2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

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Lis Vilis di Tramonç

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Lis Vilisdi Tramonç

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II

Volume pubblicato

con il contributo di:*

Banca di Credito Cooperativo diS. Giorgio e Meduno

*Comprensorio Montano del Pordenonese

*Società Filologica Friulana

*Amministrazione Provinciale di Pordenone

Rio Chiasarili, la stua (diga artificiale di lega e pietre), dicembre 1994

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Moreno Baccichet

Insediamenti storici e paesaggioin Val Meduna

• Canal del Viellia• Canal del Chiarzò• Canal del Meduna

parte II

III

1 Villa di Sopra2 Villa di Mezzo3 Villa di Sotto

Canal del Viellia

Canal del Chiarzò

Basso Canal del Meduna

Alto Canaldel Meduna

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Tutti i diritti sono riservati. Curatore del volume:È vietata la riproduzione Dani Pagnuccodi qualsiasi parte del volume,testi inclusi, senza il consensodegli autori.

Si ringraziano:Fulvio GraziussiMarco PradellaAntonino Titolo

Referenze fotografiche:Marco Pradella pag. II, X, 112, 114, 120, 123, 125, 132

141, 146, 166, 168, 170, 171, 172, 183, 184, 187, 196, 204, 205, 206, 217

Walter Coletto pag. 116, 117, 119, 134, 135, 136, 137, 139,144, 153, 156, 158, 160, 164, 174,198, 200, 208

Archivio Parrocchialedi Tramonti di Sotto pag. 190, 191, 192

Archivio Paolo Buoro pag. 122, 148, 186

Archivi ComunaliTramonti di Sopra e Sotto pag. 189

MariaLuisa Cesca pag. 197

Vito Crovatto pag. 180

Michelino Crozzoli pag. 201

Rina Lorenzini pag. 127

Silvana Lucco pag. 177

Foto Riccardo Viola - Mortegliano - Udha eseguito le foto delle carte del catasto austriaco

RingrazioErmanno Contelli che, come sempre, ha letto e corretto i miei testi.Un ringraziamento va anche al personale dell’Archivio di Statodi Pordenone che mi ha aiutato durante le fasi della ricerca.

Fotocomposizione:Sandra Furlan

Stampa:Grafiche Risma srl, Roveredo in Piano - Pn

Foto di copertina:Selis sul lago del Ciul (Marco Pradella) e parziale riproduzione dela Foglion. 75 (Campone) della "Mappa del Comune Censuario di Tramonti di SottoDistretto di Spilimbergo Provincia del Friuli - Milano, 20 febbraio 1851".

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Con il sesto volume, le Amministrazioni Comunali di Tramonti diSopra e Sotto concludono il viaggio alla ricerca degli insediamentistorici e paesaggistici della Val Tramontina.È una importante raccolta perché permette a chi non conosce la valledi addentrarsi in borghi e casolari per lo più abbandonati ma checontinuano a mantenere il loro fascino.Il fiume Meduna e i torrenti Viellia e Chiarzò, scavalcando massi odighe naturali, tracciando gole ed erodendo pareti rocciose, permetto-no al turista ed al valligiano di godere di veri spettacoli della natura.Ed è proprio percorrendo i sentieri tracciati lungo i corsi d’acqua chesi incontrano i borghi citati nel libro che, se anche disabitati, contri-buiscono a far capire da dove e perché è nata la Val Tramontina.Ringraziando tutti i collaboratori che hanno lavorato per la realizza-zione del volume e in particolar modo Moreno Baccichet, DaniPagnucco, Fulvio Graziussi, Marco Pradella le due AmministrazioniComunali augurano una buona lettura.

ARTURO CAPPELLO ROBERTO VALLAR

Sindaco di Tramonti di Sotto Sindaco di Tramonti di Sopra

GIOVANNI MENEGON ANTONINO TITOLO

Assessore alla cultura Assessore alla cultura

V

COMUNE DITRAMONTI DI SOTTOPROVINCIA DI PORDENONE

COMUNE DITRAMONTI DI SOPRAPROVINCIA DI PORDENONE

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Nel gigantesco labirinto delle vallate alcune si sono formate nel corsodei secoli numerose comunità locali.Ognuno ha sviluppato, secondo le proprie necessità, i luoghi daiquali trarre le sostanze della propria vita, e l’architettura spontanea èun’espressione di questo adattamento.Il clima, la durezza dei pendii, hanno favorito lo sviluppo di partico-lari diversi che oggi sono al centro della discussione fra passato efuturo. Un confronto che si evince anche da questa pubblicazione eche deve esser fatto, per non perdere un filo importante della sotria.Per quanto riguarda le nostre montagne le comunità rurali alpine sene sono già andate quasi completamente. Ai pochi rimasti rimane ladomanda esistenziale “rimanere o andare via?”.La risposta dipende da quali opportunità future si offrono effetti-vemnte in campo sociale, economico e culturale: l’abitazione, un’oc-cupazione qualificata, la possibilità per gli acquisti, la mobilità, lasanità, le cure per gli anziani, i contatti sociali, l’identità dei luoghi.La casa rappresenta un pezzo importante di questa identità.La sfida va colta

ANTONIO ZAMBON

PresidenteComprensorio Montano del Pordenonese

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Si presenta con la giusta cadenza il sesto volume della collanaLis Vilis di Tramonç dedicata alle comunità dei due Comuni dell’AltaVal Meduna.Noi Banca di Credito Cooperativo di San Giorgio e Meduno nonabbiamo altro che rallegrarci per una serie di importanti considera-zioni che vogliamo ancora una volta esternare.La prima concerne un elogio al mondo del volontariato, qualificata-mente presente in questo lavoro, che cerca di valorizzare e renderenota una zona geografica friulana che soffre il momento dell’abban-dono territoriale, della bassa natalità, dell’avanzata età media dei resi-denti e della mancanza di certezze non soltanto per il presente masoprattutto per il domani.Una seconda considerazione è che con questo volume si completa l’in-dagine sugli insediamenti storici (vedi la parte I - volume IV della col-lana), argomento di non facile e attraente lettura ma sicuramente basi-lare per altre iniziative di studio e ricerca sulle comunità tramontine.Vi è poi una terza ragione che va a coinvolgere anche la “politica”del nostro Istituto per quanto riguarda le sue finalità statutarie, una“politica” profondamente condivisa dagli Amministratori della Bancae che tende a qualificare l’identità friulana e a influire positivamentesul legame tra gli uomini e il loro territorio. Uno sviluppo della con-vinzione delle peculiarità del Friuli Occidentale, come luogo delmondo dove si può vivere bene nel rispetto reciproco, nell’onestolavoro, nella crescita socio-culturale, non può essere che una finalitàed un obiettivo della nostra Banca.Per queste ragioni sosteniamo convinti l’iniziativa di partecipare allarealizzazione ed alla stampa della collana, perché rappresenta unanostra scelta in chiave istituzionale, nel settore culturale, di una zonache appartiene al “nostro” territorio dove il nostro Istituto opera condisponibilità, diligenza, serietà e concretezza.

MARINO D’ANDREA

PresidenteBanca di Credito Cooperativo

di San Giorgio e Meduno

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PROVINCIA DI PORDENONE

Il sesto volume della collana Lis Vilis di Tramonç rappresenta la con-tinuazione del lavoro di ricerca e documentazione della ValTramontina, un’area della Provincia che mantiene inalterato il suoaspetto naturale.Gli antichi insediamenti testimoniano la vitalità della gente diTramonti che ha saputo instaurare un legame forte con il proprioterritorio. La fatica di intere generazioni ha identificato i valori e i principi fon-damentali della gente di montagna. Sviluppo e valorizzazione del ter-ritorio in chiave turistica e culturale, saranno occasioni per il rilanciodi questa parte della montagna pordenonese.

MATTIA CALLEGARO

l’Assessore al Turismo

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Presentazione

Nel quarto volume della presente Collana scrivevo: ..."Da partenostra rimane quindi l'impegno di proseguire nella ricerca e nel com-pletamento di tutto il progetto".Con qualche difficoltà, dovuta ai numerosi impegni dell'amicoMoreno, riusciamo ancora una volta ad onorare la parola dataaffinché la seconda parte degli "Insediamenti storici e paesaggio inVal Meduna" venga stampata.La progettata sequenza da Lis Vilis continua il suo cammino con ilsesto volume che vede la luce nella calura estiva di questo 2003.Ritengo che il quarto ed il presente, che analizza i canali Viellia-Chiarzò-Meduna, formino un preciso e determinante contributo perlo studio dell'intera vallata. In effetti, nel futuro, immediato o lontano,qualcun altro studioso che si appresterà ad approfondire la nascita elo sviluppo di questi microcosmi troverà nel contributo di Baccichetuna documentata base da cui partire per altri piacevoli viaggi di let-tura della Val Tramontina. Il tempo e la natura stanno divorando casee stavoli, casere e stalle; per esse non c'è alcuna possibilità di realesopravvivenza. La precisa scrittura del nostro autore riempirà il vuotoche tali muri lasceranno cadendo. Sono certo che allora, tanto più che ora, la gente tramontina e i tantigitanti del fine settimana, sapranno valorizzare ed apprezzare mag-giormente il piano dell'opera.Mi sia anche concesso citare Marco Pradella, instancabile ed appas-sionato amante della Val Tramontina. Di lui ci sono molte immaginiall'interno del libro; egli possiede una enorme documentazione foto-grafica su tutto il territorio e prontamente la pone a disposizione diqualsiasi persona che necessiti di tali referenze.Anche Fulvio Graziussi, ormai esperto guidatore del nostro tandem,raccoglie documenti di ogni genere per darli con discrezione e com-petenza per completare e per abbellire ogni volume.

DANI PAGNUCCO

Una nota per il lettore.La numerazione delle pagine e delle note di questo volume, per dare conti-nuità, segue quella del quarto.

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X

Ponte sul Viellia, ottobre 1994

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Il Canale del Viellia è sempre stato unluogo inospitale e poco sfruttato dai tra-montini. Le difficoltà di collegamento conil bacino superiore hanno determinato unacarenza d’insediamenti nei settori più altidella vallata. La stessa casera Chiampis èrelativamente recente. Sono invece piùantiche le presunte stalle Chiarpegnis cheavevano la fortuna di trovarsi lungo unastrada di grande importanza fin dalMedioevo: quella di passo Rest.Gli altri insediamenti registrati in questosottobacino della valle del Meduna si col-locano in posizioni molto vicine alla Villadi Sopra; unica eccezione sono le stalleCelant e Zouf. Stalle Chiarsuela e Giafsfruttavano i terrazzi posti sulla sinistra del

Viellia, mentre Vaudinghia alcuni ripianiposti a valle di Forcella del Rovin.Erano stalle vicine all’abitato, quindicomode, funzionali alla stabulazione inver-nale dei bovini, che potevano sfruttare ilimitrofi magri pascoli pubblici e, in casodi permanenza degli animali, le scorteforaggiere raccolte durante l’estate. Nonc’è da stupirsi se alcune di queste stalle apoco a poco si siano trasformate in veri epropri abitati permanenti. La facilità di attrezzare insediamenti è testi-moniata anche dalla costruzione di edificiagricoli e d’abitazione ancora sul finiredell’Ottocento. Plan de Macan ne è unesempio evidente. La casa, ben segnalatanelle carte attuali, nell’IGM del 1910 è

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Il Canale del Viellia

1 Casera Tamaruz2 Casera Chiampis3 Stalle Vallea4 Stalla Celant5 Stalla Zouf6 Casera Monte Rest7 Casera Sopareit8 Chiarpegnis di Sopra9 Chiarpegnis di Sotto

10 Malandrai11 Plan de Macan12 Nuvrís13 Stalla Vuadinghia14 Maleon15 Stalla Chiarsuela16 Somp Cleva17 Stalla Giaf18 Tramonti di Sopra19 Chiavalir

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chiamata, con quella vicina, Nuvris e furegistrata dal catasto solo durante la rico-gnizione del 1900; quindi era stata costrui-ta da pochi anni.La vicinanza dei pianori alienati dal comu-ne alla strada principale della valle avevaconvinto alcuni imprenditori ad attrezzarlicon una coerenza antica.

La storia della colonizzazione degli abitatidi Somp Cleva e di Maleon non avevaavuto contenuti molto diversi, quantunqueprecedesse l’insediamento di Plan deMacan di almeno due secoli, e testimo-niasse il desiderio di uscire dall’orizzontedel villaggio medievale per sfruttaremeglio le risorse dei terrazzi fluviali.

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Malandrai, fontanon dal Toff, marzo 2001

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Chiarpegnis

Altitudine: 786 e 878 m c.a

Chiarpegnis dichiara nel nome la sua ori-gine, rimandandoci all’immagine di unaradura pascoliva creata con lo svegro diuna foresta di carpini. Questo dovevaessere uno dei limiti altimetrici superioriper il carpino. Sappiamo, infatti, che neipressi dell’insediamento le strutture bosca-te vedevano il predominio del faggio suglialtri alberi. La faggeta pubblica scendevada Passo Rest e si configurava in un siste-ma di “Boschi di faghera esistenti nelCanale di Viellia detto Viellia cominciandoalla sommità, e tutta quella pendenza finoal detto Canale Viellia pur anco a drittalinea l’altro Bosco di Faghera dillàdell’Aqua di esso Canale Viellia ed arriva alrivetto arrivare al Luogo di Chiarpeghis,

così pure l’altro pezzetto di Bosco situatonella Valle di Resto”218. L’immagine di un prato attrezzato postoall’interno di una vasta area boscata ogginon è più percepibile. Salendo la stradache porta a Passo Rest non ci si accorge,tra boschi selvatici e piantagioni, di attra-versare anche i territori di quella che èdefinita dalla carta dell’IGM come CaseraChiarpegnis, ma che in origine fu un inse-diamento privato.Troppe cose sono cambiate, ma un docu-mento del 1674 ci permette di sapere chegià all’epoca le due stalle lì presenti eranoaffiancate da due casette. In origine la pro-prietà di Chiarpegnis di Sopra e di Sottoapparteneva ai Cimolino, ma i debiti cheattanagliavano la famiglia convinsero glistessi a impegnare quelle terre in cambio di150 ducati ricevuti in prestito da GiovanniBattista Zatti219. L’atto notarile descrivevauna proprietà completamente inserita nelpaesaggio delle terre pubbliche in “loco diChiarpegnis Terr.o di Tramonzo con duestalle et due casette coperte di scandola”.Le due famiglie detennero, a diverso titolo,i diritti su quelle proprietà fin tanto chenon riuscirono a definire una divisione chesancì, una volta per tutte, l’attribuzione diuna casa e stalla libera da ogni ipoteca aiCimolino e una sottoposta ai diritti degliZatti. Nel 1743 questi ultimi possedevano“Un staulliero denominato Chiarpegnis,Territorio di questo loco con sua stalla, ecasa coperta da scandole, e suoi pradi con-tigui”220. Si trattava di un immobile che iricchi prestatori affittavano ai mandrianilocali che si trovavano quindi in una posi-zione particolarmente favorevole per losfruttamento dei pascoli alti del Rest. Ilpascolo lungo il versante era abbastanzavasto da poter garantire risorse foraggierea due unità pastorali, ma a un certo punto,non sappiamo per quale motivo, una delledue stalle fu completamente abbandonata.La seconda struttura fu venduta nel tardoSettecento dai Cimolino ai Del Zotto,

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Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000 (1988)

Catasto Austriaco (1835)

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segno che dopo un secolo la famiglia diTramonti di Sopra non aveva ancora risol-to i propri problemi economici. Il passag-gio di proprietà si rese possibile grazieall’interessamento dei Pradolin che vanta-vano alquanti crediti nei confronti deiCimolino. I Del Zotto subentrarono neidiritti che i Pradolin vantavano su “un locoprativo detto Chiarpegnet con staletta, eCasa dirocate coperte da scandola consuoi pradi contigui”221. La modesta residen-za era probabilmente composta di una solastanza “costruta a muro coperta a scando-la”, mentre la stalla, tre volte più grandedella casa, era “coperta a scandola inmalissimo stato”. Il resto dei fabbricati,un’altra stalla e una simile casetta, eranoridotti a indistinti ruderi222.Non diversamente, nel 1776 Gianantonio DelZotto liquidò definitivamente i Cimolinoaggiudicandosi “Carpegnis di Sopra, e perti-nenze di Tramonti di Sopra”223. Dalla stimasappiamo che la casetta aveva la copertura discandola molto degradata e non inchiodata(“Casetta di muro coperta a scandola in malstato e senza inchiodar le scandole”) e cheera adiacente a “un loco prativo dettoChiarpegnes con stalla, e casa dirocata coper-te da scandola con suoi prati contigui”224.Nei pressi la toponomastica dei terreni inproprietà ricordava un “cason” e un orticel-lo ormai scomparsi. Del resto, l’esposizionee la quota, influenzata dal generale abbas-samento dei limiti altimetrici, non potevanofavorire l’attività agricola. Posto lungo la piùimportante strada della vallata, Chiarpegnispermetteva di sfruttare anche i pascoli chescendevano verso il Tagliamento e Caprizio i pascoli del Rest e della Feletta. Non vadimenticato che il versante carnico delPasso Rest fin dal Medioevo fu posto sottoil controllo dei cavalieri di Malta, che ave-vano una loro dipendenza nei pressi diTramonti di Sopra. La posizione strategica dell’insediamentodecretò anche la sua trasformazione in unabitato temporaneo, composto di quattro

stalle. Questa è l’immagine che ci è fornitadal catasto ottocentesco: la strada per ilPasso Rest sale ripidissima mantenendosisulla sinistra idrografica del Rio Runchecosteggiando l’ampio comparto prativo,all’epoca in mano agli Zatti, punteggiatodai ricoveri per gli animali e da quelli peri pastori. I Del Zotto ormai erano statisostituiti dalla famiglia più ricca della Villadi Sopra e le piccole abitazioni eranoandate in rovina nel ripensare a questoinsediamento come a una stazione inter-media della transumanza stagionale.

Come arrivarci:Raggiungere i resti di Chiarpegnis potrebbesembrare relativamente facile, ma non lo è.Il borgo di Sopra è posto poco a montedell’ultimo tornante della strada che sale aPasso Rest, mentre quello di Sotto si trovapoco al di sotto del penultimo. Anche d’in-verno la fitta vegetazione impedisce di per-cepire direttamente i ruderi dei due com-plessi e per raggiungere quel che resta deidue insediamenti non rimane che allonta-narsi dalla strada esplorandone i margini.

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Le croci della Taviela di Maleon, luglio 1996

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Maleon

Altitudine: 457 m

Maleon è il solo villaggio del Canale delViellia a essere ancora abitato. Del resto erail borgo più importante esterno alla Villa diSopra, posto su un ripiano fluvio-glacialeben soleggiato e non molto distante dall’a-bitato principale.In origine, proprio la vicinanza al centroabitato aveva fatto sorgere non delle stallevere e proprie bensì dei fienili posti al cen-tro di proprietà private. Si trattava di luoghidove raccogliere durante l’estate le scorteforaggiere utili per la stabulazione inverna-le, che di norma avveniva in paese, vicinoagli orti e ai campi coltivati che potevanoricevere il letame degli animali.Nel 1570 Leonardo Pellegrin vantava laproprietà di alcuni prati posti nei pressi di

un “faenile”225. Queste strutture, probabil-mente in legno, non avevano in un primoperiodo un locale attrezzato per accoglierela mandria durante i periodi più freddi. Inseguito, l’aumento delle mandrie e la diffi-coltà di gestire tutto il bestiame nella sta-bulazione invernale all’interno del villaggioconsigliò la costruzione di stavoli anche aMaleon. Si trattava di stavoli visitati daglianimali durante la brutta stagione e costrui-ti soprattutto dalle famiglie Facchin eCimolino. I primi, nel 1650, vantavano laproprietà di “un stalli fabricato di murocopperto di scandolla con li suoi pradi con-tigui, in luoco detto Maleon”226. I secondi,nel 1674, si trovarono nella necessità didover garantire un prestito ottenuto dagliZatti anche con un “loco prativo chiamatoin Maleon con li suoi staoli et casetta”227.Era quindi una proprietà complessa, com-posta da almeno due stalle e da un mode-sto ricovero per la famiglia dei mandriani.Questa struttura si ampliò sommandonuove funzioni e trasformando i prati limi-trofi all’abitazione in campi e orti coltivati.Nella prima metà del 700 i Facchin dichia-ravano di possedere “Una Casa coperta dascandola con sedime appresso (...) un pez-zetto di cortivo (...) un sedime discopertocon suoi fondi (...) un pezzetto d’Orto driole case con un Nogaro”228.La cartografia ottocentesca ci mostra l’inse-diamento ancora in uno stato iniziale.L’area caratterizzata da tre edifici è sfioratadall’importante strada diretta a Passo Rest,mentre una strada consortile distribuisce lagran parte dei terreni coltivati. L’edificioprincipale, caratterizzato dalla inconfondi-bile loggia delle residenze borghesi sei-set-tecentesche è orientato verso sud-sud-est,mentre gli annessi assumono orientamenticontraddittori.

Come arrivarci:Maleon è raggiungibile in auto superandoTramonti di Sopra e proseguendo lungo lastatale 552 verso Passo Rest.

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Catasto Austriaco (1835)

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Somp Cleva

Altitudine: 443 m

Somp Cleva, come dichiara il nome, era unminuscolo insediamento posto ai piedi diun ripido versante lungo la strada che con-duceva a Passo Rest. In questa zona iPierato della Villa di Sopra possedevanoalcuni edifici agricoli che nel 600 furonotrasformati in residenza. Nel 1647 ZuannePierato dichiarava di essere il proprietariodi uno stauliero posto “in luoco dettosomp Cleva”229.Si trattava di una stalla attrezzata con unaminuscola cucina e camera, tanto chequando tre anni dopo lo stesso Zuanne sitrovò nella necessità di venderla definìquella struttura uno “stalli” e non uno stau-liero230.Nel catasto austriaco, nell’area di SompCleva, non veniva registrato nessun edifi-cio segno che le stalle dei Pierato eranonel frattempo crollate. Gli edifici ora pre-senti nell’area, possono essere ricondottialla fine dell’Ottocento.

Come arrivarci:Ormai questa località è la prosecuzione diTramonti di Sopra e la si raggiunge a piedidal paese lungo la strada comunale che siimmette nella statale.

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Carta tecnica regionale in scala 1:10.000 (1988)

Catasto Austriaco (1835)

Le strutture attuali di Somp Cleva non sembrano essere quelle citate nei documenti storici, 2003

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Chiavalir

Altitudine: 375 m

Sappiamo pochissimo sulla nascita di que-sto insediamento posto sulla sinistra idro-grafica del Viellia. Come si può notare, ilterritorio che fa capo a questa casa abitataè separato da una stretta forra dal restodella Villa di Sopra. Il piccolo terrazzo,tagliato in due anche dal Rio Cinda, hamotivo di essere accorpato col comune diSopra, esclusivamente per garantire allostesso il pieno controllo sulle acque delViellia. Si trattava di una questione non dapoco se si considera che i molini dellaroggia pubblica della Villa di Sopra deriva-vano la propria acqua proprio dalla forradel torrente. Detto questo, possiamo con-siderare come improbabile un insediamen-to molto antico di questo settore della

valle. La vecchia strada che collegava laVilla di Sopra con quella di Sotto passavasul greto del torrente e questa piccola por-zione di prati poteva essere raggiunta esfruttata dalle greggi in giornata. Il catasto ottocentesco però non ha dubbi:all’inizio dell’Ottocento tra il Viellia e ilCinda era sorta una residenza permanente,costruita dal ramo dei Facchin che facevacapo a Pietro e Michele. L’edificio lineareera stato diviso in diverse porzioni di casaper ospitare i diversi rami famigliari fruttodella emancipazione dei figli dei due fra-telli Facchin. La vecchia strada del guadodel Viellia era stata nel frattempo abban-donata con la costruzione della nuova stra-da della Val Tramontina, che attraversavadirettamente la forra con un ponte ardito,garantendo così in modo stabile i collega-menti tra i principali villaggi.

Come arrivarci:Questa borgata è sfiorata dalla strada stata-le in corrispondenza dell’attraversamentodella forra del Viellia.

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Catasto Austriaco (1835)

L’abitazione di Chiavalir, 2003

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Malandrai

Altitudine: 557 m

Malandrai sorge in una delle zone piùaspre e selvagge poste sotto Passo Rest.Nonostante la quota (608 m) non siaeccessivamente elevata, la sua particolareposizione, che lo vede protetto da dueripidi versanti, ne ha da sempre sconsiglia-to un uso agricolo, favorendo per contro ilpascolo. Infatti, il pianoro, protetto ederboso, poteva venire utile solo a una resi-denza stabile legata all’allevamento, postain posizione strategica se vista in relazioneai pascoli che preannunciavano gli impor-tanti alpeggi di Casera Sopareit e di CaseraTeglara. Nel Cinquecento sappiamo che aMalandrai i da Prato della Villa di Sopravantavano diritti sopra una umile “portio-

nem (...) stabulorum q. pratorum (...) inloco dicto Colle della Merenda diMalandrai” e nei confronti di un più ricco“stabulorum, et pratorum tanam cultorum,quam sterilium etiam di Malandrai”231. Gliedifici, due modesti insediamenti tempora-nei, uno in parte anche coltivato, eranogiornalmente raggiunti dai proprietari.Quasi un secolo dopo l’immagine dell’in-sediamento che emerge dalla documenta-zione archivistica non è molto diversa. IPierato della Villa di Sopra erano proprie-tari dei “duoi stalli fabricati di muro coper-ti di scandolla molto tristi, con li suoi pradicontigui con nogari in detti pradi n. nove,con duoi Horti in luoco detto Malandrai”232.L’insediamento era completamente circon-dato dalle terre pubbliche e doveva avereun valore consistente se i proprietaririuscirono a impegnarlo come garanzia diun prestito di 350 ducati, ottenuto daglispilimberghesi Contardo.Non sappiamo con quali atti e in che fran-gente il piccolo borghetto di stalle fu ven-duto a una delle principali famiglie inse-diatesi dopo la seconda metà del XVIIsecolo al di là del Viellia: la facoltosa fami-glia di Maleon dei Del Zotto. Per certonella prima metà del 700 l’80% dei terreniprivati di Malandrai era di ragione di que-sta famiglia, le proprietà rimanenti eranoinvece dei Cartelli di Tramonti di Sopra.Ma mentre i primi avevano attrezzato unacasa per la residenza stabile, i secondi sierano limitati a conservare per la residen-za temporanea la stalla e il relativo ricove-ro per i mandriani. Non a caso i pochi ter-reni coltivati (pochissimi per la verità) rien-travano tra le proprietà vantate dai DelZotto. Questi affittavano lo staulliero afamiglie disposte ad abitare per tutto l’an-no anche in un posto così disagiato. Agliaffittuari erano locate case, stalle e prati,come di consueto nell’affitto di staullieri.L’azienda corrispondeva, di fatto, all’inse-diamento stesso ed era marginale al com-plesso delle residenze dei Del Zotto, tanto

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Catasto Austriaco (1835)

Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000 (1988)

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che la famiglia poteva permettersi di usarequelle entrate per indirizzare alla carrieraecclesiastica un figlio. Nel 1748, Pietro DelZotto, chierico, era garantito, nell’impegnodi raggiungere la carica ecclesiastica disuddiacono, con la rendita di una serie dibeni immobili tra i quali era descritto “Unstaulliero denominato Malandrai sotto que-ste pertinenze consistente nella stalla, eCasa copperti da scandola con suoi pradi,e campi contigui Arbori raggioni et atio-ni”233 per un valore di L. 2.400.Le notizie successive relative al piccoloborgo, ci ricordano alcune vendite di aggiu-stamento delle proprietà relative alle divi-sioni dei Del Zotto234 e la successiva vendi-ta di alcuni beni ai Rugo durante la crisisucceduta all’avvento napoleonico235.A questo frangente economico dobbiamoforse riferire l’abbandono dei Del Zotto diquesto settore della vallata, compensatiancora una volta dalla presenza degli Zatti.Questi ultimi, nei catasti ottocenteschi, risul-tano proprietari di due agglomerati, mentreil terzo, quello posto a nord-est, era ancoraproprietà della famiglia Cartelli. Vale lapena, però, notare che nel frattempo lemodeste strutture non erano più affittatecome residenze permanenti e autonome,ma come stalle con fienile. La crisi econo-mica aveva ormai distrutto l’economia degliallevatori e potenziato le entrate frutto del-

l’emigrazione nell’Europa settentrionale.L’ultima fase della vita di questo insedia-mento è legata a un uso pastorale, comeinsediamento intermedio rispetto alla viadi transumanza per Sopareit e il comples-so pubblico del Teglara.

Come arrivarci: Superato Tramonti di Sopra, lasciate lamacchina alla prima curva dopo l’attaccodella via per Casera Chiampis (a sinistra).Si scende velocemente a destra verso il tor-rente e si attraversa un pregevole ponte inpietra. Da qui per Nuvris giungete a RioMalandrai alla confluenza con il torrenteViellia e seguite solo per poco il sentierodel CAI n. 834 che conduce a MalgaTeglara. Subito dopo aver guadato il tor-rente, abbandonate il sentiero per raggiun-gere, sulla sponda destra del corso d’ac-qua, il segno giallo e azzurro dell’attaccodel sentiero. Poco sopra (il sentiero non èfacilmente individuabile dal torrente) sipuò rintracciare la vecchia mulattiera checonduce molto velocemente a Malandrai.È questa la vecchia strada che collegavaMalandrai a Maleon. Un secondo sentieroutilizza invece il percorso Cai n. 829 dalponte in pietra detto per poi portarsi inquota sopra la stretta vallata e scendere velo-cemente a destra (il sentiero non è facilmen-te individuabile) fino al nostro villaggio.

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Ruderi dell’originaria parte abitativa del villaggio di Malandrai, 1992

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Canale del Chiarzò e sullo sfondo il Monte Pala

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La geografia fisica di questo canale identi-fica almeno tre ambienti completamentediversi e caratterizzati da insediamenti cheli hanno interpretati: il settore alto, dettoanche Canale di Palcoda236 e i versanti inci-si dal Rio Scuro, il settore centrale dettoCanale di Campone e quello inferioredetto Canale di Ombrena. Nel descriveregli insediamenti seguiremo questo filologico che ci condurrà verso valle, scen-dendo il bacino idrografico del Chiarzò.Gli ambiti settentrionali, se si esclude lavallata di Palcoda, erano segnati da ver-santi ripidi e aspri, attrezzabili con stalle evillaggi solo nei principali ripiani o lungoil m Rossa. Nei pressi di questa montagna

furono costruite le sole casere pubblichedella vallata; per il resto, il Canale delChiarzò fu uno dei settori della ValMeduna nel quale la pressione dell’iniziati-va privata si espresse con maggior effica-cia, punteggiando il territorio con case estalle.Questo fenomeno è rilevantissimo aCampone, dove la diffusa presenza di sta-voli costruiti disboscando il fondovalle si ètrasformata in una fitta rete di villaggi gran-di e piccoli percepibili dai punti di osser-vazione principali. In questo settore man-cano quasi completamente le stalle, cheper contro rintracciamo in grande abbon-danza lungo il versante del m Selvaz. Qui

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Il Canale del Chiarzò

1 Stalle Zomenzons2 Palcoda3 Chiasarili4 Ceresarias5 Cuel Pelos6 Malga Rossa7 Malga Vallone8 Cor9 Sgualdin10 Valent11 Sialin12 Sclaf13 Pala14 Zulian

15 Tonon16 Beloz17 Cleva di Sopra18 Brandolin19 Cleva di Sotto20 Barnazai21 Pagnac22 Campone23 Grisa24 Martin25 Sacchiaz e Gai26 Sghittosa

27 Zanon28 Flors29 Pedesinis30 Qualdea31 Scandel32 Talon33 Cialciars34 Segredais35 Ombrena36 Ferrara37 Siales

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il particolare carattere geologico dellerocce, che si esprime con forme carsichedi grande bellezza, ha impedito la costru-zione di insediamenti permanenti.Questi versanti privi di acque sono statiinvece colonizzati con stavoli legati ai vil-laggi del fondovalle. Anzi, possiamo cre-dere che la dualità tra i villaggi della destradel Chiarzò e le stalle della sinistra altronon sia che la specializzazione delle stallefondate in questo settore tra il XIII e il XVIIsecolo.Diversa ancora è la situazione che ci sipresenta nella zona di Ombrena, dove lagaranzia delle sorgenti presenti nei settori

caratterizzati geologicamente dall’arenariaha permesso la trasformazione degli stavo-li in villaggi, seppure non densamente abi-tati. In quest’area la fitta distribuzione delleoriginarie stalle private non permise lacostruzione di patrimoni di risorse estesi ein questo senso mitigò le possibilità diespansione degli abitati. Gli insediamentidi Campone potevano contare sui terreniassolati e coltivati dei terrazzi del Chiarzò,ma anche sulle stalle e sui prati conquista-ti al bosco del Selvaz. A Ombrena, invece,la trasformazione della stalla in una resi-denza non era garantita da altre e ulterioririsorse disponibili.

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Campone, l’albergo Beacco in località Martin. Sullo sfondo si vede Grisa e i versanti del Monte Rossa,

1943 cartolina (prop. ris. Tranquillo Moruzzi, foto Traina - Tramonti di Sotto)

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Palcoda: la chiesa di San Giacomo e il suo campanile, maggio 1991

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Chiasarili

Altitudine: 962 m

Chiasarili è stato uno degli insediamentipiù isolati della vallata. Posto quasi sullospartiacque del Meduna con l’Arzino, è ilfrutto di una colonizzazione molto recente.Infatti, le prime notizie riferite a questoluogo, da noi rintracciate, sono settecente-sche. Nel 1752 era descritto come “Un lorostaulliero intitolato Chiasarili consistente inuna stalla, e Casa coperti da scandola consuoi pradi contigui”237. Sembra quindi inuna forma certamente antica, caratterizzatada uno stauliero nel quale le dimensionidelle stalle erano notevolmente superiori aquelle dell’abitazione.I Moruzzi di Sghittosa detenevano, nonsappiamo per quale motivo, i diritti suquesti edifici e sui prati a loro riferibili;

certo è che le stalle che la famiglia posse-deva a Palcoda di Sotto erano evidente-mente funzionali alla transumanza dellegreggi che doveva avvenire lungo la diret-trice Sghittosa-Campone-Tamar-Palcoda-Chiasarili238. Possiamo affermare che ilsignificato stesso di questo luogo va lettoesclusivamente come il tentativo riuscito diporre alla fine di un lungo percorso ditransumanza una stazione pastorale capa-ce di sfruttare le terre pubbliche poste trail Canale di Cuna e i pascoli pubblici delM. Rossa. Non è un caso che nella secon-da metà del 700 più volte i Moruzzi appa-riranno legati ai Bidoli, famiglia da sempreinteressata alla gestione delle casere alte239,o in processi che riguardano i modi d’usoe le tradizioni legate allo sfruttamento deipascoli più alti240.La definizione di “stauliero” ci conforta sulfatto che nella prima metà del 700Chiasarili fosse abitato in modo permanen-te, mentre un altro documento ci chiariscecome sul finire del XVIII secolo Chiasarilifosse diviso in tre parti, pur essendo uninsediamento veramente modesto.Zuanne, infatti, vendeva a Gio BattaMoruzzi i suoi diritti sul luogo che era rico-nosciuto in una “stalla coperta a scandola”,in una “casetta senza coperto” di pochissi-mo valore e nella “casetta stata erreta da sesollo senza coperto”241.Come si può notare, le strutture fisiche diChiasarili erano precarie e modeste, adattepiù all’allevamento di ovini e caprini chealla presenza permanente di bovini. Tuttoattorno erano registrati i prati che già neitoponimi ricordavano luoghi non partico-larmente fertili: il “prato delle secche”, i“Marz”, la “Pala del Clapon”, la “suart dellecase”, il “Plan sotto la corte”, il “Prato delPian dell’orto”, il “prato di Ropeit”, la“Cingluta” ecc. La mancanza di orti ci con-ferma che Chiasarili non era più affittato anessuna famiglia di allevatori e che quel-l’insediamento alto era ormai entrato incompleta crisi e poteva essere usato solo

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come un normale stavolo stagionale242.L’esperienza di un abitato permanente inquesta zona, contrapposto al villaggio sta-gionale attrezzato dai Masutti di Palcoda aZomenzons, non superò un secolo di vita,dimostrando le difficili caratteristiche geo-grafiche dei luoghi. Nel 1791 BattistaMoruzzi si vide costretto a vendere la suaquota di Chiasarili a un “foresto” prestatore,Zuanne Bidoli243, anche se in seguito sembrache i Moruzzi abbiano rinunciato ai diritti suiprati più che a quelli sugli edifici244.Questa girandola di atti notarili posti agaranzia di prestiti non ci deve però fuor-viare. Il disinteresse dei Moruzzi perChiasarili era ormai tale da poterne dispor-re durante le transazioni più difficili perchéormai si trattava di un bene al quale lafamiglia, in occasione di qualche cattivo

affare, avrebbe potuto rinunciare. Invecenel catasto austriaco Chiasarili risulta anco-ra di proprietà esclusiva dei diversi ramidei Moruzzi, quantunque a quella datacasette e stalle fossero completamentecrollate e non presentassero un’immaginemolto diversa dei luoghi da quella chepossiamo percepire ancora oggi.

Come arrivarci:Chiasarili può essere raggiunto in tre diver-si modi: per la strada tradizionale che pre-vedeva di arrivare a Palcoda e da qui sali-re la Forcella Negardaia, oppure daForchia Zuviel in Canal di Cuna attraver-sando Zomenzons, o ancora salendo aCuel Pelos e Ceresarias e, raggiuntaForchia Cesilar, deviando a settentrionelungo lo spartiacque.

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La valle del Rio Chiasarili da Forcella Negardaia. Sullo sfondo la frana del Monte Piombada, dicembre 1994

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Palcoda

Altitudine: 630 m c.a.

