2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare...

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Seminario Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011Pag. n. 1 Ministero dell’Economia e delle Finanze Scuola superiore dell’Economia e delle Finanze Roma Seminario specialistico “Unico 2011 Cedolare secca, Sanzioni e Novità fiscali 2011” Giugno – Luglio 2011 Prof. Tonino Morina del Prof. Tonino Morina Esperto Fiscale del Sole 24 Ore” Professore della Scuola Superiore di Economia e Finanze di Roma Via Vittorio Emanuele, 32 - 96015 – Francofonte (SR) Tel. 095/948840 Fax 095/940659 cell. 393 8285211

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Ministero dell’Economia e delle Finanze Scuola superiore dell’Economia e delle Finanze Roma

Seminario specialistico “Unico 2011

Cedolare secca, Sanzioni e Novità fiscali 2011”

Giugno – Luglio 2011

Prof. Tonino Morina

del Prof. Tonino Morina

“Esperto Fiscale del Sole 24 Ore” Professore della Scuola Superiore di Economia e Finanze di Roma

Via Vittorio Emanuele, 32 - 96015 – Francofonte (SR) Tel. 095/948840 Fax 095/940659 cell. 393 8285211

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“Indice degli argomenti”

Articoli, norme, circolari e risoluzioni Al debutto nell’Unico 2011 la cedolare secca da pagina 2 a pagina 10 Il fisco cambia l’agenda per Unico, 730 e 770 da pagina 11 a pagina 14 La nuova agenda di Unico 2011 da pagina 15 a pagina 25 Sanzioni e ravvedimento da pagina 26 a pagina 27 La riforma delle sanzioni da pagina 28 a pagina 34 Le regole su ravvedimenti e cumulo da pag. 35 a pag. 38 Ravvedimento per tardivi versamenti da pag. 39 a pag. 42 Sanzioni più alte da pag. 43 a pag. 50 Compensazioni nel modello F24 da pag. 51 a pag. 56 Le regole per rimediare ad errori da pag. 57 a pag. 65 Il fisco cancella le super sanzioni da pagina 66 a pagina 69 Modalità e tempi di ravvedimenti spontanei da pagina 70 a pagina 71 Le correzioni di Unico da pag. 72 a pag. 78 I minimi di versamento da pag. 79 a pag. 83 Comunicazione all’intermediario da pag. 84 a pag. 85 Le regole per le dichiarazioni on line pag. 86 Gli errori formali dell’F24 senza sanzioni da pag. 87 a pag. 88 Il Fisco semplice non ha soppresso da pag. 89 a pag. 92 Le regole per la tenuta dei registri pag. 93 Le sanzioni sugli errori più frequenti da pag. 94 a pag. 103 Novità in tema di sanzioni per l’intermediario da pagina 104 a pagina 105 La rigidità del sistema di controllo da pag. 106 a pag. 108 L’Agenzia invita gli uffici a non litigare da pag. 109 a pag. 116 Redditometro e indagini finanziarie da pag. 117 a pag. 121 Il giusto calcolo per il redditometro da pag. 122 a pag. 127 La Guardia di Finanza fissa le regole da pag. 128 a pag. 138 Spesometro o redditometro da pagina 139 da pagina 142 Circolare 222/E del 30 novembre 2000 da pag. 143 a pag. 144 Circolare 28/E del 21 giugno 2004 da pag. 145 a pag. 147 Risoluzione 74/E del 19 aprile 2007 da pag. 148 a pag. 152 Circolare 52/E del 27 settembre 2001 da pag. 153 a pag. 156 Circolare 18/E del 10 maggio 2011 da pagina 157 a pagina 160 Novità sulla cedolare secca da pagina 161 a pagina 183

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 3 La proroga degli sconti Irpef del 36 e del 55 per cento può

ridurre o azzerare il peso dell’Irpef e delle addizionali

Al debutto nell’Unico 2011 la cedolare secca

Salvina Morina (*) Tonino Morina (**)

(* Esperto fiscale del Sole 24-Ore) (** Esperto fiscale del Sole 24-Ore – professore della Scuola Superiore di Economia e Finanze di Roma)

Unico non è più “Unico”

Il 2011 è il quattordicesimo anno del modello Unico, che sta per “modello unificato compensativo”. È chiamato così perché consente:

* l’unificazione di più dichiarazioni in quanto l’Unico può comprendere l’Iva e i redditi;

* di compensare i debiti e i crediti dei vari tributi, contributi e premi. La denominazione di Unico è però superata in quanto, mentre fino a qualche anno fa, era possibile comprendere nell’Unico, i redditi, l’Iva, l’Irap e il modello 770, già dal 2009 l’Unico ha compreso solo l’Iva e i redditi, anche perché, dalla modulistica del 2009, si è “separata” dall’Unico la dichiarazione Irap. Peraltro, a seguito delle novità sulla stretta dei crediti Iva a partire dal 2010, di cui all’articolo 10, del decreto legge 78/2009, per la dichiarazione annuale Iva relativa al 2009, i contribuenti che intendevano usare in compensazione, o chiedere a rimborso il credito risultante dalla dichiarazione annuale Iva, potevano non comprendere tale dichiarazione nel modello Unico, presentando la dichiarazione annuale a partire dal mese di febbraio. In pratica, l’Unico non è più una dichiarazione unificata, perché, di norma, contiene solo i redditi. Considerato che dal 2010 la dichiarazione Iva poteva essere presentata anche in modo separato dall’Unico, non sarebbe male se, per i redditi, si tornasse alle vecchie denominazioni, ancora attuali, dei modelli 740 per le persone fisiche, 750 per le società di persone e soggetti assimilati, 760 per i soggetti Ires e assimilati, e 760-bis per gli enti non commerciali e assimilati.

Novità di Unico 2011 Una delle novità più significative della dichiarazione dei redditi del 2010, modello

Unico 2011 persone fisiche, è costituita dal debutto della cedolare secca del 20% sugli affitti delle case di abitazione ubicate nella provincia dell’Aquila. Ma l’accelerazione di una norma sul federalismo fiscale ha previsto l’estensione della cedolare secca, denominata anche “tassa piatta”, con percentuali diverse, su tutto il territorio nazionale, anche se i suoi effetti rilevano solo ai fini degli acconti dovuti per l’anno 2011, nel caso di contribuenti che scelgono il sistema di tassazione forfetaria in luogo della tassazione ordinaria. Altre importanti novità del modello Unico 2011 sono le seguenti:

la proroga della detrazione riconosciuta per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso, determinata dal sostituto d’imposta entro il limite di 149,5 euro (quadro RC);

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 4 la proroga della detrazione del 36% per le spese di ristrutturazione edilizia (quadro RP);

la proroga della detrazione del 55% per le spese relative agli interventi finalizzati al risparmio energetico degli edifici esistenti (quadro RP);

l’introduzione di un credito d’imposta previsto a seguito del reintegro delle somme anticipate sui fondi pensione (quadro CR);

l’introduzione di un credito d’imposta relativo alle mediazioni per la conciliazione di controversie civili e commerciali (quadro CR);

la possibilità per i lavoratori dipendenti di richiedere il rimborso delle maggiori imposte pagate in relazione alle somme percepite negli anni 2008 e 2009 per il conseguimento di elementi di produttività e redditività oppure per lavoro straordinario assoggettabili a imposta sostitutiva in tali anni (quadro QR).

La cedolare secca su tutto il territorio nazionale Giocando d’anticipo rispetto ai tempi previsti, la cedolare secca è stata estesa a tutto

il territorio nazionale. La modulistica Unico 2011 non subirà alcuna conseguenza. Gli effetti si potranno però avere per il calcolo degli acconti da versare per l’anno 2011. Ufficialmente, la norma è entrata in vigore il 7 aprile 2011, ma i contribuenti hanno avuto altri 60 giorni di tempo per meditare sulla convenienza a scegliere il nuovo regime, con il forfait del 21% o del 19 per cento sull’intero importo incassato per la casa ceduta in affitto, in alternativa alla tassazione ordinaria ai fini Irpef e alle altre imposte. Cedolare secca o tassazione ordinaria, questo è il “problema”. E per risolvere il problema, con un comunicato stampa diramato il 6 aprile 2011, l’agenzia delle Entrate, nel rispetto di una norma della legge sui diritti del contribuente, ha concesso 60 giorni di tempo ai contribuenti che cedono in affitto case di abitazioni e relative pertinenze. I locatori hanno avuto perciò tempo fino al 6 giugno per registrare i contratti di locazione i cui termini di registrazione scadono dal 7 aprile fino al 6 giugno 2011, e scegliere se avvalersi della cedolare secca. In caso di comproprietari, la scelta per la cedolare secca può essere fatta da ciascun locatore. Ad esempio, nel caso di un’abitazione data in affitto da due coniugi, il marito che ha un reddito elevato sceglie di applicare la cedolare secca, denominata anche “tassa piatta”, mentre la moglie che ha un reddito basso non eseguirà la scelta per la tassa piatta, essendo più conveniente la tassazione ordinaria.

Nessun effetto sul saldo Irpef dell’anno 2010 I 60 giorni di tempo concessi ai contribuenti per risolvere il dilemma “cedolare sì” “cedolare no”, attenuano inoltre l’impatto sulle dichiarazioni dei redditi, modello 730/2011 o Unico 2011 persone fisiche. E’ comunque escluso qualsiasi effetto per il saldo dell’Irpef relativa ai redditi dell’anno 2010. Chi opta per la cedolare secca, sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti, dovrà pagare un’imposta sostitutiva del 21 per cento. Il forfait scende al 19 per cento per i contratti cosiddetti concordati (articoli 2, comma 3, e 8 della legge 431/1998) relativi ad abitazioni ubicate nei comuni di cui all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b), del decreto legge 551/1988, e negli altri comuni ad alta tensione abitativa. Chi sceglie la cedolare secca, oltre ad evitare l’Irpef e le relative addizionali, non deve pagare le imposte di registro per la registrazione del contratto, nemmeno in misura fissa.

Affitti bloccati con la cedolare secca Nei confronti del locatore che opta per l’applicazione della cedolare secca è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati che si è verificata nell’anno precedente. L’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia alla richiesta dell’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo.

Acconti per il 2011 Ai fini delle imposte dovute per l’anno 2011, la scelta per la cedolare secca potrà avere effetti solo sugli acconti dovuti per l’anno 2011. E’ stabilito che l’acconto per il 2011 è dovuto nella misura dell’85 per cento, mentre per l’anno 2012 l’acconto sarà dovuto nella misura del 95 per cento. Questo significa che l’acconto dovuto a titolo di prima rata per il 2011 è pari al 40% dell’85%, cioè pari alla misura del 34 per cento, ed è pari al 60% dell’85%, cioè alla misura 51% per la seconda rata di acconto da versare entro novembre. Tenuto anche conto dei 60 giorni di tempo concessi in più per eseguire la scelta, i contribuenti dovranno eseguire l’acconto del forfait, entro il 16 giugno 2011 (differito al 6 luglio 2011), o dal 17 giugno al 18 luglio 2011 (nuovo termine dal 7 luglio al 5 agosto 2011) con lo 0,40% in più, in caso di contratti stipulati entro il mese di maggio 2011, con l’opzione per la cedolare secca. Considerata la novità, in mancanza della base di riferimento “storico”, l’acconto per il 2011 dovrà essere determinato sulla base previsionale. I contribuenti che eseguiranno l’acconto della cedolare dovranno tenere conto della corrispondente riduzione degli acconti Irpef per l’anno 2011. La prima rata d’acconto della cedolare per il 2011 non è in ogni caso dovuta per i contratti stipulati a partire dal mese di giugno. Non sarà nemmeno dovuta la seconda rata in scadenza a novembre, in presenza di contratti stipulati a partire da novembre. Rimane fermo che, così come è previsto per gli acconti Irpef, gli eventuali versamenti in più per la cedolare secca, che risulteranno dalle dichiarazioni presentate, potranno poi essere usati per ridurre gli altri versamenti per gli anni successivi, così come potranno essere usati come crediti in compensazione con i pagamenti da fare con il modello F24.

Credito d’imposta per conciliazione delle controversie civili e commerciali I contribuenti che si sono avvalsi della mediazione di un terzo per la risoluzione di una controversia civile o commerciale, hanno diritto ad un credito d’imposta proporzionale all’indennità corrisposta al soggetto abilitato a svolgere il procedimento di mediazione. Il credito spetta fino ad un massimo di 500,00 euro se la mediazione ha avuto successo. In caso di insuccesso, il credito è ridotto alla metà e può essere utilizzato in compensazione col modello F24, per i titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo, oppure in diminuzione delle imposte sui redditi per i non titolari di redditi d’impresa o di lavoro autonomo. Per l’indicazione di questi dati, si deve compilare il rigo CR13.

Richiesta di rimborso per incremento della produttività I lavoratori dipendenti che negli anni 2008 e 2009 hanno percepito compensi per lavoro notturno o per lavoro straordinario che hanno incrementato la produttività, possono chiedere il rimborso delle maggiori imposte pagate se i suddetti compensi sono stati assoggettati a tassazione ordinaria anziché all’imposta sostitutiva del 10 per cento.

Nell’Unico o nel 730 le spese sostenute nel 2010 possono ridurre o “azzerare” le tasse Il pagamento delle imposte può essere ridotto o “azzerato” nei casi di sconti fiscali

spettanti per oneri e spese deducibili o detraibili. Per “onere deducibile”, si intende l’importo che si può sottrarre dal singolo reddito o dal reddito complessivo. Per

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 6 detrazione, si intende la sottrazione di un importo dall’imposta, che da “imposta lorda” diventa “imposta netta”. Per i redditi del 2010, modello 730/2011 o Unico 2011, sono deducibili o detraibili le spese sostenute nel 2010, anche se riferite a più annualità; vale cioè l’anno del pagamento. Ad esempio, sono deducibili i contributi previdenziali pagati nell’anno 2010, senza limite di deducibilità, anche se riferiti a più annualità. Per le detrazioni d’imposta, come quelle del 36% per le ristrutturazioni edilizie o del 55% per il risparmio energetico, si indicano sia le quote spettanti per le spese sostenute nell’anno 2010, sia le quote ancora spettanti in relazione alle spese sostenute in anni precedenti. Rimane fermo che gli oneri deducibili o detraibili possono ridurre o azzerare il peso dell’Irpef e delle relative addizionali regionali e comunali, ma non danno diritto al rimborso.

I tempi di conservazione dei documenti Il contribuente, che indica nell’Unico 2011 o nel 730/2011, documenti che danno diritto a deduzioni e detrazioni, cioè oneri deducibili o oneri che danno diritto a detrazioni d’imposta, non deve allegare alcuna documentazione alla dichiarazione. La documentazione va però conservata in originale per tutto il periodo durante il quale l’amministrazione finanziaria può richiederla. Per la dichiarazione dei redditi del 2010, modello Unico 2011 o modello 730/2011, la documentazione può essere chiesta dagli uffici fino a tutto il 31 dicembre 2015. Possono essere più “lunghi” i termini di conservazione per i documenti che danno diritto a quote di detrazioni d’imposta frazionabili in più annualità. Le spese di ristrutturazione della casa che hanno dato diritto alla detrazione fiscale nella dichiarazione dei redditi, si devono conservare fino alla fine del quinto anno successivo a quello nel corso del quale è stata detratta l’ultima quota della detrazione Irpef del 41 o del 36 per cento. Ad esempio, il contribuente che, avendo sostenuto spese nel 2001, indica l’ultima quota della detrazione del 36%, nell’Unico 2011 o nel modello 730/2011, per i redditi del 2010, deve conservare la relativa documentazione fino al 31 dicembre 2015. In pratica, fino al 31 dicembre 2015, cioè per 15 anni, deve conservare la documentazione delle spese sostenute nel 2001. Le stesse regole valgono per le spese relative al risparmio energetico che danno diritto alla detrazione del 55 per cento.

Lo sconto Irpef o Ires del 55% per il risparmio energetico La detrazione più consistente, in termini di risparmio d’imposta, è quella del 55% per il risparmio energetico. L’agevolazione, prevista dai commi 344, 345, 346 e 347, della legge 296/2006, Finanziaria 2007, consiste in una detrazione dall’imposta lorda, che può essere fatta valere sia sull’Irpef, sia sull’Ires, in misura pari al 55 per cento delle spese sostenute. L’importo massimo di detrazione fruibile è stabilito dalla legge 296/2006, la quale, innovando rispetto alla disciplina ordinariamente prevista per le detrazioni d’imposta, indica il limite massimo del beneficio anziché il limite di spesa al quale commisurare la detrazione. Gli importi di 100.000 euro, 60.000 euro e 30.000 euro, stabiliti in relazione ai singoli interventi agevolabili, rappresentano infatti il limite massimo del risparmio d’imposta ottenibile mediante la detrazione. Perciò, a una detrazione massima di 100mila euro corrisponde una spesa massima detraibile di 181.818,18 euro (infatti, il 55% di 181.818,18 è uguale a 100mila euro); a una detrazione massima di 60mila euro corrisponde una spesa massima di 109.090,90 euro, mentre a una detrazione massima di 30mila euro corrisponde una spesa massima di 54.545,45 euro. Nel caso in cui siano

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 7 stati attuati più interventi agevolabili, il limite massimo di detrazione applicabile sarà costituito dalla somma degli importi previsti per ciascuno degli interventi realizzati. Così, ad esempio, se sono stati istallati i pannelli solari, per i quali è previsto un importo massimo di detrazione di 60.000 euro, ed è stato sostituito l’impianto di climatizzazione invernale, per il quale la detrazione massima applicabile è prevista nella misura di 30.000 euro, sarà possibile fruire della detrazione massima di 90.000 euro. Per le spese sostenute nel 2010, il beneficio della detrazione, che dà diritto alla detrazione Irpef o Ires del 55 per cento, può essere frazionato in un numero di quote annuali di pari importo pari a cinque, così come era previsto per le spese sostenute nel 2009. Invece, per le spese sostenute nel 2008, il beneficio della detrazione poteva essere frazionato in un numero di quote annuali di pari importo non inferiore a tre e non superiore a dieci. La scelta del contribuente è irrevocabile e va fatta all’atto della prima detrazione, fermo restando che, in ogni caso, al pari delle altre detrazioni, anche lo sconto Irpef o Ires del 55 per cento, non dà mai diritto al rimborso. Perciò, se una o più delle quote che sono detraibili, in relazione alle spese sostenute nell’anno, supera l’imposta lorda dovuta, nessun rimborso spetta al contribuente.

Proroga del 55 per cento al 2011 L’articolo 1, comma 48, legge 30 dicembre 2010 n. 220, cosiddetta “legge di stabilità 2011” ha prorogato fino al 31 dicembre 2011 le detrazioni Irpef o Ires del 55 per cento, previste per le spese sostenute per il risparmio energetico.

Sconto Irpef del 36% fino a tutto il 2012 La detrazione Irpef del 36% sulle spese di ristrutturazione edilizia è stata estesa fino al 2012. E’ inoltre a regime l’aliquota Iva del 10% sui lavori edili, manutenzione ordinaria e straordinaria comprese. La proroga al 2012 è stata estesa anche alla detrazione prevista per i soggetti che acquistano unità abitative comprese in fabbricati, sui quali le imprese di costruzione o di ristrutturazione immobiliare o le cooperative edilizie hanno eseguito interventi di recupero edilizio. La proroga al 2012 è disposta dai commi 10 e 11 dell’articolo 2, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, Finanziaria 2010. L’agevolazione fiscale è del 36% delle spese sostenute, nel limite di 48.000 euro per unità immobiliare, ferme restando le altre condizioni previste. La detrazione Irpef del 36% spetta a condizione che il costo della relativa manodopera sia evidenziato in fattura.

Proroga dello sconto per l’acquisto di immobili ristrutturati L’allungamento di un anno riguarda anche l’acquisto di immobili ristrutturati, il cui beneficio fiscale si applica nel caso di interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati, eseguiti entro il 31 dicembre 2012 da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedono alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile entro il 30 giugno 2013. La norma si applica alle seguenti condizioni:

l’acquisto o l’assegnazione dell’unità abitativa deve avvenire entro il 30 giugno 2013;

l’unità immobiliare ceduta o assegnata deve fare parte di un edificio sul quale sono stati eseguiti interventi di restauro e di risanamento conservativo o di ristrutturazione edilizia, di cui alle lettere c) e d) dell’articolo 31, comma 1, della legge 457/78 (norma trasfusa nell’articolo 3, del Dpr 380/2001), riguardanti l’intero edificio;

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 8 i lavori devono essere eseguiti dall’impresa dal 1° gennaio 2008 entro il 31 dicembre 2012.

Lo sconto Irpef del 36% è calcolato su un ammontare forfetario pari al 25% del prezzo di vendita o di assegnazione dell’immobile, risultante dall’atto di acquisto o di assegnazione. L’ammontare su cui calcolare la detrazione, da ripartire in 10 quote annuali costanti, non può comunque superare l’importo massimo di 48 mila euro.

Così lo sconto per chi ha età non inferiore a 75 e a 80 anni Per i contribuenti, proprietari o titolari di un diritto reale sull’immobile oggetto dell’intervento edilizio, di età non inferiore a 75 e a 80 anni, la detrazione fiscale del 36%, anziché essere frazionata in dieci quote annuali, può essere ripartita, rispettivamente, in cinque e tre quote annuali costanti di pari importo.

Regole per “passare” il beneficio all’acquirente o all’erede Rimane fermo, in caso di trasferimento per atto tra vivi dell’unità immobiliare oggetto degli interventi di recupero del patrimonio edilizio, che spettano all’acquirente le detrazioni non usate in tutto o in parte dal venditore. In caso di decesso dell’avente diritto, la fruizione del beneficio si trasmette, per intero, esclusivamente all’erede che conserva la detenzione materiale e diretta del bene.

Il beneficio spetta a chi sostiene le spese e detiene l’immobile Il beneficio della detrazione Irpef spetta pure al familiare che sostiene le spese di ristrutturazione, anche se non è proprietario dell’immobile. Ad esempio, la detrazione spetta al marito che non ha la proprietà dell’abitazione intestata alla moglie priva di altri redditi. La detrazione può spettare al figlio che detiene l’immobile e che sostiene le spese di ristrutturazione, anche se l’immobile è intestato ai genitori. Può quindi fruire della detrazione il semplice affittuario e chi, come il marito o il figlio convivente, detiene l’appartamento a seguito della coabitazione. Nel caso dell’affittuario, la condizione di detentore deve risultare da un contratto di affitto regolarmente registrato e gli estremi della registrazione vanno indicati nell’apposita casella del modello di comunicazione. Nel caso del marito, o del figlio convivente, non c’è bisogno di alcun atto che formalizzi la condizione di detentore dell’immobile.

Gli sconti Irpef e Ires del 55% per il risparmio energetico La detrazione del 55% per gli interventi di risparmio energetico è prevista dai commi 344, 345, 346 e 347 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, Finanziaria 2007. L’agevolazione, a differenza di quanto previsto per lo sconto Irpef del 36% per gli interventi di ristrutturazione edilizia, che è espressamente riservata ai soli edifici residenziali, interessa i fabbricati appartenenti a qualsiasi categoria catastale, anche rurale, compresi, quindi, quelli strumentali. L’unico limite è che gli edifici oggetto degli interventi devono essere esistenti. I super sconti Irpef o Ires del 55 per cento spettano:

per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2010, relative ad interventi di riqualificazione energetica di edifici esistenti, che conseguono un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale inferiore di almeno il 20% rispetto ai valori riportati nell’allegato C, del decreto del ministro dell’economia e delle Finanze del 19 febbraio 2007; per questi interventi l’importo massimo della detrazione fiscale è di 100mila euro (comma 344, legge 296/2006, Finanziaria 2007);

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 9 per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2010, relative ad interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità immobiliari, riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali (coperture e pavimenti), finestre comprensive di infissi, a condizione che siano rispettati i requisiti di trasmittanza termica U, espressa in W/m2K, della Tabella 3 allegata alla legge 296/2006, Finanziaria 2007; per questi interventi l’importo massimo della detrazione fiscale è di 60mila euro (comma 345, legge 296/2006, Finanziaria 2007);

per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2010, relative all’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università; per questi interventi l’importo massimo della detrazione fiscale è di 60mila euro (comma 346, legge 296/2006, Finanziaria 2007);

per le spese documentate, sostenute entro il 31 dicembre 2010, per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione; per questi interventi l’importo massimo della detrazione fiscale è di 30mila euro (comma 347, legge 296/2006, Finanziaria 2007); queste norme si applicano anche alle spese relative alla sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa entalpia.

Occorre però segnalare che per i contribuenti non titolari di reddito d’impresa, come le persone fisiche, gli enti non commerciali, gli esercenti arti e professioni, sono detraibili le spese per le quali il pagamento è effettuato mediante bonifico bancario o postale secondo il cosiddetto criterio di cassa, mentre per i soggetti titolari di reddito d’impresa, per i quali i lavori sono relativi all’esercizio dell’attività commerciale, sono detraibili le spese imputabili al periodo d’imposta secondo il cosiddetto criterio di competenza.

Chi può fruire dello sconto Irpef del 55 per cento La detrazione del 55% spetta a condizione che i contribuenti sostengono le spese e che queste siano rimaste a loro carico. Inoltre, devono possedere o detenere l’immobile in base ad un titolo idoneo che può consistere nella proprietà o nella nuda proprietà, in un diritto reale o in un contratto di locazione, anche finanziaria, o di comodato. Possono fruire della detrazione anche i familiari, di cui all’articolo 5, comma 5 del testo unico delle imposte sui redditi, Dpr 917/86, conviventi con il possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento, che sostengono le spese per la realizzazione dei lavori. E’ stata, infatti, ravvisata nella convivenza una condizione che giustifica la partecipazione del coniuge, dei parenti entro il terzo grado e degli affini entro il secondo grado alle spese che avrebbe dovuto sostenere il titolare dell’immobile. Questo principio vale anche in relazione alla detrazione per i lavori di risparmio energetico, con la precisazione, tuttavia, che esso trova applicazione limitatamente ai lavori eseguiti su immobili appartenenti all’ambito “privatistico”, a quelli cioè nei quali può esplicarsi la convivenza, ma non in relazione ai lavori eseguiti su immobili strumentali all’attività d’impresa, arte o professione.

Sconto del 55% ripartibile in quote A partire dalle spese sostenute nel 2009, la detrazione del 55% deve essere ripartita in cinque quote annuali di pari importo. Anche per le spese sostenute nel 2010, la detrazione è perciò frazionabile in cinque quote. Per il 2008, la detrazione del 55% poteva essere

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 10 ripartita da un minimo di tre a un massimo di dieci quote annuali di pari importo, mentre solo per il 2007 la detrazione doveva essere ripartita in 3 quote annuali di pari importo. L’importo massimo di detrazione fruibile è stabilito dalla legge, la quale, rispetto alla disciplina ordinariamente prevista per lo sconto Irpef del 36%, indica il limite massimo del beneficio anziché il limite di spesa sul quale commisurare la detrazione. Gli importi di 100mila euro, 60mila euro e 30mila euro, stabiliti in relazione ai singoli interventi agevolabili, rappresentano infatti il limite massimo del risparmio d’imposta ottenibile tramite la detrazione. Rimane fermo che l’importo massimo di detrazione è riferito all’unità immobiliare oggetto dell’intervento e, pertanto, in caso di più beneficiari, va ripartito tra i soggetti detentori o possessori dell’immobile che partecipano alla spesa, in ragione dell’onere da ciascuno effettivamente sostenuto.

Beneficiari dello sconto del 55 per cento La detrazione del 55% dall’imposta sul reddito spetta: a) alle persone fisiche, agli enti e ai soggetti di cui all’articolo 5 del Tuir, Dpr 917/86, non titolari di reddito d’impresa, che sostengono le spese per l’esecuzione degli interventi sugli edifici esistenti, su parti di edifici esistenti o su unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, posseduti o detenuti; b) ai contribuenti titolari di reddito d’impresa che sostengono le spese per la esecuzione degli interventi sugli edifici esistenti, su parti di edifici esistenti o su unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, posseduti o detenuti. Per gli interventi eseguiti mediante contratti di locazione finanziaria, la detrazione compete all’utilizzatore ed è determinata in base al costo sostenuto dalla società concedente.

Documentazione all’Enea entro 90 giorni dalla fine dei lavori I contribuenti che beneficiano della detrazione del 55%, devono inviare all’ENEA, entro 90 giorni dal termine dei lavori, attraverso il sito http://efficienzaenergetica.acs.enea.it, i dati relativi agli interventi effettuati. Occorre inoltre ricordare che il 31 marzo 2011 è scaduto il termine per inviare all’agenzia delle Entrate, esclusivamente in via telematica, la comunicazione relativa alle spese sostenute per gli interventi di riqualificazione energetica, che danno diritto allo sconto Irpef o Ires del 55%, avviati nel 2010 e non ultimati entro lo stesso anno. La comunicazione deve avvenire entro 90 giorni dalla fine del periodo d’imposta in cui sono iniziati i lavori per la riqualificazione energetica di edifici esistenti, mediante gli interventi sugli involucri degli edifici, l’installazione di pannelli solari, la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale. Pertanto, la comunicazione relativa alle spese sostenute per gli interventi di riqualificazione avviati nel 2010 e non ultimati entro lo stesso anno doveva essere trasmessa entro il 31 marzo 2011. La comunicazione è obbligatoria solo per gli interventi che si protraggono oltre il periodo d’imposta. L’adempimento non riguarda gli interventi che vengono iniziati e portati a termine nello stesso periodo d’imposta.

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Un decreto proroga i termini per i versamenti delle dichiarazioni annuali

dei redditi e “sposta” la pausa di Ferragosto al 22 agosto

Il Fisco cambia l’agenda per Unico, 730 e 770

Salvina Morina Tonino Morina

Un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha cambiato l’agenda dell’Unico, del 730 e del 770. Si tratta esattamente del Dpcm 12 maggio 2011, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 111 del 14 maggio 2011, che ha per titolo “Differimento, per l’anno 2011, di termini di effettuazione dei versamenti dovuti dai contribuenti, nonché dei termini previsti dagli articoli 16 e 17 del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n. 64, relativi agli adempimenti delle dichiarazioni modello 730/2011”. Con il provvedimento, sono stati infatti allungati i termini per la presentazione dei modelli 730 e per i versamenti di Unico 2011. Per il 730, il termine del 30 aprile è stato allungato fino a lunedì 16 maggio (scaduto) per chi ha presentato la dichiarazione al proprio datore di lavoro o ente pensionistico. Per la presentazione al Centro di assistenza fiscale (CAF-dipendenti) o a un professionista abilitato, iscritto nell’albo dei consulenti del lavoro o dei dottori commercialisti ed esperti contabili, c’è invece tempo fino al 20 giugno 2011. Una proroga a cascata per i contribuenti di Unico, soggetti agli studi di settore, anche per le novità recate dalla cedolare secca sugli affitti abitativi. Proroga che ha anche un effetto domino per chi paga a rate le somme di Unico. Una doppia proroga riguarda tutte le persone fisiche, nonché i soggetti collettivi tenuti agli studi di settore, società di persone, società di capitali e altri soggetti Ires con esercizio che coincide con l’anno solare: il termine ordinario per il versamento a saldo 2010 e della prima rata di acconto per il 2011 è stato allungato dal 16 giugno al 6 luglio 2011, mentre il termine per i versamenti con lo 0,40% in più, che si dovevano fare dal 17 giugno al 16 luglio, è stato fissato nel nuovo termine, dal 7 luglio al 5 agosto 2011 con lo 0,40% in più. Della proroga beneficiano tutte le persone fisiche, contribuenti minimi compresi. La proroga ha anche un effetto domino sui pagamenti rateali, nonché sulle rate dovute dai contribuenti che sono in regime dei minimi dal 2008, dal 2009 o dal 2010, e che devono versare le rate dell’Iva relativa alla rettifica per le merci in rimanenza e per i beni strumentali, dovuta a seguito del passaggio dal regime normale Iva a quello dei minimi. Infatti, i contribuenti che applicano il regime dei minimi, di cui all’articolo 1, commi da 96 a 117, legge 244/2007, versano l’Iva relativa alla rettifica per le merci in rimanenza e per i beni strumentali. Un’altra proroga riguarda la consueta pausa estiva, che sposta al 20 agosto gli adempimenti fiscali e i versamenti in scadenza tra il 1° agosto e il 20 agosto. Per la proroga di agosto, è stabilito che gli adempimenti fiscali e i versamenti in agenda dal 1° al 20 agosto potranno essere effettuati entro il 20 agosto, che si sposta a lunedì 22 agosto, tenuto conto che il 20 agosto è sabato e il 21 domenica. In pratica, una tregua fiscale di 22 giorni della quale possono beneficiare gli adempimenti e i versamenti in scadenza dal 1° al 22 agosto, compresa la presentazione in via telematica dei modelli 770 semplificato e ordinario e i ravvedimenti in scadenza il 1° agosto. La proroga di Ferragosto, si ripete così da undici anni. La prima volta che il Fisco è andato in “ferie” è stato nel 2001. Per i pagamenti con l’F24, visto che

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 12 quasi tutti i versamenti di agosto scadono il 16, la proroga del 2011 sarà di sei giorni. Beneficiano di una pausa più lunga le rate di Unico 2011 in scadenza al 1° agosto 2011, in quanto il 31 luglio, di scadenza ordinaria, è domenica. Lo spostamento al 22 agosto riguarda infatti tutti i versamenti in scadenza dal 1° al 20 agosto, comprese, ad esempio, le rate di Unico in scadenza il 1° agosto 2011. Questo per la ragione che il decreto di proroga “sposta” al 22 agosto tutti i versamenti in scadenza dal 1° al 22 agosto, senza cioè escludere i pagamenti con l’F24 in scadenza il 1° agosto, così come non esclude tutti gli altri adempimenti relativi al modello 770, ravvedimenti compresi, prima in agenda lo stesso 1° agosto. Si allungherà fino al 22 agosto anche il termine per il pagamento delle accise relative ai prodotti energetici immessi in consumo nel mese di luglio. Il termine del 20 agosto, per le immissioni avvenute nel mese di luglio, è a regime dal 2007. Come si è detto, considerato che il 20 agosto è sabato, il differimento al 22 agosto è automatico. La proroga dei versamenti al 22 agosto riguarderà, come di consueto, anche i pagamenti in scadenza dal 1° al 20 agosto per contributi Inps, premi Inail e contributi Enpals (lavoratori dello spettacolo).

Nessuna proroga per i pagamenti del 5 agosto Il decreto che sposta i pagamenti di agosto al 22 agosto, conferma però la scadenza del 5 agosto per i contribuenti “interessati” dagli studi di settore. Di conseguenza, per questi contribuenti, che inviano telematicamente il modello Unico 2011 entro il 30 settembre 2011, è confermata la scadenza del 5 agosto 2011, per effettuare i versamenti risultanti dall’Unico 2011, compreso il primo acconto per il 2011, con la maggiorazione dello 0,40 per cento. Questo termine riguarda i contribuenti interessati dagli studi di settore, tenuti alla dichiarazione unificata, modello Unico 2011, che non effettueranno i versamenti entro il 6 luglio 2011. Beneficeranno invece del mini-differimento di 6 giorni, dal 16 al 22 agosto, i contribuenti che pagano le rate di Unico 2011, comprese quelle dei soggetti interessati dagli studi di settore che devono pagare le rate in scadenza ordinaria al 16 agosto.

La cedolare secca trova i codici per pagare La cassa del Fisco è pronta per incassare i soldi della cedolare secca o tassa piatta. Sono stati individuati i numeri per effettuare i relativi versamenti. L’agenzia delle Entrate, con la risoluzione 59/E del 25 maggio 2011, ha infatti istituito i codici tributo per il versamento, tramite modello F24, dell’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo, sul canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate insieme all’abitazione. Per consentire ai contribuenti il versamento della cedolare secca sono stati istituiti i seguenti codici tributo:

1840, per l’acconto della prima rata;

1841, per l’acconto della seconda rata o acconto in unica soluzione;

1842, per il saldo della cedolare secca.

Nel modello F24, i codici sono esposti nella “sezione erario” in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati” con indicazione, quale “anno di riferimento”, dell’anno cui si riferisce il versamento, espresso nella forma “AAAA”. Il codice tributo 1842 è utilizzabile anche in corrispondenza degli “importi a credito

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 13 compensati”. Questo potrà capitare quando il prossimo anno, in sede di saldo della cedolare secca per il 2011, il contribuente eseguirà dei versamenti in eccesso, che potranno poi essere usati come crediti in compensazione con gli altri versamenti da fare con il modello F24.

Scadenze ordinarie per i pagamenti Si ricorda che le aliquote della cedolare sono due, 21 per cento, o in alternativa, il 19 per cento. L’applicazione della prima, o della seconda percentuale, è condizionata dal tipo di contratto d’affitto sottoscritto tra le parti:

21% per i contratti a canone libero;

19% per i contratti a canone concordato (per i Comuni ad alta densità abitativa). I termini per il pagamento della cedolare secca sono gli stessi previsti per il versamento dell’Irpef dovuta in sede di dichiarazione dei redditi, modello 730 o Unico persone fisiche. Per gli acconti relativi al 2011, si deve tenere conto della proroga dei termini dei versamenti di Unico 2011, che ha differito al 6 luglio il termine del 16 giugno e dal 7 luglio al 5 agosto con lo 0,40% in più, il precedente termine dal 17 giugno al 16 luglio. L’acconto della cedolare secca è dovuto nella misura dell’85% per l’anno 2011 e del 95% dal 2012. E’ inoltre previsto che per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi e il contenzioso, in materia di cedolare si applicano le norme previste per le imposte sui redditi. Considerata la novità, in mancanza della base di riferimento “storico”, l’acconto per il 2011 dovrà essere determinato sulla base previsionale. I contribuenti che eseguiranno l’acconto della cedolare dovranno tenere conto della corrispondente riduzione degli acconti Irpef per l’anno 2011. La prima rata d’acconto della cedolare per il 2011 non è in ogni caso dovuta per i contratti stipulati a partire dal mese di giugno. Non sarà nemmeno dovuta la seconda rata in scadenza a novembre, in presenza di contratti stipulati a partire da novembre. Rimane fermo che, così come è previsto per gli acconti Irpef, gli eventuali versamenti in più per la cedolare secca, che risulteranno dalle dichiarazioni presentate, potranno poi essere usati per ridurre gli altri versamenti per gli anni successivi, così come potranno essere usati come crediti in compensazione con i pagamenti da fare con il modello F24.

Problemi dell’acconto per chi ha presentato il 730 I contribuenti che intendono applicare la cedolare secca per i contratti in corso nel 2011, se devono ancora presentare la dichiarazione dei redditi, modello 730 tramite consegna al centro di assistenza fiscale o al professionista abilitato, iscritto nell’albo dei consulenti del lavoro o dei dottori commercialisti e esperti contabili, il cui termine di scadenza è stato differito al 20 giugno 2011, possono eseguire i versamenti di acconto della cedolare secca e, di conseguenza, ridurre gli acconti Irpef. Per chi deve presentare il 730, gli acconti Irpef possono essere ridotti indicando il relativo importo al rigo F6 del quadro F. Qualche problema si pone per i contribuenti che hanno già presentato entro il 16 maggio 2011 il modello 730 al proprio datore di lavoro o ente pensionistico. Al riguardo, si attendono le necessarie indicazioni dell’agenzia delle Entrate che sono previste per i primi giorni del mese di giugno 2011.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 14

Acconti cedolare secca per il 2011 Decorrenza Acconto Rate Scadenza

Contratti in corso 85%

Se inferiore a 257,52 euro Unica rata 30 novembre 2011

Se pari o superiore a 257,52 euro

Due rate:

40% e 60%

Prima rata:

6 luglio 2011

(o dal 7 luglio al 5 agosto 2011 con lo

0,40% in più)

Seconda rata:

30 novembre 2011

Contratti in corso al 31 maggio 2011 o scaduti/risolti volontariamente entro il 31 maggio 2011

85% Due rate:

40% e 60%

Prima rata:

6 luglio 2011

(o dal 7 luglio al 5 agosto 2011 con lo

0,40% in più)

Seconda rata:

30 novembre 2011

Contratti successivi al 31 maggio 2011 85% Unica rata 30 novembre 2011

Contratti con decorrenza dal 1° novembre 2011

Non dovuto

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 15

La nuova agenda di Unico 2011 per i versamenti

a cura di Salvina Morina e Tonino Morina

Persone fisiche, società di persone , società di capitali, enti non commerciali (ex modelli 740, 750, 760 e 760-bis)

ADEMPIMENTO NUOVA SCADENZA VECCHIA

SCADENZA

Unico 2011 soggetti collettivi estranei agli studi di settore - Versamento a saldo 2010 e prima rata di acconto per il 2011 dei soggetti collettivi, estranei agli studi di settore, società di persone, società di capitali e altri soggetti Ires con esercizio che coincide con l’anno solare, che presentano l’Unico 2011. Il pagamento può essere fatto in modo rateale. Sulle somme rateate, a partire dalla seconda rata, il contribuente deve pagare gli interessi che decorrono dal 1° giorno successivo alla scadenza della prima rata. Le rate successive alla prima devono essere pagate entro il 16 di ciascun mese di scadenza per i titolari di partita Iva ed entro la fine di ciascun mese per gli altri contribuenti.

confermata 16 giugno 2011

Diritto annuale dovuto dalle imprese, soggetti collettivi estranei agli studi di settore, iscritte o annotate nel Registro delle imprese. L’importo del diritto non è frazionabile in rapporto alla durata di iscrizione nell’anno. Il termine di pagamento ordinario è lo stesso previsto per gli altri tributi e contributi relativi a Unico 2011 per i quali si usa il modello F24.

confermata 16 giugno 2011

Page 16: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 16 Unico 2011 - Versamento a saldo 2010 e prima rata di acconto per il 2011 delle persone fisiche che presentano l’Unico 2011.

6 luglio 2011 16 giugno 2011

Unico 2011 soggetti collettivi obbligati agli studi di settore - Versamento a saldo 2010 e prima rata di acconto per il 2011 dei soggetti collettivi, tenuti agli studi di settore, società di persone, società di capitali e altri soggetti Ires con esercizio che coincide con l’anno solare, che presentano l’Unico 2011.

6 luglio 2011 16 giugno 2011

Diritto annuale dovuto dagli imprenditori individuali iscritti nel Registro delle imprese. L’importo del diritto non è frazionabile in rapporto alla durata di iscrizione nell’anno. Il termine di pagamento ordinario è lo stesso previsto per gli altri tributi e contributi relativi a Unico 2011 per i quali si usa il modello F24.

6 luglio 2011 16 giugno 2011

Diritto annuale dovuto dalle imprese iscritte o annotate nel Registro delle imprese, soggette agli studi di settore. L’importo del diritto non è frazionabile in rapporto alla durata di iscrizione nell’anno. Il termine di pagamento ordinario è lo stesso previsto per gli altri tributi e contributi relativi a Unico 2011 per i quali si usa il modello F24.

6 luglio 2011 16 giugno 2011

Iva - Adeguamento Iva agli studi di settore dei contribuenti che presentano l’Unico 2011

6 luglio 2011 16 giugno 2011

Unico 2011 – Studi di settore - Maggiorazione del 3% per i ricavi o compensi non annotati. I contribuenti che adeguano le entrate contabilizzate, se inferiori al ricavo o compenso, che risulta

6 luglio 2011 16 giugno 2011

Page 17: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 17 dagli studi di settore, devono versare una maggiorazione del 3% calcolata sulla differenza tra i ricavi (o i compensi) derivanti dall’applicazione degli studi e quelli annotati nelle scritture contabili. Unico 2011 soggetti collettivi estranei agli studi di settore - Versamento a saldo 2010 e prima rata di acconto per il 2011 dei soggetti collettivi, estranei agli studi di settore, società di persone, società di capitali e altri soggetti Ires con esercizio che coincide con l’anno solare, che presentano l’Unico 2011.

confermata dal 17 giugno al 16 luglio 2011, con

l’aumento dello 0,40 per cento

Diritto annuale dovuto dalle imprese, soggetti collettivi estranei agli studi di settore, iscritte o annotate nel Registro delle imprese. L’importo del diritto non è frazionabile in rapporto alla durata di iscrizione nell’anno.

confermata dal 17 giugno al 16 luglio 2011, con

l’aumento dello 0,40 per cento

Unico 2011 - Versamento a saldo 2010 e prima rata di acconto per il 2011 delle persone fisiche che presentano l’Unico 2011. Il versamento eseguito dal 7 luglio 2011 al 5 agosto 2011 comporta l’aumento dello 0,40% delle somme dovute. Il pagamento può essere fatto in modo rateale.

dal 7 luglio al 5 agosto 2011, con l’aumento dello 0,40 per cento

dal 17 giugno al 16 luglio 2011, con

l’aumento dello 0,40 per cento

Unico 2011 soggetti collettivi obbligati agli studi di settore - Versamento a saldo 2010 e prima rata di acconto per il 2011 dei soggetti collettivi, tenuti agli studi di settore, società di persone, società di capitali e altri soggetti Ires con esercizio che coincide con l’anno solare, che presentano l’Unico 2011. Il versamento eseguito dal 7 luglio 2011 al 5 agosto 2011 comporta l’aumento

dal 7 luglio al 5 agosto 2011, con l’aumento dello 0,40 per cento

dal 17 giugno al 16 luglio 2011, con

l’aumento dello 0,40 per cento

Page 18: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 18 dello 0,40% delle somme dovute. Diritto annuale dovuto dalle imprese, soggette agli studi di settore, iscritte o annotate nel Registro delle imprese (R.I.). L’importo del diritto non è frazionabile in rapporto alla durata di iscrizione nell’anno.

dal 7 luglio al 5 agosto 2011, con l’aumento dello 0,40 per cento

dal 17 giugno al 16 luglio 2011, con

l’aumento dello 0,40 per cento

Diritto annuale dovuto dagli imprenditori individuali iscritti nel Registro delle imprese. L’importo del diritto non è frazionabile in rapporto alla durata di iscrizione nell’anno.

dal 7 luglio al 5 agosto 2011, con l’aumento dello 0,40 per cento

dal 17 giugno al 16 luglio 2011, con

l’aumento dello 0,40 per cento

Iva - Adeguamento Iva agli studi di settore dei contribuenti che presentano l’Unico 2011.

dal 7 luglio al 5 agosto 2011, con l’aumento dello 0,40 per cento

dal 17 giugno al 16 luglio 2011, con

l’aumento dello 0,40 per cento

Unico 2011 – Studi di settore - Maggiorazione del 3% per i ricavi o compensi non annotati con 0,40% in più.

dal 7 luglio al 5 agosto 2011, con l’aumento dello 0,40 per cento

dal 17 giugno al 16 luglio 2011, con

l’aumento dello 0,40 per cento

Ravvedimento “breve” per omesso o tardivo versamento dei tributi dovuti in scadenza il 5 agosto 2011, con la maggiorazione dello 0,40 per cento. Il pagamento omesso o tardivo può essere sanato entro 30 giorni dal 5 agosto 2011; in questo caso, si pagano i tributi dovuti, già aumentati dello 0,40 per cento, più gli interessi del 1,5 per cento calcolati per ogni giorno successivo al 5 agosto 2011 fino al giorno di pagamento compreso, nonché la sanzione del 3% (sanzione del 30% ridotta a un decimo).

4 settembre 2011 (slitta a lunedì 5

settembre)

15 agosto (22 agosto se si considerava la

proroga di agosto)

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 19

L’agenda di Unico 2011

Presentazione e ravvedimenti

a cura di Salvina Morina e Tonino Morina

Persone fisiche, società di persone , società di capitali, enti non commerciali (ex modelli 740, 750, 760 e 760-bis)

ADEMPIMENTO MODALITA’ SCADENZA

Unico Mini 2011 - persone fisiche Contribuenti che presentano alla posta Unico Mini 2011

Presentazione tramite un ufficio postale

30 giugno 2011

Unico 2011 persone fisiche Contribuenti che presentano alla posta l’Unico 2011

Presentazione tramite un ufficio postale

30 giugno 2011

Ravvedimento “lungo” per omessi o tardivi versamenti 2010 per i contribuenti che presentano alla posta l’Unico 2011 o Unico Mini 2011. Sono esonerati dall’obbligo di invio telematico i contribuenti che non hanno la possibilità di utilizzare il modello 730 perché privi di datore di lavoro o non titolari di pensione

I contribuenti che per il 2010 non hanno eseguito versamenti di tributi possono effettuare il pagamento tardivo, cosiddetto ravvedimento “lungo”, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione; in questo caso, devono pagare le somme dovute, maggiorate degli interessi dell’1% annuo fino al 31 dicembre 2010 e dell’1,5% annuo dal 1° gennaio 2011, calcolati per ogni giorno successivo alla scadenza del termine fino al giorno di pagamento compreso; è anche dovuta la sanzione del 3% (sanzione del 30% ridotta a un decimo). L’importo a debito può essere compensato con i crediti spettanti al contribuente. Per le violazioni commesse a partire dal 1° febbraio 2011, la sanzione per il ravvedimento “breve”, entro 30 giorni, è passata al 3% (un decimo del 30%),

30 giugno 2011

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 20 mentre la sanzione per il ravvedimento “lungo” è passata al 3,75% (un ottavo del 30%)

Ravvedimento omessa presentazione dell’Unico 2011 persone fisiche (ex 740), in scadenza il 30 giugno 2011 (consegna alla posta). Sono esonerati dall’obbligo di invio telematico i contribuenti che non hanno la possibilità di utilizzare il modello 730 perché privi di datore di lavoro o non titolari di pensione

Per la presentazione della dichiarazione con ritardo non superiore a 90 giorni, si applica la sanzione da 258 euro a 2.065 euro. La dichiarazione annuale presentata con ritardo non superiore a 90 giorni è sanabile con il pagamento di una sanzione di 25 euro (un decimo di 258 euro, con troncamento dei decimali). I contribuenti che “saltano” la scadenza di fine giugno possono però rimediare, senza pagare alcuna sanzione, presentando la dichiarazione Unico 2011 in via telematica entro il 30 settembre 2011

28 settembre 2011

Unico 2011 (ex modelli 740, 750, 760 e 760 Bis)

Presentazione in via telematica 30 settembre 2011

Unico Mini 2011 - persone fisiche

Presentazione in via telematica 30 settembre 2011

Sanatoria irregolarità formali – Dichiarazioni, modello Unico 2010 e Unico Mini 2010 presentate in via telematica entro il 30 settembre 2010 da parte delle persone fisiche, società di persone o società di capitali o enti non commerciali (ex 740, ex 750, ex 760, ex 760-Bis)

In caso di violazioni formali non è dovuta alcuna sanzione se la dichiarazione è inviata entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale successiva per correggere errori formali contenuti nella precedente presentata nei termini

30 settembre 2011

Ravvedimento “lungo” per omessi o tardivi versamenti 2010 per i contribuenti che presentano in via telematica l’Unico 2011

I contribuenti che per il 2010 non hanno eseguito versamenti di tributi possono effettuare il pagamento tardivo, cosiddetto ravvedimento “lungo”, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione; in questo caso, devono pagare le somme dovute, maggiorate degli interessi dell’1% annuo fino al 31 dicembre 2010 e dell’1,5% annuo dal 1° gennaio

30 settembre 2011

Page 21: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 21 2011, calcolati per ogni giorno successivo alla scadenza del termine fino al giorno di pagamento compreso; è anche dovuta la sanzione del 3% (sanzione del 30% ridotta a un decimo). Per le violazioni commesse a partire dal 1° febbraio 2011, la sanzione per il ravvedimento “breve”, entro 30 giorni, è passata al 3% (un decimo del 30%), mentre la sanzione per il ravvedimento “lungo” è passata al 3,75% (un ottavo del 30%)

Ravvedimento omessa presentazione della dichiarazione Unico 2011 (ex 740, ex 750, ex 760, ex 760 Bis), in scadenza il 30 settembre 2011 (invio telematico)

Per la presentazione della dichiarazione con ritardo non superiore a 90 giorni, si applica la sanzione da 258 euro a 2.065 euro. La dichiarazione annuale presentata con ritardo non superiore a 90 giorni è sanabile con il pagamento di una sanzione di 25 euro (un decimo di 258 euro, con troncamento dei decimali). I contribuenti che presentano l’Unico 2011 in via telematica entro novanta giorni dalla scadenza del termine, per pagare le sanzioni relative alla tardiva presentazione, devono verificare quante sono le dichiarazioni presentate tardivamente, perché a ogni dichiarazione corrisponde un’autonoma sanzione. Restano ferme le sanzioni dovute in caso di eventuali tardivi od omessi versamenti dei tributi. L’importo a debito, riferito alle sanzioni, può essere compensato con i crediti spettanti al contribuente

29 dicembre 2011

Page 22: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 22 Ravvedimento “breve” per omesso o tardivo versamento dell’acconto di novembre in scadenza il 30 novembre 2011

Il pagamento omesso o tardivo può essere sanato entro 30 giorni dal 30 novembre 2011; in questo caso, si pagano i tributi dovuti, più gli interessi dell’1,5% calcolati per ogni giorno successivo al 30 novembre 2011 fino al giorno di pagamento compreso, nonché la sanzione del 3 per cento (sanzione del 30% ridotta a un decimo); i contribuenti, che effettuano il ravvedimento “breve” entro 30 giorni, devono versare i tributi dovuti, gli interessi e le sanzioni con il modello F24. L’importo a debito può essere compensato con i crediti spettanti al contribuente

30 dicembre 2011

Sanatoria irregolarità formali – Dichiarazioni Unico 2011 o Unico Mini 2011 presentate entro il 30 giugno 2011 (presentazione alla posta) da parte delle persone fisiche (ex 740)

In caso di violazioni formali non è dovuta alcuna sanzione se la dichiarazione è presentata entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale successiva per correggere errori formali contenuti nella precedente presentata nei termini

30 giugno 2012

Sanatoria irregolarità formali – Dichiarazioni Unico 2011 o Unico Mini 2011 presentate in via telematica entro il 30 settembre 2011 da parte delle persone fisiche, società di persone e contribuenti Ires con esercizio che coincide con l’anno solare (ex 740, ex 750, ex 760, ex 760-bis)

In caso di violazioni formali non è dovuta alcuna sanzione se la dichiarazione è inviata entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale successiva per correggere errori formali contenuti nella precedente presentata nei termini

30 settembre 2012

Le persone fisiche nonché le società o le associazioni di cui all’articolo 6 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, presentano all’agenzia delle Entrate le dichiarazioni in materia di imposta sui redditi e di imposta regionale sulle attività produttive esclusivamente in via telematica entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui al Dpr 22 luglio 1998, n. 322. Le società di capitali e gli altri soggetti Ires presentano le dichiarazioni entro l’ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta. Sono esonerati dall’obbligo di invio telematico i contribuenti che non possono usare il modello 730 perché privi di datore di lavoro o non titolari di pensione.

Page 23: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 23

Il nuovo calendario dei modelli 770/2011

ADEMPIMENTO NUOVA SCADENZA Modello 770 semplificato.Questo modello riguarda i sostituti d’imposta, comprese le amministrazioni dello Stato, che devono dichiarare i dati relativi a certificazioni rilasciate ai contribuenti cui sono stati corrisposti nel 2010 redditi di lavoro dipendente e assimilati, indennità di fine rapporto, prestazioni in forma di capitale erogate da fondi pensione, redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi nonché i dati contributivi, previdenziali e assicurativi e quelli relativi all’assistenza fiscale prestata nel 2010 per il 2009

22 agosto 2011

Modello 770 semplificatoOmessi versamenti ritenute 2010 –

Ravvedimento

22 agosto 2011I contribuenti, che inviano telematicamente il 770/2011semplificato, possono sanare eventuali irregolarità commesse in tema di versamenti relativi al 2010. I contribuenti che in relazione all’anno 2010 non hanno eseguito versamenti di ritenute possono beneficiare del ravvedimento lungo, eseguendo il pagamento tardivo entro il termine per la trasmissione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione. In questo caso, devono pagare le somme dovute, maggiorate degli interessi dell’1% annuo fino al 31 dicembre 2010 e dell’1,5% annuo dal 1° gennaio 2011; gli interessi si calcolano per ogni giorno successivo alla scadenza del termine fino al giorno di pagamento compreso; è anche dovuta la sanzione del 3,75%

Page 24: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 24 (un ottavo del 30 per cento)

Modello 770 semplificatoIrregolarità modello 770/2010 – Ravvedimento

22 agosto 2011 I contribuenti che hanno presentato la dichiarazione infedele dei sostituti d’imposta, modello 770/2010, relativa al 2009, possono sanare queste irregolarità con il ravvedimento “lungo”. Le violazioni commesse nel 2010 possono essere regolarizzate mediante il ravvedimento entro il termine di presentazione del 770/2011

Modello 770 ordinario. Questo modello riguarda i sostituti d’imposta e gli intermediari che devono dichiarare le ritenute operate su dividendi, proventi da partecipazione, redditi di capitale erogati nel 2010 o operazioni di natura finanziaria effettuate nello stesso periodo. Il 770 ordinario richiede anche l’indicazione dei dati riassuntivi dei versamenti effettuati, delle compensazioni operate e dei crediti d’imposta usati

22 agosto 2011

Modello 770 ordinario. Omessi versamenti ritenute 2010 – Ravvedimento

22 agosto 2011 I contribuenti, che inviano telematicamente il modello 770/2011, possono sanare eventuali irregolarità commesse in tema di versamenti relativi al 2010. I contribuenti che in relazione all’anno 2010 non hanno eseguito versamenti di ritenute possono beneficiare del ravvedimento “lungo”, effettuando il pagamento tardivo entro il termine per la trasmissione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione. In questo caso, devono pagare le somme

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 25 dovute, maggiorate degli interessi dell’1% annuo fino al 31 dicembre 2010 e dell’1,5% annuo dal 1° gennaio 2011,calcolati per ogni giorno successivo alla scadenza del termine fino al giorno di pagamento compreso; è anche dovuta la sanzione del 3,75 per cento (sanzione del 30% ridotta a un ottavo)

Modello 770 ordinario Irregolarità modello 770/2010 – Ravvedimento

22 agosto 2011I contribuenti che hanno presentato la dichiarazione infedele dei sostituti d’imposta, modello 770/2010, relativa al 2009, possono sanare queste irregolarità con il ravvedimento “lungo”. Le violazioni commesse nel 2010 possono essere regolarizzate mediante il ravvedimento entro il termine di presentazione del modello 770/2011

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SANZIONI E RAVVEDIMENTO

L’eliminazione delle multe miliardarie ha completato il passaggio dal “Fisco di forma” al “Fisco di sostanza”

Con la riforma delle sanzioni, il Fisco degli ultimi anni è cambiato. In poco tempo si è verificato un passaggio che ha rivoluzionato il rapporto “Fisco contribuente”. Le novità in materia di sanzioni introdotte dal 1° aprile 1998, dai decreti legislativi 471, 472 e 473, del 18 dicembre 1997, hanno, in pratica, chiuso con il «Fisco di forma» del passato per arrivare al «Fisco di sostanza» del nuovo millennio. Con la riforma delle sanzioni, e l’abbandono delle penalità esagerate di diversi miliardi delle vecchie lire in caso di errori di natura formale, che poi nessuno ha mai pagato, finalmente, da qualche anno, la sostanza prevale sulla forma e si impone il principio «l'importante è pagare». Insieme a questo principio, si impongono anche i «comportamenti concludenti» del contribuente. Comportamenti che, quando sono coerenti con le disposizioni tributarie, rendono superflue alcune opzioni che nel passato dovevano essere esercitate obbligatoriamente in modo preventivo. Ad esempio, se mancava l'opzione per l'applicazione del regime normale Iva, si arrivava all'assurdo di negare al contribuente il diritto al rimborso di crediti di tributi anche di centinaia di milioni delle vecchie lire.

