20 Modem libero, TIM risponde Chi pagava il modem può smettere · Samsung The Frame Il TV da...
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
INPS e bonus 600 euro, disastro privacy. Dati privati in bella mostra 06
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Huawei P40 Pro Tutto sulle fotocamere
Half-Life: Alyx Innamorarsi della VR
IN PROVA IN QUESTO NUMERO
Banda Ultra Larga, avanti tutta Intervista esclusiva con Infratel Il neo ad di Infratel Italia, l’avv. Marco Bellezza, racconta il cambio di passo per il piano Banda Ultra Larga nelle Aree Bianche. Parole d’ordine accelerazione e maggiore trasparenza 03
Confindustria Digitale prende posizione “La copia privata non esiste più” La risposta di Mogol, Presidente SIAE Confindustria Digitale pubblica la sua posizione fortemente critica sulla copia provata, ma il Presidente Mogol la difende
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Mi TV 4S 65”, il TV di Xiaomi sbarca finalmente in Italia10
Modem libero, TIM risponde Modem libero, TIM risponde Chi pagava il modem può smettere Chi pagava il modem può smettere TIM è il primo operatore ad attuare la direttiva legata alla delibera AGCOM. Ai clienti passaggio gratis ad un’offerta equivalente senza modem
Samsung The Frame Il TV da parete
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Galaxy Buds+ Comfort e suono AKG
Dyson risponde a Johnson. Ecco il respiratore CoVent 17
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Cos’è l’8D audio Cos’è l’8D audio Nuova tecnologia? Nuova tecnologia? 3838
Da MediaWorld a Unieuro, il sostegno concreto ai dipendenti
Tesla da record Tesla da record 88.400 consegne, il 88.400 consegne, il miglior Q1 di sempremiglior Q1 di sempre
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
Huawei, il fatturato aumenta ma vendere smartphone senza Google App è difficileA margine della pubblicazione del bilancio 2019, Huawei fa segnare un incremento del fatturato del 19,1% ma afferma che i risultati sarebbero stati migliori senza il bando americano di Sergio DONATO
A dispetto della messa al bando commerciale da parte degli Stati Uniti, il bilancio del 2019 pubblica-to da Huawei mostra che i ricavi delle vendite sono aumentati del 19,1% rispetto all’anno preceden-te, per un totale di 121 miliardi di dollari. Ma il blocco americano ha creato difficoltà nelle vendite de-gli smartphone Huawei. Vincent Pang, presidente per gli affari nel-l’Europa occidentale di Huawei, ha però affermato che questi numeri sarebbero stati molto più alti se il bando degli Stati Uniti non avesse scombussolato i piani di Huawei.Sebbene il bando non colpisca di-rettamente Huawei negli Stati Uniti, il colpo è ben assestato nel resto del mercato mondiale, limitando la competitività di Huawei rispetto ai concorrenti. Non ha potuto acqui-stare per un po’ nuovi processori Intel per i laptop e il sistema ope-rativo Windows, e non può anco-ra dotare i suoi smartphone top di gamma (Mate 30 Pro e P40) di Google App e quindi di Play Store.Pang ha quindi affermato che que-ste limitazioni hanno creato una grande difficoltà a far crescere so-prattutto le vendite di smartphone.Inoltre, non potendo accedere lo scorso anno alle nuove soluzioni Intel, Huawei ha lamentato anche un rallentamento nell’innovazione dei server e di conseguenza del settore aziendale.
di Roberto PEZZALI
Chi sta pagando il modem con TIM
ora può smettere di farlo. Lo ha
comunicato l’operatore, specifican-
do che in ottemperanza alla delibera sul
modem libero “ai clienti che hanno sotto-
scritto, in data antecedente al 1 dicembre
2018, un’offerta che prevedeva la vendita
abbinata del modem TIM, ed hanno an-
cora in corso il piano di pagamento ra-
teale del relativo prezzo di acquisto alla
data del presente avviso, è riconosciuta
la facoltà di aderire gratuitamente ad
un’offerta commerciale equivalente, che
non vincola l’utilizzo del modem attraver-
so l’addebito delle rate residue in fattura”.
Molti clienti hanno ancora in fattura la
voce “modem”, con di fianco indicati i 5
o i 6 euro dovuti, e TIM permette loro di
aderire ad una offerta equivalente priva di
modem. Cosa vuol dire? Se un utente sta
pagando 25 euro la connettività e 5 euro
il modem, verrà passato ad una offerta da
25 euro, senza quindi l’onere aggiunto.
Il vincolo non cambierà, se all’utente re-
stavano 8 mesi anche la nuova offerta
avrà 8 mesi di vincolo, sparirà solo il costo
MERCATO TIM si dimostra ancora la più veloce nell’attuare la direttiva legata al modem libero
TIM, chi sta pagando il modem può smettereMa ha tempo solo fino al 31 maggioLa disdetta del modem va data entro due mesi da adesso. Si risparmiano 6 euro al mese
aggiuntivo. L’adesione al nuovo piano
senza modem infatti “non comporta al-
cun onere aggiuntivo per il cliente e non
implica modifiche alle vigenti condizioni
economiche e contrattuali di fruizione
dei servizi attivi sulla linea”, quindi non
verranno toccate la velocità e l’offerta. Il
modem andrà restituito. Per i clienti che
sceglieranno di non aderire all’offerta
commerciale equivalente, quindi che
vorranno tenere il modem, resteranno va-
lide le condizioni economiche dell’offerta
attualmente in essere, con conseguente
prosecuzione dell’obbligo di pagamento
delle residue rate del corrispettivo per
l’acquisto del modem TIM. La nota di TIM
si conclude cosiì: “Resta fermo, infine,
il diritto di TIM, nei confronti dei clienti
che avranno aderito all’offerta commer-
ciale equivalente, di addebitare le rate
del modem dovute e/o non pretese, in
caso di esito favorevole del contenzio-
so amministrativo avente ad oggetto la
legittimità delle misure imposte con l’ar-
ticolo 5, comma 1 della delibera AGCom
n. 348/18/CONS.” Cosa vuol dire? TIM,
dopo aver fatto ricorso al TAR del Lazio
contro la delibera, ricorso che è stato solo
parzialmente accolto (gli utenti non po-
tranno tenersi il modem ma, se smettono
di pagare, dovranno restituirlo), si prepara
ad un ulteriore ricorso, probabilmente al
Consiglio di Stato. Atto dovuto forse, ma
difficilmente verrà accolto.
di Pasquale AGIZZA
L a lunga questione delle fatture ogni
28 giorni si arricchisce di un nuovo
capitolo. L’AGCOM ha infatti elevato
un’altra sanzione nei confronti dei mag-
giori operatori telefonici, per un totale di
9 milioni di euro. Ad essere colpita mag-
giormente è TIM, che dovrà pagare 3
milioni di euro. Multate anche Vodafone
(2,5 milioni di euro), WINDTRE (2 milioni
di euro) e Fastweb (1,5 milioni di euro). La
somma si aggiunge a quella più corposa,
da 228 milioni di euro, già comminata
alle aziende ad inizio 2020. Per capire
le motivazioni di questa nuova sanzione,
torniamo ad agosto 2015, quando TIM
decide di passare, sul mobile, dalla fattu-
razione mensile alla fatturazione ogni 28
giorni. A stretto giro di posta si adeguano
MERCATO TIM, Vodafone, WINDTRE e Fastweb non hanno ottemperato alla sentenza sui rimborsi
Fatture a 28 giorni, altra multa per gli operatoriTIM e Vodafone le più colpite. i rimborsi dovevano essere automatici, ma non è invece stato così
anche le altre compagnie. La prima
ad uniformarsi alla scelta di TIM è
Wind, seguita poi da Vodafone e in-
fine da Fastweb. La nuova modalità
di fatturazione viene estesa anche ai
contratti di telefonia fissa. L’AGCOM
interviene la prima volta nel 2017, ci
pensa poi il Governo, che con la leg-
ge 172/2017 obbliga i gestori di tele-
fonia e pay-tv a tornare alla fatturazione
mensile. Gli operatori tornano, obtorto
collo, alla fatturazione mensile ma (lo
afferma l’Antitrust) si mettono d’accordo
per spalmare il pagamento del tredicesi-
mo mese sugli altri 12. Questo cartello fra
le aziende viene sanzionato con la maxi-
multa da 228 milioni. La seconda multa,
oggetto di questo articolo, nasce proprio
da questo. Secondo l’AGCOM, infatti,
le compagnie non avrebbero attuato
comportamenti trasparenti, peccando in
chiarezza e completezza delle informa-
zioni e delle misure di compensazione
alternativa alla restituzione dei giorni
erosi. Inoltre sarebbe venuto meno il
principio di rimborso automatico impo-
sto dal Consiglio di Stato, visto che le
compagnie telefoniche hanno costretto
gli utenti a lunghe trafile per richiedere
ed ottenere il rimborso.
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Paolo CENTOFANTI
C i sono voluti l’emergenza Coronavirus e telela-
voro forzato per milioni di cittadini per far aprire
gli occhi a tutti, politici, genitori, studenti, pro-
fessionisti, opinionisti: la rete italiana fuori dalle grandi
città è lenta, la banda a disposizione non è simmetrica,
lavorare da casa non è così agevole. Eppure non è
che l’Italia non avesse individuato questa criticità: il
piano banda Ultra Larga ha compiuto infatti già 5 anni.
Avrebbe dovuto essere completato nel 2020 portan-
do la fibra ottica, quella vera, in oltre 6000 comuni
italiani direttamente nelle case dei cittadini. Una rete
di proprietà pubblica e su cui tutti gli operatori potran-
no offrire servizi commerciali a parità di condizioni.
Un progetto monumentale guidato da Infratel Italia,
azienda pubblica che fa capo direttamente al Ministe-
ro dello Sviluppo Economico, che da gennaio 2020 ha
un nuovo Amministratore Delegato, l’Avvocato Marco
Bellezza, già consigliere all’Innovazione del MiSE di
Luigi Di Maio e con cui abbiamo fatto il punto sullo sta-
to del piano BUL.
DDay.it: Avv. Bellezza, il piano BUL ha compiuto 5 anni dal suo varo. Qual è il bilancio di Infratel Italia che ha ereditato sul lavoro svolto in questi anni, po-sitivo o negativo?Marco Bellezza: “Il bilancio è chiaramente un po’ a
luci e ombre. L’ombra principale è naturalmente che
doveva essere un progetto che doveva concludersi
nel 2020 e che invece sulla base delle indicazioni
che ci dà il concessionario sarà concluso nel 2023,
quindi con 3 anni di ritardo rispetto alle previsioni ini-
ziali”. È chiaro che da un lato il tema dei ricorsi che
sono stati presentati verso l’aggiudicazione dei bandi,
dall’altro le difficoltà riscontrate nell’ottenimento dei
permessi, hanno inciso sullo stato di avanzamento
del progetto. Nella fase attuale tutte queste criticità
sono finalmente venute meno e lo abbiamo dimostra-
to pubblicando venerdì scorso sul sito bandaultralar-
ga una dashboard che raccoglie tutti i dati condivisi
tra noi e il concessionario Open
Fiber, dove si possono vedere
quali cantieri sono aperti, quali
sono fermi e per quale ragione,
al netto del Coronavirus, in ra-
gione del mancato ottenimento
dei permessi da parte di alcuni
enti, ANAS e RFI in primis, e in
parte marginale le sovrintenden-
ze. Il tema adesso è di estrema
urgenza, anche alla luce di que-
sta emergenza, che ci ha messo
di fronte alla realtà per cui
i cittadini hanno bisogno di
connessioni veloci, e si deb-
bono mettere in campo tutti
gli strumenti per completare
il piano prima del 2023 e
questo è l’obiettivo del mio
mandato. È un obiettivo che
si sposa anche con la scelta
di trasparenza che è stata
fatta di pubblicare tutti i dati
disponibili, in modo da dare
informazioni sullo stato del
progetto non solo agli ope-
ratori ma anche ai cittadini”.
DDay.it: Quali informazioni in più sono concretamente disponibili tramite la nuova dashboard?Bellezza: “Soprattutto per
i cantieri fermi è ora possibile vedere le ragioni per
cui tali lavori sono fermi. È ancora una versione 1.0
per così dire. Uno degli obiettivi anche del piano indu-
striale che ho presentato è proprio quello di rendere
più fruibile il sito per i cittadini, che allo stato attuale
non hanno un’evidenza di quando verranno comple-
tati i lavori, quando si potrà attivare la
fibra e quindi quando potranno avere
la connessione, che invece è proprio
l’obiettivo del concedente di que-
st’opera, cioè Infratel Italia”.
DDay.it: Quali sono le difficoltà mag-giori che avete incontrato anche da parte del concessionario Open Fiber nel portare avanti il piano nelle aree bianche?Bellezza: “Ma sicuramente il tema dei
ricorsi ha determinato dei ritardi nell’avvio dei lavori,
e il concessionario ha attribuito spesso i ritardi prin-
cipalmente all’ottenimento dei permessi, ma in realtà
il numero di cantieri fermi per mancanza di permessi
sono pochi rispetto al numero di cantieri avviati. Va
detto che Open Fiber era una start-up 5 anni fa e si
sono trovati a gestire un programma di una comples-
sità operativa particolarmente significativa e sicura-
mente ci è voluto qualche anno per assestarsi rispetto
a quella che è la reale complessità di questo progetto.
In questa fase, Open Fiber paventa soprattutto un pro-
blema relativo al progettista che è stato da loro incari-
cato appunto per la progettazione dei vari cantieri. In
questa fase hanno rilevato delle criticità appunto dal
punto di vista esecutivo del loro progettista. Si tratta di
criticità che hanno ripercussioni sia nella parte esecu-
tiva che a valle nella fase di collaudo di Infratel, senza
segue a pagina 04
MERCATO Il neo ad di Infratel Italia, l’Avv. Marco Bellezza, racconta il cambio di passo per il piano Banda Ultra Larga nelle Aree Bianche
Bellezza (Infratel) sul piano Banda Ultra Larga “Acceleriamo e lo finiamo entro il 2022”Parole d’ordine accelerazione e maggiore trasparenza per operatori e cittadini. Sono stati accumulati tre anni di ritardo
La nuova Dashboard disponibile sul sito ufficiale del progetto con i dati quasi in tempo reale sullo stato dei cantieri previsti nelle aree bianche.
“I cittadini hanno bisogno di connessioni veloci e si deb-bono mettere in campo tutti gli strumenti per completa-re il piano prima del 2023, questo è l’obiettivo del mio mandato”
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
MERCATO
Intervista esclusiva a Bellezza (Infratel)segue Da pagina 03
il quale non possono essere attivati i servizi”.
DDay.it: Stiamo parlando di criticità a livello di ritardi nella progettazione o proprio di esecuzione?Bellezza: “No, Open Fiber lamenta un problema di
qualità della progettazione. Questo lo vediamo anche
noi di Infratel Italia. Due settimane fa abbiamo rag-
giunto un record storico dovendo rifiutare per quattro
volte di seguito i documenti di un collaudo, perché
erano incompleti, non davano contezza dei lavori
svolti. È evidente che questi problemi, che poi sono
imputabili ad Open Fiber visto che il progettista è in-
caricato da loro, si ripercuotono anche sulla attività di
Infratel che poi deve andare a fare i collaudi”.
DDay.it: Esattamente in cosa consiste la procedura di collaudo che effettua Infratel Italia?Bellezza: “Infratel fa innanzitutto un controllo sulla do-
cumentazione di progetto, verificando che tutti i per-
messi siano OK, che le opere svolte siano rispondenti
rispetto al progetto presentato e ai requisiti di gara in
generale. E poi c’è una fase del collaudo sul campo in
cui si va a valutare proprio la qualità delle opere e la
loro rispondenza rispetto ai progetti”.
DDay.it: Molti collaudi sono fermi per mancanza di PCN (Punto di Consegna Neutro), stando ai dati ri-lasciati da Infratel Italia. Come mai manca proprio l’elemento più importante della rete?
Bellezza: “È un tema che oggettiviamo ri-
scontriamo in molti comuni e senza il PCN
chiaramente l’opera non è completata. In
alcuni casi è dovuto a difficoltà autorizza-
tive imputabili ai Comuni che non danno il
via libera all’installazione del PCN, in altre è
invece una difficoltà operativa del conces-
sionario”.
DDay.it: Ma su un’opera strategica come questa, non dovrebbe prevalere un inte-resse di Stato superiore per smuovere i comuni recalcitranti?“In realtà la stragrande maggioranza dei
comuni e degli amministratori locali è estre-
mamente committed rispetto alla realiz-
zazione dell’opera. Anzi, quotidianamente
incontriamo amministratori locali che ci
chiedono aggiornamenti sull’avanzamento
dell’opera e che vogliono la fibra ottica nel
proprio comune. È vero che spesso ci sono
comuni che si sono ritrovati con opere di ri-
pristino non fatte o molto rallentate da parte
del concessionario, il che ha scatenato un irrigidimen-
to delle amministrazioni locali che stanno vivendo
questa situazione che in parte può essere giustificato.
Sono certo però che questa situazione di emergenza
che stiamo vivendo sicuramente porterà a una mag-
giore responsabilità da parte di tutti, amministratori
locali, ma anche ANAS ed RFI, che sono i principali
soggetti passivi delle autorizzazioni di Open Fiber. A
mio avviso, ma questa è una valutazione più che altro
politica e che lascerei alla politica, andrebbe conside-
rata l’ipotesi di adottare il
“modello del ponte di Ge-
nova”, che ha funzionato
bene, anche se è difficile
replicarlo su un progetto
come questo di scala na-
zionale. Sicuramente an-
drebbe fatto molto di più”.
DDay.it: Una volta avve-nuto il collaudo qual è il passaggio successivo per arrivare all’attivazione del servizio ai cittadini?Bellezza: “Una volta effettuato il collaudo di Infratel
Italia, Open Fiber è autorizzato ad offrire la connet-
tività sul mercato wholesale agli altri ope-
ratori”.
DDay.it: Nei comuni già collaudati com’è la risposta degli operatori? Stanno effetti-vamente offrendo servizi di connettività ai cittadini?Bellezza: “In realtà, e questo lo riscontria-
mo anche nelle aree in cui Infratel Italia ha
realizzato direttamente la rete, quei pro-
getti nelle aree a fallimento di mercato che sono stati
avviati antecedentemente al 2015, la risposta non è
quella che ci si attenderebbe e quindi, come del resto
ce lo dice anche l’Unione Europea, sono necessari
strumenti di stimolo alla domanda, ed è un tema che
stiamo affrontando in sede di Comitato per la Banda
Ultra Larga, quello dei voucher per i cittadini per acce-
dere ai servizi. Il CoBUL sta lavorando con il Ministero
dello Sviluppo Economico per attivare questo tipo di
incentivi”.
DDay.it: È stato definito un obiettivo temporale per l’attivazione di questi voucher?Bellezza: “Il CoBUL è stato giusto convocato dal mi-
nistro Pisano il 26 Marzo dove discuteremo di questa
misura. Dobbiamo poi sottoporre il meccanismo alla
Commissione Europea che lo deve validare in base
alle normative sugli aiuti di Stato. Ora in questa fase di
emergenza anche tutta la normativa sugli aiuti di sta-
to è in via di ridefinizione, ma proprio
per questa emergenza che si è deter-
minata auspichiamo che si possano
attivare i voucher il prima possibile.
L’emergenza dovrebbe restringere i
tempi e noi auspichiamo che si possa
partire entro l’estate”.
DDay.it: Il ministro Pisano sembra aver ridato la priorità al piano BUL.
Come va la collaborazione con il ministero dell’inno-vazione? Sono state messe in pista nuove risorse per accelerare con l’esecuzione del piano vista anche l’attuale fase di emergenza?
Bellezza: “Stiamo collaboran-
do a stretto contatto con la
ministra Pisano che è anche
presidente del Comitato Ban-
da Ultra Larga e sta svolgendo
un’attività di coordinamento
molto significativa, soprattutto
in termini di obiettivi temporali
per l’esecuzione del piano. Ad
esempio il 26 abbiamo un’au-
dizione del concessionario Open Fiber soprattutto
rispetto allo stato del piano rispetto alla situazione
di emergenza che stiamo affrontando. Il tema non è
comunque tanto di risorse, visto che le risorse ci sono,
semmai il tema è spendere queste risorse, aprire i
segue a pagina 05
Un tecnico Open Fiber alle prese con le giunzioni delle fibre ottiche per il progetto BUL.
L’interno di un armadio del progetto BUL da cui partono le fibre ottiche verso le abitazioni. L’intera rete è passiva, costi-tuita cioè unicamente da apparati ottici non alimentati.
“Va detto che Open Fiber era una startup 5 anni fa e si sono trovati a gestire un piano di una comples-sità operativa particolarmente si-gnificativa”
“Nei comuni attivati la ri-sposta non è quella che ci si attenderebbe. Sono necessari strumenti di sti-molo alla domanda”
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cantieri e fare i lavori. Paradossalmente rischiamo di
perderle queste risorse se non le spendiamo”.
DDay.it: Vi aspettate dei rallentamenti ulteriori a causa dell’emergenza COVID-19?Bellezza: “Lo potremo valutare solo nelle prossime
settimane. Il concessionario ci dice che a oggi su 2190
cantieri aperti, ne sono attivi oggi solo 802 a causa
di difficoltà da un lato per le ordinanze attive in al-
cune regioni, più restrittive rispetto a quelle dell’ulti-
mo decreto, e dall’altro per
problemi di tipo operativo:
gran parte dei lavoratori delle
aziende che stanno portando
avanti i cantieri di Open Fiber,
provenendo dal centro-sud
e lavorando al centro-nord,
ed essendo in larga parte
trasfertisti, nella fase attuale
non possono andare al cen-
tro-nord anche per assenza
di disponibilità di strutture come alberghi e ristoranti.
È evidente che questa emergenza avrà un impatto sui
cantieri in corso. È anche vero però che proprio grazie
a questa emergenza le strade sono vuote e magari
in alcune zone, vista anche l’importanza strategica
di questa opera, c’è anche
la possibilità di accelerare
qualche cantiere…
Dove è tecnicamente pos-
sibile e nel rispetto della
normativa emergenziale
varata, l’auspicio è che il
concessionario lo faccia.
Chiaramente si intersecano
molte variabili. la preoc-
cupazione principale è la salute dei lavoratori. E poi
chiaramente ad esempio non si può chiedere a lavo-
ratori siciliani o pugliesi di andare a lavorare in vene-
to in questa fase, semplicemente perché
non lo possono fare in base alla normati-
va messa in campo. È chiaro che quando
usciremo da questa emergenza occorrerà
accelerare per recuperare l’eventuale tem-
po perduto”.
DDay.it: Telecom ha annunciato che ini-zierà ad offrire FTTC nei comuni che era-no stati bloccati dall’AGCM, vale a dire in molte aree bianche. Come si pone Infratel
Italia rispetto a questa vicenda?Bellezza: “Rispetto a questa iniziativa, il nostro riferi-
mento rimane il provvedimento recentissimo dell’Au-
torità Garante della Concorrenza e del Mercato che
ha sanzionato Telecom Italia per condotte anti-con-
correnziali che andavano in
contrasto con gli obiettivi del
piano per le aree bianche.
È altrettanto evidente che
sulla base dell’articolo 82
del decreto Cura Italia e poi
della delibera successiva da
parte di AGCOM, in questa
fase emergenziale, qualsiasi
iniziativa volta a potenziare la
rete è benvenuta, purché sia contenuta nei limiti del-
l’emergenza evidentemente”.
DDay.it: Cosa intendete per “limiti dell’emergenza”, cosa dovrebbe succedere dopo?Bellezza: “Nel senso che, cessata l’emergenza, il man-
tenimento dell’accensione dell’infrastruttura attivata
da Telecom nelle aree bianche di fatto, allo stato degli
atti, rimane una pratica censurata dal provvedimento
AGCM. In questa fase di emergenza, tutto ciò passa
in secondo piano rispetto alla necessità dei cittadini
di poter accedere a una rete veloce e stabile. Poi di
tutto questo ci sarà modo di discutere una volta pas-
sata l’emergenza anche considerando la ricorribilità
del provvedimento AGCOM e i prevedibili strascichi
giudiziari che porterà”.
di Massimiliano DI MARCO
L a transazione media su Satispay è
più che raddoppiata durante il pe-
riodo di quarantena in Italia. I paga-
menti tramite il servizio, che si collega al
conto corrente bancario tramite un’app
per smartphone, sono saliti dalla media
di 15,50 euro nel periodo pre-crisi a 20
euro nella prima settimana di quarante-
na, fino a toccare quota 25 euro nella
seconda settimana. “Ora stiamo andan-
do verso i 35 euro di transazione media”
specifica Alberto Dalmasso, fondatore e
amministratore delegato di Satispay.
La situazione di emergenza ha obbliga-
to le persone a cambiare radicalmente
le proprie abitudini: uscire il meno pos-
sibile di casa ha significato dover fare
spese medie più alte, specialmente per
gli alimentari, e trovare modi alternati-
vi per saldare le bollette, per esempio.
I pagamenti di bollettini e di ricariche
telefoniche stanno registrando un au-
mento settimanale del 30% su Satispay,
mentre sono “più che raddoppiate” le
spese medie nella GDO e nelle farmacie.
Le spese medie stanno vivendo un mo-
mento anomalo ed è probabile che, una
volta finita questa situazione, i consuma-
tori torneranno a spendere come prima.