Su Palcoda abbiamo avuto modo di scrive-re molto tempo fa245 e questo ha stimolatoulteriori approfondimenti246. In questa sedevorremmo corredare di ulteriori e nuovidati lo studio elaborato più di un decenniofa, nel quale avevamo avanzato l’ipotesiche i Colossis, giurisdicenti di Meduno,avessero promosso la costruzione dell’in-sediamento. Insediamento che lentamenteaveva conseguito la forma del villaggio.Dal 400 abbiamo attestazioni di stavoli aPalcoda, ma come sappiamo questi vannointesi sempre come insediamenti pastoralitemporanei, legati al fenomeno della tran-sumanza delle greggi. Sappiamo che i DaClaut nella seconda metà del 500 vantava-no diritti su “unius Stabuli (stabuli appella-

tione intellige faenile cum ovilibus) longitu-dinis circiter passum quinq. existem. in agroIntermotij, in loco nomine Palcoda” e confi-nante con le proprietà di altri rami dellafamiglia247. Un documento posteriore di setteanni testimonia la presenza di aree coltivateposte nei pressi dello stavolo: “in loco dictoPalcoda vocato il prà dell’horto”248.Certo è che nei diversi documenti prece-denti al catasto austriaco, non siamo riusci-ti a rintracciare riferimenti alle proprietàdei Colossis in questo settore della valle.La questione sui diritti dei giurisdicenti inCanale di Palcoda potrebbe essere piùsemplice e limitarsi a essere un antico dirit-to sugli stavoli cinquecenteschi, senza cheper questo ci fosse stata una volontà spe-cifica di fondare il villaggio da parte deiColossis. Crediamo di poter dimostrarequesto collegandoci a un documento del1791, che testimonia l’affrancazione diogni originario aggravio relativo al ramo diDomenico Masutti detti Capriol. Nel 1574,non sappiamo chi impegnò i beni diPalcoda in cambio di un prestito di 40ducati concesso dagli spilimberghesiMonaco. Solo sul finire del 700 questi dirit-ti furono acquisiti da Livio Colossis adanno del venditore Guglielmo Monaco.Possiamo quindi affermare con certezzache i diritti livellari non erano contestua-li alla fondazione del villaggio, ma laprecedevano249.I documenti non hanno ancora fatto emer-gere in quale modo i Masutti arrivarono acontrollare i luoghi di Palcoda, ma possia-mo immaginare che già agli inizi del 600due famiglie fossero particolarmente attivein quello che era chiamato il Canale diPalcoda: appunto i Masutti e i Moruzzi.Questi ultimi avevano due insediamentifunzionali allo sfruttamento dei pascoli delcanale: Palcoda di Sotto250 e Chiasarili. IMasutti possedevano invece Palcoda diSopra e le stalle di Zomenzons, a ForcellaNegardaia. Sappiamo che nella seconda metà del 600

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la delocalizzazione delle famiglie, che finoallora dovevano risiedere nelle tre villemedievali, influenzò le proprietà periferi-che. I Moruzzi decisero di insediarsi inmodo stabile a Sghittosa, mentre i Masuttisi trasferirono a Palcoda di Sopra. Nonsappiamo se all’epoca la proprietà appar-tenesse ai Colossis o ad altri importantiprestatori della vallata; certo è che tra laseconda metà del XVII secolo e la primadel XVIII il borgo si andò formando estrutturando in modo sempre più comples-so. Secondo una testimonianza moltotarda, i Masutti avevano sempre avutodiritto sui beni di Palcoda: “Avendo M.oGio Batta q. Giacomo Masutto Travoniorappresentante le ragioni, ed azioni delq.m suo Padre sin da secoli avutojus, ed azione, diretto dominio, epossesso sopra li suoi beni posti ecollocati in Palcoda”251. Le notizie su Palcoda si fannocopiose nel 700 e in questo fran-gente possiamo riconoscere unacomplessità economica e socialepiù articolata di quella che aveva-mo rilevato nel 1992. All’agricolturae alla pastorizia si erano aggiuntealtre forme di economia che garan-tivano la prosperità della famiglia.Avevamo già accennato alla costru-zione della bellissima fornace postapoco a monte dell’abitato lungo ilsentiero che conduce a ForcellaNegardaia252. Sappiamo che il borgovantava anche un piccolo molino,citato per la prima volta nelle divi-sioni dei fratelli Masutti dettiTravonio253. Queste divisioni sonodotate di una stima dettagliata deibeni della famiglia. dalla quale sap-piamo che la casa paterna era par-ticolarmente ricca e articolata, men-tre i terreni limitrofi all’abitazioneerano segnati da “Cesari sopra lasud.a terra in tuti, et altro legnamecon vidi”. La presenza della vite è

una garanzia della buona esposizione delversante tenuto tutto a “zapativo”.La divisione dei Travonio è particolarmen-te significativa del frazionamento delleproprietà originarie. In quell’occasione iquattro fratelli ricevettero la loro quota dieredità, comprese le stalle di Forchia e diZomenzons, stabilendo tra loro che “Ilqual padre doverà fare sua dimora con lidi lui Figli cioè tre mesi all’anno concad.no delli medesimi Figli usque admorte”254.

I Travonio erano particolarmente ricchi,non solo perché dotati fino a quel momen-to di ingenti proprietà in un’area nellaquale potevano sfruttare ampie risorsepubbliche in modo quasi esclusivo, ma

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Palcoda: interno della chiesetta, 1964 circa

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anche perché integravano il loro redditocon il commercio dei cappelli all’estero: in“Germania”255, ma non solo. In questa atti-vità si dilatavano i rapporti economici dellafamiglia, coinvolgendo i mercati fiorentini,quelli veneti e quelli triestini256.Il successo della famiglia e del suo villag-gio (i Masutti avevano proprietà solo aPalcoda), è testimoniato dalla costruzionedi una chiesetta di famiglia (1772) dedica-ta a San Giacomo, protettore di un omoni-mo Masutti che più di altri aveva contri-buito alla chiesa del borgo257.È in questo frangente che per la primavolta si verifica il caso di una fuoriuscita diun ramo dei Travonio da Palcoda. Infatti, ilricco notaio Domenico, uno dei figli diGiacomo, divisosi dal fratello Leonardo nel1769258, decise di costruire la sua nuovacasa a Livignona affittando la sua casa a unramo dei Rugo259.Comunque il potere dei Masutti sulla valleera sempre più grande e non mancò discatenare contrasti e processi con iMoruzzi e il resto del comune, non con-tento che la famiglia usufruisse dei benipubblici come se fossero suo patrimonioesclusivo.Nel 1784 Candido Moruzzi, “abitante nelCanale di Campone”, dichiarò in un pro-cesso “che il Monte chiamato Agardegnosituato nelle pertinenze di questo locoessere sempre ab antiquo ed in presentestato da qualunque persona, sive abitantidi Palcoda come pure da altri abitanti diTramonti goduto col far uso di taglio,pascolare e, siegare solidarmente, né esserda qualunque particolare stato frà postoalcun benché minimo impedimento”260.In modo non diverso Giambattista Marmaidichiarava che il monte “essere stato sem-pre a di lui ricordi goduto solidarmente datutti gli abitanti di Tramonti, col far uso delpascolo, sternume, e taglio di legname” eche quindi i Masutti non potevano oppor-si al pubblico pascolo dei tramontini. Forseè proprio per questo motivo che i Masutti

iniziarono a investire i loro capitali anchenell’affitto di ampie porzioni di pascolipubblici, a Tramonti e nei comuni limitro-fi. In questo modo non solo garantivano leadeguate scorte foraggiere per il lorobestiame e per quello dei loro affittuari,ma potevano anche provvedere a subap-paltare, ricavandone un reddito, la gestio-ne del pascolo261. La famiglia stava crescendo in seguito aisuccessi commerciali legati alla mercaturaall’estero, ma fisicamente il canale diPalcoda non era più in grado di reggere lacontinua espansione dei nuclei e i nuovi edeleteri frazionamenti della proprietà262.Palcoda divenne un piccolo paese che nel1914 contava ancora 126 abitanti, ma chesarebbe stato abbandonato in meno di undecennio a causa della crisi economicasucceduta alla prima grande guerra.Ora a Palcoda, in un romantico isolamen-to, rimangono solo i ruderi del villaggiofondato dai Masutti.

Come arrivarci:Per arrivare a Palcoda le strade da preferi-re sono due. La prima è quella che colle-gava l’insediamento alla Villa di Sotto, laseconda a Campone. Da Tramonti di Sotto prendete la stradaasfaltata che porta a Comesta e proseguiteper Tamar. Alla fine dell’asfalto abbando-nate l’auto per proseguire lungo il sentie-ro che conduce a Vuar e Crovat e prose-guite verso la forcella, segnata da unambiente geologico particolarissimo. Daquest’ultima si vede già la “pala” deiMasutti e il campanile della chiesa.Scendete per una bella mulattiera alChiarzò e risalite fino a Palcoda per unsentiero segnato in azzurro.Chi vuole partire da Campone avrà la sod-disfazione di risalire un torrente bellissimoseguendo i segni lasciati per guidare gliescursionisti, fino a confluire, nei pressidella cascata, nella mulattiera che collega-va Palcoda a Ceresarias e Tamar.

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Ceresarias

Altitudine: 892 m

Poco a monte di Cuel Pelos i Beacco fon-darono Ceresarias263, uno stavolo che len-tamente si trasformò in un insediamentopermanente. La famiglia aveva ampie pro-prietà a Campone e, con ogni probabilità,sfruttò la propria influenza e il propriopotere per acquisire terre pubbliche lungole principali vie della transumanza, nelcaso specifico quelle che conducevano aipascoli estivi del M. Rossa. L’appetibilità diinsediamenti a quota tanto elevata va rin-tracciata nella vicinanza degli stessi con gliimportanti pascoli della Rossa e diAlbareit. Non a caso, il comune della villadi Sotto, procedendo all’affitto di dettipascoli pubblici, provvedeva a regolare lapresenza degli animali ospitati dalle stalle

degli insediamenti privati della zona. Perfare questo il podestà del comune aggiun-geva al contratto un codicillo con la con-dizione “che li attuali proprietari del locovocato Ceresaries e Chiasarili volendopascolare le circonvicinanze della sunomi-nata Monte Rossa con le loro proprie, enon altrimenti armente, contribuirannoannualmente un convenuto attributo diformaggio fresco alli Conduttori di dettomonte...”264.I pascoli alti dovevano in qualche modoconvivere con questi insediamenti inquota, autorizzati prima del XVI secolo. IBeacco di Ceresarias erano di fatto obbli-gati ad affittare dai conducenti del com-parto dei pascoli della Rossa una quota deipascoli265 che erano in grado di sfruttareper un tempo molto lungo perché, appun-to, limitrofi alla loro residenza.Non va poi sottovalutato il fatto che allapresenza di risorse foraggiere corrisponde-va anche una certa abbondanza di acqua,garantita dalle sorgenti del Rio Scuro. Sitrattava quindi di una posizione ancor piùfavorevole di quella degli insediamentitemporanei posti sul versante calcareodella valle del Chiarzò.La prima notizia relativa all’esistenza diuno stavolo occupato stagionalmente dauomini e animali ci viene da un documen-to del 1570, con il quale Paolo dei Beaccodetti Paulitti compare come proprietario diuno “stabulerium (...) cum faenili, et pratis”a Ceresarias266. Si trattava di una stalla conil fienile e i campi circondati dalle terrepubbliche.Nel 1642 la consistenza della proprietà nonera descritta in modo molto diverso: “unstali detto Ceresarij con li suoi pradi conti-gui confinante di tutte le parti attorno lacomugna”267. L’intera proprietà era unitariae detenuta da Domenico q. LorenzoBeacco, mentre durante il secolo successi-vo, le continue divisioni famigliari deiBeacco resero necessaria una gestioneconsortile del piccolo insediamento.

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L’abitato era costituito da pochi e poveriedifici. Una stima del 1778 ricordava una“Stalletta” dotata di “cortivo, e muro, checinge detto cortivo”268, ma un documentodell’anno precedente ci ricorda un“Antonio q. Gio: Maria Beacco habitante inCeresaries”269; quindi al locale per gli ani-mali dobbiamo affiancare anche almenouna piccola abitazione permanente. Sul finire del 700 l’abitato e la famiglia chelo aveva gestito erano completamente incrisi, tanto che i cugini dovettero indebi-tarsi con i Beacco di Campone. L’11 mag-gio del 1778 Antonio q. Gio: Maria,Domenico e Mattio q. Lorenzo e Lorenzoq. Gio: Maria, “tutti germani e consortiCeresaries Beacchi ora divisi, ma comefossero uniti”, si dovettero indebitare conMartino q. Paolo Beacco di Campone270. Ilramo dei Beacco caduto in disgrazia avevapreso il nome dall’insediamento che era lasua principale fonte di reddito e che si eranel frattempo trasformato in un insedia-mento permanente. Per l’occasioneMartino Beacco, il prestatore, divenne pro-prietario degli immobili che affittò ai cugi-ni con un contratto novennale che citava:“passa n.o 22 dell’orto addietro le Case dellocco vocato Ceresaries (e) la mettà delstabullo con il camerino annesso”271.Martino e Paolo Beacco, del defuntoPaolo, vivevano a Campone e possedeva-no anche il molino di quel villaggio.L’anno successivo divisero in due assi l’e-redità del padre dichiarando che per quan-to riguardava le proprietà in monte “le dueparti che possiedono la casa del loccoCeresaries alle quali resta difalcato L. 200per esser dirocatta”272. Avevano la proprietàdi un’abitazione, ma la loro non frequenta-zione di quell’insediamento aveva fattodeperire molto velocemente la residenza.

Pochi anni dopo Martino Beacco si trovònella necessità di garantire un prestitoconcesso da Gio Maria Mincelli con “unloco vocato Ceresarie con casa, stalla, eTerre contigue”273. La stima di questi beni,che dovevano corrispondere alla metà delcomplesso dell’insediamento, è estrema-mente dettagliata274. La casa era costituitadalla “Cucina col camerino (...) coppertoa scandola”, quindi da un semplice rad-doppio della cellula insediativa minima, eda una “stalla pur coperta a scandola, consua corte”275 che valeva più della residen-za. A fianco un rudere ricordava che l’a-bitato aveva avuto un passato più florido,un passato durante il quale delle circa3.600 pertiche di prato in proprietà alme-no una quota era coltivata da una famigliaaffittuaria.L’immagine dell’insediamento che ci vienedal catasto austriaco, se confrontata conquella di Cuel Pelos ci mostra chiaramentecome le divisioni patrimoniali avesseroinciso sulla progressiva particellazione deiterreni e degli edifici. La cortina più lungaha lo stesso orientamento di quella di CuelPelos, solo che alla stessa si contrappone-va un secondo edificio e i beni famigliarierano stati nel frattempo divisi tra il ramodi Giovanni Battista e quello di LorenzoBeacco detti Martin.

Come arrivarci:Per raggiungere Ceresarias si risale il sen-tiero che dal Chiarzò si inoltra nella valledel Rio Grande costeggiando CuestaMosenaria. Superato Cuel Pelos, propriosotto Cima Lareseit, in un ripiano invasodalla vegetazione, si rintracciano i ruderidell’abitato. A monte il sentiero, a trattipoco segnato, risale verso Forchia Cesilare gli antichi pascoli del Monte Rossa.

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Cuel Pelos

Altitudine: 751 m

L’abitato di Cuel Pelos fu fondato dal ramocamponese dei Cattarinussi, trasformandouno stavolo in abitato permanente.L’insediamento temporaneo era frazionatotra diversi nuclei famigliari, tanto che que-sto problema impediva lo sfruttamentocoerente delle risorse foraggiere. Nellaseconda metà del 700 il ramo di Pasqualeq. Battista Cattarinussi si impegnò peracquistare le due parti dell’immobile pro-prietà di Gerusalemme e Osvaldo q.mZuanne276. Si trattava di beni di modestovalore. Insieme gli assi ereditari acquisitida Osvaldo non superavano un valore di640 lire, mentre i miglioramenti ai fabbri-cati e ai prati portati a termine a seguito

della riorganizzazione delle proprietàsuperarono le 1.300 lire. Lo stavolo di Osvaldo, per esempio, era dimodestissimo valore: “un luoco situatonelle pertinenze di questa Villa chiamatoColle Pelloso di ragione di Osvaldo”, com-posto di “una stalla di muro coperta ascandola” e di “una casetta da fogo iviannessa pure coperta a scandola” allaquale era attribuito un valore pari a metàdi quello del ricovero degli animali. I duefabbricati erano collegati da una “porzionedi cortivo e di corte cinta di muro” e inparte contigui a un complesso di terrenitenuti a prato da sfalcio277.L’accorpamento delle proprietà comportòuna sostanziale ristrutturazione dell’edifi-cio diventato di proprietà di una sola fami-glia e da allora non ci fu la necessità dipervenire ad alcuna nuova trasformazione.Nel 1793 Domenico Cattarinussi garantisceun prestito erogato da Domenico Masuttiimpegnando tutto “qual Pellos con Casa,Stalla, e Terre”278.L’abitato non presenta alcuna evoluzionedel particellare originario e nel catastoaustriaco si presenta ancora come un sem-plice edificio a pianta rettangolare, divisoin una parte di annesso rustico e in pochilocali abitabili dagli allevatori, rivolto versoovest e posto all’interno di un’ampia pro-prietà pubblica non frazionata e in adia-cenza ai frazionamenti di Ceresarias. Neipressi dell’abitato nasceva il piccolo RioQual Pelos che è poco più di un colatoio.I beni, all’epoca del rilevamento catastale,appartenevano a Giusto Cattarinussi.

Come arrivarci:Per raggiungere Cuel Pelos si risale il sen-tiero che dal Chiarzò si inoltra nella valledel Rio Grande costeggiando CuestaMosenaria. Il sentiero, poco pendente emolto panoramico, presenta sulla destrauna piccola deviazione, non molto eviden-te, che conduce ai ruderi dell’abitato.

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Cor

Altitudine: 823 m

Un esempio evidente del fenomeno dicolonizzazione antica dei settori più altidel Canale del Chiarzò lo possiamo riscon-trare a Cor, un ripiano del M. Rossa attrez-zato con stalle private già nel 500: “stabu-lum ut vocant cum quibusdam pratis (...)in loco vocato Coor”279. L’azione dei colo-nizzatori e dei disboscatori era solo agliinizi e i Graziussi impegnati in modo par-ticolare a Cor dovevano ancora costruireun ambiente produttivo efficiente e alcuneproprietà presentavano evidenti carenzenella concimazione dei nuovi prati, ancorainvasi dai sassi (1588): “unam portionemunius stabuli veterem, cum prato sine lae-tamine, et non curato, idest lapidibus nonpurgato (...) in loco appellato Coor”280. In

questa zona, come nella valle di Campone,si costituì una sorta di villaggio estivo chenon siamo stati in grado di documentareregistrando qualche abitante. Resta peròdocumentata una presenza umana non sta-gionale a Cor quando nel 1648 rintraccia-mo alcune proprietà dei Sina definite comestauliero281. Gli staulieri erano composti daampie stalle e da una modestissima casa.Questa immagine dell’originario staulierodi Cor si rintraccia in diverse descrizionisettecentesche. Per esempio, in quella cheformalizza l’acquisto delle proprietà deiSina da parte dei Bidoli nel 1759: “Un loconominato in Cor pertinenze di questo lococon stalla, e casa con sotto portico, et altramittà di stalla coperta da Coppi Cortivo, etazioni, colli Prati di loro ragione”282.Probabilmente non tutti gli edifici presentia Cor si configuravano nelle forme di unaresidenza e del suo annesso rustico. IBidoli in quel settore possedevano ancheuna “stalla coperta a coppo con una portae travamenta e fondo” che nel 1804 sividero costretti a vendere ai Moruzzi283.L’interesse di diverse famiglie per questoluogo si fa più forte nel Settecento quandoviene definendosi il diritto dei proprietari

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Veduta dal Cuel di Cur

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di Cor di pascolare e di falciare le terre altecon gli stessi diritti di coloro che affittava-no le malghe di Vallone e della Rossa.Negli accordi tra i conduttori di montagnarintracciamo riferimenti espliciti a questiusi, che prescrivevano “di non poter trovaralcun Animale senza quelli, che s’attrova-no di presente anco in loco vocato Cor econ altro patto di non poter usufrutuare ilQual di Cor con Animali, fuorché di poterambi Siegare”284. Probabilmente è proprioquesta la consuetudine che portò a unveloce e progressivo frazionamento delleproprietà, con la conseguente trasforma-zione degli staulieri in fienili. I proprietaridi Cor potevano falciare i pascoli pubblicicosì come i malghesi potevano altrettantoa Cor e lentamente questa specializzazionepastorale reinterpretò l’insediamento per-manente.Pochi anni dopo il catasto austriaco regi-strava a Cor due piccoli nuclei di edifici. Innessuno di questi era più registrata unaabitazione ma ben 14 stalle divise tra alme-no 10 famiglie: i Moruzzi (Canella, Cronch,Ortat, Sartorel), i Bidoli Tonin e Beloz e iCattarinussi.Oggi tutti gli edifici sono in rovina, ipascoli sono abbandonati e sembra impos-sibile immaginare l’ambiente umanizzatodi allora.

Come arrivarci:Cor può essere raggiunto facilmente daCampone percorrendo la vecchia mulattie-ra che conduceva a Malga Vallone e aMalga Rossa. Da Barnazai si risale la rivasinistra del Chiarzò deviando un centinaiodi metri dopo, per salire le rocce dellaRossa. Qui il bellissimo sentiero si alzaoffrendo prospettive nuove sulla valle delChiarzò e giungendo sugli antichi pascolidi Cor invasi da lamponi e arbusti. Unsecondo sentiero, ma di difficile individua-zione, collegava Tamar con Cor e puòessere intercettato in occasione del guadodel Chiarzò.

Sgualdin

Altitudine: 610 m c.a.

Si tratta dell’ultima casa del canale diCampone prima di raggiungere il ripia-no di Pradis. Nata evidentemente dallatrasformazione di uno stavolo costruitoper colonizzare i prati più alti, vedevagarantita la presenza di uomini e ani-mali dal rivolo d’acqua che le passa afianco.La piccola struttura edilizia, segnatadalla contrapposizione di rustico e abi-tazione, ricorda i modelli più semplicidella colonizzazione di Campone. Fondata dai Bidoli, del ramo dettoOsvaldin, ha poi derivato il toponimoproprio dalla modifica del soprannomecorrompendosi in Sgualdin. Ricordiamoche nel 1796 Domenico Bidoli detto

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Osvaldina era componente del consi-glio dei 12 (una sorta di giunta comu-nale) di Tramonti285.Nel catasto austriaco i fabbricati risulta-no fortemente frazionati e non di pro-prietà esclusiva dei Bidoli. Una porzio-ne adibita ad abitazione apparteneva aGiovanni Battista Zannier, e anche gliZatti vantavano la proprietà di una por-zione di stalla. Le altre due casette d’a-bitazione erano di due diversi rami deiBidoli detti “svaldin”.Oggi solo uno dei fabbricati è ancoravisibile, seppure trasformato in casa davacanze, che ben poco ricorda l’epopeapastorale vissuta in questi settori dellavalle ormai privi di pascoli e colonizza-ti da boschi di aceri, frassini e ontani.

Come arrivarci:L’insediamento è posto ai bordi della stra-da provinciale che collega Campone conClauzetto.

Valent

Altitudine: 605 m c.a.

La proprietà del ramo dei Bidoli dettiValent ha una particolarità importante nelpanorama insediativo della valle diCampone. Non avendo subito un processoevolutivo legato alla frantumazione delleproprietà originarie, nel particellare delcatasto austriaco si presenta come unaproprietà unitaria, divisa solo nelle diversespecifiche vocazioni agrarie del suolo edotata di un edificio famigliare di grandedimensione, forse abitato da diversi nucleifamigliari non autonomi. Sono propenso a credere che il nome del-l’insediamento derivi dal soprannome conil quale era chiamato il ramo famigliare deiBidoli che abitavano questa casa. Valentera un soprannome che era riferito a un

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I pochi resti di Sgualdin sono stati restaurati

come casa da villeggiatura, 2003

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ramo, appunto, dei Bidoli e a un ramo deiMongiat. Per questo motivo lo vedrei lega-to alla deformazione di nomi comeValentino o, meglio, Valente, abbastanzadiffusi nella vallata.La famiglia riuscì a garantire una politicaprotezionistica delle proprietà. Ne è testi-monianza l’ottimo matrimonio di MariaBidoli Valent, che sul finire del 700 sposòil ricco notaio-mercante Giacomo Masutti,dal quale ereditò le importanti proprietà diLivignona286.Nel catasto austriaco l’intera proprietàposta sotto gli strapiombi del M. Rossa eraattribuita in comune agli eredi di AntonioBidoli Valent. Oggi gli edifici sono statipesantemente ristrutturati e una delle duestalle è diventata una casa per villeggiatura.

Come arrivarci:Ora la strada provinciale diretta aClauzetto passa in fregio all’originaria abi-tazione dei Valent.

Sialin

Altitudine: 609 m c.a.

In origine questo borgo si chiamava DalBello; ancora una volta dal soprannome diun ramo dei Bidoli e ancora una volta nonsiamo sicuri se il luogo prese il nome daicolonizzatori o viceversa. Il soprannomedella famiglia era Beloz e nel 1774 duefamiglie dei Bidoli di Campone potevanoessere attribuite a questo ramo287. Tredicianni dopo rintracciamo un componentedella famiglia, Antonio, impegnato a difen-dere in tribunale i suoi presunti diritti sugliaffitti dei pascoli del Monte Rossa. Si trattaprobabilmente dello stesso Antonio BidoliBeloz, che nel 1795 era podestà della Villadi Sotto e che definì la questione relativaal servizio della chiesa di San Nicolò stipu-lando un atto con il primo cappellano

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Valent. A sinistra le stalle che erano giustapposte

alla casa a loggia, 2003

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incaricato di curare la chiesa diCampone288. Era quindi una famigliainfluente nella valle, anche se qualcosainterruppe il successo di questo nucleofamigliare. Nel catasto austriaco possiamogià renderci conto di questo problemaosservando il fitto frazionamento dell’inse-diamento. Evidentemente la famiglia o siera ingrandita o era stata costretta a frazio-nare i propri beni per impegnarli a diversiprestatori. Personalmente credo a questaseconda ipotesi, anche se le altre porzionidei fabbricati risultavano nel catastoaustriaco in proprietà a due rami dei Bidoliche abitavano in altri borghi: i Grego e iPagnac. Solo due porzioni dei fabbricatierano abitazioni permanenti: quella origi-naria dei Beloz e una seconda finita nellemani dei prestatori Zatti.Oggi, il villaggio è stato profondamentemodificato nelle strutture abitative, tantoda perdere alcuni connotati dell’architettu-ra tradizionale. È invece ancora molto sug-gestiva la mulattiera che collega le casecon la moderna provinciale.

Come ci si arriva:La strada provinciale diretta a Clauzetto pas-sa in fregio all’abitazione dei Bidoli Beloz.

Sclaf

Altitudine: 592 m c.a.

Quello di Sclaf era, all’inizio dell’800, unborgo alquanto composito. La viabilità didistribuzione tagliava in due l’agglomeratoche vantava ben quattro abitazioni. Unaera di proprietà della famiglia Zannier, unadei Varnieri e due dei Bidoli, un ramo dettiSclaf e il ramo degli Svaldin. Anche unapiccola stalla era in proprietà ai BidoliSvaldin, che abitavano a Sgualdin, e que-sto ci fa pensare che originariamente quel-l’abitato e Sclaf fossero appartenuti allastessa famiglia poi cresciuta e frazionata.Quella di Sclaf è una borgata che assumequasi i connotati di un villaggio, tanto ècomposita la distribuzione degli edificiarroccati sul versante. Le case a ballatoiosono alte tre piani e sviluppano la loro ver-

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Sialin. La mulattiera che collegava

l'abitato al Chiarzò, 2003

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ticalità in contrasto con i grandi terrazza-menti delle terre coltivate per alcuni trattiancora ben visibili. Ai piedi del borgo,lungo la provinciale, rintracciamo un capi-tello che esprime la devozione alla BeataVergine delle Grazie.In origine questa località era chiamataMual, ma di essa non abbiamo indicazionirelative al periodo precedente all’800. Saràcompito di altri ricercatori far luce sullastoria della nascita di questo borgo.

Come arrivarci: La strada provinciale diretta a Clauzettopassa in fregio alla borgata di Sclaf.

Zulian (Casuncello)

Altitudine: 537 m c.a.

Ancora una volta ci troviamo di fronte a untoponimo che deriva dal soprannome di unramo dei Bidoli, appunto chiamati Zulian,forse dal nome personale di un originarioGiuliano. Questo soprannome comincia aessere testimoniato sul finire del 700. Peresempio, sappiamo che nel 1783 GiovanniMaria Bidoli “detto Zulian” ebbe una causacon la giustizia locale per aver tirato unsasso a un altro camponese289. In verità il luogo aveva un suo nome già inepoca precedente, solo che questo fuinspiegabilmente abbandonato. Il villaggioin antico si chiamava Casuncello e riflette-va nel nome la tradizione insediativa delluogo che aveva ospitato fin dal tardoMedioevo un casone in legno, utile per il

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Sclaf. Segni di ristrutturazione e sopraelevazione

sulle murature storiche, 2003

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controllo delle mandrie legate alla tran-sumanza stagionale. Sembra di poter capire, dai pochi docu-menti rintracciati, che in origine le modestestrutture di Casuncello fossero proprietàdella famiglia Cozzi. Nel 1570 Daniele affit-tava a Nicola Cozzi un “faenile cum ovili-bus” e un gregge di 30 pecore in cambio dilana e panni. Nicola si impegnava inoltre afare la manutenzione dell’edificio e a nontrasferire altrove fieno e letame riferiti alcomplesso affittato290. Per tutto il resto delsecolo questo edificio rimase in mano aiCozzo291, che però nel 1591 si viderocostretti a impegnare il bene per garantireun prestito di soli sette ducati e mezzo. Inquell’occasione fu formulata una nuovadescrizione estremamente significativa dellaconsistenza del piccolo insediamento postoal centro delle terre pubbliche: “una suapetiam terram pratum cum stabulo superconstructo cooperto scandulis sector vigintiin circa (...) in loco appellato Casoncello,vocato lo stavolo delli Nasutti”292. Si trattavaquindi di un prato con uno stavolo, forsegià dotato di murature in pietra, coperto discandole in legno. Tre anni dopo scopria-mo che sui diritti di questo bene era sub-entrata la famiglia Bertoli che affermava dipossedere “uno stabulum cum pratis eispectantibus in loco vocato Casunceli”293. Questo luogo non è più testimoniato neidocumenti da noi consultati sino a quandolo rintracciamo in mano ai ricchi Monacodi Spilimbergo, che nel 1731 lo avevanoacquisito dalla famiglia Calvini diCampone. Otto anni dopo rivendevano ilpiccolo borgo a Pietro e Domenico Cleva,precisando che l’immobile corrispondeva a“un luoco sittuato in questo distretto chia-matto il Colle in Chiasuziel con covertistalle stanze con suoi pratti contigui”294. Come si vede, nel frattempo il borgo eradiventato un insediamento abitato perma-

nentemente grazie alle “stanze” costruitevicino alle originarie stalle. Eppure, la con-tinua sequenza di compravendite chesegnerà la storia di Zulian nella prima metàdel XVIII secolo dimostra un certo disinte-resse per le potenzialità economiche diCasuncello. Disinteresse che si espresse inuna girandola di passaggi di proprietà cheandremo di seguito a descrivere.Non sappiamo per quale motivo nel 1759risultino proprietari di Casuncello iCorrado della Villa di Mezzo, ma li sappia-mo impegnati in quel frangente a venderel’attuale borgata di Zulian ad AntonioBidoli “d’esso loco habitante nel Canale diCampon”. La descrizione del bene com-pravenduto è estremamente significativa:si trattava di “Un staulliero di dettoCorrado Venditore sittuato sotto questepertinenze, e distreto denominatoChiasuncello in Campon consistente nellastalla, e casa coperti a coppo con altrosedime contiguo, nec non con li suoipradi, e terre respetive”295. Sappiamo cosìche una delle due stalle era nel frattempocrollata e si era trasformata in un sedime. I Bidoli continuarono a possedere il bor-ghetto in considerazione del rapporto par-ticolare di alienazione che li vedeva nel1781 ancora legati ai Corrado296.Nel catasto austriaco la sola casa del borgoera proprietà di Lorenzo Bidoli dettoZulian, mentre le due stalle limitrofe eranotenute da due diversi rami dei Beaccocamponesi, i Martin e gli Zuanetta.Oggi il borgo è molto degradato da ungenerale abbandono degli spazi aperti edall’effetto delle ristrutturazioni degliimmobili, che si sono ispirate a forme benpoco tradizionali.

Come arrivarci:Il borgo sorge in fregio alla strada provin-ciale che collega Campone con Clauzetto.

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Pala

Altitudine: 511 m c.a.

Nel XVII secolo, poco al si sotto diCasuncello, i Varnarin possedevano leattrezzature di Pala. Pala vuol dire prato dipendio poco scosceso e le morfologie deiluoghi giustificano questo toponimo. Nel1690 questa proprietà confluì nelle manidei Cozzi che abitavano Casuncello. Infatti,Gio Batta Varnarin, privo di figli, lasciò ainipoti, figli della sorella Agnese e di PietroCozzi, la “Palla di Chiasuncelo nelle perti-nenze di Chiampon (...) con sua caseta,tobiado annesso, colla portione dei pradid’Ombrena”297.Forse erano insediati qui Battista e PietroCozzi, che nel 1760 dichiaravano di abita-re a Casuncello298.Evidentemente in origine non c’era diffe-

renza tra Pala e Casuncello-Zulian e tuttofaceva capo a una sola grande proprietà,ma le vicissitudini di un ramo dei Cozziportò la famiglia a conservare fino al XIXsecolo solo questa porzione dell’originariaproprietà. Infatti, nel catasto austriaco conil toponimo “Dai Pallaz” rintracciamo unborgo composto da tre case abitate daiCozzi detti Palla e una sola stalla detenutadai Beacco Zuanetta. Ancora una volta è iltoponimo dei luoghi, derivato dall’uso delsuolo, che influenza la costruzione e lariconoscibilità del ramo famigliare e che cifa capire quanta importanza assumesse,per la sopravvivenza dei colonizzatori, laforma, l’esposizione e la pedologia deiluoghi insediati.La situazione attuale non si discosta moltodal modello storico e permette di capirecome due delle case siano successive alladivisione di una originaria casa a corte.

Come arrivarci: L’abitato è facilmente raggiungibile percor-rendo una stradina asfaltata che lascia lastrada provinciale per scendere a Pala.

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Pala: il borgo dall'alto, 2003

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Beloz (Colle Bernard)

Altitudine: 495 m c.a.

L’originario toponimo che identificava questaborgata era ben diverso dall’attuale ed eraColle Bernard.Beloz è un toponimo che si sovrappose alprecedente solo in età più tarda, quandocioè i Bidoli detti Beloz identificarono la loroproprietà con il loro nome. Il colle di un ori-ginario Bernardo era una sorta di terrazzodelimitato da profonde incisioni provocatedall’acqua sui suoli meno resistenti; situazio-ne che credo sia peggiorata a seguito dell’o-riginario disboscamento. Nel catasto austria-co il riferimento al tradizionale toponimo diColle Bernard è esplicito. Il principale pro-prietario delle terre e della sola casa censitaera Lorenzo Bidoli detto Beloz.Di questo insediamento sappiamo però

poco circa le sue forme fondative. Possiamoimmaginare che nel 700 un ramo dei Bidoliabbia iniziato a risiedere presso questa pro-prietà, sviluppando un certo successo esenza dividere e frazionare le proprietà fami-gliari299. Crediamo, infatti, che in origine que-sto bene fosse frutto dell’attività colonizzatri-ce dei Cozzi di Casuncello e che in ColBernard si possa riconoscere la misteriosalocalità di Saviet documentata per l’attività inquell’area dei Bidoli. Questo luogo era “unpezzo di terreno prativo nel loco vocatoSaviet, item un pezzo di Tabiado coperto dascandola (...) il restante di d.o loco Saviet, diloro ragione con staolo, e casetta”.Un’altra porzione del bene finì in mano aiGraziussi pochi anni dopo e nulla toglie chesia stato successivamente acquistato daiBidoli300. Il documento attribuisce i beni ori-ginari ai Cozzi di Casuncello e descrive laproprietà divisa in due parti per successionee gli edifici principali dotati di portici: Battistae Pietro q. Domenico Cozzi abitanti inCasuncello vendevano a Paolo q. Gio: BattaGraziussi “un di loro loco nominato saviet,pervenutoli nelle Communi Divisioni cioè lamettà di due Tobiadi, e mettà della Casetta,e sottoportico, colla portione della corte ocortivo con pezetti n. 7 di Pradi, e Orto”.Ancora oggi a Beloz si legge questo model-lo insediativo accorpato e unitario. L’ediliziasi sviluppa attorno a una corte chiusa, forseun tempo raggiungibile grazie a uno o piùportoni ad arco. Sullo spazio interno si affac-ciano gli annessi e anche l’originaria casaporticata è dotata di una loggia al primopiano, mentre i prati si stanno lentamentechiudendo grazie all’avanzare naturale di unbellissimo bosco di aceri, frassini e rari faggi.Più a valle si rintracciano i ruderi della casadetta Tonon301, ora completamente sommer-sa dalla vegetazione.

Come arrivarci:Dalla strada provinciale che collega Camponecon Clauzetto si stacca una piccola stradinaasfaltata che raggiunge il borgo di Beloz.

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Palcoda avvolta dalla vegetazione è rilevabile da lontano solo grazie al campanile, maggio 1991

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Cleva di Sopra e di Sotto

Altitudine: 457 m e 487 m

Cleva, solitamente differenziato in diSotto e di Sopra, è un piccolo borgo chenell’800 era abitato dall’omonima fami-glia. Ancora una volta ci troviamo difronte al dilemma se fu il nome delluogo a prendere il sopravvento su quel-lo della famiglia o viceversa.Cleva è un termine diffuso, attribuito aterreni acclivi, e in effetti questa doppiaborgata si trova su un versante pendenterispetto ai pianori ghiaiosi del Chiarzò.Ci viene facile credere che qui il nomedei luoghi sia stato attribuito anche allafamiglia che divenne proprietaria di taliluoghi.Va comunque ricordato che nel catastoaustriaco il borgo inferiore è riconosciu-

to con il toponimo Quel di Matuis, chepotrebbe essere l’originaria denomina-zione del luogo.La prima citazione che siamo riusciti arintracciare si rifà alla più antica coloniz-zazione, con stalle e fienili abitati solotemporaneamente, dalla famiglia Zaina,alle prese con un prestito elargito dalsarto di Tramonti di Sotto, “Pietro q. m.iIoannis a clivo sartoris”. L’atto del 1575impegnava alcuni ruderi, “unum sedi-mentum destrectum situm in villa infe-riori in loco vocato, in cleva” posto nonlontano da un altro edificio, “a meridiestabulum”, degli stessi Zaina302. È proba-bile che sia in questa occasione che iprimi interessi dei Cleva cominciano aconcentrarsi su questo settore della valledel Chiarzò, predisponendo le basi perun successivo uso a fini abitativi deglistavoli.Questa progressione è probabilmentelenta perché in seguito rintracciamo altridocumenti che ricordano questo feno-meno di radicamento dei Cleva nelvillaggio. Nel 1648 Domenico Cleva, nel ricevereuna somma dal prestatore Gio FrancescoContardo, impegnava “duoi staulieri,fabricati di muro coperti di scandoli inqueste pertinenze con li suoi prati conti-gui di settori 40 in c.a in luoco dettoQuestis”.Qui il riferimento a Cleva di Sopra è evi-dente perché nei pressi del piccoloborgo scorreva un piccolo affluente delChiarzò, il Rio Questis303.Nel 1739 Domenico e Pietro acquistanoquello che riconosciamo come il borgosuperiore dal nobile Guglielmo Monaco:“un luoco sittuato in questo distrettochiamatto il Colle in Chiasuziel concoverti stalle stanze con suoi pratti con-tigui”, fino al 1731 in proprietà ai Calvinidi Campone304. Nel 1760 i Zaina sono costretti a impe-gnare anche le loro ultime proprietà a

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Catasto Austriaco Cleva di Sopra (1834)

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Cleva, ossia “delle case, e camere di pro-pria abitazione con Cortivo, nec non lasua parte della stalla e, cortivo eciamcoperta da Coppo nel sito detto inCleva”305.Anche altre famiglie avevano dei beni aCleva. Per esempio, i Graziussi nel 1697avevano venduto delle loro proprietà aiBeacco Martin, “cioè Tobià sive stauloper d.ti 53 ed il Prato per d.ti 35: L.3: 2”.Si trattava di un piccolo edificio, forse inlegno, funzionale al prato e definitocome un “tabià sopra coperto da scan-dola”306.Nel catasto austriaco la situazione delleproprietà degli edifici è già tutta consoli-data e unitaria. A Cleva di Sopra viveva,con casa e stalla, Domenico Cleva, men-tre il borgo di Sotto contava ben quattroabitazioni e cinque stalle. Una di questeultime non apparteneva ai Cleva ma aiprincipali banchieri della Villa di Sopra,gli Zatti, e con ogni probabilità si tratta-va dell’originario stavolo dei Graziussi epoi dei Beacco. I quattro rami famigliaridei Cleva nel borgo di Sotto si rifaceva-no a tre capifamiglia, Pietro, Leonardo eAngelo, e a un prete, don Antonio.Questo carattere dei due borghi, il primovicino al modello dell’originario insedia-mento sparso, il secondo trasformatoquasi in un piccolo villaggio, è ancoroggi alquanto conservato. Se a Cleva diSopra i pesanti restauri hanno in parteoffuscato il carattere del manufatto, nelborgo di Sotto si riesce ancora a respira-re l’aria del piccolo borgo con i cortilipavimentati in pietra e le stalle giustap-poste alla residenza. L’edilizia sembraessere tardo-ottocentesca, mentre lamulattiera per Campone conserva ancorail fascino di alcuni secoli fa.

