2006. Vincenzo Cicero, Prefazione a "Pillole rosse. Matrix e la filosofia"

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Pillole rosse Matrix e la filosofia A CURA DI WILLIAM IRWIN Edizione italiana a cura di Vincenzo Cicero TASCABILI BOMPIANI

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Pillole rosseMatrix e la filosofia

A CURA DI WILLIAM IRWIN

Edizione italiana a cura di Vincenzo Cicero

TASCABILIBOMPIANI

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Titolo originaleThe Matrix and Philosophy. Welcome to the Desert of the Real

ISBN 88-452-5686-3

© 2002 by Carus Publishing Company© 2006 RCS Libri S.p.A.

Via Mecenate 91 - 20138 Milano

I edizione Tascabili Bompiani maggio 2006

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Prefazione di Vincenzo Cicero

«Tutti gli esseri sono per natura convocati dallabellezza. Alcuni, non capendo, s’affannano ainvocarla, altri le rispondono male, pochi nefanno l’avvocata loro, cantandola.»

EREBINTO DI ERYMATA PONTIA

Gli interminati torrioni della Città delle Macchine, coi loro verti-cali, vertiginosi campi di coltivazione di batterie umane, li vedia-mo in Matrix solo per qualche fotogramma, attraverso gli occhi diNeo1. Sappiamo che appartengono alla realtà attuale della vicendadel film. Costituiscono la Matrix macroincubatrice e centrale elet-trica: l’hardware colossale su cui, tra l’altro, gira la Matrix pro-gramma di controllo e mondo virtuale.

Queste colonne immani, ad abissale differenza delle colonnesdi Paul Valéry, non cantano né portano il cielo (Cantico dellecolonne, vv. 13-14). Anzi, pur svettanti come sono, riescono appe-na a grattare le propaggini delle scurissime nubi che da circa duesecoli impediscono alla vecchia Madre Terra di mirare la cupolaazzurra. Da così tanto tempo Gaia è chiusa all’intervento fecondodi Urano.

Nel mondo reale è sovrana la desertificazione, in uno scenarioda incubo chiazzato di ruderi spettrali; e l’unica zona “abitata” èMeccanopoli, – che poco aggiunge al fascino del paesaggio e del-l’atmosfera, a dire la verità. Se alle macerie del deserto del realeaggiungiamo i cunicoli maleodoranti (la cloaca di quella che saràstata Chicago?) in cui scorribandano gli hovercraft della filibustaumana, e poi gli interni aggrovigliati e rugginosi della stesse naviribelli, e le tenute sdrucite e sporche dei membri dei loro equipag-gi ... Insomma, questa realtà semproscurata, devastata e desolata

1 Con Matrix intendo esclusivamente il primo episodio della trilogia dei fra-telli Wachowski, al quale si limitano del resto i venti saggi di questo libro pubbli-cato nel 2002, cioè l’anno prima che uscissero i due sequel.

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sembra presentarsi con tutte le caratteristiche del brutto, special-mente se paragonata all’aspetto iperpatinato di tanti esseri dentroMatrix: un po’ come la bruttezza leggendaria di Ratz il barista «inun’epoca di bellezza alla portata di tutte le tasche» (WilliamGibson, Neuromante, 1).

Il bello è allora riservato esclusivamente alla vita intramatrixia-na, a quel mondo dei sogni (dream world) la cui virtualità si rivelaperò un’autentica prigione per la mente? Così parrebbe, a unaprima riflessione. Ma non a una prima vista.

Giusto all’inizio del film, subito dopo il colloquio telefonico traCypher e Trinity, vediamo i poliziotti in attesa di entrare nella stan-za 303 dell’Hotel “Heart O’ The City”, da dove sanno che è par-tita la chiamata della hacker. Li guardiamo attraversare corridoiscalcinati, sfilare davanti a porte scalcagnate e a carta da paratistracciata, sotto cavi tentacolari penzolanti dal soffitto; e la 303 esi-bisce uno squallore non dissimile. Eppure l’hotel non è in disar-mo: l’insegna fuori è illuminata bene, gli ascensori funzionano,sulla porta d’entrata ci sono pure i prezzi (singola 15 $, doppia 25$). L’asfalto sulla strada è crepato, sui marciapiedi segni diffusi didegrado. Se siamo davvero nel “cuore della città”, abbiamo cono-sciuto centri urbani (e periferie) senz’altro più attraenti.