Il Fisco del nuovo millennio rispetta il settimo comandamento Il Fisco del nuovo millennio si sta dimostrando sempre più onesto e rispetta il settimo

comandamento. Basta con i furti del passato operati da alcuni uffici che negavano i crediti di tributi regolarmente spettanti. I comportamenti concludenti del contribuente che ha scelto un regime contabile diverso da quello «naturale» valgono anche per il passato. Per comportamento concludente deve intendersi l'effettuazione in concreto, da parte del contribuente, di adempimenti che presuppongono la scelta di un determinato regime. È questa l’interpretazione dell'articolo 4 della legge 342 del 21 novembre 2000, cosiddetto «collegato fiscale» alla Finanziaria 2000 fornita dall’amministrazione finanziaria nella circolare 207/E del 16 novembre 2000. Perciò, opzioni e revoche si desumono dal comportamento concludente del contribuente. La loro validità è subordinata esclusivamente alla concreta attuazione fin dall'inizio dell'anno o dell'attività. La comunicazione dell’opzione o della revoca ha carattere formale e non rileva ai fini della scelta fatta. Ne consegue che, se un contribuente ha adottato, prima del 7 gennaio 1998, data di entrata in vigore del Dpr 10 novembre 1997, n. 442, che disciplina le opzioni e le revoche di regimi contabili, un certo regime di determinazione dell'imposta o un certo regime contabile, l'opzione effettuata deve ritenersi valida, anche se non è stata formalmente comunicata all'ufficio competente. La norma di fine 2000 interessa particolarmente i contribuenti che negli anni precedenti il 1998 avevano chiesto rimborsi Iva. I rimborsi scaturivano dall’applicazione del regime normale Iva scelto in luogo del regime forfetario, che non consentiva il recupero della maggiore Iva pagata rispetto a quella incassata. Sono interessati alla norma i contribuenti esercenti attività agricole che avevano chiesto rimborsi, anche di centinaia di milioni di vecchie lire. Questi contribuenti, imprenditori agricoli, cooperative agricole e altri operatori del settore agricolo, che pagano più Iva di quella incassata, applicando il regime normale Iva, avevano chiesto il rimborso dell'Iva di anni precedenti il 1998, che gli uffici sovente negavano in mancanza della

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 27 preventiva opzione. Ora, dando validità ai comportamenti concludenti, sono stati liberati questi rimborsi che avevano generato molto contenzioso tra uffici e contribuenti. Stop alle sanzioni per errori formali. La chiarezza nelle norme tributarie e la cancellazione delle sanzioni per violazioni formali sono due obiettivi importanti del nuovo Fisco. In questo senso, è importante il comma 5-bis, inserito nell’articolo 6 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, dall’articolo 7, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 26 gennaio 2001, n. 32, con effetto dal 20 marzo 2001. Con questo inserimento, il Fisco ha messo la parola fine alle punizioni degli errori formali. Al richiamato articolo 6, che si occupa delle cause di non punibilità, è stato inserito il comma 5-bis, che letteralmente dispone: «non sono inoltre punibili le violazioni che non arrecano pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo». La norma, introdotta per correggere le norme tributarie vigenti per renderle coerenti con i principi contenuti nello statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 212 del 27 luglio 2000, cancella perciò in modo definitivo tutte le sanzioni di natura formale. Di conseguenza, è stato anche abrogato, in quanto ormai superfluo, il comma 4 dell'articolo 13 del predetto decreto legislativo 472/97. Questo comma disponeva che «Nei casi di omissione o di errore, che non ostacolano un’attività di accertamento in corso e che non incidono sulla determinazione o sul pagamento del tributo, il ravvedimento esclude l’applicazione della sanzione, se la regolarizzazione avviene entro tre mesi dall’omissione o dall’errore».

Il favor rei per le irregolarità non più punibili. Per le irregolarità formali commesse nel passato gli uffici non possono più pretendere il pagamento delle relative penalità. Anche se la sanzione è stata irrogata, il debito residuo si estingue. Vale cioè il principio del «favor rei» secondo il quale «Salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato» (articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che ha per titolo «principio di legalità»). Perciò, nel caso di irregolarità formali non più sanzionabili, il Fisco non può pretendere la riscossione delle somme non ancora pagate, nemmeno se si tratta di provvedimento definitivo.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 28

LA RIFORMA DELLE SANZIONI.

Con la riforma delle sanzioni, introdotta dal 1° aprile 1998, dai decreti legislativi 471, 472 e 473, del 18 dicembre 1997, sono definitivamente scomparse le esagerate penalità per violazioni di forma e sono ridotte notevolmente le sanzioni sugli omessi o tardivi versamenti. È stato anche eliminato l'assurdo effetto a «cascata» che duplicava o triplicava la sanzione sugli omessi versamenti di acconto e a saldo per imposte sui redditi o Iva. Nel passato, poteva anche capitare che sullo stesso importo venisse applicata una doppia sanzione; alcune volte la sanzione si moltiplicava anche per tre. Era un’assurdità. Dal 1o aprile 1998, sui ritardati od omessi versamenti diretti è di norma applicabile la sanzione del 30 per cento. L’abbandono delle penalità esagerate è frutto della riforma delle sanzioni in vigore dal 1o aprile 1998. La riforma venne annunciata dall’allora direttore generale del dipartimento delle Entrate Massimo Romano nella nota del 9 novembre 1996, quando affermò che dobbiamo «abbandonare il più possibile il formalismo, perché non è interesse dell’Amministrazione sanzionare le violazioni meramente formali» (si veda la nota «Romano: il Fisco semplice abbandoni i formalismi» sul Sole 24-Ore del 9 novembre 1996). Con la riforma delle sanzioni in vigore dal 1o aprile 1998, questo programma è diventato legge. Sono così scomparse le multe di diversi miliardi delle vecchie lire per violazioni formali su bolle, scontrini fiscali o ricevute, che poi nessuno ha mai pagato.

Sanzioni su riscossioni L’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, «Ritardati od omessi

versamenti diretti» dispone che: «1. Chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l’ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati, è soggetto a sanzione amministrativa pari al trenta per cento di ogni importo non versato... ». La predetta norma prevede la sanzione del 30% sul «versamento di conguaglio o a saldo dell'imposta risultante dalla dichiarazione, detratto in questi casi l'ammontare dei versamenti periodici e in acconto, ancorché non effettuati». Le tre parole «ancorché non effettuati» insegnano che la sanzione non poteva e non può essere applicata più volte sullo stesso importo; non può essere così calcolata come ogni volta ha erroneamente fatto il Fisco nel punire l'omissione dei versamenti delle seconde frazioni d’acconto e a saldo delle imposte. Il comma 1 dell'articolo 13 sopra trascritto dispone, in sostanza, che l'omissione punita non può essere punita una seconda volta. Perciò, in presenza delle tre parole «ancorché non effettuati» è certo che non sarà più ripetuto l'errore aritmetico di moltiplicare per due o per tre la sanzione sulla stessa frazione del complessivo importo della violazione. Basta l'esempio di un contribuente che ha omesso i seguenti versamenti di frazioni di acconto e di saldo per imposte sui redditi 1992:

acconto dovuto: 20.000.000 di lire; prima frazione omessa: 8.000.000 di lire; seconda frazione omessa: 12.000.000 di lire; saldo omesso: 4.000.000 di lire; complessivamente: 24.000.000 di lire.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 29

Moltiplicazione delle sanzioni Fino al 1o aprile 1998, data di entrata in vigore della riforma delle sanzioni, gli uffici

iscrivevano a ruolo (la sanzione era del 40%): sanzione 40% sulla prima frazione di 8 milioni di lire: 3.200.000 lire; sanzione 40% sull'intero acconto di 20 milioni di lire: 8 milioni di lire (l'amministrazione finanziaria applicava la sanzione non sul residuo, cioè sulla seconda frazione di 12 milioni di lire, come avrebbe dovuto fare, ma su 20 milioni di lire, che è la somma delle due frazioni; questo calcolo era sbagliato perché aggiungeva una seconda volta la sanzione sui primi 8 milioni di lire);

sanzione 40% sul saldo di 24 milioni di lire: 9.600.000 lire (l'amministrazione finanziaria aggravava l'errore perché applicava la sanzione non sul residuo di 4 milioni, ma sull'intero importo di 24 milioni di lire; triplicava perciò la sanzione sulla prima frazione e raddoppiava quella sulla seconda frazione);

sanzioni complessive erroneamente applicate: 20.800.000 lire, invece di 9.600.000 lire (40% di 8 milioni di lire, più 40% di 12 milioni di lire, più 40% di 4 milioni di lire).

Sanzioni applicabili Come afferma il comma 1 dell'articolo 13 del decreto 471/97 le sanzioni sono:

30% sulla prima frazione di 8 milioni di lire omessa: 2.400.000 lire; 30% sulla seconda frazione omessa di 12 milioni di lire: 3.600.000 lire; 30% sul saldo omesso di 4 milioni di lire (al netto cioè dell'importo dei versamenti di 20 milioni «ancorché non effettuati»): 1.200.000 lire;

sanzioni complessivamente applicabili: 7.200.000 lire. È così che doveva essere fatto anche prima per rispettare la legge e le regole dei calcoli.

Per di più, dal 1° aprile 1998 è stato anche introdotto il ravvedimento, mediante il quale le sanzioni del 30% si possono ridurre a una mini-sanzione.

Sanzioni Iva Il sistema delle sanzioni in materia di scontrini e ricevute fiscali è stato modificato dal

decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 203. In caso di mancata emissione di ricevute o scontrini fiscali, ovvero di emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali, la sanzione è pari al 100% dell'imposta corrispondente all'importo non documentato (articolo 6, comma 3, decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471). La sanzione non può essere applicata in misura inferiore a 516 euro (pari a un milione delle vecchie lire) per singola infrazione. Uguale sanzione, con il rispetto dello stesso minimo, si applica in caso di omesse annotazioni su apposito registro dei corrispettivi relativi a ciascuna operazione, in caso di mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali. Se non si sono verificate omesse annotazioni, la mancata tempestiva richiesta di intervento per la manutenzione del registratore di cassa è punita, a norma dell’articolo 6, comma 3, ultimo periodo, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, con la sanzione da 258 euro (pari a 500.000 delle vecchie lire) a 2.065 euro (pari a 4 milioni delle vecchie lire). Con

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 30 effetto dal 26 novembre 2003 è stata anche eliminata la sanzione a carico del cliente che veniva “scoperto” senza lo scontrino fiscale. La soppressione della sanzione a carico del cliente è stata disposta dall’articolo 33, comma 10, decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, il quale stabilisce che <<A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto è abrogato l’articolo 11, comma 6, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471>>. Il comma 6 abrogato stabiliva che <<Al destinatario dello scontrino fiscale e della ricevuta fiscale che, a richiesta degli organi accertatori, nel luogo della presentazione o nelle sue adiacenze, non esibisce il documento o lo esibisce con indicazione di un corrispettivo inferiore a quello reale si applica la sanzione amministrativa da 51 euro a 1.032 euro>>. Perciò, non è più prevista alcuna sanzione a carico del cliente per la mancata consegna della ricevuta o scontrino. Tale comportamento non può essere punito, anche se, com’è ovvio, il cliente ha il diritto di pretendere il documento, perché il rilascio dello scontrino o della ricevuta fiscale non è un “optional”, come, purtroppo, si rileva dall’atteggiamento di alcuni operatori che sembrano infastiditi dalla richiesta del documento fiscale.

Sulle sanzioni in materia di scontrini e ricevute fiscali si veda l’apposito paragrafo dal titolo “La quarta violazione sullo scontrino fa scattare la chiusura del negozio”.

I principi generali della riforma delle sanzioni I principi generali della riforma delle sanzioni operata con i decreti legislativi 471, 472

e 473 del 18 dicembre 1997, in vigore dal 1o aprile 1998, vennero illustrati dall’amministrazione finanziaria con una relazione tecnica allegata ai provvedimenti. Gli aspetti più importanti della relazione ministeriale sono i seguenti.

Unificazioni delle sanzioni amministrative È prevista l’adozione di una sola sanzione amministrativa (sanzione pecuniaria),

consistente nell'obbligo del pagamento di una somma di denaro, in luogo di quelle vigenti fino al 31 marzo 1998 (soprattassa e pena pecuniaria).

È inoltre previsto che, nei casi espressamente stabiliti dalle singole leggi, possono essere irrogate anche sanzioni accessorie che il provvedimento individua tassativamente:

a) interdizione temporanea dalle cariche di amministratore, di sindaco o di revisore di società di capitali e di enti con personalità giuridica, pubblici o privati;

b) interdizione temporanea dalla partecipazione a gare per l'affidamento di pubblici appalti e forniture;

c) interdizione e/o sospensione temporanea dal conseguimento o dall'esercizio di licenze, concessioni o autorizzazioni per esercitare attività imprenditoriali di lavoro autonomo;

d) sospensione temporanea dell'esercizio dell'attività di lavoro autonomo o d’impresa.

Estensione dei princìpi penalistici alle violazioni in materia tributaria

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 31 Sono stati affermati anche per l’applicazione delle sanzioni per le violazioni tributarie

importanti principi garantiti propri del diritto penale. È infatti previsto che: a) la sanzione amministrativa debba rispondere al principio di legalità, fissazione della

sanzione soltanto con disposizione di rango legislativo, tipizzazione dell'illecito, applicazione non retroattiva della norma sanzionatoria, salvi i casi di disposizioni sanzionatorie più favorevoli per il contribuente;

b) la sanzione sia irrogata soltanto all'autore della violazione che sia capace di intendere e di volere al momento del fatto;

c) si risponde soltanto delle violazioni commesse volontariamente o con colpa; d) la sanzione viene determinata, fra i limiti minimi e i massimi stabiliti dalla legge

tenendo conto della gravità della violazione, delle condizioni personali dell'autore, della condotta eventualmente tenuta per eliminare o ridurre le conseguenze della violazione;

e) quando più violazioni siano state commesse con una sola azione od omissione, ovvero con più azioni od omissioni che nella loro progressione pregiudicano la determinazione dell'imponibile ovvero la liquidazione di un tributo, costituiscono cioè violazioni continuate, la sanzione complessiva da applicare non risulta dalla somma della sanzione prevista per le singole violazioni, ma è quella prevista per la violazione più grave aumentata fino al doppio (in altre parole, multe che diventano miliardarie perché moltiplicate per il numero presunto di scontrini non rilasciati come è accaduto in alcuni casi finiti sui giornali, non saranno più possibili).

Intrasmissibilità della sanzione agli eredi L'obbligo di pagare una somma di denaro a seguito dell'irrogazione di una sanzione non si trasmette agli eredi dell'autore della violazione. Va ricordato che anche una sentenza della Corte di cassazione, modificando il precedente contrario orientamento giurisprudenziale, ha appunto affermato questo principio.

Non punibilità Oltre che riprodurre le cause di non punibilità tipiche del diritto penale, (errore sul fatto, ignoranza inescusabile della legge, forza maggiore), si è prevista una specifica causa di non punibilità dell'autore della violazione allorché questa sia dovuta alla scarsa chiarezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria ovvero da indeterminatezza delle richieste di informazioni o di modelli per le dichiarazioni e per il pagamento inviati dall’Amministrazione al contribuente.

Errori formali sanabili senza penalità L’errore formale non è più sanzionabile. Per essere sanzionabile, l’errore non deve essere compiuto in astratto, ma in concreto. Insomma, l’errore è punibile solo se, valutato a posteriori, ha inciso sul tributo o sull’attività di controllo del Fisco. E’ questa la distinzione operata dall’agenzia delle Entrate, nel paragrafo 3.1 “nozione di mera violazione formale” della circolare 77/E del 3 agosto 2001, che mette la parola fine alle sanzioni sugli errori formali. Scompare così il Fisco di forma, che negli ultimi venti anni ha generato solo contenzioso. Ormai, con la legge sui diritti del contribuente, in vigore dal

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 32 1° agosto 2000, il “passaggio” dal Fisco di forma al Fisco di sostanza è una realtà. E’ anche su questa strada la circolare 77/E del 3 agosto 2001, che illustra le novità recate dal decreto legislativo 32/2001, allo scopo di correggere le norme tributarie vigenti per renderle coerenti con i principi contenuti nello statuto dei diritti del contribuente di cui alla legge 212 del 27 luglio 2000.

Il ravvedimento vale se è spontaneo Uno strumento importante della riforma delle sanzioni, in vigore dal 1° aprile 1998, è il ravvedimento. I contribuenti che commettono qualche errore, eseguono tardivamente l’adempimento o pagano in ritardo dei tributi possono valersi del ravvedimento “breve” o “mensile”, cioè entro i 30 giorni successivi alla scadenza, o del ravvedimento “lungo” o “annuale”, cioè entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è commessa la violazione. I contribuenti, che omettono o eseguono tardivamente adempimenti o versamenti o commettono irregolarità nelle dichiarazioni annuali o periodiche Iva, possono valersi del ravvedimento spontaneo. I contribuenti che si “pentono” fruiscono delle riduzioni automatiche delle sanzioni applicabili, a condizione che le violazioni oggetto di regolarizzazione non siano state già constatate e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento -inviti di comparizione, questionari, richiesta di documenti, eccetera - delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza. Insomma, il perdono deve essere spontaneo.

Quando l’errore è sanzionabile Nel paragrafo 3.1 della circolare 77/E del 3 agosto 2001, l’agenzia delle Entrate avverte che gli uffici devono <<valutare in concreto (a posteriori), nei singoli casi specifici, se gli illeciti commessi abbiano determinato pregiudizio all’esercizio dell’azione di controllo>>. Perciò, si può verificare che <<violazioni potenzialmente idonee ad incidere negativamente sull’attività di controllo, come ad esempio le irregolarità formali relative al contenuto delle dichiarazioni di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 471 del 1997, non siano punibili, essendo risultato in concreto che le stesse, anche per effetto dell’eventuale regolarizzazione delle medesime, non abbiano ostacolato l’azione dell’ufficio>>. Le dichiarazioni di cui al richiamato articolo 8 sono le dichiarazioni ai fini delle imposte dirette o dell’Iva. Secondo le predette indicazioni, oltre alle irregolarità formali, non sono punibili nemmeno le violazioni potenzialmente idonee ad incidere negativamente sull’attività di controllo <<essendo risultato in concreto che le stesse, anche per effetto dell’eventuale regolarizzazione delle medesime, non abbiano ostacolato l’azione dell’ufficio>>. E’ quindi importante, in caso di ravvedimento, che i contribuenti distinguano correttamente le violazioni formali da quelle sostanziali. Si considerano “formali” le omissioni e gli errori che non incidono sulla determinazione e sul pagamento del tributo. Si considerano “sostanziali” le omissioni e gli errori che incidono sulla determinazione e sul pagamento del tributo, violazioni rilevabili cioè sia in sede di liquidazione delle somme dovute in base alla dichiarazione prodotta, sia in sede di rettifica della stessa. Oltre alla distinzione tra violazioni “formali” e “sostanziali”, la terza distinzione riguarda le violazioni di natura

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 33 “potenzialmente sostanziale”, in quanto al momento in cui il contribuente esegue il ravvedimento non si sono ancora manifestate. Insomma, l’errore è sostanziale solo sulla carta.

L’errore sostanziale può essere formale Per pagare le penalità applicabili in caso di ravvedimento, i contribuenti devono operare una importante distinzione tra violazioni di natura formale e violazioni di natura sostanziale. Si considerano «violazioni formali» le omissioni e gli errori che non incidono sulla determinazione e sul pagamento del tributo. Si considerano «violazioni sostanziali» le omissioni e gli errori che incidono sulla determinazione e sul pagamento del tributo, violazioni rilevabili cioè sia in sede di liquidazione delle somme dovute in base alla dichiarazione prodotta, sia in sede di rettifica della stessa. Oltre alla distinzione tra violazioni «formali» e «sostanziali», esiste una terza distinzione che riguarda le violazioni di natura «potenzialmente sostanziale», in quanto al momento in cui il contribuente esegue il ravvedimento non si sono ancora manifestate. Insomma, l'errore è di natura sostanziale solo sulla carta. In questi casi, la violazione «potenzialmente» sostanziale può essere sanata mediante il ravvedimento come una violazione di natura formale. La differenza è evidente in quanto per le violazioni formali sono applicabili sanzioni più basse rispetto a quelle previste per le violazioni sostanziali. Al riguardo, la circolare 180/E del 10 luglio 1998, avverte che tra le violazioni di natura formale sono comprese le «violazioni di natura potenzialmente sostanziale, a condizione che le stesse, nel caso concreto, non abbiano inciso sulla determinazione e sul versamento dell'imposta. Si pensi, nel campo dell'Iva, ad una fattura afferente un'operazione imponibile emessa o annotata con un ritardo talmente esiguo da consentire ugualmente la computazione della relativa imposta nella liquidazione periodica di competenza». Un errore di natura potenzialmente sostanziale può essere quello del contribuente che nella dichiarazione annuale Iva 2010, per il 2009, presentata in via telematica con l’Unico 2010 in scadenza il 30 settembre 2010 (differito al 5 ottobre 2010 a causa di un guasto al sistema Entratel), ha indicato erroneamente un credito maggiore rispetto a quello spettante, credito che però, al momento del ravvedimento spontaneo, non è stato usato. In questo caso, anche se la violazione commessa è «di natura potenzialmente sostanziale», si tratta di un errore formale in quanto non ha inciso sulla «determinazione e sul versamento dell'imposta». Una conferma in questo senso è nel punto 2 della predetta circolare 180/E del 10 luglio 1998, che illustra l'articolo 13 del decreto legislativo 472/97. Per le irregolarità di carattere formale, è stabilita la non applicazione di penalità se la regolarizzazione (spontanea) avviene entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione. Perciò, nessuna sanzione è applicabile se viene presentata una dichiarazione integrativa della precedente presentata nei termini, per correggere errori ed omissioni non incidenti sulla determinazione dei tributi.

Stop alle sanzioni per gli errori formali

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 34 In materia di errori formali si devono anche considerare le disposizioni contenute nell’articolo 10 della legge 212 del 27 luglio 2000, sullo statuto dei diritti del contribuente. La legge è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale 177 del 31 luglio 2000 ed è entrata in vigore il 1o agosto 2000. Il richiamato articolo 10, oltre ad introdurre il principio della collaborazione e della buona fede, stabilisce che non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dalla stessa amministrazione, o quando il suo comportamento deriva da ritardi, omissioni o errori dell’amministrazione. In ogni caso, non sono irrogate sanzioni quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione formale senza debito d’imposta.

Le irregolarità al bivio tra violazioni sostanziali o formali Violazioni sostanziali: sono tali le omissioni e gli errori che incidono sulla

determinazione e sul pagamento del tributo; sono violazioni rilevabili sia in sede di liquidazione delle somme dovute in base alla dichiarazione prodotta, sia in sede di rettifica della stessa;

violazioni formali: sono tali le omissioni e gli errori che non incidono sulla determinazione e sul pagamento del tributo;

violazioni sostanziali che sono formali: sono tali le irregolarità di natura «potenzialmente sostanziale», in quanto al momento in cui il contribuente esegue il ravvedimento non si sono ancora manifestate; sono irregolarità di natura sostanziale solo sulla carta in quanto non hanno inciso sul pagamento del tributo.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 35

Le regole su ravvedimenti e cumulo giuridico Il ravvedimento può essere fatto anche in sede di dichiarazione annuale, usando i crediti di fine anno per compensare versamenti omessi nel corso dell'anno. Questo speciale ravvedimento può riguardare il contribuente Iva che nel corso dell’anno non ha effettuato versamenti periodici e a fine anno chiude con un credito Iva che gli consente di «ravvedersi» e sistemare le violazioni commesse. Per questo speciale ravvedimento è opportuno che si presenti il modello F24 per rilevare la compensazione eseguita, usando il credito Iva di fine anno.

I procedimenti e il cumulo giuridico Le regole per l'irrogazione delle sanzioni sono contenute nell'articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Esso stabilisce che la sanzione amministrativa e le sanzioni accessorie sono irrogate dall’ufficio o dall’ente competenti all’accertamento del tributo cui le violazioni si riferiscono. L’ufficio o l’ente notifica l’atto di contestazione con indicazione, a pena di nullità, dei fatti attribuiti al trasgressore, degli elementi probatori, delle norme applicate, dei criteri che ritiene di seguire per la determinazione delle sanzioni e della loro entità, nonché dei minimi edittali previsti dalla legge per le singole violazioni. Entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, di norma entro sessanta giorni dalla notifica dell'atto, il trasgressore e i soggetti obbligati in solido, possono definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un quarto della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo. Attenzione: per gli atti emessi dal 1° febbraio 2011, la sanzione è riducibile a un terzo del minimo. La definizione agevolata impedisce l'irrogazione delle sanzioni accessorie. Se non c'è la definizione agevolata, il trasgressore e i soggetti obbligati in solido possono, entro lo stesso termine, produrre deduzioni difensive. In mancanza, l’atto di contestazione si considera provvedimento di irrogazione, impugnabile a norma dell’articolo 18 sempre entro il termine previsto per proporre ricorso. Il comma 5 dell’articolo 16 del 472/97 dispone che l'impugnazione immediata non è ammessa e, se proposta, diviene improcedibile se sono presentate deduzioni difensive in ordine alla contestazione. L'atto di contestazione deve contenere l'invito al pagamento delle somme dovute nel termine previsto per proporre ricorso, cioè di norma entro 60 giorni dalla notifica, con l'indicazione dei benefici per la definizione agevolata, nonché l'invito a produrre nello stesso termine, se non si intende aderire alla definizione agevolata, le deduzioni difensive e, infine, l'indicazione dell'organo al quale proporre l'impugnazione. Se sono state proposte deduzioni, l’ufficio, nel termine di decadenza di un anno dalla loro presentazione, irroga, se lo ritiene, le sanzioni con atto motivato a pena di nullità anche in ordine alle deduzioni stesse.

Le istruzioni della circolare 180/E sulle sanzioni I primi chiarimenti ministeriali sull'articolo 16 del 472/97 sono contenuti nella circolare 180/E del 10 luglio 1998. Al riguardo, il Ministero delle Finanze ha precisato che il predetto articolo 16 disciplina in modo tendenzialmente unitario il procedimento di

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 36 irrogazione delle sanzioni pecuniarie e di quelle accessorie, introducendo alcune innovazioni che vanno al di là degli aspetti meramente procedurali per riflettersi anche su un piano sostanziale. Il procedimento di irrogazione delle sanzioni inizia con la notifica, da parte dell'ufficio o ente, di un apposito atto di contestazione all'autore della violazione. Qualora la contestazione riguardi una violazione che abbia inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo, la notificazione dell'atto deve avvenire anche ai soggetti obbligati in solido, se, com'è ovvio, l'ufficio o l'ente intendono agire nei confronti di questi. Il procedimento deve essere obbligatoriamente utilizzato per l'irrogazione delle sanzioni relative a violazioni non incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo (cosiddette violazioni formali), mentre può essere facoltativamente utilizzato per le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono, che, perciò, possono anche essere inflitte direttamente con l'atto di accertamento o di rettifica, a norma del successivo articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 472/97, e per le sanzioni relative agli omessi e ritardati versamenti, che possono anche essere irrogate mediante iscrizione a ruolo a norma dello stesso articolo 17, comma 3, e che, in ogni caso, non sono definibili in via agevolata. In funzione anche di una eventuale migliore difesa in sede processuale è opportuno che il procedimento di irrogazione delle sanzioni venga utilizzato in tutti i casi in cui si intendano irrogare sanzioni per violazioni commesse con dolo o colpa grave al trasgressore non coincidente con il soggetto passivo del tributo. Ciò in quanto il contraddittorio anticipato può consentire di acquisire elementi utili per una più ponderata valutazione dell'elemento soggettivo proprio della violazione contestata, rendendo quindi possibili correzioni istruttorie. Nel caso di sanzioni relative agli omessi o ritardati versamenti di tributi, non è ammessa la definizione agevolata.

La definizione agevolata con lo sconto delle sanzioni Ricevuta la notifica dell'atto di contestazione, l'autore delle violazioni e i soggetti obbligati in solido possono, entro il termine per la proposizione del ricorso, cioè, di norma, entro sessanta giorni dalla notificazione dell'atto, definire la controversia con il pagamento delle sanzioni ridotte (ad un quarto per gli atti emessi fino al 31 gennaio 2011, ad un terzo per gli atti emessi dal 1° febbraio 2011). La definizione eseguita dagli obbligati in via solidale comporta l'estinzione dell'obbligazione propria dell'autore materiale, così come quella eseguita dall'autore materiale comporta l’estinzione dell'obbligazione riferibile ai coobbligati. La definizione impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie. In alternativa alla definizione agevolata, sempre entro il termine per la proposizione del ricorso, i contribuenti possono produrre deduzioni difensive avanti all'ufficio o all'ente locale che ha emanato l'atto. In questa ipotesi non è ammessa impugnazione immediata avanti all'autorità giudiziaria o a quella amministrativa, sia che le deduzioni vengano presentate soltanto dall'autore delle violazioni o da uno dei soggetti obbligati solidalmente, sia che vengano presentante da entrambi. Se contro l’atto di contestazione è stata proposta impugnazione immediata, la presentazione delle deduzioni difensive, anche da parte di un soggetto diverso da quello impugnante, ne determina l’improcedibilità. In questa circostanza, sarà onere della parte resistente comunicare all'autorità giudiziaria o amministrativa avanti alla quale pende la controversia l'avvenuta presentazione delle deduzioni affinché questa adotti i provvedimenti necessari. I contribuenti possono anche

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 37 impugnare immediatamente l'atto di contestazione avanti alle commissioni tributarie o, per i tributi per i quali non sussiste competenza di queste, all'autorità giudiziaria ordinaria, ovvero all'autorità preposta a decidere la lite in via amministrativa. Resta fermo che l'impugnazione immediata non è ammessa in presenza di deduzioni difensive. In caso di presentazione di deduzioni difensive, l'ufficio o l'ente, se ritengono di non accogliere la difesa degli interessati, devono provvedere ad emanare apposito atto di irrogazione, da notificare entro un anno dalla presentazione delle deduzioni difensive. In questo caso, l'ufficio o l'ente devono motivare il provvedimento, sempre a pena di nullità, anche in ordine alle deduzioni medesime, così da rendere edotti gli interessati dei motivi che ne hanno determinato il mancato accoglimento. La notificazione dell'atto deve avvenire nei confronti di tutti i soggetti ai quali sia stato originariamente notificato l'atto di contestazione, a prescindere dal fatto che solo alcuni di questi abbiano presentato deduzioni difensive.

L’irrogazione immediata delle sanzioni L'articolo 17 del decreto legislativo 472/97 dispone in materia di irrogazione immediata delle sanzioni. Esso stabilisce che, in deroga alle previsioni dell'articolo 16, le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono possono essere irrogate, senza bisogno di essere precedute da atto di contestazione e con l'osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo stesso, con atto contestuale all’avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità. È possibile la definizione agevolata con il pagamento di un importo pari ad un quarto della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, entro il termine previsto per proporre ricorso (la sanzione è riducibile ad un terzo per gli atti emessi dal 1° febbraio 2011).

Le istruzioni della circolare 180/E sull’irrogazione immediata I primi chiarimenti ufficiali sull’articolo 17 del 472/97 sono contenuti nella circolare 180/E del 10 luglio 1998. In proposito, il Ministero delle Finanze ha precisato che il predetto articolo 17 consente di irrogare mediante iscrizione a ruolo le sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi, ancorché risultante da liquidazioni eseguite a norma degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 600/73, recante norme comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, e a norma degli articoli 54-bis e 60, sesto comma, del decreto Iva, Dpr 633/72. Per le sanzioni indicate nel periodo precedente, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista nel comma 2 e nell'articolo 16, comma 3. L'irrogazione immediata è consentita per le sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono (comma 1) e per le sanzioni riguardanti l'omesso o ritardato pagamento dei tributi (comma 3). Entrambi i procedimenti disciplinati dall'articolo 17 non sono peraltro obbligatori: è infatti sempre possibile adottare il procedimento di cui all'articolo 16 dello stesso decreto 472/97, e questa soluzione è preferibile quando si intendono irrogare sanzioni per violazioni commesse con dolo o colpa grave al trasgressore che non coincide con il soggetto passivo del tributo. La circolare 180/E avverte inoltre che come già previsto dalle norme che regolano il procedimento di

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 38 accertamento dei principali tributi, le sanzioni per le violazioni di omessa presentazione della dichiarazione o di infedele dichiarazione sono irrogabili con atto contestuale all'avviso di accertamento o di rettifica; rispetto alla disciplina in vigore fino al 31 marzo 1998, si evidenziano le seguenti novità:

le sanzioni «possono essere irrogate» con atto contestuale, per cui è possibile, anche per le sanzioni in questione, adottare il procedimento di irrogazione di cui al precedente articolo 16;

con atto contestuale all'avviso di accertamento o di rettifica non sono più irrogabili le sanzioni per violazioni non collegate direttamente al tributo cui si riferiscono, per le quali deve essere obbligatoriamente utilizzato il procedimento di cui all'articolo 16. Il provvedimento di irrogazione, ancorché «contestuale» all'avviso di accertamento o di rettifica, è considerabile, dal punto di vista strutturale, come atto autonomo e deve quindi essere motivato, a pena di nullità, secondo le prescrizioni dell'articolo 16, comma 2. Entro il termine per proporre il ricorso, è ammessa la definizione agevolata della controversia con il pagamento di un importo pari ad un quarto della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo (la sanzione è riducibile ad un terzo per gli atti emessi dal 1° febbraio 2011). La definizione può essere attuata da ognuno dei soggetti destinatari del provvedimento e produce, in punto di estinzione dell'obbligazione anche solidale, gli effetti propri dell'adempimento. La definizione agevolata prevista dall’articolo 17, comma 2, è riferita esclusivamente alle sanzioni e non comporta acquiescenza rispetto al tributo.

Il cumulo giuridico riduce le penalità in caso di più violazioni I contribuenti, che con una sola azione o omissione commettono più violazioni, sono punibili con una sola sanzione, anche se di importo più elevato rispetto alla singola penalità. Nei loro confronti è perciò applicabile il cosiddetto «cumulo giuridico» disciplinato dall'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Il cumulo giuridico è applicabile anche nel caso di più violazioni commesse in progressione e nel caso di violazioni dello stesso tipo commesse in periodi d'imposta diversi. Si deve subito precisare che il cumulo giuridico non è comunque applicabile dal contribuente in caso di ravvedimento spontaneo. È perciò l’ufficio impositore che dovrà applicare i benefici previsti dal cumulo giuridico.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 39 Sanzioni

Ravvedimento per tardivi versamenti: da gennaio interessi all’1,5%

di Salvina Morina (*) e Tonino Morina (**)

LA NOVITA’

Dal 1° gennaio 2011, la misura del saggio degli interessi legali è fissata all’1,5% in ragione d’anno. Aumenta così il costo del ravvedimento “breve” o “lungo”, in caso di omessi o tardivi versamenti del 2010, con le complicazioni di un doppio calcolo per gli interessi, da applicare nella misura dell’1% annuo fino al 31 dicembre 2010 e dell’1,5% annuo a partire dal 1° gennaio 2011. Ravvedimento più caro, prima nella misura degli interessi, e poi nelle sanzioni per le violazioni commesse a partire dal 1° febbraio 2011. Questo perché la riduzione delle sanzioni a 1/12 del minimo o a 1/10 del minimo, passerà, rispettivamente, a 1/10 del minimo e a 1/8 del minimo. Ne consegue che la sanzione del 30%, per tardivo o omesso versamento, passerà, per le violazioni commesse dal 1° febbraio 2011, al 3% per il ravvedimento “breve” (1/10 del 30%) e al 3,75% (1/8 del 30%) per il ravvedimento lungo.

Riferimenti – Ministero dell’economia e delle finanze, Decreto 7 dicembre 2010, art. 1 –·Legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, comma 20 –·D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13

Il 1° gennaio è cambiata nuovamente la misura degli interessi legali. Dopo appena un anno dalla riduzione del vecchio tasso del 3% annuo, passato all’1% dal 1° gennaio 2010, la misura degli interessi aumenta di mezzo punto. Dal 1° gennaio 2011, infatti, la misura del saggio degli interessi legali di cui all’art. 1284 del codice civile è fissata all’1,5% in ragione d’anno. E’ questa la nuova misura fissata dall’art. 1 del decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 7 dicembre 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 292 del 15 dicembre 2010. Aumenta così il costo del ravvedimento “breve” o “lungo”, in caso di omessi o tardivi versamenti del 2010, con le complicazioni di un doppio calcolo per gli interessi, da applicare nella misura dell’1% annuo fino al 31 dicembre 2010 e dell’1,5% annuo a partire dal 1° gennaio 2011. Si vedano i seguenti esempi di ravvedimento con doppio calcolo di interessi.

ESEMPIO n. 1 Ravvedimento per omesso versamento saldo ICI 2010

Si consideri un contribuente ICI titolare di immobili nel 2010, che ha omesso il versamento del saldo relativo al 2010, scaduto il 16 dicembre 2010, e che si è avvalso del ravvedimento “breve” entro il 17 gennaio 2011 (il 15 gennaio, di scadenza, era sabato e il 16 domenica). In questo caso, ha dovuto pagare una mini-sanzione del 2,5% (un dodicesimo del 30%), in aggiunta al tributo omesso e agli interessi da calcolare nella misura dell’1% annuo dal 17 dicembre 2010 al 31 dicembre 2010 e dell’1,5% a partire dal 1° gennaio 2011. Il ravvedimento “lungo” può invece essere effettuato entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è commessa la violazione, ovvero, se non è prevista la dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore. Per sanare l’omesso o tardivo versamento del saldo ICI 2010, in caso di ravvedimento lungo, oltre al tributo dovuto, si devono pagare: • gli interessi dell’1% annuo dal 17 dicembre 2010 al 31 dicembre 2010 e dell’1,5% a partire dal 1° gennaio 2011 fino al giorno di pagamento compreso; • la sanzione del 3% (un decimo del 30 per cento).

ESEMPIO n. 2 Acconto IRPEF “dimenticato” sanato il 31 maggio 2011 Un contribuente non ha versato l’acconto IRPEF in scadenza il 30 novembre 2010 per l’importo di 10mila euro. Egli può eseguire il ravvedimento “lungo” entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è commessa la violazione, cioè entro il 30 settembre 2011. Il nostro contribuente intende sanare la violazione, versando l’importo dovuto, più le sanzioni e gli interessi il 31 maggio 2011. Considerato che la violazione è stata commessa il 30 novembre 2010, la sanzione applicabile per il ravvedimento lungo è quella del 3% (un decimo del 30%), mentre gli interessi si dovranno determinare, applicando il tasso dell’1% annuo per il mese di dicembre e il tasso dell’1,5% per i cinque mesi del 2011. In pratica, sui 10mila euro di acconto IRPEF, gli interessi dell’1% annuo dal 1° dicembre al 31 dicembre 2010 sono pari a 8,49 euro, mentre gli interessi dell’1,5% annuo sui 151 giorni del 2011, dal 1° gennaio al 31 maggio, giorno in cui eseguirà il versamento, sono pari a 62,05 euro, in totale 70,54 euro.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 40

Nel versamento che ha effettuato il 31 maggio 2011, il nostro contribuente ha indicato nel modello F24: • l’importo di 10mila euro, per l’acconto IRPEF di novembre, con il codice tributo 4034; • l’importo di 300 euro (un decimo del 30%), per le sanzioni IRPEF, con il codice tributo 8901; • l’importo di 70,54 euro, per gli interessi sul ravvedimento IRPEF, con il codice 1989.

Perdono possibile solo per i tributi

Il ravvedimento, sia “breve” sia “lungo” può riguardare solo i tributi. Non è quindi possibile regolarizzare versamenti omessi per contributi o premi. Resta fermo che, senza ravvedimento “breve”, nei 30 giorni, o “lungo”, è dovuta la sanzione del 30% sull’importo omesso. Per fruire del ravvedimento, il pagamento della sanzione ridotta deve essere eseguito contestualmente al tributo o alla differenza, se dovuti, nonché al pagamento degli interessi. Per pagamento contestuale delle somme per tributi, sanzioni ed interessi, si deve intendere che tutti i pagamenti, anche se fatti in giorni diversi, devono essere fatti entro i termini.

Mini-sanzioni più alte per le violazioni commesse dal 1° febbraio 2011

Occorre ricordare che il ravvedimento è diventato ancora più salato per le violazioni commesse a partire dal 1° febbraio 2011. Questo per la ragione che la riduzione delle sanzioni a un dodicesimo del minimo o a un decimo del minimo, passerà, rispettivamente, a un decimo del minimo e a un ottavo del minimo. Ne consegue che la sanzione del 30%, per tardivo o omesso versamento, per le violazioni commesse a partire dal 1° febbraio 2011, passa al 3% per il ravvedimento “breve” (un decimo del 30%) e al 3,75% (un ottavo del 30%) per il ravvedimento lungo.

ESEMPIO n. 3 Il contribuente che non esegue il versamento relativo all’IVA del mese di gennaio 2011, in scadenza il 16 febbraio 2011, dovrà applicare le nuove mini-sanzioni del 3% in caso di ravvedimento “breve”, o del 3,75% in caso di ravvedimento lungo, in quanto la violazione è stata commessa dopo il 31 gennaio 2011.

Tavola n. 1 - Le sanzioni sui tardivi o omessi versamenti di tributi

Omissione Termine Sanzione fino al 31 gennaio 2011

Sanzione dal 1° febbraio 2011

Pagamento Entro 30 giorni 2,50% 3%

Pagamento

Entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione

3% 3,75%

Attenzione: codice tributo separato per gli interessi Si deve sottolineare il fatto che anche gli interessi da ravvedimento per gli omessi o tardivi versamenti dei tributi si devono versare a parte con uno specifico codice tributo, come per i tributi e le sanzioni. Solo in caso di ravvedimento per ritenute, i versamenti si eseguono ancora con il codice del tributo, cumulando l’importo delle ritenute con gli interessi. Per il versamento dei soli interessi, con la risoluzione n. 109/E del 22 maggio 2007, sono stati istituiti i seguenti codici tributo: • 1989 - “interessi sul ravvedimento – IRPEF”; • 1990 - “interessi sul ravvedimento – IRES”; • 1991 - “interessi sul ravvedimento – IVA”; • 1992 - “interessi sul ravvedimento – imposte sostitutive”;

• 1993 - “interessi sul ravvedimento – IRAP”; • 1994 - “interessi sul ravvedimento – addizionale regionale”; • 1998 - “interessi sul ravvedimento – addizionale comunale”.

Significato fiscale di “contestualmente”

Nel caso di ravvedimento per i tributi, le imposte dirette, l’IVA, le altre imposte sostitutive, il termine “contestualmente”, come espressamente interpretato nella circolare n. 180/E del 10 luglio 1998 “non deve essere inteso nel senso che tutte le incombenze previste ai fini del

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 41

ravvedimento (rimozione formale della violazione e pagamento delle somme dovute) debbano avvenire nel medesimo giorno, ma, com’è logico che sia, entro lo stesso limite temporale (trenta giorni, un anno, eccetera) previsto dalla norma”. Perciò, può anche capitare che per eseguire un ravvedimento si possano eseguire più versamenti, anche in giorni diversi, purché entro lo stesso limite temporale previsto dalla norma. Occorre ricordare che, senza ravvedimento «breve», nei 30 giorni, o «lungo», cioè entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è commessa la violazione, è di norma dovuta la sanzione del 30% sull’importo omesso, fatta salva la definizione agevolata di cui si dirà di seguito. In materia di ravvedimento di imposte dirette e di IVA, la circolare n. 192/E del 23 luglio 1998 avverte che «il ravvedimento è consentito a condizione che la violazione non sia già stata constatata ovvero non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento, delle quali i soggetti interessati abbiano avuto formale conoscenza». La stessa circolare prosegue, affermando che le irregolarità sanabili «sono riferibili oltre che alle imposte sui redditi intese nell'accezione comune (IRPEF, IRPEG, che dal 2004 è stata sostituita dall’IRES, ILOR) anche ai tributi per i quali sono applicabili le disposizioni previste per le imposte sui redditi in materia di liquidazione, accertamento, riscossione » come, ad esempio, IRAP, imposte sostitutive e IRES (imposta sul reddito delle società) che dal 2004 ha sostituito l’IRPEG. Ne consegue che le norme del ravvedimento non sono applicabili per le irregolarità commesse sui tardivi o omessi versamenti dei contributi INPS o dei premi Inail. Questa mancanza di uniformità di trattamento, che limita il ravvedimento ai soli tributi, contrasta con il sistema dei versamenti unitari da effettuare con il modello F24. È infatti

strano che il contribuente, mentre è obbligato a versare tributi, contributi e premi con il modello F24, in caso di irregolarità nei versamenti, possa «ravvedersi» solo per i tributi. Perciò, in caso di irregolarità nei versamenti per contributi o premi, si deve sempre tenere conto che non è possibile fruire del ravvedimento. È una mancanza di uniformità che genera confusione, ma, per il momento, il ravvedimento può riguardare solo i tributi.

Sconti sulle sanzioni in caso di liquidazione delle dichiarazioni o controlli formali

Sulle dichiarazioni annuali IVA, redditi e IRAP sono previsti alcuni sconti a titolo di definizione agevolata. Le regole sono quelle fissate dagli artt. 2 e 3 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462. Esse infatti prevedono una specifica modalità di definizione agevolata delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi risultanti dalle dichiarazioni, anche a seguito dei controlli automatici e formali delle stesse. In particolare, la sanzione del 30% è ridotta: • ad un terzo (e quindi al 10%) nel caso in cui le somme dovute siano pagate entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione dell'esito della liquidazione automatica effettuata a norma degli artt. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 e 54-bis del decreto IVA, D.P.R. n. 633/1972; • a due terzi (e quindi al 20%) nei casi in cui le somme dovute siano pagate entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito del controllo formale della dichiarazione, effettuato a norma dell’art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973.

E’ inoltre stabilito che le somme sono aumentate degli interessi e non solo della sanzione ridotta a un terzo o a due terzi per pagamento eseguito entro 30 giorni. Gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione.

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Seminario “Sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 42

Riepilogo SANZIONE FINO AL 31.1.2011 SANZIONE DAL 1°. 2.2011 DECORRENZA

ACCERTAMENTO CON ADESIONE (art. 2, comma 5, D.Lgs. n. 218/1997)

• Un quarto del minimo • Un terzo del minimo • Atti emessi dal 1° febbraio 2011

ADESIONE AGLI INVITI E AI PROCESSI VERBALI DI CONSTATAZIONE

(artt. 5 e 5-bis, D.Lgs. n. 218/1997) • Un ottavo del minimo • Un sesto del minimo • Atti emessi dal 1° febbraio 2011

DEFINIZIONE DELL’ACCERTAMENTO SENZA RICORSO E SENZA PROPOSTA DI ADESIONE

(artt. 2, comma 5, 3, comma 3, e 15, comma 1, D.Lgs. n. 218/1997) • Un quarto • Un ottavo quando l’atto non è

preceduto da invito o da processo verbale di constatazione (PVC)

• Un terzo • Un sesto quando l’atto non è

preceduto da invito o da processo verbale di constatazione (PVC)

• Atti emessi dal 1° febbraio 2011

RAVVEDIMENTO OPEROSO (art. 13, D.Lgs. n. 472/1997)

Omesso versamento regolarizzato nei 30 giorni • Un dodicesimo del minimo Regolarizzazione della dichiarazione omessa nei 90 giorni • Un dodicesimo del minimo Violazioni sostanziali e omesso versamento regolarizzate entro il termine della dichiarazione successiva • Un decimo del minimo

• Un decimo del minimo • Un decimo del minimo • Un ottavo del minimo

• Violazioni dal 1° febbraio 2011 • Violazioni dal 1° febbraio 2011 • Violazioni dal 1° febbraio 2011

DEFINIZIONE DELLE SANZIONI IRROGATE (artt. 16 e 17, D.Lgs. n. 472/1997)

• Un quarto • Un terzo • Atti emessi dal 1° febbraio 2011

DEFINIZIONE DELLE SANZIONI PRIMA DELL’ISCRIZIONE A RUOLO

• Un terzo per i casi previsti dall’articolo 36-bis del D.P.R. n. 600/1973 (liquidazione automatizzata della dichiarazione)

• Due terzi per i casi previsti dall’articolo 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 (controllo formale della dichiarazione)

• Nessuna modifica

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Seminario “Sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 43 Telefisco 2011

Sanzioni più alte per concordato, conciliazione, ravvedimento

e atti di definizione agevolata di Salvina Morina (*) e Tonino Morina (**)

(*) Esperto fiscale (**) Esperto fiscale – professore della Scuola Superiore di Economia e Finanze di Roma

LA NOVITA’

L’Agenzia delle Entrate, in occasione di Telefisco, ha fatto luce sulle novità fiscali in tema di sanzioni per ravvedimento, accertamento, conciliazione, in vigore dal 1° febbraio 2011, e per l’accertamento esecutivo dal 1° luglio 2011. Aumentano, infatti, le penalità per concordato, conciliazione, ravvedimento e atti di definizione agevolata.

Inoltre, dal 1° gennaio 2011 la misura degli interessi legali è dell’1,5% annuo, mentre fino al 31 dicembre 2010 è applicabile nella misura dell’1% annuo.

Riferimenti –·Legge 13 dicembre 2010, n. 220, art. 1, commi da 18 a 22 –·Telefisco 2011 del 26 gennaio 2011

In occasione della ventesima edizione di Telefisco 2011, l’Agenzia delle Entrate ha fornito diversi chiarimenti sulle novità recate in materia di sanzioni per ravvedimento, accertamento, conciliazione, in vigore dal 1° febbraio 2011, e per l’accertamento esecutivo dal 1° luglio 2011. Chi paga in ritardo le somme dovute al Fisco, dal 1° febbraio 2011 dovrà subire sanzioni più alte rispetto a quelle applicabili fino al 31 gennaio 2011. Aumenteranno anche, per gli atti definibili emessi dagli Uffici a partire dal 1° febbraio 2011, le sanzioni su concordato, conciliazione, atti di contestazione sanzioni, adesione ai processi verbali e agli inviti al contraddittorio (art. 1, commi da 18 a 22, legge 13 dicembre 2010, n. 220, cosiddetta “legge di stabilità 2011”). Senza dimenticare che dal 1° gennaio 2011 è stata aumentata la misura degli interessi legali, che è passata all’1,5% annuo, mentre fino al 31 dicembre 2010 è applicabile nella misura dell’1% annuo.

Concordato

Dal 1° febbraio 2011 aumenta la misura delle sanzioni in caso di accertamento con adesione. Con riferimento agli atti definibili emessi dagli Uffici dell’Agenzia delle Entrate a decorrere dal 1° febbraio 2011, la riduzione delle sanzioni passa da un quarto a un terzo del minimo. La nuova riduzione a un terzo del minimo riguarda le sanzioni previste nel caso di accertamento con adesione, ai fini dell’IVA, delle imposte dirette e indirette. Identica modifica riguarda i casi di acquiescenza, cioè quando non si impugna l’avviso di accertamento o di liquidazione e non si presenta istanza di accertamento con adesione, pagando, entro il termine per la presentazione del ricorso, le somme complessivamente dovute. In ogni caso, la misura delle sanzioni non può essere inferiore a un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.

Tavola n. 1 - Accertamento con adesione - “Concordato” (art. 2, comma 5, D.Lgs. n. 218/1997)

SANZIONE fino al 31

gennaio 2011

SANZIONE VIGENTE

dal 1° febbraio 2011

DECORRENZA

Un quarto del minimo

Un terzo del minimo

Atti emessi dal 1° febbraio 2011

Definizione agevolata delle sanzioni

Dal 1° febbraio 2011 sono applicabili

nuove sanzioni in caso di irrogazione

sanzioni e definizione agevolata (artt. 16 e

17, D.Lgs. n. 472/1997), con riferimento

agli atti emessi a partire da tale data. E’,

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Seminario “Sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 44 infatti, disposto che per gli atti di

irrogazione delle sanzioni, la sanzione,

fino al 31 gennaio 2011 è riducibile a un

quarto dal minimo, passa a un terzo dal minimo, nel caso di definizione della

controversia entro il termine previsto per la

proposizione del ricorso. In ogni caso, la

somma ridotta non può essere inferiore a

un terzo dei minimi edittali delle sanzioni

previste per le violazioni più gravi relative

ciascun tributo.

Tavola n. 2- Definizione delle sanzioni irrogate (artt. 16 e 17, D.Lgs. n. 472/1997)

SANZIONE fino al 31 gennaio

2011

SANZIONE VIGENTE

dal 1° febbraio

2011

DECORRENZA

Un quarto Un terzo Atti emessi dal 1° febbraio 2011

Conciliazione

Il 1° febbraio 2011 entrano in vigore le

sanzioni applicabili in caso di

conciliazione giudiziale (art. 48, D.Lgs. n.

n. 546/1992), con riferimento ai ricorsi

presentati a decorrere da tale data. E’,

infatti, stabilito che, con riferimento ai

ricorsi presentati a partire dal 1° febbraio 2011, sono aumentate da un

terzo al 40% le sanzioni previste,

determinate sulla base degli importi

irrogabili in rapporto all’ammontare del

tributo risultante dalla conciliazione. La

stessa modifica riguarda il limite di tali

somme aggiuntive, che devono essere

almeno pari al 40% dei minimi edittali

previsti per le violazioni più gravi relative a

ciascun tributo.

Tavola n. 3 - Conciliazione giudiziale (art. 48, comma 6, D.Lgs. n. 546/1992)

SANZIONE fino al

31 gennaio 2011

SANZIONE VIGENTE

dal 1° febbraio 2011

DECORRENZA

Un terzo 40% Ricorsi presentati dal 1° febbraio 2011

Processi verbali di constatazione

Per i processi verbali di constatazione

(art. 5-bis, D.Lgs. n. 218/1997), in caso di

accettazione integrale delle pretese del

Fisco, senza contraddittorio, la riduzione

a un ottavo della sanzione minima passa a

un sesto della sanzione minima.

Possono formare oggetto di adesione solo

i processi verbali che contengono la

constatazione di violazioni “sostanziali” in

materia di imposte sui redditi, IVA e IRAP.

L’adesione è inoltre possibile per le

violazioni, sempre di natura sostanziale,

relative all’IRAP, all’addizionale regionale

o comunale all’IRPEF, le imposte

sostitutive dei redditi e, in ogni caso, quelle

per le quali sono applicabili le norme in

materia di accertamento delle imposte sui

redditi, quali, ad esempio, i contributi

previdenziali che si determinano nella

dichiarazione dei redditi.

Tavola n. 4 - Adesione agli inviti e ai processi verbali di constatazione (artt. 5 e 5-bis, D.Lgs. n. 218/1997)

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Seminario “Sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 45 SANZIONE

fino al 31

gennaio 2011

SANZIONE VIGENTE

dal 1° febbraio 2011

DECORRENZA

Un ottavo del minimo

Un sesto del minimo

Atti emessi dal 1° febbraio 2011

La decorrenza dipende dall’atto emesso dall’Ufficio Per la decorrenza di questa norma occorre però attendere l’emissione degli atti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Questo perché la norma che disciplina la fase transitoria di passaggio dalle vecchie alle nuove sanzioni, ne prevede l’applicazione, con riferimento agli atti definibili emessi dagli Uffici dell’Agenzia delle Entrate a decorrere dal 1º febbraio 2011.

Le previsioni della legge di stabilità

2011 (art. 1, comma 20 della legge 13

dicembre 2010, n. 220) non trovano applicazione per i processi verbali di constatazione emessi dalla Guardia di finanza, così come per quelli emessi

dall’Agenzia delle Entrate. La norma è

invece applicabile nei casi di cui all’art. 5-

bis del D.Lgs. 218/1997, relativamente

all’atto di definizione dell’accertamento

parziale conseguente al processo verbale.

Deve però trattarsi di accertamento parziale previsto dall’art. 41-bis del D.P.R.

600/1973 e dall’art. 54, quarto comma, del

decreto IVA, D.P.R. n. 633/1972, emesso

dall’Ufficio a decorrere dal 1° febbraio

2011. Al riguardo, è irrilevante la data in

cui viene notificato l’accertamento parziale

al contribuente.