Ciò che non muterà, secondo Dalmasso,
sarà l’utilizzo dei servizi digitali. “Anche
quando si tornerà alla normalità, molte
persone che hanno scoperto la comodi-
tà di certi servizi non torneranno indie-
tro” prevede il fondatore di Satispay, che
prende come riferimento strumenti come
PagoPA, che permette di pagare bollette
e tasse senza recarsi alle Poste o dal
tabaccaio. Satispay aveva già messo da
conto di spingere di più sul commercio
elettronico e sulla consegna a domicilio
entro i prossimi tre anni, ma il repenti-
no cambio di abitudini ha modificato i
programmi. “Ciò che è successo - dice
Dalmasso - ha cambiato radicalmente le
abitudini e noi stiamo accelerando que-
sta trasformazione”. Anche il numero di
utenti privati iscritti al servizio, dopo una
iniziale flessione nella prima settimana
di quarantena (-28% rispetto alla media
delle nuove iscrizioni di inizio anno), è
tornato a salire. Satispay ha recentemen-
te superato il milione di utenti. Satispay
è radicata soprattutto nei servizi di risto-
MERCATO Crescono i pagamenti di bollettini e ricariche telefoniche online, “più che raddoppiate” le spese nella GDO e nelle farmacie
Dalmasso (Satispay), le previsioni per il dopo-emergenza “Chi ha scoperto i pagamenti digitali non tornerà indietro”“Ciò che è successo - dice Dalmasso - ha cambiato radicalmente le abitudini e noi stiamo accelerando questa trasformazione”
MERCATO
Intervista esclusiva a Bellezza (Infratel)segue Da pagina 04
razione e bar, tra i primi a essere chiusi.
L’impatto è stato sentito soprattutto sul
numero di transazioni: -70%. L’aumento
della transazione media - legato soprat-
tutto al pagamento delle bollette a spese
alimentari mediamente più alte rispetto a
prima - ha bilanciato la situazione. Il calo
del valore totale delle transazioni è stato
molto più basso: -5%.
“Cessata l’emergenza, il mantenimento dell’accensione dell’infrastruttura attivata da Telecom nelle aree bianche di fatto ri-mane una pratica censurata dall’AGCM”
“In questa fase non pos-siamo mandare trasfertisti provenienti dal centro sud al centro nord. Inevitabili ri-tardi”
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
MERCATO L’appello di AIRES perché il Governo faccia chiarezza
Negozi di elettronica aperti ma senza rifornimenti certi AIRES: “Il Governo chiarisca”
di Massimilano DI MARCO
L ’elettronica di consumo è stata classificata tra i beni di prima necessità durante
l’emergenza COVID-19. Eppure, la distribuzione all’ingrosso di quei beni non è
esplicitamente consentita. Due decreti del presidente del Consiglio dei ministri
- il primo l’11 marzo e il secondo il 22 marzo - vanno in conflitto e stanno lasciando ai
singoli Prefetti la decisione ultima. Spetta a questi ultimi, insomma, permettere o meno
alle insegne di elettronica di ricevere il materiale che poi viene venduto dai negozi
oppure dai portali di ecommerce. “Se il Governo non interviene permettendo senza
alcun margine di discrezionalità alla distribuzione all’ingrosso di operare, i negozi di
elettronica non potranno essere riforniti e potrebbero risultate sprovvisti di merce”
ha spiegato AIRES in una nota. L’associazione, che riunisce i rivenditori di elettronica
di consumo in Italia, auspica “un intervento tempestivo e chiarificatore” da parte del
Governo. Sullo stesso punto insistono i deputati di Fratelli d’Italia Federico Mollicone
e Walter Rizzetto: “chiediamo con un’interrogazione al Governo di assicurarne la di-
stribuzione all’ingrosso e la produzione nella completa garanzia dell’adozione delle
misure previste per i lavoratori dal protocollo di sicurezza”. Il Governo sta lavorando
alla proroga delle attuali misure restrittive sull’intero territorio nazionale. Ecco perché
AIRES auspica che “venga chiarito espressamente come anche le filiere distributive
a monte dei negozi autorizzati ad operare possano continuare a svolgere la propria
funzione logistica e di distribuzione all’ingrosso.”
I Boeing 787 devono essere “spenti e riaccesi” ogni 51 giorni. A rischio la correttezza dei dati di voloSe i Boeing 787 non vengono spenti e riaccesi ogni 51 giorni i dati di volo possono essere “sporcati” da informazioni non aggiornate che possono riguardare anche la velocità e l’altitudine dell’aereo di Sergio DONATO
Nella direttiva che entrerà in vigore dal 7 aprile, la Federal Aviation Ad-ministration (FAA), ha definito i ri-schi derivanti dalla non applicazio-ne dell’attività di “riavvio” dei B787 (modelli 787-8, 787-9 e 787-10) come “scenari di guasto potenzial-mente catastrofici”. Dopo 51 giorni, e per motivi non ancora chiariti, il Common Core System (CCS), ov-vero il sistema principale dell’ae-reo, potrebbe smettere di effettua-re il controllo dei dati di volo non aggiornati. Per fare un esempio, non verifica che i dati nella “cache” siano quelli più aggiornati. A sua volta, questo mancato controllo sui “dati stantii” potrebbe generare un malfunzionamento della Common Data Network (CDN), la rete del B787 gestisce anche dati fonda-mentali come la velocità, l’altitudi-ne, l’assetto e il funzionamento del motore. Dati che potrebbero esse-re mostrati ai piloti con valori non conformi alla realtà.La soluzione al problema è quindi quella di spegnere completamen-te l’aereo prima di raggiungere i 51 giorni, eliminando qualsiasi sorgente elettrica che possa ali-mentare i sistemi. Di solito gli aerei di linea commerciali non vengono mai spenti completamente. Resta-no accesi negli aeroporti e sono collegati all’alimentazione a terra durante la notte.
di Roberto PEZZALI
“Dall’una di notte alle 8.30 circa, ab-
biamo ricevuto 300mila domande re-
golari. Adesso stiamo ricevendo 100
domande al secondo. Una cosa mai vista
sui sistemi dell’Inps che stanno reggendo,
sebbene gli intasamenti sono inevitabili
con questi numeri”
Così ha scritto Pasquale Tridico sul suo
profilo Twitter. Ma non va tutto bene, anzi,
è un vero e proprio disastro.
Perché le persone che hanno provato ad
accedere al loro profilo si sono trovate
davanti ai dati personali di altre persone.
Un pasticcio che avrà sicuramente riper-
cussioni, perché il Garante della Privacy,
anche in una condizione delicata come
questa, non potrà chiudere un occhio
quando codice fiscale, numeri di telefono,
email e pin vengono esposti ad altri uten-
ti. E’ quello che sta succedendo in queste
ore: sul sito dell’INPS migliaia di utenti
hanno perso la loro identità e si sono ri-
trovati autenticati nel profilo di un altra
MERCATO Il sito dell’INPS è andato in tilt. Era prevedibile, troppe richieste impossibili da gestire
INPS e bonus 600 euro, disastro privacy Scambi di persona e dati mostrati ad altriMa il problema più serio è legato alla privacy: tanti utenti si sono trovati i dati personali di altre persone
persona, una cosa gravissima. Non sap-
piamo per certo il motivo, ma possiamo
ipotizzarlo: per far fronte alle richieste è
stata usata qualche CDN che non invalida
la cache, o in qualche modo non vengono
protette le sessioni. Si potrebbe dire “per
fortuna non è una banca”, ma quello che
sta succedendo oggi con il sito dell’INPS
è assolutamente incomprensibile e non
giustificabile.
L’INPS poteva prevederlo, anzi, doveva
prevederlo, che sarebbero arrivate centi-
naia di migliaia di richieste. In questi casi
è facile dire “basta aumentare i server”,
in realtà non è affatto così, e lo sappiamo
bene anche noi che spesso dobbiamo
gestire certi picchi di traffico inaspettati.
Rivedere l’infrastruttura informatica, dai
server alla configurazione dei vari sistemi
(database, webserver, etc) per far fronte
ad una situazione comunque tempora-
nea non è conveniente e rischia di creare
più problemi che vantaggi.
In questi giorni chi ha provato a fare la
spesa è consapevole che è difficilissimo,
e spesso i server sono anche ben dimen-
sionati: chi non riesce ad autenticarsi o ad
accedere inizia a premere all’impazzata
sulla barra degli indirizzi pensando che,
così facendo, ha più possibilità di acce-
dere al sito. Quando in realtà sta creando
la coda. Se tutte le macchine andassero
alla stessa velocità non esisterebbero le
code, le code si formano proprio per l’en-
tropia e il disordine, quello che succede
quando migliaia di persone continuano
a provare l’accesso ad un sito, tutte nello
stesso istante e con insistenza. Vale per
la spesa, vale per l’INPS. E se per evitare
un po’ di carico il sito ha pensato bene di
salvare il contenuto in una cache, capita
che ad una richiesta arrivi la risposta de-
stinata ad un altro. L’INPS ha sbagliato
interamente la gestione di questa situa-
zione: non si poteva dare accesso alla
piattaforma a tutte le persone che ne
avevano diritto nello stesso giorno e nello
stesso istante.
È stato chiarito più volte: non esiste la lo-
gica del “chi primo arriva”, c’è tempo per
inviare tutte le domande, ma era anche
prevedibile che nonostante questi avver-
timenti molti utenti avrebbero passato la
notte attaccati al computer. Partenza intel-
ligente, accessi scaglionati con mail invia-
ti alle singole persone, accessi in ordine
alfabetico, slot blindati, e chi non aveva
accesso non poteva neppure provare ad
accedere. Il tempo c’era, serviva poco.
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Roberto PEZZALI
eCommerce, spedizioni in ritardo e consegne
bloccate. La logistica sta funzionando, almeno
sulla carta. Perché in tutto il Paese si moltiplicano
le segnalazioni di pacchi non consegnati o consegnati
in super ritardo. Anche in posti dove non dovrebbero
esserci problemi.
Con i negozi chiusi, l’e-commerce resta oggi l’unica
alternativa per fare acquisti. I beni di primissima ne-
cessità si trovano comunque nei supermercati (che
però è consigliabile non affollare) ma ci sono molti
prodotti, tra cui quelli di elettronica e gli elettrodome-
stici, non facili da trovare. Negozi come Media World o
Unieuro sono sono chiusi fisicamente, l’unica risorsa
è appunto l’online.
Online che è anche il modo più sicuro, perché limita al
massimo il contatto umano: i corrieri che in questi giorni
tanno provando a consegnarci i pacchi, prodotti in pro-
va o materiale che ci serve per continuare la normale
attività lavorativa, stanno seguendo una serie di indica-
zioni per tutelare la salute di tutti, sia la loro, che stanno
comunque lavorando, sia quella dei destinatari. Arriva-
no con la mascherina e i guanti, non possono entrare
nelle portinerie, lasciano i pacchi a distanza e tengono
la distanza di almeno un metro (ma anche di più), e in
molti casi è del tutto omessa la pratica della firma della
bolla di ritiro. Spesso, per il pagamento in contrassegno,
chiedono metodi contactless, decisamente più sicuri.
Eppure ci arrivano da ogni parte segnalazioni di pacchi
in ritardo, o pacchi non consegnati. Noi stessi abbiamo
avuto diversi problemi, come un pacco di SDA che ogni
mattina è “in consegna” e ogni pomeriggio torna il la-
vorazione. Il pacco è a pochi km da casa, eppure non
riesce ad arrivare a casa.
La stessa cosa è successa anche con pacchi DHL diretti
a Milano: fermi da qualche parte, nessuno riesce a dire
quando e come verranno consegnati. L’Italia sta viven-
do una situazione critica, e la logistica in questo periodo
sta soffrendo parecchio. Certamente sono aumentati di
molto gli ordini, ma se si guarda all’insieme non può es-
sere solo quello: le strade sono deserte, in autostrada
non esistono le code, per chi effettua un servizio logi-
stico l’attuale situazione è quella che garantisce la mi-
gliore efficienza possibile. Nessuna consegna al piano,
persone sempre in casa, strade sgombre.
Ogni corriere nei giorni scorsi ha iniziato a comunicare
le zone che sono servite e quelle che non sono invece
servite per diverse ordinanze locali, come le zone di
quarantena, eppure ci sono tantissime discrepanze tra
quelle che sono le informazioni pubblicate sui vari siti e
quello che succede nella realtà.
Questo ad esempio quello che dichiara SDA, aggior-
nato al 30 marzo. La filiale di Piacenza non rientra in
nessuno dei casi sopra elencati, eppure il problema
c’è. “Purtroppo non posso fare molto, per Lodi se cer-
cano di metterla in consegna già va bene. Avranno gli
autisti decimati, tanti possono rifiutarsi di lavorare” la
risposta del call center quando si chiede informazioni
sul pacco.
La realtà è ben diversa da quella che viene dipinta dai
siti degli spedizionieri, che stanno fronteggiando una
crisi interna con la gestione del personale che in molti
casi non vuole rischiare un contagio (e non riusciamo a
dar loro tutti i torti) se non vengono fornite le adegua-
te misure di sicurezza. Dal lato dell’utente che cerca di
approvvigionarsi di qualcosa, quello che servirebbe è
più trasparenza, ovvero sapere con certezza che cor-
rieri possono consegnare in che zona. Oggi sembra
che, tranne qualche località dove l’ordinanza locale ha
imposto la quarantena totale come il blocco, quindi una
“zona rossa”, tutti i corrieri siano liberi di consegnare
merci. Ma la realtà è purtroppo diversa. Abbiamo senti-
to diversi pareri, e la causa di questi ritardi è dovuta ad
una moltitudine di diversi fattori, alcuni dei quali comuni
a tutti gli operatori di logistica altri invece più legati ai
singolo spedizionieri.
Quella più ovvia è la forza lavoro: l’ultimo miglio di mol-
te catene logistiche è gestito da piccoli spedizionieri o
agenzie locali che devono far fronte al problema sani-
tario. Può capitare che i pacchi non riescano ad arrivare
all’agenzia di consegna, o che rimangano fermi a pochi
km da casa, perché le piccole agenzie sono chiuse o
prive di personale. Senza garanzie sulla sicurezza e
senza l’equipaggiamento di protezione necessario tanti
trasportatori, che lavorano come liberi professionisti,
preferiscono stare a casa che mettere a repentaglio,
giustamente, la loro salute.
C’è poi un secondo tema, sollevato anche da un ser-
vizio televisivo di La7: Amazon avrebbe promesso di
gestire solo beni di prima necessità ma in realtà con-
tinuano ad arrivare prodotti che secondo chi effettua
servizio logistico sono inutili.
eBay, ad esempio, ha rilasciato delle statistiche dove si
vede come siano cresciuti gli ordini per prodotti nella
cura dell’immagine: gli acquisti di prodotti di Bellezza e
Salute registrano un aumento del +62% con incremen-
ti fra il 20% e il 30% di prodotti per la Cura dei capelli
(+20%), per la Cura del corpo (+25%), per la Depilazio-
ne e la rasatura (+30%) e per la Manicure e pedicure
(+31%).
Infine c’è la priorità: non ai prodotti e ai beni di prima
necessità, ma a quei venditori che sono legati ad un
contratto molto forte con le logistiche. Player come Za-
lando, Amazon e Nespresso, ad esempio, hanno con-
tratti blindatissimi con una serie di clausole legate alla
qualità del servizio, e sembra che molti spedizionieri
abbiano dato ordine, in una situazione comunque dif-
ficile, di mettere davanti il pacco di chi ha un contratto
di quel tipo.
Le spedizioni dei negozi di eCommerce di piccole di-
mensioni possono aspettare qualche giorno in più, e
non sempre si tratta di qualche giorno. Una situazione,
questa delle logistiche, che sta anche portando qualche
negoziante a considerare la chiusura del negozio online,
soprattutto su piattaforme come Amazon e eBay dove
l’utente può dare un voto negativo se non riceve la mer-
ce in tempo. Questo è uno dei messaggi che un cliente
ha inviato ad un venditore perché dopo due giorni il pro-
dotto arrivato non era ancora stato consegnato.
La situazione è difficile: mancano persone, molte picco-
le sedi sono chiuse ma paradossalmente aumentano
gli ordini. Quella che è una condizione perfetta per chi
muove le merci, zero traffico in strada, non basta a far
fronte a tutti i disagi che si sono venuti a creare.
Basterebbe una maggiore trasparenza: chi oggi deve
spedire non ha la certezza che, usando un determina-
to operatore di logistica, la sua merce venga recapitata
in un tempo accettabile. Lo si è visto con SDA: sul sito
non compare Lodi tra le destinazioni dove la merce
non viene recapitata, eppure un pacco è in consegna
da ormai 15 giorni. E la stessa cosa succede anche con
altri operatori: tutti hanno zone grigie o nere, dove non
riescono ad essere efficienti, ma quasi nessuno ha idea
di quali siano.
MERCATO Nonostante le strade vuote le consegne vanno al rallentatore, e in alcune zone nessuno consegna senza apparenti problemi
Spedizioni in ritardo, l’eCommerce soffre Consegne ai tempi del coronavirus, un terno al lottoLa realtà è che gli spedizionieri stanno fronteggiando una crisi interna con la gestione del personale che non vuole rischiare
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Gianfranco GIARDINA
È scaduto il 30 marzo il termine per le associazioni
di filiera convocate (seppur virtualmente) per la
presentazione delle proprie controdeduzioni sulla bozza di decreto ministeriale che dovrebbe ride-
finire i compensi per copia privata.
Compensi che il buon senso vorrebbe vedere azze-
rati o comunque fortemente ridimensionati sulla base
del mancato ricorso alla copia privata da parte degli
utenti, soprattutto nell’era dello streaming.
Dopo settimane di silenzio, forse in cerca di una me-
diazione politica che pare assolutamente saltata, si
espone direttamente anche Confindustria Digitale,
la federazione dell’industria ICT, con una nota for-
temente critica nei confronti della bozza di adegua-
mento dei compensi predisposta dal Ministro France-
schini, a cui viene formulato l’invito non a modificare
il decreto ma a bloccarlo interamente, in attesa di
rivedere completamente la disciplina dei compeni
per copia privata, giudicati “totalmente ingiustificati”.
Soprattutto in un momento come questo, secondo
Confidustria digitale:
“Confidiamo che il Ministro Franceschini fer-mi l’iter di emanazione di un decreto che è profondamente sbagliato, tanto più in questo momento: si andrebbe infatti ad aggravare il prelievo per copia privata sui dispositivi che gli italiani stanno utilizzando per proseguire le proprie attività lavorative da casa, per con-tinuare le attività didattiche e di studio, per mantenere le proprie relazioni sociali”
Ma al di là del momento specifico, risulta chiaro, anche
sulla base di diverse ricerche citate da Confindustria
Digitale, che la copia privata non esiste più: Nielsen
ha certificato che l’84% degli utenti ascolta musica in
streaming; anzi, la stessa ricerca Istat, commissionata
dal Ministero nel 2017, parlava solo del 15% tra i frui-
tori di contenuti musicali e del 10% dei fruitori di quelli
video ricorrere ad attività di copia privata”.
La sintesi della posizione di Confindustria Digitale sta
nelle parole del presidente Cesare Avenia:
“Riteniamo che la proposta di decreto sul compenso per copia privata, posta a consul-tazione dal Mibact, sia frutto di una visione del tutto anacronistica rispetto alle reali abi-tudini dei consumatori. La rapida evoluzione dei device, la crescente offerta di contenuti on-line da piattaforme specializzate e l’ac-cesso a costi decrescenti alle reti a banda larga fisse e mobili, hanno radicalmente
cambiato le abitudini di consumo legale di contenuti e oggi lo streaming è la modalità largamente prevalente di fruizione dei con-tenuti digitali. La copia privata è del tutto residuale e mantenere in vita il compenso, addirittura prevedendone l’aumento, assume sempre più il significato di un balzello sull’in-novazione tecnologica, oltretutto in contra-sto con le esigenze di modernizzazione del Paese, emerse con forza nella drammatica emergenza che stiamo vivendo. Per questo invitiamo il Ministro Franceschini anzitutto a soprassedere all’au-mento del compenso per copia privata, che è totalmente ingiusti-ficato, e di ripensare anche all’intero istitu-to della copia privata riformando la norma che lo ha istituito”.
Ora resterà da capire
cosa farà il Ministro Fran-
ceschini, che dovrebbe
essere alle prese con ben altre emergenze. Acco-
gliere l’invito di Confindustria Digitale dovrebbe
essere la cosa più normale. Anche se la normalità
non è mai stato il tenore più consueto delle vicen-
de relative alla copia privata degli ultimi 20 anni. A
questo proposito, è intervenuto duramente Mogol,
attuale presidente di SIAE, in risposta al documento
di Confindustria Digitale.
“Leggo esterrefatto le dichiarazioni dei rap-presentanti di Confindustria Digitale relativa-mente alla bozza di decreto sulle tariffe della
copia privata posta a consultazione dal Mibact. Reiterano le falsità nei confronti degli autori che rappresentano il patrimonio creativo della collettività. Senza i contenuti creati dagli auto-ri, smartphone e altri strumenti tecnologici sa-rebbero poco più che pezzi di latta senz’anima. Non solo, ma i più autorevoli studi di settore dimostrano come il perimetro della copia pri-vata si è notevolmente ampliato con il cloud. I consumatori non vengono affatto colpiti dalle tariffe di copia privata che, in realtà, gravano per un percentuale quasi irrisoria
(considerando i prez-zi degli apparecchi) sulle aziende multina-zionali (e non italia-ne) che li producono. Gravissimo, infine, che si strumentalizzi questo drammatico momento per chiedere di blocca-re una delle pochissime fonti di ristoro per gli autori e per l’industria culturale nel suo com-
plesso – considerato che le attività di spettacolo sono doverosamente ferme – mentre aumenta in maniera espo-nenziale la vendita di prodotti digitali, visto che dobbiamo restare a casa”.
Un replica che sembra significare solo che, in questo
momento in cui gli artisti non possono lavorare, non
gli si possa toccare un introito al quale sono abituati.
Diteglielo a tutti i professionisti e i negozianti che sono
bloccati a casa e che non solo non guadagnano, ma
continuano ad avere tutti i costi legati alla loro attività.
MERCATO Scadeva il 30 marzo il termine per presentare le memorie sostitutive (si fa per dire) delle consultazioni al Ministero
Confindustria Digitale: “La copia privata non c’è più Franceschini fermi il decreto”. Mogol: “esterrefatto”Confindustria Digitale pubblica la sua posizione fortemente critica, secondo cui “il decreto è profondamente sbagliato”
Mogol
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Gianfranco GIARDINA
C ’è stata un’epoca in cui Giulio Rapetti, nome d’arte
Mogol, riusciva, mettendo in fila semplici parole, a
creare immagini evocative ed uniche, a farci so-
gnare. Oggi il Maestro, da presidente della SIAE, pare
aver perso d’un colpo sia la vena creativa che il tocco
magico. E così, come accade a volte alle stelle cadenti
che decidono di finire la carriera in bruttezza, ieri ha ver-
gato, in risposta al comunicato di Confindustria Digitale,
l’ultimo dei suoi testi, su musica e arrangiamento della
SIAE. Ne è uscita la solita cantilena, che brutta era anni
fa, quando a cantarla era Gino Paoli, e ancor peggio
suona ora. A questo punto viene da dire che SIAE, che
peraltro in questi anni si è rinnovata nelle tecnologie e
in alcune valide e giovani persone chiave, faccia male a
chi la presiede. O forse Gaetano “Cyrano” Blandini non
è la miglior fonte di ispirazione delle sortite pubbliche
dei personaggi chiamati a presiedere la società di autori
ed editori. Cadde su questo fronte Gino Paoli, non fece
meglio Filippo Sugar. Ora tocca a Mogol, che, nella sua
lirica accorata, sperimenta le “discese ardite” di antica
memoria, sprofondando nel qualunquismo tecnologico.
Il Maestro non si irriterà se ci permettiamo, come è ac-
caduto milioni di volte con i suoi testi, di farne un’appro-
fondita analisi:
“Senza i contenuti creati dagli autori, smartpho-ne e altri strumenti tecnologici sarebbero poco più che pezzi di latta senz’anima”Caro presidente Mogol, soprattutto ora che gli artisti
non vanno in TV e non fanno concerti, la sua musica
esiste solo grazie a quegli oggetti le lei definisce in ma-
niera dispregiativa “latta”. Senza la “latta” - un vecchio
retaggio dell’enfatica narrativa SIAE sul tema - tornere-
ste indietro di 100 anni, alle rappresentazioni teatrali. E
ai pochi proventi che ne deriverebbero, per pochissimi
artisti, tra l’altro.
Caro presidente Mogol, lei si scorda che i proventi all’in-
dustria della musica, e quindi anche degli artisti, proven-
gono oramai quasi esclusivamente dallo streaming: se
non esistesse la “latta”, addio denari, addio mercato del-
la musica. A meno che, nei suoi piani non ci sia il prepo-
tente ritorno alla musica dal vivo nei locali. Quella stessa
musica che la SIAE ha per anni soffocato con tariffe tali
da spingere gli esercenti a cancellare i cartelloni e nega-
re alle band giovani l’unico palcoscenico che avevano.
Prima di YouTube, ovviamente.
Caro presidente Mogol, lei probabilmente ignora (o fa
finta di ignorare) che gli smartphone fanno molto altro,
ma moltissimo d’altro, oltre a riprodurre materiale tutela-
to dalla SIAE. La lista intera gliela ometto, troppo lunga e
troppo ricca, ma tra questi usi c’è anche leggere questo
articolo, certo meno ispirato dei suoi testi migliori. Ma
le dico che se si vietasse tecnicamente e per legge la
memorizzazione di musica all’interno degli smartphone
(ovverosia la copia privata), le vendite di “latta” e l’utilizzo
da parte degli italiani non si modificherebbe di un milli-
metro. Ma proprio zero: se ne faccia una ragione.