Resta il fatto che c’è anche del brutto in Matrix. E non si limi-ta alle prime scene. La stanza di Neo/Thomas Anderson, il sotto-ponte di Adam Street, gli interni ed esterni dell’Hotel Delivery (ilquartier generale intramatrixiano dei ribelli), il palazzo dell’Ora-colo, con il vecchio indù indigente al pianterreno e le scritte suimuri, la stazione metropolitana di Balbo Street e il suo tre voltesventurato homeless: sono indici sicuri che Matrix è un program-ma di neurosimulazione perfetta della realtà (del 1999).

La conferma migliore ci viene dalle parole dell’Agente Smith aMorpheus: «Ti sei mai fermato un attimo a osservarla, ad ammira-re la sua bellezza?». Sta parlando della beauty di Matrix: non dellesue forme simulacrali in sé, ma del modo “geniale” in cui le intel-ligenze artificiali programmatrici hanno risolto, grazie a essa, ilproblema del controllo (quasi) totale degli umani: «La primaMatrix era stata progettata per essere un mondo umano ideale,dove non si soffriva e dove erano tutti quanti felici e contenti... Fu

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un disastro. Nessuno si adattò a quel programma... Ecco perchépoi Matrix è stata riprogettata così, all’apice della vostra civiltà»(M 27). Dunque la bellezza complessiva di questa virtualità gene-rata al computer non esclude da sé, anzi include necessariamenteentro sé, risimulandole di continuo, le brutture ordinarie dell’esi-stenza umana. Che ciò venga affermato da un programma senzien-te come l’Agente Smith potrebbe insinuare in noi qualche sospet-to, ma il ragionamento fila.

Anche fuori Matrix, però, c’è del bello. Tra le macchine innan-zitutto, come il simil-insetto-gigante che scollega Neo dai cavidella sua capsula, e le sentinelle-seppie, definite dai registi mede-simi, nella didascalia della prima versione della sceneggiatura,«macchine assassine al tempo stesso terrificanti e bellissime»; e,naturalmente, come i titanici torrioni di Meccanopoli. Formeescogitate dai Wachowski, ma perfezionate dall’avvinghiante trat-to visionario di un artista come Geof Darrow, i cui scenari «hannouna bellezza inquietante» – dice Bruce Sterling2.

Un altro tipo conclamato di bellezza extramatrixiana è assaipiù scontato, ma assume rilevanza perché è il secondo dei dueunici luoghi in cui nello script definitivo del film compare la paro-la beauty, anche se in forma aggettivale. Sto parlando di Trinity.Certo, chi può negare che Carrie-Anne Moss sia un bel tocco difigliola anche quando è dentro Matrix?, dove «risulta dannata-mente sexy nella sua aderentissima tutina nera», come chiosa piùavanti la Freeland (p. 255)?

Chiedetelo a Cypher. Lui ha amato – e tuttora ama, divoratodalla gelosia – la Trinity reale, con le sue lise, scollate maglie dilana grigio-senape, i jeans neri consunti, gli scarponi militari e... gliocchi incredibilmente cerulei, che in Matrix sono spesso celatidietro gli occhiali neri. Il tradimento è un atto comunque ignobi-

VIIPREFAZIONE

2 Vedi B. Sterling, Qualsiasi altro film? Una pillola blu (in: Karen Haber [cura-trice], Visioni da Matrix. Tracce di un presente cyber, tr.it. di A. Piazzi, Sperling &Kupfer, Milano 2003, pp. 1-9), p. 7; la citazione è una scusa per consigliare calda-mente la lettura di questo scritto sterlinghiano agile ed effervescente quanto acuto.— Per la matrix-art di Geof Darrow vedi p.es. i suoi meravigliosi Conceptual De-signs riprodotti in Spencer Lamm (cur.), The Art of the Matrix, Newmarket Press,New York 2000, pp. 257-270; i torrioni meccanopolitani sono alle pp. 75-76.

