina poi sprofonda-ta. Enzo dei Medici compie nel1939 ulteriori esplorazioni nei terri-tori di molti comuni della Calabriasettentrionale (Grisolia, Maierà,Orsomarso, Cetraro, San Donato diNinea) ma è a Sant’Agata di Esaroche s’imbatte in una cavità piutto-sto rinomata, denominata Grottadella Monaca. Rinomata perchétutti ne parlano e non solo nel ter-ritorio in cui essa si apre; scrive alsuo proposito il dei Medici: “Ogniqual volta, nelle mie frequenti escur-sioni per le montagne del gruppodella ‘Mula’ o del ‘Cozzo delPellegrino’, chiedevo informazionisu qualche caverna da visitare misentivo immancabilmente ricordarela ‘Grotta della Monaca’ nei pressidi Sant’Agata d’Esaro. E chi me laindicava non mancava di incitare la

mia curiosità, col racconto dellemeraviglie che la Grotta racchiude-va e con raccapriccianti storie di bri-ganti di cui lei sola ormai custodivail segreto; qualcun altro mi dicevapoi che nell’interno si sentivanostrani rumori come di acque caden-ti dall’alto, che però mai nessunoaveva vedute, e che la sua esplora-zione era resa più difficile dagli spi-riti maligni che la abitavano e la cuiprima manifestazione ostile neiriguardi dei visitatori consisteva nel-

Veduta in planimetria dell’Isola di Dino(Praia a Mare - Cosenza), con ilposizionamento delle sue grotte lungola costa (disegno di Enzo dei Medici).

Ingresso della Grotta di Punta Frontoneall’estremità occidentale dell’Isola diDino (Praia a Mare - Cosenza).

Attrezzature utilizzate da Enzo deiMedici durante le sue esplorazioni inCalabria: lampada a batteria elettrica,bussola e clinometro (foto F. Larocca).

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� Enzo dei Medici

l’immancabile spegnimento di ogniluce di cui gli esploratori potesseroessere forniti”. Enzo dei Mediciesplora la Grotta della Monaca nelnovembre del 1939 guidato da unapersona del luogo. Nei recessi piùinterni della cavità, lunga comples-sivamente oltre 300 metri, osservauna curiosa caratteristica: “Spessolungo il percorso la parete si presen-tava rivestita di pietre disposte adarte, e queste evidentemente dallamano dell’uomo, come per nascon-dervi o murarvi qualche cosa. [...] Ilbudello in cui ho osservato talelavoro ha una lunghezza di circa 90metri ed è per quasi tutto il suo per-corso così stretto e basso da doversiprocedere strisciando o tutto al più acarponi. Come ho già detto, io stessosono fermamente convinto che sitratti di un lavoro fatto ad arte, ocomunque dalla mano dell’uomo, el’idea più semplice che mi venne inmente fu che probabilmente i primiche tentarono quel passaggio aves-sero disposto ai lati quelle pietre, cheprobabilmente ingombravano peralcuni tratti il cammino sì da poterprocedere più agevolmente”. Dei Medici non lo sa, ma con que-ste righe sta registrando la presenzadi opere artificiali di carattereminerario risalenti addirittura alperiodo pre-protostorico.

Una testimonianza importante,perché solo qualche tempo piùtardi queste strutture verrannorimosse da scavatori clandestinialla ricerca di improbabili tesori edunque irrimediabilmente distrut-te. Tanta è la suggestione che que-sta cavità lascia nel ricordo del deiMedici che nel 2001, ad oltre 60anni di distanza dalla sua prima edunica esplorazione, egli ritornerà aSant’Agata di Esaro col propositodi rivedere quei posti e la grottastessa. Ospite del Centro Regio-nale di Speleologia a lui intitolato,alla bella età di 89 anni Enzo deiMedici, dopo una non facile scarpi-nata su sentiero sterrato, si ritro-verà di nuovo al cospetto del mae-stoso ingresso: aiutato da “moder-ni” speleologi, riuscirà pure adaddentrarsi di qualche decina dimetri nella cavità, osservandonenuovamente, con forte emozione,gli ambienti ed alcune peculiaritàinterne come ad esempio i filoni diossido di ferro, oggetto di coltiva-zione mineraria sin da età remote.Il 1940 vede la ripresa delle esplo-razioni a Cetraro e ad Orsomarso.In quest’ultimo territorio l’esplora-tore visita la Grotta del Frassaneto,già oggetto di studio, nel 1931, diFausto Panebianco, un altro precur-sore della ricerca speleologica in

Topografia della Grotta del Frassanetoad Orsomarso (Cosenza).

Topografia della Grotta della Monaca aSant’Agata di Esaro (Cosenza), una dellecavità più estese esplorate da Enzo deiMedici in Calabria.

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Calabria. Al tempo stesso vieneeffettuata una ricognizione attornoalle coste dell’Isola di Cirella, nelcomune di Diamante, che porta adinteressanti osservazioni geo-morfologiche e al censimento dinuove cavità. Tutte queste esplora-zioni di Enzo dei Medici le compieperlopiù da solo perché difficilmen-te i suoi accompagnatori lo seguo-no nelle discese sotterranee. Se si aggiunge a ciò l’estrema sem-plicità dell’attrezzatura per l’esplo-razione in suo possesso (per l’illu-minazione usa una semplice lampa-da a carburo trasportata a mano,doppiata da una lampadina elettri-ca appesa al collo), si intuisce la dif-ficoltà del lavoro svolto. Il limite dell’operare in solitaria èben evidente nel novembre del1941, allorché Enzo dei Medici ècostretto ad arrestarsi sull’orlo diun pozzo interno nella Grotta diSan Francesco a Morano Calabro,chiave d’accesso ad oltre mezzochilometro di gallerie sotterraneestupendamente concrezionate. L’esploratore intuisce che si trovadi fronte ad una grotta importante(“[...] Da questo pozzo fuoriesceuna corrente d’aria alquanto forte.Inoltre si sente salire molto distinta-mente dal fondo un rumore diacqua corrente”), ma si vedràcostretto a rinunciare all’esplora-zione per l’inadeguatezza dei mezzia sua disposizione.Nel 1942 Enzo dei Medici vienetrasferito da Cosenza, sede del suocomando di stazione, a Pola inIstria. A riguardo, egli scrive in unalettera: “Fu questo per me unmomento contemporaneamente digioia e di rammarico. Di gioia per-ché mi avvicinavo alla mia Zara e,nello stesso tempo, perché l’Istriaera una zona di importanza carsicacome poche altre. Di rammaricoperché lasciavo incompleto un lavo-ro interessante ed entusiasmante eduna regione dove avevo conosciutoun ambiente di una cordialità edospitalità senza pari”. Il suo censi-mento delle grotte calabresi termi-na bruscamente: di speleologia inCalabria si risentirà parlare solo 34anni più tardi.

Ringraziamenti

Un affettuoso ringraziamento, fortee davvero sentito, va al Dott. Enzodei Medici per la paziente disponi-bilità con cui ha affrontato i lunghiinterrogatori degli Autori di questepagine. Tanti i nostri dubbi e tantis-sime le sue risposte nel ripercorrerecon la memoria il ricordo di situa-zioni, personaggi e luoghi di 60-70anni fa. Un grazie di cuore anchealle sue figlie Lina e Maria, per lacalda accoglienza riservataci aPadova e per la fiducia con cui cihanno permesso di utilizzare albume documenti familiari strettamenteprivati. �

Enzo dei Medici in compagnia dellafiglia Maria in occasione del suo ritornoalla Grotta della Monaca nell’ottobredel 2001 (foto D. Lorusso).

La Grotta dei Briganti nel territoriocomunale di San Nicola Arcella(Cosenza).

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� Pipistrelli in bottiglia

Pipistrelli in bottigliaAndrea Salvarani

Pipistrelli in bottigliaNello strano mondo in cui

viviamo, in cui sembra piùaccattivante avvicinare elementiapparentemente inconciliabili percreare motivi di interesse e diattenzione, ci accingiamo, violente-mente provocati da un vecchioamico, ad osare l’inosato, a sondarel’insondato: un accostamento cultu-

ral-filosofico-materico tra l’ele-mento a voi tutti noto, che

chiameremo per brevità «lagrotta», ed un secondo ele-mento a tutti più o menofamiliare quanto indegno dinota: il tappo corona, quel-

l’oggetto metallico dentellatoprotagonista di tanti giochi della

nostra infanzia.Ai due, forse tre stoici che perseve-reranno nella lettura di questerighe, voglio rivolgere parole speroilluminanti.Interroghiamoci, quali sono gli ele-menti comuni?Le grotte ed in genere tutti gliambienti umidi si prestano malissi-mo a contenere manufatti metallicied affini, per motivi chiari anche alpiù sprovveduto. I collezionisti ditappi corona, umilissimi oggetti cheaccompagnano silenziosi la vitadell’uomo da almeno un secolo(inventati nel 1891 dall’americanoWilliam Painter, impiegarono piùdi dieci anni per entrare nell’usoquotidiano) sanno benissimo che

nelle grotte, cavità, antri, abissi,caverne di varia foggia e naturanon potranno mai reperire gli ago-gnati tappi. Ben lo sapeva uno deipionieri del collezionismo, oggipurtroppo scomparso, che neglianni ’60 si riforniva abitualmentealla stazione di Milano, utilizzandoun bastone munito all’estremità diuna calamita, carpendo così allaruggine rarissimi esemplari prove-nienti dal sud Italia e gettati tra lerotaie da ignota mano di emigrante.Io stesso posso confermare che,nelle mie pur modeste frequenta-zioni speleologiche, mai rinvenni intali luoghi la minima parvenza ditappi corona. E dire che ne ho tro-vati praticamente ovunque, in cimaa montagne, sotto la sabbia inspiaggia, perfino in una chiesa den-tro un fonte battesimale…Si direbbe quindi che la grotta nonama il tappo a corona, stante ecostante l’igrometria che lo rende-rebbe in poco tempo un agglomera-to rugginoso. Inoltre mi piace pen-sare che il frequentatore di grotte,animato da una particolare sensibi-lità verso la natura, non si abbassiad abbandonare rifiuti in genere insimili ambienti.E allora? Allora dobbiamo guarda-re l’altra faccia della medaglia,quella più nascosta, che tuttaviaspesso racchiude le verità più sor-prendenti, sovente apprezzabili e

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afferrabili solo con un equilibristicogioco di meningi e di fantasia. Iltappo corona, vero e proprio docu-mento e testimone dei nostri tempi,ha saputo nella sua storia più checentenaria farsi portatore dei piùsvariati messaggi, riconoscibili sullasua superficie serigrafata. E tra leinnumerevoli immagini abbiamovoluto cercare quelle attinenti altema a te caro, amico speleologo.Perché devi sapere che se l’umiletappo avesse un cuore, questo bat-terebbe anche per te, se pure in pic-colissima parte.Ebbene, sì, a fatica estrema, scor-rendo la nostra collezione forte dioltre 54.000 diversi esemplari datutto il mondo e coinvolgendo nellaricerca colleghi animati dalla stessapassione, possiamo infine ren-dere noto che circa lo0,04% sul totale riprodu-ce sulla superficie imma-gini che in qualche modorichiamano l’ambientedelle grotte e la vita chequeste ospitano. La rapida carrellata che pro-poniamo comincia dalla serie,notissima, delle bevande Bacardiche in diversi colori effigiano il tipi-co abitante delle cavità sotterranee.Restiamo in argomento e godiamo-ci un pipistrello rosa in campo nero,riprodotto su un bel tappo fabbri-cato in Svizzera ma ignoto perquanto riguarda le informazionisulla relativa bibita.Continua la serie dei chirotteri conun rarissimo tappo della “SocietéLe Froid” di Noumea, Nuova

Caledonia, un pezzo che ogni colle-zionista vorrebbe possedere, oltre-tutto vecchio di almeno qua-rant’anni. Proseguiamo conceden-doci una digressione, pur restandoin tema, e riconosciamo lacontaminazione delmondo dei fumetti nellaserie argentina dellaCrush ai vari aromi(pomelo, sabor limon,naranja e cola), nellaPepsi messicana e nel“Bat juice” (Succo delPipistrello!) di Tacoma, Wash.USA. Quest’ultimo, a differenzadei precedenti, non riporta l’esplici-to riferimento a Batman e allasocietà che ne gestisce i diritti sulladiffusione del marchio (Comics Inc.

1964), ma è evidente il fur-besco richiamo all’eroe di

Gotham City: il tappo,che ha il retro in sughe-ro, è probabilmenteantecedente al 1964.Passiamo poi, altra

rarità, agli unici tappiche mostrano l’ambiente

delle grotte, seppure in modoalquanto stilizzato: dal Portogalloecco il “Refresco Gruta daLomba”, della Società Fernando deBarros e Filhos L.da. di Guetim –Espino; possiamo supporre che esi-sta colà una cavità naturale conquel nome, e lasciamo il quesitoagli esperti annotando che lebevande sono (o forse erano) pro-dotte nei vari gusti laranjada, gaso-sa, sumo de laranja, morango (fra-gola) e pirolito (cos’è?). Ci piace

concludere il nostro viaggio speleo-tappo-logico in casa nostra, più pre-cisamente in Piemonte con duetappi dell’Acqua minerale Lurisia(CN): il personaggio effigiato è

identificabile - per l’abbiglia-mento e l’attrezzatura -

con un frequentatore diluoghi sotterranei, conun po’ di giustificatapartigianeria con unospeleologo.

Carissimi amici, terminocon un auspicio che mi per-

donerete. Voi siete abituati aosservare attentamente ciò che stasotto i vostri piedi (solitamente legrotte stanno lì): ebbene, spero cheora il vostro sguardo terrà in mag-giore considerazione i tappi coronache finiscono spesso a popolare ilnostro suolo, o, meglio ancora, con-serverete i tappi delle bevande con-sumate in qualche viaggio esoticoper iniziare una piccola collezionedi questi oggetti. Se poi qualcunotra voi vorrà saperne di più sultema, o addirittura effettuare scam-bi o contribuire alla mia collezione,potrà contattarmi all’[email protected]. Sarà assolutamenteil benvenuto. Andrea Salvarani

Breve scheda dell’autoreA.S. risiede a Reggio Emilia, dove ènato 75 giorni prima della conqui-sta del K2. Oltre a collezionaretappi corona (è all’11° posto in unaclassifica mondiale, che vede oltre100 collezionisti possedere almeno10.000 pezzi), si guadagna il panequotidiano facendo l’architetto.Possiede un passato da cabarettistaquale componente-fondatore di ungruppo musicale attivo negli anniottanta. Ha i baffi, non è calvo, nonha il pizzetto, non fuma. Tiene fami-glia. I suoi trascorsi speleologici silimitano a qualche sporadica quan-to incosciente perlustrazione diqualche cavità nella collina e mon-tagna reggiana. Ritiene che que-st’ultima annotazione non costitui-sca un dato essenziale ai fini dellacomprensione della sua sfaccettatapersonalità. In questo momento stain salute decente e così spera ditutti voi. �

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� Cartoline

In alto a sinistra: annullo filatelicoprodotto per l’Expo Cave 2001,Samcheok, Corea del Sud.

In alto a destra: “La Sala Féerique,il salone magico, delle Grottes deBetharram nei pressi di Lourdes(Francia)”. Editions Gaby.

Nell’ultimo articolo sulla biblio-teca sociale (Il tesoro della

SSI, Speleologia n. 45) si era datarapidamente la notizia che nel 2001il Centro di DocumentazioneSpeleologica “F. Anelli” si era arric-chito di un’altra sezione tematica:quella delle cartoline. Quello dellecartoline postali è un classico delcollezionismo in generale e anchemolti speleologi di ogni nazione sisono lasciati attrarre da questo par-ticolare mondo: esistono infattisezioni filateliche di varie SocietàNazionali di Speleologia, che orga-nizzano appositi incontri per ven-dersi-scambiarsi quanto in loro

possesso. Esiste anche una rivistainternazionale (The speleo-stampcollector) in cui oltre al tema deifrancobolli viene di tanto in tantoaffrontato quello delle cartoline.Negli ultimi 10-20 anni sono statipubblicati anche alcuni interessan-tissimi libri totalmente dedicati alleimmagini di questa o quella famosagrotta turistica sulla base delle car-toline postali che nell’arco di ancheoltre 100 anni erano state via viastampate. Proprio sfogliando questilibri ci si è resi conto di come que-sti piccoli e di per sé insignificantioggetti possano invece rivestire unimportante ruolo di documentazio-

Cartoline che passione...Paolo Forti

A fianco: particolare di un plasticotridimensionale che riproducel’ambiente carsico. Di NamrataSchaub e Pali Berg, Ed. SpeleoProjects, Allschwill, Svizzera.

La storia della speleologia si ricostruisce anche attraversole piccole cose: cartoline postali, timbri, saluti...

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“Stampa di alcune immagini dellaDechenhohle (Iserlhon, Germany)”,realizzate tra fine ‘800 e primi ‘900.

In basso a sinistra: “Isola di Staffa e la sua grotta basaltica”, collezionedella Biblioteca della Societé Suissede Speleologie. Photo di R. Weger

Sotto: da Gerard e MartinKalliatakis. Ed. Imafo, disegno di L. Macary 1988.

ne, a volte insostituibile, per la sto-ria dell’esplorazione e, soprattutto,del turismo speleologico. E nonsolo. Infatti esistono anche moltecartoline che sono state stampateappositamente per commemorareun evento, una riunione, una ricor-renza speleologica….Se quindi la parte anteriore dellacartolina ci presenta l’immagine diuna grotta o di un altro aspetto delcarsismo o della attività speleologi-ca, il retro non è per questo menoimportante: le frasi che vi sonoriportate e, più spesso, le firme o itimbri e gli annulli filatelici che vi sitrovano possono essere di grandeinteresse per la ricostruzione dellastoria stessa della speleologia. Per tutti questi motivi, quandoquasi per caso nel ottobre del 2001si è presentata l’occasione di acqui-sire un lotto di cartoline postali(quasi tutte provenienti dalla exCecoslovacchia) il Centro “F. Anel-li” non si è fatto sfuggire tale op-portunità.Dopo quella data si sono avutealtre acquisizioni importanti, qualiquella di un’ampia selezione di car-toline relative alla Grotta diCastellana in Puglia e quella di unaquindicina di cartoline (tutte dellafine dell’800 o dell’inizio del 900)sulla Grotta Azzurra di Capri.Nel 2002 poi, è arrivata una primaimportante donazione: il nostro exPresidente Arrigo Cigna, infatti, hadeciso di liberarsi di una grossa sca-tola da scarpe polverosa e imbuca-ta sotto una scansia del suo studio

che era stracolma di cartoline invia-te a lui o da lui inviate alla famiglia,provenienti da grotte e/o eventispeleologici in ogni angolo delmondo. Proprio la donazione di Cigna ci hafatto pensare che probabilmentemolti speleologi conservano, senzaperò alcun interesse particolare, lecartoline speleo che ricevono: talemateriale nella maggioranza deicasi, prima o poi, è destinato alladistruzione. E’ per questo che chie-diamo innanzitutto a tutti i soci SSI,ma anche a chiunque altro ci leggaed abbia cartoline di grotta buttateda qualche parte, di donarle alCentro “F.Anelli”, ove verrannoben conservate e, in un futuro pros-simo, catalogate così che potrannorisultare utilissime per ricerche diogni genere sulla speleologia. Per ilfuturo, poi, ci farebbe davvero pia-cere che chiunque andando in Italiao all’estero invii alla biblioteca unacartolina di soggetto speleologico:questo da un lato potrebbe permet-terci di ampliare notevolmente ladocumentazione moderna in que-sto campo ed inoltre potrebbeanche servire per documentare infuturo l’attività speleologica italia-na all’estero. Forse sono un inguari-bile ottimista, ma credo proprio chese ci sarà la collaborazione che miaspetto, nel volgere di qualcheanno anche la sezione “Cartoline”del Centro di DocumentazioneSpeleologica “F.Anelli” acquisiràun’importanza sopranazionale noninferiore a quella che le altre sezio-ni, prima di tutto quella dei libri edelle stampe antiche, già anno sta-bilmente conquistata. �

Postojnska Jama, Adelsberg Grotte,Grotte di Postumia. Milanski dom, di A. Bolé, Postumia, 1917.

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� Croazia

A due passi dall’Italia esiste un piccolo paradiso per aman-ti della natura e della speleologia, la Croazia. Oltre 20.000km2 di aree carsiche nelle quali si può trovare ogni tipo difenomeno ipogeo. Dalle grandi grotte verticali del MonteVelebit e del Monte Biokovo, a quelle orizzontali e labirin-tiche della zona del Kordun, fino a quelle spettacolari dellaDalmazia e dell’Istria, passando per paesaggi fitti di doline,inghiottitoi, laghi sifone e sorgenti sottomarine. In questoarticolo troverete una dettagliata panoramica di questi ter-ritori. Molte grotte, ma pochi speleologi, montagne difficilida esplorare dove si nascondono ancora tanti misteri.Speleologia a tutto campo quindi, con interessanti esplora-zioni speleosubacque ed importanti ritrovamenti biologicied archeologici tutt’ora in fase di ricerca.

AbstractNear Italy there is a little paradise for nature’s lovers andcavers, Croazia. More than 20000 km2 of karstic areaswhith every sort of underground phenomena.The big vertical cave of Velebit Mountain and Biokovo

Nel cuore della CroaziaUn viaggio attraverso il carso croato tra giovani gruppi speleologici e infinite possibilità esplorative

Luca Tanfogliocollaborazione di: Igor Jelinc e Hrvoje Civitanovic

Riassunto

Mountain, the horizontal and labyrintic caves in theKordun zone, the wonderfull caves in Dalmacia and Istria.Many fields full of dolinas, of abyss, of sifon lakes and undersea springs.Many caves, but not so many cavers, mountain where is dif-ficult to explore and many misterious places still to find.Interesting speleosub esplorations and very important bio-logical and archeological reserches still to continue.

Key wordsCroazia, Dinaridi,Velebit, Gorski kotar,Kordun, Biokovo,Adriatica, Dinarica,Subdinarica, Panno-nica

Gallerie freatiche dentro il sistemaPanjkova-Varicakova. Con oltre 11 chilometri di sviluppo, è la seconda grotta più lunga dellaCroazia. Ancora in fase di esplorazione è probabile un suo congiungimento con la vicina Crno Vrelo.

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Il mio primo contatto con un amico

speleologo croato è stato in Chiapas

nel 1997. Durante la spedizione

dell’Associazione La Venta di quel-

l’anno, più popolata che mai, tra ita-

liani, francesi, cubani e messicani

c’era anche lui, Igor Jelinic.

Familiarizzammo subito; bravo spe-

leologo, sapeva anche tenere alto il

morale della ‘banda spedizioniera’

con la sua goliardia intelligente e fine.

Ingurgitava spicchi d’aglio per tenere

lontano los moschitos e creava musica

da qualsiasi oggetto (come i veli di

concrezioni in grotta), ma il suo pezzo

forte era fischiettare. Lo poteva fare

con maestria riproducendo interi brani

musicali a varie tonalità. A Lopes

Mateos, una colonia di campesinos

nei pressi del Rio La Venta, divenne

famoso per aver bevuto in soli due

giorni le scorte settimanali di birra

dell’intero villaggio!

Si aggregò ai bresciani nella ripetizio-

ne de La Cueva del Rio La Venta, con

americani e messicani. Esplorammo a

Cerro Blanco e, dopo due anni, sulle

medesime montagne del Chiapas, spe-

leologi italiani e croati lavorarono con

successo al progetto dello statunitense

Ruben Comstock. Innumerevoli le

ripetizioni fatte assieme, come il

Chorradero, il Figherà - Corchia, il

Veliko Sbrego e anche numerosi

canyon del Nord Italia.

Da un anno a questa parte sono spesso

ospite a casa di Kristina, bella e sim-

patica speleologa croata che vive a

Karlovac. In questa piacevole e tran-

quilla cittadina di 60.000 abitanti,

situata circa a metà strada tra Fiume e

Zagabria, 20 anni fa Igor ed alcuni

amici, tra i quali Hrvoje Cvitanovic

(Cvite), danno vita ad un interessante

movimento speleologico.

Ora a Karlovac esistono tre gruppi

speleo e casa di Kristina è praticamen-

te la sede di uno di questi. Proprio li ,

durante una delle tipiche cene panta-

grueliche a base di cucina internazio-

nale, alcool, storie ed immagini di

grotte da tutto il mondo, Igor, Cvite ed

io decidiamo di scrivere questo breve

resoconto del panorama speleologico

croato.

La geografiaLa Croazia si estende su una superfi-

cie di 56.000 km2, circa un quinto

dell’Italia, ed è abitata da poco più di

quattro milioni di abitanti di cui circa

un milione vive nella sola Zagabria, la

capitale. Un territorio quindi poco

antropizzato, con grandi spazi natura-

li e selvaggi, costituito per oltre il

46% da aree spiccatamente carsiche.

Non è infatti un caso che alcuni termi-

ni inseriti nel vocabolario geologico

internazionale riguardanti fenomeni

carsici (come ponor, polje, dolina,

jama, spilia etc.) provengano diretta-

mente dalla lingua croata o slava in

genere.

SPELEOLOGIA 49 51

L'inghiottitoio di Ledene. Ingressi comequesto sono numerosissimi in tutto ilnord della catena del Velebit.

