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James R IVISTA D EL C INEMATOGRAFO SETTEMBRE 2005 N.9 3,50 Kate Hudson Dante Ferretti Sergio Rubini E INOLTRE Pupi Avati Abel Ferrara Giuseppe Piccioni SPECIALE CITTA’ DA FILM Continua il viaggio nelle perle del turismo Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n° 46), art. 1, comma 1, DCB Milano Dean L’attore, l’uomo, il mito 50 anni dopo Il Festival delle passioni d’autore VENEZIA 2005

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James

R I V I S T A D E L C I N E M A T O G R A F OSETTEMBRE 2005N.9 €€ 3,50

Kate Hudson Dante Ferretti Sergio Rubini

E INOLTRE Pupi Avati Abel Ferrara Giuseppe Piccioni

SPECIALECITTA’ DA FILMContinua il viaggio

nelle perle del turismo

Poste Italiane SpA - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003(conv. in L. 27.02.2004, n° 46),art. 1, comma 1, DCB Milano

DeanL’attore, l’uomo, il mito

50 anni dopo

Il Festivaldelle passionid’autore

VENEZIA2005

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con 4 comodicollegamenti

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Settembre 2005 RdC 3

PUNTI DI VISTA

avi maestre, giovani incrociatori, flotte asiatiche ecorazzate hollywoodiane: è una Laguna mare magnumquella che ci aspetta alla 62esima Mostra del Cinema. Ildirettore Marco Müller e i suoi collaboratori hanno

mantenuto le promesse della vigilia: un programma d’altoprofilo, senza timori reverenziali nei confronti di Cannes, e lavolontà di superare le difficoltà organizzative dell’anno scorso,riducendo a 60 i film della rassegna. Sono 19 le opere inconcorso: dall’ennesima prova d’autore dell’ultranovantenne de Oliveira alla seconda regia di Clooney, dai visionari Grimm di

Gilliam alla vendetta al femminile di Park Chan-wook, dalla Maria Maddalena del redivivo Ferrara allaPersona non grata di Zanussi passando per i tre assi calati dal nostro Paese, Faenza (I giorni dell’abbandono),la Comencini (La bestia nel cuore) e Avati (La seconda notte di nozze), protagonista con Piccioni del nostroconsueto Faccia a faccia.

Da tenere d’occhio anche Battiato e l’esordiente Paravidino entrambi inseriti in una sezione Orizzontiricca di documentari. Ma non è finita: il glamour promette di fare la parte del Leone, con divi e divineattesi in massa al Palazzo del Cinema. Sulla carta, dunque, una grande selezione, ma l’ultima parola – si sa– spetta alla pellicola. Dalla pellicola alla città: concludiamo il nostro viaggio nelle città da film, tributandoun doveroso omaggio a Venezia e poi espatriando a New York per una Colazione da Edwards e una cena da Allen e nella Berlino degli angeli di Wenders. Non mancherà ancora la possibilità di degustaremanicaretti, tallonare i fantasmi o seguire Casanova nelle sue peregrinazioni amorose (e al Lido fuoriconcorso).

Seduttore per seduttore, celebriamo il cinquantesimo anniversario della morte di James Dean, mito, attoree uomo, icona inarrivabile dell’Olimpo cinematografico. E poi i premi, dati e ricevuti. È il regista e attoreJerzy Stuhr il vincitore del Premio Robert Bresson dell’Ente dello Spettacolo, che gli verrà consegnato il 7settembre al Lido dal Patriarca di Venezia, S.E. il Card. Angelo Scola. Al nostro Ermanno Comuzio va inveceil premio speciale del XXIII Efebo d’Oro per il volume Musicisti per lo schermo Dizionario ragionato deicompositori cinematografici da noi pubblicato. Speriamo di bissare il successo con un altro dizionario chepresentiamo alla Mostra: Parole di cinema, dizionario bilingue (italiano e inglese) dei termini cinematografici.Che dire ancora? Con Clooney, Good Luck Venezia!

Ed è ancora Venezia

Goodnight and GoodLuck: l’opera secondadi George Clooney inconcorso al Festival

FOTO

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CINEMA - TELEVISIONE - RADIOTEATRO - INFORMAZIONE

Nuova Serie - Anno 75 Numero 9Settembre 2005

In copertina James Dean in Gioventùbruciata di Nicholas Ray

CaporedattoreMarina Sanna

Progetto grafico e Art DirectorAlessandro Palmieri

Hanno collaborato a questo numeroAndrea Agostini, Paolo Aleotti,Francesco Bolzoni, Andrea Borgia,Alessandro Boschi, Ermanno Comuzio,Callisto Cosulich, Rosa Esposito,Claudio G. Fava, Cesare Frioni, DiegoGiuliani, Oscar Iarussi, MassimoMonteleone, Franco Montini, EnzoNatta, Roberto Nepoti, Peter Parker,Luca Pallanch, Federico Pontiggia,Giorgia Priolo, Angela Prudenzi, ValerioSammarco, Alessandro Scotti, Mario

Sesti, Marco Spagnoli, AndreaSperelli, Chiara Tagliaferri, DavideTurrini, Chiara Ugolini

Proprieta’Ente dello Spettacolo

EditoreEnte dello Spettacolo

Direzione e amministrazioneVia G. Palombini, 6 - 00165 RomaTel.(06) 663.74.55 - 663.75.14 fax (06) 663.73.21e-mail: [email protected]

Registrazione al Tribunale diRomaN. 380 del 25 luglio 1986

Iscrizione al ROC N 2118 Del 26/9/01

Pubblicita’ e sviluppoRenato GelosoTel. 335 8100850e-mail: [email protected]

Servizio cortesia abbonamentiDirect Channel S.r.l. – MilanoTel. 02-252007.200 fax 02-252007.333Lun-Ven 9/12,30 – 14/17,30e-mail: [email protected]

StampaSocietà Tipografica Romana S.r.l.Via Carpi 19 - 00040 Pomezia (RM)

Finita di stampare il 5 Agosto 2005

Distributore esclusivoA. & G. Marco S.p.A.Via Fortezza, 27 - 20126 MilanoAssociata A.D.N.

Abbonamento per l'Italia(10 numeri) 35,00 euro

Abbonamento per l'estero(10 numeri) euro 103,29

Associato all'USPIUnione Stampa Periodica Italiana

CrdIniziativa realizzatacon il contributodella DirezioneGenerale Cinema –Ministero per i Benie le Attività Culturali

Direttore ResponsabileDario Edoardo Viganò

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4 RdC Settembre 2005

Cover Story10 James Dean

L’uomo pubblico e privato.Come si costruisce (edemolisce) un mito, acinquant’anni dalla morte(Stefano Masi, RobertoNepoti, Federico Pontiggia,Mario Sesti)

Servizi18 Roma a mano armata

Il magistrato De Cataldoracconta come Placido hacambiato il suo Romanzocriminale(Oscar Iarussi)

22 Laguna d’amorePassioni d’autore al Festival.Da Faenza a Ferrara e Chereau(Marina Sanna)

26 C’era una MostraVenezia 1955: il Leone di Dreyer(Callisto Cosulich)

28 Trenta e LidoQuando la Sala Grande era dabrivido(Claudio G. Fava)

30 Il Paradiso di DanteIl gran giurato Ferrettianticipa i segreti della BlackDahlia di De Palma(Alessandro Boschi)

54 Sul set del nuovo film di RubiniGira La terra: storia di fedeltàe nostalgia con Bentivoglio ela Gerini (Oscar Iarussi)

Speciale33 Città da film - seconda parte

Continua il nostro viaggionelle mete cinematografichepiù belle. Venezia, in onoredella Mostra del Cinema, NewYork e Berlino. Di giorno e dinotte, ieri come oggi(Hanno collaborato: C. Cosulich, L.Jattarelli, L. Pallanch, A. Prudenzi,M. Sesti, C. Tagliaferri, C. Ugolini. A cura di Marina Sanna)

sommario Numero 9 _ Settembre 2005

22 Monica Bellucci ne I Fratelli Grimm

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Settembre 2005 RdC 5

18 Riccardo Scamarcio in Romanzo criminale

30 Scarlett Johansson è la musa di De Palma

I film58 Il castello errante di Howl60 The Skeleton Key61 Don’t Come Knocking61 L’altra sporca ultima meta62 Guida galattica per

autostoppisti62 Herbie-Il supermaggiolino63 Vita da strega64 L’impero dei lupi65 I Fantastici 465 SpongeBob SquarePants66 Stealth - Arma suprema66 Indovina chi67 Madagascar68 The Island68 Il mistero di Lovecraft

(Rosa Esposito, DiegoGiuliani, MassimoMonteleone, FedericoPontiggia, Valerio Sammarco, Marco Spagnoli,Andrea Sperelli, DavideTurrini)

Le rubriche6 Tutto di tutto

News, tendenze, festival,schegge di nostalgia(Andrea Agostini, AndreaBorgia, Diego Giuliani,Massimo Monteleone, PeterParker)

72 Dvd & Extra-OrdinariNovità, cofanetti, edizionispeciali(Alessandro Scotti, MarcoSpagnoli)

76 Faccia a facciaPupi Avati e GiuseppePiccioni(Paolo Aleotti)

78 Economia dei media2005: fuga dalla sala(Franco Montini)

80 LibriQuando il cinema interroga(Francesco Bolzoni,segnalazioni: Giorgia Priolo)

82 Colonne sonoreLa guerra dei mondi, Terrapromessa, Batman Begins(Ermanno Comuzio) 54 Sul set di Sergio Rubini 6 Kate Hudson, dopo un thriller l’amore

10 James Dean, anniversario di un mito

63 La vita da strega della Kidman

67 Madagascar

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6 RdC Settembre 2005

chi fa cosa

Di Andrea Agostini

Dopo il thriller Skeleton Key, Kate Hudson(nella foto) affiancherà Owen Wilson nellacommedia You, Me and Dupree - scriveProduction Weekly - diretta da Joe eAnthony Russo. La Hudson sarà MollyPetersen, fresca sposina il cui matrimoniosarà messo in crisi da Randy Dupree (OwenWilson), testimone di nozze del marito edospite indesiderato che si stabilisce nellasua casa. Le riprese del film inizieranno afine agosto.

■ SHERIDAN CONTRO LA MAFIALa mafia irlandese nel mirino di JimSheridan. Il regista di Nel nome del padree Il mio piede sinistro dirigerà EmeraldCity - scrive l’Hollywood Reporter -,ritratto del crimine organizzato irlandesea New York. Ispirato ad una storia vera eambientato in uno dei quartieri piùmalfamati, l’Hell’s Kitchen, sarà girato nonappena Sheridan avrà terminato le ripresedi Get Rich or Die Tryin’, storia di unospacciatore che si dà al rap.

■ PALTROW & BLOOM DA CAMMEOGwyneth Paltrow e Orlando Bloom coppia

da cammeo. Secondo l’HollywoodReporter i due attori faranno unabreve apparizione nella commediaLove and Other Disasters. Scritta ediretta da Alek Keshishian, è lastoria di un gruppo di amici chescopre come l’amore, a volte, noncorrisponda a quellorappresentato nei film.Interpretato da Brittany Murphy,il film sarà girato a partire dalla

fine di luglio, ma non si sa ancora se i dueattori interpreteranno se stessi o sicaleranno in ruoli diversi.

■ COOPER VA IN CRISICrisi in famiglia per Chris Cooper. L’attorepremio Oscar per Il ladro di orchideesecondo Variety interpreterà The RoadBack, storia di un uomo alle prese con lafine del suo matrimonio ed un sempre piùdifficile rapporto con i familiari dopo ilsuicidio della figlia, una veterana dellaguerra in Iraq. Le riprese inizieranno nonappena Cooper terminerà le riprese delfilm Capote, dedicato alla leggendariafigura di Truman Capote.

TuttoDiTuttoUltimissime in pillole dal pianeta cinema

PROVA D’AMORE PER KATE

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appuntam

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evate che

A cura di Diego Giuliani

Faccione paffuto, sguardo sardonico,silhouette inconfondibile. Secondo l’FBIera il profilo di un cospiratore al lavorosulla bomba atomica. Il profilo di AlfredHitchcock. A catapultarlo nel mirinodell’intelligence, l’escamotagenarrativo per un film. Come spessoaccade, lo spunto arriva da un ritagliodi giornale: un raccontino su una donnacon una macchia inconfessabile, chedovrebbe diventare Il caso Paradine.Hitchcock ci si rompe la testa, ma lastoria non vuole proprio ingranare.Affinché l’intreccio regga, si dice,bisogna alimentare la suspense. Siamonel ‘44, Hiroshima è ancora lontana, main tempi di guerra l’equazione è prestofatta: Hitchcock individua “la macchiainconfessabile” in un carico di uranio

per la costruzione di una bombaatomica. Amici e colleghi gridano allafantascienza. Lui non si perde d’animo eper dimostrare la fondatezza della suaintuizione la sottopone a un esperto delCalifornia Institute of Technology. Loscienziato finge stupore, nega larealizzabilità di un simile marchingegnoe lo mette gentilmente alla porta. Poichiama l’FBI e denuncia “quel tiposospetto con delle idee strane”. Ilrisultato non tarda ad arrivare: laproduzione svende in blocco il film allaRKO e Hitchcock finisce sulle liste dellasicurezza come “sorvegliato speciale”.Per dimostrare che aveva ragione dovràattendere, purtroppo, il 6 agosto 1945:quando l’Enola Gay sgancia l’atomica suHiroshima.

A dare il titolo al film era una Cambialebollente che si passavano di mano in manoGassman, Tognazzi, Macario e Vianello. La regia era diMastrocinque e lacommedia nondelle migliori. Trasketch e gag nonbrillantissime,spicca peròuna battuta di Totò: “Siccomesono democratico,comando io”.Correva l’anno1959.

Irresistibile, travolgente, esilarante. E aseguire la firma di prestigiose testatenazionali e internazionali a garantirel’ineccepibilità del giudizio. E’ lastrategia del flano, specchietto per leallodole con cui le distribuzioni vendonoi loro titoli sulle pagine dei quotidiani.Obbligate a sintetizzare, libere distravolgere al limite della truffa. Uncaso su tutti quello del critico MerrillShindler, che nel 1988 stroncò il filmUna strega chiamata Elvira, scrivendosul Los Angeles Herald Examiner che“bruciarlo sarebbe un bene per tuttal’umanità”. Troppo lungo, il commentodiventò sui giornali: “Un bene per tuttal’umanità”.

Quella bomba di HitchcockSorvegliato dall’FBI, assolto da Hiroshima. Per un’intuizione atomica

Attenti al flano Totò insegna

I giornali consigliano? Mai fidarsi Una battuta che ha fatto “storia”

Cinema & società: riflessioni di celluloide

Hollywood e le sue statuette?All’Oscarino non se ne avvertirà lamancanza. Lo scenario del Lagod’Iseo fa invidia al Kodak Theater e ilcartellone vanta un filmato di RidleyScott. Il Festival del Cortometraggio diLovere, nel bergamasco, omaggia ilsuo nome con una chicca firmata dalvero Oscar per Il gladiatore. Ancoratop secret la trama, accompagneràfuori concorso gli eventi dellamanifestazione. In apertura, il 22settembre, il festival diretto dalcartoonist Bruno Bozzetto (vedi pag. 73) riproporrà il celebre Mimìmetallurgico ferito nell’onore:dichiarato omaggio alla regista LinaWertmuller, che presiede la giuria. Alfine di sostenere i talenti emergenti,la notte degli Oscarini del 24 prevede,tra gli altri, riconoscimenti al migliorfilm delle scuole di cinema, al migliorcortometraggio bergamasco eall’opera più creativa di un giovaneunder 25. Che Hollywood non abbiada imparare qualcosa?

Oscarinoa chi?Il festival del corto fa lecose in grande. Paroladi Ridley Scott

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8 RdC Settembre 2005

Sorrisi in camera e malignità a dentistretti. Fuori dal set, le star se nedicono di tutti i colori. Rivalità,invidie, antiche ruggini. I motivi nonmancano e la fantasia neanche. “Il

momento più bello con JoanCroawford è stato quando l’hobuttata giù dalle scale in Che fine hafatto Baby Jane?” ha detto di leiBette Davis. Normale che gossip e

veleni siano proporzionali alla fama.Tra le più bersagliate, non a caso, unadiva come Katharine Hepburn.“Eccezionale nel percorrere lagamma delle emozioni dalla A alla B”,ironizzava l’attrice di BroadwayDorothy Parker. Memorabile, poi, ilsuo botta e risposta con JohnBarrymore al termine delle riprese diFebbre di vivere. “Grazie a Dio nondovrò più recitare con te” sbottavalei. E lui: “Oh cara, non mi eroaccorto che l’avessi fatto”. Non è unmistero la rivalità nostrana fra GinaLollobrigida e Sophia Loren.Eloquente uno scambio di tenerezzedei tempi d’oro: “Sophia è una bellaragazza, ma non mi preoccupa,perché i miei ruoli non li sa recitare”.Disinvolta la replica della Loren: “E’un po’ limitata. Perfetta per lacontadina, ma assolutamenteincapace di fare la signora”.Menzione speciale, poi, alla “vipera”Sharon Stone. Così definita daVerhoeven, che l’aveva diretta inBasic Instinct, l’attrice demolisceSylvester Stallone dopo Lospecialista: “Dovevo cadergli ai piedi.Così avrei forse scoperto dovenasconde il fascino”. Il gossip èdonna, quindi? La smentita è diMichael Caine, che affonda RogerMoore con una stoccata puramentebritish: “Se siete in difficoltà, viliquiderà nel più educato dei modi”.Ancora più signorile il duetto fraPeter Sellers e Orson Welles in JamesBond 007 Casino Royale. Nella partedi due avversari al tavolo da gioco,ammettono la reciproca allergia alpunto di farsi rimpiazzare da duecontrofigure per l’intera scena.

Ciak, si sparlaPillole di malignità dal dietro le quinte. Ovvero: colpi bassie commenti al curaro fra “stimati” colleghi di set

TuttoDiTutto

la stanza di N

icolePer far pubblicità al film, non ha esitato afinire sui giornali e in tv: ha iniziato con ilfidanzamento improvviso con la quasisconosciuta Katie Holmes, ha proseguitodicendo al mondo che l’amava perdavvero. Poi, si è infilato in tutti gli showtelevisivi americani, è saltato sulle sedie,ha promesso di sposarsi, ha parlato maledegli psicologi e bene di Scientology. Nonso perché lo abbia fatto. So che èimbarazzante pensare a quell’uomo comeal marito che hai avuto al fianco per moltianni, alla persona cui hai dato amore,sudore e lacrime. E’ chiaro, quanto malepossa farti vederlo agire in questo modo.Ma anche questo, forse, può servire comeconsolazione nel momento in cui ifantasmi del passato torneranno adisturbarci: non salterai, non salteremomai sulla sedia per annunciare il nostrofidanzamento. Stanne certo, misterCruise. Tuo Peter Parker

Cara Nicole,avrei continuato a sorvolare, sapendo diriaprire una ferita. Ma ora non posso farea meno di occuparmene. Come tiaccennavo, sono stato cacciato dall’ufficioper aver fatto volare dalla finestra iltelevisore del direttore. Un gesto di cuinon mi pento affatto anche perché, nelfrattempo, ho trovato un lavoro che mipiace: faccio la maschera in un cinema. Lamaschera è il nome che, da romantico,assegno al mio nuovo lavoro. In realtàsono impiegato in un multiplex imbottitodi film e di aria condizionata. Strappo ipochi biglietti che si riescono a vendere evedo i film che passano nel circuito in cuisono stato assunto. Ma non è di questoche ti voglio parlare. E’ di lui, di quello chenel film di Spielberg fa la parte del padrepoco paterno che però si accolla l’interopeso della tragedia immane per salvare isuoi due figli dall’invasione dei marziani.

Appuntamento fisso con un ammiratore mascherato. Che si confessa alla Kidman, per parlarle di sé, del cinema e del mondo

mov

ie style

Lo strano caso del Dr. John e Mr.Travolta. Ovvero: due facce di undivo dal destino ballerino. Il colpogrosso arriva nel ‘77 con La febbredel sabato sera. Le danze del suoTony Manero gli valgono uncontratto da 3 milioni di dollari peril successivo Grease. Ancora in balloper il fortunato Staying Alivedell’83, Travolta infila poi una seriedi flop. Quando nel ’94 Tarantino lo

chiama per Pulp Fiction, ilcompenso è sceso a 150.000 dollari.L’investimento paga e il suo borsinoschizza a 18 milioni. Alle spalle,guarda caso, un memorabile ballocon Uma Thurman.

Balli milionariJohn travolto dal destino. Esalvato dalla danza

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■ Orson Welles narraAmericans on Everest nelprimo dei NationalGeographic Specials per laCBS-TV.

■ Suscita scandalol’anteprima negli Stati Unitidel documentario TiticutFolies di FrederickWiseman, che denuncia lostato dei manicomi.

10_9_1965Orson Welles

■ Il capolavoro di BusterKeaton, Io …e la scimmia, èproiettato per la prima voltanelle sale statunitensi.

15_9_1928Io...e la scimmia

28_9_1967Titicut Folies

Settembre 2005 RdC 9Luglio-Agosto 2005 RdC 9

TORONTOINTERNATIONALFILM FESTIVAL

Sito webhttp://www.bell.ca/filmfest/Dove Toronto (Ontario), CanadaQuando 8-17 settembreResp. Piers Handlingtel. (001-416) 9677371fax. (001-416) 9679477E-mail [email protected] dell’autorevolefestival competitivo, chepresenta molti titoli canadesi einternazionali, con molteanteprime assolute. Il mercatomondiale del cinema è puntatosulla manifestazione.

FOCUS ON ASIA: FUKUOKAINTERNATIONAL FILM FESTIVALSito web http://www.focus-on-asia.comDove Fukuoka City, GiapponeQuando 16-25 settembreResp. Tadao Satotel. (0081-92) 7335170fax. (0081-92) 7335595E-mail [email protected]

XV edizione dellamanifestazione non competitivache intende offrire unapanoramica sul cinema asiatico.

FESTIVAL DU CINEMAAMERICAIN DE DEAUVILLESito web http://www.festival-deauville.comDove Deauville, Francia

tel. (0031-30) 2303800fax. (0031-30) 2303801E-mail [email protected] edizione della rassegnacompetitiva che presenta il

meglio del cinema e della fictionTV dell’Olanda (anchedocumentari e cortometraggi).Retrospettive sul cinemaolandese. Ospita l’Holland FilmMeeting.

FESTIVAL INTERNATIONALDU FILM FRANCOPHONE DENAMURSito web http://www.fiff.beDove Namur, BelgioQuando 23-30 settembreResp. Dominique Jamartel. (0032-81) 241236fax. (0032-81) 224384E-mail [email protected] dellamanifestazione competitivaintesa a promuovere opere dilingua francese (lungometraggi,cortometraggi e documentari)provenienti da Belgio, Francia,Africa e Québec.

PRIX ITALIA Sito webhttp://www.prixitalia.rai.itDove Milano, ItaliaQuando 18-24 settembreResp. Alessandro Ferolditel. (06) 36862342fax. (06) 3723966E-mail [email protected] edizione del Premio, la piùantica e prestigiosa rassegna-concorso internazionale peropere radiofoniche, televisive(nelle tre sezioni: Drama,Documentari, Performing Arts),e Web. Sono rappresentati 82enti pubblici e privati di 42 paesi.

EFEBO D’OROSito webhttp://www.efebodoro.com Dove Agrigento, ItaliaQuando 26 settembre - 1 ottobreResp. Corrado Cataniatel. (0922) 596632fax. (0922) 595196E-mail [email protected] edizione del premiointernazionale (organizzato dalCentro di Ricerca per laNarrativa e il Cinema) daassegnare al regista del migliorfilm tratto da un romanzo.Inoltre: i saggi di diploma dei neoregisti di una scuola europea dicinema, e la seconda edizionedei corti “letterari”. Ospita ilXXIII concorso-referendum per ilmiglior libro sul cinema incollaborazione col S.N.G.C.

Quando 2-11 settembreResp. Lionel Chouchantel. (0033-1) 41342033 fax. (0033-1) 41342077E-mail [email protected] edizione della più insignerassegna europea, competitiva,dedicata al cinema statunitense,in particolare quelloindipendente. Anteprime di filmcommerciali ancora inediti inFrancia o in Europa.

FESTIVAL INTERNACIONALDE CINE DE DONOSTIA-SANSEBASTIANSito web http://www.sansebastianfestival.comDove San Sebastiàn, SpagnaQuando 15-24 settembreResp. Mikel Olacireguitel. (0034-943) 481212fax. (0034-943) [email protected] edizione per la rassegnabasca, competitiva, fra i maggiorifestival cinematografici europei.Recenti produzioni mondiali inlizza per la “Concha de Oro”.Retrospettive. Ospita unmercato del settore.

MILANO FILM FESTIVALSito webhttp://www.milanofilmfestival.itDove Milano, ItaliaQuando 16-25 settembreResp. Lorenzo Castellini,Beniamino Saibene tel. e fax (02) [email protected] del concorso-festivalinternazionale di “corti” elungometraggi. Una selezione di

titoli inediti e di qualità, i cuiautori partecipano al progettodi “ri-distribuzionecinematografica” di tali opere.Si svolge al Piccolo Teatro diMilano e al Castello Sforzesco.

FANTASTISK FILMFESTIVALSito web http://www.fff.seDove Lund-Malmo, SveziaQuando 16-25 settembreResp. Glenn Ekerothtel. (0046-46) 132135fax. (0046-46) 132139E-mail [email protected] edizione dell’unico festivalscandinavo dedicato al cinemafantastico. Il programmapresenta in concorso opere difantascienza, horror, fantasy,thriller e “underground”. Ospitaregisti del settore.

OTTAWA INTERNATIONALANIMATION FESTIVALSito webhttp://www.awn.com/ottawaDove Ottawa (Ontario), CanadaQuando 21-25 settembreResp. Chris Robinsontel. (001-613) 2328769fax. (001-613) 2326315E-mail [email protected] dell’importantemanifestazione canadese

dedicata al cinemad’animazione. Prevede sezionicompetitive e non, piùretrospettive e proiezionispeciali.