Come arrivarci:I due borghi di Cleva sono posti lungo lastrada provinciale che da Campone portaa Clauzetto.

Brandolin

Altitudine: 450 m

La famiglia che fondò l’abitato era quella deiCorrado detti Brandolin. Forse il vecchionome dell'insediamento lo possiamo desu-mere dal catasto austriaco, dove la strada checollegava l'abitato al Chiarzò è chiamata diStali Lavon. A quella data il borgo contava treabitazioni. Due erano tenute da due rami deiCorrado, uno detto appunto Brandolin e l'al-tro Pivan, mentre la terza casa era in pro-prietà dei Moruzzi detti Gardelin. Oggi ilborgo presenta solo alcuni edifici nel tradi-zionale aspetto architettonico e uno di que-sti, mostra un originale mascherone in pietra.

Come arrivarci:Da Campone in direzione Clauzetto e prima deltornante s'incontra sulla sinistra l’insediamento.

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Pagnac

Altitudine: 446 m

Un ramo della famiglia Bidoli si insediòsulla sinistra del Chiarzò, in una localitàoggi chiamata Pagnac.Ancora una volta non sappiamo se la fami-glia assunse il soprannome dal toponimo oviceversa; per certo nel 1774 troviamo cheLeonardo Pagnac partecipava alle riunionidei capifamiglia del canale307.All’epoca, il nucleo dei Bidoli Pagnac eragià diviso in tre rami, fino allora gestiticome una sola famiglia, che facevano capoa Lorenzo, Battista e, appunto, Leonardo.Sul finire degli anni 80 i cugini decisero didividere i beni nei tre rami principali, quel-li diretti da Lorenzo, Domenico e Pietro.Al primo ramo, quello di Lorenzo del fuDomenico, rimase l’abitazione di famiglia

e una stalla alla Roppa. Agli altri duenuclei furono affidate le due porzioni degliannessi rustici con l’impegno di restaurarliper farne delle abitazioni, mentre gli orti ei prati sarebbero stati divisi con estremacura e omogeneità308.In ogni caso le proprietà, che erano statesufficienti per il sostentamento della fami-glia solo cinquanta anni prima, diventava-no in questo modo assolutamente insuffi-cienti per i tre nuclei famigliari309. Il catastoaustriaco ci mostra il borgo ancora caratte-rizzato dalle tre abitazioni, mentre delle trestalle una non era più in proprietà allafamiglia.Oggi il borgo ha perso completamente iconnotati originari a causa della generaleristrutturazione o riedificazione delle resi-denze di Pagnac. Rimane ancora ben per-cepibile il sistema dei terrazzi ghiaiosisovrascavati dal Chiarzò e un tempo colti-vati in modo intensivo.

Come arrivarci:Seguendo la provinciale al tornante supe-riore a Cleva una stradina si stacca per scen-dere a Pagnac, altrimenti raggiungibileanche a piedi attraversando il Chiarzò all’al-tezza del molino di Campone, per poi sali-re la scarpata lungo i muri di contenimento.

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Il ponticello sul Chiarzò che collega Campone a

Barnazai in primo piano. Sullo sfondo, sopra

il terrazzo fluviale si vede Pagnac, 2003

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Barnazai

Altitudine: 438 m

Siamo di fronte a un insediamento minu-scolo, di fatto una sola casa posta sullasinistra del Chiarzò, di fronte al molino diCampone, e ai piedi del terrazzo ghiaiosodi Pagnac. Il nome del borgo deriva dal soprannomedella famiglia Rugo proprietaria dell’immo-bile: Bersanai nel catasto austriaco. Credoche la presenza di un ramo dei Rugo inquesto settore sia piuttosto tarda e vadariferita all’atto del 1684, con il qualeGiovanni Battista Beacco vendeva a MattioRugo “un Pezzo di terra prativa con un sta-volo fabricato di muro, e coperto all’hora

da scandola con la sua corte et Hortomurato”310.I Rugo di Campone si attestavano a Zanone questa era la sola loro proprietà all’inter-no del piano del Chiarzò. Nel 1757 questolegame tra i due rami si fa ancor più evi-dente perché entrambi i rami famigliari,Pietro da Rugo di Giavason e il fratelloStefano di Campone, sono costretti prima aimpegnare “diversi pezzi di terra in locodenominato Palcoda” a Pietro Moruzzi epoi a cederli definitamente a saldo deldebito311.Come abbiamo detto, il nome della locali-tà altro non è che il soprannome dellafamiglia già registrato nei verbali della vici-nia di Campone nel 1774312, alla qualeaveva partecipato per la sua famigliaZuanne Rugo Berzenai. In realtà, il pratosul quale i Beacco, sul finire del XVII seco-lo, avevano edificato una casa, poi vendu-ta ai Rugo, credo avesse un altro nome:Pramuz.Con questo toponimo veniva infatti iden-tificata nel 1803 un’abitazione che i Rugoerano costretti a impegnare ai Cozzi perriparare ad alcuni debiti. L’edificio era inriva al Chiarzò e l’insediamento diBarnazai era il solo che la famiglia aves-se in tale condizione orografica: “Pramuzdi ragione delli venditori consistente installa, e cucina coperta a coppi, e prattoannesso”313.L’attuale casa a ballatoi è il frutto di unagenerale ristrutturazione dell’800314 e valetta nell’insieme dei campi terrazzati checosteggiano l’antica mulattiera che risalivail Chiarzò verso le località di Cor e diCeresarias.

Come arrivarci:Da Campone si risale il Chiarzò fino almolino e si attraversa la passerella che col-lega quest’ultimo a Barnazai.

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Veduta di Campone. Ai piedi dell'osservatore si vede Brandolin

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Campone

Altitudine: 436 m c.a.

Campone è il nome con il quale venivaidentificato tutto il settore mediano delbacino idrografico del Chiarzò, quellosegnato soprattutto da un’ampia vallatache fin dal Medioevo fu frequentata dallecomunità della valle per ottenere pascoliricchi in un settore dotato di molta acquacorrente. La storia insediativa di Camponeinizia molto probabilmente prima delperiodo a cui fanno riferimento i docu-menti da noi rintracciati, ma è nel 500 cheabbiamo la possibilità di definire un’imma-gine precisa del paesaggio prodotto daquesta colonizzazione. Nelle ampie prate-rie che andavano da Sghittosa a Sgualdinerano stati costruiti molti modesti edificiadibiti alla pastorizia. Un nugolo di picco-

le stallette, al centro di modeste proprietàprivate, erano i punti di appoggio persfruttare risorse più ampie e ancora pub-bliche. Il toponimo Campone, e in alcunicasi Chiampei, testimonia appunto un pae-saggio di prati permanenti forse anche irri-gati con gli affluenti del Chiarzò: “unumpratum in prefato agro, in loco noncupatola coda di là del Chiarsò, in Chiampei diChiampon”315.L’evoluzione di questi insediamenti l’ab-biamo già potuta vedere per qualche vil-laggio; ora affronteremo il problema lega-to alla nascita del borgo principale diCampone, un aggregato di abitazioni chederiva la sua distribuzione dallo sviluppodi un gruppo di stavoli. Alcuni di questigià nel 500 erano dotati di locali per laresidenza spartana dei pastori che assiste-vano le mandrie: “cum domuncola, etprato contiguis”316.In questo primo periodo di informazionisulle strutture fisiche di quell’insediamentosembra che la proprietà della maggiorparte degli stavoli fosse appannaggio dellepiù ricche famiglie della Villa di Sotto o diimprenditori esterni che affittavano prati estalle agli allevatori. Daniele Sissolino, peresempio, era proprietario di uno “stabu-lum cum omnibus pratis, et iuribus suisexistens in agro sopradicti Intermontij, inloco appellationem Campono”317, maanche gli spilimberghesi Cisternini vanta-vano molte proprietà a Campone affittateai Beacco per 89 lire: “Item omnia aliaprata, et stabula existentia in loco (…)vocato, Campon”318.Verso gli anni 80 del XVI secolo comincia-mo a rintracciare terreni coltivati con l’ara-tro e la zappa e siamo quindi in unmomento di grande trasformazione delpaesaggio del canale; in un momento incui, poco alla volta, le attività legate allapastorizia risalgono i versanti del Selvaz edel M. Rossa, mentre il fondovalle vienecoltivato dalle donne che cominciano adaccompagnare nel canale i pastori.

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Cominciano così a nascere i recinti che isola-vano i pascoli dai coltivi, rendendo più com-plesso il paesaggio. Leonardo Canderani van-tava, nel 1582, “unam terrae arat.Sulcorum”319, mentre Giovanni Cattarinussiaveva “unum suum pratum si. in agro dictiTramontij, in loco noncupato, Chiampon,vocatum, la sorte sotto l’horto, quae terminatab ortu solis cum stabulo emptoris”320.Nel consolidarsi del borgo le famiglie piùimpegnate economicamente in questo set-tore della vallata furono quella dei Bidoli,quella dei Cattarinussi e quella dei Beaccoe queste famiglie, proprietarie delle abita-zioni di Campone ancora all’inizio dell’800,sono rintracciabili in molti atti già dal XVIIsecolo. Nel 1642 Domenico Bidoli dichiaradi possedere “una casa, et logia, con unstali, con li suoi pradi ivi contigui in locodetto Chiampon di Guarta”, completamen-te circondato dai beni di altri Bidoli321.Nel 1741 i Flor vendono “Un loro staulierodenominato stauluzzo di loro habitationesittuato in Campon Territorio di Tramontidi Mezzo, cioè stalla, e casa coperti dacoppo con suoi pradi, e Campi contigui[ma anche] un altro stauliero denominatoRuvisella pur in detto loco con sua stallasopra coperta di coppo e pradi contigui”322.Queste defezioni lascianospazio agli investitori localie la famiglia Bidoli diCampone poco alla voltadimostra di essere una dellepiù importanti della valle,benché sia sottoposta a unfenomeno di frantumazionedelle proprietà che vedenascere nuovi rami didiscendenza323.Nonostante tutto, il ricorsoa prestiti presso i principaliprestatori della Villa diSotto fa emergere la fram-mentarietà di questo borgodotato di una complessagerarchia di microtoponimi.

Nel 1798 Giovanni di Bortolo Bidoli dettoLissandri impegnava a fronte di un presti-to corrisposto da Leonardo Mincelli “unloco detto Qual dal Muss situato inCampone con stalla Coperta a Copi e terraivi contigua”324. Questa articolazione dell’insediamento èregistrata anche dal catasto austriaco cherintraccia a Campone una ventina di abita-zioni distribuite in quattro agglomerati. IBidoli concentravano i propri beni nel set-tore occidentale del villaggio, quello che siappoggiava alla strada detta Suarz, mentrenei settori più orientali ritroviamo benidegli Zatti, dei Moruzzi e dei Cattarinussi.Questi ultimi, a differenza dei primi, eranopresenti nel borgo dal XVI secolo, tantoche Leonardo all’epoca aveva venduto aiBeacco lo stavolo che stava poco a nord diquello della Suart, lo stavolo di Pallotta:“unum stabulum copertum scandulis, vete-ribus una cum modico prati in pre. Loco diChiampon, dictum, lo stalli di Pallotta”325.

Come arrivarci:Subito dopo la chiesa di San Nicolò silascia la strada provinciale per entrare nelborgo di Campone.

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La chiesa di Campone e il borgo di Grisa, 1960 circa

(cartolina ed. Cleva Delfina)

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Grisa

Altitudine: 426 m c.a.

Nei pressi della chiesa di San Nicolò c’eraun piccolo agglomerato dei Beacco dettiGrisa, che probabilmente misero a disposi-zione il terreno per la costruzione dellachiesa del canale nella seconda metà del700. Il nucleo era minuscolo benché fosse-ro registrate nel catasto austriaco tre cased’abitazione prive di stalle e annessi. Delresto i Beacco Grisa erano i proprietari ori-ginari del molino di Campone e la loroattività di artigiani li poneva ai vertici dellapotenza economica della vallata.Non a caso il primo parroco di Camponefu un componente di questa casata: PaoloBeacco326. Nell’attività di quest’ultimo e inquella di un suo omonimo, particolarmen-te attivo in ambito civile, possiamo ricono-

scere l’elemento di forza per la costruzio-ne della chiesa di Campone. Questo non era il solo “servizio” al canaleper il quale si era formata una alleanza trai due notabili. Nel 1774 Paolo Beacco“Giurato e Direttore del Comune diCampone”, interpretando le proteste dellapopolazione che voleva l’istituzione di unnotaio a Campone, si era recato a casa didon Paolo Beacco per registrare il volereassembleare di quella comunità “priva diNodaro, ed essendo perciò talvolta quellapopolazione in necessità di portarsi in altreville per li rogiti ad essa occorrenti congrave suo incomodo, e dispendio”. A talfine muovevano supplica alla Camera diUdine e a Venezia individuando in Gio:Batta Sina e Gio: Batta q. Pietro Bidoli dueprobabili candidati327. In quell’occasione ilnucleo famigliare dei Beacco Grisa o Grisofu rappresentato da Battista.La famiglia si divise di lì a poco per assu-mere quella forma che ancor oggi l’agglo-merato mantiene. Al capofamiglia,Martino, fu assegnata “la mettà dellaCamera verso ai monti coperta a scandoladivisa col camerino, e sotto portico...”328 e“la mettà della stalla, verso mezzodì coper-ta pure a scandola...”. Al fratello Zuanne siattribuiscono “la mettà delli tobiadi verso limonti”, mentre a don Paolo “si assegna lamettà della stalla grande che confina coltobiado coperta a scandola”. Questo giu-stifica la situazione che abbiamo già rile-vato nel catasto austriaco, caratterizzatadalla presenza di ben tre abitazioni privedi annessi. In realtà, questo era dovuto alriutilizzo delle stalle per riconvertirle nelleabitazioni di Zuanne e Paolo329. Per capirela consistenza della proprietà immobiliaredei Grisa in quel periodo è di grande inte-resse la stima degli immobili, dalla quale sievince che “la Casa Dominicale coperta ascandola divisa in due parti è stimata inL.750:8. Seguono le due stallette copertepure a scandola divise in due parti checonfina una a mezzodi con la stalla

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Grande di sotto, e l’altra, che confina a tra-montana con la Camera del formaggio”;vengono poi registrate “la camera delFormaggio, e casa verso tramontana concamerino annesso a dette stalle”.Un ulteriore importante codicillo alla divi-sione riguarda il principale bene dellafamiglia, l’opificio, per il quale viene stabi-lito “che il molino posto in Giarsò abbia aesser goduto tre mesi per cadauna parteovero come meglio sembrerà più opportu-no”, il che equivaleva ad affermare che ilmugnaio che l’avesse affittato avrebbepagato il suo canone in quote uguali.Come abbiamo osservato, furono i Beaccoa fornire il terreno per l’erezione dellachiesa di San Nicolò, ma questa operazio-ne di devozione viveva in realtà del benes-sere di tutta la vallata.Non a caso, quando si decise di garantireuna entrata fissa alla chiesa e al suo cap-pellano si decise di tassare gli abitanti sullabase di un indice di ricchezza: il possessodi bovini.In considerazione del fatto che “in questoComune sogliono mantenersi, e si manten-gono Animali Bovini n. 400, oltre altriAnimali per l’abbondanza de’ pascoli, per-ciò va parte che resti imposto da ora in poia mantenimento come sopra l’aggravio disoldi dieci per cadaun animale bovino diragione di questi abitanti esistenti in que-sto distretto...”. La tassa sarebbe statariscossa direttamente dai provveditori dellachiesa330.Oggi solo la parte occidentale del com-plesso conserva intatto il carattere origina-rio e la protetta corte di famiglia è antici-pata da un bellissimo ippocastano. Il restodelle abitazioni sono state profondamenteristrutturate proprio sul lato più vicino allachiesa.

Come arrivarci:Il piccolo nucleo è posto lungo la stradanei pressi della chiesa dedicata a SanNicolò.

Martin

Altitudine: 442 m c.a.

Martin a Tramonti era un cognome, ma nelcaso specifico il piccolo borgo assunsecome toponimo il soprannome di un ramodei Beacco. Il soprannome derivò in que-sto caso da un nome personale e finì perindividuare un ramo famigliare: quello,appunto, riconducibile a Martino Beacco.Il nome del resto era consueto all’internodell’asse ereditario di questa famiglia. Conogni probabilità si tratta di quel MartinBeacco che nel 1774 partecipò alla riunio-ne dei capifamiglia di Campone per inol-trare alla Serenissima la supplica di vederistituito un ufficio notarile in paese331 e chenel 1770 era componente del consiglioristretto dei XII332.Non era certo una famiglia borghese e

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ricca e le strutture fisiche delle sue pro-prietà lo dimostrano con evidenza.L’ampliamento della famiglia e la divisionein più rami furono i motivi della crisi delnucleo dei Beacco qui insediati e derivati,appunto, da Martino Beacco e da suo figlioFloreano. Nel 1787 i tre figli di quest’ulti-mo decisero di dividere in tre assi l’eredi-tà333. Al primo, quello di Osvaldo e dei figliAntonio, Daniele e Paolo, il secondo quel-lo di Paolo e i figli Martino e Zuanne e ilterzo, quello di Giovanni Battista e deisuoi figli Floreano, Paolo e Lorenzo.I beni dell’originario insediamento eranopochi e riconducibili, per quanto riguardal’edificato, alla casa padronale, tre fienili euna stalla: “Cucina e camera (...) duetobiadi coperti di scandola ora ridotticoperti da coppo (...) un Tabià da scando-la ora coperto da coppi” e la stalla cheospitava sette mucche, 24 pecore e 24capre.La situazione muta completamente circamezzo secolo dopo quando il catastoaustriaco riconosce nel piccolo borgo diMartin ben dieci abitazioni e solo due stal-le334. Gli eredi di Martino Beacco avevanoconsolidato ormai una divisione delle pro-prietà particolarmente spiccata, tanto cheuna delle case, quella di don MartinoBeacco, era “costruita di Nuovo”. Va notato che la diffusa frammentazionedell’insediamento aveva costretto le fami-glie di questi Beacco a non farsi ricono-scere solo con il toponimo del borgo maanche con i nuovi soprannomi di Zuanetta,forse attribuito al ramo di Zuanne, e Titelo.Oggi Martin è una borgata composta didiversi edifici a ballatoio per lo più restau-rati e trasformati, e solo nel salire la vec-chia e conservata mulattiera si possonoriscoprire le sensazioni di un tempo.

Come arrivarci:Lungo la strada provinciale si intercetta ilsentiero che collegava in origine il borgocon la strada e l’acqua del Chiarzò.

Sacchiaz e Gai (Listas)

Altitudine: 430 m c.a.

Poco a ovest di Martin rintracciamo duepiccoli borghi, nati dallo sviluppo di duestavoli costruiti dai Cattarinussi nel 500 edefiniti dalla toponomastica comunaleSacchiaz e Gai, mentre dal catasto austria-co con il nome unico di Listas. Soprattutto Sacchiaz vanta una pregevolearchitettura, mentre Gai sembra riferirsi amodelli tipologici più semplici, caratteriz-zati da una minore emancipazione daglischemi dell’insediamento temporaneo. Ilprimo è un edificio di grande bellezza, coni suoi ampi portici, e ricorda come la fami-glia non fosse per niente popolare ma sifosse contraddistinta, rispetto ad altre cam-ponesi, per un ricchezza resa esplicita nel-l’architettura della dimora.

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In queste due borgate si svilupparono i prin-cipali rami dei Cattarinussi di Campone, tantoche nel catasto austriaco vengono registrateben undici abitazioni distribuite nelle due bor-gate. A nostro parere il borgo di Gai, quelloche crebbe meno e si conservò con l’aspettopiù tradizionale, era detto di Sacchis dall’omo-nimo rio che gli passava a fianco; toponimoche solo in un secondo tempo è “scivolato” amonte, interessando l’area della bella casa alogge. Una citazione del 1580 ci ricorda l’a-spetto di questo luogo durante la prima fasedella colonizzazione, quella che prevedeva lacostruzione di stavoli al centro dei prati otte-nuti con il disboscamento: “unius stabuli, epratorum suorum omnium de sacchijs”335. Duecento anni dopo il suo aspetto non eramolto cambiato perché i Cattarinussi di Listascontinuavano ad abitare il borgo orientale,mentre questa proprietà era ancora “unostauliero denominato Sachies in CamponTerritorio e pertinenze di questo loco consi-stente in una stalletta coperta di scandolacon suoi pradi contigui”336. È meno chiarocomprendere se un successivo documentodel 1778 registri la definitiva colonizzazionedi Sacchis trasformato in una residenza per-manente o se si limiti a registrare la consi-stenza dei beni del borgo principale diListas337. A quest’ultima credo vada inveceattribuita la stima del 1785 dei beni deiCattarinussi, nella quale si descriveva “LaCamera annessa alla Cucina vocata delTellaro”, il “Sottoportico in facia alla Cucina”,la “Camera del formaggio” e le stalle adibitea ospitare i bovini, le pecore e le capre338.I Cattarinussi possedevano anche una stallasull’altro versante della valle, la “stalla dell’agardi frasaneit” che due anni dopo le tre figlie delq. Gio Batta Cattarinussi si trovarono costrettea impegnare ad Antonio di Pietro Bidoli339.

Come arrivarci:Gai e Sacchiaz sono i primi due borghi che siincontrano entrando nella vallata di Camponepercorrendo la strada provinciale, e sono quin-di osservabili direttamente dall’infrastruttura.

Sghittosa

Altitudine: 500 m c.a.

Attualmente Sghittosa di Sopra e Sghittosadi Sotto sono quasi perfettamente saldate enella memoria dei pochi abitanti sono statela popolosa patria dei Moruzzi.Praticamente tutti gli edifici censiti dalcatasto austriaco nel borgo risultavano inproprietà a qualcuno dei molti rami fami-gliari. Le cose non furono però così sem-plici. Nel 500 anche altri proprietari eranoattivi a Sghittosa; per esempio GiacomoCisternini da Spilimbergo, un prestatoreche affittò a Paolo Beacco alcuni prati“cum stabulo a muro et scandulis cooper-to sup. constructo in loco, qui dicitumsghittosa”, tra le proprietà dei Moruzzi edei Caterinussi340.Gli interessi erano diversi e probabilmente

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gli stavoli non erano più di tre all’epoca.Lentamente i Moruzzi si affermarono primaaffittando prati ed edifici altrui, poi, pocoalla volta, acquistando e accorpando leproprietà. Nel 1656, infatti, rintracciamoPietro e Antonio Moruzzi impegnati nel-l’affittare da un altro imprenditore forestie-ro, subentrato forse ai Cisternini, Alessan-dro Contardo, “un stalli fabricato di murocoperto di scandola con li suoi pradi con-tigui in locco detto sghittosa”341. Il bene eracompletamente circondato dalle proprietàdei Moruzzi, che all’epoca avevano inizia-to a risiedere permanentemente aSghittosa. Con ogni probabilità si trattavadello stesso stauliero citato nel 1748 comeproprietà di Zuanne Sina, un grande pro-prietario della Villa di Sotto, che lo cedevain enfiteusi a Giovanni Maria Moruzzi. Lastima dell’immobile ci fa capire che questoera già stato attrezzato per essere un’abita-zione permanente e che lo stauliero eracomposto da una casa, da una stalla adia-cente a un’altra proprietà (“stalla con tem-piaro di muro, che la divide con altro tem-piaro”342) e da sei appezzamenti di terra.I Moruzzi avevano però anche proprietàloro e nel 1739 Domenico, per ricevere unprestito da Lorenzo Mincelli, si videcostretto a impegnare alcuni pezzi di terrae le “case di propria abitazione in dettologo di Sghittosa”343.Nel 1774 risultavano esserci a Camponesolo tre capifamiglia dei Moruzzi e possia-mo credere che a questi fossero già ricon-ducibili diversi nuclei famigliari di cugini efratelli344. Di lì a poco la grande crisi dellafine del XVIII secolo portò alla frantuma-zione di proprietà, che di per sé non eranomai state enormi. Quella degli eredi diDomenico Moruzzi, per esempio, consiste-va in alcune stanze, una casa, una stalla,alcuni orti e nove prati345. Nel 1834 aSghittosa di Sopra rintracciamo ben dician-nove case d’abitazione e tredici stalle,mentre nel borgo di Sotto venivano regi-strate nove abitazioni e altrettante stalle346.

Questa grande frantumazione dell’abitatoaveva trasformato quei prati, segnati finoal Seicento da pochi edifici, in due borghicompatti e articolati: il primo lungo le lineedi livello e il secondo lungo il viottolo chedalla strada posta sulla destra del Chiarzòconduceva all’abitato. A fare da cernieratra le due borgate fu eretta una cappelladedicata a Sant’Antonio da Padova. Ora lastrada asfaltata e un certo numero di auto-rimesse sembrano saldare i due borghi deiMoruzzi rimasti quasi deserti.

Come arrivarci:Dopo aver attraversato con la provinciale ilponte sul Chiarzò si sale a sinistra un brevesentiero che porta alla borgata di Sotto epoi a Sghittosa di Sopra. Chi voglia rag-giungere l’abitato in macchina deve prose-guire per Campone, e da quest’ultima bor-gata prendere la nuova strada comunaleche conduce a Sghittosa e a Zanon.

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La casa del "Pepi" a Sghittosa di Sotto, 2003

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Zanon

Altitudine: 515 m c.a.

Arrivando nella vallata di Campone e percor-rendo il vecchio sentiero che da Tridis trans-ita alto sulla destra idrografica del Chiarzò, ilprimo insediamento che si incontrava eraquello di Zanon, o Giavasson, come erad’uso chiamarlo. Quel tratto di stretto ripianoposto poco prima dei piani del Chiarzò erachiamato canale ed era attrezzato già nel 500con “unum stabulum scandulis coopertumsitum in territorio Tramontij in Canali diGiavasson in loco appellato Qual cum eiusportione prati”347. Era senza dubbio un puntostrategico della vallata e la sua storia fusegnata dalla presenza economica delle prin-cipali famiglie impegnate nella colonizzazio-ne quattro-cinquecentesca: i Beacco, iGraziussi e i Moruzzi.

Non è da escludere che qui, come in molti altrisettori della bassa Val Meduna, le prime fasidella colonizzazione e dell’insediamento pasto-rale vadano anticipate al XIII secolo. Questogiustificherebbe il fatto che nel 1580 l’annessoposseduto da Graziusso Graziussi a Zanon eradescritto come “unum stabulum vetustum, etsfrustum cum tribus pratis ad illud spectantibussit. in terr.o Tramontij, in loco vocatoGiavasson”348 del valore di 67 ducati.Giorgio Graziussi nel 1582 riceveva un pre-stito da Giuliano Rovedo e GraziosoSissolino impegnando la “sui portionem sta-buli scandulis cooperti cum prato contiguo(...) in loco vocato Giavasson”349 in cambio di46 ducati. Parte dei diritti su questo benefurono poi trasferiti ai Cisternini daSpilimbergo e quel bene fu descritto comepiù “petias terram, et tabulat ac iura suaeportionis sedimenti casulae, et prati vocati,Cuvulir” posti a Giavasson350. I prati eranoquindi attrezzati con un fienile in legno euna residenza temporanea dei Graziussi. Ledinamiche erano molto vicine a quelle cheabbiamo visto a Sghittosa e ancora non c’erail predominio di una famiglia sull’interopatrimonio del villaggio.Nel 1646 sappiamo che uno stauliero diZanon era proprietà di uno dei principaliprestatori della Villa di Sotto, Pietro Sina: “unstauliero, coperto di scandoli, con li suoiprati contigui, in un luoco detto diGiavasson”351. Solo nel 1738 rintracciamoqualcuno che abita stabilmente il luogo,Paolo Rugo, appunto “di questo loco como-rante in Giavason”352. La comparsa di questafamiglia che poi si stabilirà definitivamente aZanon non giustifica, infatti, la proprietàdella casa abitata dalla stessa. Non a casopochi anni dopo rintracciamo i Sina e iMincelli alle prese con una compravendita,attraverso la quale questi ultimi subentrava-no a Battista Sina nella proprietà “loco voca-to Giavason distretto di questo loco, con stal-la coperta da coppo, casetta coperta da scan-dola con li prati e campi attinenti”353.La famiglia doveva essere derivata da quella

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dei Rugo di Vuar, tanto che pur essendomolto distanti dall’alta valle del Chiarzò iRugo erano proprietari di alcune stalle aPalcoda di Sotto e non dovevano poi pas-sarsela tanto bene se a un certo puntoStefano e Pietro furono costretti a impegnare“diversi pezzi di terra in loco denominatoPalcoda” a Pietro Moruzzi di Sghittosa. Tantopiù che dovettero comunque garantire il pre-stito con la “cauzione di esse terre un locodenominato Giavason con Case Cortivo, epradi ivi contigui, loco di sua propria abita-zione”354. Questa è la prima attestazione rin-tracciata che ci conferma che i Rugo eranodiventati anche proprietari di parte di Zanon.I Sina infatti continuarono a detenere impor-tanti diritti sul luogo, documentati da unaperizia di stima del 1767 che rilevava “Illocho vocato Giavason”. E per prima “laCasetta Coperta a Scandola in mal statto” chevaleva un terzo della più efficiente “stalaCoperta a Copo”355. Nel 1785 Pietro Sina tra-smise i suoi diritti al figlio sui beni di Zanon“di quantità di C. 12.3.219” e di un valore chesi era ridotto per l’incuria a L.650.Nel catasto austriaco invece i Sina non com-paiono e il solo proprietario della casa edelle due stalle censite nel piccolo insedia-mento è Giovanni Rugo e la sua famiglia.Oggi il borgo è servito dalla strada asfaltatache lo collega a Campone e che garantiscel’insediamento permanente di qualche fami-glia e l’uso delle seconde case, costruiteristrutturando le originarie stalle. Nell’in-sieme, però, i restauri pesanti hanno portatoalla perdita dell’identità delle vecchie formearchitettoniche del villaggio.

Come arrivarci: Partendo da Tridis un antico sentiero percorre-va tutta la valle del Chiarzò passando un po’più in alto di Cialciars e a monte delle stalleFlors. Poco prima di Zanon si incontra unagrande stalla moderna abbandonata e la stradaasfaltata che proviene da Zanon. Chi provieneda Campone basta che continui lungo la stra-da di Sghittosa per poche centinaia di metri.

Flors

Altitudine: 468 m

Flors è un piccolo agglomerato di edificiabbandonati del quale sappiamo benpoco. Faceva parte del sistema lineare deivillaggi di Campone, ma abbiamo pochidati che ci possano chiarire chi lo fondò.Molto probabilmente stiamo parlandodello stauliero che la famiglia Flor posse-deva nella prima metà del Settecento nellavallata di Campone. Questo dato emergeda un documento con il quale i Flor impe-gnavano “un loro stauliero denominatostauluzzo di loro habitatione sittuato inCampon Territorio di Tramonti di Mezzo,cioè stalla, e casa coperti da coppo consuoi pradi, e Campi contigui [ma anche] unaltro stauliero denominato Ruvisella pur indetto loco con sua stalla sopra coperta di

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coppo e pradi contigui”356. Sappiamo quin-di che i Flor abitavano a Campone e cheavevano qui delle proprietà. Certo è chepochi decenni dopo, nei diversi censimen-ti delle famiglie camponesi, i Flor noncompaiono già più, segno che si eranodefinitivamente allontanati dalla vallata. Lostauliero da loro abitato mantenne quindicome toponimo il nome della famiglia chelo fondò, anche nelle diverse deformazio-ni registrate dalla cartografia storica: delFlor o Dal Flor. Nel 1803 rintracciamo in questo settoredella vallata chiamato “Flour d’Ombrena”la famiglia Rugo357. Antonio dichiarava dipossedere presso quell’insediamento una“Cucina da Fogo”, una “Cameruza terra-nea”, una stalla, diversi prati e un orticello.Il tutto “Confina a L (evante) e P (onente)Comugna a Tra (montana) Torente Chiarsòed a mezzodi Marsi di questa ragione chearrivano alla Comugna”. Il riferimento a Ombrena e la posizione delChiarzò lascerebbero pensare a un inse-diamento posto sul versante opposto diFlors, ma come vedremo i Rugo in effettiuna quarantina d’anni dopo possedevanoancora a Flor la casa descritta da Antonio.Il catasto austriaco, infatti, ci mostra unborgo complesso e articolato, quasi un vil-laggio, frazionato tra diverse proprietà.

Oltre ai Rugo detti Mosca, infatti, registria-mo a Flors molte delle famiglie che sonostate protagoniste nella colonizzazionedella vallata di Campone: i BidoliLissandri, i Beacco Martin e Titelo e iMoruzzi detti Quarin.Evidentemente, la crisi dei Flor aveva atti-vato una progressiva vendita dei beni delvillaggio e quindi il catasto austriaco altronon fa se non rilevare la nuova geografiadelle proprietà dei prestatori. Senza dub-bio il fatto che la proprietà non fosse piùunitaria e sufficiente al sostentamento diuna famiglia condusse a una sorta diregressione nello sfruttamento delle pro-prietà. Il catasto austriaco individuavamolti fabbricati nel borgo, ma sette eranodelle semplici stalle con fienile, mentre ledue case originarie erano diroccate. Èquindi evidente che già dopo il ventenniodel XIX secolo a Flor non abitava più alcu-na famiglia.

Come arrivarci:Da Campone si prende la strada asfaltataper Zanon e si prosegue attraversando ungrande stallone moderno poco utilizzato.Inizia qui il vecchio sentiero per Tridis.Dopo aver incontrato l’incisione di un pic-colo rio si devia a sinistra per raggiungerei ruderi di Flor.

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Oggi i versanti, un tempo prativi di Pedesinis e di Flors, sono completamente invasi dalla vegetazione, 2003

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Pedesinis

Altitudine: 409 m

Il piccolo insediamento di Pedesinis eraposto ai margini del Chiarzò, tra Mirat eFlors. Si trattava di un piccolo stavoloposto in un ambiente aspro, eppure suquesto insediamento abbiamo molti riferi-menti. Lo troviamo citato per la primavolta nel 1567, quando la sua proprietàviene attribuita a “Contardus, qui idemMirattus dictus est”358.I Contardo, detti Mirat, possedevano quin-di due stavoli in zona, quello chiamatoappunto Mirat e quello di Pedesinis.L’unità di questi possedimenti ci è confer-mata anche nel 1581, quando viene regi-strato uno stavolo “in loco appellationePedisinis cum pratis contiguis” e che con-fina con il Chiarzò e con il Rio Pedesinis,

e a monte ha un altro stavolo, dei Miratti359.Le due proprietà andarono specializzando-si e solo Pedesinis divenne un luogo abi-tato stabilmente360. Nel Settecento erano i Rugo, originari dellaVilla di Mezzo, i proprietari di questo inse-diamento, tanto che Zuanne, che abitava illuogo, nel 1752 si vide costretto a impe-gnare a fronte di un prestito “tutti, e cadau-no suoi averi, e specialmente sopra un dilui luoco vocato Pedisinis, loco di sua pro-pria abitasione ed elezione”361. Come e daquanto i Rugo fossero diventati proprietaridi Pedesinis non ci è dato sapere, certo èche l’originaria unità delle proprietà deiContardo, detti Mirat, era già dissolta e aMirat erano proprietari alcuni Miniutti. Inparticolare, nel 1756 Giovanni MariaMiniutti decise di vendere proprio aZuanne Rugo di Pedesinis “la quarta partedel loco nominato Mirat (...) cioè Prato, eporzione di staletta, marsi, Comugna,ragioni et azioni”362.Mirat era rimasto un semplice stavolo, men-tre le proprietà di Pedesinis si erano specia-lizzate per far fronte alla residenza perma-nente della famiglia dei Rugo. Nel 1773Zuanne dichiarava di possedere “Un staullie-ro detto Pidisine consistente nelle Fabriche,e Terre qui sotto descritte” e cioè “la portio-ne della stalla coperta a coppi”, come pure“due Camere contigue a detta stalla”363. La situazione doveva essere però più com-plessa perché lo stesso anno Giacomo eValentino Bidoli si trovano a ricevere inpegno a garanzia di un prestito “una cameracon sopra coperto di copo annesso alla CasaDominicale del loco vocato Pedisinis”364.Questi beni vennero descritti pochi annidopo come “alcuanti beni terrei ed una casa,o sia stalla tuti posti e siti in loco vocatoPidisinis”365 che nel 1776 ritornavano a esse-re di piena proprietà dei Rugo.L’anno successivo un nuovo inventariodella consistenza dei beni ricorda unacucina, la stalla e diversi terreni che ven-gono riassunti e stimati in tre categorie:

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Catasto Austriaco (1834)

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“L’arativo P.a 56 a s.12 Val L. 53:12Il Prativo P.a 1165 a s. 8 Val L. 495:2Il Marso P.a 200 a s. 5 Val L. 50:0”366.Nella fase iniziale dell’800 sappiamo che a“Pedisinis in Ombrena” abitavano il figlio diZuanne Rugo, Antonio, con la sua famiglia367,mentre il catasto austriaco registra pochi annidopo i Rugo divisi in due rami famigliari. Lastalla era stata ristrutturata e trasformata inuna seconda abitazione; le sole due caseerano quindi intestate agli eredi di GiovanniMaria e a quelli di Mattia Rugo.Oggi questo abitato, che i documenti cita-no come parte integrante della zona diOmbrena, è completamente abbandonatoe nascosto dalla complessa morfologia delChiarzò e dall’invadente vegetazione.

Come arrivarci:Da Campone si prende la strada asfaltataper Zanon e si prosegue attraversando ungrande stallone moderno poco utilizzato.Inizia qui il vecchio sentiero per Tridis. Sisupera la deviazione per Flors e poco piùa valle si rintraccia un sentiero poco evi-dente che scende verso il Chiarzò e i rude-ri di Pedesinis.

