2003 09 27 L'Iraq Perduto

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LA REPUBBLICA 39 SABATO 27 SETTEMBRE 2003 UN VIAGGIO COMPIUTO NEGLI ANNI VENTI D I A R I O di D O S P A S S O S NEW YORK - Il reportage di viaggio su Bagdad venne scritto da John Dos Passos nel 1922, ma fu pubblicato negli Stati Uniti nel 1927 nella raccolta Orient Express . Il testo, che ap- parve anche sul  New York Tri- bune a pochi mesi di distanza da Manhattan Transfer , scom- parve rapidamente dalle libre- rie, per riapparire nel 1938 in una versione leggermente modificata intitola- ta  Journey between wars , e poi scomparire defi- nitivamentefinoallariscopertadiquestigiorni. Dopo un avventuroso viaggio sui Pirenei in compagnia di E.E.Cummi ngs, Dos Passos si tra- sferì in Turchia e quindi a Teheran, dove entrò in contatto con un agente dello spionaggio in- glese di nome Gertrud Bell, che lo aiutò a curarsi dalla malaria, lo convinse a farsi crescere la barba e a travestirsi da arabo, ed organizzò la prosecuzione del viaggio verso Bagdad e quindi Damasco, che raggiunse a dor- so di un cammello. L'impatto con la cultura medio-orientale, ed in particolare con la città del- la mille e una notte, dove volle rimanere per tre settimane, colpirono lo scrit- tore al punto da ispirargli anche delle composi- zioni in versi (la più famosa fu pubblicata nel 1926 con il titolo Crimson Tent ), ed una serie di quadri, che sono stati esibiti in occasione della pubblicazione dell'opera omnia da parte della "Library of America".  L’Iraq pe rduto e ritrov ato (segue dalla prima pagina) A ncora adesso la visione apocalittica di quelle ruote roventi che colle- gano l'India con Costantinopo- li, Vienna, Zurigo, Berlino e Ostenda aleggia sulle nostre te- ste come un angelo avido di vendetta, mentre noi sediamo al buio sulla riva del Tigri, be- vendo birra giapponese e mangiando patate Sa- ratoga fritte da un arabo su un falò di rami di pal- ma. Sulle nostre teste, nell'oscuro cielo, gli an- tichi dei di Caldea osser- vano impassibili, senza battere ciglio, il fiume e il ponte di barche e le auto militari e le baracche e i binari pieni di immondi- zia e le recinzioni di filo spinato e le trincee e le fabbriche di bibite gassate e i bazar distrutti e i cinematogra- fi e i vasti caotici maleodoranti campi dei rifugiati. «Bene - dice l'uomo grasso dell'Illinois, che è qui per ac- quistare budella per le fabbri- che di salsicce di Chicago - for- se sarà la Chicago del Vicino Oriente, un giorno... tuttavia mi ci vorrà qualche buon affare, prima che io possa investire in qualche proprietà...» «Non so, se avessi l'occasione di qualche lotto di terra nei pressi della sta- zione..», risponde l'armeno di St. Louis... Le chips Saratoga sono finite. Siamo stufi di bere birra giap- ponese. Dentro al bar stanno iniziando a servire gli aperitivi. Sono solo, nell'oscurità, sotto ture dolenti, e i gufi vi svolazze- ranno e i satiri vi danzeranno. Le bestie feroci delle isole ber- ceranno nelle loro tane desola- te e i draghi strepiteranno nelle loro piacevoli dimore... Così come è finito il tiranno, così muore la città dorata...». «...ngiorno», disse il capo di un gruppo di monelli sudici e straccioni, che iniziarono a gui- darmi verso il quartiere centrale. "Bonjour... Ba- bilonia io conoscere... Sangue no buono». Gli altri improvvisarono un coro, e si misero a ballar- mi intorno, con i palmi delle sudicie mani rivolte all'insù - senza dubbio i satiri di Isaia. Così avan- zammo, aprendoci per ore un varco tra i cumuli di immondizia, sotto il sole di mezzogiorno, fin- ché arrivammo nella regione di Times Square, al Cancello del Leone, alle fondamenta di vasti saloni pavimentati, là dove si suppone che Balthazar abbia tenuto la sua celebre festa. Infi- ne, grondante di sudore e con la bocca impastata di polvere, mi accasciai sotto una palma, di fronte ad una pozza di acqua stagnante che un tempo era l'affluente principale dell'Eu- frate, e mi interrogai sulla straordinaria efficacia delle maledizioni che Geremia aveva ordinato al "principe tranquil- lo" Serajah di scrivere in un li- bro e di legare a una pietra e di gettare nell'Eufrate, affinché la fortuna di Babilonia potesse inabissarsi insieme alla pietra. SEGUE A PAGINA 40 una macilenta palma. Da lonta- no mi arriva lo strano fischio beffardo delle locomotive.  Anche Ezechiele accanto al fiume Khebar, seduto su un iso- lotto emerso per la poca acqua, vide apparire angeli su ruote: «Apparvero come carboni ardenti,aguisadi fiaccole... il fuoco splendeva e dalla fiamma si sprigionavano folgori... apparvero le ruo- te: la loro struttura riluceva, erano color del berillio. Aveva- no tutte la stessa identica forma e parevano congegnate in mo- do tale che sembrava fossero una dentro l'altra. La loro cir- conferenza era di dimensioni tali che incutevano paura e i cerchioni di tutte e quattro era- no tempestati di occhi. Quando le creature viventi camminava- no, quelle pure giravano con es- si...».  Acque di Babilonia L'ingegnere scozzese molto re a Babilonia fermò il treno per Kut. Nella distesa grigia l'unica cosa percepibile erano due lun- ghi raggi di sole. In ogni direzio- ne c'erano collinette ghiaiose di polvere e frammenti di coccio, che si poteva supporre fossero resti di mura, blocchi da costru- zione, zigurrat. Questa doveva essere la 125esima strada. Ge- remia sicuramente ebbe la giu- sta visione di Babilonia: «Pro- sciugherò il suo mare e prosciu- gherò tutte le sue sorgenti. E Ba- bilonia diverrà rovine, un luogo in cui dimorano draghi, mera- viglia e stupore, senza un solo abitante». E così Isaia: «E Babi- lonia, gloria e orgoglio dei Cal- dei, sarà anch'essa distrutta dal Signore come Sodoma e Gomorra. Non sarà più po- polata, né abitata genera- zione dopo generazione; l'arabo non vi alzerà più la sua tenda, né il pastore vi la- scerà riposare il suo gregge. Vi avranno invece riparo le fiere, le BERNARDO VALLI ‘‘ ,, La ferrovia di Bagdad. Le locomotive a carbone fischiano in tono derisorio al di là dell’orizzonte ‘‘ ,, , , Sulle nostre teste gli antichi di Caldea osservano impassibili , il fiume, il ponte di barche e le auto militari IL MEDIO-ORIENTE Nella foto grande, il terzo da sinistra è l’emiro Faysa l, nella sua tenda nel 1917 IL REPORTAGE John Dos Passos (a destra) raccontò il suo viaggio a Bagdad nel 1922 JOHN DOS PASSOS La parola Bagdad evoca u n passato glorio- so, studiato nelle scuole ed esaltato da tan- te leggende. La capitale sulle rive del Tigri è il teatro di una se- rie di racconti delle Mille e una Notte: la città del IX secolo, quelladelcaliffoHarunal-Rashide deivisirBarmakideseAbu Nuwas. Nella Bagdad di quell'epoca, dove regnava al-Ra- shid, figlio di al-Mahdi, non mancavano le ricchezz e mate- riali e culturali del mondo conosciuto. La metropoli orientale era aperta a tutti gli scambi e il suo dinamismo si estendeva soprattutto verso il Mediterraneo: dove gli arabi occupavano la Sicilia e dove fioriva da tempo il califfato di Cordoba. L'assedio e poi la conquista di Bagdad da parte degli ame- ricani, nell'aprile scorso, per molti arabi ebbe un inevitabile significato: un esercito occide ntale violava uno dei principali luoghi della loro memoria storica. Alcuni auspicavano forse la caduta di Saddam Hussein. Il fatto che ci fosse un tiranno di meno era una buona notizia. Ma anche in quei pochi do- veva prevalere l'aspetto simbolico: il teatro di uno dei mo- menti più luminosi della civiltà araba era invaso da una po- tenza straniera. BAGDAD        