Carta generale della tettonica Croatasemplificata, con la distribuzione delleprincipali aree carsiche del paese. A - piattaforma carbonatica adriatica(Adriaticum), D - piattaformacarbonatica (Dinaricum), S - areaEudinarica (Supradinaricum), P - struttura geologica del bacino dellaPannonia (basata su Herak 1986, Radovic1999, disegnata da Oikon, Ltd).

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� Croazia

Schematicamente si individuano quat-

tro zone specifiche, ben delineate da

particolari fenomeni geomorfologici

(vedi figura 1).

Zona A E’ la piattaforma carbonatica adriatica

(Adriaticum) che comprende anche i

frastagliatissimi 5.835 km di costa con

le sue 1200 isole.

Uno dei fenomeni più interessanti di

questa zona è la notevole presenza di

sorgenti sottomarine (Vrulja). Sono il

risultato dell’ultima fase interglaciale,

che facendo salire il livello del mare

nei pressi della costa croata di oltre

100 metri, ha sommerso numerose

sorgenti carsiche. Percorrendo la costa

con occhio attento si possono scorgere

queste polle d’acqua dolce riemergere

sulla superficie marina. Molte di que-

ste Vrulja sono state esplorate ed inve-

stigate dagli speleosub. Alcune risul-

tano impraticabili per la presenza di

strette fessure, altre sono diventate

famose, come Brela nei pressi della

città di Makarska. Quest’ultima è a

tutt’oggi la più profonda esplorazione

spelosubacquea nella costa croata, con

i suoi 102 m totali di profondità dal

livello del mare, dei quali però solo 60

nella medesima grotta sottomarina,

che si apre appunto a circa 40 metri di

profondità. Interessante è anche il

fenomeno di grotte marine che spesso

presentano miscelazione tra acqua

dolce e acqua salata come ZmajevoUho vicino a Ragoznica e Modrašpilja sull’isola di Bisevo. Importante

è anche Medova Buza sull’isola di

Rab, grotta marina che già nel 1887

era stata allestita come grotta turistica

ed è in funzione ancora oggi.

Altro interessante fenomeno è il lago

Vrana sull’isola di Cres, che si esten-

de per oltre cinque km2; ha un volume

di 220 milioni di metri cubi d’acqua

potabile e la sua profondità supera di

60 m il livello del mare.

La grotta più profonda, tra le numero-

se presenti sulle isole, è PodgracišceII nei pressi di Praznica sull’isola di

Brac: 329 m di dislivello, con un

pozzo d’ingresso di ben 237 m.

Sulla costa sono veramente numerose

le grotte e le paleorisorgenze presenti

e degne di nota: come la MladenovaJama (-235 m) sulla penisola di

Pelješac; o la Špiljaza Gromackomvlakom vicino a Dubrovnik, oltre 200

metri di profondità e 2.171 m di svi-

luppo. In quest’ultima, tra l’altro ricca

di stupende gallerie concrezionate,

sono state rinvenute a 100 m di

profondità e 600 m dall’entrata alcune

impronte di uomo preistorico datate

intorno a 2600 anni fa. Anche il siste-

ma Sustav Viliniska špilja – Omblache supera i tre chilometri di sviluppo

è degno di nota come, per finire, la

bellissima Modrica špilja nei pressi

di Paklenica (oltre un chilometro di

sviluppo).

Unico al mondo è il fenomeno del

Crveno jezero (Lago rosso) nei pres-

si di Imotski. Si tratta di un cratere

carsico di 528 m di profondità dei

quali 228 sommersi. L’esplorazione di

questo incredibile sifone è avvenuta

nel 1998 grazie all’aiuto di speleosub

dell’esercito tedesco, uno dei quali

immergendosi nel suggestivo lago

Elenco delle venti grotte piu' lunghe della CroaziaSustav Ðulin ponor - Medvedica Ogulin 16. 396 mSustav Panjkova - Varicakova špilja Kordun, Rakovica 11. 578 mŠpilja u kamenolomu Tounj Kordun, Tounj 8. 487 mŠpilja Veternica Medvednica, Zagreb 7. 100 mSustav Jopiceva špilja - Bent Kordun, Brebornica 6. 710 mMunižaba Južni Velebit, Crnopac 3. 700 mSustav Vilinska špilja - Ombla Dalmacija, Dubrovnik 3. 063 mGospodska špilja Cetinska krajna, Vrlika 3. 060 mDonja Cerovacka špilja Lika, Gracac 2. 682 mSlovacka jama Sjeverni Velebit, Mali kuk 2. 519 mKlementina I Srednji Velebit, Klementa 2. 403 mMandelaja Kordun, Oštarije 2. 326 mŠpilja za Gromackom vlakom Dalmacija, Gromaca 2. 171 mIzvor Gojak Kordun, Gojak 2. 160 mPonor Bregi Istra, Pazin 2. 055 mŠpilja Kotluša Cetinska krajna, Kijevo 2. 015 mProvala Žumberak, Bucari 1. 862 mPonorac Kordun, Rakovica 1. 840 mŠpilja Miljacka Dalmacija, Skradin 1. 750 mMarkov ponor Lika, Lipovo polje 1. 725 m

Piskovica. Nella zona istriana, questacavità interamente sviluppatasi nelflysch, è con i suoi 1036 m la più lungadel mondo in questo tipo di rocce.

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rosso, è arrivato alla profondità di 180

m, mentre l’attuale fondo di -228 m è

stato raggiunto da un robot.

Nella zona istriana della costa trovia-

mo fenomeni molto simili a quelli pre-

senti nel nostro carso triestino.

Citiamo Ponor Bregi a Pazin, oltre

2000 metri di lunghezza e 273 m di

profondità, e Piskovica (1036 m) la

più lunga del mondo nel flysch. La

grotta più fonda in Istria è invece

Jama kod Raspora (-361m) che rag-

giunge oltre un chilometro di lunghez-

za. In Croazia sono stati censiti più di

ottomila cavità, e ogni anno se ne

aggiungono all’elenco circa un centi-

naio. La vastità del territorio ancora

inesplorato fa presumere che questo

numero sia destinato a salire molto

rapidamente.

I fenomeni più importanti si possono

trovare naturalmente nelle aree con

prevalenza di calcare e di dolomia.

Sono più rari i casi di grotte esplorate

in zone con presenza di marna, flysch

e sabbie, ma queste ultime assumono

un’ importanza di interesse internazio-

nale come la già citata Piskovica e la

Špilja vicino Susnjara, in Banovina,

700 m di sviluppo, tra le più lunghe al

mondo nella marna.

Zona DLa piattaforma carbonatica dinarica

(Dinaricum), è la parte centrale del

paese e anche la più ricca di cavità. E’

il regno del carso d’alta montagna,

con la catena del Velebit, del Biokovo

e del monte Dinara, che dà il nome

all’intera area.

Per dare un’ idea di come sia svilup-

pato il carsismo da queste parti posso-

no essere significative le 160 doline

per Km2 delle quali molte superano i

100 metri di diametro e altrettanti in

profondità. Quattordici polje superano

i 10 Km2 e sono tra i più estesi al

mondo, come il Licko polje che rag-

giunge i 465 Km2.

Piovosità e carsismo, connubio indivisibileNella fascia dinarica piove moltissi-

mo, fino a raggiungere i 2000 mm

all’anno di media, con punte intorno ai

3600 mm in alcune zone come il

Gorski Kotar vicino Delnice. E’ qui

che troviamo le grotte più estese e più

fonde della Croazia. Nella zona nord

del monte Velebit sono state esplorate

profonde verticali che hanno sicura-

mente messo a dura prova gli esplora-

tori stessi, come il sistema LukinaJama – Trojama (-1392 m),

Slovacka Jama (-1320 m) e Patkovgušt, che con -553 m è la seconda ver-

ticale unica più fonda del mondo.

Sono in fase di esplorazione altre “bigwall” sotterranee come Meduza (-

679), Paz (-400) e Velebita dove nel-

l’ultimo campo estivo, è stato sceso un

pozzo per oltre 200 metri il cui fondo,

peraltro, sembra ancora molto lonta-

no. Il Velebit è una montagna fredda.

Durante i sei mesi invernali pochi

hanno osato salire le sue pendici per

cercare nuove grotte, e le esplorazioni

si concentrano soprattutto durante i

campi estivi.

Anche il lato sud del Velebit può offri-

re interessanti zone d’esplorazione:

sono stati individuati infatti nuovi e

profondi pozzi che sicuramente saran-

no meta di future spedizioni estive.

Proprio ai piedi del Velebit è in corso

l’esplorazione di Ponor u Podastra-

Elenco delle venti grotte piu' profonde della Croazia01. Lukina jama - Trojama (Manual II) Sjeverni Velebit, Hajducki kukovi -1392 m02. Slovacka jama Sjeverni Velebit, Mali kuk -1320 m03. Jama Amfora Dalmacija, Biokovo -788 m04. Jama Meduza Sjeverni Velebit, Rožanski kukovi -679 m05. Stara škola Dalmacija, Biokovo -576 m06. Vilimova jama (A-2) Dalmacija, Biokovo -572 m07. Patkov gušt Sjeverni Velebit, Jurekovacki kuk -553 m08. Ledena jama u Lomskoj dulibi Sjeverni Velebit, Lomska duliba -536 m09. Ponor na Bunovcu Južni Velebit, Bunovac -534 m10. Jama Olimp Sjeverni Velebit, Begovacki kuk -531 m11. Crveno jezero Imotska krajina, Imotski -528 m12. Jama Lubuška Sjeverni Velebit, Hajducki kukovi -521 m13. Jama pod Kamenitim vratima Dalmacija, Biokovo -520 m14. Fantomska jama Južni Velebit, Visocica -477 m15. Munižaba Južni Velebit, Crnopac -448 m16. Stupina jama Gorski kotar, Lic -413 m17. Jama Paz Sjeverni Velebit, Kita Gavranuša -400 m18. Nova velika jama Dalmacija, Biokovo -380 m19. Velebita Sjeverni Velebit, Crikvena -376 m20. Jama kod Rašpora Istra, Cicarija, Rašpor -361 m

A sinistra: Xantipa Smida, l’enormenevaio alla base del pozzo d’ingressonon ha ostruito la grotta profonda 323 m.

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SPELEOLOGIA 4954

� Croazia

ni, un inghiottitoio attivo dal quale,

superando un sifone pensile che spes-

so si chiude, si sviluppano circa 700

metri di grandi gallerie terminanti su

uno stretto sifone impraticabile.

In Dalmazia, il Monte Biokovo (a

quote intorno ai 1762 m del Monte Sv.Jure), fino ad ora poco esplorato, ha

già regalato importanti cavità come

Amfora (-788), Stara škola (-576) e

Vilimova jama (-572). Queste ultime

due erano le più fonde della Croazia

prima del 1993, quando è stata esplo-

rata Lukina jama. Anche qui, come

putroppo in altre parti del mondo, esi-

ste un concetto di territorialità speleo-

logica che tende a escludere collabo-

razioni con altri, fino al boicottaggio

delle altrui spedizioni. Siamo in zone

dove la pratica della speleologia non è

molto sviluppata; manca un’etica, ed è

facile trovare qualche testa calda che

per difendere il proprio ‘tesoro carsi-

co’, si diletta in atti vandalici ai danni

delle auto dei colleghi speleologi della

capitale, giunti in Dalmazia con il solo

intento di sviluppare la ricerca ipogea.

Ora, per fortuna, il Monte Biokovo è

diventato parco naturale protetto e per

organizzare esplorazioni speleologi-

che è necessario un permesso delle

autorità competenti.

Situazioni analoghe si possono incon-

trare in Croazia in alcune zone di con-

fine con la Bosnia come sul Monte

Dinara (che raggiunge con il suo picco

più alto i 1881 m) e nei pressi dei laghi

di Plitvice. Questi interessanti terreni

carsici sono totalmente inesplorati per

la pericolosa presenza di campi mina-

ti, non ancora bonificati dopo l’ultima

guerra dei Balcani. Speriamo che in

futuro questi problemi vengano risolti

e si possano così esplorare i vuoti che

si celano in queste zone.

Se ci spostiamo nel cuore della

Croazia, nei pressi di Karlovac, pae-

saggi carsici come il Gorski Kotar, il

Kordun e il Lika sono un vero paradi-

so per gli speleologi. Le grotte sub

orizzontali che si sviluppano anche in

maniera labirintica sono frequenti.

Emblematico è il caso del sistema

Djulin ponor-Medvedica (16.392

m), il più esteso in Croazia, dove que-

st’anno (come da dieci a questa parte)

si è svolta una istruttiva competizione

di orienteering, sia in grotta che nei

dintorni, ossia nella soprastante città

di Ogulin. Il sistema Panjkova –Varicakova vicino a Rakovica, lungo

11.557 m, con i suoi nove sifoni è il

risultato di un abile lavoro degli spe-

leosub di Zagabria. Il complesso è

ancora in fase di esplorazione e nel

prossimo campo estivo si tenterà di

congiungerlo con la vicina grotta

Crno vrelo. In questa zona troviamo

altre due grotte che superano i 5 chilo-

metri di sviluppo e sono Spilja ukamenolomu Tounj (8.487 m) e il

sistema Jopiceva špilja – Bent (6.700

m). La loro caratteristica è il susse-

Da circa trent’anni il gruppo speleolo-gico ‘Velebit’ di Zagabria organizza unainteressante competizione annuale diorientamento in grotta. Le prime edi-zioni erano riservate ai soci del mede-simo gruppo, ma da circa quindici annila competizione ha assunto caratterinazionali. L’ultima si è svolta nel siste-ma Ðula- Medvedica nei pressi dellacittà di Ogulin, ma altre grotte labirin-tiche come Tounj, Jopiceva e Rudelievasono state scenario della educativacompetizione.La gara si svolge nell’arco di una gior-nata dove, divisi in piccoli gruppi didue o tre persone, gli speleologi,muniti di mappa della grotta e dei din-torni, devono trovare e timbrare sulproprio cartellino una decina o piùpunti nascosti. Ci sono anche prove sucorda come tirolesi ecc. Nel 1989 si sono viste le partecipa-zioni di alcuni club sloveni e nell’ulti-ma edizione erano presenti anche ita-liani e bosniaci. Caratteristica dell’ulti-ma edizione sono stati anche la pre-senza di numerosi punti del percorsoposti all’esterno della cavità, lungo il

Orienteering

canyon che la precede e addirittura inalcuni parchi della città. Tutto ciòanche per sensibilizzare ed educare lapopolazione di Ogulin, che pur viven-do sopra il sistema ipogeo più estesodella Croazia, non annovera nemme-no uno speleologo.

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SPELEOLOGIA 49 55

guirsi di piani di gallerie che si inter-

secano a livello sub orizzontale. Tutto

ciò non ha reso facile né l’esplorazio-

ne né il rilievo topografico, e per que-

sto vanno i nostri complimenti a

Marijan Cepelak di Zagabria, dotato

di un’ ottima memoria fotografica, che

ha curato gran parte di questo lavoro.

Molto interessante è Mandelaja lunga

2.326 m e fonda 105 m, soprattutto

per la possibile congiunzione con il

vicino sistema di Tounj. Ricordiamo

anche la suggestiva SustavMatesiceva špilja, una divertente tra-

versata di 1.246 m lungo un rombante

fiume sotterraneo, che dopo pochi

metri dall’uscita della grotta, nei pres-

si di Slunj, si getta nel più famoso

Korana.

Nel Gorski Kotar la più profonda

cavità è Stupina jama (-413 m) con

un pozzo di 205 m. La seconda grotta,

sempre per dislivello, è il sistema

Kicljeve jama (-285 m) che raggiun-

ge la lunghezza 1.075 m. Le ultime

esplorazioni in Spilja Lokvarka (con

una prima parte turistica) hanno porta-

to lo sviluppo di questa grotta a 1200

m, e non è escluso che possa ben pre-

sto superare anche Ponor Vele vode(1.495 m), ad oggi la più estesa cavità

della zona.

Zone S e PLe zone S e P (Supradinarica e

Pannonica) della nostra carta sono

caratterizzate da alcuni isolati feno-

meni di interesse carsico, con la pre-

senza di numerose piccole cavità. Fa

eccezione, nei pressi di Zagabria, la

grotta Veternica (Ventosa) che supera

i sette chilometri di lunghezza, ed è

considerata una buona ‘palestra’ per la

pratica della speleologia, in quanto

molto tecnica ed impegnativa. In

Pannonia, invece, sul monte Papuk,

sono stati esplorati numerosi pozzi e

grotte di modeste entità.

Gli spelelogi croatiIn Croazia si possono considerare atti-

vi oltre trecento speleologi suddivisi

in 38 gruppi, dei quali 14 affiliati al

Comitato speleologico della Hrvatski

Planinarski Savez (il nostro CAI); 10

gruppi fanno parte della Federazione

Speleologica Croata e 14 sono invece

indipendenti. E’ chiaro come il rap-

porto tra speleologi e potenzialità car-

siche sia a sfavore dei primi, che

comunque stanno svolgendo un lavoro

di qualità. La data simbolica della

nascita della speleologia moderna in

Croazia si può fissare nel 1892 con

l’organizzazione di un comitato di

protezione della Baraceva spilja(diventata poi grotta turistica) nei

pressi di Rakovica. Il primo gruppo

speleologico croato riconosciuto è

sorto nel 1900 a Zara (Zadar).

Al giorno d’oggi i gruppi più attivi

sono concentrati a Zagabria, Karlovac

e Samobor, e in misura minore in

Istria e Dalmazia.

Numerose anche le spedizioni all’e-

stero organizzate dagli speleologi

croati (Messico, Stati Uniti, Russia,

Turchia, Spagna, Madagascar, Cina,

Albania, Romania, Laos, Francia,

Bolivia e Argentina), e per il futuro

sono già in preparazione nuove spedi-

zioni a Cuba e in Ucraina.

Interno-esterno della SlovacKa Jamaimponente -1300 situato nella catenadel Velebit.

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SPELEOLOGIA 4956

� Croazia

Per quanto riguarda le pubblicazioni si

possono trovare tre bollettini speleolo-

gici di altrettanti gruppi. La rivista

Speleo’Zin del gruppo Speleoclub

«Karlovac»; Subterranea Croaticadel gruppo Speleoclub «Ursus spe-

laeus» - Karlovac, e Speleolog, del

gruppo grotte Zeljeznicar di Zagabria

che risulta il più longevo con oltre 50

anni di vita.

La speleologia subacquea e altre atti-

vità parallele alla speleologia classica,

come la biospeleologia, la paleontolo-

gia e l’archeologia, sono molto svilup-

pate. A livello biospeleologico tra le

numerose scoperte (circa 10 ogni

anno) la più interessante prende nome

di Croatobranchus mestrovi. Si tratta

di una sanguisuga depigmentata rinve-

nuta esclusivamente in tre delle gran-

di grotte verticali del nord Velebit. La

caratteristica di questo piccolo anima-

le é che si nutre di sostanze presenti

nell’acqua che percola lungo le pareti

di queste enormi cavità, da 300 m

fino a 1.300 m di profondità. Sono

stati anche rinvenuti molti esemplari

di proteo (Proteus anguinus) in con-

trasto con l’opinione comune che li

vuole molto rari. Nella maggior parte

della regione dinarica, da Trieste fino

in Herzegovina, sono numerose le

grotte in cui vive il proteo. I dati in

nostro possesso sono questi: una in

Italia, circa 100 in Slovenia, circa 15

in Bosnia e Herzegovina e 60 in

Croazia.

Per quanto riguarda le grotte turistiche

se ne possono trovare addirittura 15,

non di notevoli dimensioni, ma molto

interessanti e a valenza didattica. Tra

queste vale la pena ricordare Jama

Baredine nei pressi di Parenzo in

Istria, dove l’amico Silvio Legovic ha

saputo creare un gradevole connubio

tra natura, turismo e sviluppo della

pratica speleologica.

Concludiamo ricordando che da quat-

tro anni si svolge, nella suggestiva

atmosfera del castello di Ozalj vicino

Karlovac, un convegno nazionale di

speleologia croata, dove oltre a proie-

zioni di diapositive e filmati ci sono

dibattiti e, come sempre, molta goliar-

dia.

Tre giorni in VelebitAvevo sempre sentito parlare del

Velebit dagli amici croati. Le sue fred-

de grotte verticali che raggiungono

profondità che superano i 1000 metri e

sfiorano il livello del mare sono famo-

se e affascinanti. Si raccontano storie

di esplorazioni alla Canin, ma il

Velebit è stato sicuramente molto

meno frequentato. In Velebit ti muovi

meno facilmente, è molto più vegetato

ed è anche più difficile orientarsi.

In inverno nessuno osa metterci il

naso a livello speleologico. Si dice che

uno dei pochi che ci abbia provato

ultimamente è stato un tale sopranno-

Lukina Jama. La più profonda grottadella Croazia si apre nel cuore delVelebit, catena montuosa di oltre 140chilometri di lunghezza, vera frontieradelle esplorazioni speleologiche croate.

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SPELEOLOGIA 49 57

minato ‘machina’ per le sue doti di

robustezza e i suoi modi non certo

fini. Costui ha passato alcuni giorni

lassù; dopo più di cinque ore di avvi-

cinamento si è accampato in una cata-

pecchia dei taglialegna ed è andato in

cerca di buchi con la bora che soffiava

a venti gradi sottozero (una bella

gita!). La scorsa estate, a fine luglio,

io mi sono ‘perso’ per tre giorni sulla

cima di questo colosso montuoso che

respira, e vi giuro che di sera comun-

que faceva tanto freddo, a causa delle

gelide folate di bora. Volevo provare

l’emozione di essere lì, nel cuore del

mitico Velebit, volevo cercare nuovi

pozzi e nuove grotte, ma sono stato

rapito dalla sua straordinaria e selvag-

gia bellezza. In mezzo al Velebit ti

senti davvero piccolo piccolo: muo-

versi tra zone di montagna erose dal-

l’incessante lavoro dell’acqua è un

continuo salire e scendere, arrampi-

cando lungo pareti di campi solcati, di

depressioni e grandi voragini, dove a

volte anche maestosi pini sembrano

piccoli alberelli.

Attenzione però se incontri un orso:

l’unica cosa da fare è scappare in

discesa, solo così forse non ti raggiun-

gerà. L’orso non l’ho incontrato, ma

ho sentito la sua voce in lontananza e

ho visto i suoi escrementi non tanto

lontano dalla nostra baracca di legno;

in estate le femmine devono difendere

i loro piccoli e diffidano di tutto e di

tutti (vacanza rilassante, no?). Di

pozzi ne ho individuati alcuni, ma ci

penseremo la prossima estate; per

quest’anno e questi pochi giorni a

disposizione ci basta andare a verifi-

care un interessante buco più giù a

valle, dove tra l’altro producono del-

l’ottima birra che prende il nome dalla

montagna stessa. Siamo fortunati per-

ché il nostro inghiottitoio attivo questa

volta non è attivo e dove c’era un

sifoncino adesso si passa, e riusciamo

ad esplorare per quasi un chilometro,

fino ad un altro sifone, stretto e pur-

troppo intransitabile.

Ci troviamo nella regione del medio

Velebit intorno ai 1.624 m del MonteSatorina; le spedizioni degli ultimi 5

anni, in verità sporadiche, si sono

concentrate in tre aree specifiche.

Circa un centinaio sono le grotte

segnalate, tra cui Ponor Pepelarica (-358 m) nella zona di Kalanjeva ruja,

Klementina III (-333 m), Klemen-

tina IV (-319 m), Klementina I (-269

m) nella zona di Klementa, JamaSlapice (-282 m) nella zona di

Japage, PKD 2 (-254 m), Ponor uKlepinoj dulibi I (-239 m) nella zona

di Klepina duliba.

Poche settimane dopo, nel nord del

Velebit, nella zona di Lomska duliba

(intorno alle quote di 1.699 m del

Monte Mali Rajinac) altri amici da

Karlovac, Zagabria, Spalato e alcuni

francesi ed americani hanno parteci-

pato al solito campo estivo con l’in-

tento di continuare le esplorazioni

lungo le enormi grotte verticali della

zona, come Meduza e Velebita. Oltre

all’attività in grotta sono state fatte

numerose battute esterne, con la sco-

perta di altri 15 nuovi ingressi che

aspettano di essere esplorati.

E’ difficile organizzare le esplorazioni

in questa zona perché le porte del sot-tosuolo, gli ingressi, i pozzi, sono

numerosissimi (solo in un km2 se ne

possono contare oltre 100), e fino ad

oggi una quarantina hanno offerto

risultati interessanti come LukinaJama, Slovacka Jama, Meduza ecc.

Oltre al freddo e alla presenza di gran-

di nevai ghiacciati nei pressi delle

entrate di questi pozzi, un altro pro-

blema non indifferente per i campi sul

Velibit, è la totale assenza d’acqua,

che costringe quotidianamente alcuni

uomini della spedizione a fare la spola

a valle per il rifornimento idrico.

Solo durante gli ultimi giorni del

campo gli speleologi di Zagabria

hanno sceso Velebita, una nuova grot-

ta profonda, che dopo un centinaio di

Il monte Mali Kuc (1.565 m) visto daipiedi della catena del Velebit. Al suointerno si sviluppa la Slovacka Jama,seconda cavità più profonda dellaCroazia.

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SPELEOLOGIA 4958

� Croazia

metri di scivoli e pozzetti si affaccia

su un enorme voragine, esplorata per

oltre 270 metri, ma senza che si possa

vederne la fine. Gli esploratori non

riuscivano a vedere il fondo illumi-

nando con il faretto, e nemmeno

ascoltare il rumore lanciando una pie-

tra! E’ molto probabile che siamo di

fronte alla verticale interna più fonda

al mondo, ma lo sapremo solo la pros-

sima estate.