Cialciars

Altitudine: 386 m c.a.

Quello di Cialciars è un paese sparso caratte-rizzato da tre diversi nuclei che originaria-mente corrispondevano a tre stalle sorte su unripiano inciso dal Chiarzò e ben esposto asud. Ancora una volta non è ben chiaro se èstato il toponimo del luogo a plasmare l’ono-mastico della famiglia che abiterà quei luoghio viceversa. Nel 1674 abbiamo la prima atte-stazione della loro attività in questo settoredella vallata e sappiamo che possedevanouno stavolo in riva al Chiarzò368. Il piccoloinsediamento si trasformò in una sede umanapermanente e nel 1753 Pietro Calcini potevavantarsi di essere “dimorante in Chialzars”. Inquel frangente Pietro, impegnato nel chiede-re un prestito a Giovanni Lucio Mincelli, misea garanzia del denaro “un suo loco, con

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Catasto Austriaco (1834)

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Solo d’inverno la vegetazione permette di vedere,

sopra l’altopiano di Cialciars, i ruderi dell’abitato, 2003

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Caseta coperta da Lastre, con prati e campiannessi nominato in Chialzars”369. Si tratta di una attestazione di grandissimaimportanza che tende a testimoniare, inquesto particolare settore della Val Meduna,la presenza di coperture in lastre di pietra.Questa tecnica era tipica di luoghi che pos-sedevano affioramenti litici che si potevanoprestare per la costruzione di scandole inpietra. In Val Meduna questi affioramentierano rarissimi e quindi, di norma, si usava-no le leggere scandole in legno che certa-mente erano molto meno durevoli.Altre famiglie, oltre ai Calcini, si affacciaro-no su questo ripiano del Chiarzò per sfrut-tarne le potenzialità agricole; i Cattarinussiper primi, che nel 1763 possedevano “unloco vocato Calzarj posto, e collocato nellepertinenze d’Ombrena” e lo impegnavano aiBidoli di Campone370. Anche i Cozzi si inte-ressarono a questo settore del Canale delChiarzò, ma la loro attività fu messa in dis-cussione dai Calcini che, nel corso di unprocesso, chiamarono a testimoniare PietroFerroli che affermò “d’aver veduto Nattale(Calcini) avo paterno d’esso Nattale a lavo-rare, e chiudere, e seminare il loco vocatoGialzars ora possesso dalli Cozzi Todeschi,per alcuanto tempo”371. Probabilmente iCozzi avevano prestato danaro ai Calcini equesti non erano riusciti a restituirlo conconseguente perdita dei diritti su una partedel villaggio, forse su quella stessa stalla chePaolo Cozzi, “oriondo d’Ombrena teritoriodi questo loco, ed ora abbitante inSottomonte sobborgo di Medun” nel 1802affittò per quattro anni a Giò Batta Cozzi“pur d’Ombrena”. Si trattava di una “stalla,campo, e prato sittuato in Chialzars locosituato in pertinenze d’Ombrenna”372 e, comesi può notare, era priva delle strutture abita-tive che erano rimaste in proprietà ai Calcini.Nel 1772 i due figli di Pietro, GiovanniLeonardo e Giovanni Battista, si viderocostretti a vendere anche quest’ultima a unprestatore udinese, Zuanne Giaverson. Daquel documento sappiamo che “la casa

Dominicale con altri due camerini annessialla medesima” era adiacente ad altri dueedifici crollati e che il muro del cortile li divi-deva dalle stalle dei Cozzi373.Il loro fratello Osvaldo continuava a posse-dere, non molto distante da lì, la casa pater-na “costrutta a muro e coperta a lastre”374.Il catasto austriaco ci mostra l’insediamentonella sua disordinata composizione. Le trecase isolate sono all’interno dei campi eorientate senza nessun apparente criterio.Una strada scendeva verso il Chiarzò e per-metteva di raggiungere l’acqua e un’altrametteva in collegamento Ombrena conCampone. I frazionamenti appaiono tormen-tati e perfettamente adattati alla morfologiadei luoghi. L’aspetto delle forme del particel-lato, e dell’organizzazione dell’edificato, sonosegnate dall’originaria costruzione dell’inse-diamento quale sede umana temporanea, ela successiva trasformazione di Cialciars in unabitato permanente ha avuto come effetto lasola suddivisione delle particelle.La crisi dei Calcini e del loro insediamento èdocumentata con precisione dal catastoaustriaco che non attribuisce più nessun edi-ficio alla famiglia. Tre edifici erano ormaipatrimonio esclusivo dei Cozzi che, vivendosul versante di fronte, li avevano riconvertitia stalle e fienili, mentre il quarto era perve-nuto, forse a causa di qualche ulteriore debi-to, ai Cattarinussi detti Mattia. Nella sostanza,era finita l’epoca della colonizzazione di que-sto terrazzo sul Chiarzò e quei luoghi, untempo coltivati, erano stati riconvertiti in pratiper ospitare saltuariamente mandrie e greggi.Oggi il ripiano di Cialciars è completamenteinvaso dalla vegetazione e solo d’inverno,transitando lungo la strada provinciale, siintravedono ancora i resti degli edifici delpiccolo borgo.

Come arrivarci:Il modo più semplice è attraversare ilChiarzò percorrendo il sentiero che dallalocalità Talon scende lungo il versante diOmbrena per poi risalire la riva destra.

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Qualdea (Cicion)

Altitudine: 372 m

Molti hanno dimenticato dove fosse l’in-sediamento di Qualdea e si limitano aosservare i suoi ruderi a fianco dellastrada provinciale che conduce aCampone. L’IGM storico (1910), invece, riconoscepiuttosto bene il piccolo borgo cresciutolungo il sentiero che collegava Pedesinisa Ombrena. Qualdea era il primo borgodel Canale di Ombrena che s’incontravaattraversando il Chiarzò per portarsi suiversanti meno esposti della sinistra idro-grafica del torrente. Anche per questo sito abbiamo testimo-nianze relativamente tarde che ci mostranoQualdea già trasformato in un insediamen-to permanente. Eppure, se vediamo l’ele-mento morfologico dei luoghi, possiamocomprendere come un ripiano di taledimensione dovesse essere stato attrezzatogià in epoca medievale per la costruzionedi un sistema di prati privati che facevanocapo a uno stavolo.Nel Settecento la famiglia proprietariadel complesso era quella dei Ferroli enon abbiamo motivo di credere che nonsi possa attribuire alla stessa la costru-zione del primo insediamento.Nel 1744 Paolo Ferroli vendette a

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Catasto Austriaco (1834)

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I ruderi della casa dei "Zizon" o "Cicion" a valle della Strada Provinciale, 2003

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Domenico Ferroli questo luogo, descriven-do con attenzione la consistenza degliimmobili: “una casa parte coperta da scan-dola, e parte discoperta, come asseriscono,esser avanti li miglioramenti fatti dalliCompratori, che ora è la casa da Fogocoperta da Coppo nel loco nominatoQualdea”375. I Ferroli avevano lasciato deteriorare lacasa di Qualdea, ma i nuovi proprietari l’a-vevano restaurata sostituendo il tetto inscandole con uno in coppi e trasferendo lìla loro residenza stabile: quello che equi-valeva ad avere “loco e foco” per tuttol’anno in una residenza.Domenico viveva probabilmente nell’edifi-cio limitrofo che fu abbandonato e che luistesso, impegnandolo in cambio di un pre-stito, descriveva come un modesto staulie-ro “vocato Colle di Queldea pertinenze diquesto loco cioè una casetta Teraneacoperta a scandola con sua portione dicoperto... L. 54Item la stalla di sua ragione coperta discandola L. 170”376. Il piccolo borgo dei Ferroli era abbastanzacomposto seppure unitario nelle proprietà,tanto è vero che l’ultimo atto settecentescorintracciato è relativo a un accorpamentodelle proprietà con il quale i cuginiGiacomo, Paolo e Leonardo vendevano, dicomune accordo, la loro quota del “loccovocato Qualdeja con Case e Terre”377.Il catasto austriaco ci mostra con chiarezzala forma planimetrica di un insediamentoormai usato solo per fini residenziali, tantoche l’agrimensore non mancò di registrarecome a Qualdea ci fossero ben tre caseabitate dai Ferroli. Uno dei due rami erachiamato Zizon proprio come una stradanon molto discosta.

Come arrivarci:Lasciato Campone, percorrendo la stradaprovinciale verso il bacino di Redona, si attra-versa il primo borgo abbandonato con lecase degli Zizon a destra e le altre a sinistra.

Scandel (Casuncello)

Altitudine: 485 m

Le località del Canale del Chiarzò che ori-ginariamente si chiamavano Casuncelloerano due, una a Campone corrispondeall’attuale Zulian, e una a Ombrena checorrisponde a Scandel. Nel 1742 Casuncello di Ombrena era pro-prietà dei signori di Polcenigo e Fanna chevendevano “Un loco di raggione d’essiNob: SS.ri Coo: Vocato Chiasunciel sittuatonelle pertinenze e distretto di Tramonti disotto con due stalle, e una casa coperta discandole, e pradi contigui con arrativi” aGiovanni Maria e Osvaldo Miniutti378.Da questo documento sappiamo che partedegli originari prati erano stati convertiti inseminativi e che le stalle erano due,probabilmente una per i bovini e una

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per i caprini. La casa, ancora coperta inscandole era già dotata di un portico e diuna probabile loggia379.Nel 1767, in quei luoghi, rintracciamoDomenico Miniutti proprietario de “Lostaulliero antedetto di Casuncello consi-stente in una Fabrica coperta a coppo,stanza terranea, e Camera sive solarosopra, con una stalla, Corte, Cortivo, edHorto contiguo cinto di muro, prado ecampo unito con altri sei pezzi terrenoprativo, ed arrativo...”380. Si trattava di unostauliero dotato di edifici agricoli e resi-denziali circondati da terreni originaria-mente a prato e ora in parte coltivati. Leampie dipendenze permettevano di ospita-re sei mucche, undici pecore, otto capre equattro capretti.Pochi anni dopo rintracciamo una secondafamiglia residente a Scandel, quella diLeonardo Marmai che con i suoi risultava-no “abitanti in Casuncello in Ombrena”381

L’atto chiarisce la consistenza degli immo-bili che risultano essere: “Un suo locosituato d’Ombrena loco detto Casuncellocon case e stalle a coppi coperte sottomurate concernenti in stanze due appie-piano e due al di sopra, e due stalle appie-piano con due fienili al di sopra tutte unitecon terre intorno”382.Due erano quindi le famiglie che risiede-vano a Casuncello in questo frangente:quella dei Marmai e quella dei Miniutti.Questi ultimi continuavano ad avere pro-blemi economici e nel 1800 ancheGiovanni Maria del fu Leonardo Miniuttidetto Piruzin si trovò costretto a impegna-re a Paolo Graziussi “il locco Casunzellonelle pertinenze d’ombrena”383.Con ogni probabilità i Miniutti affrancaro-no il loro debito recuperando gli immobi-li, mentre i Marmai si trovarono nella con-dizione di dover vendere tutti i loro terre-

ni, la casa e la stalla agli Zatti. Le proprie-tà dei Miniutti, detti ora Scandel384, erano,invece, composte da due case colonicheche sfruttavano le stalle poste a poche cen-tinaia di metri dalle abitazioni.A proposito di queste stalle dei Miniutti, siera scatenata sul finire del 700 l’ennesimalite sulla posizione del confine traTramonti e Meduno, e il “Capo dei XX”della vallata risolse di accettare che lespese che si sarebbero incontrate per “lapendenza della stalla di Scandel controquelli di Medun” sarebbero state anticipa-te dallo stesso Miniutti Scandel perché ilcomune soffriva la “mancanza di soldo”385.I Miniutti, pur di essere sicuri che il comu-ne avrebbe difeso anche i loro interessi ver-sarono nelle casse del comune, finalizzan-doli al pagamento delle spese processuali,ben 100 ducati, garantendosi del fatto cheper alcuni anni gli abitanti di Scandel nonavrebbero più pagato le tasse locali.Il catastale austriaco ci mostra il piccoloinsediamento di Scandel molto accorpato ecostituito dalle due caratteristiche schierecontrapposte. L’orientamento nord-sud deidue corpi di fabbrica era tangente alla stra-da che attraversava tutta la costa diOmbrena e che portava al Chiarzò.I terreni limitrofi all’insediamento nellaloro dimensione mostrano le strategie dipresa di possesso del territorio con lacostruzione di ampi terreni prativi rettan-golari e distribuiti lungo la pendenza, eche solo in epoca tarda cominciarono aessere frazionati con la costruzione di ortie campi.

Come arrivarci: Dal borgo principale di Ombrena fino apochi anni fa era ancora ben riconoscibileil sentiero che, diretto a Campone, passa-va tangente al borgo di Scandel.

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Talon

Altitudine: 378 m

Si tratta di una piccola casa isolata posta ailimiti della provinciale per Campone, oracompletamente abbandonata. Non abbiamo notizie storiche relative aquesto fabbricato, ma esclusivamente i datiche provengono dal catasto austriaco.L’edificio si poneva al centro di un’ampiaproprietà prativa rivolgendo la facciata delfabbricato a ovest. La proprietà nel 1834era attribuita a Giacomo Miniutti e ai suoifratelli eredi di Giovanni Maria. Il ramofamigliare si distingueva dagli altri Miniuttidi Ombrena per essere chiamato Biancati.

Come arrivarci:La casa è aggirata dalla strada provincialeed è perfettamente visibile dalla stessa.

Ombrena (Plegnan, Val)

Altitudine: 487 m c.a.

Con il nome di Ombrena il catasto austria-co identifica un grappolo di costruzionimolto diverse le une dalle altre. Alcuni edi-fici sono residenze agricole isolate, altriassumono il carattere di una piccola bor-gata e si dispongono in situazioni geogra-fiche diverse e, appunto, non molto asso-late nei mesi invernali. In origine in questa zona c’erano stallesimili a quelle che Gio: Maria Sina dellaVilla di Sotto nel 1650 vendeva a ZuanneBidoli: “un stalli fabricato di muro copper-to di scandolla con li suoi prati contigui, inluocco detto li stalli due piccoli, overosotto la muel, et li pradi uno chiamato delsorelli, et l’altro chiamato l’ombrena”386. Iltoponimo dei due stavoli era segnato dalla

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diversa esposizione solare dei prati delversante del M. Mulon.Quando la fase originaria della colonizza-zione della valle del Chiarzò andò esau-rendosi, si iniziarono a rintracciare sulluogo le famiglie che concretamente ave-vano lavorato quelle terre nuove segnateda un reticolo di case isolate e vicine leune alle altre. Nella prima metà dell’800nel borgo principale di Ombrena venivanoregistrati i Cattarinussi ai quali si sostituiro-no i Cozzi detti Todesco, a sud-ovest iBaret e a ovest una casa dei Moruzzi e unadei Masutti di Palcoda, a nord una deiBeacco Martin di Campone, a ovest tre abi-tazioni dei Minin detti Val e una deiMiniutti detti Leova.Ricostruire con precisione tutta l’evoluzionedi questo settore della vallata è molto diffi-cile e quindi ci limiteremo ad analizzare gliinsediamenti sui quali abbiamo rintracciatouna buona documentazione, come nel casodella casa dei Baretto o Baret. Si trattava di una piccola famiglia proprie-taria, che nel continuo frantumarsi dei ramifamigliari correva il rischio di veder dissi-pate le sue stesse risorse. Per questo moti-vo nel 1765 “Antonio q. Zuanne AntonioBaretto d’Ombrena” si trovò a dover risol-vere, in modo che oggi può sembrarciingiusto, la vertenza legata alla sua eredità.Non avendo avuto figli maschi, le sue pro-prietà sarebbero finite nelle mani delle

famiglie delle due figlie, entrambe marita-te. In questo modo l’originaria proprietàsarebbe stata frantumata e si sarebberomessi in crisi anche i rami dei defunti fra-telli, Gian Antonio e Candido. Per evitarequesto e cercare di mantenere unitaria lagestione del patrimonio lasciato ai tre fra-telli da Zuanne Antonio, Antonio decise dilasciare in eredità alle due figlie maritate“ciascheduna una manza di due anni necuna capra, con condizione però che nonpossano né per loro, né per suoi eredi inavvenire pretendere cosa alcun’altra”,mentre, appunto, tutti i beni immobilisarebbero rimasti a Gio Batta q. Candido e aCandido q. Gian Antonio ambi Baretti di luiamati nipoti (...) con condicione però, chevita durante d’esso testatore, e moglie abbinoad essere Padroni si nel vito, che vistito”387.L’operazione, per quanto cinica, riuscì perfet-tamente e la casa dei Baret di Ombrena èperfettamente riconoscibile nel catasto au-striaco, tra il nucleo principale e Ferrara, peressere la sola che si pone in modo unitarioall’interno del lotto di pertinenza originario.Lo strumento fiscale registrava GiovanniBaret come proprietario della casa colonica.Ben diversa fu l’esperienza dei Minin pre-senti nel settore occidentale di Ombrena, inlocalità Val, dove le già povere proprietàregistrate nella prima metà del 700388 furonoulteriormente frazionate fino a produrre trenuclei famigliari con tre case e tre stalle.

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Il borgo principale di Ombrena, 2003

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Il borgo principale di Ombrena389, identifica-to ormai con questo toponimo geografico, inorigine si chiamava Plegnan. Alcune costru-zioni private in questo settore di Ombrenasono ricordate già nel 500 come “unius sta-buli & pratorium trium sitorum in territorioTramontij, in loco vocato Plegnan”390.Nel Seicento questo settore di pascoli eraproprietà di una delle famiglie più ricchedella Villa di Sotto: quella dei Nevodin chequi vantavano ben quaranta settori di pratocon al centro gli edifici dello stauliero391. Successivamente l’abitazione pervenne aiCattarinussi, che provvedevano ad affittar-la a imprenditori locali o a famiglie di alle-vatori. Nel 1780 fu affittata a Bortolo Bidoli“con Case e terre contigue” in cambio diun affitto annuo di 107 lire392.Pochi anni dopo troviamo i Cattarinussiimpegnati a sbarazzarsi di questo patrimo-nio con due diverse vendite, una ai Bidolidi Campone393 (1785) e una ai Cozzi, cheper la prima volta vediamo comparire inquesto settore di Ombrena.Dai Cattarinussi i Cozzi acquistarono “unlocco vocato Plegnan posto nelle pertinen-ze d’Ombrena distretto di detto locco con-sistente in Casa, stalla, sedime, e Terrecontigue”394. Era quindi una proprietà uni-taria, segno che la vendita ai Bidoli non siera concretizzata. Nel catasto austriaco rintracciamo questoborgo ancora completamente in mano aiCozzi Todesco, che divisi in due rami,quello di Sante e quello di Antonio, ave-vano qui due stalle e due abitazioni.

Come arrivarci:Come abbiamo detto, Ombrena è un luogomolto frazionato, ma se salite dalla stradaprovinciale per Campone potrete arrivareper una stradina stretta e mal pavimentataai piedi del borgo principale raggiungibileper un tratturo di recente formazione. Daqui rintracciando i segni degli antichi sen-tieri potrete raggiungere gli altri ruderiavvolti dalla vegetazione.

Ferrara

Altitudine: 579 m c.a.

Ferrara è un piccolo borghetto doppioabbandonato, ma nel censimento del 1961in questa località furono censiti ben tredi-ci abitanti.Si trattava di una delle tante borgatelle diOmbrena e derivava il suo nome dal fattoche la famiglia che l’aveva fondata aveva ilpatronimico Ferrara. Lo conferma con pre-cisione un documento minore del 1762,dove si raccolse la testimonianza di“Domenico q.m Lunardo Miniut, e Gotardoq.m Battista Ferrara di Tramonti di sottohabitanti ad Ombrena”395.In origine si trattava di una famiglia dipastori e quindi relativamente povera,tanto che Gottardo Ferrara nel 1764, perpoter ricevere un prestito da Osvaldo

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Beacco di L.479:5, impegnò la cosa più pre-ziosa che aveva, la sua mandria: “s’obligarenderlo sodisfatto per il mese d’ottobre pros-simo venturo in contadi effettivi, oppure contante delle sue proprie armente, alla qualsumma specialmente obliga le medesimeArmente le quali sono il numero di 11 c.a”396.Le condizioni della famiglia non migliora-rono di certo e nel catasto austriaco abbia-mo la possibilità di registrare ancora laproprietà dei Beacco eredi di Osvaldo, maoltre a questa anche quella degli Zatti, iprincipali prestatori della valle.I Ferrara ormai erano proprietari solo delcaseggiato settentrionale, quello più lungoe discosto, mentre il resto del villaggio eraproprietà dei Moruzzi, Zatti, Rovedo eBeacco. Va detto però che solo l’edificiodei Ferrara era una residenza. Il resto deifabbricati erano stati riconvertiti ad annes-si agricoli per poterli affittare a diversefamiglie e solo in seguito furono ristruttu-rati e adibiti nuovamente alla residenza.

Come arrivarci:Da Meduno si sale la strada asfaltata cheper Forchia Piccola porta a Campone, maraggiunta la Forchia di Meduno si devia asinistra lungo una strada forestale. Si pro-segue lungo questa strada non asfaltata esi raggiunge una ulteriore deviazione aForchia Chiarandeit. Qui si sceglie la stra-da centrale che scende verso Ferrara.

Siales

Altitudine: 479 m c.a.

Questo insediamento è posto alla con-fluenza del Chiarzò con il Meduna e occu-pa una lunga striscia di terreno attraversa-ta dalla strada che collegava l’ingressodella Val Meduna con la Valle del Chiarzò.Il fatto che il catasto ottocentesco ci mostril’insediamento ancora come un consolida-mento delle forme delle residenze pastora-li temporanee rende esplicito il disinteres-se degli originari proprietari, che conside-rarono sempre Siales un possesso periferi-co e un comparto edilizio da affittare afamiglie di pastori-agricoltori.L’origine dell’insediamento è senza dubbiomedievale e segnata da due stalle postelungo una strada di grande importanza.Nel 1744 il luogo era però in mano ad

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Ruderi e campi abbandonati a Ferrara

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alcune delle famiglie imprenditoriali piùattive della valle: i Ferroli, che rintracciamonell’atto di vendere il bene, e i Cattarinussiche acquistavano “un pezzo di loco nomi-nato Sialis Teritorio di Tramonti con laCasetta, et stalla il tutto coperto da scan-dola e terre prative et arative”397. ICattarinussi non abitavano la modesta resi-denza, ma la affittavano, quindi la consi-stenza dell’insediamento non segnava unastrategia famigliare di espansione, ma silimitava a conservare il valore del bene invista di poterlo poi reinvestire. Non a casonel 1763 i Cattarinussi vendettero le loroproprietà di Siales ai Beacco, che possede-vano l’altra metà dell’insediamento.Se osserviamo con attenzione l’atto con ilquale Pasquale e Santo Cattarinussi ven-dettero a Osvaldo, Antonio e ZuanneBeacco “il loco di Sialis”, scopriremo che lacasa e la stalla, adiacenti una all’altra,erano identiche a vent’anni prima, se siesclude la sostituzione del tetto in scando-le con uno in coppi: “Prima la Casa con lastalla unita coperta a coppo... Item dueorticelli di p.a n.48 annessi alla Casa e stal-la a L. 1 il passo”398. Le terre arate eranodue piccoli orti, forse quelli ancora indivi-duabili nel catasto ottocentesco, mentre ilresto dei terreni era tenuto a prato per losfalcio delle riserve foraggiere.La dettagliata stima allegata alla vendita cipermette di mettere in relazione il valoredelle diverse componenti della piccolaazienda. Su un valore complessivo di 3.115lire venete gli edifici valevano 640 L., parial 40% della proprietà, i cortili solo 11 L.,gli orti 48 L., i prati 828 lire e gli alberi dafrutto 45 L.Se confrontiamo il solo valore dei prati conquello degli orti, vediamo che i secondinon superavano l’1% del complesso delleproprietà agricole, di poco superiore alvalore degli alberi da frutto distribuiti neipascoli. Evidentemente questi orti erano discarso valore agricolo e le condizioni delregime dell’affitto avevano sempre dissua-

so i coloni dal porre in atto miglioramentifondiari con il rischio di non vederseli rim-borsare dai proprietari.Scopriamo così che nel 1764 l’immobileera ancora in proprietà ai Ferroli diMoschiasinis, i quali lo diedero in enfiteu-si a Nicolò Minino o Minin precisandone laconsistenza e i confini: “un loco vocatoSiales, posto nelle pertinenze d’Ombrena,territorio di questo loco con casa, e stalle”,e confinante con i beni di Antonio Beaccoe quello che rimaneva della comugna399; lostesso Antonio Beacco che, con il fratelloZuanne, nel 1773 vendette la sua proprie-tà al grande prestatore Pietro Nevodin400.L’atto ci conferma che nel frattempo eraavvenuta una divisione tra i Beacco, e ilterzo fratello, Osvaldo, aveva preferitotenere per sé una parte della stalla. IBeacco, in difficoltà economiche, avevanosemplicemente garantito un prestito delNevodin inscenando la consueta finta ven-dita a garanzia del danaro. In realtà alNevodin subentrò velocemente un altroprestatore, don Giovanni BattistaGraziussi, che nel 1775 vendette Sialis aicugini Domenico e Tommaso Varnarin per1.000 lire venete401.Nel catasto austriaco rintracciamo a Sialesproprio la situazione sopra descritta. Lecase erano due, la prima degli eredi diGiovanni Varnarin detto Vedova e laseconda di Giovanni Minin detto Siales.Abbiamo quindi il caso di un soprannomefamigliare che deriva direttamente daltoponimo delle proprietà famigliari.

Come arrivarci:Ci sono due possibilità per raggiungerequesta località. La prima prevede di rag-giungere il borgo di Ombrena e di prose-guire lungo il tratturo che continua oltre lecase a Occidente in direzione Moschia-sinis. La seconda permette di visitare Sialisarrivando in auto a Moschiasinis e conti-nuando per il sentiero pubblico, ora unasorta di pista, alla volta di Ombrena.

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La foto mostra il bacino idroelettrico di Redona, l’omonimo abitato ricostruito e gli insediamenti storici

di Da Prat, Quas e Barbeadis, marzo 1996

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Abbiamo voluto identificare con questotermine il tratto del Canale del Medunache corre in territorio di Tramonti di Sopra.Si tratta di un settore della valle particolar-mente aspro e inospitale, poco insediato enon adatto alla costruzione di ampi pasco-li. Per questo motivo, quando partì la fasepiù intensa della colonizzazione le famigliedella Villa di Sopra preferirono investire leproprie risorse nelle valli del Silisia edell’Inglagna o nei settori limitrofi allastretta di Racli. Come vedremo, la crescitadi insediamenti come Siaccia, Cualtramon,Selis ecc. fu stentata, mentre quella deiborghi sorti nel settore meridionale dellaVilla di Sopra iniziò molto tardi (vedi Curs,

Paisa ecc.). In età medievale la villa postasull’ampio terrazzo creatosi alla confluenzatra Meduna e Viellia aveva molte relazionicon l’area di Vendelata e di Pria, posta alriparo del Col della Luna. Lo sfruttamentodei pascoli di questo settore consolidò giàin antico alcune presenze edilizie che perònon evolsero mai diventando un insedia-mento permanente. Nel 500 a Pria eranocensiti molti stavoli simili a questo: “uniumstabulerium situm Intermontes, in locodicto Pria”402. Queste stalle, aggregate come una sorta divillaggio estivo, ancora nell’800 erano inmano a un numero relativamente piccolodi famiglie: i Martin, i Crozzoli, i Rovedo e

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L’alto Canale del Meduna

1 Casera Cuel2 Casera Ropa3 Casera Ciarpen4 Selis5 Stalla Val Curta

6 Stalla Lastreit7 Poslovet8 Siaccia9 Costata

10 Frassaneit11 Stalla Giavons12 Stalla Cuel della Luna13 Pria14 Cualtramon15 Stalle Tamereon16 Stalla Paleit17 Paisa18 Abis

19 Pradis20 Titolo21 Stalla Pecol22 Pradeil23 Stalla Cualtinant24 Curs25 Rutizza

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gli Zatti. Questi ultimi probabilmente eranosubentrati nella proprietà di tre stalle, acqui-stando i “tre staulieri, fabricati di muro,coperti di scandola, con li suoi prati conti-gui, di settori n.60 in c.a, in luoco detto Pria”che erano stati proprietà dei di Monte403.Si trattava di stalle prive di locali per l’abi-tazione, visto che i pastori potevano rag-giungerle dal paese al mattino e rientrarealla sera. Nel Settecento abbiamo notizia del fattoche a Paleit e comunque nell’area attraver-

sata da Rio Vendelata fossero state affian-cate alle stalle delle stanze per i pastori,ma non abbiamo prove che qualcuno diloro si fosse trasferito qui per abitare tuttol’anno un versante privo di sole durante imesi invernali404.Anche lo “stauliero denominato Tamareonterritorio e pertinenze di questo loco con-sistente in una casetta coperta di scandola,e sedime annesso con suoi pradi”, mi sem-bra vada ricondotto comunque a un inse-diamento temporaneo405.

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Pradiel di Tramonti di Sopra, agosto 1999

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Rio Giavons, ottobre 1996

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Selis

Altitudine: 595 m c.a.

La colonizzazione dei settori più internidella valle dei Tramonti giustificò la costru-zione dell’abitato di Selis su un terrazzo flu-vio-glaciale, posto alla confluenza delCanal Piccolo del Meduna con il CanalGrande. L’opera di colonizzazione va forseattribuita ai della Dura, poi Durat, che giànel 1728 vantavano in quei luoghi dei dirit-ti su un edificio in legno. La questione nonè di poco conto e testimonia come le primestrutture delle fasi colonizzative fosseroestremamente primordiali anche aSettecento inoltrato. Nel 1737 Domenicodella Dura risulta possedere in enfiteusidagli Zatti non solo “una Fabrica diLegname con Prati”, ma anche “una casacon prati contigui in loco chiamato Selis”406. Non sappiamo che fine fecero i della Dura,testimoniati anche a Siaccia; certo è che gliZatti, negli anni successivi, sembrano esse-re i soli proprietari del piccolo borgo.Eppure anche i Facchin ebbero una qual-che importanza durante le fasi di costru-zione di Selis. Non a caso è Sabbida,moglie di Domenico Facchin, che incon-triamo all’inizio del XVIII secolo intenta avendere a Pietro Titolo “un loco dettoSelis, o sia stalli baroso”407. Il documento èdi estrema importanza perché richiama un

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Selis sul lago del Ciul

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toponimo ormai scomparso per l’area,quello di Stalli baroso, che nella sua sem-plicità ricorda il tema della prima coloniz-zazione dei luoghi attraverso l’uso di sta-voli posti in un paesaggio solo in parte di-sboscato e ricco di arbusti, appunto “bari”.L’edificio era una modesta stalla usataforse dai Titolo di Chiampei durante le fasidella transumanza estiva. Il fienile al primopiano era in legno “Tobiadura di stanghe”,mentre la stalla del piano terra era attrez-zata per ospitare capre e mucche. La stallaconfinava con una casa di proprietà degliZatti. Gli stessi che nel 1770 vendevano aPietro Titolo “abitante in Campei Teritt.o did.to loco comprante (...) due pezzi di Terradenom.to Selis sive Stallibaroso”408.I catasti ottocenteschi ci forniscono unavisione alquanto complessa di Selis. Le casedi abitazione erano ben tre, due delle qualiin mano agli Zatti della Villa di Sopra. Laterza apparteneva alla famiglia Gambon,mentre i Vallar potevano vantare il posses-so di una stalla. Una delle abitazioni degliZatti aveva una dimensione e complessitàmaggiore e potrebbe essere stata la vecchiacasa dei Titolo. Con la costruzione del baci-no del Ciul, Selis, che si trovava sui terrazzighiaiosi posti alla confluenza del CanalPiccolo con il Canal Grande del Meduna, fudefinitivamente abbandonato e oggi vive lesuggestioni create dalle diverse quote chel’acqua del serbatoio idroelettrico assumedurante l’anno.

Come arrivarci:Si raggiunge la diga del Ciul provenendo daSelva e dal Canale del Silisia. Lasciata l’autosi attraversa la diga per intercettare il sentie-ro moderno che costeggia il lago a setten-trione. Lo si segue lungo il ramo del bacinodel Canal Grande per poi attraversare il tor-rente (è prevista la costruzione di un ponte)e rintracciare il sentiero che si dirige allavolta del Canal Piccolo. Sul punto della con-fluenza, in una posizione molto suggestiva eassolata, si rintracciano le rovine di Selis.

Poslovet

Altitudine: 558 m

La casa di Poslovet è oggi un rudere pocodistante dalle aree che servirono da cantie-re per la costruzione del bacino idroelettri-co e della diga del Ciul. Potrebbe esserescambiata per un alloggiamento degli ope-rai, ma la sua tipologia e alcuni brani di sto-ria che abbiamo rintracciato fanno emerge-re questo edificio dall’anonimato.L’abitato nel Settecento apparteneva ai diMonte della Villa di Sopra. Nel 1740Antonio affittò per sette anni a Pietro Zatti“un luoco chiamato Poslovet nel Canal diMeduna e sittuato sotto queste pertinenzecon una stalla e Casa coperti da scandolae prati contigui”. Gli Zatti evidentementeavevano intenzione di subaffittare il com-plesso di Poslovet e con il contratto si svin-

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colarono dall’obbligo di manutenzionerispetto all’edificio: “che il locatore debbastar a mantenere li coperti al Collonodurante la sopradetta locatione, e se il col-lono mantenirà detti coperti dovverà esserin defalco dell’affitto però a prezzo accor-dato e convenuto fra le parti stesse”409.Nel 45, però, i di Monte vendettero Poslovetagli Zatti. La consistenza degli edifici eraquella di pochi anni prima. L’originario sta-volo era attrezzato per avere la possibilità diospitare in modo continuativo una famiglia diallevatori e i loro animali. L’edificio era coper-to con ripidi spioventi in scandole di legno,mentre le strutture verticali dovevano esseregià state costruite in durevole pietra. Gli Zatticosì acquisirono “Un staulliero di mia raggio-ne denominato Poslovet consistente in unastalla, e Casa coperti da scandola con suoiprati contigui (...) da me acquistato daAntonio di Monte sino li 11 Maggio 1745”410.Nel 1748 il ricco notaio Zatti predispose il rin-novo del contratto con il colono insediato aPoslovet, colono che era Domenico Quas.Nel catasto austriaco l’edificio risultavadeclassato ormai a una stalla con fienile eanche la proprietà dell’immobile era cam-

biata, tanto che era registrato a una fami-glia di Ombrena, di Tramonti di Sotto,quella di Giovanni Maria Rovedo detto Val.Posto alla confluenza del rio che scendevada Forcella Dodesmala l’edificio diPoslovet si poneva all’interno del suo lottodi terra privata ancora con delle formemolto arcaiche e prive di quel fraziona-mento che abbiamo rintracciato sui terraz-zi più ricchi di Selis. Evidentemente lascarsa insolazione e i limiti segnati da unaorografia complessa e aspra avevanodecretato fin dall’inizio l’insuccesso di que-sto insediamento e il suo ridimensiona-mento, riconvertendo all’uso temporaneole sue strutture.

Come arrivarci:All’uscita della galleria che collega il baci-no di Ciul con quello di Selva ci si dirige avalle lungo la destra idrografica delMeduna. Un centinaio di metri a valle,dopo alcuni suoli sconvolti dal cantiereapprontato per la costruzione della diga, sirintracciano i resti dell’edificio che mostraancora nelle murature i segni dei dueambienti: la casa e la stalla con il fienile.

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La mulattiera del Canale del Meduna fu l’infrastruttura che fin dal Medioevo

garantì la colonizzazione di quest’area, 1989

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Siaccia (Siazza)

Altitudine: 715 m

Siazza era il nome del versante settentrio-nale della costa di Forca Dodesmala e diPizzo Lovet e gli stavoli che furono costrui-ti su un terrazzo presero il nome dal topo-nimo della zona. Le prime conferme di una colonizzazionepermanente in quest’area sono alquantotarde e corrispondono, ancora una volta,all’atto di garanzia con il quale la famigliaproprietaria di Siaccia impegnava le sue pro-prietà. Paolo della Dura, o Durat, avevamolti debiti che furono estinti dal prestatorePietro Zatti in cambio di un livello annualegarantito dalle proprietà di Paolo: “un luocochiamato Siazza posto in queste pertinenzenel Canal di Miduna con stalla et Casacoperti da scandola con pratti contigui”411.

Di fatto gli Zatti erano diventati in questomodo proprietari di una quota parte di que-sto immobile e questo li mise nelle condi-zioni di poter trattare con il della Dura perla completa e definitiva compravendita del-l’immobile. Pochi mesi dopo Paolo Durat sivide costretto a vendere a Michele Zatti “unpezzo di loco chiamato Siazza (...) Primo una stalla coperta da scandola dipassa per colmo n.4 e piedi 3 (...) L. 2302.ndo misurato il muro della Casetta disco-perta e quello trovato di passa n.11 L.33”412.Evidentemente in quel frangente i Duratnon erano più molto interessati alla pro-prietà di Siaccia e il fatto che il vecchiostauliero mostrasse tutto il degrado dellaparte abitativa rendeva evidente la crisidella famiglia. Il catasto ottocentesco cipresenta delle forme insediative moltochiare e individua due nuclei posti apoche decine di metri uno dall’altro.Come per Poslovet, possiamo rilevare unsostanziale regresso delle forme insediati-ve con la scomparsa definitiva delle casee la trasformazione di Siaccia in una resi-denza temporanea. Anche qui, come aPoslovet, la proprietà non era più inmano agli Zatti. Una delle due stalle eradiventata proprietà di Giovanni MariaRovedo, che possedeva anche Poslovet, el’altra di Giacomo Cassan detto Gaion,forse del ramo insediato in Canale delSilisia, a Posplata.

Come arrivarci:Arrivare a Siaccia non è facile ed è forse piùsemplice raggiungere quanto resta delle duestalle scendendo dallo spartiacque nei pres-si di Pizzo Lovet. In alternativa, dalla digadel Ciul, raggiunto Poslovet, si continualungo un evidente sentiero posto in destraMeduna. Attraversato un rugo che scendeda Forcella Dodesmala il sentiero devia inmodo poco chiaro verso monte. Anchesenza tracce, salite tenendo alla vostra destrale erosioni dei corsi d’acqua minori e finire-te per toccare la prima casa di Siaccia.

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Frassaneit

Altitudine: 531 m c.a.