ESEMPIO Il contribuente, che nel mese di dicembre 2010, ha ricevuto un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza e il conseguente avviso di accertamento parziale è stato emesso dall’Ufficio nel mese di gennaio 2011, nel caso di definizione, potrà ancora fruire della riduzione a un ottavo della sanzione minima. Invece, un altro contribuente che nel mese di dicembre 2010 ha ricevuto un processo verbale di constatazione

della Guardia di Finanza e il conseguente avviso di accertamento parziale è stato emesso dall’Ufficio nel mese di febbraio 2011, nel caso di definizione, è escluso che possa fruire della riduzione a un ottavo della sanzione minima. In questo caso, potrà fruire della riduzione a un sesto della sanzione minima.

Adesione agli inviti al contraddittorio con sanzione più alta

A partire dagli inviti al contraddittorio

emessi dagli Uffici delle Entrate dal 1°

febbraio 2011, in caso di definizione, la

riduzione a un ottavo della sanzione

minima, applicabile fino al 31 gennaio

2011, passa a un sesto della sanzione

minima.

Ravvedimento

Aumenta, infine, anche la misura delle

sanzioni in caso di ravvedimento

spontaneo (art. 13, D.Lgs. n. 472/1997),

per le violazioni commesse a decorrere

dal 1° febbraio 2011. Pertanto, in caso di

ravvedimento per i tardivi o omessi versamenti: • la sanzione del 30%, che si poteva ridurre a

un dodicesimo del minimo (cioè al 2,5%), si riduce a un decimo del minimo (cioè al 3%), purché il relativo versamento venga eseguito nel termine di 30 giorni dalla data della commissione della violazione;

• la sanzione del 30%, che si poteva ridurre a un decimo del minimo (cioè al 3%), si riduce a un ottavo del minimo (cioè al 3,75%), se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione o, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore.

Nel caso di ravvedimento per l’omessa presentazione della dichiarazione, se viene presentata entro

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Seminario “Sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 46 90 giorni dal termine di scadenza la sanzione di 258 euro, che si poteva ridurre a un dodicesimo del minimo (cioè a 21 euro, con troncamento dei decimali), si riduce a un decimo della sanzione (cioè a 25 euro, con troncamento dei decimali). Le stesse riduzioni, a un dodicesimo o a un decimo del minimo, sono applicabili, a partire dalle violazioni commesse dal 1° febbraio 2011, alle sanzioni previste in misura diversa dal 30%.

Tavola n. 5 - Ravvedimento operoso (art. 13, D.Lgs. n. 472/1997)

SANZIONE fino al 31 gennaio

2011

SANZIONE VIGENTE

dal 1° febbraio

2011

DECORRENZA

Omesso versamento regolarizzato nei 30 giorni - Un dodicesimo del minimo Regolarizzazione della dichiarazione omessa nei 90 giorni - Un dodicesimo del minimo Violazioni sostanziali e omesso versamento regolarizzate entro il termine della dichiarazione successiva - Un decimo del minimo

- Un decimo del minimo - Un decimo del minimo - Un ottavo del minimo

- Violazioni dal 1° febbraio 2011 - Violazioni dal 1° febbraio 2011 - Violazioni dal 1° febbraio 2011

La risposte di Telefisco 2011

Nuovi accertamenti esecutivi dal 1° luglio 2011

Per gli avvisi di accertamento relativi a

IVA, IRPEF, IRES e IRAP notificati dal 1° luglio 2011 per i periodi d’imposta dal 2007 in poi, l’espropriazione forzata dei beni del debitore inizierà, in genere, passati 90 giorni dalla notifica, senza necessità di emettere la cartella di pagamento. L’avviso di accertamento dovrà informare il destinatario che, dopo trenta giorni dal termine per il pagamento, la riscossione avverrà anche con l’esecuzione forzata (art. 29, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122). Per l’Agenzia delle Entrate, sarà possibile pagare a rate le somme dovute, applicando le regole attualmente vigenti sulla rateazione delle cartelle. Ciò per la ragione che l’art. 29, comma 1, lett. g), secondo periodo, della Manovra 2010 (D.L. n. 78/2010) fa espressamente rinvio alla dilazione di cui all’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973. La dilazione di pagamento, quindi, potrà essere concessa dopo l’affidamento del carico all’agente della riscossione e, quindi, dopo il decorso del termine per il pagamento delle somme dovute nonché degli ulteriori trenta giorni previsti per l’affidamento del carico all’agente stesso.

Sanzioni da ravvedimento

Una risposta fornita dalle Entrate ha riguardato l’eventuale scomputo delle sanzioni pagate a titolo di ravvedimento, nelle ipotesi di violazioni commesse in più periodi di imposta. Per l’Agenzia delle Entrate, le sanzioni pagate a titolo di ravvedimento non possono essere scomputate. Questo perché, a parere delle Entrate, il principale effetto dell’istituto del ravvedimento, di cui all’art. 13 del D.Lgs. 472/1997, consiste nella rimozione spontanea degli effetti provocati dalla violazione di norme tributarie, nonché nel versamento in misura ridotta delle sanzioni, con le modalità e nei termini ivi previsti. Con la circolare 23 luglio 1998, n. 192/E, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che, nell’ipotesi di progressione delle violazioni, il ravvedimento relativo a una violazione non dipende dal ravvedimento delle altre, fermo restando il

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Seminario “Sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 47 potere degli Uffici finanziari di irrogare le sanzioni previste per le violazioni non oggetto di regolarizzazione. Pertanto, nell’ipotesi di violazioni commesse in più periodi di imposta, non è deducibile dalla sanzione irrogata nell’ultimo atto emesso, con eventuale applicazione del cumulo giuridico, quanto pagato a titolo di ravvedimento per sanare alcune violazioni delle annualità interessate, considerato che le medesime violazioni, se sanate mediante il ravvedimento, non possono essere contestate dall’Ufficio e conseguentemente non partecipano al calcolo della sanzione unica. La stessa Agenzia delle Entrate ricorda, infine, che con la circolare 10 luglio 1998, n. 180/E, è stato, altresì, chiarito che, ai fini del ravvedimento, le singole violazioni non possono essere cumulate giuridicamente secondo le regole sul concorso di violazioni e sulla continuazione di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 472/1997, in quanto le disposizioni contenute nello stesso possono essere applicate solo dagli enti impositori in sede di irrogazione delle sanzioni.

Interessi in caso di accertamento con adesione

In un’altra risposta, l’Agenzia delle Entrate si è occupata degli interessi applicabili in caso di accertamento con adesione e pagamento dei relativi interessi, sia quelli dovuti a partire dall’anno accertato fino al momento del perfezionamento dell’adesione, sia quelli dovuti per i pagamenti a rate.

Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’art. 6 del decreto 21 2009 è intervenuto a disciplinare il tasso degli interessi dovuti per ritardato pagamento, prevedendo che, a decorrere dal 1° gennaio 2010, sulle maggiori imposte emergenti dall’accertamento con adesione (di cui all’art. 8 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218), versate nei termini previsti, si applica la percentuale di interessi pari al 3,5%. Per ciò che concerne, invece, gli accertamenti con adesione perfezionati fino al 31

dicembre 2009, sulle maggiori imposte dovute si applica il tasso d’interesse di cui all’art. 20 del D.P.R. n. 602/1973, nella misura del 2,75% fino al 30 settembre 2009 e del 4% dal 1° ottobre al 31 dicembre 2009 (tasso così modificato dall’articolo 2 del decreto 21 maggio 2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 136 del 15 giugno 2009). Per gli interessi connessi al pagamento rateale dell’atto di definizione, l’art. 8 del D.Lgs. n. 218/1997 prevede espressamente che <<Sull’importo delle rate successive sono dovuti gli interessi al saggio legale, calcolati dalla data di perfezionamento dell’atto di adesione …>>. Il citato tasso è variato tre volte negli ultimi tre anni: infatti, dal 3% stabilito dal decreto 12 dicembre 2007, con decorrenza 1° gennaio 2008, si è passati all’1%, misura stabilita dal decreto 4 dicembre 2009, con decorrenza 1° gennaio 2010, per passare alla misura dell’1,5% fissata dal decreto 7 dicembre 2010, con decorrenza 1° gennaio 2011. In proposito, l’Agenzia delle Entrate avverte che la misura del tasso di interesse legale deve essere determinata con riferimento all’annualità in cui viene perfezionato l’atto di accertamento con adesione, rimanendo costante anche se il versamento della rate si protrae negli anni successivi.

ESEMPIO In caso di un accertamento con adesione perfezionato nel 2010, il tasso di interesse legale è pari all’1%, anche se le rate saranno corrisposte negli anni successivi. La definizione del concordato IVA e/o delle imposte dirette si perfeziona con il versamento dell’intero importo dovuto, o con il versamento della prima rata e con la prestazione della garanzia.

Interessi uguali anche per l’adesione ai processi verbali di constatazione

In tema di interessi, anche l’adesione al processo verbale di constatazione segue le regole sopra previste per l’accertamento con adesione, sia per quanto riguarda gli interessi applicabili alle maggiori

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Seminario “Sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 48 imposte dovute, sia per quanto riguarda gli interessi dovuti nel caso di pagamento rateale, fatta eccezione per la data di decorrenza del calcolo di questi ultimi. Per l’istituto dell’adesione ai processi verbali di constatazione, l’art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997, introdotto dall’art. 83, comma 18, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, al comma 3, prevede che “le somme dovute risultanti dall’atto di definizione dell’accertamento parziale devono essere versate nei termini e con le modalità di cui all’art. 8, senza prestazione delle garanzie ivi previste in caso di versamento rateale. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi al saggio legale calcolati dal giorno successivo alla data di notifica dell’atto di definizione dell’accertamento parziale”.

La comunicazione all’Agenzia delle Entrate, direzione provinciale o ufficio territoriale, di adesione del contribuente ai processi verbali di constatazione (PVC), che deve intervenire entro i trenta giorni successivi alla data della consegna del verbale, comporta l’accettazione integrale delle pretese del Fisco, senza possibilità di contraddittorio. L’atto di definizione dell’accertamento parziale essere notificato al contribuente entro i 60 giorni successivi alla data di presentazione della comunicazione di adesione all’Agenzia delle Entrate, direzione provinciale o ufficio territoriale.

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Seminario “Sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 49

Tavola n. 6 - Interessi: vecchie e nuove misure a confronto

Rimborsi o pagamenti

Misure vigenti fino

al 31 dicembre 2009

Misure vigenti Norma di riferimento Differenze

Tasse e imposte indirette dovute all’erario (per ogni semestre compiuto)

1,375% semestrale 1% semestrale dal 1° gennaio 2010

Art. 1, legge 26 gennaio 1961, n. 29

meno 0,375% semestrale

Rimborso di tasse e imposte indirette non dovute all’erario (a decorrere dalla data della domanda di rimborso)

1,375% semestrale 1% semestrale dal 1° gennaio 2010

Art. 5, legge 26 gennaio 1961, n. 29

meno 0,375% semestrale

Rimborso di imposte pagate (a decorrere dal secondo semestre successivo alla presentazione della dichiarazione)

2,75% annuo e 1,375% semestrale

2% annuo e 1% semestrale dal 1° gennaio 2010

Art. 44, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602

meno 0,75% annuale meno 0,375% semestrale

Rimborso di imposte con procedura automatizzata (a decorrere dal secondo semestre successivo alla presentazione della dichiarazione)

2,75% annuo e 1,375% semestrale

2% annuo e 1% semestrale dal 1° gennaio 2010

Art. 44-bis, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602

meno 0,75% annuale meno 0,375% semestrale

Rimborsi IVA 5% annuo

2% annuo dal 1° gennaio 2010

Artt. 38-bis e 38-ter, D.P.R. n. 633/1972

meno 3% annuale

Imposte o maggiori imposte iscritte a ruolo (a decorrere dal giorno successivo alla scadenza)

2,75% annuo (fino al 30 settembre 2009)

4% annuo dal 1° ottobre 2009

Art. 20, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602

più 1,25% annuale

Dilazione di pagamento di imposte

4% annuo (fino al 30 settembre 2009)

4,5% annuo dal 1° ottobre 2009

Art. 21, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602

più 0,50% annuale

Sospensione della riscossione

5% annuo (fino al 30 settembre 2009)

4,5% annuo dal 1° ottobre 2009

Art. 39, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602

meno 0,50% annuale

Pagamenti a rate di IVA, UNICO e 730

6% (misura chiesta dal Fisco fino al 30 giugno 2009)

4% annuo a decorrere dai pagamenti delle imposte dovute in relazione alle dichiarazioni presentate dal 1° luglio 2009, UNICO 2009 compreso

Art. 20, D.Lgs. n. 241/1997

meno 2% annuale

Pagamenti rateali in seguito ai controlli automatici o formali delle dichiarazioni

3,5% annuo 3,5% annuo dal 1° gennaio 2010 (misura confermata)

Art. 3-bis, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462

nessuna differenza

Imposte di successione e donazione

5% annui a scalare 3% annuo a scalare per le dilazioni concesse dal 1° gennaio 2010

Art. 38, comma 2, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346

meno 2% annuale

Rimborso dell’imposta di 4,5% per ogni 1% per ogni Art. 42, comma 3, e 37, meno 3,5% per ogni

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Seminario “Sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 50 successione, ipotecaria e catastale

semestre compiuto semestre compiuto dal 1° gennaio 2010

comma 2, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346 (imposte sulle successioni), e art. 13, comma 4, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 347 (imposte ipotecarie e catastali)

semestre

Imposte dovute in seguito a liquidazione automatizzata o controllo formale delle dichiarazioni annuali dei redditi, dell’Iva e dell’Irap

2,75% annuo 3,5% annuo a decorrere dalle dichiarazioni presentate per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007

Artt. 2, comma 2, e 3, comma 1, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462

più 0,75% annuale

Somme dovute in seguito alla rinuncia all’impugnazione dell’accertamento versate nei termini

2,75% annuo (art. 20, D.P.R. n. 602/1973)

3,5% annuo dal 1° gennaio 2010

Art. 15, D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218

più 0,75% annuale

Imposta di registro, di donazione, ipotecaria e catastale

1,375% semestrale 3,5% annuo dal 1° gennaio 2010

Artt. 54, comma 5, e 55, comma 1, D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131

Più 0,75% annuale

Tasse sulle concessioni governative, e tasse automobilistiche la cui gestione è di competenza dello Stato

1,375% semestrale 3,5% annuo dal 1° gennaio 2010

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641

più 0,75% annuale

Imposte dovute a seguito di accertamento con adesione versate nei termini

2,75% annuo (art. 20, D.P.R. n. 602/1973)

3,5% annuo dal 1° gennaio 2010

Art. 8, D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218

più 0,75% annuale

Imposte dovute a seguito di conciliazione giudiziale versate nei termini

2,75% annuo (art. 20, D.P.R. n 602/1973)

3,5% annuo dal 1° gennaio 2010

Art. 48, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546

più 0,75% annuale

Somme dovute per le imposte sulle successioni e per le imposte ipotecarie e catastali

4,5% per ogni semestre compiuto

2,5% per ogni semestre compiuto

Art. 37, comma 1, D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346

meno 2% semestrale

Nota bene: l’art. 6 del decreto 21 maggio 2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 136 del 15 giugno 2009, fissa nella misura del 3,5% annuo gli interessi dovuti per le somme versate nei termini, in caso di rinuncia all’impugnazione dell’accertamento (art. 15, D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218), accertamento con adesione (art. 8, D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218), e conciliazione giudiziale (art. 48, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546). Invece, per i pagamenti rateali, sugli importi delle rate successive alla prima, le norme relative (artt. 8 e 15, D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218 e art. 48, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546) dispongono che sono dovuti gli interessi legali del 3% annuo fino al 31 dicembre 2009, dell’1% annuo dal 1° gennaio 2010 e dell’1,5% annuo dal 1° gennaio 2011.

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Seminario “Sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 51 Compensazioni nel Mod. F24 in caso di debiti iscritti a ruolo scaduti

di Salvina Morina (*) e Tonino Morina (**) (*) Esperto fiscale (**) Esperto fiscale – professore della Scuola Superiore di Economia e Finanze di Roma

LA NOVITA’ Dal 18 febbraio 2011, è ufficiale il blocco delle compensazioni nell’F24 in caso di debiti erariali scaduti iscritti a ruolo per un importo superiore a 1.500 euro. Si rischiano sanzioni del 50% e diventa complicato anche ravvedersi, soprattutto perché, a causa delle novità in tema di sanzioni, il contribuente deve stare attento a determinare la giusta misura per rimediare all’eventuale errore. Per l’Agenzia delle Entrate, il divieto di compensare i crediti scatta in caso di debiti scaduti iscritti a ruolo, di importo superiore a 1.500 euro, per imposte erariali, cioè IVA, IRPEF, IRES, IRAP, ritenute alla fonte e addizionali sui tributi diretti, nonché le altre imposte indirette, quali l’imposta di registro, le imposte di successione e donazione.

Riferimenti –·Ministro dell’Economia e delle finanze, decreto 10 febbraio 2011 –·Agenzia Entrate, circolare 15 febbraio 2011, n. 4/E –·Agenzia Entrate, risoluzione 21 febbraio 2011, n. 18/E –·D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 31 –·D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17, comma 1

Con qualche mese di ritardo, è stato pubblicato il provvedimento che detta le regole sul blocco delle compensazioni dei crediti nel modello F24 in caso di cartelle di pagamento definitive con debiti erariali scaduti. E’ stato infatti approvato l’atteso decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze 10 febbraio 2011, pubblicato sulla G.U. n. 40 del 18 febbraio 2011, emanato a seguito della Manovra 2010 (art. 31, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122), che ha per titolo “Preclusione alla autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi”. Il comma 1 del richiamato art. 31 stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, la compensazione dei crediti di cui all’art. 17, comma 1, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, relativi alle imposte erariali, è vietata fino a concorrenza dell’importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento. Il divieto alla compensazione fino a concorrenza dell’importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo, si aggiunge alla “stretta” dei crediti IVA

introdotta con effetto dal 2010. Le cartelle per le quali è in corso un pagamento a rate non si considerano debiti erariali scaduti. Attenzione Per l’Agenzia delle Entrate, il divieto di compensare i crediti scatta in caso di debiti scaduti iscritti a ruolo, di importo superiore a 1.500 euro, per imposte erariali, cioè IVA, IRPEF, IRES, IRAP, ritenute erariali e addizionali sui tributi diretti, nonché le altre imposte indirette, quali l’imposta di registro, le imposte di successione e donazione. Una conferma in questo senso è nella circolare 4/E del 15 febbraio 2011, nel punto in cui, al paragrafo 11 “Preclusione alla autocompensazione in presenza di debito su ruoli definitivi”, l’Agenzia afferma che “Quanto ai tributi cui fa riferimento, devono intendersi, ad esempio, le imposte dirette, l’imposta sul valore aggiunto e le altre imposte indirette, con esclusione, quindi, dei tributi locali e dei contributi di qualsiasi natura”. Al riguardo, però, l’Agenzia delle Entrate, oltre a fornire i chiarimenti indispensabili sulle nuove regole, dovrà chiarire sia quali sono le “altre imposte indirette”, sia quali sono esattamente le addizionali sui tributi diretti.

Mod. F24 accise per lo scambio crediti con debiti a ruolo

Lo scambio crediti con debiti a ruolo va fatto nel modello “F24 accise”, che è reperibile esclusivamente in formato elettronico sul sito Internet www.agenziaentrate.gov.it. Con la risoluzione n. 18/E del 21 febbraio 2011, l’Agenzia delle Entrate ha istituito il codice tributo da indicare nell’F24 accise in caso di compensazione di crediti con debiti iscritti a ruolo. Si tratta del codice tributo RUOL, denominato “Pagamento mediante compensazione delle somme iscritte a ruolo per imposte erariali e relativi accessori – art. 31, comma 1, decreto legge 31 maggio 2010, n. 78”. Nel modello “F24 Accise”, il codice è esposto nella sezione “Accise/Monopoli ed altri versamenti non ammessi in compensazione”, in corrispondenza degli “importi a debito versati”. Nella stessa sezione, nel campo “ente”, si indica la lettera “R”. Nel campo “prov.” si indica la sigla della Provincia di competenza dell’agente della riscossione presso il quale il debito risulta in carico. Il campo “codice identificativo”, il

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Seminario “Sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 52 campo “mese” e il campo “anno di riferimento” non devono essere compilati.

Stretta dei crediti IVA dal 2010

Nel 2009, con effetto dal 2010, sono state introdotte delle norme con l’obiettivo di rendere più rigorosi i controlli per contrastare il fenomeno legato alle compensazioni di crediti IVA inesistenti (art. 10, D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102). La stretta sulle compensazioni dei crediti IVA annuali o infrannuali riguarda solo i casi in cui il contribuente compensa nel modello F24 il credito IVA con i versamenti di altri tributi, contributi e premi. Le norme sono invece irrilevanti nel caso in cui il contribuente esegue la vecchia compensazione “IVA da IVA”, sia se esegue la compensazione interna, senza presentare il modello F24, sia se presenta il modello F24 per evidenziare la compensazione fatta.

Compensazione del credito IVA per importi superiori a 10mila euro

La compensazione del credito IVA annuale o relativo a periodi inferiori all’anno, per importi superiori a 10mila euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale o dell’istanza da cui il credito emerge. Ad esempio… Dal 2011, il credito IVA annuale relativo al 2010, per importi superiori a 10.000 euro annui, può essere usato solo a partire dal 16 marzo 2011 (se, naturalmente, la dichiarazione annuale è presentata entro il mese di febbraio 2011), nel rispetto delle altre condizioni previste dalla norma.

Dichiarazioni con il “visto” sui crediti superiori a 15mila euro

I contribuenti, che intendono usare in compensazione crediti IVA per importi superiori a 15.000 euro annui, dovranno chiedere al responsabile del centro di assistenza fiscale l’apposizione del visto di conformità dei dati delle dichiarazioni

predisposte dalle quali emerge il credito, che sono conformi alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile. Il “visto di conformità” può essere rilasciato anche dagli iscritti negli albi dei dottori commercialisti, dei ragionieri e dei periti commerciali e dei consulenti del lavoro; dai soggetti iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la subcategoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria.

Dichiarazioni con il “visto” alternativo

E’ prevista un’alternativa al visto di conformità, che devono chiedere i contribuenti che intendono usare in compensazione crediti relativi all’IVA per importi superiori a 15.000 euro annui. L’alternatività al visto di conformità è possibile, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, cioè i soggetti collettivi, società di persone e assimilati, e società di capitali, nei casi in cui è esercitato il controllo contabile di cui all’art. 2409-bis del codice civile, che è stata cioè verificata la regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA e che è stata verificata la corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili e di queste ultime alla relativa documentazione.

Regole da seguire prima dell’utilizzo dei crediti

Come si è detto, alla stretta dei crediti IVA, introdotta con effetto dal 2010, si aggiunge, a partire dal 2011, il divieto alla compensazione dei crediti, fino a concorrenza dell’importo dei debiti iscritti a ruolo, di ammontare superiore a 1.500 euro. A seguito del provvedimento che blocca le compensazioni nel modello F24, prima di usare i crediti, il contribuente deve verificare la sua posizione con l’agente della riscossione, Equitalia o altro agente della riscossione competente per territorio, e valutare che non ci

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Seminario “Sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 53 siano debiti erariali iscritti a ruolo per importi pari o superiori a 1.500 euro. Il divieto di compensare i crediti riguarda i debiti a ruolo a titolo definitivo, a norma dell’articolo 14, del D.P.R. n. 602/1973, per imposte erariali e relativi accessori, aggi e spese per l’agente della riscossione, e per i quali è scaduto il termine per il pagamento. I crediti d’imposta spettanti al contribuente possono essere usati solo dopo avere estinto il debito iscritto a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento. Il debito iscritto a ruolo scaduto e non pagato per imposte dovute all’erario segna il punto di partenza per l’utilizzo dei crediti che si possono compensare nell’F24. A norma dell’art. 1 del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, del 10 febbraio 2011, il pagamento, anche parziale, delle somme iscritte a ruolo per imposte erariali, è effettuato dai contribuenti mediante l’esercizio in compensazione dei crediti relativi alle imposte medesime, attraverso il sistema del versamento unificato, con il modello F24. E’ possibile usare i crediti erariali per pagare debiti iscritti a ruolo per tributi erariali di qualsiasi importo, anche non scaduti. Il contribuente può perciò usare in compensazione i crediti per il versamento parziale delle pendenze maturate presso l’agente della riscossione, essendo sanzionata qualunque altra compensazione. E’ inoltre possibile usare il credito per l’estinzione dei debiti per oneri accessori, comprensivi gli aggi e le spese a favore dell’agente. Insomma, i crediti servono per estinguere, prima i debiti in cartella, poi il resto.

Attenzione Rimane libera da vincoli la compensazione dei crediti, se i debiti iscritti a ruolo non riguardano debiti di natura erariale quali, per esempio, i contributi previdenziali INPS, l’ICI, la TARSU, la TOSAP o i premi INAIL. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate dovrà chiarire se sono “liberi” da vincoli i crediti d’imposta spettanti al contribuente quali, ad esempio, i crediti per investimenti nelle aree svantaggiate o ad altro titolo. Poiché la norma prevede il divieto di compensazione dei crediti di cui all’art. 17, comma 1, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, considerato che i crediti d’imposta per investimenti o per altro titolo non sono richiamati tra i crediti di cui

al richiamato art. 17, si deve ritenere che questi particolari crediti siano utilizzabili liberamente, sempre nel rispetto degli specifici vincoli dettati dalle norme agevolative.

Sanzioni per indebite compensazioni

I contribuenti che, in presenza dei vincoli dettati dalla nuova norma, “dribblano” il divieto di usare i crediti, sono soggetti ad una sanzione del 50% in caso di indebita compensazione se esistono debiti erariali iscritti a ruolo e scaduti. Attenzione alla data in cui si commette la violazione Per determinare la giusta riduzione della sanzione in caso di ravvedimento, si deve distinguere tra violazioni commesse fino al 31 gennaio 2011 e violazioni commesse a partire dal 1° febbraio 2011. E’ stabilito che a decorrere dal 1° gennaio 2011, la compensazione dei crediti, relativi alle imposte erariali, è vietata fino a concorrenza dell’importo dei debiti, di ammontare superiore a 1.500 euro, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento (art. 31, comma 1, della Manovra 2010). In caso di inosservanza del divieto alla compensazione, si applica la sanzione del 50% dell’importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori e per i quali è scaduto il termine di pagamento fino a concorrenza dell’ammontare indebitamente compensato. E’ bene però ricordare che, con comunicato stampa del 14 gennaio 2011, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che fino alla data di pubblicazione del provvedimento, cioè fino al 18 febbraio 2011, che fissa le regole sul predetto divieto, il blocco delle compensazioni è sospeso: non saranno applicate sanzioni in presenza di compensazioni a condizione che il credito residuo copra almeno l’importo del ruolo scaduto. In pratica, le sanzioni entrano a regime dal 19 febbraio 2011.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 54 Tavola n. 1 - Le regole sui divieti alla compensazione con debiti a ruolo

Limite Divieto alla compensazione dei crediti fino a concorrenza dell’importo dei debiti iscritti

a ruolo, di ammontare superiore a 1.500 euro Le imposte erariali Il divieto di compensare i crediti scatta in caso di debiti scaduti iscritti a ruolo per

imposte erariali, cioè IVA, IRPEF, IRES, IRAP, ritenute alla fonte e le addizionali sui tributi diretti, nonché le altre imposte indirette, quali l’imposta di registro, le imposte di successione e donazione.

Pagamenti parziali per i debiti a ruolo, anche non scaduti

E’ ammesso il pagamento, anche parziale, delle somme iscritte a ruolo per imposte erariali e relativi accessori mediante la compensazione dei crediti relativi alle stesse imposte

Debiti scaduti Il divieto di compensare i crediti riguarda i debiti a ruolo a titolo definitivo, ex articolo 14, D.P.R. n. 602/1973, per imposte erariali e relativi accessori, aggi e spese per l’agente della riscossione, e per i quali è scaduto il termine per il pagamento. Le cartelle per le quali è in corso un pagamento a rate non si considerano “debiti erariali scaduti”

Cartelle di pagamento non definitive

Dal divieto alla compensazione dei crediti sono esclusi i debiti iscritti a ruolo, anche se scaduti, relativi ad accertamento dell’Ufficio non ancora definitivi (articolo 15, D.P.R. 602/1973)

Vecchie compensazioni libere” da vincoli

I contribuenti che eseguono la compensazione “vecchia” o “interna” sono esclusi da qualsiasi divieto. Restano perciò “libere”, ad esempio, le compensazioni “IVA da IVA” “IRPEF da IRPEF” “IRES da IRES”

Sanzioni del 50% per chi “dribbla” il debito

Nei confronti del contribuente che, in presenza dei debiti a ruolo scaduti, esegue compensazioni nel modello F24, si applica la sanzione del 50% dell’importo dei debiti iscritti a ruolo per imposte erariali e accessori e per i quali è scaduto il termine di pagamento, fino a concorrenza dell’ammontare indebitamente compensato

Nessuna sanzione fino al 18 febbraio 2011, data di pubblicazione del decreto, a condizione che il credito residuo copra il debito a ruolo scaduto

Con “comunicato stampa” del 14 gennaio 2011 l’agenzia delle Entrate ha affermato che fino alla data di pubblicazione del decreto, cioè fino al 18 febbraio 2011, il blocco delle compensazioni è sospeso: non saranno applicate sanzioni in presenza di compensazioni fatte, a condizione che il credito residuo copra almeno l’importo del ruolo scaduto

La lite blocca la sanzione del 50%

È esclusa la sanzione fino al momento in cui è pendente una contestazione giudiziale o amministrativa, fermo restando che la sanzione non potrà comunque essere superiore al 50% di quanto indebitamente compensato

Compensazioni del credito IVA e la “stretta” in vigore dal 2010

In tema di compensazioni con i crediti IVA, occorre considerare che dal 2010, sono state introdotte delle norme con l’obiettivo di rendere più rigorosi i controlli per contrastare il fenomeno legato alle compensazioni di crediti IVA inesistenti

Compensazione del credito IVA per importi superiori a 10mila euro

La compensazione del credito IVA annuale o relativo a periodi inferiori all’anno, per importi superiori a 10mila euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge

Dichiarazioni con il “visto” sui crediti IVA superiori a 15mila euro

I contribuenti, che intendono usare in compensazione crediti IVA per importi superiori a 15.000 euro annui, dovranno chiedere al responsabile del centro di assistenza fiscale l’apposizione del visto di conformità dei dati delle dichiarazioni predisposte dalle quali emerge il credito, che sono conformi alla relativa documentazione e alle risultanze delle scritture contabili, nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile. E’ prevista un’alternativa al visto di conformità, per i soggetti diversi dalle persone fisiche, cioè i soggetti collettivi, società di persone e assimilati, e società di capitali, nei casi in cui è esercitato il controllo contabile

Rimosso il blocco sui rimborsi minimi in presenza di debiti a ruolo fino a 1.500 euro

Dal 1° gennaio 2011 le disposizioni di cui all’articolo 28-ter del DPR 29 settembre 1973, n. 602, non operano per i ruoli di ammontare non superiore a 1.500 euro. Il richiamato articolo 28 prevede che, in caso di rimborsi spettanti al contribuente, con debiti iscritti a ruolo, l’agente della riscossione comunica all’interessato una proposta di compensazione volontaria che, di fatto, è obbligatoria perché blocca il rimborso. Ora, dal 1° gennaio 2011, la predetta norma non opera per i ruoli di ammontare non superiore a 1.500 euro, con l’effetto di “sbloccare” i mini rimborsi

ESEMPI

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 55 Applicazione della sanzione del 50% in caso di indebita compensazione dei crediti con debiti iscritti a ruolo

Debito a ruolo per imposte erariali e

accessori con termine pagamento scaduto (1)

Credito per imposte erariali

(2)

Importi compensati

(3)

Sanzione 50% sul debito delle imposte e

accessori iscritti a ruolo (4)

Sanzione 50% sull’ammontare indebitamente compensato

(5)

Sanzione applicabile

(6) (minore tra gli

importi di colonna 4 e 5)

10.000 50.000 50.000 5.000 25.000 5.000 * 10.000 50.000 5.000 5.000 2.500 2.500 * 10.000 50.000 15.000 5.000 7.500 5.000 * 10.000 50.000 4.000 5.000 2.000 2.000 *

Con comunicato stampa del 14 gennaio 2011, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che fino alla data di pubblicazione del decreto attuativo (cioè fino al 18 febbraio 2011), il blocco delle compensazioni è sospeso: non saranno applicate sanzioni in presenza di compensazioni a condizione che il credito residuo copra almeno l’importo del ruolo scaduto. Attenzione: con la circolare 13/E dell’11 marzo 2011, l’agenzia delle Entrate ha fornito degli esempi che non tengono conto del limite del 50% sull’ammontare indebitamente compensato. La norma, articolo 31, comma 1, terzo periodo, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, letteralmente stabilisce: «La sanzione non può essere applicata fino al momento in cui sull’iscrizione a ruolo penda contestazione giudiziale o amministrativa e non può comunque essere superiore al 50% di quanto indebitamente compensato; nelle ipotesi di cui al periodo precedente, i termini di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, decorrono dal giorno successivo alla data della definizione della contestazione». Negli esempi forniti dalle Entrate (nel paragrafo 7 «sanzione per indebita compensazione» della circolare 13/E/2011), la sanzione può essere superiore al 50% dell’importo compensato, come nel caso dell’indebita compensazione di 18mila euro, con la sanzione di 12.500 euro, o addirittura con la sanzione pari al 100% dell’indebita compensazione di 25mila euro, in presenza di un debito a ruolo scaduto di 70mila euro. Applicando la regola di salvaguardia i risultati, rispetto a quelli forniti dalle Entrate sono diversi:

in presenza di un debito di 25mila euro e di una compensazione pari a 18mila euro, la sanzione è di 9mila euro e non di 12.500 euro;

in presenza di un debito per 70mila euro e di compensazione per 25mila euro, la sanzione è di 12.500 euro e non di 25mila euro.

Qualora non si applicasse la norma di salvaguardia, che prevede il limite del 50% di quanto indebitamente compensato, le sanzioni potrebbero pure risultare diverse in presenza di due contribuenti che eseguono indebite compensazioni frazionate, ma di importi differenti tra di loro, anche se il totale indebitamente compensato è uguale. Proprio per l’incongruenza dei risultati a cui si perverrebbe applicando la norma nei modi indicati dall’agenzia delle Entrate, si attendono, con urgenza, nuovi chiarimenti. Ecco, di seguito, alcuni esempi di applicazione delle sanzioni per chi non rispetta il divieto alla compensazione in presenza di debiti erariali a ruolo scaduti per importi superiori a 1.500 euro, mettendo a confronto le modalità di calcolo:

indicate dall’agenzia delle Entrate nella circolare 13/E dell’11 marzo 2011;

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 56 con le modalità di calcolo che tengono conto della clausola di salvaguardia in

base alla quale “La sanzione … non può essere comunque superiore al 50 per cento di quanto indebitamente compensato”, articolo 31, comma 1, terzo periodo DL 78/2010).

Le sanzioni per chi “dribbla” il divieto (in base alle indicazioni delle Entrate, circolare 13/E/2011)

(1) (2) (3) (4)

DEBITO SCADUTO ISCRITTO A RUOLO

PER IMPOSTE ERARIALI

COMPENSAZIONI EFFETTUATE

NEL MODELLO F24

SANZIONE 50% RIFERITA AL

DEBITO SCADUTO

SANZIONE APPLICABILE

(MINORE TRA 2 E 3)

25.000 25.000 12.500 12.500 25.000 18.000 12.500 12.500 70.000 25.000 35.000 25.000 70.000 90.000 35.000 35.000 25.000 10.000 12.500 10.000

Le sanzioni per chi “dribbla” il divieto (in base alla norma che prevede: “La sanzione … non può essere comunque superiore al 50% di quanto indebitamente compensato”, articolo 31, comma 1, terzo periodo DL 78/2010)

(1) (2) (3) (4) (5) DEBITO

SCADUTO ISCRITTO A RUOLO

PER IMPOSTE ERARIALI

COMPENSAZIONI EFFETTUATE

NEL MODELLO F24

SANZIONE 50% RIFERITA AL

DEBITO SCADUTO

DI COLONNA 1

SANZIONE 50% RIFERITA

ALL’IMPORTO INDEBITAMENTE

COMPENSATO DI COLONNA 2

SANZIONE APPLICABILE

(MINORE TRA 3 E 4)

25.000 25.000 12.500 12.500 12.500 25.000 18.000 12.500 9.000 9.000 70.000 25.000 35.000 12.500 12.500 70.000 90.000 35.000 45.000 35.000 25.000 10.000 12.500 5.000 5.000

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 57 Le regole per rimediare agli errori

Unico 2011: il tipo di dichiarazione, le correzioni e integrazioni

Salvina Morina Tonino Morina

Le dichiarazioni annuali dei redditi, dell’Iva e dell’Irap possono essere oggetto di correzioni o integrazioni. La correzione si distingue dalle integrazioni, per la ragione che la dichiarazione correttiva è quella che può essere presentata entro i termini ordinari di scadenza, mentre le dichiarazioni integrative, sia se a favore del contribuente, sia se a sfavore, si presentano dopo la scadenza del termine. Nella seconda facciata del modello Unico 2011 persone fisiche, per i redditi del 2010, subito dopo l’indicazione del codice fiscale, si deve specificare il tipo di dichiarazione che si presenta, barrando le relative caselle. La prima casella “redditi” deve essere barrata se viene presentata la dichiarazione dei redditi. Ci sono poi altre caselle, da barrare in base al tipo di dichiarazione che si presenta insieme a quella dei redditi, come, ad esempio, il modello Iva 2011, per i contribuenti tenuti alla dichiarazione unificata, modello Unico 2011. La denominazione “Unico” sta per “modello unificato compensativo”; è chiamato così perché consente: • * l’unificazione di più dichiarazioni; • * di compensare i debiti e i crediti dei vari tributi, contributi e premi. La denominazione di Unico è però superata in quanto, a seguito delle novità recate dalla manovra d’estate 2009, di cui al decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, dal 2010, il modello “Unico” non è più “Unico”. Infatti, mentre fino a qualche anno fa, era possibile comprendere nell’Unico, i redditi, l’Iva, l’Irap e il modello 770, già dal 2009 l’Unico ha compreso solo l’Iva e i redditi, anche perché, dalla modulistica del 2009, si è “separata” la dichiarazione Irap, cioè il modello per l’imposta regionale sulle attività produttive. Peraltro, dopo le novità sulla stretta dei crediti Iva introdotte a partire dal 2010, ex articolo 10, del decreto legge 78/2009, per la dichiarazione annuale Iva relativa al 2009, i contribuenti che intendevano usare in compensazione, o chiedere a rimborso il credito risultante dalla dichiarazione annuale Iva, potevano non comprendere tale dichiarazione nel modello Unico, presentando la dichiarazione annuale a partire dal mese di febbraio. In questo caso, l’Unico non è più una dichiarazione unificata, perché contiene solo i redditi.

La correttiva nei termini Nella seconda facciata del modello Unico 2011 persone fisiche, per i redditi del 2010, sono presenti altre caselle che vanno barrate nel caso di dichiarazione correttiva o integrativa. Il contribuente che, dopo avere presentato la dichiarazione annuale Iva,

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 58 Irap, modello Unico compreso, si accorge di avere commesso errori o dimenticanze può presentare una dichiarazione “correttiva nei termini”, barrando sul frontespizio l’apposita casella. Può essere il caso di un contribuente che, nel mese di agosto 2011, presenta il modello Unico 2011 persone fisiche e che, prima della scadenza del termine, fissata per il 30 settembre 2011, si accorge di avere dimenticato di indicare alcuni oneri sostenuti nell’anno 2010. Egli può presentare, entro il 30 settembre 2011, in via telematica un nuovo modello Unico, completo in tutte le sue parti, che sostituisce integralmente il primo modello Unico 2011 già presentato. Nelle istruzioni per la compilazione del modello Unico 2011 persone fisiche, parte seconda “guida alla compilazione della dichiarazione”, al paragrafo 3 “compilazione del frontespizio”, alla voce “dichiarazione correttiva nei termini”, si legge che nell’ipotesi in cui il contribuente intenda, prima della scadenza del termine di presentazione, rettificare o integrare una dichiarazione già presentata, deve compilare una nuova dichiarazione, completa di tutte le sue parti, barrando la casella “Correttiva nei termini”. In tal modo è possibile esporre redditi non dichiarati in tutto o in parte ovvero evidenziare oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione, non indicati in tutto o in parte in quella precedente. I contribuenti che presentano la dichiarazione per integrare la precedente, devono effettuare il versamento della maggiore imposta, delle addizionali regionale e comunale eventualmente dovute. Se dal nuovo modello Unico risulta un minor credito dovrà essere versata la differenza rispetto all’importo del credito utilizzato a compensazione degli importi a debito risultanti dalla precedente dichiarazione. Se dal nuovo modello Unico risulta, invece, un maggior credito o un minor debito la differenza rispetto all’importo del credito o del debito risultante dalla dichiarazione precedente potrà essere indicata a rimborso, ovvero come credito da portare in diminuzione di ulteriori importi a debito.

L’integrazione di Unico a favore senza sanzioni Nel caso in cui il contribuente intende invece presentare una dichiarazione integrativa, sono previste due caselle, una che riguarda la “dichiarazione integrativa a favore” e l’altra che riguarda “la dichiarazione integrativa”, cioè quella a sfavore del contribuente. Al riguardo, nelle istruzioni per la compilazione del modello Unico 2011 persone fisiche, parte seconda “guida alla compilazione della dichiarazione”, al paragrafo 3 “compilazione del frontespizio”, alla voce “integrazione della dichiarazione”, si legge che scaduti i termini per la presentazione della dichiarazione, il contribuente può rettificare o integrare la stessa presentando, secondo le stesse modalità previste per la dichiarazione originaria, una nuova dichiarazione completa di tutte le sue parti, su modello conforme a quello approvato per il periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione. Presupposto per poter presentare la dichiarazione integrativa è che sia stata validamente presentata la dichiarazione originaria. Per quanto riguarda quest’ultima, si ricorda che sono considerate valide anche le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dal termine di scadenza, fatta salva l’applicazione delle sanzioni.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 59 Il contribuente che segnala nel frontespizio di presentare una “dichiarazione integrativa a favore”, barrando la relativa casella, specifica infatti che sta presentando una dichiarazione a favore dopo la scadenza del termine. La dichiarazione a favore del contribuente può riguardare errori od omissioni contenuti nel modello Unico 2010 presentato entro il 30 settembre 2010 (differito al 5 ottobre 2010 a causa di un guasto ai servizi telematici) in via telematica. La rettifica a favore del contribuente che, per esempio, si è dimenticato di indicare oneri sostenuti o versamenti effettuati nel modello Unico 2010 presentato lo scorso anno nei termini, non è soggetta a sanzioni perché riguarda una dichiarazione “bonaria”: il contribuente, cioè, corregge una dichiarazione nella quale ha pagato più di quanto doveva. La correzione si esegue, presentando il modello Unico 2010, entro il 30 settembre 2011, barrando la casella “dichiarazione integrativa a favore” e senza pagare alcuna sanzione. Le sanzioni sono infatti previste per chi, non avendo presentato la dichiarazione, la presenta entro 90 giorni o per chi paga meno del dovuto. Non è invece punibile chi ha pagato più del dovuto e, prima di presentare la dichiarazione relativa all’anno successivo, in questo caso prima di presentare il modello Unico 2011, per i redditi del 2010, chiede la rettifica della precedente dichiarazione presentata nei termini. Nelle richiamate istruzioni per la compilazione del modello Unico 2011 persone fisiche, parte seconda “guida alla compilazione della dichiarazione”, al paragrafo 3 “compilazione del frontespizio”, alla voce “dichiarazione integrativa a favore”, si legge che questa casella deve essere barrata nei seguenti casi:

presentazione di una dichiarazione integrativa, a norma dell’articolo 2, comma 8 bis, del Dpr 322 del 1998, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, per correggere errori od omissioni, che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito; in questo caso l’eventuale credito risultante da tale dichiarazione può essere usato in compensazione a norma del decreto legislativo 241/1997, ovvero richiesto a rimborso;

presentazione di una dichiarazione integrativa, a norma dell’articolo 2, commi 8 e 8 bis, del Dpr 322 del 1998, per la correzione di errori od omissioni non rilevanti per la determinazione della base imponibile, dell’imposta, né per il versamento del tributo e che non siano di ostacolo all’esercizio dell’attività di controllo.

L’integrazione di Unico a sfavore con sanzioni e interessi Il contribuente che segnala nel frontespizio di presentare una “dichiarazione integrativa”, specifica infine che sta presentando una dichiarazione a suo sfavore, cioè con l’indicazione di maggiori somme dovute. In proposito, nelle istruzioni per la compilazione del modello Unico 2011 persone fisiche, parte seconda “guida alla compilazione della dichiarazione”, al paragrafo 3 “compilazione del frontespizio”, alla voce “dichiarazione integrativa”, si legge che questa casella deve essere barrata in caso di presentazione di una dichiarazione integrativa:

nelle ipotesi di ravvedimento previste all’articolo 13 del decreto legislativo 472/1997, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo; può essere il caso, ad esempio, di un contribuente che ha presentato nei termini l’Unico 2010 e intende integrarlo per indicare alcuni redditi che aveva

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 60 omesso in sede di presentazione di Unico 2010; questa dichiarazione può essere presentata entro il 30 settembre 2011, sempreché non siano iniziati accessi, ispezioni o verifiche; sono dovuti i maggiori tributi, le sanzioni in misura ridotta e gli interessi;

nell’ipotesi prevista dall’articolo 2, comma 8, del Dpr 322 del 1998, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un minore reddito o, comunque, da cui consegua un minore debito d’imposta o un maggiore credito e fatta salva l’applicazione delle sanzioni; per le maggiori somme dovute, scaduti i termini per fruire della riduzione delle sanzioni in caso di ravvedimento entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo, le somme dovute, se non versate, le sanzioni e gli interessi saranno chiesti dall’agenzia delle Entrate e dagli istituti previdenziali per gli eventuali contributi dovuti.

Nel caso di presentazione della “dichiarazione integrativa”, è necessario evidenziare nella stessa quali quadri o allegati della dichiarazione originaria sono oggetto di aggiornamento e quali non sono stati invece modificati.

Pertanto, nelle caselle relative ai quadri compilati presenti nel riquadro “Firma

della dichiarazione” e nelle caselle presenti nel riquadro “Tipo di dichiarazione” del

frontespizio della dichiarazione integrativa, in sostituzione della barratura, dovrà

essere indicato uno dei seguenti codici:

“1” quadro o allegato compilato senza modifiche sia nella dichiarazione originaria sia nella dichiarazione integrativa; “2” quadro o allegato compilato nella dichiarazione integrativa, ma assente o compilato diversamente nella dichiarazione originaria ; “3” quadro o allegato presente nella dichiarazione originaria ma assente nella dichiarazione integrativa.

Le dichiarazioni “a favore”, “a sfavore” e quelle “dimenticate” nel cassetto Si deve rilevare che, come previsto per legge:

la dichiarazione “a favore”, cioè con crediti a favore del contribuente, può essere presentata entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo (articolo 2, comma 8 bis, Dpr 322/1998;

la dichiarazione “a sfavore”, cioè con debiti del contribuente, può invece essere presentata entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione (articolo 2, comma 8, Dpr 322 del 1998). In aggiunta alle dichiarazioni a favore e quelle a sfavore, esiste anche una terza casistica di dichiarazioni: quelle “dimenticate” nel cassetto e non presentate, di cui si viene a conoscenza magari dopo qualche anno. Negli ultimi anni, è infatti in aumento il numero delle dichiarazioni che risultano “omesse” al sistema dell’anagrafe tributaria. Sono frequenti i casi di contribuenti che, pur essendo obbligati a presentare

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 61 tutti gli anni le dichiarazioni Iva, redditi e Irap, si trovano con degli anni per i quali non le hanno presentate. Esistono anche casi di contribuenti che, avendo dimenticato di presentare una dichiarazione con importi a credito, presentano la successiva, riportando i crediti della dichiarazione omessa. In questi casi, il sistema dell’anagrafe tributaria, in sede di controllo automatizzato della dichiarazione presentata, a norma dell’articolo 36-bis del Dpr 600/1973 e dell’articolo 54-bis, del decreto Iva, Dpr 633/1972, non riconoscerà i crediti riportati in quanto non risulta presentata la dichiarazione dell’anno precedente. La conseguenza è che, con la comunicazione di irregolarità inviata dall’agenzia delle Entrate, sarà chiesto al contribuente di pagare le somme relative ai crediti “sconosciuti” al Fisco, cioè quelli riportati dalla dichiarazione “omessa”, con l’aggiunta di sanzioni e interessi. Il rimedio a queste “dimenticanze” può essere sanato presentando le dichiarazioni anche dopo qualche anno, fermi restando i poteri di controllo dell’agenzia delle Entrate in tema di regolarità dei versamenti, dei crediti e di tutti gli elementi risultanti dalle dichiarazioni presentate in ritardo e considerate “omesse” per legge, con la conseguente applicazione delle sanzioni dovute per l’omessa presentazione e per gli eventuali versamenti omessi o eseguiti in ritardo. E’ infatti previsto che la dichiarazione annuale dei redditi, dell’Iva o dell’Irap, presentata dopo 90 giorni dalla scadenza è considerata “omessa”. Il rimedio di presentare le dichiarazioni considerate “omesse” può essere conveniente per i contribuenti che hanno regolarmente pagato le somme dovute, ma che si accorgono dopo qualche anno che non è stata presentata una dichiarazione annuale. Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a 90 giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle somme dovute in base agli imponibili in esse indicati. Esistono anche casi di contribuenti, con dichiarazione “omessa” perché presentata dopo i 90 giorni, con crediti legittimamente risultanti dalla dichiarazione considerata “omessa” riportati dal contribuente nelle dichiarazioni successive. Crediti che sono stati anche usati in compensazione con i versamenti da fare. Rimangono comunque fermi i poteri dell’ufficio locale delle Entrate che può sempre controllare la legittimità dei crediti usati in compensazione, anche se risultanti da una dichiarazione omessa, perché presentata dopo i 90 giorni dalla scadenza. Al riguardo, per i contribuenti che si “dimenticano” la dichiarazione nel cassetto, valgono i chiarimenti forniti dall’agenzia delle Entrate, nella circolare 54/E del 19 giugno 2002. Per chiarezza, si riportano la domanda e la risposta relative a un contribuente che aveva eseguito i versamenti in ritardo ma non aveva presentato la dichiarazione. “Domanda. Se un contribuente procede al versamento delle imposte entro i termini di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 472 del 1997 ma non procede a sanare la violazione relativa all’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, la sanzione irrogabile rimane comunque quella fissa di cui all’articolo 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997 in quanto l’imposta risulta comunque versata dal contribuente? Risposta. Nel caso in esame è stata omessa la presentazione della dichiarazione e il versamento delle relative imposte; il contribuente provvede a regolarizzare solo il versamento delle imposte ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 472 del 1997, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione, oltre agli

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 62 interessi e alla sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 241 del 1997 …. Ovviamente, il ravvedimento è possibile se non sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche ed altre attività di accertamento delle quali il contribuente sia formalmente a conoscenza. Riguardo alla violazione relativa all’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, qualora l’imposta accertata dall’ufficio sia stata completamente versata dal contribuente e, dunque, non sono dovute maggiori imposte rispetto a quelle già versate, si applica la sanzione da 258 a 1.032 euro, ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997, aumentabile fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili. Ciò in quanto per imposta dovuta si ritiene che debba intendersi la differenza tra l’imposta accertata e quella versata a qualsiasi titolo”. Le regole previste per le dichiarazioni annuali dei redditi, valgono anche per le dichiarazioni annuali dell’Iva e dell’Irap. Insomma, per chi si è “dimenticato” di presentare la dichiarazione, che magari ha poi presentato dopo un anno, ma ha pagato tutte le somme dovute o ha chiuso la dichiarazione a credito, la sanzione applicabile varia da 258 euro a 1.032 euro. L’eventuale atto di contestazione che sarà notificato al contribuente potrà anche essere definito con la riduzione a un quarto della sanzione, o a un terzo della sanzione, con riferimento agli atti emessi a partire dal 1° febbraio 2011, effettuando il pagamento entro i 60 giorni previsti dopo la notifica dell’atto.

I tipi di ravvedimenti Sono diversi i tipi di ravvedimento individuati dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Con il ravvedimento, tenendo conto delle sanzioni applicabili per le violazioni commesse a partire dal 1° febbraio 2011, i contribuenti possono sanare:

il mancato pagamento, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, delle somme risultanti dalla dichiarazione a titolo di acconto o di saldo; attenzione: il ravvedimento è possibile solo per i tributi; non si possono cioè sanare i mancati pagamenti dei contributi Inps, anche se si versano con lo stesso modello F24;

le violazioni relative al contenuto della dichiarazione non incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo e che non ostacolano un'attività di accertamento in corso; ad esempio, l’omessa o errata indicazione dei dati rilevanti per l’individuazione del contribuente e del suo rappresentante; redazione della dichiarazione non in conformità al modello approvato dal Ministero delle Finanze;

gli errori e le omissioni nelle dichiarazioni incidenti sulla determinazione e sul pagamento del tributo; le irregolarità sanabili sono di due tipi: a) errori rilevabili in sede di liquidazione o di controllo formale delle imposte dovute a norma degli articoli 36-bis e 36-ter del Dpr 600/73; ad esempio, errori materiali e di calcolo nella determinazione degli imponibili e delle imposte; indicazione in misura superiore a quella spettante di detrazioni di imposta, di oneri deducibili o detraibili, di ritenute d’acconto e di crediti di imposta; la sanzione del 30 per cento della maggiore imposta dovuta o del minor credito usato si riduce al 3,75% (un ottavo del 30%) a condizione che, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo, venga presentata la dichiarazione integrativa e venga eseguito il pagamento della sanzione ridotta, delle imposte dovute e degli interessi;

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 63 b) errori ed omissioni non rilevabili in sede di liquidazione o di controllo formale delle imposte dovute a norma degli articoli 36-bis e 36-ter del Dpr 600/73; ad esempio, omessa o errata indicazione di redditi; errata determinazione di redditi, esposizione di indebite detrazioni d’imposta ovvero di indebite deduzioni dall’imponibile; la sanzione del 100% della maggiore imposta dovuta o della differenza del credito spettante si riduce al 12,5 per cento (un ottavo del 100%) a condizione che, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno successivo, venga presentata la dichiarazione integrativa e venga eseguito il pagamento della sanzione ridotta, delle imposte dovute e degli interessi;

la mancata presentazione della dichiarazione entro il termine prescritto.

Entro 90 giorni la sanzione minima di 258 euro si riduce a un decimo I contribuenti che presentano l’Unico entro 90 giorni dalla scadenza possono valersi del ravvedimento spontaneo previsto dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, come modificato dall’articolo 1, comma 20, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (cosiddetta legge di stabilità 2011). La lettera c) del suo comma 1 dispone: “La sanzione è ridotta, sempreché la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza … ad un decimo del minimo di quella prevista per l’omissione della presentazione della dichiarazione, se questa viene presentata con ritardo non superiore a novanta giorni ….”.

Due sanzioni per l’Unico completo in ritardo Per i contribuenti che presentano l’Unico in ritardo, ma entro novanta giorni dalla scadenza, sono quindi applicabili tante distinte sanzioni per ogni dichiarazione compresa nella dichiarazione unificata. Le sanzioni possono essere anche due. Si può fare l’esempio di una persona fisica che, non presentando l’Unico 2011 entro il 30 settembre 2011, lo presenta tardivamente in via telematica entro il 29 dicembre 2011. La persona fisica, titolare di partita Iva, entro la predetta data presenta un modello Unico 2011, contenente le due dichiarazioni dei redditi e dell’Iva. Per la tardiva presentazione delle due dichiarazioni, tenuto conto che la sanzione applicabile è di 258 euro per ciascuna dichiarazione, ha diritto alla riduzione a un decimo del minimo di ciascuna sanzione. Deve quindi la sanzione minima di 25 euro, cioè un decimo di 258 euro, con troncamento dei decimali, per ogni dichiarazione presentata tardivamente, in totale 50 euro. Nei confronti dei contribuenti, che non pagano la penalità ridotta ad un decimo del minimo per ciascuna dichiarazione presentata tardivamente, sempre entro i novanta giorni dal termine originario di scadenza, è applicabile il cumulo giuridico, che è invece escluso in caso di ravvedimento spontaneo. Resta però fermo che, anche in caso di applicazione del cumulo giuridico, l’eventuale definizione agevolata può essere fatta pagando comunque un importo non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo. Infatti, l’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 472/97, come modificato dall’articolo 1, comma 20, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (cosiddetta legge di stabilità 2011), stabilisce che, con riferimento agli atti emessi a partire dal 1° febbraio 2011, «È ammessa definizione agevolata con il pagamento di

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 64 un importo pari ad un terzo della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso». Nel caso del contribuente che presenta tardivamente l’Unico entro novanta giorni dal termine di scadenza, ma non paga le sanzioni ridotte ad un decimo del minimo, la definizione agevolata comporta perciò un pagamento comunque non inferiore a un terzo del minimo. Ad esempio, se l’Unico comprende i redditi e l’Iva, la definizione agevolata può essere fatta, pagando un terzo del minimo per ciascuna dichiarazione presentata tardivamente. Il terzo del minimo corrisponde a 86 euro (un terzo di 258 euro, con troncamento dei decimali) per ciascuna dichiarazione, in totale 172 euro. È evidente che il contribuente che presenta la dichiarazione tardiva entro i novanta giorni dal termine, fa bene se paga entro lo stesso termine le due penalità ridotte ad un decimo del minimo, che corrispondono complessivamente a 50 euro (25 euro, cioè un decimo di 258 euro con troncamento dei decimali, per due).