“I più autorevoli studi di settore dimostrano come il perimetro della copia privata si è notevol-mente ampliato con il cloud”Qui, caro Maestro, le riconosco il sal-
to di qualità, la “mutazione genetica”
della dialettica storica: butta là, con
una naturalezza che solo le persone
di classe possono esternare, il ter-
mine “cloud”. Come quei condottieri
delle battaglie infinite: conquistata
nuova terra, lancia le sue truppe oltre
l’orizzonte, là dove nessuno (di buon
senso) si era mai spinto. Ma sia chiaro: nessuno tocchi il
cloud, dove ci sta di tutto ma non la musica, che - come
tocca spiegarle ripetutamente - sta sui server dei forni-
tori legali di servizi in streaming. E, la prego, non invochi
“autorevoli studi di settore” che però restano nascosti
tra le carte del segretissimo Comitato Consultivo sul Di-
ritto d’Autore: tirate fuori questi “studi” e discutiamo nel
merito, non per slogan.
I consumatori non vengono affatto colpiti dalle tariffe di copia privata che, in realtà, gravano per un percentuale quasi irrisoria (considerando i prezzi degli apparecchi) sulle aziende multina-zionali (e non italiane) che li producono.Ahi, ci risiamo. Questa chi gliela ha raccontata? Se è ve-
ramente convinto di ciò che dice, faccia cortesemente
correggere il sito della SIAE che dice (peraltro corretta-
mente) che “Il compenso per “copia privata” è dovuto
da chi fabbrica o importa nel territorio dello Stato, allo
scopo di trarne profitto, gli apparecchi di registrazione
e i supporti vergini.”. Quindi non la pagano i produtto-
ri ma gli importatori italiani. Ma non le sfuggirà che in
realtà il suo amato compenso per copia privata si com-
porta proprio come l’IVA: la pagano i distributori quando
comprano e la rigirano a valle quando vendono. L’IVA,
come il compenso per copia privata, alla fine lo paga il
consumatore finale del bene. Io, lei, e tutti i cittadini. Una
riflessone a parte è richiesta dal quell’odioso passaggio
“percentuale quasi irrisoria”: vuol forse dire che le acci-
se sui carburanti relative alla campagna di Etiopia del
1935 sono giustificate perché marginali? In fondo anche
quelle per il terremoto del Belice del 1968, no? Ah, già,
dimenticavo: tra le accise sui carburanti, c’è anche dal
2011 una bella voce di Finanziamento alla Cultura (la sua
materia, immagino) che pesa per 0,0071 euro al litro. Più
IVA ovviamente. No, il tema dell’irrisorio è da rispedire
al mittente .
Gravissimo che si strumentalizzi questo dram-matico momento per chiedere di bloccare una delle pochissime fonti di ristoro per gli autori e per l’industria culturale nel suo complesso – con-siderato che le attività di spettacolo sono dove-rosamente ferme – mentre aumenta in maniera
esponenziale la vendita di prodotti digitali, visto che dobbiamo restare a casa
Allora, caro presidente Mogol, le comunico che l’Italia
è ferma. Sono fermi tutti i negozianti (salvo ovviamente
quelli dell’alimentare), sono fermi tutti i professionisti e
non solo i musicisti. I bar e i ristoranti, spesso gestiti da
piccole imprese familiari, sono in ginocchio. A proposito,
anche la gran parte dei negozi di elettronica sono chiusi.
E le migliaia di addetti che vi lavorano, posti in Cassa
Integrazione: lo sapeva? Caro Maestro, si ricordi, lei è
Mogol. Ha creato capolavori che ora ha il dovere di di-
fendere anche dalle sue cadute di stile. Lei è Mogol, non
Machiavelli. Il fine, pur nobile, non giustifica l’utilizzo di
un mezzo, la copia privata, che oramai non è più difen-
dibile. Torni a farci sognare con i suoi versi di una volta:
questo è il suo testo peggiore e non ci sarà nessuna
melodia in grado di salvarlo.
E allora, con il Parlamento che non si riunisce o quasi, con
tutta l’attività istituzionale bloccata, con l’Italia con il fiato
sospeso attorno all’emergenza Coronavirus, le chiedo:
non è che tutta questa fretta di approvare le nuove ta-
riffe, peraltro saltando il passaggio fondamentale di una
consultazione bilaterale, sia la vera strumentalizzazione
dell’emergenza? In Italia c’è chi aspettava da mesi un
intervento chirurgico e ora deve rinviare; aspetteranno,
con buona pace di tutti, anche i nuovi compensi per co-
pia privata. Anzi - detto tra di noi - vi converrebbe tenervi
strette le attuali tariffe più lungo possibile: se al MIBACT
arrivasse un sussulto di ragionevolezza e di dignità, le ri-
determinazioni non potrebbero che essere al forte ribas-
so. E forse tutta questa sua fretta, nasce proprio da lì.
Ma il peggiore abbaglio l’ha preso evocando la “vendi-
ta esponenziale” di prodotti digitali di questo periodo.
Immaginiamo si sia affidato in buona fede a consiglieri
infidi, che espongono lei e la sua fama a brutte figure
alle quali, artisti come lei, soprattutto a consuntivo di una
gloriosa carriera, non dovrebbero prestarsi per nulla al
mondo. Come ha chiarito gfk, il mercato dell’elettronica
è in crollo totale e indiscriminato, con l’online che non
riesce neppure lontanamente a sostituire i negozi chiusi.
Gli smartphone, la sua “latta” preferita, viaggiano a -53%.
I TV si fermano a -46%. Basterebbe questo per destinare
al cestino l’intero suo testo, cosa che, quando scriveva
canzoni, nessuno si sarebbe mai permesso di fare.
EDITORIALE Giulio Rapetti, in arte Mogol, è certamente più famoso come grande autore di testi che come Presidente della SIAE
“Copia privata”, il peggior testo scritto da MogolUn peccato terminare una carriera così fulgida con posizioni sulla copia privata così palesemente superate dalla realtà
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Gianfranco GIARDINA
M ediaWorld è stata la prima inse-
gna di elettronica di consumo a
chiudere tutti i suoi punti vendita
fisici non appena è stato annunciato il
cosiddetto “lockdown” per tutelare la sa-
lute di addetti e clienti, affidando tutte le
proprie attività e i desideri dei clienti allo
store online. Come è normale che sia in
questi casi (e come purtroppo sta acca-
dendo in maniera abbastanza diffusa per
questa emergenza), per i lavoratori dei
punti vendita temporaneamente chiusi
è stata attivata la Cassa Integrazione in
Deroga, ovverosia quel meccanismo che
consente ai lavoratori di ricevere un’in-
dennità parziale a fronte dello stipendio
sospeso. Attraverso una lettera inviata ai
MERCATO Un’altra mossa di MediaWorld a favore dei dipendenti, un sostegno in una fase difficile
MediaWorld integra la cassa integrazione con il 10% dello stipendio, dirigenti auto tassati del 20%Il CEO Guido Monferrini comunica le misure di sostegno ai dipendenti per il mese di aprile
dipendenti dal CEO
Guido Monferrini, Me-
diaWorld comunica
di aver deciso di in-
tegrare ulteriormente
la cassa integrazione
per il mese di aprile, ri-
conoscendo ai dipen-
denti un’aggiunta del
10% della retribuzione
che avrebbero ricevu-
to normalmente, come
strumento di sostegno in una fase diffici-
le. Parallelamente, il board dell’azienda
(composto dai dirigenti apicali) ha deciso
di tagliarsi nello stesso periodo lo sti-
pendio del 20% e la stessa cosa faranno
tutti i dirigenti del gruppo, in un’ottica di
mutualità aziendale. Inoltre, per mitigare i
disagi finanziari dei dipendenti in questo
periodo difficile, MediaWorld si sta atti-
vando per trovare delle formule percor-
ribili di anticipo della Cassa Integrazione,
in attesa dell’effettiva erogazione dal par-
te degli enti preposti. Una piccola buona
notizia fra le tristi pagine di questi giorni.
Unieuro, i dirigenti si tagliano lo stipendio e alcuni negozi provano la riaperturaSostegno finanziario e assicurazione sanitaria ai dipendenti, taglio volontario dello stipendio dei dirigenti e azzeramento per l’AD. I primi negozi diretti riaprono con addetti volontari e protetti e lontano dai focolai di Gianfranco GIARDINA
Unieuro sperimenta la riapertura di alcuni punti vendita chiusi durante l’emergenza coronavirus. Ovvia-mente si tratta di negozi lontani dalle zone più interessate dall’epi-demia; l’apertura riguarderà solo i giorni feriali e ad orario ridotto. Il personale, reclutato solo su base volontaria, sarà dotato di tutti i di-spositivi di protezione individuale necessari e sarà monitorato con la misurazione della temperatura ad ogni inizio turno. Inoltre saranno ammessi in negozio solo un nume-ro limitato di clienti. Unieuro fa an-che sapere che ha già provveduto dal 20 marzo a sottoscrivere a fa-vore di tutti i 5000 dipendenti una polizza sanitaria contro i rischi da coronavirus, a prescindere dal fat-to che siano o meno operativi. Sul fronte della mutualità aziendale, Unieuro segue la strada già trac-ciata da MediaWorld: agli addetti che saranno messi in Cassa Inte-grazione in Deroga verranno fatti degli anticipi della quattordicesima per tamponare eventuali ritardi dei fondi pubblici. Inoltre tutti i dirigenti hanno deciso di tagliarsi lo stipen-dio, del 20% quelli apicali e del 10% tutti gli altri. In particolare, l’ad Gian-carlo Nicosanti Monasterelli ha de-ciso di rinunciare interamente alla propria retribuzione per i mesi di aprile e maggio, in solidarietà con i dipendenti in cassa integrazione.
di Sergio DONATO
N el panorama di semi-blocco dei
carrelli virtuali di alimentari, con
slot che oramai non si trovano o si
prendono anche con 20 giorni di anticipo,
Carreforur prova a pensare laterale e spa-
riglia le carte. Si chiama “Gli Essenziali” ed
è il nuovo servizio di spesa online di Car-
refour messo in piedi in brevissimo tem-
po. Un sistema di spesa con consegna
a domicilio realizzato anche per far colli-
mare la quarantena forzata con il bisogno
di fare acquisti alimentari, soprattutto per
coloro che non possono o è sconsigliato
che escano di casa. Il tutto con consegne
su tutto il territorio nazionale e con un’at-
tesa al massimo di 4 giorni. Il segreto è
aver precostituito dei box - quindi pacchi
– a contenuto già definito e acquistabili
sul sito essenziali.carrefour.it. Le offerte
principali sono il Box Terra, che contiene
prodotti per due persone per una setti-
mana a base di carne. Il Box Mare, che
si concentra sul pesce, mentre il Box Ve-
getariano è dedicato alle persone che
preferiscono questo
regime alimentare. Ci
sono anche due Box
pensati per per i più
piccoli, divisi in Kit Baby
e Kit Bambini, con pro-
dotti per l’infanzia a
seconda delle fasce di
età, e il Kit Cura Casa e
Persona, che contiene
una selezione per la cura della persona e
le pulizie. Carrefour promette la consegna
sull’intero territorio nazionale entro quat-
tro giorni dall’ordine. Un tempo che per
però non viene garantito per le isole, per
le quali potrebbe essere necessario qual-
che giorno in più. Inoltre, per ogni ordine,
Carrefour ha deciso di donare un euro
alla Protezione Civile Italiana. Il sito de Gli
Essenziali è già online, ma Carrefour co-
munica che il servizio sarà attivo a partire
dal 6 aprile. Il sito è snello e si compone
di una sola pagina. È già possibile creare
un profilo e sono immediatamente visibili
i Box, non ancora acquistabili. Tutti i Box
principali, quindi Terra, Mare, Vegetariano
contengono provviste per due persone
per una settimana e includono anche
prodotti alimentari adatti alla colazione.
Si tratta di articoli confezionati e “secchi”,
compresi sughi già pronti: la maggior
parte a marchio Carrefour: ovviamente
(e purtroppo) non ci sono prodotti freschi.
Resta comunque il fatto che con questi
“pacchi” si può certamente “sopravvive-
re” in mancanza di altri rifornimenti . Sono
accettati pagamenti con carte di credito e
PayPal. La consegna è gratuita e sarà ef-
fettuata da lunedì a venerdì dalle 9,00 alle
18,00. Si può esercitare il diritto di reso.
MERCATO Carrefour ha realizzato in tempi record un nuovo servizio di spesa online attivo dal 6
Carrefour semplifica la spesa onlineKit preconfezionati in tutta Italia entro 4 giorniBox divisi per tema alimentare e utili a soddisfare l’esigenza di due persone per una settimana
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
Sky, due nuovi canali Cinema gratis per gli abbonati. Questa volta anche per chi ha il digitale terrestreDopo l’apertura gratuita agli abbonati di tutti i pacchetti fino al 3 aprile, Sky lancia una nuova iniziativa nel corso della quarantena da coronavirus: dal 4 al 30 aprile, Sky accenderà due nuovi canali Cinema per tutti gli abbonati senza costi aggiuntivi. I contenuti saranno quelli per cui Sky ha i diritti, ma questa volta i due canali appariranno anche ai pochi che sono abbonati a Sky sul digitale terrestre.Il nome dei canali ha un richiamo diretto alla quarantena e al periodo di emergenza da coronavirus che si sta vivendo. Si chiamano Sky Cinema #ioRestoACasa 1 e Sky Cinema #ioRestoACasa 2, e saranno quindi disponibili per gli abbonati satellite, fibra e digitale terrestre. I canali resteranno accesi dal 4 al 30 aprile.
Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it
Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009
e
www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano
n. 308 del’8 novembre 2017
direttore responsabileGianfranco Giardina
editingMaria Chiara Candiago
EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl
via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154
Per la pubblicità[email protected]
MAGAZINE
MAGAZINE
MERCATO Donazioni agli ospedali,smartphone ai pazienti
Anche da Euronics ed Unieuro un contributo per l’emergenza
di Paolo CENTOFANTI
Continuano i contributi delle aziende private italiane per dare il loro aiuto a chi
ne ha bisogno per fronteggiare la grave crisi che sta attraversando tutta l’Italia.
Euronics ha annunciato una donazione complessiva di 100.000 euro per due
degli istituti ospedalieri simbolo di questa emergenza, l’Ospedale San Raffaele di Mi-
lano e l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma. “In un
momento di grande difficoltà per tutti, i Soci di Euronics hanno deciso di contribuire in
prima persona, devolvendo questa importante cifra per sostenere economicamente gli
acquisti più urgenti”, si legge nel comunicato rilasciato da Euronics. Unieuro ha scelto
un altro tipo di aiuto, decidendo di fornire 2000 smartphone per rimettere in contatto
tanti ricoverati in ospedale per Covid-19 con i propri familiari. I primi 1000 smartphone
sono già in consegna agli ospedali della regione Emilia Romagna, una delle più colpite
insieme a Lombardia e Veneto. A questi se ne aggiungeranno altri 1000 da donare
a ospedali e RSA delle aree più colpite. L’operazione è svolta in collaborazione con
Motorola e Vodafone, quest’ultima fornitrice delle SIM per permettere la connettività
nelle aree senza Wi-Fi. “In un mondo iper-
connesso, l’attuale emergenza sanitaria
ha infiniti risvolti tragici, persino quello di
non consentire ai pazienti ricoverati di rice-
vere conforto e calore dai propri familiari”,
ha dichiarato l’AD di Unieuro, Giancarlo Ni-
cosanti Monterastelli”.
di Massimiliano DI MARCO
I n tempi di quarantena, la pirateria ri-
torna in auge con la scusante della so-
lidarietà digitale. In queste settimane,
è quasi diventata un’usanza inoltrare ad
altre persone su WhatsApp e Telegram
le copie digitali dei giornali e di riviste
(settimanali, mensili, inserti, etc) per alle-
viare le pene dell’isolamento forzato.
Quelle copie, però, sono pirata, non dan-
no un euro a chi ha prodotto quei conte-
nuti e che, quindi, sono a tutti gli effetti un
furto. La quarantena che tutti gli italiani
stanno vivendo, pur con tutti i disagi che
comporta, non può essere usata come
scusa per evitare il pagamento di giornali
e riviste. Se è vero che l’isolamento può
complicare l’acquisto delle copie fisiche
di giornali, riviste e fumetti, è altrettanto
vero che gli abbonamenti digitali sono
diffusi e facilmente accessibili. In questi
giorni, anzi, molti di questi sono in pro-
mozione e permettono di accedere alle
edizioni digitali di giornali e riviste a po-
MERCATO Tanti utenti si affidano a WhatsApp e Telegram per la “rassegna stampa” mattutina
Giornali gratis via WhatsApp e Telegram La quarantena non è una scusa per piratareLa pirateria non è la soluzione. Esistono modi legali e a pagamento per leggere i quotidiani digitali
chi euro al mese, con la comodità di non
dovere uscire di casa e di fruirne anche
su dispositivi mobili.
Gli abbonamenti digitali dei quotidianiIl Corriere della Sera, per esempio, dà
accesso a tutti i contenuti digitali da
sfogliare (quotidiano più supplementi
come L’Economia, Buone Notizie, Sette
e Io Donna) a 8 euro al mese per 12 mesi
(prezzo normale: 19,99 euro mensili).
GEDI propone un mese di Repubblica+,
che include il quotidiano più i suoi sup-
plementi in versione digitale, a 13,99
euro (anziché 19,99 euro) per i nuovi ab-
bonati. Il Sole 24 Ore propone la versio-
ne digitale a 9,90 euro per il primo mese
di abbonamento, che sale a 29,90 euro
al secondo mese. In molti casi, anzi, al-
cuni editori hanno scelto di aderire alla
piattaforma Solidarietà Digitale promos-
sa dal Ministero dell’Innovazione Digita-
le e Tecnologica offrendo gratuitamente
fino a tre mesi di abbonamento digitali a
quotidiani o riviste.
La pirateria non è la soluzione. Le opzioni sono tanteQuesti sono prezzi abbordabili per tut-
ti coloro che sono interessati al quoti-
diano in versione digitale. Altrettante
opzioni esistono, invece, per chi legge
le notizie online, anche tramite sistemi
di paywall, quelli che, in poche parole,
vincolano l’utente al pagamento di un
abbonamento mensile per fruire degli
approfondimenti esclusivi.
Le opzioni sono tante e chi non vuole
spendere neanche un centesimo, inol-
tre, può navigare i siti di informazio-
ne senza costi (a patto di disattivare
l’adblocker: altrimenti l’editore viene
danneggiato). Oppure rivolgersi alle
biblioteche digitali come quelle confe-
derate sulla piattaforma MLOL di cui
abbiamo parlato in passato. Nonostan-
te in questi tempi il lavoro delle reda-
zioni sia aumentato notevolmente e si
sia complicato logisticamente, molti siti,
compreso DDAY.it, hanno continuato a
proporre gratuitamente le notizie e gli
approfondimenti.
Da qualsiasi punto di vista si voglia
leggere la questione e qualunque sia
l’abitudine di fruizione dei contenuti, la
pirateria non è una soluzione. men che
meno con l’auto-alibi della solidarietà.
torna al sommario 12
MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Roberto PEZZALI
L a rivoluzione “AR” arriva su iPad Pro. La nuova ver-
sione di iPad per creativi, appena lanciata, porta per
la prima volta sul retro di un dispositivo mobile un
sensore Lidar. Lidar, ovvero “Laser Imaging Detection
and Ranging”, un particolare sensore capace di ottenere,
grazie ad una griglia proiettata, una mappa 3D verosimi-
le di quello che sta guardando. Un sensore simile viene
oggi usato per le auto a guida autonoma, ma in quel
caso siamo di fronte a sensori che ruotando riescono
a mappare l’ambiente a 3 dimensioni e ad una distanza
di circa 200 metri. Gli appassionati di audio di vecchia
data ricorderanno il marchio Velodyne, specializzato in
subwoofer. Velodyne ha saputo reinventarsi e oggi è tra
i maggiori produttori al mondo di sensori Lidar per auto
a guida autonoma. Rispetto a quelli usati sulle auto il
sensore del nuovo iPad Pro, miniaturizzato, raccoglie
solo i dati dell’area che si inquadra, non può guardare
né di fianco né dietro, e funziona ad una una distanza
massima di 5 metri. Ma questo è sufficiente per fornire
una quantità di dati enorme che ARKit, il framework di
realtà aumentata di Apple, può trasformare in dati utili
per chi realizza applicazioni di ogni tipo.
Abbiamo scritto “sul retro di un dispositivo” perché
un Lidar Apple lo usa da anni: il FaceID, che funziona
MOBILE La nuova versione di iPad per creativi porta per la prima volta sul retro di un dispositivo mobile un sensore Lidar
Realtà aumentata e iPad Pro con sensore Lidar Come funziona e come rivoluziona alcuni settori Il sensore Lidar permetterà agli sviluppatori di creare applicazioni capaci di rivoluzionare settori come architettura e scienza
proiettando sul volto una griglia invisibile di punti, rien-
tra a tutti gli effetti nella famiglia dei Lidar. Tra il FaceID
e il Lidar dell’iPad Pro c’è però una differenza sostan-
ziale: il primo è molto più definito perché deve creare
una mappa precisissima del volto, ma ha una gittata
ridotta, il secondo ha una gittata più lunga e la griglia di
punti proiettata è molto meno fitta.
Lidar e sensori ToF, entrambi 3D ma per usi diversiIl Lidar non va confuso con il sensore ToF che è stato
usato su molti smartphone, dai Samsung ai Huawei: il
primo rientra nella categoria “Structured Light”, il se-
condo nei sistemi appunto detti “Time of Flight”. Oltre
al FaceID e al Lidar dell’iPad Pro nella storia recente del-
l’elettronica di consumo ci sono altri esempi di proiet-
tori a luce strutturata, e il più famoso è forse Kinect di
Microsoft, il controller che permetteva di giocare senza
mani. Come dice il nome stesso, “luce strutturata”, viene
proiettata una griglia o un pattern di punti e un secondo
sensore guarda come l’ambiente deforma questa griglia
e questi punti. Confrontando l’immagine proiettata da
quella trasmessa, quindi la distanza dei singoli punti, si
riesce a calcolare quanto è distante ogni singolo punto
dal punto di proiezione. Unendo tutte queste informa-
zioni si riesce ad ottenere una mappatura 3D con una
definizione pari alla risoluzione della griglia trasmessa.
Dei sensori Time of Flight abbiamo già parlato: viene
calcolato il tempo che impiega un raggio di luce a colpi-
re una superficie e tornare indietro. Il raggio non dev’es-
sere necessariamente organizzato in griglia, può anche
essere un singolo fascio. Apple non ha usato un Time of
Flight perché nonostante questa tecnologia abbia dei
vantaggi, come la possibilità di catturare la mappa di
profondità con una sola foto, ha diversi limiti quando si
utilizza in movimento.
Una mappa 3D dell’ambiente in tempo realeCosa può fare l’iPad Pro con il Lidar? Apple per la realtà
aumentata si appoggia a ArKit, un framework di librerie
che generazione dopo generazione diventa sempre più
completo. La sfida della realtà aumentata l’aveva lancia-
ta Google con Project Tango, ma dopo aver chiuso la
divisione AR Google ha pensato che agli utenti Android
potesse bastare una versione “light” di Augmented Rea-
lity, quella più giocosa fatta di stickers e posizionamento
in ambiente di oggetti 3D.
Apple invece ha sviluppato lo strumento a tal punto da
averlo trasformato in una base sulla quale gli sviluppato-
ri hanno poi creato applicazioni professionali incredibil-
mente utili e uniche, in settori che spaziano dall’architet-
tura alla scienza. ARKit 3.5, rilasciato contestualmente al
lancio dei nuovi iPad Pro, aggiunge quella che forse è la
più grande novità nel mondo delle applicazioni a realtà
aumentata che si sia mai vista su un dispositivo portatile,
la cosiddetta “Scene Geometry”. Usando il Lidar, gli iPad
Pro del 2020 sono in grado di ricostruire in tempo rea-
le la conformazione dell’ambiente, riconoscendo con il
machine learning le pareti, il pavimento e il soffitto e an-
che gli oggetti che sono presenti nella stanza come i ta-
voli e le sedie. Chi ha provato una applicazione di realtà
aumentata su iPhone o iPad è ben consapevole di come
funziona oggi il tutto: si deve muovere lo smartphone o
il tablet per fargli identificare la superficie di base dove
posizionare l’oggetto “virtuale” nel mondo reale.
segue a pagina 13
Ecco, ai raggi IR, come vede l’iPad la griglia proiettata dal Lidar (foto sopra). Nella foto sotto, invece, la griglia proiettata dal FaceID, molto più fitta. La differenza di risoluzione tra i due sistemi è ovvia: lo sblocco tramite FaceID richiede una frazione di secondo, mentre il Lidar dell’iPad Pro è studiato per fornire dati di profondità in modo continuo, come una vera videocamera.
torna al sommario 13
MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
MOBILE
Come funziona il Lidarsegue Da pagina 12
Grazie al Lidar il posizionamento sarà istantaneo: Sce-
ne Geometry fornirà in pochi istanti tutte le informazioni
necessarie.