FILMFEST HAMBURGSito webhttp://www.filmfesthamburg.deDove Amburgo, GermaniaQuando 22-29 settembreResp. Albert Wiederspieltel. (0049-40) 39919000fax. (0049-40) 399190010E-mail [email protected] edizione del festivalcompetitivo la cui selezioneufficiale offre un riccopanorama di “prime”internazionali, comprese leproduzioni indipendenti, idocumentari e i filmd’animazione. Ospita ilChildren’s Filmfest.

NEDERLANDS FILMFESTIVALSito web http://www.filmfestival.nlDove Utrecht, OlandaQuando 28 settembre - 7ottobreResp. Doreen Boonekamp

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5_9_1932Muore Paul Bern

■ Paul Bern, bracciodestro del boss della MetroGoldwyn Mayer IrvingThalberg, si spara uncolpo alla testa nel bagnodella casa a BenedictCanyon che questi dividecon la diva ”biondaplatino” Jean Harlow.

■ Le sette ore di Lesoulier de satin, il sublimefilm che Manoel de Oliveiraha tratto dal dramma diPaul Claudel, vengonoproiettate per la primavolta alla Mostra d’ArteCinematografica di Venezia.

3_9_1985Le soulier de satin

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10 RdC Giugno 2005

COVER STORY L’uomo l’attore il mito

James Dean nelGigante. Accanto inForever Young diMichael Sheridan,presentato al festival di Cannes

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Settembre 2005 RdC 11

JamesDean

Impacciato, curioso, appassionato di motori ma anche di fotografia.Cinquant’anni dopo, l’altra storia dell’attore che al glamour di Hollywood preferiva gli studenti del Greenwich VillageDi Stefano Masi

Two botulisms marriesumpteen elephants.

poisons grew up, thenKlingons telephoned two

quite putrid cats.

NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI IL SUO MODELLOERA IL GIOVANE BRANDO

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12 RdC Settembre 2005

COVER STORY

er troppo tempo avevamoidentificato la carriera di JamesDean con tre soli film, La valledell’Eden, Gioventù bruciata eIl gigante. Adesso riemergono

dal dimenticatoio una quarantinad’interpretazioni che egli ha lasciatoscritte sull’acqua della produzionetelevisiva. E possiamo sfogliarne qualcheinquadratura grazie al documentario diMichael Sheridan James Dean: ForeverYoung, presentato a Cannes nella sezioneClassics e ora distribuito da Univideoanche in Italia: fa un certo effetto vedereJames Dean giovane e impacciatocaratterista in un nebbioso bianco e neronelle sue prime performance televisive,quando lo studente dei corsi di recitazionedi Stella Adler ansiosamente arrancavadietro al suo agente per conquistare unpaio di pose in più. Il mitico Dean checonoscevamo era legato alle tinte pastellodel Technicolor e quasi sempregiganteggiava nella vastità orizzontale delCinemascope. Ricondurlo nelladimensione “kammerspiel” del bianco enero tv ce lo rende meno statuario, meno“mito”. Dean girò i suoi lavori per la tivùsoprattutto a New York, mentreovviamente il cinema lo conduceva nella“turris eburnea” di Los Angeles, città privadi un tessuto sociale “caldo”. Lui preferivala coinvolgente vitalità di Manhattan. ANew York si era fatto tanti amici tra lacomunità studentesca, quelli che avevaconosciuto all’Actors Studio e quelli chesemplicemente incontrava nei localini delGreenwich Village. Nella Grande Melaaveva recitato a Broadway e si eraguadagnato un Bloom Award comemiglior attore esordiente perl’interpretazione in The Immoralist(1954). Soprattutto a New York c’eranogli studi nei quali, a diretto contatto conla comunità teatrale di Broadway, siregistravano quegli spettacoli di teatrotelevisivo, serie sponsorizzate ma colte,dove Dean cominciò a percorrere la suastrada: il Lux Video Theatre, il KraftTelevision Theatre, la CampbellPlayhouse, il General Electric Theatre, laSchlitz Playhouse. Nella vita di tutti igiorni il suo modello comportamentaleera, così come per tanti altri coetanei, ilgiovane Marlon Brando, che però perJames Dean rappresentava anche l’idealeinterpretazione del modello attoriale

stanislavskijano. Le fotografie in bianco enero scattate da George Perry, DennisStock e altri fotografi della Magnum, per iquali James Dean dapprima fu soltantouno dei tanti aspiranti attori da ingentilirenelle pagine di un “book”, poi una star daprendere con le pinze, ce lo mostrano colciuffo vaporoso, lo sguardo costantementeimbronciato che si addiceva alla bellezzadei suoi occhi profondi e tristi, i pantalonilarghi e quei maglioni a V chesottolineavano il suo assoluto disinteresseper la moda. Però non tutti sanno che,quando cominciò a trovarsi davantiall’obiettivo dei fotografi, Dean cercò unpunto di contatto con loro. Deciso a farsiinsegnare i misteri del bianco e nero,acquistò una macchina professionale eandò lui stesso a caccia di immagini. Èper questo che in alcune delle foto scattatedopo il 1953 lo vediamo armato dimacchina fotografica. Quando Dean aveva già incassato idividendi di notorietà di La valledell’Eden, la Warner puntò sulla sua love-story con Annamaria Pierangeli (divenutaa Hollywood Pier Angeli). I biografidell’attrice raccontano che quell’amore fusabotato dall’influente madre di lei,

favorevole invece a un’unione della figliacol cantante confidenziale Vic Damone,italo-americano e cattolico. L’ufficiostampa della Warner fece circolare la fotodi un James Dean più imbronciato delsolito, piazzato davanti all’entrata dellachiesa dove la Pierangeli si era appenasposata con Damone. Verità o

L’uomo l’attore il mito

ARMATO DI MACCHINAFOTOGRAFICA, ANDAVA A

CACCIA DI IMMAGINI

P

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fotomontaggio? Qualche anno più tardil’attrice italiana si toglierà la vita, distruttadal fallimento di quel matrimonio,lasciando un testo nel quale dichiaravache il suo unico grande amore era statoproprio James Dean. Erano gli ultimianni della stagione d’oro dello star-system, quando ancora gli amori fra i divifacevano scintille. Attorno all’astro diJames Dean vennero fatti orbitare, adarte, grandi e piccole stelle dell’epoca, inprimo luogo le sue partner, da NathalieWood a Liz Taylor, nonché Julie Harris(altra allieva dell’Actors Studio) e lagiovanissima Ursula Andress, all’epocanon ancora Bond girl. Ma la biografianon autorizzata di Ron Martinetti (TheJames Dean Story, 1995) parla senza mezzitermini anche delle sue relazioniomosessuali col regista teatrale RogerBrackett, col quale il giovane James Deanaveva condiviso un appartamento a New

York e aveva convissuto anche a LosAngeles. Brackett lo aiutò nella prima fasedella carriera, facendogli ottenere unaparte accanto ad Arthur Kennedy aBroadway nel dramma See the Jaguar e leprime apparizioni marginali sul grandeschermo. La sua passione per i motori e per lavelocità, che lo condusse al crocevia deldestino, sulla fatale strada per Salinas,all’altezza di Cholame, il 30 settembre dicinquanta anni fa, è ben nota. Deanandava pazzo per le Porsche e avevagareggiato da pilota dilettante, a PalmSpring, Bakersfield, Santa Barbara. Avevaperfino vinto qualche gara. Il primo diottobre avrebbe dovuto correre con la suaPorsche Spider modello 1955 a Salinas,dove però non arrivò mai… Sebbene laWarner gli avesse formalmente interdetto

la partecipazione a qualunque corsa,almeno fino al termine delle riprese de Ilgigante, George Stevens era seriamentepreoccupato dalle quotidiane performanceautomobilistiche del giovane attore. Pochisanno che sei settimane prima di morireJames Dean, ormai già famosissimo, erastato utilizzato come testimonial in unospot televisivo durante una pausa dilavorazione de Il gigante. Col suo sguardoipnotico puntato in macchina JimmyDean diceva: “Ho preso troppi rischisull’autostrada. D’ora in poi guiderò inmaniera prudente...”. Era il luglio 1955.Ovviamente, dopo lo schianto che glicostò la vita, quello spot “educational”non venne mai più messo in onda. Arivederlo oggi, mezzo secolo dopo, sipercepisce un acre odore da tragediagreca. ✪

Sulla sua Porsche. A sinistra con Liz Taylorin una pausa sul set e di

ritorno da un tourpromozionale

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immy Dean, Jimmy Dean… Intornoal suo mito, monumento edificato sutre soli film e consolidato dal tempo,

sono state scritte infinite pagine. Dell’attore,invece, si è detto poco. A costo di peccare dilesa mitologia, bisogna riconoscerlo: il suotalento era reale, ma limitato. Eppurel’epifania di James Dean sullo schermo feceun’enorme impressione, perché nessuno,fino a quel momento, aveva recitato in unmodo simile. Né Marlon Brando – al qualeè stato spesso avvicinato, ma che era il suoesatto opposto – né alcun altro allievodell’Actors Studio. Ai giovani spettatori

COVER STORY L’uomo l’attore il mito

Il rivoluzionariodi Hollywood

In tre film ha svelato al mondo irrequietezze e complessi della gioventù americanaDi Roberto Nepoti

Dean in Gioventù bruciatadi Nicholas Ray. Nellapagina seguente conNatalie Wood e a sinistradall’alto nel Gigante, Lavalle dell’Eden di EliaKazan, e con Liz Taylor

J

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dell’epoca, che si riconobbero senzaesitazione in lui, Jimmy sembrò subito unfratello: un ragazzo che rompeva d’un soltratto con tutte le convenzioni dellarecitazione cinematografica, che nonsembrava recitare, ma vivere le parti.L’angelo caduto aveva preso i tratti delvicino di casa; il conflitto centrale cherappresentava era nodale per quellagenerazione di adolescenti (come per tutte legenerazioni di adolescenti): fare i conti con ipropri complessi, superare le fissazioniedipiche e transitare all’età adulta. Jimmysembrava rappresentare in modo

quintessenziale tutto questo, e ancora di più(una certa quota di ambiguità sessuale,innazitutto, malgrado i suoi ruoli siano“etero”). Inconsapevole terapeuta, innescavadallo schermo i transfert psicanalitici deisuoi coetanei, o giù di lì, ches’identificavano pienamente in lui,vedendolo come con un garante diautenticità e di verità. Impressione relativa eingannevole. Passato l’effetto della novità,doveva pur arrivare il giorno di rendersiconto che, “nella vita”, nessuno si è maicomportato a quel modo. Beninteso, non nefacciamo una mera questione di “realismo”.Il punto è che l’eroe incarnato da Deaneccedeva sistematicamente nellarappresentazione delle proprie nevrosi, leiper-rappresentava, le teatralizzava fino ametterne in pericolo autenticità e sincerità.Era proprio necessario tutto quel gesticolare,erano indispensabili tutte quelle smorfie pertestimoniare sentimenti che un po’ diritegno avrebbe reso più credibili, piùefficaci? Rivedere, oggi, l’esacerbato,scontroso adolescente de La valle dell’Edenper credere; o meglio per constatare quanto,in certe scene, sia difficile prenderlo sulserio. Né varrà a toglierci tale sensazionericordare che Dean, a soli ventiquattro anni,ebbe la nomination all’Oscar per la parte diCal. In Gioventù bruciata il suo modo diproporre il personaggio di Jim sarà purefunzionale alla rappresentazione di unagenerazione post-eroica, dilaniata enevrotica; a distanza di tempo, tuttavia, hafinito per giocare a sfavore del film diNicholas Ray, facendo affiorare il filo biancoche cuce una sceneggiatura artificiosa e unpensiero schematico, più compiacente diquanto si vorrebbe ammettere. Con Ilgigante (Dean morì in un incidente

automobilistico durante le riprese), siamoalla terza riproposta consecutiva dello stessocharacter, che non subisce il minimoaccenno di evoluzione. E ciò malgrado ilpersonaggio di Jett traversi un lungopercorso diegetico – da giovane spiantato aricco e arrogante petroliere – e anagrafico –passano i decenni, i truccatori si danno dafare per invecchiare il volto del giovaneattore e incanutirgli i capelli. Che dietrotutto ciò ci sia il calcolo, coerentementehollywoodiano, di riproporre un tipo tantoamato dal pubblico quanto redditizio albotteghino, non scandalizza nessuno; ma vapure constatato. Viene voglia di porsi unadomanda dalla classica risposta impossibile.Che tipo di attore sarebbe diventato JamesDean, se il destino non ne avesse troncatocosì prematuramente la vita? Ogni ipotesi ètautologica. Se il suo carisma è fuoridiscussione, nella breve filmografiadell’attore s’intuisce più volte che neppure imezzi – potenzialmente - gli mancavano. Liavrebbe affinati? Poteva evolvere comeripetersi, rifare all’infinito se stesso oppurediventare un grande attore. Non ci è datosaperlo. Quel che sappiamo è che la suarecitazione, oggi, ha subito un duroinvecchiamento laddove i suoi lineamentisono rimasti eternamente giovani,consegnandolo alla leggenda. A riprova dicome il cinema sia, insieme, l’epicentro dellaproduzione di mitologia e il territorio in cuistili e mode si rivelano i più fragili delmondo. ✪

NESSUNO FINO A QUELMOMENTO AVEVA RECITATOIN UN MODO SIMILE

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COVER STORY L’uomo l’attore il mito

l pubblico, al cinema, ha sempre amatoquelle attrici che lavoranosull’immobilità degli occhi, o addirittura

su un leggero strabismo, l’espressioneinvolontaria che la natura ha conferito alvolto per sempre. Invece di muovere gliocchi, li tengono fermi. Ma essi non lo

asimmetriche, che puntavanol’interlocutore dall’alto in basso, situate aldi sopra di un cuore ed un paio di jeans? Acinquant’anni dalla sua scomparsa sonosempre di meno coloro che sono pronti agiurare che si trattasse di un grande attore esempre di più quelli che ritengono abbiaavuto la fortuna di vivere nell’età d’oro incui si fissano i modelli della vitaimmaginaria dei miti nel cielodell’iperuranio del cinema. Lui, Marilyn epochissimi altri. Perché il corpo fisico vengacompletamente metabolizzato dallasostanza immateriale della pura icona, nonbasta una carriera rapida e brillante comeuna meteora, un’ambizione sfrenata, unaossessività sospetta, una fortunaraccapricciante, ci vogliono anche unainfanzia difficile, un marketing sensibile (let-shirt, le decappottabili, i jeans), unaegemone tendenza all’autodistruzioneprecoce e una fine violenta: è la ricetta piùsicura per la fabbricazione dell’eternità diun simbolo della cultura di massa. A taleeternità, James Dean non offrì solo uncorpo mirabile ma anche la percezione chene possedesse uno del generedimenticandosi di averlo e che comunquenon fosse sufficiente per evitare il desiderio

Oltre la leggenda

La morte lo ha consegnato all’eternità come Marilyn e pochi altri. Perché aveva qualcosa di speciale Di Mario Sesti

I sono mai, sono già mossi, da sempre.Anche negli attori maschili un lievestrabismo conferisce un alone di bellezzaimmateriale, una forma enigmatica didivinità. Forse perché così è più evidenteche un attore al cinema non fa che guardareil vuoto? L’asse dei loro sguardi divergeall’infinito. Il non guardare qualcosa, ilguardare il nulla, sembra già, di per sé,qualcosa che ha a che vedere con il cinema.Più di una pagina di sceneggiatura, più diun controluce su uno sbuffo di nebbia o iriflessi su un asfalto bagnato. Più di unprimo piano. Un attore non deve vederequello che vede, ma non deve far vedere chenon vede. Gli attori che puntano alla puratrascendenza dell’immaginecinematografica, qualcosa che sublima ilfatto che le stesse persone che compaiononelle inquadrature possiedano un corpo,una vita, un peso, hanno, dunque, spesso,l’apparenza di soggetti che fantasticano.Gente che non vede ciò che sta guardando.Non vedere una troupe, non vedere unregista o un elettricista. E nel far questo,non farsi vedere. Per farsi vedere. Fino a chepunto James Dean era consapevole dellasmisurata efficacia di questa apparenza?Dell’involontario potere di due pupille

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d’oblio, il rifiuto di tutto ciò che c’è in giro,il bisogno inappagato d’amore. La critica hasubito messo in luce le movenze feline deisuoi accoccolamenti, i fan hanno da subitoadorato lo stacco tra la maglietta bianca e ilcollo abbronzato, i giornalisti hannoperfettamente recitato insieme a lui il mitodell’anticonformismo e della sregolatezza,ma il modo in cui porta a spasso il suocorpo nell’inquadratura, come se fossepreso in prestito temporaneamente daqualcun altro, la sensazione di non averealcuna smania di entrare in competizionecon esso ma piuttosto di trattarlo come uncompagno di strada, l’idea costante che lavita fosse troppo al di sotto delle nostreattese per prenderla davvero sul serio, eranoqualcosa che sapeva gestire meglio diqualsiasi battuta di dialogo, meglio diqualsiasi crisi di nervi o proiezionefreudiana o generazionale. In scena, i dueocchi dall’asse sfalsato, sembrano semprepuntati su qualcos’altro che non vediamo eche non potremmo vedere. Non ci ha maidetto cos’era, non ce lo avrebbe dettoneanche se fosse campato altricinquant’anni. ✪

PORTAVA A SPASSO IL CORPO COME SE FOSSE

IN PRESTITO

James Dean ha trascorsi da“virtuoso”, ma per affibbiargli la“label” di prima rockstar della storianon ci attaccheremo a questo. Inbilico tra sfida e “boutade”,vedremo quali analogie Dean ha conalcuni mostri sacri del rock. Star dialtre epoche e di altri palchi, maugualmente maledette. Un viaggionel futuro (di Dean) per rintracciarnela progenie: non cinematografica,ma musicale. Partiamo dal look. Inquesto Dean si avvicina a KurtCobain, a cui concede tre anni in piùdi vita: Dean muore 24enne, Cobaina 27. Del leader dei Nirvana, Deanpuò essere considerato il padrenaturale, almeno a giudicaredall’indifferenza (per la moda) concui portava maglioni con scollo a V,jeans sdruciti e magliette casual(i):quasi un “grunge ante litteram”. Là(Dean) un ciuffo aggressivo, qui(Kobain) ciocche bionde calate sulviso, ma la sostanza non cambia:l’inquietudine esistenziale passadalla sartoria, che cuce addossonuove misure. Le stesse poi ricalcatenel guardaroba giovanile a metà anni’50 e inizio anni ’90. L’abito fa il divo,soprattutto quello antagonista. E chimeglio di Dean ha anticipato nelle

sue movenze rabbiose un viaggio Inutero nel disagio dei non-adulti: dichi, annusando un suo primo pianodi Gioventù bruciata, si sarebbepotuto dire Smells Like Teen Spirit?Puzza di bruciato per cui occorronole fiamme: Light My Fire avrebbecantato un altro angelo ribelle, JimMorrison, come Kobain morto27enne nel 1971. Consapevole ancorpiù di Dean del suo essere artista, ilRe Lucertola omaggiò con il nomedel suo gruppo, The Doors, loscrittore Aldous Huxley e le sue“porte della percezione”: quelledell’immaginario collettivospalancate nella morte tra le lamieredi una Porsche per Dean e nellavasca da bagno per Morrison. Maprima la vita, ovvero gli eccessi: aDean “posacenere umano” (per lebruciature di sigaretta infertesi sulpetto) Morrison risponde giocando adomino con i tabù, perché è “megliobruciare in una volta sola chespegnersi lentamente”. Sulla stessascia, aperta dalla sua Stratocaster, sipone Jimi Hendrix. Un fascino, il suo,distorto e intriso di sessualitàanimalesca con un prevedibilecapolinea: una camera d’albergolondinese in cui muore drogato,

soffocato dal suo vomito nel 1970. A27 anni. Pure lui. E come per Deannessuno avrebbe potuto prevederela sua evoluzione. Forse la morte hasottratto entrambi a un’ingratarisposta. Come ha scritto PaoloGalori dell’ultimo Hendrix, anche lafine di Dean rivela il “disperatotentativo di non replicare se stessodi fronte a chi gli chiede prove dellasua divinità”. Per primo Dean haincarnato sul palcoscenico unaribellione fine a se stessa. La piùpura e la più inutile. Ma cosìdisperatamente tautologica daassegnargli un posto da “gigante”nella storia. In quella del cinema. Ein quella del rock. In un coro a piùvoci, tutte destinate a strozzarsi,Dean, Morrison, Hendrix e Kobainhanno cantato “Live fast, die young,leave a good corpse”. Poi arriveràRobbie Williams con Old Before IDie. Ma è un’altra storia. Cheall’odore di bruciato ha sostituitoquello di plastica.

La prima rockstarJames Dean, Kurt Cobain, Jim Morrison, Jimi Hendrix. Altre epoche, percorsi diversi, con trattie inquietudini pericolosamente vicini Di Federico Pontiggia

Ancora un’immaginedel Gigante. A sinistra

in Forever Young enella Valle dell’Eden

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18 RdC Settembre 2005

ROMAA MANOQuella del Freddo, del Libanese e del Dandi nel Romanzo criminale di Giancarlo De Cataldo. Che Placido porta in sala a settembre con una gang d’eccezione: Rossi Stuart, Favino, Santamaria, Scamarcio...Di Oscar Iarussi

PRIMO PIANO

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Settembre 2005 RdC 19

ARMATA

al romanzo al film, corteggiato dai festival, quasi certamente nellesale a fine settembre. È Romanzo

criminale, un successo di Giancarlo DeCataldo, magistrato e scrittoreimpegnatissimo, 48 anni, tarantino aRoma fin dai tempi dell’università,curatore da ultimo della fortunataantologia Crimini. De Cataldo, prolificoanche come autore televisivo (Nero come ilcuore, Borsellino), ha collaborato allasceneggiatura di Romanzo criminalefirmata dalla premiata ditta Stefano Rulli& Sandro Petraglia. La regia del film èdi Michele Placido, altro pugliese,

D

Giancarlo De Cataldo

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impegnato con un approccio che DeCataldo descrive “sorprendente perenergia, molto efficace”. ProduconoRiccardo Tozzi, Giovanni Stabilini eMarco Chimenz per Cattleya, con WarnerBros. anche distributore, e partner anglo-francesi.De Cataldo, prima domanda d’obbligo:che effetto le fa ritrovare il suoromanzo sullo schermo?Penso che letteratura e cinema sianolinguaggi diversi e distanti. Un film deveavere una sua autonomia, ogniadattamento è un tradimento, e, comenella vita, conta il risultato. Credo che unfilm possa dirsi riuscito quando riserva deisapori che la pagina letteraria non aveva,sapori diversi, segreti o portati alla luce,

ma anche sapori sottratti in certi passaggidel libro, perché qualsiasi sceneggiatore hail legittimo timore delle ripetizioni, dei“raddoppi”, cioè di attribuire il medesimocarattere a più di un personaggio, il che èconcesso in letteratura, ma è vietato alcinema. Nel caso di Romanzo criminale, Placidocosa ha conservato e cosa ha sottratto?Ha custodito il cuore della storia, ovveroun certo spirito ribaldo e violento, moltoromano. Così, nel film non ci sono tutti ipersonaggi del libro, ma ne viene tutelatala coralità, grazie a un cast davveroprodigioso.

Ci rammenta in sintesi i personaggi e lastoria?Il Libanese insegue il sogno dispadroneggiare nella Capitale e perciòmette su una banda spietata edorganizzata, le cui vicende nel libros’ispirano in parte a quelle della famigerataBanda della Magliana. Le imprese dellabanda e dei suoi capi (il Libanese, ilFreddo, il Dandi) si sviluppano dal 1977al 1992, intrecciandosi con la storia oscuradell’Italia del terrorismo e della strategiadella tensione, dall’omicidio di Aldo Moroalla strage di Bologna. Per tutto questotempo, il commissario Scialoja dà la cacciaalla banda, cercando contemporaneamentedi conquistare il cuore di Patrizia, lasplendida donna del Dandi.

Gli interpreti?Se scrivendo il romanzo avessi vistoall’opera Kim Rossi Stuart nei panni delFreddo non ci avrei creduto: è lui! ClaudioSantamaria è un Dandi con accenni dirara autenticità e lo stesso dicasi per ilLibanese di Favino. Anna Mouglalis è unaPatrizia sensuale e “perduta”, RiccardoScamarcio è il Nero, e poi ci sono JasmineTrinca, Francesco Venditti, TonyBertorelli, Antonello Fassari e unincredibile Gian Marco Tognazzi. E,naturalmente, Stefano Accorsi nel ruolo diScialoja.Il film è stato girato tra Roma, Bolognae la Corsica. Lei è stato sul set?Sì, e mi è parso un set ricco di inventiva,con soluzioni che Placido escogitava

rispetto ai problemi di unastoria complessa. L’impegnoprofuso dagli attori, al limitedell’atletismo e attingendo allerisorse psicologiche di ciascuno,non l’ho mai visto prima, pernon parlare del lavoro sulla lucefatto dal direttore dellafotografia Luca Bigazzi.De Cataldo, Camilleri,Lucarelli, Carofiglio,Carlotto, Faletti... Tuttipremiati dai lettori. Chesuccede? La storia d’Italia sipuò raccontare solo attraversola lente criminale?No, la storia d’Italia vienenarrata da me e da altri autoriattraverso un filtro nero, oggiegemone perché altri filtri sonovenuti meno. D’altronde, lastoria d’Italia è pesantemente“nera”, noir, perchénasconderselo? I crimini hannosempre contato molto. Nésiamo i soli, i francesi hanno intal senso una tradizione

luminosissima, anzibuissima, che va daBalzac a Rififi, aManchette, per nonparlare dei russi odegli statunitensi, efaccio solo il nome diJames Ellroy i cui“luoghi oscuri” sonogli stessi dell’Americada Kennedy in avanti. ✪

20 RdC Settembre 2005

PRIMO PIANO

“La storia d’Italia è pesantemente nera,perché nasconderselo? I crimini

hannno sempre contato molto”

Riccardo Scamarcio,detto il Nero. Sotto

Placido con il“commissario”Stefano Accorsi

FOTO

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entrambi interpreti. “Il Dandi è tratutti i componenti della banda quelloche ha meno sentimenti, che sidiscosta per primo dal gruppo e daisuoi ideali, che ha voglia di ripulirsi, ditogliersi di dosso la povertà e chesente di appartenere meno allastrada”. Scrive De Cataldo: “Dandi eranato dove Roma è ancora dei romani:nelle case di Tor di Nona. A dodici annil’avevano deportato all’Infernetto, maDandi non smetteva di ripetere che, ungiorno o l’altro, sarebbe ritornato alcentro. Da padrone. E tutti si dovevanoinchinare al suo passaggio”. “E’ unpersonaggio distante da me e all’inizioho faticato molto – spiega Santamaria- sono stati fondamentali gli stimoli diMichele. Quando si interpreta uncriminale che vive in modo cosìestremo, devi andare più a fondo nellecose, devi sempre dare di più anchequando pensi di avere dato il massimo

e fatto tutto il possibile, masoprattutto devi amare il personaggiosenza giudizi né condanne”. Perprepararsi alla parte l’attore ha lettodiversi libri sulla storia della Bandadella Magliana e anche gli attiprocessuali, “ma il vero lavoro loabbiamo fatto sul trucco e sui costumi,ho anche visto delle foto dell’uomo acui si ispira il mio personaggio,sembrava un politico berlusconiano”.Dopo i fischi con i quali la critica haaccolto gli ultimi due film di Placido aVenezia (Un viaggio chiamato amore eOvunque sei), c’è ora grande attesa ecuriosità per Romanzo criminale, cheoltre a Santamaria riunisce alcuni deimigliori attori della nuova generazione(Kim Rossi Stuart, Jasmine Trinca, PierFrancesco Favino, Stefano Accorsi,Riccardo Scamarcio, Anna Mouglalis) esi avvale, per la sceneggiatura, dellefirme di Rulli e Petraglia e dellacollaborazione dello stesso DeCataldo. “Io ho una buona sensazione– conclude Santamaria - sento cheabbiamo fatto un buon lavoro sia conla recitazione che nella cura deipersonaggi”.