Pagamento sanzioni con il modello F24 Il contribuente persona fisica che presenta tardivamente in via telematica l’Unico 2011 persone fisiche, comprendente le due dichiarazioni, dei redditi e dell’Iva, deve versare le relative penalità con il modello F24, sempre entro lo stesso termine del 29 dicembre 2011. Nel caso sopra esemplificato, le sanzioni da pagare e i relativi codici tributo da usare sono i seguenti: •25 euro per la dichiarazione dei redditi, a titolo di sanzione altre imposte dirette, codice tributo 8908; •25 euro per la dichiarazione Iva, a titolo di sanzione Iva, codice tributo 8904. Il contribuente, in luogo dei predetti codici tributo, può anche usare il codice 8911 «sanzione per altre violazioni tributarie» e pagare le due penalità cumulativamente, indicando il solo codice 8911. Vale sempre il principio «l’importante è pagare». Il contribuente che si ravvede, per sua e altrui memoria, fa bene a comunicare il ravvedimento eseguito all’agenzia delle Entrate, direzione provinciale o ufficio locale. Nella comunicazione può anche allegare copia del versamento relativo al ravvedimento eseguito. Per sanare la tardiva presentazione dell’Unico, comprendente le dichiarazioni dei redditi e dell’Iva, sono perciò dovuti complessivamente 50euro.

Sanzioni dal 100 al 200% per i falsi crediti senza definizione agevolata Per il calcolo delle sanzioni sui crediti inesistenti, occorre segnalare le novità recate dal comma 8 dell’articolo 10 della manovra d’estate, decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102. Esso dispone che all’articolo 27, comma 18 del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dopo il secondo periodo è aggiunto il seguente: <<Per le sanzioni previste nel presente comma, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472>>. Il richiamato comma 18 dell’articolo 27, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, stabilisce che l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è punito con la sanzione dal cento al duecento per cento della misura dei crediti stessi. L’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 472/1997, dispone che entro il termine previsto per la proposizione del

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 65 ricorso, è possibile definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un terzo (attenzione: la riduzione è ad un quarto per gli atti emessi fino al 31 gennaio 2011) della sanzione indicata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo. Il comma 2 dell’articolo 17, del decreto legislativo 472/1997, stabilisce che è ammessa definizione agevolata con il pagamento di un importo pari a un terzo della sanzione irrogata e comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, entro il termine previsto per la proposizione del ricorso. In definitiva, il contribuente che userà in compensazione crediti inesistenti, è punibile con la sanzione dal 100 al 200% della misura dei crediti stessi, sanzione che è in ogni caso esclusa dalla definizione agevolata, con la riduzione a un terzo, come prevista dai predetti articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, come modificato dall’articolo 1, comma 20, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (cosiddetta legge di stabilità 2011), con effetto dalle violazioni commesse a partire dal 1° febbraio 2011.

Atti di recupero dei falsi crediti entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo L’atto di recupero dei crediti inesistenti dovrà essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo del credito inesistente. E’ inoltre stabilito che è punito con la sanzione del 200% della misura dei crediti compensati chi utilizza crediti inesistenti per pagare somme dovute per un ammontare superiore a 50mila euro per ciascun anno solare (nuovo periodo inserito dall’articolo 7 “controlli fiscali” del decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito nella legge 9 aprile 2009, n. 33, dopo il primo periodo del comma 18 dell’articolo 27, decreto legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2).

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 66 In caso di perdono, il 30% è la base unica sulla quale calcolare le riduzioni a un

decimo (3%) o a un ottavo (3,75%) anche per le indebite compensazioni

Il Fisco “cancella” le super sanzioni

variabili dal 100 al 200 per cento

L’agenzia delle Entrate fa un regalo ai contribuenti. Con una “fine” e imprevedibile interpretazione cancella in pratica le maxi sanzioni variabili dal 100 al 200% in caso di falsi crediti e indebite compensazioni con il modello F24. La cancellazione delle super sanzioni deriva dal fatto che, sia in caso di ravvedimento, sia in caso di liquidazione automatizzata delle dichiarazioni annuali dei redditi, dell’Iva e dell’Irap, la base di riferimento sulla quale calcolare gli sconti è sempre quella del 30 per cento. Perciò, sui falsi crediti e sulle indebite compensazioni, se sanate spontaneamente, si potranno pagare le mini-sanzioni del 3% se il ravvedimento è eseguito entro 30 giorni dalla violazione, o del 3,75% se il ravvedimento è eseguito entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è commessa la violazione. Anche nei casi di controllo automatizzato delle dichiarazioni annuali dei redditi, dell’Iva e dell’Irap, sui falsi crediti e sulle indebite compensazioni è dovuta la sanzione del 30% ed è su questa base che si calcola la riduzione ad un terzo, cioè al 10% in caso di versamento entro 30 giorni (circolare 18/E del 10 maggio 2011). Perciò, per il ravvedimento “breve” o “lungo” e per il pagamento entro 30 giorni dalla comunicazione di liquidazione automatizzata della dichiarazione annuale, sui falsi crediti e sulle indebite compensazioni si applicano le stesse riduzioni previste per i tardivi od omessi versamenti. Come precisato dall’agenzia delle Entrate, nella circolare 18/E del 10 maggio 2011, al paragrafo 2, la ricezione della comunicazione di liquidazione automatizzata, che costituisce l’inizio di una attività di controllo “preclude la possibilità di avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso (e quindi di beneficiare della relativa riduzione delle sanzioni) con riferimento alle irregolarità riscontrabili con il medesimo controllo”. Al riguardo, occorre però rilevare che, di norma, la comunicazione di liquidazione automatizzata delle dichiarazioni arriva oltre il termine entro il quale è possibile eseguire il ravvedimento operoso. Ad esempio, nei primi mesi di quest’anno sono arrivate le comunicazioni di liquidazione automatizzata delle dichiarazioni presentate nel 2009, modello Unico 2009 o modello 730/2009, per i redditi dell’anno 2008. Ciò significa che, poiché il termine per ravvedere omessi o tardivi versamenti o per sanare falsi crediti o indebite compensazioni relative all’anno 2008, è scaduto, di norma, il 30 settembre 2010, nessun ravvedimento poteva comunque essere fatto dopo tale data.

Le regole sul ravvedimento Il ravvedimento “breve” o “mensile” può essere effettuato entro i 30 giorni successivi alla scadenza; il ravvedimento “lungo” o “annuale” può essere effettuato entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è commessa la violazione. In caso di ravvedimento in materia di Iva, Irap, imposte sui redditi e Ici, per sanare tardivi od omessi versamenti di tributi, così come per sanare

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 67 falsi crediti o indebite compensazioni, il contribuente compila il modello F24 nel quale indica l’importo del tributo, degli interessi, e delle sanzioni del 3% o del 3,75 per cento, cioè le nuove misure applicabili per le violazioni commesse a partire dal 1° febbraio 2011; per le violazioni commesse fino al 31 gennaio 2011, le mini-sanzioni sono riducibili al 2,5% (ravvedimento breve”) o al 3% (ravvedimento lungo).

Sanzione del 30% base unica per il calcolo degli sconti da ravvedimento Il ravvedimento per gli omessi o tardivi versamenti può riguardare solo i tributi, ma non i contributi o premi, anche se per i relativi pagamenti si usa il modello F24. Per le violazioni commesse dal 1° febbraio 2011, in tema di tardivi od omessi versamenti di tributi, così come per sanare falsi crediti o indebite compensazioni:

in caso di ravvedimento “breve”, la sanzione del 30%, che si poteva ridurre a un dodicesimo del minimo, cioè al 2,5%, si riduce a un decimo del minimo, cioè al 3%, purché il relativo versamento venga eseguito nel termine di 30 giorni dalla data della commissione della violazione;

in caso di ravvedimento “lungo”, la sanzione del 30%, che si poteva ridurre a un decimo del minimo, cioè al 3%, si riduce a un ottavo del minimo, cioè al 3,75%, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione o, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore. Sono anche dovuti gli interessi legali dell’1,5% annuo dal giorno successivo alla scadenza del pagamento, fino al giorno in cui si paga con il ravvedimento. Fino al 31 dicembre 2010, gli interessi legali sono dovuti nella misura dell’1 per cento.

Le mini - sanzioni da ravvedimento sui tardivi o omessi versamenti di tributi, nonché sui falsi crediti o indebite compensazioni

Omissione Termine

Sanzione fino al 31 gennaio

2011

SANZIONE dal 1° febbraio

2011

Pagamento Entro 30 giorni 2,5% 3%

Pagamento

Entro il termine di presentazione della

dichiarazione relativa all’anno nel corso del

quale è stata commessa la violazione

3% 3,75%

Gli sconti sulle sanzioni in caso di liquidazione

delle dichiarazioni o controlli formali Sulle dichiarazioni annuali Iva, redditi e Irap sono previsti alcuni sconti a titolo di definizione agevolata. Le regole sono quelle fissate dagli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462. Esse infatti prevedono una specifica modalità di definizione agevolata delle sanzioni per omesso o ritardato pagamento dei tributi risultanti dalle dichiarazioni, anche a seguito dei controlli automatici e formali delle stesse. In particolare, la sanzione del 30% è ridotta:

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 68 ad un terzo (e quindi al 10%) nel caso in cui le somme dovute siano pagate

entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione dell'esito della liquidazione automatica effettuata a norma degli articoli 36-bis del Dpr 600/73 e 54-bis del decreto Iva, Dpr 633/72;

a due terzi (e quindi al 20%) nei casi in cui le somme dovute siano pagate entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito del controllo formale della dichiarazione, effettuato a norma dell’articolo 36-ter del Dpr 600/73. E’ inoltre stabilito che le somme dovute per imposte sono aumentate degli interessi e non solo della sanzione ridotta a un terzo o a due terzi per pagamento eseguito entro 30 giorni. Gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione. Come si è detto, la sanzione del 30% rappresenta la base su cui calcolare, eventualmente, le riduzioni previste dall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 462/1997, in caso di pagamento delle somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione degli esiti del controllo automatizzato. Sono così cancellate le super sanzioni variabili dal 100 al 200% in caso di falsi crediti e indebite compensazioni nel modello F24.

Un rimedio per chi ha pagato di più L’interpretazione delle Entrate, che per il ravvedimento “breve” o “lungo”, sui falsi crediti e sulle indebite compensazioni si applicano le stesse riduzioni previste per i tardivi od omessi versamenti, agevola i contribuenti che hanno eseguito compensazioni in modo sbagliato. Si deve però osservare che, prima della circolare 18/E del 10 maggio 2011, molti contribuenti, che avevano eseguito indebite compensazioni, nel calcolare la sanzione dovuta, hanno preso come base di riferimento la sanzione minima prevista, quella del 100% o del 200%. Ad esempio, un contribuente che aveva eseguito una compensazione sbagliata di 1.049 euro, relativa all’anno 2008, aveva eseguito il ravvedimento lungo, pagando 104,90 euro, cioè la sanzione del 10%, commisurata ad un decimo del 100 per cento. Secondo l’agenzia delle Entrate, in base alle indicazioni contenute nella predetta circolare, lo stesso contribuente, prendendo come riferimento la sanzione del 30%, pagherebbe oggi il 10% del 30%, cioè il 3% di 1.049 euro, pari a 31,47 euro. In questo caso, il contribuente ha perciò pagato 73,43 euro in più. Questi contribuenti meritano rispetto. In questo senso, è auspicabile un intervento dell’agenzia delle Entrate.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 69 Sanzioni per omessi, tardivi versamenti, falsi crediti o indebite compensazioni, e

costo del ravvedimento “breve” o “lungo”

VIOLAZIONE

SANZIONE

RAVVEDIMENTO PER VIOLAZIONE

COMMESSA FINO AL 31 GENNAIO 2011

RAVVEDIMENTO PER VIOLAZIONE COMMESSA

DAL 1° FEBBRAIO 2011

Omesso o tardivo

versamento, o per

indebita compensazione di crediti esistenti, ma

non utilizzabili

30%

Ravvedimento “breve” 2,5%

(1/12 del 30%)

Ravvedimento “breve” 3% (1/10 del 30%)

Ravvedimento “lungo” 3%(1/10 del 30%)

Ravvedimento “lungo” 3,75% (1/8 del 30%)

Compensazione con crediti

inesistenti fino a 50 mila euro

dal 100%

al 200%

* Ravvedimento “breve” 2,5%

(1/12 del 30%)

* Ravvedimento “breve” 3% (1/10 del 30%)

* Ravvedimento “lungo” 3%

(1/10 del 30%)

* Ravvedimento “lungo” 3,75% (1/8 del 30%)

Compensazione con crediti

inesistenti per importi superiori a

50 mila euro per anno

solare

200%

* Ravvedimento “breve” 2,5%

(1/12 del 30%)

* Ravvedimento “breve” 3% (1/10 del 30%)

* Ravvedimento “lungo” 3%

(1/10 del 30%)

* Ravvedimento “lungo” 3,75% (1/8 del 30%)

ATTENZIONE: * In caso di controllo automatizzato anche le indebite compensazioni scontano la sanzione del 30% ed è su questa base che si calcola la riduzione ad un terzo, pagando cioè il 10%, oltre alle imposte e agli interessi, in caso di versamento entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione di irregolarità, di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 462/1997 (circolare 18/E del 10 maggio 2011). La sanzione del 30% rappresenta la base su cui calcolare anche le riduzioni in caso di ravvedimento; oltre ai tributi e alle mini - sanzioni, sono dovuti gli interessi dell’1,5 % a partire dal giorno successivo alla scadenza del pagamento, fino al giorno in cui si paga. Fino al 31 dicembre 2010, gli interessi sono dovuti nella misura dell’1% annuo.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 70 Modalità e tempi dei ravvedimenti spontanei a partire dalle violazioni

commesse dopo il 31 gennaio 2011 (a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 1, comma 20, della

legge 13 dicembre 2010, n. 220, cosiddetta legge di stabilità 2011)

1. Chi può chiedere il perdono I contribuenti, che omettono o eseguono tardivamente adempimenti o versamenti o commettono irregolarità nelle dichiarazioni annuali dei redditi, dell’Irap, dell’Iva, dei sostituti d’imposta (modello 770), possono valersi del ravvedimento.

2. Sanzioni ridotte per chi si pente spontaneamente

I contribuenti che si “pentono” fruiscono delle riduzioni automatiche delle sanzioni applicabili, a condizione che le violazioni oggetto di regolarizzazione non siano state già constatate e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento -inviti di comparizione, questionari, richiesta di documenti, eccetera - delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza. Insomma, il perdono deve essere spontaneo.

3. Il perdono per chi omette l’Unico 2011 “on line”

Le dichiarazioni sono considerate valide se presentate entro 90 giorni dalla scadenza del termine, ferma restando l’applicazione delle sanzioni per il relativo ritardo. Le dichiarazioni presentate dopo 90 giorni si considerano omesse ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle somme dovute in base agli imponibili indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta. Ad esempio, chi non presenta in via telematica entro il 30 settembre 2011 l’Unico 2011, può valersi del ravvedimento, in scadenza il 29 dicembre 2011.

4. Sanzioni per l’Unico 2011 presentato entro 90 giorni

I contribuenti che presentano Unico 2011 entro novanta giorni dalla scadenza del termine, per pagare le sanzioni relative alla tardiva presentazione, devono verificare quante sono le dichiarazioni presentate tardivamente, perché a ogni dichiarazione corrisponde un’autonoma sanzione. Le sanzioni possono essere anche due. Si può fare l’esempio di una persona fisica che, non presentando l’Unico 2011 entro il 30 settembre 2011, lo presenta tardivamente in via telematica entro il 29 dicembre 2011. La persona fisica, titolare di partita Iva, entro la predetta data presenta un modello Unico 2011, contenente le due dichiarazioni dei redditi e dell’Iva. Per la tardiva presentazione delle due dichiarazioni, tenuto conto che la sanzione applicabile è di 258 euro per ciascuna dichiarazione, ha diritto alla riduzione a un decimo del minimo di ciascuna sanzione. Deve quindi la sanzione minima di 25 euro, cioè un decimo di 258 euro, con troncamento dei decimali, per ogni dichiarazione presentata tardivamente, in totale 50 euro.

5. I due tipi di ravvedimento: “breve” o “lungo”

Per sanare gli omessi o tardivi versamenti dei tributi, i contribuenti dispongono di due tipi di ravvedimento, meglio conosciuti come ravvedimento “breve” e ravvedimento “lungo”. Il ravvedimento “breve” o “mensile” può essere effettuato entro i 30 giorni

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 71 successivi alla scadenza; il ravvedimento “lungo” o “annuale” può essere effettuato entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è commessa la violazione.

6. Ravvedimento “lungo” dei contribuenti di Unico

I contribuenti tenuti all’Unico 2011, sia se persone fisiche, sia se soggetti collettivi, con termine di presentazione in via telematica al 30 settembre 2011, che hanno omesso o versato tardivamente somme risultanti dalla dichiarazione relativa al 2009, Unico 2010, o degli acconti per il 2010, possono, entro la predetta data, valersi del ravvedimento spontaneo. Per questi contribuenti, il 30 settembre 2011 scade anche il termine per presentare una dichiarazione integrativa per correggere errori e omissioni commessi nella dichiarazione precedente Unico 2010.

7. Il modello Unico 2010 integrativo “on line”

I contribuenti che presentano l’Unico 2011 in via telematica, che devono rimediare a errori commessi nell’Unico 2010, devono presentare in via telematica la dichiarazione integrativa, modello Unico 2010, entro il 30 settembre 2011.

8. Per pagare si usa il modello F24

Tutti i contribuenti, comprese le persone fisiche senza partita Iva, usano il modello F24.

9. Compensabili anche le somme del perdono

Per i versamenti dovuti in seguito a ravvedimento, i contribuenti possono usare in compensazione i crediti indicati nelle dichiarazioni annuali, se non chiesti a rimborso; sono altresì compensabili i crediti previdenziali risultanti dalle denunce contributive o dalle dichiarazioni annuali, nonché i crediti spettanti al contribuente per nuove assunzioni, investimenti o altro.

10. Il perdono per i tributi

In caso di ravvedimento in materia di Iva, Irap e imposte sui redditi, per sanare omessi versamenti di tributi, il contribuente compila il modello F24 nel quale indica l’importo del tributo, degli interessi, e delle sanzioni del 3% o del 3,75 per cento, cioè delle nuove misure applicabili per le violazioni commesse a partire dal 1° febbraio 2011. Il ravvedimento per gli omessi versamenti può riguardare solo i tributi, ma non i contributi o premi, anche se per i relativi pagamenti si usa il modello F24. Chi si ravvede deve versare con lo stesso modello F24 le somme dovute, più la sanzione del 3% o del 3,75 per cento, più gli interessi legali dell’ 1,5% annuo dal giorno successivo alla scadenza del pagamento, fino al giorno di pagamento compreso. Dal 1° gennaio 2011, gli interessi legali sono applicabili nella misura dell’1,5% annuo. Fino al 31 dicembre 2010, gli interessi legali sono dovuti nella misura dell’1% annuo. Attenzione: per le violazioni commesse fino al 31 gennaio 2011, le sanzioni applicabili sono quelle del 2,5% per il ravvedimento “breve” e del 3% per il ravvedimento “lungo”.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 72 Le correzioni o integrazioni di Unico, Irap e modelli 770

Le correzioni nei termini di presentazione

Dichiarazioni correttive entro il termine per la presentazione

Nel caso cui il contribuente

intende, prima della scadenza del

termine di presentazione,

rettificare o integrare una

dichiarazione già presentata,

deve compilare una nuova

dichiarazione, completa di tutte

le sue parti, barrando la casella

“Correttiva nei termini”.

Correzioni nei termini con versamenti o con

crediti

Chi “corregge” nei termini ordinari di scadenza una dichiarazione già presentata, può riportare i redditi non dichiarati in tutto o in parte, ovvero evidenziare oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione, non indicati in tutto o in parte in quella precedente.

Correzioni con versamenti Chi presenta la dichiarazione per integrare la precedente, deve effettuare il versamento della maggiore imposta, delle addizionali regionale e comunale eventualmente dovute. Se dal nuovo modello risulta un minor credito dovrà versare la differenza rispetto all’importo del credito usato a compensazione degli importi a debito risultanti dalla precedente dichiarazione.

Correzioni con crediti Se dal nuovo modello risulta, invece, un

maggior credito o un minor debito, la

differenza rispetto all’importo del credito o del

debito risultante dalla dichiarazione

precedente potrà essere indicata a rimborso, o

come credito da portare in diminuzione di

ulteriori importi a debito.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 73 La dichiarazione presentata entro 90 giorni dalla scadenza

Entro 90 giorni, per il Fisco la

dichiarazione è “valida”

Le dichiarazioni sono

considerate valide se presentate

entro 90 giorni dalla scadenza

del termine, ferma restando

l’applicazione delle sanzioni per

il relativo ritardo. Le

dichiarazioni presentate dopo 90

giorni si considerano omesse ma

costituiscono, comunque, titolo

per la riscossione delle somme

dovute in base agli imponibili

indicati e delle ritenute indicate

dai sostituti d’imposta.

Sanzione di 258 euro, ravvedibile con il pagamento ridotto a un decimo del

minimo

Chi non presenta in via telematica entro il 30 settembre 2011 l’Unico 2011, può valersi del ravvedimento, in scadenza il 29 dicembre 2011. Chi presenta Unico 2011 entro 90 giorni dalla scadenza del termine, per pagare le sanzioni relative alla tardiva presentazione, deve verificare quante sono le dichiarazioni presentate tardivamente, perché a ogni dichiarazione corrisponde un’autonoma sanzione. Le sanzioni possono essere anche due. Si può fare l’esempio di una persona fisica che, non presentando l’Unico 2011 entro il 30 settembre 2011, lo presenta tardivamente in via telematica entro il 29 dicembre 2011. La persona fisica, titolare di partita Iva, entro la predetta data presenta un modello Unico 2011, contenente le due dichiarazioni dei redditi e dell’Iva. Per la tardiva presentazione delle due dichiarazioni, tenuto conto che la sanzione applicabile è di 258 euro per ciascuna dichiarazione, ha diritto alla riduzione a un decimo del minimo di ciascuna sanzione, con troncamento dei decimali. Deve quindi la sanzione minima di 25 euro, cioè un decimo di 258 euro, con troncamento dei decimali, per ogni dichiarazione presentata tardivamente, in totale 50 euro.

Page 74: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 74 La dichiarazione integrativa a favore entro un anno

Dichiarazioni integrative a favore entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo

E’ possibile presentare una dichiarazione integrativa, a norma dell’articolo 2, comma 8 bis, del Dpr 322 del 1998, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, per correggere errori od omissioni, che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito; in questo caso l’eventuale credito risultante da tale dichiarazione può essere usato in compensazione a norma del decreto legislativo 241/1997, ovvero richiesto a rimborso.

Nessuna sanzione per chi integra entro un anno la

precedente dichiarazione

La dichiarazione a favore del contribuente può

riguardare errori od omissioni contenuti nel

modello Unico 2010 presentato entro il 30

settembre 2010 (o entro il 5 ottobre 2010, termine

differito a causa di guasti tecnici al sistema

Entratel) in via telematica. La rettifica a favore

del contribuente che, per esempio, si è dimenticato

di indicare oneri sostenuti o versamenti effettuati

nel modello presentato lo scorso anno nei termini,

cioè entro il 30 settembre 2010 (o entro il 5

ottobre 2010), non è soggetta a sanzioni perché

riguarda una dichiarazione “bonaria”: il

contribuente, cioè, corregge una dichiarazione

nella quale ha pagato più di quanto doveva. La

correzione si esegue, presentando il modello

Unico 2010, entro il 30 settembre 2011, barrando

la casella “dichiarazione integrativa a favore” e

senza pagare alcuna sanzione. Non è infatti

punibile chi ha pagato più del dovuto e, prima di

presentare la dichiarazione relativa all’anno

successivo, in questo caso prima di presentare il

modello Unico 2011, per i redditi del 2010, chiede

la rettifica della precedente dichiarazione

presentata nei termini.

Page 75: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 75 Le dichiarazioni integrative entro un anno

per correggere errori di natura formale Dichiarazioni integrative per

correggere errori di natura formale

entro il termine previsto per la

presentazione della dichiarazione

relativa al periodo d’imposta

successivo

I contribuenti possono presentare

una dichiarazione integrativa, a

norma dell’articolo 2, comma 8 bis,

del Dpr 322 del 1998, per la

correzione di errori od omissioni non

rilevanti per la determinazione della

base imponibile, dell’imposta, né per

il versamento del tributo e che non

siano di ostacolo all’esercizio

dell’attività di controllo.

Nessuna sanzione per chi integra entro un

anno la precedente dichiarazione per

correggere errori formali

Per le irregolarità di carattere formale, è

stabilita la non applicazione di penalità se la

regolarizzazione (spontanea) avviene entro

il termine di presentazione della

dichiarazione relativa all’anno nel corso del

quale è stata commessa la violazione.

Perciò, nessuna sanzione è applicabile se

viene presentata una dichiarazione

integrativa della precedente presentata nei

termini, per correggere errori ed omissioni

non incidenti sulla determinazione dei

tributi.

Page 76: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 76 Le dichiarazioni integrative entro il quarto anno

per correggere errori di natura formale Dichiarazioni integrative per

correggere errori di natura formale

entro il 31 dicembre del quarto

anno successivo a quello in cui è

stata presentata la dichiarazione.

I contribuenti possono presentare

una dichiarazione integrativa, a

norma dell’articolo 2, comma 8, del

Dpr 322 del 1998, per la correzione

di errori od omissioni non rilevanti

per la determinazione della base

imponibile, dell’imposta, né per il

versamento del tributo e che non

siano di ostacolo all’esercizio

dell’attività di controllo.

Nessuna sanzione per chi integra

entro il 31 dicembre del quarto anno

successivo la dichiarazione

presentata per correggere errori

formali

Per le irregolarità di carattere formale,

è stabilita la non applicazione di

penalità se la regolarizzazione

(spontanea) avviene entro il 31

dicembre del quarto anno successivo

a quello in cui è stata presentata la

dichiarazione. Perciò, nessuna

sanzione è applicabile se si presenta

una dichiarazione integrativa della

precedente presentata nei termini, per

correggere errori ed omissioni non

incidenti sulla determinazione dei

tributi.

Page 77: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 77

Le integrazioni “a sfavore” fino al 31 dicembre del quarto anno

successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione

Le integrazioni a sfavore del

contribuente entro il 31 dicembre

del quarto anno successivo a quello

in cui è stata presentata la

dichiarazione.

E’ possibile presentare una

dichiarazione integrativa, a norma

dell’articolo 2, comma 8, del Dpr

322 del 1998, entro il 31 dicembre

del quarto anno successivo a quello

in cui è stata presentata la

dichiarazione, per correggere errori

od omissioni che abbiano

determinato l’indicazione di un

minore reddito o, comunque, da cui

consegua un minore debito

d’imposta o un maggiore credito e

fatta salva l’applicazione delle

sanzioni.

Scaduti i termini per il ravvedimento,

sarà il Fisco a chiedere sanzioni e

interessi.

Per le maggiori somme dovute, scaduti i

termini per fruire della riduzione delle

sanzioni in caso di ravvedimento entro il

termine per la presentazione della

dichiarazione relativa all’anno

successivo, le somme dovute, se non

versate, le sanzioni e gli interessi

saranno chiesti dall’agenzia delle

Entrate e dagli istituti previdenziali per

gli eventuali contributi dovuti.

Page 78: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 78 Modello F24 per imposte, interessi e sanzioni

I contribuenti che si ravvedono spontaneamente devono pagare con il modello F24: le imposte; gli interessi; le sanzioni. Il modello F24 consente perciò di pagare con lo stesso modello, tributi, interessi e le sanzioni dovute in seguito a ravvedimento operoso. Per il ravvedimento, è stabilito che il pagamento della sanzione ridotta deve essere eseguito contestualmente al tributo o alla differenza, se dovuti, nonché al pagamento degli interessi. Per pagamento contestuale delle somme per imposte, sanzioni e interessi, si deve intendere che tutti i pagamenti, anche se fatti in giorni diversi, devono essere eseguiti entro i termini. Deve essere chiaro che per “contestualmente” non significa che i pagamenti devono essere fatti tutti nello stesso giorno; significa invece che i pagamenti vanno comunque eseguiti nei termini, anche separatamente. Va anche detto che il termine “contestualmente” può assumere un significato diverso da quello illustrato nei dizionari della lingua italiana. Per chiarezza, si riportano i diversi significati che può assumere il termine “contestualmente”:

per la lingua italiana; per il ravvedimento fiscale; per il ravvedimento del tributo annuale dovuto alla camera di commercio.

I diversi significati del termine “contestualmente”

“Contestualmente” per la lingua italiana. Secondo il grande dizionario della lingua italiana Gabrielli, “contestualmente” significa <<nel linguaggio giuridico, in modo contestuale, contemporaneamente>>; contestuale <<nel linguaggio giuridico, detto di fatto compiuto contemporaneamente a un altro fatto e insieme collegati>>; contemporaneamente <<in modo contemporaneo, in uno stesso periodo di tempo>>. “Contestualmente” per il Fisco. Nel caso di ravvedimento per i tributi, le imposte dirette, l’Iva, le altre imposte sostitutive, le imposte di registro e le altre imposte indirette, il termine “contestualmente”, come espressamente interpretato nella circolare 180/E del 10 luglio 1998 <<non deve essere inteso nel senso che tutte le incombenze previste ai fini del ravvedimento (rimozione formale della violazione e pagamento delle somme dovute) debbano avvenire nel "medesimo giorno" ma, com’è logico che sia, entro lo stesso “limite temporale” (trenta giorni, un anno, eccetera) previsto dalla norma>>.

“Contestualmente” per la camera di commercio. Per le violazioni sul diritto camerale, il termine “contestualmente” è interpretato nel senso che tutte le incombenze previste dalla legge devono essere eseguite nel medesimo giorno, al fine di contenere i costi di riscossione gravanti sul sistema camerale. Perciò, affinché il ravvedimento ai fini del diritto camerale sia valido, è necessario che il versamento di quanto dovuto per il diritto annuale, gli interessi legali e le sanzioni, sia effettuato con un unico modello F24 e nello stesso giorno (circolare 3587/C del 20 giugno 2005, del ministero delle attività produttive).

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 79

I minimi di versamento

Tributo Non si paga fino a

Si paga a partire da

Norma di riferimento

Modello di

pagamento

Irpef e addizionali

Saldo Irpef modello Unico o 730

12 euro 13 euro Legge 23 dicembre

2005, n. 266, articolo 1,

comma 137

F24

Saldo addizionale regionale all’Irpef modello Unico o 730

12 euro 13 euro Legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, comma 137

F24

Saldo addizionale comunale all’Irpef modello Unico o 730

12 euro 13 euro Legge 23 dicembre 2005, n. 266, articolo 1, comma 137

F24

Acconto Irpef (1)

51,65 euro 52 euro Legge 23 marzo 1977, n. 97, articolo 1, comma 3

F24

Acconto Irpef redditi soggetti a tassazione separata non soggetti a ritenuta d’acconto (Unico o 730)

Non è previsto alcun limite di

esonero

si paga il 20% del reddito

Decreto legge 31 dicembre

1996, n. 669, convertito dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30, articolo 1, comma 3,

F24

Imposte sostitutive del 10% e del 20%

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 80 Imposta sostitutiva del 10% (modello

Unico)

12 euro (2) 13 euro Legge 23 dicembre 2000, n. 388, articolo 13

F24

Imposta sostitutiva del 20% (modello

Unico)

12 euro (2) 13 euro Articolo 1, comma 114 legge 244/2007, Finanziaria per il 2008

F24

Irap

Irap a saldo (modello Unico)

10,33 (3) 11 euro Decreto legislativo 15

dicembre 1997, n. 446, articolo 30, comma 4,

F24

Acconto Irap persone fisiche (1)

51,65 euro

52 euro Legge 23 marzo 1977, n. 97, articolo 1, comma 3; Decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, articolo 30, comma 3

F24

Acconto Irap società di persone e soggetti assimilati (1)

51,65 euro 52 euro Legge 23 marzo 1977, n. 97, articolo 1, comma 3; Decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, articolo 30, comma 3

F24

Acconto Irap società di capitali e soggetti assimilati (1)

20,66 euro 21 euro Legge 23 marzo 1977, n. 97, articolo 1, comma 3; Decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, articolo 30, comma 3

F24

Ires

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 81 Saldo Ires modello Unico

12 euro 13 euro Legge 23 dicembre

2005, n. 266, articolo 1,

comma 137

F24

Acconto Ires (1)

20,66 euro 21 euro Legge 23 marzo 1977, n. 97, articolo 1, comma 3

F24

Iva Saldo annuale modello Iva

10,33 (4) 11 euro Dpr 16 aprile 2003, n. 126,

articolo 3

F24

Versamento periodico mensile o trimestrale

25,82 25,83 Dpr 23 marzo 1998, n. 100,

articolo 1, comma 4,

F24

Acconto Iva 103,28 103,29 Legge 29 dicembre 1990, n. 405, articolo 6, comma 4,

F24

Ici

Ici (5) 12,00 12,01 F24

Iscrizioni a ruolo

Riscossione (6)

16,53 16,54 Dpr 16 aprile 1999, n. 129,

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 82 Note:

(1) Ai fini degli acconti Irpef, Ires e Irap, l’obbligo dell’acconto scatta se nella dichiarazione dei redditi o Irap, modello Unico, il debito d’imposta è superiore a: 51,65 euro per Irpef e Irap (persone fisiche); 51,65 euro per l’Irap di società di persone e soggetti assimilati; 20,66 euro per l’Ires e l’Irap di società di capitali ed enti soggetti all’Ires. Considerato che nelle dichiarazioni annuali gli importi sono indicati con arrotondamento all’unità di euro, l’obbligo dell’acconto scatta se nella dichiarazione dei redditi o Irap, per i predetti importi di 51,65 euro o 20,66 euro, è indicato un debito d’imposta, rispettivamente, pari o superiore a 52 euro o a 21 euro. A partire da questi importi scatta l’obbligo di versare gli acconti in una o due rate secondo le regole specifiche previste per ciascun tributo. Misura del 99% per persone fisiche e società di persone. Le persone fisiche devono l’acconto per l’anno in corso nella misura del 99% per l’Irpef e per l’Irap; le persone fisiche che pagano in due volte versano: il 40% del 99%, cioè il 39,6% entro il termine per il saldo dell’anno precedente; il 60% del 99%, cioè il 59,4%, entro novembre. Società di persone e studi associati devono l’acconto nella misura del 99% per l’Irap: chi paga in due volte deve il 40% del 99%, cioè il 39,6% entro il termine per il saldo dell’anno precedente; il 60% del 99%, cioè il 59,4%, entro novembre. Misura del 100% per società di capitali e altri soggetti Ires. I contribuenti Ires devono l’acconto per l’anno in corso nella misura del 100% per l’Irap e per l’Ires. I soggetti Ires con esercizio che coincide con l’anno solare, che pagano in due volte, devono il 40% entro il termine per il saldo dell’anno precedente; il 60% entro novembre. (2) Per le imposte sostitutive del 10% o del 20% non è previsto alcun minimo. E’ però stabilito che per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi (per il 10%, articolo 13, comma 8, legge 23 dicembre 2000, n. 388; per il 20%, articolo 1, comma 114, legge Finanziaria 2008). Di conseguenza, si applica lo stesso minimo previsto per le imposte sui redditi, cioè quello di 13 euro. (3) Ai fini Irap è stabilito che l’imposta risultante dalle dichiarazioni annuali non è dovuta o rimborsabile, se i relativi importi spettanti a ciascuna regione non superano l’importo di 10,33 euro (20mila delle vecchie lire). Con le leggi regionali il predetto importo può essere adeguato. (4) Gli importi a saldo dovuti per Iva, Irap, Irpef e relative addizionali e Ires, se versati in unica soluzione sono arrotondati all’unità di euro. Considerato che nelle dichiarazioni annuali gli importi sono indicati con

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 83 arrotondamento all’unità di euro, i versamenti si eseguono a partire da 11,00 euro (per Iva e Irap) o a partire da 13 euro (per Irpef e relative addizionali e Ires). I “minimi” di esonero sono previsti sia per il pagamento sia per il rimborso. Questo significa che il “minimo”, come esonera dal pagamento, esclude che possa essere rimborsato. Gli importi che superano il “minimo” sono dovuti o sono rimborsabili per intero. Con una modifica al comma 137, dell’articolo 1, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, Finanziaria 2006, viene disposto che sono esclusi dalla compensazione gli importi a credito risultanti dalle dichiarazioni dei redditi (Irpef, addizionali comunali e regionali all’Irpef e Ires) che non superano i dodici euro. La nuova norma, che ha effetto a partire dalle dichiarazioni da presentare nel 2008, vale anche per le dichiarazioni dei redditi presentate con il modello 730 (articolo 1, comma 223, legge 24 dicembre 2007, n. 244, pubblicata sul supplemento ordinario n. 285/L alla Gazzetta ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2007). (5) Il comma 168, dell’articolo 1 e unico della legge 27 dicembre 2006, n. 296, Finanziaria 2007, ha stabilito che, in mancanza di delibere regolamentari da parte dei Comuni, i versamenti non sono dovuti o non sono effettuati i rimborsi per gli importi fino a 12 euro. Perciò, ai fini Ici, si paga o si rimborsa a partire da 12,01 euro. L’Ici può essere versata con il modello F24 in sede di dichiarazione dei redditi, modello 730/2008 o modello Unico 2008 (articolo 37, comma 55, decreto legge 4 luglio 2006, n. 223). (6) In tema di riscossione di importi minimi, occorre tenere presente che, per ragioni di economicità dell’azione amministrativa, è disposto l’abbandono dei crediti erariali, regionali e locali di importo non superiore a 32.000 lire, pari a 16,53 euro. Lo prevede il Dpr 16 aprile 1999, n. 129. Esso stabilisce che non si fa luogo all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali di ogni specie comprensivi o costituiti solo da sanzioni amministrative o interessi, qualora l’ammontare dovuto, per ciascun credito, con riferimento ad ogni periodo d’imposta non superi l’importo fissato, in 32.000 lire, pari a 16,53 euro. Se l’importo supera le 32.000 lire, pari a 16,53 euro, si fa luogo all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione per l’intero ammontare. La norma di favore, che prevede l’abbandono dei crediti erariali, regionali e locali di importo non superiore a 32.000 lire, pari a 16,53 euro, non si applica se il credito tributario, comprensivo o costituito solo da sanzioni o interessi, derivi da ripetuta violazione, per almeno un biennio, degli obblighi di versamento concernenti lo stesso tributo. Anche per i tributi locali, è facoltà degli enti locali disporre dei minimi di versamento che possono essere anche diversi in base al tributo.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 84 Comunicazione all’intermediario solo se prevista nell’incarico

Per gli avvisi bonari di Unico, Iva e Irap,

60 giorni in più per sanare le richieste del Fisco

Tonino Morina Per le comunicazioni di irregolarità, cosiddetti “avvisi bonari”, di Unico, Iva, Irap e modelli 770, l’invio delle comunicazioni sarà fatto all’intermediario, ma solo se previsto nell’incarico di trasmissione delle dichiarazioni. Per sanare eventuali irregolarità, il contribuente che opta per l’invio dell’avviso telematico all’intermediario e alla contestuale accettazione da parte di quest’ultimo a riceverlo, avrà 60 giorni di tempo in più per procedere alla regolarizzazione, in luogo dei 30 giorni previsti in caso di comunicazione cartacea al contribuente. La doppia scelta, che va fatta in sede di presentazione della dichiarazione mediante la barratura delle caselle “Invio avviso telematico all’intermediario” e “Ricezione avviso telematico”, inserite nel frontespizio, a cura, rispettivamente, del contribuente e dell’intermediario, costituisce la condizione imprescindibile affinché l’avviso telematico sia inviato all’intermediario. Come affermato dall’agenzia delle Entrate, con il comunicato stampa del 4 novembre 2009, con la “doppia opzione” si ha un doppio beneficio: l’intermediario può gestire tutto il ciclo delle attività connesse alla dichiarazione, mentre il contribuente, oltre a godere di un termine più ampio per regolarizzare la propria posizione, può fare a meno di rivolgersi ai servizi di assistenza dell’agenzia delle Entrate. E’ infatti il professionista ad attivare direttamente l’eventuale fase di gestione delle irregolarità. Con provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate, Attilio Befera, del 3 novembre 2009, sono stati definiti il contenuto e la modalità della risposta telematica. Con la circolare n. 47/E del 4 novembre 2009 l’agenzia delle Entrate ha fornito i chiarimenti in materia. L’avvio della procedura ha già riguardato le dichiarazioni presentate nel 2008 per il periodo d’imposta 2007 per le quali è stato possibile esprimere l’opzione per la domiciliazione degli esiti del controllo automatizzato; pertanto, per le dichiarazioni nel cui frontespizio sono stata barrate le relative caselle, l’agenzia delle Entrate invierà l’avviso telematico all’intermediario, in luogo dell’invio della comunicazione cartacea al contribuente. Nella circolare 47/E, l’agenzia delle Entrate avverte che l’accettazione da parte del professionista, che ha curato la trasmissione della dichiarazione di ricevere l’avviso telematico, può essere dallo stesso revocata qualora sussistano impedimenti di natura oggettiva che ostacolano la gestione degli esiti del controllo automatizzato. In questo caso, l’intermediario deve segnalare tale evenienza mediante l’apposita funzione prevista all’interno di ENTRATEL. La segnalazione deve essere effettuata entro trenta giorni dalla ricezione dell’avviso telematico. Le cause di impossibilità oggettiva che è possibile segnalare sono individuate nelle seguenti fattispecie:

cessazione del rapporto di assistenza con il contribuente;

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 85 impossibilità a reperire il contribuente; altre rilevanti situazioni che giustificano il rifiuto dell’avviso telematico.

La tempestiva segnalazione da parte dell’intermediario comporta, per la posizione cui si riferisce l’avviso telematico, l’automatico invio della comunicazione cartacea tramite raccomandata con avviso di ricevimento direttamente al contribuente. Nel caso di gravi, ripetuti e immotivati rifiuti alla gestione degli avvisi da parte dell’intermediario, l’ufficio che constati l’insussistenza di motivazione al mancato svolgimento dell’attività procederà alla revoca dell’abilitazione al servizio ENTRATEL.

Comunicazione di Unico, Iva, Irap e modelli 770

Come si è detto, l’invio con mezzi telematici delle comunicazioni degli esiti delle dichiarazioni presentate in via telematica sarà fatto dall’agenzia delle Entrate all’intermediario, ma solo “se previsto nell’incarico di trasmissione”. Solo in questo caso, la comunicazione di irregolarità, cosiddetto avviso bonario, sarà inviata all’intermediario che ha presentato le dichiarazioni in via telematica che, di conseguenza, ha l’obbligo di informare il contribuente sugli esiti della dichiarazione, per consentirgli di regolarizzare la dichiarazione e fruire della riduzione delle sanzioni prevista dall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 462/97. E’ infatti stabilito che gli intermediari <<portano a conoscenza dei contribuenti interessati, tempestivamente e comunque nei termini di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462… gli esiti della liquidazione delle dichiarazioni contenuti nell’invito>> fatto dall’agenzia delle Entrate con mezzi telematici. Il termine di cui al richiamato articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 462/97, <<decorre dal sessantesimo giorno successivo a quello di trasmissione>> telematica dell’avviso all’intermediario incaricato.

I termini per sanare la comunicazione di irregolarità Per chiarezza, si riporta l’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 462/97. Esso stabilisce che <<L’iscrizione a ruolo non è eseguita, in tutto o in parte, se il contribuente o il sostituto d’imposta provvede a pagare le somme dovute … entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione>> inviata a seguito dei controlli automatizzati <<ovvero della comunicazione definitiva contenente la rideterminazione in sede di autotutela delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d’imposta. In tal caso, l’ammontare delle sanzioni dovute è ridotto ad un terzo e gli interessi sono dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione>>. Tenuto conto che il termine di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 462/97 è di 30 giorni, ne consegue che:

entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, gli intermediari devono portare a conoscenza dei contribuenti interessati gli esiti della liquidazione delle dichiarazioni contenuti nell’invito;

a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla trasmissione degli esiti delle dichiarazioni presentate e comunicati all’intermediario incaricato, il contribuente ha trenta giorni di tempo per regolarizzare la dichiarazione; in pratica, il termine per sanare la dichiarazione irregolare diventa di 90 giorni.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 86 Le regole per le dichiarazioni presentate “on line” dal 2008

A chi interessa

La novità riguarda le dichiarazioni annuali dei redditi, dell’Iva, dell’Irap, e dei sostituti d’imposta presentate in via telematica a partire dal 2008, da parte degli incaricati alla presentazione delle dichiarazioni “on line”.

La comunicazione “on line” all’intermediario A partire dalle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 2008, l’agenzia delle Entrate comunicherà, con mezzi telematici, all’incaricato abilitato, se previsto nell’incarico di trasmissione, le dichiarazioni che risultano irregolari in seguito alla liquidazione automatizzata.

La condizione prevista dalla norma Se previsto nell’incarico di trasmissione, l’incaricato alla presentazione telematica, entro trenta giorni dall’invito ricevuto con mezzi telematici, dovrà comunicare ai contribuenti l’esito della liquidazione della dichiarazione.

I tempi per pagare le somme dovute Il contribuente potrà regolarizzare la dichiarazione pagando le somme dovute, più le sanzioni ridotte al 10% e gli interessi, entro trenta giorni, da calcolare a decorrere dal sessantesimo giorno successivo a quello di presentazione telematica della comunicazione inviata all’incaricato. In pratica, il contribuente ha 90 giorni di tempo dalla comunicazione.

Contenuto e modalità della risposta telematica Con provvedimento del direttore dell’agenzia delle Entrate del 3 novembre 2009, sono stati definiti il contenuto e la modalità della risposta telematica (articolo 2-bis, comma 4, decreto legge 203/2005).

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 87 Gli errori formali dell’F24 sanabili senza sanzioni

Gli errori formali commessi dai contribuenti in sede di compilazione del modello F24 non sono sanzionabili. Le sviste sui codici, sui periodi di riferimento e sulla ripartizione tra più tributi dell’importo a debito o a credito indicato con un solo codice, possono essere corrette con una semplice “lettera-ravvedimento” da presentare presso un qualsiasi ufficio delle Entrate. Gli uffici devono accogliere le istanze dei contribuenti senza null’altro pretendere a condizione che gli errori commessi non incidono sul pagamento del debito tributario complessivo. I chiarimenti sulla regolarizzazione delle sviste sui modelli F24 sono contenuti nella circolare 5/E del 21 gennaio 2002. La circolare 5/E ammette che molte delle difficoltà incontrate dai contribuenti, nel predisporre correttamente i modelli F24, sono causate dal numero elevato di codici tributo. Ai problemi creati dai mille numeri dell’F24, si aggiungono quelli derivanti dalla compensazione, dalla rateazione e dalla ripartizione degli importi nelle varie sezioni del modello. La stessa circolare avverte che, in considerazione del fatto che gli uffici locali sono dotati di una procedura per correggere le dichiarazioni presentate a partire dal 1999, è stata demandata agli stessi uffici la possibilità di sanare, anche prima della liquidazione delle dichiarazioni cui i versamenti si riferiscono, alcuni errori dei contribuenti. Quest’ultima precisazione della circolare, che gli uffici possono sanare “anche preventivamente alla liquidazione” gli errori commessi dal contribuente, significa che il contribuente può sanare eventuali errori dopo la comunicazione del controllo automatizzato, sempre però a condizione che gli errori commessi non incidono sul pagamento del debito tributario complessivo. La procedura automatizzata consente di rettificare i dati presenti nelle sezioni del modello F24 “erario”, “Regioni” e “Ici ed altri tributi locali”. Gli uffici non dovranno inviare alcuna comunicazione alla struttura di gestione in quanto le funzioni a loro disposizione consentono di individuare le variazioni di imputazione delle somme pagate e di quelle compensate. L’esempio che segue riguarda un contribuente che presenta una lettera di ravvedimento all’ufficio locale delle Entrate per correggere alcuni dati erroneamente indicati nel modello F24 presentato.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 88 All’agenzia delle Entrate

direzione provinciale di Siracusa

Oggetto: istanza per la correzione di dati erroneamente indicati sul modello F24.

Il sottoscritto Rossi Mario, nato a Francofonte il 18 agosto 1953 e quivi residente in Via Roma, 23, codice fiscale RSS MRA 53M18 D768S, comunica che il 14 febbraio 2011 ha effettuato un versamento con il modello F24, per un importo pari a 570,00 euro, riportando erroneamente: * il codice tributo 4001; * e l’anno di riferimento 2010; in luogo del: * codice tributo 6001; * e dell’anno di riferimento 2011. Si tratta infatti di un versamento relativo a Iva dovuta per il mese di gennaio 2011 e non, come erroneamente indicato nel modello F24, di saldo Irpef relativo al 2010. Chiede, pertanto, di procedere alla correzione del modello per imputare le somme versate con il modello F24 di cui si allega copia, secondo le indicazioni sopra comunicate. Allegati: * copia versamento modello F24; * copia patente auto SR212XXX, rilasciata il 25 gennaio 1999 dalla Prefettura di Siracusa Francofonte, 29 giugno 2011 Firma

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 89 Il Fisco semplice non ha soppresso

la tassa annuale delle società di capitali Le semplificazioni “Tremonti” di fine 2001 hanno alleggerito diversi

adempimenti fiscali. E’ importante la scomparsa delle inutili vidimazioni e dei formalismi del passato sui libri contabili. Per essere in regola con il Fisco è sufficiente numerare progressivamente i libri e i registri in ogni pagina prima del loro utilizzo. Queste semplificazioni riguardano, in particolare, la soppressione dell’obbligo della bollatura del libro giornale, del libro degli inventari e dei registri obbligatori ai fini delle imposte dirette e dell’Iva. In verità, va anche detto che l’eccesso di semplificazioni, soprattutto con la scomparsa della bollatura iniziale dei registri, può anche agevolare comportamenti poco lineari da parte di alcuni contribuenti. Insomma, dagli assurdi rigidi formalismi del passato, con le denunce alla Procura della Repubblica per avere vidimato i registri con qualche giorno di ritardo, si è passati alle esagerate liberalizzazioni entrate in vigore dall’anno 2001, con la scomparsa della bollatura che, in alcuni casi, agevola gli evasori o i contribuenti meno diligenti. Occorre inoltre avvertire che la soppressione della numerazione e bollatura è ininfluente ai fini della tassa di concessione governativa che resta dovuta dalle società di capitali soggetti Iva per la numerazione e bollatura dei libri sociali. Le novità in materia di soppressione di adempimenti inutili e semplificazioni sono contenute nell’articolo 8 della legge 383 del 18 ottobre 2001, che ha per titolo “Primi interventi per il rilancio dell’economia”. La legge, emanata nell’ambito della manovra dei “100 giorni”, è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale 248 del 24 ottobre 2001 ed è entrata in vigore il giorno successivo. I primi chiarimenti sulla soppressione dell’obbligo di bollatura dei libri e dei registri sono stati forniti dalla circolare dell’agenzia delle Entrate 92/E del 22 ottobre 2001.

Resiste la “tassa di anno” per la numerazione e bollatura libri sociali Le semplificazioni di fine 2001 non hanno modificato la disciplina della tassa di concessione governativa dovuta per la tassa annuale forfetaria per la numerazione e bollatura dei libri sociali delle società di capitali soggetti Iva. La tassa è dovuta annualmente nella misura forfetaria di 309,87 euro, prescindendo dal numero dei libri o registri tenuti e delle relative pagine; questa misura è elevata a 516,46 euro, se il capitale o il fondo di dotazione supera, alla data del 1° gennaio, l’importo di 516.456,90 euro (un miliardo delle vecchie lire).

Tassa di anno in scadenza al 16 marzo La tassa forfetaria, cosiddetta “tassa di anno”, deve essere corrisposta entro il termine di versamento dell’Iva dovuta per l’anno precedente, quindi, per il 2011, entro il 16 marzo 2011. Per l’anno di inizio dell’attività la tassa deve essere corrisposta in “modo ordinario” prima della presentazione della relativa dichiarazione di inizio attività nella quale devono essere indicati gli estremi dell’attestazione di versamento. In “modo ordinario” significa che il pagamento della tassa per l’anno di inizio attività, detta “tassa di anno”,

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 90 deve essere effettuato sul conto corrente postale 6007; per i versamenti di competenza della Sicilia, il pagamento va eseguito sul conto corrente postale 210906. Per l’anno 2011, le società di capitali che dovevano versare l’importo forfetario annuale entro il 16 marzo 2011 dovevano usare: il modello F24 “modello di pagamento unificato”; il codice tributo 7085 “tassa annuale vidimazione libri sociali”. Nel modello F24, come anno di riferimento, indicano l’anno “2011”.

Libri sociali ancora da bollare Con le modifiche recate dall’articolo 8 della legge 383/2001 è stato perciò soppresso l’obbligo della bollatura del libro giornale, del libro degli inventari e dei registri obbligatori ai fini delle imposte dirette e dell’Iva, ferma restando la formalità di numerazione progressiva delle pagine. Sono invece esclusi dalla predetta norma agevolativa i libri sociali obbligatori previsti dagli articoli 2421 e 2490 del codice civile e ogni altro libro o registro per i quali l’obbligo della bollatura è previsto da norme speciali. Il richiamato articolo 2421 del codice civile, che si occupa dei libri sociali obbligatori, stabilisce che, oltre i libri e le altre scritture contabili prescritti nell’articolo 2214, la società deve tenere: il libro dei soci, il libro delle obbligazioni, il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, il libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione, il libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale, il libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo, il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee degli obbligazionisti. Perciò, nel caso di società che deve tenere uno o più dei predetti libri, rimane fermo l’obbligo della numerazione e bollatura.

Basta la numerazione per i registri Iva e i libri fiscali La soppressione dell’obbligo della bollatura riguarda anche i registri previsti dalle norme fiscali. Per questi registri rimane, invece, confermato l’obbligo della numerazione progressiva delle pagine che li compongono. Ad esempio, i registri Iva di cui agli articoli 23 (registro delle fatture), 24 (corrispettivi) e 25 (acquisti) del decreto Iva, Dpr 633/72, non sono più soggetti a bollatura. Per la regolare tenuta di questi registri basta perciò numerarli progressivamente in ogni pagina. La stessa semplificazione riguarda le scritture contabili previste ai fini delle imposte sui redditi. Anche per questi registri basta la numerazione progressiva delle pagine. In definitiva, sia per il libro giornale e per il libro degli inventari, sia per i registri previsti da norme tributarie, la numerazione progressiva delle pagine rimane l’unico adempimento a carico dei contribuenti. La numerazione, che deve essere eseguita direttamente dal contribuente obbligato alla tenuta delle scritture, non occorre che sia preventiva per blocchi di pagine. E’ sufficiente che il contribuente attribuisca un numero progressivo a ciascuna pagina, prima di usarla. In caso di bollatura facoltativa dei libri contabili e di bollatura obbligatoria prevista da leggi speciali rimane ferma la competenza dell’ufficio del registro delle imprese o dei notai. Nelle predette ipotesi, si applicano le regole contenute nella circolare del Ministero dell’Industria 9 gennaio 1997, n. 3407/C che, per evitare una progressività illimitata della numerazione, individua, quale

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 91 criterio più efficace per semplicità e immediatezza, quello della progressività della numerazione entro “l’anno in cui è effettuata la vidimazione”.

Per la numerazione di libri si indica l’anno contabile La numerazione del libro giornale, degli inventari e dei registri obbligatori ai fini Iva e delle imposte dirette, per i quali è stato soppresso l’obbligo di bollatura e vidimazione iniziale, e che non sono facoltativamente bollati e vidimati dal contribuente, deve essere effettuata progressivamente per ciascun anno, con l’indicazione, pagina per pagina, dell’anno cui si riferisce. Ad esempio, per il 2011 sarà 2011/1, 2011/2, eccetera. L’anno da indicare è l’anno cui fa riferimento la contabilità e non quello in cui è effettuata la stampa delle pagine. Perciò, anche se i libri contabili relativi al 2011 saranno numerati nel 2012, l’anno da indicare è il 2011. La numerazione progressiva delle pagine, che si deve effettuare prima di usarle e per ciascun anno, evita numerazioni con progressività illimitata. Per quanto riguarda la numerazione progressiva del libro degli inventari, se le relative annotazioni occupano solo poche pagine per ciascuna annualità, l’indicazione dell’anno può essere omessa (circolare 64/E del 1° agosto 2002). Bollo di 29,24 euro per inventari e giornale dei contribuenti diversi dai soggetti Irpeg Per la numerazione dei libri prescritti dal primo comma dell’articolo 2214 del codice civile, cioè del libro giornale e del libro degli inventari, è stato disposto l’aumento dell’imposta di bollo da 14,62 euro, a 29,24 euro, per ogni 100 pagine o frazione di 100 pagine (si veda la circolare 11/E del 3 aprile 2006). Questo aumento riguarda, di norma, gli imprenditori individuali e le società di persone, che sono esonerati dall’obbligo del pagamento della tassa di concessione governativa di 67 euro. L’aumento dell’imposta di bollo non riguarda però le società di capitali che, per la numerazione del libro inventari e del libro giornale, pagano in modo forfetario la tassa sulle concessioni governative. L’imposta di bollo, dovuta per la formalità di numerazione, va pagata prima che il registro sia posto in uso, cioè prima di effettuare le annotazioni sul registro. L’imposta di bollo è assolta mediante marche o bollo a punzone ovvero con il versamento da fare con il modello F23, usando il codice tributo 458T denominato “imposta di bollo su libri e registri”.

Bollo in libertà sulla prima o sull’ultima pagina Relativamente ai libri giornale e inventari per i quali è stato abolito l’obbligo della bollatura iniziale, è sufficiente che le marche o il bollo a punzone siano apposti sulla prima pagina numerata. In caso di pagamento del bollo con le marche, non è obbligatorio apporre alcuna annotazione sulla pagina in cui sono applicate le stesse marche. Per agevolare i contribuenti, l’agenzia delle Entrate, con la risoluzione 85/E del 12 marzo 2002, precisa che il contribuente è libero di apporre le marche o il bollo a punzone non solo sulla prima pagina numerata, o sulla prima pagina numerata di ogni blocco di cento, ma anche sull’ultima pagina di ciascun blocco di cento, a condizione che l’imposta di bollo sia assolta prima che il

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 92 libro sia posto in uso, cioè prima di effettuare le annotazioni sulla prima pagina numerata di ciascun blocco di cento pagine. Insomma, nella prima o nell’ultima pagina cambia poco; prevale sempre il principio “l’importante è pagare”.