Dal design ai giochi, così le applicazioni cambieranno pelleLe applicazioni pratiche di questa soluzione sono enor-
mi: un architetto in pochi secondi può effettuare la scan-
sione precisa di un ambiente, con la posizione di muri,
porte, finestre e arredi precisi al decimetro, da trasfor-
mare poi un un disegno “cad” che può essere modifica-
to o arricchito a sua volta dinamicamente.
Chi vende mobili o oggetti potrà avere finalmente una
piena libertà di posizionamento: oggi l’app di Ikea per-
mette di vedere come sta un mobile sul pavimento, o
un quadro sul muro, domani si potranno posizionare più
oggetti su più piani, gestendo anche quella che è l’oc-
clusione, ovvero la possibilità di avere oggetti reali che
interferiscono con quelli virtuali posizionati dietro di loro.
Un mix perfetto di reale e virtuale.
Dagli oggetti all’uomo, il Lidar dell’iPad usato come Kinect La scansione 3D effettuata dal Lidar dell’iPad potrà es-
sere usata anche sugli uomini, isolando le persone e
tracciando i movimenti. Lo faceva Kinect, lo fa anche
ARKit. L’applicazione in ambito video del Lidar potrà
così rendere obsolete tecniche come il green screen,
attori o persone potranno essere posizionate all’interno
di uno studio o di un ambiente virtuale e elementi virtuali
potranno interagire con i personaggi reali. Si potranno
creare applicazioni che facilitano la realizzazione di cor-
tometraggi animati, sovrapponendo personaggi virtuali
a persone reali semplicemente mappando i movimenti,
si potranno analizzare i movimenti in sessioni di fisiote-
rapia, o durante il training. Si potranno rivoluzionare le
app scientifiche, quelle educative, le app professionali
per la riparazione o il montaggio di prodotti.
Tutte le app AR funzionano meglio su iPad Pro 2020. Alcune app funzioneranno solo su questo modelloTutte le applicazioni in realtà aumentata che già oggi
sono disponibili per il mondo Apple, aggiornate ad
ArKit 3.5, funzioneranno anche sugli attuali dispositivi.
Ma ci saranno usi specifici che invece richiederanno il
sensore Lidar, quelle dove servirà la “Scene Geometry”.
Al momento nessuno sviluppatore ha ancora rilasciato
applicazioni specifiche, l’unica disponibile l’ha crea-
ta Apple e si può scaricare dal sito per sviluppatori. E’
quella che permette di capire come il Lidar legge gli
oggetti e le persone. La realtà aumentata è ancora oggi
una applicazione di nicchia, ma sta rivoluzionando molti
ambiti professionali. Il nuovo iPad Pro 2020 non è molto
diverso dall’iPad Pro del 2018: stessa batteria, stesso
schermo, stesso tutto. Cambiano solo le fotocamere e
c’è il Lidar in più, e proprio per poter gestire tutti i dati
del Lidar Apple ha sbloccato un core del processore
rendendolo leggermente più veloce. Non è quindi un
iPad Pro per tutti: chi ha il 2018 può tenerselo stretto.
Sempre che non sia un utente “pro” che già oggi usa
pesantemente la realtà aumentata nel suo lavoro, archi-
tetti e designer sono i primi che ci vengono in mente.
Per loro, non appena arriveranno le prime app, il Lidar
potrebbe rappresentare una vera svolta.
Quello che permette di fare il Lidar
Nei giochi si potrà trasformare l’intera stanza in un ambiente di gioco, e questo video realizzato da una serie di sviluppatori che hanno iniziato a giocare con ArKit 3.5 dimostra quello che effettivamente permette di fare il Lidar e di come possono cambiare le app.
In questo video si può vedere come un iPad Pro con Lidar applica ad un ambiente reale una sorta di grigia virtuale: ogni vertice della griglia diventa un elemento al quale si possono ancorare oggetti virtuali.
Lidar clip 1
di Gaetano MERO
Huawei ha annunciato l’apertura del
suo e-commerce ufficiale Huawei
Store, uno spazio in cui sarà possibi-
le acquistare tutti i prodotti del marchio e
ricevere assistenza post-vendita dedicata.
Nel negozio online sono presenti smar-
twatch, auricolari, smartband, tablet, lap-
top e soprattutto gli smartphone del pro-
duttore. In occasione del lancio Huawei
ha previsto una serie di promozioni per
tutti i clienti che si affacciano per la prima
volta sul portale, con sconti fino al 60%
su una selezione di prodotti: Huawei P30
Pro è disponibile al prezzo di 619,9€ an-
ziché 849,90€, Mate 30 Pro è in offerta
a 899,9€ anziché 1.099,9€ e continua la
promozione che propone in bundle il P40
lite e gli auricolari FreeBuds 3 a 299€.
Uno sconto speciale è riservato a chi si
avvicina ai dispositivi della serie P40: tutti
gli utenti che effettueranno la registrazio-
ne su Huawei Store potranno avere 20
euro extra di sconto in fase di acquisto su
Huawei P40, P40 Pro e P40 Pro+. A ciò si
aggiunge il concorso che mette in palio
un Mate Xs, lo smartphone pieghevole di
Huawei, al quale partecipano i clienti che
hanno effettuato almeno un acquisto, di
qualsiasi prodotto, tramite lo store online
entro il 13 aprile. Navigando nello store
durante l’acquisto, se si clicca su uno degli
smartphone prodotti successivamente al
blocco dei servizi Google, un avviso a tut-
to schermo informa il cliente che il dispo-
sitivo in questione utilizza esclusivamente
il Mobile Huawei Services. Facendo clic
su “Accetto” l’utente è invitato quindi a
dichiarare di essere consapevole che
non troverà la piattaforma Google e i suoi
servizi ad attenderlo. Un messaggio che
potrebbe creare dei dubbi in chi acquista
ed è magari desideroso
di testare la piattaforma
Huawei. Tramite questa
procedura non si rinun-
cia al diritto di recesso
valido 14 giorni dopo
l’acquisto su tutti i pro-
dotti disponibili nello
store, come tra l’altro
specificato dalla stessa
Huawei nella sezione
“Politica per il reso” del proprio sito. Quel-
lo di Huawei è un modo a nostro avviso
un po’ particolare per informare della pre-
senza degli HMS, ma un utente potrebbe
pensare che accettando si assume ogni
responsabilità. Non è così: il recesso c’è,
si prova e se non ci si trova con gli HMS
si può restituire senza aggiungere moti-
vazioni. Huawei ha pensato anche ad un
servizio di assistenza e riparazione rivolto
MOBILE Debutta Huawei Store, il negozio online ufficiale del brand. Tante le promozioni, tra cui la possibilità di aggiudicarsi un Mate Xs
Apre in Italia lo store online Huawei. Sconti e assistenza gratisSarà possibile acquistare, oltre agli smartphone, anche tablet, laptop e dispositivi wearable, con sconti fino al 60% su alcuni prodotti
a chiunque abbia un dispositivo del pro-
duttore tuttora in garanzia. Basterà regi-
strare un account HW-CARE, accedervi e
prenotare il ritiro del dispositivo, i costi di
ritiro e consegna sono a carico di Huawei.
Estese fino al 15 giugno le garanzie che
terminano tra il 15 marzo e il 14 giugno per
permettere a tutti gli utenti di utilizzare i
propri dispositivi e rimanere in contatto
con amici, famiglia e colleghi.
torna al sommario 14
MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Roberto PEZZALI
L a serie flagship di Xiaomi, dopo il successo del Mi9
(e derivati) è pronta a sbarcare sul mercato europeo
in una triplice forma. Ai due top di gamma, Mi 10 e
Mi 10 Pro, si affianca infatti un terzo modello Lite 5G che
sarà il prodotto compatibile con le reti di nuova gene-
razione dal prezzo più abbordabile, 399 euro. Un vero
game changer, la dimostrazione che il 5G non deve ne-
cessariamente costare 800 euro, o più. Del Mi 10 Lite
5G parleremo in un articolo dedicato, perché in queste
ultime settimane abbiamo avuto tra le mani il Mi 10 Pro e
questo spazio lo dedichiamo a lui.
Non possiamo dare giudizi, la recensione la pubbli-
cheremo a partire dal primo aprile, il software sul no-
stro dispositivo non è ancora definitivo e anche per il
test di laboratorio della batteria preferiamo aspetta-
re la versione che sarà poi nei dispositivi in vendita.
Partiremmo però dal prezzo, che è un prezzo “poco”
Xiaomi: i due modelli saranno infatti disponibili in in
Italia a partire dal 7 aprile: Mi 10 Pro si potrà compra-
re nelle colorazioni Alpine White e Solstice Grey con
8GB+256GB al prezzo di Euro 999,99 mentre Mi 10
sarà disponibile nelle due configurazioni 8GB+128GB
e 8GB+256GB, nei colori Twilight Grey e Coral
Green, rispettivamente al prezzo di Euro 799,99 ed
Euro 899,99.
Xiaomi ha alzato i prezzi perché Qualcomm ha alzato i
prezzi: lo Snapdragon 865 con il modem X55 costano
tanto, più del doppio rispetto a quanto Qualcomm si
faceva pagare l’855. La politica Xiaomi di dare il mi-
MOBILE Dopo una settimana vi raccontiamo il Mi 10 Pro di Xiaomi, in attesa di recensirlo. Qual è il punto di forza? Fotografia, ovvio
Mi10 Pro, il primo top di gamma Xiaomi che tocca i 1000 euroPer la prima volta Xiaomi tocca una fascia di prezzo lontana dai suoi canoni, mentre il Mi 10 non “pro” non è all’altezza
glior dispositivo possibile al miglior prezzo vive nel
piccolo Mi 10 Lite ma non riesce a far nulla davanti alle
richieste di Qualcomm, che come abbiamo già scritto
quest’anno ha portato i top di gamma Android ad una
soglia di prezzo abbastanza pericolosa. Lo Snapdra-
gon 865 è in assoluto il miglior SoC per smartphone
Android oggi, è veloce, potente, flessibile, completis-
simo e anche perfettamente bilanciato dal punto di
vista del fabbisogno energetico, ma è caro. Carissimo.
Gli smartphone vicini ai 1000 euro non sono tuttavia una
novità, ed è giusto che anche Xiaomi abbia i suoi modelli
“premium”, quindi ecco Mi 10 e Mi 10 Pro. Qual è il punto
di forza? Fotografia, ovvio.
108 megapixel e quattro fotocamereXiaomi aveva iniziato a spingere forte sul Mi Note 10,
usando per la prima volta il super sensore Samsung
da 108 megapixel, ora cerca di chiudere il cerchio
migliorando quel reparto fotografico che comunque
ci aveva già colpito positivamente quando avevamo
fatto qualche foto a Madrid.
Il sensore principale del Mi 10 Pro è lo stesso del Mi
Note 10, uno dei sensori più grandi oggi disponibili,
un sensore da 1/1,33” stabilizzato con messa a fuo-
co a ricerca di fase. E’ un 25 mm equivalente, quindi
un buon wide, con obiettivo a 8 elementi e apertura
f/1.69. Come sul Mi Note 10 può scattare nativamen-
te a 108 megapixel o, grazie al raggruppamento dei
pixel, a 27 megapixel.
La fotocamera ultra wide del Mi 10 Pro è un 16 mm
equivalente, sensore da 20 megapixel 1/2.8” e 2.2
di apertura, un giusto bilanciamento tra risoluzione e
lunghezza focale.
Il Mi 10 è leggermente diverso: il sensore principale
è lo stesso ma l’obiettivo ha un elemento in meno,
mentre per il super wide cambia il sensore e cambia
anche la distanza focale equivalente, un 13 mm. Il “su-
per wide” del Mi 10 è molto più aperto come angolo di
visione di quello del Mi 10 Pro, è un super wide vero.
Totalmente differenti i due smartphone quando si par-
la di tele e zoom: il Mi 10 Pro ha un 50 mm fisso f/2
davanti ad un sensore da 1/2.6” e 12 megapixel, ottica
perfetta per effettuare ritratti. Questo sensore è Dual
Pixel, quindi dovrebbe essere quello che garantisce
il miglior risultato in termini di messa a fuoco. Il dual
pixel viene usato anche per calcolare la profondità nel
caso di ritratti. Il 50 mm, abbinato al 35mm, è una del-
le due focali preferite da moltissimi fotografi. A questa
come “long tele” viene abbinato un sensore da 8 me-
gapixel da 1/4.4” con obiettivo f/2 da 94 mm, quindi un
sensore piccino piccino. Da vedere le prestazioni con
poca luce, anche se abbiamo visto che ogni obiettivo
per smartphone così tirato soffre parecchio in condi-
zioni di bassa luminosità. Il Mi 10 non ha nulla di tutto
questo: ha un sensore di profondità da 2 megapixel,
1.75μm e un macro da 2 megapixel. Sapete come la
pensiamo, ha praticamente due fotocamere e non
quattro. Mi 10 Pro registra anche video 8K a 30 fps,
con un fattore di crop decisamente ridotto. Serve a
qualcosa? Poco, più interessante la modalità Shoot-
Steady e il Portrait Video per effettuare il defocus live
dello sfondo anche in modalità ripresa.
Diciamo basta ai vetri curvi. Bello non è sempre praticoIl design del mi 10 Pro ricorda davvero tanto quello dei
Galaxy S10: sarà la cornice, sarà la piega del display,
ma quando lo abbiamo preso in mano la prima volta
per peso e bilanciamento ci ha ricordato tantissimo
S10+. L’impressione è quella di avere tra le mani un
prodotto solidissimo, ben fatto, e se continuiamo a
Xiaomi Mi10 ProLa video anteprima
lab
video
segue a pagina 15
torna al sommario 15
MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
non amare i vetri curvi per l’effetto vignetta che fanno
e per la scomodità in certe situazioni, dobbiamo dire
che Mi 10 Pro si fa perdonare con il retro in vetro sati-
nato. Scivola parecchio, ma non lascia impronte.
Entrambi i dispositivi sono protetti da Gorilla Glass 5,
scelta particolare perché il Gorilla Glass 6 dovrebbe
garantire secondo il produttore lo stesso livello di re-
sistenza a graffi e abrasioni del 5 ma con una supe-
riore resistenza alle cadute.
Lo schermo, da 6,67”, trasforma il Mi 10 Pro in uno
degli smartphone più grandi oggi disponibili sul mer-
cato. Più grosso di un iPhone 11 Pro Max, quasi un
Samsung S20 Ultra; dalla sua però ha un peso leg-
germente inferiore, 210 grammi. Siamo davanti ad
un AMOLED da 2340×1080 pixel
FHD+ capace di erogare 1200
nits di luminosità massima e con
una calibrazione di fabbrica molto
buona, dotato di refresh a 90 Hz
SmoothSync e di touch campio-
nato a 180 Hz. La presenza della
certificazione TÜV Rheinland Low
Blue Light e la compatibilità con
HDR10+ lasciano pensare che
anche lo schermo sia marchiato
Samsung.
Cura particolare per l’audio: dop-
pio speaker simmetrico, uno inse-
rito nella cornice superiore e uno
sotto il dispositivo: secondo Xiao-
mi si tratta di “due altoparlanti su-
per lineari da 1216 e di una camera
speaker da 1,2cc/1,0cc-equivalente con un’ampiezza
massima di 0,65mm/0,5mm”. Abbiamo provato a ca-
pire cosa siano gli altoparlanti lineari da 1216 e ci sia-
mo arresi. Il processore è lo snapdragon 865, l’abbia-
mo scritto all’inizio: è già un ottimo SoC, ma Xiaomi
ha aggiunto un sistema di raffreddamento costituito
da una camera di vapore e da una lastra in grafene
a sei strati che dissipa il calore generato evitando il
throttling. Vedremo durante la prova se questa solu-
zione offre vantaggi tangibili. Ci sono 5G, 4G LTE e
Wi-Fi 6. Come le fotocamere sono diverse è diversa
anche la batteria tra i due modelli: Mi 10 Pro ha una
batteria da 4.500 mAh con ricarica rapida da 50W,
ricarica wireless da 30W e ricarica wireless inversa
per ricaricare accessori, mentre Mi 10 ha una batte-
ria da 4.780 mAh e ha ricarica rapida sia a cavo che
wireless da 30 Watt. Data l’emergenza coronavirus,
le vendite di entrambi i dispositivi partiranno online
sui canali ufficiali di Xiaomi Italia e Mi Store Italia, su
Amazon e sulle principali catene di distribuzione. Al
momento, lo sappiamo, i negozi sono chiusi.
C’è anche una offerta sul pre-ordine: dal 28 marzo al
6 aprile con l’acquisto di Mi 10 si avranno le nuove Mi
True Wireless Earphones 2 , mentre con Mi 10 Pro il
Mi Smart Sensor Set. Chi acquisterà Mi 10 o Mi 10 Pro
tra il 7 aprile e il 6 maggio avrà la possibilità di acce-
dere a un servizio premium di assistenza post-vendita
che prevede l’eventuale sostituzione del dispositivo
in caso di guasti hardware e la riparazione gratuita
- valido una sola volta - in caso di schermo danneggia-
to. Per farsi perdonare, probabilmente, la mancanza
del Gorilla Glass 6.
MOBILE
Xiaomi Mi10 Prosegue Da pagina 14
di Sergio DONATO
Xiaomi ha deciso di dare il 5G an-
che alla versione lite del suo nuo-
vo top di gamma. Il Mi 10 Lite 5G
monta inoltre lo stesso schermo del
fratello maggiore, ma ovviamente con
processore e fotocamere diverse.
Il SoC è uno Snapdragon 765G con raf-
freddamento a liquido LiquidCool e con
modem X52 per supportare la connet-
tività 5G. La CPU è una Kyro 475 a otto
core. La RAM di 6GB è di tipo LPDDR4x
e UFS 2.1. Lo smartphone pesa solo 192
grammi ed è spesso 7,98 mm. Lo spazio
di archiviazione è di 64 GB o 128 GB
Lo schermo è dunque l’AMOLED True-
Color da 6,57” con sensore d’impronte
sotto il display, mentre sul retro spicca-
no il dual flash LED e le quattro fotoca-
mere, con la principale dotata di senso-
re da 48 MP.
La modalità notturna
di scatto ha raggiunto
la versione 2.0; è stata
poi integrata la funzio-
ne SkyScraping per la
sostituzione del cielo
nelle fotografie e una
modalità Vlog per ap-
plicare transizioni ed
effetti ai filmati. I video
godono dello slow-motion a 120 fps ed
è possibile registrare in modalità log.
La camera frontale è una 16 MP con
notch a goccia frontale.
La batteria montata dal Mi 10 Lite 5G
è una 4.160 mAh che gode di una ri-
carica rapida fino a 20W, ma supporta
anche QuickCharge 3.5. Lo smartpho-
MOBILE Xiaomi porta il 5G negli smartphone di gamma media, con Il Mi 10 Lite. Il modem 5G è la sua caratteristica principale
Mi 10 Lite 5G, lo smartphone 5G meno caro al mondo, 399 €Stesso schermo del fratello maggiore, quad camera con sensore principale da 48 MP e batteria da 4.160 mAh e ricarica rapida
ne si completa con WiFi 6, Bluetooth
5.1, NFC e IR, la porta di ricarica e con-
nessione è una USB-C ed è presente
anche il jack da 3,5 mm. Il Mi 10 Lite
5G arriverà ovviamente anche in Italia
a maggio a un prezzo di partenza con-
sigliato da Xiaomi di 399,99 euro nelle
versioni 6GB+64GB e 6GB+128GB.
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Roberto PEZZALI
N on lo abbiamo potuto toccare con
mano, ma abbiamo fatto una lunga
chiacchierata con Raffaele Cinque-
grana di LG per vedere in “anteprima vir-
tuale” il nuovo V60 e discutere con lui i
pregi e i difetti dello smartphone.
LG prosegue per la sua strada, e que-
sto non è necessariamente un male: LG
V60 è un top di gamma fuori dai clas-
sici schemi. Non segue le mode, anzi,
è quasi “giapponese” nel suo modo di
essere tradizionale. C’è il jack audio, con
quad DAC, perché per LG l’audio è una
qualità molto importante e non merita di
passare in secondo pia-
no, demandata ad una
semplice connessione
bluetooth. Tutti lo tol-
gono, LG ao lascia. Non
ci sono le quattro foto-
camere che ormai tutti
mettono sui top di gam-
ma, e non c’è neppure
l’avveniristico schermo
curvo con fotocamera
“in screen”: l’isola nella parte alta restitui-
sce quel sapore di vecchio, di smartpho-
ne della passata generazione. Come le
cornici, con la parte bassa, il cosiddetto
“mento”, leggermente sporgente.
V60 è soprattutto sostanza: LG ha
pensato di mettere una batteria da
5.000 mAh senza adottare uno scher-
mo ad alto refresh, e questo dovreb-
be garantire una autonomia superiore
alla media. Se dovessimo scegliere
tra refresh rate elevato e autonomia
faremmo probabilmente la stessa
scelta: meglio privilegiare l’autonomia
di una funzione che, ad oggi, non è anco-
ra ben implementata neppure all’interno
di Android. Il processore è lo Snapdra-
gon 865 con modem 5G integrato: il V50
era uno smartphone 5G, il V60 è uno
smartphone 5G. Se al momento pochi
in Italia sarebbero disposti a spendere
tanto di più per un prodotto compatibile
con reti che ancora non ci sono, bisogna
anche pensare che il mercato america-
no è importantissimo per LG e a casa di
Qualcomm la richiesta per prodotti 5G,
con tutta la pubblicità fatta dal colosso
dei chip, sono più alte. 8 GB di RAM, 256
GB di storage UFS 3.0 espandibile a 2
TB, protezione IP68 e ricarica wireless le
alter feature di contorno.
LG ha reinterpretato la fotocamera a suo
modo: il sensore dovrebbe essere un
inedito nel mondo degli smartphone, un
64 megapixel da 1/1.7” Omnivision, ma
potrebbe essere anche un Sony IMX686.
L’azienda non ha confermato, ma oggi
l’unico 64 megapixel con queste dimen-
sioni capace di registrare in 8K quasi
senza crop e con alcune funzioni native
dell’LG sembra essere quello prodotto
dall’azienda americana.
Ci troviamo comunque davanti ad un
sensore grande, che LG usa anche per lo
zoom ritagliando porzioni di sensore. La
soluzione può funzionare, ma come ab-
biamo visto anche con altri smartphone
questa scelta qualitativamente non sem-
pre porta risultati ottimali in condizioni
di bassa luminosità. In qualche caso è
meglio avere un obiettivo dedicato. C’è
anche la registrazione video 8K: l’8K ser-
ve poco, ma anche qui l’idea di base è
avere un quadro più ampio da usare poi
per giocare, in fase di editing, con ritagli
e porzioni. Uno “zoom” virtuale.
LG V60 arriverà a fine aprile a meno di
1000 euro: il prezzo è ancora da confer-
mare, ma LG ci ha detto “sfiorerà i 1000”
e noi azzardiamo un 999 euro. Senza
cover addizionale.
MOBILE Con Raffaele Cinquegrana di LG ripercorriamo tutte le caratteristiche del V60
LG V60, tanta sostanza a meno di 1000 euroIl prezzo del nuovo top di gamma è ancora da confermare, ma LG ci ha detto “sfiorerà i 1000”
OnePlus 8, presentazione ufficiale il 14 aprile. Quello che sappiamo finora e le prime immagini “ufficiali”Confermato il supporto alle reti 5G e il display a 120Hz sulla versione Pro. Su Twitter le prime immagini “ufficiali” di Riccardo DANZO
La nuova gamma OnePlus verrà presentata ufficialmente il pros-simo 14 aprile. Ad annunciarlo è stata l’azienda cinese tramite i suoi account social, precisando che l’evento si terrà in diretta streaming sul sito di OnePlus e su YouTube.OnePlus ha confermato anche al-cune caratteristiche dei suoi nuovi telefoni: l’intera nuova gamma sarà compatibile con le reti 5G e la pre-senza di almeno un nuovo smar-tphone con display a 120Hz.Secondo le indiscrezioni, OnePlus 8 avrà un display FHD+ da 6,55 pollici, un comparto fotografico con tre sensori e una batteria da 4.300 mAh. Al contrario, One-Plus 8 Pro avrà un display QHD+ da 6,78 pollici con refresh rate a 120Hz, un modulo fotografico con quattro sensori, una batteria da 4.510 mAh e, per la prima volta su un telefono OnePlus, la certifica-zione di resistenza all’acqua e alla polvere IP68. Quest’anno, oltre a OnePlus 8 e 8 Pro, è probabile che l’azienda cinese presenti anche un nuovo telefono più economico chiamato OnePlus Z. In attesa del lancio ufficiale, sono comparse in rete (sull’account Twitter @ishana-garwal24) quelle che dovrebbero essere le prime immagini ufficiali di OnePlus 8.
LG V60Anteprima video
lab
video
di Pasquale AGIZZA
U no degli argomenti che più ha fatto
discutere, quando è stata presentata
la nuova versione di iPad Pro, è stato
quello del processo utilizzato. A differenza
di quanto fatto in passato, Apple non ha uti-
lizzato una versione potenziata dell’ultima
famiglia di suoi processori (A13), ma una
nuova variante del processore già inserito
nell’iPad Pro di scorsa generazione. Data anche la nomenclatura (il processore si chia-
ma A12Z Bionic) era facile immaginare che la struttura del nuovo processore fosse
molto simile a quella di A12X Bionic. A dare la definitiva conferma di questo è il sito
Notebook Check, che ha messo a nudo l’A12Z di iPad Pro 2020.