Eleganza a delinquerePer Claudio Santamaria, bandito senza sentimenti con un sogno “estremo”Di Rosa Esposito

“Ho sempre pensato che la carrieradel bandito non mi sarebbedispiaciuta” confessa ClaudioSantamaria. Ad accontentarlo ci hapensato Michele Placido che l’hascelto per interpretare il ruolo delDandi in Romanzo criminale, filmtratto dall’omonimo libro delmagistrato Giancarlo De Cataldo. “E’ la classica storia di un sogno, maun sogno estremo destinato anaufragare” ci racconta l’attore. Occhiverdi, aria indolente e sorrisobeffardo, Santamaria è tra i volti piùinteressanti del giovane cinemaitaliano. Ha esordito nel ’97 conLeonardo Pieraccioni, è stato direttoda Gabriele Muccino, Silvio Soldini,Nanni Moretti, Marco Risi, Pupi Avati,Bernardo Bertolucci, Dario Argento, eora torna a lavorare per la secondacon Michele Placido dopo l’esperienzade Il posto dell’anima, di cui erano

Santamaria è ilDandi, uno dei

personaggiprincipali del film

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Venezia2005

IlFestival dellepassioni

Grandi autori, star ed emozioni forti alla 62a Mostra delCinema. Che tenta di sorpassare Cannes

a sfida l’ha lanciata Liberationdurante il festival di Cannes:la Croisette più splendente

che mai? Merito di Marco Muller.Secondo il quotidiano francese, larinnovata competizione tra i duedirettori Muller e Fremaux avrebbealzato il livello artistico e mondano

di entrambe lemanifestazioni.L’ultima edizione diCannes è stata lamigliore degli ultimianni, Venezia sipresenta all’appelloparticolarmenteagguerrita. Tra idiciannove “grandi”in concorso ci sonoTerry Gilliam con lafavola nera deiFratelli Grimm,

Abel Ferrara e la sua Mary,l’ultranovantenne Manoel deOliveira, Krzysztof Zanussi chedirige Nikita Mikhalkov in Personanon grata, Ang Lee che sisperimenta in un western omosex(sarà vero scandalo?). FernandoMeirelles con il film tratto dal Ilgiardiniere tenace di John Le Carré,Philippe Garrel che ri-racconta leillusioni del ’68 mentre Pupi Avati,Cristina Comencini, RobertoFaenza si abbandonano aisentimenti. Fiore all’occhiello: ilcoreano Park Chan-wook e PatriceCheréau, già pronti per Cannes,

avrebbero preferito lacompetizione italiana. Gli americani sono da record:undici film di cui nove inanteprima mondiale, sette fuoriconcorso. En plein di star: RussellCrowe, Johnny Depp, GeorgeClooney (per la prima volta inconcorso con un suo film), MattDamon, Juliette Binoche,Charlotte Rampling, GwynethPaltrow, Monica Bellucci,Giovanna Mezzogiorno. Promessamantenuta anche per lariorganizzazione del cartellonedelle proiezioni, dopo i disagidell’anno scorso Muller e i suoi(Luciano Barisone, EnricoMagrelli, Fulvia Caprara, RanieriPolese e Claudio Masenza) nonhanno superato il numero 60.Dulcis in fundo, Venezia è lacornice ideale per le passioni delcuore e dello spirito che fannocapolino qua e là, nelle variesezioni. Dalle speranze tradite diMargherita Buy ne I giornidell’abbandono alle seduzioniamorose del Casanova di LasseHallstrom (vedi in speciale città apag. 37).

Quando si amaIn Gabrielle di Patrice Chereau,tratto dal Ritorno di JosephConrad, una coppia entra in crisi.Siamo agli inizi del ’900. Lei siannoia, se ne va, poi ritorna. Ma

Di Marina Sanna

L

Heath Ledger è ilCasanova di Hallström.Dall’alto la “strega”Monica Bellucci, IsabelleHuppert e PascalGreggory in Gabrielle eMargherita Buy ne I giornidell’abbandono. Accantola Lady Vendetta di ParkChan-wook

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non è più come prima. Loro sono ibravissimi Isabelle Huppert ePascal Greggory. Nel durissimo libro di ElenaFerrante, I giorni dell’abbandono, laprotagonista viene lasciata dalmarito per una ragazzina.Sprofonda nel dolore, nellameschinità, nell’indifferenza,anche nei confronti degli stessifigli. Margherita Buy sembra instato di grazia, la regia è diRoberto Faenza. Nella Secondanotte di nozze di Pupi Avati c’è lavedova Katia Ricciarelli (una dellerivelazioni del festival), il figliotraffichino Neri Marcorè e uno ziotimidamente innamorato. Il titolosuggerisce come finiranno mammaKatia e il cognato AntonioAlbanese.Come si può continuare ad amaredopo essere stati vittime di unaviolenza? Ne La bestia nel cuore diCristina Comencini una scena difinzione scatena in GiovannaMezzogiorno ricordi dolorosi. E’incinta, non sa più che cosa fare, cipensa il fratello Luigi Lo Cascio ariportarle alla mente lo stupro delpadre. L’amore è invece un pretesto perStanley Kwan che in Changhen geaccompagna lo spettatore dalla finedell’epoca borghese cinese a oggi,seducendolo con stili, pettinature,

suppellettili e modi di fare cinemalegati a quei tempi (lo scenografo èlo stesso di Wong Kar-wai). Deriva e utopia per Les Amantsréguliers di Philippe Garrel, chedirige il figlio Louis. Siamo acavallo del ’68-69, negli annicruciali dell’illusione e delladisillusione. Finti paradisi tropicalie promesse d’amore (a pagamento)attraggono ad Haiti, alla fine deglianni settanta, le donne di Vers lesud di Laurent Cantet. Mentre nelmusical Romance and Cigarettes diJohn Turturro, James Gandolfini,sposato con Susan Sarandon, nonriesce a liberarsi dall’attrazionefuriosa per la corvina KateWinslet.

Altre passioniIn Garpastum di Aleksey German Jr.,quella predominante è per il calcio(gli attori giocano per quasi 40minuti senza controfigure): bandedi ragazzini si sfidano a pallone,sullo sfondo della Russia del 1914. Dopo il fiasco del Mandolino delcapitano Corelli, John Maddenriprova a bissare il successo diShakespeare in Love puntando suProof, opera teatrale di DavidAuburn (con tanto di premioPulitzer), e ancora su GwynethPaltrow, figlia devota che si trova afare i conti con la morte del padre

(Anthony Hopkins), big dellamatematica che oltre alla genialitàle ha lasciato in eredità un po’ difollia. Se ne accorgerà il brillanteex studente Jake Gyllenhaal che,nel western omosex di Ang Lee,Brokeback Mountain, intrattieneuna relazione pericolosa con ilfusto Heath Ledger. Altro tipo di passione quella dellaLady Vendetta di Park Chan-wook,che finisce in prigione peromicidio al posto del suoinsegnante Mr. Baek. Quandoesce, 13 anni dopo, il suo cuore è

■ La seconda notte di nozze di Pupi Avaticon Antonio Albanese, Katia Ricciarelli(Italia)■ O Fatalista di João Botelho con RogérioSamora, André Gomes (Portogallo/Francia) ■ Vers le sud di Laurent Cantet conCharlotte Rampling, Karen Young(Francia/Canada)■ Gabrielle di Patrice Chéreau con IsabelleHuppert, Pascal Greggory (Francia/Italia)■ Goodnight and Good Luck di GeorgeClooney con David Strathairn, RobertDowney Jr. (Usa)■ La bestia nel cuore di Cristina Comencinicon Giovanna Mezzogiorno, Luigi Lo Cascio(Italia)■ I giorni dell’abbandono di Roberto Faenzacon Margherita Buy, Luca Zingaretti (Italia)■ Mary di Abel Ferrara con JulietteBinoche, Matthew Modine (Italia/Usa)■ Les Amants réguliers di Philippe Garrelcon Louis Garrel (Francia/Italia)■ Garpastum di Aleksey German Jr. conChulpan Khamatova (Russia)

■ The Brothers Grimm di Terry Gilliam conMatt Damon, Heath Ledger, Monica Bellucci(Gran Bretagna)■ Changhen ge di Stanley Kwan con SammiCheng, Tony Ka (Cina/Hong Kong)■ Brokeback Mountain di Ang Lee con JakeGyllenhaal, Heath Ledger (Canada)■ Proof di John Madden con GwynethPaltrow, Anthony Hopkins (GranBretagna/Usa)■ The Constant Gardener di FernandoMeirelles con Ralph Fiennes, Rachel Weisz(Gran Bretagna/Kenya/Germania)■ Espelho magico di Manoel de Oliveira conMichel Piccoli, Marisa Paredes (Portogallo)■ Sympathy for Lady Vengeance di ParkChan-wook con Lee Young-ae, Choi Min-sik(Corea)■ Romance and Cigarettes di JohnTurturro con Kate Winslet, Susan Sarandon(Usa)■ Persona non grata di Krzysztof Zanussicon Nikita Mikhalkov, Jerzy Stuhr(Polonia/Russia/Italia)

IN CARTELLONE

Venezia 62In 19 pronti a ruggire per il Leone. Con Clooney regista

Antonio Albanese, NeriMarcorè e KatiaRicciarelli ne La secondanotte di nozze di PupiAvati

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diventato di pietra e le sueintenzioni sono molto cattive.

RivelazioniIl mistero della Fede: ne saqualcosa il regista Philip Gröningche ha passato un anno in unmonastero di Grenoble. Dopoaverne aspettati circa venti pergirare il suo Grande silenzio, inconcorso nella sezioni Orizzonti.In Mary di Abel Ferrara (vedi boxaccanto), un’attrice (JulietteBinoche) interpreta il ruolo diMaddalena e si immedesimatalmente nella parte che parte perGerusalemme sulle tracce del suopersonaggio. Ben altre rivelazioni sono quelle diGoodnight and Good Luck diGeorge Clooney: la vera storia delgiornalista della CBS Edward R.Murrow che nel ’54 intervistò ilsenatore McCarthy e contribuì allafine della sua carriera politica. Sospetti e ipotetici tradimentiavvelenano invece i rapporti tral’ambasciatore polacco e il suovecchio amico Oleg, vice ministrodegli Affari Esteri russo, in Personanon grata di Zanussi. La verasorpresa però è la Carmen di Jean-Pierre Limosin (Orizzonti): nonuna storia di passioni carnali mauna scimmia che si scopreinnamorata di un uomo.

“Migliore è l’attore, più difficile chepossa tornare indietro: che cosasuccede quando un personaggiostorico assorbe e incorpora chi lointerpreta?”. È questol’interrogativo da cui è partito ilregista Abel Ferrara per Mary,coproduzione italiana ambientata aRoma, New York e Gerusalemme inconcorso alla Mostra di Venezia.Incentrato sulla figura di MariaMaddalena, Mary presenta trepersonaggi principali cheinfluenzano e intrecciano le proprievite: il regista Tony Childress(Matthew Modine) che interpretaCristo nel suo controverso film This

Mary per sempreJuliette Binoche Maddalena per Abel Ferrara

Is My Blood; Marie Palesi (JulietteBinoche) attrice nel ruolo di MariaMaddalena e il giornalista televisivoTed Younger (Forest Whitaker) che aNew York sta preparando undocumentario sulla vita di Gesù.Marie cerca di riappropriarsi dellarealtà storica di Maria Maddalenaintraprendendo un viaggio diprofonda ricerca spirituale: un annodopo la fine delle riprese, l’attricedecide di tornare a Gerusalemme.Nel frattempo, Childress, cineastaossessivo ed egoista, vive una crisiacuita dall’amore per Marie: ilVenerdì Santo, giorno della premièredel film a NY, è combattuto dallapossibilità di utilizzare a finipromozionali la bomba che deifondamentalisti religiosi hannopiazzato nel cinema. Mary - nel castfigurano anche Heather Graham eStefania Rocca – segna dopo Ilnostro Natale del 2001 il ritorno diFerrara dietro la macchina da presae davanti alla Passione, quella giàesplorata nella sordida Via Crucis delCattivo Tenente e nel vampirismo diAddiction. Una Passione antitetica aquella gibsoniana che riflette loscenario globale post-9/11 e infondenuova linfa al Leitmotiv ferrariano: ilconflitto fecondo tra sacro eprofano.FEDERICO PONTIGGIA

La verasorpresa è laCarmen diJean-PierreLimosin

■ Drawing Restraint 9 di MatthewBarney con Björk (Usa)■ Musikanten di Franco Battiato conAlejandro Jodorowsky, Fabrizio Gifuni(Italia)■ Pervye na lune (documentario) diAleksey Fedortchenko (Russia)■ Arido Movie di Lirio Ferreira conGiulia Gam, Mariana Lima (Brasile)■ Workingman’s Death (documentario)di Michael Glawogger(Austria/Germania)■ Die Grösse Stille (documentario) diPhilip Gröning (Germania)■ The Wild Blue Yonder (documentario)di Werner Herzog (Germania/GranBretagna/Francia) ■ Vokaldy paralelder (documentario) diRustam Khamdamov (Kazakhistan) ■ Yolda di Erden Kiral con Halil Ergun,Yesim Buber (Turchia/Bulgaria)■ East of Paradise (documentario) diLech Kowalski (Francia)■ Au fil de l’eau di Li Yu Hongyan con

Liu Yi, Wang Xingrao (Cina/Francia)■ Carmen di Jean-Pierre Limosin conNatacha Régnier, Johan Leysen(Francia)■ Wuqiong dong di Ning Ying con HongHuang, Liu Sola (Cina)■ Texasdi FaustoParavidino conValeria Golino,RiccardoScamarcio (Italia)■ Everything Is Illuminated di LievSchreiber con Elijah Wood (Usa)■ La dignidad de los nadies(documentario) di Fernando E. Solanas(Argentina)

FUORI CONCORSO■ La vida secreta de las palabras diIsabel Coixet con Tim Robbins (Spagna)EVENTO SPECIALE■ Kill Gil (documentario) di GilRossellini (Italia)

APERTURA■ Seven Swordsdi Tsui Hark conDonnie Yen, LeonLai (Cina/HongKong) CHIUSURA■ Perhaps Love di Peter Ho-sun Chancon Jacky Cheung (Cina/Hong Kong)

■ Fragile di Jaume Balaguerò con CalistaFlockhart (Spagna)■ Backstage di Emmanuelle Bercot conEmmanuelle Seigner, Noémie Lvovsky(Francia)■ La sposa cadavere (animazione) di TimBurton e Mike Johnson (Gran Bretagna)■ All the Invisible Children di M. Charef,E. Kusturica, S. Lee, K. Lund, J. Scott, R.Scott, S. Veneruso, J. Woo (Italia) ■ Elizabethtown di Cameron Crowe conOrlando Bloom, Kirsten Dunst (Usa)■ The Exorcism of Emily Rose di ScottDerrickson con Jennifer Carpenter (Usa)

■ Edmond di Stuart Gordon con WilliamH. Macy, Joe Mantegna (Usa)■ Casanova di Lasse Hallström conHeath Ledger, Sienna Miller (Usa)■ Cinderella Man di Ron Howard conRussell Crowe, Renée Zellweger (Usa)■ La sottile arte dell’amore di JohnIrvin con Jacqueline Bisset, Enrico LoVerso (Italia/Repubblica Ceca/GranBretagna) ■ Initial D di Andrew Lau e Alan Mak conJay Chou (Hong Kong)■ Yokai Daisenso di Miike Takashi conBunta Sugawara (Giappone)■ Final Fantasy VII: Advent Children(animazione) di Nomura Tetsuya(Giappone)■ Le parfum de la dame en noir di BrunoPodalydès con Denis Podalydès, SabineAzéma (Francia)■ Four Brothers di John Singleton conMark Wahlberg (Usa)■ Bubble di Steven Soderbergh conDebbie Doebereiner (Usa)

OrizzontiVisioni e documentari. In gara anche l’esordiente Paravidino

Fuori concorsoDalle spade all’amore: apre e chiude la Cina (passando per Hollywood)

Spirito indipendente

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Parola d’Ordet: Nel 1955 il regista danese vince il Leone d’Oro, ma neanche il suo capolavoro accende un festival in tono minore

C’era una Mostra

Venezia55

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econdo Truffaut, mai nellastoria della Mostra di Veneziaun Leone d’Oro fu assegnato

più meritatamente di quello chepremiò Ordet. Truffaut lo affermò nel1969, quattordici anni dopo l’evento;ma, se oggi fosse ancora in vita, contutta la probabilità riterrebbe ancoravalida quella sua affermazione.Dunque, direte, la Mostra del ’55, lasedicesima secondo gli atti ufficiali,rimase nella storia un festivalmemorabile. Invece, no. A suotempo, fu considerata una Mostra intono minore: non malvagia, maincapace di accendere passioni. Afare bella figura fu soprattutto Lacicala, opera prima di SamsonSamsonov, ispirata all’omonimoracconto di Cechov, un film che mised’accordo tutti e mancò poco non siportasse via il Leone d’Oro, se nonavesse trovato sulla sua strada un“mostro sacro” come Dreyer, perl’appunto, il cui film per la verità, sesi eccettua l’immediata ammirazionedi due inviati d’eccezione, qualiTruffaut e Rohmer, al momento nonsuscitò eccessivi entusiasmi. Siavvertiva al Lido un’atmosfera distanchezza: la tradizionale convivenzadi film d’autore con film di puraconfezione artigianale non pagavapiù. La Mostra rischiava disoccombere al Festival di Cannes.Occorreva cambiare modello, cercareuna diversa identità.Infatti, subito dopo verrà varata la“riforma Ammannati”, dal nome delnuovo direttore, Florio LuigiAmmannati, vice presidente dell’Acec(Associazione Cattolica EsercentiCinema): i film in concorso verrannoscelti non più direttamente dalle lororispettive cinematografie, ma daun’apposita commissione,esclusivamente in base al valoreartistico, e non dovranno superare ilnumero di quattordici; i premisaranno ridotti a tre, vale a dire alLeone d’Oro e alle Coppe Volpi perle migliori interpretazioni maschile efemminile. Insomma. Il solo invito alconcorso dovrà già significare unasorta di premio.Perché tanto rigore, un rigore cheprovoca stupore soprattutto oggi che ifilm presentati tra concorso e sezioniparallele s’aggirano sempre sulcentinaio? In effetti erano altri tempi

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Dreyer SOrdet di Dreyer. SottoTruffaut, inviatod’eccezione, Antonioni eFellini, in competizionecon i film Le amiche e Il bidone

Di Callisto Cosulich

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Venezia55

e il tipo di Mostra che dal 1946 ciaveva accompagnato sino al ’55mostrava la corda. Nel ’55, la Mostradi Ordet, i film in concorso eranostati trenta, più di quelli odierni, maspalmati su sedici giorni e senzacontorno di sezioni parallele. Seandiamo a ricontrollarne i titoli,vediamo che, oltre a Ordet e a Lacicala, pochi sono rimasti impressinella memoria, anche in quella deicinéphiles più temprati: Il generale del

diavolo di Helmut Kautner,L’imperatrice Yang-Kwei-fei di KenjiMizoguchi, Caccia al ladro diHitchcock, Il grande coltello di RobertAldrich e i quattro film italiani,componenti una selezione che oggi cifarebbe sognare (Le amiche diAntonioni, Amici per la pelle diFranco Rossi, Il bidone di Fellini e Glisbandati, ottima opera prima di CittoMaselli). Dieci in tutto, un terzo deifilm portati in concorso per

insindacabile volontà dei loroproduttori. Gli altri venti sono filmdimenticati, seppelliti dall’usura deltempo, ivi compreso quel Ciske musodi topo, girato dal tedesco WolfgangStaudte per una produzione olandese,al quale andò un Leone d’Argento.Una Mostra in tono minore, comedicevamo, pervasa da un’atmosfera distanchezza, che si evince dai resocontidi tutti gli invitati. E che finì pernuocere allo stesso Ordet, il cuiLeone d’Oro venne inteso dalla stessagiuria come un riconoscimento allacarriera dell’illustre regista danese,piuttosto che ai suoi specifici meriti.Del resto, anche un’autorevolepersonalità, qual’era Luigi Chiarini,nello stendere il bilancio su CinemaNuovo, non esitò a scrivere che, ameritare il massimo premio sarebbestata piuttosto l’opera prima diSamsonov, che inaugurava in Urss lastagione del disgelo, confortato in talegiudizio dal Premio Pasinetti, che igiornalisti presenti avevano conferitoa La cicala, e da un dibattito fra criticiitaliani e stranieri, tenuto per RadioLosanna, dove tutti erano d’accordonel dire che Dreyer meritava tutt’alpiù un premio alla carriera. Eppureoggi la maggioranza dei critici inattività, a qualsiasi generazioneappartengano, sono concordi nel direche Ordet, non solo è un capolavoro,ma forse il miglior film in assoluto di

■ Nulla è più tentante del piacere diconcedersi delle personali “madeleines”che nobilitino la propria vita per quantoessa sia stata mediocre o banale, comesicuramente è il mio caso. E non v’èdubbio che fra i mille potenziali ricordiromanzeschi quelli legati alle Mostre diuna volta, al Lido di una volta, continuinoa rappresentare per me uno stimolo quasiautomatico di soprassalti fra il tenero edil crepuscolare.Avevo già affrontato questo argomentoappunto in un libro intitolato La primavolta a Venezia curato molti anni fa daNedo Ivaldi, per lungo tempo collega dilavoro alla Rai e in particolare negli ultimianni componente della Struttura da mediretta. In tanti della mia generazione ciritrovammo a rievocare quei primi passiprofessionali lungo i canali quietamentesciaguattanti, i piccoli imbarcaderi oscuri,le salette fruscianti di lingue esotiche, lesudaticce serate febbrilmente votate ad

inseguire proiezioni e a captare icommenti dei colleghi più noti e piùautorevoli, così come si coglievano alvolo uscendo dalla Pasinetti, dalla Zorzi,e dalla stessa Sala Grande che le primevolte ad entrarvi ci dava ancora unbrivido, solo che la memoria laraffrontasse alle fotografie viste dabambini quando non avremmo neppurpotuto sperare di trovarci, da giornalisti,in una folla autorevole di giornalisti lungoquelle stesse poltrone, di fronte proprio aquello schermo... In effetti al Lido ci andaiuna prima volta nel 1950 (a pensarci beneera proprio un altro mondo) seguendo unuzzolo disordinato da universitariodistratto che voleva vedere da vicino quelmondo misteriosamente attraente,indovinato sin da ragazzo nelle foto sulleriviste di prima e di dopo. Ovviamenteattrici e attori, e autorità, da Goebbels eAlfieri sino ai politici italiani del primodopoguerra che allora sembravano goffi e

Trenta e LidoSala Grande da brividi, vaporetti affollati, spettatori curiosi. LaMostra di una volta raccontata da Claudio G. Fava

Chi eravamo

Nel ’55 i filmin concorsoerano statitrenta, maspalmati susedici giorni

La Sala Grande negli anni cinquanta.In basso: Sophia Lorencon la coppa Volpi nel ’58per Orchidea nera diMartin Ritt. Nella paginaaccanto Caccia al ladro diHitchcock

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La scenafinale diOrdet è la piùbella dellastoria delcinema

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Dreyer. Concordando in questo colgiudizio dello stesso autore. Com’ènoto il film è ispirato al drammaomonimo di Kaj Munk, scrittoredanese, morto nel 1944 per manodei nazisti. Il dramma, scritto nel1925, ma rappresentato solo nel ’32,affrontava un tema specificamentelocale, che s’inseriva nei conflitti dellaChiesa danese, alla ricerca di unasintesi tra fede e amore. In unaintervista rilasciata nel 1954 alla radiodel suo paese, Dreyer rivela di avereassistito alla prima teatrale di Ordet edi essere uscito dal teatro già convintoche nel dramma c’era eccellentemateria per un soggettocinematografico. Ma la sceneggiaturavenne stesa solo vent’anni dopo e nelfrattempo la scienza aveva rivelatonuove prospettive, tali da connetterlaalla religione istintiva, in modo dadare una spiegazione naturale allecose soprannaturali. EvidentementeDreyer si riferisce alla scena finale delfilm, quella del miracolo in cui Inger,la moglie di Mikkel, morta per unparto prematuro, riprende a vivere suordine di Johannes, il folle praticantecon la massima naturalezza la“religione istintiva”, e si stringe almarito. E giustifica questo suo ricorsoal soprannaturale appellandosi adEinstein e alla teoria della relatività.Ma Einstein, per la verità, sino allamorte non smetterà di dire che “Dio

non gioca ai dadi”. In altri temini,non smetterà mai di credere nellapossibilità che prima o poi le relazionidi probabilità tra gli eventi sarannosuperate a favore dei tradizionali“nessi causali”. Mentre nel film diDreyer Dio gioca – eccome – ai dadi.Lo fa secondo una teoria elaborata trail 1939 e il ’42 da un altro grandescienziato, Werner Heisenberg, comesi legge in un suo saggio filosofico,rimasto a lungo inedito, e pubblicatopostumo dai curatori delle sue Operecomplete col titolo Ordinamento dellarealtà. La realtà, secondo Heisenberg,si articola attraverso ambiti regolatida collegamenti reciproci e in uncerto senso mobili. A un certo puntodello stesso saggio Heisenberg rivela

di avere parlato con Dio (nell’estatedel 1920, di notte, “sulla terrazza delrudere di Pappenheim”); maconviene trattarsi di un privilegio,poiché ci saranno sempre “grandimasse di uomini, ai quali, per parlaremetaforicamente, Dio non può farsiincontro”. Dreyer, quando ha giratoOrdet, non poteva aver letto questosaggio, ma misteriosamente lointerpreta col più bel finale che lastoria del cinema ricordi, capace diemozionare sia gli uomini di fede,sia quelli che ravvisano in Dio lagrande “X” che siede alle origini delCreato. A ben pensarci, nulla è piùfacile nel cinema del mirare unmiracolo. Il cinema è di per se stessoun miracolo, dato che è la vita senza

i “tempi morti”, come hadetto Godard, E, difatti, ilmiracolo è stato mimato unamiriade di volte, con o senzail ricorso agli effetti speciali,sempre però con una buonadose di retorica. Ordet,invece, lo rappresenta inmodo realistico (“orizzontale”è l’aggettivo, con cui l’autorelo specifica), senza ricorrereagli abusati stilemi della(finta) trascendenza. El’effetto che produce sullospettatore, anche il piùsmaliziato, è davvero“miracoloso”.