L’errore formale non è sanzionabile Si deve anche osservare che l’eventuale numerazione sbagliata delle pagine dei libri contabili, così come l’errata indicazione dell’anno (ad esempio, l’anno 2011 in luogo del 2010), se non pregiudica il controllo del Fisco, non è sanzionabile perché si tratta di un errore formale. Una conferma in questo senso è nella circolare 92/E del 22 ottobre 2001. In questa circolare, al paragrafo 2.2., l’agenzia delle Entrate afferma che sono punibili con la sanzione prevista dall’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo 471/97 <<anche le violazioni delle disposizioni relative alle modalità di tenuta della contabilità di cui agli articoli 39 del Dpr n. 633 del 1972 e 22 del Dpr n. 600 del 1973, qualora ne sia derivato ostacolo all’attività di accertamento. Ove, invece, le irregolarità rilevate nei libri e nei registri siano di scarsa rilevanza e sempre che non ne sia derivato ostacolo all'accertamento delle imposte dovute, deve ritenersi non più applicabile la sanzione>> da 1.032 euro a 7.746 euro, <<riducibile fino alla metà del minimo, di cui al comma 3 dell’articolo 9 del decreto legislativo n. 471 del 1997. Quanto sopra premesso, occorre esaminare il trattamento della violazione dell'obbligo di numerazione. Tale obbligo, come preannunciato, non è stato eliminato, sicché la relativa violazione, se riconducibile a un profilo di irregolare tenuta delle scritture contabili che sia di pregiudizio per l’attività di accertamento, è sanzionabile sia se commessa prima dell’entrata in vigore della legge sia se commessa dopo, ai sensi del citato articolo 9 del decreto legislativo n. 471 del 1997. Ciò si desume indirettamente dall’articolo 7 del decreto legislativo 26 gennaio 2001, n. 32, concernente disposizioni correttive delle leggi tributarie per garantirne la coerenza con lo statuto dei diritti del contribuente, che esclude la punibilità limitatamente a violazioni che non incidono sulla determinazione della base imponibile o dell’imposta e sul versamento del tributo e che, comunque, non arrecano pregiudizio all’esercizio dell’azione di controllo. Il giudizio sulla natura meramente formale della violazione di cui si tratta deve essere, secondo i criteri interpretativi enunciati nella circolare 77/E del 3 agosto 2001, effettuato in concreto, caso per caso, al fine di valutare - anche in combinazione con eventuali altre irregolarità - la configurabilità di un pregiudizio all'esercizio del potere di controllo>>. Per quanto riguarda la numerazione progressiva del libro degli inventari, nella circolare 64/E del 1° agosto 2002, l’agenzia delle Entrate afferma che, se le relative annotazioni occupino solo poche pagine per ciascuna annualità, l’indicazione dell’anno può essere omessa. Questa indicazione vale anche per altri libri contabili quali, ad esempio, il registro dei beni ammortizzabili e i libri sociali.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 93 LE REGOLE PER LA TENUTA DEI REGISTRI

TIPO DOCUMENTO BOLLATURA

NUMERAZIONE IMPOSTA DI BOLLO

TASSA DI CONCESSIONE GOVERNATIVA

Registri Iva di cui agli articoli 23 (fatture), 24 (corrispettivi) e 25 (acquisti) del decreto Iva, Dpr 633/72

NO Progressiva prima di usare i registri

NO NO

Registro dei beni ammortizzabili e altri registri previsti da norme fiscali quali, ad esempio, il cronologico per i professionisti e le scritture contabili dei sostituti d’imposta

NO Progressiva prima di usare i registri

NO NO

Libro giornale e libro inventari NO Progressiva prima di usare i registri

Persone fisiche e società di persone: 29,24 euro per ogni 100 pagine o frazione di 100 pagine (articolo 16, tariffa, parte prima, imposta di bollo, Dpr 642/1972)

NO

Libro giornale e libro inventari NO Progressiva prima di usare i registri

Società di capitali: 14,62 euro per ogni 100 pagine o frazione di 100 pagine

(articolo 16, tariffa, parte prima, imposta di bollo, Dpr 26 ottobre 1972, n. 642)

E’ dovuta annualmente la tassa di concessione governativa nella misura di 309,87 euro, a prescindere dal numero di libri o registri e dal numero di pagine. La tassa è di 516,46 euro, se il capitale sociale o il fondo di dotazione supera, al 1° gennaio, l’importo di 516.456,90 euro (articolo 23, tariffa, Dpr 641/72).

Libri sociali di cui all’articolo 2421 del Codice civile (libro dei soci, delle obbligazioni, delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione o del consiglio di gestione, delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale o del consiglio di sorveglianza o del comitato per il controllo sulla gestione, delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo, delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee degli obbligazionisti, degli strumenti finanziari emessi)

SI Progressiva prima della bollatura presso l’ufficio del registro delle Imprese o dal notaio

14,62 euro per ogni 100 pagine o frazione di 100 pagine

Per le società di capitali si applica il predetto articolo 23, tariffa, concessioni governative, Dpr 641/72.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 94

Le sanzioni del Fisco sugli errori più frequenti

Circolare 54/E del 19 giugno 2002 17. Presentazione della dichiarazione

17.1 Dichiarazione tardiva ovvero omessa

Una sanzione per ogni dichiarazione Domanda. Si intende procedere alla regolarizzazione della tardiva presentazione (entro novanta giorni dal termine) della dichiarazione unica ai fini IRPEG, IRAP ed IVA. Occorre pagare tante sanzioni ridotte quanti sono i tributi oppure è sufficiente corrispondere una sola sanzione?

Risposta. Ai fini della regolarizzazione della tardiva presentazione della dichiarazione unificata IRPEG, IRAP ed IVA, entro novanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione, è previsto il pagamento delle sanzioni ridotte ad un ottavo del minimo, ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Nel caso in esame è necessario procedere al pagamento della sanzione nella misura ridotta di un ottavo del minimo, prevista per ciascuna delle suddette dichiarazioni presentate tardivamente. L'obbligo di presentazione in forma unificata delle dichiarazioni in oggetto è una mera modalità di adempimento dell'obbligo di presentazione, ferma restando l'autonomia di ciascuna dichiarazione, essendo il relativo obbligo previsto dalle singole leggi d'imposta. Il modello Unico, in altri termini, è un modello unificato mediante il quale è possibile presentare più dichiarazioni fiscali e in particolare la dichiarazione dei redditi, dell'IVA, dell'IRAP e dei sostituti d'imposta.

Attenzione: le misure della riduzione sono variate nel corso degli anni. Ad esempio, per le violazioni commesse a partire dal 1° febbraio 2011, la sanzione può essere ridotta a un decimo del minimo. Pertanto, la dichiarazione annuale presentata con ritardo non superiore a 90 giorni è sanabile con il pagamento di una sanzione di 25 euro (un decimo di 258 euro, con troncamento dei decimali).

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 95 Circolare 54/E del 19 giugno 2002

La sanzione per la dichiarazione dimenticata nel cassetto Domanda. Un contribuente ha omesso di presentare la dichiarazione annuale IVA relativa al 1998. Con riferimento a tale periodo egli ha effettuato, a giugno 1999, un versamento di IVA di ammontare corrispondente a quello che, secondo i registri, sarebbe il debito dell'anno 1998. Qualora in sede di accertamento induttivo l'ufficio dovesse accertare che le operazioni imponibili corrispondono effettivamente a quelle considerate dal contribuente (la cui imposta risulta versata), quale sarebbe la base di commisurazione della sanzione dal 120% al 240% prevista dall'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997?

Risposta Ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997 l'imposta dovuta è determinata computando in detrazione i versamenti effettuati relativi al periodo, il credito dell'anno precedente non chiesto a rimborso e le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni periodiche eseguite. Il medesimo articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 commina la sanzione, per l'omessa presentazione della dichiarazione ai fini dell'IVA, dal centoventi al duecentoquaranta per cento del tributo dovuto per il periodo d'imposta o per le operazioni che avrebbero dovuto formare oggetto di dichiarazione, con un minimo di 258 euro. Ne consegue che, qualora dall'accertamento induttivo emerga una imposta dovuta pari a zero per effetto del regolare versamento del tributo, dovrà essere irrogata la sanzione amministrativa nella misura stabilita dall'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 471 del 1997, da 258 a 2.065 euro, prevista per il caso in cui non sono dovute imposte.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 96 Circolare 54/E del 19 giugno 2002

Dichiarazione presentata a posta o banche da contribuente obbligato alla telematica

Domanda. Come è sanzionato il contribuente che nonostante sia obbligato a trasmettere in via telematica la dichiarazione provvede a consegnarla entro il 31 luglio ad un istituto bancario o postale che la accetta regolarmente e rilascia la prevista ricevuta?

Risposta. Le disposizioni dettate dall'articolo 3 del DPR 22 luglio 1998, n. 322, come modificato dall'articolo 3 del DPR 7 dicembre 2001 n. 435, individuano in modo tassativo le modalità di presentazione della dichiarazione che sono vincolanti per il contribuente. Per i contribuenti tenuti a utilizzare il servizio telematico, difatti, l'obbligo di presentazione della dichiarazione deve ritenersi assolto solo a seguito della corretta e tempestiva ricezione telematica della dichiarazione da parte dell'Agenzia delle Entrate. In tal caso, la prova dell'avvenuta presentazione della dichiarazione è data, ai sensi dell'articolo 3, comma 10, del DPR n. 322 del 1998, dalla comunicazione dell'Agenzia attestante la avvenuta ricezione e non dalla ricevuta della banca o posta cui sia stato erroneamente consegnato il modello cartaceo. Ne consegue che la dichiarazione resa secondo modalità diversa da quella prescritta per la categoria di appartenenza del contribuente (nel caso in esame, la dichiarazione presentata tramite banca o posta in luogo di quella da presentare obbligatoriamente in via telematica) è da ritenersi sanzionabile da 258 euro a 2.065 euro, ai sensi dell'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, in quanto la dichiarazione non è redatta in conformità al modello approvato. In tal senso devono intendersi superate le istruzioni in merito date con la circolare del 25 gennaio 2002 n. 6.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 97 Circolare 54/E del 19 giugno 2002

Versamenti eseguiti in ritardo con dichiarazione omessa

Domanda. Se un contribuente procede al versamento delle imposte entro i termini di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 472 del 1997 ma non procede a sanare la violazione relativa all'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, la sanzione irrogabile rimane comunque quella fissa di cui all'articolo 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997 in quanto l'imposta risulta comunque versata dal contribuente?

Risposta. Nel caso in esame è stata omessa la presentazione della dichiarazione e il versamento delle relative imposte; il contribuente provvede a regolarizzare solo il versamento delle imposte ai sensi dell'articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 472 del 1997, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione, oltre agli interessi e alla sanzione di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ridotta al sei per cento (ossia un quinto del trenta per cento) di ogni importo non versato. Ovviamente, il ravvedimento è possibile se non sono iniziati accessi, ispezioni, verifiche ed altre attività di accertamento delle quali il contribuente sia formalmente a conoscenza. Riguardo alla violazione relativa all'omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, qualora l'imposta accertata dall'ufficio sia stata completamente versata dal contribuente e, dunque, non sono dovute maggiori imposte rispetto a quelle già versate, si applica la sanzione da 258 a 1.032 euro, ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997, aumentabile fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili. Ciò in quanto per imposta dovuta si ritiene che debba intendersi la differenza tra l'imposta accertata e quella versata a qualsiasi titolo.

Attenzione: le misure della riduzione sono variate nel corso degli anni. Peraltro, il ravvedimento è diventato ancora più salato per le violazioni commesse dal 1° febbraio 2011. Questo per la ragione che la riduzione delle sanzioni a un dodicesimo del minimo o a un decimo del minimo applicabile per le violazioni commesse fino al 31 gennaio 2011, è passata, rispettivamente, a un decimo del minimo e a un ottavo del minimo. Ne consegue che la sanzione del 30%, per tardivo o omesso versamento, per le violazioni commesse dal 1° febbraio 2011, è del 3% per il ravvedimento “breve” (un decimo del 30%) e del 3,75% (un ottavo del 30%) per il ravvedimento lungo.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 98 17.2 Modello F24

Sanzionabile il modello F24 presentato in ritardo Domanda. È sanzionabile il contribuente che presenta in ritardo il modello F24 a saldo zero e comunque prima che sia iniziata una qualunque attività di controllo rimuovendo così la causa dell'impedimento dell'attività di controllo cui è subordinata la non sanzionabilità delle violazioni formali?

Risposta. A norma dell'articolo 19, comma 3, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, il modello di pagamento F24 deve essere presentato anche nel caso in cui il saldo finale sia pari a zero, ossia qualora le somme dovute risultino totalmente compensate. L'omessa o ritardata presentazione del modello F24 a saldo zero, determina l'applicazione, ai sensi del successivo comma 4, della sanzione amministrativa di lire 300.000 (154 euro), ridotta a lire 100.000 (51 euro) se il ritardo non è superiore a cinque giorni lavorativi. Non si applica, invece, alla violazione in esame, la causa di non punibilità di cui all'articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, modificato dal decreto legislativo 26 gennaio 2001 n. 32, in quanto non si è in presenza di violazione meramente formale bensì di violazione che arreca "pregiudizio all'esercizio delle azioni di controllo".

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 99 Identica sanzione per chi omette quattro ricevute fiscali

La quarta violazione sullo scontrino fa scattare la chiusura del negozio

Dal 1° gennaio 2008 è passato da tre a quattro il numero delle violazioni in materia di scontrino o ricevute fiscali che fanno scattare la chiusura dell’attività. Con una ulteriore novità: le violazioni devono essere commesse in giorni diversi. Ai fini della chiusura del negozio, la “dimenticanza” di emettere più scontrini nella stessa giornata “pesa” come una singola violazione. Dal 1° gennaio 2008, pertanto, la chiusura dell’attività scatta in modo automatico alla quarta violazione distintamente contestata nel corso di un quinquennio, ma in giorni diversi. La stessa sanzione è applicabile nei confronti degli artigiani che si “dimenticano” di emettere quattro ricevute fiscali in giorni diversi. Sono queste le novità recate dall’articolo 1, comma 269, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, Finanziaria 2008, che ha modificato l’articolo 12, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, cambiando la parola “tre” con “quattro” e inserendo nella norma le parole “compiute in giorni diversi”. La nuova norma che prevede la chiusura dopo la quarta “dimenticanza” In seguito alle modifiche apportate, il comma 2 dell’articolo 12 del decreto legislativo 471/97, stabilisce: “Qualora siano state contestate ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, nel corso di un quinquennio, quattro distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta fiscale o lo scontrino fiscale compiute in giorni diversi, anche se non sono state irrogate sanzioni accessorie in applicazione delle disposizioni del citato decreto legislativo n. 472 del 1997, è disposta la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività ovvero dell’esercizio dell’attività medesima per un periodo da tre giorni a due mesi. In deroga all’articolo 19, comma 7, del medesimo decreto legislativo n. 472 del 1997, il provvedimento di sospensione è immediatamente esecutivo. Se l’importo complessivo dei corrispettivi oggetto di contestazione eccede la somma di euro 50.000 la sospensione è disposta per un periodo da un mese a sei mesi”. La chiusura, che è disposta dalla direzione regionale dell’agenzia delle Entrate competente per territorio in relazione al domicilio fiscale del contribuente, deve essere notificata al contribuente, a pena di decadenza, entro sei mesi da quando è stata contestata la quarta violazione.

Chiusura possibile anche se è definita la sanzione principale Il provvedimento di sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, o dell’esercizio, prescinde dall’avvenuta irrogazione della sanzione principale.

La sanzione principale per la ricevuta o lo scontrino Per la sanzione principale in caso di mancata emissione di ricevute fiscali o scontrini fiscali, è applicabile l’articolo 6, del decreto legislativo 471/97,

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 100 recante disposizioni in tema di “violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto”. Il suo comma 3 stabilisce che se le violazioni consistono nella mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto ovvero nell’emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali, la sanzione è in ogni caso pari al cento per cento dell’imposta corrispondente all’importo non documentato. La stessa sanzione si applica in caso di omesse annotazioni su apposito registro dei corrispettivi relativi a ciascuna operazione in caso di mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali. Il successivo comma 4 dispone che la sanzione non può essere inferiore a 516 euro. Il contribuente, che riceve l’atto di contestazione con l’irrogazione della sanzione di 516 euro, può comunque fruire della definizione agevolata, pagando, entro il termine previsto per presentare il ricorso, un importo pari a un quarto della sanzione irrogata, cioè 129 euro (25% di 516 euro). Attenzione: per gli atti emessi dal 1° febbraio 2011, la sanzione è riducibile a un terzo del minimo.

La sanzione per le violazioni sullo scontrino deve essere proporzionata. In materia di sanzioni per le violazioni sullo scontrino o sulla ricevuta fiscale, manca un “minimo” che renda disapplicabile la sanzione accessoria sulla chiusura dell’esercizio. Sia in campo penalistico, sia in campo tributario, la sanzione deve essere proporzionata alla violazione. E’ infatti corretto aumentare il periodo di chiusura dell’esercizio da 1 a 6 mesi (in luogo del periodo da 3 giorni a un mese) quando i corrispettivi non documentati superano complessivamente, per le quattro violazioni constatate, l’importo di 50mila euro. Nello stesso tempo, nel rispetto del principio della proporzionalità della sanzione rispetto alla violazione commessa, si potrebbe introdurre una norma che preveda la disapplicazione della sanzione accessoria sulla chiusura dell’esercizio in caso di violazioni con corrispettivi non documentati complessivamente inferiori a 100 euro. Diversamente, c’è il rischio di penalizzare in modo esagerato i contribuenti che vendono beni di importo esiguo, spesso di importi inferiori a un euro, rispetto a quei contribuenti che vendono beni di importi rilevanti, ma che indicano nella ricevuta fiscale o nello scontrino importi inferiori, magari di qualche migliaio di euro. E’ infatti diversa la violazione commessa da un barista o da un panificatore, al quale vengono contestate quattro violazioni per importi complessivi non superiori a 100 euro, rispetto alle violazioni commesse da un commerciante di mobili che viene “scoperto” per quattro volte con omissioni di importi per 40mila euro complessivi.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 101 Domanda

Vorrei sapere qual è la sanzione applicabile in caso di mancata emissione della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale.

Risposta LA SANZIONE APPLICABILE

PER CHI “DIMENTICA” LO SCONTRINO In caso di mancata emissione di ricevute fiscali o scontrini fiscali, è applicabile l’articolo 6, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, recante disposizioni in tema di “violazione degli obblighi relativi alla documentazione, registrazione ed individuazione delle operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto”. Il suo comma 3 stabilisce che se le violazioni consistono nella mancata emissione di ricevute fiscali, scontrini fiscali o documenti di trasporto, ovvero nell’emissione di tali documenti per importi inferiori a quelli reali, la sanzione è in ogni caso pari al cento per cento dell’imposta corrispondente all’importo non documentato. La stessa sanzione si applica in caso di omesse annotazioni su apposito registro dei corrispettivi relativi a ciascuna operazione in caso di mancato o irregolare funzionamento degli apparecchi misuratori fiscali. Il successivo comma 4 dispone che la sanzione non può essere inferiore a 516 euro. Il contribuente che riceve l’atto di irrogazione sanzione può fruire della definizione della sanzione in via breve, a norma dell’articolo 16 o dell’articolo 17 del decreto legislativo 472/97, cioè, di norma, con il pagamento di un quarto della sanzione irrogata entro 60 giorni dalla notifica dell’atto. In pratica, in caso di sanzione irrogata pari a 516 euro, con la definizione in via breve, si pagherà l’importo di 129 euro (un quarto di 516 euro). Attenzione: per gli atti emessi dal 1° febbraio 2011, la sanzione è riducibile a un terzo del minimo.

Domanda Il 27 dicembre 2010, mi è stato elevato un processo verbale di constatazione per in mancato rilascio di uno scontrino fiscale. Vorrei sapere entro quanto tempo mi dovrà essere notificato l’atto di irrogazione sanzione.

Risposta I TEMPI PER LA NOTIFICA

DELL’ATTO DI IRROGAZIONE SANZIONI Le regole per la notifica dell’atto di irrogazione sanzioni per le violazioni in materia di scontrini fiscali o ricevute fiscali, sono contenute nell’articolo 16-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Esso stabilisce che <<1. L’atto di contestazione previsto dall’articolo 16, relativo alle violazioni previste dall’articolo 6, comma 3>> del decreto legislativo 471/97, cioè le violazioni in materia di scontrini o ricevute fiscali e dell’articolo 11, comma 5, dello stesso decreto legislativo 471/97 per l’omessa installazione dei registratori di cassa <<è notificato al trasgressore entro novanta giorni dalla constatazione della violazione, ovvero entro centottanta giorni se la notifica deve essere eseguita nei confronti di soggetto non residente>>.

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Domanda Il commerciante che non installa il registratore di cassa è soggetto a sanzioni?

Risposta LA SANZIONE PER CHI NON INSTALLA

IL REGISTRATORE DI CASSA La risposta è affermativa. Per l’omessa installazione del registratore di cassa è applicabile la sanzione prevista dall’articolo 11, comma 5 del decreto legislativo 471/97. Esso dispone: <<5. L’omessa installazione degli apparecchi per l’emissione dello scontrino fiscale previsti dall’articolo 1 della legge 26 gennaio 1983, n. 18, è punita con la sanzione amministrativa da lire due milioni (€ 1.032) a lire otto milioni (€ 4.131)>>. Il contribuente, al quale viene notificato l’atto di contestazione, può comunque avvalersi della definizione agevolata con il pagamento di un quarto della sanzione irrogata, entro il termine previsto per presentare ricorso, cioè, di norma, 60 giorni dalla notifica dell’atto di contestazione. Nel caso di irrogazione della sanzione minima di 1.032 euro, potrà quindi definire l’atto di contestazione, pagando entro i 60 giorni dalla notifica, l’importo di 258 euro (25% di 1.032 euro). Attenzione: per gli atti emessi dal 1° febbraio 2011, la sanzione è riducibile a un terzo del minimo.

Domanda Il commerciante che non fa eseguire l’intervento di manutenzione del registratore di cassa è soggetto a sanzioni?

Risposta LA SANZIONE PER CHI NON SISTEMA

IL REGISTRATORE DI CASSA La risposta è affermativa. Si applica l’articolo 6, comma 3, ultimo periodo, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. Esso stabilisce: <<Se non constano omesse annotazioni, la mancata tempestiva richiesta di intervento per la manutenzione è punita con sanzione amministrativa da lire cinquecentomila (€ 258) a lire quattro milioni (€ 2.065)>>.

Domanda E’ vero che il cliente, consumatore finale, che esce dal negozio o dal bar senza esibire lo scontrino fiscale non è più sanzionabile?

Risposta NESSUNA SANZIONE PER IL CLIENTE

SENZA SCONTRINO FISCALE La risposta è affermativa. L’articolo 33, comma 10, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, ha disposto, a decorrere dal 2 ottobre 2003, la soppressione dell’articolo 11, comma 6, del decreto legislativo n. 471 del 1997, concernente la sanzione applicabile al

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 103 destinatario dello scontrino o della ricevuta fiscale, che prevedeva una sanzione amministrativa da 51 a 1.032 euro nei confronti del destinatario dello scontrino fiscale e della ricevuta fiscale che, a richiesta degli organi accertatori, nel luogo della prestazione o nelle sue adiacenze, non esibiva il documento o lo esibiva con indicazione di un corrispettivo inferiore a quello reale.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 104 Le novità in tema di sanzioni per l’intermediario

Dal 1° gennaio 2007 sono state ridotte le sanzioni a carico degli intermediari, che commettono degli errori sul visto di conformità e in materia di presentazione telematica delle dichiarazioni annuali. Per le violazioni commesse dagli intermediari, in luogo delle vecchie sanzioni applicabili fino al 31 dicembre 2006, si applicheranno i principi del sistema sanzionatorio in materia tributaria. Gli stessi principi sono applicabili anche per le violazioni dei Centri di assistenza fiscale. Scompaiono così le pesanti sanzioni a carico degli intermediari per le violazioni in materia di visto di conformità o di trasmissione telematica delle dichiarazioni previste dal decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Fino al 31 dicembre 2006, a norma del suo articolo 7-bis “violazioni in materia di trasmissione telematica delle dichiarazioni”, in caso di tardiva od omessa trasmissione delle dichiarazioni da parte dei soggetti incaricati era applicabile la sanzione amministrativa da 516 euro a 5.164 euro. Questa violazione era riferita a ciascuna dichiarazione presentata in via telematica e non al “file” con il quale veniva effettuata la trasmissione. In pratica, se veniva inviato in ritardo un “file” con 50 dichiarazioni, le violazioni applicabili erano cinquanta. Con le novità previste dai commi 33 e 34 dell’articolo 1, e unico, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, Finanziaria 2007, agli intermediari si applicheranno il ravvedimento, il cumulo giuridico, nonché la definizione agevolata delle sanzioni e tutti gli altri principi e istituti del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

Sintesi delle novità Con le nuove norme, in vigore dal 1° gennaio 2007, è stabilito che:

anche il Centro di assistenza fiscale per il quale ha operato il trasgressore è obbligato solidalmente con il trasgressore stesso al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata;

per le violazioni commesse dagli intermediari si applicano i principi del sistema sanzionatorio tributario;

si applica il principio del favor rei, ma se la violazione è stata già contestata al 1° gennaio 2007, non si dà luogo a restituzione di quanto eventualmente pagato.

In base al principio del «favor rei», è stabilito che «Salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato» (articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, che ha per titolo “principio di legalità”).

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 105 Per due euro in meno il Fisco ne chiede 800

Capita che il Fisco non colleghi il versamento del contribuente al ravvedimento e che per due euro in meno di interessi si intestardisca a presentare un conto di quasi 800 euro. È quanto accaduto a un contribuente di Milano, destinatario di una cartella di pagamento sbagliata, relativa alla liquidazione automatizzata di Unico 2006, redditi 2005. Tutto nasce da un calcolo non corretto effettuato in Unico 2006, cui si è posto rimedio con una dichiarazione integrativa, presentata il 27 novembre 2006, con un debito Irpef di 545 euro. A complicare la situazione, il 7 luglio, però, era stato utilizzato un credito inesistente di 2.258 euro. Una volta emerso l’errore, il contribuente è corso ai ripari, anche se il ravvedimento è stato diviso in due tranche: 2.818,40 euro a titolo di imposta e interessi e 169,38 euro per sanzioni. Tanta puntigliosità per dire che, alla prova del nove le sanzioni sono superiori di 1,20 euro rispetto al dovuto, mentre per tributi e interessi mancano, a essere precisi, 2,82 euro. Che cosa è successo poi? I controlli automatizzati dell’agenzia non hanno classificato il ravvedimento, così che il contribuente ha ricevuto una cartella di pagamento per 3.454,56 euro. Per fortuna, c’è l’autotutela, cioè la possibilità di spiegare all’ufficio, carte alla mano, il proprio comportamento. Peccato, che qualche volta, come in questo caso, ci si scontri con un funzionario ligio ai conti, anche a costo di mettere alla prova il buon senso. Infatti l’ufficio continua a contestare un minore versamento a titolo di interessi pari a 2 euro e, pertanto, disconosce il ravvedimento per le sanzioni e gli interessi, pretendendo il pagamento delle sanzioni intere e degli interessi per circa 800 euro. Tanto zelo non sembra però supportato dalle norme perché, in tema di riscossione di importi minimi, si deve tenere presente che, per ragioni di economicità dell’azione amministrativa, è disposto l’abbandono dei crediti erariali, regionali e locali di importo non superiore a 16,53 euro. In tema di riscossione di importi minimi, occorre tenere presente che, per ragioni di economicità dell’azione amministrativa, è disposto l’abbandono dei crediti erariali, regionali e locali di importo non superiore a 32.000 lire, pari a 16,53 euro. Lo prevede il Dpr 16 aprile 1999, n. 129. Esso stabilisce che non si fa luogo all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali di ogni specie comprensivi o costituiti solo da sanzioni amministrative o interessi, qualora l’ammontare dovuto, per ciascun credito, con riferimento ad ogni periodo d’imposta non superi l’importo fissato, in 32.000 lire, pari a 16,53 euro. Se l’importo supera le 32.000 lire, pari a 16,53 euro, si fa luogo all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione per l’intero ammontare. Inoltre, si dimenticano gli insegnamenti contenuti nella lettera-circolare 195/S del 5 agosto 1998. In questo documento, si ricorda agli uffici che l’atto sbagliato è annullabile senza limiti di tempo. La lettera-circolare 195/S specifica che l’autotutela non è un optional e ricorda agli uffici i rischi che corrono in caso di liti temerarie. Infatti, il mancato esercizio dell’autotutela in caso di un atto illegittimo «può portare alla condanna alle spese dell’amministrazione con conseguente danno erariale (la cui responsabilità potrebbe essere fatta ricadere sul dirigente responsabile del mancato annullamento dell’atto)».

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 106 La rigidità del sistema di controllo del ravvedimento

può comportare richieste assurde

I controlli del Fisco “dimenticano” i ravvedimenti Salvina Morina Tonino Morina

I controlli automatici del Fisco relativi alle dichiarazione dei redditi, dell’Iva, dell’Irap e dei modelli 770, Unico compreso, si “dimenticano” i ravvedimenti. La conseguenza è che ai contribuenti arrivano le comunicazioni di irregolarità dell’agenzia delle Entrate, cosiddetti avvisi bonari, con richiesta di sanzioni e interessi, proprio per la ragione che il sistema di controllo del Fisco non riconosce il ravvedimento fatto. In questi casi, il contribuente deve fornire all’ufficio i chiarimenti ed esibire la documentazione, in mancanza della quale rischia di pagare le somme indicate nell’avviso bonario. Per fortuna, va detto che le comunicazioni del Fisco, se sbagliate, possono essere corrette da qualsiasi ufficio locale dell’agenzia delle Entrate preposto all’assistenza del contribuente.

Per un euro in meno il Fisco ne pretende diverse migliaia La precisione fino al puntiglio può costare diverse migliaia di euro. Lo sanno i

tanti emuli della signora Longari, che hanno visto sfumare premi milionari per un piccolo errore a un Telequiz, ma se n’è accorto anche un contribuente di Brescia che aveva pagato in ritardo un versamento e ha scelto il ravvedimento spontaneo, che permette di rimediare agli errori con un pagamento ridotto: ha versato l’imposta, corretta, ha aggiunto la sanzione, giusta, ma ha sbagliato per un euro il calcolo degli interessi. Risultato: il sistema di controllo dell’agenzia delle Entrate ha respinto il ravvedimento e ha chiesto le sanzioni nella misura intera. Migliaia e migliaia di euro. Possibile? Di più, reale. Perché i meccanismi automatici aiutano, tagliano i tempi, moltiplicano le operazioni, ma come tutti i cervelloni elettronici sono «stupidi»: dove finiscono la «collaborazione», la «buona fede» e la «tutela dell’affidamento» che lo Statuto del contribuente (è una legge dello stato, la 212/2000) imporrebbero ai rapporti fra chi paga e chi riscuote le tasse? Concetti troppo aerei per l’informatica.

Un euro in meno può costare 27.500 euro

Per avere un’idea del problema, basta fare due calcoli. Un versamento in ritardo di 100mila euro, grazie al «ravvedimento operoso» entro 30 giorni, fino al 1° febbraio si poteva risolvere aggiungendo 2.500 euro, più qualche spicciolo per gli interessi. Un rincaro modesto, pensato proprio per premiare l’atteggiamento del contribuente che si «ravvede» in modo «operoso», cioè attivo e collaborante. Qualsiasi proprietario di casa che si dimentica di pagare la Tarsu e si «ravvede» qualche giorno dopo la scadenza conosce questo principio, seguito anche dalla Rai che chiede una «piccola sovrattassa» (parole dello spot) a chi non paga il canone nei termini. Per il sistema del Fisco, un euro mancante fa inceppare il meccanismo e il “problema” si moltiplica, arrivando a 30mila euro (la sanzione è del 30%). In pratica, un euro in meno potrebbe costare 27.500 euro, tanto è la differenza tra 2.500 euro e 30mila euro. Un’enormità, ma soprattutto un’assurdità.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 107 Il sistema del fisco si “dimentica” che esiste l’errore scusabile

Come sempre nelle questioni fiscali, su quell’euro si possono imbastire erudite battaglie giurisprudenziali. L’«errore scusabile», previsto dalla riforma delle sanzioni (articolo 6, decreto legislativo 472/1997) ferma le penalità quando il mancato pagamento è dovuto a «obiettive condizioni di incertezza» sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme, non è questo il caso. La sanzione si ferma anche quando il fatto è commesso «per forza maggiore», ma le ragioni della matematica non possono certo essere ritenute tali. C’è però una regola semplice e chiara, scritta in «Gazzetta ufficiale» da 11 anni, che recita: «I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede» (articolo 10, comma 1 della legge 212/2000). E’ inoltre previsto che <<l’errore può ritenersi scusabile ogni volta che il contribuente abbia osservato una normale diligenza nel calcolo degli importi dovuti>>. Qualcuno potrebbe chiedersi chi abbia detto queste parole. Per fortuna, sono parole della stessa agenzia delle Entrate (circolare 12/E del 21 febbraio 2003). Ma, forse, è il caso di rinfrescare la memoria a qualche zelante funzionario degli uffici delle stesse Entrate, integrando magari la perfezione matematica del computer, cioè del cervellone elettronico «stupido».

Fino a 16,53 euro il Fisco abbandona la pretesa Si deve infine sottolineare che esiste una norma di legge che prevede l’abbandono della riscossione di importi minimi. Per ragioni di economicità dell’azione amministrativa, è infatti disposto l’abbandono dei crediti erariali, regionali e locali di importo non superiore a 32.000 lire, pari a 16,53 euro. Lo prevede il Dpr 16 aprile 1999, n. 129. Esso stabilisce che non si fa luogo all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali di ogni specie comprensivi o costituiti solo da sanzioni amministrative o interessi, qualora l’ammontare dovuto, per ciascun credito, con riferimento ad ogni periodo d’imposta non superi l’importo fissato, in 16,53 euro. Se l’importo supera questo limite, si fa luogo all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione per l’intero ammontare. La norma di favore non si applica se il credito tributario, comprensivo o costituito solo da sanzioni o interessi, derivi da ripetuta violazione, per almeno un biennio, degli obblighi di versamento concernenti lo stesso tributo. Nel caso del contribuente bresciano, aprire una lite di diverse migliaia di euro, per l’errore di un euro, è contro ogni norma di legge, ma soprattutto è contro una regola non scritta, ma sempre valida, quella del “buon senso”.

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Le regole per restituire il credito compensato in più per errore

Risoluzione n. 166/E del 4 giugno 2002 - Agenzia delle Entrate Direzione Centrale Gestione Tributi Crediti d’imposta utilizzati in compensazione in F24 in misura superiore a quanto effettivamente spettante

Sintesi: La risoluzione fornisce le istruzioni per riversare all'erario, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso (articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472), i crediti d’imposta utilizzati, in compensazione con il modello di pagamento F24, in misura superiore a quanto effettivamente spettante.

Il contribuente che ha utilizzato in compensazione con il modello di pagamento F24 crediti d’imposta in misura superiore a quanto effettivamente spettante può, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso (articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472) regolarizzare la propria posizione nel modo seguente:

versare l’importo del credito d’imposta non spettante, maggiorato degli interessi, con il modello di pagamento F24, avendo cura di indicare nella colonna “codice tributo” il codice relativo al credito d’imposta utilizzato in eccesso, nella colonna “importi a debito versati” l’importo del credito da restituire e nella colonna “anno di riferimento” l’anno d’imposta cui si riferisce il versamento;

versare la sanzione dovuta per il ravvedimento con il codice tributo 8911 “sanzioni pecuniarie per altre violazioni tributarie relative alle imposte sui redditi, alle imposte sostitutive, all’Irap e all’Iva”;

versare gli interessi legali, che sono dovuti nella misura dell’1% annuo fino al 31 dicembre 2010 e dell’1,5% annuo dal 1° gennaio 2011.

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I funzionari del fisco devono procurare gettito e non inutile contenzioso

L’Agenzia delle Entrate invita uffici e contribuenti a non litigare

Salvina Morina (*) Tonino Morina (**)

(* Esperto fiscale del Sole 24-Ore) (** Esperto fiscale del Sole 24-Ore – professore della Scuola Superiore di Economia e Finanze di Roma)

Basta con le liti. I funzionari del fisco devono procurare gettito, non contenzioso. Gli accertamenti sbagliati devono essere annullati in autotutela. Il cittadino merita rispetto, soprattutto se è un contribuente leale. Sbaglia l’ufficio che, in presenza di un accertamento infondato, magari con sentenze negative già emesse dai giudici tributari, non elimina la lite e la prosegue fino alla Cassazione. Il contenzioso deve essere gestito con cura e gli uffici devono fare di tutto per evitarlo, cercando l’intesa in sede di conciliazione giudiziale tutte le volte in cui è possibile. Gli uffici devono migliorare la sostenibilità delle pretese tributarie indicate negli accertamenti. Sono queste le principali indicazioni dell’Agenzia delle Entrate, contenute nella circolare 22/E del 26 maggio 2011, che detta le “linee – guida” per la gestione del contenzioso. Per l’Agenzia delle Entrate, sono tre i parametri per migliorare la gestione del contenzioso: 1) aumentare gli incassi da conciliazione giudiziale rispetto al 2010; 2) raggiungere gli obiettivi assegnati per gli indici di vittoria; 3) ridurre, rispetto al 2010, il numero dei ricorsi presentati alla Commissione tributaria provinciale. Sono questi i parametri in base ai quali verrà valutata l’efficacia delle misure adottate dagli uffici per eliminare liti non sostenibili.

Confermate le linee guida del 2010 in tema di contenzioso Nella “premessa” della circolare 22/E del 26 maggio 2011, le Entrate rinviano alla precedente circolare 26/E del 20 maggio 2010, con la quale sono stati definiti gli indirizzi operativi per il 2010 in materia di gestione del contenzioso. Per assicurare continuità all’azione di difesa degli interessi erariali, nella predetta circolare è specificato che il suo contenuto resta valido anche successivamente al 2010, fino a modifica o sostituzione. La nuova circolare 22/E del 2011 integra il contenuto della circolare 26/E del 2010, per definire il programma di gestione del contenzioso per il 2011.

Miglioramento della sostenibilità della pretesa tributaria La prima importante indicazione dell’Agenzia delle Entrate, nel paragrafo “miglioramento della sostenibilità della pretesa tributaria”, ricorda agli uffici che “la riduzione del contenzioso costituisce obiettivo prioritario dell’Agenzia”. Questo obiettivo si persegue prima di tutto attraverso il miglioramento della qualità degli atti notificati. Considerato che nella fase del contenzioso emergono le eventuali criticità dell’azione amministrativa, si rende indispensabile uno stretto coordinamento fra chi cura il contenzioso e gli addetti alla predisposizione degli atti impugnabili. A questo fine, l’organo consultivo interno (OCI), già attivo presso le direzioni provinciali, assolverà altresì il compito di esaminare, per tipologie, i nuovi filoni di contenzioso e, sempre per tipologia, i motivi di accoglimento dei ricorsi, avvalendosi delle funzionalità informatiche per la rilevazione delle “questioni controverse” e dei motivi

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 110 delle sentenze, delle schede di rating relative al ricorso in primo grado e alla sentenza nonché delle consuntivazioni periodiche effettuate dalla competente Direzione regionale. Gli organi consultivi interni sono stati istituiti presso le Direzioni provinciali con la funzione di supportare le decisioni più delicate nella valutazione del rating di sostenibilità delle controversie. Nell’espletamento dei loro compiti, gli organi consultivi interni potranno essere allargati alla partecipazione dei responsabili delle articolazioni interne, quali gli uffici territoriali, che curano l’istruttoria degli atti impugnabili.

Le regole da seguire in contenzioso Per le Entrate, le “linee – guida” che devono orientare la gestione del contenzioso consistono nel garantire un’efficace difesa in giudizio strettamente ancorata ai principi di legittimità e imparzialità dell’azione amministrativa, assumendo le esperienze del contenzioso come significativi parametri di misurazione della qualità degli atti impugnati oltre che degli atti in corso di emanazione, in grado di offrire determinanti contributi sia per migliorare gli indici di vittoria, sia per sviluppare la tax compliance e l’adesione agli strumenti deflativi del contenzioso. E’ importante lo sviluppo della “tax compliance”, che consiste nel livello di adesione spontanea del contribuente agli obblighi fiscali, che l’Amministrazione finanziaria può ottenere usando opportunamente due leve: da un lato il servizio, l’assistenza e le informazioni da fornire al singolo cittadino, dall’altro il contrasto all’evasione fiscale. Il miglioramento degli esiti delle controversie, quale premessa logica per la riduzione dei relativi volumi, rappresenta l’obiettivo fondamentale dell’attività contenziosa. Ciò comporta, fra l’altro, che:

va esercitata l’autotutela tutte le volte che ne ricorrono i presupposti, escludendo di resistere indebitamente in giudizio;

va tentata la conciliazione giudiziale tutte le volte in cui appaia possibile e probabile. Prima di predisporre le controdeduzioni in primo grado, gli uffici devono valutare, previo esame dei motivi del ricorso, il grado o rating di sostenibilità della controversia, per verificare l’eventuale esistenza dei presupposti per l’autotutela o la conciliazione giudiziale, totali o parziali.

Contenzioso: se lo conosci, lo eviti E’ certo che litigare non conviene mai, soprattutto quando di mezzo ci sono gli uffici dell’Agenzia delle Entrate. Ciò per la ragione che, in caso di compensazione delle spese di giudizio, il contribuente deve sempre pagare di tasca propria le spese sostenute, mentre poco o nulla rischia il funzionario dell’ufficio, anche se prosegue una lite persa in partenza. Il contribuente, perciò, più litiga con gli uffici delle Entrate, più deve spendere. Probabilmente, gli unici a guadagnarci sono i difensori. Agli uffici si chiede di mettere in pratica quanto suggerito dall’Agenzia delle Entrate, direzione Centrale di Roma, che invita a fare di tutto per evitare le liti con il contribuente. E’ già con la circolare 24/E del 15 maggio 2009, che l’Agenzia invita gli uffici, prima di intraprendere la strada del contenzioso, a tenere conto dei rischi che procura, soprattutto quando la pretesa del fisco non è sostenibile o è basata su presunzioni che non potrebbero superare l’esame dei giudici tributari. Nel comunicato stampa del 15 maggio 2009, l’Agenzia delle Entrate scrive a chiare lettere “Contenzioso, se lo

Page 111: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 111 conosci lo eviti”. L’abbandono di un contenzioso incerto può essere utile per evitare i rischi della condanna alle spese.

Basta con le liti Come si può notare, uno dei principali obiettivi dell’Agenzia delle Entrate, più volte ribadito in diverse circolari, è la diminuzione delle liti tra uffici e contribuenti. La circolare 22/E del 2011 ribadisce infatti quanto già chiaramente specificato nella circolare 26/E del 20 maggio 2010, dove, al punto 1.1 “gli istituti deflativi del contenzioso”, si avverte che l’atto di indirizzo prevede che venga perseguita la “diminuzione della conflittualità nei rapporti con i contribuenti mediante il diffuso ricorso agli istituti deflativi del contenzioso”.

Fare pace con il fisco

Negli ultimi anni, uno degli strumenti più importanti per non litigare con il fisco è il cosiddetto concordato a regime entrato in vigore il 1° agosto 1997. Al concordato ha poi fatto seguito la legge sui diritti del contribuente, legge 212 del 27 luglio 2000, entrata in vigore il 1° agosto 2000, cioè a distanza di tre anni esatti dal concordato e dalla conciliazione di cui al decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, entrato in vigore il 1° agosto 1997. Al concordato e alla conciliazione occorre aggiungere la disciplina dell’autotutela, il cui regolamento è nel decreto 11 febbraio 1997, n. 37. I tre strumenti servono al fisco e al contribuente. In particolare:

l’autotutela può prevenire o estinguere la lite;

il concordato può scongiurare la controversia;

la conciliazione può estinguere la pendenza in corso (articolo 48, decreto legislativo 546/1992).

L’impiego dei predetti strumenti può servire per evitare le insidie e incertezze del contenzioso tributario, di cui al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, in vigore dal 1° aprile 1996. Il “problema” è che alcuni uffici si sono dimenticati dell’autotutela e non rispondono più alle sollecitazioni dei cittadini, nemmeno quando l’errore dell’ufficio è evidente. In più, quando la lite è stata già instaurata, è difficile trovare funzionari che annullano o correggono anche le sviste più evidenti e, perciò, si prosegue fino alla Cassazione. La difficoltà ad annullare in autotutela una lite, che per gli uffici è persa in partenza, aumenta soprattutto se le cifre chieste con l’accertamento sono di entità notevole. In questi casi, magari per colpa dell’eccessivo contenzioso che si è generato negli ultimi anni, e per non avere il tempo di esaminare attentamente la controversia pendente, certi funzionari vanno avanti perché ritengono di rischiare meno con la prosecuzione della lite. Basti pensare che alcuni uffici, pur avendo perso in Commissione tributaria regionale, hanno proposto ricorso per Cassazione, nonostante in un accertamento fosse stata “scambiata” la media aritmetica semplice per media ponderata, con effetti devastanti per il contribuente. Il fatto grave è che il ricorso per Cassazione è stato proposto dall’ufficio, nonostante l’esplicito riconoscimento di un autorevole responsabile della Guardia di Finanza, che aveva ammesso l’errore commesso dai verbalizzanti in sede di verifica.

Il caso degli studi

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 112 Altri esempi di prosecuzione di liti inutili sono quelli relativi agli accertamenti emessi sulla base dell’applicazione automatica dello studio di settore, che sono costantemente annullati dai giudici tributari, ma alcuni uffici proseguono la lite fino alla Cassazione. L’ultima e definitiva spallata all’automatismo degli studi è stata data dalle sentenze 26635, 26636, 26637 e 26638, della Corte di Cassazione, a sezioni unite, depositate il 18 dicembre 2009; in queste sentenze, è chiaramente affermato che gli studi, così come i parametri, rappresentano un sistema di presunzioni semplici e che non basta perciò il solo scostamento rispetto allo strumento informatico Gerico (gestione dei ricavi e compensi) per effettuare la rettifica dei ricavi o compensi e dei redditi. Al riguardo, il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera, in un suo intervento riportato sul Sole 24-Ore del 19 agosto 2010, ha chiaramente affermato che “non vogliamo più iniziare defatiganti contenziosi per non ascoltare le ragioni del cittadino e non avere il coraggio e la responsabilità di annullare un accertamento sbagliato”. Il “guaio” è che il coraggio di Befera non ce l’hanno alcuni dirigenti degli uffici dell’Agenzia delle Entrate, che in certi casi proseguono il contenzioso defatigante e costoso per l’amministrazione finanziaria, anche quando si tratta di accertamenti esagerati con presunti ricavi o compensi evasi, poi risultati inesistenti, con il rischio di incassare poco o nulla. Basti pensare che esistono accertamenti con richieste di diversi miliardi di vecchie lire che rischiano di procurare più spese che gettito, in quanto i giudici tributari hanno condannato gli uffici al pagamento delle spese di giudizio di importo superiore a quelli che incasserà il fisco. Per evitare di litigare, occorre applicare la regola non scritta del “buon senso”, nonché il principio generale ed assoluto per tutti in ogni applicazione di regole aritmetiche: due più due fa sempre quattro e quattro meno due fa sempre due. Perché scoprire evasioni inesistenti di diversi miliardi di vecchie lire a contribuenti che fanno il loro dovere, significa anche sconvolgere le regole della matematica. Lo stesso Befera, in un sua lettera del 5 maggio 2011, inviata agli uffici dell’Agenzia delle Entrate, dal titolo “correttezza ed efficienza nell’azione di controllo”, ha affermato che si devono evitare comportamenti vessatori nei confronti dei cittadini, indicando la regola da seguire che è molto semplice. “E’ una regola di rispetto: comportiamoci tutti come funzionari del fisco, così come vorremmo essere tutti trattati come contribuenti”. La speranza è che tutti gli uffici recepiscano gli inviti del direttore Befera. Lo stesso invito a trattare i cittadini con rispetto è stato ripetuto dal direttore vicario dell’Agenzia delle Entrate, Marco Di Capua, in occasione di un incontro televisivo a “Buongiorno Economia – Reteconomy”, del 26 maggio 2011. Per il direttore Di Capua, prima di emettere un accertamento, gli uffici devono esperire una oculata analisi di rischio, perché “non si può sparare con il cannone all’uccellino”. Insomma, è vero che l’evasione c’è ed è tanta, ma il recupero dell’evasione deve essere fatto con “correttezza ed efficienza” nei confronti dei veri evasori; se si sbaglia bersaglio e si disturba ingiustamente un cittadino, gli uffici devono annullare subito in autotutela l’accertamento sbagliato.

L’insistenza degli uffici a coltivare le liti inutili per “paura” dell’Audit

La verità è che, in contrasto con le indicazioni che arrivano dall’Agenzia delle Entrate, alcuni uffici proseguono il contenzioso, con il rischio di pagare le spese di giudizio senza incassare nulla, pur essendo consapevoli di portare avanti liti con

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 113 pretese fiscali poco sostenibili. Un esempio è in un appello proposto il 26 ottobre 2010, da un ufficio, che ha appellato la sentenza 454/04/09, emessa l’8 luglio 2009 e depositata in segreteria il 17 settembre 2009, dalla sezione n. 4 della Commissione tributaria provinciale di Catania. I giudici tributari hanno accolto il ricorso del contribuente che aveva dichiarato 441.023.000 lire di ricavi, il cui importo è di ammontare superiore al ricavo minimo ammissibile di 412.198.000 lire presunto dallo studio di settore. L’ufficio però aveva emesso l’accertamento sulla base del cosiddetto ricavo puntuale di riferimento dello studio che era stimato in 468.660.000 lire. Nonostante la bocciatura, è stato proposto appello. Nei casi in cui gli uffici proseguono liti perse in partenza, la “giustificazione” è che, facendo l’appello o il ricorso per Cassazione, evitano il rischio di subire rilievi da parte dei responsabili dell’Audit, cioè dei funzionari della stessa Agenzia delle Entrate preposti alla prevenzione e ai controlli di regolarità amministrativo-contabile. L’Audit, infatti, svolge indagini conoscitive volte a verificare la corretta applicazione della normativa da parte degli uffici. La “paura” di un rilievo dell’Audit, che non condivide l’archiviazione di un accertamento, o l’abbandono di una controversia, potrebbe anche comportare rischi di risarcimento per danni erariali.

Senza accertamento chi dichiara più del minimo ammissibile

Nel caso dell’appello presentato dall’ufficio contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Catania che aveva accolto il ricorso del contribuente che aveva dichiarato ricavi superiori al minimo ammissibile presunto dallo studio di settore, la prosecuzione della lite è ingiustificata in quanto, anche se con dieci anni di ritardo, tanti sono gli anni passati dai primi studi di settore del 1998 al 2008, è la stessa Agenzia delle Entrate ad affermare che i contribuenti soggetti agli studi sono in “linea” quando dichiarano ricavi o compensi di importo pari o superiore al “minimo ammissibile”. Non è cioè necessario che dichiarino l’importo più elevato, indicato come ricavo o compenso “puntuale di riferimento”. Perciò, chi dichiara ricavi o compensi che sono all’interno del cosiddetto “intervallo di confidenza”, cioè tra il “puntuale di riferimento” e il “minimo ammissibile” è, di norma, escluso dall’accertamento da studi. E’ questa l’indicazione espressa dalle Entrate nella circolare 5/E del 23 gennaio 2008.

In regola chi si trova all’interno dell’intervallo di confidenza

Il fatto che i contribuenti si devono considerare in “linea” con gli studi se dichiarano entrate all’interno dell’intervallo di confidenza, è una conferma dell’illuminato parere di Silvio Moroni, che in un articolo pubblicato sul Sole 24-Ore del 26 ottobre 1998, quasi tredici anni fa, aveva indicato il corretto comportamento dei contribuenti per essere in linea con i ricavi presunti dallo studio. In questo articolo, Moroni affermò che “in caso di ricavi dichiarati inferiori a quelli presunti dallo studio di settore, il contribuente che intende adeguarsi può scegliere il minore tra ricavo puntale e ricavo minimo. Ciò per la ragione che, prima di accertare i contribuenti che si sono adeguati allo studio di settore, l’amministrazione finanziaria dovrebbe controllare i contribuenti che, avendo dichiarato ricavi o compensi inferiori a quelli dello studio, non hanno effettuato alcun adeguamento”.

Studi automatici, bocciatura automatica

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 114 L’applicazione automatica degli studi è stata peraltro criticata dal direttore generale delle Entrate Attilio Befera, il quale, in un articolo pubblicato sul Sole 24-Ore del 30 luglio 2009, durante il programma “Focus, economia”, su Radio24, ha sottolineato che l’Agenzia delle Entrate “interverrà sugli uffici” periferici che effettuano controlli automatici sulla base di Gerico, in contrasto con le circolari delle stesse Entrate; insomma, l’automatismo deve essere abbandonato per evitare le continue bocciature che arrivano dai giudici tributari, comprese le innumerevoli sentenze della Corte di Cassazione.

L’autotutela non è un “optional” ma va usata per eliminare le liti inutili Gli uffici sanno che esistono gli strumenti per evitare o estinguere le liti inutili. L’autotutela è lo strumento più importante, ma non è un “optional”: “l’atto sbagliato è sempre annullabile e chi ha pagato ha diritto al rimborso”. Queste affermazioni resistono da quasi 13 anni e sono nella lettera-circolare 195/S del 5 agosto 1998. Essa ricorda agli uffici «che non tengono conto della normativa vigente» e, in particolare del decreto sull’autotutela 11 febbraio 1997, n. 37, che l’atto sbagliato è annullabile senza limiti di tempo. Autotutela significa ascoltare le ragioni del cittadino quando è la stessa amministrazione che deve rimediare a un proprio errore ed eliminare liti inutili. Purtroppo, per alcuni uffici, l’autotutela, più che un “optional”, non esiste, considerato che non prendono nemmeno in considerazione le istanze di autotutela presentate.

Il decreto sull’autotutela A questi uffici, che si sono “dimenticati” dell’autotutela, sarebbe opportuno ricordare che essa esiste e serve ad entrambe le parti, fisco e contribuente, perché:

tutela l’amministrazione finanziaria; tutela il contribuente interessato all’annullamento o alla correzione; conviene al fisco perché gli fa risparmiare brutte figure e il pericolo

di risarcire il contribuente erroneamente perseguitato; un’accurata autotutela consente di ridurre il contenzioso e migliorare il

rapporto fisco-contribuente. Il regolamento sull’autotutela stabilisce che l’atto può essere annullato dall’ufficio che lo ha emesso. In via sostitutiva o in caso di grave indolenza l’atto può essere annullato dalla direzione regionale dalla quale l’ufficio dipende. Il regolamento riconosce il principio che chi ha il potere di fare ha anche il dovere-potere di disfare o di correggere il suo errore. L’articolo 2 del regolamento sull’autotutela elenca alcune delle ipotesi di annullamento d’ufficio, anche senza necessità di istanza di parte. Le ipotesi sono le seguenti: 1) errore di persona; 2) errore logico o di calcolo; 3) errore sul presupposto dell’imposta; 4) doppia imposizione; 5) mancata considerazione di versamenti eseguiti; 6) mancanza di documenti successivamente sanata; 7) sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o agevolazioni precedentemente negati; 8) errore materiale del contribuente riconoscibile dal fisco.

Atti illegittimi da annullare subito L’elenco degli atti annullabili è soltanto indicativo perché qualsiasi atto sbagliato deve essere annullato subito, senza perdere tempo. Meglio ancora se gli uffici evitano l’emissione di atti illegittimi annullabili. Perciò, gli uffici, prima di emettere un qualsiasi atto impositivo, hanno il dovere di controllare attentamente i verbali delle verifiche o degli altri atti preliminari, eseguendo attentamente una oculata analisi di

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 115 rischio. Può anche capitare di esaminare verbali o atti con numeri esagerati, ma qualche volta sono numeri senza gambe, nel senso che non possono sostenere alcun atto impositivo. E’ ovvio che l’atto annullabile è meglio che non venga emesso.

Atti annullabili anche senza ricorso Sono importanti e attuali, anche se sono passati quasi 13 anni, le indicazioni contenute nella richiamata lettera-circolare 195/S del 5 agosto 1998 del segretariato generale, ufficio per l’informazione del contribuente. In questa lettera si precisa che qualsiasi atto sbagliato deve essere annullato dall’ufficio anche se:

<<l’atto è divenuto ormai definitivo per avvenuto decorso dei termini per ricorrere>>; l’atto sbagliato non è mai definitivo;

<<il ricorso è stato presentato ma respinto con sentenza passata in giudicato per ordini di motivi formale (inammissibilità, irricevibilità, improcedibilità>>; il contenuto dell’atto prevale sulla forma;

<<vi è pendenza di giudizio>>; il contribuente non ha prodotto alcuna istanza.

Ai fini dell’autotutela, all’ufficio <<è attribuito il solo e unico compito di verificare, in modo del tutto autonomo e indipendente... se l’atto è legittimo o meno>>. Se la pretesa è infondata in tutto o in parte, essa va ritirata o ridotta <<in modo da ristabilire un corretto rapporto con il contribuente, il quale non può essere chiamato al pagamento di tributi che non siano strettamente previsti dalla legge>>. L’atto sbagliato che viene annullato <<comporta l’obbligo di restituzione delle somme indebitamente riscosse>>.