Si può dire, infatti, che A12Z Bionic e A12X Bionic, che ricordiamo essere il processore
della scorsa generazione di iPad Pro, siano fondamentalmente lo stesso processore.
L’unica differenza è da ricercarsi nella parte grafica, visto che l’ultima incarnazione di
A12 utilizza tutti gli 8 core della GPU mentre A12X ne utilizza solo 7, con un core disa-
bilitato fisicamente. Questa enorme somiglianza fra i due processori spiega come mai
i primi benchmark del nuovo iPad Pro abbiano dato risultati molto simili a quelli visti
con la scorsa generazione. Le uniche piccole differenze si notano, appunto, solo sulle
performance grafiche. Il mancato utilizzo di A13X significa che c’è qualche altro mo-
dello di iPad all’orizzonte? O qualche evento esterno, magari l’emergenza sanitaria ha
scombussolato i piani dell’azienda, costringendola ad una scelta più conservativa?
MOBILE Il rapporto del sito Notebook Check ne dà conferma
Il processore del nuovo iPad Pro è lo stesso di quello vecchio
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Paolo CENTOFANTI
È uno degli aspetti più atroci dell’at-
tuale emergenza sanitaria: la man-
canza di apparecchiature medicali
per i malati più gravi, che rallenta l’aper-
tura di nuovi posti in terapia sub-intensiva
e intensiva. Il Regno Unito, che ha non di
poco sottostimato gli effetti del virus, ne sa
qualcosa e si è rivolto a Dyson per trovare
il modo di avere il prima possibile 10.000
nuovi respiratori polmonari. Da quando
ho ricevuto la chiamata da Boris Johnson,
abbiamo rifocalizzato le risorse della Dy-
son e lavorato con TTP, The Technology
Partnership, per progettare e costruire un
respiratore completamente nuovo. Così
racconta il patron James Dyson, in un
comunicato con cui annuncia il successo
dell’operazione. In soli 10 giorni i pro-
gettisti delle due aziende sono riusciti a
costruire un respiratore, CoVent, basato
SMARTHOME Su richiesta del governo britannico, Dyson e TTP progettano il ventilatore polmonare
Boris Johnson chiama, Dyson risponde Progettato in 10 giorni il respiratore CoVentPotrà essere prodotto in serie in tempi rapidissimi. Dyson ne donerà 5000 unità per l’emergenza
sul motore elettrico a controllo digitale
Dyson e sull’esperienza maturata dal-
l’azienda nella produzione di purificatori
d’aria. Il respiratore può anche funziona-
re a batteria e con bombole, in modo tale
da essere utilizzato anche in ospedali
da campo o altre strutture temporanee.
Altro elemento chiave di CoVent, la fa-
cilità di fabbricazione in serie, anche
se la produzione dovrà aspettare il via
libera degli organi di certificazione dei
dispositivi medicali competenti inglesi.
James Dyson ha annunciato che oltre a
fornire i 10.000 pezzi richiesti dal Regno
Uniti, donerà anche ulteriori 5000 uni-
tà alle associazioni internazionali che
stanno fronteggiando l’emergenza da
Coronavirus.
Più potente e fino a 60 minuti di utilizzo per il nuovo Mi Handheld Wireless Vacuum Cleaner 1CXiaomi aggiorna il suo Mi Handheld Wireless Vacuum Cleaner 1C più potente e con una batteria capace di farlo funzionare fino a 60 minuti in modalità ECO di Alessandro CUCCA
Xiaomi rinnova il suo aspirapolve-re portatile, mantenendo il design del modello precedente, e aumen-tando la potenza di aspirazione. Il motore all’interno è lo stesso Bru-shless DC ma in questa nuova ver-sione può arrivare fino a 100.000 giri/min, con una potenza di aspi-razione massima potenziata di 120 AW. La pressione che è in grado di generare è di 20 kPa. Mante-nuto anche il sistema di filtraggio, sempre a 5 fasi, con un avanzato meccanismo di separazione multi-ciclone e un filtro HEPA di classe H12, che consente di catturare il 99,97% delle particelle di polvere delle dimensioni di 0,3 micron. An-che l’autonomia di utilizzo è stata migliorata e Xiaomi dichiara che si può utilizzare il nuovo Mi Handheld Vacuum Cleaner 1C fino a un mas-simo di 60 minuti in modalità ECO. La batteria integrata dovrebbe es-sere di circa di 3.000 mAh e con il caricatore fornito ci vogliono 3 ore e mezza per caricarla completa-mente. All’interno della confezione troviamo 4 diverse spazzole inter-cambiabili, per pulire dalle piccole fessure alle superfici delicate. Sarà in vendita sui canali ufficiali di Xiao-mi Italia, sui siti web Mi.com e Mi Store, e su Amazon a €199,00.
di Franco AQUINI
Samsung ha lanciato una serie di
nuovi climatizzatori diversi da tutti
gli altri in commercio. Integrano
infatti sia la tecnologia Wind-Free di se-
conda generazione - che promette di
eliminare il getto di aria fredda, una delle
caratteristiche più odiate dei condiziona-
tori domestici (e non) - che l’intelligenza
artificiale. Wind-Free promette di rilega-
re il getto di aria fredda, tipico dei con-
dizionatori domestici classici, al passa-
to, dispensando aria fresca attraverso
i 21.000 micro fori presenti sulla parte
frontale dell’unità, senza la necessità di
utilizzare getti di aria fredda. Ne gua-
dagna anche la rumorosità del condi-
zionatore, che si attesta sui 16 decibel.
Oltre a una tecnologia nell’erogare aria
fresca, il nuovo Wind-Free ha un altro
primato: l’uso dell’intelligenza artificiale
nel controllo della temperatura ambien-
tale. L’unità infatti è in grado di tenere
SMARTHOME Samsung ha presentato il condizionatore Wind-Free di seconda generazione
Addio aria gelida con il condizionatore Samsung Microfori e intelligenza artificiale per il nostro comfortInvece di rilasciare aria fredda dalla classica bocca, usa microfori per rinfrescare l’aria senza getti
in considerazione una
serie di parametri, quali
la temperatura interna
e esterna della casa,
la modalità di raffred-
damento preferita dal-
l’utente e l’ambiente in
cui si trova, elaborando
velocemente l’impo-
stazione migliore per
ottenere il risultato de-
siderato. Wind-Free inoltre è dotato di
sensore di movimento, che permette
al condizionatore di capire quando la
stanza è vuota e attivare di conseguen-
za la modalità standby per una migliore
gestione dei consumi.
Wind-Free è dotato anche di Wi-Fi per
poter essere connesso in rete ed en-
trare così a far parte di un ecosistema
smart home, che ne permette il control-
lo da remoto tramite l’app SmartThings
di Samsung. Non poteva mancare il sup-
porto ai comandi vocali tramite Bixby e
i principali assistenti vocali in commer-
cio. Oltre alle caratteristiche distintive,
quest’unità rappresenta comunque un
condizionatore di gamma alta, con la
classe energetica A+++ sia in raffredda-
mento che in riscaldamento garantita dal
compressore Digital Inverter Boost ad
alta efficienza. La qualità dell’aria è assi-
curata dal filtro avanzato Tri-Care, che fil-
tra le polveri sottili e riduce la presenza di
virus, batteri e allergeni. Samsung Wind-
Free è già disponibile in commercio dal
primo trimestre ti quest’anno.
torna al sommario 18
MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Franco AQUINI
I l pane, con i divieti di uscire da casa, sembra es-
sere diventato il bene più prezioso. Pochi sono i
prodotti che necessitano di essere acquistati tutti
i giorni come il pane. Fresco, appena sfornato, è uno
dei piaceri della tavola a cui gli italiani non possono
fare a meno, nemmeno in tempo di quarantena.
Come risolvere il problema? Con le macchine del
pane, ovviamente. Da anni presenti in commercio a
prezzi ormai abbordabilissimi, permettono non solo di
farsi il pane in casa, anche più volte al giorno, ma an-
che di usare farine particolari e ricercate, così come di
rispettare intolleranze alimentari o diete particolari.
Anche l’occhio vuole la sua parte. Si può fare anche la classica pagnottaIn tempi in cui scendere sotto casa tutti i giorni non
era un problema, alle macchine per farsi il pane in
casa venivano contestate principalmente due cose:
la forma e la crosta. Poche sono le macchine capaci
di dare alla pane la classica forma arrotondata della
pagnotta. Così come la crosta tipica della cottura a
legna. Contestazioni reali, ma nel tempo la tecnologia
ci ha pensato, portando sul mercato macchine capaci
di far fronte anche a queste mancanze. Nonostante
ciò, sono caratteristiche relegate a pochi modelli, pe-
raltro i più costosi. Ma come fa il pane una macchina
di fascia media? Di solito la forma è quella di un pa-
rallelepipedo. Quella tipica del pane in cassetta, per
intenderci. Un pane da tagliare a fette, quindi, che lo
rendono simile a quello dei sandwich che poco hanno
a che fare con la classica pagnotta tradizionale.
Se si passa sopra la forma, però, il gusto e la fragran-
za è questione invece di ingredienti, dosi corrette e
tempi di lievitazione giusti. E su questo fronte la mac-
china del pane può sfornare davvero un ottimo pane.
Sempre fresco e croccante.
Macchine del pane? Non solo, fanno anche panini e dolci, focacce, yogurt e composteA molte macchine del pane, però, il nome sta un po’
stretto. Perché una macchina del pane può fare non
solo il pane, ma quasi ogni tipo di lievitato. Per questo
tutte le macchine hanno un numero variabile di pro-
grammi in funzione del tipo di farina e di preparazione
che si desidera realizzare.
Ma non solo, l’aggiunta di ingredienti diversi dalla so-
lita acqua e farina - come uva, uvetta, zucchero, miele,
marmellata, cacao e quant’altro - possono essere ver-
sati direttamente nel cestello oppure, nel caso delle
macchine che lo prevedono, distribuiti nell’impasto al
momento giusto tramite un dispenser dedicato.
In base alla capacità della macchina, che varia non
solo in base alla potenza del motore, ma anche in
base al numero di palette per l’impasto, si può realiz-
zare praticamente di tutto: pane di tutti i generi (con
farine speciali o arricchito da uva, uvette e cioccola-
to) oppure focacce, brioche, panini e persino Yogurt,
marmellate e composte. Non ci si deve stupire. Una
macchina del pane è fondamentalmente un’impasta-
trice con un forno elettrico. Si presta quindi a tutte
quelle operazioni che prevedono sia un impasto lun-
go e regolare, che l’uso del calore per scongelare,
riscaldare e cuocere.
Rumorosità, fondamentale quando la macchina deve lavorare di notteUn altro aspetto fondamentale, in questo tipo di mac-
chine, è la rumorosità. Il pane infatti è un alimento as-
sociato indissolubilmente alla notte, quando i fornai
lavorano per farci trovare il frutto del loro lavoro al
mattino, caldo e fragrante. Normale quindi che venga
voglia di replicare la stessa situazione. Così come il
piacere di svegliarsi con il profumo di pane che in-
vade la casa.
Tutte le macchine prevedono la possibilità di pro-
grammare l’avvio dei programmi, in modo da far
partire il ciclo a notte inoltrata. I programmi possono
impiegare diverse ore a seconda della lievitazione
scelta, ma mediamente si può considerare che per
impastare, lievitare e cuocere una pagnotta da mez-
zo chilo siano necessarie quattro o cinque ore. Cosa
succederebbe se improvvisamente, tra l’una e le due
di mattina, si accendesse una macchina rumorosa
quanto un diesel degli anni ’90? Certamente non è
questo il piacere a cui pensavamo quando ci siamo
messi a letto sognando la nostra pagnotta calda. Ecco
perché la rumorosità è fondamentale. Un parametro
che, purtroppo, spesso i costruttori non comunicano
sulle schede tecniche delle proprie macchine. In ogni
caso è meglio verificare, sopratutto se si dorme nei
pressi della cucina. Una macchina troppo rumorosa
potrebbe rovinare per sempre il sogno di trovare al
mattino il pane caldo.
SMARTHOME Mai come in questo momento, potrebbe essere il caso di valutare l’acquisto di una macchina per fare il pane in casa
Macchina del pane, la guida all’acquisto Come fare il pane in casa, tutti i giorni, senza uscire In commercio ci sono modelli economici, che permettono di avere ogni giorno il pane fresco come (o quasi) quello del fornaio
segue a pagina 19
La pagnotta ottenuta con Panasonic Croustina, oggetto della prova di DDAY.it
torna al sommario 19
MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
Quantità e potenza: come scegliere quella giusta?Le macchine sono tutte uguali? Esteticamente potreb-
bero somigliarsi tutte, ma le differenze, com’è ovvio,
sono molte. Partiamo dalle principali: potenza e quan-
tità di impasto lavorato. Due misure che in qualche
modo sono collegate tra loro. Più aumenta la quantità
di impasto che la macchina riesce a lavorare, più è la
potenza richiesta (e il numero di palette per impastare
gli ingredienti). Sul mercato si trovano macchine che
vanno dai 500W ai 1600W, per produrre dai 500gr
fino ai 1500gr di prodotto. La decisione va presa
calcolando in modo semplice, senza esagerare, la
quantità di pane che si consuma giornalmente. Se si
consuma mezzo chilo o meno, meglio non esagerare
con la dimensione della macchina, si rischia soltanto
di aumentare i consumi. Le macchina da un kg o più
potrebbero essere adatte a famiglie molto numerose,
dai quattro componenti in su.
Molte macchine hanno il loro tratto distintivo proprio
nel numero di accessori: cestelli particolari, sovrap-
posti, con forme diverse per fare panini e focacce e
altro. Molte altre sono dotate di un gran numero di
misurini per dosare perfettamente gli ingredienti, altre
invece possiedono una finestra per poter controllare
la doratura della crosta esterna, spesso regolabile se-
condo diversi livelli. Altri criteri utili per scegliere la
macchina giusta possono essere quelli legati alla qua-
lità del marchio: assistenza tecnica e ricambi garantiti,
per esempio, possono fare la differenza. Così come
istruzioni chiare, magari corredate da esempi, ricette
e consigli pratici su come ottenere un impasto perfet-
to. Infine le funzioni: numero di programmi, possibilità
di ritardare la partenza fino a più di 10 ore e poi, come
detto, il rumore. Meno ne fa, meglio è.
Il vantaggio di poter scegliereTra i vantaggi offerti da una macchina del pane, anche
fuori dalle quarantene che impediscono di recarsi dal
proprio fornaio di fiducia quotidianamente, c’è indub-
biamente quello di poter scegliere esattamente quel-
lo che si mangia. Dosare correttamente la quantità di
farina integrale, per esempio, oppure scegliere farine
di qualità, con gli ingredienti scelti da un produttore di
cui ci si fida. Non solo. Chi segue una dieta particolare
può evitare di eccedere con alcuni ingredienti: la fari-
na è un carboidrato a cui chi ha problemi di glicemia
deve fare attenzione, ma molto spesso nel pane ac-
quistato c’è una quantità di zucchero aggiunto troppo
alta. Lo zucchero, lo saprà bene chi si è già dilettato
col pane in casa, aiuta la lievitazione, ma una dose
eccessiva potrebbe rappresentare un problema. Ecco
quindi che fare il pane in casa può aiutare chi deside-
ra farsi una propria ricetta, perfetta per i propri gusti o
le necessità. Con la sicurezza di sapere esattamente
cosa si mangia. Senza dimenticare le esigenze degli
intolleranti, come quelli al glutine.
SMARTHOME
Macchina del pane, guida alll’acquistosegue Da pagina 18
Panificatrici speciali: c’è quella con la crosta e quella senza glutineTra tutti i modelli presenti in commercio, ce ne sono
alcuni che vantano particolarità di cui gli altri modelli
non parlano (questo non significa che non abbiano
determinate funzioni, magari presenti ma non ade-
guatamente comunicate). Molte infatti permettono di
produrre panificati senza glutine, ma la Imetec Zero-
Glu PRO ne ha fatto una missione e lo si capisce dal
nome. Si tratta infatti di una macchina per pane e
dolci pensata appositamente per celiaci e intolleranti
al glutine. In più ha i due cestelli per cuocere i panini
e le ciabatte che riportano la dicitura “BPA Safe e
PFOA Free”. Ovvero privi di Bisfenolo e acido per-
fluoroottanoico, sostanze dannose e cancerogene di
cui ormai si fa un uso limitato nei contenitori desti-
nati agli alimenti. Come non citare poi la Panasonic Croustina, oggetto di una prova esaustiva di DDAY.it, ovvero della macchina del pane che promette una
pagnotta perfettamente tonda come quella del forno
e una crosta a prova di esperto. Alla prova dei fatti, la
crosta prodotta da Croustina non è risultata migliore
in maniera significativa rispetto a quella prodotta da
altre macchine, ma sul risultato e la forma del pane
non c’è dubbio: si tratta del risultato che più si avvici-
na in assoluto a quello del panettiere.
Croustina poi è risultata anche molto silenziosa, ma
è anche, a onor del vero, una delle più costose sul
mercato, anche se in questo periodo gode di una
promozione speciale che prevede il rimborso di 80
euro. Abbiamo parlato anche dell’importanza di ac-
quistare una macchina che sia riparabile nel tempo
e del fatto che la casa madre assicuri la disponibilità
di ricambi a lungo. Moulinex Pain et Delice, ad esem-
pio, reclama 10 anni di riparabilità tra le sue caratte-
ristiche principali.
Infine, perché no, segnaliamo una delle più con-
venienti sul mercato, la Ariete Pane Express 750
Metal, un modello che permette di realizzare fino a
750 gr di pane e dolci, anche senza glutine, consu-
ma 500W, ha la finestra per controllare la cottura,
19 programmi per la preparazione di diversi tipi di
ricetta, 3 livelli di doratura della crosta e partenza
ritardata fino a 15 ore. Il prezzo di listino sul sito è
di 70 euro, ma in questo periodo viene offerta con
uno sconto del 30% che porta il prezzo a 49€ con
spedizione gratuita.
Importante, nella scelta della macchina, la qualità del manuale. Ariete, oltre ad offrire una delle mac-chine più economiche, riporta una serie di consigli utilissimi sulla miscela degli ingredienti
Un esempio di macchina IMETEC multicestello, con la possibilità di fare un pagnotta e tre panini nella stessa infornata
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
Samsung Display, stop alla produzione dei pannelli LCD a fine 2020. Si punta sui QLEDLa strada dei pannelli LCD low cost di Samsung è segnata. Si salveranno i QLED, perché i gli investimenti indicano un solo nome per la tecnologia futura: “quantum dot” di Sergio DONATOSamsung ha ufficialmente detto ad-dio ai pannelli LCD, o almeno a una parte considerevole di essi. La so-cietà ha deciso di mettere fine alla sua produzione di pannelli a cristal-li liquidi in Corea del Sud e in Cina entro la fine del 2020. A dichiararlo è stato un portavoce di Samsung. L’azienda ha poi tranquillizzato i propri clienti: “Forniremo gli LCD ordinati ai nostri clienti entro la fine di quest’anno senza problemi.” Nei prossimi cinque anni, Samsung ha riferito di volersi concentrare sulla conversione di una delle linee LCD coreane in una struttura adatta alla produzione in serie di schermi ba-sati su tecnologia “quantum dot”. Occorre inoltre concentrarsi sul termine “quantum dot” :gli attuali pannelli QLED prodotti da Sam-sung hanno il filtro “quantum dot” attaccato direttamente al pannello LCD, mentre per le prime genera-zioni QLED si trattava di un filtro posto tra la retroilluminazione e il pannello LCD: usavano cioè la tecnologia QDEF (Quantum Dot Enhancement Film). Si continuerà quindi con la produzione di quelli attuali, a base LCD con filtro QLED, e si proseguirà con la loro evolu-zione, quindi prima un cambio di substrato e poi il vero QLED autoe-missivo.Le linee che attualmente producono i QLED moderni, non sono in grado di produrre pannelli LCD “tradizionali”. Quindi, secondo la decisione di Samsung, tutto ciò che non può dedicarsi al “quantum dot” verrà riconvertito o venduto ad aziende cinesi.
di Sergio DONATO
A fare da apripista ai televisori Xiaomi
ci penserà il Mi TV 4S da 65”. Un 4K
LCD con HDR10+ che, al di là del
prezzo competitivo, per invogliare l’acqui-
sto si offre anche con uno speciale “smart
bundle” che comprende tre prodotti
Xiaomi disponibili con un sovraprezzo di
50 euro. Il TV è basato su Android TV 9.0
e ha in dotazione un telecomando dotato
di microfono per comandare a voce l’As-
sistente Google integrato e naturalmente
integra le funzionalità di Chromecast. Il te-
laio è tutto in metallo. Ha 3 porte HDMI, 3
porte USB e possiede un ingresso Ether-
net e connettività WI-Fi.
Il pannello è un 4K LCD con supporto a
HDR10+, ma Xiaomi non ha indicato il
numero della luminosità in nits. L’audio è
affidato a due altoparlanti con potenza di
10 W che riescono a veicolare Dolby Au-
dio e DTS HD. Il Mi TV 4S sarà disponibile
in Italia entro la fine di giugno al prezzo di
649,99 euro. In più, solo per la prima set-
timana a partire dal momento della dispo-
nibilità, aggiungendo 50 euro al prezzo
del televisore, Xiaomi darà anche un Mi
Air Purifier 3H, un Mi AIoT Router AC2350
e un Mi LED Smart Bulb.
Cosa contiene lo “smart bundle”Il Mi Air Purifier 3H si rinnova e va a sosti-
tuire il 2H già acquistabile anche in Italia. Il
tasso di emissione di aria pulita del nuovo
modello migliora e passa da un CADR di
260 a un valore di 380 per metro cubo
all’ora. Secondo Xiaomi riesce a coprire
un locale di 45 metri quadri. Dispone di
un filtro HEPA che elimina il 99,97% delle
microparticelle e di uno schermo touch
OLED che mancava al modello 2H. Natu-
ralmente, il Mi Air Purifier 3H può essere
controllato anche tramite la Mi Home App
TV E VIDEO I TV di Xiaomi si affacciano in Italia. Per ora arrivano con un solo modello e un solo taglio
Mi TV 4S, il TV Xiaomi è finalmente in Italia Un TV da 65” con risoluzione 4K a 649 euro Un TV LCD da 65” 4K con HDR10+, anche abbinato a uno “smart bundle” di prodotti extra
ed è compatibile con l’Assistente Google
e Amazon Alexa.
Se lo si vuole acquistare al di fuori del
pacchetto offerto con il Mi TV 4S, il prezzo
del Mi Air Purifier 3H in Italia su Amazon
sarà di 199,99 euro. Durante il lancio del
30 marzo, per 24 ore, si potrà però porta-
re a casa con 179,99 euro.
Xiaomi ha lanciato anche due router AIoT
con connettività Wi-Fi 6, il modello Mi AIoT
Router AX3600 e Mi AIoT Router AC2350.
Solo quest’ultimo farà parte del pacchetto
disponibile con l’acquisto del televisore
Mi TV 4S. Il Mi AIoT Router AC2350 sup-
porta il collegamento simultaneo fino a
128 dispositivi, mentre il Mi AIoT Router
AX3600 può arrivare a un collegamento
simultaneo fino a 248 dispositivi.
Al di fuori del pacchetto, il prezzo del Mi
AIoT Router AC2350 è di 59,99 euro,
mentre quello del Mi AIoT Router AX3600
è di 119,99 euro. La disponibilità non è sta-
ta ancora comunicata, ma considerando
l’abbinamento con il televisore, i router
dovrebbero poter essere acquistabili si-
curamente dopo giugno.
Il Mi LED Smart Bulb non è una novità. Già
presente nel catalogo italiano di Xiaomi a
un prezzo 24,99 euro, si tratta di una lam-
padina smart LED che può accendersi nei
colori dello spazio RGB con una tempe-
ratura colore fino a 4000K. La luminosità
dichiarata è di 800 lumen e la durata è di
25.000 ore. Controllata dall’app Mi Home
App possiede anche una modalità Alba
che imita la luce del sole che sorge per
rendere più dolce il risveglio. È compatibi-
le con gli assistenti vocali Amazon Alexa
e Assistente Google, ma supporta anche
Apple Home Kit.
Fuori bundle, le nuove Mi True Wireless Earphones 2Mi True Wireless Earphones 2 sono i nuo-
vi auricolari senza fili di Xiaomi, dotati tec-
nologia di cancellazione del rumore. La
connessione avviene tramite Bluetooth
5.0. Hanno anche il “Pop-up pairing” per
l’immediata connessione allo smartphone
a seguito dell’estrazione dalla custodia di
ricarca. Inoltre, si accendono e spengo-
no automaticamente quando vengono
portati all’orecchio o allontanati da esso.
Godono anche della funzione di doppio-
tocco rapido per accedere alla musica
o all’assistente vocale. Mi True Wireless
Earphones 2 saranno disponibili su tutti
i canali online al prezzo di 79,99 euro a
partire dal 30 marzo, e solo per 24 ore,
saranno acquistabili su mi.com e su Ama-
zon al prezzo per i primi acquirenti di
67,99 euro.
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Sergio DONATO
S tanno spopolando, spesso nei canali delle chat,
i brani in “formato” 8D Audio, che vengono pre-
sentati molto frequentemente come una “nuova
tecnologia” che permette al suono di girare intorno alla
testa. In realtà, l’8D Audio non è nulla di nuovo, e pren-
de a piene mani da soluzioni audio vecchie anche più
di cinquant’anni.