furbeschi nella loro distinzionepiccoloborghese ma che confrontati aquelli di oggi paiono tanti Bismarck eClemenceau. Dopo più di un mezzo secoloconservo di quei giorni un ricordo vagoma fascinoso: tutto sembravaromanzesco - il vaporetto, i ponticelli, ilgusto umido della sera veneta, netta perchi veniva come me dalla Liguria in realtàromanzesca, lo scopriamo adesso, eraproprio l’Italia dei primissimi anniCinquanta - e in fondo, visto che tutto eraesattamente come uno aspettava chefosse, meraviglioso. Il Gran Viale con glialberghi pieni di giornalisti chescrivevano a macchina in giardino magarierano pochissimi, ma a me parvero unalegione affascinante), appunto la SalaGrande dove si veniva generosamente

ospitati (a pagamento) e s’udivanomeravigliose lingue esotiche crepitarenel buio. I grandi appuntamenti serali conmigliaia di veneziani che ciacolandoarrivavano al Lido in vaporetto pervedere, a caso ma con devozione, tuttoquel che passava il convento e cheparlavano ancora fra di loro con agilitonalità goldoniane. Tutto insomma quel che era la Mostra,goffamente sfarzosa, dell’immediatodopoguerra e che si conservò ancora perqualche tempo. Quasi dieci anni dopotornai al Lido, nel 1959, come inviato di unquotidiano - ci sono poi quasi sempretornato ogni anno - e fui ammesso apraticare quella liturgia che avevoammirato, poco più che ventenne, dalontano. A ripensarci adesso tutto sembra

casalingo e goffo, ma alla fine dei ’50avevamo compattamente la sensazionedi partecipare ad una commossa liturgiacomune. Il Lido allora era popolatissimo:sul filobus che dalla Mostra portava a CàBianca ed alle case Incis vedendocicarichi di brochures, ciclostilati,fotografie (i cataloghi unici erano ancorada venire, se ricordo bene) c’era semprequalcuno che chiedeva: “Come xela laMostra quest’ano? La me par fiaca”,mugugnando italicamente a casaccio. Ifilm rispetto ad oggi erano pochi: due inconcorso, che vedevamo al mattino inuna sola tirata; al pomeriggio ilgodibilissimo film dell’Informativa e poiqualcuna delle ghiotte retrospettived’epoca, curate da Giulio Cesare Castelloe da “Chicco” Pavolini detto Savio(adesso, in epoca di DVD, è un ricordogracile ma allora erano momentirigogliosi di mille curiosità). Poi le corsein albergo o in qualche salettaaffollatissima per scrivere a macchina lerecensioni, e poi le altre corseimpazienti per dettarle al telefono o perconsegnare i testi agli affaticati“dattilografi” di Radiostampa ed alle

loro telescriventi... Sembra sia passatoun secolo. Un altro mondo, un’altratecnologia. Ecco i nomi semi dimenticatidei direttori che si sono succeduti daglianni ’50 ad oggi (Petrucci, Croze,Ammannati, Lonero, Meccoli, Chiarini, viavia sino ai giorni nostri). E gli ufficistampa e il casellario che hannocambiato posto non so quante volte. Ed ivecchi responsabili (Bassotto,Schiavotto, Mario Natale. E il capocommesso signor Vianello che conoscevatutti e ci faceva passare o ci bloccavasecondo il suo concetto di gerarchia). Edi bambini di Cosulich, Kezich, Morandini,ora tutti largamente adulti e importanti.E tanti visi, scomparsi in epoche diverse,di colleghi e di amici: Giulio Cattivelli,G.B. Cavallaro, Adelio Ferrero, EliaSantoro, Riccardo Richard, VanniGrazzini, “Pupi” Guglielmino, PieroPintus, Fernaldo Di Giammatteo, LeoPestelli. E Pietrino Bianchi che vedevanopassando davanti al giardino del 4Fontane, allora di fatto a noi inibito e chepoi è diventato il mio hotel di riferimentoal Lido... Che tristezza, non ci possopensare...

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entro gli studi 7 e 8 diCinecittà, a due passi delleggendario numero 5 di

Federico Fellini, troviamo adaspettarci un mondo intero e il suocreatore. Da una parteocchieggiano i raffinati saloni deL’età dell’innocenza, dall’altraminacciano le cupe torridell’abbazia de Il nome della rosa.Più in là, già dentro al cellophaneche ne certifica la preziosità e lacura del maestro, gli schizzi diIntervista con il vampiro. Sul tavolo,sparpagliate ma solo in apparenzain disordine, opere e mondi di là davenire, forse prossimi alla luce.Entrare nello studio di DanteFerretti è entrare nel cinema, nellesue atmosfere. “Sì - ci incalza -perché è l’atmosfera la cosa davveroimportante, ancora più dellaricchezza dei dettagli. L’attore devesentirsi a suo agio, cosa che di solitonon accade in quei film che fannouso massiccio del blue screen, doveregolarmente si smarriscono leemozioni”. Di ritorno dagli States,dove ha appena terminato dilavorare all’ultimo film di Brian DePalma, Dante Ferretti appare ingran forma. “E’ stata una bellasoddisfazione: sono sicuro che irisultati si vedranno”. The BlackDahlia, tratto dal libro di James

Ellroy, è una delle pellicole piùattese della prossima stagione, e loscenografo marchigiano (“diMacerata”, specifica con orgoglio),ce ne svela i retroscena produttivi.“È stato girato quasi interamentein Bulgaria, dove abbiamo ricreatouna ventina di interni utilizzandodelle vecchie fabbricheabbandonate. Il motivo è semplice:i costi. Il produttore possiede unasocietà proprio là, per cui anchel’ipotesi iniziale di ricostruire degliinterni in Italia è rapidamentetramontata. Siamo riusciti aricostruire due strade di LosAngeles, con le palme, e poiChinatown. Anche la scena deldelitto è stata ricostruita sullecolline di Sofia. Solo per laHollywood Boulevard ci siamodovuti arrendere e abbiamo fattoriscorso all’originale”. Già, ildelitto. Quel delitto le cuicircostanze a James Ellroyricordavano così tanto la mortedella madre, che raccontò appuntoin The Black Dahlia ed elaborò nelsuccessivo I miei luoghi oscuri.Incuriosisce quale potrà essere ilrisultato di questo incontro conBrian De Palma, regista avvezzo allecontorsioni esistenziali e alleatmosfere noir. E Ferretti ce loconferma: “Tanto The Aviator era

Il gran giurato

Venezia2005

Il Paradisodi DanteIndiscrezioni dal mondo di Mr. Ferretti, che dopo il Festival ci stupirà con le scenografie della Black Dahlia di De Palma

DDi Alessandro Boschi

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glamour, tanto The Black Dahliasarà selvaggio”. Selvaggio macuratissimo, crediamo, confortatidalle ulteriori informazioniproduttive: quaranta auto d’epoca(siamo negli anni ’40) fatte venireapposta dagli USA, materiali soloed esclusivamente americani. Poi lemaestranze: “I bulgari sono moltobravi, educati ed orgogliosi, ma perandare sul sicuro mi sono portatodall’Italia diciotto assistenti”. E ilrisultato? “Quello come sempre losancirà il pubblico, ma sentireEllroy affermare di non riuscire adistinguere la Los Angeles vera daquella ‘bulgara’ è stata unasoddisfazione enorme. Meritoanche, non dimentichiamolo, dellafotografia del leggendario VilmosZsigmond”. Il quale, tanto per dire,è stato “l’atmosfera” di registi comeJohn Boorman, Steven Spielberg,Jerry Schatzberg e, soprattutto,

Robert Altman. E Venezia?“Venezia? Ci arriverò prendendoprima il treno e poi la gondola”, sischernisce Ferretti, preoccupatoperché da giurato quella al Lido“non sarà una vacanza”. Per di piùil concetto di vacanza deve esserepiuttosto distante dal nostropremio Oscar, che dà l’idea diriposarsi solo lavorando. Ma comedargli torto quando si ottengonoriconoscimenti così importanti?L’Academy of Motion Picture Artsand Science ha dedicato alle sueopere una mostra di tre mesi emezzo, la più completa mairiservata ad uno scenografo, e il LosAngeles County Museum of Arts(LACMA) ha presentato unaretrospettiva di tutti i suoi film. Traquesti anche quel Barone diMunchausen di Terry Gilliam, chetanto tempo fa gli impedì dirispondere alla prima chiamata di

Martin Scorsese per L’ultimatentazione di Cristo, chiamatarifiutata anche per Cape Feare infine accettata per L’etàdell’innocenza. Poi il sodaliziosi cementò. E l’ultimo“tradimento” con Brian DePalma? “Non è untradimento”, precisa Ferretti,“perché Martin e Brian sonomolto amici, tanto è vero cheDe Palma mi fu presentato aitempi de L’età dell’innocenzaproprio da Scorsese”. Quinditutto a posto. Dentro glistudi 7 e 8 di Cinecittàabbiamo trovato adaspettarci un mondo intero eil suo creatore. Un po’ diInferno, un po’ di Purgatorioe molto Paradiso. Non sichiama Dante per caso.

Per ilpresidenteFerrettiquella al Lidonon sarà unavacanza

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Ferretti con MartinScorsese. Sotto loscrittore James Ellroy, asinistra il bozzetto diIntervista con il vampiroe Scarlett Johansson,protagonista di BlackDahlia

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CITTA’DA FILM

Venezia, New York e Berlino raccontate dairegisti di oggi e di ieri. Continua il viaggionelle mete cinematografiche più belle, incompagnia di star, fantasmi e prelibatezze

Gli speciali

Crd

SECONDA PARTE

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Venezia

uanti registi sono statisuggestionati dal fascino diVenezia e si sono illusi di poterne

svelare il volto più recondito? E quantiinvece non hanno fatto altro chealimentarne l’immagine da cartolina nondiversamente da qualsiasi guida turistica? Una regia occulta, comune alla maggiorparte dei film girati nella città lagunare,guida la mano degli operatoriindirizzandola verso gli obiettivi piùconosciuti, come una sorta di pedaggioche ogni produzione cinematografica devepagare alla bellezza della città. Di qui ilsovrapporsi di inquadrature se non uguali,simili, paragonabili, appunto, allecartoline in vendita in ogni negozio.Immagini rassicuranti che giustificano latrasferta in terra veneziana e si sperainnalzino la qualità, se non altro estetica,del film. Già nel 1937 il veneziano

Laguna delleSentimentale e nostalgica, ma sempre irraggiungibile. Fino al sogno (in studio) di Fellini Di Luca Pallanch

Q

Licia Maglietta di fronte aSan Marco in Pane etulipani di Silvio Soldini

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meraviglie

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Francesco Pasinetti denunciava i limitidi queste operazioni in un articolopubblicato sulla rivista “Cinema”:“Davvero Venezia non ha avuto fortuna,sullo schermo. Il cattivo gusto diproduttori e registi è stato il peggiornemico: come ogni veneziano del tempoantico “bon cortesan” è stata fin troppoospitale e gentile, ma non ha rivelato isuoi segreti: i luoghi riposti, i ponti, lecalle, i canali, i campi inaccessibili aicineasti dallo sguardo superficiale”, segretiche Pasinetti ha svelato nei suoi splendididocumentari. Né le cose sono cambiatecon il passare degli anni. Dai film austriacie tedeschi degli anni trenta e quaranta, incui spesso Venezia è ricostruita in studiocon ampie concessioni alla fantasia, ai“turistici” Tre soldi nella fontana diNegulesco, Tempo d’estate di Lean eSouvenir d’Italie di Pietrangeli, dai filmstorici, dai titoli indimenticabili (Il boia diVenezia e Il leone di San Marco) aglispionistici in auge negli anni sessantasull’onda dei successi bondiani, fra i qualiil divertente Kiss kiss... bang bang diTessari. Venezia set ideale per troupe di passaggioo per romantici weekend. Quante storied’amore travolte dal ritorno a casa, da una

quotidianità incombente… Ci è cascatopersino Antonioni in Identificazione diuna donna. Venezia in una storiacinematografica ha spesso la forzaperentoria ma sfuggente di una parentesi eporta con sé il fascino dei ricordi. E ilcinema non poteva non cogliere, comealternativa al gioco dei sentimenti o inaggiunta ad esso, il lato nostalgico dellacittà. La Venezia che muore subissata dalleacque, novella Atlantide che ogni annoscompare di alcuni centimetri versol’abisso. E allora Morte a Venezia, veroinno alla decadenza della città, partituraviscontiana sulla fine di un mondo, di unaclasse sociale, e le innumerevoli variazionisul tema, da Dimenticare Venezia adAnonimo veneziano, che fonde appuntoamore e morte. Film-icone, ai qualisempre si ricorre quando si parla diVenezia e il cinema, quasi dei biglietti davisita a dimostrare che esiste un lato più

Poteva essere la Venezia dacartolina. Piazza San Marco e ipiccioni, i canali e le gondole, ilfegato con la cipolla e la pasta efasoi. Invece è una Venezianascosta, privata, alternativa,quella di Pane e tulipani, lacommedia di Silvio Soldini che haconquistato il pubblico cinqueanni fa. E’ la Venezia di Rosalba, casalingadi Pescara, che perde la famigliaall’autogrill e si ritrova per casonella città lagunare che non hamai visto. L’incontro con uncameriere insolito, dall’aria buffae affascinante allo stesso tempo,Fernando, cambierà tutta la suavita. Rosalba entra in un piccoloristorante, un cameriere con la

giacca un po’ lisa le si avvicina:“E’ mio dovere informarla che lacuoca ha avuto un attacco diappendicite. Ci troviamo quindinella spiacevole situazione dipoterle offrire solo piatti freddi”.Un piatto freddo che significatonno, che conserva intatta laforma della scatoletta,circondato da anemici fagioli edecorato con fettine di limone eprezzemolo tritato.“Sempre meglio del cinese”commenta Rosalba. “Mi duolecontraddirla, signora, ma i cinesisono i più grandi ristoratori delmondo” risponde lapidarioFernando.CHIARA UGOLINI

LA FREDDURA E’ SERVITATonno in scatola per strappare l’immagine da cartolina. ÈPane e tulipani

<< MANICARETTI D’AUTORE >>

Quantestoried’amoretravolte dalritorno acasa, da unaquotidianitàincombente

Morte a Venezia diLuchino Visconti. Adestra Bruno Ganz inPane e tulipani

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parrucca bianca come detta la moda delperiodo, sembra di vederlo emergere dalletele dei pittori coevi. E ai chiaroscuri di certapittura ha sicuramente guardato Fellini nelricostruire l’architettura lagunare nei teatridi Cinecittà. Il regista riminese immaginauna metropoli settecentesca più mortiferache triste, come ferale era lo spirito cheanimava il suo Casanova. Segue una lineapiù intima anche Infanzia, vocazione, primeesperienze di Giacomo Casanova di LuigiComencini mentre sicuramente più solarisono Il cavaliere misterioso di Freda e Leavventure di Giacomo Casanova di Steno. Iquattro “Casanova” saranno alla Mostra delCinema, in copie fiammanti messe adisposizione dalla Cineteca Nazionale, erischieranno di offuscare l’ennesimabiografia dedicata al seduttore pereccellenza. Tra campi e ponti è tornatoinfatti a girare Lasse Hallström, che ha fattovestire i panni del conquistatore all’atletico

Heath Ledger. Palazzi ed esterni damozzafiato, inclusi Piazza San Marcopercorsa da carrozze a cavalli e affollata dacinquecento comparse e il Canal Grandeattraversato da imbarcazioni d’epoca,basteranno a far rinascere interesse per unpersonaggio controverso passato allastoria più per le supposte qualità amatorieche per le qualità artistiche da lui invecetenute in gran conto? O a brillare saràancora una volta Venezia, straordinario eintatto set d’epoca? Comunque sia uno spotsenza prezzo per una capitale dell’artestanca di turismo mordi e fuggi e a cacciadi appassonati in grado di non salireesclusivamente sul famoso campanile ma diapprezzare i suoi mille tesori. E magnificaoccasione anche per il Festival, che grazie aun film di cappa e spada può con un soloaffondo rinsaldare i rapporti con leistituzioni locali e regalare al pubblico ungrande spettacolo.

IN GONDOLA CON CASANOVADa Fellini ad Hallström: l’arte della seduzione (al Festival) tra calli e giochi di luce Di Angela Prudenzi

Sienna Miller è tra iprotagonisti del Casanovadi Hallström. In basso adestra una scena del filme Infanzia, vocazione... diComencini

■ Giacomo Casanova fugge dalla prigionedei Piombi una notte del 1756: di fronte lalibertà, alle spalle Venezia. Città amatacome una donna e che come un’amanteperduta finirà per mancargli per il resto deisuoi giorni. Le chiese che sembranoemergere dalle acque, Piazza San Marco, ipalazzi magnificenti con vista sul CanalGrande, come pure le strette calli, glialberghetti miserandi, le taverne a buonmercato avevano del resto fatto per anni dasfondo alle avventure del nobile GianGiacomo Casanova di Seingalt, come amavafarsi chiamare. Impossibile dimenticare queiluoghi e con essi i tumulti della giovinezza, ilcalore di sentirsi, lui che pure era di naturaerrabonda, a casa. Dopo la fuga, esibendoun titolo probabilmente usurpato ma qualevero lasciapassare doti incredibili diintelligenza, seduzione, capacità oratoria, sifa accogliere nelle maggiori corti europee:Londra, Costantinopoli, Parigi, Vienna,Madrid. Il cuore però continua a batteresempre e solo per la città lagunare. LaVenezia che non dimentica è quellaimmortalata da Canaletto e da FrancescoGuardi: vedute ossessivamente ripetutedove il gioco di luci, i tramonti, il giorno e lanotte, sono varianti infinite dell’unicopaesaggio possibile, quello veneziano. Gliinterni dei palazzi e i suoi abitanti quellirestituiti dal pennello di Pietro Longhi:camere finemente arredate, eleganti damein rosa, un cagnolino. Abiti raffinati e

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inquieto, più sottile che attende soloche una mano attenta possa svelarlo fra lepieghe della luce. L’oscurità delle callidove ci si può perdere, scomparire dallavista, protetti dai palazzi e dal rumoredelle acque. Negli anni settantasoprattutto, in seguito all’esplodere delgiallo e poi dell’horror all’italiana (constorie e ambientazioni italiane e non piùd’imitazione anglosassone), Venezia hagoduto di un particolare successo e si èimposta come location intrigante permisteri più o meno soprannaturali. AVenezia… un dicembre rosso shocking, Neroveneziano, Solamente nero, La vittimadesignata per citare i titoli più significativi:una stagione brevissima di furori eanticonformismi in cui per la prima voltal’occhio della macchina da presa ha spiatodietro le lunghe vetrate dei palazzi

ammirati sul Canal Grande scoprendoinsospettabili fantasmi. Nel giro di diecianni Venezia ha bruciato se stessa e il suolato più nero per poi riconsegnarsi aifedeli illustratori delle sue bellezze. TantiCanaletto senza il medesimo talento, tantevedute della città, con l’unica ambizionedi ritrarre squarci di paesaggio più o menoinediti. Impresa che è riuscita a pochi: aTinto Brass con Chi lavora è perduto, a DeBosio con Il terrorista, a Pellegrini conOmbre sul Canal Grande, a Soldini conPane e tulipani, a Iosseliani con Lunedìmattina, soprattutto a Visconti con Sensoe il citato Morte a Venezia.Venezia al cinema è un’illusione o unmiraggio: sempre lì a portata di mano dichiunque, eppure irraggiungibile nella suacomplessa bellezza, sospesa sull’acqua equindi sempre cangiante. Un’industriacinematografica più organizzata di quellaitaliana l’avrebbe trasformata in unenorme studio, aperto ogni giornodell’anno: una città-set, senza automobili,con comparse assicurate, bellezze naturalie architettoniche. Eppure pochi avrebberosaputo fotografare Venezia come ha fattoFellini nel suo Casanova ricostruendola instudio: una città impregnata di sogni efantasia che l’artista sovrappone ai nostriricordi. Gli uni e gli altri egualmenteirreali, egualmente impalpabili.

Venezia alcinema è unmiraggio,sospesasull’acqua esemprecangiante

Identificazione di unadonna di Antonioni e inalto Anonimo venezianodi Enrico Maria Salerno

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■ Venezia ha il potere di far emergere ifantasmi e facilitare il transito dalla vitaalla morte. Nel 1912 Thomas Mann laimmagina acre e violenta: lo spettro delcolera aleggia girando viscido tra icantoni, davanti a meste facciate deipalazzi che si riflettono sui rifiutiondeggianti. Dal Ponte dei Sospiri legondole, così nere, fanno pensare adAschenbach alle casse da morto, omeglio alla morte stessa. Ma è giàtroppo tardi, e lui non può fare altro chelasciare l’Hotel des Bains e la spiaggiadel Lido per inseguire la sua stessadissolutezza attraverso le calliveneziane, tra il cupo labirinto deicanali. Per le strade l’aria è densa difumi oleosi, l’afa è insopportabile, lenauseanti esalazioni dei canaliimpregnano l’aria: la morte è ovunque.Tadzio, il fantasma dell’amore mai avuto,dona ad Aschenbach la consapevolezzadei vinti, e lo aiuta ad abbracciare lamorte, decidendosi finito. Nel 1971Luchino Visconti, con la suatrasposizione cinematografica dellaMorte a Venezia, filma una cittàacquatica che smaterializza fantasmi edisperde: il viaggiatore si sentestrappare il cuore davanti aldisfacimento della laguna che reprime enasconde nel suo grembo il pesospettrale delle cose non dette. Ma gliaspetti mortiferi della città lagunareintuiti da Thomas Mann non si limitano afantasmi di amori perduti ed epidemie.Venezia, con la sua nebbia e le calli dove

si respira un’aria di decomposizione, è ilposto ideale per assassini e psicopaticipossibilmente dotati di impermeabilerosso. Nicholas Roeg lo sa bene, e nel1973 trasforma un romanzo di DaphneDu Maurier in un film decadente eoscuro, con lo sguardo sempre rivoltoverso la morte: A Venezia... un dicembrerosso shocking. La laguna non è il postopiù adatto per dimenticare i fantasmi dipassate disgrazie: l’acqua impregnata diodori malsani è lo specchio ideale perriflettere spettri che fanno capolinogalleggiando beffardi tra i canali. Puoianche rifiutarti di credere a ciò chevedi, ma poi fai la fine di DonaldSutherland, e non è una cosa bella. Ilconsiglio è di dire una preghiera, se sipassa per la chiesa di San Nicolò deiMendicoli, e non dare troppa confidenzaa due vecchie sorelle inglesi moltostrane: una delle due è cieca ma ha la“seconda vista”, e predice sempre esolo sventure. Meglio andarsene quindi,scappare finchè si è in tempo, perché: -Venezia è come un avanzo di un enormebanchetto i cui ospiti sono morti ospariti. (Daphne Du Maurier). Atmosferesospese ed esausta dissoluzione ancheper la Venezia afosa e labirintica diCortesie per gli ospiti. Nei vicoli caldi etra i tavolini di Piazza San Marco, sismarriscono lentamente le vite deiquattro personaggi del romanzo di Ian McEwan: basterebbe un po’ d’ombra

per trovare la pace e seppellire ifantasmi delle ferite passate. MaVenezia coltiva una vocazionemiracolosa al disastro: e se qualcosapuò andar male, lei lo farà precipitarecosì, nel film del 1990 di Paul Schradertratto dal romanzo, un ChristopherWalken senza impermeabile rosso mad’Armani vestito ha il compito disublimare tutti i suoi spettri(l’ossessione del padre,l’omossessualità latente e chi più neha...) sgozzando un bellissimo RupertEverett.