Istanza di autotutela in carta semplice all’ufficio

L’istanza di autotutela, che si presenta in carta semplice all’Agenzia delle Entrate, direzione provinciale o ufficio territoriale di competenza, è uno degli strumenti più importanti per eliminare la lite tra fisco e contribuente. L’autotutela può essere usata per evitare sul nascere una lite inutile. E’ anche prevista l’istanza di autotutela in riesame dell’atto di accertamento. L’autotutela può essere esercitata senza limiti di tempo, nei confronti di atti sub iudice, o di atti divenuti inoppugnabili per il decorso dei termini utili per il ricorso; neppure il giudicato costituisce ostacolo all’autotutela, che è preclusa solo per i motivi sui quali sia intervenuta “sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria”. Il potere di annullamento d’ufficio o di revoca sussiste infatti “anche in pendenza di giudizio o in caso di non impugnabilità, degli atti illegittimi o infondati”. Insomma, l’autotutela non ha limiti quando serve per eliminare evidenti ingiustizie.

La Cassazione insegna la correttezza Autotutela significa soprattutto autocorrezione e correttezza. Basta ricordare i seguenti insegnamenti della Corte di Cassazione, sezione prima, contenuti nella motivazione della sentenza 2575 del 29 marzo 1990:

è <<dovere di diritto oggettivo della pubblica amministrazione di correggere la pretesa, quando la riconosce ingiusta, nell’esercizio dei suoi poteri di autotutela>>;

alla <<pubblica amministrazione, inoltre, incombe un altro dovere specifico: quello della correttezza. E non è certamente corretto imporre a chiunque il

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 116 rispetto di un atto amministrativo ... che una autorità giurisdizionale dello Stato ha riconosciuto illegittimo in quanto oggettivamente errato>>.

Non occorre spiegare l’insegnamento della Cassazione, ma è opportuno farlo: se un’autorità giurisdizionale dello Stato ha riconosciuto l’atto illegittimo in quanto oggettivamente errato, non è corretto e nemmeno onesto perseguitare il contribuente con pretese ingiuste. La suprema Corte, nella stessa sentenza 2575, insegna che imporre a chiunque il rispetto di un atto errato è scorretto e <<La scorrettezza rimane tale, anche da un punto di vista strettamente fiscale, perché in uno Stato moderno, il vero interesse del fisco non è affatto quello di costringere il contribuente a soddisfare pretese sostanzialmente ingiuste profittando di situazioni contingenti favorevoli al fisco sul piano amministrativo o processuale, bensì quello di curare che il prelievo fiscale sia sempre in armonia con l’effettiva capacità contributiva del soggetto passivo, sì da non compromettere per il futuro la fonte del gettito e, al tempo stesso, da stimolare il contribuente alla lealtà fiscale innanzitutto mediante l’autocorrezione dei propri errori>>. Attenzione: questo insegnamento della Corte di Cassazione è del 1990, cioè di sette anni prima del regolamento sull’autotutela. L’insegnamento di allora, che dura ormai da più di 21 anni, è che, anche in presenza di situazioni contingenti favorevoli sul piano amministrativo o processuale, i funzionari del fisco ancora disattenti devono smetterla di costringere il contribuente a soddisfare pretese ostanzialmente ingiuste. Sarebbe disonesto, come ammonì Silvio Moroni, nel settimanale <<Guida Normativa>> 39 in <<Il Sole 24 Ore>> del 7 ottobre 1990.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 117 Riflettori puntati su chi possiede beni di rilevante valore,

ma considera le tasse un “optional” da evitare

Redditometro e indagini finanziarie per scoprire i falsi poveri

Salvina Morina

Tonino Morina Con il redditometro il Fisco intende scoprire i falsi poveri. Il redditometro può essere “accompagnato” dalle indagini finanziarie, più comunemente conosciute come controlli bancari, per scoprire i falsi poveri, cioè chi dichiara poco o nulla nelle dichiarazioni dei redditi, ma che magari possiede diversi beni immobili e altri beni di lusso. Insomma, ricco per la gente, ma povero e con redditi bassi per il Fisco. L’occhio del Fisco è puntato, in particolare, su chi non paga imposte, perché ritiene le tasse un “optional” poco gradito, ma possiede beni di rilevante valore. Prosegue così la guerra tra presunte guardie (Fisco) e presunti ladri (evasori). A rischio accertamento chi ha un tenore di vita da “ricco”, ma che dichiara redditi da “povero”. Gli “007” del Fisco controlleranno chi possiede immobili, residenze secondarie, auto di grossa cilindrata, barche o altri beni di lusso e dichiara imponibili bassi. Nel mirino degli uffici delle Entrate e della Guardia di Finanza sono le “manifestazioni di capacità contributiva, incompatibili con il reddito dichiarato”. E’ previsto che, per il triennio 2009-2011, gli accertamenti degli uffici delle Entrate e quelli della Guardia di Finanza dovranno essere indirizzati verso gli effettivi elementi di capacità contributiva, desunti dall’anagrafe tributaria, o forniti dai Comuni. Insomma, redditometro in prima linea per scovare i falsi poveri.

Il piano straordinario per il triennio 2009-2011 E’ la manovra d’estate del 2008 a prevedere l’impiego massiccio del redditometro, mediante un “piano straordinario di controlli finalizzati all’accertamento sintetico e efficientamento dell’Amministrazione fiscale”. Per “accertamento sintetico” si intende l’accertamento eseguito con l’impiego del cosiddetto “redditometro”. E’ questo lo strumento induttivo che mette a confronto i beni posseduti, auto, immobili, barche o altri beni, con il reddito dichiarato dalla persona fisica. E’ infatti previsto che, nell’ambito della programmazione dell’attività di accertamento relativa agli anni 2009, 2010 e 2011 è pianificata l’esecuzione di un piano straordinario di controlli finalizzati alla determinazione sintetica del reddito delle persone fisiche a norma dell’articolo 38 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, sulla base di elementi e circostanze di fatto certi desunti dalle informazioni presenti nel sistema informativo dell’anagrafe tributaria nonché acquisiti in base agli ordinari poteri istruttori.

Chi non paga tasse sarà tra i primi ad essere controllato E’ disposto che nella selezione delle posizioni ai fini dei controlli con l’impiego del redditometro è data priorità ai contribuenti che non hanno evidenziato nella dichiarazione dei redditi alcun debito d’imposta e per i quali esistono elementi

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 118 segnaletici di capacità contributiva. I primi ad essere controllati saranno perciò i contribuenti che non pagano tasse, ma che hanno rilevanti capacità di spesa. Anche i Comuni in prima linea per la caccia agli evasori. Essi hanno il compito di segnalare all’agenzia delle Entrate eventuali situazioni rilevanti di cui sono a conoscenza per la determinazione sintetica del reddito mediante il redditometro.

Il redditometro applicabile fino ai redditi del 2008 Il redditometro è lo strumento che fornisce una prima stima del reddito sinteticamente attribuibile alla persona fisica in base a una scelta e misurazione di certi elementi indicativi di capacità contributiva. La denominazione “redditometro” si usa per indicare gli strumenti di determinazione del reddito sintetico. Il redditometro è lo strumento che consente agli uffici dell’agenzia delle Entrate di procedere all’accertamento sintetico dei redditi della persona fisica, sulla base di parametri uniformi in relazione a indici di spesa tassativamente fissati. La norma che ammette l’uso del redditometro è l’articolo 38 del Dpr 29 settembre 1973, n. 600, che reca disposizioni in materia di rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle persone fisiche. Il suo quarto comma, nella versione applicabile fino ai redditi dell’anno 2008, stabilisce che l’ufficio può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze, quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. La determinazione induttiva del reddito può essere fatta dall’ufficio in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva, quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi d’imposta.

Confronto tra ricchezza manifestata e redditi dichiarati Da qualche anno il Fisco ha rispolverato il redditometro alla ricerca dei contribuenti ricchi, che dichiarano redditi bassi, evadendo le tasse dovute all’erario. E torna a usare l’accertamento che misura il reddito secondo i beni posseduti o i servizi scelti dai contribuenti. Per conferire il massimo grado di sostenibilità alla pretesa fiscale, gli uffici, sussistendone i presupposti, potranno anche eseguire le indagini finanziarie nei confronti dei contribuenti soggetti al controllo. Controlli bancari e altre indagini finanziarie che, nell’ambito delle attività improntate alla ricostruzione sintetica del reddito, costituiscono uno strumento importante per trasformare gli indizi di tipo “patrimoniale” e “gestionale” in prove che evidenzino l’effettiva capacità contributiva della persona controllata. In alcuni casi il redditometro può essere usato proficuamente anche da solo. Ad esempio, può essere usato nei confronti del contribuente in odore di mafia che non presenta la dichiarazione dei redditi, ma che possiede diversi beni immobili, macchine di grossa cilindrata, altri beni e servizi, e depositi bancari elevati, per i quali il redditometro determina sinteticamente un reddito di diversi milioni di euro. Il redditometro può perciò essere veramente efficace, se usato nei confronti di delinquenti ricchi, ma sconosciuti al Fisco. In questi casi, il Fisco può essere veramente molto efficace e utile per la collettività. Per ricordare come può essere efficace il Fisco nei confronti della malavita, sovente si ricorre all’illustre precedente degli anni venti in America che portò all’arresto del mafioso Al Capone, che venne arrestato per evasione fiscale.

I beni e i servizi del redditometro applicabile fino al 2008

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 119 I beni e servizi indicativi della capacità contributiva sono elencati nella tabella allegata al decreto ministeriale 10 settembre 1992 recante “determinazione, ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, degli indici e coefficienti presuntivi di reddito o di maggior reddito in relazione agli elementi indicativi di capacità contributiva”. La tabella che si usa per il calcolo del redditometro è stata integralmente sostituita con decreto ministeriale 19 novembre 1992, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 278 del 25 novembre 1992. La denominazione “Redditometro” è usata per indicare gli strumenti di determinazione del reddito sintetico.

Le nove categorie di beni e servizi I beni e i servizi individuati sono i seguenti: 1. gli aeromobili; 2. le navi e le imbarcazioni da diporto; 3. gli autoveicoli; 4. gli altri mezzi di trasporto a motore; 5. le roulottes; 6. le residenze principali e secondarie; 7. i collaboratori familiari (da non confondere con i collaboratori dell’impresa familiare); 8. i cavalli da corsa o da equitazione; 9. le assicurazioni di ogni tipo (escluse quelle relative all’utilizzo di veicoli a motore, sulla vita e quelle contro gli infortuni e malattie).

La “disponibilità” secondo il redditometro L’articolo 2, comma 1, del decreto ministeriale 10 settembre 1992 stabilisce che i beni e servizi “si considerano nella disponibilità della persona fisica che a qualsiasi titolo o anche di fatto utilizza o fa utilizzare i beni o riceve o fa ricevere i servizi ovvero sopporta in tutto o in parte i relativi costi”. Vale perciò la situazione di fatto. Per esempio, l’automobile intestata al figlio studente, senza redditi, è nella “disponibilità” dei genitori. Non si considerano nella disponibilità della persona fisica, e perciò sono esclusi dal redditometro, alcuni dei beni e servizi relativi esclusivamente all’attività di impresa di arti o professioni. I beni e i servizi che si possono escludere sono i seguenti:

aeromobili da turismo, navi e imbarcazioni da diporto, autoveicoli, altri mezzi di trasporto a motore oltre i 250 cc. e roulottes;

cavalli da equitazione o da corsa; riserve di caccia e di pesca; assicurazioni di ogni tipo, limitatamente all’indicazione degli istituti o imprese di assicurazione e ai dati identificativi delle polizze, escluse le assicurazioni relative alla responsabilità civile per la circolazione di veicoli a motore e quelle sulla vita, contro gli infortuni e le malattie.

A norma dell’articolo 2, comma 2, del decreto ministeriale 10 settembre 1992, l’esclusione dal redditometro dei predetti beni e servizi è subordinata alla condizione che i beni e servizi siano “relativi esclusivamente ad attività di impresa o all’esercizio di arti o professioni e tale circostanza risulti da idonea documentazione”. Ne consegue, per esempio, che l’automobile dell’imprenditore o del professionista, che si presume di uso promiscuo, deve essere considerata per metà ai fini del redditometro e per metà ai fini degli altri controlli induttivi delle entrate e dei redditi

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 120 degli esercenti imprese, arti e professioni (parametri o studi di settore).

Valori dei beni e servizi La disponibilità dei beni e servizi, anche della stessa categoria, è indicativa, per il relativo periodo d’imposta, di un valore che si ottiene applicando i seguenti criteri:

si considerano gli importi relativi a ciascun bene o servizio disponibile, che si ricavano dalla tabella, riducendo proporzionalmente ciascuno di tali importi se il bene o servizio è nella disponibilità anche di altri soggetti diversi dalle persone per le quali spettano le deduzioni o le detrazioni fiscali (coniuge, figli e altri familiari a carico), o se per detto bene o servizio sopporta solo in parte le spese, o se lo stesso è usato nell’esercizio di impresa, arti o professioni; gli importi calcolati su base annua sono proporzionalmente ridotti se la disponibilità del bene o servizio non è duratura per l’intero anno;

si moltiplica ciascun importo per il rispettivo coefficiente indicato nella tabella.

Somma dei valori e riduzioni I valori ottenuti si sommano, usando i seguenti criteri:

il valore più elevato è considerato per intero, cioè per il 100 per cento; il secondo valore è ridotto del 40 e considerato per il 60 per cento; il terzo valore è ridotto del 50 e considerato per il 50 per cento; il quarto valore è ridotto del 60 e considerato per il 40 per cento; i valori successivi sono ridotti dell’80 e considerati per il 20 per cento.

Limite della riduzione E’ stabilito che, in ogni caso, l’ammontare del valore ridotto non deve essere inferiore all’importo-base indicato nella tabella.

Somma dei valori più incrementi patrimoniali La somma dei valori è il reddito presunto, al quale si deve aggiungere la quota relativa ad eventuali incrementi patrimoniali determinata a norma del quinto comma dell’articolo 38 del Dpr 600/1973. Questo comma dispone che “qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti”. Ne consegue che, per gli investimenti effettuati, si deve attribuire:

la quota di un quinto all’anno in cui è stata sostenuta la spesa; la quota di un quinto a ciascuno dei quattro anni precedenti.

Le “prove” per vincere contro il redditometro E’ stabilito che l’ufficio può procedere all’accertamento cosiddetto “sintetico” del maggior reddito calcolato, nel caso in cui la differenza tra il reddito determinato sinteticamente con il redditometro e quello effettivamente dichiarato risulta superiore al 25% per un periodo di almeno due anni. Il contribuente può però dimostrare che il maggior reddito presunto induttivamente dal redditometro è costituito o giustificato da redditi esenti, redditi soggetti a ritenuta a titolo di imposta o da una diminuzione del patrimonio posseduto. Al riguardo, nella circolare 49/E del 9 agosto 2007, l’agenzia delle Entrate avverte che nel corso della fase istruttoria mediante convocazione in ufficio o mediante questionario o nell’ambito del procedimento di accertamento con adesione, cosiddetto concordato a regime, è necessario acquisire tutte le informazioni e la relativa documentazione probatoria non conoscibili

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 121 attraverso gli strumenti informativi a disposizione, o per suffragare quelli conoscibili, che configurano la “prova contraria” che il contribuente oggetto di controllo può fornire prima della notificazione dell’atto di accertamento.

I controlli preliminari degli uffici Gli uffici dovranno esaminare la documentazione prodotta dal contribuente, valutandone la probatorietà in relazione al possesso ed effettivo utilizzo nello specifico periodo d’imposta, nell’ambito del biennio oggetto di controllo, di:

redditi esenti; redditi assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta; somme riscosse a titolo di disinvestimenti patrimoniali, nonché vagliare eventuali diverse giustificazioni, anche riferibili ai componenti il nucleo familiare, dello stesso tenore documentale, che pur non essendo espressamente considerate nel sesto comma dell’articolo 38 del Dpr 600 del 1973 sono tuttavia suscettibili di apprezzamento, quali, ad esempio:

utilizzo di finanziamenti; utilizzo di somme di denaro derivanti da eredità, donazioni, vincite, eccetera; utilizzo di effettivi redditi conseguiti a fronte di importi fiscali convenzionali (ad esempio, i redditi agrari tassati non in base al reddito effettivamente prodotto, ma alle rendite catastali aggiornate);

utilizzo di somme riscosse, fuori dall’esercizio dell’impresa, a titolo di risarcimento patrimoniale.

La documentazione acquisita dall’ufficio sarà esaminata, oltre che per procedere o meno con l’accertamento, anche per valutare la complessiva posizione fiscale dell’eventuale contribuente correlato al soggetto selezionato in quanto è risultato quello che ha effettivamente sostenuto gli esborsi o le spese di gestione. Se sussistono elementi di certa e concreta rilevanza fiscale a carico dei contribuenti, anche a seguito dell’acquisizione di ulteriori informazioni reperibili con gli strumenti informatici a disposizione o presenti in ufficio, si procederà all’inserimento delle relative posizioni nel “Piano dei controlli”.

Le “prove” del contribuente Il contribuente può quindi fornire le prove che giustificano le differenze tra il reddito dichiarato e quello sinteticamente attribuibile dal redditometro, dimostrando che:

possiede redditi esenti, quali Bot, Cct, e simili; è titolare di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, quali depositi bancari, buoni postali o altro;

esercita attività d’impresa o di lavoro autonomo con proventi non tassabili o esenti, quali i redditi conseguiti dai cosiddetti venditori porta a porta, soggetti a ritenuta a titolo d’imposta;

il reddito conseguito non è quello effettivamente conseguito per effetto della tassazione forfetaria prevista dalla legge;

ha venduto beni immobili.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 122 Lo scostamento del 25% fino ai redditi del 2008 o del 20% a partire dal 2009, si calcola prendendo come base di riferimento l’importo sintetico

Il giusto calcolo della franchigia per il redditometro

Salvina Morina

Tonino Morina

Uno dei “problemi” dell’accertamento sintetico è stato il giusto calcolo della franchigia del 25% fino ai redditi del 2008 e del 20% a partire dal 2009. E’ stato infatti complicato capire se lo scostamento del 25% o del 20% si calcola prendendo come base di riferimento l’importo sintetico, o il reddito dichiarato. Ai fini del redditometro applicabile fino ai redditi del 2008, l’ufficio può procedere all’accertamento “sintetico” del maggior reddito calcolato, nel caso in cui la differenza tra il reddito determinato sinteticamente con il redditometro e quello effettivamente dichiarato risulta superiore al 25% per un periodo di almeno due anni. In una nota del servizio consultivo e ispettivo tributario (SECIT), si legge che “nelle istruzioni ministeriali relative ai questionari ed in quelle per la compilazione della dichiarazione dei redditi” modello 740/93, per il 1992, “è stato precisato che l’ufficio può procedere ad accertamento sintetico se il reddito dichiarato è inferiore al reddito accertabile diminuito di un importo pari ad un quarto di quest’ultimo reddito. Al riguardo, va precisato che la attuale formulazione normativa (articolo 38, comma 4, DPR 600/1973) andrebbe modificata al fine di rendere del tutto evidente tale impostazione, in quanto il testo vigente può far sorgere il dubbio che lo scostamento si riferisca, invece, al 25% del reddito complessivo dichiarato”. La norma incriminata è la seguente: “L’ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall’articolo 39, può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato”. L’invito del SECIT a modificare la norma è però rimasto nel vuoto, perché il predetto periodo è rimasto lo stesso dal lontano 1992, generando confusione tra gli addetti ai lavori, che magari si sono dimenticati delle istruzioni del modello 740/93, cioè del modello che venne definito “lunare” dall’allora Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. Pertanto, esistono programmi che applicano la norma secondo le corrette indicazioni ministeriali del 1993 che prevedono l’applicazione del 25% a titolo di franchigia sul reddito sinteticamente attribuibile in base ai beni e servizi rilevanti per il redditometro. Perciò, se il reddito sintetico è 100.000 euro:

lo scostamento di un quarto è pari a 25.000 euro, che costituisce la “franchigia” (100.000 per 25% è infatti uguale a 25.000 euro);

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 123 la soglia di reddito al di sotto della quale può essere applicato il redditometro è uguale a 75mila euro, cioè alla differenza tra i 100.000 euro del reddito sintetico e la franchigia di 25.000 euro.

Di conseguenza, a partire da un reddito dichiarato di almeno 75.000 euro il contribuente è escluso dall’accertamento da redditometro. A partire, invece, da un reddito di 74.999,99 euro o di importo inferiore, il contribuente è soggetto all’accertamento da redditometro, fermo restando che la non congruità del reddito dichiarato deve verificarsi per un periodo di almeno due anni.

Il “problema” si ripete con il nuovo sintetico applicabile dal 2009 Anche la formulazione della nuova norma sull’accertamento sintetico applicabile a partire dai redditi delle persone fisiche del 2009, cioè a partire dal modelli presentati nel 2010, modelli 730/2010 o Unico persone fisiche 2010, per il 2009, ripete, in pratica, i “problemi” della vecchia norma applicabile fino ai redditi dell’anno 2008. La misura della “franchigia” è comunque variata: mentre il vecchio articolo 38, quarto comma 4, del Dpr 600/1973, applicabile fino ai redditi dell’anno 2008, prevedeva una franchigia del 25%, il nuovo articolo 38, sesto comma, applicabile a partire dai redditi del 2009, prevede una franchigia del 20 per cento.

L’ipotesi corretta è di prendere a base il reddito sintetico

Considerato che, a partire dai redditi del 2009, la “franchigia” è stata ridotta da un quarto ad un quinto, occorre determinare il quinto di scostamento pendendo sempre a base il reddito sinteticamente accertabile. Ad esempio, se il reddito sintetico accertabile è pari a 100mila euro, il contribuente che dichiara 80mila euro di reddito o più, non è accertabile, in quanto la differenza non supera il quinto del reddito dichiarato. Se, invece, il contribuente dichiara meno di 80mila euro di reddito, scatta l’accertamento sintetico. Insomma, la differenza del 20% si calcola, prendendo a base il reddito sinteticamente accertabile e non il reddito dichiarato. Una conferma in questo senso è stata data dalla stessa agenzia delle Entrate, in occasione di Telefisco 2011, del 26 gennaio 2011, quando ha affermato che <<la determinazione sintetica del reddito è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto il reddito dichiarato>>, ribadendo in questo modo che il 20% di “franchigia” va calcolato sul reddito sintetico accertabile e non su quello dichiarato.

E’ sbagliato prendere a base il reddito dichiarato

E’ quindi sbagliato prendere come riferimento il reddito dichiarato. Questo per la ragione che, in questo modo, sarebbe accertabile il contribuente che dichiara 100mila euro di reddito, se il reddito sinteticamente accertabile supera il limite di 120mila euro. Prendendo a base il reddito dichiarato di 100mila euro, sarebbe infatti accertabile per l’intera differenza tra il reddito sinteticamente determinato e quello dichiarato, quando il reddito complessivo accertabile supera di almeno un quinto quello dichiarato, cioè, nel caso di reddito dichiarato di 100mila euro, supera l’importo di 120mila euro. Non è così, perché, come si è detto, quello che si deve prendere come riferimento è il reddito sinteticamente accertabile.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 124 Il calcolo del reddito sintetico in base ai beni e servizi

Per determinare il reddito sinteticamente attribuibile alla persona fisica, si può fare l’esempio di un contribuente che nell’anno 2006 ha avuto nella sua disponibilità i seguenti beni e servizi: • un’abitazione principale di proprietà a Bologna, di metri quadrati 180; in questo caso, si moltiplica l’importo di 25,97 euro per i 180 metri quadrati; • una residenza secondaria di proprietà in Liguria, di metri quadrati 120; in questo caso, si moltiplica l’importo di 10,70 euro per i 120 metri quadrati; • una imbarcazione a vela di 12 metri, immatricolata da 5 anni; si somma l’importo base indicato in tabelle di 3.437,28 euro, più 6,11 euro ogni cm eccedente i 900; • un’autovettura da 20 HP a gasolio, immatricolata da 2 anni; si somma l’importo base indicato in tabella di 3.465,54 euro, più 293,31 euro per ogni HP eccedente i 16; • un’autovettura a benzina, da 12 HP, nuova, del costo di 10 mila euro; si indica l’importo base di 1.808,01 indicato in tabella; • una moto di 750 cc di cilindrata; si indica l’importo base di 974,89 indicato in tabella; • un collaboratore familiare convivente a tempo pieno; si indica l’importo base indicato in tabella di 15.429,56. I risultati ottenuti o gli importi base si moltiplicano per il relativo coefficiente indicato nella tabella. I valori ottenuti si sommano, applicando i criteri stabiliti dal decreto ministeriale del 10 settembre 1992. Per lo stesso anno 2006 va considerato un incremento patrimoniale per investimenti effettuati pari a 40mila euro (un quinto di 200mila euro). Si applica cioè il quinto comma dell’articolo 38 del Dpr 600/73, il quale stabilisce che <<Qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti>>. Considerato che il contribuente, nell’anno 2006, ha effettuato investimenti per 200mila euro, la spesa rilevante per il redditometro, che va suddivisa per cinque, è quindi di 40mila euro.

Page 125: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 125 Determinazione del reddito sintetico 2006

Bene o servizio Importo Coefficiente Ammontar

e % Reddito

lordo attribuibile

abitazione principale di proprietà a Bologna, di metri quadrati 180 (per 25,97)

4.674,60 5 23.373,00 40% 9.349,20

residenza secondaria di proprietà in Liguria, di metri quadrati 120 (per 10,70)

1.284,00 5 6.420,00 20% 1.284,00

imbarcazione a vela di 12 metri, immatricolata da 5 anni (3.437,28 euro, più 6,11 euro ogni cm eccedente i 900)

5.270,28 7 33.202,76(90% di

36.891,96)

60% 19.921,66

autovettura da 20 HP a gasolio, immatricolata da 2 anni (3.465,54 euro, più 293,31 euro per ogni HP eccedente i 16)

4.638,78 6 27.832,68 50% 13.916,34

autovettura a benzina, da 12 HP, nuova, del costo di 10 mila euro

1.808,01 4 7.232,04 20% 1.808,01(* importo

base)

moto di 750 cc di cilindrata 974,89 7 6.824,23 20% 1.364,85collaboratore familiare convivente a tempo pieno

15.429,56 4 61.718,24 100% 61.718,24

Più incremento patrimoniale dell’anno (un quinto di 200mila euro, pari a 40mila euro)

40.000,00 40.000,00

Totale reddito sintetico attribuibile 149.362,30 Soglia del reddito, al di sotto del quale è applicabile l’accertamento con il redditometro (75% di 149.362,30), 112.021,73. Il contribuente beneficia cioè di una franchigia del 25%. Perciò fino a un reddito dichiarato di 112.021,73 (149.362,30 meno la franchigia del 25%) il contribuente è escluso dall’accertamento da redditometro. A partire, invece, da un reddito di 112.021,72 euro o di importo inferiore, il contribuente è soggetto all’accertamento da redditometro, fermo restando che la non congruità del reddito dichiarato deve verificarsi per un periodo di almeno due anni.

Page 126: 2011 SEMINARIO SANZIONI E NOVITA 2011 CEDOLARE SECCA … · Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 5 del canone, anche se prevista nel

Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 126 Fac-simile di richiesta archiviazione

questionario redditometro

Spett/le Agenzia delle Entrate Ufficio locale di Torino

Oggetto: questionario numero Q00137/2010, protocollo 16085 del 21

dicembre 2010. Anno d’imposta 2007. Notifica del 28 febbraio 2011.

Richiesta archiviazione questionario redditometro

Il sottoscritto Mario Bianchi, nato a Torino il 24 agosto 1953 ed ivi

residente in Via Livorno, 46,

premesso che il 28 febbraio 2011 ha ricevuto il questionario in oggetto; l’ufficio delle Entrate di Torino, ha calcolato, per l’anno 2007, a carico del sottoscritto, un reddito di 36.540,00 euro, conseguente agli incrementi patrimoniali relativi agli atti stipulati nell’anno 2007 e successivi;

il reddito sinteticamente attribuito al sottoscritto è stato determinato in base ai coefficienti presuntivi di reddito, cosiddetto redditometro, a norma dell’articolo 38, quarto comma, del Dpr 29 settembre 1973, n. 600.

Fa presente che

il reddito determinato sinteticamente trova giustificazione nel fatto che il sottoscritto possiede redditi esenti, in quanto è titolare di reddito di natura agricola. A giustificazione di quanto sopra affermato, specifica che negli anni dal 2001 al 2007 ha conseguito i seguenti ricavi derivanti da attività agricola:

anno 2001: 33.654.000 lire, pari a 17.380,84 euro; anno 2002: 110.626,00 euro; anno 2003: 39.372,00 euro; anno 2004: 90.160,00 euro; anno 2005: 67.150,00 euro; anno 2006: 84.250,00 euro; anno 2007: 72.145,00 euro.

In aggiunta ai predetti ricavi, il sottoscritto ha anche ricevuto altri ricavi,

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 127 esclusi da Iva, a titolo di compensazione finanziaria per prodotto destinato

alla trasformazione industriale ai sensi del regolamento CEE numero

3338/93 e successive modifiche ed integrazioni. Ad esempio, negli anni

2005 e 2006 ha conseguito altri ricavi per un totale di 76.250,00 euro. Lo scrivente chiede perciò di archiviare il questionario in oggetto

Il sottoscritto fa inoltre presente che lo stesso ufficio locale delle Entrate di Torino ha già archiviato, per gli stessi motivi, un precedente questionario sul redditometro, per l’anno 2002. Per chiarezza, si precisa che il questionario che venne archiviato riportava il numero Q00068/2007, protocollo 3724 del 7 marzo 2007, per l’anno d’imposta 2002, ed era stato notificato il 14 marzo 2007. Allegate fotocopie registro Iva fatture emesse dal 2001 al 2007. Torino, 28 giugno 2011

Con osservanza

Mario Bianchi

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 128

La Guardia di Finanza fissa le regole per i controlli e le verifiche

Tonino Morina

Più di mille pagine per la lotta all’evasione, con il redditometro in prima linea. E’ infatti di oltre mille, esattamente 1.133 pagine, la circolare n. 1 del 29 dicembre 2008, emanata dal Comando generale della Guardia di Finanza, che fornisce le istruzioni sull’attività di verifica delle Fiamme gialle. La circolare contiene molte novità, che riguardano, tra l’altro, le indagini finanziarie e il redditometro, per il quale è previsto l’impiego di nuovi indici per misurare la ricchezza del contribuente. Novità anche sui controlli degli studi di settore e delle attività illecite. La circolare, di complessivi quattro volumi, detta le linee guida per i controlli e le verifiche fiscali. Quattro grandi volumi per guidare le Fiamme gialle negli accessi, ispezioni e verifiche con il duplice obiettivo di una maggiore proficuità per l’erario e di una minore litigiosità. Nella “presentazione” della circolare 1/2008, si legge che la nuova istruzione sull’attività di verifica è frutto di un lavoro intenso iniziato da oltre un anno, che è stato sviluppato da un gruppo di ufficiali e ispettori del Comando Generale e dei reparti territoriali, che si sono attenuti a un preciso mandato, con l’obiettivo di:

semplificare le procedure interne che regolano l’organizzazione del servizio, per snellire e rendere più funzionali i rapporti tra i vari livelli di direzione, comando e controllo;

innovare i metodi ispettivi, per migliorare la qualità degli interventi e rafforzare il raccordo tra le verifiche e i successivi accertamenti degli uffici finanziari.

L’augurio è che, alla prova dei fatti, la nuova istruzione sull’attività di verifica sia davvero il “nuovo motore” per migliorare la qualità del lavoro investigativo e quindi creare le condizioni per raggiungere più elevati livelli di efficacia ed efficienza dei servizi di polizia tributaria della Guardia di Finanza. Insomma, più qualità per combattere meglio l’evasione, significa anche evitare di creare, come è capitato in alcuni casi nel passato, verifiche di milioni di euro che poi si sono rivelati in buona parte inesistenti.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 129 I nuovi indici di ricchezza per il redditometro

Viaggi, crociere, frequenza di case da gioco, circoli privati, hobby costosi e altri

“lussi”, sotto l’occhio delle Fiamme gialle per misurare la capacità contributiva

del contribuente. La Guardia di Finanza introduce infatti nuovi indici di

ricchezza, precisando che, a titolo di orientamento e in via non esaustiva, tra gli

elementi e le circostanze di fatto indicativi di capacità contributiva, da

considerare nel quadro della ricostruzione sintetica del reddito, mediante il

redditometro, in aggiunta a quelli espressamente riportati dalla legge, possono

rilevare i seguenti:

pagamento di consistenti rate di mutuo;

pagamento di canoni di locazione finanziaria (leasing), soprattutto in relazione

a unità immobiliari di pregio, auto di lusso e natanti da diporto;

pagamento di canoni per l’affitto di posti barca;

spese per la ristrutturazione di immobili;

spese per arredi di lusso di abitazione;

pagamento di quote di iscrizione in circoli esclusivi;

pagamento di rette per scuole private particolarmente costose;

assidua frequenza di case da gioco;

partecipazione ad aste;

frequenti viaggi e crociere;

acquisto di beni di particolare valore, quali quadri, sculture, gioielli, reperti di

interesse storico - archeologico, eccetera;

disponibilità di riserve di caccia o di pesca;

hobby particolarmente costosi, quali, ad esempio, partecipazione a gare

automobilistiche, rally, gare di motonautica, eccetera.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 130 Il vecchio redditometro applicabile

fino al periodo d’imposta 2008

Decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973 n. 600 Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.

Articolo 38 - Accertamento sintetico

In vigore dal 3 dicembre 2005 fino al 30 maggio 2010, per i periodi d’imposta fino all’anno 2008. (primo comma) L’ufficio delle imposte procede alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche quando il reddito complessivo dichiarato risulta inferiore a quello effettivo o non sussistono o non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni d’imposta indicate nella dichiarazione. (secondo comma) La rettifica deve essere fatta con unico atto, agli effetti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’imposta locale sui redditi, ma con riferimento analitico ai redditi delle varie categorie di cui all’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597 (dal 1988, articolo 6, Dpr 917/1986). (terzo comma) L’incompletezza, la falsità e l’inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione, salvo quanto stabilito nell’articolo 39, possono essere desunte dalla dichiarazione stessa, dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti e dai dati e dalle notizie di cui all’articolo precedente anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. (quarto comma) L’ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall’articolo 39, può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. A tal fine, con decreto del Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite le modalità in base alle quali l’ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione ad elementi indicativi di capacità contributiva individuati con lo stesso decreto quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai predetti elementi per due o più periodi di imposta. (quinto comma) Qualora l’ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 131 sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti. (sesto comma) Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell’accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta. L’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione. (settimo comma) Dal reddito complessivo determinato sinteticamente non sono deducibili gli oneri di cui all’articolo 10 del decreto indicato nel secondo comma. (ottavo comma) Agli effetti dell’imposta locale sui redditi il maggior reddito accertato sinteticamente è considerato reddito di capitale salva la facoltà del contribuente di provarne l’appartenenza ad altre categorie di redditi. (nono comma) Le disposizioni di cui al quarto comma si applicano anche quando il contribuente non ha ottemperato agli inviti disposti dagli uffici ai sensi dell’articolo 32, primo comma, numeri 2), 3) e 4).

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 132 Il nuovo redditometro applicabile dal periodo d’imposta 2009

Dpr 600/1973, articolo 38 - Accertamento sintetico

(primo comma) L’ufficio delle imposte procede alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche quando il reddito complessivo dichiarato risulta inferiore a quello effettivo o non sussistono o non spettano, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni d'imposta indicate nella dichiarazione.

(secondo comma) La rettifica deve essere fatta con unico atto… ma con riferimento analitico ai redditi delle varie categorie di cui all’articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597 (dal 1988, articolo 6, Dpr 917/1986).

(terzo comma) L’incompletezza, la falsità e l’inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione … possono essere desunte dalla dichiarazione stessa, dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti e dai dati e dalle notizie di cui all’articolo precedente anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

(quarto comma) L’ufficio, … può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d’imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

(quinto comma) La determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale. In tale caso è fatta salva per il contribuente la prova contraria di cui al quarto comma.

(sesto comma) La determinazione sintetica del reddito complessivo di cui ai precedenti commi è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato.

(settimo comma) L’ufficio che procede alla determinazione sintetica del reddito complessivo ha l’obbligo di invitare il contribuente a comparire di persona o per mezzo di rappresentanti per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell'accertamento e, successivamente, di avviare il procedimento di accertamento con adesione ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218.

(ottavo comma) Dal reddito complessivo determinato sinteticamente sono deducibili i soli oneri previsti dall’articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917; competono, inoltre, per gli oneri sostenuti dal contribuente, le detrazioni dall’imposta lorda previste dalla legge.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 133 Il nuovo strumento servirà per misurare la capacità contributiva

Sarà un misto tra spesometro e redditometro

Comunicazioni delle spese al Fisco al via da ottobre 2011

Salvina Morina (*) Tonino Morina (**)

(* Esperto fiscale del Sole 24-Ore)

(** Esperto fiscale del Sole 24-Ore – professore della Scuola Superiore di Economia e Finanze di Roma)

La novità Con la comunicazione delle spese, cosiddetto “spesometro”, il fisco potrà misurare la capacità contributiva delle persone fisiche. Per le prime comunicazioni, l’appuntamento è fissato entro il mese di ottobre 2011. Per le operazioni del 2010, saranno obbligati alla comunicazione solo i contribuenti Iva, per le operazioni di ammontare pari o superiore a 25mila euro, al netto dell’Iva. Per il 2010, l’adempimento riguarderà le sole operazioni per le quali sono state emesse fatture tra soggetti Iva (operazioni business to business). Dal mese di luglio 2011 si dovranno tenere sotto controllo anche le operazioni nei confronti dei privati cittadini (operazioni business to consumer), per le spese di importo pari o superiore a 3.600 euro, Iva compresa. Con il decreto sviluppo, approvato dal Consiglio dei ministri del 5 maggio 2011, diventa più leggera la comunicazione delle spese. Per semplificare gli adempimenti dei contribuenti, i pagamenti eseguiti dai privati con mezzi elettronici saranno infatti esclusi dalla comunicazione delle spese. E’ infatti prevista l’abolizione della comunicazione telematica da parte dei privati per acquisti d’importo superiore a 3mila euro in caso di pagamento con carte di credito, prepagate o bancomat.

Riferimenti Decreto Iva, Dpr 26 ottobre 1972, n. 633 Decreto sull’accertamento, Dpr 29 settembre 1973, n. 600, articolo 38 Decreto sull’Anagrafe tributaria, Dpr 29 settembre 1973, n. 605 Articolo 21, decreto legge 78 del 31 maggio 2010, convertito dalla legge 122 del 30 luglio 2010 Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, protocollo 2010/184182, del 22 dicembre 2010 Circolare n. 1 del 29 dicembre 2008, emanata dal Comando generale della Guardia di Finanza

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 134 Una volta i conti della spesa restavano in famiglia, con i genitori, tra marito e

moglie, che, con carta e penna alla mano, tenevano sotto controllo i conti. Ora, invece, c’è l’occhio “virtuale” del fisco a controllare la spesa e pretende le comunicazioni. Il nuovo misuratore delle spese, di cui alla denominazione giornalistica “spesometro”, servirà al fisco per misurare la capacità contributiva delle persone fisiche, nonché per controllare i soggetti Iva che emettono fatture consentendo la detrazione dell’Iva e la deduzione dei costi ad altri soggetti, ma che poi si “dimenticano” di versare l’Iva e pagare le imposte. Per le prime comunicazioni al fisco, l’appuntamento è fissato entro il mese di ottobre 2011, ma riguarderà solo i soggetti Iva. Per il 2010, saranno obbligati alla comunicazione, da presentare esclusivamente in via telematica, solo i contribuenti Iva, per le operazioni di ammontare pari o superiore a 25mila euro, al netto dell’Iva. L’adempimento riguarderà le sole operazioni per le quali sono state emesse fatture tra soggetti Iva (operazioni business to business), in pratica, sarà un ritorno, anche se parziale, ai vecchi elenchi clienti e fornitori. A partire dal 1° gennaio 2011 si dovranno comunicare tutte le operazioni tra soggetti Iva (operazioni business to business), di ammontare pari o superiore a 3mila euro al netto dell’Iva. Dal mese di luglio 2011 si dovranno tenere sotto controllo anche le operazioni nei confronti dei privati cittadini (operazioni business to consumer), per le spese di importo pari o superiore a 3.600 euro, Iva compresa. A partire dalle operazioni relative all’anno 2011, le comunicazioni dovranno essere inviate entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento.

Le regole indicate nel provvedimento del 2 dicembre 2010 Le regole sul nuovo obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini Iva sono contenute nel provvedimento protocollo 2010/184182, del 22 dicembre 2010, del direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera. Il provvedimento fissa i limiti, le modalità tecniche, le procedure e i termini del nuovo obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini Iva. Si tratta dell’adempimento introdotto dall’articolo 21 del decreto legge 78/2010, convertito nella legge 122/2010.

Attenzione: Comunicazioni con due obiettivi, misurare la capacità contributiva e incrociare i

dati degli elenchi clienti e fornitori alla ricerca dell’evasione Iva Come segnalato nella relazione al decreto legge 78 del 31 maggio 2010, convertito dalla legge 122 del 30 luglio 2010, il nuovo adempimento ha lo scopo di contrastare i comportamenti fraudolenti in materia Iva, nonché di individuare spese e consumi di particolare rilevanza per ricostruire la capacità contributiva della persona fisica ai fini dell’accertamento sintetico. Insomma, le nuove comunicazioni hanno un doppio obiettivo: 1) contrastare i comportamenti fraudolenti per le operazioni tra soggetti Iva, evitando casi in cui un soggetto Iva emette fatture senza versare l’Iva e magari senza tenere alcuna contabilità, ma solo per consentire la detrazione Iva ad altri soggetti; in pratica, chi emette le fatture è una cosiddetta “cartiera”; 2) individuare dati utili per l’accertamento sintetico nei confronti dei privati cittadini che magari spendono tanto e dichiarano poco o nulla come reddito.

Soggetti obbligati Sono obbligati alla comunicazione i soggetti passivi Iva, che effettuano operazioni rilevanti ai fini della stessa imposta. Il provvedimento del 22 dicembre 2010, al punto

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 135 1.2, specifica, inoltre, che nei casi di operazioni straordinarie o trasformazioni sostanziali soggettive, bisogna distinguere se:

il soggetto si estingue per effetto dell’operazione straordinaria; in questo caso, la comunicazione deve essere presentata dal soggetto subentrante assieme alle operazioni del soggetto estinto;

il soggetto non si è estinto per effetto dell’operazione straordinaria; in questo caso, la comunicazione deve essere presentata dallo stesso.

Per operazioni straordinarie o trasformazioni sostanziali soggettive si intendono le cessioni d’azienda, le incorporazioni, i conferimenti d’azienda eccetera.

ESEMPIO Ai fini della dichiarazione annuale Iva, nel caso di fusione per incorporazione avvenuta tra il 1° gennaio e la data di presentazione della dichiarazione annuale, è la società incorporante a presentare la dichiarazione relativa al periodo antecedente all’incorporazione per conto dell’incorporata.

Operazioni oggetto di comunicazione Per l’anno 2010, le operazioni oggetto di comunicazione sono le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese e ricevute dai soggetti passivi Iva i cui importi sono pari o superiori, al netto dell’Iva, a 25mila euro e per le quali sussiste l’obbligo di emissione di fattura. Per l’anno 2011, le operazioni oggetto di comunicazione sono le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese e ricevute dai soggetti passivi Iva i cui importi sono pari o superiori a 3mila euro, al netto dell’Iva, e per le quali sussiste l’obbligo di emissione di fattura. Per tutte le altre operazioni rilevanti ai fini Iva per le quali non c’è obbligo di emissione della fattura, quindi quelle nei confronti dei privati in genere, per le quali si emette lo scontrino fiscale o la ricevuta, il limite di 3mila euro si eleva a 3.600 euro, al lordo dell’Iva.

Attenzione: I dati devono essere indicati per singola operazione o prestazione Nella comunicazione i dati devono essere indicati distintamente “per ciascuna cessione o prestazione”, di ammontare superiore al limite previsto, anche quando si tratta di più operazioni nel corso dell’anno tra gli stessi soggetti.

ESEMPIO

Un commerciante al dettaglio di mobili acquista dal fornitore “Rossi” durante l’anno 2011, mobili per:

1.500 euro, al netto dell’Iva, con fattura n. 12 del 10 gennaio 2011; 3mila euro, al netto dell’Iva, con fattura n. 147 del 10 febbraio 2011; 15mila euro, al netto dell’Iva, con fattura n. 256 del 10 marzo 2011.

In questo caso, nella comunicazione, che invierà entro il 30 aprile 2012, dovrà indicare le date e gli importi delle fatture i cui importi sono pari o superiori a 3mila euro, al netto dell’Iva, quindi, solo le fatture n. 147 e 256, di importo, rispettivamente di 3mila e 15mila euro, al netto dell’Iva. Questo significa che anche le operazioni poste in essere tra gli stessi soggetti, non si possono cumulare; devono essere comunicate distintamente, indicando le rispettive date delle operazioni, nel formato “GGMMAAAA”. Nel caso della fattura 147, la data da indicare sarà perciò “10022011”, mentre nel caso della fattura 256 si indicherà la data “10032011”.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 136 In pratica, per i soggetti Iva, si tratta del ritorno ai vecchi elenchi clienti e fornitori, anche se limitato alle operazioni di rilevante importo, a partire da 25mila euro, al netto dell’Iva, per il 2010, e a partire da 3mila euro, al netto dell’Iva, per le operazioni del 2011, con la novità della comunicazione delle operazioni nei confronti dei privati consumatori effettuate dal 1° luglio 2011, per le operazioni di importo pari o superiore a 3.600 euro, Iva compresa.

Il comunicato delle Entrate sulle nuove comunicazioni L’Agenzia delle Entrate, con il comunicato stampa diramato il 22 dicembre 2010, avverte che <<Al fine di garantire la graduale introduzione dell’obbligo comunicativo e assicurare, al tempo stesso, sin dalla sua prima attuazione, la disponibilità dei dati necessari a contrastare i fenomeni evasivi e di frode di maggiore rilevanza anche dal punto di vista economico, per il periodo d’imposta 2010 è stata innalzata la soglia a 25.000 euro e ampliato il termine entro cui deve essere effettuata la comunicazione>>.

Limiti e termini delle nuove comunicazioni Periodo Limite Operazioni oggetto di

comunicazione Scadenza invio

2010 25mila euro al netto dell’Iva

Cessione di beni e prestazioni di servizi per le quali sussiste l’obbligo di emissione della fattura

31 ottobre 2011

2011 3mila euro al netto dell’Iva

Cessione di beni e prestazioni di servizi per le quali sussiste l’obbligo di emissione della fattura

30 aprile 2012

2011 3.600 euro al lordo Iva

Cessione di beni e prestazioni di servizi documentate da scontrino fiscale o ricevuta fiscale (*)

30 aprile 2012

(*) Per queste operazioni, l’obbligo scatta dal 1° luglio 2011. Per semplificare gli adempimenti dei contribuenti, i pagamenti eseguiti dai privati con mezzi elettronici, carte di credito, prepagate o bancomat saranno esclusi dalla comunicazione delle spese.

Operazioni escluse dalla comunicazione Sono escluse dalla comunicazione:

le importazioni; le esportazioni di cui all’articolo 8, comma 1, lettere a) e b) del decreto Iva, Dpr 633/1972;

le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute, registrate o soggette a registrazione, nei confronti di operatori con residenza o domicilio, in stati a regime fiscale “agevolato” (paesi

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 137 cosiddetti “Black list”);

le operazioni che hanno costituito oggetto di comunicazione all’anagrafe tributaria, a norma dell’articolo 7 del Dpr 605/73;

le operazioni rilevanti ai fini Iva per le quali non sussiste l’obbligo di emettere la fattura, effettuate fino al 30 aprile 2011.

ESEMPIO

Per evitare doppi adempimenti, le operazioni con operatori Black list, per le quali esiste già l’obbligo di comunicazione periodica, mensile o annuale, a seconda del volume delle operazioni attive e passive, sono “escluse” dalla nuova comunicazione.

Gli elementi e i termini di presentazione della comunicazione La comunicazione deve essere presentata tramite il servizio telematico Entratel o Fisconline, usando i prodotti software di controllo distribuiti gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate. Nella comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini Iva, per ciascuna cessione o prestazione, si deve indicare:

1) l’anno di riferimento; 2) la partita Iva o, in mancanza, il codice fiscale del cedente, prestatore, cessionario o committente;

3) per i soggetti non residenti nel territorio dello Stato, privi di codice fiscale, i dati di cui all’articolo 4, primo comma, lettere a) e b) del Dpr 29 settembre 1973, n. 605; si tratta, esattamente, dei seguenti dati, a) per le persone fisiche, il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il sesso e il domicilio fiscale; b) per i soggetti diversi dalle persone fisiche, la denominazione, la ragione sociale o la ditta, il domicilio fiscale. Per le società, associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica, devono essere inoltre indicati gli elementi di cui alla lettera a) per almeno una delle persone che ne hanno la rappresentanza;

4) i corrispettivi dovuti dall’acquirente o committente, o al cedente o prestatore, e l’importo dell’Iva applicata o la specificazione che si tratta di operazioni non imponibili o esenti; per le operazioni rilevanti ai fini Iva per le quali non è obbligatoria l’emissione della fattura, i corrispettivi comprensivi dell’Iva applicata.

Per le operazioni non soggette all’obbligo di fatturazione, l’acquirente deve fornire i propri dati identificativi.

I nuovi indici di ricchezza per il redditometro secondo la Guardia di Finanza

Per misurare la capacità contributiva del contribuente, la Guardia di Finanza tiene sotto controllo i viaggi, le crociere, la frequenza di case da gioco, i circoli privati, gli hobby costosi e altri “lussi”, come gli acquisti di gioielli e altri beni di lusso. Già dal 2009, infatti, a seguito della circolare n. 1 del 29 dicembre 2008, emanata dal Comando generale della Guardia di Finanza, disponibile dal 3 marzo 2009 sul sito www.gdf.it, la Guardia di Finanza ha introdotto nuovi indici di ricchezza. Una mega-circolare, con più di mille pagine, esattamente 1.133 pagine, per la lotta all’evasione, con il redditometro in prima linea. E’ la circolare n. 1 del 29 dicembre 2008, emanata Commento [T1]:

Commento [T2R1]:

Commento [T3R2]:

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 138 dal Comando generale della Guardia di Finanza, che fornisce nuove istruzioni sull’attività di verifica delle Fiamme gialle.

Lo spesometro e il nuovo redditometro secondo il direttore Magistro Con la nuova comunicazione delle spese, l’Agenzia delle Entrate potrà usare i dati per il cosiddetto “spesometro” o per il nuovo redditometro, che hanno funzioni diverse, come previsto dall’articolo 21 del decreto legge 78/2010. Al riguardo, Luigi Magistro, direttore centrale dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, ha affermato che “La finalità dell’obbligo della comunicazione era duplice: da un lato si volevano colpire le frodi Iva, con la comunicazione dei dati dei rapporti tra soggetti Iva; dall’altro acquisire ulteriori elementi per il redditometro”. Sotto la lente del fisco, auto, barche, moto, biciclette di lusso, pacchetti vacanze, orologi, gioielli, e altri beni di lusso, che consentiranno alla banca dati dell’anagrafe tributaria di ricostruire i redditi delle persone fisiche.

ESEMPIO Per il fisco, chi spende tanto deve dichiarare almeno quanto spende. Con la comunicazione, l’Agenzia delle Entrate potrà perciò confrontare le spese che risultano all’anagrafe tributaria con il reddito dichiarato. Se, ad esempio, risulterà che una persona fisica ha speso, per gioielli, viaggi e altro, 50mila euro nell’anno 2011, mentre dichiarerà per lo stesso anno 2011 un reddito di 10mila euro, il fisco potrebbe chiedere spiegazioni della differenza tra quanto speso e quanto dichiarato. Se le spiegazioni non saranno convincenti, l’Agenzia delle Entrate potrà emettere un accertamento per la differenza di 40mila euro.

Lo “spesometro” e il redditometro

Spesometro - Con l’accertamento sintetico si “pesano” le spese effettuate dalla persona fisica, basandosi sul fatto che le spese devono essere finanziate dal reddito della persona fisica. Insomma, se una persona spende 100mila euro in un anno, ai fini dei redditi, deve dichiarare almeno tanto quanto spende. Redditometro - Con l’accertamento mediante il cosiddetto redditometro, si individuano elementi di capacità contributiva (beni immobili, autovetture, beni di lusso e altro), che dovrebbero “misurare”, in base a determinati coefficienti, la sostenibilità delle stesse spese nel tempo.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 139 Spesometro o redditometro: questo è il “problema” per chi non è in linea con le aspettative del Fisco

Pagamenti elettronici fuori dalla comunicazione delle spese

Salvina Morina (*) Tonino Morina (**)

(* Esperto fiscale del Sole 24-Ore) (** Esperto fiscale del Sole 24-Ore – professore della Scuola Superiore di Economia e Finanze di Roma)

Con il decreto sviluppo, decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, diventa più leggera la comunicazione delle spese. Per semplificare gli adempimenti dei contribuenti, i pagamenti eseguiti dai privati con mezzi elettronici saranno infatti esclusi dalla comunicazione da inviare all’agenzia delle Entrate in via telematica. Con la comunicazione delle spese, cosiddetto “spesometro”, il fisco potrà misurare la capacità contributiva delle persone fisiche. Il primo appuntamento è fissato entro il mese di ottobre 2011. Per le operazioni del 2010, saranno obbligati solo i contribuenti Iva, per le operazioni di ammontare pari o superiore a 25mila euro, al netto dell’Iva e riguarderà le sole operazioni per le quali sono state emesse fatture tra soggetti Iva (operazioni business to business). Dal mese di luglio 2011 si dovranno tenere sotto controllo anche le operazioni nei confronti dei privati cittadini (operazioni business to consumer), per le spese di importo pari o superiore a 3.600 euro, Iva compresa. Un’altra semplificazione del decreto sviluppo riguarda l’esonero per i contribuenti di fornire informazioni che sono già in possesso del fisco e degli enti previdenziali o che da questi possono essere direttamente acquisite da altre amministrazioni pubbliche. La doppia semplificazione, in tema di comunicazione delle spese e di informazioni da non ripetere, è prevista dal decreto sviluppo, articolo 7, che ha per titolo “semplificazione fiscale”, comma 1, lettera e) e lettera f). E’ infatti disposto che:

è abolita la comunicazione telematica da parte dei contribuenti per acquisti d’importo superiore a 3mila euro in caso di pagamento con carte di credito, prepagate o bancomat (lettera e);

i contribuenti non devono fornire informazioni che siano già in possesso del fisco e degli enti previdenziali ovvero che da questi possono essere direttamente acquisite da altre Amministrazioni (lettera f).

Comunicazione più leggera Le semplificazioni previste dal decreto sviluppo hanno lo scopo di ridurre il peso della burocrazia che grava sulle imprese e più in generale sui contribuenti. La semplificazione sulle comunicazioni viene disciplinata dall’articolo 7, comma 2, lettera o) del provvedimento. Esso dispone che all’articolo 21 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente <<1-bis. Al fine di semplificare gli adempimenti dei contribuenti, l’obbligo di comunicazione delle operazioni di cui al comma 1,

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 140 effettuate nei confronti di contribuenti non soggetti passivi ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, è escluso qualora il pagamento dei corrispettivi avvenga mediante carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all’obbligo di comunicazione previsto dall’articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605>>. In pratica, i contribuenti Iva, per le vendite o prestazioni effettuate nei confronti di privati consumatori, sono esonerati dall’obbligo della comunicazione delle spese, nel caso in cui i privati eseguono pagamenti con strumenti tracciabili, quali carte di credito, di debito o prepagate. Dalla semplificazione sono escluse le operazioni per spese di importo pari o superiore a 3.600 euro, Iva compresa, regolate in contanti, con assegni o bonifici bancari.

La comunicazione delle spese Con lo spesometro, cambiano anche i soggetti preposti al controllo della spesa. Una volta, i conti della spesa restavano in famiglia, con i genitori, tra marito e moglie, che, con carta e penna alla mano, tenevano tutto sotto controllo. Ora, invece, c’è l’occhio “virtuale” del fisco a controllare ed esige la comunicazione delle spese effettuate. Il nuovo misuratore delle spese, di cui alla denominazione giornalistica “spesometro”, servirà al fisco per misurare la capacità contributiva delle persone fisiche, nonché per controllare i soggetti Iva che emettono fatture consentendo la detrazione dell’Iva e la deduzione dei costi ad altri soggetti, ma che poi si “dimenticano” di versare l’Iva e pagare le imposte. Come si è detto, per le prime comunicazioni al fisco, l’appuntamento è fissato entro il mese di ottobre 2011, ma riguarderà solo i soggetti Iva. L’adempimento riguarderà le sole operazioni per le quali sono state emesse fatture tra soggetti Iva (operazioni business to business); in pratica, sarà un ritorno, anche se parziale, ai vecchi elenchi clienti e fornitori. A partire dal 1° gennaio 2011 si devono comunicare tutte le operazioni tra soggetti Iva (operazioni business to business), di ammontare pari o superiore a 3mila euro al netto dell’Iva. A partire dal mese di luglio 2011 si dovranno tenere sotto controllo anche le operazioni nei confronti dei privati cittadini (operazioni business to consumer), per le spese di importo pari o superiore a 3.600 euro, Iva compresa, considerato che il precedente termine del 1° maggio 2011 è stato differito al 1° luglio 2011 dalla comunicazione dell’Agenzia delle Entrate 59327 del 14 aprile 2011. Rimane ferma la semplificazione del decreto sviluppo che ha abolito la comunicazione telematica da parte dei contribuenti per acquisti d’importo superiore a 3mila euro in caso di pagamento con carte di credito, prepagate o bancomat. A partire dalle operazioni relative all’anno 2011, le comunicazioni dovranno essere inviate entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento.