Così anche in Meduza, che presenta,

come dice il nome stesso, numerose

verticali interne parallele, non ancora

tutte raggiunte e scese dagli esplorato-

ri, e sembra che ne nasconda una

enorme di oltre 400 metri.

La catena montuosa del Velebit, lunga

oltre 140 km, si conclude nella zona

sud ai confini con la Dalmazia.

In questa zona le esplorazioni sono

avvenute prevalentemente prima della

guerra, ora la presenza di campi mina-

ti ha fermato le iniziative degli speleo-

logi. Solo in una parte, quella più a

sud, chiamata Crnopac a quote intorno

ai 1400 metri, negli ultimi anni, alcu-

ni membri del gruppo «Zeljeznicar» di

Zagabria hanno esplorato alcuni gran-

di pozzi, come Michelangelo (-256

m), che chiude su una strettoia molto

ventosa.

Sono da considerarsi tra le grotte con

gli ambienti più grandi della Croazia

cavità come Munizaba (-448 m di

profondità, 3700 m di lunghezza),

Burinka -290 m. Dobbiamo tornare al

1977 per risalire alle prime esplora-

zioni nelle zone, ora purtroppo impra-

ticabili a causa delle mine.

Siamo nei pressi della cima più alta

del Velebit (Monte Vaganski vrh 1758

m) dove speleologi del gruppo

«Velebit» di Zagabria hanno sceso

pozzi come Ponor na Bunovcu -534

m , Fantomska jama -477 m, JamaPuhaljka -320 m.

Crveno Jezero (Lago rosso)Nella zona denominata Imotska kraji-na, molto vicino al confine bosniaco,

nei pressi della città di Imotski, si pos-

sono trovare alcune grandi depressio-

ni di origine carsica con il fondo com-

pletamente allagato.

Sono fenomeni tanto interessanti

quanto affascinanti, e alcuni sono

diventati anche delle attrazioni turisti-

che. Nell’arco di una decina di chilo-

metri ve ne sono una ventina, ma le

più grandi sono il Crveno Jezero

(Lago rosso) e il Modro Jezero (Lago

blu). La depressione del lago blu è

profonda circa un centinaio di metri,

ma può variare a seconda dell’innalza-

mento e dell’abbassamento del livello

del lago stesso, che a volte sparisce

completamente dando accesso ad una

piccola cavità subito sifonante. Lungo

la depressione, leggermente scoscesa,

è stato scavato un comodo sentiero

che può permettere ai visitatori di rag-

giungere la suggestiva riva del lago.

La depressione del Lago rosso è deci-

samente più verticale e spettacolare (il

suo diametro raggiunge i 300 m), e il

suo nome viene dal particolare rifles-

so che la luce del sole trasmette dalle

rocce all’acqua.

Per scendere fino alla riva del lago

(anche qui le variazioni del livello del-

l’acqua sono notevoli, fino a trenta

metri in più o in meno) è necessario

attrezzare con corde fisse la parete

meno pericolosa e più corta (circa 200

metri), mentre dall’altro lato, con un

tiro da 300 m, la discesa è sconsiglia-

ta per il continuo distacco di sassi e

materiale roccioso. I primi tentativi di

esplorazione del Lago rosso sono stati

fatti negli anni ‘70, e gli speleo croa-

ti, dopo una perlustrazione a bordo di

un canotto, sondandone la profondità,

hanno subito capito che immergersi in

Dieci immersoni più profonde in CroaziaNome della grotta Somozzatore Profondita01. Crveno jezero Thomas Berend -180 m02. Izvor Glavaš Tonci Najev -102 m03. Izvor Sinjac FFESSM-FFS -100,5 m04. Majerovo vrilo FFESSM-FFS -92 m05. Izvor Kupe DISKF -88 m06. Unsko vrelo FFESSM -55 m07. Izvor Zvir SKŽ-IGI -52 m08. Kusa DDISKF -51 m09. Izvor Rjecine SKŽ -50 m10. Špilja Tounjcica FFESSM-FFS -46 m

Elenco delle verticali maggiori in CroaziaNome Grotta Verticale unica Profondita totale01. Patkov gušt -553 m -553 m02. Jama Meduza -333 m -679 m03. Lukina jama -329 m -1392 m04. Velebita -271m+? -376 m +?04. Podgracišce II -237 m -329 m05. Lukina jama -230 m -1392 m06. Balinka -218 m -283 m07. Slovacka jama -213 m -1320 m08. Jama Marianna -210 m -250 m09. Jama Munižaba -208 m -448 m10. Mamet -206 m -206 m

Crveno Jezero. E’ una delle grandidepressioni carsiche con il fondocompletamente allagato, situato nellazona di Imotska Krajina. Esplorato nel1998, anche con l’ausilio di un robot,raggiunge per ora 228 m di profondità.

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questo gigantesco sifone non era cosa

facile. Per questo nel 1998 è stata

organizzata una grande spedizione

con la collaborazione di speleosub

tedeschi e austriaci con esperienza in

campo militare. E’ stata attrezzata una

piattaforma galleggiante sul lago a

supporto degli esploratori e tutte le

operazione sono durate 30 giorni, con

la collaborazione di oltre 40 persone.

Un sub tedesco è arrivato ad immer-

gersi nel lago fino ad una profondità

di 180 m mentre, grazie all’ausilio di

un robot (Sea Lion) e trecento metri di

cavo, si è raggiunto un fondo a 228 m

di profondità. Seguendo invece il pro-

filo del fondo del lago il robot non ha

potuto proseguire nel suo viaggio

verso l’ignoto abisso, fermato dal suo

stesso cavo, risultato troppo corto.

Una nuova spedizione avrà il compito

di proseguire questa incredibile ricer-

ca. E’ da sottolineare che la costa

marina non è eccessivamente lontana

(meno di 20 km) e che siamo già alla

profondità di 6 m sotto il livello del

mare.

Durante la spedizione è stata esplorata

una grotta sulle pareti della depressio-

ne ad una ventina di metri dal livello

dell’acqua. La grotta era stata indivi-

duata già un anno prima, durante una

immersione, quando il lago era più

alto di trenta metri. Si tratta di un

canale di 700 m che finisce in due pic-

coli rami naturalmente sifonanti.

Un altro tentativo di immersione è

stato effettuato nel 1999 da Tonci

Najev, sub di Spalato, con il solo

intento di filmare la cavità. Importante

a livello biologico è stata la ricerca

riguardante una specie endemica, un

pesce (Imotska Gaovica) che vive nel

lago muovendosi in branchi differen-

ziati tra maschi e femmine. Si stanno

studiando le similitudini tra questi

pesci e altre specie endemiche (Pior)

che vivono nei fiumi nella vicina zona

del Lika. Questi pesci gradiscono

acque fresche, quindi in inverno li

troviamo lungo il corso esterno di

questi fiumi, mentre in estate il

miglior refrigerio offerto dal percorso

sotterraneo li porta a migrare nelle

grotte. Sono argomenti interessanti e

complessi che meritano un futuro

approfondimento, ma per ora ci

accontentiamo di sognare un bel tuffo

nel lago rosso, in attesa della prossima

estate.

Necropoli romanein KordunIl discorso riguardante i numerosi

reperti paleontologici ed archeologici

rinvenuti in molte grotte della Croazia

Lista delle grotte più fonde nel Nord Velebit 1. SUSTAV LUKINA JAMA - TROJAMA (-1392 m)2. SLOVACKA JAMA (-1320 m)3. JAMA MEDUZA (-679 m)4. PATKOV GUŠT (-553 m)5. LEDENA JAMA (-536 m)6. JAMA OLIMP (-531 m)7. LUBUŠKA JAMA (-521 m)8. JAMA PAŽ (-400 m)9. XANTIPA (-323 m)

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� Croazia

è decisamente ampio, ma alcuni siti

sono così importanti che ci sembra

doveroso menzionarli. Nella regione

del Kordun, per esempio, sono ben

quattro le grotte in cui sono stati stu-

diati dei siti archeologici risalenti al

268 d.C.

Si tratta di vere e proprie necropoli,

dove probabilmente gli antichi romani

che avevano colonizzato queste terre

seppellivano i loro morti. Non è da

escludere una similitudine con le cata-

combe romane presenti in Italia, ma è

anche possibile che il motivo di queste

sepolture in grotta sia dovuto all’epi-

demia di peste che colpì la zona in

quel periodo.

Nelle grotte di Jopiceva e di Markova,

oltre alle ossa umane, sono stati ritro-

vati anche monete, chiavi, asce, spilli,

picconi, chiodi e vasi di ceramica che

servivano per contenere il cibo.

Tutto ciò era un classico corredo per il

viaggio nell’aldilà. Anche nelle grotte

di Bubi e di Lipa sono state trovate le

stesse monete e le chiavi che serviva-

no per aprire le porte del mondo dopo

la morte.

Altre due importanti grotte con reper-

ti archeologici di quel periodo sono

Vrlovka (vicino al confine sloveno) e

Dutno (sul confine del Gorski kotar

con la provincia di Karlovac) dove si

sono scoperte monete, perle e asce

dello stesso periodo.

Interessante in Ðutno è stato il ritrova-

mento di una fibia di argento per la

chiusura di mantelli risalente a quel

periodo ancora in condizioni vera-

mente perfette.

Altri interessantissimi reperti si posso-

no trovare in numerose grotte della

regione del Lika, ma riguardano inve-

ce il periodo illirico (cioè relativo alle

popolazioni che abitavano la zona

croata dalla fine dell’età del bronzo

fino all’arrivo dei romani).

Nella grotta Bezdanjaca pod Vatino-

vcem dopo un pozzo di 30 m a cam-pana, sicuramente non facile da scen-

dere e risalire in quell’epoca, lungo

alcune gallerie che arrivano fino 200

metri di profondità e 1176 m di lun-

ghezza, sono state ritrovate ossa, urne

e gioielli di bronzo.

Tra le numerose specie endemichescoperte negli ultimi anni nelle grottedella Croazia (fino ad oggi se ne con-tano 350), molto interessante è ilCroato-branchus mestrovi. E’ una sanguisuga depigmentata che èstata ritrovata in sole tre delle grottedel nord Velebit (Lukina jama, Slovackajama, jama Olimp). La caratteristicaparticolare è che questi esemplari sisono avvistati alle profondità che

Croatobranchus

Croatobranchus mestrovi. Sanguisugadepigmentata rinvenuta esclusivamentein tre delle grandi grotte verticali delVelebit.

In molte grotte croate sono statiscoperti numerosi reperti paleontologicie archeologici, risalenti fino a 120.000anni fa. In alcuni casi ossa, urne egioielli di bronzo sono stati ritrovatifino a 200 metri di profondità e a piùdi un chilometro dall’ingresso. Nellafoto il sito della grotta Bubi, nellaregione del Kordun.

vanno da –300 m fino a –1355 m. Ilprimo esemplare è stato trovato nel1994 in Lukina jama, alla profondità di1320 m. Una speleologa di Zagabriaavventuratasi in un piccolo meandroper dei bisogni fisiologici è stata pro-tagonista di questa incredibile scoper-ta. Ora gli studi sul Croatobranchusstanno continuando sotto l’egida di unluminare della biospeleologia, lo slove-no Dott. Boris Sket.

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Tornando indietro nel tempo, impor-

tanti sono i ritrovamenti antropologi-

ci, paleontologici e archeologici come

per esempio nella regione di Zagorje

(vicino Zagabria), nella città di

Krapina, in uno sgrottamento chiama-

to Husnjakovo dove sono venute alla

luce molte ossa di Neanderthal datate

intorno a 120.000 anni fa e ritenute le

più vecchie d’Europa (per approfondi-

menti consultare il sito internet

www.krapina.com/neandertals).

In altre due grotte, molto vicine tra

loro, nel nord ovest della Croazia nei

pressi della città di Varazdin, che

prendono il nome di Vindija e Vinica,

sono state trovate ossa di Neanderthal

risalenti a 40.000 anni fa. Le ricerche

nella grotta di Vinica sono ancora in

corso.

Per finire citiamo il ritrovamento di

ossa di animali preistorici e di pietre

lavorate a forma di coltello risalenti a

circa 35.000 anni fa nella grotta

Mujina vicino a Spalato.

Per le notizie riguardanti gli esami di

laboratorio ancora in corso vi riman-

diamo ai prossimi numeri della rivista

Subteranea Croatica dove potrete tro-

vare un ampio articolo al riguardo.

BACURINZ BOCIC N., 2003: Istraživanje poluotoka Pelješca,Speleo 'zin n 16, 2003, str.7-13

BAKŠIC D., LACKOVIC D. 2003: Speleološka istraživanja jameAmfora u 2002. godini. Subterranea Croatica n 1, 2003. str. 3-9.

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CEPELAK M., 1977: Novija i buduca speleološka istraživanja uVeternici., Speleolog 1976-77. str. 1-8.

CEPELAK M. 1981: Neka objašnjenja uz nacrt Jopiceve špilje.,Speleolog 1980-81, str. 20-21.

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Bibliografia

Uno dei tanti spettacolari ingressidelle voragini del monte Velebit

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SPELEOLOGIA 4962

� Tlaloc

Tra dicembre 2002 e gennaio 2003 è stata effettuata una spe-dizione speleologica Italo-Messicana, denominata “Tlàloc2003”, nella zona centro orientale del Messico. In due diver-si periodi sono stati organizzati campi di ricerca nelle zonedi Hueytamalco, Stato di Puebla e di S. Andrès Tenejapan,Stato di Veracruz, vicino Orizaba. La zona di Hueytamalco eragià stata vista in una precedente spedizione nel 1998. Fra lediverse cavità esplorate spicca la grotta Miquizco, oAmiquisco, un enorme resumidero (inghiottitoio) con unfiume di discrete dimensioni. Sono state inoltre percorse etopografate altre interessanti cavità totalmente o parzial-mente sconosciute, fra queste la Cueva del Cocinero (Svil.190 m/ Disl. –57 m) e il Sotano de los Cochinos (Svil. >500

m/ Disl. >80 m). Il Sotano de los Cochinos è stato esploratosolo parzialmente e anche altri ingressi di grotta presenti neidintorni vanno rivisti con maggiore attenzione. Nella zona diS. Andrès Tenejapan (Veracruz) ci siamo concentrati su duegrotte: Capaka (Svil. >350 m/ Disl. –161 m) e Petlacala (Svil.>200 m/ Disl. –168 m) dove sono state trovate tracce di pre-cedenti esplorazioni parziali. Anche qui l’impressione è che,allargando il raggio delle ricerche, ci sia molto altro ancorada scoprire. Infine è stata visitata una zona molto interessan-te nei dintorni di S. Catarina Ocotlàn nel comune diNocixtlan a un centinaio di chilometri a ENE di Oaxaca, nelloStato omonimo. Purtroppo in questo caso, ci siamo dovutiscontrare con l’ostilità di alcune autorità locali, che non

Tlàloc 2003spedizione italo-messicanaQuattro anni di ricerche fra gli Stati di Puebla e Veracruz nel Messico orientale

A cura di Giorgio Pannuzzo Gruppo Speleologico Bergamasco le NottoleCollaborazioni di: Angelo Iemmolo, Marzia Sassi, Sara Virgillito.

Riassunto

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Nella prima spedizione del’98 lanostra attività si è concentrata

principalmente nello Stato diPuebla, regione di Teziutan, in unvillaggio a circa un’ora di collectivo(pulmino a nove posti) dal paese diHueytamalco. Il campo è stato alle-stito nei pressi del villaggio diAtepetaco dove la precarietà eco-nomica dei campesinos non haimpedito loro di riservarci unacalorosa accoglienza, da noi mode-stamente ricambiata con regali peri bambini e medicinali per l’interacomunità. Purtroppo nel ’98 iltempo a disposizione ci ha permes-so di esplorare solo due inghiotti-toi: il primo, denominatoLagartijas, assorbe le acque di unruscello dalla portata di circa 5 l/seced è stato esplorato per circa 150metri. L’altra cavità invece, la grot-ta Miquizco, ha rappresentato inve-ce il piatto forte di tutta la spedi-zione. Ci siamo fermati dopo circaun chilometro e mezzo, con nume-rosi rami laterali lasciati da esplora-re. Eseguito il rilievo topografico efatte solo poche foto ci siamo resisubito conto che occorreva ritorna-re con una nuova spedizione, pre-vedendo almeno tre settimane diduro lavoro e confidando nell’au-spicabile coinvolgimento di gruppispeleologici locali. Smontato ilcampo, abbiamo lasciato il villaggiosalutando la gente che ci invitava atornare, anche per farci conoscerealtre grotte a loro note. Solo dopoquattro anni ci siamo ritrovati apercorrere quei sentieri a noi ormaifamiliari e a rincontrare quellagente ospitale.

L’area di Hueytamalco(Puebla)La caratteristica morfologica delterritorio di Hueytamalco è uncostante ed irregolare decliviodisposto N – S che segna il passag-gio dalla Sierra Norte, o Sierra dePuebla, alle pianure del Golfo delMessico. La rete idrografica ècaratterizzata da fiumi impetuosiche attraversano il territorio da S aN. Il clima subisce il passaggio datemperato della Sierra Norte acaldo-umido del Golfo del Messico.La zona ha una natura geologicavaria e morfologicamente comples-

vedevano di buon occhio la presenza distranieri sul loro territorio. La situazio-ne dovrebbe poi essere stata chiaritagrazie all’intervento di alcuni esponen-ti della speleologia locale, aprendoincoraggianti prospettive su futurericerche. Un’apposita squadra si è dedi-cata alla documentazione fotografica,allargando l’interesse anche ad altrecavità (carsiche e vulcaniche) di grandepregio estetico, tra cui merita una cita-zione particolare la grotta diJuxtlahuaca (Guerrero).

Uno dei due ojos gemelli delResumidero de Miquizco. Gli ojos diMiquixco sono pozzi paralleli di 70 m diprofondità che formano gli ingressi altidella cavità.

Pagina a fianco: dintorni di Atepetaco(Puebla) un immagine familiare dellaspeleologia in terra messicana.

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� Tlaloc

sa: a Sud dello Stato si riscontranoterreni metamorfici del Precam-briano, Paleozoico e Mesozoicoche hanno subìto varie fasi dideformazione durante le ere geolo-giche.Su questo basamento troviamo unapotente sequenza sedimentaria dietà Mesozoica che testimonia l’in-gressione marina che ha interessatogran parte del paese, con sedimenticarbonatici che inglobano vari restidi organismi marini. Su tali sedi-menti si riscontrano anche copertu-re alluvionali e vulcaniche. All’inizio dell’era Cenozoica, que-ste rocce sedimentarie hanno subì-to un sollevamento piegandosi efratturandosi, rendendo così laregione più suscettibile all’erosio-ne.Queste strutture formano la SierraMadre Orientale costituita da unasuccessione di anticlinali e sinclina-li che danno luogo a numerosi alto-piani. Il clima è temperato-umidocon precipitazioni che vanno dai600 ai 1000 mm/anno, con unavegetazione molto rigogliosa.Sono tutti fattori questi che incenti-vano il fenomeno carsico nelle suevarie forme. In particolare la zona

di Atepetaco si presenta con visto-se manifestazioni di erosione ester-na facilmente visibili soprattuttonelle aree disboscate che hannoceduto il posto alle piantagioni dicaffè e canna da zucchero. L’area ècostituita da un altopiano inclinatocon pendenza di circa 10° e unospessore carbonatico di 100-150metri, giacente su un terrenoimpermeabile formato da roccemetamorfiche. Nelle aree ancoranon soggette al disbosco domina laforesta tropicale che qui è di normafacilmente penetrabile. Anche qui,sotto la selva, oltre alle evidentimacroforme carsiche quali depres-sioni, valli chiuse e inghiottitoi,sono facilmente visibili forme esa-sperate di corrosione come pinnco-li, lame di roccia e karren.

Il Resumidero de Miquizco Il grosso fiume che precipita inquesto inghiottitoio - che nella sta-gione secca ha una portata di alcu-ne centinaia di litri al secondo – èl’ostacolo più grande incontratodurante l’esplorazione. Il ramoprincipale della grotta, la cui parteiniziale è formata da un salonemolto ampio, è caratterizzato da

Resumidero di Miquizco scendendolungo gli ojos.

Collettore del Resumidero di Miquizco.La cavità riceve vari affluenti congallerie superiori che, per mancanza ditempo, solo parzialmente sono stateesplorate.

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crolli di dimensioni notevoli. In untratto laterale del fiume sotterra-neo si accede ad un salone dalquale si vedono due camini (ojos)di circa 70 metri che conduconoall’esterno. Proseguendo invece perla galleria principale si percepisceuna notevole corrente d’aria cheguida fino ad un altro salone conriempimenti di massi e fango macon totale scomparsa della circola-zione d’aria. Seguendo il flusso idri-co, ci si immette in una piccola con-dotta in discesa dove scorre impe-tuoso il fiume. Si attraversa poi ungalleria e il corso d’acqua precipitaa cascata per 10 m con un fragoreassordante. Nel salone sottostantesi notano altri corsi d’acqua di por-tata inferiore che affluiscono al col-lettore principale; uno di questiproviene da una galleria di modestedimensioni che dopo circa 100metri assume una pendenza di circa10°. Dopo un altro tratto di quasi150 metri, il fiume si disperde inuna frana di notevoli dimensioni,difficilmente superabile.

Ritornando nel salone della casca-ta, alcune risalite in artificialehanno permesso di raggiungerealtre gallerie superiori che si svilup-pano per diverse centinaia di metricon varie diramazioni (parzialmen-te percorse per mancanza ditempo). Nel salone iniziale inoltre,seguendo un cunicolo con un riga-

Marcia di avvicinamento nei pressidell’ingresso basso del Resumidero diMiquizco.

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gnolo d’acqua, si giunge dopo uncentinaio di metri ad una ulteriorecascata.

Le nuove esplorazioni.Durante l’ultima spedizione abbia-mo dedicato due punte esplorativealla Miquizco. Iniziamo proprionella galleria fra il salone degli ojose il salone di fango, ricordando chel’ultima volta avevamo notato chelì si perdeva la corrente d’aria.Infatti, a sinistra, un saltino supera-bile in libera porta in una galleriainteressata da un piccolo torrente,che dopo circa 100 metri intercettail fiume più grosso, probabilmentequello oltre la frana terminale dellagalleria principale. Tornando indie-tro, alla base dell’altro sotano,abbiamo notato un animale morto:un tlacuache, ratto gigante delladimensione di un gatto che si nutredi frutta e che sicuramente è preci-pitato dall’alto. Nella stessa occa-sione, in un ramo laterale nellazona del fiume, abbiamo avuto lafortuna di fare un’altra osservazio-ne faunistica: nelle acque dellaghetto-sifone, abbiamo visto unpiccolo pesce depigmentato, moltoprobabilmente troglobio.Lungo il fiume principale l’esplora-zione prosegue per una fessuramolto stretta oltre la quale decidia-mo per il momento di tornareindietro. Prima di uscire nella zonadell’ingresso, esploriamo un’altro

ramo a monte, purtroppo chiusodopo circa 100 metri da una frana.Nella seconda punta alla Miquizcoritorniamo nel sotano per prosegui-re l’esplorazione interrotta lungo ilfiume, ma il rio si infiltra fra i massidi crollo e il percorso si fa moltointricato, al punto tale da non rico-noscere in alcuni casi la via delritorno. Rinunciamo definitiva -mente all’esplorazione quando,sulla via del ritorno, all’improvvisoun masso si stacca dalla pareterischiando di travolgerci.

Cueva LagartijasL’evidente dolina iniziale dellacueva Lagartijas si trova a ridossodella strada sterrata che conducead Atepetaco. Al suo interno c’èuna galleria di modeste dimensioni,circa 4 metri per 3, che va restrin-gendosi man mano che la si percor-re, fino a chiudere bruscamentenell’ultima parte, dopo circa 150metri. Questa cavità, non più rivistain quest’ultima spedizione, secondoi nostri calcoli è probabilmente col-legata alla vicina Miquixco.

La Cueva del CocineroLa cavità ha un bell’ingresso costi-tuito da una sorta di canyon che,dopo pochi metri, porta al piccoloingresso della grotta vera e pro-pria, dove si avverte molta aria.Avanti qualche metro c’è una zonadi crollo instabile che è preferibileattrezzare con corde fisse. Oltreuna strettoia che abbiamo lavoratocon mazza e scalpello la cavità pro-segue pervenendo subito un bivio.In direzione W, dopo un saltino di 4m, la grotta chiude in una saletta dicrollo, mentre proseguendo drittoun salto conduce a una galleria confenomeni di crollo. Un altro saltodi 8 m porta in una zona di stret-toie e ambienti di crollo i cui massisono fortemente levigati dall’ac-qua di piene periodiche, che tutta-via non sembrano giungere dalladirezione da noi fin qui seguita.L’aria invece si perde prima del-l’ultimo saltino; infruttuosi i tenta-tivi di superare quest’ultima zonadi crolli.

La Cueva de los CochinosLa cavità ci viene segnalata da

Discesa nella dolina di ingresso de LaCueva del Cocinero.