LIDO DEGLI SPIRITIMortiferi per Visconti, disastrosi per McEwan: a Venezia la minaccia è fantasma Di Chiara Tagliaferri

Ancora una scena diMorte a Venezia diVisconti. Accanto e soprascorci della città

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La grandemelaCome (non) è e come la vorrebbero: a Colazione da Edwards, a cena con AllenDi Leonardo Jattarelli

New York

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amorsi

eanche Oudini riuscirebbe a farsparire New York. A distanza diquasi cinquant’anni l’uno

dall’altro, due maghi del cinema comeBlake Edwards e Woody Allen ci sonoandati molto vicini con una sorta direstyling cinematografico che risponde aduna precisa necessità: né Blake né Woodysono infatti pazzamente innamorati dellaGrande Mela così come la Storia glielaimpone mentre battono i loro ciak.Quelli di Colazione da Tiffany, anno1961, quello di Melinda e Melinda, anno2004. Perché la Storia, a volte gioca bruttischerzi anche all’arte, soprattutto se segnail tramonto definitivo, la condanna senzaappello di ciò che nel nostro immaginarioabbiamo tirato su come una formapersonale, affettiva di opera d’arte. Tale èNew York per entrambi: per il raffinatoEdwards che riesce a spuntarla prima suBilly Wilder poi su Frankheneimeraggiudicandosi la regia di quello chediverrà uno dei capolavori del cinema ditutti i tempi, doppio Oscar e una AudreyHepburn stellare impensabilmentesensuale. E per il nevrotico-romantico,genio Allen, talmente innamorato dellasua Manhattan e dintorni da essereriuscito a sdoganarla dalla metropoli dacartolina illustrata su cui testardamenteinsiste Hollywood, fino a trasformare unastruttura mastodontica in una familiarecity dell’anima. Com’era possibile allorache proprio nell’anno in cui JohnFitzgerald Kennedy diventava Presidentedegli Usa dando inizio al “new deal” diuna nazione sventrata, Edwards potessedar retta alla Storia, andando magari nellestrade di New York dove iniziavano lecontestazioni studentesche, sbirciando neilocali fumosi dell’Upper East Side neiquali si scatenava il jazz di Chet Baker o

N

La bellissima Audrey-Golightly di BlakeEdwards. Sopra Will Ferrelle Rhada Mitchell inMelinda e Melinda

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New York

di Dave Brubeck, fissare la suamacchina da presa sulla pop art nascentedi Andy Warhol e di Lichtenstein? Erachiedere l’impossibile al raffinatosognatore Edwards che, guarda caso, diceimmediatamente sì all’adattamento dellibro di Truman Capote tuffandosi nellasua idea di New York: quella che nonsomiglia affatto alla prorompente MarilynMonroe (che pure, inizialmente, avrebbedovuto interpretare il ruolo di HollyGolightly) ma alla diafana eleganza diJackie Kennedy. E’ lei in raltà aspecchiarsi nel mitico, essenziale tubinonero disegnato da Hubert de Givenchyper la Hepburn di Colazione da Tiffany eche darà il via all’“Audrey style”. E NewYork non è affatto chiassosa, non è popma semmai barocca, comel’appartamentino nel quale si muove nelfilm lo scrittore Paul-George Peppard, trapareti arabescate ed enormi, pacchiani

abat-jour di ottone, o quello sottostantedi Holly: frigoriferino, condizionatore,letto in ferro battuto sul quale salta Gattosenza nome. La New York di Colazione daTiffany ha il sole negli occhi, splendecome un diamante tra i giardini verdeacceso di Central Park, i lecca lecca e lebarchette colorate che “sguazzano” nellago, i vecchi taxi bianchi e rossi anni ’60,il negozio di chincaglierie dove Holly ePaul si divertono a rubare, il ristorantinoitalo-americano “Il paradiso delle salsicce”e quel brillantone piazzato sulla FifthAvenue chiamato Tiffany. E’ lecito allorainfischiarsene dell’attualità e trasformarela città reale nella città ideale? Noidiciamo di sì se il gioco vale Colazione daTiffany e Melinda e Melinda. Perché Allenusa lo stesso procedimento: la rimozionedella New York tragica dell’11 settembree di Ground Zero è totale. Risponde aduna irrefrenabile esigenza umana oltre cheintellettuale. E così, al suo posto, Woodyper la sua doppia Melinda che ècommedia e dramma, costruisce unaGrande Mela dal gusto tutto europeo: viail take-away mordi e fuggi davanti aBrooklyn e largo al trendy Pastis di KeithMcNally, il bistro francese dove quattronewyorchesi all’inizio del film si danno

E’ la New York degliitaloamericani, gangster con inuna mano la pistola, dall’altra ilcucchiaio per girare il ragù. E’ laNew York di Martin Scorsese e deisuoi “bravi ragazzi”, Robert DeNiro certo ma anche Ray Liotta,Paul Sorvino e Joe Pesci (che siaggiudicò l’Oscar). In carcere efuori non si può stare senza ilragù che, la leggenda vuole,segua la ricetta ereditatadirettamente dalla mamma diScorsese, Catherine, che nel filminterpreta quella di Joe Pesci.Il papà Charles Scorsese invece èVinny, la cui salsa di pomodorocon vitello, manzo e maiale hasempre troppa cipolla. Ma c’èanche chi fa il sugo con l’aglio

che in carcere si taglia con unalametta talmente sottile dasciogliersi nella padella. Le zite alsugo di carne sono d’obbligo inuna casa di italoamericani, anchese sono piccoli operai del criminee così, tra un delitto e l’altro, unregolamento di conti e il colpo delsecolo, deve esserci semprequalcuno che sorvegli il ragù pernon farlo attaccare.CHIARA UGOLINI

(QUEI) BRAVI RAGAZZI AI FORNELLILa famiglia Scorsese prepara il ragù. Per la tavola deigangster italoamericani

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George Peppard e laHepburn in Colazione daTiffany. Nella paginaaccanto Melinda e Melindae una scena di Ghost

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La NewYork diEdwardssplendecome undiamantetra i giardinidi CentralPark

appuntamento per chiacchierare al riparodalla pioggia. E se la confessione d’amoreda parte di Hobie (Will Ferrell) aMelinda (Radha Mitchell) avviene tra itavoli di Barocco, un ristorante italianodel Village arredato con botti di vino, losplendido loft dove abita Ellis (ChiwetelEjiofor) dal quale Melinda tenta ilsuicidio, tra la 29a e Broadway non hanulla di americano ma campeggia sullacopertina di una rivista europea didesign. Black e Woody, Colazione daTiffany e Melinda e Melinda, la NewYork coccolata e la New York allontanata.Il cinema e l’altra metà della GrandeMela.

■ I fantasmi americani modernihanno uno strano concetto diromanticismo. Invece di dire tiamo, preferiscono dire“idem”,si mettono a fare vasi di creta escelgono canzoni davverotroppo melense come UnchainedMelody. Poi, magari, sonovirilissimi anche da trapassati,come nel caso di Patrick Swayzein Ghost, ma a noi rimaneaddosso zucchero e melassasentimentale mal confezionata.Per piangere di cuore sul piùstruggente amore impossibiledella storia del cinema bisognafare un giretto nel 1947, NewEngland, in una splendida casasul mare, ovviamente fornita dispettro d’ordinanza...Sono garantiti singhiozzi,lacrime copiose, gemiti esospiri, perché per Il fantasma ela signora Muir, il melodrammagotico e tenero di Mankiewicz,vale quella cosa - “da quiall’eternità”- che se anche nonesiste, è bello poterla crederevera, almeno nei film. E seoccorre morire per raggiungereil fantasma sulfureo e adorabiledi Rex Harrison, la vita è pocacosa, pensa Gene Tierney. E ognianno che passa, è un anno dimeno che la divide da lui. A Los Angeles, se a qualcunocapita la sventura di perdere unproprio caro, l’impresa di pompefunebri a cui rivolgersi èsicuramente quella dellafamiglia Fisher. Oltre a cassemortuarie all’ultimo grido, conun’ampia scelta di colori per lafodera interna, i Fishergarantiscono anche incontri

ravvicinati del terzo tipo con ilcaro estinto, spesso più saggioda trapassato di quanto lo fossein vita. In effetti, le apparizionidei cadaveri da vestire, truccaree sistemare, all’inizio erano unaseccatura, soprattutto perché ilprimo a materializzarsi comeectoplasma è stato proprio ilcapofamiglia dei Fisher,incidentalmente morto la vigiliadi Natale in uno scontro tra ilsuo nuovissimo carro funebre eun autobus. Ma dopo un po’ ci siabitua a tutto, e i colloqui conl’aldilà sono i momenti miglioridi Six Feet Under, serieamericana di culto ideata,prodotta e diretta da quelgenietto di Alan Ball(sceneggiatore premio Oscar diAmerican Beauty). Trasepolture, corone di fiori, seni dipornodive defunte da ricostruiree crisi varie, la strana famiglia dibecchini reagisce come può allamorte: c’è chi ruba i piedi di unpovero defunto per fare undispetto, e chi dimentica i corpiin giro. Ma il risultato èsicuramente la migliorcommedia nera che si sia maivista in tv.CHIARA TAGLIAFERRI

SPETTRI CON MELASSATroppo dolciastri gli ectoplasmi made in USA. Unica eccezione: Six Feet Under

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Berlino

erlino è stata il teatro dell’azioned’innumerevoli film, alcuni deiquali hanno inciso nella storia

del cinema. Proprio in questi film-evento la città ha rappresentato unsimbolo diverso: nel 1927, l’anno diBerlino, sinfonia di una grande città(Walter Ruttmann) è stata il simbolo delcaos; nel 1947, quando Rossellini vi girò

Germania anno zero, divenne quellodella tabula rasa; nel 1987, quando WimWenders fece volteggiare sui suoi tettidue angeli stanchi della loro missione,Berlino, per uno di quei paradossi dellaStoria, che pur l’aveva volutainnaturalmente dividere in due, eradivenuta, secondo l’autore il “luogostorico della verità”, il “simbolo del

Mondo”, il “luogo della sopravvivenza”.La sua divisione, diceva il registapresentando Il cielo sopra Berlino, era lastessa del nostro mondo, del nostrotempo, degli uomini e delle donne, deigiovani e dei vecchi, dei ricchi e deipoveri, di ciascuna delle nostreesperienze; per tutti, una città irreale,per Wenders, invece, la più reale delle

Così vicina, cosìSinfonica, “ostalgica” e irreale, con un solo obiettivo: la riunificazione Di Callisto Cosulich

B

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lontana

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Berlino

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Il film diBecker è ilprimodegno diquestonome dellaGermaniariunificata

città, più che una città un sito, il luogoideale per raccontarvi una favolaonnivora, che trascendeva lo spazio e iltempo, il dialogo esteriore e il monologointeriore, per comprendere il tutto inuna sinfonia audiovisiva, che facevaappello a quelle che allora erano le piùsofisticate tecniche delle immagini e delsonoro. Bastava frequentare alcuni giorni la“Berlinale”, che si tiene ogni febbraio,per accorgersi della verità espressa daWenders, a proposito di questa città, chela Storia aveva trasformato in topos, conquei grandi spazi che la guerra avevalasciato in eredità, come cicatrici datempo rimarginate, con quel Muro,frequentatissimo dalle star diHollywood, che vi portavano i loro figlia vedere dall’altra parte i comunisti,

come si fa allo zoo con le scimmie; conquegli enormi supermercati a sette piani,che ospitavano ristoranti, ciascuno deiquali dedicato a una diversa cucina diprelibatezze occidentali; il tutto a prezzipopolari, a Ovest come a Est, duevetrine contrapposte, dell’Occidente edell’Oriente, il “luogo dellasopravvivenza” per l’appunto, di cuiparlava Wenders, che ancora oggi èoggetto di nostalgia, meglio di “ostalgia”,quella che scorre sottotraccia in GoodBye, Lenin! di Wolfgang Becker, primofilm degno di questo nome dellaGermania riunificata, dove il sito diWenders, il luogo ideale per raccontarviuna favola che trascenda lo spazio e iltempo, viene ridotto a un appartamento,in cui il figlio di una funzionariadell’ancien regime organizza un teatrino

Immagini della città.A destra Il cielo sopraBerlino di Wim Wenders

E’ la Berlino che si sveglia un mattino enon ha più il muro. E’ la Berlino unita, maancora profondamente divisa, dell’autunno– estate 1989-1990. Quella della Germaniacampione del mondo di calcio. E’ laGermania di Good Bye, Lenin!, il film diWolfgang Becker che ha risollevato lesorti del botteghino tedesco un paio dianni fa. Mentre Burger King e Coca-Colainvadono strade, pareti e pure il cielo dellanuova Berlino con le loro scritte, Alexcerca per tutta la città i prodottisocialisti, ormai fuori produzione: il caffèMocafix, i fagioli Tempo, i piselli Globus,ma soprattutto i cetrioli Spreewald, tantoamati dalla sua mamma. Ma i cetriolini

socialisti sono stati rimpiazzati da quelliolandesi. L’ottobre 1989 non è il momentoadatto per cadere in coma nella Germaniadell’Est, ma è questo quantoprecisamente accade a Christiane, lamamma di Alex, una convinta attivista peril progresso sociale ed il miglioramentodella vita nel regime socialista dellaGermania dell’Est che si risveglia in unmondo tutto diverso. Ma il suo cuore èdebole e Alex decide di non rivelarlesubito cosa è successo. Deve ricreare ilmondo socialista in frantumi e illuderlache nulla sia cambiato. Neppure i cetriolinisottaceto!CHIARA UGOLINI

IL POST-COMUNISMO DEL PALATOVia i cetriolini, arriva la Coca-Cola: è la Berlino di Good Bye, Lenin!

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■ Si racconta che negli anni compresi tra il 1961 e il1989 fosse possibile, a Berlino, “sentire le voci”. Erasufficiente appostarsi sotto il Muro, da una delle dueparti, e prestare attenzione. Nel giro di pochisecondi, pezzetti di vita quotidiana – di vita acustica– diventavano percepibili. Il cigolio di una biciclettasi andava a mescolare con il rombo cupo di uncamion, un canto militare diffuso dalla televisioneintersecava una sirena. In questo groviglio,concentrandosi, si riuscivano a distinguere vere eproprie voci umane. La gente che camminandoconversava, discorsi di ogni giorno, discorsi pieni dipreoccupazioni, di rimpianti, di auspici, di nostalgieabissali. Per chi, da uno o dall’altro lato del Muro,intercettava questi frammenti sonori, le voci eranodei fantasmi. Fantasmi di una separazione, di unaspaccatura, di un futuro del quale non si sapevaniente. Fenomeno che non deve essere sfuggito aWim Wenders e a Peter Handke quando nel 1987, dueanni prima che il Muro crollasse, hanno deciso dimettere in scena queste voci. Voci del pensiero edella paura che soltanto gli angeli, angeliprofondamente umani, sono in grado di ascoltare.Seduti su un’ala dell’Angelo della Vittoria aTiergarten, sempre di fronte o al di sopra di unaBerlino straniata, decadente e incantata, spiano neipensieri di Gorbaciov chiedendo solo di vivereattraverso i nostri occhi. Il cielo sopra Berlino, fattodi nuvole e solitudini, è l’unico elemento comunealle due città contenute in questa città. Gli angelicaduti per amore o stanchezza, lo lasciano permescolarsi alle esistenze delle persone che simuovono esauste per Alexander Platz, camminanoal fianco dei bambini – gli unici in grado di

riconoscerli – vegliano su di loro dai cornicioni diPotsdamer Platz, parlano agli uomini comemessaggeri, voci fuori campo senza tempo e senzaspazio. Amorevoli e malinconici, gli angeli diWenders assorbono il mondo, e diventano uominisolo quando decidono di incidere, sul mondo. Sepassate per il Tiergarten, magari con un bambinovicino, guai comunque a non alzare gli occhi: lui vipotrà raccontare cose bellissime.Il Muro è caduto. Due mondi agli antipodi, adesso, siguardano negli occhi. E uno, come spesso accade,non riconosce l’altro. Ogni lineamento apparecompromesso da quasi trent’anni di cambiamenti.Come fare per difendersi dal fantasma del futuro sidomanda Alex, il protagonista di Good Bye Lenin!,nel momento in cui sua madre – attivista politica delpartito socialista filosovietico - si risveglia dalcoma, del tutto ignara di quello che è accaduto nelfrattempo a Berlino, vale a dire la metamorfosi dellacultura dell’Est in quella dell’Ovest. Un minimo trauma potrebbe esserle fatale, quindimolto meglio premere il tasto rewind e riportare iltempo a prima del crollo. Il fantasma del comunismoevocato da Alex fa risorgere la RepubblicaDemocratica Tedesca in camera della madre: ilpresente è filtrato, la realtà diviene un fondaleteatrale dove tutto quello che era oggettoquotidiano adesso è oggetto di scena. Il nuovo avanza chiassoso, ma intorno alla madrerisuonano le melodie del passato, fino a quando ilbusto della colossale statua di Lenin – fantasma dibronzo – viene portato via in elicottero, e al suoposto arriva un Burger King. Diventa sempre piùdifficile tappare i buchi, e ad Alex rimane solo una

cosa da fare: inventare per la madre unaprospettiva che poi è quella che tutti avrebberodesiderato e farla scivolare, poco per volta, versouna realtà fantasma che non può far male... CHIARA TAGLIAFERRI

FANTASMI SOPRA BERLINOCrolla il Muro ma gli spettri non cambiano. Gli angeli di Wenders come l’addio a Lenin

real-socialista per la mamma uscita dalcoma. Ma c’è un’altra Berlino, che vorreiricordare: quella realmente irreale,descritta da Helmut Käutner in Unterden Brücken (Sotto i ponti), un filmgirato nel 1944, ma uscito appena nelmarzo del ’45, alla vigilia della “caduta”.Un film mai giunto sugli schermiitaliani, sconosciuto anche ai veridizionari che popolano le biblioteche deicinéphiles, probabilmente il più belloche mai si sia realizzato sotto il regimenazista. Mentre era già iniziatal’Apocalisse finale, mentre Berlino sitrasformava ogni giorno di più in uncumulo di macerie, Käutner era riuscitoa trovare degli angoli lungo il corso dellaSprea, rimasti miracolosamente intatti.Lì vi aveva ambientato una poetica notted’amore, tra due barcaioli e una ragazzadi provincia costretta a rimanere nellaCapitale, avendo perso l’ultimo trenoche doveva riportarla a casa: la Spreacome la Senna de L’Atalante, in un filmvisibilmente ispirato a quello di Vigo,dove l’irrealtà esprimeva un irrefrenabiledesiderio di pace, proprio cancellando loscenario di guerra.

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EsternonotteDa Aurora a Sin City, dagli States alla Francia: le città siscoprono. Al buio Di Mario Sesti

Percorsi

n esempio, il mondo di Sin City:una metropoli da incubo, in cui ivolumi spropositati di buio, la

corruzione endemica e perversa delleistituzioni, il pericolo costantedell’inganno e del ricatto, denuncianopalesemente una stilizzazione nevrotica delclassico mondo del “noir”, il genereprincipe del cinema americano durante glianni ‘40. Dove è nata e perché l’idea che lacittà sia un luogo posseduto da un geniosinistro e implacabile la cui vera natura simanifesta dopo il tramonto e il cui stilevisivo sia fatto di notte e di luci? Troppocomplicato ripercorrerne le tracce, che nonsono solo cinematografiche.L’illuminazione artificiale ha cambiato in

U

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tutto il mondo la percezione di questopianeta, l’industrializzazione ha creatoambienti visivi e sonori che segmentano ilnostro quotidiano di unaccompagnamento insonne di suoni, laletteratura, con Joyce e Doblin ha fattodelle città delle personalità complesse emultiformi dotate di una identitàinconfondibile e di una generazioneinesausta di significati, come un immensolibro da leggere, il cinema ha dato corpo aquesto giacimento di suggestioni sottopressione dando alla città il corpotraslucido di una immagine pulsante. Lapiù bella trascrizione della città comemondo meraviglioso e aggressivo, la piùgrande novità per un genere, come ilnostro, che dai tempi del neolitico avevasempre mantenuto un contatto fisiologicocon la campagna, è senza dubbio Aurora:il suo prologo rimane l’evocazione piùaffascinante e sincopata, più attraente eminacciosa, di ciò che la città dovevarappresentare agli occhi di chi vi siavvicinava senza mai averne vista una nellaprima parte del ’900. Un gigantesco cosmodi movimenti meccanici, una pulsazioneintermittente di corruzione e proposta didesiderio, una compressione di velocità eseduzione e rumore e richiamo per gliocchi capace di imporre la propria formaalla vita di chiunque, indipendentementedal suo carattere, la sua classe sociale, lesue fattezze. Negli anni ’40, soprattuttocon la radicalizzazione di timori e nevrosicollettive dovute alla guerra, questa idea dicittà diventa un mito visivo condiviso

collettivamente da ogni spettatore.Contrasti di luce chedrammatizzano qualsiasi spaziourbano pubblico o privato,qualsiasi angolo domestico.Inquadrature dalle angolazioniparadossali che sottolineano laverticalità, l’obliquità, i falsirapporti tra grande e piccolo, curvoe retto, una sensazione diffusa delpericolo dell’essere incastrati otraditi da un marito, una moglie,un boss, un compagno di divisa, uncapoufficio, un fratello avido edisperato. In queste città di Lang o

Mann, Siodmak o Dassin (ma anche diHawks, Welles, Huston, Aldrich etantissimi altri: non c’è regista che nonabbia lasciato la sua traccia in quelperiodo, che non si sia trovato afotografare lo skyline notturno di unametropoli, il bagliore di un neon in unvicolo malfamato, le mille luci di NewYork) vige sovrana la legge delle giungled’asfalto e di cemento in cui il crimine èun’opzione materiale e non morale, ilsarcasmo uno sport praticato da chiunque

con la necessaria crudeltà e l’amoreun’allucinazione letale, dietro la quale sicela sempre una buona assicurazione sullavita o una rapina imminente. Luoghipreferiti? Non solo i bar di notte o inightclub, i commissariati o le prigioni,ma anche, più di quanto si sospetti, lestazioni dei pullman dove angosciatipersonaggi tentano la fuga, attici di granlusso dove i più potenti celebrano ilproprio disprezzo e la propriainvulnerabilità, miseri tinelli dove i piùfrustrati progettano la partecipazione algrande colpo che li porterà al di fuori dellavita di squallore e umiliazione checondividono con una consorte spietata.Sono città che si aprono spesso con unainvocazione alla musa di una voce fuoricampo, con una prospettiva olimpica,dall’alto, oppure scrutati dal basso comeun unico organismo vivente (quelle diJules Dassin) che si sveglia all’alba neiporti e si rianima ancora la notte nella cittàbassa del vizio. Città di frontiera, spazzateda un vento felliniano che solleva mulinellidi cartacce o città in procinto di essereridisegnate dalla fredda tecnologia delbenessere fatta di elettrodomestici e designe palestre (due esempi, rispettivamente:L’infernale Quinlan di Welles e Un bacio euna pistola di Aldrich: sono, peraltro, gliultimi due grandi noir). Sono città dinotte, così affascinanti che non ci saràgrande regista degli anni successivi daPolanski (Chinatown) a Scorsese (TaxiDriver) ai fratelli Coen (Blood Simple) -per non parlare degli innumerevolitentativi di imitazione francese checontano almeno un grandissimo demiurgodelle notti urbane come Jean PierreMelville - che non le abbia ripetute: ineon scivolano come pioggia sulparabrezza, l’assolo di sax scolora insottofondo e la gente passeggia ancoraindaffarata, inerme, scontenta, stordita eassorta sui marciapiedi.

In questecittà vigesovrana lalegge dellegiungled’asfalto

Sin City di Rodriguez eFrank Miller. In basso unparticolare di Collateral eancora Sin City. Nellapagina accanto Aurora diMurnau

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Percorsi

a Genova cinematografica vivecon serenità le suecontraddizioni. Città di grandi

produttori, non si è mai imposta comeun polo produttivo di riferimento nelpanorama del cinema italiano, né hamai ambito ad esserlo. Ha ammirato legesta di Stefano Pittaluga che tenne leredini del cinema italiano fino allaprematura scomparsa nel 1931, diAlfredo Guarino che diede vita con lamoglie Isa Miranda a un sodalizio instile hollywoodiano, di Giuliani De

Negri che ha sostenuto il cinema diqualità dei fratelli Taviani, meritandosiegli stesso la qualifica di autore, di LeoPescarolo, artefice di molti filmsignificativi. Grandi produttori che perrealizzarsi hanno dovuto lasciareGenova, così come lontano da Genova sisono affermati registi del calibro diPietro Germi, Renato Castellani,Carmine Gallone, Mario Bava, GiulianoMontaldo e Duccio Tessari. Genovesinello spirito, ma solo marginalmentetestimoni sullo schermo delle bellezze

Genova, l’indecisaSet o non set? E’ il dilemma della città ligure. Da Hitchcock a Zinnemann Di Luca Pallanch

Non si è maiimpostacome poloproduttivo diriferimento

L

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Principe Oddone a Genova inSissignora”. È la Genova che dietrol’immagine da cartolina nasconde unfascino misterioso, che si snodaattraverso i vicoli e si irradia lungo gliorizzonti evocati dalla presenza delporto, crocevia di storie e di traffici, piùo meno legali. La Genova celeberrimade Le mura di Malapaga di RenéClément (1949), prodotto da Guarino einterpretato da Jean Gabin e IsaMiranda, Oscar per il miglior filmstraniero e premio per la miglior regia ela miglior interpretazione femminile alfestival di Cannes. Uno dei pochi noirgirati in Italia: Genova come Marsiglia,il porto come Il porto delle nebbiedescritto da Carnè, Gabin che lottadisperatamente contro un fato avverso.Sulla scia de Le mura di Malapaga duefilm di Luigi Comencini, Persianechiuse (1951), sul tema dellaprostituzione, e La tratta delle bianche(1952), evidenziarono ulteriormente illato oscuro della città, che poi esploderànel cinema metropolitano anni settanta.Prima, però, vi è spazio per un filmfinanziato, attraverso una sottoscrizionepopolare, dai cittadini genovesi e daloro stessi interpretato come comparse:Achtung! Banditi! di Carlo Lizzani

della loro città, preferendo lasciare adaltri il compito di raccontarne le gesta.Ed ecco quindi la Genova setcinematografico aperto ad ogni troupe,non solo italiana, fin dai tempi delmuto quando un certo Alfred Hitchcockfaceva il suo esordio girando gli esternidi The Pleasure Garden (1925) inLiguria. Come ha raccontato lo stessoregista a Truffaut, la lavorazione del filmfu alquanto movimentata: la poliziasequestrò alla dogana la pellicola el’operatore Gaetano Ventimiglia fucostretto ad andare a Milano perrimediarne altra perché a Genova non sene trovava, la nave che doveva essereripresa dal porto levò l’ancora e al suoposto fu noleggiato un piccolo battello eHitchcock, che aveva dovuto far fronte atutte le spese impreviste, fu infinederubato. Ma il film contribuì a lanciarel’immagine di Genova, al quale diedepoi impulso un film accusato al tempodi calligrafismo, Sissignora diFerdinando Maria Poggioli del 1941,ma che in realtà getta uno sguardo giàneorealista sulla città. Libero Solaroliscrisse, al riguardo, che “il primo veromercato realistico del cinema italianonon è quello di Porta Portese in Ladridi biciclette, ma quello del corso

Nel 1925 AlfredHitchcock girò in Liguriail suo film d’esordio ThePleasure Garden

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Percorsi

(1951), rievocazione di una pagina dilotta partigiana, unico vero tentativodella città “di fare cinema”, anzichésemplicemente raccontare se stessa oessere raccontata. La stessa Genova deIl generale Della Rovere di Rossellini(1959) fu ricostruita per lo più aCinecittà. In un film di John GillingInternational Police (1957) accadde ilcontrario in quanto la città, in cuierano effettivamente ambientate alcunescene, si prestò ad alcuni incredibili“falsi cinematografici”: piazza Sarzanospacciata per Atene, il portotrasformato nel porto di New York (lastessa cosa accadrà curiosamente inLucky Luciano di Francesco Rosi nel1973)... Nel 1962 grazie a FlorestanoVancini Genova lascia intravedere dipoter ambire a un ruolo diverso fra lelocation del cinema italiano. Le gestade La banda Casaroli, strappate allepagine della cronaca nera, rivivonosullo schermo con minuziosa fedeltà eGenova si rivela set ideale per rapine,indagini e inseguimenti. Tanto daproporsi negli anni settanta (con il

prologo nel 1969 di un filmdimenticato La legge dei gangsters diSiro Marcellini) come la San Franciscoitaliana, zona franca di una malavitacosmopolita contro la quale sischierano commissari o semplicicittadini in cerca di vendetta più che digiustizia. È Enzo G. Castellari con isuoi La polizia incrimina, la leggeassolve (1973), Il cittadino si ribella(1974), Il giorno del cobra (1980) arivelare il volto più fotogenico dellacittà, che si guadagna gli onori deititoli di testa con Genova a manoarmata di Mario Lanfranchi (1976). La più americana delle città italiane, eil cerchio finalmente si chiude, è teatroin quegli anni di uno dei film piùcelebrati, Il giorno dello sciacallo diFred Zinnemann (1973), in cui il killerassoldato per uccidere De Gaulle si recaproprio a Genova a comprare il fucile.Come ha raccontato nel libro Genovain celluloide Giorgio Nencini, presenzacostante nelle troupe dei film girati inLiguria, “solo in un caso Zinnemann siè dovuto accontentare: voleva unaforesta per la scena in cui il killer Foxprova il fucile tirando su dei cocomeri.La foresta a Genova non c’è, e così si ègirato a Monte Moro, che, come tutti igenovesi sanno, è quasi del tuttopelato. Alla battuta “vai a provare ilfucile nella foresta di Monte Moro” ilpubblico genovese rideimmancabilmente”. Potenza del cinemae di una città che sa ridere di se stessa.