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LA REPUBBLICA 39SABATO 27 SETTEMBRE 2003

UN VIAGGIO COMPIUTO NEGLI ANNI VENTI

DIA R IOdi

DOS PASSOSNEW YORK - Il reportage di

viaggio su Bagdad venne scrittoda John Dos Passos nel 1922,ma fu pubblicato negli StatiUniti nel 1927 nella raccoltaOrient Express . Il testo, che ap-parve anche sul New York Tri-bune a pochi mesi di distanzada  Manhattan Transfer , scom-parve rapidamente dalle libre-rie, per riapparire nel 1938 inuna versione leggermente modificata intitola-ta Journey between wars , e poi scomparire defi-nitivamente fino alla riscoperta di questi giorni.

Dopo un avventuroso viaggio sui Pirenei incompagnia di E.E.Cummings, Dos Passos si tra-sferì in Turchia e quindi a Teheran, dove entròin contatto con un agente dello spionaggio in-

glese di nome Gertrud Bell, che

lo aiutò a curarsi dalla malaria,lo convinse a farsi crescere labarba e a travestirsi da arabo, edorganizzò la prosecuzione delviaggio verso Bagdad e quindiDamasco, che raggiunse a dor-so di un cammello. L'impattocon la cultura medio-orientale,ed in particolare con la città del-la mille e una notte, dove volle

rimanere per tre settimane, colpirono lo scrit-tore al punto da ispirargli anche delle composi-zioni in versi (la più famosa fu pubblicata nel1926 con il titolo Crimson Tent ), ed una serie diquadri, che sono stati esibiti in occasione dellapubblicazione dell'opera omnia da parte della"Library of America".

 L’Iraq perduto e ritrovato(segue dalla prima pagina)

Ancora adesso la visioneapocalittica di quelleruote roventi che colle-

gano l'India con Costantinopo-li, Vienna, Zurigo, Berlino eOstenda aleggia sulle nostre te-ste come un angelo avido divendetta, mentre noi sediamo

al buio sulla riva del Tigri, be-vendo birra giapponesee mangiando patate Sa-ratoga fritte da un arabosu un falò di rami di pal-ma. Sulle nostre teste,nell'oscuro cielo, gli an-tichi dei di Caldea osser-vano impassibili, senzabattere ciglio, il fiume e ilponte di barche e le automilitari e le baracche e ibinari pieni di immondi-zia e le recinzioni di filospinato e le trincee e lefabbriche di bibite gassate e ibazar distrutti e i cinematogra-fi e i vasti caotici maleodoranticampi dei rifugiati.

«Bene - dice l'uomo grassodell'Illinois, che è qui per ac-quistare budella per le fabbri-che di salsicce di Chicago - for-se sarà la Chicago del VicinoOriente, un giorno... tuttavia mi

ci vorrà qualche buon affare,prima che io possa investire inqualche proprietà...» «Non so,se avessi l'occasione di qualchelotto di terra nei pressi della sta-zione..», risponde l'armeno diSt. Louis...

Le chips Saratoga sono finite.Siamo stufi di bere birra giap-ponese. Dentro al bar stannoiniziando a servire gli aperitivi.Sono solo, nell'oscurità, sotto

ture dolenti, e i gufi vi svolazze-ranno e i satiri vi danzeranno.Le bestie feroci delle isole ber-ceranno nelle loro tane desola-te e i draghi strepiteranno nelleloro piacevoli dimore... Cosìcome è finito il tiranno, cosìmuore la città dorata...».

«...ngiorno», disse il capo diun gruppo di monelli sudici e

straccioni, che iniziarono a gui-darmi verso il quartierecentrale. "Bonjour... Ba-bilonia io conoscere...Sangue no buono». Glialtri improvvisarono uncoro, e si misero a ballar-mi intorno, con i palmidelle sudicie mani rivolteall'insù - senza dubbio isatiri di Isaia. Così avan-zammo, aprendoci perore un varco tra i cumulidi immondizia, sotto ilsole di mezzogiorno, fin-

ché arrivammo nella regione diTimes Square, al Cancello delLeone, alle fondamenta di vastisaloni pavimentati, là dove sisuppone che Balthazar abbiatenuto la sua celebre festa. Infi-ne, grondante di sudore e con labocca impastata di polvere, miaccasciai sotto una palma, difronte ad una pozza di acqua

stagnante che un tempo eral'affluente principale dell'Eu-frate, e mi interrogai sullastraordinaria efficacia dellemaledizioni che Geremia avevaordinato al "principe tranquil-lo" Serajah di scrivere in un li-bro e di legare a una pietra e digettare nell'Eufrate, affinché lafortuna di Babilonia potesseinabissarsi insieme alla pietra.

SEGUE A PAGINA 40

una macilenta palma. Da lonta-no mi arriva lo strano fischiobeffardo delle locomotive.