8D Audio, un carosello sonoro che gira attorno alla testaPerlopiù, le canzoni in 8D Audio che impazzano tra le
condivisioni digitali, soprattutto in questo periodo di
quarantena da coronavirus, riguardano brani già co-
nosciuti che sono stati remixati per ottenere l’effetto
di circondamento sonoro. Per chi non li avesse mai
ascoltati, si tratta di brani nei quali la sorgente sonora
gira continuamente attorno all’ascoltatore in un cir-
cuito circolare infinito. E funziona solo se si ascolta la
canzone con le cuffie. Nel caso di brani remixati in 8D
Audio, viene quindi cancellata qualsiasi direzione audio
definita originariamente da musicisti, artisti e ingegneri
del suono, e al suo posto viene offerta questa sorta di
giostra circolare sonora.
Perché si chiama 8D AudioNon è chiaro perché l’8D Audio si chiami in questo
modo, né chi lo abbia creato per la prima volta. Di certo
non è una novità assoluta e in modo ancora più certo
non si tratta di una “nuova tecnologia”
Il boom vero e proprio si è avuto all’incirca nel 2018,
come testimoniano anche i brani caricati su YouTube,
che attualmente è la piattaforma più usata per diffon-
dere l’8D Audio. Da lì in poi c’è stato un incremento
notevole fino ai giorni nostri. In Italia, l’8D Audio era
stato relativamente snobbato fino a che la forzata qua-
rantena da coronavirus non ha alimentato un tam-tam
inarrestabile, veicolato soprattutto dall’inattività delle
persone e dalla ricerca di qualcosa di nuovo con cui
svagarsi. Alcuni traducono il significato di 8D Audio in
“Audio a 8 dimensioni”, ma anche immaginando la più
fervida fantasia unita a tecniche di marketing fai-da-te,
non è ben chiaro quali siano le altre cinque dimensioni
a cui si riferirebbe il remix della traccia.
È molto più probabile che la “D” di 8D Audio indichi in-
vece le “direzioni”. Ma perché proprio 8 direzioni, e non
9, 10 oppure 11? In realtà, esistono anche il 9D Audio,
il 10D Audio e così via, ma sembrano più una rincorsa
a sparare il numero più grosso per ottenere visibilità
che non un reale contenuto sonoro multidirezionale:
già faticoso da capire per il più conosciuto 8D Audio.
Le 8 direzioni potrebbero essere invece quelle da cui
provengono i suoni in un ipotetico quadrato diviso in
nove sezioni in cui la testa dell’ascoltatore si trova nel
quadrato centrale.
Cosa non è l’8D AudioL’8D Audio non è sicuramente una nuova tecnologia.
Almeno non nel mondo in cui ha raggiunto la propria
fama, cioè prendendo brani stereo già pubblicati e re-
mixandoli nella sua giostra sonora a 8 direzioni.
Non è nemmeno un suono binaurale, che invece viene
ottenuto in fase di registrazione con specifici microfoni
che acquiscono l’audio individuando le posizioni dei
suoni utilizzando un segnale stereo.
Solitamente un microfono binaurale è dotato anche
di simulacri di orecchie di forma umana per catturare
e replicare il modo in cui gli esseri umani ascoltano i
suoni. Le orecchie sono distanziate di circa 15 centi-
metri per rappresentare la larghezza media della testa
umana. Esistono anche microfoni binaurali indossabili e
più facilmente trasportabili. L’8D Audio non è quindi un
suono binaurale in quanto tale. E non si tratta nemme-
no dell’Ambisonics, un suono surround sferico inventa-
to negli anni 70 e che si basa su canali che, invece di
trasmettere un segnale audio agli altoparlanti, invia una
rappresentazione del campo sonoro che poi viene de-
codificato dal sistema dell’ascoltatore. Il campo sonoro
prende il nome di B-Format.
Cos’è allora l’8D Audio?L’8D Audio è tutte queste cose insieme e allo stesso
tempo non lo è. È un mixing audio che affonda le pro-
prie radici in quelle della storia dell’acustica, e in ter-
mini molto più generici, si tratta di effetti di “panning
audio” - ovvero quando il suono si sposta dal canale
destro e sinistro e viceversa - uniti a effetti di riverbero
che aiutano a determinare la posizione frontale e po-
steriore del suono. L’insieme di queste tecniche con-
sente di creare l’effetto della giostra sonora dell’8D
Audio. In realtà, alcuni convertitori online non fanno
altro che prendere il file audio caricato e applicare un
panning dei canali, che non è affatto il risultato che si
prefigge l’8D Audio. Manca del tutto la direzionalità
frontale e posteriore.
Si dice che i tool audio usati dai creatori di brani 8D
Audio si servano del cambio di fase del suono per ge-
nerare la posizione fronte/retro, ma nelle canzoni ben
remixate che abbiamo ascoltato non si sono incontrati
i tagli di frequenze tipici di quando due tracce sonore
hanno fasi anche spostate di poco tra di esse.
È molto più probabile che il fronte/retro venga ottenu-
to lavorando sul riverbero e sull’equalizzazione delle
frequenze medie e alte del suono, con l’accento sulle
prime che darebbe l’illusione, specie in una giostra
sonora già in funzione, dell’audio che proviene da die-
tro la testa, e sulle seconde per avere l’impressione di
avere la sorgente sonora direttamente di fronte.
Al di là di determinazioni empiriche sul modo in cui
l’8D Audio ben fatto venga creato, c’è un plugin gra-
tuito di Sennheiser chiamato AMBEO Orbit dispo-
nibile nei formati AAX, VST, VST3 e AU che serve a
generare soluzioni audio 3D, pensate soprattutto per
gli ambienti VR, AR e MR, cioè per la realtà virtuale,
la realtà aumentata e la mixed reality. AMBEO Orbit
ottiene esattamente l’effetto creato dall’8D Audio,
e lo ottiene intervenendo su una manopola digitale
che direziona la sorgente sonora secondo il proprio
gusto.
Quindi, l’8D Audio non è niente di davvero nuovo. È
un effetto sonoro circolare che probabilmente ha in-
contrato il gusto degli ascoltatori per gli stimoli senso-
riali che riesce a generare.
ENTERTAINMENT Tutti propongono l’ascolto di canzoni in 8D Audio, che spopolano soprattutto tramite i social e le applicazioni di chat
Cos’è l’8D audio: le canzoni dal “suono circolare” Ma cosa sono i brani 8D Audio che “fanno girare la canzone intorno alla testa”? È davvero di una “nuova tecnologia audio”?
Alcuni schemi dei microfoni virtuali un campo B-Formta Ambisonics
clicca per l’animazione
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Paolo CENTOFANTI
Amazon si è decisa a colmare una
lacuna importante del suo servi-
zio di streaming video Prime Vi-
deo. Finalmente sarà presto infatti pos-
sibile aggiungere ulteriori profili utenti
su uno stesso account Amazon oltre a
quello principale, per un totale di 6 pro-
fili. In questo modo tutti i membri della
famiglia potranno avere la propria lista
personalizzata dei video da vedere e,
potenzialmente, raccomandazioni de-
dicate. Come già per Netflix e Disney+,
anche con Prime Video sarà possibile
creare profili dedicati ai bambini, tra-
mite i quali solo i contenuti per i più
piccoli saranno visibili sfogliando il ca-
talogo sull’applicazione.
Anche se le pagine di supporto sono
già disponibili anche in italiano, al mo-
mento la funzionalità non sembrereb-
be essere ancora disponibile nel no-
stro paese e, del resto, Amazon stessa
avvisa che i profili sono attivabili in una
lista ristretta di Paesi, che però non
vengono menzionati, così come non
c’è un’indicazione di quando la fun-
zione sarà visibile a tutti. Leggendo le
pagine di supporto, risulta chiaro che
i profili saranno selezionabili via web,
Fire Stick e Tablet Fire, e app mobile
per Android e iOS.
Amazon non ha ancora ufficialmente
comunicato questa novità, che è stata
scoperta dalla comunità degli svilup-
patori di XDA.
ENTERTAINMENT Secondo App Annie, l’applicazione è stata scaricata già 5 milioni di volte
Disney+ debutta in Europa con il botto 5 milioni di download il primo giornoDa inizio anno è già al settimo posto per spesa degli utenti. Come cambierà gli equilibri Disney+?
di Paolo CENTOFANTI
U n successo annunciato, trainato
da una campagna pubblicitaria
sui mass media massiccia, ma co-
munque significativo e in grado di scon-
volgere gli equilibri dell’attuale merca-
to dello streaming video. Secondo le rilevazioni di App Annie, provider di
statistiche sui principali app store, l’appli-
cazione di Disney+ è stata scaricata nel
suo giorno di debutto in Europa (Francia
esclusa), 5 milioni di volte. In Italia pos-
siamo parlare a giudicare dal grafico di
circa 700.000 download.
Il dato si riferisce alle applicazioni per
Android ed iOS e non include quindi i
dati su altre piattaforme come Smart TV
Samsung ed LG, console di videogiochi
e prodotti Amazon, il che lascia pensare
che i numeri complessivi siano ancora
più alti. Contando che stiamo parlando
solo del day one, che non include ap-
punto il mercato francese, dove il lancio
dell’app è stato rimandato su richiesta
delle autorità, è facile immaginare che
ben presto Disney+ si troverà a tallonare
ENTERTAINMENT Amazon colma una lacuna importante del suo servizio di streaming video
Amazon aggiunge fino a 6 profili su Prime VideoSi potranno avere ora watchlist separate. La funzione non è ancora però disponibile in Italia
da molto vicino YouTube e Netflix, a oggi
i dominatori contrastati della classifica di
utilizzo in Europa. Ma Disney+ è già da inizio anno al settimo posto nella classi-
fica globale per spesa degli utenti.
App Annie fa notare come negli Sta-
ti Uniti, dove Disney+ ha debuttato lo
scorso novembre, il servizio ha superato
Hulu ma è ancora sotto a Netflix per ore
di utilizzo per utente. Interessante però
come il 25% degli utenti (dato su piatta-
forma iOS) che è abbonata a Netflix ha
attivato anche Disney+, la percentuale
più alta rispetto ad altri servizi di strea-
ming video concorrenti.
La statistica, secondo App Annie, indi-
cherebbe la propensione degli utenti a
sottoscrivere comunque abbonamenti
per più piattaforme contemporaneamen-
te, visto che in Europa si assiste allo stes-
so fenomeno tra Netflix e Amazon Prime
Video: in Germania, dove c’è il dato più
alto, il 25% degli abbonati Netflix sono
anche utenti di Amazon Prime. Come
cambierà gli equilibri Disney+? Con que-
sta crescita lo sapremo presto.
Google offrirà film gratis con pubblicità? La funzione nascosta nell’app Play FilmA breve tramite Google Play Film potrebbe essere possibile guardare film gratis grazie alle interruzioni pubblicitarie. L’app per Android contiene già alcune stringhe di testo che gli utenti visualizzeranno durante la riproduzione di Gaetano MERO
Google Play Film potrebbe presto offrire la visione gratuita di alcuni titoli con il supporto della pubblici-tà. Si tratta di una funzionalità ine-dita scoperta da XDA Developers esaminando il codice dell’ultima versione dell’app del servizio svi-luppata per Android.Le stringhe visionate riportano anche l’inequivocabile testo “Hun-dreds of movies, just a few ads” ovvero centinaia di film a disposi-zione con pochi spot pubblicitari. Google Play Film si allineerebbe in questo modo con quanto già pro-posto da YouTube in USA a partire dal 2018, piattaforma con cui tra l’altro condivide lo stesso catalogo. In base a ciò che si evince dal codi-ce, i film potranno essere visti gra-tuitamente da qualsiasi dispositivo compreso Google Chromecast. Gli annunci potrebbero apparire in un angolo dello schermo senza che il film si interrompa, mentre sarà necessario specificare la propria data di nascita al fine di consen-tire una visione sicura ai minori. La piattaforma continuerà in ogni caso ad offrire anche l’acquisto e il noleggio dei singoli titoli con le ultime novità cinematografiche.L’offerta gratuita di Google Play Film non ha chiaramente una data di rilascio e potrebbe essere di-sponibile solo per alcuni mercati specifici.
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
Microsoft sospende gli aggiornamenti di Windows non rivolti alla sicurezzaPer evitare congestioni delle reti, Microsoft sospenderà temporaneamente il rilascio di aggiornamenti facoltativi non rivolti alla sicurezza. La modifica arriverà solo a maggio di Giuseppe RUSSO
Al fine di ridurre il traffico e non congestionare la rete Microsoft sospenderà gli aggiornamenti classificati come “C” e “D” meno prioritari, che solitamente vengo-no rilasciati durante la terza e la quarta settimana del mese, che in-cludono miglioramenti e correzioni non legati ad aspetti di sicurezza. La modifica non entrerà però su-bito in vigore, dovremo aspettare maggio per vedere la riduzione di rilasci. Per questo motivo è le-cito aspettarsi regolarmente i ri-lasci di aprile durante la seconda metà del mese. Queste le parole dell’azienda: “Abbiamo valutato la situazione della salute pubblica e comprendiamo che questo sta influenzando i nostri clienti. In ri-sposta a queste sfide stiamo privi-legiando la nostra attenzione sugli aggiornamenti di sicurezza.”Microsoft si impegnerà a rilasciare mensilmente gli aggiornamenti di tipo “B” dedicati alla sicurezza con cadenza prevista per il secondo martedì di ogni mese, rinominato anche come “Patch Tuesday”. Al momento siamo in attesa degli aggiornamenti critici per risolvere le vulnerabilità critiche zero-day di cui vi abbiamo parlato in que-sto articolo. Oltre a Microsoft an-che altre software house stanno adottando lo stesso approccio. Ad esempio Google ha annunciato che sospenderà gli aggiornamenti di Chrome dedicati all’usabilità per concentrarsi sulla risoluzione dei problemi di sicurezza.
di Roberto PEZZALI
macOS Catalina si aggiorna ancora,
e questa volta non è solo corre-
zione di bug. L’attesa funzione
che permette di condividere intere car-
telle tramite iCloud Drive, annunciata
e poi rimossa, è finalmente tornata in
versione stabile. Dal Mac, come già si
poteva fare anche su iPhone, è ora pos-
sibile scegliere una cartella, nel Finder, e
condividerla in cloud con altre persone.
Con una funzione simile Apple riduce
la dipendenza da servizi di condivisioni
esterni, come possono esserlo Dropbox
o Google Drive. Per ogni condivisione c’è
una completa gestione dei permessi, e si
può scegliere chi ha accesso completo
ad un file e chi può solamente vedere o
scaricare il contenuto.
L’altra novità interessante è l’Universal
Purchase: gli sviluppatori potranno ren-
dere una applicazione acquistabile una
sola volta per tutte le piattaforme. Apple
ha facilitato la realizzazione di applicazio-
ni che possano girare su iPad come su
Mac o iPhone, ma fino ad oggi chi com-
prava l’app A per iOS o iPad OS doveva
PC Con iPadOS, WatchOS e iOS è arrivato anche un corposo aggiornamento per macOS Catalina
Apple rilascia macOS Catalina 10.15.4 Tra le novità, cartelle condivise e Netflix in HDRL’ultima versione porta novità interessanti, tra cui il supporto HDR per i contenuti di Netflix
ricomprarla se la stessa app era presente
sul Mac AppStore. Oggi non più, sempre
che lo sviluppatore voglia abilitare que-
sta feature. Altra novità che sarà parti-
colarmente apprezzata è la possibilità
di importare, all’interno del portachiavi
di iCloud, le password di Chrome: così
facendo tutte le password che un uten-
te ha memorizzato all’interno dell’ac-
count Google verranno copiate anche
su iCloud e distribuite ai vari dispositivi
iOS e macOS per facilitare l’accesso ad
applicazioni e siti web. Novità anche per
musica e video, con i testi delle canzoni
che sono ora sincronizzati con la musica
all’interno di Apple Music. Cliccando su
una frase o su una parola si può andare
esattamente a quel punto. Per il video in-
vece arriva il supporto all’HDR per i con-
tenuti di Netflix, e se si collega un TV tra-
mite HDMI o DisplayPort ad un televisore
compatibile HDR10 verrà abilitata anche
la visione HDR di giochi o altri contenuti
a dinamica estesa. Infine una novità per
chi ha comprato il Pro Display XDR: si
possono finalmente creare nuovi profili
“reference” scegliendo spazio colore,
punto di bianco, luminanza target e fun-
zione di trasferimento. In questo modo
ogni azienda che lavora sull’immagine o
sul video potrà creare un profilo adatto a
quello del proprio workflow di lavoro.
di Sergio DONATO
Apple ha esteso il periodo di prova
di Final Cut Pro X e Logic Pro X a
90 giorni. Ha pensato soprattutto
alle persone che, a causa della quaran-
tena, sono costrette a creare contenuti
video e audio digitali per continuare la
propria professione. Anche coloro che
attualmente si trovano a usare Final Cut
Pro X nel periodo canonico di prova di
30 giorni potranno resettarlo ed esten-
derlo a 90 giorni. Considerando il costo
di 329,99 euro del programma, l’esten-
sione a tre mesi per la versione gratuita
del programma di editing video di Apple
potrebbe davvero fare la differenza nel
corso di una quarantena che si presume
PC In tempi di quarantene, Apple ha deciso di estendere il periodo di prova dei suoi editor video e audio
Final Cut Pro X e Logic Pro X, la prova ora dura 3 mesi Apple vuole facilitare corsi e lezioni onlinePer Logic Pro X, la prova è una novità. Resettata a 90 giorni anche la prova di Final Cut Pro X
debba durare ancora un po’,
almeno in Italia. Se per Final
Cut Pro X esisteva già la prova
di 30 giorni, quella per l’editor
audio Logic Pro X è una novità
assoluta che si avvantaggia su-
bito anche dei 90 giorni. Il costo
del programma al termine della
prova è di 229,99 euro.
Final Cut Pro X è ovviamente di-
sponibile solo su sistemi macOS 10.14.6
o su versioni più recenti e con delle li-mitazioni per chi utilizzerà la versione di
prova con macOS Mojave. Per ottenere
il periodo di prova gratuita è necessario
collegarsi a questa pagina e compilare
i dati richiesti. Per quanto riguarda Logic
Pro X, la pagina per ottenere la versione
di prova da 90 giorni è questa. La di-
citura della gratuità non compare nella
versione italiana del sito Apple, ma nella
pagina che abbiamo indicato è sufficien-
te cliccare sulla scritta “Try Logic Pro X
free for 90 days” per avviare il download
del file .DMG.
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Sergio DONATO
U n gruppo di volontari composto
da ingegneri, medici, informatici e
da altre competenze ha allo stu-
dio presso il MIT un ventilatore polmo-
nare che avrebbe un costo di circa 100
dollari. Molto meno di un “ventilatore
tradizionale” che può arrivare a costa-
re 25.000 euro. Nella narrazione della
pandemia da SARS-CoV-2, è ormai di
dominio pubblico la necessità di avere a
disposizione ventilatori polmonari in gra-
do di fare fronte alla patologia Covid-19,
manifestata dai pazienti ricoverati presso
le strutture sanitarie. Ventilatori che, al di
là del costo elevato, non sono facili da re-
perire sul mercato, a causa di un’offerta
largamente inferiore rispetto a un’emer-
genza imprevedibile come quella della
pandemia da coronavirus che il mondo
sta vivendo. Lo dimostra anche la recen-
te risposta di Dyson con un ventilatore
da produrre in serie in tempi brevissimi.
Riesumato un progetto vecchio di dieci anniIl gruppo di lavoro, chiamato “MIT E-
Vent”, formatosi il 12 marzo presso il
MIT si è creato grazie all’esortazione di
medici e di un fiume di posta elettronica
scambiata tra gli interessati. In queste
mail si faceva riferimento a un progetto
di una decina di anni fa nella classe 2.75
del MIT riguardante il disegno di dispo-
sitivi medici.
A quel tempo, gli studenti hanno lavorato
in concerto con i medici locali alla pro-
gettazione di un semplice dispositivo di
ventilazione che poteva essere costruito
utilizzando pezzi di ricambio del valore di
circa 100 dollari. È stato prodotto anche
un documento che descriveva nel detta-
glio il progetto e i test, ma poi lo studio
non ha avuto più seguito e si è arenato.
Il gruppo di lavoro MIT E-Vent ha quin-
di tirato fuori dal cassetto quel progetto
dimenticato e lo ha ripreso accelerando
i ritmi di studio e realizzazione per portar-
lo a compimento.
Un semplice pallone per la respirazione meccanizzatoIl “cuore” per costruire l’alternativa eco-
nomica del ventilatore è un pallone auto-
espandibile azionato a mano, chiamato
“AMBU”: usato anche dai soccorritori del
118 per il supporto dell’attività respirato-
ria, e facilmente reperibile negli ospeda-
li. Gli AMBU sono progettati per essere
azionati a mano, da un medico profes-
sionista o da un tecnico di emergenza,
per generare l’atto della respirazione
in un paziente in situazioni come l’arre-
sto cardiaco, e in attesa di sottoporre il
paziente all’intervento di un ventilatore
automatico.
Un tubo viene inserito nelle vie aeree
del paziente, come nel caso di un venti-
latore ospedaliero, ma poi il pompaggio
dell’aria nei polmoni avviene tramite la
pressione e il rilascio della sacca flessi-
bile. Il motivo per cui è necessario perso-
nale qualificato per questa attività, è che
si rende necessario essere in grado di
valutare il paziente e di regolare di con-
seguenza i tempi e la pressione del pom-
paggio. La precedente classe del MIT e
il nuovo gruppo di lavoro hanno conce-
pito un sistema meccanico che simuli il
pompaggio manuale senza danneggiare
il pallone auto-espandibile e che sia con-
trollabile, in modo che sia la pressione
sia la quantità d’aria siano quelle adatte
al paziente sottoposto al trattamento.
arte del lavoro del MIT-E Vent è sta-
to anche quello di mettere in piedi un
sito web che illustri l’avanzamento del
progetto per due motivi fondamentali.
Il primo è quello che il progetto possa
avere la massima trasparenza, ricevere
suggerimenti, e mantenere concentrato
il team che altrimenti sarebbe distratto
dalle innumerevoli domande provenienti
da tutto il mondo. Il secondo, forse il più
importante, è dare informazioni ai molti
“inventori fai-da-te” che pur avendo lo
stesso nobile scopo rischiano però di
costruire dispositivi medici pericolosi.
Per supportare la respirazione di due
settimane* di un paziente ventilato
sono necessari circa 1 milione di cicli di
pompaggio. Inoltre, considerando che il
dispositivo svolge una funzione fonda-
mentale per la vita, è obbligatorio che
segua un protocollo costruttivo che sia
tollerante ai guasti.
Nel sito web il gruppo ha quindi aggiun-
to le informazioni verificate sull’uso cli-
nico dei ventilatori e sui requisiti per la
formazione e il monitoraggio nell’uso di
tali sistemi. *Nello specifico, sottolineano
che questo non è un progetto destinato
al fai-da-te, poiché richiede una com-
prensione specializzata dell’interfaccia
clinico-tecnica e la capacità di lavorare in
considerazione delle rigorose speci-
fiche e linee guida della Food and
Drug Administration degli Stati Uniti
(FDA). Le prime versioni del ventila-
tore economico sono state utili per
mettere in luce i punti deboli proprio
sui carichi di lavoro che il dispositi-
vo è costretto a sopportare. I nuovi
prototipi hanno imparato da queste
debolezze e sono in fase di prepa-
razione per ulteriori test funzionali.
SCIENZA E FUTURO Un gruppo di volontari del MIT studia un ventilatore polmonare economico
Il ventilatore polmonare open-source da 100 $ Si basa sui palloni auto-espandibili per la respirazione messi in una struttura meccanica automatica
Perché avere un saturimetro a casa non serve per scoprire se si ha il COVID-19Molte persone stanno ricorrendo a un saturimetro da dito per monitorare i principali sintomi da COVID-19. Ma è inutile: ecco perché di Massimilano DI MARCO
Molte persone sono corse ad ac-quistare un pulsiossimetro, chia-mato più frequentemente saturi-metro. Si tratta di uno strumento molto semplice da usare che dà un immediato riscontro su due parametri: la frequenza cardiaca e la saturazione dell’ossigeno nel-l’emoglobina presente nel sangue (anche nota con la sigla SpO2). Poi-ché uno dei sintomi più gravi del COVID-19 è una polmonite acuta, che causa difficoltà respiratorie, tante persone si sono munite di questo strumento, pensando che potesse essere utile per cogliere immediatamente eventuali sintomi della malattia. La verità è che il sa-turimetro in casa non aiuta a mo-nitorare il COVID-19 se le persone non mostrano i sintomi.Gli esperti consultati da DDAY.it sono stati chiari: i due sintomi più evidenti del COVID-19 per quel che riguarda un eventuale pol-monite sono la dispnea (il respiro affaticato) e la polipnea (cioè l’au-mento della frequenza e dell’inten-sità delle respirazioni, sopra i 30 atti respiratori al minuto). Si tratta di due sintomi molto evidenti e fa-cilmente riconoscibili anche senza uno strumento dedicato come il saturimetro. Se né la polipnea né la dispnea vengono registrate, allora non c’è motivo di preoccuparsi. Gli ospedali invece li stanno ricercan-do per agevolare il trattamento dei pazienti già ricoverati.