Nel ’62grazie aVancini sirivela setideale perindagini erapine

Nel Giorno dello sciacallodi Fred Zinnemann il killerva a Genova percomprare il fucile

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Tornaacasa

SergioDopo La bionda, Rubini di nuovo con Procacci ne La

terra di Puglia. Un dramma su fedeltà e nostalgia con Bentivoglio e la Gerini

Di Oscar Iarussi

rendersi cura delle cose per liberarsene.E’ la prospettiva del nuovo film scrittoe diretto da Sergio Rubini, che ha un

titolo semplice e forte: La terra. Nella luceabbacinante, “messicana” del Salento dove sisono svolte le riprese, la storia strizza l’occhioal “giallo”, ma è soprattutto un dramma etico,il “mezzogiorno di fuoco” di unquarantacinquenne tornato a casa da lontano.E’ un film che ambisce al romanzesco nelporre e governare il dilemma della

P

SUL SET

Sergio Rubini conMassimo Venturiellosul set di La terra.Accanto conDomenico Procacci

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distanza/vicinanza rispetto alle radici, infondo la magnifica ossessione della filmografiadel Rubini regista: otto film, sei dei qualigirati nella sua Puglia o alla Puglia legati perlingua e provenienza del protagonista. Tutto cominciò con La stazione nel 1990, daun testo teatrale di Umberto Marino cheRubini aveva interpretato con autenticaadesione al ruolo di un timido ma tenacecapostazione (il lavoro di suo padre a GrumoAppula). Il coetaneo e conterraneo DomenicoProcacci, ai primi passi da produttore con laneonata Fandango, convinse Rubini a farneun film e a dirigerlo. Fu un successo allaMostra di Venezia e nelle sale, così i duepensarono di bissare l’impresa nel 1993 conLa bionda, che invece ebbe esiti disastrosi dicritica e di botteghino. Colpa di unalavorazione molto lunga, tormentata e di unfinale sbagliato nonostante Federico Fellini inpersona – ricorda Sergio con commozione –all’epoca spronasse il giovane “collega” acambiarlo, contro il parere di GiuliettaMasina alla fine prevalente. Per Procacci Labionda si risolse in una battuta d’arresto da cuiha faticato a riprendersi, mentre Rubini peranni si è portato dentro il senso di colpa peraver fatto perdere tanti soldi al suo mentore. S’intende, allora, perché la prima “notizia” dalset de La terra sia stata il ritrovarli insieme,entrambi con una gran voglia di dirti chequella vicenda è stata elaborata. Rubini piùlaicamente: “Domenico è diventato uno deinostri produttori più importanti, è naturaleche io voglia lavorare con lui, che oggi sentomeno fratello e più padre”. Procacci con ilsenso della sfida che gli è proprio: “Alloraabbiamo commesso una serie di errori dovutialla paura, all’inesperienza, all’arroganza, maanche alla sfortuna: sul set milanese piovevasempre, il direttore della fotografia furicoverato in ospedale, e durante le ripresemorì il padre della protagonista NastassjaKinski. Ma avrei voglia di riproporre Labionda in dvd e intanto questo è il film cheavremmo fatto se La bionda fosse andatobene, sia pure molto cambiato”.Sì, La terra è una sorta di Heri dicebamus, di“dove eravamo rimasti…”. E persino ilprotagonista è lo stesso ch’era stato scelto

dodici anni fa: Fabrizio Bentivoglio, loquacecome un monaco zen in meditazione fra unciak e l’altro nella secentesca masseriafortificata “Brusca” in agro di Nardò (Lecce),dove cast e troupe hanno girato due settimaneprima di trasferirsi a Mesagne, nel Brindisino,fino a ferragosto. Dalla masseria si vede loIonio, preceduto dalle dune, e dall’altra parteuna serie di colline accennate ma aspreoffrono un che di “western”, se non di lunare,a un paesaggio stupefacente, deserto, sebbenesiamo a pochi chilometri dalle mondanissimespiagge di Gallipoli. Cortili, aie, una chiesa,una colombaia, avite stanze affrescate, stradinee slarghi asfaltati ricoperti di brecciolina, eintorno campagna a perdita d’occhio. Questaè “la terra” di cui il protagonista Luigi(Fabrizio Bentivoglio), professore universitariodi filosofia a Milano, si ritroverà a farsi carico. Dice Rubini: “Il film racconta come a uncerto punto della vita si venga chiamati adassumersi una serie di responsabilità, le stesseche mai avremmo voluto assumerci. Spessoqueste responsabilità provengono dallafamiglia, da una dimensione ematica, dalsangue. Non è questione di proprietà, etuttavia la terra può dividere, unisce piuttostoil non averla. Luigi, che io definisco ‘ilragionatore’, entra in una spirale dolce edolorosa, si riappropria della sua famigliacomposta da due fratelli e un fratellastro divisidalla terra ereditata dal padre benestante, finoa compromettersi, fino a trasformarsi”. Dov’èil giallo? “C’è un omicidio, viene ucciso unaspecie di usuraio e arrampicatore sociale e

Luigi dovrà risolvere la situazione scabrosa.Succede: quando te ne vai lontano da casa, ifamigliari, li amici, gli altri, ti perdono divista. Poi un giorno torni, ti fermi e gli altrifinalmente ricominciano a vederti e tichiedono delle cose, spingono perché tu tiprenda cura di certe situazioni. E’ doloroso,ma è necessario, solo così ci si può definireadulti”. Perché ancora una volta al Sud e inPuglia? “E’ la mia terra ed è la terra diProcacci. Tutti e due ce ne siamo andatiquasi trent’anni fa, ma io ci tornocontinuamente, anche se la mia Puglia è inqualche modo nostalgica. Qui resisteun’autenticità, dalle relazioni umane aisapori della vita, chessò una ricotta mangiatal’altro giorno che sapeva di cultura antica enon lo dico solo per il piacere della gola.Altrove tutto ciò si è dissipato e anche da noilo vedo minacciato dalle gabbie del folklore,dal degrado sociale, ma anche dallo sviluppoturistico. D’altro canto, nel Sud è più faciledare corpo al Mito, scorgerne i simboli.Quello di Luigi è un nostos, un ritorno a casaalla maniera di Ulisse e vorrei che La terrarestituisse la densità della vita che Kunderaattribuisce alle pagine di Dostoevskij, aiFratelli Karamazov, ma serbasse anche unacifra ‘mitologica’, trasfigurata, non realistica.Se avessi girato questo film dieci anni fa,avrei avuto il problema di come riuscire adappropriarmi di una terra, oggi ho quello dicome riuscire a espropriarmene, aliberarmene”. Ci sono, con Bentivoglio, gliattori che interpretano il fratello minoreimpegnato nel volontariato cattolico (PaoloBriguglia), il mediano Emilio Solfrizzi (unfallito che sta in politica) e il fratellastroMassimo Venturiello, mentre Sergio si èritagliato il ruolo dell’usuraio. Le attriciprincipali sono Claudia Gerini (moglie diLuigi) e la giovane Giovanna Di Rauso. Lasceneggiatura è stata scritta da CarlaCavalluzzi e Angelo Pasquini con Rubini checonclude: “La terra non esiste, conta solo lamemoria, che non va tradita”. Una storia difedeltà paradossale, anche tra lui e l’altroragazzo barese che se ne andarono a Roma, afare il cinema. ✪Rubini cerca l’inquadratura giusta. Sopra Fabrizio Bentivoglio con Venturiello

SUL SET

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insensata”. Del resto, aveva detto lastrega, “il lieto fine è obbligatorio”.Non a caso ci troviamo in un film dianimazione o, come si diceva unavolta, un cartone animato: nulla ache vedere con la vita vera,purtroppo. Hauro no ugoku shiro (Ilcastello errante di Howl) sistampiglia appunto sul canovacciodella fiaba: e in conformità con lecategorie individuate da Propp, cisono la strega cattiva e il magobuono, il riscatto della ragazzinasfortunata e il dulcis in fundo. Maall’orizzonte non può che stagliarsiminacciosa la guerra, sia purecombattuta da macchine volanti efantomatici mostri di gomma. Ènobile il tentativo di conciliare lafelicità narrativa con tematiche diurgente, gravosa attualità, maMiyazaki è qui un po’ meno brillantedel solito. Nonostante la vis ironicache intride sequenze esilaranti, Ilcastello errante di Howl rivela murafragili e un respiro a tratti affannoso:i 119 minuti del film sono discontinuie la partitura prevista in crescendorischia di accartocciarsi. Un filmimperfetto, dunque, ma ugualmente– forse ancor più – necessario.Perché? Perché nella nostra epocaabbandonare la realtà per il sogno egirovagare liberi nei territoridell’immaginazione richiede unaforte dose di coraggio. Miyazaki hadimostrato di possederne inabbondanza. E noi spettatori, siamopronti a raccogliere la sfida? Ancorpoco conosciuto in Occidente, ilmaestro del Sol Levante – è proprio ilcaso di dirlo – riceverà l’omaggio chemerita alla Mostra di Venezia dove loattende il Leone d’oro alla carriera.FEDERICO PONTIGGIA

La giovane parrucchiera Sophiesgobba come pochi. Esce

raramente ma quanto basta perincontrare Howl il Mago, piacente,impenitente e indolente.Subodorando del tenero tra i due, laStrega della Spazzatura la maledicee Sophie si ritrova vecchianovantenne. Ma anche gravata daglianni, saprà infondere gioia edenergia nel Castello di Howl. RitornaHayao Miyazaki, autore di classiciquali Lupin III: il castello diCagliostro, Nausicaa della valle delvento, La principessa Mononoke e Lacittà incantata (Orso d’Oro a Berlino2002 e Oscar 2003 come migliorfilm d’animazione) e si confermageniale tessitore di fiabe, in bilico tratensione umanistica e afflatinaturalistici. Adattando per il grandeschermo il romanzo omonimodell’inglese Diana Wynne Jones, ilcineasta spinge il piedesull’acceleratore dell’onirismo,disegnando iperboli e circonvoluzionimetaforiche sul terreno della fiaba.

Nuovo demiurgo del fantasy,Miyazaki ha allargato le magliedell’animazione occidentaled’impronta disneyana con il suosincretismo autoriale, che accostaalla tradizione nipponica –rigidamente codificata – spigolaturedell’iconografia europea, da WinsorMcCay (Little Nemo in Slumberland)a Edgar P. Jacobs (Blake etMortimer). Ovviamente, il meltingpot non è ancora omogeneo, ma sitravasa su un piano inclinato: lamateria più densa, riguardante iprotagonisti, ha forme rigide e trattilegnosi di impronta nipponica,viceversa gli sfondi e i personaggicomprimari hanno levità e sfumaturemade in Europe. Ma è sotto il profilotematico che si raggiunge lacongruenza tra Giappone ed Europa.Un accordo disarmante o, meglio,disarmato: si stringono le mani,cadono le armi. Si raffigura ilconflitto per poi arrestarlo con laforza delle parole: “Dobbiamosmetterla con questa guerra

IL CASTELLO ERRANTE DI HOWLTradizione nipponica e iconografia europea per dire no alla guerra

IL CAPOLAVORO ANIMATO DI MIYAZAKI. LEONED’ORO ALLA CARRIERA A VENEZIA

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The Skeleton Key I Fantastici 4

61 Don’t Come Knocking

61 L’altra sporca ultimameta

62 Guida galattica perautostoppisti

62 Herbie-Ilsupermaggiolino

63 Vita da strega64 L’impero dei lupi

65 SpongeBobSquarePants

66 Stealth - Armasuprema

66 Indovina chi67 Madagascar68 The Island68 Il mistero di

Lovecraft

65iFi

lmDe

lMes

eIN USCITA

>

REGIA HAYAO MIYAZAKIGenere Animazione, Colore

Distr. Lucky RedDurata 119’

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iFilmDelMese

THE SKELETON KEYPochi luoghi comuni e molta suspense per l’incubo di Kate Hudson

Una casa in Louisiana abitatasoltanto da una donna anziana e

da suo marito che ha avuto da poco unictus. Un grande villa coloniale chenasconde un terribile segreto. Un luogosenza specchi, perché in quelli sipossono vedere riflessi i fantasmi cheabitano i recessi dell’antica residenza diuna famiglia finita in rovina per colpa diun misterioso quanto arcaico rituale. E’in questo luogo da incubo che unaragazza proveniente dall’est degli StatiUniti va a lavorare. E’ protetta dal suosano scetticismo. Il voodoo, infatti, nonfunziona se non inizi a credere in quelloche ti sembra di vedere. Dopo il fragile

Le ali dell’amore tratto da un romanzodi Henry James e l’interessante K-Pax,il regista britannico Iain Softley cambiaancora genere dando vita ad un filmemozionante con protagonista unamatura e affascinante Kate Hudson. E’lei, infatti, la giovane che da poco haperso suo padre ed è costretta, permantenersi, ad assistere degli anzianisconosciuti e enigmatici. Un’ambiguitàresa ancora più credibile e intrigantedal fatto che la coppia di coniugi ècostituita artisticamente da una semprestraordinaria Gena Rowlands e da unottimo John Hurt costretto – peresigenze di copione – ad esprimere sestesso soltanto attraverso la propriafisicità. The Skeleton Key (il titolo fariferimento alla chiave a scheletro cheapre tutte le porte dell’antica dimora) è

un ottimo thriller che gioca con lospettatore su più piani narrativi. Da unlato c’è la cultura voodoo, dall’altro ildubbio e lo scetticismo di una donnamoderna, incapace di accettare quelleche sono delle semplici superstizioni. Atratti davvero terrorizzante, il film èintenso e rapido con pochissimeconcessioni ai luoghi comuni del generee con una voglia di sorprendere ilpubblico fino alla fine. Nel cast c’è anchePeter Sarsgaard che dopo Boys Don’tCry, K-19, La mia vita a Garden State èuna certezza per il nuovo cinemaamericano fatto di attori giovani ed ingamba, in grado, fino all’ultimo di nonessere prevedibili. Un film da nonperdere anche se non si è amanti deifilm “di paura”.MARCO SPAGNOLI

UN OTTIMO THRILLER CHE GIOCA CONLO SPETTATORE SU PIU’ PIANI

IN USCITA>

REGIA IAIN SOFTLEYCon Kate Hudson, Gena Rowlands, John Hurt

Genere Thriller, ColoreDistr. Uip

Durata 104’

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Settembre 2005 RdC 61

Nell’epoca della postmodernità ilcinema invecchia in fretta. Le

trame si logorano, la visione si ripete inun loop infinito e catatonico, la poeticitàdiventa orpello stanco. Wim Wenders neè esempio lampante e finché dura ciriprova. Scelta opinabile mainfinitamente destinataall’appassimento. Così sulle tracce diHoward Spence, attore/eroe/cowboy divecchi frame western hollywoodiani,ora ridotto a ruoli secondari, a clichérecitativi, regna la noia, l’esistenzasolitaria. Se non fosse per mamma EvaMarie Saint pronta a suggerirgli cheprobabilmente tra le decine di femminelasciate ad essiccarsi al sole del westdepresso e desertico, ce n’è una che haun/a figlio/figlia suo/a. Spence ricalcaorme del passato, si spaccia per uomoqualunque della frontiera e rincontraDoreen (Jessica Lange), che ha amato,e si sofferma fin troppo dalle parti delfiglio di lei (Gabriel Mann) e dallacongrega di artisti scoppiati che gligirano attorno. Nel paesello di frontierac’è anche Sky (Sarah Polley) chepotrebbe essere la figlia del messaggiomaterno e Sutter, un annoiato Tim Rothagente delle major che vuolericondurre la star nel suocamerino/camper per finire le ripresede Il fantasma dell’Ovest, set da cuiHoward è fuggito furtivo. Alla ricerca diun tempo perduto, quindi, di città quasidisabitate, di figli lasciati al loro destino,

di responsabilità paterne dimenticate,Dont’ … è una ballata dolente e comica,movimento e stasi, classicità del testo etocchi di ermetismo surreale. Unmarchio Wenders doc, incapace dirinnovarsi, di evolvere il cinema a suofavore, ripetitivo fino all’essicarsi diun’estetica anni ’80, oramai demodé.Ricalcandosi dietro un’annacquatafigura alla Steve Mcqueen (sesso, droga,alcool e vita sregolata), senza rabbiama solo contemplazione, il protagonistadi Don’t… amplifica laspersonalizzazione della materia, lavaghezza dell’assunto di fondo, si facarico e testimone dello smarrito maintenso sguardo wendersiano e dellaperegrina scommessa di un prendere olasciare. Cinema come trascendenzapura del pensiero, senza regole, senzalimiti, spesso senza un esplicito perché.Ipnotizza sì, ti coccola in un brontolio didialoghi e drammaturgia assolutamentepeculiare, ma spesso sembra undocumentario sui canyon dell’ovest, unprecipitato di dejà-vu del loser di turno,con un po’ di acciacchi e il fascino di unragazzino.DAVIDE TURRINI

Ma il granderegista è

incapace dirinnovarsi

REGIA PETER SEGALCon Burt Reynolds, Adam Sandler

Genere Commedia, ColoreDistr. Sony Pictures Italia

Durata 113’

REGIA WIM WENDERSCon Sam Shepard, Jessica Lange, Tim Roth

Genere Fantastico, ColoreDistr. Commedia

Durata 122’

L’ALTRA SPORCAULTIMA METARilettura (riuscita) del classicocarcerario-sportivo di Aldrich

Squadra che vince (quella difootball americano, formata dai

detenuti di un penitenziario) non sicambia. O meglio, la si aggiorna al ritmodi MTV (che ha prodotto il film) e allohumor greve di certe commediehollywoodiane. Si sceglie un simpaticocast misto - bianchi, neri e olivastri,attori ed ex-atleti - e si riadatta lasceneggiatura di un classico del generecarcerario-sportivo: Quella sporcaultima meta (1974) del grande Aldrich.Dopo 31 anni ecco il remake, L’altrasporca ultima meta. Il regista PeterSegal ha rispettato la storia e lasostanza dell’originale grazie alprotagonista di allora, Burt Reynolds,nume tutelare che si è ritagliato il ruolodell’anziano allenatore. Il suopersonaggio del ’74, Paul Crewe, èpassato ad Adam Sandler, degno eredeche sa equilibrare il lato ironico e quellodrammatico dell’ex-mito del football,caduto in disgrazia per aver “venduto”una partita, e poi finito in galera. Ilrifacimento funziona. Agile nellanarrazione e divertente nelle situazioni(la selezione dei giocatori-galeotti, chedovranno scontrarsi con la squadra deisecondini, violenti e razzisti), senzadimenticare le implicazioni etiche esociali. Così il fatidico match, oltre cheuna vendicativa sfida muscolare fraguardie e carcerati, si rivela l’epicariconquista della dignità da parte dicoloro che, scontando dei reati,subiscono altri soprusi. Ma restanodelle persone, la cui umanità trasformal’opportunista Paul in un “campione”morale.MASSIMO MONTELEONE

DON’T COME KNOCKINGBallata dolente con sprazzi surreali firmata Wim Wenders

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IN SALA>

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iFilmDelMese

GUIDA GALATTICA PER AUTOSTOPPISTIL’odissea spaziale di Douglas Adams approda sullo schermo. Per una divertente satira del reale

che considera una casa prossima allademolizione la peggior disgraziapossibile: avrà modo di ricredersisballottato tra pianeti sconosciuti epresidenti della galassia dotati di dueteste e tre braccia, Zaphod Beeblebrox(Sam Rockwell); progettisti di pianeti erobot in depressione cronica; eccentrici

leader religiosi, Humma Kavula (JohnMalkovich) ed extraterrestri burocrati, iVogon. Ci sarà spazio-tempo anche perl’amore, quello della bella astrofisicaTrillian. L’importante, come recita ilfrontespizio della Guida, è “Nientepanico!”. ANDREA SPERELLI

Odissea spaziale, fantascienza,commedia, satira e ricerca sulla

natura della realtà: il tutto shakerato eriversato su pellicola nella divertentetrasposizione della celebre Guidagalattica per autostoppisti (TheHitchhiker’s Guide To The Galaxy) diDouglas Adams. Già radiodramma,trilogia di romanzi, serie-Tv evideogame, la Guida approda sulgrande schermo per volontà deldefunto Adams, che nel 1998 avevafirmato una sceneggiatura per laDisney. Per partire all’avventura occorreun amico alieno, Ford Prefect, che ciavvisi dell’imminente fine della Terra,un asciugamano e, soprattutto, la GuidaGalattica Per Gli Autostoppisti, un e-book contenente tutte le risposte ainostri interrogativi sull’Universo, futili omeno. Questa è la sorte dell’uomocomune Arthur Dent (Martin Freeman),

Automobili con coscienza epersonalità, dotate di vita propria

o “possedute” da altrui volontà. SeChristine, la macchina infernale (1983) diStephen King e John Carpenterrappresenta il lato oscuro e distruttivodell’idea, il volkswagen Herbie n.53,creato dalla Walt Disney nel 1969 per Unmaggiolino tutto matto, ne incarna lospirito positivo, battagliero e amichevole.Eppure Herbie vive umanissimisentimenti come la rabbia, la tristezza el’innamoramento (per una fiammanteNew Beetle), ben espressi dai farianteriori (gli occhi), dal paraurti (labocca), dalle gomme e dalla carrozzeriacapace di impennate di gioia. Herbie èirascibile. Se qualche umano lo umilia ofa del male ai suoi amici, esso reagiscecon colpi di cofano e delle portiere, conschizzi d’olio. Ora la Disney rilancia

HERBIE - IL SUPER MAGGIOLINOGag e happy end per la macchina “umana”

REGIA GARTH JENNINGSCon Sam Rockwell, Martin Freeman

Genere Commedia, ColoreDistr. Buena Vista

Durata 109’

IN SALA>

IN SALA>

REGIA ANGELA ROBINSONCon Matt Dillon, Michael Keaton

Genere Commedia, ColoreDistr. Buena Vista

Durata 101’

gareggiare col magico maggiolino frabolidi aggressivi. Ma Herbie non lasciaguidare neanche lei, si guida da solo esorpassa gli avversari imitando lo stile“skateboard” della ragazza. La vittoria èun prevedibile happy-end, ma le gagdivertono e la regia d’azione evitaabbastanza lo stile televisivo.MASSIMO MONTELEONE

quest’icona pop californiana del cinemaper famiglie in Herbie – Il SuperMaggiolino. La favola moderna ha comesfondo le corse automobilisticheNASCAR. Il riscatto da un destinocrudele (l’autodemolizione) avvienegrazie all’amicizia di una coraggiosa neo-diplomata, figlia e nipote di due ex-campioni. Sarà lei, abile pilota, a

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San Fernando Valley, California.La strega Isabel è disposta a

rinunciare ai suoi poteri soprannaturaliper condurre una vita normale, mentrel’attore Jack Wyatt cerca un rilancionella nuova versione della celebresitcom anni ’60 Bewitched (Vita dastrega in Italia). I due si incontrano: ilfascino di Isabel e il suo naso cosìsomigliante a quello dell’originariaSamantha (Elizabeth Montgomery) larendono secondo Jack l’interpreteperfetta per il ruolo della protagonista.Dal set alla vita: l’amore fa capolino.Ritorna con le fattezze angelicate diNicole Kidman la strega dal cuore d’oro