Frassaneit è senza dubbio una delle locali-tà del Canale del Meduna più note e cono-sciute. Questo è dovuto alla facilità con laquale può essere raggiunto dalla Villa diSopra attraverso un suggestiva stradamedievale, celebrata anche dalla poetessaNovella Cantarutti.Troi di FrassaneitTroi culurit di alba e di smeralt,tra cultrini’ di bosc e rais di aga;al si vierc’ in ta crodi’ di pinseir,al clama, seneosa, la mê pâs.413.La nascita di questo borgo ha motivazionisenza dubbio meno poetiche. Alcuni abi-tanti della Villa di Sopra cominciarono asfruttare il Canale del Meduna già in etàmedievale, nonostante il tratto posto tra il

paese e la zona di Frassaneit fosse unaimpervia stretta.A Frassaneit la valle si allarga sfruttandoalcuni ripiani rocciosi e terrazzi fluviali.Come dichiara in modo esplicito il toponi-mo, in quest’area c’era in origine un boscodi frassini che fu sacrificato già in etàmedievale per aprire pascoli per le pecoree le capre. A una prima forma di coloniz-zazione centrata sulla transumanza dellegreggi se ne sostituì una seconda centratasulla permanenza degli animali per alcunimesi all’anno nei pressi dei pascoli.Permanenza garantita con la costruzione distavoli dotati di spazi per ospitare i pasto-ri, gli animali e le scorte foraggiere. Laprima citazione relativa a Frassaneit da noirintracciata è del 1565 e ci descrive l’inse-diamento durante l’età matura di questafase. In origine lo stavolo era in proprietàdi Domenico Cleva, che però lo vendeva aLorenzo Pecolle (è questo il nome origina-rio dei Facchin) per cinque ducati. L’attoprecisa con attenzione che si trattava di“stabulum unum cum prato”, che gli abi-tanti “Fraxenetum vocant, iuxta communeacircum circa”414. La consistenza della pro-prietà era davvero ridotta e isolata inmezzo alla comugna, ma questo non ciimpedisce di credere che nei pressi ci fos-sero anche altri stavoli già in proprietà deiFacchin, d’ora in avanti particolarmenteinteressati allo sfruttamento di questo set-tore della valle. Nel 1649 troviamo duerami della famiglia, quello degli eredi diZuanne e quello degli eredi di Antonio,impegnati a dividere in due le proprietàcomuni: “di dividere tra essi la loro partedi robba”415. Tra questi veniva rilevatoanche “un stalli coperto di scandola con lisuoi pradi contigui, et ciò in detto prado siatrova nogari, pomari, et altra sorte di fru-tami, chiamato detto locco Frasanet, confi-na a sol levado a mezodi, a sol a monte, ealli monti comugna”416. Ancora una volta lostavolo veniva rilevato come una entitàisolata all’interno della proprietà pubblica.

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Nel Settecento le notizie si fanno molto piùfitte e si rifanno anche a un contesto inse-diativo più ampio e frazionato tra i diversirami famigliari. Nel 1734, per esempio,Giambattista e Pietro Facchin del fuGiacomo si trovarono a dover garantire unprestito concessogli da Zuanne Martin, impe-gnando “Un pezzo di suo staulliero denno-minato Frassanet con una stalla, coperta discandola, e pradi annessi, e contigui”417.Nel 1740 Tommaso Facchin saldava un suodebito nei confronti di Battista Facchincedendogli un “pezzo di prado che s’atro-va di sua ragione nelle pertinenze di que-sto loco chiamato Frasanet”418.In questo periodo cominciava a emergereuna certa complessità nella geografia delvillaggio. Gli eredi di Natale Facchin l’an-no seguente si accordano per provvedereal sostentamento della madre vedova.L’incarico di accudire la genitrice vieneaffidato a Giacomo che dopo la mortedella madre, a seguito delle divisioni, rice-verà dai fratelli come una sorta di com-penso: “Uno Staulliero denominato degliAgar sittuato sotto queste pertinenzeVocato in Frassaneit cioè sua stalla, e Casacoperti da scandola e pradi contigui”419.Ancora una volta le strutture sono modestee piuttosto arcaiche.L’insediamento è ancora in una fase ditransizione, dalla forma di insediamentopastorale permanente a quella di un vil-laggio segnato da forme paesaggistiche

dell’agricoltura e dalla compresenza deiprati da sfalcio concimati.Nel 1743 i Facchin dovettero impegnareuno stauliero, in gran parte deteriorato, aiMazzari. Si trattava di “Un staulliero di rag-gione d’essi Fratelli Mazzari VocatoFrasaneit situato sotto queste pertinenze odistretto consistente in una stalla copertadi scandola con suoi pradi ivi contigui edannessi con suoi arbori” e ormai privo distrutture abitative420.Questi ambiti di terre e edifici trascurati dicontrapponevano ai settori più coltivati eattrezzati della famiglia. In questo periodoabbiamo notizie di campi arati e di pratiattrezzati con l’impianto di frutteti. Nel1744 Zuanne cedeva a Tommaso Facchinalcuni beni “di questo loco VocatoFrasaneit sive Truschiotto consistente inpradi, Campi, ed arrativi con Alberi in trepezzi di passi in tutto 1836 con unaFabrica, o sia Casone di Legname, e por-tione di Cortivo tutto per l’importare, eprezzo di L.678”421. Si trattava di terreni col-tivati in modo intensivo e attrezzati per laconservazione dei foraggi.Due anni dopo anche presso lo stauliero deiMarzari venivano registrati alcuni terreni col-tivati in modo intensivo: “uno stauliero (...)denominato Frassaneit consistente in unaStalla e Casa coperti da scandola con suoipradi, ed arativi annessi, e contigui”422.L’insediamento dei Facchin a Frassaneitcominciava ad avere successo e la loro

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Frassaneit in una foto degli anni 50 mostra ancora il rapporto tra l’abitato e i pascoli del versante

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azione di colonizzazione finiva per espri-mersi nell’attrezzare nuovi pascoli lungo iversanti che venivano disboscati e lungo lepoche vie di transumanza che collegavanoFrassaneit a settori pascolivi di grandeimportanza. Nel documento che segue cre-diamo di poter riconoscere l’atto di fonda-zione delle stalle Giavons, sulla strada diForcella Frascola, un ripiano attrezzatoverso la metà del 700 con l’accordo per lacostruzione di un edificio in legno.Nel 1746 Tommaso e Domenico Facchinpervennero a una permuta che coinvolge-va diverse loro proprietà tra le quali “unpezzo di terreno prativo detto Bruschiosa,ed un pezzetto d’Arativo annesso e conti-guo a quello di Domenico Permutante inFrasaneit con suoi Arbori fra suoi confini,a riserva di due Arbori, che si riservò essoTommaso à suo beneficio gia segnati ebollati”423. In cambio di quest’ultimo “restiobligato Domenico come s’obliga, e pro-mette, di socombere alla mettà circa dellaFabrica di legname da farsi in d.o staulieroGiaveron che doverà ciò passare daccordo,e cosi pure di lavorare, e socombere, nel-l’accomodamento della strada ad oggetto”424.Uno dei due fratelli avrebbe consolidato unpatrimonio più consistente di terre poste neipressi del villaggio, mentre il secondo sareb-be stato aiutato dal fratello a completare unacolonizzazione già iniziata di settori pastora-li ancora poco sfruttati e destinati, nei desi-deri della famiglia, a diventare nuovi nucleiabitati in modo permanente.È del 1769 una descrizione molto detta-gliata delle proprietà Mazzari in “loconominato Frasaneit in cima il Prado”425. Alcentro dei terreno si trovava una piccolis-sima abitazione: “Una stalla coperta ascandola ma inferiore con muri dirocati(...) Un pezzo d’Orto di passa 5 cinto aPalada [un] Prado tutto contiguo marso, ecoltivato di quantità di p.a 3058”426. Anchequesto settore del villaggio era in quelmomento in parte coltivato tanto che l’or-to doveva essere difeso con un recinto in

legno per evitare che gli animali al pasco-lo danneggiassero i prodotti.Nel catasto austriaco tutti gli edifici eranoproprietà dei diversi rami dei Facchin chequi si erano trasferiti in modo permanentein ben otto case d’abitazione, a esclusionedella casa posta sui terrazzi a ovest che eraproprietà degli Zatti. Il numero delle stalleera decisamente inferiore (5), ma va ricor-dato che all’esterno di Frassaneit c’eranomolti stavoli isolati, raggiungibili con unacamminata di poche decine di minuti. IFacchin di Frassaneit si concentravano prin-cipalmente nel borgo detto di Sopra, men-tre solo un casa era registrata nella zonadetta di Sopra e un’altra del FacchinForchiariz era stata costruita sui terrazzi avalle della confluenza del Rio Giavons.Nel 1930 venivano registrati a Frassaneit 75abitanti, ancora divisi in otto famiglie427, e iresti della piccola scuola ci ricordano i pro-blemi legati all’attivazione dei servizi edu-cativi in un’area tanto isolata.

Come arrivarci:Frassaneit è raggiungibile con una dellepiù suggestive mulattiere di tutta la ValMeduna. Oggi la mulattiera è stata in parteinsensatamente distrutta, ma i tratti ancoraconservati testimoniano il fatto che si trat-tava di un’opera di grande ingegno per itempi. Senza questa strada lo sfruttamentodel Canale del Meduna sarebbe stato piùdifficile, visto che prima della costruzionedella diga del Ciul, per questa stretta pas-sava una quantità d’acqua davvero impres-sionante nei periodi di piena.Partendo da Tramonti di Sopra, senza nes-suna difficoltà potrete raggiungereFrassaneit da valle seguendo il sentierosegnato dal CAI con il numero 386. Chivoglia raggiungere il villaggio abbandona-to da monte, può partire dalla diga del Ciule seguire il sentiero CAI segnato 393, cheè quello che resta del settore più occiden-tale della mulattiera per Selis e le caseredel Canal Grande.

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Cualtramon

Altitudine: 567 m

Cualtramon è un insediamento nato su unripiano dei pascoli del versante sud del M.Roppa Buffon, nei pressi della confluenza dellaVal di Fisar con il Canale del Meduna. La colo-nizzazione di questo settore della vallata cre-diamo vada attribuita alla famiglia Agostin chepossedeva questi luoghi verso la metà del 700. Un atto di divisione delle proprietà del 1748della famiglia Agostin va quasi sicuramenteriferito a questi beni. Gli eredi di Antonio equelli di Tommaso pervennero alla divisio-ne delle proprietà comuni che consistevanonelle “stalle longhe per colmo passi 5 piedi4 con la mettà dell’Tempiaro, e Tramesseradi muro”, in una piccola “casetta, e Cameraannessa inferiore coperti di paglia percolmo passa 4”, in “Un sedime discoperto”,

in “Un prado detto li horti vecchi” e indiversi animali che testimoniano la vocazio-ne pastorale degli Agostin428.La divisione delle proprietà riconosceva lafine dell’esperienza della gestione comunedella famiglia, ormai diventata troppo arti-colata, e poneva il problema della ricercaautonoma di nuove risorse in Val di Fisar. Anche le successive notizie che abbiamoritrovato ci parlano di strutture legate all’at-tività pastorale. Nel 1750 Daniele Agostin ei suoi nipoti dichiaravano di essere pro-prietari a Cualtramon di “Una stallettadirocata per colmo p:4 piedi 2, come sta egiace, con sua Corte”429. Quattro anni dopolo stesso Daniele vendeva a un suo omo-nimo, figlio del fratello Domenico, i resti diuna costruzione già rilevata nella stima del1748: “Un pezzo di sedime loco dettoColtremon sotto queste pertinenze per ilvalor, e prezzo di L.39”430. Pochi decenni dopo, il fallimento dellastrategia economica della famiglia Agostinera sotto gli occhi di tutti e Daniele q.Domenico Agostin si trovò nella necessitàdi vendere al prestatore Giannantonio Zatti“un di lui luoco volgarmente chiamatocolle Tramon di sua propria abitazione”431.Anche l’altro ramo della famiglia dovettepervenire a questa scelta se, come cimostra il catasto austriaco, all’iniziodell’800 le due abitazioni di Cualtramonerano entrambe proprietà degli Zatti.

Come arrivarci:Da Tramonti di Sopra si prende la strada peril Canale del Meduna abbandonandola quasisubito per prendere il sentiero segnato 1 chegira attorno al M. Creto. Raggiunto il RioCelestia lo si attraversa e si imbocca unacomoda mulattiera che conduce a casa Abis.Da qui si prosegue fino ad arrivare in vistadella Val di Fisar. L’attacco del sentiero chescende a Cueltramon non è molto evidente,ma lo si incontra prima che il sentierocominci a salire ripidamente lungo i pascoliormai selvatici del M. Roppa Buffon.

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Catasto Austriaco (1835)

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Paisa

Altitudine: 420 m

Paisa probabilmente nacque dal consoli-damento di uno stavolo della famigliaCrozzoli, famiglia particolarmente attivain quest’area della valle.Nel 1793 sappiamo infatti che alla vici-nia della Villa di Sopra partecipavaanche Battista Crozzolo detto Paisa. La stessa situazione è rintracciabile nelcatasto austriaco che attribuisce il picco-lo insediamento, composto di una casacon stalla, a Giovanni Crozzoli detto“Paizza”. La cartografia dello strumentofiscale ci mostra questo piccolo borgodelimitato da due brevi ruscelli, Rio delPian e Rio della Fous, poco più di dueincisioni nel terrazzo della destraMeduna, ma sufficiente a garantire lacostruzione di un piccolo agglomeratocomposto da casa e stalla, tanto più chei Paisa erano proprietari anche di unastalla sui pascoli privati della Pria.

Come arrivarci:Da Tramonti di Sopra si raggiunge Pradiscon una strada asfaltata e poi si risale ladestra idrografica del Meduna per arrivarea Paisa.

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Catasto Austriaco (1835)

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Pradis, 1999

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Pradis

Altitudine: 403 m

Pradis a mio parere è una delle localitàminori della Val Meduna, dove meglio si èconservato l’aspetto dei piccoli insedia-menti che stiamo analizzando in questolavoro. Qui sembra che il tempo non siapassato; le atmosfere sono ancora quelleantiche nonostante il piccolo borgo sia unacreazione estremamente recente.Per cominciare vale la pena attribuire lacostruzione di edifici pastorali su questolato del Meduna ai Crozzoli. Nel 1667quello di Pradis era ancora un semplicestavolo, proprietà di Leonardo del Boscodetto Crozzolo: “un staulo con li suoi pradicontigui in loco detto Pradis”432.Nel Settecento invece le proprietà comin-ciano a risultare frazionate tra più famiglie

che si affiancano ai Crozzoli, iniziando acostruire l’immagine di un villaggio e nonquella di una casa isolata.Sappiamo che i Martin nella prima metàdel XVIII secolo possedevano “Un pezzodi Caseta coperta di scandola con duepezzi di prado in loco chiamato Pradis”433.Un documento pure del 1741 sembra rife-rirsi ad alcune strutture pastorali definen-dole “uno stauliero chiamato Pradis sottoqueste pertinenze cioè un pezzo di stallaper il valore di L.82, item Un pezzo diprado cioè riva sopra la predetta stalla consuoi alberi per il prezzo di L.124:19, item un pezzo di piano di sotto in dettoloco verso levante con sui alberi, per ilvalore di L.249:10”434. Si trattava di stalle eprati e non venivano citati gli edifici resi-denziali. Molto più completa è la descri-zione dei beni che i Martin avevano ven-duto a Pietro e Domenico Zatti nel 1743per poi riceverli in affitto dalla potentefamiglia di investitori. Con questo atto sichiude la parabola della presenza di pro-prietà dei Martin a Pradis, proprietà cheall’epoca venivano ricordate come le “casedi propria habitazione con sui pradi, Campi,et arrativi raggioni et attioni nel luoco deno-minato Pradis, et altro loco con sua stalla ecasa contigui detto il Plan de Deo”435. Daquel momento i beni di Pradis sarebberoappartenuti agli Zatti, e i Martin, per abitarenelle loro case originarie, avrebbero dovutopagare “per l’affitto annuo ed semplice diL.100, e Formaggio once n.10”436.Il catasto austriaco mostra il denso agglo-merato agricolo come la composizione dinove abitazioni mescolate con otto stalledotate di soprastante fienile. Cinque caserimanevano in proprietà ai Crozzoli, unaagli Zatti subentrati nelle proprietà deiMartin, mentre le altre tre erano attribuiteai Trivelli, Rugo e Miniutti.

Come arrivarci:La borgata è collegata a Tramonti di Sopraattraverso una strada asfaltata.

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Catasto Austriaco (1835)

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Titolo (Urea)

Altitudine: 402 m

La casa attualmente chiamata Titolo dalnome della famiglia che la abita da tempiabbastanza recenti aveva un altro nome:Urea. Era stata fondata sul versante assola-to del colle che sovrasta la località Curs.La fondazione di uno stauliero in questazona poco distante dalla Villa di Sottocredo vada attribuita alla famiglia Pecol oPecolle dalla quale derivarono anche iFacchin. Nel 1744 lo stauliero era in pienaefficienza, tanto che il proprietario,Lorenzo Pecol, lo impegnò come garanziadi un prestito che gli venne erogato dalla

confraternita della Beata Vergine delRosario di Tramonti di Mezzo. Nel contrat-to che seguì il prestito venivano descrittecon attenzione le caratteristiche del beneconsistente in “Un di lui stauliero denomi-nato sotto Urea con una stalla, e Casacoperta da scandola con suoi pradi conti-gui”437. Cinque anni dopo Lorenzo utilizzòUrea per una operazione di prestito simile,erogatogli dalla parrocchia di San Florianoe garantita dal valore di “un suo staullierodenominato sotto Urea consistente nelleFabriche, e Terre prative, ed arrativeannesse e contigue”438. Queste due descrizioni ci permettono dicapire come lo stauliero dei Pecol fosse uni-tario e isolato all’interno di una proprietàcomunale e che le terre erano in parte aratee solo in parte usate per lo sfalcio.Nei pressi di questo insediamento ce n’erauno secondo, che nel 1749 era attribuitoad Antonio Sflez. Costui, nella necessità digarantire un prestito che avrebbe ricevutodagli onnipresenti Zatti, poneva a garanziadella restituzione del denaro “una sua por-tione di staulliero tocatoli in divisioni consuo Fratello Domenico... denominato sottoUrea consistente in una stalla, e casetacoperti da scandola con suoi pradi e campicontigui”439.Credo che questo secondo stauliero degliSfelz possa essere identificato nella “casanuova”, censita nel catasto austriaco alnumero di mappa 1243 e attribuita comeproprietà agli Zatti.Poco a monte la stessa cartografia rintraccial’abitazione dei Pecol all’epoca rappresenta-ti da Natale detto Pieilis, appunto Urea.

Come arrivarci:Da Tramonti di Sopra si prende la stradaper Pradis e poi la deviazione sterrata perCurs e Titolo.

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Catasto Austriaco (1835)

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Curs

Altitudine: 383 m

La zona di Curs era relativamente vicinaalla Villa di Sopra, ma nonostante tutto fucolonizzata con stalle e abitazioni almeno

dal XVII secolo. Nell’area aveva delle pro-prietà Tommaso Facchin, che nel 1729aveva venduto “un staulliero denominatoCurs” ai Cartelli. Vent’anni dopo rintraccia-mo lo stesso Tommaso occupato a ricom-prare quel bene dai Cartelli che lo aveva-no mal tenuto. Il Facchin li riteneva colpe-voli “del speggioramento d’esso staulliero”,che lentamente era stato “ridotto in rega-nazzo” e che ora valeva solo milleduecen-tonovanta lire440.Nel catasto austriaco in località Curs si iden-tificano solo due edifici posti ai bordi delterrazzo fluviale a sud ovest della chiesa diSan Floriano e uno di questi era adibito adabitazione. I diversi orientamenti dei duecorpi di fabbrica testimoniano un’originepastorale. La stessa deduzione possiamoricavarla osservando i frazionamenti delleproprietà private alle quali fanno riferimen-to. Le proprietà seguono linee dettate dal-l’orografia e non dalla razionalità dell’im-pianto agricolo che avrebbe tenuto contodell’insolazione. Ancora una volta prati ededifici sono isole all’interno delle proprietàcomunali, ma la proprietà non era già piùdei Facchin, ai quali erano nel frattemposubentrati gli Zatti.

Come arrivarci:Da Tramonti di Sopra si prende la stradaper Pradis e poi la deviazione sterrata perCurs.

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Catasto Austriaco (1835)

Curs di Tramonti di Sopra, maggio 2002

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Veduta del torrente Meduna nei pressi della Clevata. L’immagine rende evidente lo spessore del materasso

alluvionale inciso dal corso d’acqua, gennaio 1992

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Il settore inferiore del Meduna ha carat-teristiche morfologiche molto diverse daquelle dei settori più alti della vallata.Dopo l’uscita dal canale non sono più lerocce fortemente incise della stretta acaratterizzare il paesaggio, ma gli ampi epiatti terrazzi ghiaiosi scavati dal torrente.Questi ripiani furono disboscati durantele fasi della colonizzazione medievale esolo ora stanno tornando a coprirsi diboschi. Furono i luoghi deputati per lacostruzione di un sistema economicoalpino che prevedeva uno sfruttamentointensivo su settori molto ristretti dellavalle. I percorsi dei pastori non penetra-vano nelle aree più periferiche e selvagge

visto che i pascoli del pianoro diTramonti era sufficiente per le mandriedell’epoca. Un discorso a parte lo meritainvece la zona del versante del M. Mulon.Quest’area oggi vive una stranezzageografica frutto d’antiche scelte. Il set-tore più prossimo all’uscita della valle èin realtà territorio della Villa di Sopra edal medioevo in questo settore sono gliabitanti di quella comunità che hannosempre svolto la loro azione di umaniz-zazione dell’ambiente naturale. Questoha portato politicamente a delimitare unaporzione della bassa Val Medunaattribuendola alla Villa di Sopra. Redona,alcuni altri villaggi e una decina di stalle

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Il basso Canale del Meduna

1 Chiarandin

2 Cotel

3 Cuel di Per

4 Clevata

5 Tridis

6 Flor di Sopra

7 Prades

8 Chiadins

9 Moschiasinis

10 Flors

11 Selva

12 Miar

13 Stalla Salars

14 Stalla Faulin

15 Quas

16 Da Prat

17 Redona

18 Cuil

19 Barbeadis

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private sono un’enclave nel territorio diquella inferiore.In realtà nel XII secolo una grande ope-razione di colonizzazione del versanteassolato del M. Mulon aveva contrappo-sto i tramontini ai medunesi.In quell’occasione le singole famigliepresero possesso dei prati pubblicicostruendo un primo reticolo di insedia-menti temporanei.

Questa matrice insediativa servì per svi-luppare la nascita degli staulieri di ver-sante e poi delle singole borgate. Al con-trario i ripiani pubblici e pascolivi inizia-rono ad essere intaccati dall’attivitàimprenditoriale delle principali famigliesolo sul finire del XVII secolo.Queste due dinamiche diverse hanno por-tato a forme insediative del tutto originalie che cercheremo di descrivere di seguito.

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Lago di Redona, anni 50 circa (cartolina ediz. Bar Crozzoli)

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Chiarandin e Cotel

Altitudine: 354 m e 323 m

Su queste due località abbiamo pochissimee tarde informazioni. Crediamo che questosia dovuto alla recente colonizzazione deiterrazzi bassi del Canal del Meduna, perciòsiamo propensi a non anticipare la costru-zione di questi due borghi a prima delXVIII secolo. In origine i due insediamen-ti in mano ai Ferroli e ai Furlan non dove-vano essere molto diversi da quello che furegistrato nel catasto austriaco in localitàComunias, proprietà dei Beacco Grisa diCampone. Il solo fabbricato rilevato eradiviso in due porzioni, proprietà dei duerami della famiglia. A Chiarandin la situa-zione era la stessa. Un unico fabbricato eradiviso in due porzioni, che però risultava-no essere due case d’abitazione prive d’an-

nessi agricoli e intestate a due diversi ramidei Ferroli detti, appunto, Chiarandin.A Cotel, invece, la proprietà era unitaria eintestata agli eredi di Domenico Furlan. Sapendo che la famiglia Furlan per tutto ilSettecento si era caratterizzata per la suaestrazione artigiana legata all’attività dellamolitura, ci viene facile credere che sifosse trasferita dal molino della Villa diSotto a quello piccolissimo di Cotel. Undocumento del 1755 ricorda che i Furlanerano costretti a impegnare “il molino conun corente Molla e Follo in queste perti-nenze” per ottenere della liquidità daOsvaldo Beacco441.

Come arrivarci:La casa di Chiarandin, restaurata e trasfor-mata, è toccata dalla statale 552, mentreper arrivare a Cotel è necessario prendereuna strada minore diretta verso i bordiincisi nel terrazzo alluvionale del Meduna.

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Catasto Austriaco (1834)

Cotel, giugno 2000

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Cuel di Per

Altitudine: da 377 a 471 m

La colonizzazione di Cuel di Per fu decisa-mente precoce. Questo settore era giàstrutturato come un insediamento tempo-raneo esteso e attrezzato con stavoli nelXVI secolo. Nel 1567 veniva ricordato un“pratum cum stabulo (...) in agroIntermontij in loco Collis Pirri nominatur”442

e ancora, a un anno di distanza, il “pratumunum cum stabulo superaedificato exi-stens in agro Intermonti in loco, quemCollem pyri”443. Se l’immagine che c’è tra-mandata dal catasto austriaco è quella diun agglomerato rado composto da quattroedifici distanziati, in questo primo periodoabbiamo memoria solo di queste due stal-le attrezzate sui prati privati. Nel XVII sec.sappiamo che questi immobili erano pro-

prietà di Simone Rovedo e erano descritticome “duoi staulieri di muro, coperti discandoli, con li sui prati contigui, nellepertinenze della villa di sotto detto in queldi Pier”, circondati dalle terre comunali444.Non molto distanti c’erano però almenodue ulteriori stalle: una in mano a un altroramo dei Rovedo, quello di GiovanniMaria, e una ai Crovatto. Un documentodel 1657 descrive uno di questi insedia-menti come un luogo ancora sfruttato sta-gionalmente e con strutture edilizie ridotte:“un stalli fabricato di muro copperto discandolla con li suoi pradi contigui loccodetto Col di Peir”445.Si dovrà attendere il secolo successivo peravere le prime conferme della trasforma-zione di Cuel di Per da villaggio estivo ainsediamento permanente. Nel 1740 sap-piamo che i beni dei Crovatto avevanocambiato il loro carattere e che risiedeva inquello stauliero “Zuanne q. Batta Crovattodi Tramonti di sotto abitante in Quel di Per(...) con stalle, Case, Prati, e Campi niunoeccetuato”446.Una successiva stima del 1769 rende com-prensibile maggiormente il nuovo caratte-re degli immobili che i Crovatto sfruttava-no a “Col di Perro circondario di Tramontidi Sotto”447. Zuanne, nella necessità digarantire un prestito che stava per ricevereda Pietro Rugo, fece stimare una sua stallae da questa descrizione sappiamo che l’e-dificio era già coperto in coppi, dotato disuperfici esterne lastricate e di scuri.I beni dei Rovedo, invece, furono oggettodi vendite nella seconda metà del 700.Forse a seguito di queste rintracciamo inquest’area diverse altre famiglie residenticome i Gorado o Corrado, proprietarianche di prati posti “sopra le case”448, e iBeacco Filon che vinsero un processo peraggiudicarsi sui cugini Druga “il possessopacifico di terra vocata quel di Per appre-sa in pagamento per detto Beacco Filondal detto Beacco Druga”449. Due anni doposappiamo che in una di queste abitazioni

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Catasto Austriaco (1834)

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vivevano Battista Ronzat e la sua fami-glia450. Mezzo secolo dopo il catastoaustriaco ci permette di individuare congran precisione le forme regressive delpaesaggio antropico di Cuel di Per. Percominciare solo uno dei quattro nuclei eraabitato in modo permanente da GiovanniCrovatto e dalla sua famiglia che estende-va le sue proprietà anche su un secondoinsediamento riconvertito a stalla.Un secondo ramo dei Crovatto aveva laproprietà della stalla posta a sud-ovest,mentre l’ultimo nucleo era finito, non sap-piamo come, nelle mani dei Cleva.Oggi il settore di Cuel di Per è completa-mente abbandonato e rimboschito, tantoche i ruderi dei quattro originari stavolinon sono individuabili facilmente.

Come arrivarci:Alla fine del lago si devia per la strada vec-chia della Clevata e, lasciata l’automobile,si attraversa il ponte che serve il sentieroper Forca del Prete e la Val d’Inglagna.Subito dopo il ponte si attraversa Flors diSopra e si continua per qualche centinaiodi metri lungo il sentiero segnato fino arintracciare a destra un sentiero in quotache conduce a Cuel di Per.

Tridis e Clevata

Altitudine: 386 m c.a.

La zona di Tridis e Clevata è caratterizzatada un ampio terrazzo fluviale, che determi-na un salto consistente rispetto ai terrazziinferiori e che era percepito quasi comeuna sorta di chiusura della vallata superiorerispetto a quella inferiore. In questo luogoparticolare era stata fondata una delle chie-se campestri di Tramonti, quella dedicata aSan Rocco, e in questo ambito rintracciamopure un toponimo “spia” particolare comequello di Casteons, che sembrerebbe riferi-to ad antiche strutture fortificate.Questi erano pascoli pubblici e solo nelXVIII secolo cominciamo a registrare l’af-fermazione di un insediamento sparso chesi strutturò su tre diverse sedi: TridisGrande, Piccolo e Clevata. Le case di Tridis

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Catasto Austriaco (1834)

Tridis di Sopra dopo i restauri, gennaio 1987

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sono borghesi e porticate e questo caratte-re emerge già nelle prime stime. Nel 1740la casa di Tridis Grande era descritta nelmodo seguente: “Una caseta da fogocoperta di scandola, longa per colmo passin.2 piedi n.1 con il suo portico avanti (...)Una stalla annessa pure coperta di scando-la longa per colmo passi n.4 piedi n.1 emezzo”451.A questa casa facevano capo anche le terredette “in cima la Clevata” e il prato “dettoil Ruin di Tavella”.All’inizio dell’Ottocento a Tridis c’era unasituazione insediativa alquanto complessa.Il borgo era diviso i tre nuclei. In quellopiù orientale contava tre case, due in pro-prietà ai Cleva e una ai Ferroli. I due nucleiprincipali invece erano proprietà di due

ricche famiglie: quella dei Menegon dettiCroda e quella dei Masutti detti Capriol. Idue nuclei erano già notevolmente frazio-nati. Quello posto a sud-est contava treabitazioni, quello a nord, in proprietà aiMenegon, ne contava altre tre, ma altri duerami della famiglia erano proprietari delledue case che erano state attrezzate, forserecuperando una precedente stalla, allaClevata.

Come arrivarci:Percorrendo la strada statale in direzionedelle ville storiche si sale con un bruscocambio di pendenza la scarpata dellaClevata. Poco più avanti, sulla destra, sistacca una strada che dopo poche centi-naia di metri conduce a Tridis.

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Casa a loggia a Tridis, 1975

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Flor di Sopra

Altitudine: 372 m

Di questa localitàabbiamo preferitorecuperare il nomecitato nel catastoaustriaco. In realtàanche questi luoghiin origine passavanosotto il nome di Cueldi Per; qui però lacolonizzazione nonera attribuibile aiCrovatto bensì allafamiglia Rugo dettaFiori. Nel 1783, infat-ti, la famiglia avevauna piccola stalla aCuel di Per, ma si tro-

vava nella necessità di doverla impegnarepresso i prestatori Mincelli452.Molto probabilmente le stalle poste in que-sta zona furono trasformate molto tardi inuna residenza privata e nel catasto austria-co rintracciamo a Flor di Sopra ben dueabitazioni e tre annessi rustici.Questo era un periodo di grande espan-sione insediativa e il successo del nuovoabitato era garantito dalla possibilità di col-tivare l’ampio ripiano assolato.Oggi, invece, anche il prato si sta deterio-rando a vista d’occhio, sottoposto com’è auna aggressiva colonizzazione da partedelle principali specie arboree pioniere.

Come arrivarci:Alla fine del lago si devia per la strada vec-chia della Clevata e, lasciata l’automobile,si attraversa il ponte che serve il sentieroper Forchia del Prete e la Val d’Inglagna.Subito dopo il ponte si incontra Flors diSopra. L’insediamento abbandonato daanni è oggi quasi completamente crollato ele strutture lignee del tetto e dei ballatoisono ormai irriconoscibili.Solo lo scheletro delle murature rimane aricordare questo abitato.

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La casa di Flor di Sopra (Cuel di Per) prima dell’abbandono, 1975

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Catasto Austriaco (1834)

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Prades

Altitudine: 360 m

Prades sorse per sfruttare i terrazzi più altidel Meduna, posti sotto il M. Pinada. Lafondazione di uno stavolo prima e di unacasa dopo in quest’area crediamo vadaattribuita alla famiglia Rugo, originariadella Villa di Mezzo. Il nome dei luoghi inorigine era diverso e corrispondeva aZupignes e solo a seguito dei disbosca-menti prevalse il significato legato alle fun-zioni agricolo-pastorali del terrazzo fluvio-glaciale. La costruzione di un’abitazionepermanente in questo settore della vallatacrediamo vada posticipata alla metà del700, cioè a quando si trasferì a PradesZuanne del Rugo “Machiò della Villa diMezzo di Tramonti habitante in ZupignesTerritorio del detto loco”453. Meno di un

secolo dopo il catasto austriaco ci daràconto di una maggiore complessità inse-diativa, rilevando due abitazioni e cinquestalle. Tutti gli edifici erano accorpati quasia formare un microscopico villaggio e iRugo, divisi in due rami, erano senza dub-bio i soli abitanti. Vanno segnalate tre stal-le di proprietà di altre famiglie: i Crovato,i Crozzoli e i Cristofoli.

Come arrivarci:Alla fine del lago si devia per la strada vec-chia della Clevata e, lasciata l’automobile,si attraversa il ponte che serve il sentieroper Forchia del Prete e la Val d’Inglagna.Subito dopo il ponte si abbandona il sen-tiero e si attraversano i terrazzi di Flors diSopra che si stanno rinaturalizzando moltovelocemente. Continuando verso sud siarriva a Prades.

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Catasto Austriaco (1834)

Santin di Chiadins, 1975 circa

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Chiadins

Altitudine: 599 m

Le notizie relative a Chiadins sono relativa-mente antiche; eppure, raggiungendo lungoil sentiero il minuscolo insediamento, non sipercepisce il fatto di attraversare uno deisettori più antichi della colonizzazioneesterna alle ville medievali. Al medioevopossiamo ricondurre la costruzione del sen-tiero, il disboscamento e in seguito l’edifi-cazione di una stalla privata per la montica-zione estiva. Nel 1550 le cronache ricorda-no lo “stabulo de Chiadins” come già esi-stente454, mentre un documento di quaran-tacinque anni dopo lo descrive comecoperto in legno: “uno stabulario CoopertoScandolis (...) in loco qui dicit Chiadins”455. La colonizzazione di questo settore delversante di Ombrena va forse attribuita alla

famiglia Bertoli, che verso la metà del 600poteva dire di possedere su quel colle duestaulieri: quello propriamente dettoChiadins e quello di Roppa posto qualchecentinaio di metri a est del precedente.Tutto attorno si estendevano i versanti pra-tivi e boscati della comugna pubblica:“duoi staulieri fabricati di muro, coperti disandoli, con suoi prati contigui in luocodetto Chiadins et l’altro loco Ropa diChiadins, confina da tutte le parti la comu-gna”456. Possiamo immaginarci l’insedia-mento come un’abitazione semi-perma-nente, circondata dalle terre dei Bertoliricavate dall’acquisto delle terre comunalimeno acclivi.In realtà la girandola dei diritti di proprietàsembra essere più complessa e ci presentaun secolo dopo il piccolo insediamentosotto il controllo dei Moruzzi, famiglia atti-va in tutta la valle del Chiarzò. Nel 1788Giovanni Maria Moruzzi dichiarava che lasua famiglia aveva “sin da secoli avuto jus,ed azione, diretto dominio e possesso soprala sua metà di loco vocato Giadins”457.Chiadins non era però la residenza di unramo della famiglia, quanto una proprietàesterna, lavorata da affittuari e soggettaanche a essere ceduta in cambio di liqui-dità. Per esempio, la finta vendita di que-sto bene che Osvaldo Moruzzi nel 1775farà a vantaggio di Giovanni Battista Sinaaltro non è che una garanzia del denaroliquido prestatogli458.Il documento ci forni-sce anche la possibilità di verificare la con-sistenza dei beni composti in principalmodo da prati attrezzati con una “stallaCoperta a Coppo, e parte a scandola, (...)con le Grepie” del valore di L.363.14 equindi molto più importante, in terminieconomici, della “cucina a foco versoponente, che a levante” che era valutatasolo sessantaquattro lire. Il documento ciconferma che l’edificio originariamentepresente a Roppe di Chiadins era nel frat-tempo crollato e si poteva rintracciare inquei pressi la “Suart del sedime”, cioè quel

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pezzo di terra pubblica che in epocamedievale era sorteggiato e concesso inuso esclusivo a una famiglia del villaggio eche lentamente si trasformò in una pro-prietà privata. Non va nemmeno passatosotto silenzio il fatto che tra i terreni utiliz-zati per l’attività pastorale ce n’era unoancora forestato, appunto il “Boschetto”,del valore di L.180, che fungeva da scortaprivata di legname e che ci conferma comeil versante di Ombrena non fosse ancoradel tutto disboscato.Probabilmente l’edificio principale diChiadins è ancora quello originario perchél’insediamento, frazionato tra i diversi ramidella famiglia Moruzzi, non fu mai in gradodi trasformarsi in un villaggio. Anzi le atte-stazioni successive che abbiamo testimo-niano la scarsa importanza dell’edificatonei confronti del valore attribuito dagli sti-matori ai prati di proprietà. Sul finire del700 sembra scomparire la presenza di unafamiglia insediata; per esempio, non siriscontrano più orti e campi coltivati, maprevale su tutto il pascolo diviso in partiuguali tra i tre rami della famiglia459.La catena del sistema degli affitti disinteres-sati alle condizioni di Chiadins subisce unabrusca interruzione nel 1791, quando tro-viamo un subaffittuario capace di ristruttu-rare l’insediamento e conscio di poter chie-dere un compenso per i miglioramenti fon-diari apportati alla proprietà dei Moruzzi. Itre rami della famiglia avevano affittatoChiadins all’imprenditore Zuanne Bidoli, ilquale a sua volta aveva affittato l’insedia-mento intero a Zuanne Varnarin. Costui nel1792 chiese ai Moruzzi il danaro per avercostruito “nella Casetta Muro innalzato P.a3”, probabilmente un divisorio, aver prov-veduto a un “coperto a coppi fatto novocon il suo legname” e non ultimo al restau-ro del coperto della stalla460. Oltre a questoil Varnarin reclamava anche alcuni migliora-menti apportati ai terreni del complessopastorale, compresa la costruzione di unnuovo terreno zappato e coltivato in corri-

spondenza di un prato umido: “la semina difagiulli nella secca del Prato Marso”461.L’occasione delle richieste del Varnarinerano presto dette. I Moruzzi nel 1791 ave-vano impegnato l’intera proprietà a BellinoBelgrado, arciprete di Travesio, e il poveropastore correva il rischio di non veder rico-nosciuto e retribuito dal nuovo proprietarioil lavoro fatto. Tanto più che il prete era inrealtà poco più di un prestanome e all’ini-zio del 1793 Chiadins divenne ufficialmen-te proprietà di Zuanne Bidoli, dei Lissandri“di Campone Direttore ed amministratoredella Casa paterna”. I Bidoli avevano riscos-so i debiti dei Moruzzi e fino alla restitu-zione del denaro sarebbero rimasti gli uffi-ciali proprietari di quel bene. In quell’occa-sione il comparto pastorale era così defini-to: “un loco vocato Giadins con casetta,stalla, e terre contigue”462. Nell’Ottocento l’insediamento aveva anco-ra il suo aspetto arcaico segnato da duesoli edifici, dei quali un annesso rustico, alcentro del colle. La tessitura del particella-to era influenzata più dall’ottima esposi-zione del sole che dalla particolare orogra-fia del sito, mentre in località Roppa lerovine del vecchio stauliero avevano forni-to il materiale per la costruzione di unanuova stalla. Nel catasto austriaco però ledestinazioni residenziali erano completa-mente scomparse e i paesaggi erano quel-li tipici di un insediamento temporaneo. IVarnarin non abitavano più qui e tre stalleerano attribuite ai Moruzzi detti Moro euna a quelli detti Pagnuch.