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Paolo CENTOFANTI
C i troviamo nelle fogne sotterranee della zona in
quarantena nella periferia di City 17. Dobbiamo
imboccare un tunnel buio pesto, ma abbiamo ap-
pena raccolto una piccola torcia che abbiamo fissato su
uno dei nostri guanti gravitazionali e con noi abbiamo
anche una scalcinata pistola, seppure con una mancia-
ta di proiettili. Controlliamo sul polso l’indicatore delle
munizioni: solo 1 colpo in canna. Espelliamo il caricato-
re, prendiamo l’ultimo pieno dallo zaino e con un rapido
gesto che abbiamo ormai imparato a memoria lo infilia-
mo nella pistola e ricarichiamo. Siamo pronti. Facciamo
un bel respiro, chiamiamo a noi tutto il coraggio che
abbiamo e ci incamminiamo nell’oscurità, ben sapendo
che da qualche parte ci attendono headcrab pronti a
saltarci in testa e a trasformarci in semi-zombie, mostri
che infestano i tunnel che stiamo esplorando. Vediamo
solo quello che illuminiamo con la torcia, procediamo
un passo alla volta, ascoltando con attenzione i suoni
emessi dalle strane formazioni organiche che rivestono
le pareti del tunnel. Lentamente avanziamo nell’oscuri-
tà. Lentamente. Perché non stiamo giocando al classico
sparatutto in prima persona comodamente seduti sul
divano o alla scrivania, disintermediati da un monitor,
mouse e tastiera o un gamepad: per il nostro cervel-
lo siamo davvero immersi nell’oscurità di quel tunnel;
ogni passo compiuto in avanti corrisponde a un pas-
so fisico nell’area di gioco che abbiamo ricavato nella
nostra casa; quella che stringiamo nella mano destra,
per i nostri occhi, è davvero una pistola. Abbiamo pau-
ra e siamo dentro alla realtà virtuale di Half-Life: Alyx, il
primo vero videogioco ad alto budget nato per questo
formato. E nella realtà virtuale il tempo scorre più lenta-
mente. Ogni mossa richiede più tempo, gli spostamenti
diventano più calcolati, è il nostro corpo che si muove,
non un dito sullo stick di un gamepad: azioni che in un
videogioco tradizionale richiederebbero pochi secondi,
qui si prendono tutto il tempo che serve, motivo per il
quale giocare ad Half-Life: Alyx senza un visore per la
realtà virtuale sarebbe completamente privo di senso,
ragione per cui Valve l’ha rilasciato ufficialmente unica-
mente per questo formato.
GAMING Abbiamo giocato all’atteso ritorno di Half-Life, il primo vero titolo che da solo vale l’investimento in un visore VR
Half-Life: Alyx. La recensione completa Pronti a innamorarvi della realtà virtuale?L’abbiamo provato e possiamo dire che quest’esperienza quasi perfetta vi convertirà in appassionati di questa tecnologia
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Half-Life, 13 anni dopo, 5 anni primaHalf-Life: Alyx non è il sequel a lungo atteso di Half-Life
2: Episode Two, l’ultimo capitolo della saga creata da
Valve e uscito ormai nel lontano 2007. Narrativamen-
te parlando è invece un prequel, ambientato 5 anni
prima rispetto agli eventi narrati in Half-Life 2: Gordon
Freeman non è ancora comparso ad aiutare l’umanità
a sconfiggere l’occupazione dell’impero Combine, ma
interpretiamo invece un altro personaggio che cono-
sciamo bene, Alyx Vance appunto, che con suo padre
Eli avrà un ruolo fondamentale nella storia di Half-Life 2.
All’inizio della vicenda, Eli viene rapito da soldati Com-
bine e Alyx, con il supporto di un membro della resisten-
za, Russell, che ci farà dono dei guanti gravitazionali,
dovrà trovare il modo di ritrovarlo e liberarlo.
Siamo nel 2015. Dopo svariati tentativi infruttuosi di
portare a compimento un sequel di Half-Life 2, Valve
decide di puntare su un progetto diverso, con l’obietti-
vo di produrre il primo grande videogioco per la realtà
virtuale, tecnologia che di fatto Valve ha appena con-
tribuito a lanciare sul mercato. Dopo aver creato infatti
la piattaforma SteamVR e aver collaborato con HTC
nella realizzazione e nel lancio del primo visore per
la realtà virtuale con tracking dell’area di gioco, l’HTC
Vive, in tutta segretezza Valve inizia immediatamente
lo sviluppo di un nuovo capitolo di Half-Life da giocare
unicamente in realtà virtuale, processo che richiederà 5
lunghi anni per arrivare alla pubblicazione lo scorso 23
Marzo di Half-Life: Alyx. Nel frattempo la realtà virtuale è
stata lanciata in grande stile, grazie soprattutto a l’hype
creato da Oculus di Facebook, per poi apparentemente
sgonfiarsi rapidamente. Ma ora con Half-Life: Alyx, Val-
ve ci indica la strada da percorrere e, come Half-Life 2
fu una rivoluzione per il mondo degli sparatutto in prima
persona, Alyx è indubbiamente un salto di qualità enor-
me per la realtà virtuale.
Ogni interazione sa di magiaValve non ha inventato nulla di clamorosamente nuovo
con Alyx a livello di meccaniche di gioco, ma è riusci-
ta ad implementare in modo eccellente tante piccole
modalità di interazione che sfruttano al meglio le po-
tenzialità della realtà virtuale. Pensiamo all’utilizzo delle
armi. In un normale videogioco, per caricare un’arma,
premiamo semplicemente un tasto per scatenare un
automatismo che resetta il contatore dei colpi disponi-
bili sulla nostra arma. In Alyx, per caricare le nostre armi
dobbiamo estrarre i proiettili dallo zaino che abbiamo
virtualmente indosso, portando una mano dietro le no-
stre spalle e mimando il gesto. Poi dobbiamo inserire
a mano i colpi nell’arma e, a seconda della tipologia,
caricare il colpo in canna o richiuderla.
Questi movimenti diventeranno ben presto una routine,
ma andranno ripetuti in ogni scontro a fuoco, quando
saremo sotto pressione, con nemici più veloci di noi e
gli spostamenti nell’area di gioco da gestire. Anche un
singolo nemico in Alyx, vale come dieci di un ordinario
FPS. La mano destra (o sinistra se siamo mancini) potrà
impugnare le armi oltre al multi-tool, con cui potremo
interagire con i macchinari realizzati con tecnologia
Combine. Per proseguire la nostra avventura saremo
chiamati infatti a cercare di sbloccare terminali, aprire
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
GAMING
Review: Half-Life: Alyxsegue Da pagina 26
forzieri o riattivare circuiti energetici, risolvendo piccoli
puzzle intervenendo su delle interfacce olografiche tri-
dimensionali. Non si tratta di rompicapo particolarmen-
te complicati, ma ogni volta che ci troviamo ad affron-
tare una di queste piccole sfide la magia è assicurata.
Poi naturalmente ci sono i guanti gravitazionali, chia-
ramente ispirati alla pistola gravitazionale di Half-Life
2 e Portal, e che ci permettono di attirare a noi qual-
siasi oggetto sparso nell’ambiente che ci circonda. Si
riveleranno essere uno strumento indispensabile per
raccogliere velocemente munizioni, medikit (dobbiamo
simulare l’iniezione sul braccio) e resina, il materiale che
utilizzeremo per potenziare le nostre armi attraverso
complesse macchine Combine.
Il funzionamento è semplice: si punta la mano verso un
oggetto, si tiene premuto il grilletto e con un rapido mo-
vimento del polso lo chiamiamo a noi. A questo punto
dobbiamo prenderlo al volo, premendo il grilletto nel
momento in cui arriva sulla nostra mano. La prima volta
che si riesce a prendere al volo un oggetto in questo
modo ci si sente come uno Jedi. Incredibile.
Quattro tipologie di movimento per dare a ciascuno il miglior comfortMa come ci si muove in Half-Life: Alyx? Valve ha pen-
sato a tutto anche in questo caso, prevedendo quat-
tro modalità diverse. Il setup ideale, a nostro avviso,
richiede un visore con tracciamento dell’area di gioco,
in modo tale da potersi muovere all’interno di essa li-
beramente e poi utilizzare il teleporting per spostare
il riferimento dell’area di gioco all’interno del mondo
virtuale. Ci sono due modalità teleport: stacco netto a
ogni “salto”, oppure accompagnato da un’animazione
che ci accompagna nello spostamento. A seconda del-
la sensibilità di ognuno la seconda modalità potrebbe
indurre “mal di mare”. Più “pericolose” da questo punto
di vista potenzialmente le altre due modalità di movi-
mento, che prevedono l’utilizzo del controller per muo-
versi in direzione dello sguardo o della mano, in modo
continuo come in un gioco tradizionale.Questa solu-
zione può aver senso per chi ha un dispositivo senza
tracciamento del posizionamento spaziale del visore,
chi gioca stando in piedi ma nello stesso punto o da
seduto, o comunque per tutti coloro che non amano
il teleporting. Noi ci siamo trovati meglio con la prima
opzione, anche se è subito evidente che l’area di gioco
non è mai grande abbastanza in modalità “room sca-
le”: a nostra disposizione avevamo un’area di 2,5x2,1
metri e per quanto il gioco sia godibilissimo, si sente
bisogno di ancora più spazio.
Combattimenti al cardiopalmo, ma non tutto è perfettoL’aspetto decisamente più complesso è sicuramente
quello dei combattimenti, non tanto con i mostri, con
cui è più facile mettere in pratica la giusta strategia,
ma con i soldati combine. I primi scontri sono anche
i più critici: occorre imparare infatti a valutare bene
l’ambiente che circonda e trovare le coperture. Non
siamo ancora una volta in uno sparatutto, ma in una
situazione assai più simile al reale: occorre accovac-
ciarsi o nascondersi dietro a un muro, sporgersi con
accortezza, essere veloci a prendere la mira e soprat-
tutto essere precisi. Le prime volte la goffaggine è ine-
vitabile perché occorre anche gestire il caricamento
manuale delle armi, i pochi proiettili a disposizione e
il movimento, visto che ben presto ci si trova a dover
gestire le ridotte dimensioni dell’area di gioco, con il
rischi per la concitazione di andare a sbattere contro
un muro o un oggetto reali e molto fisici. Quando i ne-
mici cominciano a diventare molti, le cose si fanno più
macchinose e il far fronte con i limiti dell’area di gioco
rompe un po’ il senso di immersione. Che comunque
rimane sempre elevato, perché affrontare nemici che
hanno dimensioni umane in un ambiente credibile è
un’esperienza di tutt’altro livello.
Tecnicamente ineccepibile e ora ne vogliamo ancoraHalf-Life: Alyx è assolutamente da applaudire dal punto
di vista tecnico. Non c’è filmato o screenshot che pos-
sa rendere giustizia alla qualità della simulazione, per-
ché il grosso della resa è dato dalla tridimensionalità e
dall’effetto di immersione e non tanto dalla risoluzione
o il livello di dettaglio, visto che il collo di bottiglia è la
risoluzione del visore. Abbiamo giocato utilizzando un
setup a dire il vero non proprio recentissimo: HTC Vive
come visore e un PC basato su Core i5, 16 GB di RAM
e scheda video NVIDIA 980Ti. Ebbene, il lavoro di otti-
mizzazione effettuato da Valve è clamoroso, con fluidi-
tà e livello di dettaglio eccezionali, almeno per il Vive:
luci, resa delle superfici, ambienti, la resa è convicente
e ci spiace (causa lockdown) non averlo potuto ancora
provare su un sistema ancora più performante. Questo
vuol dire comunque che il gioco è perfettamente go-
dibile anche con hardware adatto ai primi visori per la
realtà virtuale. Infine, una menzione speciale per l’au-
dio, da ascoltare chiaramente in cuffia e assolutamente
eccezionale per la tridimensionalità e l’accuratezza del-
la scena sonora che ricrea intorno a noi. Se l’immersio-
ne è così riuscita è proprio grazie anche al suono che,
insieme alle immagini, ci trasporta in un altro mondo.
Half-Life: Alyx, disponibile ora su Steam naturalmen-
te, centra perfettamente quello che è il suo obiettivo
primario, mostrarci come deve essere fatto un video-
gioco per la realtà virtuale. Sicuramente c’è spazio di
miglioramento, ma è un titolo da avere assolutamente
nella propria collezione se si possiede un visore per la
VR. Non solo: è sicuramente
un valido motivo per dotar-
si di un setup per la realtà
virtuale se ancora non si è
attrezzati. Il gioco di Valve in
pratica supporta quasi tutti i
visori per sistemi Windows:
Oculus, HTC, Valve, Pimax e
diversi visori Windows Mixed
Reality. E ora che Valve ha
nuovamente mostrato la
strada speriamo che presto
arrivino altre esperienze di
questo calibro.
Half-Life: Alyx Sequenza 2
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Half-Life: Alyx Sequenza 1
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di G. GIARDINA, P. CENTOFANTI
Alcune volte può capitare che un prodotto unico,
senza un vero concorrente sul mercato, venga
criticato o addirittura trascurato semplicemen-
te per la sua unicità: senza concorrenti nello stesso
segmento, rischia di non esistere il segmento. Questa
miopia nasce più dalla (cattiva) abitudine del trade e
dei retailer di sentirsi nella propria “comfort zone” solo
se si trova una casella chiara, secondo le logiche del
passato, in cui catalogare un prodotto. E tutto ciò a pre-
scindere da quello che gli utenti potrebbero pensare di
quel prodotto. In buona parte questa è stata anche la
sorte delle prime edizioni di The Frame, il TV di design
di Samsung perfetto per essere appeso alla parete e
trasformarsi in quadro, grazie al fatto che è spesso ap-
punto come un quadro ed ha una cornice che ricorda
chiaramente quella dei quadri. Abbiamo voluto provare
il The Frame, nella sua ultima versione disponibile al
momento (quella 2019) nel taglio da 49”, uno dei più
equilibrati a nostro avviso. Anzi, abbiamo fatto di più:
lo abbiamo acquistato da normali consumatori per la
sistemazione nella nostra sala riunioni.
Le premesse: il fallimento del TV da appoggio installato a pareteDa secoli alle pareti si appendono i quadri. La possibili-
tà di appendere al muro i televisori è ovviamente molto
più recente, nasce circa vent’anni fa con l’arrivo dello
schermo piatto. Come tutte le cose “giovani”, il TV a
parete si è dimostrato largamente imperfetto: spesso
schermi abbastanza piatti restavano distanziati dalla
parete sia per la necessità di collegare alimentazione
e cavi di ingresso, sia telai e staffe quasi mai ottimizzati
per una buona aderenza alla parete. Il risultato ha dato
spesso ragione a chi in casa, spesso le signore, do-
tate di maggior sensibilità verso il bello, si opponeva
a un’installazione a parete imperfetta; e in molti casi
lasciando insoddisfatti anche i funzionalisti: solo per
far passare un nuovo cavo, magari per una sorgente
aggiuntasi in un secondo tempo, è spesso necessario
staccare il TV dalla parete e litigare con una canali-
na sempre troppo stretta o peggio ancora accettare
un cavo a vista, che vanifica tutto l’effetto del TV a
TEST Dopo diverse generazioni, il The Frame di Samsung arriva a maturità. Con un prezzo sotto i 1000 euro si passa sopra a qualche limite
Samsung The Frame 2019, recensione completa Il TV perfetto per chi lo preferisce a paretePannello QLED, One Invisible Connection e staffa super sottile in dotazione e design perfetto per il posizionamento a parete
parete. The Frame risolve tutti questi problemi come
(quasi) nessun altro TV sul mercato.
La One Invisible Connection fa la differenzaCon queste premesse nasce The Frame: innanzitutto
aderire del tutto alla parete, proprio come fa un quadro;
e poi evitare qualsiasi complicazione di installazione e
cablaggio. A questo proposito viene in soccorso la One
Invisible Connection che Samsung ha messo a punto
in questi anni per i The Frame e anche per i QLED da
appoggio. Si tratta di un cavo in fibra ottica inguainato
in una calza di metallo a due poli: la fibra porta il segna-
le, la calza di metallo la tensione di alimentazione, così
Samsung The FrameTHE FRAME 2019, LA PRIMA SCELTA PER CHI CERCA UN TV DA PARETE AL PREZZO GIUSTO
849,00 €
Dopo alcune generazioni, il The Frame arriva, con l’edizione 2019, a piena maturità. L’idea di fare finalmente un TV quadro perfettamente a filo muro e con spessore da quadro vero trova il coronamento in un pannello capace di garantire la qualità adeguata all’uso televisivo. Certamente chi cerca la qualità di immagine assoluta, si orienterà su altri modelli, anche nella stessa gamma Samsung. Ma chi ama il design e il minor impatto ambientale possibile, non potrà che trovare il The Frame 2019 un prodotto eccellente, facile da montare e, grazie al box esterno e all’esclusiva connessione in fibra ottica e guaina metallica, totalmente “trasparente” per l’arredamento. Il prezzo, poi, convince: il 49” che abbiamo provato costa 849 euro sul sito Samsung, probabilmente dai principali retailer anche sotto gli 800 euro. Per un TV molto particolare, che in altri tempi aveva prezzi in proporzione decisamente più alti e che certamente offre molto.Tutte queste caratteristiche fanno del The Frame la prima scelta per chi vuole un TV da parete, moderno, aggiornato, che funzioni bene e di ottimo design. Anche perché l’OLED W di LG, peraltro disponibile solo con taglio minimo di 65”, ha prezzi nettamente superiori, dai 5000 euro in su. La gamma 2020 dovrebbe arrivare nel corso dell’anno, con caratteristiche non troppo diverse, salvo la disponibilità anche del taglio da 32”, che può essere una soluzione particolarmente interessante per le camere da letto e la cucina, quest’ultima soprattutto in unione con la cornice bianca.
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
8 9 9 7 10 88.4COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEDesign perfetto per l’installazione a pareteModalità quadro molto validaInstallazione facile
Passaggio da DTT a satellite complessoIn HDR si sente la mancanza del local dimming
lab
video
segue a pagina 29
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
da rendere lo schermo raggiunto da questo sottilissimo
cavo del tutto autonomo, non serve altro. Dall’altra parte
del cavo, 5 metri più in là, c’è un box con tutti gli ingressi
di segnale, di antenna e di rete, le prese USB e ovvia-
mente il collegamento all’alimentazione elettrica.
Nella nostra soluzione abbiamo voluto lasciare il cavo
a vista nella sua discesa verso il mobile sotto il TV: chi
ha visto il TV montato era curioso di sapere come arrivi
alimentazione e segnale e lasciarlo a vista, nel nostro
caso, ci è parso sensato. Ma ovviamente non è com-
plesso annegare un cavo così sottile nel primo strato di
intonaco, facendo un’incisione con un cutter.
Questa soluzione è decisamente abilitante per un TV
perfettamente aderente alla parete come un quadro:
basterebbe la presa di corrente e la relativa spina a ren-
dere impossibile un layout di questo tipo. E soprattutto è
a prova di futuro: se si aggiunge una console, un nuovo
decoder, un hard disk esterno, non è necessario litigare
con i cavi e l’installazione. Il cavo da 5 metri è abbastan-
za lungo da raggiungere un alloggiamento per il box
non necessariamente vicino al TV, il che abilita nuove
posizioni, visto che lo schermo non è più vincolato a sta-
re nei pressi delle prese di antenna.
Inoltre il telecomando del The Frame è Bluetooth, il che
significa che funziona alla perfezione anche in mancan-
za di visibilità ottica: il box può quindi essere convenien-
temente chiuso in un mobile, facendo sparire definitiva-
mente dalla vista, tutti i cavi.
The Frame 2019, qualità QLED nel formato quadroLa novità del Frame 2019, rispetto alle generazioni pre-
cedenti, è soprattutto l’adozione di un pannello QLED. In
pratica si tratta di una versione “da parete” del Q60, ov-
viamente 4K HDR. Va però detto che sul fronte dell’alta
gamma dinamica non bisogna attendersi miracoli, visto
che il layout è LED Edge: il local dimming possibile con
questa architettura è assolutamente limitato. Questo
non vuol dire che il TV non sappia gestire neri profondi,
a patto però che tutto il quadro sia mediamente poco
luminoso. Anzi, una delle capacità di questo TV è pro-
prio quello di modulare la luminosità per assumere le
sembianze di un quadro, ovvero di una superficie
riflettente e non luminescente, quando sta ripro-
ducendo le immagini artistiche. Infatti il The Fra-
me, tra le sue caratteristiche chiave, ha quella di
essere equipaggiato dal punto di vista software
e hardware, della possibilità, quando non viene
usato come TV, di simulare (e anche molto bene)
una stampa o un quadro. Per fare questo dispone
di un’app che permette di scegliere tra molti qua-
dri celebri gratuiti e moltissimi altrettanto famosi
in abbonamento; in alternativa - in maniera più
aderente al sentire italiano - è possibile caricare le
proprie immagini direttamente dallo smartphone.
L’elemento particolare, però, è proprio la capacità
del TV di riuscire a restare fedele diminuendo, an-
che drasticamente, la propria luminosità e anzi di
modularla a seconda della luce ambiente, grazie a un
sensore posto nella parte bassa della cornice. In questo
modo il TV cerca di mimare la riflettenza naturale di una
tela o di un poster se esposto alla luce ambientale misu-
rata in quel momento dal TV.
L’installazione: facilissima, quattro tasselli con il poster dimaInstallare a parete il The Frame è facilissimo: si tratta di
fissare a parete una staffa superpiatta data in dotazione,
cosa importantissima: non serve impazzire per trovarla
come prodotto separato. E questo malgrado il The Fra-
me possa essere installato anche in appoggio, grazie ai
piedini che comunque sono dati in dotazione.
La staffa si fissa sulle comuni pareti in mattoni italiane
con quattro tasselli, anch’essi in dotazione, seguendo
un poster guida facilissimo, in dimensione reale, da at-
taccare al muro con un paio di punti di scotch per fare
i buchi senza poter sbagliare. La staffa prevede anche
un posizionamento inclinato in avanti (o inclinabile se-
condo necessità) per una visione da un punto di vista
ribassato, come avviene normalmente, per esempio,
in camera da letto. Infatti se fosse
posizionato troppo in basso, non solo
sarebbe scomodo da guardare, ma
anche esteticamente discutibile, visto
che i quadri stanno normalmente ad
una certa altezza, normalmente quel-
la della testa di un uomo in piedi. In
questo modo è possibile inclinare lo
schermo verso il basso con un sempli-
ce gesto. Infatti, il braccetto integrato
nel TV che sin affranca alla staffa può
allontanarsi dallo schermo per per-
mettere il cambio dell’inclinazione, ol-
tre che per favorire il primo aggancio
alla staffa. L’effetto quadro è massimo
con la cornice aggiuntiva
TEST
Samsung The Frame 2019segue Da pagina 28
La finitura del TV è nera opaca, come in teoria potrebbe
anche essere una cornice.
Ma l’effetto quadro vero e proprio si ha soprattutto se
si acquista una cornice aggiuntiva: si tratta di profili me-
tallici perfettamente sagomati a misura che aderisco-
no perfettamente al telaio della TV per via magnetica,
non serve neppure una vite. Sono disponibili diverse
finiture, che si differenziano anche a seconda dei tagli:
due finti legni, uno chiaro e uno scuro, un bordeaux,
il bianco e un nero con finitura metallica, migliore di
quella “nativa”. In realtà fino a qualche settimana fa era
disponibile anche qualche altra finitura, come quella sil-
ver-bronzo scelta da noi. Probabilmente in un’ottica di
razionalizzazione, il numero delle finiture è stato ridotto,
anche per andare incontro alle esigenze dei negozi di
gestire pochi codici. A questo proposito ci è toccato os-
servare una certa miopia dei retailer italiani su questo
fronte: dopo aver acquistato il TV da uno di essi, è stato
impossibile trovare la cornice aggiuntiva. L’accessorio
non era disponibile in nessuna finitura, né dal quel retai-
ler, né da nessun altro tra le principali insegne, neppure
sulle piattaforme online che, grazie al magazzino cen-
tralizzato, dovrebbero prestarsi meglio del negozio ad
avere tutti i codici. Alla fine abbiamo optato per l’acqui-
sto a prezzo di listino dallo store ufficiale di Samsung,
che ha questi accessori sempre disponibili. La caratte-
ristica della cornice aggiuntiva è quella di mascherare
anche il mini gap che tiene la cornice nera distanziata
dalla parete: l’effetto quadro è così massimizzato.
Che bella la modalità quadroPartiamo accendendo il TV “a metà”, quindi senza arri-
vare ai programmi televisivi veri e propri ma mettendo
il The Frame in modalità “quadro”. In pratica il TV visua-
lizza le immagini prescelte dall’utente (una o molte a ro-
tazione) ma non con gli stessi parametri di una visione
segue a pagina 30
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
TEST
Samsung The Frame 2019segue Da pagina 29
televisiva, ma con la luminosità attenuata per simulare
l’effetto di una stampa. Per fare questo lavoro al meglio,
il The Frame dispone di una scansione della retroillumi-
nazione molto particolare, capace di scendere molto in
basso come luminosità percepita pur senza mostrare,
a occhio nudo, flickering. Il sensore di luminosità, se
l’utente lo attiva come abbiamo fatto noi, adegua au-
tomaticamente la luminosità del TV, quando funziona
da quadro, sulla base della luce ambientale rilevata. In
pratica, l’idea, e anche l’effetto che se ne trae a occhio
nudo (in foto è più difficile renderlo) e quello di un fo-
glio di carta che riflette la luce ambiente, più che una
superficie luminescente come è un TV. Per enfatizzare
questo effetto, la foto è generalmente presentata con
un passe-partout il cui colore può essere scelto dall’u-
tente. L’effetto è molto particolare perché sia la foto che
il passe-partout sono opportunamente ombreggiati per
simulare al meglio una stampa.