Samantha, mentre Jack/Darrin ha ilfisico prestante di Will Ferrell. Adirigerli è Nora Ephron, i cui trascorsiromantici (Harry ti presento Sally, C’èpost@ per te) si travasano nel remakesenza attenersi pedissequamenteall’originale: la non-attrice Isabel –questo il cambiamento fondamentale -è ritenuta da Jack idonea perché nondovrebbe creargli ansia da prestazioneartistica. Ma i dati d’ascoltosconfessano queste premesse. E in piùc’è di mezzo la magia: non solo quelladi Isabel, ma anche quelladell’irriducibile padre Nigel Bigelow(Michael Caine) e di Endora (ShirleyMacLaine). Vita da strega ha negliinterpreti il suo punto di forza: laKidman – bellezza senza eguali nelpanorama cinematografico

contemporaneo – si conferma attriceversatile e fascinosa, perfettamente asuo agio tra mossette eammiccamenti; Ferrell prosegue conbravura lo sdoganamento dal comicotout court già iniziato con Melinda eMelinda; Caine e la MacLainecontrappuntano la coppiaprotagonista con l’aplomb dellavecchia scuola. Sono loro a sosteneree governare il film con una mirabilesinergia. Una sinergia dialettica, conincontri-scontri (Isabel e Jack sonoper fisico e stile agli antipodi), litigi eriappacificazioni, verità non dette etrucchi lapalissiani. Con un filo rosso:un confessabile desiderio di normalità.Vale solo per streghe-attrici del calibrodella Kidman?FEDERICO PONTIGGIA

COMMEDIA RIUSCITA SOPRATTUTTOGRAZIE AGLI INTERPRETI

VITA DA STREGAOttimo remake dell’omonima sit-com anni ’60. Con Nicole Kidman maliarda perfetta

REGIA NORA EPHRONCon Nicole Kidman, Shirley MacLaine

Genere Commedia, ColoreDistr. Sony Pictures Italia

Durata 100’

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L’IMPERO DEI LUPIThriller gradevole con scivolone finale. Brava l’attrice spagnola Jover

Non conoscendo la trama sipotrebbe pensare che L’impero

dei lupi sia l’ennesimo film di generefrancese legato al soprannaturale.Anche i primi minuti della pellicoladiretta dal regista di Kiss of theDragon, Chris Nahon sonovolutamente improntati ad unagrande ambiguità. Grande è quindi lasorpresa quando, progressivamente, siarriva a capire che il film proiettatosul grande schermo non è un horror,bensì un thriller dove i lupi cui fariferimento il titolo non sono“mannari”, bensì “grigi”, ovveroappartenenti al famigerato gruppo diterroristi turchi, noti soprattutto perl’essere stati messi in relazione con

l’attentato a Papa Giovanni Paolo IInel 1981. Tratto dal romanzo di JeanChristophe Grangé, già autore de Ifiumi di porpora, L’impero dei lupiracconta del coinvolgimento diquesto spietato gruppo di criminali inalcuni efferati omicidi in cui tredonne sono state tantobarbaramente quantometicolosamente torturate. Capire ilperché non è facile e – soprattutto –ancora più complicato è farsi largoattraverso un muro di omertà ereticenza da parte degli immigratiturchi nella Parigi delle periferie. Cosìil giovane ispettore francese prepostoalle indagini dovrà ricorrere suomalgrado all’aiuto di un ex poliziottocaduto in disgrazia (Jean Reno) per isuoi modi poco ortodossi e il suoessere altamente inaffidabile. In tuttoquesto, però, viene seguita

parallelamente anche un’altra storia:quella di una donna, moglie di unpoliziotto, che inizia a soffrire distrane crisi in cui i ricordi di un’altravita sembrano affiorare allasuperficie. Malattia? Depressione?Grazie al talento dell’affascinanteattrice di origine spagnola Arly Jover,il regista Chris Nahon costruisce uninteressante e sorprendente thrillerche segue un doppio binario con duestorie pronte ad intersecarsi soltantoin un finale a dir poco esplosivo.Pellicola commerciale, ma di qualità,nonostante alcune ingenuità equalche scivolone soprattutto nelfinale, girato in maniera un po’retorica e prevedibile, L’impero deilupi è un film divertente in cui c’èanche Laura Morante nel ruolo dellapsicologa. MARCO SPAGNOLI

TRATTO DAL ROMANZO DI GRANGE’, GIA’AUTORE DE I FIUMI DI PORPORA

iFilmDelMese

REGIA CHRIS NAHONCon Jean Reno, Laura Morante, Arly Jover

Genere Thriller, ColoreDistr. Medusa

Durata 128’

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I FANTASTICI 4Supereroi per teenager con effetti molto speciali. E la donna “visibile” Jessica Alba

Non lascerà un segno nella storiadei supereroi al cinema, ma chi ha

amato il fumetto non sarà deluso daquesta versione “teen” dei beniamini dicasa Marvel. Che si discostano dai variBatman e Spider Man per unapeculiarità: non hanno vita segreta,quindi crisi esistenziali (tranne il poveroBen) o turbamenti dovuti a una doppiaidentità. Di giorno e di notte sonosempre loro: i Fantastici 4. La trama, acui hanno collaborato Michael France(coautore del copione di Hulk) e MarkFrost (Twin Peaks di David Lynch), si rifàai primi fumetti della serie, cioè allagenesi ed è la parte più appassionantedella loro avventure di supereroi. Tutto incomincia con Reed Richards,inventore-astronauta con un sogno:entrare in contatto con una tempestacosmica che gli permetterà di decifrareil codice segreto dell’umanità. Il governoha tagliato i fondi e Reed è costretto arivolgersi all’ex compagno di collegeVictor Van Doom, divenuto miliardariononché spasimante della sua exfidanzata Susan Storm. Victor approvae finanzia l’operazione e Reed metteinsieme una squadra formata dalmigliore amico Ben Grimm, Susan e ilfratellone playboy Johnny Storm. Ladestinazione è lo spazio ma qualcosa vastorto: per un errore di calcolo, i 4 (più ilquinto, Victor, che diventerà il cattivo Mr.Destino) vengono travolti dallatempesta e colpiti da raggi radioattivi.

Mentre sono in ospedale avviene lametamorfosi: le loro celluleincominciano a dilatarsi, a solidificarsi, aincendiarsi e dissolversi. Latrasformazione più radicale è quella diBen, il cui corpo diventa di pietra. Reedscopre di avere la facoltà di allungarsi asuo piacimento (Mr. Fantastic), Susan disparire e riapparire (la Donna Invisibile),Johnny di incendiarsi e anche di volareall’occasione (la Torcia Umana). SoloBen non riesce a rassegnarsi alla suacondizione di “mostro”. Non sveliamoaltro della trama in cui se la premessa èche i buoni sono buoni e sconfiggono icattivi lo fanno prendendosiamabilmente in giro. Gli effetti specialicombinano la recitazione con lacomputer graphica, fatta eccezione perBen che indossa un guscio di gommadel peso di 20 kg, e il taglio teenagernon inficia lo spettacolo, anche se ilregista si chiama Tim Story e non TimBurton. Gli attori, bravini ma nonproprio famosissimi, sono Ioan Gruffud,Chris Evans, Michael Chicklis. E laneostar Jessica Alba è tutto tranne cheinvisibile.MARINA SANNA

La trama sirifà ai primi

fumetti dellaserie, cioè alla

genesi deiFantastici 4

SPONGEBOBSQUAREPANTSDall’omonima serie tv, la riscossacinematografica di una spugna

Versione cinematografica dellafamosa serie televisiva trasmessa

da Nickelodeon, Sponge Bob è un filmsemplice e – a tratti – esilarante, moltopiù indirizzato verso un pubblico adultodi quanto si possa pensare. Scritto ediretto da Stephen Hillenburg, exbiologo marino con la passione deldisegno e dei cartoni animati, SpongeBob descrive le avventure di unasimpatica spugna e del suo miglioreamico (una stella marina) costretti aduna straordinaria serie di fatiche pur diraggiungere il grande sogno didiventare manager del nuovo fast food.Un posto che gli è stato negato permancanza di maturità e che – a causadi una sequenza di eventi – è diventatol’epicentro per il controllo mentaledegli abitanti che vivono i fondalidell’oceano. Riusciranno una piccolaspugna e una stella marina a salvare ilmare e al tempo stesso a dimostrare diessere “adulti”? Girato parzialmente come una pellicolaDisney degli anni Sessanta con scenelive action tra cui si distinguel’autoironica partecipazione di DavidHasselloff in versione Baywatch,Sponge Bob nella sua edizioneoriginale annovera la presenza di uncoacervo di grandi talenti tra cuiScarlett Johansson e Alec Baldwin.Impregnato di cultura pop, il film havarie citazioni di musica e atmosfereanni Ottanta con tanto di finale ispiratoai videoclip dell’epoca. Del resto lacolonna sonora è molto “forte”:Motorhead, Wilco, Tom Rothrock e iltema principale è cantato da AvrilLavigne. MARCO SPAGNOLI

REGIA STEPHEN HILLENBURGGenere Animazione, Colore

Distr. UIpDurata 90’

REGIA TIM STORYCon Jessica Alba, Ioan Gruffud, Chris Evans

Genere Fantastico, ColoreDistr. 20th Century Fox

Durata 100’

ANTEPRIMA>

ANTEPRIMA>

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66 RdC Settembre 2005

iFilmDelMese

STEALTH - ARMA SUPREMADa Rob Cohen un blockbuster militaresco tra Top Gun e 2001 Odissea…. Senza infamia e senza lode

americana. Stavolta, però, nell’abitacolodi un caccia futuribile c’è anche unadonna (Jessica Biel) alle prese con leavventure militari - e non solo - dei suoidue colleghi. E’ inevitabile che le regoledell’attrazione contino esattamentequanto quelle di combattimento. Ai tresceltissimi piloti verrà affiancato unaereo guidato da un supercomputerche, dopo essere diventato

autocosciente, si evolverà fino acomprendere la morale dei piloti e atrasgredire le regole. Un pasticcio senzaidentità precisa, sorprendentementescontato e basato su effetti digitalidiscutibili. Tutto questo con la miscela dirock e di politicamente scorretto un po’crudo che caratterizza nel bene e nelmale il cinema di Rob Cohen.MARCO SPAGNOLI

tratteggiati nel film di Stanley Kramer,datato 1967) svanisce per evidenteanacronismo, finendo per lasciarespazio alle consuete querelle in nome difiducia reciproca ed incomprensioniapparentemente insanabili, ovviamentedestinate alla felice risoluzione. SidneyPoitier, Spencer Tracy e KatharineHepburn avranno sicuramenteperdonato.VALERIO SAMMARCO

remake “al contrario” dell’evergreenIndovina chi viene a cena, il lavoro diKevin Rodney Sullivan sfrutta il soggettooriginario (vincitore dell’Oscar) diWilliam Rose per giustificare l’ennesimacommedia sentimentale di stampohollywoodiano. Non che manchinoalcuni momenti divertenti, ma nelcomplesso il pretesto della difficileaccettazione per questioni razziali (benpiù problematica negli Stati Uniti

Un po’ Top Gun, un po’ Il dottorStranamore e con non pochi

riferimenti ai film di 007, a 2001 Odisseanello spazio e a Terminator, Stealthoffre più piani di lettura. Da un lato è unblockbuster spettacolare ambientatonel prossimo futuro in cui aereivelocissimi possono colpire il terrorismointernazionale pressoché ovunque inpochi minuti e senza preavviso (anchein centri abitati da civili…). Dall’altro èl’ennesima produzione nel solco di Aprova d’errore dove una tecnologiaapparentemente perfetta esce fuoricontrollo e diventa pericolosa per tutti.Come se non bastasse Stealth vuolecelebrare il coraggio e l’onore militarerispetto a quello dei politicanti diWashington. Un concentrato di idee e ditemi diversi in una produzione che avent’anni da Top Gun e Aquila d’acciaiointende riportare sotto il riflettore legesta e l’etica dei piloti della marina

In occasione del 25° anniversariodi matrimonio dei suoi genitori,

Theresa (Zoè Soldana) decide dipresentare alla famiglia l’uomo di cui èinnamorata (Ashton Kutcher) per poiannunciare ufficialmente il suofidanzamento. Sebbene preceduto dauna fama di tutto rispetto – astronascente dei mercati azionaristatunitensi – il “bianco” Simon Green,questo il nome del ragazzo, non riusciràperò a sortire lo sperato colpo difulmine con il futuro suocero, il “nero” earcigno Percy Jones (Bernie Mac). Ilmotivo? Niente di più semplice: unavera e propria questione di pelle,alimentata dalla falsa illusione di Percydi ritrovarsi al cospetto di un novelloDenzel Washington. Morbidissimo

REGIA KEVIN RODNEY SULLIVANCon Ashton Kutcher, Zoè Soldana, Bernie Mac

Genere Commedia, ColoreDistr. 20th Century Fox

Durata 106’

INDOVINA CHIMorbida rielaborazione del classico di Kramer.Con Ashton Kutcher bianco tra i neri

REGIA ROB COHENCon Jamie Foxx, Jessica Biel, Sam Shepard

Genere Azione, ColoreDistr. Sony Pictures Italia

Durata 121’

IN USCITA>

IN SALA>

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Settembre 2005 RdC 67

Una zebra smaniosa di libertà,un leone vanitoso ma dal cuore

tenero, e ancora una giraffa ipocon-driaca, una simpatica “ippopotama” equattro pinguini mafiosi. Personaggiaccattivanti in grafica sontuosa, lascia-ti quasi allo sbaraglio da una sceneg-giatura a dir poco blanda. Premessebuone, che si sgonfiano in un risultatoben al di sotto delle aspettative e deiprecedenti DreamWorks. Qualche risa-ta ci scappa, si registrano un paio dicitazioni cinefile e i bambini si diverti-ranno. Ma se l’obiettivo di Katzenbergera “portare in sala anche gli adulti”,la missione può considerarsi fallita. Il

pastone buonista della vicenda lascialoro ben poco. La caratterizzazione deipersonaggi risulta comunque efficace.Più intimista che trascinante, il prota-gonista Marty: zebra in preda a conflit-ti esistenziali (“sono bianco con le stri-sce nere, o nero con le strisce bian-che?”), che sogna “natura, libertà epraterie sconfinate”. Un’aspirazioneche, vista la sua limitata prospettivadallo Zoo di New York, la induce a fug-gire in Connecticut. Blitz della polizia,dirottamenti e altre rocamboleschedisavventure la catapulteranno invecesulle coste del Madagascar con i suoicompagni di gabbia. Missione compiu-ta? Macché. A parte Marty, gli altrivogliono tutti tornare indietro. Glispazi sono sterminati, la natura davve-ro selvaggia. Ma la nostalgia per

comodità e routine dello zoo si fa sen-tire. La libertà mette paura, è il primomessaggio della loro Odissea.Subordinazione e accondiscendenzasono alternative più comode e dere-sponsabilizzanti. Nella foresta c’è inve-ce la vita vera. Con le insidie, le minac-ce, il problema del cibo. Nel suo habi-tat naturale, il leone Alex scopre la suaindole, deve resistere per non azzan-nare i compagni. Anche qui fa capolinoun altro tema più vagamente “impe-gnato”, come il sacrificio degli istinti innome della convivenza civile. Un po’pochino, però, rispetto alla ricchezzadi citazioni, spunti e chiavi di lettura“adulte”, che avevano divertito anche igrandi negli ultimi Alla ricerca diNemo, Shrek e Gli Incredibili. DIEGO GIULIANI

I SIMPATICI ANIMALETTI HANNO PAURA DELLA LIBERTA’

IN SALA>

MADAGASCARFavola animata con morale ambientalista. Per i più piccini

REGIA ERIC DARNELL, TOM MCGRATHGenere Animazione, Colore

Distr. UipDurata 88’

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68 RdC Settembre 2005

iFilmDelMese

Un’isola da sogno, ma non pertutti, purtroppo. Solo per coloro

che possono vincere la lotteria e – così –godersi il resto della vita sull’ultimopezzo del pianeta Terra che siasopravvissuto alla grandecontaminazione. Lincoln Six Echo(Ewan McGregor) è uno dei pochisuperstiti della razza umana che vivonoin un avamposto gestito come il mondodi 1984. Nonostante sembri avere aportata di mano tutte le risposte, nonpuò fare a meno di porsi moltedomande, perché qualcosa – in fin deiconti – sembra davvero non andare. Apartire dai suoi incubi. Quelli che ogninotte lo tormentano e che gli fannosognare una magnifica gita in barca alfianco di una donna per cui crede diprovare qualcosa: Jordan Two Delta(Scarlett Johansson). Quando ungiorno un insetto riesce a penetrarenella zona incontaminata, Lincolncapisce che là fuori c’è qualcosa didiverso da quello che gli è stato sempreraccontato. Fin qui la prima parte di TheIsland diretto da Michael Bay, che tornaa temi “fantastici” affrontati già inArmageddon, è accattivante. Una tramafuturibile che – sebbene non del tuttonuova – è ricca di fascino per il misterosotteso ad una narrazione evocativa ecarica di ambiguità. Poi, però, come sidice in gergo il film “si apre” e si esce –dallo spazio claustrofobico diun’inquietante base di sopravvissuti – al

mondo esterno così come è e come –secondo quello che sanno i protagonisti– non dovrebbe più essere. Ambientatoin un prossimo futuro, The Islanddiventa un film d’azione con i “soliti”inseguimenti spettacolari, le sparatoriee gli elicotteri che svolazzano. Quandola narrazione passa dalla fantascienzaall’action movie il film iniziainesorabilmente a scadere fino ad unfinale tanto banale quanto pococredibile in base ai presuppostinarrativi. Quel che è peggio è il fattoche The Island è un film ambizioso chevorrebbe stimolare la riflessione sullabioetica e sulla clonazione insistendo suquestioni filosofiche che meriterebberoun approfondimento migliore. L’etica, sec’è, si perde nel fracasso di un filmd’azione come tanti che - con un po’ dicura in più – avrebbe potuto essere unapellicola di fantascienza come poche.Grazie alla qualità dell’idea di base, allesue ambientazioni e a due attoricarismatici e fascinosi come EwanMcGregor e Scarlett Johannsson. Unerrore insistere, invece, sui soliti clichédi un cinema deja vu.MARCO SPAGNOLI

La storia èricca di

fascino masi perde in

sparatorie ealtri trucchi

REGIA FEDERICO GRECO E ROBERTO LEGGIOGenere Documentario, Colore

Distr. Minerva Pictures, Digital DeskDurata 92’

REGIA MICHAEL BAYCon Ewan McGregor, Scarlett Johansson

Genere Fantascienza, ColoreDistr. Warner Bros.

Durata 127’

IL MISTERO DI LOVECRAFT -ROAD TO L.Due filmaker sulle orme lasciate dalloscrittore horror in Italia

Il mistero di H. P. Lovecraft -Road to L. nasce dalla volontà

dei due filmaker Roberto Leggio eFederico Greco di dimostrarel’esistenza di un legame tra le operepiù celebrate dello scrittore horror e iracconti del Filò ancora oggi narrati inalcune zone del Veneto. Tutto ha inizionel 2002, con il fortuito ritrovamentodi un manoscritto in un banchetto diantiquariato di Montecatini. Il testo èfirmato con uno degli pseudonimi usatida Lovecraft, Granpa Theo. Si tratta diuna scoperta sensazionale: fino a quelmomento si credeva che l’autore nonavesse mai abbandonato gli Usa e inquelle pagine vi era invece la provache, non solo era stato in Italia nel ’26,ma si era ispirato alle tradizionalileggende del Polesine per The Call ofCthulhu e The Shadow OverInnsmounth. Da quell’esperienza sonostati ricavati prima un documentario eora un road-movie che ricostruisce laspedizione intrapresa dai due registinei luoghi descritti nel manoscritto e ilmistero che si lega a doppio filo alleloro ricerche: la scomparsa nel ’97 diAndrea Roberti, autore di una tesi cheipotizza un contatto tra Lovecraft e imembri di un’antica setta del paese diLoreo. Ben diretto, ben montato e bensceneggiato (con qualche pecca inchiusura), Il mistero di H. P. Lovecraf -Road to L. è un piccolo gioiello nelpanorama del cinemadocumentaristico italiano. In uncrescendo di suspense, il film ricordaquell’affascinante operazione che èstata The Blair Witch Project, ma con ladifferenza che qui si narrano vicendeveramente accadute. Fino alsorprendente finale sospeso tra realtàe romanzesco.ROSA ESPOSITO

THE ISLANDMichael Bay senza convinzione tra fantascienza e action

IN SALA>

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Settembre 2005 RdC 71

TelecomandoDVD Faccia a faccia Economia dei Media Libri Colonne sonore

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Homevideo, musica, industria e letteratura: novità e bilanci dal cinema

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Ritorna in dvd il primo blockbuster.Della storia del cinema

Lo squalotrent’anni dopo

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72 RdC Settembre 2005

telecomandoDVD Faccia a faccia Economia dei Media Libri Colonne sonoreDi Alessandro Scotti

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Settembre 2005 RdC 73

Nato a Milano nel 1938, BrunoBozzetto inizia giovanissimo la suaavventura artistica; già a vent’anni faapprezzare il suo talento con ilcortometraggio Tapum la storia dellearmi. Comincia così, con il miticopersonaggio del Signor Rossi –archetipo dell’uomo qualunque – unalunga carriera cinematografica etelevisiva costellata di successi eprestigiosi riconoscimenti ufficiali.Indiscusso padre dell’animazioneitaliana, Bozzetto fa di questo genereuno strumento di grande portatacomunicativa riuscendo inun’operazione nuova nel nostropaese: utilizzare l’animazione perveicolare messaggi, idee e tematicheche stimolino alla riflessione unpubblico adulto. Bozzetto sa giocaresu un doppio codice che attraggapiccoli e grandi; ed è proprio questacapacità di creare un prodottointelligente, divertente e abbastanzaduttile da andare bene per diversi tipidi pubblico la motivazione del premioPulcinella di cui è stato insignito nel2003 per la serie televisiva a episodiLa famiglia Spaghetti. I suoicortometraggi d’animazione fanno ilgiro del mondo riportando enormiconsensi: con Mister Tao vince nel ’90l’Orso d’Oro a Berlino mentre l’annosuccessivo guadagna la nominationall’Oscar per Cavallette. Bozzetto nonperde mai di vista il valore educativodi cui l’animazione può farsistrumento: con questi presuppostinascono la sua collaborazione conPiero Angela per Quark, SPORT oSPORK sui cattivi esempi diinsegnamento dello sport da partedei media, e Yes/No, manuale ironicoe paradossale sull’educazione

stradale. Sempre a sfondo educativorealizza La bicicletta in Europa e inItalia, e ADAM. Ancora nel 2003 la Fondazione Cineteca Italiana diMilano pubblica in DVD le piùsignificative sigle televisive cheBozzetto realizza nel ventennio ’60-’70. Nello stesso anno riceve il premioalla carriera “Mura di Bergamo”. E iriconoscimenti si susseguono: nel2004 è il festival Flashmeister diMonaco a conferirgli il premio dellagiuria per l’originalità delle sueanimazioni. San Paolo e Barncontribuiscono alla riscoperta diBozzetto con il restauro e l’edizione inDVD di tre lungometraggi “storici”:West & Soda, Vip mio fratellosuperuomo e Allegro ma non troppo.Rivedono così la luce Clementina(West & Soda, 1965), fanciulla delselvaggio West, minacciata dalCattivissimo che vuole sottrarle la suaterra, e il suo eroe salvatore, ilmisterioso cowboy Johnny. Eritroviamo anche i personaggi dellastirpe dei Superuomini (Vip, miofratello superuomo, 1968), Supervip ilforte e Minivip il debole. Ma saràproprio quest’ultimo a rendere onorealla superfamiglia salvando il mondointero e il fratello dalla terribileminaccia di una perfidaorganizzazione. Allegro ma nontroppo costituì infine (siamo nel 1976)la risposta nostrana all’animazioneDisney affermandosi come creazionedai caratteri fortemente autonomi,brillante e al tempo stesso ironica(caratteristiche, peraltro, dell’interaproduzione targata Bozzetto). I filmsono presentati con audio originale ein versione rimasterizzata 5.1, fra gliextra dei dvd: interviste all’autore e aitecnici, fumetti e storyboard, oltre almateriale promozionale originale del film.

WEST & SODARegia BrunoBozzettoGenereAnimazione,Colore

VIP, MIOFRATELLOSUPERUOMORegia BrunoBozzettoGenereAnimazione,Colore

ALLEGRO MANON TROPPORegia BrunoBozzettoGenereAnimazione,Colore

DistribuzioneSan Paolo

SPECIALE BRUNO BOZZETTOOmaggio in tre dischi a Bruno Bozzetto, padre dell’animazioneitaliana. Tra gli extra anche fumetti e storyboard

I SUOI CORTIHANNO FATTO, CONSUCCESSO, IL GIRODEL MONDO

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Anam - Il SenzanomePillole di saggezza dallo storico inviato di guerra Tiziano Terzani

74 RdC Settembre 2005

Extra-Ordinari a cura di Marco Spagnoli

CRIMINAL

Un cartello, all’entrata della suacasa di Orsigna in Toscana,

recitava: “ogni visita è cordialmentesgradita, senza eccezioni”. TizianoTerzani, però, un’eccezione l’ha fattaper consegnare le sue riflessioniall’intervistatore Raffaele Palumbo ealla telecamera di Mario Zanot. Gliincontri si sono svolti nel maggio2004, poco prima della scomparsadel giornalista che “dopo una vitaspesa a farsi un nome” ha scelto, inun ashram indiano, di essereribattezzato Anam: “il Senzanome”.Per trent’anni ha raccontato le guerrecome inviato di Der Spiegel, lo hafatto con puntualità e con laprofessionalità di chi riesce a nonsoccombere davanti al dolore e alladistruzione, senza lasciare chel’emozione lasci posto all’abitudine.Terzani ha documentato la caduta di

grandi regimi, le rivoluzioni chehanno cambiato la storia e lageografia del mondo, dal Vietnam,alla Cambogia, alla Cina di Mao; “davecchio e grazie a questo bel cancro,che per molti versi è stata la miabenedizione, sono arrivato aconcludere che l’unica rivoluzionepossibile è quella interiore”. Il suoultimo viaggio lo porta avagabondare in India, ad ascoltare levoci della natura e a dipingereacquarelli nel suo rifugiosull’Himalaya. I suoi occhi cercano orala pace e l’armonia. Ed è unmessaggio di pace che Terzani lascianelle sue ultime parole “pubbliche”,contro ogni guerra e control’indifferenza.

UNA LUNGA DOMENICA DI PASSIONITra realismo e favola, quella di JeanPierre Jeunet è la storia di un amorediviso dalla guerra, della passionetestarda che, nel 1919 alla fine delprimo conflitto mondiale, spingeMathilde a lasciare la sua casa permettersi sulle tracce del fidanzatoscomparso con altri compagni. Siconsolida artisticamente la coppiaregista-protagonista (insieme anchein Il favoloso mondo di Amélie)mentre l’edizione speciale in due dvdracconta con dovizia di particolari ildietro le quinte della lavorazione delfilm attraverso immagini e interventidei protagonisti.