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le, senza dubbio; ma individuare la sua vera causa è essenziale percapire il traditore – e, in ultima analisi, per comprendere noi stes-si 3. Ora, Cypher tradisce Morpheus, e con lui tutti i compagnid’equipaggio della Nabucodonosor, non tanto perché stanco dellaguerra contro le Macchine, stufo di trangugiare ogni giorno solobrodaglia nauseante e di obbedire docilmente agli ordini delcomandante, ma prima di tutto perché si è sentito lui stesso tradi-to nel proprio sentimento per l’unica persona in grado di render-gli sopportabile, e forse perfino piacevole, quella stanchezza. Ilvero tradimento è di se stesso, e fino all’ultimo non smette di men-tirsi: «Per tanto tempo ho creduto di essere innamorato di te. Tisognavo spesso la notte. Sei una bellissima donna, Trinity. Peccatoche sia andata a finire così» (M 25). Di lì a poco – inopinatamen-te, almeno per lui – finirà abbrustolito.

Nato schiavo e coltivato in ceppi elettrici, rinato libero perscelta della compressa dal colore che sappiamo, Cypher muore li-bertino. Questo è l’altro degli importanti effetti paradigmaticidella bellezza, come aveva a suo tempo mostrato Platone. C’è ladimensione urania, celeste, della bellezza, e quella pandèmia, vol-gare (Simposio, 180D ss.): la prima, se il suo appello viene ascolta-to, appronta le condizioni per essere liberi; la seconda, allorchés’insedia in padiglioni umani, tende a rendere libertini. Ma non sipuò dire di aver fatto un’esperienza compiuta del bello se nondopo l’attraversamento di entrambe le dimensioni.

Certo, in Matrix la sciagura delle Pillole Rosse è che sul loroabisso non c’è mai un sole che riposi, se non virtualmente. Da noi,quando ciò avviene, «il Tempo scintilla e il Sogno è sapere» (Va-léry, Il cimitero marino, v. 12). Da loro, può avvenire solo in unmondo in cui il Tempo sale e scende cupo sempre per lo stessoascensore e il Sogno è la suprema ignoranza.

Le osservazioni fatte fin qui ruotano quindi attorno a quella chepotrebbe definirsi “la questione del bello in Matrix e in Matrix”,ossia: il problema della bellezza matrixiana nell’hardware-M, nel

VIII PREFAZIONE

3 Nel vivace saggio 19, David Weberman argomenta provocatoriamente a fa-vore della scelta di Cypher (pp. 286 ss.). La scena del ristorante con l’Agente Smith(M 19) è peraltro tra le più gettonate al juke-box del botteghino cinefilosofico.

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software-M e nel film-M. Sicuramente degno di approfondimentofilosofico, insieme ai preziosi spunti estetici che si trovano neglialtri due episodi della trilogia, – specie se si parte dalla prospetti-va secondo cui la bellezza è innanzitutto mater, non matrix: eser-cita essenzialmente maternità, non uterinità o pro-grammaticità:eppure è pienamente madre solo quando il suo seno dà improntae frutto.

Se ho voluto accennare a questo problema in sede di prefazio-ne è per due motivi: 1) l’idea dell’edizione italiana dell’opera col-lettanea curata da William Irwin è nata e cresciuta e ha mosso iprimi passi nell’ambito di un laboratorio di estetica dedicato alrapporto tra bello e virtuale (dell’esperienza laboratoriale parlonell’appendice); 2) se tra i venti saggi del brillante volume ameri-cano, in assoluto il primo dedicato al binomio Matrix/filosofia,manca qualcosa di veramente importante, si tratta proprio dellatrattazione specifica del problema estetico.

Per il resto, questo libro è una guida esemplare per quanti,affascinati dalla saga dei fratelli Wachowski, abbiano il desiderio ola curiosità di approfondire le molte suggestioni filosofiche offer-te soprattutto nel primo episodio della trilogia. L’opera si racco-manda, oltre che per la serietà e competenza dei contributi, ancheper l’efficacissimo taglio divulgativo, vero punto di forza dellastrategia editoriale della collana Popular Culture and Philosophydiretta dallo stesso Irwin.

Congedo sul titolo italiano – Pillole Rosse, Red Pills 4, ovvero:Vuoi vedere che tra quei mattoidi dei filosofi si nasconde lo zoc-colo più duro di quanti nella storia sono ruzzolati giù per la tanadel bianconiglio?

IXPREFAZIONE

4 Il titolo originale del volume è: The Matrix and Philosophy. Welcome to theDesert of the Real. L’espressione The Desert of the Real, tra l’altro, ricomparecome titolo di una sezione del libro (“Scena 2”, infra, p. 67). Ecco perché alla fineabbiamo optato per un nuovo titolo.