  Anche Ezechiele accanto alfiume Khebar, seduto su un iso-lotto emerso per la poca acqua,

vide apparire angeli su ruote:«Apparvero come carboniardenti, a guisa di fiaccole...il fuoco splendeva e dallafiamma si sprigionavanofolgori... apparvero le ruo-te: la loro struttura riluceva,erano color del berillio. Aveva-no tutte la stessa identica formae parevano congegnate in mo-do tale che sembrava fosserouna dentro l'altra. La loro cir-conferenza era di dimensionitali che incutevano paura e icerchioni di tutte e quattro era-no tempestati di occhi. Quandole creature viventi camminava-no, quelle pure giravano con es-si...».

 Acque di Babilonia L'ingegnere scozzese molto

gentilmente per farmi scende-

re a Babilonia fermò il treno perKut. Nella distesa grigia l'unicacosa percepibile erano due lun-ghi raggi di sole. In ogni direzio-ne c'erano collinette ghiaiose dipolvere e frammenti di coccio,

che si poteva supporre fosseroresti di mura, blocchi da costru-zione, zigurrat. Questa dovevaessere la 125esima strada. Ge-remia sicuramente ebbe la giu-sta visione di Babilonia: «Pro-sciugherò il suo mare e prosciu-gherò tutte le sue sorgenti. E Ba-bilonia diverrà rovine, un luogoin cui dimorano draghi, mera-viglia e stupore, senza un soloabitante». E così Isaia: «E Babi-lonia, gloria e orgoglio dei Cal-dei, sarà anch'essa distrutta dal

Signore come Sodoma eGomorra. Non sarà più po-polata, né abitata genera-zione dopo generazione;l'arabo non vi alzerà più la

sua tenda, né il pastore vi la-scerà riposare il suo gregge. Viavranno invece riparo le fiere, leloro tane saranno piene di crea-

BERNARDO VALLI

‘‘

,,

La ferrovia diBagdad. Lelocomotive

a carbonefischiano in

tono derisorioal di là

dell’orizzonte

‘‘,,

,,

Sulle nostreteste gli antichidi Caldeaosservanoimpassibili, ilfiume, il pontedi barche e leauto militari

IL MEDIO-ORIENTENella foto grande, ilterzo da sinistra èl’emiro Faysal, nellasua tenda nel 1917

IL REPORTAGEJohn Dos Passos (a

destra) raccontò ilsuo viaggio a

Bagdad nel 1922

JOHN DOS PASSOS

La parola Bagdad evoca un passato glorio-so, studiato nelle scuole ed esaltato da tan-

te leggende. La capitale sulle rive del Tigri è il teatro di una se-rie di racconti delle Mille e una Notte: la città del IX secolo,quella del califfo Harun al-Rashid e dei visir Barmakides e AbuNuwas. Nella Bagdad di quell'epoca, dove regnava al-Ra-shid, figlio di al-Mahdi, non mancavano le ricchezze mate-riali e culturali del mondo conosciuto. La metropoli orientaleera aperta a tutti gli scambi e il suo dinamismo si estendevasoprattutto verso il Mediterraneo: dove gli arabi occupavanola Sicilia e dove fioriva da tempo il califfato di Cordoba.

L'assedio e poi la conquista di Bagdad da parte degli ame-ricani, nell'aprile scorso, per molti arabi ebbe un inevitabilesignificato: un esercito occidentale violava uno dei principaliluoghi della loro memoria storica. Alcuni auspicavano forsela caduta di Saddam Hussein. Il fatto che ci fosse un tirannodi meno era una buona notizia. Ma anche in quei pochi do-veva prevalere l'aspetto simbolico: il teatro di uno dei mo-menti più luminosi della civiltà araba era invaso da una po-tenza straniera.

BAGDAD

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40 LA REPUBBLICA SABATO27SETTEMBRE2003D I A R I O

IL PERIODO INGLESE

Caduto l’Impero Ottomano,al termine della Prima guerramondiale, l’Iraq diventamonarchia costituzionalesotto mandato britannico.Nel 1941 s’insediaun governo filonazista,ma la Gran Bretagna riprendeil controllo del paese. Dopola Seconda guerra mondialel’Iraq aderisce all’Onu e entraa far parte della Lega araba.

L’IRAQ

DEL ’900

1921-32

L’OMICIDIO DI RE FEYSAL

 A seguito di un colpo di Statoguidato dal generale Kassemin cui rimangono uccisiil primo ministro Nuri al Saide il re Feysal II, in Irak vieneproclamata la Repubblica.Ma l’instabilità non cessae nel 1963 sarà un nuovocolpo di Stato, capeggiatodal partito Baath, a instaurareun regime ispirato a ideali filo-nasseriani e panislamici.

1958

IL POTERE A SADDAM

Il Sessantotto è anchel’anno dell’ascesa al poteredi Saddam Husseinche undici anni dopo, nel ’79,sarà il raìs assoluto.E’ invece del 1972la nazionalizzazione dei pozzipetroliferi, mentre nel ‘75-76il governo affronta duramentela questione dei confinicon l’Iran sul golfo Persico(trattato dello Shatt al-Arab).

1968

QUANDO MI PERSIDENTRO BAGDAD

JOHN DOS PASSOS

(segue dalla prima pagina del Diario)

«S  ì, gradirei proprio unbicchiere di birra», mor-morai a bassa voce, ri-

volto a me stesso. I monelli, con lemani ancora protese verso di me,mi si erano seduti intorno. «Bic-chiere, birra, subito», strillò il ca-po della gang. E corse via, in dire-zione di un villaggio di palme na-scosto tra le palme.

Poco dopo tornò indietro conuna bottiglia di Münchner Ex-portbier, fredda e imperlata digoccioline e con dei datteri in unabandana rosa. Uno a zero a sfavo-re di Geremia. E non era un mi-raggio. Quando ebbi finito di sco-larmi la bottiglia, il monello midisse speranzoso: «Noch einmal»(«Ancora un’altra», n.d.r.), e corsevia a prendermene un'altra. Unavolta che fui rinfrancato dallaMünchner, i giardini pensili ini-ziarono a mostrarmisi, senza pol-vere. Bel e Madruk sedevano dinuovo nelle loro stellate stanze incima ai loro templi a forma di grat-tacielo. La dolce e melodiosa vocedelle fanciulle di Ishtar iniziò ariecheggiare tra le palme. La can-zone che cantavano era «Deut-schland Deutschland über alles».Dopotutto se basta la speranzadella Ferrovia Bagdad a far galleg-

giare le colline di Babilonia nellabirra Münchner... ma quello do-veva essere sicuramente uno deiprofeti ebrei.