Come arrivarci: Da Moschiasinis si stacca un sentiero chesale alla volta di Ferrara. Dopo poco siincontra uno stavolo ben conservato e siprosegue verso la sella, ma prima dellastessa si devia a sinistra rimanendo inquota e giungendo a Chiadins.In alternativa si può partire da Ferrara eaggirare il colle che nelle carte IGM haquota 676 m lungo un sentiero in quota.

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Moschiasinis

Altitudine: 370 m

Moschiasinis è una casa isolata ai piedi delmonte Chiadins. Questo ne giustifica l’eti-mo; infatti, Mons sta per monte. La storia dell’insediamento è comunquemisteriosa perché i documenti più antichiche siamo riusciti a rintracciare attribuisco-no, almeno per la metà del XVII secolo, leproprietà di questo luogo a famiglie dellaVilla di Sopra.I primi proprietari riconosciuti da noi sonoi Pellegrino dei Tramonti di Sopra, che nel1646 si trovarono a impegnare, a fronte diun prestito, ad Antonio Mogatto (forse deiMongiat) “Un loco d.o Selva Moschina,con il suo Bosco, che tende alla Citta inPiedi Terr.o di Tramonzo confinante a SolLevado il Bosco, mezo di il Compratore,

sol a Monte la Comugna del bosco, et allimonti il venditore tendente alla Pietra diMoschino, in quello, che piglia il Boscodelli legnami, che in esso si ritrovano inPiedi tirante a retta linea, et dalla pietra alsedina della Citta, quel tanto che piglia ilbosco”463. Nonostante il documento pre-senti una certa abbondanza di riferimentigeografici ci viene difficile attribuirlo concertezza a Moschiasinis e alla vicina omo-nima Selva. Il Settecento ci fornisce notizie più certesull’entità dell’insediamento e sui suoi pro-prietari. Questi ultimi erano i Ferroli chevivevano e coltivavano quei luoghi senzaspassarsela poi troppo bene, se più volte litroviamo costretti a garantirsi un prestito indanaro impegnando le loro proprietà464.Per esempio, nel 1750 “Giovanni Mariaq.m Domenico Ferroli di questo loco habi-tante in Moschiansins” ricevette un presti-to da Pietro Bidoli “ed ha obligato il staul-liero, e beni di Moschiansins”465. Il presta-tore non era però uno speculatore ma unamico e forse per questo motivo rintraccia-mo dodici anni dopo Giovanni MariaFerroli mentre cede a don Pietro Bidoli unterreno da attrezzare con un’uccellanda:“Un pezzo di terra d.to Moschiansins aduso di far un’Ottia, come dalla convenz.etra le parti seguita con obbligo e servitùanche d’un Trozzo ...verso il Rio dellaFontana di p. 121 ...a condizione ancora,che il s.o Bidoli habbia a condur l’Aqua peruso di detta Ottia per il Prado vicino di rag-gione d’esso Ferroli in Riva a tall’oggettofissata, con un Alveo, che apporti minorpregiudizio possibile al Ferolo medesi-mo”466. don Pietro per compensare il Bidoligli diede in cambio un pezzo di terreno disuperficie maggiore per il disturbo.Che i Bidoli della Villa di Mezzo fosserointeressati all’ambito di Moschiasinis, nonsolo per la pratica dell’uccellagione, ce loconferma un documento con il quale donPietro e i suoi due fratelli, Santo eGiovanni Battista, nel 1800 affittavano ad

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Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000 (1988)

Catasto Austriaco (1834)

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Antonio Bidoli di Campone alcune terre inquesto settore del canale467.Nel catasto austriaco solo una casa e unastalla furono registrate di proprietà deiBidoli; le altre due risultano invece intesta-te a famiglie che dovevano essere suben-trate ai Ferroli e che erano un ramo deiBaret e uno dei Venturini.Attualmente questa località è abitata dallefamiglie Rugo e Miniutti.

Come arrivarci:I terreni, un tempo irrigati, di Moschiasinise il borgo nato per sfruttarli sono attual-mente raggiungibili da una strada asfaltatache si stacca dalla statale n.552 subitodopo Miar per chi viene da Redona, epoco dopo il ponte sul Chiarzò per chiproviene da Tramonti.

Flors

Altitudine: 283 m c.a.

Flors è diventato un luogo mitico nell’im-maginario della valle. A ogni siccità i rude-ri delle case emergono dal lago come deglispettri di un passato antico.Flors, come Redona, furono sommersi,negli anni ‘50, per dar vita a un bacinoidroelettrico di valore regionale che som-merse la vecchia strada della Val Meduna egran parte dei terreni coltivati del fondo-valle.Per contro su questo insediamento nonabbiamo molte informazioni antiche eanche le forme delle architetture ancoroggi visibili ci fanno credere che si tratti diun abitato sorto in epoca relativamenterecente, in relazione allo sfruttamento agri-colo di un ampio terrazzo del Meduna ma

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Pecol e i prati di Moschiasinis dall’alto, giugno 1996

Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000 (1988)

Catasto Austriaco (1834)

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anche al controllo del piccolo Molino deiFlor ai piedi del monte Pinada.Entrambi i toponimi lascerebbero intende-re che l’insediamento, così come per ilborgo del Canale di Campone, vada attri-buito alla famiglia Flor, ma nel catastoaustriaco queste proprietà appartenevanoa Pasquale Miniutti detto Morada.

Come arrivarci:A dire il vero questo villaggio subacqueo èvisitabile solo in situazioni assolutamenteeccezionali (lunghi periodi caratterizzati dapoche precipitazioni o pulizie del bacinoidroelettrico).La foto qui sotto ritrae i ruderi in unambiente desolato regalatoci proprio dal-l’assenza dell’acqua.

Selva

Altitudine: 428 m

Si tratta forse della Selva Moschina docu-mentata verso la metà del 600468. Per certoi documenti settecenteschi ci mostrano unnucleo abbastanza complesso di edificiriconducibili alla famiglia dei Rugo.Probabilmente un ramo di questa famigliasi era insediato a Selva nella seconda metàdel Seicento e il modello di frantumazionee divisione della proprietà portò in pocotempo alla costruzione di un agglomeratodi edifici che aveva la forma di un piccolovillaggio. L’esposizione del versante favori-va la coltivazione e l’abitazione permanen-te e quindi non a caso il valore dei terrenisuperava molto spesso il valore degli edi-fici. Per questo motivo Lorenzo Rugo “abi-tante in Selva”, dovendo ricevere un pre-

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Flors, 1995

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Catasto Austriaco (1834)

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stito di 20 lire venete da Paolo Ferroli altasso di favore del 5%, si trovò costretto aimpegnare non la casa, ma “un suo hortosotto e contiguo alle Case d’habitatione inSelva con suo prado pure contiguo versoponente”469. Sempre nel 1757 un altro ramodei Rugo, quello di Leonardo, si trovò nellanecessità di cedere ai cugini Gio: Maria eLeonardo “un pezzetto di stalla coperto, ascandola situata in Selva Territorio d’essoloco per il valore, e prezzo li L:93”470. Quella dei Rugo era una famiglia che cre-sceva a dismisura rispetto alle risorse dellaproprietà e anche qui si vennero a costi-tuire delle forme di “garanzia” per i ramiche continuavano a esprimere una compo-nente mascolina. Nel 1765 Giovanni MariaRugo detto Magris, nel predisporre il suotestamento, si preoccupò di lasciare tutto ildanaro liquido alla figlia che era sposatacon Antonio Orlando, vincolando le pro-prietà di Selva a quelle dei fratelli Mattio eAntonio. Antonio era già morto, ma i suoifigli, Leonardo e Paolo, si sarebbero impe-gnati ad accoglierlo nella propria famigliain modo che “abbia a essere Padrone si delvitto, che vestito a uso e costume consuet-to”471.L’anno seguente un altro ramo della fami-

glia, quello di Antonio del fu Leonardo, sitrovò nella necessità di garantirsi un pre-stito da Antonio Beacco ponendo a garan-zia del danaro “certi pezzi di terra con casee stalle il tutto posto e collocato in perti-nenze di Selva”472. Pochi giorni dopoGiovanni Maria subentrò al Beacco neidiritti maturati nei confronti “di una Casacon sopra camera, e portione di corte”473.Anche quest’atto rende evidente la volon-tà dei Rugo di rinsaldare la proprietà fami-gliare di Selva facendo in modo che non sipotessero inserire “foresti” all’interno deltessuto insediativo del piccolo borgo, manon sempre questo era possibile. AntonioBeacco, forte delle sue credenziali, riscos-se i beni degli insolventi Rugo e nel 1772si trovò ad affittare a Florean Durat q.Domenico della Villa di Sopra alcuni beni“posti e collocati in loco detto Selva ilprimo vocato il brenton quale confina” GioBatta Masutto, la Comugna e LeonardoGorrado, il Qual della Roppa confinantecon Zuanne Rugo e “una stalletta d’abassodi dette terre, Item una Cocina con solarosopra via posta in Selva con una stalletta”,il tutto per un affitto di L. 34 annue474.Una proprietà dei Beacco posta nei pressidi Selva fu venduta a un altro grande pre-

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Le case di Selva di Moschiasinis, 2003

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statore della valle, don Daniele Carnielli diTravesio, che acquistò “un di lui loco sivestaulliero in pertinenze di Tramonti disotto, loco nominato Costalitam sopraSelva consistente nella stalla costrutto dimuro coperta da scandola con suoi pradicontigui”475.Per comprendere il genere di vita di questefamiglie residenti e proprietarie, ma sostan-zialmente povere, è sufficiente vedere l’in-ventario delle proprietà di Zuanne Rugo,abitante a Selva nel 1774. Rintracceremocosì “la casa Dominicale con due cameresopra via coperta già a coppo”, dotata didiverse “caldiere” e altri arredi, e una pove-ra stalletta abitata da tre capre, tre pecore edue mule, Cisila e Perla”476.Nel catasto ottocentesco Selva si mostracome una sorta di villaggio segnato dacase e stalle certamente piccole. Una stra-da collega l’insediamento con la viabilitàmaggiore e un ampio cortile comune di-stribuisce i piccoli edifici.Il regime delle proprietà era conseguente aqueste forme edilizie così povere. Moltirami dei Rugo avevano perso i diritti sulleloro originarie proprietà e vivevano nellecase degli avi come semplici affittuari.Complessivamente nel borgo venivanoregistrate sette abitazioni, delle quali duein rovina; eppure nessuna di queste era inproprietà ai Rugo. Solo un ramo dellafamiglia possedeva una semplice stalletta.Tutte le altre proprietà erano in mano adue delle famiglie di prestatori di danaropiù potenti e ricche della vallata: gli Zatti ei Nevodin.

Come arrivarci:Risalendo la valle lungo la statale dopocase Miar si imbocca la strada asfaltata adestra diretta a Moschiasinis. Alla primacurva si lascia l’auto per proseguire a piedilungo una pista forestale che una decinad’anni fa ha distrutto il bellissimo sentieroche portava a Selva, ora trasformata in unpiccolo nucleo di seconde case.

Quas

Altitudine: 392 m

Quas è un borgo posto poco a monte diRedona, su una piccola sella. L’abitato nonè ben documentato nel periodo storicoperché crediamo che un tempo questeborgate rientrassero nella più genericadenominazione di Redona. Non a caso ilnome Quas deriva da un patronimico. Ilcatasto austriaco registrava in questa bor-gata ben sei rami della famiglia Quas, aiquali corrispondevano nove case d’abita-zione. Evidentemente il villaggio era natoda poco, ma si era sviluppato con ritmoincalzante a mano a mano che la famigliafrazionava i suoi beni.I Quas dovevano essere arrivati emigrandodalla Villa di Sopra all’inizio del 700 e sierano impegnati in imprese economiche

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Catasto Austriaco (1835)

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soprattutto in Val Silisia. Nel 1744 sappia-mo che “havevano m.r Gio: Batta q.mDomenico e consorti detti Zuassi firmitered in solidum convertita in uso proprioUna portione della montagna di raggioned’esso Comune Pascolino denominatoSelisia delle Tronconere”477. Quella deiQuas era una famiglia d’artigiani, per lopiù muratori, impegnati anche nell’alleva-mento. In un primo periodo sembra risie-dessero in Chievolis478, ma sul finire delsecolo i diversi rami famigliari si spostaro-no a Quas. Nel 1793 nel bacino meridio-nale del Meduna, in territorio della Villa diSotto, c’erano due nuclei famigliari deiQuas, rappresentati da Pietro e Battista,figli del defunto Domenico479 e capostipitinella costruzione famigliare del piccoloborgo che era composto di cinque piccolinuclei di case e stalle modeste e relativa-mente moderne.Il solo edificio che non risultava in pro-prietà alla famiglia era una casa posta asud e in proprietà agli avianesi Carlo eMarianna Policreti.

Come arrivarci:Entrando in valle a Ponte Racli, prima diRedona si devia a destra lungo una stradi-na asfaltata. Si prosegue fino alla sbarra esi è nel borgo principale di Quas.

Redona

Altitudine: 318 m c.a.

Sui terrazzi fluvio-glaciali posti poco amonte della stretta di Racli, lungo la stradache introduceva alla vallata, sorse già inepoca antica qualche stalla che prese ilnome della località: Redona. I terreni pocoacclivi giustificavano un particellare com-posto da strisce di terra relativamente sot-tili disposte in direzione est-ovest, in leg-gera pendenza. Il sentiero più antico attra-versava questo falsopiano tenendosi adebita distanza dall’imprevedibile Meduna,mentre una mulattiera più importante fucostruita successivamente a valle sui terrenipubblici in fregio al Meduna. Il prato ospi-tava diverse piccole costruzioni di legno,adibite alla conservazione del fieno; peresempio, quella di Pietro Urban480 o le con-

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Quas. Casa a ballatoio dotata di una cisterna

circolare per l'acqua, 2003

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Catasto Austriaco (1835)

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termini proprietà di Paolo e Simone Zomo,poste “in loco appellato Redona Scilicetportionem suam tabulati”481 confinante conil fienile di proprietà del notaio Urban.Lentamente le proprietà cominciarono atrasformarsi nell’uso e nella morfologiaedilizia per adattarsi all’allevamento bovi-no. Nel 1638 su quei prati veniva censitouno stavolo “costrutto di muro et scandolain loco chiamato Redona”482.Di lì a pochi decenni anche questo nucleo distalle si trasformò in un piccolo villaggio,ossia in un agglomerato di casupole dimodeste proporzioni e stalle, alle quali all’i-nizio del XVIII secolo si andò ad affiancareun piccolo oratorio dedicato alla madonnadel Carmelo (1740), che in seguito si trasfor-merà in una vera chiesa483. L’oratorio servivatutti i villaggi posti sulla sinistra della strettadel Meduna e anche PietroCrozzoli di Barbeadis, a cin-que anni dall’erezione dellachiesetta, nel 1745 lasciavanel suo testamento l’onere“che annualmente nell’Ora-torio di Redona li sia fattocelebrar una mesa imperpe-tuo obligando un pezzo diterra luoco segnato sopraCretar in Barbeadis”484.L’insediamento dei Da Prat aRedona è ben definito nelcatasto austriaco dove emer-gono in modo chiaro le dueborgate che erano nate daglioriginari stavoli. La prima,quella a monte, era compo-sta solo di edifici rurali,mentre quella meridionalevicino alla chiesa contavaquattro abitazioni.Questo paesaggio urbanoaccompagnò l’esistenza diRedona fino al momentodella costruzione dello sbar-ramento idroelettrico e allarealizzazione del bacino che

sommerse l’originario abitato. Questo è visi-bile e visitabile solo durante i periodi di sic-cità, quando la vecchia strada e le rovinedelle case e dell’antica chiesa emergono dal-l’acqua. Se vi fermate nei pressi del vecchioinsediamento e il livello del bacino vi sem-bra basso, dirigetevi verso la diga e scorge-rete, al di sotto dell’attuale ponte della stra-da asfaltata che porta al Canal del Silisia, ilvecchio Ponte Racli. Si tratta del manufattocostruito sul finire del 700 per superare insicurezza l’altissima forra del Meduna.

Come arrivarci:Non c’è niente di più facile perchéRedona, quella nuova, costruita a seguitodella sommersione dell’originario borgo, èla porta dei “Tramons”, e la strada statalegli passa in fianco.

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Veduta del bacino idroelettrico, la nuova Redona e Da Prat

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Da Prat

Altitudine: 376 m c.a.

Ancora una volta il nome del luogo corri-sponde a quello della famiglia che lofondò. I Da Prat erano attivi già all’iniziodel 600 nella Villa di Sopra485, ma non sap-piamo se avessero già degli interessi nel-l’area posta all’inizio della vallata.Certo è che nella prima metà del secolosuccessivo non solo i Da Prat erano inse-diati nei pressi di Redona, ma svolgevanoattività comuni di gestione di pascolo pub-blico con altre famiglie della zona diRedona. Nel 1740 Battista Durat si recò“alla casa di m.r Domenico Da Prat dettogalina ad intimarlo che porti salle, e farina

su la montagna stante vol esserCompagno”. Evidentemente Domenicoaveva affittato con i Crozzoli, i Fracassi e iQuas una montagna pubblica, ma perqualche disguido non aveva ancora paga-to la sua quota d’affitto.I colleghi a questo punto gli intimarono di“Comparir da San Giacomo con il suo soli-to del afitto della montagna altrimente senon vol stare compagno se vol stare con learmente per il latte, et il putto per la spesaaltrimente che meni fora li suoi animallicon il putto”486 dal comparto gestito dagliamici.Ci è facile credere che in questo periodo iDa Prat fossero già insediati nell’omonimoborgo. Il censimento delle famiglie dellecontrade di Chievolis del 1791 rintraccianella zona di Redona due famiglie sole:quella di M.ro Iseppo Da Prat e quella diBattista q. Zuanne Da Prat Pellonio487.Pochi anni dopo venivano registrati inquesto settore un “Domenico q. Valentin diRedona” che potrebbe giustificare la tradi-zionale attribuzione del toponimo diValentinis a questo borgo, Beltrame diGiuseppe Da Prat e Antonio Da Prat dettoSagradina488.Nel catasto austriaco anche questa località,composta di due piccoli aggregati untempo probabilmente stavoli, era moltofrazionata e dava la sensazione di un pic-colo villaggio composto di sei abitazioni edi solo tre stalle.I rami famigliari proprietari erano in realtàsolo tre, ma questo dimostra che si tratta-va di aggregati famigliari che raccoglieva-no due o più famiglie autonome.

Come arrivarci:Entrando in valle a Ponte Racli, prima diRedona, si devia a destra lungo una stradi-na asfaltata e si incontra dopo poche cen-tinaia di metri il borgo di Da Prat..

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Barbeadis e Cuil

Altitudine: 521 m c.a. e 635 m

Barbeadis fu uno dei luoghi più contesi trale comunità rurali di Tramonti e di Medunoa partire dal 200, quando la colonizzazio-ne dei versanti assolati di questo settoremontuoso iniziò a costruire un paesaggiodi prati e pascoli segnati da stalle.Questo è il paesaggio che rintracciamoancora nella documentazione cinquecente-sca e che attribuisce interi gruppi di stalledi questa zona alle principali famiglie dellaVilla di Sopra, per esempio gli Urban489,gli Zomo, i Facchin, i Mazzari e inCandussetti490. Le descrizioni sono moltosemplici: “unum stabulum cum prato con-tiguo in loco vocato Barbeadis”, ma ci con-fermano un ambiente denso di piccolestalle poste al centro di un prato privato e

adiacenti ad altre proprietà private chevenivano di volta in volta affittate allefamiglie di pastori.Nel 1562, per esempio, i Mazzari affittaronoa Matteo Fracassi per quattro anni “ stabulasua existentia Intermontes, in locis dic.Metuna, et Barbeadis”491. L’affittuario siimpegnava a pagare l’affitto il giorno di SanDaniele, protettore dalle belve selvatiche:“festo divi Danielis prox. Venturo”. Oltreallo stavolo, i Mazzari affittavano al pastoreanche un colorito gregge strutturato nelseguente modo: “oves triginta duas, arietemunum, agnum hornus, dest, unius anni, etcapras tres: item per quadriennium”492.Nel Seicento inizia a esprimersi in quest’a-rea l’influenza della famiglia Crozzoli. Nel1645 la famiglia di Battista possiede “unostavolo construtto di muro con li pradicontigui coperto di scandola con stanzen.o tre, con il tobiado in loco dettoBarbeadis”493.È nel 700 che questo ambito comincia astrutturarsi come un insediamento perma-nente e molto denso, attrezzato attorno auna sorta di piazza comune aperta versovalle494.L’azione di strutturazione è diretta soprat-tutto dalle principali famiglie della Villa diSopra che affittano, ancora una volta, iloro immobili in cambio di una rendita. Daquesto punto di vista l’affitto dei benientrati in proprietà agli Zatti è estrema-mente significativo e merita un po’ di spa-zio. Nel 1737 Candido Zatti affittava aVettore Rovedo per cinque anni “un luo-cho chiamatto Berbeadis posto nelle perti-nenze di questo loco con mitta di staolo eCasa con suoi prati ivi contigui et sopra ladetta stalla e Casa cioè le seradure delleporte sono di raggione d’esso DominoCandido locatore”495.Il contratto prevedeche il Rovedo sarebbe stato tenuto a con-tribuire ogni anno “di contadi L. 80 et unCapretto in anno da pagar ogni anno altempo della B.V.M. d’agosto (...) che poi ilsud.o locatore sia obbligato mantenir li

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Coverti, come pure s’obliiga darli alColono una armenta pregnante alla venutadi montagna di buona qualità ma solo cheper anni due”. Il contratto prevedevaanche delle norme di garanzia per il pro-prietario, che doveva ricevere alla fine delcontratto un bene migliorato e non peg-giorato e “non debba tagliare alberi dialcuna sorte”; segno evidente che il disbo-scamento aveva messo in crisi le risorseboschive della zona.Da un documento del 1743 sappiamo cheanche i Cozzi vantavano in quel frangente“Un suo stauliero denominato Barbeadiscon sua stalla, e casa coperti da coppo consuoi pradi contigui”496.La situazione a monte, sul Colle o Cuil diBarbeadis era più arretrata. I Mazzari, infat-ti, detenevano lì alcune proprietà con pratidi scarsa qualità che decisero di vendere aiCrozzoli497. A questa data (1745) non risul-ta che a Cuil di Barbeadis ci fossero edifi-ci, ma solo “pezzi di terreno prativo partecolto e parte marso unito e contiguo (...)

situato in queste pertinenze di Barbeadisloco detto Quel”498. Alcune delle famiglie che per prime colo-nizzarono la zona si trovarono costrette acedere le loro proprietà in pegno ai pre-statori. Nel 1747 Pietro Durat impegnòagli Zatti “Un staulliere in Barbeadis cioèStalla coperta di coppi, e casa coperta discandola con suoi pradi annessi”499 mentreGiacomo Fracassi fece lo stesso con iMincelli impegnando un bene “denomi-nato Barbeadis consistente nella portionedi stalla e casa coperta di scandola, ecasetta copperta di coppi con la metà depradi annessi”500.Verso la metà del XVIII secolo solo pochistaulieri stavano uscendo dalle formearcaiche della colonizzazione pastoraleper avvicinarsi alle forme dei villaggi.Quello dei Mazzari, per esempio, nonvantava coltivi ed era ancora coperto inscandole: “un staulliero denominatoBarbeadis consistente in stalla, e Casacoperti di scandola suoi pradi contigui”501.Quello dei Durat non era molto diverso eveniva descritto nel 1752 come “un staul-liero sotto queste pertinenze vocatoForcha in Barbeadis consistente in unastalla coperta, a coppo, e Caseta copertadi Scandola con suoi pradi contigui”502.Le principali famiglie di prestatori eranopoco propense a investire capitali nellatrasformazione delle strutture edilizie delleloro proprietà, mentre gli affittuari o i pic-coli proprietari emergenti avevano unapolitica economica molto più aggressiva.La lite sorta tra i Crozzoli e gli Zatti a pro-posito di Cuil è significativa. Come abbia-mo visto, i Crozzoli avevano acquistatoalcune terre a Cuil e nel frattempo detene-vano uno stauliero degli Zatti limitrofo.Nel 1750 Daniele Zatti pretese di ripren-dersi da Michele Crozzoli lo “staullierodenominato Barbeadis sive colle contenu-to nell’Istrumento 5 febraro 1743”503. Nelfarlo però contestò i miglioramenti appor-tati dai Crozzoli alla proprietà e in modo

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Orti e campi un tempo coltivati a Barbeadis, 2001

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particolare li accusò di “aver eretto unaFabrica non utile, ne pure necessaria inesso loco, anzi più tosto di danno, chealtro per averla eretta in presso maggioredi quello a la terra stessa”. Il tribunale, consalomonica sapienza, attribuì metà dellanuova stalla al Crozzoli e metà agli Zatti504. In seguito i Crozzoli acquisirono anchequell’ultima porzione della stalla degli Zattie divennero i soli proprietari dell’insedia-mento, decidendo però di non abitarlo.Infatti, nell’800 il catasto austriaco ricono-sceva a Cuil solo due stalle dei Crozzoli euna degli Avon.Ben diversa era la situazione a Barbeadisdove l’insediamento si era evoluto fino aprendere l’aspetto di un villaggio. La mag-gior parte delle stalle era stata riconvertita

in residenza e complessivamente furonocensite nel borgo dieci abitazioni control-late per lo più dai Crozzoli dei diversirami. Un consistente numero di case erainvece rimasto ai Fracassi che continuava-no a dimostrarsi legati alle scelte di trasfe-rimento operate nel XVII secolo.

Come arrivarci:Entrando in valle a Ponte Racli, prima diRedona si devia a destra lungo una stradi-na asfaltata. Si raggiunge Da Prat e qui sipiega a sinistra lungo una mulattiera checonduce in pochi minuti al panoramicobelvedere di Barbeadis. Per raggiungereCuil si attraversa tutto il villaggio principa-le e si prende la mulattiera che a monteporta verso le stalle alte dei Crozzoli.

205

Barbeadis, marzo 2001

Page 106: 2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

206

Case e selciati a Pradis di Tramonti di Sopra, giugno 2003

Page 107: 2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

Il territorio di Tramonti, abbiamo cercatodi dimostrarlo con questo studio, è unpalinsesto di segni difficili da leggere e dainterpretare. Crediamo che il lavoro svoltosia utile al riconoscimento delle "risorse"minori che questo territorio presenta conun carattere del tutto originale: le testimo-nianze archeologiche di un passato nontroppo lontano. Noi crediamo che i segni principali delsistema dei villaggi ora abbandonati osotto utilizzati e quelli del connettivo che lilegava, possa diventare un valore di iden-tità per la vallata. La creazione degli stru-menti utili per esercitare sul campo l'ar-cheologia del paesaggio può essere unelemento di distinzione e di diversificazio-ne dell'offerta turistica di questa vallerispetto alle altre505. A Tramonti un patrimonio straordinario di"segni" lasciati dall'uomo è li "fuori casa" epuò essere raggiunto ed esplorato avvici-nandosi in macchina, o con escursionifacili per tutti. Gli elementi principali dell'archeologia delpaesaggio e della storia locale sono tutti lì,ancora a portata di mano, anche se sembrache la comunità locale non sia in grado dileggerli e soprattutto di attivare delle azio-ni di conservazione e valorizzazione diquei beni. Per esempio, la roggia dellaVilla di Sotto è in disuso e infestata dallavegetazione nonostante si tratti di unmanufatto tra i più antichi del paese e vadaricondotto alla prima fase della colonizza-zione medievale. Il molino di mezzo, poi

riconvertito in centralina idroelettrica, èabbandonato come un ignorato testimonedel passato. Nella Villa di Sopra il molinoe la segheria Zatti potrebbero essere unelemento museale di straordinario valoreetnografico e lo stesso si può affermareper l'opificio di Campone.La viabilità più antica, quella sulla piana,che connetteva le tre ville è ancora lì tuttaabbandonata e potrebbe essere recuperataper costruire un reticolo di connessionepedonale tra i centri abitati di tradizionemedievale. I principali sentieri che connet-tevano i diversi settori della vallata sonoabbandonati, infestati dalla vegetazione, e,ovviamente, non segnati. Solo recentemente il Parco delle DolomitiFriulane sta operando su alcune viabilitàdella Val Meduna incluse nel suo territo-rio. Questi antichi manufatti, che sono lamemoria di sistemi economici ormaiscomparsi, verranno recuperati peraumentare l'offerta turistica per gli escur-sionisti esperti che amano i settori piùalpini e selvaggi delle nostre Prealpi. Noicrediamo che ancor più a ragione il con-nettivo storico, i sedimi delle antiche stra-de comunali, debbano essere valorizzatinei settori più bassi della Val Meduna.Quei settori che possono essere affrontatianche da famiglie, ragazzini, anziani,escursionisti non esperti, ecc.I luoghi conservano la memoria di unacomunità e devono essere restaurati,soprattutto in quei settori dove i segnilasciati dalla storia possono parlare e rac-

207

Postfazione

Page 108: 2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

contare la vita e la cultura materiale degliabitanti dei "Tramons". Credo che questi due brevi volumi sianoutili per riconoscere a questa vallata unaspecificità assoluta, un carattere insediati-vo originale, una storia di conquista dirisorse e di crisi delle stesse che ha lascia-to dei segni indelebili. La zona diTramonti, a differenza di quella del parconaturale, è un estensivo parco archeologi-co ricco di reperti ancora visibili chevanno dall'età medievale alla fine di quel-la moderna. Questa vocazione, se trascu-rata, sarà un'altra occasione sprecata perla comunità locale. Un occasione per ten-tare un processo di identità della vallata,all'interno dei tempi lunghi della costru-zione del territorio e non solo in quellicorti dell'abbandono e dello spopolamen-to. L'obiettivo è quello di esaltare l'origi-

nalità di questi luoghi rispetto a quellicontermini sia sul fronte interno allacomunità locale che su quello esterno,almeno, a scala provinciale.Una quindicina d'anni fa furono proprioquesti segni a far nascere in me una pas-sione archeologica rispetto al territorio tra-montino. Da allora decine e decine disopralluoghi mi hanno portato ad esplorarequesta terra e la sua storia fisica e antropi-ca, ma nel frattempo non ho visto crescerenuove sensibilità e politiche nella vallatacoerenti con quel passato. Queste note sono una mite esortazione afarlo e un segno della mia disponibilità adessere utile a questa vallata in termini nonsolo di ricerca, ma anche di progettualità.

MORENO BACCICHET

208

Estate 2003. La siccità fa riemergere dal fondo del lago i ruderi di Flors

Page 109: 2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

Note

(si è iniziato dalla numero 218 in quanto lenote dalla numero 1 alla 217 fanno partedel volune IV della collana)

218 Nel 1779 il comune affittava a Sebastiano

Centazzo di Maniago, per 15 anni, il “Bosco di faghe-

ra chiamato Valeici”.

Per effetto del noto abbassamento dei limiti altimetri-

ci lungo la forra del Viellia, il faggio scende di molto

rispetto al suo naturale climax.

ASPn, b.1324, f.9304, 28 settembre 1779 e 29 settem-

bre 1779.219 Id., b. 461, f.3648, c.118, 30 dicembre 1674.220 Id., b.1313, f.9229, c.87v, 5 agosto 1743.221 Id., b.1317, f.9260, c. 383, 6 dicembre 1773.222 Venivano ricordati come:

“il sedime del pian della stalla di sotto con muri p.a

11 e suoi fondi di corte L. 28

il sedime della casetta di sotto compreso la corte

passa 5 L. 15:10”.

Ibidem.223 Id., b.1318, f.9263, s.n., 20 giugno 1776. 224 Ibidem. Nella stima del 23 Aprile 1774 era descrit-

ta la “Caseta costruta a muro e coperta a scandola di

fagera Legniame tutto di Fagera”.225 Id., b.455, f.3611, c.8, 14 Aprile 1570.226 Id., b.462/1, f.3663, c.4, 3 novembre 1650.227 Id., b. 461, f.3648, c.118, 30 dicembre 1674.228 Id., b.1313 f.9231 c.45, 20 maggio 1744.229 Id., b.462, f.3654, c.39v, 20 ottobre 1647.230 Id., b.462/1, f.3662, c.42, 20 agosto 1650.231 Id., b. 456, f. 3618, c.69, 5 dicembre 1584.232 Id., b.462/1, f.3662, c.42, 20 agosto 1650.233 Id., b.1314, f.9236, c.5, 9 marzo 1748. 234 Giannatonio qm Domenico del Zotto cede a

Domenico qm Battista del Zotto “Una staleta detta in

Malandrai sotto queste pertinenze per il valore di

L.120, item due pezzetti di Terreno prativo in detto

loco”. Id., b.1315 f.9244, c.12, 3 maggio 1756.235 Id., b.1337, f.9377, 9 novembre 1799. Antonio

Rugo acquista da Biasio del Zotto “la stalla in

Mallendrai”.236 Abbiamo inserito Chiasarili all’interno di questo

settore anziché al bacino del Canal di Cuna perché

questo insediamento ebbe sempre e solo legami con

l’area di Palcoda e del Chiarzò.237 Id, b.1314, f.9237, c.74v., 23 maggio 1752.238 I documenti ricordano “un suo loco vocato

Palcoda con pradi, casa e stalla”. Id., b.1319, f.9272,

c.54v, 4 giugno 1752.239 Id., b.1329, f.9333, c.36v, 8 luglio 1764.240 Nel 1784 Candido Moruzzi, “abitante nel Canale

di Campone” e considerato uno dei migliori conosci-

tori dell’area, intervenne in un processo dichiarando

“che il Monte chiamato Agardegno situato nelle per-

tinenze di questo loco essere sempre ab antiquo ed

in presente stato da qualunque persona, sive abitanti

di Palcoda come pure da altri abitanti di Tramonti

goduto col far uso di taglio, pascolare e, siegare soli-

darmente, né esser da qualunque particolare stato frà

posto alcun benché minimo impedimento...”. Id.,

b.1325, f.9311, 5 aprile 1784; Id., b.1326, f.9314, 15

gennaio 1787.

Il Monte Agardegno può essere riconosciuto come

l’area corrispondente alla salita a Forcella Negardaia.

Il toponimo relativo a quest’ultima è la deformazione

del detto monte e quindi i Moruzzi, nell’occasione del

citato processo, ribadivano i diritti che qualsiasi abi-

tante della Villa di Sotto aveva nello sfruttamento di

questo versante comunale. 241 Id., b.1337, f.9376, 21 maggio 1789.242 Id., b.1326, f.9318, 20 settembre 1791.243 Id., 21 settembre 1791. La stima ricorda “una por-

zione di tabiado con la porzione della casetta”.

Zuanne q. Bortolo Bidoli Lissandri nel 1792 acquista

parte di Chiasarili da Gio Batta q. Osvaldo Moruzzo

Pivit proprietario della “Casetta coperta a scandola”

per un quarto e per metà del “sedime novo senza

coperto”. Id., b.1327, f.9319, 4 luglio 1792.244 Ibidem.

Stima delle terre di Chiasarili acquistate da Gio Batta

Bidoli Lissandri dai Moruzzi che avevano tenuto la

parte principale degli edifici, mentre avevano ceduto

tutti o quasi i loro terreni.

Nel 1793 i Moruzzi si trovarono nella condizione di

impegnare anche la stalla di Chiasarili; infatti, Zuanne

Bidoli acquistò dai Moruzzi “una stalla copperta a

scandola sotto murata con corte d’avanti situata in

Chiasarili” per 541 lire. Id., b.1337, f.9377, 28 gennaio

1793.245 Moreno Baccichet - Walter Coletto, Palcoda: un

209

Page 110: 2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

villaggio abbandonato. Considerazioni in merito alle

forme di insediamento in Val Meduna, in “Ce fastu?”,

LXVIII (1992), n.1, pp.53-88.

In quell’occasione avevamo preso come pretesto

Palcoda per svolgere un primo tentativo di ragiona-

mento attorno alle forme insediative della vallata.

Palcoda, con le suggestioni che provoca al visitatore,

ci era sembrata la località più adatta per iniziare un

lavoro sulle forme evolutive del popolamento alpino,

più che su quelle legate all’abbandono.246 Fulvio Graziussi - Orino Menegon, Palcoda bella,

in “Il Barbacian”, a.XXXI (1994), n.2, pp.57-58.247 ASPn, b. 455, f. 3611, c.6t, 12 aprile 1570.248 Id., c.78, 29 ottobre 1577.249 Id., b.1337, f.9377, 16 novembre 1791.

Il documento fa riferimento a un livello del 9 febbraio

1574, formalizzato dal notaio Plateo.250 Id., b.1319, f.9272, c.54v, 4 giugno 1752.Tra le

proprietà di Antonio Moruzzi veniva registrato “un

suo loco vocato Palcoda con pradi, casa e stalla”.251 Id., b.1325, f.9309, 14 luglio 1783.252 Moreno Baccichet - Walter Coletto, Palcoda: un

villaggio abbandonato..., cit.,p.81

ASPn, b.1314, f.9234, 4 agosto 1755.253 Id., b.1316, f.9256, 25 gennaio 1769.

“Segue il Molino (...)

Muro p.a 17.3 a s.5 L.88

Coperto a coppi p.a 5:3 a s.16 L.89.12

Suma Tuto L. 177.12

Il Fuso del d.o L.30

Fero per le due spine e cerchi e Palo del Signon...

L.73.16

La rosta Nova calcolata L.44

il Signon cioè il legno L.6:4

la ruota dell’aqua fata a capedelle come sta senza il

Fuso L.62

il Comodo delle mole e della farina sive nel cestaz, e

tramoia L.100

la rosta tra la fatura per romper Pietra e roba di

legname tuto L.80”.

Abbiamo rintracciato anche una seconda stima del 1783

del molino di Palcoda in proprietà ad Antonio, Giacomo

e Leonardo Masutti, che qui sotto trascriviamo:

“P. Reparo di legno e sasi val lire vinti seij dico L. 26:-

2. la Rosta di Pietre e legno val lire quaranta dico L. 40:-

3. la musa che tien la Roda da drio val lire trenta dico L. 30:-

4. le mole val lire ottanta dico L. 80:-

5. la Feramenta lire cinquanta cinque dico L. 55:-

6. Il fuso lire undeci dico L. 11:-

7. il coperto cioè legname e copo lire otanta e una

dico L. 81:-

8. il muro lire otanta sette dico L. 87:-”.

Id., b.1325, f.9309, 20 sett. 1783.