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Clemente, uno speleologo locale,che ci accompagna nell’esplorazio-ne indicandoci anche altre cavitàdel luogo. Los Cochinos si apre neipressi di Atepetaco e si presentasubito interessante, con l’acqua chesi sente scorrere sul fondo delpozzo d’ingresso. Il sentiero cheporta alla cavità passa in mezzo aguglie di calcare alte diversi metri(le sculture di Tlàloc), frutto delleincessanti erosioni delle piogge.La prima squadra in esplorazioneconstata subito che la grotta è par-zialmente esplorata, ma che peròmerita una più accurata indaginepoiché si rivela molto complessa,ricca di concrezionamenti e pienadi prosecuzioni sia a valle che amonte dell’affluente.Purtroppo la base del primo pozzodi 40 m è ingombra di detriti e spaz-zatura. Sotto si aprono due direzio-ni: verso valle parte un grandecanyon di roccia bicolore, chiara inalto e scura in basso, con moltaacqua corrente che forma vasche ecascatelle. Superiamo parecchi pas-saggi difficili da risolvere in libera,poi incontriamo una frana che sibypassa verso l’alto fino a unacascata impossibile da superaresenza corda.Nell’altra direzione, cioè versomonte, si passa ancora per grandivasconi d’acqua da superare a

nuoto. Nel percorso verso valle siprocede con una pendenza di circa10° che si mantiene costante pertutto il percorso; gli ambienti si svi-luppano al contatto fra i calcaridella parte superiore e il conglome-rato della parte inferiore ed in alcu-ni addirittura la galleria si sviluppainteramente nel conglomerato.Lungo il percorso si possono nota-re le morfologie più variegate, conmarmitte, cascate e formazioni sta-lattitiche e stalagmitiche. Dopocirca 150 metri si giunge in unazona di frana, dove non è possibileandare oltre. Tornando un po’indietro troviamo un by-pass, neipressi di un arrivo con camino. Lacondotta intercetta una galleria asinistra e quindi ci permette di pro-seguire. Più avanti occorre armarequindi torniamo indietro topogra-fando dalla frana verso l’uscita perprendere il materiale necessario.Armato quindi un pozzetto di 5 m eun altro di 4 m che dà su un mean-dro allagato da attrezzare e supera-re a nuoto. Proseguiamo per un po’fino a una strettoia da cui entramolta aria e oltre la quale si senterumore di cascata, ma occorre lavo-rare il passaggio.Il risultato della prima giornata èpiù che soddisfacente: le tre squa-dre in azione, oltre ad aver esplora-to e topografato un bel tratto di

Cueva de los Cochinos, la cavità, sempremolto attiva, evidenzia varie fasispeleogenetiche, come dimostranoalcuni ambienti interamente scavati neiconglomerati incisi all’interno di galleriediffusamente concrezionate.

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grotta, hanno svolto un ottimo ser-vizio fotografico.La vigilia di Natale e il 26/12 dedi-chiamo altre due punte nelCochinos: verso valle pochi colpi dimartello ci permettono di superarela strettoia che ci aveva fermati.Oltre occorre mettere dei corrima-no lungo tratti allagati. Dopo unulteriore passaggio stretto iniziauna galleria in discesa, larga circa20 metri e alta appena un metro.Superato un saltino di 4 m in liberasegue un tratto basso ostruito par-zialmente da concrezioni, dopodi-ché un ennesimo salto che valutia-mo circa 15 metri, necessita di unacorda che manca.Nella seconda ed ultima punta,giunti sul pozzo, armiamo su attac-chi naturali. L’acqua della cascataalla base si nebulizza e oltre sidiparte un meandro largo e alto,con una cortina di acqua da attra-versare. Bisogna ancora immerger-si e nuotare. Si giunge così in unpunto dove si è completamenteimmersi con un solo passaggioaperto dal pelo dell’acqua di 30 cm,da dove soffia una forte corrented’aria gelida. Questo passaggio rap-presenta per ora il nostro limiteesplorativo. Del resto continuare inqueste condizioni non è molto faci-

le; l’acqua, soprattutto di originepiovana, è molto fredda e limita inostri movimenti e soprattutto leoperazioni di rilievo. Il freddo si fasentire parecchio.Decidiamo quindi di disarmaretutto, col proposito di tornare inun’ennesima spedizione.

Le cavità minori della zona diAtepetacoLe varie segnalazioni e qualchebattuta esterna hanno fruttato ilritrovamento di diverse cavitàsecondarie, più o meno tutte privedi grandi possibilità esplorative.Non ne è stata effettuata la topo-grafia, ma molte sono state posizio-nate tramite GPS.

Sotano del Sendero. Si tratta di unpozzo di 25 m che si apre sulla sini-stra del sentiero che dal campoporta verso gli Ojos de Miquizco.Sul fondo ci sono due vie: da unaparte si va verso un laghetto e dal-l’altra verso un corso d’acqua, maambedue le vie sembrano chiudere.

Sotano de Mama Granda. Pozzo dicirca 15 metri, si trova sul pianoroche sovrasta la parete verticaleadiacente all’ingresso della Cuevadel Cocinero.

Sala centrale de la Cueva del LasCuraciones. La grotta ha un’interesseantropico e religioso, al suo internoinfatti si trovano numerosi altari votivie crocefissi lasciati dagli abitanti deivillaggi limitrofi.

Ne valeva la pena senza ombra di dubbio. Dopo un lungoviaggio costellato di peripezie ero arrivato alla mia isola deltesoro.Con la macchina fotografica mi perdevo in mille inquadra-ture e non sapevo quale scegliere. Immerso in quella acquaverde fino al petto lottavo contro il tempo cercando di farepiù possibile. Difficile non incantarsi ad ammirare lo spetta-colo. Il giorno dopo dovevo ricongiungermi col resto dellaspedizione a Orizaba, nello Stato di Veracruz. Avevo lascia-to i miei compagni una settimana prima vicino a Oaxaca.Fradici di una pioggia finissima ma incessante eravamo scap-pati da Hueytamalco, in Puebla, lasciando in sospeso leesplorazioni per iniziarle a Santa Catarina Ocotlan, inOaxaca. Arrivati di sera con un tempo peggiore di quelloche avevamo lasciato (alla pioggia si era aggiunto un ventofreddo) ci eravamo imbattuti in alcune delle autorità del vil-laggio piuttosto ostili e contro quell’ostilità, in parte giusti-ficata ed in parte interessata, a nulla erano valse le nostreragioni e la mattina dopo eravamo costretti ad andarcene.E così, con bagaglio e morale in condizioni critiche, erava-

mo ridiscesi a Nochixtlan, dove in breve i compagni di spe-dizione avevano deciso di prendersi qualche giorno divacanza al sole sulla costa (si era prossimi all’ultimo del-l’anno), mentre io sarei andato a Città del Messico e da lì aJuxtlahuaca; ci saremmo rivisti per esplorare un’altra zonaa Orizaba.Ora guadavo il lago della grotta godendomi quello splendo-re come una rivincita, ma per arrivare al fondo della grottami sarebbe servito più tempo ed in fondo c’era la sorpresapiù spettacolare di tutta la grotta: una sala con cristalli diaragonite lunghi oltre trenta centimetri. Ma non era tutto:c’erano due rami laterali della grotta che i custodi voleva-no farmi vedere perché ricchissimi di concrezioni.Purtroppo vi dovevo rinunciare, era la seconda volta chevisitavo quella grotta senza vederne il fondo. E mentrerichiudevo la macchina fotografica nel contenitore giàmeditavo su quando avrei potuto ritornare. Ancora tempe-ste, battaglie e naufragi, ma sarei tornato alla mia isola deltesoro.

Cesare Mangiagalli

Juxtlahuaca: le fotografie

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Cueva de las Curaciones. Grottamolto concrezionata e ricca di crocie altari votivi all’ingresso. All’interno scorre un ruscello che,seguito per una trentina di metri, ciporta verso la fine della grotta dallacui volta cade una cascatella d’ac-qua. David, la nostra guida, ci diceche qui ci sono già stati altri speleo-logi e che la grotta non prosegueoltre, ma noi vogliamo accertarci,quindi proviamo a fare una risalitain libera verso l’alto. Arriviamo inuna saletta che si stringe semprepiù, tanto che le concrezioni non cilasciano via di scampo e, anche se sisente molta aria provenire da que-sto punto, molliamo l’osso e scen-diamo.

La CCueva del Camaròn. Si trovanella stessa dolina della grotta “LasCuraciones”, però dalla parteopposta. Ha uno sviluppo di circa350 metri e prosegue lungo unpiano inclinato con soffitto basso. Scende di quota per circa 70 metri,all’interno si trovano vari esempla-ri di gamberetti. Chiude in crollo.

Grotta Anonima. Questa cavitàcon due ingressi adiacenti si trovanella dolina accanto a quella dellagrotta “Las Curaciones”. Gli abi-tanti del villaggio ne prelevano l’ac-qua per uso alimentare.Sempre nei dintorni di Hueyta- Cueva de Juxtlahuaca (Guerrero).

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L’ingresso ci è stato segnalato dagli abitanti del piccolo vil-laggio presso cui eravamo accampati, detto “las Casitas”che si trova a pochi minuti di sentiero dall’unico grandespazio pubblico. In realtà la dolina che lo racchiude è moltoevidente, basta finirci vicino per capire che val la pena di fic-carci il naso, poi l’abisso è inevitabilmente lì dove chiunquese lo aspetterebbe. A noi, abituati ad estenuanti (e il piùdelle volte sterili) scarpinate lungo monti e valli, non sem-bra vero che si possano trovare grotte in modo così scan-dalosamente banale. D’altronde, anche in questo il Messicoè il Messico.Affacciati sul bordo del baratro in compagnia di un foltopubblico, cerchiamo con affanno qualche sasso che possasuggerirci altre informazioni sulla sua prosecuzione, pregu-stando la prossima succulenta esplorazione e cercando diimmaginare la migliore strategia d’armo per superare l’osti-ca verticale. Sotto una pioggia lieve ma fastidiosa armiamoil bel pozzone d’ingresso, ovviamente a spit e molti altridovranno essere infissi prima di raggiungere il fondo.Questa ginnastica ci dà un senso di nostalgia pensando altrapano lasciato a casa ma, allo stesso tempo, una crescen-te soddisfazione all’idea di essere tornati ad una orgogliosaindipendenza dai mezzi tecnologici.L’enorme base del sotano offre diversi spunti di interesse,

ma la forte corrente d’aria che si infila in una finestra nonlascia spazio ad incertezze: giù lungo il profondo PozzoPrivilegio, siamo stupiti dalle forme e ambienti così simili aquelli che siamo abituati a vedere diversi fusi orari più a Est.Le corde cominciano a scarseggiare, qualche giunzione per-mette di raggiungere la quota di –120 m. Superato l’osticopozzetto Correos, si incontra il “Bromista” (un P 35) e soloun’accurata e previdente valutazione della corda disponibi-le permette di raggiungerne il fondo sfruttandone ogni cen-timetro. A questo punto, purtroppo, l’avventura sembradavvero finita: il meandrino finale promette poco di buono,come sarà confermato dal tentativo dei più smilzi, mentreil camino superiore, avido di aria, sembra divertito dalnostro senso di impotenza al suo cospetto (“ah, se avessi iltrapano…”).Nei giorni successivi tentiamo di superare il fondo dellacavità, attraverso vie parallele che si intuiscono celate lungoalcune finestre del Pozzo Privilegio. Purtroppo queste con-fermano che si tratta di un ramo che viene da monte e chebisognerebbe attrezzare in risalita...L’ultimo giorno dedicato al sotano Capaka ci impegna nelcontrollo di tutte le possibili vie che si diramano dal pozzod’ingresso. L’esame ravvicinato delle finestre a diversequote ci fa capire che la loro destinazione comune è rap-

Esplorando Capaka

Saloni di crollo nel Resumidero de Miquizco.

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malco, ma al di fuori dell’area diAtepetaco, sono state viste laCueva de los Perdidos, presso laCarretera a Nautla e il RResumideroOlvidado, nei pressi della stradaMEX 129, nel tratto fra Teziutlan eTlapocoyàn, a circa 4 chilometri dalbivio per Hueytamalco. Quest’ultimo è un inghiottitoioesplorato per circa 200 metri, che sipresentava privo di circolazioneidrica al momento della visita.

L’area di San AndrèsTenejapan (Veracruz)Lo stato di Veracruz attraversadiverse province geologiche: la pia-nura costiera del Golfo del Nord, laSierra madre Orientale, l’AsseNeovulca-nico, la Sierra Madre delSud, la Cordigliera Centroame-ricana e la Sierra del Chiapas eGuatemala.La zona di Orizaba si trova nellaprovincia della Sierra Madre delSud, costituita da montagne cheseguono una orientazione NW-SE.Questa struttura è in stretta con-nessione con una placca in subdu-

zione che giustifica l’elevata sismi-cità della zona e l’alto grado di frat-turazione.In affioramento, nel comune diOrizaba, si riscontrano calcari neridel Cretaceo inferiore con interca-lazioni e lenti di pietra focaia e cal-cari grigi di mare profondo delCretaceo superiore.Nella valle di Orizaba abbiamodepositi alluvionali quaternari digrande spessore.Il clima è caldo umido con precipi-tazioni che vanno dai 2000 ai 2500mm/anno, con una rigogliosa vege-tazione ricca di alberi sempreverdi.Orizaba appartiene alla regioneidrogeologica “Papaloapan”, conincisioni radiali e parallele condi-zionate nel loro corso dalle morfo-logie della Sierra Madre del Sud edalla presenza di alcuni vulcani,

presentata da un solo grande pozzoparallelo, quindi si sceglie quella chesembra la via più comoda e sicura.Sarà necessario un bel pendolo perraggiungere il passaggio scelto perricominciare a scendere. Il pozzoparallelo è maestoso quanto il suo fra-tellino solare, i macigni in bilico sisprecano, la doverosa opera di bonifi-ca produce spettacolari effetti dolby-surround a botte di quintalate allavolta. Alla fine il fondo è raggiunto: unsuccessivo saltino, armato a nuts, rive-la altri ambienti di frana. Tra un maci-gno e l’altro si riesce ad arrampicarein discesa per ancora pochi metri, poianche questa diramazione decide didarci il benservito.A malincuore si recupera tutto: abbia-mo poche ore e rinunciamo in par-tenza ad ogni buon proposito topo-grafico. Forse torneremo un giorno,magari col trapano…

Giorgio Pannuzzo

Il pozzo d’ingresso del Sotano diCapaka, profondo 68 m mette incomunicazione in più punti un pozzoparallelo di uguale profondità.

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come il “Pico di Orizaba” cima piùelevata del Messico con 5610 m dialtezza. Come già accennato inquesta zona abbiamo sceso trecavità di cui una già parzialmenteesplorata.

Il sotano di CapakaIl pozzo iniziale, profondo 68 metri,parte abbastanza verticale per poiscampanare sempre più ampioverso la maestosa base, dove è infil-zato un mastodontico tronco mar-cio caduto, secondo le informazionidei locali, diversi decenni prima.Lungo la linea di discesa del pozzod’ingresso si notano a diversi livellifinestre più o meno percorribili, tracui un ampio portale a pochi metridalla base. Tutti questi passaggi si collegano adun grande pozzo parallelo, didimensioni paragonabili a quelloprincipale, abitato da una discretacolonia di pipistrelli. La discesa diquesta diramazione, conduce versoun saltino di pochi metri e un’ulti-mo labirintico ambiente di franache non sembra dare adito ad ulte-riori prosecuzioni. Alla base del pozzo d’ingressoaccanto al grande tronco, un cuni-colo, seguito da un pozzetto e daun paio di stanzette che chiudonoin frana. Risalendo uno scivolodetritico si arriva invece ad un

nuovo bivio, a destra c’è un pozzet-to cieco, a sinistra prosegue la viaprincipale. Una finestra si affacciasul P 45 (“Privilegio”) che dopocirca 7 metri sprofonda verticale eampio, con belle morfologie“prealpine”; un ampio imboccolaterale rappresenta l’arrivo di unramo a monte esplorato sommaria-mente. Alla base un meandro piut-tosto articolato e attivo reca a unbivio. In alto si raggiunge una stan-za concrezionata collegata a ungrande camino verticale, in bassoinvece una scomoda buca da lette-re immette su saltino di 7 m(“Correos”) cui segue un ambienteconcrezionato con varie pozzed’acqua abbastanza profonde.Ancora qualche metro di discesa cisi ritrova in cima all’ultimo pozzodella grotta, lo splendido P 35“Bromista”.Il vasto ambiente che si incontraalla base presenta due vie, quella insalita si conclude alla base di ungrosso camino che sembra assorbi-re tutta l’aria della cavità, mentretenendosi bassi nel meandrino atti-vo, si percorrono ancora alcunimetri via via sempre più impegnati-vi. L’ultima improponibile strettoiasegna, a quota –162 m, il nostrolimite esplorativo.

Il sotano TepesilaSi tratta di un pozzetto profondouna decina di metri, senza alcunaparticolarità degna di nota, pocodistante dal villaggio di S. AndrèsTepenejapa, a valle dello stesso.

Il sotano PetlacalaLa dicesa di questa cavità è avve-nuta in contemporanea all’esplora-zione del Sotano Capaka, dove cisiamo addirittura contesi l’uso dellecorde.Nonostante le condizioni meteoro-logiche avverse siamo riusciti adattrezzare il primo pozzo che risul-ta un bel pozzo di 65 m, seguitosubito da un p. 40 m.Dopo altri due salti di circa 10metri giungiamo in un ambientedove troviamo una scritta: “Mac70”, lasciata da una precedentespedizione di cui però non siamoriusciti a capire chi fossero stati iprotagonisti.

Seminascosta nella selva tropicale siapre la Cueva del Cocinero, il cuiingresso é costituito da un canyon.

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Da qui dopo un saltino di pochimetri, viene superata una succes-sione di due pozzi di circa 20 metri.Alla base del secondo si diparte unmeandro strettissimo ed impratica-bile; da un lato invece parte unapiccola risalita. Un tratto di cunicolo conduce in unaltro meandro che a monte dà suuna cascata: è un arrivo che conver-ge nel medesimo meandro strettis-simo. Completata la topografia e disar-mata la grotta, il tempo a nostradisposizione è finito e si comincia asmontare il campo.

I partecipanti: Sara Virgillito, Francesco Fisichella(G.S. CAI Belpasso – CT);Massimiliano Gerosa, Giorgio Pan-

nuzzo, Marzia Sassi (G.S. Berga-masco le Nottole – BG); GiovanniCriscione, Enzo Cannarella,Angelo Iemmolo (Speleo ClubIbleo – RG); Sergio Santana, ElkeSchilling (Agrupación Espeleo-lógica URION – Ciudad deMexico); José Guerriero “Kary”(Instituto Politecnico Nacional, sez.Speleologica - Ciudad de Mexico).

L’autore di tutte le fotografie éCesare Mangiagalli.

RingraziamentiUn grosso riconoscimento lo dob-biamo a Jorge Rueda Higareda, Cle -mente Gòmez e Claudio Cruz che,pur non avendo partecipato diretta-mente alle esplorazioni in grotta,hanno dato un contributo decisivo.

Per un popolo essenzialmenteagricolo, come gli Aztechi, ilculto delle divinità legate all’ac-qua era di grande importanza erilevanza nella vita religiosa.Tláloc “quello che fa sgorgarel’acqua”, dio della pioggia e delfulmine, è la divinità più impor-tante di questo gruppo e proba-bilmente è anche una delle più

antiche adorate dai popoli del Messico e del CentroAmerica. I Maya lo chiamavano Chac; i Totonacos Tajín; iMixtechi Tzahui e gli Zapotechi Cocijo. Il suo culto si perdenella notte dei tempi: in quanto divinità dell’antichissimacultura Olmeca, Tláloc è in generale un dio benefico, ha ilcontrollo delle inondazioni, della siccità, della grandine, delgelo e dei fulmini, per cui si tratta di una divinità moltorispettata. Le rappresentazioni di Tlàloc sono molto nume-rose nella scultura e nella pittura e sono di facile identifi-cazione per la caratteristica maschera che, vista di fronte,lo fa apparire come se portasse occhiali e baffi. La classica maschera di Tlàloc è di colore azzurro, il coloredell’acqua. Come quasi tutti gli Atavíos di questo dio, ilcorpo e il viso sono generalmente colorati di nero, perchéTlàloc rappresenta principalmente la nube tempestosa,mentre le nubi bianche sono rappresentate dall’acconcia-tura di piume di airone, disposte nella parte superiore delcapo. Nella rappresentazione in figura, Tlàloc è seduto suun sedile di giada e tiene in mano un bastone fiorito; sullosfondo gocce di pioggia cadono dal cielo. Porta sulla nucaun ventaglio piegato e sul capo risalta un diadema ornato

Tlàloc “dio dell’acqua”

Pittura olmeca nella Cueva di Juxtlahuaca(Guerrero)

da due piume di Quetzal, piccolo uccello dalle piume verdiazzurre che vive sulle terre alte e le montagne (oggi simbo-lo del Guatemala). Questo oggetto, chiamato “quetzal-miahuayo” (spiga preziosa), simboleggia il Mais la cui colti-vazione – indispensabile per le popolazioni messicane e delCentro America - è soggetta direttamente alla volontà deldio della Pioggia.

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� Kef Aziza

Kef Aziza la lunga storiadi una grotta pre-saharianaAlberto Buzio Gruppo Grotte Milano; Guido Cantaluppi, Mario De Blasi,Manuel Guffanti Gruppo Speleologico CAI Varese; Giuseppe Repetto Gruppo Speleologico Bolzaneto

Riassunto

La grotta Kef Aziza è situata nel Medio Atlante Marocchinoa circa 70 chilometri dalla città di Errachidia, lungo la valla-ta del fiume Guir. Dal 1950 in poi si sono interessati allagrotta speleologi marocchini, francesi, spagnoli e croati, matutti hanno pubblicato solo un rilievo parziale di circa 1500metri. Nell’articolo viene presentata una topografia di circa3500 metri, corredata da foto e dai risultati preliminaridelle ricerche sulla morfologia, fauna cavernicola e preisto-ria della grotta.Parole chiave: Medio Atlante Marocchino, neolitico capsia-no, ragni cavernicoli.

AbstractKef Aziza cave is placed in the Morocco’s Middle Atlas, atabout 70 km from Errachidia city, in the Guir river valley.Since 1950, the cave was explored by moroccan, french,spanish and croatian caving teams. The paper reports onnew investigations by an Italian team and contains a newsurvey (about 3500 meters), along with photos, and preli-minary results about morphology, cave life and prehistorichistory.

KeywordsMoroccan Middle Atlas, Capsian Neolithic, cave spiders.

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Tra il 2002 e il 2003 sono stateorganizzate tre spedizioni

nella grotta Kef Aziza in Marocco,nei pressi nel villaggio diTazzouguerte, sul Medio Atlantemarocchino. Nel corso della prima, ostacolata dauna lunga serie di contrattempi,sono stati topografati di nuovo iprimi 1500 m di grotta, già rilevatiin precedenti spedizioni. La secon-da spedizione (Pasqua 2003),ugualmente perseguitata dalla sfor-tuna, ha prodotto circa 700 m dirilievo. I risultati della terza punta-ta (Natale 2003) sono riassumibiliin circa 1 chilometro di rilievo, lascoperta e documentazione di pic-coli reperti archeologici, l’osserva-zione dei chirotteri, il campiona-mento di insetti e minerali di grot-ta, il completamento del serviziofotografico dell’area e della grotta,la visita in un’altra nuova cavità, a40 chilometri di distanza dalla KefAziza e il rilievo di un pozzo arte-siano, situato nel fortino posto incima al versante opposto della valle

La storiaPeriodo neolitico capsiano (10.000A.C. – 4.700 A.C.): cacciatori ormaidivenuti stanziali visitano ed abita-no la primissima parte della grotta,facilmente individuabile per l’evi-dente ingresso lungo il basso corsodel Oued Guir, nel Medio Atlantemarocchino.Fine ’800: l’ingresso della grottaviene utilizzato dai legionari fran-cesi che ne disostruiscono l’entratacon cariche di esplosivo, probabil-mente per renderla più facilmenteutilizzabile come base contro lescorrerie delle tribù berbere dellazona.1948 – 1953: la grotta viene esplora-ta (pare) per 2.800 m probabilmen-te da componenti la SocietàSpeleologica Marocchina che peròpubblicano una topografia piùridotta di circa 1500 m. Su questaesplorazione non abbiamo notiziecerte perché abbiamo reperito solouna copia della pubblicazioneincompleta. 1970: viene organizzata una spedi-zione di speleologi spagnoli (laSAS del CGB di Barcellona) che

realizza una topografia dei primi1000 m della grotta.Tra il 1972 e il 1979, nell’ambito diun progetto finanziato dalla fonda-zione Keimer di Basilea, la grottaviene parzialmente esplorata etopografata per circa 1500 m.Nel 1981 la grotta è brevementedescritta nell’Inventaire Speleolo-gique du Maroc, pubblicato aRabat, e sull’Echo de Vulcainsappare una breve nota su una spe-dizione croata alla grotta, con an-nessa parziale topografia di 1541 m.Nel 1983 Planinarskog SavezaHrvatske, rappresentante varigruppi speleologici croati, esplora960 m di nuovi rami e completa ilrilievo Kef Aziza, portando a termi-ne due precedenti lavori di speleo-logi francesi e spagnoli (di cui nonvengono citate le fonti bibliografi-che) e conduce indagini simili allenostre. Purtroppo questa pubblicazionenon è stata censita sul BulletinBibliographique Speleologique percui, dopo complesse ricerche,abbiamo deciso di iniziare l’indagi-ne sulla grotta, convinti che non esi-stesse una documentazione esausti-va. Solo due mesi dopo il rientrodall’ultima spedizione abbiamo

MAROCCO

Foto sopra: Valle del Guir, al centro dellafoto è appena visibile l’ingresso dellaKef Aziza situato al centro della primabreve fascia di pareti.(Foto G. Cantaluppi)

Foto a destra: Kef Aziza, sezione della“Spina Dorsale”: è evidente il perfettoincrocio ortogonale delle fratture lungole quali si è sviluppata la galleria. (Foto D. Sighel)

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� Kef Aziza

reperito una copia della pubblica-zione del lavoro completato dalgruppo croato. Indubbiamente la vera esplorazio-ne speleologica è stata quella effet-tuata nelle precedenti spedizioni,

tuttavia decidiamo di proseguirenelle nostre ricerche anche perverificare le discordanze emergentidalla comparazione del nostro rilie-vo con quello pubblicato sull’Echode Vulcains.