Nella primavera dello scorso anno, in pieno laboratorio, è uscito anche ilseguito: William Irwin (cur.), More Matrix and Philosophy. Revolutions and Reloa-ded Decoded, Open Court, Chicago e La Salle (Illinois) 2005.

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Co-tradurre e pubblicare“The Matrix and Philosophy”

Il progetto di traduzione e pubblicazione del volume curato daWilliam Irwin è sorto in seno al laboratorio di 30 ore, afferente allacattedra di Poetica e Retorica del prof. Pietro Emanuele (Facoltàdi Scienze della Formazione – Università di Messina), da me tenu-to nel secondo semestre dell’anno accademico 2004/2005 con il ti-tolo: “Bellezza del virtuale e virtualità del bello. L’epopea diMatrix tra estetica e filosofia della scienza”.

Al laboratorio si erano iscritti oltre 200 studenti. Si è resa per-ciò necessaria una selezione (non esclusiva, ma scriminativa), permezzo di un questionario teso a saggiare in particolare: 1) le attitu-dini e le motivazioni degli studenti a lavorare in gruppo, 2) la lorocapacità di definire concetti e termini rilevanti per l’approccio filo-sofico al tema, 3) la conoscenza della trilogia di Matrix, 4) le loroabilità nel tradurre all’impronta dalla lingua inglese e francese.

I 50 selezionati hanno dato vita al partito dei cosiddetti “edito-ri”, agli altri studenti è toccata la denominazione (non rigida) di“uditori”. Gli editori si sono suddivisi in 15 gruppi di tre membriciascuno, secondo un’aggregazione spontanea che doveva peròmirare all’assortimento più equilibrato possibile tra le quattroistanze principali (affiatamento, competenze concettuali, cono-scenza di Matrix, padronanza dell’inglese). A ogni gruppo è statoassegnato da tradurre uno dei 20 scritti contenuti nel libro diIrwin, e i nomi dei suoi membri sono riportati nelle varie note conasterisco ai titoli dei singoli saggi.

Cinque ore sono state dedicate appositamente al tema per edi-tori: “Come si traduce un testo filosofico divulgativo”. I saggi sen-zagruppo sono rimasti orfani solo per poco: ne hanno accettato latraduzione degli studiosi in gamba, tutti ruotanti – tranne uno(Ton Battaglia) – attorno alla Facoltà messinese di Scienze dellaFormazione.

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Quasi inutile dire che, attraverso questo lavoro, gli studentihanno acquisito e perfezionato molte importanti abilità oggetto distudio del loro percorso universitario: si sono abituati a lavorare ingruppo, a pianificare il lavoro, a valutare le risorse a disposizione,a gestirle, a cercare informazioni, a comunicare e a negoziare congli altri colleghi e con il docente, affinando le loro competenzeoperative, le loro capacità critiche, di scelta e di orientamento. I ri-sultati, subito riscontrabili, sono stati decisamente positivi, anchee soprattutto in considerazione del fatto che per molti di loro que-sto laboratorio rappresentava il primo tentativo di approccio allafilosofia.

Nel corso delle sessioni laboratoriali, infatti, dopo l’approfon-dimento di concetti e problematiche di carattere filosofico emersidalla lettura dei saggi, la visione completa della trilogia e di alcunicortometraggi degli Animatrix (Warner Home Video, 2003) haportato a rivalutare personaggi, dialoghi, scene e ambientazioni,stimolando ulteriormente la riflessione e la capacità critica messaa dura prova dal trovarsi ad analizzare un testo complesso comeappunto quello filmico.

Sempre loro, gli studenti, sono stati poi i protagonisti delle ulti-me due sessioni laboratoriali (di cinque ore ciascuna), nel corsodelle quali ogni gruppo ha relazionato in merito al saggio tradot-to, cercando – e spesso riuscendovi brillantemente – di suscitarel’interesse e la partecipazione attiva alla discussione da parte dieditori e uditori insieme.

Quando la Bompiani, nel luglio 2005, ha accettato che il librovenisse pubblicato in questa collana, i ragazzi hanno finito di met-tere a punto le prime vere bozze di traduzione, e i gruppi si sonosciolti per formarne di nuovi, con mansioni diverse che andavanodai vari livelli di revisione del testo all’elaborazione degli indicianalitici che si possono consultare nelle pagine seguenti.