Dichiarazio-ne di Indipen-denza 

Come nel-l'antica Roma,l'alba è l'ora incui a Bagdad si èconvocati. Sba-digliando, lamia guida micondusse lungomolti vicoli cheancora trattenevano il fresco del-la notte, attraverso angusti archifatiscenti, lungo tortuosi passaggitra pareti di fango crepate, finchéarrivammo davanti ad un'ertascalinata scavata in un muro mol-to spesso. In cima ai gradini attesiin una stanzetta in penombra

mentre la guida proseguì oltre unportone turco intarsiato. Dopopoco tornò e mi introdusse in unastanza vuota, coperta di tappeti.«E lo sceicco Comesichiama?»  Alzò e agitò nell'aria la mano.«Schwaya... shwaya...» Ci sedem-mo nella strombatura di una pic-cola finestra. Sotto di noi il Tigriscorreva veloce e marrone, striatodi vene blu. «Oggi - proseguì - èmolto pericoloso per un patriotairacheno... siamo stati felici diaiutare gli inglesi a combattere iturchi. Ma ora è diverso. Gli ingle-si sono come il vecchio del mare:dapprima sono leggeri, poi diven-tano sempre più pesanti. E se unuomo importante si oppone adessi... shwi!... Cokus li invita aprendere il tè... e il giorno seguen-te egli si risveglia sulla strada perCeylon. Quest'uomo importante

che andiamo a trovare stamattinateme assai di essere invitato a

prendere il tè con Cokus...» Final-mente un ragazzo con un fazzo-letto rosso in testa ci accompagnò

in un ampio sa-lone con il pavi-mento copertoda tappeti e deicuscini tutto in-torno alle pare-ti. Dopo l'attesadi prassi ci acco-m o d a m m ocontro il muro,in fondo, vicinoa un anziano si-gnore in abitigrigio tortora,

con una splendida barba oro-ar-gento. Bevemmo del caffè e quin-di egli iniziò a rivolgermi la parolatramite la mia guida. Parlava conun tono di voce caldo e basso, sen -za alzare gli occhi da terra, e di tan-to in tanto portava le lunghe ditamarroni verso la barba, senza mai

toccarla. Quando si fermò, affin-ché la mia guida traducesse, ci fis-sò con uno sguardo penetrante emi accorsi che i suoi occhi eranoblu.

In America - così gli era statodetto - avevamo avuto un grande

Sceicco, Washiton, che avevascritto un libro che dichiaraval'indipendenza dell'America da-gli Inglizi , molti anni fa. Da allorain poi noi avevamo seguito i pre-cetti del Profeta per ciò che con-cerne credere in un unico Dio eproibire il vino. Tutto ciò era mol-to buono. E ora nel grande scena-rio europeo avevamo mandatoun altro grande Sceicco,  Miister Vilson, che in Quattordici Puntiaveva dichiarato a Baries che tut-te le nazioni sono libere, uguali eindipendenti. Anche questo eramolto buono. Se questo non fossestato il volere di Dio, Egli avrebbecreato un'unica nazione, e nonmolte.

La nazione araba, formata dacredenti che abitavano a Bagdad eDamasco, aveva con gioia aiutatogli Inglizi e i Franzesi a scacciaregli Osmanli , che erano oppresso-ri ed ora erano decisi a mantenere

la pace e ad essere amici con tuttinel mondo, secondo quanto dice-va  Miister Vilson. Ma gli Alleatinon avevano agito seguendo leparole di Miister Vilson e neppure

secondo i principi dello Sceicco Jurij Washiton. E questo non era

buono. I patrioti arabi erano statiscacciati e imprigionati dai Fran-zesi a Damasco e ora gli Inglizi ,rompendo la parola data, stavanocercando di ridurre in schiavitù ilpopolo iracheno. Gli Inglizi spe-ravano di poter minacciare gliarabi di Bagdad e di Bassora e diDamasco così come avevano mi-nacciato il popolo hindu. Maavrebbero scoperto che gli arabierano di un'altra stoffa. Avevanocercato di illuderli con regni fan-tasma, quando anche l'ultimo deifacchini del bazar sa che Feisul e Abdullah, persino lo stesso re diHedjaz con tutto il suo potere sul-le città sante, non ha potere alcu-no fuori dalla portata delle pistoledegli Inglizi . L'americano devedire ai suoi compatrioti che il po-polo iracheno continuerà a lotta-re per la sua libertà e per i principiproclamati dallo Sceicco Washi-tone da Miister Vilson . L'ultima ri-

volta era fallita perché non era sta-ta preparata bene. La prossimavolta... e la sua voce salì legger-mente di tonalità.

Quando ci alzammo per andar-

cene, egli ci accompagnò alla por-ta. Chiesi alla mia guida di do-

mandargli del plebiscito. Il vec-chio scoppiò a ridere. Oh, sì, ave-vano distribuito dei fogli nei ba-zar, ma erano prestampati con ilvoto del mandato, così che gliignoranti avrebbero votato per ilgoverno senza neppure saperlo.Soltanto gli ebrei avevano votato,e qualche ignorante. E comun-que, quale uomo colto, quale

profondo cono-scitore della leg-ge, si sarebbemai abbassato avotare?

Oh, auto-de-terminazione,dove sei mai?

Disavventu-re con un Con-sole

Tra un mirag-gio e la difficoltà

di seguire la strada tra le molte in-

terruzioni dei corsi d'acqua, final-mente il rappresentante dell'A-quila che Grida ed io arrivammo aSamarra molto tardi, dopo averguidato la Ford tutto il pomerig-

La rinascita di un autoreche amava i poveri e gli oppressiLA PUBBLICAZIONE delle opere di John Dos Passos va ben ol-tre la semplice riscoperta di un autore che passò dalla fama all'o-scurità letteraria, ed è da inquadrare nell'odierna riflessione cul-

turale di una società che vede contrapporsi il liberalismo orgo-glioso dei "neocons" a nostalgie di stampo rooseveltiano. Il suosuccesso attuale fa leva sulla sua perdurante attenzione ai dise-redati, agli oppressi: il suo Medio Oriente riecheggia la sua Ame-rica delle classi umili. Norman Mailer, che dichiarò di Dos Passos«è arrivato molto più vicino di tutti noi a scrivere il Grande Romanzo

 Americano» è stato il primo a celebrare l'importanza di questo nar-ratore di origini portoghesi nato a Chicago nel 1896 da una fami-glia benestante. Laureato in architettura nel ’16 ad Harvard, fu sor-preso dalla guerra in Spagna a cui partecipò nel corpo sanitarioamericano (un’esperienza da cui nacque Tre soldati nel ’21). Daallora l’impegno politico accompagnò ogni suo “gesto” lettera-rio, come inManhattan Transfer (1925) e nella trilogiaU.S.A.(com-posta da 42° parallello del ’30, 1919 del 1932 e Un mucchio diquattrinidel ’36) sempre attenta alle difficoltà vissute dai poveri eagli abusi del capitalismo. Nel ’69 raccontò tre secoli del paesedei suoi avi in Storia del Portogallo. L’anno dopo, morì, ma gli ul-timi anni della sua vita lo avevano visto avvicinarsi a posizioni con-servatrici, culminate nell'appoggio a Barry Goldwater nel 1964.