L’anno successivo si pervenne alla sostituzione delle

macine a cura di “Gio: Domenico Clama d’Artigna

quale in ordine da lettera 9 corrente di comissione di

m.o Leonardo Masutto Travonio promette e sobbliga

di fare due molle da mollino macinabile da farina di

tre pezzi l’una e cerchiate tutte due con due cherchi

di ferro, ma che siano di perfetta qualità a D.o Gio:

Batta q. Zuanne Masutto di Palcoda”.

Le mole vengono previste costruite in tre pezzi da

unire con cerchi in ferro per poterne ridurre il peso

distribuendolo su almeno tre muli. Nell’occasione del

contratto vengono anticipate al tagliapietre 50 lire

mentre i Masutti si impegnavano a pagare le restanti

100 lire “appena giunte in Palcoda”. Id., b.1325,

f.9311, 19 dicembre 1784.254 Ibidem.255 Moreno Baccichet - Walter Coletto, Palcoda: un

villaggio abbandonato..., cit., p.82-83.256 ASPn, b.1316, f.9256, 4 gennaio 1774.

Giovanni figlio di Giambatta Masutti dichiarava “d’es-

sere vero, e legittimo debitore verso il Sig.r Rocco

Cantele di Lusiana per roba avuta cioè capelli di

paglia ... la qual summa doverà essere pagata ad uso

mercantile” o meglio dopo che sarà stata venduta dal

Masutti.

A Palcoda erano attivi anche dei laboratori artigiani

che attiravano manodopera salariata dal resto della

valle, come sembra emergere in una dichiarazione di

Angelo Cleva che avrebbe dovuto essere impiegato

per “servire in figura di cucitore per anni tre”. Id.,

b.1327, f.9321, 31 ottobre 1794. 257 Moreno Baccichet - Walter Coletto, Palcoda: un

villaggio abbandonato..., cit., p.82-83. Vedi anche:

ASPn, b.1322, f.9293, 7 luglio 1778.

“Essendo seguita sin dall’anno 1772 l’eretione

dell’Oratorio di S. Giacomo in Palcoda soggetto a que-

sta Pieve, mediante li consorti masutti abitanti di quel

loco, e previo il di loro P.re Domino Giacomo Masutto

instituito per l’erezione medesima e dovendo esso

oratorio essere proveduto d’utensili, e di quant’altro

fosse per il di lui onesto, e decorso mantenimento.

210

Page 111: 2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

Pervenuto perciò a notizia a tutti li consorti Masutti,

che Domenico di Giacomo uno di essi Consorti

voglia, e sia per passare alla vendita de suoi beni

paterni situati nel predetto loco Palcoda per poi affat-

to esentarsi dal loco stesso, ne volendo essi Consorti

lasciar ciò sorpassare per essere in grave pregiudizio

dell’oratorio stesso, attese le debite obbligazioni

incontrate da tutto il consorzio per il dovuto mante-

nimento” chiedono che Domenico prima di vendere

vincoli un suo terreno al mantenimento dell’oratorio

per quanto compete alla sua quota.258 Id., b.1323, f.9299, 26 maggio 1775. Leonardo e

Domenico Masutti si erano divisi le proprietà del

padre il 26 gennaio del 1769. Con il presente atto

affittavano a Leonardo Masutti dei Capriol la Forgia e

“la metta del loco vocato Casuncello”. Nel 1779

Domenico Masutti era ancora proprietario de “la sua

porzione molino pur posto in Palcoda”, Id., b.1323,

f.9297, c.284v.259 Nel 1778 Domenico Masutti affittò per nove anni

ad Antonio Rugo tutti i suoi beni di Palcoda qui sotto

valutati:

“la Casa Dominicale in Palcoda L. 937:19

Item la mettà della Casa, stalla, e terra di Casuncello

L.1663:8

Item le terre dette la forchia L. 933:3

Item la sua parte dell’orto in Palcoda per L.18:3”

Id., b.1323, f.9302, 25 giugno 1778.260 Id., b.1325, f.9311, 5 aprile 1784.261 Vedi gli affitti fatti ai Menegon dei pascoli affittati

dal comune di Socchieve. Gli affittuari erano tenuti a

compensare i Masutti pagando 206 once di formaggio

“al prezzo che farà il Mondo” e ad accettare in malga

gli animali dei Masutti.

Id., b.1328, f.9326, 29 dicembre 1800.

I Masutti privilegiavano i bovini agli ovini per la faci-

lità che avevano di commerciarne il formaggio. Id.,

b.1328, f.9329, 10 febbraio 1803.262 Le divisioni delle proprietà portavano a fraziona-

re i diversi corpi di terra in tante parti quanti erano gli

eredi. Vedi a questo proposito la divisione con la quale

Gio Batta q. Zuanne dei Masutti detti Moro trasmise le

sue proprietà ai figli dividendo a metà le terre, le case

di Palcoda e le terre di Zomenzons. I beni di Palcoda

valevano 4283 lire e quelli di Zomenzons 2020 lire. Id.,

b.1337, f.9378, 30 giugno 1803.263 Le tavolette I.G.M. riportano il toponimo Stalle

Ceresarias , da Ceresiar = Ciliegio, dal quale era deri-

vato il soprannome della famiglia che deteneva la

proprietà della stalla, appunto i Beacco detti

Ceresarias.264 Il primo luglio del 1768 la vicinia di Tramonti di

Sotto “affittava per anni 29 successivi le Montagne

pascolive di Rossa ed Alberit alli sig.ri Pietro Bidoli, e

Leonardo Mincelli, nec non alli D.D. Paolo Gracciussi

ed Osvaldo Beacco (...) per l’affitto annuo di L.200”

con obbligo “di astenersi per tutta la condotta di sie-

gare, o Pascolare, com’era in passato stato disordina-

tamente da alcuni particolari introdotto”. Id., b.1317,

f.9258, c.125.265 Id., b.1323, f.9301. Un contratto del 25 aprile del

1776 ricorda che Andrea Michelin di Navarons, che a

suo tempo aveva affittato i pascoli della Rossa della

Villa di Sotto, affittava a Domenico q. Lorenzo Beacco

detto Ceresarias “la metta di detta quarta parte di detta

montagna” per 30 lire e poco formaggio”.

I soprusi legati all’uso frazionato di questi enormi

pascoli erano all’ordine del giorno. Tre giorni dopo il

detto affitto Leonardo Mincelli, subaffittuario di quei

pascoli, intimava a Zuanne Bidoli e a Domenico

Beacco di procedere alla divisione dei pascoli “oppu-

re lasciare di pascolare la sua porzione di detta mon-

tagna col lasciarla libera disposizione d’esso intimante;

ed in caso di contrafazione doveranno non solo sotto-

stare a dover pagare l’affitto ad esso intimante, ma

ezziandio a tutti li danni che detto Mincelli ne potrà

patire”. Cfr. Ibidem, documento del 28 aprile 1776.266 Id., b. 455, f. 3611, c.12v., 17 aprile 1570.267 Id., b.462, f.3650, 16 ottobre 1642.268 Id., b.1323, f.9302, 23 Aprile 1778.269 Ibidem. Documento del 12 luglio 1777 dal quale

si apprende che il detto Antonio era cugino dei

Beacco di Campone con i quali il 17 giugno aveva

concluso un contratto di permuta per cui Ceresarias

rimaneva di esclusiva proprietà di Antonio, mentre i

beni posti nella tavella di Campone rimanevano ai

cugini.270 Id., b.1323, f.9302, 11 maggio 1778.271 Id., 22 giugno 1778.272 Id., b.1324, f. 9304, 17 maggio 1779.273 Id., b.1327, f.9320, 21 aprile 1793.274 Id., 28 luglio 1793.275 Ibidem.276 Il primo atto di acquisto è datato 12 aprile 1765,

211

Page 112: 2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

il secondo 8 maggio 1766. Id., b.1338, f.9382, c.s., 10

novembre 1801.277 Id., b.1321, f.9288, 10 aprile 1765.278 Id., b.1327, f.9320, b.16 luglio 1793279 Id., b.455, f.3614, c.55, 10 giugno 1578.280 Id., b.456, f.3620, c.63, 14 maggio 1588.281 Id., b.462, f.3655, c.11v, 20 agosto 1648. In quel-

l’occasione Pietro Sina impegnava “un altro stauliero

detto in Cuor, fabricato di muro, coperto di scandoli

con li suoi prati contigui, di settori sette in c.a”. Tutto

attorno venivano registrate altre proprietà dei Sina o

terre pubbliche.282 Id., b.1319, f.9274, c.22, 10 giugno 1759. I diversi

rami dei Sina in quegli anni si confrontarono in una

causa che riguardava le proprietà di famiglia. Il tribu-

nale di Tramonti di Sotto deliberando in merito alle

vertenze che contrapponevano gli eredi di Lunardo

Sina e Gio: Maria q. Paolo Sina loro zio recepì l’i-

stanza dei primi che volevano che in attesa della sen-

tenza lo zio “non habbia a farsi novità alcuna nel loco

denominato Cor (...) ma lasciar debbano illesi li beni

il loco sud.o Cor a disposizione delli suddetti inti-

manti”. Id., b.1321, f.9287, 3 luglio 1764.283 Id., b.1338, f.9383, 25 novembre 1804.284 Id., b.1320, f.9276, 6 luglio 1749.285 Id., b.1327, f.9323, 27 dicembre 1796.286 Id., b.1327, f.9321, 26 febbraio 1794.287 Id., b.1323, f. 9298. 9 giugno 1774.288 Id., b.1327, f.9321, 26 maggio 1795. Antonio

Bidoli Beloz Podestà affermò che la vicinia generale

aveva stretto degli accordi con il nuovo cappellano di

Tramonti di Sotto, che avrebbe officiato a Campone

per 60 ducati annui.289 Id., b.1325, f.9309, 4 giugno 1783.290 Id., b. 455, f. 3611, c18v, 5 dicembre 1570.291 Id., f. 3617, c.42v., 26 agosto 1582.292 Id., b. 456, f. 3624, c.16, 2 febbraio 1591.293 Id., b.1310, f.9217, c.4, giugno 1594.294 Id, b.1312, f.9225, c.87v, 23 settembre 1739.295 Id., b.1315, f.9245, c.41, 22 aprile 1759.296 Id., b.1324, f.9307, 31 maggio 1781.

Sin dal 1751 i Corrado avevano venduto “un luoco

prativo con fabbriche detto casuncello per il valore e

prezzo di L. 3232” a Lorenzo Bidoli, quindi lo recu-

perano.297 Id., b.468, f.3691, c.4, 17 ottobre 1690.298 Id., b.1319, f.9274, c.31v, 22 luglio 1760.

Gio: Batta q. Gio Batta Cozzi Todesco con testamen-

to cede tutte le sue proprietà a Natale Cozzi suo fra-

tello con il vincolo che “Natale abbia a disponere in

tempo che sarà per render l’alma sua al cielo tanto

del restante di sua facoltà, quanto di quella d’esso

testatore a beneficio sempre di Lorenzo Figlio del

medesimo testatore”. Id., b.1321, f.9282, c.14v, 2 gen-

naio 1778.299 Id., b.1319, f.9272, c.54, 3 giugno 1752.300 Id., b.1319, f.9274, c.31v., 22 luglio 1760.301 Nel 1774 veniva registrato il soprannome di

Tonon per i Bidoli che abitavano questo luogo. Id.,

b.1323, f.9298, 9 giugno 1774.

Nel 1790 rintracciamo i Bidoli Martin impegnati con

Giacomo e Gio Batta Masutti nell’affitto di molti pasco-

li a Socchieve. Id., b.1326, f.9317, 10 gennaio 1790.302 Id., b.456, f.3622, c.22, 26 marzo 1590.303 Id., b.462, f.3651, c.26v, 20 agosto 1648.304 Id., b.1312, f.9225, c.87v., 23 settembre 1739.305 Id., b.1319, f. 9274, c.28v., 7 febbraio 1760.306 Id., b.1326, f.9314, 22 luglio 1787.307 Id., b.1323, f.9298, 9 giugno 1774.308 Id., b.1326, f.9315, 8 aprile 1788.309 Domenico Bidoli nel 1788 si trovò nella condi-

zione di non potersi prendere cura della suocera,

Caterina Lorenzini, rimasta vedova. Aveva figli e

doveva provvedere alla costruzione della casa e riten-

ne preferibile che Caterina fosse accudita dall’altro

genero, Giacomo Ferroli; “all’incontro esso Bidolo

cede ed ha cesso la porzione aspettante alla di lui

Consorte del loco vocato Savuiet”. Inoltre il Ferroli si

impegnava a versare al Bidoli in forma di conguaglio

L.300 e le eventuali del funerale della suocera. In

questo modo il Bidoli non solo aveva mantenute

invariate le bocche da sfamare ma in più aveva otte-

nuto un’entrata consistente. Id., b.1326, f.9315, 20

aprile 1788. 310 Id., b.1311, f.9218, 12 giugno 1684. Pietro Rugo si

limita a rilevarne la presenza nel 700. Vedi: Pietro

Rugo, Documenti e regesti per la storia dell’alto con-

cordiese e sui “De Rivo” di Cividale, Feltre, Castaldi,

1968, p.116.311 ASPn., b.1320, f.9279, c.6, 30 maggio 1757,

Paludea. Si trattava delle stalle di Palcoda di Sotto.312 Id., b.1323, f.9298, 9 giugno 1774.313 Id., b.1337, f.9378, 8 giugno 1803. Nel catasto

austriaco i Rugo non comparivano come pieni pro-

212

Page 113: 2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

prietari dell’immobile, ma come livellari di tale

Daniele Cernazai. Pietro Rugo non riesce a datare il

documento conservato in famiglia che testimonia

come Carlo Cernazai avesse acquisito la proprietà di

Barnazai dagli eredi di Antonio e Pietro Rugo per 500

fiorini. Pietro Rugo, Documenti e regesti..., cit., p.116.314 Il restauro è documentato in un atto del 1856. Id.,

p.118.315 ASPn, b.1310, f.9215, c.XX, 21 settembre 1560.316 Id., c.XXV, 26 dicembre 1561.317 Id., b.455, f.3610, c.XXXVII, 14 marzo 1569.318 Non è facile capire se si tratta del nucleo di

Pallotta che i Beacco possedevano ancora verso la

metà dell’800 o dei borghi Grisa o di Martin.319 Id., f.3617, c.7v., 6 febbraio 1582.320 Id., b.456, f.3619, c.13, 23 marzo 1586. Nel

Settecento a Campone rintracceremo anche alcuni

terreni coltivati “per la semina del Canevo”. Id.,

b.1327, f.9324, 8 giugno 1798.321 Id., b.462, f.3650, c.11, 29 maggio 1642.322 Id., b.1313, f.9229, c.12, 27 aprile 1741.323 Queste occasioni videro il continuo ricorso ad

accordi e permute per ridefinire l’assetto delle abita-

zioni nel borgo. Per esempio, nel 1756, Antonio Bidoli

di Campone vendette a Pietro Bidoli “una stanza, e

sofitado in questa Villa nel cortivo de Cons: Bidoli

eretta sopra il sora portico di Communione ... coperta

di Coppi”. Id., b.1320, f.9276, 18 dicembre 1756.324 Id., b.1338, f.9380, c.s., 14 marzo 1798.325 Id., b.455, f.3617, c.94, 30 maggio 1583.326 Id., b.1323, f.9302, 22 settembre 1777.327 Id., f.9298. 9 giugno 1774.328 Id., b.1324. f.9304, 17 maggio 1779.329 Id. La stima generale è del 4 giugno del 1779.330 Id., b.1326, f.9315, 31 marzo 1788.331 Id.,, b.1323, f.9298, 9 giugno 1774.332 Id., b.1322, f.9292, 23 novembre 1770.333 Id., b.1326, f.9314, 22 luglio 1787.334 Una era finita, a seguito di vendite o debiti, nelle

mani dei Rugo.335 Id., b.455, f.3616, c.1, 1 ottobre 1580. Forse si trat-

ta dello stesso stavolo che il prestatore Francesco

Nevodin possedeva a Sachis con “settori dieci c.a” di

prato. Id., f.3654, c.45, 2 gennaio 1648.Oppure que-

st’ultimo corrisponde al borgo principale quello che

di seguito chiameremo per semplicità Listas e che

potrebbe essere riconducibile successivamente alla

presenza dei Beacco in zona. Nel 1642 Domenico q.

Lorenzo Beacco impegnava a fronte di un prestito

“un stali detto il chiampon (e ) un stali con li suoi

pradi contigui, in luoco detto in sachis” vicino al

Chiarzò. Id., b.462, f.3650, 16 ottobre 1642.336 Id., b.1313, f.9231, c.33, 19 aprile 1744.337 Id., b.1318, f.9265, 27 novembre 1778. Tra le pro-

prietà dei Cattarinussi di Campone riconosciamo “una

Casa da Foco, coperta a coppi con suoi pradi il tutto

come qui sotto segue:

Prima muro di detta Passa 24 a L.9 il p.o val L. 216:-

2do Coperto a coppi p.a 6:4 a L.24 il passo val L. 163:-4

3.o Somaso da Basso con Terazo L. 42:-

4.o Somaso di sopra di sofita stimato L. 30:-

5.o due porte con sue seradure L. 20:-

6.o purcione di gradino con incartadura L. 16:-

7.o purcione di scalla e pergolo L. 15:-

8.o Grattolle in cucina L. 4:-”.338 Id., b.1325, f.9312, 1785.339 I documenti citano il “loco vocato l’Agar di

Frassaneit”. Id., b.1326, f.9314, 19 giugno 1787. La

stima è del 22 luglio 1787 e attibuiva ai Cattarinussi

una mandria composta da quattro mucche, sei capre

e cinque pecore.340 Id., b.455, f.3615, c.68v.341 Id., b.462/1, f.3664, c.41, 20 maggio 1656.342 Id., b.1315, f.9245, c.6.343 Id., b.1319, f.9267, c.50v., 14 giugno 1739.344 Questi erano Domenico Moruzzi q. Nicolò,

Zuanne Moruzzi e Nicolò q. Battista Moruzzi. Id.,

b.1323, f.9298, 9 giugno 1774. 345 Id., b.1326, f.9318, 3 giugno 1791.346 Va tenuto presente che parte dei campi coltivati di

questa borgata furono compromessi dalla grande

frana, ancora visibile, che nel 1882, anno della gran-

de alluvione, si staccò dal M. Celant “trascinandosi

dietro ghiaia e sassi in tanta copia da raggiungere le

finestre dei granai”. Pietro Rugo, Documenti e rege-

sti..., cit., p.119.347 Leonardo Paulitti e Giorgio Graziussi vendono

Zanon ai Moruzzi. ASPn., b. 455, f. 3616, c.35, 26 feb-

braio 1581.348 Id., f.3615, c.57, 5 marzo 1580.349 Id., f.3617, c.21v., 25 marzo 1582.350 Id., b.456, f.3618, c.80, 1 maggio 1585.351 Id., b.462, f.3651, 14 dicembre 1646.352 Id. b.1319, f.9268, 27 maggio 1738.

213

Page 114: 2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

353 Id., f.9272, c.97, 7ottobre 1757.

All’inizio dell’anno Giovanni q.m Pietro Sina dichia-

rava di possedere “Un staulliero denominato

Giavasson consistente nella stalla, e Casa coperti a

coppo con tutti li pradi contigui” del valore di

L.2961:17. Nella stima del 23 aprile veniva così

descritto: “Prima la sudetta Casa detrato il 3.o stimata

in L. 126

Item la stalla con Tempiaro di muro che la divide con

altro tempiaro, e la metta dell’altro verso levante

detrato il 3.o stimata val L. 671: 7

Item Un prado detto la rivata di passa 256, a s:5 il

passo val L. 64...”.

Id., b.1315, f.9246, 10 gennaio 1757, 24 aprile 1757.354 Id., b.1320, f.9279, c.6, 30 maggio 1757.355 La malandata abitazione era stimata 164 lire, men-

tre la stalla ne valeva 518. Tra i terreni che circonda-

vano gli edifici ricordiamo la suart piccola, la suart

grande, il prato di sotto l’orto, il prato della Val, la

Polata e una “stala di legno” stimata solo L. 6. Id.,

b.1320, f.9276, 14 maggio 1767.356 Id., b.1313, f.9229, c.12, 27 aprile 1741.357 Id., b.1337, f.9378, 2 giugno 1803.358 Id., b.455, f.3610, c.XX v., 9 aprile 1567.359 Id., f.3616, c.28v., 26 gennaio 1581.360 Questo non viene registrato nella cartografia

dell’IGM che ancor oggi continua ad attribuire il tito-

lo di casa Mirat, mentre di Pedesinis non riporta

nemmeno il toponimo.361 Id., b.1314, f.9237, c.47, 17 febbraio 1752.362 Id., b.1319, f.9272, c.81, 26 aprile 1756.

Questa porzione dello stavolo di Mirat fu rivenduta al

venditore dagli eredi dell’acquirente pochi anni

dopo. Id., b.1324, f.9307, 1 maggio 1781. Zanetto e

Angelo q. Zuanne Rugo, vendono a Natale q. Gio:

Maria Miniutti “un loco vocato Mirat”. 363 Id., b.1317, f.9260, c.345, 11 giugno 1773.364 Id., b.1322, f.9295, 21 maggio 1773.365 Id., b.1337, f.9376, 10 giugno 1776.366 Id., b.1318, f.9264, s.n., 5 aprile 1777.367 Id., b.1337, f.9379, 15 maggio 1805.368 Id., b.461, f.3648, c.42, 3 maggio 1674.369 Id., b.1319, f.9272, c.65v., 3 luglio 1753.

I rapporti con i Mincelli erano frequenti in questo

periodo e questo può essere un indice che rende evi-

dente come i Calcini stessero attraversando un perio-

do non molto felice dal punto di vista economico.

Nel 1770 Gio Batta e Giacomo Mincelli vendettero

alcuni campi a Gio Batta Calcini che si impegnava a

retribuire i detti anche per “L.13 di miglioramenti di

semina di sigalla ed altro stato”. Id., b.1317, f.9257,

c.40v, 19 maggio 1770. 370 Id., b.1321, f.9286 c.1, 27 luglio 1763.371 Id., b.1324, f.9306, 24 agosto 1780.372 Id., b.1338, f.9382, c.s., 20 giugno 1802.373 “Prima 2.do li muri delli sedimi posti in detto loco

vicino a detta casa...

3.zo il muro divisorio con li Cozzi del cortivo di passa

14”. Id., b.1322, f.9293, 13 luglio 1772.374 Id., b.1323, f.9297, c.272, 2 maggio 1777.375 Id, b.1319, f.9269, 21 aprile 1744.376 Id., f.9274, c.14, 29 giugno 1758.377 Id., b.1325, f.9309, 19 maggio 1783.378 Id., b.1313, f.9229, c.53, 7 agosto 1742.379 Id., b.1319, f.9272, c.88, 8 dicembre 1756.380 Id., b.1316, f.9255, c.18v, 1 maggio 1767.381 Id., b.1337, f.9376, 19 giugno 1785.382 Ibidem.383 Id., b.1338, f.9382, 6 aprile 1800.384 Il soprannome Scandel comincia ad affermarsi

solo verso gli ultimi anni del XVIII secolo. Id.,

b.1327, f.9323, 26 marzo 1797.385 Id., 18 ottobre 1797.

Nel 1795 i Miniutti avevano iniziato la costruzione di

una stalla lungo il versante del M. Mulon immediata-

mente contestata come abusiva dal Comune di

Meduno. Id., 16 agosto 1797.386 Id., b.462/1, f.3662, c.47, 18 settembre 1650.387 Id. b.1321, f.9282, c.7v, 12 maggio 1765.388 Id., b.1319, f.9270, c.39v, 20 maggio 1743.

Pietro q. Domenico Minin detto Val vendeva “un

pezzo di Tobiado coperto da scandola con una case-

ta da fogo, con Prati ivi contigui esistenti in queste

pertinenze loco detto la valle”.389 Ricordiamo che questo borgo è stato il set di un

omonimo cortometraggio girato alcuni anni fa dall’a-

mico Gilberto Del Tedesco.390 Id., b.455, f.3616, c.34, 26 febbraio 1581.391 Id., b.462, f.3654, c.45v, 2 gennaio 1648.392 “Primo che esso Cattarinusso non abbia a vende-

re detto locco sin tanto ne averà altri di lui Beni

2.do che esso Cattarinusso possa servirsi sopra detto

locco di legne servienti per di lui consumo nella Villa.

3.zo che esso Bidolo non possa ne abbia a traspor-

214

Page 115: 2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

tare fieno da detto locco se non concambiarlo

4.to che esso Bidollo non abbia a trasportar da detto

locco alcuna legna se non per il di lui consumo in

detto locco nec aliter

5.to che esso Cattarinusso abbia a far fare sopra detto

locco la Cucina entro l’anno corrente...”. Id., b.1324,

f.9304, 13 febbraio 1780.393 Id., b.1325, f.9312, 27 giugno 1785.

Osvaldo q. Zuanne Cattarinussi vende a Alessandro

di Zuanne Bidoli da Campon “un locco vocato

Plegnan posto nelle pertinenze d’Ombrena”.394 Id., b.1326, f.9314, 25 maggio 1787.395 Id., b.1316, f.9251, c.18v, 5 maggio 1762.396 Id., b.1321, f.9287, 27 luglio 1764.397 Id., b.1319, f.9270, c.75v, 30 dicembre 1744.

All’atto erano presenti Giovanni Maria Ferroli e

Valentino Cattarinussi.398 Id., b.1321, f.9284, 3 luglio 1763.Vedi anche l’atto

con il quale il 27 luglio 1763 Santo Cattarinussi di

Campone vende ad Osvaldo q. Antonio Beacco “un

loco vocato Siales posto, e collocato in pertinenze

d’Ombrena”. Id., f.9286, c.s.399 Ibidem, c.16, 31 maggio 1764.400 Antonio e Zuanne Beacco vendono a don Pietro

Nevodin le loro proprietà di Sialis consistenti in “una

Casa da foco di detto loco” e “la stalla annessa a quel-

la di Osvaldo loro Fratello”. Id., b.1317, f.9260, c.355,

9 giugno 1773. Il modesto arredo degli immobili è

testimoniato da un inventario per la stima. Id., b.1323,

f.9298, 10 giugno 1773.401 Id., b.1318, f.9263, s.n., 29 luglio 1776.402 Id., b.455, f.3610, c.I , 9 aprile 1562. Vedi anche

Id., f.3611, c.11v, 22 novembre 1570; Id., b.456,

f.3627, c.80, 6 giugno 1596. Gio: Maria Melossi viene

condannato in “materia stabuli” e per il “danno facto

in pratis della Ronchia, & Pria”.403 Id., b.462, f.3651, c.27, 13 novembre 1648.404 Il solo dato in questo senso ci viene da un docu-

mento che cita una casa dei Menegon a Vendelata

che non siamo riusciti a rintracciare. Id., b.1321,

f.9288, 11 giugno 1765; Id., b.1316, f.9251, c.117,

novembre 1761.

Sull’altro versante ci saremmo aspettati che Casa Abis

e Rutizza fossero già state abitate prima dell’800; inve-

ce nel catasto austriaco la prima è registrata come una

stalla con fienile di proprietà di Giovanni Crozzoli di

Paisa, la seconda come due stalle degli Zatti.

405 Id., b.1313, f.9234, c.27, 10 agosto 1746. Ibidem,

c.78.406 Id., b.1319, f.9268, 14 luglio 1737. In altra copia si

cita che la fabbrica di legname era stata stimata già il

21 aprile del 1728.407 Id., b.1317, f.9258, c.116.408 Id., c.190v., 10 giugno 1770.409 Id., b.1312, f.9225, c.111v, 18 maggio 1740.410 Id., f.9236, c.20v, 14 ottobre 1748.

Copia dell’atto del 1745 è conservata negli atti del

notaio Zatti: Id., f.9238, 14 ottobre 1748.411 Id., b.1312, f.9225, c.76v, 11 giugno 1739.412 Id., b.1319, f.9268, 18 agosto 1739.413 “Sot la nape”, a.IX (1957), 4, p.3. Oggi questo troi,

fonte di belle ispirazioni poetiche, è stato in parte

“massacrato” e demolito per costruire una strada non

solo inutile, ma anche dannosa.414 ASPn, b. 455, f. 3610, c. 3v, 23 ottobre 1565.415 Id., b.462/1, f.3660, c.19, 7 aprile 1649.416 Ibidem.417 Id., b.1313, f.9232, c.12, 3 marzo 1745.418 Id., b.1312, f.9227, 18 settembre 1740.419 Id., b.1313, f.9229, c.32v, 30 luglio 1741. Giacomo

non rispettò l’accordo stipulato con i fratelli. Id.,

b.1314, f.9236, c.26, 20 aprile 1749. Per questo moti-

vo i beni furono attribuiti a Tommaso che assunse l’o-

nere del mantenimento della madre. Id., f.9238, 20

aprile 1749.420 Id., b.1313, f.9229, c.83, 30 giugno 1743.421 Id., , f.9231, c.18v, 21 febbraio 1744.422 Id., b.1313, f.9234, 26 giugno 1746.423 Id., c.23, 17 luglio 1746.424 Ibidem.425 Id., b.1317, f.9258, c.198v, 25 agosto 1769.426 Ibidem.427 In Tramonti che fu, che è, che sarà!, in “Bollettino

parrocchiale della Val Meduna”, gen.-feb. 1969, p.5.428 ASPn, b.1314, f.9238, 21 ottobre 1748.

“Prima due maschi di Capra castrati L. 22

Item le capre numero 11 val L. 88

Item li maschi dell’anno passato L. 12

Item il cavallo e asinello L. 80

Item maschi Picoli e Maschie L. 9

Item le Piegore n.11 ed Agnelli val L. 53:10”429 Id., f.9235, 22 maggio 1750.430 Id., b.1314, f.9240, c.27, 18 aprile 1754.431 Id., b.1329, f.9336, c.82v, 2 settembre 1772.

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432 Id., b.460, f.3643, c.13 , 8 marzo 1667.433 Id., b.1313, f.9229, c.4, 10 aprile 1741.434 Id., c.16, 3 maggio 1741.435 Id., c.63, 8 febbraio 1743.436 Ibidem.437 Id., f.9321, c.58v, 15 giugno 1744.438 Id., b.1314, f.9236, c.30, 6 maggio 1749.439 Id. c.40, 22 maggio 1749.

440 Id., c.52v, 16 agosto 1749.

441 ASPn, b.1320, f. 9276, 6 febbraio 1755.442 Id., b. 455, f. 3610, c. XXX v., 28 settembre 1567.443 Id., c. XXXXIII, 21 aprile 1568.444 Id., b.462, f.3654, c.36v, 11 ottobre 1647.445 Id., b. 463, f.3665, c.37v, 5 dicembre 1657.446 Id., b.1319, f.9272, c.67v, 18 ottobre 1740.447 Id., b.1317, f.9257, c.48, 13 luglio 1769.

Zuanne Crovato vendeva a Pietro del Rugo i seguen-

ti beni: “Primo Muro di detta Stalla misurato e trova-

to di p.a n.36 a L.9 il passo importa L. 324

Samasso parte di Tolle e travi senza ne affissare ne

inchiodare, e parte con gradini L. 44:4

Scuri della parte d’abbaso n.2 senza seradura, ed il

scuro del Tabiado con seradura L. 17:-

Una scalla di pietra grezza di gradini n.3 ed altra

ingionta di legno con un poco di puziolo L. 5:-

Coperto a coppi L. 309

Fondi di detta Stalla sino alli pioveri con lastricato

parte, e parte con pedrada L. 57:12

Un peraro sopra stimato valer L. 10:-”. 448 Id., b.1337, f.9376, 8 giugno 1777.449 Id., b.1324, f.9307, 20 novembre 1781.450 Id., b.1318, f.9266, c.199, 17 gennaio 1785.451 Id. b.1312, f.9227, 19 maggio 1740.452452 Id., b.1318, f.9266, c.s., 14 giugno 1783.

I beni dei Rugo a “Colle di Per pertinenze di Tramonti

di Sotto” venivano così descritti:

“Prima la stalla costrutta di muro, e di coppi coperta

per colmo P.a 3 1/2 e, questa misurata con ogni pos-

sibile diligenza, con suo cortivo ivi da presso di P.a 7

con sua scalla, e compreso il muro divisorio che stà

in mezzo di detta Stalla L. 537:10 con due percicari,

ed un Ceresaro con 17 piedi vidi L. 12:–

Una pezza di Terra parte arrativa, e parte prativa L.

91:10. Va inoltre rilevato un ulteriore arativo con

“nogari n.7 compreso un picolo, una peraria ed una

melaria ... roveretti n.7”. Alcuni roveri di Cuel di Per

sono visibili ancor oggi da chi osservi l’abitato da

valle, anzi sono l’elemento che ne permette, d’estate,

l’individuazione.453 Id., b.1316, f.9253, c.56, 25 settembre 1765.454 Id., b. 455, f. 3611, c.35, 6 ottobre 1570.455 Id., b.1310, f.9217, c.37, 10 maggio 1595. 456 Id., b.462, f.3654, c.37v, 18 ottobre 1647.457 Id., b.1326, f.9315, 11 maggio 1788.458 Id., b.1323, f.9299, 3 giugno 1775.459 Id., b.1326, f.9318, 3 giugno 1791.460 Id., b.1327, f.9319, 30 giugno 1792.461 Ibidem.462 Id., b.1327, f.9320, 2 aprile 1793. Nel 1804 gli

eredi di Bortolo Bidoli dichiaravano di essere pro-

prietari di Chiandins “auto a livello francabile da D.no

Nicolò q.m Domenico Moruzzi”. Id., b.1337, f.9379,

26 novembre 1804.463 Id., b.459, f.3637, c.20, 28 gennaio 1646.

Pochi anni dopo rintracciamo lo stesso bene mentre

se ne sta trasferendo la proprietà da Angelo Mongiat

alla famiglia Trivelli: “un stali coperto di scandola, et

parte discoperto con li suoi pradi contigui, in locco

chiamato il stali Monschin d.o la Selva”. La proprietà

confinava con i beni dei Mongiat, dei Pellegrin e della

comugna. Id., b.462/1, f.3661, c.2v, 25 gennaio 1649.464 Giovanni Maria Ferroli viveva a Moschiasinis e

durante un atto di livello impegna le sue proprietà.

Id., b.1312, f.9227, 24 giugno 1740.465 Id., b.1314, f.9237, c.64, 17 dicembre 1750.466 Id., b.1316, f.9250, c.13, 26 aprile 1762.467 Id., b.1328, f.9326, 14 luglio 1800.

Le clausole dell’affitto erano molto particolari e vale

la pena trascriverle: i conduttori si impegnavano a

non portare nulla fuori dai terreni “che le castagne

che produrranno essi due luoghi abbiano ad essere

divise per mettà (...) che li signori locatori possano

portarsi in detti luoghi ad uccellare a loro piacimento

(...) che non abbiano essi Condutori a condure essi

luoghi alcune capre, anzi che restino affatto bandite

(...) che la foglia delli morari posti in detti Luoghi

abbia ad essere per conto d’essi Sig.ri Locatori (...)

che abbiano, e debbano essi conduttori a tenere sem-

pre Casa piantata coll’abbitare nei medesimi luoghi, e

per costodirli”.468 Id., b.459, f.3637, c.20, 28 gennaio 1646.469 Id., b.1315, f.9245, c.12v, 15 ottobre 1757.470 Id., 30 maggio 1757.471 Id., b.1321, f.9282, c.8v, 23 giugno 1765.

216

Page 117: 2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

472 Id., f.9286, c.52v, 9 aprile 1766.473 Id., c.55v.474 Id., b.1322, f.9293, 2 novembre 1772.475 Id., b.1317, f.9260, c.322, 14 febbraio 1773.476 Id., b.1323, f.9298, 1 agosto 1774.477 Id., b.1313, f.9321, c.62 (altra copia in Id., f.9230,

c.s., 30 giugno 1744), Id., c.63, 13 luglio 1744.478 Archivio Vescovile di Pordenone, Stampe, cart.12,

c.135, 19 giugno 1791. Domenico Quasso abitava a

Chievolis. L’interesse dei Quas per l’area della Val

Silisia è testimoniato anche da alcuni acquisti a

Inglagna e a quello, posto sull’altro versante di

Poslovet.

ASPn, b.1314, f.9240, c.20v, 27 maggio 1753; Id.,

f.9236, c.20v, 14 ottobre del 1748. 479 Id., b.1327, f.9320, 19 aprile 1793. 480 Id., b.455, f.3614, c.10 v., 13 febbraio 1578.481 Id., f.3614, c.49, 21 maggio 1578.482 Id., b.461, f.3648, c.48, 6 maggio 1674. Il docu-

mento si riferisce a un precedente atto del 25 settem-

bre 1638.483 Pietro Rugo, Documenti e regesti..., cit., p.101.484 ASPn, b.1313, f.9232, 6 febbraio 1745.485 Archivio Vescovile di Pordenone, Acta temporalia

dal 1551 al 1589, c.s., 21 marzo 1616.486 ASPn, b.1312, f.9227, 10 luglio 1740.487 Archivio Vescovile di Pordenone, Stampe, cart.12,

c.135, 19 giugno 1791.488 ASPn., b.1327, f.9320, 19 aprile 1793.489 Id., b.455, f.3614, c.10v., 13 febbraio 1578.490 Id., p.49, 21 maggio 1578.491 Id., f.3610, c.1v, 10 aprile 1562. 492 Ibidem.493 Archivio Vescovile di Pordenone, Acta civilia cri-

minalia dal 1551 al1648, c.s.; Id. 8 giugno 1645.494 L’iscrizione su un fabbricato ci conferma che le

strutture edilizie furono ricostruite, ampliate, ristruttu-

rate appunto in questo frangente: D:O:M: Anno

Domini M:DCCLIX Feb dies 5.495 ASPn, b.1312, f.9225, 2 febbraio 1737.496 Id., b.1313, f.9229, c.63v, 15 febbraio 1743.497 Id., f.9232, 17 gennaio 1745.498 Ibidem.499 Id., b.1313, f.9234, 20 febbraio 1747.500 Id., c.6, 6marzo 1747.501 Id., b.1314, f.9237, c.4, 17 febbraio 1750.502 Id., f.9240, c.8, 12 dicembre 1752.

503 Id., f.9235, 3 luglio 1750; Id., f.9239, c.19, 29

luglio 1750.504 Id., f.9239, c.19, 29 luglio 1750.505 Per inquadrare l’argomento rimando a questa sin-

tetica bibliografia:

• Archeologia del paesaggio, IV ciclo di lezioni sulla

ricerca applicata in Archeologia. Vertosa di

Pontignano (Siena), 14-26 gennaio 1991, a cura di

Manuela Bernardi, Firenze, 1992; Guido Ferrara,

• L’architettura del paesaggio italiano, Venezia,

Marsilio, 1968; Tiziano Mannoni,

• Metodi sperimentali di studio archeologico del pae-

saggio agrario, in Archeologia dell’urbanistica,

Genova, Istituto di Storia della Cultura Materiale,

1994, pp.139-146; Diego Moreno,

• Dal documento al terreno. Storia e archeologia dei

sistemi agro-silvo-pastorali, Bologna, Il Mulino, 1990; Id.,

• Storia, archeologia e ambiente. Contributo alla

definizione ed agli scopi dell’archeologia postmedie-

vale in Italia, “Archeologia Postmedievale”, 1997,

pp.89-94; Id.,

• Uscire dal paesaggio: il contributo della ecologia

storica e della storia locale, in Lo spessore storico in

urbanistica, a cura di M. De Marchi, M. Scudellari, A.