Durante le tre spedizioni è stato pos-sibile fare alcune osservazioni sullapresenza di chirotteri all’interno dellacavità. Nella tarda primavera del 2002(Maggio) la quasi totalità della grottaera occupata da esemplari diRhinolophus euryale riuniti in tantepiccole colonie sparse per lo più sulsoffitto dell’immensa “Sala delGuano”, a circa 450 metri dall’ingres-so. I Rhinolophus volavano anche nellezone più interne, senza mai oltrepassare la “Pozza”. E’ unaspecie abbastanza comune, conosciuta bene anche in Italia:gli individui presentano una particolare foglia nasale appun-tita, la lunghezza testa-corpo di 43-58 mm, l’avambraccio di44-52 mm e peso compreso tra 9,5 e 17,5 grammi.Con loro convivono anche numerosi individui appartenen-ti alla famiglia dei Myotis, più precisamente (anche se conqualche dubbio) di Myotis punicus: ho stimato che la colo-nia contasse qualche migliaio di individui.Un anno dopo, nel mese di Aprile, era presente ancora ungrosso numero di pipistrelli, ma decisamente più ridotto(circa 1/3). Evidenti i segni lasciati dai Myotis sui punti diattacco. Grazie al ritrovamento di alcuni cadaveri della spe-cie, ho potuto effettuare precise misurazioni ossee che nehanno consentito l’esatta classificazione: questa volta diMyniopterus Schreibersii. Durante l’ultima spedizione, svol-

tasi in periodo invernale, ho avutomolta difficoltà a reperire i pipistrelli.Pare infatti che gli abitanti dei villaggilimitrofi, per paura di malattie respira-torie provocate dal guano (presumoistoplasmosi), abbiano allontanato glianimali riscaldando l’ambiente connumerose torce a vento, conficcatenelle pareti attorno alla “Sala delGuano”. Da una stima personale hovalutato fossero presenti soltanto

circa duecento individui, tra cui ancora Myotis punicus,Rhinolopus euryale e una specie a me sconosciuta:Rhinopoma hardwickei.Si tratta di una specie per lo più africana, tipica di regioniaride prive di alberi, avvistata e studiata in Egitto, Marocco,Mauritania, Kenya, Israele, Afghanistan e con qualche segna-lazione anche in Thailandia. E’ caratterizzata da una coda lunga quasi quanto il corpo,orecchie grandi, lunghezza testa e lunghezza corpo di 54-90mm, avambraccio 45-75 mm, peso tra 6 e 14 grammi. Lapelliccia è di colore grigio-marrone scuro sul dorso, piùchiaro nella porzione addominale. I Rhinopoma hardwickeistanno generalmente in piccoli gruppi di 10 individui al mas-simo, se non addirittura da soli. Tutti gli esemplari avvistatie in qualche modo seguiti erano presenti solo nella primaparte della grotta, a circa 200 metri dall’ingresso, all’altezza

I chirotteri di Kef Aziza

Un esemplare di Rhinopoma hardwickei,specie per lo più africana, tipica diregioni aride prive di alberi. (Foto: M. De Blasi)

Nota al rilievo: in mancanza diprecedenti assegnazioni, i nomi degliambienti della cavità sono stati datidalle spedizioni che hanno realizzato lapresente topografia.

Tazzouguert - Marocco

Rilievo anno 2003

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Osservazioni di geomorfologia, preistoriae biospeleologiaL’area che riguarda la grotta di KefAziza fa parte del vasto Hamadadu Guir, un altopiano di circa 1000chilometri quadrati, che si estendesino ai limiti delle regioni saharianee interessa il corpo dello JebeelChaaba, un grande banco calcareodel Turoniano. La cavità (dati cata-stali: Kef Aziza o Grotta diTazzouguert, Marocco, località:Tazzougert – Provincia di Errar-chidia, coordinate: 32°01’46” N –3°47’17” W, quota: 1100 m slm) siapre a circa 30 metri sopra il lettodello Oued Guir, segue un asse adirezione SE-NW e ha un anda-mento prevalentemente suboriz-zontale. Appare impostata su unafrattura generatrice che si puòosservare costantemente al culminedegli ambienti e ha una morfologiaprettamente freatica, con cupole dimiscelazione che si susseguonoincessantemente sulla volta. Nella

prima parte le dimensioni sonoimponenti. In alcuni tratti si notanochiare indicazioni di attività vadosache ha reinciso precedenti riempi-menti e depositi concrezionati.Nella seconda le dimensioni si ridu-cono, il percorso si ramifica piùvolte e - pur mantenendo unamorfologia freatica - si accentuamano a mano l’evidenza di una fasevadosa; quest’ultima, talvolta, uni-sce con ringiovanimenti e meandridiversi livelli freatici, dove si osser-vano gallerie subcircolari o ellitti-che di dimensioni metriche. Moltedelle diramazioni di questa zonasono attualmente invase da acqueche non hanno un flusso evidente,ma non sono stagnanti e inoltre sinotano incisioni che indicano unaprobabile inversione del flusso idri-co. L’ipotesi fatta in base alle primeosservazioni è che si siano succedu-te due fasi ben distinte: una primafreatica, antichissima, di genesi infalda terminata con la fossilizzazio-ne; ultima conseguenza dell’abbas-samento della falda causato dall’e-

rosione dell’Oued Guir che ha iso-lato lo Jebeel Chaaba e forse haanche eroso parte del sistema. Unaseconda più recente che interessa leparti più interne della cavità, a rile-vanza vadosa, non collegata allagenesi del sistema principale, evo-lutasi in climi più aridi con mecca-nismi speleogenetici sviluppatiforse in litotipi diversi dai primi efavoriti dall’assorbimento diffusosui pianori fortemente fessuratidell’hamada.All’ingresso della grotta abbiamotrovato e fotografato sia reperti liti-ci (selci) - che per la lavorazionepossono definirsi raschiatoi e puntedi freccia – sia frammenti di ciotolein terracotta, alcune colorate conocra rossa (forse corredo di sepol-ture?), altre striate a spina di pesceo puntinate mediante pettini diosso, probabilmente utilizzate perla cottura di cibi. Tale materiale conbuona probabilità si può far risalireal Periodo Capsiano (a cavallo trala fine del Paleolitico e l’inizio delNeolitico ovvero tra il 10.000 e il

del primo bivio, ad una temperatura decisamente più bassa(16,5 °C) rispetto al roost, la zona della grotta normalmenteutilizzata dai pipistrelli come sede della loro colonia. IRhinolopus euryale ed i Myotis punicus prediligevano invece legallerie più calde nella parte più inter-na della cavità (23 °C - misura costan-te nelle varie spedizioni), questa voltaanche oltre la “Pozza”, fino a quasi 1,5chilometri dall’ingresso. E’ risultatoevidente che gli individui non sonocaduti in letargo, forse a causa dellabassa escursione termica tra la grottae l’esterno, forse anche per la riccapresenza di insetti sulle rive del OuedGuir.Data la nostra incertezza sulla possibi-lità di avere contratto l’istoplasmosi,sono state richieste analisi di labora-torio su un campione di guano dallequali è emersa, fortunatamente, l’as-senza di batteri dell’istoplasmosi o dialtri nocivi all’uomo. Visto l’abbondan-te guano presente in tutta la grottaconsigliamo comunque di adottaretutte le misure precauzionali.

Mario De Blasi

Kef Aziza: a circa 200 metridall’ingresso, si arriva al primo bivio. Le fratture su cui sono impostate le gallerie della cavità presentanospesso sulla volta delle cupole di corrosione. (Foto: D. Sighel)

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� Kef Aziza

4.700 a.C.) che prende il nome dallacittà tunisina di Gafsa, l’anticaCapsa romana, dove venne per laprima volta studiata questa civiltà.Nonostante che nel gruppo non cifosse un biospeleologo, abbiamocomunque prelevato qualche esem-plare di fauna ipogea che sarà esa-minato da specialisti. In attesa dell’esito degli studi pos-siamo riferire di aver catturato:Diplopodi iulidi (millepiedi), unpo’ spappolati per la loro delicatez-za; alcune specie di crostacei dellefamiglie Porcellionidae e Trichoni-scidae; alcune specie di ragni, fra iquali cinque esemplari diLeptyphantes, purtroppo tutte fem-mine ed un esemplare molto inte-

ressante appartenente al genereDysdera (questo esemplaremaschio, che abbiamo catturato acirca 800 metri dall’entrata dellagrotta, è cieco ed ha veramente unhabitus da cavernicolo); Ditteridella famiglia Phoridae; qualchelarva di tenebrionide. Ora speriamoche questo seppur limitato contri-buto alla biospeleologia sia un pic-colo seme che germogli e magari cipremi con la soddisfazione d’averscoperto qualche nuova specie.

Partecipanti alle 3 spedizioni: Guido Cantaluppi, CristinaCiapparelli, Aldo Colombo, MarcoCorvi, Mario De Blasi, ManuelGuffanti, Alessandra Mazzucchi,Antonio Premazzi (GruppoSpeleologico Cai Varese), AlbertoBuzio (Gruppo Grotte Milano CaiSem), Giuseppe Repetto (GruppoSpeleologico Cai Bolzaneto),Giacomo Berzacola, DanieleSighel, Anna Zambon (GruppoSpeleologico Trentino SAT BindesiVillazzano).

RingraziamentiPer i preziosi contributi scientificiprestati alle spedizioni siamo parti-colarmente grati a: VittorioCastellani, Graziano Ferrari, PaoloForti, Davide Mengoli, GianlucaPadovan, Dino Scaravelli,Domenico Zanon e all’Universitàdell’Insubria (VA). �

Belouin C., 1928 - Note sur la grotte de Tazzouguert – B.archéol. com. et histor. et sci. Paris, pp. 243 – 246

Bolonic Z., Jalzic B., Quhta M., Rada T., 1982/1983 - Maroko ’83– Speleolog, pp.11 – 20

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Camus J., Villard L., 1953 – 5 annés d’exploration soutterrai-nes au Maroc S.S.M.

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Ronald M.Nowak. 1994, Bats of the World, Edizioni Walker’s

Panouse Jean B.1951, Les Chauves-souris du Maroc

Notte stellata nella Valle del Guir, neipressi del campo base. (Foto: D. Sighel)

Bibliografia

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� Tecniche e sicurezza

� Notizie italiane

� Notizie estere

� Spulciando in biblioteca

� Recensioni

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Ilitotipi carsificabili non calcareisono riconducibili prevalente-

mente alle rocce evaporitichecome ad esempio i gessi o il sal-gemma; insomma tutte litologiedecisamente tenere.In particolare le rocce gessose nonhanno nulla a che spartire conquelle calcaree, né dal punto divista chimico-fisico, né da quellodella genesi e neppure dal puntodi vista prettamente “meccanico”,ovvero della consistenza - e conse-guente tenuta - dei vari tipi diancoraggi. Un esempio per tutti:gli spit non si usano e non si sonomai utilizzati; a parte pochi e raris-simi casi, capitati più per esperi-mento che altro.

Un po’ di storiaLa speleologia nei gessi, dal puntodi vista degli ancoraggi, ha ancorail sapore dell’alpinismo di un

tempo, con chiodi artigianali fattiin casa, e soluzioni personalizzatesperimentate direttamente sulmeandro prima ancora che inlaboratorio. Quasi tutte le grotteromagnole sono chiodate conchiodi a pressione artigianali disolito costituiti da un gambo (disezione quadrata o esagonale) allacui estremità è saldato un anellorealizzato con una maglia di cate-na, oppure due rondelle appaiateo ancora una piastrina quadratacon foro centrale. Il chiodo a pres-sione può lavorare esclusivamentea taglio, e la tenuta all’estrazione èlegata unicamente all’interferenzache si viene a creare fra il forotondo (Ø 8 mm) e il corpo delchiodo (esagono o quadrato circo-scritto al Ø 8 mm). Per l’infissionedi un chiodo a pressione è neces-saria la mazzetta da 1 Kg. Il mar-tello standard da speleologia nonbasta.In questi ultimi anni sono statifatti alcuni esperimenti con chiodichimici, ma non vi sono studiapprofonditi sul comportamentochimico - fisico della resina a con-tatto della roccia gessosa e vice-versa. Bisogna inoltre tenere pre-sente che l’ambiente ipogeo gesso-so è particolarmente aggressivonei confronti dei metalli: nessunazincatura resiste per più di pochianni e anche i moschettoni in legadi alluminio, se lasciati sporchi difango misto a cristalli di gesso inambienti umidi per alcuni mesi ne

Tecniche e sicurezza

Vita da chiodiNuove e interessanti prove sulla tenuta dei tasselli autofilettanti Heco

Garavini Davide, Valgimigli RemoGruppo Speleo GAM – Mezzano (RA)

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risentono, presentando le classichemacchie scure accompagnate daforellini superficiali che nascondo-no micro cavità interne. L’unicomateriale idoneo ad armi fissi è,naturalmente, l’acciaio inox.

Lo stato dell’arteIl tassello più utilizzato sia daigruppi regionali sia dal CNSAS,testato in laboratorio, è il fix marcaCMS a doppio anello di espansio-ne. Questo tassello è stato preferitoai molti altri modelli in commercioper la presenza del doppio anello diespansione, che ne determina uncarico ad estrazione superiore.Determinare i carichi di rottura diqualunque tassello in laboratorio(intesi come valori assoluti) hapoco senso se prima non vienecreata una scala standardizzata di“consistenza” della roccia gessosa. Igeologi mi perdoneranno per quel-lo che scrivo da profano, ma undecennio di attività in grotte nelgesso mi ha fatto osservare una talevarietà nella dimensione dei cristal-li, nella loro coesione, nella com-pattezza degli strati che li compon-gono, che si traduce nella opportu-nità di codificare la “consistenza”della roccia in una scala graduata.E personalmente ritengo che unascala con 10 valori sarebbe ancorainsufficiente a rappresentare lavarietà della roccia gessosa. Perquesto abbiamo ritenuto più atten-dibile effettuare prove comparativesui carichi di rottura/estrazione,realizzate cioè nello stesso sito sutasselli di marca e/o modello diver-si, ma a distanza di pochi centime-tri l’uno dall’altro. Infatti non èaffatto raro riscontrare caratteristi-che meccaniche della roccia com-pletamente diverse anche a distan-za di pochi decimetri.

La novitàQuale è stata l’evoluzione delchiodo nel legno? La vite.Il chiodo lavora a taglio, la vite siaa taglio che ad estrazione. E puòessere svitata…Da un paio di anni sono state

introdotte nel settore edile delleviti autofilettanti da calcestruzzo.Da due anni il nostro gruppo(GAM di Mezzano) le ha adottatee sperimentate inizialmente perrisalite in artificiale, e successiva-mente anche per armi fissi (inox).Solo ora siamo riusciti a trovareun canale per poter avere unriscontro strumentale della tenutadi queste viti nel gesso. Le viti inoggetto sono prodotte dalla dittaHECO-Schrauben GmbH & Co.KG, rappresentata sul territorioitaliano da Heco Italia s.r.l.(www.heco-schrauben.de).Concettualmente la vite autofilet-tante riunisce tutti i vantaggi degliancoraggi tradizionali: è utilizzabi-le appena posta in opera (come fixe spit) e non applica forze diespansione interne alla roccia(come i chimici). Ma può esseretolta quando non serve più e riuti-lizzata... e questo non lo fa nessu-no. Quest’ultimo è un aspettoimportantissimo sia in esplorazio-ne che in risalita artificiale poichériduce il dubbio se piazzare omeno 1, 2 o 3 fix (forse inutili) perscendere un buchetto o attrezzareun saltino. La vite si mette e sitoglie: si guadagna in sicurezza, inimpatto ambientale, in terminieconomici. E scusate se è poco.Vediamo ora i risultati del test, peralcuni versi sorprendenti.

Test comparativo dei cari-chi di rottura/ estrazioneConfronto dei valori dei carichi dirottura/estrazione fra fix marcaCMS a doppio anello di espansio-ne Ø 8 mm (in acciaio zincato einox), e viti autofilettanti da calce-struzzo marca HECO modelloMultimonti Ø 8 mm L = 80 mm (inacciaio zincato).NOTA: il Ø 8 mm delle vitiMultimonti è riferito al diametrodi nocciolo della vite, e quindi alforo da praticare nella roccia. Ildiametro di cresta è circa 10 mm,ed è quello richiesto nelle plac-chette per far si che la vite passidal foro. Dal punto di vista com-merciale la sigla delle viti da noi

Tecn

iche

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zza

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Tecniche e sicurezza

utilizzate e testate risulta pertantoessere: MMS 10x80.

AttrezzaturaOccorre qui fare un doveroso rin-graziamento per la effettiva, anzifondamentale collaborazione delCorpo Nazionale dei Vigili delFuoco, comando provinciale diRavenna, che ha fornito uomini emezzi indispensabili per effettuarei test. Durante i test erano presen-ti due tecnici VVFF squadre SAFe un tecnico CNSAS.Attrezzatura: paranco marcaTIRFOR da 35 kN, dinamometromeccanico con fondoscala a 20 kN,cavo in acciaio di sezione adegua-ta, gancio di sicurezza, maglia rapi-da a delta Ø 10 mm. La classe diprecisione del dinamometro è sco-nosciuta, risoluzione di lettura0,25 kN, per cui i valori riscontratinon vanno presi per certi in sensoassoluto. Dato però che si tratta diuna prova comparativa, ovvero diconfronto a parità di strumenta-zione e condizioni ambientali, lavalidità del test rimane inalterata aprescindere dalla classe di erroredello strumento. L’unica differenza che rimane èlegata alla non linearità di errorefra centro scala e fondo scala dellostrumento, ma come vedrete inseguito le differenze fra fix e vitisono macroscopiche, e tali da nonessere influenzate dall’errore dellostrumento.

TestI test sono stati effettuati in aprile2004 nella ex Cava Marana, comu-ne di Brisighella (RA), su duediversi tipi di roccia gessosa:una che definiremo di media qua-lità (dimensione dei cristalli com-presi fra 5 e 10 mm, non partico-larmente compatti). Roccia tipo incui i fix CMS a doppio anelloimpiegano alcuni giri completi deldado per serrare.una che definiremo di eccellentequalità (dimensione cristalli infe-riore a 5 mm, estremamente com-patti). Roccia tipo in cui i fix CMS

razione di perforazione e, per lamassima uniformità di condizioni,sono stati fatti dalla stessa perso-na.

ConclusioniNaturalmente i test non possonoessere considerati esaustivi, per-ché sono stati limitati da molti fat-tori fra cui: due soli tipi di rocciagessosa testata, utilizzo di anellicon carichi di rottura non superio-re ai 22 kN, dinamometro mecca-nico e limitato nel fondoscala a 20kN, mancata verifica delle vitiHECO Multimonti più sottili o piùcorte, mancata verifica delle vitiHECO Multimonti in inox, man-cata verifica di entrambi i tasselli ataglio. Possiamo comunque affer-mare con certezza che:Le viti HECO modello Multi-monti si sono dimostrate di granlunga più performanti dei tassellifix marca CMS a doppio anello di

a doppio anello impiegano al mas-simo un giro completo del dadoper serrare.Su entrambi i tipi di roccia sonostati effettuati due test per ognitipo di ancoraggio, per escluderevalori anomali.Per tutti gli ancoraggi sono statiutilizzati anelli CAMP in acciaio,con foro Ø8 mm e Ø10 mm, caricodi rottura dichiarato dal costrutto-re 22 kN. Occorre precisare che glianelli con foro Ø10 mm sono statileggermente “asolati” per permet-tere il passaggio della vite HECOMultimonti. Questo ne puòsenz’altro aver ridotto il carico dirottura.Per garantire il diametro nominaledi Ø8 mm tutti i fori sono statieffettuati con trapano a batteriasenza percussione e con punta daferro opportunamente affilata.Tutti sono stati effettuati ad “altez-za uomo” per ridurre al minimol’asolatura del foro durante l’ope-

1° provaTassello Vite HECO Multimonti.Anello CAMP foro 10 Nuovo. Si è deformato sotto sforzo.Cedimento Estrazione vite perfettamente integra e riutilizzabile.

Cedimento della parte di gesso interessata dalla filettatura. Foro allargato da 8mm a 9,5mm circa.

Carico raggiunto 16,5 kN

2° provaTassello Vite HECO Multimonti.Anello CAMP foro 10 Nuovo. Si è deformato sotto sforzo.Cedimento Estrazione vite perfettamente integra e riutilizzabile.

Cedimento della parte di gesso interessata dalla filettatura.Foro allargato da 8mm a 9,5mm circa.

Carico raggiunto 18 kN

3° provaTassello Fix CMS acciaio zincato.Anello CAMP foro 8 Nuovo. Non si è deformato.Cedimento Estrazione fix privo dei due anelli di espansione.

Foro integro.Carico raggiunto 7,5 kN

4° provaTassello Fix CMS inox.Anello CAMP foro8 Stesso della prova precedente. Non si è deformato.Cedimento Estrazione fix privo dei due anelli di espansione.

Foro integro.Carico raggiunto 8,25 kN

Risultati di test effettuati su roccia di MEDIA qualità

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5° provaTassello Fix CMS acciaio zincato.Anello CAMP foro 8 Stesso precedente prova. Non si è deformato.Cedimento Rottura del fix (tranciato) in corrispondenza del primoanel lo di espansione.Carico raggiunto 16 kN

6° provaTassello Fix CMS acciaio zincato.Anello CAMP foro 8 Stesso precedente prova. Non si è deformato.Cedimento Estrazione fix privo dei due anelli di espansione.

Foro integro.Carico raggiunto 15 kN

7° provaTassello Fix CMS inox.Anello CAMP foro 8 Stesso precedente prova. Non si è deformato.Cedimento Estrazione fix privo dei due anelli di espansione.

Foro integro. Fix leggermente curvo dovuto al tiro non in asse.

Carico raggiunto 15 kN

8° provaTassello Vite HECO Multimonti.Anello CAMP foro 10 Già utilizzato e deformato.Cedimento Oltre i 20 KN (fondo scala dinamometro) ripetutamente e

per un tempo prolungato, dovuto al continuo slittamen-to del masso di ancoraggio del paranco. Poi estrazione vite legger

mente incurvata dovuto al tiro non in asse. Cedimentodella parte di gesso interessata dalla filettatura. Foro allargatoda 8mm a 9,5mm circa.Carico raggiunto > 20 kN

9° prova

Tassello Vite HECO Multimonti.Anello CAMP foro 10 Già utilizzato e deformato.Cedimento Ulteriore slittamento del masso di ancoraggio. Portato in

appoggio su un altro masso. Rottura dellanello CAMP per cedimento in corrispondenza della testa della vite. Vite perfettamente integra e riutilizzabile.

Carico raggiunto Senza dinamometro. Carico superiore al precedente. Determinato approssimativamente in base allo sforzo

umano necessario.

10° prova

Tassello Vite HECO Multimonti. Nuova mai utilizzata.Anello CAMP foro 10 Nuovo. Mai utilizzato.Cedimento Riutilizzo stesso foro della prova precedente. Utilizzonuovo masso di ancoraggio pi grosso del precedente. Rotturadella nello CAMP per cedimento in corrispondenza dellatesta della vite. Vite perfettamente integra e riutilizzabile.Carico raggiunto Senza dinamometro. Carico simile al precedente.

Determinato approssimativamente in base allo sforzoumano necessario.

Risultati di test effettuati su roccia di ECCELLENTE qualità

espansione, quelli cioè ritenuti adoggi i più validi per l’ambientegessoso.Nel gesso di eccellente qualità,ogni singola vite raggiunge e supe-ra di gran lunga il carico di rotturadi ogni singolo componente dellacatena di sicurezza. Ma è nel gesso di media qualità, ilpiù diffuso nel nostro ambienteipogeo, che la differenza diventaabissale, e le viti HECO Multi-monti raggiungono carichi di rot-tura (estrazione) più che doppirispetto ai tradizionali fix CMS.

Alcune annotazioniChiave di serraggio. Occorre lachiave di 16 anziché di 13.Il foro da praticare nella roccia èsempre del diametro 8 mm, soloun po’ più lungo: circa 2 cm in piùrispetto al fix.Per uso provvisorio e conseguenteriutilizzo sono indicati quelli inacciaio zincato (costo circa 1 €

cad.), per armi fissi o semidefiniti-vi (alcuni mesi di permanenza inambiente ipogeo gessoso) sonoindicati quelli in acciaio inox(costo circa 4 € cad.). I prezzi(IVA inclusa) sono quelli da noiottenuti per piccole quantità: con-fezione da 25 pezzi.