LA VITA

Sopra, John DosPassos. Laureato nel

1916 ad Harvardè morto nel 1970

Una immaginedi Bagdad

nel 1920

Scesi nei pressi diBabilonia c’erano

collinette e frammentidi coccio che si potevasupporre fossero resti

di antichi zigurrat

Siedo al buio sulla rivadel Tigri, bevendo birra giapponese emangiando patate

Saratoga fritte da unarabo su un falò di rami

Torno ora da un tea-partyconSua Maestà. È stata una delle più belle scene orientali cheabbia mai visto. Il re era sedutoaccanto alla fontana del suogiardino, nel costume bianco eoro dei principi della Mecca

GERTRUDE BELL FREYA STARKI VIAGGIATORI

Dal suo diario di viaggiodatato 1923

La prima cosa che vedete nellacittà dei Califfi è l’aspetto piùsordido: una strada lunga,infossata e dritta, unosquallido ibrido tra Oriente eOccidente, con la mancanza diattrattiva di entrambeDa “Baghdad Sketches”Londra, 1937

“ “

I FILM

LUDWIG

BERGER

Il ladro diBaghdad(1940), narrala storia di uncaliffodetronizzatoda un perfidogran visir

JOHN

RAWLINS

Le mille e una notte (1942),racconta lastoria di uncaliffo chericonquista iltrono e siguadagnal’amore di unabelladanzatrice

 ARTHUR

LUBIN

In Alì Babà e iquaranta

 ladroni (1944).Il principe diBagdad (JonHall) èadottato daiquarantaladroni

RICHARD

 WALLACE

Sinbad il marinaio(1947), conMaureenO’Hara e

 AnthonyQuinn. Sinbadva alla ricercadel tesoro di

 AlessandroMagno: siaccontenterà

della figlia diun emiro

 A. GINO

DOMENIGHINI

La rosa diBagdad.Presentato a

 Venezia nel1949. Ilperfido califfoJafar cercacon l’aiuto diun mago disposare ladolce Zeila

PIER PAOLO

PASOLINI

Il fiore delleMille e Una

 notte (1974). Ilgiovane Nur-ed-Din(Franco Merli)

cerca l’amataZummurud,rapita daibriganti

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LA REPUBBLICA 41SABATO 27SETTEMBRE2003 D I A R I O

LA GUERRA ALL’IRAN

Per contrastare la diffusionedell’islamismo sciitae le rivendicazioni iranianesul Golfo, il governo irachenoguidato da Saddam Husseinporta il paese a una guerralunga e molto sanguinosa.Il contrasto con i paesi arabimoderati si acuiscefino all’occupazione militaredel Kuwait e allasuccessiva annessione.

1980-88

LA GUERRA DEL GOLFO

L’annessione del Kuwait,condannata dalla comunitàinternazionale, portadopo ripetute e inefficacirisoluzioni delle Nazioni Unitealla guerra del Golfo. Nel girodi poche settimane il raìsè costretto a restituire all’Iran iterritori conquistati. Rimaneirrisolta la questione curda. Gli“osservatori” dell’Onu tentanouna protezione.

1991

L’ATTACCO AMERICANO

Il 20 marzo di quest’annoscatta l’attacco americanosostenuto da Tony Blair.L’otto aprile gli inglesi entranoa Bassora, il giorno dopo letruppe Usa invadono Bagdad,la statua di Saddam vieneabbattuta in piazzadel Paradiso. Bush annunciala fine dei combattimentiil primo maggio, a bordo dellaportaerei Lincoln.

2003

gio sulle nude distese ghiaiosedella terra che i fiumi hanno deva-

stato, dove si superano di conti-nuo macerie di città e di torri sbri-ciolate. Era quasi buio quandopassammo sull'altra sponda suuno degli strani traghetti e ve-demmo in lontananza la silhouet-te della Grande Zigurrat, come latorre di Babele delle Bibbie illu-strate di una volta. Alle nostre cal-cagna arrivò immediatamente unConsigliere, con la sua macchinaroboante, per scoprire che cosadiavolo cercassimo da quelle par-ti. Andammo tutti alla casa delKaimakom, dove ci diedero dellestanze arredate di recente conmobili di Maple in stile europeo etanto chintz. La cena fu assoluta-mente splendida. L'acme dellaserata fu quando il Kaimakom,brillo per gli ardenti spiriti (alcoli-ci che il Corano proibisce) unse lenostre teste di brillantina. Il rap-presentante dell'Aquila che Gridaera un uomo molto alto, che non

aveva né bevuto né fumato. Sede-va dritto come un fuso, con unbicchiere intonso di arrak in ma-no e la brillantina gli colava sulvolto mentre il Kaimakom gli fa-

ceva lo shampoo. Il Consigliere,che si era portato da casa il suo

 whisky personale e che si era sot-tomesso allegramente all'opera-zione, si appoggiò allo schienaledella sedia, rosso in viso come untacchino. Fu una cena piacevole.

Fu sulla strada del ritorno ver-so Bagdad, il giorno dopo, che ciperdemmo una volta per tutte.Quando sopraggiunse la notte fi-nimmo la benzina. Ci fermammolungo una pista che forse era unastrada, da qualche parte tra il Tigrie l'Eufrate. Dopo un bel po' di in-convenienti, poiché si supponevache non fosse così sicuro farsi co-gliere fuori città dal calare dellanotte, lasciammo il rappresen-tante dell'Aquila che Grida a man-giare un cocomero e partimmo incerca di un chimerico villaggio nelquale, forse, avremmo potuto tro-vare una tanica di benzina. Anda-te, oh voi messaggeri, nella nazio-ne disgregata e saccheggiata dalpopolo crudele sin dagli inizi, sin

da allora biasimati e calpestati, lacui terra i fiumi hanno devastato.È incredibile quanto questo