Le regole indicate nel provvedimento del 2 dicembre 2010 Le regole sulla comunicazione sono contenute nel provvedimento protocollo 2010/184182, del 22 dicembre 2010, del direttore dell’agenzia delle Entrate, Attilio Befera. Il provvedimento fissa i limiti, le modalità tecniche, le procedure e i termini del nuovo obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini Iva. Si tratta dell’adempimento introdotto dall’articolo 21 del decreto legge 78/2010, convertito nella legge 122/2010.

Comunicazione con due obiettivi, misurare la capacità contributiva e incrociare i dati alla ricerca dell’evasione Iva

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 141 Il nuovo adempimento, che impone ai contribuenti di comunicare i dati al fisco, ha lo scopo di contrastare i comportamenti fraudolenti in materia Iva, nonché di individuare spese e consumi di particolare rilevanza per ricostruire la capacità contributiva della persona fisica ai fini dell’accertamento sintetico. Insomma, le nuove comunicazioni hanno un doppio obiettivo: 1) contrastare i comportamenti fraudolenti per le operazioni tra soggetti Iva, evitando casi in cui un soggetto Iva emette fatture senza versare l’Iva e magari senza tenere alcuna contabilità, ma solo per consentire la detrazione Iva ad altri soggetti; in pratica, chi emette le fatture è una cosiddetta “cartiera”; 2) individuare dati utili per l’accertamento sintetico, mediante il cosiddetto redditometro, nei confronti dei privati cittadini che magari spendono tanto e dichiarano poco o nulla come reddito.

Due alternative per il fisco: spesometro o redditometro In caso di accertamento nei confronti delle persone fisiche, il fisco potrà

scegliere tra spesometro e redditometro. Per milioni di contribuenti, sarà questo il “problema” fiscale più rilevante dei prossimi mesi. Per dare la caccia agli evasori, il fisco potrà usare due importanti strumenti di controllo: il nuovo redditometro, applicabile a partire dai redditi delle persone fisiche del 2009, e il misuratore delle spese, detto “spesometro”. Con la speranza di raddoppiare gli straordinari incassi del 2010, frutto del recupero dell’evasione: da dieci miliardi di euro a venti miliardi di euro. Riprende così la guerra tra presunte guardie (fisco) e presunti ladri (evasori). A rischio accertamento chi spende molto e ha un tenore di vita da “ricco”, ma che dichiara redditi da “povero”. Gli “007” del fisco controlleranno la spesa dei contribuenti e quelli che possiedono immobili, residenze secondarie, auto di grossa cilindrata, barche o altri beni di lusso e dichiarano imponibili bassi. Il nuovo “spesometro” sarà usato presto dal fisco, agenzia Entrate e Guardia di Finanza. E’ infatti previsto che nei prossimi mesi del 2011 arriveranno 40mila inviti a contribuenti che hanno speso tanto e dichiarato redditi bassi. Al riguardo, il direttore dell’agenzia delle Entrate Attilio Befera, in un’intervista rilasciata domenica 26 dicembre 2010, ha dichiarato che queste prime richieste di chiarimenti riguarderanno, ad esempio, chi <<acquista un immobile e risulta avere reddito zero>>. I due strumenti, spesometro e redditometro saranno alternativi. Il fisco potrà cioè scegliere, in base alla convenienza che ne potrà derivare sia in termini di incassi per l’erario, sia in termini di contenzioso. Con lo spesometro, si calcola la somma delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso dell’anno, mentre il redditometro è fondato sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuati mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza. Al riguardo, dovrà essere un decreto del ministro dell’economia e delle finanze che dovrà stabilire gli elementi base, i coefficienti da applicare e le regole di determinazione del nuovo redditometro che, si ricorda, potrà essere applicato a partire dai redditi del 2009, dichiarati con il modello 730/2010 o Unico persone fisiche 2010.

Soggetti obbligati a comunicare le spese Per fare funzionare lo “spesometro”, il fisco ha imposto ai contribuenti l’obbligo della comunicazione delle spese. Sono obbligati alla comunicazione i soggetti passivi Iva, che effettuano operazioni rilevanti ai fini della stessa imposta. Nella comunicazione, i dati devono essere indicati distintamente “per ciascuna cessione o

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 142 prestazione” di ammontare superiore al limite previsto, anche quando si tratta di più operazioni nel corso dell’anno tra gli stessi soggetti.

Servizi da inserire se i corrispettivi dell’anno superano il limite I contratti di appalto, di fornitura, di somministrazione e gli altri contratti da cui derivano corrispettivi periodici, vanno inseriti nella comunicazione nel caso in cui i corrispettivi dovuti in un anno solare siano complessivamente di importo pari o superiore ai predetti limiti. Ad esempio, il titolare di un ristorante, che ha stipulato nel 2011 un contratto di somministrazione pasti con una ditta, per i propri dipendenti, se la somma dei buoni pasto nel corso dell’anno supera i 3mila euro, al netto dell’Iva, dovrà comunicare le operazioni entro il 30 aprile 2012.

Gli elementi e i termini di presentazione della comunicazione La comunicazione dovrà essere presentata tramite il servizio telematico Entratel o Fisconline, usando i prodotti software di controllo distribuiti gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate. Nella comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini Iva, per ciascuna cessione o prestazione, si deve indicare:

1) l’anno di riferimento; 2) la partita Iva o, in mancanza, il codice fiscale del cedente, prestatore,

cessionario o committente; 3) per i soggetti non residenti nel territorio dello Stato, privi di codice fiscale, i

seguenti dati: a) per le persone fisiche, il cognome e il nome, il luogo e la data di nascita, il sesso e il domicilio fiscale; b) per i soggetti diversi dalle persone fisiche, la denominazione, la ragione sociale o la ditta, il domicilio fiscale. Per le società, associazioni o altre organizzazioni senza personalità giuridica, devono essere inoltre indicati gli elementi di cui alla lettera a) per almeno una delle persone che ne hanno la rappresentanza;

4) i corrispettivi dovuti dall’acquirente o committente, o al cedente o prestatore, e l’importo dell’Iva applicata o la specificazione che si tratta di operazioni non imponibili o esenti; per le operazioni rilevanti ai fini Iva per le quali non è obbligatoria l’emissione della fattura, i corrispettivi comprensivi dell’Iva applicata. Per le operazioni non soggette all’obbligo di fatturazione, l’acquirente deve fornire i propri dati identificativi.

Per i pagamenti in contanti i privati dovranno fornire il codice fiscale Tenuto conto che le operazioni non soggette all’obbligo di fatturazione, di norma, sono documentate da scontrino fiscale o fattura, l’acquirente privato dovrà fornire i propri dati identificativi, a partire dal 1° luglio 2011. Ad esempio, chi acquisterà dei gioielli, con assegno bancario o in contanti, per un importo pari o superiore a 3.600 euro, dovrà fornire il proprio codice fiscale al gioielliere che, a sua volta, dovrà poi riportare i dati dell’operazione nella comunicazione telematica che invierà entro il 30 aprile 2012. Come si è detto, l’obbligo di comunicazione delle operazioni effettuate nei confronti di privati, contribuenti non soggetti passivi ai fini Iva, è escluso in presenza di pagamento dei corrispettivi mediante carte di credito, prepagate o bancomat.

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DIPARTIMENTO DELLE

ENTRATE DIREZIONE CENTRALE PER GLI AFFARI GIURIDICI

E PER IL CONTENZIOSO TRIBUTARIO Ufficio Procedure Fiscali

Roma, 30 novembre 2000 Prot.2000/245325

CIRCOLARE N. 222/E

OGGETTO: Accertamento induttivo ex art. 55 del DPR n. 633/72

nei casi di omessa presentazione della dichiarazione. Detraibilità del credito dell’anno precedente non richiesto a rimborso ex art. 5, comma 1, del decreto legislativo 471/97. L’argomento oggetto della presente circolare è stato esaminato in occasione della riunione tenutasi il 28 giugno 2000 con i responsabili dei Servizi di Consulenza Giuridica delle Direzioni Regionali delle Entrate. Al riguardo, si partecipano le definitive determinazioni cui è pervenuta la scrivente sulla base anche delle osservazioni emerse nella predetta riunione o successivamente pervenute dalle Direzioni Regionali. L’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, prevede che, in sede di accertamento, ai fini della determinazione dell’imposta sul valore aggiunto dovuta devono essere computati in detrazione:

- tutti i versamenti effettuati relativi al periodo d’imposta; - il credito dell’anno precedente non richiesto a rimborso; - le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente

eseguite. La norma non chiarisce se la detrazione del credito relativo all’anno precedente spetti anche nell’ipotesi di cui all’articolo 55 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, relativo all’accertamento induttivo per omessa presentazione della dichiarazione annuale. A tal proposito, la Corte di Cassazione, con sentenza del 2 ottobre 1996, n. 8602, ha stabilito il principio secondo cui, in ipotesi di accertamento induttivo effettuato ai sensi dell’articolo 55 del

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 144 D.P.R. n. 633 del 1972 in presenza di omessa presentazione della dichiarazione annuale, si deve tenere conto, al fine di determinare l’imposta dovuta, non solo di quella versata, ma anche di quella a credito.

La Suprema Corte con la citata sentenza ha ritenuto che la mancata presentazione della dichiarazione annuale, esponendo il contribuente all’accertamento induttivo:

• preclude la facoltà di portare in deduzione l’IVA versata sugli acquisti nel relativo periodo, se non registrata nelle liquidazioni mensili o trimestrali;

• non priva il soggetto sottoposto ad accertamento del diritto di scomputare, dalle somme dovute in base a tale accertamento, il credito maturato nel periodo anteriore, per il quale abbia richiesto la successiva detrazione ai sensi dell’articolo 30 del D.P.R. n. 633 del 1972, tramite annotazione nel registro indicato nell’art. 25 dello stesso decreto.

Il disposto di cui al citato articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 471 del 1997 si ritiene, pertanto, estensibile alla fattispecie disciplinata dall’articolo 55 del D.P.R. n. 633 del 1972, relativa all’accertamento induttivo nell’ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione.

Di conseguenza, anche in tale ipotesi deve ammettersi la possibilità di scomputare dall’imposta dovuta non solo i versamenti eventualmente eseguiti e le imposte detraibili ai sensi dell’articolo 19 del DPR. n. 633 del 1972 risultanti dalle liquidazioni periodiche, ma anche il credito maturato nell’anno precedente non chiesto a rimborso e computato in detrazione nel periodo successivo, ai sensi dell’articolo 30 del DPR n. 633 del 1972, previa annotazione nel registro degli acquisti di cui all’articolo 25 dello stesso DPR n. 633.

IL DIRETTORE GENERALE Massimo Romano

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 145 Circolare 28/E del 21 giugno 2004

Oggetto: decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 - Primi chiarimenti

Omissis… 4 MODIFICHE AL SISTEMA SANZIONATORIO AMMINISTRATIVO TRIBUTARIO. Articolo 7 decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 - Riferibilità esclusiva alla persona giuridica delle sanzioni amministrative tributarie 4.1. Premessa L'articolo 7 del decreto introduce una significativa modifica in materia di sanzioni amministrative, statuendo che "le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica" (comma 1). La norma in esame dà attuazione parziale all'articolo 2, comma 1, lettera l), della legge 7 aprile 2003, n. 80 (delega al Governo per la riforma del sistema fiscale statale), secondo cui "la sanzione fiscale amministrativa si concentra sul soggetto che ha tratto effettivo beneficio dalla violazione". Essa innova in modo sostanziale il trattamento sanzionatorio delle violazioni che, ai sensi del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, si ispira ai seguenti principi:

• la sanzione è riferibile alla persona fisica che ha posto in essere il comportamento trasgressivo (vedi circolare n. 180/E del 10 luglio 1998);

• il contribuente nel cui interesse è stata commessa la violazione a carattere sostanziale, che abbia cioè inciso sulla determinazione ovvero sul pagamento dell'imposta, è obbligato in solido con la persona fisica al pagamento della sanzione (l'art. 11 del menzionato decreto legislativo n. 472 dispone che "nei casi in cui una violazione che abbia inciso sulla determinazione o sul pagamento del tributo è commessa dal dipendente o dal rappresentante legale o negoziale di una persona fisica nell'adempimento del suo ufficio o del suo mandato ovvero dal dipendente o dal rappresentante o dall'amministratore, anche di fatto, di società, associazione, od ente, con o senza personalità giuridica, nell'esercizio delle sue funzioni o incombenze, la persona fisica, la società, l'associazione o l'ente nell'interesse dei quali ha agito l'autore della violazione sono obbligati solidalmente al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso secondo le disposizioni vigenti");

• qualora la violazione non sia stata commessa con dolo o colpa grave, e sempre che il trasgressore non ne abbia tratto vantaggio, la sanzione è applicata nei confronti dell'autore della violazione fino al limite di 51.564 euro; oltre detto limite, risponde in via principale del pagamento della sanzione il contribuente, ossia la persona fisica, società, associazione o ente indicati nel richiamato articolo 11, comma 1.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 146 E' di tutta evidenza come la norma di cui all'articolo 7 in esame, che pone esclusivamente a carico del soggetto passivo d’imposta la responsabilità amministrativa, senza più coinvolgere l'autore dell'illecito, deroga ai richiamati principi informatori della riforma del 1997. Il criterio della personalizzazione della sanzione tributaria, tuttavia, non è stato del tutto abbandonato, posto che le novità apportate dal decreto non si estendono alla generalità delle sanzioni, ma solo a quelle relative al "rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica" (art. 7, comma 1). Ne è conferma il disposto dell'articolo 7, comma 3, secondo il quale le disposizioni del decreto, informate al principio della personalità della sanzione, continuano ad applicarsi nei confronti delle persone fisiche che instaurano rapporti tributari con soggetti diversi dalle società o enti aventi personalità giuridica. La norma in esame dispone un'abrogazione implicita delle sole disposizioni in contrasto con la novella, che, per il resto, conferma i principi in tema di sanzioni amministrative tributarie introdotti con la riforma del 1997. In particolare, è da ritenersi tacitamente abrogato il richiamato disposto dell'articolo 11, comma 1 del d.lgs. n. 472, nella parte in cui afferma la responsabilità solidale delle società, associazioni od enti con personalità giuridica, ossia degli stessi soggetti destinatari delle novità recate dal decreto. La nuova disposizione riguarda, dunque, solo gli amministratori, i dipendenti ed i rappresentanti di società, associazioni od enti con personalità giuridica. Ne consegue che per i soggetti diversi da quelli appena richiamati, la responsabilità continua ad essere riferita alla persona che ha commesso la violazione, ferma restando la responsabilità solidale del soggetto nel cui interesse è stata commessa - se diverso dall'autore della violazione stessa - ai sensi dell'articolo 11 del d.lgs. n. 472 del 1997. Come si desume anche dalla rubrica dello stesso articolo 7 ("sanzioni amministrative tributarie"), la nuova disciplina opera in relazione a tutte le sanzioni amministrative aventi carattere tributario. 4.2. Efficacia temporale Sotto il profilo del diritto intertemporale, l'articolo 7, comma 2, del decreto prevede che le disposizioni riguardanti la responsabilità diretta della persona giuridica in materia di sanzioni amministrative tributarie "si applicano alle violazioni non ancora contestate o per le quali la sanzione non sia stata irrogata alla data di entrata in vigore del decreto", ossia alla data del 2 ottobre 2003. La nuova norma, quindi, si applica non solo agli illeciti commessi dal 2 ottobre 2003, ma anche a quelli posti in essere antecedentemente, per i quali, alla predetta data, non sia stato ancora notificato l'atto di contestazione di cui all'articolo 16 del citato d.lgs. n. 472 del 1997 o per i quali la sanzione non sia stata ancora irrogata. Le persone fisiche, pertanto, continueranno a rispondere personalmente delle violazioni pregresse, commesse nella qualità di rappresentante legale, amministratore o dipendente delle società o enti con personalità giuridica, nei casi in cui alla data del 2 ottobre 2003, in relazione a dette violazioni, sia stato notificato l'atto di contestazione ovvero l'atto di irrogazione della sanzione. Di converso, se alla data dell'entrata in vigore del decreto legge la

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 147 violazione non è stata ancora contestata ovvero sanzionata, ne risponde esclusivamente la persona giuridica, ancorché si tratti di violazioni commesse prima del 2 ottobre 2003. Come già osservato, la novella afferma la responsabilità amministrativa esclusiva delle società, associazioni od enti con personalità giuridica, cioè degli stessi soggetti già chiamati a rispondere solidalmente, assieme all’autore (persona fisica) della violazione, in base alla previgente disciplina del d.lgs. n. 472 del 1997. 4.3. Soppressione della sanzione a carico dei consumatori per la mancata esibizione dello scontrino e della ricevuta fiscale. Altra significativa modifica in tema di sanzioni amministrative tributarie è apportata dall'articolo 33, comma 10, del decreto, secondo cui, a decorrere dal 2 ottobre 2003, "è soppresso l'articolo 11, comma 6, del decreto legislativo n. 471 del 1997, concernente la sanzione applicabile al destinatario dello scontrino o della ricevuta fiscale". Il richiamato articolo 11, comma 6, prevedeva una sanzione amministrativa da 51 a 1.032 euro nei confronti del destinatario dello scontrino fiscale e della ricevuta fiscale che, a richiesta degli organi accertatori, nel luogo della prestazione o nelle sue adiacenze, non esibisse il documento o lo esibisse con indicazione di un corrispettivo inferiore a quello reale. L'abolizione della sanzione a carico del consumatore non fa venire meno gli obblighi di certificazione delle operazioni, che permangono in capo a tutti i soggetti tenuti a tali adempimenti, fatta eccezione per gli operatori economici che aderiscono al concordato preventivo di cui all'articolo 33 del decreto. Per valutare correttamente gli effetti dell'abolizione della sanzione in commento alla luce del principio del favor rei di cui all'articolo 3, comma 2, del d.lgs. n. 472 del 1997, si osserva che alla data del 2 ottobre 2003, con riferimento al soggetto che ha commesso una violazione sanzionata dall'articolo 11, comma 6, del d.lgs. n. 471 del 1997, possono verificarsi le seguenti situazioni (coerentemente a quanto illustrato nella circolare n. 180 del 1998 a commento dell'articolo 3 del d.lgs. n. 472 del 1997): a) la sanzione non è stata ancora irrogata; b) la sanzione è stata irrogata, ma l’obbligato non ha ancora pagato alcuna somma; c) l’obbligato ha pagato in tutto o in parte la sanzione in dipendenza di un provvedimento non ancora definitivo; d) l’obbligato ha pagato in tutto o in parte la sanzione a seguito di provvedimento definitivo.

Omissis…

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 148 Risoluzione 74/E del 19 aprile 2007

Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso

Oggetto: decadenza dal diritto alla detrazione credito Iva nel caso di mancato riporto del credito nelle dichiarazioni annuali successive, ovvero nel caso di omessa o tardiva presentazione della dichiarazione annuale.

Omissis… Crediti Iva non riportati nelle dichiarazioni annuali successive a quella in cui sono maturati Con riguardo al quesito concernente l’esercizio del diritto alla detrazione del credito Iva maturato in un determinato anno, esposto nella relativa dichiarazione annuale e computato in detrazione nel periodo successivo, ai sensi dell’articolo 30 del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, ed in seguito riportato in una dichiarazione che risulta omessa, è consolidato il principio, più volte affermato dalla Corte di Cassazione, “... in forza del quale, ove il contribuente fruisca di un credito di imposta per un determinato anno e lo esponga nella dichiarazione annuale, se omette di riportarlo nella dichiarazione relativa all’anno successivo non perde il diritto alla detrazione...” (confronta sentenza n. 12012 del 29 marzo 2006, depositata 22 maggio 2006), “ ... in quanto la decadenza (“del diritto alla detrazione”) è comminata dalla norma (confronta articolo 28 del DPR n. 633 del 1972 allora vigente) soltanto nel caso in cui il credito o l’eccedenza di imposta versata non venga riportata nella prima dichiarazione utile” (confronta sentenza n. 523 del 3 luglio 2001, depositata il 18 gennaio 2002). A supporto di tale tesi è utile richiamare i principi contenuti nell’articolo 1, comma 2, del DPR 10 novembre 1997, n. 443, recante norme in materia di rimborsi Iva, che prevede la possibilità di utilizzazione di crediti chiesti a rimborso e denegati dall'Ufficio perché non riportati dal contribuente nelle dichiarazioni degli anni successivi, ciò significando che il credito, se correttamente maturato ed indicato nella prima dichiarazione utile, non va perduto (confronta circolare 28 maggio 1998, n. 134). La scrivente è dell’avviso che alle medesime conclusioni possa giungersi nel caso in cui dichiarazione dell’annualità successiva sia stata omessa. Si rammentano, inoltre, le disposizioni contenute nell’articolo 55, primo comma, del DPR n. 633 del 1972 - disciplinante l’accertamento induttivo - secondo cui “se il contribuente non ha presentato la dichiarazione annuale l’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto può procedere in ogni caso” all’accertamento induttivo; “in tal caso sono computati in detrazione soltanto i versamenti eventualmente eseguiti dal contribuente e le imposte detraibili ai sensi dell’articolo 19 risultanti dalle liquidazioni prescritte dagli articoli 27 e 33”. Relativamente a tale disposizione, la Corte di Cassazione, con sentenza del 2 ottobre 1996, n. 8602, ha affermato che “la norma ... con l’avverbio “soltanto”, implicante il diniego di detrazioni diverse da quelle elencate, sanziona l’omissione della denuncia annuale la perdita dei crediti che non siano compresi nelle suddette “fotografie” periodiche. La possibilità di cogliere, nella menzionata espressione

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 149 delimitativa, un’implicita esclusione anche della detraibilità della “Iva a credito” maturata nell’anno precedente trova ostacolo nella stretta inerenza dell’articolo 55 al calcolo dell’imposta per il periodo al quale l’accertamento induttivo si riferisce; da questo calcolo esula la problematica della persistenza o dell’estinzione di una posizione creditoria in precedenza insorta, la quale non incide sull’entità del debito riscontrato dall’ufficio in assenza della dichiarazione, ma rileva nella fase ulteriore della quantificazione delle somme da versare in concreto, dopo eventuale compensazione. Una difforme lettura della disposizione, peraltro, sarebbe introduttiva d’ingiustificata disparità di trattamento, in danno del contribuente che abbia optato per la detraibilità del credito d’imposta nell’anno successivo, anziché per il rimborso immediato. In conclusione, si deve ritenere che l’inottemperanza all’obbligo della dichiarazione annuale espone il contribuente all’accertamento induttivo, e gli preclude la facoltà di portare in deduzione l’Iva versata nel relativo periodo su acquisti di beni o servizi, se non registrata nelle liquidazioni mensili o trimestrali, ma non lo priva del diritto di scomputare dalle somme dovute in base a tale accertamento il credito che abbia maturato nel periodo anteriore, e per il quale abbia chiesto la successiva detrazione, ai sensi dell'articolo 30 del DPR n. 633 del 1972". La Suprema Corte ammette, quindi, l’utilizzo del credito di un’annualità precedente anche in caso di successiva dichiarazione omessa, e ciò sulla base della norma contenuta nell’articolo 55 del DPR n. 633, ancorché tale norma non contempli espressamente, tra gli importi detraibili, i crediti derivanti da precedenti annualità. Ma v’é di più: l’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 - introdotto successivamente alla riferita sentenza e disciplinante le violazioni relative alla dichiarazione Iva - stabilisce che in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale “per determinare l’imposta dovuta sono computati in detrazione tutti i versamenti effettuati relativi al periodo, il credito dell’anno precedente del quale non è stato chiesto il rimborso, nonché le imposte detraibili risultanti dalle liquidazioni regolarmente eseguite”. Tale norma, in sostanza, completa la disposizione contenuta nell’articolo 55 del DPR n. 633, ammettendo espressamente l’utilizzo del credito, indicato in dichiarazione e richiesto in detrazione in una successiva annualità per la quale non è stata presentata la dichiarazione Iva annuale. Siffatta interpretazione è contenuta nella circolare del 25 gennaio 1999, n. 23, la quale ha chiarito che la disposizione prevista all'articolo 5 del decreto legislativo n. 471 “che, sotto certi aspetti, va considerata integrativa di quella contenuta nell’articolo 55, primo comma, del DPR n. 633, nel prevedere espressamente la detraibilità del credito dell’anno precedente riportato a nuovo, recepisce il recente orientamento della Suprema Corte di Cassazione, desumibile dalla sentenza 2 ottobre 1996, n. 8602”. Una conferma di tale orientamento è fornita dalla circolare del 30 novembre 2000, n. 222 che, riprendendo anch'essa il contenuto della sentenza n. 8602 del 2 ottobre 1996 della Suprema Corte, ha chiarito che “nell'ipotesi di omessa presentazione della dichiarazione ... deve ammettersi la possibilità di scomputare dall’imposta dovuta non solo i

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 150 versamenti eventualmente eseguiti e le imposte detraibili ... ma anche il credito maturato nell’anno precedente non chiesto a rimborso e computato in detrazione nel periodo successivo, ai sensi dell’articolo 30 del DPR n. 633 del 1972, previa annotazione nel registro degli acquisti di cui all’articolo 25 dello stesso DPR n. 633". In conclusione, alla luce della giurisprudenza e della prassi sopra richiamate, se, ad esempio, il contribuente nella dichiarazione annuale Iva relativa all’anno 2003 ha optato per il computo in detrazione del credito d'imposta nell’anno successivo, ai sensi dell’articolo 30 del DPR n. 633, e poi ha omesso di presentare le dichiarazioni Iva relative agli anni 2004 e 2005 (ovvero le ha trasmesse oltre 90 giorni dal termine ultimo di presentazione), il credito medesimo potrà essere detratto nelle liquidazioni periodiche degli anni successivi, e l’eventuale eccedenza residua potrà essere indicata nella dichiarazione Iva relativa all’anno 2006; ciò a condizione che il predetto credito sia stato correttamente utilizzato nelle liquidazioni periodiche Iva ovvero nel modello F24, se utilizzato in compensazione con altre imposte o contributi. Crediti Iva emergenti da dichiarazioni annuali omesse o tardive oltre i termini Una considerazione a parte richiedono i crediti, maturati nel corso degli anni per i quali la relativa dichiarazione annuale Iva è stata omessa, o è da considerarsi omessa perché presentata oltre i novanta giorni, crediti poi indicati nella prima dichiarazione annuale correttamente presentata. In particolare, sono stati sollevati alcuni dubbi sulla possibilità di intraprendere, su richiesta del contribuente, l’attività di accertamento induttivo di cui all’articolo 55 del DPR n. 633 del 1972, al fine di determinare l’esatto ammontare del credito non dichiarato. In particolare, taluni sono dell’avviso che la procedura di controllo di cui all’articolo 55 del citato DPR n. 633 del 1972, sia un “potere” concesso all’Amministrazione finanziaria che, come tale, non può essere tramutato un “obbligo” al solo scopo di determinare il credito spettante al contribuente fine di riconoscerne il diritto al rimborso o alla compensazione. Al riguardo si osserva che le considerazioni della Corte di Cassazione contenute nella sopra richiamata sentenza n. 523 del 2001, possono tornare utili anche con riferimento ai crediti Iva per i quali la relativa dichiarazione annuale è stata omessa, tenendo conto, altresì, delle citate disposizioni di cui all’articolo 55 del DPR n. 633 del 1972 in materia di accertamento induttivo, nonché di quelle di cui all’articolo 8, comma 3, del DPR n. 322 del 1998 (che ha sostituito l’articolo 28 del DPR n. 633) e del richiamo ivi contenuto al termine entro cui esercitare il diritto alla detrazione stabilito dall’articolo 19, comma 1, secondo periodo, del DPR n. 633. Dalla lettura congiunta degli articoli 8 del DPR n. 322 del 1998 e 19 del DPR n. 633 del 1972, infatti, è possibile desumere che la decadenza del diritto alla detrazione ricorre soltanto nel caso in cui il medesimo non è esercitato “al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”. A tal riguardo, la

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 151 Corte di Cassazione ha, infatti, stabilito che la decadenza “si verifica, secondo quanto dispone il quarto comma dell’articolo 28 del D.P.R. n. 633/1972, solo quando la detrazione non venga computata nel mese di competenza e non venga poi recuperata nella dichiarazione annuale. E il concorso di entrambe le circostanze ... si giustifica col rilievo che la decadenza consegue al mancato esercizio del diritto di recupero, in sede di dichiarazione annuale, dei crediti d’imposta che avrebbero dovuto essere indicati nei mesi di competenza. La sanzione della decadenza non può essere estesa alla diversa fattispecie in cui la detrazione sia stata regolarmente operata nel mese di competenza e non risulti, invece, dalla dichiarazione annuale, della quale sia stata omessa la presentazione, nel caso di accertamento induttivo, l’Ufficio Iva deve computare in detrazione non solo i versamenti eseguiti dal contribuente, ma anche le imposte detraibili, risultanti dalle dichiarazioni mensili, come prescrive l’articolo 55 del citato decreto, sicché il diritto alla detrazione viene meno solo per i crediti d’imposta relativi a operazioni non registrate o, comunque, non risultanti dalle liquidazioni periodiche” (confronta sentenza n. 544 del 27 settembre 1996, depositata il 20 gennaio 1997). Occorre, tuttavia, chiarire che il diritto alla detrazione è, in ogni caso, subordinato all’accertamento dell’esistenza del credito relativo all’anno per il quale dichiarazione Iva risulta omessa, a norma dell’articolo 55 del DPR 633 del 1972. In altri termini il diritto alla detrazione è ammesso purché l’esistenza del credito Iva sia accertata dall’ufficio a seguito dell’attività di controllo dell’annualità per la quale la dichiarazione è stata omessa. Si osserva, peraltro, che tale interpretazione non è in contrasto con la sentenza della Corte di Cassazione n. 16477 del 20 agosto 2004, che “nell’ipotesi di omessa dichiarazione annuale dell’Iva” esclude che “il credito Iva possa essere recuperato attraverso il trasferimento della detrazione nel periodo di imposta successivo” e lascia al contribuente solo la possibilità di richiedere il rimborso cosiddetto “anomalo” ai sensi dell’allora vigente articolo 16 del DPR 26 ottobre 1972 n. 636 (ora sostituito dall’articolo 21, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992). Le norme vigenti “ratione temporis”, infatti, consentivano di esercitare il diritto alla detrazione entro il mese di competenza o, al più tardi, in sede di dichiarazione annuale (articolo 28, quarto comma, del DPR n. 633 del 1972, abrogato dall’articolo 9, comma 9 del DPR 22 luglio 1998, n. 322, dal 22 settembre 1998). Avendo, il contribuente, omesso la predetta dichiarazione annuale e, quindi, essendogli interdetto il diritto alla detrazione, egli “poteva ottenere il pagamento del suo credito Iva solo attraverso il procedimento di rimborso” di cui al citato articolo 16 del DPR n. 636 del 1972, entro il termine decadenziale di due anni. La pronuncia della Suprema Corte va considerata alla luce delle nuove scadenze entro cui può essere esercitato il diritto alla detrazione, come stabiliti dal combinato disposto degli articoli 8 del DPR 322 del 1998 e 19 del DPR n. 633 del 1972. Ciò significa, in altre parole, che una volta scaduto il termine entro cui poter esercitare il diritto alla detrazione del credito (ossia con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto), il contribuente

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 152 ha la possibilità di recuperare il credito Iva solo attraverso il procedimento del cosiddetto rimborso anomalo di cui al citato articolo 21 del decreto legislativo n. 546 del 1992. Come chiarito dalla Suprema Corte, infine, “il termine decadenziale per la presentazione della domanda di restituzione dell’Iva risultante a credito non toglie, poi, che, ove si formi il silenzio rifiuto sulla domanda impeditiva della decadenza, inizi a decorrere, dalla data della sua formazione, cioè dalla scadenza del termine di 90 giorni, la prescrizione decennale ex articolo 2946 codice civile (confronta sentenza n. 16477 del 20 agosto 2004). In conclusione, la scrivente è dell’avviso che l’eccedenza di credito Iva maturata in un anno in cui la dichiarazione annuale risulta omessa potrà essere computata in detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto, fermo restando il potere/dovere dell’ufficio, nell’ambito del programma annuale dell’attività di controllo, di accertare l’esistenza del credito medesimo maturato nell’anno in cui la dichiarazione annuale è stata omessa, a norma del richiamato articolo 55 del DPR n. 633 del 1972. Il contribuente avrà, comunque, sempre la possibilità di richiedere la restituzione del credito Iva attraverso la procedura di rimborso di cui all’articolo 21 del decreto legislativo n. 546 del 1992, entro i termini ivi previsti.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 153 Circolare 52/E del 27 settembre 2007

OGGETTO: modifiche apportate dalla legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria per il 2007) al sistema delle sanzioni poste a carico dei soggetti abilitati a prestare assistenza fiscale nonché degli intermediari incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni, di cui agli articolo 7-bis e 39 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. INDICE

1. PREMESSA 2. RILASCIO DEL VISTO DI CONFORMITÀ E

DELL’ASSEVERAZIONE IN MANIERA INFEDELE. 3. VIOLAZIONI RIPETUTE O PARTICOLARMENTE GRAVI. 4. APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DEL DECRETO LEGISLATIVO N.

472 DEL 1997 4.1) Ravvedimento 4.1.1) Tardiva o omessa trasmissione telematica delle dichiarazioni e ravvedimento 4.1.2) Rilascio del visto di conformità e dell’asseverazione in maniera infedele e violazioni commesse dai sostituti nell’attività di assistenza fiscale 4.2) Concorso di violazioni

5. RESPONSABILITA’ SOLIDALE 6. PROCEDIMENTO D’IRROGAZIONE 7. SUCCESSIONE DI LEGGI NEL TEMPO

1. PREMESSA. L’articolo 1, commi 33 e 34, della legge 27 dicembre 2006 n. 296

(d’ora in avanti finanziaria per il 2007) ha modificato la disciplina delle sanzioni applicabili alle violazioni di cui agli articoli 7-bis e 39 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ridisegnando il sistema delle sanzioni poste a carico dei soggetti abilitati a prestare assistenza fiscale, nonché degli intermediari incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni. L’intervento più innovativo ha ad oggetto la qualificazione giuridica delle sanzioni in esame, ricondotte, con le nuove disposizioni, nell’alveo delle sanzioni amministrativo-tributarie, con conseguente applicazione delle disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, in quanto compatibili. Prima della modifica normativa, le sanzioni previste dagli articoli 7-bis e 39 citati rientravano tra quelle amministrative non tributarie, in quanto non strettamente correlate alla violazione di norme disciplinanti il rapporto fiscale, con conseguente applicazione delle disposizioni generali della legge 24 novembre 1981 n. 689, recante “modifiche al sistema penale” (si vedano, al riguardo, la circolare del 21 marzo 2002 n. 25 e la circolare del 24 settembre 1999, n. 195).

Con la finanziaria sono state, inoltre, introdotte specifiche condizioni di punibilità per l’ipotesi di infedele rilascio del visto di conformità e dell’asseverazione; è stata modificata la disciplina da applicare per le ipotesi di violazioni ripetute o particolarmente gravi; è stata ridefinita la

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 154 responsabilità solidale del centro di assistenza fiscale per la sanzione irrogata al trasgressore che ha agito per il centro stesso ed, inoltre, è stata adeguata la procedura per l’applicazione delle sanzioni in esame alle disciplina contenuta nel d.lgs. n. 472 del 1997.

Infine, l’ammontare delle sanzioni, precedentemente espresso in lire, è stato adeguato all’euro, arrotondando all’unità i decimali risultanti dalla conversione, (così comma 33, lettera a), primo periodo, lettere b) ed e).

La presente circolare ha ad oggetto l’approfondimento delle modifiche più rilevanti introdotte dalla legge finanziaria per il 2007 al sistema sanzionatorio applicabile ai soggetti abilitati a prestare assistenza fiscale, nonché agli intermediari incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni, di cui agli articoli 7-bis e 39 del d.lgs. n. 241 del 1997. Prima di procedere all’analisi delle disposizioni della finanziaria che hanno modificato la materia in esame, si fa presente che le fattispecie prese in considerazione dalle norme, ai diversi effetti, sono:

infedeltà del visto di conformità dei dati delle dichiarazioni alla relativa documentazione ed alle risultanze delle scritture contabili nonché di queste ultime alla relativa documentazione contabile;

infedeltà dell’asseverazione in ordine alla corrispondenza dei dati contabili ed extracontabili comunicati all’amministrazione e rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore a quelli risultanti dalle scritture contabili e da ogni altra idonea documentazione;

infedeltà della certificazione tributaria da parte del professionista; inadempimento degli obblighi dei sostituti d’imposta che prestano assistenza fiscale, definiti dall’articolo 37, commi 2 e 4 del citato D. Lgs. n. 241 del 1997;

tardiva od omessa trasmissione delle dichiarazioni da parte degli intermediari abilitati

2. RILASCIO DEL VISTO DI CONFORMITÀ E DELL’ASSEVERAZIONE IN MANIERA INFEDELE.

L’articolo 1, comma 33, della legge finanziaria per il 2007 ha modificato la disciplina delle sanzioni poste a carico dei responsabili dell’assistenza fiscale dei CAF e dei soggetti incaricati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni per il rilascio infedele del visto di conformità o dell’asseverazione, di cui dall’articolo 39, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 241 del 1997.

Omissis…

3. VIOLAZIONI RIPETUTE O PARTICOLARMENTE GRAVI.

Omissis…

4. APPLICAZIONE DEI PRINCIPI DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 472 DEL 1997.

Altrettanto innovativa è la previsione contenuta nel nuovo comma 1-bis dell’articolo 39 del d.lgs. n. 241 del 1997, secondo cui “Nei casi di

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 155 violazioni commesse ai sensi dei commi 1 e 3 del presente articolo e dell’articolo 7-bis, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472. Il centro di assistenza fiscale per il quale abbia operato il trasgressore è obbligato solidalmente con il trasgressore stesso al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata”.

Omissis…

4.1) Ravvedimento 4.1.1) Tardiva od omessa trasmissione telematica delle dichiarazioni e ravvedimento

Omissis…

Ragioni di coerenza sistematica inducono, dunque, a ritenere che la possibilità di ravvedersi per l’intermediario che non abbia trasmesso tempestivamente la dichiarazione presuppone necessariamente la validità della dichiarazione tardivamente presentata, che sussiste, come detto, quando la stessa sia presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine naturale di presentazione.

Lo stretto legame esistente tra la presentazione della dichiarazione e la sua trasmissione telematica, dovuto alla circostanza che in assenza di trasmissione telematica la dichiarazione, pur consegnata nei termini all’intermediario, è da considerare omessa, comporta che il ravvedimento relativo alla tardiva trasmissione telematica deve seguire le regole dettate dall’articolo 13, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 472 del 1997. Al riguardo con la circolare del 10 luglio 1998, n. 180/E, è stato chiarito che: “la previsione della lettera c) è in linea con la regola stabilita nel settore dell’Iva e delle imposte sui redditi, che considerano omessa la dichiarazione annuale presentata con un ritardo superiore a trenta (n.d.r. oggi novanta) giorni rispetto al termine di scadenza. Per i tributi anzidetti esiste, pertanto, un solo limite temporale (di trenta giorni appunto, n.d.r. novanta) entro il quale poter regolarizzare l’omessa presentazione della dichiarazione”.

In particolare, la specifica sanzione a carico dell’intermediario può essere ridotta ad un ottavo del minimo se la dichiarazione viene trasmessa con un ritardo non superiore a novanta giorni; ovviamente, alla sanzione per tardiva trasmissione telematica della dichiarazione si affiancano le sanzioni per tardiva presentazione della dichiarazione, di cui al d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, che, comunque, devono essere irrogate a carico del contribuente.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 156 Si ricorda, infine, che contestualmente alla trasmissione telematica

della dichiarazione l’intermediario deve procedere al pagamento della sanzione in misura ridotta. 4.1.2) Rilascio del visto di conformità e dell’asseverazione in maniera infedele e violazioni commesse dai sostituti nell’attività di assistenza fiscale

Omissis…

4.2) Concorso di violazioni L’articolo 12, comma 1, del d.lgs. n. 472 del 1997 dispone che colui

il quale, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione è punito con la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio. In particolare, si ha concorso formale quando con una sola azione od omissione si commettono diverse violazioni della medesima disposizione (concorso formale omogeneo), ovvero con una sola azione od omissione vengono violate disposizioni diverse (concorso formale eterogeneo). Si ha concorso materiale, invece, quando con più azioni od omissioni si commettono diverse violazioni formali della stessa disposizione (concorso materiale omogeneo).

Omissis…

5) RESPONSABILITÀ SOLIDALE. L’articolo 39, comma 1-bis, del d.lgs. n. 241 del 1997, come

introdotto dal comma 33 dell’articolo unico della legge finanziaria per l’anno 2007, si chiude con la previsione della responsabilità solidale del centro di assistenza fiscale per la sanzione irrogata al trasgressore che ha agito per il centro stesso. In proposito si ricorda che il soggetto cui applicare la sanzione prevista dal citato articolo 39 è esclusivamente il responsabile dell’assistenza fiscale dei centri, che, dunque, risponderà delle violazioni commesse in solido con il centro. Per tale responsabilità solidale operano le regole previste dal combinato disposto degli articoli 5 e 11 del d.lgs. 472 del 1997. 6) PROCEDIMENTO D’IRROGAZIONE.

L’articolo 1, comma 33, della legge finanziaria per il 2007, dopo aver ricondotto le violazioni di cui sopra nell’alveo delle sanzioni tributarie, ha individuato le modalità di contestazione ed irrogazione, disponendo che le stesse sono “contestate e le relative sanzioni sono irrogate dalla direzione regionale dell'Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del trasgressore anche sulla base delle segnalazioni inviate dagli uffici locali della medesima Agenzia”.

Omissis….

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 157 Circolare n. 18/E del 10 maggio 2011

Prot. 2011/65925 Oggetto: misura e ravvedibilità delle sanzioni applicate in sede di controllo automatizzato delle dichiarazioni. Sono pervenute richieste di chiarimenti in ordine alla misura ed alla eventuale ravvedibilità delle sanzioni applicate alle violazioni riscontrabili in sede di controllo automatizzato delle dichiarazioni effettuato ai sensi degli articoli 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, con particolare riferimento alle seguenti fattispecie:

1) utilizzo in compensazione di crediti inesistenti;

2) comunicazione degli esiti del controllo prima della scadenza dei termini per avvalersi del ravvedimento.

Con la presente circolare si forniscono specifici chiarimenti in merito.

1. UTILIZZO IN COMPENSAZIONE DI CREDITI INESISTENTI

In ordine al primo argomento, in via preliminare è opportuno ricordare che l’articolo 27, commi da 16 a 20, del decreto-legge n. 185 del 2008, al fine di contrastare il fenomeno dell’evasione da riscossione mediante indebite compensazioni, ha introdotto specifiche misure in materia di utilizzo in compensazione di crediti inesistenti, modificando il regime sanzionatorio nonché le modalità ed i termini applicabili sia per il controllo che per l’azione di recupero. In particolare, il comma 18 del citato articolo 27 prevede che l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti per il pagamento delle somme dovute è punito con la sanzione dal 100% al 200% della misura dei crediti stessi; la sanzione è elevata al 200% se l’ammontare dei crediti inesistenti utilizzati è superiore a cinquantamila euro per ciascun anno solare1.

Il precedente comma 16 del medesimo articolo stabilisce che la riscossione dei crediti inesistenti utilizzati in compensazione è effettuata mediante l’apposito atto di recupero di cui all’articolo 1, comma 421, della legge n. 311 del 2004. Tale norma prevede espressamente che l’atto di recupero è emesso “ferme restando le attribuzioni e i poteri previsti dagli articoli 31 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, nonché quelli previsti dagli articoli 51 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni”. Tra le attribuzioni ed i poteri sopra richiamati rientrano anche quelli disciplinati dagli articoli 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, per effetto dei quali l’amministrazione finanziaria, avvalendosi di procedure automatizzate, procede annualmente alla liquidazione dei tributi dovuti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti. In forza di questa previsione l’Agenzia delle Entrate, sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni e di quelli in possesso dell'anagrafe tributaria, provvede a:

1 Tale ultima disposizione è stata introdotta dall’articolo 7, comma 2, del decreto-legge n. 5 del 2009.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 158 correggere gli errori materiali e di calcolo commessi nella determinazione degli

imponibili, nella determinazione delle imposte, nel riporto delle eccedenze di imposta risultanti dalle precedenti dichiarazioni;

ridurre le deduzioni, le detrazioni ed i crediti d'imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione;

controllare la tempestività e la rispondenza con la dichiarazione dei versamenti dovuti in base alla dichiarazione stessa.

Nell’ambito di questa specifica attività di controllo, l’Agenzia delle Entrate verifica anche che l’ammontare delle compensazioni effettuate per ciascuna imposta non sia superiore a quanto dichiarato dal contribuente, sia in termini di disponibilità del credito che in termini di effettivo utilizzo dello stesso. Dal punto di vista sanzionatorio, l’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 462 del 1997 prevede che alle somme dovute a titolo di imposta o di minor credito, emerse a seguito dei controlli effettuati ai sensi degli articoli 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, si applica la sanzione per ritardato od omesso versamento stabilita dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997. Tale disposizione prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa nella misura del 30% di ogni importo non versato o versato in ritardo, “anche quando, in seguito alla correzione di errori materiali o di calcolo rilevati in sede di controllo della dichiarazione annuale, risulti una maggiore imposta o una minore eccedenza detraibile”. La stessa norma precisa ulteriormente che la sanzione in argomento “si applica nei casi di liquidazione della maggior imposta ai sensi degli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e ai sensi dell'articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633”. Da una lettura sistematica delle disposizioni normative sopra citate o richiamate si evince che l’unica sanzione applicabile alle violazioni rilevate in sede di controllo automatizzato delle dichiarazioni effettuato ai sensi degli articoli 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 – ancorché riferibili all’utilizzo in compensazione di crediti per un ammontare superiore a quanto dichiarato – è quella prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 471 del 1997 per i ritardati od omessi versamenti diretti. Tale sanzione rappresenta quindi la base su cui calcolare, eventualmente, le riduzioni previste dall’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 462 del 1997, in caso di pagamento delle somme dovute entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione degli esiti del controllo automatizzato, e dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, in caso di ravvedimento operoso del contribuente.

2. COMUNICAZIONE DEGLI ESITI DEL CONTROLLO PRIMA DELLA SCADENZA DEI TERMINI PER AVVALERSI DEL RAVVEDIMENTO

L’articolo 2 del d.P.R. n. 322 del 1998, al comma 8, prevede la possibilità per i contribuenti di correggere eventuali errori od omissioni commessi in sede di

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 159 redazione della dichiarazione, mediante presentazione di una successiva dichiarazione entro i termini stabiliti dall’articolo 43 del d.P.R. n. 600 del 1973. Per le irregolarità tributarie che ne derivano, l’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 472 del 1997 prevede la riduzione ad un ottavo2 delle sanzioni se la regolarizzazione avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all'anno nel corso del quale è stata commessa la violazione. Il medesimo articolo 13, tuttavia, subordina il beneficio della riduzione delle sanzioni alla condizione che “la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza”. Come già ricordato, nel rispetto di quanto stabilito dagli articoli 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, l’amministrazione finanziaria procede annualmente al controllo delle dichiarazioni presentate dai contribuenti, provvedendo a correggere gli eventuali errori commessi nella determinazione degli imponibili e delle imposte ed a verificare la congruità e la tempestività dei versamenti. In conseguenza di tale attività, nel rispetto del principio di conoscenza degli atti sancito dallo statuto dei diritti del contribuente (articolo 6 della legge n. 212 del 2000), prima di procedere all’iscrizioni a ruolo delle eventuali somme dovute l’Agenzia delle Entrate comunica al contribuente gli esiti del controllo effettuato, al fine di evitare la reiterazione degli errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali.

E’ il caso di ricordare, in proposito, che la comunicazione degli esiti del controllo automatizzato nei confronti del contribuente, secondo quanto previsto dall’articolo 2-bis del decreto-legge n. 203 del 2005, può essere effettuata direttamente, mediante raccomandata indirizzata al suo domicilio, ovvero indirettamente, in caso di specifica opzione, tramite avviso telematico inviato all’intermediario che ha curato la trasmissione della dichiarazione.

La ricezione della comunicazione (da parte del contribuente o dell’intermediario designato) non preclude, di per sé, la possibilità di presentare, nei termini previsti dalla norma, una dichiarazione integrativa per correggere eventuali errori od omissioni. E’ necessario, tuttavia, tener presente che, ai sensi dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 472 del 1997, la formale conoscenza da parte del contribuente (direttamente o per il tramite dell’intermediario) dell’inizio di una attività di controllo, come quella di cui agli articoli 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972, preclude la possibilità di avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso (e quindi di beneficiare della relativa riduzione delle sanzioni) con riferimento alle irregolarità riscontrabili con il medesimo controllo. In conclusione, il contribuente che abbia ricevuto la comunicazione degli esiti del controllo automatizzato della dichiarazione prima della scadenza del termine per avvalersi del ravvedimento operoso, non potrà beneficiare della relativa riduzione di sanzioni con riferimento alle irregolarità riscontrabili nell’ambito dell’attività di cui 2 Misura fissata dall’articolo 1, comma 20, lettera a), della legge n. 220 del 2010, con riferimento alle violazioni commesse a decorrere dal 1° febbraio 2011. Precedente misura: un decimo.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 160 agli articoli 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis del d.P.R. n. 633 del 1972 (come, ad esempio, l’errato riporto di un’eccedenza d’imposta risultante dalla dichiarazione precedente e, in genere, gli errori commessi nella determinazione degli imponibili e delle imposte). Il medesimo contribuente potrà, invece, avvalersi del ravvedimento per sanare quelle violazioni non rilevabili in sede di controllo automatizzato (come, ad esempio, l’omessa indicazione di un reddito percepito e, in genere, le violazioni che configurano l’infedeltà della dichiarazione), salvo che non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative delle quali l’interessato abbia avuto formale conoscenza.

IL DIRETTORE DELL’AGENZIA

Attilio Befera

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 161 Acconti 2011 cedolare secca: prima scadenza entro il 6 luglio 2011

Tonino Morina La scelta per la cedolare secca, relativa ai contratti di locazione di abitazione e pertinenze, si può manifestare con il cosiddetto comportamento concludente, versando l’acconto per il 2011. I versamenti della cedolare secca si eseguono entro i termini di versamento delle imposte per le persone fisiche, cioè, di norma, entro il 16 giugno 2011, o dal 17 giugno al 16 luglio 2011, con lo 0,40% in più. Questi termini, però, sono stati differiti al 6 luglio, o dal 7 luglio al 5 agosto 2011 maggiorando le somme da versare dello 0,40 per cento, dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 maggio 2011. Per il 2011 è stato previsto l’acconto dell’imposta nella misura dell’85% determinato con il metodo previsionale. L’acconto così determinato si versa in due rate: il 40 per cento dell’85% entro il 6 luglio, o dal 7 luglio al 5 agosto con la maggiorazione dello 0,40%; il 60 per cento dell’85% entro il 30 novembre. Se l’imposta dovuta non supera 257,52 euro, il versamento è dovuto in unica soluzione entro il 30 novembre.

Come specificato dall’Agenzia delle Entrate, nella circolare 26/E del 1° giugno 2011, l’acconto della cedolare secca per l’anno 2011 non è dovuto:

per i contratti stipulati tra il 1° novembre e il 31 dicembre 2011;

se l’importo su cui calcolare l’acconto è pari o inferiore a 51,65 euro. Acconto tassa piatta su base previsionale

In mancanza della base “storica” di riferimento, l’acconto della cedolare secca per il 2011 dovrà essere determinato su base previsionale. I contribuenti potranno tenere conto della corrispondente riduzione degli acconti Irpef per il 2011. Coloro che intendono applicare la cedolare secca per i contratti in corso nel 2011, se devono ancora presentare la dichiarazione dei redditi, modello 730/2011, tramite consegna al centro di assistenza fiscale o al professionista abilitato, iscritto nell’albo dei consulenti del lavoro o dei dottori commercialisti e esperti contabili, il cui termine di scadenza è stato differito al 20 giugno 2011, possono eseguire i versamenti di acconto della cedolare secca e, di conseguenza, ridurre gli acconti Irpef. In questo caso, gli acconti Irpef possono essere ridotti indicando il relativo importo al rigo F6 del quadro F del modello 730/2011, per i redditi del 2010. Chi ha già presentato il modello 730, può ridurre il primo acconto Irpef, presentando tempestivamente al sostituto d’imposta una comunicazione per indicare i minori importi a titolo di acconto che intende effettuare. La prima rata d’acconto della cedolare per il 2011 non è in ogni caso dovuta per i contratti stipulati a partire dal mese di giugno. Non sarà nemmeno dovuta la seconda rata in scadenza a novembre, in presenza di contratti stipulati a partire da novembre. Rimane fermo che, così come è previsto per gli acconti Irpef, gli eventuali versamenti in più per la cedolare secca, che risulteranno dalle dichiarazioni, potranno poi essere usati per ridurre gli altri versamenti per gli anni successivi, così come potranno essere usati in compensazione con i pagamenti da fare con il modello F24. Per i versamenti della cedolare secca sono stati istituiti i seguenti codici tributo: 1840, per l’acconto della prima rata; 1841, per l’acconto della seconda rata o acconto in unica soluzione; 1842, per il saldo (risoluzione 59/E del 25 maggio 2011).

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 162 Imponibile della cedolare secca senza riduzioni

E’ stabilito che la cedolare secca si applica ai soli redditi derivanti da contratti di locazione per i quali il locatore esercita l’opzione, rinunciando anche all’applicazione degli aggiornamenti del canone. Nello stesso periodo d’imposta si potranno avere, pertanto, redditi fondiari derivanti da contratti di locazione soggetti a tassa piatta e redditi fondiari soggetti a Irpef e relative addizionali. La base imponibile della cedolare secca è costituita dal canone di locazione annuo stabilito dalle parti. L’imposta deve, pertanto, essere calcolata assumendo una base imponibile più elevata rispetto a quella da assoggettare ad Irpef e relative addizionali, in quanto sul canone stabilito contrattualmente non possono essere operate riduzioni. Infatti, diversamente da quanto accade ai fini della tassazione Irpef, per chi sceglie la cedolare secca, il canone non può essere decurtato né dell’abbattimento forfetario del 15% previsto ordinariamente per gli immobili concessi in locazione, né di quello del 25% previsto per i fabbricati siti nei comuni di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano. Resta fermo che il reddito derivante dai contratti per cui è stata esercitata l’opzione per la cedolare non può essere, comunque, inferiore al reddito determinato a norma dell’articolo 37, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi Dpr 917/1986. È quindi necessario confrontare i canoni di locazione maturati nel periodo di vigenza dell’opzione per la cedolare secca con l’importo della rendita catastale relativa allo stesso periodo di tempo. Il reddito da assoggettare alla cedolare secca, in sostituzione dell’Irpef e delle relative addizionali, è pari all’importo più elevato. In particolare, i termini da confrontare sono costituiti:

dall’ammontare dei canoni di locazione maturati nel periodo di vigenza dell’opzione per la cedolare secca, assunti senza operare alcun abbattimento;

dall’ammontare della rendita catastale riferita al medesimo periodo determinata secondo le regole ordinarie, vale a dire con la rivalutazione del 5%. La cedolare secca deve essere applicata soltanto sui canoni, o sulla rendita se superiore, relativi alle annualità contrattuali per le quali è stata esercitata la relativa opzione.

Coesistenza Irpef e cedolare secca per i contratti in corso d’anno Per l’agenzia delle Entrate, in relazione ai contratti con decorrenza in corso d’anno, l’annualità contrattuale non coincide con il periodo d’imposta e, quindi, nel medesimo periodo d’imposta possono coesistere sia annualità contrattuali per le quali è stata esercitata l’opzione per la cedolare secca, sia annualità contrattuali per le quali deve essere applicata l’Irpef e le relative addizionali. Nello stesso periodo d’imposta possono altresì coesistere sia annualità per le quali è stata esercitata l’opzione per la cedolare secca, sia periodi in cui l’immobile non è oggetto di contratti di locazione, perché è tenuto a disposizione, o usato direttamente dal proprietario. La norma consente di assoggettare a tassa piatta il solo canone derivante dal contratto di locazione per il quale è stata esercitata la relativa opzione. Il canone derivante dal contratto di locazione per il quale non è stata esercitata la relativa opzione, o la rendita derivante dall’unità abitativa non locata costituiscono reddito da assoggettare a Irpef e relative addizionali con le modalità ordinarie. Perciò, se al momento della registrazione, o alla decorrenza delle successive annualità, è stata esercitata l’opzione per la cedolare secca, i canoni di tali annualità che maturano nel periodo d’imposta devono essere soggetti alla cedolare secca. Sui canoni maturati nello stesso periodo d’imposta, relativi alle annualità per le quali non è stata espressa l’opzione o per i

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 163 quali è stata revocata, restano applicabili le ordinarie modalità di tassazione del reddito fondiario.

Versamenti con il modello F24 L’agenzia delle Entrate, nella circolare 26/E del 1° giugno 2011, indica, al paragrafo 7, le modalità di versamento, specificando che la tassa piatta è versata con l’apposito codice separatamente dall’Irpef, ma con le stesse modalità ed entro gli stessi termini. Con risoluzione n. 59/E del 25 maggio 2011, l’Agenzia delle Entrate ha istituito i seguenti codici tributo per il versamento, tramite modello F24, della cedolare secca: codice 1840, acconto prima rata; codice 1841, acconto seconda rata o acconto in unica soluzione; codice 1842, saldo. Anche per la cedolare secca sono dovuti, pertanto, versamenti in acconto e a saldo, e sono applicabili le regole in tema di compensazione. Ciò significa che, ad esempio, si potrà usare un credito Irpef relativo al 2010 per compensare l’acconto dovuto per il 2011 a titolo di cedolare secca. Per gli acconti relativi all’anno 2011, la cedolare secca è versata con il modello F24 anche dalle persone fisiche che dichiarano i redditi con il modello 730/2011, avvalendosi dell’assistenza fiscale. Come si è detto, è possibile applicare il metodo previsionale. L’acconto non è comunque dovuto e l’imposta è versata interamente a saldo se l’importo su cui calcolarlo non supera 51,65 euro. L’acconto della cedolare secca è unitario; quindi, per verificare se l’importo dell’acconto deve essere versato in due rate o in unica rata, o per verificare se l’acconto non è dovuto, occorre sommare tutti gli importi della cedolare dovuta per ogni contratto di locazione per cui sia stata esercitata la relativa opzione nel periodo di riferimento. Nel caso in cui l’anno di prima applicazione della cedolare secca sia anche il primo anno di possesso dell’immobile, non è dovuto acconto considerato che il relativo reddito nel precedente periodo di imposta non è stato assoggettato a imposta. Per l’Agenzia delle Entrate, se l’anno di prima applicazione della cedolare è il 2011, l’acconto della cedolare è, invece, dovuto in quanto, per tutti i contratti in corso in tale anno, i contribuenti che scelgono la tassa piatta sono obbligati al versamento dell’acconto. Nell’ipotesi in cui si revochi l’opzione per la cedolare secca e quindi il reddito dell’immobile sia soggetto a cedolare secca solo per una parte del periodo di imposta, è comunque possibile determinare l’acconto dovuto per il periodo di imposta di uscita dal regime della cedolare secca, con metodo previsionale.