VITA DA STREGA - STAG. 1Le avventure diSamantha andate inonda nel 1964 e oggirestaurate:l’incantesimo dellamagia digitale, grazie acui i primi episodi inbianco e nero sonostati “colorizzati”.

THE RING 2Alle volte anche sui setdei film dell’orrore siavvertono stranepresenze: Lamaledizione di TheRing 2: strani episodidurante le ripresesuggerisce qualcosadel genere.

ROBOTSUna serie di extrariguardano ildoppiaggio di DjFrancesco, ma la buonanotizia è che ci sonouna serie di sceneeliminate, di giochi, undocumentario su “comesi disegna un robot”.

telecomandoDVD Faccia a faccia Economia dei Media Libri Colonne sonore

Teatrale per il rispetto delle treunità di tempo, luogo e azione,questo remake di Nove regine diFabian Bielinsky è una sfida allospirito enigmista degli spettatori.Un truffatore con l’esperienza delvero professionista (John C. Reilly)e un giovane aspirante tale (DiegoLuna) si trovano a dover prendereuna decisione che può costargli lavita o sistemarli a vita; il tuttonell’arco di 24 ore che sembranoun’eternità. Nessun extra. Audio5.1 in italiano e inglese.

Regia Mario Zanot Con TizianoTerzani Genere Documentario, Coloreil Cast

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Un’agente dell’FBI, sciatta e un po’maschiaccio partecipa al concorso diMiss America, e rischia di vincere. Cifinisce in un’operazione sottocopertura per catturare un killer cheminaccia di far saltare la gara dellereginette americane. La guadagnatanotorietà (siamo al secondo capitolodella saga) la impone come volto daconferenza stampa dell’FBI. Per i fandella Bullock con ricchi extra.

Settembre 2005 RdC 75

LO SQUALOCUORE SACRO

MISS DETECTIVE + MISSFBI: INFILTRATA SPECIALE

SILVERADOIl caso unisce quattro uomini e limette contro uno sceriffo moltopotente: l’ex fuorilegge Emmet salvada morte sicura Paden, e insieme algiovane fratello e ad un pistolero dicolore, si recano a Silverado. I nostrisi preparano ad affrontare ilcriminale con la stella che tienebordone ad un avido allevatore dibestiame. Fatta giustizia, Emmet e ilfratello faranno rotta per laCalifornia mentre il placido Padendeciderà di impalmare la bellapioniera. Un classico dal regista de Ilgrande freddo in edizione speciale.

20 giugno 1975: fra i tanti film inuscita nelle sale Usa, ce n’è uno

intitolato Jaws - Lo squalo. Il regista èun semi-esordiente. Ventinove anniappena, si chiama Steven Spielberg.Qualcuno ricorda il suo precedenteDuel e si infila al cinema per curiosità.Ne escono terrorizzati, esaltati, senzaparole. Il tam tam incalza, le salescoppiano. “Un film così non si era maivisto”, sarà il commento più ricorrente.Tre squali meccanici di sette metri, duebarche in vetroresina ricostruite edestinate all’affondamento, metà delleriprese effettuate dalla prospettiva delpescecane. E’ il fenomeno Lo squalo: ilprimo blockbuster della storia delcinema. Quello in grado di rilanciare glistudios in crisi, proiettare Spielbergnell’Olimpo di Hollywood e diffonderela fobia per gli squali su scalaplanetaria. La Universal, che trent’annifa aveva scommesso sul film, loripropone oggi in un doppio dvd. Piùche una riedizione, un vero e propriostrumento per comprenderesfumature e particolari che lo hannoreso immortale. Dal making of, undocumentario di ben due ore,apprendiamo fra l’altro dell’antipatiafra Richard Dreyfuss e Robert Shaw. Idue attori non si sopportano e, come

riconosce lo stesso Spielberg, sarannoproprio le loro tensioni a regalare piùcredibilità al rapporto fra l’oceanologoMatt e il vecchio lupo di mare.Ricchissimi, gli extra dedicano poiampio spazio allo squalo protagonista.Bruce, il prototipo meccanico costruitoper le riprese, affonda già al primociak. Ma il giovane Spielberg non siperde d’animo. Prima ne usa un altro,poi vola in Australia a riprendere unvero carcarodon carcarias e infine girala macchina da presa di 180° e adottala prospettiva dello squalo. Tecniche,particolari e realizzazione dell’animalemeccanico sono al centro di un altrocapitolo, mentre alle scene tagliate siaffianca anche una galleria di“papere”, collezionate dagli attoridurante le riprese. Da menzionare,ancora, i commenti dal set e,nell’edizione a tiratura limitata, anchele buste con le foto di scena, il cd conla colonna sonora, il librettocommemorativo e il poster originaledel film.

Regia StevenSpielbergCon Roy Scheider,Richard Dreyfuss GenereDrammatico, ColoreDistr. Universal

Il capolavoro di Spielberg in cofanetto. Con due ore didocumentario e tante curiosità

Edizione Speciale

META’ DELLE RIPRESE SONOSTATE EFFETTUATE DALLAPROSPETTIVA DEL PESCECANE

MISS DETECTIVERegia Donald Petrie.Con Sandra Bullock, MichaelCaine, Benjamin Bratt, CandiceBergen.Genere Commedia, Colore.

MISS FBI: INFILTRATASPECIALERegia John Pasquin.Con Sandra Bullock, ReginaKing, William Shatner.Genere Commedia, Colore.

Distribuzione WARNER HOMEVIDEO

Non manca il cuore nell’ultimo filmdi Ferzan Ozpetek, né la delicatezzanella storia della “conversione” ditale Irene, manager di successo,spietata come imposto dallaposizione che ricopre. Ma lascoperta, nel palazzo di famiglia,della stanza in cui ha vissuto suamadre, reclusa dalla famiglia delmarito che la credeva pazza, el’incontro con Benny (ladruncola dalcuore d’oro) cambiano radicalmenteIrene che si spoglia di tutto ciò cheha per riscoprire il cuore sacro che èin lei e donarlo ai più sofferenti.

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Di Paolo Aleotti

Pupi AvatiGiuseppe Piccioni Pensieri in libertà su arte, televisione e vita

Personalità, più chegenerazioni, a confronto per il

nostro faccia a faccia. Meno di duedecenni dividono Pupi Avati daGiuseppe Piccioni. Più scanzonato esicuro l’approccio del registabolognese, che prima del successosul grande schermo (Regalo diNatale, Una gita scolastica, fino alrecente La seconda notte di nozze, inconcorso al festival di Venezia) lavora

in una ditta di surgelati e scopre ledifficoltà del clarinetto. Ricco divolontà il percorso di Piccioni (Ilgrande Blek, Fuori dal mondo, La vitache vorrei), che parte alla scopertadel cinema da Ascoli Piceno e da unalaurea in sociologia.

Gli inizi: sogni e miracoli Piccioni Il grande Blek aveva avutoun esito fortunato a Sorrento. Lo

avevo girato fondando unacooperativa, di cui faceva parteanche Domenico Procacci, chenasceva in quel momento comeproduttore. Poi fu acquistato dallaRai, e il piccolo sogno da ragazzi si ètrasformato nell’avventura vera epropria.Avati Vivevo un periodo in cui le cosenon mi andavano bene e rischiavo dinon fare più film. Poi accadde ilmiracolo. Uno sceneggiatino di trepuntate in tv, Jazz Band, si trasformòin un successo clamoroso.

La crescita: pazienza eprovocazionePiccioni Ci sono momenti in cui dici:non farò più un film, non in questecondizioni. Non vuoi parlare con tutti,ti sembra ci sia un eccesso dirapporti interlocutori. Ricordo, siaper Luce dei miei occhi che per Lavita che vorrei, le attese, la data diinizio del film che non arrivava mai;poi alla fine ti accorgi che il tempo tiaiuta a riflettere, migliora il tuoprogetto. Ti rendi conto che se insistiil mondo accetta il tuo modo diessere.Avati Ho iniziato a fare cinema perdivertirmi, per stare con gli amici inmaniera goliardica. Con lapresunzione sessantottesca dirimettere in discussione tutto e tutti.Mi mettevo in fondo alla sala,aspettavo che uscissero glispettatori. Di solito, già a metà delprimo se ne andavano. E sulle lorolamentele ci sgomitavamo contenti,dicevamo: li abbiamo colpiti.

La maturazione e le responsabilitàPiccioni Mi sento molto cresciutorispetto ai primi film, che difendevo aspada tratta come fossero miecreature. Continuo a difenderli, mada Fuori dal mondo in poi è come sefossi rinato, ho la sensazione di essermaturato. Ora c’è una sensibilitàdiversa, un po’ di ambizione in più, eil disincanto che si raggiunge con glianni. Non ho le paure che avevoquando esordivo, non ho queldesiderio di piacere; anche se i mieifilm restano legati comunque alrapporto indispensabile con losguardo di chi sta in sala.Avati Il cinema si confronta ad ogniistante col denaro. L’immaginazioneè dentro un budget, è un’arte impura.La musica, la pittura, la letteraturanon sono così. Tolstoj poteva scrivereGuerra e pace e mettere in campocentinaia di migliaia di comparse, nongli costava nulla. Ed io credo, neltempo, di aver maturato un senso di

Il cinema èun’arteimpura: siconfrontasempre con ildenaro

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responsabilità nei confrontidell’investimento. Spesso mi chiedo:forse con questi 3, 4, 5 milioni di eurosi poteva fare qualcosa di più utile diun film. Una scuola, un ospedale…Non sempre sono così cieco da nonrendermi conto che quello che stofacendo molto spesso gratifica solome stesso.

Carattere, passione, talentoPiccioni Non sono uno che sbatte ipugni sul tavolo, ma sono difficile,perché sono attaccato al mio mododi vedere il mondo. Non è facilesmuovermi se decido che un attoredeve essere proprio quello, o se c’èuna scena che mi piace molto. Credoche gli autori debbano fare in mododi esercitare fino in fondo i lorodesideri, la loro personalità. Avati Quando avevo 12 annipensavo che sarei diventato il piùgrande clarinettista di Bologna,finché un giorno di fianco a me èapparso un altro essere, che sichiamava Lucio Dalla. Che suonavamolto meglio di me, e avevastudiato molto meno di me. Io avevopiù passione e lui aveva talento. Ioregredivo, e lui migliorava semprepiù. Finché non ho ceduto, perchéero il peggiore. Ho verificato su dime la differenza sostanziale che c’ètra passione e talento. E ho cercatoil mio talento altrove.

Happy EndingPiccioni Rispetto al passato hol’ansia di dire qualcosa che non siasignificativo solo per la miaesperienza di cineasta, ma che lo siaanche per le persone che micircondano. Le mie sono spessostorie che sottolineano la difficoltà diamarsi in questi anni. Non riuscirei afare film sui massimi sistemi, sui temisociali, anche se sono impegnato nelsociale. Ma quando faccio un film miauguro di cambiare, di sorprendermi.E spero che gli altri trovino nei mieifilm un mondo che non conoscevanoaffatto.Avati Quello che faccio devetrasmettere qualcosa, anche se èun’emozione soltanto. E soprattuttodeve rassicurare gli altri sul fatto chesono come loro. Che il mio mondoemotivo assomiglia al loro. Eccoperché racconto storie di persone aimargini della società, che hanno piùproblemi ad inserirsi. I grandi timidi, igrandi complessati, i più sfortunati,che però anche loro ambisconopoveracci ad essere felici. Perché,deve essere felice solo Luca diMontezemolo?

Alla fine tiaccorgi che iltempo ti aiutaa riflettere,migliora i tuoiprogetti

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Nei primi seimesi del 2005abbiamoperso quasidieci milioni dispettatori

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Di Franco Montini

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Settembre 2005 RdC 79

Dopo un 2004 in crescita, che si èchiuso con un incremento di

presenze e di incassi valutabile attorno al10% rispetto all’anno precedente, nelprimo semestre 2005 il mercato sala hafatto registrare un sorprendente edimprevedibile crollo. Nei primi sei mesi diquest’anno, nelle sale controllate daCinetel, si sono persi quasi dieci milioni dispettatori. I biglietti venduti sono scesi da52,8 milioni a 43,3 milioni, l’incassocomplessivo è passato da 312,2 milioni dieuro a 256,8 milioni. In terminipercentuali la perdita di presenze eincassi è stata del 17,9%. Le cause delpessimo risultato non possono essereattribuite esclusivamente all’offerta, peraltro certamente più modesta per qualitàe appeal rispetto ai film del primosemestre dello scorso anno. Adeterminare il saldo negativo hannocontribuito vari fattori: la generale crisieconomica che ha determinato un vistosocontenimento di tutti i consumi; unapirateria sempre più dilagante; laconcorrenza di altri media e di altridivertimenti. In questo contesto c’è dasegnalare che la crisi del mercato sala inItalia non rappresenta un’eccezione:anche i risultati di tutti i principali mercatieuropei e di quello Usa nel 2005 sonoampiamente negativi. Il caso italianorisulta più preoccupante semplicementeperché, a differenza di quanto staaccadendo negli Stati Uniti e nel restod’Europa, la crisi arriva in un momento disviluppo dell’esercizio. La vastità di questofenomeno recessivo pone interrogativiallarmanti: al di là di fattori contingenti,non sarà che siamo di fronte ad una sortadi mutazione antropologica nel consumodi cinema? Fino a ieri i giovani, ovvero lafascia dei maggiori consumatori dicinema, erano cresciuti frequentando ilgrande schermo, consumando il prodottofilm nella sala buia. Oggi, fin dalla piùtenera età, i bambini cresconoconsumando film sul video domestico. Lamancanza di una alfabetizzazione allalettura delle immagini è assai perniciosa.Se lo sguardo non è educato adapprezzare il film nella sua dimensioneoriginale, si favorisce un consumo per così

dire grezzo, selvaggio. L’impressione,perlatro, è che la fame di cinema siatutt’altro che in calo: il fatto è che ilconsumo di film si sta progressivamentespostando dalla sala ad altre forme. Lostrumento principe per bloccarel’emorragia è soprattutto culturale,esattamente la stessa medicina da usarecontro la pirateria. Controllare i singolicomputer e bloccare lo scambio di files èimpresa titanica; il problema è convincereil pubblico che scaricare film non è unanuova forma di democrazia, bensì unreato. Che in termini strettamenteeconomici la sala conti meno rispetto alpassato è ormai un dato acquisito e validoanche in Italia. I dati del mercatonazionale dell’home video 2004 sonostati recentemente resi noti da Univideoattraverso il consueto rapporto annualesullo stato dell’editoria audiovisiva. Loscorso anno il mercato home video haprodotto complessivamente un girod’affari di 945,20 milioni di euro, con unacrescita del 14% rispetto al risultato 2003.A trainare il settore è ovviamente, laprogressiva affermazione del dvd, la cuivendita, escludendo il canale edicola, hasuperato nel 2004 i 400 milioni di euro.L’aumento del giro d’affari del dvdcompensa abbondantemente il calo che sista registrando per il formato vhs. Iprogressi della tecnologia sono destinati amoltiplicare le possibilità di consumo delprodotto film. Secondo il rapporto diUnivideo, nel 2004 in Italia i ricavi derivatidal film si sono ripartiti in questo modo:23% sala; 31% home video; 12% pay tv;33% free tv. Tuttavia la sala, oltre adessere la forma più adatta per consumarefilm, è quella che in qualche modopredetermina anche i risultati delsuccessivo sfruttamento. Un film saràtanto più acquistato o noleggiato informato dvd quanto maggiore sarà statol’esito del botteghino e ugualmente ilpagamento per l’acquisto dei diritti per latrasmissione di un film sia in chiaro, sia apagamento, si conteggia in base all’esitodel mercato sala. Da qui l’esigenza didifendere la visione su grande schermo,per motivi culturali, ma ancheprosaicamente economici.

2005: fuga dalla salaCrolla il consumo di film al cinema, aumenta l’home video. Non soloper ragioni tecnologiche: all’orizzonte c’è una mutazione

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Di Francesco Bolzoni

Da non perdere a cura di Giorgia Priolo

FELLINI SATYRICON POLITIKONAngelo Olivieri, Edizioni Unmondoaparte, € 10,00

In un’intervista esclusiva all’autore Federico Felliniracconta i suoi esordi come vignettista. Da quando ottennela maturità classica presentandosi agli orali con lestatuine-caricatura di tutti i membri della commissione,alla seconda guerra mondiale combattuta svogliatamente

dalla trincea del Marc’Aurelio fino al dopoguerra, periodo in cui la satirafelliniana colpisce un po’ tutti: russi e americani, comunisti e democristiani.Un grazioso volumetto illustrato che rende omaggio alla seconda attivitàdel grande regista e insieme ripercorre un pezzo importante della storiadella satira e della politica italiana.

LO SGUARDO DISCRETOIlaria Gatti, Edizioni Le Mani, € 15,00

“Vi è qualche caratteristica del pensiero che può essereresa evidente senza l’aiuto delle parole?” si domandavaVirginia Woolf nel 1926 quando scelse di concentrarsi sulleazioni apparentemente insignificanti svolte da personaggisecondari e in esse cercava un senso più profondo che

scaturisse dall’opera filmica. Parte da questo articolo della Woolf il belsaggio di Ilaria Gatti sul cinema dell’interiorità. Un oggetto di indagine chela porta a scavare con efficacia nelle opere di autori vari: dagli immancabiliDreyer e Bresson, al cinema iraniano di Kiarostami e Panahi fino allospaesamento ironico di Lost in Translation di Sofia Coppola.

Abel Ferrara,il cattivotenente,FedericoPontiggia,EffatàEditrice,Torino 2004,€ 15,00

Kim Ki-duk,Vittorio Renzi,Dino AudinoEditore, Roma 2004,€ 12,00

Sergio Leone.America enostalgia,RobertoDonati,Falsopiano,Alessandria2004, € 10,00

Sergio Leone e gli altri: i cattivi maestri ci chiamano all’appelloQuando il cinema interroga

Citazioni da quattro autorimolto amati da giovani

saggisti che hanno dedicato loromonografie ben pensate e ricchedi interessanti materiali critico-informativi: Sergio Leone. Americae nostalgia di Roberto Donati, AbelFerrara, il cattivo tenente diFederico Pontiggia, Kim Ki-duk diVittorio Renzi, Takeshi Kitanodella morte, nell’amore diFrancesco Ruggeri. Primacitazione: in C’era una volta il WestSergio Leone sembra rendersiconto della disperazione dei suoipersonaggi “e non esita amostrarla. Il sentimento cheserpeggia è sicuramente quellodella paura (dell’altro, di sé stessi)e, inevitabilmente, tutti gli attantine sono vittime e responsabili”(pag. 33). Seconda citazione: “ilGiappone attuale fa letteralmenteschifo” a Takeshi Kitano che lo“disprezza e vuole metterlo allaberlina con una porcheria (parolesue, giuriamo) che nessunoavrebbe mai il coraggio di vedere.Presto fatto. Getting Any? allora,servito su un piatto d’argento”(pag. 95). Terza citazione: nelCattivo tenente di Ferrara

numerose sono le scene hard.Scrive Pontiggia: ”Non ci riferiamotanto allo stupro della suora,quanto piuttosto alla scena dellamasturbazione e a quella del buco.Entrambe queste scene intaccano imargini della finzione, cheverranno erosi irreparabilmentenell’epilogo del film. […] L’omicidiodel tenente avvienenell’indifferenza generale,accentuata dall’assoluta mancanzadi enfasi nella formacinematografica” (pag. 49-50).Nessuna enfasi, per fortuna, anchein Bad Guy di Kim Ki-duk dove ilprotagonista, visto ammazzare unpoveraccio da due poliziotti,“afferra un gruppo di ami dapesca, getta indietro la testa e seli infila in gola, fino in fondo. Siavvolge la lenza intorno alla manoe comincia a tirare, con gli occhiche sembrano schizzargli fuoridalle orbite, finché si ritrova pronosul pavimento a sputare sangue.La donna sopraggiunge, lo aiuta adistendersi e gli leva gli ami dallagola. Poi gli sbottona i calzoni esale su di lui. Più avanti, verso lafine del film, la donna ripete ilgesto autolesionista dell’uomo, ma

infilandosi gli ami nella vagina”(pag. 11).E’ vero che il nostro è un mondoinesorabilmente violento – barriereseparano i quartieri diGerusalemme, stragi quotidiane inIraq, bombe nel centro di Londra –ed è vero che registi, ancheeccellenti, pur ricorrendo a volte alfiltro dell’ironia o della nostalgia(Kitano, Leone), sono attirati –come sottolinea Pontiggia, giovanecritico che conviene tener d’occhio– “da un fertile conflitto tra alto ebasso, che non può esserericondotto unicamente all’osmosipersonaggio/film, al contrario ildissidio pare scaturire a monte,laddove il cinema di Abel Ferrarainizia ad esistere”. Pontiggiaindividua la “dimensione in cui sigioca basso e ci si sporca, mentresi tende verso l’alto”, nel cinema digenere. Osservazione pertinente.Ma ci si chiede se qualcosa diquello sporco colto dalle immagininon rimanga impresso nei nostriocchi, non modifichi il modo diguardare al reale, non trasformi apoco a poco l’identità delle cose.Tutto diventa relativo. Giusto eingiusto si confondono.

Da Takeshi Kitano ad Abel Ferrara

TakeshiKitano dellamorte,nell’amore,F. Ruggeri, Ediz. Sentieriselvaggi, Roma 2004,€ 16,50

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Settembre 2005 RdC 81

I GENERI DEL CINEMARaphäelle Moine, Edizioni Lindau, € 24,00

Cosa ottengo intrecciando il blockbuster d’azioneamericano con il film storico in costume francese?Risposta: Il patto dei lupi di Gans, ma il risultato è quello diattirare spettatori interessati a due generi estremamentediversi. Analisi teoriche ma anche produttive come questa

si trovano nel saggio sulla teoria dei generi cinematografici. L’autrice non èinteressata tanto a fornire un repertorio dei generi, quanto a trovare unachiave per il loro riconoscimento. Esauriente e approfondito, il volumepropone un’ampia gamma di esempi tratti non solo dal cinemahollywoodiano classico, ma anche dalle cinematografie contemporanee.

FILM DELLA MEMORIARoberto Campari, Edizioni Marsilio, € 9,90

Secondo il Woody Allen de La rosa purpurea del Cairo, lafunzione del cinema, persino di quello più spettacolare,consiste nel far ritrovare i paradisi sepolti nella memoria efarli prevalere sulle frustrazioni del mondo reale. RobertoCampari lo prende in parola e, sulla scia di Proust e

Deleuze, analizza le opere e gli autori più significativi della storia del cinemaseguendo il filo rosso della memoria: dall’infanzia perduta del cittadinoKane di Orson Welles e dei personaggi felliniani ci accompagna fino alricordo struggente di un amore in In the Mood for Love di Wong Kar-wai,passando per i ricordi familiari di Visconti e il passato epico di John Ford.

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Di Ermanno Comuzio

82 RdC Settembre 2005

LA GUERRA DEI MONDI

RegiaMusica

Steven Spielberg

John Williams

TERRA PROMESSA

Visto da vicino

Steven Spielberg-John Williams, unsodalizio consolidato che si tende aconsiderare con distacco, come unfenomeno della natura. Sì, il marchio ègarantito, ma i risultati non sono poi cosìrisaputi come può sembrare. Anche qui, in

questa iraddiddio cosmicain cui gli alieni cattividistruggono mezzaAmerica abbiamo battitiritmici vigorosi, vibratiinquieti, sonori interventidi corni e d’altri ottoni,insomma tutto ilrepertorio obbligato deikolossal fantasiosi. Peròabbiamo anche (e qui è

probabilmente il Williams migliore) piccolemelodie desolate e intense (le sceltedifficili), temi tragicamente gravi (laconstatazione dei disastri), contrappunticolti di archi (attese angosciose). Comesempre, d’altronde, il registro è ancoraduplice: il fragore della grande orchestra(vera, non ricreata dai simulatorielettronici) per l’azione e l’intimismomelanconico per la riflessione. Abbiamoqui - a parte silenzi drammatici e suoni -rumore come sibili, ansiti, sciabolateimprovvise, pulsazioni irregolari - richiamiespliciti all’orgoglio americano giàespresso dalle musiche dei compositori -bandiera degli Stati Uniti come AaronCopland e Charles Ives. Come dire, a suondi musica, che barbari non prevalebunt.

Per tutti i gusti Senza senso

Non è frequente il ricorso amusicisti contemporanei “colti”da parte dei registi di cinema.Amos Gitai è uno dei pochi chelo fa scegliendo brani sommessi.L’episodio più bello del film - permerito proprio della musica - èquello in cui una delle prostitute“comperate” dalla mafia russa ricorda, durante unafunzione religiosa, momentidell’innocenza perduta.

SAIMIR

Musica nella fisarmonica di tipobalcanico, per la vicenda ditrafficanti albanesi e rom ai qualiil giovane Saimir si ribella. Ma lafisarmonica pare anchericordarsi, qua e là, dei tanghi diPiazzolla e, nella sequenza di unfurto dove i ragazzi ladrisembrano inebriarsi delle risorsedel capitalismo, c’è il Vivaldidella Quattro stagioni (l’Allegrodell’Estate).

BATMAN BEGINS

Ben due grossi calibri dellamusica hollywoodiana perl’infanzia di Batman, ma ormai il“tutti” in orchestra, le fanfare increscendo e i rombi elettronicisono territori di uso comune. Epensare che c’era unabellissima occasione: lapresenza di Batmanino al teatroin cui si rappresenta ilMefistofele di Boito (proprio ilmomento del Sabba!).

Montaggio frenetico diparticolari insignificanti ezoom a velocità supersonica?Benissimo, ecco pronti suoni-rumore simili a bicchieri che sifracassano e a saracineschecalate di colpo. Tastiereelettroniche, quanti delitti sicommettono in vostro nome!

Se il marchio è garantito,

i risultati nonsono poi così

risaputi

RegiaMusica

Stephen Kay

Joseph Lo Duca

BOOGEYMAN

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LA BESTIA NEL CUOREun film di Cristina Comenciniprodotto da CATTLEYA e RAI CINEMAdistribuito da 01 DISTRIBUTION

in concorso

LA SECONDA NOTTE DI NOZZEun film di Pupi Avatiprodotto da RAI CINEMA e DUEA FILMdistribuito da 01 DISTRIBUTION

in concorso