paese sia saturo di Bibbia, quantoqueste desolate distese di fango e

questi cumuli di macerie sianoisteriliti e disseccati dalle maledi-

centi lingue dei profeti ebraici.Bene, il servo del Console, Ab-dullah, ed io partimmo in cerca diuna tanica dibenzina. Era unuomo dalla pel-le scura e dall'e-spressione cor-rucciata. Avevauna falcata lun-ga e rigida.Camminammoverso est, allon-tanandoci dallastrada in dire-zione di alcunedeboli luci cheavrebbero potuto essere quelle diun villaggio. Era strano cammina-re sulla superficie bucherellatadella pianura. C'erano le stelle,ma non parevano dare luce alcu-na. Di tanto in tanto un vento ge-lido e polveroso ci soffiava in vol-to: era un vento che non odorava

di nulla. Camminammo e cammi-nammo attraverso il vuoto da cuisi erano ritratte forme e colori eodori come una lumaca si ritraenel suo guscio. Senza dire parola

camminammo e camminammo. Abdullah ad un tratto con una ma-

no mi toccò il braccio. Ci fermam-mo immobili. Il terreno cedettesotto i nostri piedi. Ricordai diaver visto alcune cave e calcinaieil giorno prima... Attraverso le te-nebre riuscimmo a intravedereun filo di luce. Sentimmo odore dilegno bruciato. Scivolando e ruz-zolando scendemmo giù dal pen-dio dentro al fondo fangoso diqualche cosa. Abdullah andòavanti e io lo seguii come megliomi riuscì. Ci trovammo davanti auna fornace accesa. Il fumo vor-ticò intorno a noi. Non avendotrovato nessuno, ci arrampicam-mo e tornammo di nuovo al livel-lo della pianura. Iniziammo a sen-tire dei cani randagi abbaiare.Quando ci avvicinammo al villag-gio, i cani sentirono il nostro odo-re e ci vennero incontro. L'interamuta ululò. Raggiungemmo alcu-ne capanne di fango e cammi-nammo tra di esse, con i cani che

ci facevano le feste e ci leccavanoi talloni.Un vecchio si affacciò assonna-

to da un uscio e ci mostrò la pistaper Kazimain. Per molto tempo

seguimmo la strada finché questascomparve, lasciandoci ancorauna volta sperduti sulla frastaglia-ta superficie della pianura. La fac-cenda era deprimente. Passò for-se un'altra ora prima che ci ritro-vassimo a camminare lungo i bi-nari della ferrovia. La buona vec-chia ferrovia di Bagdad! Dovevatrattarsi della Willimantic Air Li-ne. Alla fine raggiungemmo unastazione. Era buio, ma da lì parti-va una strada verso est. La stradapassava attraverso un bivacco Se-poy. Al suono smorzato di flauti etamburi i soldati ballavano, sal-tando tra i falò accesi dalle altefiamme. "Kazimain", mi disse Ab-dullah, mettendomi un bracciosulle spalle e protendendo l'altroverso l'orizzonte.

 A Kazimain demmo dei colpida svegliare i morti alle porte delConsolato Persiano. Finalmenteapparve sull'uscio il Console inpersona, in babbucce e seguitodai servitori che portavano lam-pade accese. Dovette pensare chei perfidi Inglizi fossero arrivati perassassinarlo. Quando seppe delguaio capitato al suo collega del-l'Aquila che Grida fece un gestobrusco con la mano e ordinò chefosse preparata la sua limousine.Corremmo lungo la strada perportare soccorso al Console la-

sciato a piedi e ci fermammo sol-tanto quando la strada finì sul ci-glio di una profonda voragine.L'autista del console persiano siprese la testa tra le mani. Non po-teva andare oltre. E così la missio-ne di soccorso dovette procederea piedi, di nuovo, procedendo afatica tra burroni e crepacci, fin-ché spossati e ciascuno con unatanica di benzina in mano non ar-rivammo di nuovo alla fornace ac-cesa. Infine trovammo le traccedella Ford su una pista. Gridam-mo, lanciammo gorgheggi simili aquelli dello jodel. La muta di canirandagi ci rispose, in lontananza,dall'orizzonte. Abdullah raccolseuna scorza di cocomero. La mac-china era sparita. Sforzammo gliocchi, per guardarci introno allaluce delle stelle. Sì, aveva il mar-chio del cocomero che il ConsoleSahib stava mangiando mentre lolasciavamo. La macchina era spa-

rita, forse portata via da qualchepredone. Abdullah si accovacciòsul ciglio della strada. Avrebbe at-teso fino al mattino. Lo lasciai ac-canto a due taniche di benzina emi avviai a piedi verso Bagdad.

Camminare lungo le piste pol-verose, concentrati a seguirne isolchi, è come camminare attra-verso un sogno che al mattino nonsi ricorda più. La moltitudine distelle sconosciute. La landa, cosìbuia e vuota rispetto al cielo. Unadistesa affollata di vuoto. Sotto ilsilenzio vibra il rumore, pronto adeflagrare nel furioso abbaiar deicani randagi. Terra che adombracon le sue ali... nazione disgrega-ta e saccheggiata, la cui terra i fiu-mi hanno devastato.

Copyright 1927, 1955 by John Dos Passos.

Traduzione di Anna Bissanti 

La cena fu assolutamentesplendida. E la serata

toccò l’acme quando ilkamaikom brillo di

alcolici unse le nostreteste di brillantina

L’INTERVISTA

 New York 

Si deve a Geoffrey O'Brien,direttore editoriale dellaLibrary of America, l'attua-

le celebrazione di John Dos Pas-sos, e alla sua irrefrenabile pas-sione per i temi e le ambienta-zioni dello scrittore di originiportoghesi se negli Stati Unitisono state ripubblicate operedimenticate dal tempo dell'u-scita originaria. «Qualche annofa abbiamo deciso di pubblica-re la Trilogia Americana», rac-conta nel suo ufficio di mid-town, «e siamo rimasti moltocolpiti dall'enorme interessesuscitato da uno scrittore chenoi stessi ritenevamo dimenti-cato. Abbiamo iniziato alloradelle ricerche su libri scomparsidi cui si conoscevano soltanto ititoli».

 A cosa attribuisce il passag-gio dalla popolarità all'oscu-rità?

«Ad uno stile modernista eper molti versi anticipatore, cheera stato equivocato come reali-sta e come tale era stato apprez-zato all'inizio della sua carriera.Non si possono tuttavia dimen-ticare la posizioni politiche diDos Passos, che cambiarono ra-dicalmente dopo la guerra civi-le in Spagna e spiazzarono am-miratori e critici dell'epoca».

Qual è secondo lei l'impor-tanza principale della sua ope-ra?