Zavaglia, Mantova, 2001, Massimo Quaini,

• Geografia storica o storia sociale del popolamento

rurale?, in Archeologia e geografia del Popolamento,

“Quaderni Storici”, n.24 (1973), 691-736.

217

Presso l’insediamento temporaneo di Malga

Chiampis era attiva anche la fornace di calce

che si vede in primo piano in questa foto.

Page 118: 2004 Moreno Baccichet Insediamento Storico e Paesaggio in Val Meduna

Indice dei nomi

(l’indicazione della pagina dalla numero 1alla 106 corrisponde al volume IV dellacollana, mentre quella dalla numero 111alla 205 corrisponde al presente)

Abis 179, 215, Acerva vedi CervaAgarial, M. 34,Agostin, Antonio 179, Agostin, Daniele 179, Agostin, Domenico 179, Agostin, Fam. 179, Agostin, Tommaso 179, Albareit 211, Andreis 53,Antonelli, fam. 71,Arba 86,Artegna 210, Arzino 124,Arzino, T. 15, 22,Arzino, Val d’ 22, 28, 32, 33,Avon, fam. 205, Baccichet, Moreno 97, 100, 101, 211, 210, Barbeadis 63, 201, 203, 204, 205, Barcis 53,Baret, Antonio 164, Baret, Candido 164, Baret, fam. 164, Baret, Gio Batta 164, Baret, Giovanni 164, Baret, Zuanne Antonio 164, Barnazai 133, 145, 213, Beacco, Antonio 21, 130, 151, 167, 198, 211, 215, Beacco, Battista 149, Beacco, Daniele 151, Beacco, Domenico 129, 130, 211, 213, Beacco, fam. 129, 130, 138, 139, 143, 145,

147, 148, 149, 150, 151, 154,156, 164, 166, 167, 187, 188,198, 209, 213,

Beacco, Floreano 151, Beacco, Giovanni Battista 130, 145, 151, Beacco, Giovanni Maria 130, 137Beacco, Lorenzo 129, 130, 151, 211, 213, Beacco, Martino 130, 149, 150, 151, Beacco, Mattio 130, Beacco, Osvaldo 18, 42, 151, 165, 166, 167, 187,

211, 215, Beacco, Paolo 129, 130, 149, 151, 152, Beacco, Zuanne 149, 151, 167, 215, Belgrado, Bellino 194, Beloz 140, Bertoli Paolo 61,

Bertoli, Domenico 61,Bertoli, fam. 59, 61,138, 193, Bidoli, Alessandro 215, Bidoli, Antonio 135, 138, 152, 196, 212, 213, Bidoli, Battista 144, Bidoli, Bortolo 148, 165, 209, 216, Bidoli, Domenico 39, 133, 144, 148, 212, Bidoli, fam. 67, 99, 124, 132, 133, 134, 135,

136, 137, 138, 140, 144, 148,156, 159, 165, 194, 195, 196, 212,

Bidoli, Giacomo 157,Bidoli, Giovanni 148, Bidoli, Giovanni Battista 47, 149, 195, 209, Bidoli, Leonardo 144, Bidoli, Lorenzo 138, 140, 144, 212, Bidoli, Maria 39, 135, Bidoli, Pietro 99, 144, 149, 152, 195, 211, 213, Bidoli, Santo 195, Bidoli, Tommaso 23,Bidoli, Valentino 157, Bidoli, Zuanne 125, 163, 194, 209, 211, 215, Bordugo, fam. 56,Boschit, Rio 74,Brandolin 143, Brusò, M. 21, 41,Buttignan, M. 86, 87,Cadore 53,Calcini, fam. 159, 214, Calcini, Giovanni Battista 159, 214, Calcini, Giovanni Leonardo 159, Calcini, Natale 159, Calcini, Osvaldo 97,Calcini, Pietro 97, 158, 159, Calvini, fam. 138, 142, Campei vedi ChiampeiCampone 23, 51, 67, 121, 122, 124, 128,

129, 130, 132, 133, 134, 135,136, 138, 139, 140, 142, 143,144, 145, 147, 148, 149, 150,152, 153, 154, 155, 156, 158,159, 160, 161, 162, 164, 165,187, 194, 196, 209, 211, 212,213, 215,

Canderan, Andrea 80,Canderan, Antonio 73,Canderan, Battista 80,Canderan, fam. 73, 74, 80, 82,Canderan, Giacomo 80,Canderan, Leonardo148, Canderan, Lucia 80,Canderan, Michele 81,Canderan, Pietro 80, 81,Canderan, Zuanne 73, 80, 81,Candoni, Leonardo 66,Candussetti, fam. 203, Cantarutti, Novella 63, 176, Cantele, Rocco 2 08,

218

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Caprizi 114,Carnia 22, 31, 34,Carnielli, Daniele 199, Carniello, Giovanni 86,Carpegnis, vedi ChiarpegnisCartelli, Candido 77,Cartelli, fam. 67, 77, 78, 100, 118, 119, 183, Cartelli, Giacomo 77,Cartelli, Lorenzo 77,Cartelli, Nadal 77,Casasola 94, Caserine, M. 53,Cassan, Antonio 67, 68, 87,Cassan, Battista 66, 67,Cassan, Candido 67, 100, Cassan, Domenico 82, 83,Cassan, fam. 11, 13, 66, 67, 68, 70, 83, 87, 88, 100,Cassan, Giacomo 175, Cassan, Giovanni Battista 68,Cassan, Gotardo 100, Cassan, Lorenzo 67,Cassan, Pietro 66, 68, 100, Castenovo del Friuli 9,Casuncello di Campone vedi ZulianCasuncello di Ombrena vedi ScandelCasuncello vedi CrovatCaterinusso, Giuseppe 100,Cattarinussi, Battista 131, Cattarinussi, Domenico 131, Cattarinussi, fam. 131, 133, 148, 151, 152, 159,

165, 167, 213, Cattarinussi, Gerusalemme 131, Cattarinussi, Gio Batta 152, Cattarinussi, Giovanni 148, Cattarinussi, Giusto 131, Cattarinussi, Leonardo 148, Cattarinussi, Osvaldo 131, 215, Cattarinussi, Pasquale 131, 167, Cattarinussi, Santo 167, 215, Cattarinussi, Valentino 215, Cattarinussi, Zuanne131, 215, Celant, M. 35, 46, 51, 98, 111, 213Celestia, Rio 179Cellina, Val 53,Centazzo, Sebastiano 209,Ceresarias 51, 125, 128, 129, 130, 131, 145, 211, Cernezai, Daniele 213, Cerva 16, 31, 32,Cesilar, Forchia 125, 130Chiadins 193, 194, 195, 216, Chiampei 61, 62, 64, 65, 68, 100, 147, 173, Chiampis, Casera 111, 119, Chiampon vedi CamponeChiarandin 187, Chiarchia, Canale del 15, 18, 19, 22,Chiarchia, T. 9, 15, 19, 20, 21,Chiarpegnet, vedi Chiarpegnis

Chiarpegnis 111, 113, 114, Chiarsuela 78, 79, 81, 82, 111Chiarzò, T. 9, 22, 46, 51, 121, 122, 128, 129,

130, 132, 133, 142, 143, 144,145, 147, 151, 153, 154, 155,156, 157, 158, 159, 160, 161,162, 163, 166, 196, 209, 213,

Chiasarili 124, 125, 126, 129, 209, Chiaschiermes 25, 26, 34,Chiavalir 117,Chievole vedi ChievolisChievolis 12, 56, 59, 61, 62, 63, 64, 65, 68,

70, 73, 78, 79, 87, 88, 99, 100,101, 200, 202, 217,

Cialciars 155, 158, 159, Cicustuzzo, Giacomo 18,Cimolino, fam. 113, 114, 115, Cinda, Rio 117, Cirpida 36, 98,Cisilan, Battista 61,Cisilan, Domenico 101,Cisilan, fam. 61, 66, 71, 75, 80, 101, Cisilan, Giacomo 101,Cisilan, Giovanni 101,Cisilan, Iacopo 71,Cisilan, Luca 100, Cisilan, Paolo 101,Cisilan, Pietro 64,Cisternini, fam. 147, 153, 154, Cisternini, Giacomo 152, Cisternis vedi ChiaschiermesCiul 173, 174, 175, 178, Cividale 212, Clama, Gio: Domenico 210, Claut 53,Clauzetto 9, 26,134, 135, 136, 137, 138,

140, 143, Cleva 142, 143, 144, Cleva, Angelo 143, 210, Cleva, Antonio 143, Cleva, Domenico 138, 142, 143, 176, Cleva, fam. 142, 143, 189, 190, Cleva, Giovanni 142,Cleva, Leonardo 143,Cleva, Pietro 138, 142, 143, Clevata 189, 190, 192, Clez 12, 61, 62, 65, 71, 72, 73, 74, 94,

100, 101, Col della Luna 169, Cuel di Per 188, 189, 191, 216, Col Rosso 86,Coleiba 11, 68, 70,Coletto, Walter 209, 210, Colle Bernard vedi BelozColossis, fam. 67, 126, 127, Colossis, Livio 43, 126, Colvera, Val 53, 61, 89, 94,

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Comesta 36, 40, 51,Comugna, T. 9, 15, 16, 30, 31, 32, 33,Comugnas vedi ComugnisComugnes vedi ComugnisComugnis 12, 17, 18, 19, 97,Comunias 187, Contardo, Alessandro 153, Contardo, fam. 118, 157, Contardo, Gio Francesco 142, Coppo, Rio 61,Cor 132, 133, Cor 51, 145, 212, Corrado, Andrea 99,Corrado, Candido 99, Corrado, Domenico 99,Corrado, fam. 16, 23, 24, 41, 47, 97, 99, 138,

143, 188,Corrado, Leonardo 23,Corrado, Luca 23,Corrado, Maria 99,Corrado, Zuanne 99, Cortina, Andrea 97,Cotel 187, Cozzi Pietro 139, 140Cozzi, Antonio 165,Cozzi, Battista 139, Cozzi, Daniele 138, Cozzi, Domenico 140,Cozzi, fam. 138, 139, 140, 145, 159, 164,

165, 204, 214, Cozzi, Gio Batta 159, 212, Cozzi, Leonardo 16,Cozzi, Lorenzo 212, Cozzi, Natale 212, Cozzi, Nicola 138, Cozzi, Osvaldo 159, Cozzi, Paolo 159,Cozzi, Sante 165, Creto, M. 179, Cristofoli, fam. 192, Crovat 45, 46, 51, 128,Crovato o Crovatto, fam. 45, 188, 191, 192, Crovato, Battista 188, Crovato, Giovanni 189, Crovato, Zuanne 188, Crozzoli, Battista 180, 203, Crozzoli, fam. 169, 180, 181, 192, 202, 203,

204, 205, 215, Crozzoli, Giovanni 180, Crozzoli, Leonardo 181, Crozzoli, Michele 204, Crozzoli, Pietro 201, Cual della Barcia, Rio 26,Cualtramon 169, 179, Cuel Bareit 84,Cuel Bernaz 73, 80,Cuel Pelos 125, 129, 130, 131,

Cuesta Mosenaria 130, 131,Cuil 203, 204, 205, Cuna, Canal di 124, 125Cuna, Canal di 15, 16, 20, 22, 24, 25, 26, 27, 28,

30, 32, 33, 34, 97, 98, 209, Cupa, fam. 63,Curs 169, 182, 183, Cutin, fam. 72, 101, Da Claut, fam. 126,Da Prat 202, 205, Da Prat, Antonio 202, Da Prat, Battista 202, Da Prat, Beltrame 202Da Prat, Domenico 202, Da Prat, fam. 118, 201, 202, Da Prat, Giuseppe 202, Da Prat, Valentin 202, Da Prat, Zuanne 202, Del Tedesco, Gilberto 214, Del Zotto, Battista 209, Del Zotto, Biasio 209, Del Zotto, Domenico 209, Del Zotto, fam. 113, 114, 118, 119, Del Zotto, Giannantonio 114,Del Zotto, Pietro 119,Domini, fam. 41, 83, 97,Domini, Pietro 20, 41,Dosaip, M. 53,Durat, Battista 202, Durat, Domenico 172, 198,Durat, fam. 172, 175, 204, Durat, Florean 198, Durat, Paolo 175, Durat, Pietro 204, Facchin, Antonio 176, Facchin, Battista 177, Facchin, Domenico 172, 178, Facchin, fam. 115, 172, 176, 177, 178, 182,

183, 203, Facchin, Giacomo 177, 215, Facchin, Giambatta 177, Facchin, Lorenzo 176, 182, Facchin, Michele 117, Facchin, Natale 177, 182, Facchin, Pietro 117, 177, Facchin, Sabbida 172, Facchin, Tommaso 177, 178, 183, 215, Facchin, Zuanne 176, Faidona 12, 54, 55, 57, 59,Faion, Antonio 95,Faion, Candido 83,Faion, fam. 72, 73, 78, 90,Faion, Lorenzo 95, Fanna 100, 101, Feletta 114,Feltre 212, Ferrara 165, 166, 194,

220

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Ferrara, Battista 165,Ferrara, fam. 166, Ferrara, Gotardo 165, Ferroli, Domenico 161, 195, Ferroli, fam. 23, 41, 43, 160, 161, 167, 187,

190, 195, 196, Ferroli, Giacomo 161, 212, Ferroli, Giovanni Maria 195, 215, 216, Ferroli, Leonardo 161, Ferroli, Natale 99,Ferroli, Osvaldo 43, 99, Ferroli, Paolo 160, 161, 198, Ferroli, Pietro 159, Firenze 39,Fisar, Val di 179, Flor di Sopra 191, 192, Flor, fam. 148, 155, 156, 196, Flors 155, 158, 196, Forcella Clautana 53, 89, 92, 95,Forcella Dodesmala 174, 175, Forcella Frascola 178, Forcella Giaveid 53,Forcella Negardaia 209, Forchia Bassa 22, 34,Forchia Chiarandeit 166, Forchia Ciuf 26,Forchia del Giaf 33,Forchia del Prete, Rio 68, 189, 191, 192, Forchia di Meduno 166, Forchia Piccola 166, Forchia Zuviel 22, 23, 24, 26, 27, 32, 97, 125, Forchiazza 16, 34,Fous, Rio della 180, Fracassi, fam. 202, 205, Fracassi, Giacomo 204, Fracassi, Matteo 203, Frari 29,Frassaneit 176, 177, 213, Frau, M. 78, 79, 80,Friuli Occidentale 11,Friuli 13,Furlan 187, Furlan, Domenico 187, Gai 151, 152, Gamberi, Rio dei 64, 65, 68, 71, 78, 100, Gambon, Antonio 70,Gambon, fam. 70, 173, Gardelin 16,Giaf 97, 111, Giasgiarmes vedi ChiaschiermesGiavason vedi ZanonGiaveada 16,Giaveada, Rio 33, 34,Giaverson, Zuanne 159, Giavons, Rio 178, Giordani, Giacomo 43,Goi, Paolo 98,

Grande, Rio 130, 131, Graz 40,Graziussi, fam. 132, 140, 143, 154, Graziussi, Fulvio 210, Graziussi, Gio Batta 140, 167, Graziussi, Giorgio 213, Graziussi, Graziusso 154, Graziussi, Paolo 100, 140, 211, Graziussi, Paolo 162, Grazziussi, Giorgio 154, Grisa 149, 213, Inglagna 61, 62, 66, 68, 73, 75, 77, 78, 80,

81, 101, 217, Inglagna, T. 62, 63, 77, 78, 82, 100, 169, 189,

191, 192, Intermontes vedi TramontiLareseit 130, Le Tronconere 92, 93, 94, 95, 101, 200, Ligiais, Rio 77,Listas vedi Sacchiaz Livignona 13, 36, 37, 39, 40, 42, 43, 68,

128, 135,Longo, fam. 78,Lorenzini, Caterina 212, Lorenzini, fam. 16, 30, 32, 33Lorenzini, Gregorius 33,Lorenzini, Mario 16,Luchini, Luigi 101, Lusiana 210, Malandrai 118, 119, 209, Maleon 112, 115, 118, 119, Maniago 209, Marmai, Antonio 21, 22, 97,Marmai, Domenico 18, 22,Marmai, fam. 18, 19, 20, 21, 22, 47, 97, 99, 162,Marmai, Giacomo 18, Marmai, Giambattista 128, Marmai, Giambattista 22,Marmai, Gio: Batta 97, 99,Marmai, Leonardo 20, 21, 162, Marmai, Nadal 97,Marmai, Pietro 22, 97,Martin 150, 151, 169, 181, 213, Martin, Zuanne 177, Martini, Giovanni Antonio 83,Marzari, fam 66, 177, Masutti, Antonio 210, Masutti, Battista 210, Masutti, Domenico 37, 38, 39, 40, 99, 126, 128, 131,

210, 211, Masutti, fam. 18, 19, 21, 26, 38, 40, 42,

68,125, 126, 127, 128, 164, 190,210, 211,

Masutti, Giacomo 18, 19, 38, 39, 99, 127, 128, 135,210, 212,

Masutti, Gio: Batta 39, 97, 99, 127, 198, 210, 211, 212,Masutti, Giovanni 210,

221

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Masutti, Leonardo 38, 210, 211, Masutti, Paolo 97,Masutti, Pietro 19, 39,Masutti, Santo 19,Masutti, Zuanne 97, 99, 210, 211, Mazzari, fam. 177, 178, 203, 204, Meduna, F. 9, 22, 53, 58, 61, 121, 124, 166,

169, 172, 173, 174, 175, 176,179, 180, 181, 185, 187, 192,196, 200, 201,

Meduna, Val 9, 17, 43, 45, 62, 73, 82, 97, 100,166, 178, 181, 185,

Meduno 43, 61, 67, 100, 126, 159, 162,166, 203, 214,

Melossi, Giovanni Maria 215, Menegon, Andrea 15, 25, 27, 34,Menegon, Battista 25, 29,Menegon, Domenico 29,Menegon, fam. 16, 20, 25, 26, 27, 29, 33, 97, 98,

190, 211, 215, Menegon, Filippo 25, 26,Menegon, Giacomo 20,Menegon, Gio: Batta 26, 29,Menegon, Gio: Maria 29,Menegon, Leonardo 15, 26, 28, 33,Menegon, Michele 25, 29, 34,Menegon, Orino 210, Menegon, Pietro 17, 25, 33, 97,Menegon, Zuanne 29,Menegozzi, fam. 72,Miar 20, 196, 199, Michelin, Andrea 211, Midilut 49,Milano 98,Mincelli, fam. 46, 72, 154, 191, 204, 214, Mincelli, Giacomo 214, Mincelli, Gio Maria 130, Mincelli, Gio: Batta 58, 100, 214, Mincelli, Giovanni Lucio 79, 158, Mincelli, Leonardo 84, 148, 211, Mincelli, Lorenzo 153, Minin, Battista 23,Minin, Domenico 214, Minin, fam. 23, 91, 164, Minin, Giovanni 167, Minin, Nicolò 167, Minin, Pietro 23,Miniut, Daniele 56,Miniut, fam. 56, 99, Miniut, Osvaldo 100,Miniut, Zuanne 37,Miniutti Giovanni Maria 157, 161, 162, 163, Miniutti, Domenico 162, 165, Miniutti, fam. 58, 59, 157, 162, 163, 164, 181,

196, 214, Miniutti, Giacomo 163, Miniutti, Giovanni Maria 214,

Miniutti, Leonardo 162, 165, Miniutti, Maria 39,Miniutti, Natale 214, Miniutti, Osvaldo 59, 161, Miniutti, Pasquale 197, Miotti, Tito 17, 97,Mirat 157, 214, Monaco, fam. 91, 93, 126, 138, Monaco, Guglielmo 126, 142,Mongiat, Angelo 216, Mongiat, Antonio 86, 195, Mongiat, Battista 71, 78,Mongiat, fam. 55, 59, 61, 63, 65, 73, 75, 78, 79,

83, 84, 86, 89, 90, 101, 135, 216, Mongiat, Giacomo 61,Mongiat, Gio: Maria 61,Mongiat, Gotardo 78, 84, 100, Mongiat, Leonardo 83,Mongiat, Zuan Maria 79,Mongiat, Zuanne 61, 78, 79, 83,Monte, Antonio di 173, 174, Monte, fam. Di 173, 174, Morasit 28, 29, 32,Moruzzi, Antonio 153, 210, Moruzzi, Battista 125, 213, Moruzzi, Candido 128, 209, Moruzzi, Domenico 153, 213, 216, Moruzzi, fam. 124, 125, 126, 127, 128, 132,

133, 143, 148, 152, 153, 154,156, 164, 166, 193, 194, 209,213,

Moruzzi, Gio Batta 124, 209, Moruzzi, Giovanni Maria 153, 193, Moruzzi, Nicolò 213, 216, Moruzzi, Osvaldo 193, 209, Moruzzi, Pietro 145, 153, 155, Moruzzi, Zuanne 124, Mosareit 15, 16, 25, 26,Mosaret vedi MosareitMosaretto vedi MosareitMoschiasinis 167, 194, 195, 196, 199, 216, Muggia 29,Muin, Domenico 77,Muin, fam. 64, 77, 78,Muin, Giacomo 77,Muin, Leonardo 77,Muin, Urban 77,Muinta 12, 58, 59, 100, Mulon, M. 164, 185, 186, 214, Murano 13,Napoleone I 40,Natisone 97, Navarons 211, Negardaia, Forcella 21, 125, 126, 127, Nevodin, fam. 98, 165, 199, Nevodin, Francesco 213, Nevodin, Gio: Batta 19,

222

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Nevodin, Giovanni Pietro 55,Nevodin, Pietro 167, 215, Nincisas 36, 40,Nuiàrs 17, 18, 19,Nuvrìs 112, 119, Ombrena 121, 122, 139, 156, 158, 159,

160, 162, 163, 164, 165, 167,174, 193, 194,

Orlando, Antonio 198, Orlando, fam. 47, 49,Orlando, Gio: Batta 49,Pagnac 144, 145, Paisa 169, 180, 215, Pala 139, Palcoda 21, 37, 38, 45, 46, 51, 97, 121,

124, 125, 126, 127, 128, 145,155, 164, 209, 210, 211, 212,

Paleit 170, Paludea 212, Passudetti, fam. 72,Paulitti, Leonardo 213, Pecoi 35, 36, 98,Pecol 58,Pecolat 91, 92,Pecolle vedi FacchinPedesinis 157, 158, 160, 214, Pedole, Rio 78,Pellegrin, Leonardo 115, Pellegrino, fam. 195, 216, Pellegrinuzzi, fam. 78,Pellegrinuzzo, Domenico 68,Petrucco, fam. 89, 90, Petrucco, Natale 90,Piancavallo 97, Pie de Giaf vedi PiedigiafPiedigiaf 25, 33, 34, 97,Pielli, Antonio 31Pielli, Battista 98,Pielli, Candido 30, 31,Pielli, Domenico 28, 97, Pielli, fam. 16, 28, 29, 30, 31, 98,Pielli, Giacomo 28, 30,Pielli, Gio: Batta 28,Pielli, Leonardo 28,Pielli, Matteo 31,Pielli, Nicolò 28,Pielli, Valentino 28,Pielli, Zuanne 28, 31, 98,Pierato, fam. 116, 118, Pierato, Zuanne 116, Pinada, M. 192, 196, Piuzzi, Fabio 99,Pizzo Lovet 175, Plan de Macan 111, 112, Plan, Rio del 180, Plegnan vedi OmbrenaPlendoria 35, 36, 51,

Polcenigo e Fanna, fam. 161, Polcenigo e Fanna, Girolamo di 100, Policreti, Carlo 200, Policreti, Marianna 200, Pordenone 40, 98,Poslovet 173, 174, 175, 217, Posplata 11, 13, 61, 62, 63, 66, 67, 68, 70,

87, 100, Prades 192, Pradis 9, 133, 180, 181, 182, 183, Pradolin, fam. 114,Pramuz 145, Prealpi Carniche 11, 36,Pria 169, 170, 180, Qual dal Muss 148, Qualdea 160, 161, Quas 199, 200, Quas, Battista 200, Quas, Domenico 94, 174, 200, 217, Quas, fam. 95, 200, 202, Quas, fam. 63, 217, Quas, Gio: Batta 200, Quas, Pietro 200, Quassi vedi QuasQuasso vedi QuasQuel di Matuis 142Questis vedi ClevaQuestis, Rio 142Racli 200, 201, 202, 205, Ravedau, Rio 30Redona 55, 57, 59, 63, 161, 185, 196,

199, 200, 201, 202, 205, Resettum, M. 53,Rest 111, 113, 114, 115, 116, 118Ribolo, fam. 64, 65,Rivo, Candussio 101,Romanelli, Candussio 100,Romanelli, fam. 66, 71,Ronzat, Battista 189, Ronzat, Domenico 56,Ronzat, fam. 56, 63, 89, 90,Roppa 193, 194, Roppa Buffon, M. 179, Rosa Zuanne 94, 95, Rosa, fam. 89, 94, 95,Rossa, M. 121, 124, 129, 130, 132, 133,

135, 147, 211,Rovedo, fam. 56, 72, 73, 74, 91, 166, 169, 188, Rovedo, Giorgio 74,Rovedo, Giovanni Maria 174, 175, Rovedo, Giovanni 37,Rovedo, Giuliano 154, Rovedo, Vettor 56, 203, Rovin, Forcella del 111 Rug de Tasseit 91, Rug di Muscle 92,Rugo, Angelo 214,

223

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Rugo, Antonio 38, 41, 99, 156, 158, 198, 209,211, 212,

Rugo, Battista 99,Rugo, fam. 28, 42, 43, 45, 119, 128, 145,

155, 156, 157, 158, 181, 191,192, 196, 197, 198, 199, 212,213, 216,

Rugo, Gio: Maria 41, 158, Rugo, Gio: Pietro 41,Rugo, Giovanni 155, Rugo, Giovanni Maria 198, Rugo, Leonardo 41, 43, 99, 198, Rugo, Lorenzo 197, Rugo, Mattio 145, 158, 198, Rugo, Paolo 154, 198, Rugo, Pietro 41, 99, 145, 155, 188, 212, 213, 217, Rugo, Santo 43, 99, Rugo, Stefano 145, 155, Rugo, Zanetto 214, Rugo, Zuanne 145, 157, 158, 192, 198, 199,214, Runch, Rio 114,Rutizza 19, 215, Ruvisella 155, Ruvolons 88, 89, 90,Ruvolons, Rio 88, Sacchiaz 151, 152, 213, Sacchis vedi GaiSalva Piana vedi Selva PianaSan Vincenzo 25, 26, 27, 28, 31, 32,Saviet 140, Savoieit 16, 21, 22, 23, 25, 26, 27, 97, 98,Scandel 161, 162, Sclaf 136, 137, Scuro, Rio 121, 129, Selis 169, 172, 174, Selva Piana 12, 18, 20, 21, 22, 24, 97,Selva 11, 61, 62, 63, 86, 87, 88, 89, 90,

95, 173, 174, 195, 197, 198, 199, Selvaz, M. 121, 122, 147, Serafini, fam. 39,Sfelz, fam. 182, Sflez, Antonio 182, Sghittosa 124, 127, 147, 152, 153, 154, 155, Sgualdin 133, 147, Siaccia 169, 172, 175, Siales 166, 167, 215, Sialin 135, Siazza vedi SiacciaSilisia, Canal del 11, 53, 54, 55, 56, 57, 59, 61, 62,

68, 71, 79, 81, 82, 83, 84, 86, 87,88, 89, 90, 92, 93, 94, 95, 100,173, 175, 200, 201, 217,

Silisia, T. 9, 53, 58, 59, 61, 62, 63, 75, 79,82, 87, 88, 89, 91, 169, 200,

Silisia, Val vedi Silisia, Canal delSina, Battista 154,

Sina, fam. 36, 46, 98, 99, 132, 154, 212, Sina, Giovanni 214, Sina, Giovanni Battista 193, Sina, Giovanni Maria 163, 212, Sina, Leonardo 212, Sina, Paolo 212, Sina, Pietro 154, 155, 212, 214, Sina, Zuanne 153, Sirviella 16, 26, 34,Sissolino, Daniele 147,Sissolino, Grazioso 154, Socchieve 211, Somp Cleva 112, 116,Sopareit 118, 119, Sorelli 49,Sot Giaf vedi PiedigiafSottomonte 159, Spilimbergo 91, 92,138, 152Spilimbergo, Elena di 43,Splez, Zuanne 70,Staleròs 81, 82, 86, 101,Stali Lavon vedi BrandolinStaligial 11, 61, 62, 73, 80, 82, 83,Stalli Baroso vedi SelisStalurban 89, 90, Sterp 16, 26,Sterpato vedi SterpStua 91, 92,Tagliamento 114,Talon 159, 163, Talteris vedi TamarTamar 23, 35, 36, 46, 47, 49, 50, 51,

52, 99, 124, 128, 133,Tamarat 12, 13, 56, 57, 59, 63, 99,Tamareom 170, Tarcenò, T. 9, 35, 40, 98, Tarcenò. Canal del 45, 46, 51,Teglara 118, 119, Titolo 182, Titolo, fam. 64, 65, 70, 173, Titolo, Pietro 100, 172, 173, Tonchia, Davide 36, 98,Tonon 140, Tramonti di Mezzo 9, 17, 19, 20, 21, 22, 23, 25, 26,

34, 47, 83, 99, 138, 148, 155,157, 182, 192, 195,

Tramonti di Sopra 9, 11, 59, 61, 62, 64, 68, 71, 72,73, 74, 75, 77, 78, 83, 84, 93, 94,95, 100, 111, 114, 115, 116, 117,118, 119, 143, 169, 173, 176,178, 179, 180, 181, 183, 185,195, 198, 199, 202, 203,

Tramonti di Sotto 9, 18, 19, 23, 32, 35, 36, 38, 40,41, 46, 51, 72, 86, 117, 128, 135,142, 147, 148, 153, 154, 161,162, 165, 174, 182, 187, 188,199, 200, 209, 211, 212,

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Tramonti 9, 11, 12, 29, 33, 38, 39, 53, 86,93, 90, 100, 101, 162, 165, 167,172, 185, 189, 195, 201, 203,204, 215, 216,

Travesio 194, 199, Tridis 154, 155, 156, 158, 189, 190, Trieste 39,Trivelli, fam. 181, 216, Trivello, Luca 100Udine 40, 97, 149, Urban, fam. 75, 201, 203, Urban, Giacomo 75,Urban, Leonardo 101, Urban, Mainardo 75,Urban, Pietro 200, Urea vedi TitoloVal Premedia 16, 29, 30, 31, 32,Val 71, 72, 73, 74, 101, Valent 134, Valentins 202, Vallar, Andrea 72,Vallar, Antonio 77,Vallar, Domenico 72,Vallar, fam. 63, 73, 75, 77, 78, 91, 92, 94,

101, 173, Vallar, Giacomo 72,Vallar, Leonardo 71, 101, Vallar, Zuanne 72,Valle vedi San VincenzoVallone, malga 133, Varnarin, Agnese 139, Varnarin, Domenico 49, 50, 99, 167, Varnarin, fam. 23, 36, 47, 49, 50, 97, 139, 194,Varnarin, Gio Batta 139, Varnarin, Leonardo 47, 99, Varnarin, Nicolò 23,Varnarin, Santo 99,Varnarin, Tommaso 49, 99, 167, Varnarin, Zuanne 194, Varnieri, fam. 136, Vaudinghia 111,Vendelata 169, 215, Vendelata, T. 170, Venezia 10, 12, 13, 40, 86, 91, 92, 93, 95,

99, 100, 149, Venturini, fam. 196, Vicentino Peruzzana, Daniele 100,Viellia. T. 9, 111, 113, 115, 117, 118, 119,

169, 209, Vienna 40,Villa di Mezzo vedi Tramonti di MezzoVilla di Sopra vedi Tramonti di SopraVilla di Sotto vedi Tramonti di SottoViolla, fam. 63,Vuar 13, 35, 41, 42, 43, 45, 99, 128, 155, Zaina, fam. 142,Zannier, fam. 136,

Zannier, Giovanni Battista 134, Zanon 145, 153, 154, 155, 156, 158, 213, Zanulini, fam. 75,Zatti, Andrea 87,Zatti, Antonio 68,Zatti, Candido 64, 203, Zatti, Daniele 204, Zatti, Domenico 181, 182, Zatti, fam. 19, 64, 65, 70, 72, 73, 74, 78, 80,

114, 115, 119, 134, 136, 143,148, 162, 166, 170, 172, 173,174, 175, 178, 179, 181, 182,183, 199, 203, 204, 205, 215,

Zatti, Giannantonio 179, Zatti, Giovanni Battista 113, Zatti, Michele 175, Zatti, Pietro 87, 173, 175, 181, Zatti, Zuanne 68,Zergassi Giustini, Enrico 75,Zomenzons 21, 23, 97,125, 126, 127, 211, Zomo, fam. 203, Zomo, Paolo 201, Zomo, Simone 201, Zouf 11, 82, 83, 111, Zuassi vedi QuasZulian 137, 138, 139, 140, 161, Zupignes vedi PradesZuviello vedi Forchia Zuviel

225

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Indice volume IVparte I

Presentazione . . . . . . . . . . . . . .pag. 5

Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

Il Canal del Chiarchia

e il Canal di Cuna . . . . . . . . . . . . . .15

Comugnis e Nuiàrs . . . . . . . . . .17

Rutizza . . . . . . . . . . . . . . . . . .19

Selva Piana . . . . . . . . . . . . . . .20

Forchia Zuviel . . . . . . . . . . . . .22

Mosareit . . . . . . . . . . . . . . . . .25

S. Vincenzo . . . . . . . . . . . . . . .27

Morasit . . . . . . . . . . . . . . . . . .28

Frari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .29

Val Premedia . . . . . . . . . . . . . .30

Cerva . . . . . . . . . . . . . . . . . . .32

Piedigiaf . . . . . . . . . . . . . . . . .33

Chiaschiermes . . . . . . . . . . . . .34

Il Canal del Tarcenò . . . . . . . . . . . .35

Livignona . . . . . . . . . . . . . . . .36

Vuar . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .41

Crovat . . . . . . . . . . . . . . . . . . .45

Tamar . . . . . . . . . . . . . . . . . . .46

Il Canal del Silisia . . . . . . . . . . . . . .53

Faidona . . . . . . . . . . . . . . . . . .55

Tamarat . . . . . . . . . . . . . . . . . .56

Muinta . . . . . . . . . . . . . . . . . .58

Chievolis . . . . . . . . . . . . . . . . .59

Chiampei . . . . . . . . . . . . . . . . .64

Posplata . . . . . . . . . . . . . . . . .66

Coleiba . . . . . . . . . . . . . . . . . .68

Clez . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .71

Val . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .73

Inglagna . . . . . . . . . . . . . . . . .75

Chiarsuela . . . . . . . . . . . . . . . .78

Cuel Bernaz . . . . . . . . . . . . . . .80

Staligial . . . . . . . . . . . . . . . . . .81

Zouf . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 82

Cuel Bareit . . . . . . . . . . . . . . .84

Staleròs . . . . . . . . . . . . . . . . . .86

Selva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .87

Ruvolons . . . . . . . . . . . . . . . . .88

Stalurban . . . . . . . . . . . . . . . . .89

Stua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .91

Pecolat . . . . . . . . . . . . . . . . . .92

Le Tronconere . . . . . . . . . . . . .93

Note . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .97

Documenti cartografici . . . . . . . . .103

Glossarietto . . . . . . . . . . . . . . . . . 104

Le misure lineari e di superficie . .105

226

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Indice volume VIparte II

Presentazione . . . . . . . . . . . . .pag. IX

Il Canale del Viellia . . . . . . . . . . . .111

Chiarpegnis . . . . . . . . . . . . . .113

Maleon . . . . . . . . . . . . . . . . .115

Somp Cleva . . . . . . . . . . . . . .116

Chiavalir . . . . . . . . . . . . . . . .117

Malandrai . . . . . . . . . . . . . . . .118

Il Canale del Chiarzò . . . . . . . . . . .121

Chiasarili . . . . . . . . . . . . . . . .124

Palcoda . . . . . . . . . . . . . . . . .126

Ceresarias . . . . . . . . . . . . . . .129

Cuel Pelos . . . . . . . . . . . . . . .131

Cor . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .132

Sgualdin . . . . . . . . . . . . . . . .133

Valent . . . . . . . . . . . . . . . . . . 134

Sialin . . . . . . . . . . . . . . . . . . .135

Sclaf . . . . . . . . . . . . . . . . . . .136

Zulian . . . . . . . . . . . . . . . . . .137

Pala . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .139

Beloz . . . . . . . . . . . . . . . . . .140

Cleva di Sopra e Sotto . . . . . . .142

Brandolin . . . . . . . . . . . . . . . .143

Pagnac . . . . . . . . . . . . . . . . .144

Barzanai . . . . . . . . . . . . . . . .145

Campone . . . . . . . . . . . . . . . .147

Grisa . . . . . . . . . . . . . . . . . . .149

Martin . . . . . . . . . . . . . . . . . .150

Sacchiaz e Gai . . . . . . . . . . . .151

Sghittosa . . . . . . . . . . . . . . . .152

Zanon . . . . . . . . . . . . . . . . . .154

Flors . . . . . . . . . . . . . . . . . . .155

Pedesinis . . . . . . . . . . . . . . . .157

Cialciars . . . . . . . . . . . . . . . . .158

Qualdea . . . . . . . . . . . . . . . .160

Scandel . . . . . . . . . . . . . . . . .161

Talon . . . . . . . . . . . . . . pag. 163

Ombrena . . . . . . . . . . . . . . . .163

Ferrara . . . . . . . . . . . . . . . . . .165

Siales . . . . . . . . . . . . . . . . . . .166

L’Alto Canale del Meduna . . . . . . .169

Selis . . . . . . . . . . . . . . . . . . .172

Poslovet . . . . . . . . . . . . . . . .173

Siaccia . . . . . . . . . . . . . . . . . .175

Frassaneit . . . . . . . . . . . . . . . .176

Cualtramon . . . . . . . . . . . . . .179

Paisa . . . . . . . . . . . . . . . . . . .180

Pradis . . . . . . . . . . . . . . . . . .181

Titolo . . . . . . . . . . . . . . . . . .182

Curs . . . . . . . . . . . . . . . . . . .183

Il Basso Canale del Meduna . . . . . 185

Chiarandin e Cotel . . . . . . . . .187

Cuel di Per . . . . . . . . . . . . . .188

Tridis e Clevata . . . . . . . . . . .189

Flor di Sopra . . . . . . . . . . . . .191

Prades . . . . . . . . . . . . . . . . . .192

Chiadins . . . . . . . . . . . . . . . .193

Moschiasinis . . . . . . . . . . . . . .195

Flors . . . . . . . . . . . . . . . . . . .196

Selva . . . . . . . . . . . . . . . . . . .197

Quas . . . . . . . . . . . . . . . . . . .199

Redona . . . . . . . . . . . . . . . . .200

Da Prat . . . . . . . . . . . . . . . . .202

Barbeadis e Cuil . . . . . . . . . . .203

Postfazione . . . . . . . . . . . . . . . . . .207

Note . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .209

Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . .218

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