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Lombardia

Ingresso Fornitori (Pian del Tivano - CO) Durante una visita alla cavità che si pre-sentava subito dopo pochi metri occlusada una frana instabile, si decide di tentareugualmente la disostruzione motivatadalla violenta corrente d’aria soffiante ecosì, dopo tre pesanti uscite di scavo, sitrova la via buona. La parte iniziale si presenta subito impe-gnativa a causa di alcuni laminatoi strettied allagati, mentre più oltre la grottaesplode in un dedalo di condotte. Il ramoprincipale, dopo circa mezzo chilometro,si biforca in un bivio che dà accesso a dueimmense regioni estese per migliaia dimetri. La prima si divide ulteriormente invari settori: le gallerie Motobecane,l'Armaghed-don (salone di 80 x 40 m convari rami affluenti), Africa e Shanghei.Nelle ultime due zone sono state effet-tuate parecchie uscite per la vicinanzacon la grotta Stoppani, ma la giunzionesfugge ancora nonostante siano pochi imetri che separano le due grotte. La seconda regione, dopo un nero P 30,intercetta una galleria inizialmente fossilee lunga oltre un chilometro che terminanell'immenso salone “L’Australia” (100 x70 m); anche in questo ramo si trovanodecine di prosecuzioni parzialmenteesplorate e rilevate. La zona è di difficileaccesso a causa di un lungo e basso pas-saggio (Ghiaiowai) apparentemente fossilema che purtroppo, dopo alcuni giorni dipioggia, è stato trovato semi allagato. Questa situazione limita di fatto le esplo-razioni ai soli periodi di magra o gelo edinfatti, ad un anno dall’apertura dell’in-gresso, le uscite effettuate in L’ Australiasono state solamente due. Sempre sottoil P 30 si trova un'altra zona denominata“Moltrasia”. Durante le ultime uscite sono state sco-perte numerose diramazioni, aprendo difatto due nuovi fronti esplorativi: il primosi dirige verso i Piani di Nesso (piccolopianoro con pochissime cavità e nessunacon sviluppo degno di nota), il secondo èfermo su pozzo con una violentissimacorrente d’aria. Al momento sembra direzionarsi verso ilcomplesso Tacchi – Zelbio; anche qui lapercorribilità è ostacolata dai soliti lami-natoi e sifoni. In un anno sono stati rileva-ti 13 km di gallerie (la stima dell’esploratoè di oltre 16 km) per una profondità di399 m ma il potenziale è tutt’altro cheesaurito e molte sono le prospettive d’a-vanzamento nei vari settori. Nonostante alcuni componenti il GGMabbiano reso agibile un secondo ingressoche by- passa la zona iniziale dei laminatoiallagati, le uscite sono comunque impe-gnative perché implicano una permanenzain grotta di oltre 24 ore.

La possibilità di giunzione con la Grottapresso la capanna Stoppani e ilComplesso Tacchi – Zelbio è di forte sti-molo per la prosecuzione delle esplora-zioni. Oltre allo Speleo Club Erba ed allaAssociazione Speleologica Comascahanno partecipato alle esplorazioni diversigruppi Lombardi ed alcuni indipendenti.

Sergio Mantonico, Speleo Club Erba

L’Altro Mondo(Pian del Tivano - CO)Parallelamente all’attività ad "Ingressofornitori", proseguono le prospezioni sulfianco N della sinclinale della Val Nosè, inparticolare lungo il versante meridionaledel Monte San Primo. Oltre all’Abisso dei Mondi, esploratoalcuni anni fa fino alla profondità di 300m, dopo un massiccio lavoro di disostru-zione, è stato scoperto “L’Altro Mondo”,interessante cavità che raggiunge laprofondità di 290 m per uno sviluppo di700 m. Al suo interno un enorme pozzo - scivo-lo di 200 m con dimensioni medie 10 x 6purtroppo termina in un salone senzanessuna possibilità di prosecuzione.

Marzio Merazzi, Speleo Club Erba

Ancora novità dalla Valle Imagna e Val San MartinoSono state scoperte ed esplorate alcunebrevi cavità nei comuni di Bedulita,Brumano, Rota, Almenno San Barto-lomeo, Palazzago e Fuipiano. Tra tuttespicca la “Grotta Bella, Sopra MarciaSotto” che si apre lungo una strada ster-rata nelle cave di quarzo e diaspro diRoncola. La grotta è formata da una sala riccamen-te concrezionata lunga 15 m, larga 8 m ealta sino a 5 m. Una serie di passaggi infrana conduce ad una fessura terminale.Dalla sala parte anche una bella galleriache si divide poi in cunicoli che portanonei pressi dell’esterno. Lo sviluppo realeraggiunge i 70 metri.

Andrea MaconiGruppo Grotte Milano CAI SEM

Friuli

Ancora scoperte a Timau (UD)Non smette di regalare sorprese la"Grotta sopra la centrale di Timau"(FR89) in comune di Paluzza, già conosciutaalmeno dal 1887, dove la collaborazionetra il Gruppo Triestino Speleologi, ilGruppo Grotte Novara ed il GruppoSpeleologico Carnico "Michele Gortani"del CAI di Tolmezzo sta producendo

notevoli risultati. Nel tentativo di con-giungere la "Grotta sopra la centrale diTimau" con la "Grotta della risalita", aseguito di una serie di risalite a caministranamente tralasciati dalle precedentiesplorazioni, vecchi e nuovi speleo freschidi corso hanno scoperto negli ultimimesi diverse decine di metri di nuovegallerie ben concrezionate e con le stes-se caratteristiche labirintiche del restodella cavità.I rami nuovi, che partono da sopra ilgrande finestrone in parete caratteristicodella grotta, alternano risalite bagnate astrettoie e gallerie suborizzontali che siavvicinano all'esterno. Tutto è ancora infase di esplorazione e rilievo. Le ultime scoperte e quelle degli scorsianni stanno trasformando la parete chesovrasta il "Fontanon di Timau" in uncomplesso articolato di grotte che, perquanto superficiali (si sviluppano, infatti,prevalentemente parallele alla paretedove sono situati gli accessi e puntanopoco all'interno), ha un notevole sviluppospaziale e numerosi interrogativi da risol-vere. Speriamo che non tardino a regalare altrielementi alla conoscenza, soddisfacendoanche la nostra voglia di giocare con ilmondo.

Claudio Schiavon, Gruppo Speleologico Carnico "Michele

Gortani" CAI Tolmezzo

Toscana

Abisso Gigi-Squisio, nuovo ingressodel Saragato (Alpi Apuane -M.Tambura - LU)E’ nel 2000 che in Carcaraia(M.Tambura), alla quota di 1225 m, allar-ghiamo un piccolo buco soffiante con unastrettoia impercorribile dopo pochimetri.Dopo qualche anno e precisamente nelgennaio 2003, forziamo il passaggio edopo un breve meandro scendiamo unpozzo di 20 m, ma le neve ci costringe arimandare l’esplorazioni alla primavera.Con nuovo entusiasmo troviamo unaserie di pozzi e meandri che ci portanofino a -260 m, dove la grotta incontraambienti molto più grandi di quelli per-corsi. Da qui, scendendo un pozzo da 100 m euno da 30 m , ci colleghiamo con quelloche è il grande complesso Saragato - AriaGhiaccia, in prossimità del pozzo Aki,avvicinando con il nuovo ingresso questelontanissime zone.A monte del collegamento ancora tantis-sime cose da vedere, che fanno presagirealtri sviluppi. Di particolare interesse unadiramazione che, con piccole condottefreatiche, ci fa spostare in pianta direzio-ne N-W, avvicinandoci molto all’abisso

Notizie italiane

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Arbadrix e al più lontano abisso ManiPulite. Attualmente l’abisso Gigi - Squisioha uno sviluppo di 1344 m rilevati e disli-vello di -400 m al collegamento con ilSaragato.

Unione Speleologica Pratese

Val Serenaia (Alpi Apuane - LU)Le copiose nevicate di questa stagioneinvernale non hanno interrotto le esplo-razioni dentro la Buca Nuova (nomeprovvisorio che rischia di diventare defi-nitivo). Una strettoia molto lunga ciaveva fermato a -120 e solo dopo alcunimesi siamo riusciti ad andare oltre. Lagrotta continua con un meandro interval-lato da piccoli salti, fino a raggiungere unazona verticale (p.70 e p.30) alla cui basesi intercetta un ulteriore grande meandrofossile, con una netta inversione d'aria.Più in basso si ritrova l'acqua e si entra inuna zona molto complessa, con diversevie ancora in fase di esplorazione, e conun grande camino da risalire. La via attivapurtroppo presenta ancora dei restringi-menti e l'acqua si perde fra due alte estrette pareti. Tutta la cavità è impostatalungo una serie di fratture con direzione225° N. Attualmente misura circa 700metri per 320 di dislivello.

Francesco De Grande, OSM Sottosopra Modena

Inghiottitoio dei Casini di Corte, Parco dell'Orecchiella (Corfino - LU)Nell'estate del 2003 il GSPG di ReggioEmilia ha esplorato una nuova cavitàsituata su un canale affluente sulla destraorografica del rio Riomonio. Si tratta diun inghittitoio attivo che si apre lungouno dei primi canali, al contatto fra laformazione dell'arenaria macigno e i cal-cari grigi del Lias. Dopo alcuni salti, allaquota di -50 si apre una verticale di ben70 m in fondo alla quale un meandrocomplesso chiude per il momento lacavità, con un restringimento delle paretidopo altri 40 metri di grotta. Nella parte alta di questo meandropotrebbe esserci la probabile prosecuzio-ne, raggiungibile però attraverso acroba-tiche pendolate o chiodature in parete.L'inghiottitoio dei Casini è il primo dellazona a scendere fino a 120 m di profon-dità, e potrebbe diventare strategico perraggiungere l'ipotetico collettore del rioRiomonio, le cui copiose acque sparisco-no lungo il greto, per risorgere nella zonadi Villa Soraggio, 450 m più in basso.

Michele Sivelli

Nuovi rami nella grotta di Montecchio (GR)Nella grotta di Montecchio (254T/GR)sono stati scoperti nuovi rami grazie adue serie di esplorazioni eseguite dallaSNSM nel 2001 e nel 2003. Nel 2001comincia la risalita di un camino che siapre nel salone terminale della grotta, la“Sala Finocchi”. Alla fine la risalita contaun dislivello di 70 metri lungo i quali sisviluppano, su due livelli diversi, delle sale.Il primo tratto di risalita è impostato suun pozzo appoggiato con pareti calcaree,nelle fessure delle quali si trova gessoche le rende molto instabili. Si giunge nella prima sala proprio attra-verso uno sfondamento nel gesso chericopre parte del pavimento. Il resto diquesta sala è ricoperto da terra e fango.Da qui parte una seconda risalita sempresu roccia “marcia” e poco stabile, alla cuisommità si apre una spaccatura che creaun piccolo corridoio. Da una finestra di questo si accede allaseconda sala, caratterizzata da un bancodi gesso che ne costituisce interamente ilpavimento e forma concrezioni sullepareti. Risalita una di queste pareti sigiunge alla sommità dove si trovano nic-chie concrezionate da stalattiti, panneggie cannule. Importanti sono le direzionidelle due sale e della spaccatura che con-fermano le direzioni delle fratture princi-pali lungo le quali si è sviluppata la grotta:N e ENE.Sempre dalla Sala Finocchi il controllo piùaccurato di una serie cunicoli già rilevatiha permesso di trovare nel 2003 un

nuovo percorso che, dopo 110 m, condu-ce prima in alcune salette comunicantitra loro e, successivamente alla disostru-zione di un “tappo” in gesso, nella Saladei Serpenti. Questo collegamento ha semplificato l’e-splorazione di un nuovo ramo che si svi-luppa proprio in direzione opposta alla“Sala dei Serpenti”. Sono stati trovati duelivelli, uno alla stessa quota delle saleFinocchi e dei Serpenti, uno più alto cor-rispondente alla Sala dei Gessi, dopo il P40 nel ramo principale della grotta. Illivello più basso, senza perdere le carat-teristiche concrezioni in gesso, presentaroccia più coerente, una sala con molteconcrezioni (stalattiti, cannule, piccoleeccentriche, panneggi ecc.), pavimentocon vaschette e soprattutto un corridoiointeramente ricoperto di concrezioni "acavolfiore", tanto da non sapere dovemettere i piedi. Piccola nota “folcloristi-ca”: in una stanza vicino a questo abbia-mo trovato il “cimitero dei serpenti”, conalcuni cadaveri in vari stati di decomposi-zione. Il livello superiore è caratterizzatoda saloni franosi con pareti e soffitticostituiti da blocchi tenuti fermi da fango.Vi è comunque una stanza prevalente-mente in gesso ed ornata di infiorescen-ze gessose. Da qui, per altre vie si ritorna alla “vec-chia” Sala dei Gessi. Terminata per ora lafase esplorativa, comincia il rilevamentogeologico, lo studio stratigrafico petro-grafico, sedimentologico e delle concre-zioni che saranno resi pubblici grazie allaricerca che sta compiendo la SNSM conl’apporto scientifico di un membro delgruppo, dottorando presso il“Dipartimento di Scienze della Terra”dell’Università di Siena ed altri del grup-po studenti presso la stessa facoltà.

Pietro Bartolini, Società Naturalistica Speleologica

Maremmana

Sicilia

Inghiottitoio di Monte Conca(Campofranco - CL)Continuano le esplorazioni del GS"Speleo Petra" della sezione delleMadonie Petralia Sottana del CAI, in col-laborazione con la Riserva NaturaleIntegrale "Monte Conca" gestita dal CAISicilia. Durante le ultime campagne diricerca, grazie al superamento di un sifo-ne e alla realizzazione di un paio di risali-te, sono stati scoperti, esplorati e rilevaticirca 700 metri di nuovi ambienti compo-sti da gallerie, pozzi ascendenti e discenti,sale e meandri, che hanno portato,secondo un veloce calcolo, lo sviluppospaziale a 1520 m e quello planare a circa1360 m, lasciando invariato il dislivello (legallerie basse sono praticamente sul livel-lo di base carsico....).

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Sul pozzo da 60 in Buca Nuova,l’ultimo -300 di Val Serenaia (AlpiApuane)

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I risultati finora conseguiti sono ottimi,considerando inoltre che altre gallerie giàesplorate attendono di essere descritte eche in altre zone della grotta sono stategià individuate delle finestre da raggiunge-re sempre con risalite di circa 20 metriciascuna. La campagna esplorativa sta, per ilmomento, vivendo un momento di stasiin attesa della bella stagione, consideran-do peraltro che già in un'occasione si èrischiato di rimanere intrappolati a causadi una vigorosa piena e che, comunque,durante quasi tutte le esplorazioni lagrotta era in un discreto stato di attività.L'inghiottitoio di Monte Conca, chesecondo l'ultimo rilievo effettuatodovrebbe essere la quinta grotta almondo nei gessi come profondità (-132m), sta ora per diventare anche tra le piùestese nelle litologie evaporitiche inSicilia.

Marco Vattano, GS Speleo Petra - CAI delle Madonie -

Petralia Sottana

Sardegna

Monte Cannas (Carbonia - CA)Ricerche concentrate sul Monte Cannasa Carbonia ci hanno permesso di riesa-minare le grotte sinora note, con alcuniinteressanti esiti.Nella Grotta della Capra Morta (Sa/Ca767), a dispetto del nome poco invitante,oltre a piccole prosecuzioni fermate dauna strettoia in diaclasi soffiante a circa –40 m, si è trovata una breccia ossiferache, insieme alla tipica associazione amicromammiferi del tardo Pleistocene, hasinora restituito scarsi resti ossei di cani-de al vaglio del Museo Civico diPaleontologia e Speleologia “E.A. Martel”di Carbonia.Nella Sa Grutta Strinta (la Grotta StrettaSa/Ca 958), bella cavità sviluppata ininterstrato nelle metadolomie e neimetacalcari del Cambriano (Formazionedi Santa Barbara, Formazione di SanGiovanni), si prosegue in diverse direzio-ni, sia sullo ‘stretto’ sia nella Sala delleCandeline, dove è stata risalita partedella parete ovest per una quindicina dimetri, con possibilità di prosecuzione inun livello fossile superiore, portando losviluppo a 340 m. La grotta, dall’accessoangusto e di percorso spesso disagevole,pur irrimediabilmente deturpata nellesale iniziali, cela ancora ambienti con spe-leotemi particolarmente suggestivi.Le prospezioni esterne hanno portatoalla scoperta di alcune cavità di limitatosviluppo, come le Stampixeddu I°, II° e III°‘e Cannas (Buchetto I, II e III di Cannas,Sa/Ca 2743, 2744 e 2745) che fanno sali-re a 12 le cavità conosciute.

Mauro Villani, GRS "E.A. Martel" Carbonia - SSI

Pulizie in grotta (Carbonia -Iglesias - CA)Prendendo spunto dalle GiornateNazionali della Speleologia del 2002 e2003 alle quali il GRS Martel di Carboniaha aderito con rinnovato entusiasmo, si èprovveduto ad inserire nelle nostre atti-vità lavori di pulizia nelle grotte del terri-torio sulcitano.Nelle operazioni di bonifica, svolte siadurante le GNS sia in altri periodi, sonostati raccolti e portati all’esterno peressere smaltiti nelle sedi opportune,numerosi sacchi di rifiuti (essenzialmentecarburo esausto, pile, immondizia varia).Sono state inoltre cancellate scritte egraffiti e ripristinato, per quanto possibi-le, lo stato dei luoghi a volte deturpatoda inutili quanto arrugginiti ancoraggi.Per le pulizie si è deciso di operare inalcune grotte site nel comune diCarbonia, come la Grotta n° 1 di BegheForru (Sa/Ca 963, 400 m/-28 m), saGrutta Strinta (Sa/Ca 958, 340 m/-32 m),Sa Domu ‘e s’Orcu (1300 m/-104 m) e ilRiparo Sottoroccia di Su Carroppu diSirri (Sa/Ca 1704), importante sito di fre-quentazione umana perlomeno a partiredal Neolitico Antico (VI° millennio a.C.)dove sono state cancellate alcune scritteincise da un idiota e ritracciato in parte ilpiccolo sentiero d’accesso per renderepiù semplici le visite guidate che ognianno vedono numerosi gruppi e scolare-sche accompagnati con la collaborazionedel Museo Civico di Paleontologia eSpeleologia “E.A. Martel” di Carbonia.Al momento ci si sta occupando dellaGrutta ‘e su Sennori di Iglesias (Sa/Ca1669, 1520 m/-103 m) dove si è pulitosino al cosiddetto Salone Centrale. Levarie operazioni di pulizia sono comple-tate con il posizionamento di appositi

contenitori per scarburare e per la spaz-zatura, con l’invito che, se proprio ètroppo faticoso (!!) portare fuori i propririfiuti, almeno li si lasci all’interno di que-sti contenitori che ci incarichiamo disvuotare quando necessario.Mauro Villani, GRS "E.A. Martel" Carbonia -SSI

Sinkholes nel Sulcis (CA)Da diversi anni si è osservata nella pro-vincia di Cagliari, ed in particolar modonel Sulcis, la formazione di cavità dovutead improvvisi smottamenti del terreno.Questi sinkholes sono influenzati daoscillazioni dei livelli freatici spesso cau-sati da sconsiderati emungimenti perscopi agricoli e per la ricarica di riserveidropotabili (Teulada, Carbonia) o perconsentire, con l’abbassamento dellafalda, il prosieguo delle ricerche minera-rie (Narcao).Il GRS Martel in questi ultimi anni ha col-laborato allo studio di questi fenomenisia assieme ad altre associazioni speleolo-giche (GSAGS Cagliari, US Cagliaritana,GAS Prolagus Santadi) sia per conto diamministrazioni pubbliche, come aTeulada nella Grotta della Dolina diCrollo di Gutturu Saidu (Sa/Ca 2757, 40m/-12 m), a Narcao nelle Dolina diCrollo n° 1 del Riu Cannedu (Sa/Ca2779, 65 m/-20 m) e Dolina di Crollo n°2 del Riu Cannedu (Sa/Ca 2795, 22 m/-13m) ed a Carbonia nelle Dolina di Crollodi Bacu Arru (Sa/Ca 2812, 20 m/-9 m),Dolina di Crollo n°1 di Cannas (Sa/Ca2813, 32 m/-13 m) e Dolina di Crollo n°2di Cannas (Sa/Ca 2814, 17 m/-8 m).I sinkholes in questione spesso si presen-tano con aperture di dimensioni ragguar-devoli come a Gutturu Saidu dove ladolina di accesso misura circa 10 x 12metri. Discendendo tutte queste cavità,oltrepassata la copertura iniziale di detri-to s’incontrano sempre, anche se aprofondità variabili, i sedimenti calcareipaleozoici ed, alla base, il livello attivo difalda con scorrimenti di una certa impor-tanza come nelle doline del Riu Cannedue nella n°2 di Cannas, soggetta in periodipiovosi a rapide risalite della falda idricache arriva a sommergerla completamen-te.

Mauro Villani, GRS "E.A. Martel" Carbonia - SSI

Notizie italiane

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Novità da Terraseo (Narcao - CA)Ancora qualche novità da Terraseo, fra-zione del comune di Narcao, dove sisono susseguite le ricognizioni con lascoperta di diverse nuove cavità, in partein corso di rilevamento topografico perl’inserimento nel catasto. Interessanti irisultati perlomeno in due di queste.La prima, posta in direzione N-E rispettoal paese, è costituita da una serie di saltiin successione che s’infilano, ad una qua-rantina di metri di profondità, in un sifo-ne pensile suscettibile nel tempo d’ampievariazioni di livello, come testimoniatodalle tracce presenti in diversi punti dellagrotta. La stagione particolarmente pio-vosa di questa prima parte dell’anno cilascia ben sperare nella possibilità di tro-varlo almeno parzialmente svuotato neiprossimi mesi estivi.La seconda, situata giusto al limite ammi-nistrativo tra il comune di Narcao equello di Carbonia, si apre con un’ampiadiaclasi sul fondo della quale è stato resotransitabile un pertugio tra il detrito diriempimento, consentendoci di prosegui-re in un tortuoso ambiente. Si proseguecon alcuni saltini con accesso in strettoia,ed uno ampio in diaclasi; sul fondo, dopocirca 150 metri, per il momento ci si èfermati ma c'è una discreta circolazioned’aria…

Mauro Villani, GRS "E.A. Martel" Carbonia - SSI

... e da Narcao (CA)Narcao, centro abitato a circa 60 chilo-metri da Cagliari, custodisce diverseminiere e grotte note e meno note. Tra queste ultime ne è stata esplorata erilevata una che riveste particolare inte-resse in quanto venuta alla luce in occa-sione di un vistoso ed improvviso smot-tamento. Non è la prima volta, in questi ultimianni che si verificano questi fenomeni,visibili anche nei comuni di Villamassar-gia e Teulada, non lontani tra loro. Nello specifico abbiamo una data certa,il 20 novembre 2003 quando, per purocaso, una ruspa che era in azione sulluogo non è sprofondata in una apertu-ra circolare con un diametro di 5 m eprofonda, nel primo tratto altri 6, que-sta prosegue in un secondo ambienteche si sviluppa orizzontalmente in unpercorso di quasi 50 metri nell’acqua. Questo è il primo elemento di interes-se perché dimostra che la causa princi-pale è l'azione idrica, anche se presumi-bilmente non si tratta di un flussoimprovviso, ma forse di un abbassamen-to della falda da mettere in relazionecon qualche pozzo scavato ed entratoin funzione qualche anno fa: naturalmen-te occorrono studi più approfonditi perchiarire le cause del fenomeno. Una prima analisi ha permesso di verifi-care, a monte ed a valle del percorsosotterraneo, parzialmente ostruiti

rispettivamente da una frana e da uncunicolo strettissimo quasi completa-mente allagato, materiali trasportati dal-l’esterno la cui presenza denota chetutta la zona è interessata dal passaggiodell’acqua e che ci potrebbero esserepericoli di altri smottamenti. Il tutto crea dei problemi agli ammini-stratori locali in quanto il luogo è fre-quentato perché, a circa un chilometrodall’abitato, ospita un interessanteparco, ed è stata interrotta una strada

utilizzata prevalentemente da pastori,ma non solo. Qualche anno fa eranostate esplorate diverse cavità ma il loronumero, con una accurata analisi delterritorio ed una pianificazione del lavo-ro, potrebbe aumentare.Altri ritrovamenti inducono ad essereottimisti, almeno dal punto di vista spe-leologico.Hanno partecipato ai lavori: FrancoBrundu, Antonello Floris, GesuinoMarini, Alessandro Melis.