«La volontà di comprendere emettere perennemente in di-scussione le proprie idee. DosPassos non è mai stato schiavodi alcuna ideologia, e anchequando alcuni scritti hannosconfinato nella retorica ha ma-nifestato grande varietà di inte-ressi. Ne sono un esempio i dia-ri di viaggio, forse l'aspetto piùinteressante di questa riscoper-ta».

Come li avete recuperati?«  Abbiamo lavorato fianco a

fianco con il biografo Town-send Ludington, che conservamanoscritti e lettere originalidello scrittore. I diari di viaggioraccolti in Orient Express , cosìcome alcune poesie scritte inMedio Oriente, erano fuoristampa dalla fine degli annitrenta. All'epoca della primauscita nel 1927 non ebbero ungrande successo, e dieci annidopo Dos Passos, con l'editoreHarper, li ripropose ridotti con iltitolo Viaggio tra le guerre . Ma ilrisultato non cambiò di molto».

Come mai?«C’era allora una cultura ca-

ratterizzata da una forte insula-rità. E poi l’approccio letterarioè più da viaggiatore che narrato-re. Oggi l’ambientazione ira-chena arricchisce il testo di altreimplicazioni. Rimane sorpren-dente il fatto che siano statiscritti 80 anni fa».

 Antonio Monda

E la Library of America

cercò i testi scomparsi

Sopra, unportatored’acqua in Iraqnel 1920; in alto,una veduta dellerovine diCtesiphon, inPersia, 1930

PAUL MORAND

Bagdad è una città senzacarattere, dove i turchi hanno fattourbanistica a colpi di cannone, mala sua situazione sul Tigriinfiocchettato di palmeti e serratodai palazzi di Nabuccodonosor èveramente bella

Da “Lettere di unviaggiatore” 1936

 AGATHA CHRISTIE

Un’arteria affollata, piena diauto che strombazzavano,gente che urlava, mercieuropee in vendita nei negozi,energiche sputate preceduteda gracchianti raspamentidi gola

Da “Il mondo è inpericolo”, 1930

“ “

I LIBRI

STEFANOFABEI

Guerra santa nel Golfo,Parma 1990

 ANDRÉCLOTIl califfo delle“Mille e una notte”, Rizzoli1991

FREDERICKFORSYTHIl pugno diDio,Mondadori1994

BERNARDLEWISIl linguaggio politicodell’Islam,Laterza 1996

REINHARDSCHULZEIl mondo islamico nel XX secolo.Politica e società civile,Feltrinelli1998

GIOVANNIBERGAMINII datteri diBabilonia,Scheiwiller2003

TAWFIK YOUNISL’Iraq diSaddam,Bompiani2003

P. JEANLUIZARDLa questione irachena,Feltrinelli 2003

MAGDI ALLAMSaddam.Storia segretadi un dittatore,Mondadori2003

BOB WOODWARDLa guerra diBush,Sperling &Kupfer 2003

 ALBERTHOURANIStoria dei popoli arabi.

Da Maometto ai nostri giorni,Mondadori1998

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8/3/2019 2003 09 27 L'Iraq Perduto

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1,40); Regno Unito Lst. 1,30; Rep. Ceca Kc 56; Slovenia Sit. 280; Spagna 1,20 (Canarie1,40); Svezia Kr. 15; Svizzera Fr. 2,80; Svizzera Tic. Fr. 2,5(con il Venerdì Fr. 2,80); Ungheria Ft. 300; U.S.A $ 1. Concessionariadi pubblicità: A. MANZONI & C. Milano - via Nervesa 21, tel. 02/574941

Fondatore Eugenio Scalfari Direttore Ezio Mauro

 Anno 28 - Numero 228 1,20 in Italia sabato 27 settembre 2003

IINTERNET

www.repubblica.it  A B

Tra i monasteri blindati del Tibet. Il Dalai Lama: devono darci più libertà

Il Budda proibito dalla CinaIn Tibet la battaglia sul Pan-chen Lama, la seconda auto-rità spirituale buddista, è di-ventata sinonimo di resisten-za. I monaci non vogliono ac-cettare quello che Pechino haprescelto e continuano adadorare il loro, che il governocinese ha invece incarceratoe non si sa neppure dove sia.Così i luoghi di culto buddistisono sempre più sotto con-trollo. E continua la protestadel Dalai Lama che manda unmessaggio a Pechino: «Nonvogliamo l’indipendenza,ma dateci la libertà».

 ALLE PAGINE 14 e 15

Il brasiliano andrà all’estero

“Non sopportola panchina”

Rivaldolascia il MilanCURRÒ E SORRENTINO

 A PAGINA 51

 ACHILLE PIÈ VELOCE.Il nuovo romanzo di Benni vi commuoverà.

DUE EDIZIONI

IN UNA

SETTIMANA

Nell’Inferno di Dante,trascinati da un crudele assassino.

Una trama ad alta tensione,un imprevedibile thriller storico.

Rizzoli romanzo

DOSSIER

L’INTERVISTA

CHI SONOI REGISTI

DELLA CALUNNIAGIUSEPPE D’AVANZO

Perché la Casa delle Libertà,ovvero una maggioranzaampia, un governo forte so-

stenuto da un importante con-senso popolare, decide di giocarela partita di Telekom Serbia con ifiguri più torbidi del più recentepassato: spioni, falsi spioni, neo-fascisti, mafiosi, truffatori, tutto ilpeggiore bestiario del sottoboscoitaliano? La domanda più essen-ziale, oggi, appare questa.

I fatti sono alquanto chiari. C’èl’acquisizione del 29 per centodella telefonia serba da parte diStet/Telecom Italia. L’affare, av-viato durante il governo del cen-tro-destra (1994), viene condottodal governo del centro-sinistra inmodo obliquo, e concluso peg-gio. Secretato il Closing memo-randum. Le Mediazioni miliar-darie non trovano una ragioneaccettabile. Confonde ancora dipiù la trattativa l’apparente, as-soluta indifferenza del governo(azionista di riferimento del mo-nopolista della telefonia italiana)dinanzi a un affare che di fatto“salva” Slobodan Milosevic dallaspallata dell’opposizione.

Una coalizione di governo,consapevole della sua forza e an-che dei suoi doveri istituzionali,avrebbe dovuto e voluto fare lucesull’affare con equilibrio e misu-ra senza smarrire la determina-

zione. Accade invece che la Com-missione, fin dai suoi primi passi,sia presa in ostaggio da un pugnodi avvocati, parlamentari, magi-strati, ufficiali di polizia giudizia-ria che non sembrano punto in-teressati ad accertare la verità. Appaiono soprattutto desiderosidi mettere in moto una macchinadiffamatoria capace di stritolarela credibilità e il buon nome degliavversari politici, il presidentedella Commissione europea Ro-mano Prodi, il leader del maggiorpartito di opposizione Piero Fas-sino, l’ex-presidente del Consi-glio Lamberto Dini che deve pa-garla per aver tradito il Polo nel1995.