L’acconto per il 2011 è dovuto nella misura dell’85 per cento L’Agenzia delle Entrate, nella circolare 26/E del 1° giugno 2011, al paragrafo 8.2 “versamento degli acconti”, avverte che, per il 2011, l’acconto è stato previsto nella misura dell’85% dell’importo della cedolare secca che risulta dovuta per tale anno. Si applicano le regole ordinarie in materia di obbligo di versamento dell’acconto che, pertanto, è dovuto in unica rata entro il 30 novembre 2011, se di importo inferiore a 257,52 euro e in due rate, se di importo pari o superiore a 257,52 euro. In questo caso, la prima rata, pari al 40 per cento dell’acconto, deve essere versata entro il 6 luglio 2011, o entro il 5 agosto 2011 con la maggiorazione dello 0,40% a titolo di interesse. La prima rata dell’acconto della tassa piatta può essere versata ratealmente e sugli importi rateati sono dovuti gli interessi, secondo le disposizioni previste per la rateazione dell’Irpef, cioè nella misura del 4 per cento annuo; la seconda rata, pari al 60 per cento dell’importo dovuto, si versa entro il 30 novembre 2011. L’acconto per il 2011 non è dovuto e la cedolare secca è versata interamente a saldo se l’importo su cui calcolare il relativo acconto non supera 51,65 euro.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 164 Versamenti acconto 2011 della cedolare

Versamenti in acconto dell’85% per il 2011

Decorrenza Rate Scadenza

Contratti in corso al 31 maggio o scaduti e risolti entro il 31 maggio 2011

Unica rata

(se l’acconto è inferiore a 257,52 euro)

30 novembre 2011

Due rate

(se l’acconto è pari o superiore a 257,52 euro)

Prima rata (40%):

6 luglio

Seconda rata (60%):

30 novembre

Contratti decorrenti dal 1° giugno 2011

Unica rata 30 novembre 2011

Contratti decorrenti dal 1° novembre 2011

Non dovuto Non dovuto

L’acconto non è comunque dovuto se l’importo su cui calcolarlo è inferiore a 51,65 euro

L’Agenzia delle Entrate, nella predetta circolare 26/E, fornisce alcuni esempi di determinazione degli acconti dell’85% per il 2011. Entro il 6 luglio 2011, prima rata (40% dell’acconto):

per i contratti in corso al 31 maggio 2011 (anche se conclusi prima del 7 aprile), se l’acconto dovuto è pari o superiore a 257,52 euro;

per i contratti scaduti, ovvero oggetto di risoluzione volontaria entro il 31 maggio 2011, se l’acconto dovuto è pari o superiore a 257,52 euro. Entro il 30 novembre 2011, seconda rata (60% dell’acconto):

per i contratti in corso al 31 maggio 2011 (anche se conclusi prima del 7 aprile), se l’acconto dovuto è pari o superiore a 257,52 euro;

per i contratti scaduti, ovvero oggetto di risoluzione volontaria entro il 31 maggio 2011, se l’acconto dovuto è pari o superiore a 257,52 euro. Entro il 30 novembre 2011, unica rata (100% dell’acconto):

per i contratti in corso al 31 maggio 2011 (anche se conclusi prima del 7 aprile), se l’acconto dovuto è inferiore a 257,52 euro;

per i contratti scaduti, ovvero oggetto di risoluzione volontaria entro il 31 maggio 2011, se l’acconto dovuto è inferiore a 257,52 euro;

per i contratti con decorrenza tra il 1° giugno e il 30 ottobre 2011.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 165 Acconto non dovuto e versamento della cedolare secca a saldo:

per i contratti con decorrenza tra il 1° novembre e il 31 dicembre 2011; se l’importo su cui calcolare l’acconto è pari o inferiore a 51,65 euro.

Per l’Agenzia delle Entrate, se nell’anno 2011 sono stipulati più contratti di locazione, in relazione allo stesso immobile o a immobili diversi, l’acconto dell’85% è dovuto sommando l’importo della cedolare secca dovuta in relazione alla decorrenza propria di ciascun contratto. Potrà verificarsi, infatti, che per l’anno 2011, per alcuni contratti è dovuto l’acconto della tassa piatta, mentre per un altro non è dovuto, ad esempio perché il contratto ha decorrenza successiva al 31 ottobre 2011.

La riduzione dell’acconto Irpef Per le Entrate, tenuto conto dell’obbligo di versamento in acconto dell’85% della cedolare secca per il 2011, l’acconto Irpef per lo stesso periodo di imposta 2011 è correttamente determinato se pari al 99% dell’Irpef dovuta sulla base della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta precedente, assumendo il relativo reddito senza considerare il reddito fondiario prodotto nel 2010 dagli immobili abitativi per i quali, nel 2011, il contribuente si avvale della cedolare secca per l’intero periodo di imposta. Se nel 2011, per determinati immobili abitativi, il contribuente si avvale della tassa piatta solo per una parte del periodo di imposta, ad esempio per i mesi da settembre a dicembre 2011, ai fini dell’acconto Irpef per il 2011, non si dovrà considerare il reddito fondiario prodotto dagli stessi immobili nei mesi da settembre a dicembre 2010.

Sanzione del 30% e ravvedimento per i tardivi od omessi versamenti Per sanare gli omessi o tardivi versamenti della cedolare secca, valgono le regole previste per i tributi. Pertanto, i contribuenti dispongono di due tipi di ravvedimento, meglio conosciuti come ravvedimento “breve” e ravvedimento “lungo”. Il ravvedimento “breve” o “mensile” può essere effettuato entro i 30 giorni successivi alla scadenza; il ravvedimento “lungo” o “annuale” può essere effettuato entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è commessa la violazione. Per le violazioni commesse, di tardivi od omessi versamenti della cedolare secca o di altri tributi:

in caso di ravvedimento “breve”, la sanzione del 30% si riduce a un decimo del minimo, cioè al 3%, purché il relativo versamento venga eseguito nel termine di 30 giorni dalla data della commissione della violazione;

in caso di ravvedimento “lungo”, la sanzione del 30% si riduce a un ottavo del minimo, cioè al 3,75%, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione o, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore. Sono anche dovuti gli interessi legali dell’1,5% annuo dal giorno successivo alla scadenza del pagamento, fino al giorno in cui si paga con il ravvedimento.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 166 Chiariti tempi e adempimenti da rispettare

per aderire alla tassa piatta

L’opzione per la cedolare secca segue i termini del contratto

Salvina Morina (*) (* Esperto fiscale del Sole 24-Ore)

La scelta per la cedolare secca o tassa piatta segue i tempi del contratto. Di norma, infatti, l’opzione deve essere esercitata in sede di registrazione del contratto ed esplica i suoi effetti per l’intera durata del contratto. Sono invece diversi i tempi per l’opzione in caso di contratti in corso. Le condizioni per la scelta della cedolare secca sugli affitti di unità abitative e relative pertinenze sono illustrate dall’Agenzia delle Entrate nel paragrafo 2.1 “esercizio dell’opzione”, della circolare 26/E del 1° giugno 2011. La scelta, facoltativa, per la tassa piatta è riservata alle persone fisiche titolari del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate, che non agiscono nell’esercizio di un’attività di impresa, o di arti e professioni. L’opzione comporta l’assoggettamento del canone di locazione a un’imposta operata nella forma della cedolare secca. L’adesione si esercita con opzione vincolante per l’intera durata del contratto salvo revoca e deve essere comunicata con il modello Siria, esclusivamente in via telematica, se ne ricorrono le condizioni, o, in alternativa, con il nuovo modello 69 “modello per la richiesta di registrazione degli atti e per gli adempimenti successivi”.

Chi intende aderire alla tassa piatta deve rispettare le seguenti scadenze a seconda della data del contratto. In particolare:

per i contratti per i quali è stata effettuata la registrazione non deve essere comunicata opzione, né in via telematica, né presso l’ufficio, e l’eventuale applicazione del nuovo regime può avvenire in sede di dichiarazione dei redditi da presentare nel 2012 per i redditi 2011;

per i contratti da stipulare dal 2012 in poi, in applicazione della regola generale, la registrazione con opzione per la cedolare secca deve comunque avvenire entro i termini per il versamento dell’imposta di registro, quindi entro 30 giorni dalla data del contratto, e deve essere espressa con la presentazione del modello 69.

L’opzione per la cedolare secca o tassa piatta non ha effetto se il locatore non ha preventivamente comunicato al conduttore, con lettera raccomandata, la rinuncia ad esercitare la facoltà a chiedere l’aggiornamento del canone.

Due aliquote, 21 o 19%, e imponibile senza sconti La tassa piatta si può applicare in relazione ai contratti di locazione che hanno per oggetto immobili ad uso abitativo locati per finalità abitative assieme anche alle relative pertinenze. Le aliquote della cedolare sono due, 21 per cento, o in alternativa,

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 167 il 19 per cento. L’applicazione della prima, o della seconda percentuale, è condizionata dal tipo di contratto d’affitto sottoscritto tra le parti:

21% per i contratti a canone libero;

19% per i contratti a canone concordato (per i Comuni ad alta densità abitativa). La base imponibile della cedolare secca è costituita dal canone di locazione annuo stabilito dalle parti. L’imposta deve, pertanto, essere calcolata assumendo una base imponibile più elevata rispetto a quella prevista ai fini della determinazione del reddito fondiario da assoggettare a Irpef e relative addizionali, in quanto sul canone stabilito contrattualmente non possono essere operate riduzioni.

La tassa sulla cedolare secca sostituisce: l’Irpef e le relative addizionali sul reddito fondiario prodotto dall’immobile locato;

l’imposta di registro sul contratto di locazione, di norma prevista nella misura del 2% del canone pattuito;

l’imposta di bollo sul contratto di locazione nella misura di 14,62 euro. La cedolare secca sostituisce, inoltre, le imposte di registro e di bollo, se dovute, anche sulle risoluzioni e sulle proroghe del contratto di locazione.

Come si sceglie la cedolare secca Il regime di tassazione della cedolare secca ha carattere facoltativo e, pertanto, la sua applicazione è subordinata all’esercizio di un’opzione da parte del locatore. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate ricorda che l’obbligo della registrazione deve essere adempiuto per i contratti di locazione di immobili esistenti nel territorio dello Stato nel termine fisso di trenta giorni, che decorre:

per i contratti scritti, dalla data di formazione dell’atto o, se antecedente dalla data di esecuzione;

per i contratti verbali, dalla data di inizio della loro esecuzione. In caso di proroga, anche tacita, del contratto di locazione, l’opzione per il

regime della cedolare secca deve essere esercitata entro il termine di versamento dell’imposta di registro, vale a dire entro 30 giorni dal momento della proroga, tramite la presentazione del modello per la richiesta di registrazione degli atti e per gli adempimenti successivi (modello 69). E’ inoltre previsto che, se non è stata esercitata l’opzione in sede di registrazione del contratto o di proroga, è possibile accedere al regime della cedolare secca per le annualità successive, esercitando l’opzione entro il termine previsto per il versamento dell’imposta di registro dovuta annualmente sull’ammontare del canone relativo a ciascun anno, vale a dire entro 30 giorni dalla scadenza di ciascuna annualità. Questa modalità deve essere osservata anche nel caso in cui il contribuente abbia corrisposto l’imposta dovuta per la registrazione del contratto in unica soluzione al momento della registrazione.

L’opzione per la cedolare secca, esercitata entro il termine di versamento dell’imposta di registro dovuta per le annualità successive, esclude l’applicazione dell’Irpef e delle relative addizionali sul reddito fondiario, mentre le imposte di registro e bollo già versate non possono comunque essere oggetto di rimborso.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 168 Al riguardo, nel paragrafo 2.1 “esercizio dell’opzione”, della circolare 26/E

del 1° giugno 2011, l’Agenzia delle Entrate fornisce il seguente esempio. Esempio:

contratto di locazione pluriennale stipulato il 15 luglio 2011 per il quale il locatore non abbia optato per il regime della cedolare secca al momento della registrazione ed abbia assolto l’imposta di bollo sul contratto e l’imposta di registro in una unica soluzione. L’opzione per il regime della cedolare secca per l’annualità successiva deve essere effettuata entro il termine di scadenza del versamento dell’imposta di registro relativa alla seconda annualità, quindi entro il 14 agosto 2012.

La scelta della tassa piatta per i contratti non soggetti a registrazione Nel paragrafo 2.2 “esercizio dell’opzione per i contratti non soggetti a registrazione”, della circolare 26/E del 1° giugno 2011, l’Agenzia delle Entrate richiama il comma 2 dell’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, il quale stabilisce che <<La cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione>>. Si tratta dei contratti di locazione di immobili, non formati per atto pubblico o scrittura privata autentica, di durata non superiore a trenta giorni complessivi nell’anno. La durata del contratto deve essere determinata computando tutti i rapporti di locazione anche di durata inferiore a trenta giorni intercorsi nell’anno con il medesimo locatario. Se la durata del contratto così determinata è inferiore a 30 giorni nell’anno è previsto l’obbligo della registrazione solo in caso d’uso. In base al punto 1.3.3 del provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate, del 7 aprile 2011, per i contratti per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione in termine fisso, il locatore può applicare la cedolare secca in sede dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel quale è prodotto il reddito. In questo caso, l’opzione esercitata in sede di dichiarazione dei redditi esplica effetti anche ai fini dell’imposta di registro nell’ipotesi in cui la registrazione volontaria o in caso d’uso del contratto sia successiva alla dichiarazione. Nell’ipotesi in cui il contribuente provvede alla registrazione volontaria o in caso d’uso del contratto in data antecedente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, l’opzione per la cedolare secca deve essere esercitata in sede di registrazione del contratto. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate fornisce il seguente esempio.

Esempio Contratto di locazione di durata 4 agosto – 25 agosto 2012 non registrato. La cedolare secca è applicata in sede di dichiarazione dei redditi 2013 per i redditi 2012. Contratto di locazione di durata 7 luglio – 28 luglio 2012 registrato volontariamente in data 10 luglio 2010. L’opzione si esercita in sede di registrazione del contratto.

Per i contratti di locazione in esame il contribuente, sia che intenda esercitare l’opzione in sede di dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel quale è prodotto il reddito, sia che intenda esercitarla in sede di registrazione, deve comunque versare l’acconto della cedolare secca, se dovuto.

Cedolare secca applicabile dal 2011 Per l’Agenzia delle Entrate, la scelta della tassa piatta può essere fatta a

partire dal 2011 e, in particolare, può riguardare i contratti in corso alla data del 1° gennaio 2011, anche se scaduti o oggetto di risoluzione prima del 7 aprile 2011. Resta fermo che non possono comunque essere rimborsate l’imposta di registro e l’imposta di bollo già versate. Per questi contratti, per i quali sia già stata effettuata, se richiesta,

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 169 la registrazione del contratto o sia stata già corrisposta l’imposta di registro dovuta per la risoluzione del contratto, non devono essere presentate opzioni per la cedolare secca, né in via telematica, né presso l’ufficio, e l’eventuale applicazione del nuovo regime di tassazione può avvenire direttamente in sede di dichiarazione dei redditi da presentare nell’anno 2012 per i redditi 2011. Ciò presuppone, naturalmente, che sia versato nel 2011 l’acconto della cedolare secca per lo stesso anno, se dovuto. Lo stesso criterio è applicabile anche alle proroghe dei contratti intervenute prima del 7 aprile 2011 e per le quali alla predetta data sia già stato eseguito il versamento dell’imposta di registro. Anche in questo caso il contribuente può avvalersi della cedolare secca direttamente in sede di dichiarazione dei redditi. L’applicazione della cedolare secca riferita all’annualità scadente nel 2011 in sede di dichiarazione dei redditi da presentare nell’anno 2012 (redditi 2011), può avere effetti anche per l’annualità contrattuale successiva, vale a dire per l’annualità decorrente dall’anno 2011. L’applicazione della cedolare secca in sede di dichiarazione dei redditi può riguardare, pertanto, sia entrambe le annualità, vale a dire quella che scade nel 2011 e quella che decorre dallo stesso anno e scade nel 2012, sia una soltanto di esse.

Attenzione. Per le Entrate, per l’annualità decorrente dal 2012 e per le successive, in applicazione della regola generale, il contribuente che intenda avvalersi della cedolare secca dovrà comunque, entro i termini previsti per il versamento dell’imposta di registro relativa a detta annualità, esprimere la relativa scelta con il modello 69.

La comunicazione obbligatoria al conduttore L’Agenzia delle Entrate, nella circolare 26/E del 1° giugno 2011, al paragrafo

2.3, detta le modalità di “comunicazione dell’opzione al conduttore”. Il comma 11 dell’articolo 3 del decreto legislativo 23/2011 dispone che, nel caso in cui il locatore opta per l’applicazione della cedolare secca, è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT verificatasi nell’anno precedente (indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati con riferimento all’anno precedente). Perciò, il locatore che intende accedere al regime della cedolare secca deve rinunciare per il periodo corrispondente alla durata dell’opzione alle variazioni del canone che derivino dall’applicazione di indici di aggiornamento, inclusa la variazione dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (F. O. I.). E’ importante rilevare che, a norma dello stesso comma 11 dell’articolo 3 del decreto legislativo 23/2011, <<L’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l'aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Le disposizioni di cui al presente comma sono inderogabili>>.

Il locatore, per beneficiare del regime della cedolare secca, deve quindi comunicare preventivamente al conduttore, tramite lettera raccomandata, la scelta per il regime alternativo di tassazione e la conseguente rinuncia, per il corrispondente periodo di durata dell’opzione, <<ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo>>. È esclusa la validità della raccomandata consegnata a mano, anche con ricevuta sottoscritta dal conduttore. In caso di più conduttori, l’opzione va comunicata a ciascuno di essi.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 170 Attenzione

Il locatore che adotta il regime della cedolare secca per l’intera durata del contratto non potrà, quindi, chiedere gli aggiornamenti del canone per l’intero periodo cui si riferisce l’opzione. Qualora in sede di proroga il contribuente confermi l’opzione per la cedolare secca, dovrà rinunciare agli aggiornamenti del canone anche per il periodo di durata della proroga. La comunicazione deve essere inviata al conduttore prima di esercitare l’opzione per la cedolare secca, e, pertanto, in linea generale, prima di procedere alla registrazione del contratto, o prima del termine di versamento dell’imposta di registro per le annualità successive. Il conduttore che riceve tale comunicazione è così posto in condizione di sapere che, per il periodo di durata dell’opzione, non è tenuto al pagamento dell’imposta di registro.

Nessun aumento per gli anni in cedolare secca Per le Entrate, nel caso in cui l’opzione esercitata in sede di registrazione del

contratto e, quindi, all’inizio della prima annualità, sia revocata a valere dalla seconda annualità, resta comunque valida la rinuncia del locatore agli aggiornamenti del canone per un periodo corrispondente a quello della prima annualità per il quale il locatore si è avvalso del regime della tassa piatta. Pertanto, il locatore non può chiedere gli aggiornamenti del canone relativi alla seconda annualità.

Attenzione: per gli immobili posseduti in comproprietà, l’opzione esercitata da parte di un solo locatore, comporta la rinuncia agli aggiornamenti del canone a qualsiasi titolo, anche da parte dei comproprietari che non hanno optato per il regime della cedolare secca. Per l’Agenzia delle Entrate, considerato che il canone è pattuito contrattualmente in maniera unitaria, non appare, infatti, possibile differenziarne l’ammontare in ragione delle quote di possesso di ciascun comproprietario.

I modelli di comunicazione dell’opzione La registrazione del contratto di locazione, come indicato nel del 7 aprile

2011, con opzione facoltativa dei locatori per la cedolare secca, è effettuata tramite la presentazione, esclusivamente in via telematica, del modello Siria, denuncia per la registrazione telematica dei contratti di locazione di beni immobili a uso abitativo e relative pertinenze ed esercizio dell’opzione per la cedolare secca. La nuova modalità di registrazione semplificata può essere usata solo per i contratti che contengono esclusivamente la disciplina del rapporto di locazione e che presentano le seguenti ulteriori caratteristiche:

un numero di locatori non superiore a tre, ciascuno dei quali esercita l’opzione per la cedolare secca in relazione alla propria quota di possesso;

un numero di conduttori non superiori a tre; una sola unita abitativa ed un numero di pertinenze non superiori a tre; solo immobili censiti con attribuzione di rendita. La modalità telematica di registrazione può essere impiegata solo per i

contratti di locazione che non contengono disposizioni o clausole aggiuntive rispetto al rapporto di locazione dell’immobile abitativo, quali, ad esempio, fideiussioni prestate da terzi, locazioni congiunte di immobili abitativi e strumentali, eccetera. I contribuenti che usano la modalità telematica di registrazione ed esercizio dell’opzione devono comunque conservare il relativo contratto, che deve essere esibito a richiesta degli organi preposti al controllo. La presentazione del modello Siria può essere effettuata direttamente dai contribuenti abilitati ai servizi telematici o

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 171 tramite i soggetti incaricati di cui all’articolo 3, comma 3, del Dpr 22 luglio 1998, n. 322. Il modello Siria può essere presentato anche dagli intermediari abilitati alla trasmissione dei contratti di locazione con il modello 69, indicati dall’articolo 15 del decreto ministeriale 31 luglio 1998:

organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative, firmatarie delle convenzioni nazionali stipulate a norma dell’articolo 4, comma 1, della legge 431 del 1998;

agenzie di mediazione immobiliare iscritte nei ruoli dei mediatori tenuti dalle Camere di commercio, industria, agricoltura ed artigianato;

soggetti, anche organizzati in forma associativa o federativa degli utenti, appositamente delegati e aventi adeguata capacità tecnica, economica, finanziaria e organizzativa;

agenzie che svolgono, per conto dei propri clienti, attività di pratiche amministrative presso amministrazioni ed enti pubblici, purché titolari di licenza rilasciata a norma dell’articolo 115 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;

iscritti all’albo professionale dei geometri, anche riuniti in forma associata. Con il richiamato provvedimento del 7 aprile 2011 è stato approvato anche il nuovo “modello per la richiesta di registrazione degli atti e per gli adempimenti successivi (modello 69)”. Il nuovo modello 69, che può essere usato anche in alternativa al modello Siria, deve essere impiegato per la registrazione dei contratti di locazione, nei casi non previsti dal modello Siria, e degli adempimenti successivi dei contratti di locazione (cessioni, risoluzioni e proroghe anche tacite). Il modello 69 si deve presentare presso qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate dal contribuente che chiede la registrazione del contratto di locazione. In caso di mancato esercizio dell’opzione, o nel caso in cui siano presenti una pluralità di locatori e solo alcuni di essi esercitino l’opzione per il regime della cedolare secca, occorre produrre, per la richiesta di registrazione del contratto, l’attestazione del pagamento delle imposte.

Cedolare secca vincolata al periodo contrattuale

Il termine per la presentazione del modello 69 o per la trasmissione del modello Siria, è di 30 giorni dalla data del contratto. E’ importante precisare che, per i contratti per i quali si intende optare per la cedolare secca, vale il periodo “contrattuale” piuttosto che il periodo d’imposta. Quindi, tutti gli adempimenti che seguono alla registrazione, quali le comunicazioni di proroga, cessione e risoluzione, devono rispettare le scadenze della data del contratto piuttosto che del periodo d’imposta.

Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate fornisce l’esempio di un contratto di locazione ad uso abitativo in scadenza il 12 giugno 2011, che si intende rinnovare optando per la “tassa piatta”. In questo caso, si deve presentare il modello 69 entro l’11 luglio 2011, presso qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Invece, il versamento di acconto della cedolare secca per il 2011, se dovuto, pari all’85 per cento, scade il 30 novembre 2011.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 172 L’opzione per la tassa piatta ha effetto solo se ne è a conoscenza il conduttore

Per accedere alla cedolare secca raccomandata d’obbligo all’inquilino

Salvina Morina (Esperto fiscale del Sole 24-Ore) La cedolare secca prevede una comunicazione preventiva all’opzione. E’ infatti disposto che il locatore, per beneficiare del nuovo regime di tassazione della cedolare secca per gli immobili affittati ad uso abitativo, deve preventivamente comunicare la scelta al conduttore. E’ esattamente il comma 11 dell’articolo 3 del decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011 a stabilire che: “L’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Le disposizioni di cui al presente comma sono inderogabili”. E’ l’Agenzia delle Entrate, con circolare 26/E del 1° giugno 2011, al paragrafo 2.3 “comunicazione dell’opzione al conduttore”, a spiegare, inoltre, che il locatore, per beneficiare del regime della cedolare secca, deve comunicare preventivamente al conduttore, tramite lettera raccomandata, la scelta per il regime alternativo di tassazione e la conseguente rinuncia, per il corrispondente periodo di durata dell’opzione, “ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo”. In caso di più conduttori, l’opzione deve essere comunicata a ciascuno di essi.

Importante È esclusa la validità, ai fini dell’opzione per la cedolare secca, della raccomandata consegnata a mano, anche con ricevuta sottoscritta dal conduttore.

Raccomandata d’obbligo ai conduttori La scelta, facoltativa, per la tassa piatta, è riservata alle persone fisiche titolari del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate, che non agiscono nell’esercizio di un’attività di impresa, o di arti e professioni. L’opzione comporta l’assoggettamento del canone di locazione a un’imposta operata nella forma della cedolare secca. Come si è detto, il locatore, per applicare la tassa piatta, deve comunicare preventivamente al conduttore, tramite lettera raccomandata, la scelta per il regime alternativo di tassazione e la conseguente rinuncia, per il corrispondente periodo di durata dell’opzione, a chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Al riguardo, l’agenzia delle Entrate, nel paragrafo 8.3 della circolare 26/E del 1° giugno 2011, che ha per titolo “comunicazione di rinuncia agli aggiornamenti”, precisa che, anche per il 2011, l’applicazione della cedolare secca è subordinata alla condizione che il locatore rinunci a chiedere l’aggiornamento del canone, pena l’inapplicabilità del nuovo regime, e che ne dia preventiva comunicazione al conduttore. La comunicazione per l’applicazione della cedolare secca, di norma, deve essere inviata al conduttore prima dell’esercizio dell’opzione.

Occorre ricordare che la base imponibile della tassa piatta è costituita dal canone di locazione annuo stabilito dalle parti. L’imposta deve, pertanto, essere calcolata assumendo una base imponibile più elevata rispetto a quella da assoggettare ad Irpef

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 173 e relative addizionali, in quanto sul canone stabilito contrattualmente non può essere operata alcuna riduzione. Infatti, diversamente da quanto accade ai fini della tassazione Irpef, per chi sceglie la cedolare secca, il canone non può essere decurtato, ad esempio, né dell’abbattimento forfetario del 15% previsto ordinariamente per gli immobili concessi in locazione, né di quello del 25% previsto per i fabbricati siti nei comuni di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano.

Termini per la comunicazione dell’opzione al conduttore

Per il 2011, per i contratti scaduti o risolti, già registrati, prorogati e con imposta di registro già versata alla data del 7 aprile 2011, la condizione richiesta dalla norma è rispettata se la rinuncia è comunicata al conduttore, con lettera raccomandata, nel termine stabilito per il versamento del primo acconto dovuto, che può essere:

entro il 6 luglio 2011, se l’acconto è dovuto in due rate;

entro il 30 novembre 2011, se l’acconto è dovuto in unica rata;

ovvero, se non è dovuto acconto, entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi del 2011, da presentare nel 2012. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate, nella predetta circolare 26/E, al punto 8.1, afferma che per questi contratti, per i quali sia già stata effettuata, se richiesta, la registrazione o sia stata già corrisposta l’imposta di registro dovuta per la risoluzione del contratto, non devono essere presentate opzioni per la cedolare secca, né in via telematica, né presso l’ufficio, e l’eventuale applicazione del nuovo regime di tassazione può avvenire direttamente in sede di dichiarazione dei redditi da presentare nell’anno 2012 per i redditi 2011. Ciò presuppone, naturalmente, che sia stato versato nell’anno 2011 l’acconto della cedolare secca per il medesimo anno, se dovuto. Lo stesso criterio è applicabile anche alle proroghe dei contratti intervenute prima del 7 aprile 2011 e per le quali alla predetta data sia già stato eseguito il versamento dell’imposta di registro. Anche in questo caso, il contribuente può avvalersi della cedolare secca direttamente in sede di dichiarazione dei redditi. L’applicazione della cedolare secca riferita all’annualità scadente nel 2011 in sede di dichiarazione dei redditi per l’anno 2011, da presentare nell’anno 2012 con il modello 730/2012 o con il modello Unico persone fisiche 2012, può avere effetti anche per l’annualità contrattuale successiva, vale a dire per l’annualità decorrente dall’anno 2011.

Attenzione: l’opzione per il 2012 e anni successivi L’opzione per il 2012 e annualità successive deve essere confermata, entro i termini previsti per il pagamento dell’imposta di registro relativa all’annualità 2012, con la presentazione del modello 69. E’ importante ricordare che, anche i contratti con cedolare secca, rispettano le scadenze e i termini per i rinnovi, le risoluzioni e proroghe dell’annualità contrattuale piuttosto che del periodo d’imposta.

Contratti registrati dal 7 aprile 2011 Il proprietario di contratti registrati a partire dal 7 aprile 2011 esercita l’opzione per la cedolare secca nei modi ordinari, vale a dire in sede di registrazione del contratto con il modello Siria, se ne ricorrono i presupposti, o con il modello 69. L’opzione

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 174 esercitata in sede di registrazione ha effetti per l’intera durata del contratto, salvo revoca. Anche per le proroghe dei contratti per le quali il termine per il versamento dell’imposta di registro non è ancora decorso alla data del 7 aprile, l’applicazione della cedolare secca è subordinata all’esercizio dell’opzione, ma è necessario utilizzare esclusivamente il modello 69, come previsto, in linea generale, in caso di opzione esercitata in sede di proroga. L’opzione può essere espressa anche in sede di risoluzione del contratto e comporta la non applicazione dell’imposta di registro dovuta per la risoluzione. L’opzione deve essere esercitata con il modello 69 per i contratti risolti per i quali alla data del 7 aprile non era ancora scaduto il termine per il versamento dell’imposta di registro e per i contratti risolti successivamente a tale data. Contratti già registrati con termini in scadenza dal 7 aprile 2011 al 6 giugno 2011 Per i contratti per i quali il termine di registrazione scadeva tra il 7 aprile e il 6 giugno 2011, la registrazione, con eventuale esercizio dell’opzione, poteva essere effettuata entro il 6 giugno 2011. Gli stessi termini di registrazione e di esercizio dell’opzione si riferiscono alle proroghe per le quali il termine di pagamento dell’imposta di registro scadeva tra il 7 aprile e il 6 giugno 2011. Si precisa che anche i soggetti che non esercitano l’opzione per il regime della cedolare secca, potevano effettuare, entro il 6 giugno 2011, i versamenti dell’imposta di registro relativi alle annualità successive alla stipula del contratto di locazione di immobile ad uso abitativo, sempreché i relativi termini di pagamento scadevano tra il 7 aprile e il 6 giugno 2011. Quanto previsto in caso di proroga, è inoltre applicabile per la risoluzione anticipata del contratto. Pertanto, nel caso in cui i termini di pagamento dell’imposta di registro dovuta per la risoluzione scadevano in tale periodo, il termine di pagamento dell’imposta, e conseguentemente di esercizio dell’opzione, scadevano a tale ultima data.

La comunicazione di rinuncia agli aggiornamenti In conclusione, per il 2011, l’applicazione del nuovo sistema di determinazione dell’imposta, con applicazione della tassa piatta, è subordinata alla condizione che il locatore rinunci alla facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, pena l’inapplicabilità del regime agevolato, e che ne dia preventiva comunicazione al conduttore. La comunicazione per l’applicazione della cedolare secca, in via generale, deve essere inviata al conduttore prima dell’esercizio dell’opzione.

Importante Per i contratti di locazione nei quali è espressamente disposta la rinuncia agli aggiornamenti del canone, non è necessario inviare al conduttore la comunicazione di rinuncia in quanto già specificata sul contratto. Sulla base della comunicazione di rinuncia, per il periodo contrattuale cui si riferisce l’acconto, il locatore non può percepire dal conduttore gli aggiornamenti dei canoni e questi, se già percepiti, devono essere restituiti. In presenza di più locatori, ai fini della rinuncia agli aggiornamenti del canone, l’opzione esercitata da uno di essi trasferisce gli effetti anche nei confronti degli altri locatori. Questo significa che, in presenza di più proprietari, anche se è solo uno quello che opta per il nuovo regime di tassazione, la sua scelta “esonera” il conduttore dal pagamento dei canoni “aggiornati” a tutti gli altri locatori. In caso di

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 175 comunicazione di rinuncia all’aggiornamento dell’affitto, da parte del locatore al conduttore, vale la regola “uno per tutti”.

Attenzione Nel caso in cui l’anno successivo all’opzione per la tassa piatta vi sia revoca, resta valida la rinuncia del locatore agli aggiornamenti del canone per un periodo corrispondente a quello della prima annualità di scelta del regime e per l’annualità successiva.

Contratti con imposta di registro e cedolare secca Lo stesso principio di “esonero con trascinamento”, non vale, invece, nei casi in cui, in un contratto con più proprietari, alcuni optano per la nuova tassa piatta e altri regolano, lo stesso contratto, nei modi ordinari. Può perciò capitare che lo stesso contratto sconti per una parte la cedolare secca e per un’altra parte l’imposta di registro. I contribuenti, che non optano per la cedolare secca, sono tenuti al pagamento dell’imposta di registro, in relazione alla frazione di canone e alla percentuale di possesso di loro competenza. Lo stesso principio vale, in misura proporzionale, per il conduttore. L’opzione del proprietario trascina l’esonero dall’imposta di registro dell’inquilino I proprietari, che hanno scelto il nuovo regime di tassazione della cedolare secca, beneficiano dell’esonero, per l’intera durata dell’opzione, del pagamento dell’imposta di registro. Il principio di solidarietà passiva dell’imposta si estende “positivamente” anche all’inquilino. Quindi nulla è dovuto, come imposta di registro, dal conduttore, per la durata dell’opzione del proprietario. Al contrario, se il locatore, che ha esercitato l’opzione per la cedolare secca, revoca la scelta per le annualità successive, torna ad essere efficace il principio di solidarietà per il pagamento dell’imposta di registro nei confronti di tutti i soggetti del contratto.

La denuncia dell’inquilino può ridurre l’affitto fino all’80-90 per cento Per i contratti non registrati, l’inquilino che denuncia la situazione irregolare, registrando il contratto, ha diritto a particolari riduzioni del canone di affitto. Lo strumento affidato all’inquilino, che, in pratica, denuncia l’evasione dei proprietari, prevede, in suo favore, la riduzione del canone, per quattro anni, pari al triplo della rendita catastale dell’immobile. In molti casi, quindi, lo sconto ottenuto dalla denuncia potrà fruttare all’inquilino riduzioni che possono arrivare fino all’80-90 per cento del fitto attualmente pagato. Nell’ultimo paragrafo della circolare 26/E si legge che “In caso di omessa registrazione del contratto di locazione ovvero nel caso in cui sia stato registrato un contratto di comodato fittizio, può procedere alla formalità di registrazione anche una delle parti contraenti, pur in assenza di un apposito contratto scritto. Analogamente, nel caso in cui le parti contraenti intendano denunciare un canone di locazione più elevato rispetto a quello indicato nel contratto già registrato, non è necessario che venga prodotto, all’ufficio dell’Agenzia un atto scritto. In tali ipotesi, il soggetto che procede alla registrazione deve presentare all’ufficio apposita denuncia in doppio originale unitamente al modello 69 debitamente compilato”.

L’inquilino che denuncia il locatore evasore Si può fare l’esempio di un conduttore che denuncia all’Agenzia delle Entrate un contratto di affitto per il quale paga un canone annuo di 18mila euro, che, però, non è stato mai registrato. La rendita catastale del fabbricato è di 1.200 euro. A seguito della denuncia, l’inquilino ha diritto alla riduzione del canone, per quattro anni, pari

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 176 al triplo della rendita catastale dell’immobile. In pratica, anziché pagare 18mila euro l’anno, pagherà 3.600 euro l’anno, con una riduzione pari all’80% del canone che paga attualmente.

La comunicazione con raccomandata all’inquilino Ecco, di seguito, un esempio di comunicazione del locatore al conduttore, con lettera raccomandata che viene inviata in data 16 giugno 2011, cioè prima di versare la prima rata di acconto per la cedolare secca in scadenza il 6 luglio 2011. Mittente Rossi Adriana Via Monfalcone, 58 95100 Catania

Egregio signor Bianchi Alfredo Viale Roma, 69 95100 Catania

Oggetto: comunicazione opzione per la cedolare secca, introdotta dall’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23. La sottoscritta Rossi Adriana, nella qualità di locatrice della casa di Viale Roma, 69, Catania,

COMUNICA al conduttore signor Bianchi Alfredo, che ha esercitato l’opzione per la cedolare secca di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, entrato in vigore il 7 aprile 2011. La norma prevede espressamente che l’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia a esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dell’Istat dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatesi nell’anno precedente. L’opzione per la cedolare secca riguarda il contratto di locazione stipulato in data 10 febbraio 2010, relativo all’unità abitativa sita in Catania, contraddistinta dai seguenti riferimenti catastali: foglio 14, particella 986, sub 19, categoria A/2, rendita catastale 1.417,67 euro. L’opzione comporta l’esonero dal versamento delle imposte di registro e di bollo relative al suddetto contratto, comprese quelle dovute sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto stesso. Catania, 16 giugno 2011

(firma del locatore) Adriana Rossi

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 177 La scelta per la tassa piatta “premia” chi si è dimenticato di registrare il contratto

per il 2011, ma il fisco richiede la penalità, che è comunque ravvedibile

Sul tributo “virtuale” omesso scatta la sanzione

Tonino Morina (Esperto fiscale del Sole 24-Ore – professore della Scuola superiore di Economia e Finanze di Roma)

I contribuenti che optano per la cedolare secca o tassa piatta con effetto dal 1° gennaio 2011, che si sono “dimenticati” di registrare il contratto di affitto i cui termini erano ancora pendenti al 1° gennaio 2011, non devono più nulla all’erario in termini di imposta di registro o di bollo. Resta ferma però l’applicazione delle sanzioni da calcolare sul tributo “virtuale” dovuto, sanzioni che potranno comunque fruire delle riduzioni previste per il ravvedimento, a condizione che la registrazione tardiva del contratto venga eseguita entro un anno dalla violazione. E’ questo il parere, contenuto nella circolare 26/E del 1° giugno 2011, che ha espresso l’agenzia delle Entrate con i primi chiarimenti in materia di cedolare secca.

Scelta possibile solo per le persone fisiche

L’opzione per la cedolare secca o tassa piatta è riservata alle persone fisiche titolari del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative locate, che non agiscono nell’esercizio di un’attività di impresa, o di arti e professioni. L’opzione comporta l’assoggettamento del canone di locazione ad una imposta secca. Si tratta di un sistema di tassazione alternativo a quello ordinario. L’opzione da parte del locatore dell’immobile per il regime della cedolare secca esclude l’applicazione per il periodo di durata dell’opzione:

dell’Irpef e delle relative addizionali sul reddito fondiario prodotto dall’immobile locato;

dell’imposta di registro dovuta sul contratto di locazione, generalmente prevista nella misura del 2 % del canone pattuito;

dell’imposta di bollo sul contratto di locazione dovuta nella misura di 14,62 euro.

Le aliquote della cedolare sono due, 21 per cento, o in alternativa, il 19 per cento. L’applicazione della prima, o della seconda percentuale, è condizionata dal tipo di contratto d’affitto sottoscritto tra le parti:

21% per i contratti a canone libero;

19% per i contratti a canone concordato (per i Comuni ad alta densità abitativa).

La base imponibile della cedolare secca è costituita dal canone di locazione annuo stabilito dalle parti. L’imposta deve, pertanto, essere calcolata su una base imponibile più elevata rispetto a quella prevista ai fini Irpef e relative addizionali, in quanto sul

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 178 canone stabilito contrattualmente non possono essere operate riduzioni come, ad esempio, quella del 15 o del 25 per cento.

Le sanzioni per chi si “dimentica” di registrare il contratto

Nella predetta circolare 26/E, l’Agenzia delle Entrate, nel paragrafo 9.1 “Disciplina delle sanzioni per omessa registrazione del contratto di locazione”, avverte che, con riferimento all’omissione dell’obbligo di registrazione, anche a seguito dell’introduzione della cedolare, è applicabile una sanzione commisurata all’imposta di registro dovuta sul contratto. In caso di contestazione da parte dell’ufficio, i soggetti tenuti alla registrazione del contratto, parti contraenti per i contratti verbali e le scritture private non autenticate, o parti contraenti e pubblico ufficiale per gli atti pubblici e le scritture private autenticate, sono obbligati al versamento dell’imposta di registro dovuta, al pagamento della sanzione dal 120% al 240% dell’imposta, nonché al pagamento degli interessi. In caso di tardiva richiesta di registrazione, si applica il ravvedimento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 novembre 1997, n. 472. Pertanto, se la registrazione del contratto di locazione viene effettuata dopo il termine di registrazione, che coincide con il termine di 30 giorni previsto per il pagamento dell’imposta di registro, il contribuente, che intende beneficiare del ravvedimento, deve versare, oltre all’imposta, le sanzioni ridotte e gli interessi. Per l’agenzia delle Entrate, anche il locatore, che esegue la registrazione tardiva del contratto di locazione, può optare per il regime della cedolare secca, che sostituisce, tra l’altro, per il periodo di durata dell’opzione l’imposta di registro dovuta sul canone di locazione. Le parti contraenti devono comunque versare le sanzioni commisurate all’imposta di registro calcolata sul corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto, anche se il pagamento della predetta imposta, per effetto dell’opzione, è sostituito dal pagamento della cedolare secca. Anche in questo caso, i contribuenti obbligati alla registrazione possono beneficiare del ravvedimento. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate, con l’esempio n. 17, illustra le modalità di calcolo, facendo riferimento a un contratto di locazione stipulato il 30 dicembre 2010, di durata pari a 4 anni, i cui termini di registrazione sono decorsi il 29 gennaio 2011, con corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto di 40mila euro. Il contratto sarà registrato il 31 luglio 2011, con opzione per la cedolare per l’intera durata del contratto. Si applica la sanzione minima del 120%. L’imposta di registro calcolata sul corrispettivo pattuito di 40mila euro, per 2 per cento, è uguale a 800 euro. Sanzione applicabile 960 euro (800 per 120%). Considerato che la registrazione è effettuata entro un anno dal termine previsto e che la violazione è stata commessa prima del 1° febbraio 2011, si applica la riduzione della sanzione a un decimo del minimo, a norma dell’articolo 13, lettera b), del decreto legislativo 472/1997 (riduzione poi portata a un ottavo del minimo a partire dal 1° febbraio 2011). La sanzione dovuta in solido dalle parti contraenti è di 96 euro (un decimo di 960). In definitiva, in caso di opzione per la cedolare, i soggetti tenuti alla registrazione del contratto che eseguono in ritardo l’adempimento, devono corrispondere le sanzioni per tardiva registrazione. Non è invece dovuta, per il periodo di durata dell’opzione, l’imposta di registro.

Favor rei “dimenticato” Nell’esempio sopra riportato, per l’Agenzia delle Entrate, chi si è “dimenticato” di registrare il contratto di affitto i cui termini erano ancora pendenti al 1° gennaio 2011,

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 179 non deve più nulla all’erario in termini di imposta di registro o di bollo, deve però pagare le sanzioni da calcolare sul tributo “virtuale” dovuto, che, se sanate con il ravvedimento, possono essere ridotte ad un decimo del minimo. L’interpretazione delle Entrate non tiene però conto del principio di legalità, cioè del favor rei di cui all’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, secondo il quale <<Salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile. Se la sanzione è già stata irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma non è ammessa ripetizione di quanto pagato>>. Il predetto comma 2 ha introdotto nel sistema sanzionatorio tributario il cosiddetto principio del “favor rei”; questo principio trova applicazione:

sia nei casi in cui la legge posteriore si limita ad abolire la sola sanzione, lasciando in vita l’obbligatorietà del comportamento prima sanzionabile;

sia nell’ipotesi in cui viene eliminato l’obbligo strumentale e, quindi, indirettamente, la previsione sanzionatoria.

In proposito, la circolare 180/E del 10 luglio 1998, nel commentare il citato comma 2 dell’articolo 3 del decreto legislativo 472/97, avverte che in sintesi <<se diviene lecito un comportamento posto in essere nella vigenza di una norma che in precedenza lo sanzionava, può accadere che, al momento dell’abolizione: a) la sanzione non è stata ancora irrogata; b) la sanzione è stata irrogata, ma l’obbligato non ha ancora pagato alcuna somma; c) l’obbligato ha pagato in tutto o in parte la sanzione in dipendenza di un provvedimento non ancora definitivo; d) l’obbligato ha pagato in tutto o in parte la sanzione a seguito di provvedimento definitivo. Nel primo caso (a) nessuna sanzione può essere irrogata; nel secondo (b) nessuna somma può essere pretesa; nel terzo (c) la somma versata va restituita; nel quarto (d) la somma versata non può essere restituita>>. Si può perciò affermare che la legge che sopprime un adempimento esclude che la passata inosservanza della formalità bocciata possa essere: rilevata; sanzionata per vicende tramontate; posta in riscossione. Al riguardo, è importante quanto affermato nella relazione governativa al decreto legislativo 472/97, nella parte in cui, illustrando il principio del favor rei, precisa che <<nel caso di violazione non più sanzionata, il provvedimento, ancorché definitivo, non costituisce titolo per la riscossione delle somme non ancora pagate>>. Nel caso della cedolare secca, che sostituisce l’imposta di registro, considerato che la scelta effettuata per la tassa piatta esclude il pagamento dell’imposta di registro per chi si è “dimenticato” di registrare il contratto di affitto i cui termini erano ancora pendenti al 1° gennaio 2011, è poco convincente la tesi dell’Agenzia delle Entrate, che pretende la sanzione su un tributo “virtuale” non più dovuto. Insomma, se non è dovuto il tributo perché sostituito dalla cedolare secca, viene difficile pensare che sia dovuta la sanzione sullo stesso tributo soppresso.

Sanzioni applicabili in caso di contratti non registrati Per i contratti di locazione i cui termini di registrazione erano già decorsi alla data del 1° gennaio 2011, le parti contraenti restano comunque tenute, a prescindere dall’esercizio dell’opzione, al versamento dell’imposta di registro, oltre che delle sanzioni e degli interessi.

Sanzioni doppie e adesione senza sconti

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 180 La tassa è piatta, ma le sanzioni possono raddoppiare. Chi evade le imposte sugli affitti abitativi sarà punito severamente. In caso di accertamento, anche se il contribuente accetta i rilievi dell’Agenzia delle Entrate, le sanzioni saranno di ammontare superiore a quanto dovuto a titolo di imposte. Cancellate le riduzioni conseguenti all’adesione spontanea. E’ inoltre previsto che per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi e il contenzioso, in materia di cedolare si applicano le stesse norme previste per le imposte sui redditi. A norma dell’articolo 3, comma 5 del decreto legislativo 23/2011, se nella dichiarazione dei redditi il canone derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo non è indicato o è indicato in misura inferiore a quella effettiva, si applicano in misura raddoppiata, rispettivamente, le sanzioni previste dall’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. In pratica, le sanzioni da 258 euro a 1.032 euro, ordinariamente previste nel caso in cui non sono dovute imposte, si raddoppiano, diventando da 516 euro a 2.064 euro. La sanzione dal 120 al 240% delle imposte dovute prevista nei casi di omessa presentazione della dichiarazione si raddoppia dal 240 al 480 per cento. In caso di imponibili dichiarati inferiori a quelli accertati, le sanzioni dal 100 al 200% applicabili nel caso in cui siano dovute le imposte, diventano invece dal 200 al 400 per cento. E’ inoltre disposto che, per i redditi derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo, nel caso di definizione dell’accertamento con adesione del contribuente, o di rinuncia del contribuente all’impugnazione dell’accertamento, si applicano, senza riduzione, le sanzioni previste dall’articolo 1, comma 1 (sanzione dal 120 al 240% o sanzione da 258 a 1.032 euro, se non ci sono imposte da pagare) e comma 2 (sanzione dal 100 al 200%), e dall’articolo 13, comma 1 (sanzione del 30% sui ritardati o omessi versamenti) del decreto legislativo n. 471 del 18 dicembre 1997. Questo significa che, in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per un imponibile di 10mila euro, soggetto a tassa piatta nella misura del 21%, con imposta evasa di 2.100 euro, si applica la sanzione del 240% sulla tassa piatta di 2.100 euro, pari cioè a 5.040 euro. Il contribuente che, a seguito dell’accertamento dell’Agenzia delle Entrate, definisce l’accertamento con adesione, o rinuncia all’impugnazione dello stesso, dovrà comunque pagare, oltre alla tassa evasa e agli interessi, la sanzione minima del 120% sull’importo della tassa piatta evasa di 2.100 euro, dovrà cioè pagare 2.520 euro, più di quanto dovuto a titolo di imposte, senza fruire della riduzione ad un terzo del minimo ordinariamente prevista negli altri casi.

I contratti non registrati o registrati con importi più bassi e i comodati falsi L’Agenzia delle Entrate, nella richiamata circolare 26/E del 1° giugno 2011, al paragrafo 9.3, illustra le conseguenze in caso di “contratti non registrati, registrati per un importo inferiore a quello effettivo e comodati fittizi”. Al riguardo, è stabilito che “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli, se ricorrendone i presupposti non sono registrati” (articolo 1, comma 346, legge 30 dicembre 2004, n. 311). Coerentemente con questa norma, il legislatore ha stabilito, con l’articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, una specifica disciplina per i contratti di locazione ad uso abitativo, che, ricorrendone i presupposti di legge, non sono registrati entro i termini previsti di 30 giorni dalla stipula del contratto o dalla sua esecuzione. In particolare, il comma 8 dell’articolo 3,

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 181 del decreto legislativo 23/2011, dispone che a tali contratti si applica la seguente disciplina:

a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data di registrazione, volontaria o d’ufficio; b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 431 del 1998; c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, in base al 75% dell’aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.

La norma regola gli effetti derivanti dalla mancata o tardiva registrazione sulle future vicende del rapporto tra locatario e locatore, per la durata del contratto, il rinnovo dello stesso e la determinazione del canone. In particolare:

la durata del contratto viene stabilita per legge in 4 anni a decorrere dalla data di registrazione (volontaria o d’ufficio);

al rinnovo dei contratti di locazione si applica la disciplina di cui all’articolo 2, comma 1, della legge n. 431 del 1998, il quale prevede che i contratti siano rinnovati automaticamente alla scadenza per un periodo di 4 anni, fatte salve l’eccezioni previste dallo stesso articolo 2;

a decorrere dalla registrazione del contratto, il canone è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, che trova applicazione dall’anno successivo in base al 75% dell’aumento degli indici Istat.

Come controllare se i contratti sono registrati Nell’ipotesi in cui un contratto di locazione non sia stato registrato o sia registrato tardivamente, sono dovute l’imposta di registro e le relative sanzioni. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate avverte che le parti possono verificare l’avvenuta registrazione del contratto e i termini della locazione stessa mediante l’accesso al Cassetto fiscale dei servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate, indicando la procedura da seguire. Le informazioni sono visualizzate al percorso: La mia scrivania - consultazioni - cassetto fiscale – dati patrimoniali – atti del Registro. Selezionando l’anno di registrazione verranno visualizzati tutti gli atti registrati, in cui è parte l’utente, con i dati di dettaglio quali: l’ufficio presso cui è stato registrato l’atto, la tipologia, il numero e la data di registrazione, le parti interessate e gli importi dichiarati. Per accedere al cassetto fiscale è necessario essere registrati ai servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate ed essere in possesso del codice Pin (codice identificativo personale). In considerazione della previsione recata dal comma 8 dell’articolo 3 del decreto legislativo, a partire dalla data di registrazione del contratto (volontaria, o d’ufficio), occorre tener conto, nella determinazione dell’imposta di registro dovuta, anche delle nuove condizioni e della durata del contratto stabilite per legge. Conseguentemente, qualora sia registrato un contratto di locazione tardivamente, l’imposta deve essere assolta sul corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto, o annualmente sull’ammontare del canone relativo a ciascun anno, ferma restando l’applicazione di sanzioni e interessi. La stessa Agenzia delle Entrate afferma che, in caso di registrazione tardiva del contratto, l’imposta di registro può essere assolta sulla base del canone stabilito dalle parti fino all’annualità contrattuale in corso alla data di registrazione del contratto. A partire dalla data

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 182 registrazione del contratto, la base imponibile dell’imposta deve essere determinata sulla base del canone annuo fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre all’adeguamento Istat, se questo importo è inferiore al canone pattuito tra le parti. In proposito, l’Agenzia delle Entrate, fornisce l’esempio n. 18, riferito a un contratto stipulato il 15 novembre 2009 per la durata di 4 anni. Canone annuo stabilito dalle parti 12mila euro. Registrazione del contratto effettuata dal conduttore in data 15 giugno 2011. In questo caso, in sede di registrazione del contratto, le parti sono tenute a corrispondere, l’imposta di registro sul corrispettivo pattuito:

per l’annualità 15 novembre 2009 - 14 novembre 2010; per l’annualità 15 novembre 2010 – 14 novembre 2011.

A partire dalla data di registrazione (15 giugno 2011) fino al termine della durata del contratto, come stabilita per legge (14 giugno 2015, salvo proroga) l’imposta di registro è commisurata al canone come definito dal predetto articolo 3, comma 8, del decreto legislativo 23/2011.

Contratti con importi falsi e comodati fittizi È altresì previsto, al comma 9 dello stesso articolo 3, del decreto legislativo 23/2011, che le norme in materia di nullità del contratto non registrato recate dal comma 346 dell’articolo 1 della legge 311/2004 e quelle previste dal comma 8 dello stesso articolo 3, “si applicano anche ai casi in cui:

a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo; b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio”.

Per l’Agenzia delle Entrate, in caso di omessa registrazione del contratto di locazione, o nel caso in cui sia stato registrato un contratto di comodato fittizio, può procedere alla registrazione anche una delle parti contraenti, pur in assenza di un apposito contratto scritto. Analogamente, nel caso in cui le parti contraenti intendono denunciare un canone di locazione più elevato rispetto a quello indicato nel contratto già registrato, non è necessario che venga prodotto, all’ufficio delle Entrate un atto scritto. In questo caso, il soggetto che procede alla registrazione deve presentare una specifica denuncia in doppio originale unitamente al modello 69 debitamente compilato. E’ inoltre disposto che le disposizioni di cui ai commi 8 e 9 dell’articolo 3, del decreto legislativo 23/2011, non si applicano, se la registrazione è stata effettuata entro il 6 giugno 2011, cioè entro il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 23/2011 (articolo 3, comma 10), ferma restando l’applicazione delle sanzioni, a norma dell’articolo 69 del testo unico delle imposte di Registro, Dpr 131/1986. Esso stabilisce che “chi omette la richiesta di registrazione degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta, ovvero la presentazione delle denunce previste dall’articolo 19 è punito con la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’imposta dovuta”.

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Seminario “Unico 2011, cedolare secca, sanzioni e novità fiscali 2011” Pag. n. 183 Le sanzioni vigenti in tema Irpef e quelle previste per la cedolare

Misure vigenti per

l’Irpef Misure applicabili

per la cedolare

Dichiarazione omessa senza

imposte dovute

da 258 a 1.032 euro da 516 euro a 2.064 euro

Dichiarazione omessa con imposte

dovute

Dal 120 al 240% Dal 240 al 480%

Reddito omesso o dichiarato in misura

inferiore

dal 100 al 200% dal 200 al 400%

Omessi o tardivi versamenti

30% 30%

Accertamento con adesione

Sanzioni riducibili a un terzo o a un sesto nel caso di omessa impugnazione (articoli 2 e 15, decreto legislativo 218/1997).

Per le violazioni commesse fino al 31 gennaio 2011, le sanzioni sono riducibili a

un quarto o a un ottavo nel caso di omessa impugnazione.

Sanzioni intere come previste dall’articolo 1, comma 1, (sanzione dal 120 al 240% o sanzione da 258 a 1.032 euro) e comma 2 (sanzione dal 100 al 200%), e dall’articolo 13, comma 1 (sanzione del 30%), decreto legislativo 471/1997

Sanzioni sulla tassa piatta

Articolo 3, decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, “comma 5. Se nella dichiarazione dei redditi il canone derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo non è indicato o è indicato in misura inferiore a quella effettiva, si applicano in misura raddoppiata, rispettivamente, le sanzioni amministrative previste dall’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. In deroga a quanto previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, per i redditi derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo, nel caso di definizione dell’accertamento con adesione del contribuente ovvero di rinuncia del contribuente all’impugnazione dell’accertamento, si applicano, senza riduzione, le sanzioni amministrative previste dall’articolo 1, commi 1 e 2, e dall’articolo 13, comma 1, del citato decreto legislativo n. 471 del 1997”.