Antonello Floris

Ultime novità speleosubacqueedalla Codula Ilune (NU)Proseguono verso valle le esplorazionispeleosubacquee della FederazioneSpeleologica Sarda a Su Spiria, nelSistema Carsico della Codula Ilune. Nel Luglio 2003 D.Vacca, A. Tuveri ed M.Moi hanno superato il 5° sifone, lasciatoin sospeso nel 2001 a fine sagola guida.Dopo 80 m a –14, riemersi in ambientiaerei, la via verso valle è bloccata dauna frana che chiude il percorso sulfiume. Una galleria alta permette di pro-seguire armando un pozzo a strapiom-bo sull’acqua. Per questa volta, in mancanza di corde,il problema è stato risolto disostruendoe superando uno stretto sifone al disotto della frana. Più a valle un lago ed un profondo sifo-ne, posti ad un livello pensile di 2 msuperiore rispetto al fiume, rappresen-tano l’attuale limite esplorativo. La prosecuzione andrà cercata unaprossima volta oltre questo 6° sifone o,in alternativa, lungo le gallerie sommer-se di quello precedente.A monte invece, nella vicina Su Palu, irami oltre il sifone di Sa Ciedda aspet-tavano una ulteriore esplorazione dopole scoperte del 1999.Nell’ottobre 2003, A. Tuveri, M. Moi e D.Porcu sono tornati oltre quello che èforse il più bel sifone della CodulaIlune, per proseguire su un affluente incascata alla destra idrografica della gal-leria principale. Purtroppo, oltre la cascata a 10 m d’al-tezza ed una serie di sale in frana, ilfiume e la corrente d’aria filtrano dapassaggi difficilmente disostruibili, edancora più a monte anche un altra seriedi alte gallerie freatiche è chiusa daimassi di un’ulteriore frana. Allo stato attuale delle esplorazioni,salvo sorprese, quello dei rami a montedel sifone di Sa Ciedda sembra undiscorso chiuso, mentre la ricerca dellavia delle acque verso le zone a valledella Codula Ilune è ancora un capitoloaperto oltre il 6° sifone.

Alessandro Tuveri, Federazione Speleologica Sarda

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Cina

4a Spedizione geospeleologica delCIRS Ragusa nel continente cine-seSi è conclusa con risultati di particolareinteresse scientifico la 4a Spedizionegeospeleologica del CIRS Ragusa inCina condotta dal 20 dicembre 2003 al6 gennaio 2004 in collaborazione conl’Istituto di Geologia Carsica di Guilindell’Accademia delle Scienze e RisorseNaturali della Repubblica PopolareCinese e con il Patrocinio della SSI.Area di ricerca è stata la Contea diFengshan, nel Guangxi, caratterizzata daun paesaggio naturale fra i più affasci-nanti di tutta la Cina. Alti picchi carbo-natici a forma di coni e torri, ricopertida lussureggiante vegetazione, separatida depressioni carsiche, si staglianoall’intorno per decine e decine di chilo-metri creando, in particolar modoall’alba e al tramonto quando sonoavvolti da una fine nebbiolina, uno sce-nario surreale e magico. La pianura sottostante, coltivata arisaie, è attraversata nel periodo deimonsoni da vorticosi fiumi che scom-paiono all’interno di grandi trafori car-sici per riemergere, a volte dopo averpercorso diversi chilometri, sul fondodi depressioni. In questo contesto unteam misto italo-cinese ha condottoricerche sui sistemi carsici presenti nel-l’area con l’intento di documentarne lepeculiarità naturali, salvaguardare evalorizzare gli aspetti più interessantisotto il profilo scientifico, culturale edel turismo naturalistico. I risultati acquisiti dal CIRS e dal teamcinese, in due settimane di ricognizionied esplorazioni, possono riassumersi incirca 4 km di cavità esplorate e topo-grafate, un cospicuo numero di datigeomorfologici e idrogeologici rilevati ela raccolta di diversi campioni di faunacon particolarità troglobie fra cui, cosìcome emerso dalle precedenti spedi-zioni, è molto probabile la presenza dispecie nuove.Fra i sistemi carsici esplorati si menzio-nano: la Fengshan dong, una cavità ver-ticale con dislivello di 50 m che rag-giunge un profondo lago sotterraneo; laRagusa dong, una grotta profonda 115m con grandi pozzi e colate calcitiche,così battezzata dai Cinesi in onoredella nostra città; la Poxian dong unsistema rilevato per 1,3 km caratteriz-zato da grandi gallerie con il pavimentodiffusamente tappezzato da ampievasche concrezionate; e infine la Sicilydong, un esteso sistema sviluppatosi neicalcari permiani su due livelli, rilevatoper circa 2,5 km per una profondità di150 m, e con buone probabilità di ulte-riore prosecuzione. La particolarità ditale sistema sta nella presenza di impo-

nenti complessi stalagmitico-colonnariall’interno di una grande sala di circa5000 m2, ambiente di grande spettaco-larità in cui si alternano speleotemi emineralizzazioni di tutte le forme ecolori. Hanno partecipato alla spedizio-ne Guangxi 2003, Iolanda Galletti,Riccardo Orsini, Gianluca Giummarra eRosario Ruggieri

Rosario Ruggieri, CIRS Ragusa

Cile

Spedizione in Cile 2003Nei mesi di gennaio e febbraio del2003, il Gruppo Speleologico SAT Lavisin collaborazione con altri speleologiitaliani e argentini hann realizzato unaspedizione in Patagonia (Cile) nella IslaMadre de Dios. Questo territorio dicirca 1070 km2 era rimasto sconosciu-to, speleologicamente parlando, finoalla metà degli anni novanta, fino aquando alcuni speleologi francesi nonne testimoniarono l'importanza esplo-rando numerose cavità.La spedizione 2003 è tornata in questaparte della Patagonia, aggiungendo 13nuove cavità alla lista delle grotteconosciute. In particolare 3 nuove grot-te meritano di essere menzionate: laCueva de los Tres Rios, un inghiottitoioattivo, esplorato per alcune decine dimetri fino alla sommità di un pozzonon sceso; la Cueva del Dragon, conoltre 1 km di sviluppo e 130 m diprofondità, anch'essa ferma in esplora-zione su un pozzo; la Sima de losViejitos, una successione di pozzi fino a-50 e ferma su una ulteriore verticale.Sono state inoltre individuate anche 2sorgenti sottomarine, ritenute probabiliesutori della zona esplorata. Il motivo di tutte queste esplorazioni"sospese" è da ricercare nella difficoltàdi progressione dovuta alla presenza diacqua, e alle frequenti piogge esterne,che hanno tenuto in apprensione gliesploratori a causa del pericolo dipiene improvvise. Oltre alle avverse condizioni atmosferi-che non è da sottovalutare la particola-re morfologia del territorio, che rendeparticolarmente impegnativi gli sposta-menti. La zona perlustrata, situata aNW dell'isola, è di circa 12 chilometriquadrati, con un'altitudine media di 350m slm.

dall’articolo di Paolo Terzan,Bollettino SAT 1-2004

Myanmar

Una nuova frontiera esplorativaper la speleologia italiana.Dopo quasi due anni di tentativi e con-tatti solo via mail, finalmente l’Associa-

zione “La Venta” è riuscita ad organiz-zare una prima ricognizione in questopaese, ricchissimo di fenomeni carsici,ma praticamente vergine dal punto divista esplorativo.Grazie ai contatti preventivi intercorsifra Tim Stratford e l’Harrison Institutecon l’Università di Yangon, La Venta hacondotto una prima ricognizione nelfebbraio 2004 che è stata in gran partededicata ai contatti con le Autoritàlocali per ottenere i necessari permes-si. Grazie alla fattiva collaborazionedella Prof. Nwe, direttrice delDipartimento di Biologia, è stato possi-bile firmare un protocollo di collabora-zione con l’Università di Yangoon delladurata di 5 anni per l’esplorazione e lostudio dei fenomeni carsici di quelpaese: questo permetterà non solo disuperare le difficoltà burocratiche mafaciliterà anche la soluzione di moltiproblemi logistici.

Contemporaneamente è stato anchepossibile visitare alcune aree carsichenello Stato Shan che si sono dimostra-te molto promettenti per le future spe-dizioni. La Venta effettuerà la prima grossa spe-dizione esplorativa già nel novembre diquest’anno, cui seguirà una seconda neiprimi mesi del 2005.

Paolo Forti

Notizie estere

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Q. 4000Annuario della sezione di Erba delCAI - Anno 2003

Esce con pun-tualità nelNotiziariodella sezionedi Erba, lospazio dedica-to all’attivitàdello SpeleoClub Erba. Ilnumero del2003 si pre-senta invitantealla lettura giàdalla coperti-

na… tutta speleo, con un’immagine delcampo in Grigna Settentrionale (AbissoBuffer, -205 m), appena concluso. Tema centrale dei resoconti è l’aggiorna-mento del progetto di ricerca“InGrigna!”, a cui aderiscono ben settegruppi lombardi giunto alla sua secondaedizione.

D. Montrasio: “InGrigna” é…“InGrigna!” è un progetto, un movimentodi attività e personaggi stupendo. Ilcampo quest’anno ha raggiunto livelliinsperati sotto tutti gli aspetti: quelloorganizzativo e logistico è stato il segretodella riuscita, tanto da garantire ottimasopravvivenza agli oltre cinquanta parte-cipanti. Di tutto rispetto la grande moledi lavoro, con dati costantemente aggior-nati in rappresentazioni 3D: un grandeaiuto per l’evolversi delle esplorazioni,quest’anno senz’altro più mirate. Bisognarammentare che tenere vie in parete eabissi armati richiede un pesante impe-gno di materiali, ormai sparsi un po’ intutta la montagna. Oltre a ripetizioni ed aggiornamenti, unbuon numero di abissi si trova fermo suprosecuzione tra i –100 e i –200 m,mentre Kinder Brioschi è ad una mancia-ta di metri per diventare la secondaprofondità lombarda. Attualmente prosegue su forra attiva acirca –780 metri di dislivello, fermo suP.20. Il Grignone è stato rigirato un po’ intutti i settori e la ciliegina sulla torta èArione, l’abisso che si trova in parete sulPizzo della Pieve, raggiunto dopo un tra-verso di oltre 150 metri, sognato da oltrevent’anni. Insomma, un’impresa storica.

A. Marieni: “La ritrovata Etàdell’Oro”Il mitico “Pallino”, riprende le parole diun articolo del 2001, che sintetizzavanola gran mole di lavoro ancora da fare perrisolvere i mille enigmi speleologici dellaGrigna. Si diceva ci fosse posto per tutti… Oggi, nemmeno il più ottimista avrebbesperato tanto, alla luce dei risultati deidue campi. L’autore analizza cause a motivazioni chehanno spinto diversi gruppi ad unirsi eprogrammare il progetto di ricerca: lacondivisione dei medesimi obiettivi e lavolontà di raggiungerli hanno creato unclima unico, quasi irreale rispetto ai rap-porti del passato nel panorama speleolombardo.La realizzazione dell’evento necessitava diuno sforzo ciclopico soprattutto portaretutto lassù: l’elicottero è indispensabile,ma tante sono state le domeniche pre-campo di “trasporto umano”, e anche ladisponibilità del mitico Rifugio Bogani si èrivelata ottimo punto di appoggio. Perconcludere, una serie di cifre molto signi-ficative tra cui i 150 litri di vino, i 4232metri di rilievo effettuato e svariati abissifermi sul nulla….

M. Merazzi: Grigna 2002 - aggior-namenti e novitàLe rimanenti 13 pagine del resoconto gri-gnesco sono del rilevatore per eccellenzadel campo… Le cavità descritte vengono suddivise persettori con le relative rappresentazionigrafiche (non sono pubblicati gli abissi piùsignificativi in vista di un resoconto piùdettagliato). Di completamento, due pagine di nuovidati catastali che si riferiscono a 26nuove cavità.

IN SCIÖ FÕNDOBollettino dell’A.S. Genovese “SanGiorgio”

N. 4 – anno2002Questa edi-zione presen-ta notevoliaccorgimentinuovi rispettoai precedentitre numeri:innanzituttola topografiain formato A3della Voraginedel Biecai

(159Pi/Cn), e poi le foto a colori, chefanno bene agli occhi… Il piccolo formato limita lo spazio allecartine e alle rappresentazioni grafiche,ma i lavori sono sempre curati nei detta-

gli di resoconto. Ovviamente per poter scrivere bisognadarsi da fare, e le schede di attività sonovarie e ben nutrite, quindi…

G. De Astis: “Nulla di nuovo aPiastreta”L’interesse per la zona del Monte Sella(Apuane – Toscana), nel versante chevolge verso Renara, ha spinto ad una rivi-sitazione di articoli datati per capire se sirenda necessaria una campagna di ricer-ca. La Buca di Piastreta sembra la grottagiusta da rivedere, visto che le descrizioniparlano di buona corrente d’aria, uno svi-luppo di 300 metri, ed un dislivello di 180metri. Al momento però sembra impro-ponibile un lavoro di disostruzione nelmeandro di fondo, mentre in risalita si èfrenati da frane instabili.

AA.VV.: “Marguareis – Biecai 2001”Continuano le ricerche nella zonaSerpentera-Moglie, presso la Conca delLago delle Moglie – Rocche Serpentera.Nell’agosto 2001 si effettua il terzocampo estivo: dal “Giornalino di campo”di M. Gabuti si capisce che il programmadi ricerca è stato rispettato, con risultatinon eclatanti ma con buone prospettivefuture. L’Abisso Ferro di Cavallo, comincia amostrare i suoi segreti. G. De Astis rac-conta la tecnica usata per trovare il pas-saggio in frana che li ha condotti sull’orlodi un ipotetico P.60 la cui discesa vienerimandata al prossimo campo. La Voragine del Biecai (PiCn 159; - 255m) viene rivisitata e topografata, e pareriservi sorprese esplorative. L’Abisso Serpentera (-113 m) rimanefermo dov’è ma ha circolazioni d’ariasospette. In conclusione si pensa che glisviluppi di Ferro di Cavallo potrebberoessere determinanti qualora superasse ilsifone di fondo della Voragine del Biecai. L’insieme dei vari contributi è corredatodalle topografie con schede di dati, foto acolori e inquadramento generale dellazona.

M. Gabuti: “La Bucadell’Acquafredda”La Buca dell’Acquafredda (T275; -112 m,svil. 230 m), è stata esplorata nel 1963dal G.S. Fiorentino, e pur essendo metadi molte visite, non ha più dato novitàesplorative. La scoperta del vicino Abisso Topolinia hariacceso interesse in vista di un ipoteticocollegamento ed è iniziata la ricerca nellazona del fondo, costituito da un accumu-lo di massi. Trovata la via, percorsa da una buonacorrente d’aria, si proseque per una deci-na di metri ma l’instabilità di tutto ciòche sta attorno induce a non osareoltre…

Spulciando in biblioteca

Spedire le riviste da recensire a:

Massimo PozzoPiazza Pontida n.36

24122 BergamoE-mail:

[email protected]

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LABIRINTIBollettino del Gruppo Grotte CaiNovaraN.22 – anno 2002

Dando rapidalettura alla“Relazionesull’attività2002” e all’“Attività dicampagna” sicapisce quan-to sia intensal’attività svol-ta durantel’anno, estesasu diversifronti. Nella

seconda parte della rivista, un buonnumero di pagine sono dedicate allasituazione catasto cavità artificiali inPiemonte, con pubblicazione delle schedesuddivise per comuni. Da non perdere il“Tè alle nove… di sera” di M. Bazzano,che riporta momenti tesi e di euforiagenerale in merito alla scoperta di centi-nia di metri di gallerie alla Grotta degliOlmi (Ferrania, SV).

AA.VV.: “Grotte alla Creta di RioSecco (Ud)” Si riportano i risultati del campo tenutosinella Valle di Aip (Alpi Carniche), nell’ago-sto 2001. La zona presa in esame è situa-ta nel settore nord-orientale del Friuli,tra il Passo di Lanza e Pontebba. La Cretadi Rio Secco è un massiccio localmentecostituito da calcari grigio chiari deldevoniano che si collocano ad un’altezzacompresa tra i 1700 e 2000 metri diquota: i fenomeni carsici presentano tipi-che morfologie glaciali di alta quota, ed ilsuggestivo spettacolo visivo è di marcatacorrosione epigea. La cartina della zona,riporta gli ingressi delle cavità esistenti,evidenziando le differenze tra dati cata-stali e quelle del posizionamento conGPS: l’individuazione degli ingressi risultacomunque ardua vista l’assenza di sentie-ri e chiari punti di riferimento. In totalesono state scoperte otto nuove grottealle pendici della Creta, prevalentementea sviluppo verticale e con dislivelli chenon superano i 50 metri. Il problemamaggiore consiste nella presenza di ghiac-cio e neve che frena con “tappi” le disce-se verso il basso. Difficile e prematuroquindi trarre delle conclusioni sullo svi-luppo di un eventuale sistema carsico.

S. Cantonetti, G. Cella: “Tana diCücit (Vb)”Presentazione di una cavità che si apre inValle Anzasca (Italia Nord-Occidentale),legata alle leggende dei “Cücit”, gli gnomiche vivevano nei boschi dei suoi dintor-ni.Gli autori descrivono la storia della

prima esplorazione (1956), con riferimen-ti a scritti precedenti e notizie di contor-no: la recente rivisita non ha fruttatoaggiornamenti di rilievo, ma la discretacorrente d’aria che la percorre fa pensa-re che sia meglio riguardarla con maggio-re attenzione.

C. Busolini: “I sifoni del Rio Vaat(Ud)”Esplorata nel 1973, la Grotta di Rio Vaatha un andamento prettamente verticale(30 metri circa), ed è notevole l’effetto diinnalzamento delle acque dopo forti pre-cipitazioni: la risorgiva si attiva fino adarrivare all’esterno. Solo dopo trent’annisi è approfittato di un momento di seccatale da poter proseguire in un’ampia gal-leria orizzontale, alla base dei due pozzi(P.22, P.8), ma un successivo innalzamentodelle acque ha precluso l’avanzamento.L’occasione buona avviene durante laspedizione speleosub “Resia 2002”. Il 6ottobre 2002 vengono esplorate duediramazioni tra cui una chiude dopobreve, mentre l’altra prosegue dopo unoscivolo di 15 m su di un’ampia galleria,lunga 40 m, che dà su una saletta cieca. Ilmistero rimane quindi irrisolto e le notedell’immersione riportano che le vie diprosecuzione si fermano su fessure lar-ghe una spanna…

P. Testa: “Il sifone del Buco delNido (So)L’autore descrive il superamento del sifo-ne terminale “Mamma non vuole”, delBuco del Nido, la più lunga grotta dellaprovincia di Sondrio (4 Km), avvenuto nel1998. Il sifone è breve, e al di là proseguecon una condotta freatica areata perulteriori 60 m, fino ad un nuovo sifoneancora inviolato.

L’Alieno Gruppo Speleologico Valle Imagnan. 3 dicembre 2003 Monografie

Esce l’Alieno,terzo lavorodel GS ValleImagna. Comeil precedente,interamentededicato allazona carsicadellaPresolana,anche questonumero èmonografico,trattando

esclusivamente dell’area di Dossenasituata sempre in Provincia di Bergamo.La rivista ancora molto patianata è riccadi immagini, con effetto complessivoforse fin troppo psichedelico ma, quelche conta, è il contenuto che effettiva-

mente è di tutto rispetto. L’area diDossena è descritta sotto diversi profili,fra cui anche quello minerario essendoantica zona di coltivazione. Un appuntoancora, certamente secondario, è quellorelativo ai titoli degli articoli e ai nomidegli autori, che non si riscontrano sem-pre completi alla loro pagina ma solo nel-l’indice di apertura. (Michele Sivelli)

M.Pozzo - F. Ravanelli: "L'Attivitàmineraria in Val Brembana" Bello questo articolo che descrive la sto-ria di Dossena prima della speleologia. Siillustrano i minerali della zona con leloro caratteristiche e raccontate alcunevicende storiche legate al lavoro del baci-no minerario.

P.Tognini - M. Pozzo:"Inquadramento geologicodell'Area di Dossena"Descrizione dell’evoluzione geologica delluogo con ampi approfondiment a livellodi macroarea in chiave didattica.

M.Pozzo - M.Aresi - R. Bregani: "Il mostro di Dossena" Lungo articolo sulla storia delle esplora-zioni a Dossena con esposizione di tutti irilievi delle cavità più importanti. L’area,inizialmente oggetto di ricerche nei primianni sessanta da parte del GS SanPellegrino, è stata poi terreno di impegnoprevalente del GGM Cai –Sem, del GSOrobico e più recentemente dal grupposcrivente. Le principali cavità sono laCroasa dell’Era-Val Cadur di 340 metri diprofondità per 2500 di sviluppo, l’AbissoS. Frassoni -290 m, Puerto Escondito -250 m e numerosi altri minori.

A.Uggieri “Operazione “Bremboverde” test con traccianti”Oltre ad un inquadramento geologico eidrogeologico si espongono i risultatidelle colorazioni svolte in due cavità delsistema di Dossena: Croasa-Cadur eLotto Nord. Le acque delle due cavitàhanno dato esito positivo sul FiumeBrembo nella sorgente Goggia su piùfronti sorgivi.

G. Comotti “La fauna delle grottedella miniere di Dossena”Elenco e breve descrizione delle variespecie catturate di carabiri, ortotteri earacnidi.

E. Bregani “Uno studio scientificocontrollato”Svolto all’interno della grotta PuertoEscondido per valutare la possibilità diaumentare il rendimento atletico deglispeleologi con l’assunzione di creatina,dai cui risultati non sembrerebbe esserciun particolare vantaggio.

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L’Agendo 2004Gli speleologi studiano le grotte. Le misura-no, le classificano, le datano, cercando dimettere ordine ad un mondo altro. Lo sforzo, spesso, produce risultati parziali, avolte inutili e vani. Tuttavia, attorno a questo

Atti del 19° Congresso Nazionale di Speleologia Bologna 27-31 Agosto 2003 Gruppo Speleologico Bolognese-UnioneSpeleologica Bolognese, Bologna 2003, 206 pp. Vol. 1°; 101 pp. Vol. 2°

Questo volume contie-ne 19 testi che copro-no aspetti anche moltodiversi della speleolo-gia. La presentazione èottima ed i contenutiinteressanti. Anche senon c’è scritto espres-samente, si tratta del 1°volume degli Atti, chesono stati puntualmen-te distribuiti ai parteci-panti al Congresso del

Centenario della SSI. Infatti ci si aspettaanche un vol. 2° che conterrà i lavori con-segnati in ritardo da taluni autori (è incre-dibile come siano tanti, troppi, coloro chenon riescono a rispettare una scadenza,per non parlare di altri che partecipano aiconvegni con diverse presentazioni perpoi non lasciare altro che miseri riassun-ti). Questi Atti rappresentano il segnotangibile di una ripresa dopo i precedenticongressi: anche se era ben nota la capa-cità organizzativa dei benemeriti gruppibolognesi, è sempre estremamente gradi-ta l’occasione di riconoscere l’ottimorisultato del loro impegno.