Il materiale prodotto è così cospicuo che mi piange il cuoredoverne lasciare una buona parte fuori stampa. Mi consolo par-zialmente pensando che, grazie al prof. Alessio Plebe e al dott.Eugenio Sciacca, all’indirizzo http://scef.unime.it/desert_of_the_real sipotranno trovare nei prossimi mesi tutte le debite integrazioni alvolume: p.es. la sceneggiatura con traduzione italiana a fronte, i

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saggi originali redatti dagli studenti, le voci del glossario proscrit-te solo per mancanza di spazio, le registrazioni complete dei filmcitati nel volume ecc.

Nella revisione finale delle traduzioni mi è stato accanto, comesistematicamente avviene dai tempi del quindicinale Shuluq (1999-2001), sempre Ton. Talvolta ho usufruito anche della consulenzadi mio fratello Fabio.

Le ultime bozze dei saggi sono state corrette con impressionan-te professionalità da Terry Amato, Valeria Macrì ed Elena Vene-ziani.

Last but not least, direbbe Irwin, ringrazio i due proff. chehanno cordialmente condiviso con noi l’entusiamo per il progetto,non facendoci mai mancare l’incoraggiamento soprattutto nei mo-menti più critici, quando sembrava proprio non dovessimo farce-la: parlo di Salvatore “Salvaccio” Cariati e di Pietro Emanuele,due tra i tennisti-filosofi più agguerriti in circolazione. E natural-mente il Preside della Facoltà di Scienze della Formazione del-l’Università di Messina, prof. Antonino Pennisi, che ci ha sostenu-ti fin dal principio.

Messina, Settimana Santa 2006 Enzo Cicero

339CO-TRADURRE E PUBBLICARE “THE MATRIX AND PHILOSOPHY”

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Indice generale

Prefazione di V. Cicero V

Introduzione. Meditazioni su Matrix 3

Scena 1 – Sapere sé e il mondo1. Computer, caverne e oracoli: Neo e Socrate, di W. Irwin 72. Scetticismo, moralità e Matrix, di G.J. Erion e B. Smith 223. La Matrix-possibilità, di D.M. Nixon 364. Vedere, credere, toccare, verità, di C. Korsmeyer 51

Scena 2 – Il deserto del reale5. La metafisica di Matrix, di J.J.E. Gracia e J. Sanford 696. Il fantasma fatto-a-macchina: ovvero, la filosofia della mente in stile

Matrix, di J. Holt 827. Il Neo-materialismo e la morte del soggetto, di D. Barwick 938. Destino, libertà e preconoscenza, di T. Schick jr. 107

Scena 3 – Nella tana del bianconiglio. Etica e religione9. Il cucchiaio non esiste: uno specchio buddhista, di M. Brannigan 12310. La religione di Matrix e i problemi del pluralismo, di G. Bassham 13511. La felicità e la scelta di Cypher: l’ignoranza è un bene?, di C.L.

Griswold Jr. 15312. L’Eletto? Noi siamo (l’)Uno! Kant spiega come manipolare Ma-

trix, di J. Lawler 168

Scena 4 – Temi virtuali13. Memorie dal sottosuolo: nichilismo e Matrix, di T.S. Hibbs 18914. Ingoiare una pillola amara: l’autenticità esistenziale in Matrix e

nella Nausea, di J.L. McMahon 20215. Il paradosso della reazione reale alla Neo-finzione, di S.E. Worth 21716. Genere reale e filosofia virtuale, di D. Knight e G. McKnight 230

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Scena 5 – De-Struttura-re Matrix17. Penetrare Keanu: nuovi buchi, ma sempre la solita merda, di C.

Freeland 24918. Matrix, Marx e la vita da Coppertop, di M.A. Danahay e D. Rieder 26319. La simulazione di Matrix e l’età postmoderna, di D. Weberman 27520. Matrix: ovvero, i due lati della perversione, di S. ∫i≤ek 293

I Potenziali Eletti 329Ringraziamenti 334

Appendice e Indici delle Teste di rameCo-tradurre e pubblicare “The Matrix and Philosophy” 337Indice delle scene del film 340Indice delle opere letterarie e filosofiche citate 343Indice dei film citati 353Indice dei brani musicali pop citati 357Indice dei nomi degli autori, degli attori e dei personaggi 358Indice dei termini 364 Parole-capsula 374

388 INDICE GENERALE

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