SEGUE A PAGINA 17

Al via pensioni e manovra, ma il Polo è divisoLunga giornata di riunioni a Palazzo Chigi. Lunedì il varo della Finanziaria e l’incontro con i sindacati. An e Udc: resta il problema politico di Bossi

Dopo le rivelazioni di “Repubblica” il deputato forzista dice: “Sono io il burattinaio, non voglio creare difficoltà a Berlusconi”

Bufera sulla trappola TelekomTaormina: “Mi dimetto”. L’Ulivo a Pisanu: chi sono i mandanti?

Quell’Iraq  perdutoe ritrovato

JOHN DOS PASSOS

CI SIsiede in giardino, fuori dal-l'American Bar sulla riva delTigri, sotto alcune palme

scheletriche. Oltre la fangosa rivagrigia scorre il Tigri, quasi color buc-cia d'arancia nella luce della sera.Presso un falò di rami di palma unarabo con le sottane rimboccate stafriggendo delle patate Saratoga inuna larga padella schiumante digrasso bollente. Non appena le hafritte, le porge nei piatti agli anglo-sassoni in kaki dall'aria svagata,mollemente seduti a bere birra giap-ponese discorrendo di malaria, difebbre da flebotomi, di dissenteria.Intorno alle barche di vimini e cuoio(vedi Senofonte) scorre rapido il fiu-me, che crea vortici là dove esse pas-sano. Di tanto in tanto un lungo wherry (piccola imbarcazione a re-mi per il trasporto di passeggeri,n.d.r.) con una lanterna a prua guiz-za da sotto il ponte di barche, model-lato su quello grazie al quale Cesareattraversò il Reno. Sorseggiando unbicchiere di birra giapponese il gior-no divampa giallo come un lampio-ne di strada per poi svanire, lascian-do posto alla notte, alle lanterne dei wherry che paiono inseguirsi, alle lu-ci arcuate sul ponte e al cupo cieloCaldeo intarsiato di stelle...

Da lontano, di là dal fiume, giun-ge il fischio di una locomotiva e il ru-more di vagoni sballottolati. La Fer-rovia di Bagdad. Le locomotive a car-bone fischiano in tono derisorio al dilà dell'orizzonte limaccioso. Oh, la

ferrovia di Bagdad, destinata a nonessere mai portata a termine, e chedoveva collegare il Sultano Scià Mu-lay Wilhelm Khan Pasha ai suoi do-mini orientali, spauracchio di colon-nelli dal fegato delicato di stanza inIndia, Moloch ben pasciuto delle vi-te di giovani uomini, fantasma dalleluride ruote che ha fatto correrestrambi treni espresso attraverso glianni 1890 fino agli anni difficili delnuovo secolo, soltanto per schian-tarsi una volta per tutte nel grandecruento deragliamento della guerra.

SEGUE A PAGINA 39

DIARIO

CON REPUBBLICA

L’Enciclopedialunedì il 5° volume

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I Classicidel fumettoin edicola“Mafalda”a richiestaa soli 4,90euro in più

I sospetti del presidente della commissione parlamentare: non posso escludere nulla

Trantino: “Hanno usato la mia faccia”CARLO BONINI A PAGINA 3

John Dos Passos

Il pluralismo immaginariodella legge Gasparri

 ANDREA MANZELLA

UNA legge sull’«assetto del sistema ra-diotelevisivo nazionale, regionale elocale» non è mai una legge ordinaria.

È dappertutto intesa come legge di rilievo co-stituzionale. Primo, perché riguarda «la li-bertà di ogni individuo di ricevere e di comu-nicare informazioni o idee» (è la formula del-l’art. 11 della Carta europea dei diritti fonda-mentali). E anche il diritto ad un’informazio-ne trasparente (l’art. 21 della nostra Costitu-zione aggiunge: «La legge può stabilire chesiano resi noti i mezzi di finanziamento del-la stampa periodica»). Secondo, perché or-

ganizza lo spazio pubblico della comunica-zione politica (e quindi dalla sua correttezzadipendono la stessa «verità» delle campagneelettorali e la tutela della libera concorrenzatra partiti, di cui ancora parla la Costituzioneall’art. 49). Terzo, perché come continua laCarta di Nizza, deve rispettare il «pluralismodei media» (cioè: non solo il pluralismo poli-tico dei messaggi, ma anche il pluralismo deimezzi con cui i messaggi sono diffusi. E perevitare il lugubre assorbimento tra mezzo emessaggio, si devono far convivere i centofiori della comunicazione: dal ciclostile adInternet alla televisione satellitare).

SEGUE A PAGINA 17

LA POLEMICA

La sede di Telekom Serbia a Belgrado SERVIZI DA PAGINA 2 A PAGINA 7

ROMA — Nove ore di faccia a faccia aPalazzo Chigi e la maggioranza trovaun compromesso che permette disbloccare Finanziaria e condono edi-lizio, e, contemporaneamente, di farpartire il processo di riforma dellepensioni. Lunedì gli incontri con leparti sociali sulla delega previdenzia-le (il confronto si concluderà prima del3 ottobre), poi il Consiglio dei ministriche dovrà varare la legge di bilancio:conterrà probabilmente aumenti persigarette e alcolici. Sulle pensioni il go-verno vuole intervenire imponendol’innalzamento dell’età contributiva apartire dal 2008: ci si potrà ritirare dallavoro solo con 40 anni di contributi

oppure con 65 anni di età per gli uomi-ni e 60 per le donne. Si tratta ancora perchi invece è già in regime contributivocon la riforma Dini del 1996.

DE GENNARO e PETRINI ALLE PAGINE 10 e 11

UNA MAGGIORANZAIN STATO DI CRISI

MASSIMO GIANNINI

CON un compromesso tardivo e pasticciatosulla Finanziaria e sulle pensioni, quelloche doveva essere «un esecutivo di legisla-

tura» dichiara virtualmente il suo «stato di crisi».È una crisi in senso politico: il centrodestra non èpiù una coalizione, ma un cartello di partiti chehanno culture inconciliabili e obiettivi incompa-tibili. Non è ancora una crisi in senso tecnico: c’è

una maggioranza parlamentare, c’è un p rimo mi-nistro in carica. Ma da oggi in poi diventa eviden-te che ogni momento e ogni pretesto può esserefatale, per trasformare la dissoluzione politicadell’alleanza nella caduta effettiva del governo.

SEGUE A PAGINA 17