Volume 2°Con una puntualità encomiabile, è statodistribuito il 2° volume degli Atti, che con-tiene i discorsi di apertura del Congressoed una lettera molto lusinghiera di SandroRuffo, nonché 7 lavori di ritardatari (bravi,però) più il resoconto dettagliato dellaTavola Rotonda “Stato della ricerca e del-l’esplorazione scientifica e speleologica:situazione e prospettive”. Sarebbe quantomai opportuno che questo resocontovenisse letto con molta attenzione emeditato a fondo dai reggitori della SSI,presenti e futuri, in modo da ridare un po’di smalto alla ricerca. Forse bisognerebbemettere maggiormente in evidenza i risul-tati di quanto si fa in campo scientificoperché, più che la quantità e la qualità, è lapresentazione all’esterno che meritamaggiore attenzione. Come già accennatonella recensione del 1° volume, va rico-nosciuto il merito a quanti hanno colla-borato alla riuscita del Congresso delCentenario (in particolare ai bravissimi edefficientissimi “musi gialli”!) che hannofatto rivivere lo stile dei congressi chevanno ricordati, dopo un periodo che sipotrebbe definire di magra. In chiusuradel volume c’è infine un’appendice con unlungo scritto sulla speleologia e la psico-logia, che preferisco lasciare al giudizio diciascun lettore dal momento che le rea-zioni individuali possono essere estrema-mente diverse. (Arrigo A. Cigna)

Encyclopediaof Karst ScienceEdited by John Gunn

Ci sono voluti quattro anni di lavoro daparte di una équipe di oltre 200 fra scienzia-ti, ricercatori, speleologi dei 5 continenti,con un coordinamento lungo e faticoso, perprodurre la prima vera enciclopedia sul car-sismo con oltre 450 voci.Tutti i principali argomenti carsici, dall’ar-cheologia agli ecosistemi, dall’idrogeologiaalle esplorazioni, dai minerali di grotta allaspeleogenesi, sono trattati da specialisti chea volte hanno condensato tutta la loro vitadi studi e ricerche nel ristretto ambito diuna singola voce di questa enciclopedia. Lo spazio concesso ad ogni voce, infatti, èassolutamente essenziale (da 1000 a 3000caratteri) così come la bibliografia, pochefoto e qualche schema: ma questo, chepotrebbe sembrare un difetto per lo specia-lista, è invece la vera forza dell’opera. Lo scopo non è quello di fornire nuovi dati a ricerca-tori in quel specifico campo: nessuno infatti aprirebbe una enciclopedia per documentarsisulle ricerche. Al contrario l’enciclopedia si rivolge a coloro che vogliono informazioni su un

“vano” essi hanno la capacità di costruirequalcosa di importante: fanno della speleo-logia; un giuoco che si fa scienza che, avolte, è in grado di produrre dati decisivisulle sotterranee vie dell’acqua, e non solo. L’Agendo 2004 misura chi misura le grotte,dà corpo a chi, nel corso degli ultimi centoanni, ha studiato da dentro l’Italia. Rendenoti gli attori di questa lunga ricerca eriporta i più importanti ambienti ipogeiesplorati e documentati. Su cos’è L’Agendo 2004 c’è poco da dire.Sono 529 indirizzi, con tutti i riferimenti utilidi altrettanti soggetti che studiano e/oosservano le grotte: i Gruppi e leFederazioni speleologiche innanzitutto, manon solo, le grotte turistiche, gli ipogei arti-ficiali aperti al pubblico, i musei tematici, irifugi, i parchi, i laboratori e le cavità di inte-resse antropo-speleo-terapico. Di cosa saràdella speleologia italiana, in questa primaedizione de L’Agendo, c’è solo un’idea: orasi è colta l’occasione per raccontare, “direcose utili” su questa apparentemente inuti-le passione. Potrebbe trovarvi spazio la sto-ria dell’esplorazione, così come le leggi utili

Recensioni

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Atti del 27° Corso di III livello SSIdi Biospeleologiaa cura di Fabrizio Serena

Sono convinto che mai come oggi ilmondo speleologico sia convinto dellafragilità dell’ambiente che più lo inte-ressa. Questa sensibilità diffusa è sottogli occhi di quanti collaborano quoti-dianamente con i Gruppi e leFederazioni ed è il risultato di un lungoprocesso di “educazione ambientale”avvenuto negli anni ’60. Si tratta di un

alla salvaguardia di questo mondo arcano,qualcuno potrà farci sapere come ha tra-sformato l’interesse per le grotte in qualco-sa di più di un semplice gioco, magari aiu-tandoci per una seconda edizione più belladove potrebbero figurare, con maggioredettaglio, le caratteristiche dei luoghi di frui-zione turistica e di interesse ambientale. Chissà. Visto che mi è toccato fare l’autore-censione, colgo l’occasione per fare ancheun mea culpa ricordando un paio di imper-donabili sviste successe, come spesso capi-ta, nella fase finale della correzione bozze. La prima: è saltato completamente un beltesto sulle cavità speleoterapiche di FrancoDellavalle col quale mi scuso sperando viva-mente di riparare in una prossima edizione. La seconda: l’elenco delle cavità lombarde èaggiornato a… qualche decennio fa; nono-stante la loro storica mania di separarsi intante repubbliche, gli speleologi lombardinon si meritavano comunque questo tratta-mento. (Michele Sivelli)

L’Agendo 2004 e disponibile presso il CIDS“F. Anelli”.

fenomeno in gran parte endogeno alla spe-leologia stessa, accelerato dalla ricerca edalla presenza di attività distruttive o forte-mente impattanti per gli habitat carsici.Questo bel lavoro curato dal biologoFabrizio Serena raccoglie gli atti di unimportante corso di III livello voluto dallaSSI, dalla FST e dall’Agenzia Regionale perla Protezione Ambientale della Toscana ma,per la sua completezza, può essere consi-derato come un vero e proprio manuale dibiospeleologia. L’opera testimonia l’avanza-re della conoscenza scientifica sull’argo-mento confermando, se mai ce ne fossebisogno, quanto ricco ed interessante sia ilmondo ipogeo sotto l’aspetto biologico edecologico.Gli autori sono noti ricercatori, in molticasi speleologi di varie regioni e con diver-se competenze.Il volume si divide in due sezioni. Nellaprima sono raccolti i contributi specialisticidegli esperti di vari gruppi (dai ColeotteriColevidi ai Crostacei, dagli Anfibi aiChirotteri, solo per citarne alcuni) mentrealtri lavori sono dedicati alla fauna troglobiao troglofila italiana in chiave evolutiva, adat-tiva e biogeografica. Nella seconda sezionetroviamo poi gli interventi di altro genere: iprincipi di ecologia delle grotte, la vegeta-zione degli ambienti ipogei, le tecniche eproblematiche di campionamento degliorganismi cavernicoli ed il tema – a mioavviso originale e di notevole importanza –della microbiologia ambientale applicata agliambienti carsici.Sfogliare o, meglio sarebbe, leggere conattenzione questi atti significa migliorare lanostra consapevolezza della fragilità degliambienti sotterranei.Aggiungo una personale suggestione: nonho dubbi che ogni grotta abbia un’anima eche questo spirito – che ognuno può omeno avvertire – è il complesso risultatodella speleogenesi, dell’evoluzione biologicae del procedere della stessa ricerca speleo-logica oltre che della nostra personale cul-tura. In questa ottica quello che illuminia-mo improvvisamente con la nostra lampa-da a carburo è molto più di un semplice epallido crostaceo, insetto o ragnetto.Quello che incontriamo è il padrone dicasa, il legittimo proprietario dell’ambientedi cui siamo momentanei ospiti, è partedello spirito della grotta.Ricordiamocelo e spieghiamolo a quantivengono con noi sottoterra.(David Bianco, biologo, Parco Regionale deiGessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa)

Atti del 27° Corso di III livello SSI di BiospeleologiaA cura di Fabrizio Serena, ARPAT, FST, SSI,GSAL, Livorno, 2003Disponibile c/o CIDS SSI via Zamboni 67 - 40126 Bologna con un contributo di 10,00 € + spesedi spedizione.

argomento che di norma non è di loro conoscenza e/o competenza: ed ecco che agilità estringatezza, unite all’assoluto rigore scientifico, diventano un pregio inestimabile.Personalmente l’ho già utilizzata per chiarirmi le idee su argomenti di biologia sotterranea eper documentarmi su alcune zone carsiche che non ho mai visitato ed ho sempre trovatoesattamente quello che cercavo e soprattutto la possibilità, qualora lo volessi, di accedere adaltre voci correlate o a referenze bibliografiche per ampliare le conoscenze.Dato che, come si dice normalmente, le opere perfette non sono di questo mondo, un difet-to mi permetto di segnalarlo: la presenza di contributi italiani è davvero modesta (hanno par-tecipato solo 11 persone, di cui 6 nel campo biologico) con un totale di 16 voci. Purtroppo la scarsità di pubblicazioni italiane in lingua inglese ci ha sicuramente penalizzato,con la conseguenza che alcune delle più belle e importanti aree carsiche italiane (di rilevan-za sicuramente mondiale) sono state trascurate.Detto questo, l’opera rimane assolutamente fondamentale e, a mio parere, non dovrebbemancare in nessuna biblioteca non solo universitaria, ma anche e soprattutto di Gruppo spe-leologico: infatti questa opera, descrivendo molte delle principali aree carsico-speleologichedel mondo può risultare anche di utilità immediata nella pianificazione di esplorazioni all’e-stero.Considerata la mole del lavoro che sta alla base di questa realizzazione, il rapportocosto/qualità è assolutamente ottimo. (Paolo Forti)

GUNN, John (editor) Encyclopedia of Karst ScienceRoutledge, New York, London, 2004, 902 pp, $ 150,00

E’ possibile ordinare il volume presso l’editore, per tutte le informazioni consultare:http://www.routledge-ny.com/caves/index.html

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Recensioni

KurLa Venta Exploring TeamN. 1 dicembre 2003

E’ nata Kur la rivi-sta de La VentaExploring Team,associazione chenon ha certobisogno di pre-s e n t a z i o n e .Dunque, ancheper chi si dimo-stra particolar-mente attentoall’uso delle nuovetecnologie, lacarta appareancora una volta

come il mezzo più adatto al quale affida-re la conservazione della memoria.Con questa produzione La Venta ufficia-lizza definitivamente il suo status diGruppo Speleologico, ovviamentemolto speciale. La rivista è piacevole,tutta a colori, con un impaginazionesobria ed elegante. Si dichiara semestra-le: è un impegno serio anche per ungrande gruppo come questo e perciònon possiamo fare a meno di usare que-sto spazio per i nostri migliori auguri.I contenuti del primo numero sonoquelli necessari: la presentazione delgruppo, la sua storia, le principali ricer-che in corso. Il valore aggiunto è il testoin inglese, parallelo a quello in italiano,soluzione queta che permette di realiz-zare più agilmente di realizzare unnumero e La Venta si fa conoscere alresto del mondo.Un mondo più grande quindi, al quale LaVenta si rivolge esplicitamente attraver-so ricerche altre. Quella speleologicaprevale, ma c’è motivo di credere che infuturo saranno rilevanti le esplorazionigeografiche in senso lato, anche se oggic’è da chiedersi quale sia il significatoreale del termine “esplorazione”..., spe-leologia esclusa, ovviamente.Che dire, le aspettative sono tante, siaperché qui vi concorrono tra i più com-petenti e capaci personaggi che abbianocalcato le scene speleologiche nelnostro Paese e sia perché la rivista con-tribuirà a livello internazionale a farconoscere l’attività svolta da ricercatorisoprattutto italiani.L’auspicio comunque è quello cherimanga - non solo la rivista, ma l’interaattività del gruppo - una vocazione diricerca a carattere scientifico e non sci-voli in altre più facili tentazioni. Ma questo, almeno con l’attuale dirigen-za del gruppo, c’è da escluderlo.

Le sottoscrizioni per gli abbonamentisono aperte (15 € anno) per info:http://www.laventa.it/it/kur_subscribe_ita.html (Michele Sivelli)

I molluschi delle sorgentie delle “acque sotterranee”Di Enrico Pezzoli e Massimo Lemme

Ancora una volta la collana di “NaturaBresciana” ha messo in distribuzione un altrointeressantissimo volume che va ben ad integrar-si con i precedenti, offrendo una sempre maggio-re conoscenza delle aree alpina e prealpina carat-terizzate da una spiccata biodiversità.La monografia, riguardante i Molluschi presentinelle sorgenti e all’interno dei sistemi carsici del-l’area bresciana, si aggiunge a quella dedicata allazona bergamasca edita nel 2000. Enrico Pezzoli, iscritto a varie Società scientifichee speleologo, ha al suo attivo numerose pubblica-zioni che hanno permesso (fin dal 1988) di met-tere in chiara evidenza lo stato dell’arte delleconoscenze malacologiche di quegli ambienti chetanta importanza hanno nell’ambito della coloniz-

Le aree carsiche gessose d’Italiaa cura di Giuliana Madonia e Polo Forti

“Le aree carsiche gessose d’Italia” rap-presenta sicuramente un punto fermosullo stato delle ricerche nelle evaporitiitaliane. L’opera è divisa in due parti, una primagenerale e una seconda con approfondi-menti regionali. I capitoli della primaparte, trattati dai migliori specialisti dellamateria, vengono affrontati con l’ap-proccio multidisciplinare della ricercacarsico-speleologica, quali la geologia, laspeleogenesi e la biospeleologia.Figurano qui anche tutti gli aspetti dellaspeleologia applicata, come l’antropolo-gia, l’archeologia e la tutela e valorizza-zione del paesaggio. Solo un’appunto alcapitolo “Testimonianze antropiche pre-protostoriche in aree gessose”: mentrevengono forniti molti dati sulle grotteromagnole e bolognesi, viene liquidata inpoche righe la più importante cavitàpreistorica reggiana, la “Tana dellaMussina di Borzano”, che sicuramentemeritava più attenzione. Leggendo laseconda parte “Il carsismo nei gessi delleregioni italiane” ci si rende inaspettata-mente conto della notevole diffusionedelle evaporiti in Italia. In molti casi addi-rittura viene voglia di andare a rivederequesti fenomeni, specialmente quando leinformazioni riportate riguardano ricer-che sul campo piuttosto datate.Nella parte dei capitoli regionali, l’EmiliaRomagna, territorio con quasi 600 grot-te nei gessi, forse poteva avere uno spa-zio un po’ più ampio e con più autori.Ricordiamo infatti che qui esistono legrotte evaporitiche più estesedell’Europa occidentale e la grotta piùprofonda del mondo. A risentire maggiormente dello scarsospazio è il paragrafo riguardante le eva-poriti triassiche reggiane, dove sono pre-senti oltre 120 cavità; forse qualche riga

diversa e più aggiornata rispetto a quel-le delle precedenti pubblicazioni curatedal GSPGC avrebbe completato meglioil capitolo (inoltre l’archivio fotograficodel GSPGC era ed è disponibile perimmagini della Val di Secchia o di altrezone gessose; vedi ad esempio il capito-lo sulla Toscana). Un piccolo appuntoanche sulla bibliografia dell’Emilia Roma-gna, che è sicura-mente troppoampia per essereriportata anchesolo parzialmente.In questo caso,nella sintassi deltitolo citato, si èscelto di attribui-re al nome generi-co di “CAI” o“Regione EmiliaRomagna” lavoridi singoli autori odi gruppi speleo-logici che avreb-bero meritato lacitazione specifi-ca, anche perfavorirne una più semplice e precisaidentificazione. Un’altra lacuna appare nel capitolo sulle“Particolarità biologiche” dove, se G.Rivalta fa un ottimo lavoro per quantoriguarda la parte botanica, gli altri dueautori si dimenticano completamentedelle peculiarità dei gessi triassici reggia-ni. Sono purtroppo omesse la faunaendemica e perfino quella comune comeil geotritone e tutte le specie che nefanno una zona assolutamente interes-sante dal punto di vista biologico.(Claudio Catellani)

Le aree carsiche gessose d’ItaliaMemorie dell’Istituto Italiano diSpeleologia, s. II, vol. XIV, Bologna 2003a cura di Giuliana Madonia e Polo Forti.

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Cane ScioltoAvventure di un alpinista triestinodi Tony Klingendrath

Cani sciolti: individui – alpinisti, grottisti,escursionisti: la lista è lunghissima – che malsi adattano ad essere irreggimentati instrutture rigide quali club, istituti, associa-zioni con più regolamen-ti che scopi. TonyKlingendrath, speleologoe alpinista appartenentea questa categoria, narrain un volume le avventu-re, fisiche e spirituali, chetrent’anni di attivitàsportiva lo hanno porta-to a vivere sulle monta-gne di mezzo mondo. Dopo una premessa sulsenso dell’alpinismo (èuna follia?…) l’A. riper-corre la sua vita in grot-ta e in montagna, scan-dendola in una dozzina diepisodi. Nei due intro-duttivi, aventi per teatro le grotte, raccontala sua iniziazione come speleologo sulCarso e sul Canin; negli altri, partendo dallaVal Rosandra – la palestra in cui si sono for-mati gli alpinisti triestini, la protagonista è lamontagna: i racconti si dipanano dalle Andeall’Alaska, all’Hymalaia, alle Alpi Occidentali,all’Africa.E ogni capitolo rievoca non soltanto unavicenda che ha lasciato forte segno nellamemoria, ma altresì l’impatto che la stessa– per i coprotagonisti, per la situazione, perl’influsso che avrebbe avuto su cose e per-

sone – ha provocato al suo spirito. Il libro,corredato da una serie di foto in bianco enero che fermano nel tempo immagini digrotte e montagne, si chiude con due capi-toletti: Stillicidio e Il volto del tempo. Nel primo Tony, amareggiato dalla negativaevoluzione dell’alpinismo di questi ultimidecenni, torna alla grotta, ritrovandovi quel

microcosmo fatto difango, fatica e sudore cosìlontano dalla cultura deimass media che ha inqui-nato il mondo alpinistico;nel secondo rievoca unepisodio legato ad un pic-colo ipogeo nelle Andeboliviane dove, in unmondo senza tempo, ilvolto della mummia dis-sepolta presenta le stessecaratteristiche fisionomi-che degli uomini che l’a-vevano accompagnatonell’esplorazione. Alcunidegli episodi narratierano già stati pubblicati

su svariate riviste – Progressione, Rivistadella Montagna, Alp – mentre buona partedel testo risulta inedito. Così assemblato illibro forma un tutt’uno inscindibile, che silegge volentieri: non solo contiene unpezzo di storia della speleologia, dellanostra storia, ma evidenzia sia i collega-menti di base fra il mondo delle grotte equello dell’alpinismo– gli uomini e il lorodesiderio di libertà, di esplorare, di natura –sia, anche e soprattutto, le differenze cheancora (ma non so per quanto ancora…)sussistono. La speleologia è riuscita, anche

se per merito dell’ambiente e non suo, anon essere inquinata dal consumismo, dal-l’apparire piuttosto che dall’essere, dal direpiuttosto che dal fare. E’ questa la sensazio-ne che si ricava dalla lettura del libro, assie-me a molte altre (che però forse andreb-bero approfondite su una rivista di monta-gna). (Pino Guidi)

KLINGENDRATH Tony, Cane sciolto.Avventure di un alpinista triestino, I Licheni, Vivalda ed., Torino 2003, 181 pag., 18.00 €

El karst en yeso de SorbasThe gypsum karst of Sorbasdi José Maria Calaforra (testo), Jabier Les(fotografie).

L’ottima accoppiata di uno speleologo,particolarmente bravo come ricercatore,e di un fotografo che sa il fatto suo, hannofornito la materia prima per un magnificolibro con testo bilingue (spagnolo edinglese) che si legge con interesse e siguarda con molto piacere. Dopo averdescritto il fenomeno carsico nel gesso ing e n e r a l e ,l ’ a u t o r epassa a trat-tare quellodella regio-ne diSorbas, chesi trova neipressi diAlmería, intutti i suoiaspetti spe-cifici: circo-lazione idri-ca, speleogenesi, forme diverse, concre-zioni. Vengono illustrate le grotte princi-pali ed infine l’attenzione si ferma sulleparticolari forme di concrezioni che sonostate osservate. Le splendide fotografie che illustrano ilvolume aggiungono un godimento esteti-co all’impeccabile trattazione scientificadell’argomento. Complimenti all’autore, ben noto a moltispeleologi italiani per la sua attività dallenostre parti, al bravissimo fotografo econgratulazioni alla Consjeria de MedioAmbiente da la Junta de Andalucia per lameritevole iniziativa. (Arrigo A. Cigna)

El karst en yeso de Sorbas - The gypsumkarst of SorbasTesto di José Maria Calaforra, fotografiedi Jabier Les.Consjeria de Medio Ambiente da la Juntade Andalucia.Publicaciones Calle Mayor S.L., EstellaNavarra, Spagna, 2003, 85 pp., in ottavoquadrato, distribuzione gratuita.

zazione ipogea. Molto della attuale conoscenza dei molluschi crenobionti e sotterranei delnord Italia (in particolare della Lombardia) la si deve a questo autore che sempre ha saputoavvalersi di collaborazioni qualificate in questi ambiti (da ultimo Massimo Lemma) con pun-tuali mappature dei territori esaminati per altro utilissime a chi intende dedicarsi a questeproblematiche che, a tutti gli effetti, meritano di essere ovviamente comprese nella moder-na Biospeleologia. Come è noto la vita in una grotta dipende, salvo rare eccezioni, dagli ecosistemi esterni checonfinano con la cavità stessa. Il volume è organizzato in vari capitoli, la prima parte riguarda brevemente l’aggiornamentosulla sistematica dei molluschi e i metodi di ricerca applicati. La seconda illustra, sorgente persorgente, i risultati delle analisi svolte; i bacini indagati vanno dagli affluenti del Fiume Ogliofino alle zone sorgentizie della piana alluvionale padana. Cenni storici sui fontanili e commentialle carte della distribuzione della malacofauna completano l’opera. (Giuseppe Rivalta)

I molluschi delle sorgenti e delle “acque sotterranee”. X° aggiornamento, VI° capitolo, RegioneLombardia, Provincia di Brescia, di Enrico Pezzoli e Massimo LemmeMonografie di “Natura Bresciana” n. 26 – 2003Museo Civico di Scienze Naturali Brescia

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Indennità da ricovero €15,00 €10,00

2002 al giorno col massimo di 180 giorni2004 al giorno col massimo di 90 giorni

Indennità di gessatura €15,00 €5,00

2002 al giorno col massimo di 30 giorni per sinistro, 20 giorni in caso del cosiddetto colpo di frusta

2004 al giorno col massimo di 30 giorni per sinistro

Spese di rimpatrio (per persona) €2.000,00 €1.000,00

Rimborso spese mediche €2.500,00 €1.000,00

2002 Qualora l’Assicurato si avvalga di medici e/o istituti di cura privati il rimborso viene effettuato fino allaconcorrenza del 80% delle spese effettivamente sostenute, restando il rimanente 20% a carico dell'Assicurato conil minimo di 50,00 euro con rimborso integrale dei ticket sanitari

2004 Rimborso dei soli ticket sanitari

INFORTUNI – PLUSCopertura assicurativa valida in tutto il mondo

2002 2004

Morte (per persona) €20.000,00 €20.000,00

Invalidità Permanente (per persona) €60.000,00 €60.000,00

FranchigiaTuttavia la suindicata franchigia del 3% non trova applicazione nel caso di invalidità permanente accertata di grado superiore al 60%. 3% 3%

Indennità da ricovero €15,00 €18,00

2002 al giorno col massimo di 180 giorni Qualora l'Assicurato stesso rientri nelle seguenti categorie professionali: arti-giani, commercianti, imprenditori e liberi professionisti (esclusi comunque pensionati, studenti e casalinghe) l'inden-nità giornaliera si intende raddoppiata, a titolo di parziale indennizzo per il minor mancato reddito.

2004 al giorno col massimo di 180 giorni

Indennità di gessatura €15,00 €18,00

2002 al giorno col massimo di 30 giorni per sinistro, 20 giorni in caso del cosiddetto colpo di frusta La garanzia opera- anche nei casi di gessatura (con o senza fratture) prescritta od applicata in seguito a lesioni ad articolazioni (distorsioni, lussazioni, rotture e/o lesioni ai legamenti articolari). Qualora l'Assicurato stesso rientri nelle seguenticate gorie professionali: artigiani, commercianti, imprenditori e liberi professionisti (esclusi comunque pensionati, studenti e casalinghe) l'indennità giornaliera si intende raddoppiata, a titolo di parziale indennizzo per il minor mancato reddito.

2004 al giorno col massimo di 30 giorni per sinistro (ridotto a 20 giorni in caso del cosiddetto colpo di frusta). La garanzia opera anche nei casi di gessatura (con o senza fratture) prescritta od applicata in seguito a lesioni ad articolazioni (distorsioni, lussazioni, rotture e/o lesioni ai legamenti articolari).

Spese di rimpatrio (per persona) €4.000,00 €4.000,00

Spese di ricerca e salvataggio (per persona) €10.000,00 €10.000,00

Rimborso spese mediche €5.000,00 €5.000,00

Qualora l’Assicurato si avvalga di medici e/o istituti di cura privati il rimborso viene effettuato fino alla concorren-za del 90% delle spese effettivamente sostenute, restando il rimanente 10% a carico dell'Assicurato con il minimo di 50,00 euro con rimborso integrale dei ticket sanitari

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Indennità da ricovero €15,00 €10,00

2002 al giorno col massimo di 180 giorni2004 al giorno col massimo di 90 giorni

Indennità di gessatura €15,00 €5,00

2002 al giorno col massimo di 30 giorni per sinistro, 20 giorni in caso del cosiddetto colpo di frusta

2004 al giorno col massimo di 30 giorni per sinistro

Spese di rimpatrio (per persona) €2.000,00 €1.000,00

Rimborso spese mediche €2.500,00 €1.000,00

2002 Qualora l’Assicurato si avvalga di medici e/o istituti di cura privati il rimborso viene effettuato fino allaconcorrenza del 80% delle spese effettivamente sostenute, restando il rimanente 20% a carico dell'Assicurato conil minimo di 50,00 euro con rimborso integrale dei ticket sanitari

2004 Rimborso dei soli ticket sanitari

INFORTUNI – PLUSCopertura assicurativa valida in tutto il mondo

2002 2004

Morte (per persona) €20.000,00 €20.000,00

Invalidità Permanente (per persona) €60.000,00 €60.000,00

FranchigiaTuttavia la suindicata franchigia del 3% non trova applicazione nel caso di invalidità permanente accertata di grado superiore al 60%. 3% 3%

Indennità da ricovero €15,00 €18,00

2002 al giorno col massimo di 180 giorni Qualora l'Assicurato stesso rientri nelle seguenti categorie professionali: arti-giani, commercianti, imprenditori e liberi professionisti (esclusi comunque pensionati, studenti e casalinghe) l'inden-nità giornaliera si intende raddoppiata, a titolo di parziale indennizzo per il minor mancato reddito.

2004 al giorno col massimo di 180 giorni

Indennità di gessatura €15,00 €18,00

2002 al giorno col massimo di 30 giorni per sinistro, 20 giorni in caso del cosiddetto colpo di frusta La garanzia opera- anche nei casi di gessatura (con o senza fratture) prescritta od applicata in seguito a lesioni ad articolazioni (distorsioni, lussazioni, rotture e/o lesioni ai legamenti articolari). Qualora l'Assicurato stesso rientri nelle seguenticate gorie professionali: artigiani, commercianti, imprenditori e liberi professionisti (esclusi comunque pensionati, studenti e casalinghe) l'indennità giornaliera si intende raddoppiata, a titolo di parziale indennizzo per il minor mancato reddito.

2004 al giorno col massimo di 30 giorni per sinistro (ridotto a 20 giorni in caso del cosiddetto colpo di frusta). La garanzia opera anche nei casi di gessatura (con o senza fratture) prescritta od applicata in seguito a lesioni ad articolazioni (distorsioni, lussazioni, rotture e/o lesioni ai legamenti articolari).

Spese di rimpatrio (per persona) €4.000,00 €4.000,00

Spese di ricerca e salvataggio (per persona) €10.000,00 €10.000,00

Rimborso spese mediche €5.000,00 €5.000,00

Qualora l’Assicurato si avvalga di medici e/o istituti di cura privati il rimborso viene effettuato fino alla concorren-za del 90% delle spese effettivamente sostenute, restando il rimanente 10% a carico dell'Assicurato con il minimo di 50,00 euro con rimborso integrale dei ticket sanitari

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ISSN 0394-9761