Per esempio, il passe-partout ha una visibile vignettatu-
ta (caduta della luminosità ai bordi) che non è dovuta a
una mancata uniformità dello schermo (sarebbe grave)
ma proprio alla volontà di simulare una stampa sotto
vetro e l’ombra indotta dalla cornice.
L’utente, come dicevamo, può configurare molti aspetti
di questa modalità. Tra le impostazioni più interessanti
c’è la luminosità e il punto di bianco, regolazioni indi-
spensabili per dare al quadro una sensazione di as-
soluto realismo. E poi, il sensore di luminosità, a cui si
aggiunge anche quello di movimento: in pratica il TV,
se impostato in questa maniera, riconosce se c’è mo-
vimento nella stanza e attiva il quadro; dopo cinque
minuti di movimenti assenti, si spegne, in modo da non
consumare a vuoto energia elettrica. Allo stesso modo
è possibile configurare il TV per spegnersi completa-
mente non appena la stanza diventa completamente
buia, ovviamente solo se è in modalità quadro.
C’è la Art Gallery. Ma è meglio ancora con le proprie immaginiMa cosa si può visualizzare nel quadro? Come preim-
postazione è possibile visualizzare immagini a scelta in
una discreta gallery gratuita di immagini di opere d’arte
e stampe d’autore.
Si tratta di una specie di assaggio della Art Gallery, una
ampia galleria di quadri e opere d’arte celebri (ovvia-
mente con un layout orizzontale) il cui accesso però è
in abbonamento a 4,99 euro al mese. Chi volesse avere
un quadro d’autore, o meglio la sua replica, può “fruga-
re” in questa galleria in cui troverà capolavori in ogni sti-
le. Anche se - va detto - per noi italiani una riproduzione
di un quadro celebre sul TV non è propriamente il mas-
simo dello “chic”. Cosa diversa se invece si mette sullo
schermo una propria fotografia, un panorama di un luo-
go caro o un bel ritratto, contenuti che ovviamente non
richiedono alcun abbonamento. Ovviamente deve trat-
tarsi di una foto ben fatta, se possibile in formato 1:9 o
simili (il resto viene ben compensato dal passe-partout
grafico) e ben preparata per questo scopo: ma questo
sarà oggetto di un altro articolo. Il caricamento delle
proprie fotografie sul TV avviene attraverso l’app Smart-
Things, l’applicazione a cui Samsung si appoggia per
tutti i collegamenti tra smartphone e i propri apparecchi
ed elettrodomestici. Le foto vanno quindi caricate sul-
lo smartphone e da esso inviate alla memoria del TV:
da quel momento in poi sono programmabili e gestibili
come se appartenessero all’Art Gallery.
Il funzionamento come TV: ottimo, ma peccato per le “liste canali”Ma accendiamolo completamente, questo The Frame:
ci troviamo di fronte al classico ambiente smart di casa
Samsung e a tutte le funzioni evolute che offre. Il TV
dispone sia di tuner terrestre che satellitare e di slot per
la CAM. Abbiamo quindi configurato sia la connessione
al digitale terrestre che quella a tivusat, utilizzando una
CAM 4K. Il risultato è che il TV sintonizza sia tutti i canali
del digitale terrestre che quelli del bouquet satellitare
gratuito, il che è bello e utile, visto che per esempio su
tivusat si possono trovare alcuni canali in 4K, anche in
HDR, come RAI 4K, assolutamente introvabili via DTT.
Il piccolo problema che abbiamo incontrato è che il
passaggio da una lista canali all’altra è decisamente far-
raginoso: tocca infatti entrare nella lista canali, selezio-
nare l’icona relativa all’antenna e quindi selezionare la
lista voluta. I canali restano ovviamente memorizzati in
ognuna delle due liste, ma non è possibile fare zapping
al volo tra i canali delle due liste, ovverosia provenienti
dalle due antenne. Evidentemente i progettisti dell’in-
terfaccia Samsung hanno presunto che l’utente scel-
ga una modalità di trasmissione sola e la cambi molto
raramente; nella realtà italiana, invece, sarebbe molto
meglio poter comporre liste canali miste o poter saltare
dall’antenna terrestre a quella satellitare con un solo ta-
sto del telecomando.
Per il resto il funzionamento come TV è decisamente
valido: il cambio canali sul digitale terrestre svelto, un
po’ più lento (ma sempre accettabile) quello via sat.
Il telecomando è del tipo “smart”, collegato con l’unità
base via Bluetooth, e permette anche di impartire co-
mandi vocali. Questa funzione è molto comoda per sal-
tare di molti canali e abbandonare lo zapping sequen-
ziale, visto che il telecomando non ha il
tastierino numerico. Nei nostri tentativi,
mentre il cambio canale numerico e la
regolazione del volume via comando
vocale funzionano perfettamente, la ri-
chiesta di cambiare canale con il nome
dello stesso fallisce: un particolare da
mettere a posto nelle prossime release
software.
Stupisce positivamente la resa audio:
alle prese con un TV-quadro, perfetta-
mente aderente alla parete e in cui gli
speaker non si vedono e non si capisce
neppure dove siano, confessiamo che Sotto il TV c’è il sensore di movimento e quello di rilevamento della luminosità ambientale. Su questi elementi, The Frame spegne la modalità quadro autonomamente, se così configurato.
Una foto con formato molto diverso dal 16:9 fini-sce per avere un passe-partout poco credibile.
Modificando il formato direttamente sullo smar-tphone prima di caricare la foto sul TV permette di migliorare molto le cose. Non è però possibile riquadrare la foto direttamente sul TV: potrebbe essere una buona idea per un miglioramento futu-ro dell’app “Art” che gestisce la modalità quadro.
segue a pagina 31
torna al sommario 31
MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
le nostre aspettative erano molto basse. Invece il TV
riesce a diffondere un suono decisamente intelligibi-
le e abbastanza corposo. Ovviamente una soundbar
sarebbe comunque gradita, ma rovinerebbe l’impatto
estetico. Non è certo home theater, ma come TV va.
Tra le funzioni disponibili (tutte quelle consuete
dell’ambiente smart Samsung), segnaliamo la compa-
tibilità con Apple TV+ e AirPlay2, il che nel nostro caso
si sostanzia per esempio con la possibilità di fare una
presentazione da MacBook direttamente sul TV via
Wi-Fi: dato che la sala in cui abbiamo montato il TV è
anche la nostra sala riunioni, questa funzionalità risulta
particolarmente utile. Manca invece l’Ambient Mode
presente sui QLED Samsung ed è un peccato proprio
perché è un TV da parete ed è a forma d quadro: la
modalità “mimetica” si sarebbe rivelata molto utile.
I consumi: in modalità quadro sotto a 40 watt, il doppio come TVUna domanda lecita può essere relativa all’impegno
energetico richiesto da questo TV. Dopo la nostra ca-
librazione e in modalità Cinema, il consumo del TV in
funzione oscilla attorno agli 80 watt, un valore nella
media per uno schermo da 49 pollici. Si tratta in effet-
ti di un TV in classe energetica B, forse non un cam-
pione di efficienza nell’utilizzo televisivo normale, ma
neppure un “brocco”. Ma la cosa più interessante, che
ci ha spinto a collegare il wattmetro al TV, era capire
il consumo in modalità quadro: ovviamente cambia a
seconda delle condizioni ambientali. In una sala illumi-
nata, il consumo si dimezza, posizionandosi sotto i 40
watt. Se non ci fosse il sensore ambientale che rileva
sia la presenza di persone che la luce, si tratterebbe di
un consumo non trascurabile: acceso giorno e notte si
trasformerebbe in un incremento annuo della bolletta
di circa 80 euro. Ma con un utilizzo normale, che può
aggirarsi sulle due ore al giorno, la modalità quadro co-
sterebbe circa sei euro all’anno, una spesa sostenibile.
Qualità di visione: il pannello del Q60, colori ottimi ma non è local dimmingIl The Frame è un TV basato su pannello LCD QLED
e retroilluminazione di tipo LED Edge: non sorprende
pertanto più di tanto il fatto che il livello del nero non
sia profondo come ci si potrebbe aspettare da un pan-
TEST
Samsung The Frame 2019segue Da pagina 30
nello local dimming. In assenza di
segnale o con una schermata nera,
The Frame spegne completamente
la retroilluminazione, ma in condi-
zioni normali non si ottiene un nero
ipercompatto: la luminosità residua
si attesta a 0,19 cd/m2, un valore
che non si riscontra più sui top di
gamma per qualità di immagine.
La tecnologia Quantum Dot per-
mette di ottenere un’ampia gamma
cromatica e colori particolarmente
saturi. The Frame supporta teori-
camente anche contenuti codificati in HDR, l’unico
formato che permette di sfruttare al meglio anche
lo spazio colore allargato e quindi le potenzialità del
pannello QLED, ma con una luminosità massima di
circa 450 nits, è difficile visualizzare al meglio i video
in HDR, con una gamma dinamica sensibilmente ridot-
ta e anche qualche effetto di perdita di dettaglio di
troppo su elementi più luminosi o i colori più saturi. La
modalità di immagine migliore per la visione di conte-
nuti video si è rivelata essere quella Film (equivalente
a quella Cinema di altri TV), seppure non risulti esse-
re precisissima a livello di bilanciamento del bianco
(predilige una temperatura di colore leggermente più
fredda). The Frame non ha la stessa completezza di
regolazione dei migliori TV Samsung, ma offre comun-
que quello che basta per gli utenti più smaliziati per
correggere le impostazioni di fabbrica. Con un minimo
di calibrazione si riesce a ottenere un buon bilancia-
mento del bianco allineato al riferimento e una ripro-
duzione dello spazio colore standard accurata, con un
errore medio Delta E inferiore a 2 per primari e scala di
grigi e una buona precisione anche a saturazioni inter-
medie. Come detto, diverso il discorso con contenuti
HDR che spingono il TV un po’ al limite: la copertura
dello spazio colore DCI-P3 arriva al 94,5% e risente
soprattutto di un primario del verde non abbastanza
saturo; ma The Frame perde soprattutto di precisione
nella resa cromatica, principalmente per l’impossibi-
lità con un layout LED Edge di mantenere i livelli di
luminosità per i contenuti HDR lungo tutta la scala. Le
immagini con i contenuti con range dinamico standard
sono invece molto godibili, con colori naturali e una
buon livello di dettaglio anche se si percepisce una
resa in generale un po’ velata: manca quella sensa-
zione di tridimensionalità che troviamo su televiso-
ri di fascia superiore, che possono godere del local
dimming. La sensazione è corroborata dal rapporto di
contrasto non elevatissimo e che arriva a circa 1000:1
a TV calibrato in modalità Cinema. Onesto l’upscaling
di contenuti in alta definizione, ancora una volta senza
un effetto di dettaglio tagliente, ma comunque piena-
mente godibile.
Il filtro esterno: il The Frame ora è più TV e non solo quadro digitaleChi ha, come noi, seguito la traiettoria tecnologica dei
The Frame di questi anni, potrà notare come, genera-
zione dopo generazione questo TV di design sia cam-
biato, pur restando fedele al suo layout da quadro.
L’aspetto più differenziante della linea 2019 rispetto
a quelle precedenti sta nel pannello. Sia nella scelta
tecnologica, visto che ora è un QLED mentre fino all’e-
dizione 2018 era un semplice LCD. Ma la modifica più
evidente a prima vista riguarda il filtro, il rivestimento
antiriflesso dello schermo. Quello delle generazioni
passate era piò opaco, capace di catturare pratica-
mente tutta la luce incidente, massimizzando l’effetto
quadro, ma perdendo molto in termini di dettaglio e di
contrasto sulle immagini televisive, soprattutto in con-
siderazione della risoluzione 4K. La scelta per la linea
2019 è stata quella di passare a un coating più “TV”, che
garantisce molto più dettaglio e contrasto: ne guadagna
molto la visione televisiva e video, ci perde un poco l’ef-
fetto quadro, visto che qualche riflesso in più si vede,
soprattutto sulle immagini scure, come accade normal-
mente un un TV. Alla fine è una scelta giusta, forse la
scelta decisiva per trasformare questo apparecchio da
un esercizio di design a un vero e proprio TV, finalmente
pronto da acquistare e montare.
torna al sommario 32
MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Roberto FAGGIANO
Accanto al nuovo smartphone S20 Samsung ha
presentato una nuova versione dei suoi aurico-
lari Buds, denominata ora Buds+ con maggiore
autonomia e un nuovo sistema di controllo del rumore
ambientale con tre microfoni. Il prezzo di listino ufficiale
è fissato a 169 euro ma ci sono parecchie promozioni
o addirittura l’omaggio se si acquista uno smartphone
Samsung. L’autonomia dichiarata è di 11 ore, che raddop-
piano con la batteria inserita nella custodia: tutto som-
mato più che sufficiente per il normale uso quotidiano
ma alcuni concorrenti vantano maggiore autonomia nel-
la custodia. Quest’ultima è molto compatta e quindi fa-
cile da trasportare, non immediato l’inserimento dei due
auricolari nel loro alloggiamento. Per la ricarica si può
usare un cavetto USB-C oppure si può usare la modalità
senza fili con lo stessa tecnologia Qi usata per i tele-
foni. Il controllo della carica della custodia avviene con
un pratico sistema di led colorati a semaforo con luce
verde, gialla o rossa a seconda del livello; l’autonomia
dei singoli auricolari invece si controlla direttamente sul-
l’applicazione, su alcuni modelli di smartphone compare
anche la carica della custodia. Un contributo importante
alla resa sonora dovrebbe venire dai tecnici del marchio
austriaco AKG, specializzato proprio in cuffie e auricolari
che fa ormai parte della grande “famiglia” di marchi con-
trollati da Samsung. Va subito detto che questi auricolari
possono essere usati con qualsiasi smartphone e non
solo con i modelli Samsung. Funzionano anche con gli
iPhone. Anche l’applicazione di controllo è la generica
Samsung Wearable, abbinata però all’estensione de-
dicata proprio a questi Buds+. Dall’applicazione si può
avere sempre sotto controllo la carica dei singoli auri-
colari, una serie di curve di equalizzazione per variare la
risposta in frequenza, l’apporto dei rumori ambientali e
altre impostazioni iniziali di base. Per chi usa uno smar-
tphone Samsung i Buds+ possono entrare nella grande
famiglia dei dispositivi controllabili a distanza in casa e
all’esterno da Samsung Clouds. Sugli auricolari ci sono
anche i comandi a sfioramento per le operazioni dirette
di cambio traccia, pausa e risposta al telefono/fine con-
versazione ma apparentemente non ci sono controlli
per il volume, per abilitare i touchpad a questa fonda-
mentale funzione è necessario entrare nell’applicazione
e selezionare l’apposita voce nella sezione touchpad,
solo a questo punto per poter regolare il volume basta
sfiorare gli auricolari destro e sinistro: forse sarebbe sta-
to meglio impostare questa funzione come principale al
posto di quella selezionata di default. L’abbinamento con
lo smartphone e l’accensione sono invece automatici e
praticamente immediati non appena si apre la custodia.
Concentrato di tecnologiaRiunire tante funzioni in un dispositivo così piccolo è un
vero miracolo di progettazione, ma di sicuro non è sta-
to troppo complesso per Samsung riuscire a inserire in
ogni auricolare un sistema audio con due trasduttori per
bassi e acuti, tre microfoni, il ricevitore bluetooth, i sen-
TEST Prima evoluzione degli auricolari in-ear per gli smartphone Galaxy: più autonomia e nuovo sistema di controllo del rumore ambientale
Samsung Galaxy Buds+, triplo microfono e sound AKGOra ci sono tre microfoni per migliorare le conversazioni. Ma il suono sarà veramente “by AKG”? Ve lo diciamo in questa prova
sori per la ricarica e dare al tutto una forma ergonomica
per potersi inserire nell’orecchio. La forma non è lineare
come quella di altri concorrenti ma rimane comunque
gradevole e disponibile in versione bianca, nera o az-
zurra. La custodia appare altrettanto ben fatta e anche il
coperchio è sagomato internamente per avere il minimo
ingombro possibile. In dotazione troviamo non solo gli
adattatori in diverse taglie e un lungo cavetto usb C per
la ricarica, ma anche delle piccole guarnizioni di diverse
taglie che circondano l’auricolare e migliorano l’isola-
mento dall’esterno.
Praticità d’uso OK, il suono un po’ menoLo diciamo subito: nella prova pratica i Buds+ ci hanno
convinto nell’uso quotidiano, nella praticità dell’app e nel
comfort anche per lunghe ore, ma per la musica si pote-
va fare molto meglio, specie vantando il “sound by AKG”.
Quindi tutto bene per l’autonomia, la praticità e rapidità
della ricarica, l’abbinamento istantaneo al telefono, la
comodità nell’indossare gli auricolari che sono molto
saldi al loro posto (scegliendo l’adattatore giusto). Il si-
stema di controllo dei rumori ambientali è variabile su tre
livelli ma non lo abbiamo trovato decisivo: i rumori entra-
no comunque anche se molto attenuati già in partenza
e il circuito sembra semplicemente amplificarli seppure
con una curva che dovrebbe essere centrata sulle voci.
Per la musica invece andiamo peggio: c’è una domi-
nante di brillantezza che può fare impressione al primo
ascolto ma poi diventa rapidamente stancante, i bassi
sono molto arretrati e tolgono coinvolgimento anche dai
semplici brani in streaming compresso. Si può migliorare
qualcosa inserendo la posizione bass boost nell’equaliz-
zatore ma sarebbe stato più utile un vero equalizzatore
impostabile liberamente piuttosto che delle curve pre-
confezionate, molte delle quali poi tendono ad esaltare
ulteriormente gli acuti. Sicuramente in AKG sanno fare di
meglio e fanno di meglio soprattutto molti concorrenti, a
partire dai Cambridge Audio da poco testati. In questo
senso il prezzo di listino appare eccessivo.
Samsung Galaxy Buds+PROMOSSI A METÀ
169,00 €
I nuovi auricolari Samsung Buds+ si sono rivelati ottimi compagni del nostro smartphone per quanto riguarda la praticità d’uso, il comfort e la comodità dell’applicazione. Dal punto di vista strettamente musicale però ci aspettavamo molto di più, specie partendo dal vantato “sound by AKG” e in relazione al non trascurabile prezzo di listino. Ma per chi li riceverà in omaggio con uno smartphone Samsung naturalmente il discorso è diverso ...
Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo
7 8 8 8 7 77.4COSA CI PIACE COSA NON CI PIACESemplicità d’usoPraticità applicazioneAutonomia auricolari
Prezzo elevatoQualità musicale migliorabile
lab
video
torna al sommario 33
MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Roberto PEZZALI
I modelli sono tre, c’è il P40, il P40 Pro e c’è anche
un P40 Pro+, che arriverà più avanti, e sono tutti 5G.
Huawei rinnova la sua serie più famosa, quella che
a partire dal modello P9 ha saputo dettare quelle che
sono poi le linee seguite da molti altri produttori, quei
principi che negli ultimi anni hanno spinto la fotografia
sugli smartphone ad un livello estremo.
Senza la modalità notte, l’intelligenza artificiale e il sen-
sore super del P20 Pro oggi il mondo degli smartphone
Android sarebbe decisamente diverso fotograficamen-
te parlando: dove un tempo tutti copiavano Apple sulla
fotografia, negli ultimi anni tutto si è spostato su quello
che ha fatto Huawei. A con la serie P40 il colosso cine-
se cerca di spingersi ancora oltre, perché quest’anno
l’ostacolo è più alto del solito: per convincere gli utenti
ad acquistare un prodotto senza servizi Google l’unico
modo è mettere sul piatto un qualcosa che pesa di più.
La domanda è semplice: il P40 è tanto avanzato in ter-
mini fotografici da far dimenticare Google? Lo vedremo
nella nostra recensione, al momento non ci possiamo
sbottonare. Sono tutti smartphone 5G, lo abbiamo già
detto, e sono tutti spinti dallo stesso Kirin 990 che spin-
ge anche il Mate 30 Pro. Rispetto al passato perché c’è
una novità sostanziale: il P40 non è così limitato in ter-
mini di funzionalità rispetto a quello che è il P40 Pro. Ci
sono differenze, ma ci sono anche aspetti che volgono
a suo favore come il prezzo. P40 costerà in Italia 799
euro, P40 Pro 1.049 euro
Schermo senza bordi, curvo e a 90 HzCambia leggermente il design: il P40 è più piccolo, ha
uno schermo da 2340 x 1080 pixel da 6.1”, mentre il P40
Pro e il P40 Pro+ hanno uno schermo da 2640 x 1200
pixel, 6.58”. Lo schermo del modello più piccolo è piatto
e con una cornice uniforme sui lati, mentre lo schermo
del modello da 6.58” è praticamente privo di cornici, lo
schermo “waterfall” curva ai lati. Schermo piatto contro
schermo curvo, quale preferire? Noi non avremmo dub-
bi a riguardo, il piatto sarà meno bello esteticamente
MOBILE Dopo mesi di indiscrezioni Huawei ha svelato ufficialmente la nuova serie P40: tre modelli, tutti 5G, tutta fotografia
Huawei P40 e P40 Pro: caratteristiche e video anteprimaLa domanda da porsi è: il P40 sarà abbastanza avanzato in termini fotografici da far dimenticare Google? Lo vedremo
ma ci sembra sempre più comodo e pratico. Lo scher-
mo può arrivare a 90 Hz di refresh, un buon bilancia-
mento tra consumo energetico e risultato: il framerate
non è costante, i 90 Hz si raggiungono solo quando
serve. Lo schermo ha tecnologia OLED, e nella parte
alta è affogata l’isola con all’interno i sensori aggiuntivi
e la fotocamera frontale.
Un’isola così grande serve per affogare oltre alla foto-
camera frontale anche diversi sensori aggiuntivi, tra i
quali un sensore 3D per lo sblocco anche al buio. Al
sensore di riconoscimento facciale si aggiunge anche il
sensore sotto lo schermo. Huawei dice che è più veloce
e che l’area di sblocco è molto più ampia.
La fotocamera è il vero punto di forzaIl vero punto di forza della serie P è la fotocamera, e il
P40 prova a fare un passo in avanti rispetto a Mate 30
Pro e P30 Pro. Il sensore principale è lo stesso per tutti
e tre i modelli ed è un sensore nuovo: 50 megapixel,
1/1.28”. Siamo davanti a quello che è uno dei sensori
più grossi oggi presenti su uno smartphone, e come il
sensore dello scorso anno è un super sensing, quindi
un sensore con matrice YGGB, filtro giallo al posto del
verde.
Sul funzionamento delle fotocamere faremo un appro-
fondimento dedicato, come sempre, ma nel frattempo
diamo un dato molto importante per capire come ormai
siamo arrivati a raschiare il fondo del barile. Il Mate 30
Pro e il P30 Pro usavano un sensore da 40 megapixel
più piccolo, 1/1.7, ma questo scelta gli permetteva di
usare un obiettivo luminoso, F/1.6 e una apertura focale
di 27 mm, quindi un buon wide.
Per potersi permettere un sensore più grande senza
aumentare lo spessore Huawei ha dovuto mantenere
la stessa distanza focale (non poteva fare uno smar-
tphone più spesso), pertanto la focale equivalente di-
venta di 23 mm e la lente più “buia”, f/1.9.
Per 10 megapixel in più ci si trova davanti ad un obiet-
tivo più tirato come grandangolo, quasi un super wide,
e più chiusa.
Vedremo il risultato, ma quello che per molti è un pas-
so avanti potrebbe alla fine essere un passo indietro.
La differenza potrebbe farla la messa a fuoco: il nuovo
sensore è dual pixel, ogni fotorecettore funziona come
punto di messa a fuoco a ricerca di fase.
Diverso per i modelli anche l’obiettivo super wide: sul
P40 è un 17mm f/2.2 da 16 megapixel, sul P40 Pro e sul
P40 Pro+ è un 40 megapixel da 18 mm f/1.8, ed è quello
che Huawei definisce Cine Camera perché è quella che
viene usata per il super slow motion fino a 7680 fps e
per i TimeLapse in 4K.
Il vero elemento differenziante tra i modelli è però lo
zoom: sul P40 c’è lo stesso modulo del Mate 30 Pro,
3x ottico, 80 mm equivalenti e 8 megapixel, sul P40 Pro
c’è uno zoom telescopico da 12 megapixel con 125 mm
di lunghezza focale f/3.4, ovviamente stabilizzato. La
novità qui rispetto al P30 Pro è l’uso di un sensore di
tipo SuperSensing, quindi RYYB al posto del classico
RGGB, giallo al posto del verde. Dovrebbe migliorare
la sensibilità, e l’obiettivo zoom, con una apertura così
chiusa, ne aveva sicuramente bisogno.
Il P40 Pro+ ha entrambi: ha sia il tele del P40 sia quel-
Huawei P40 Pro La video anteprima
lab
video
segue a pagina 34
torna al sommario 34
MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
lo periscopico del P40 Pro in una versione migliorata
a 10x f/4.4. A cosa serve questo? Semplice: a coprire
dai 3x ai 10x con un obiettivo di migliore qualità e un
sensore vero.
Sul P40 Pro tutte le focali dai 23 mm ai 125 mm usa-
no uno zoom digitale ibrido, e il rischio è che a 8x la
resa finale sia peggiore di quella che invece si ottiene
a 10x, dove interviene l’ottica a periscopio e lavora na-
tivamente.
La vera differenza tuttavia sui modelli precedenti l’aveva
fatta il machine learning, quelle funzioni come la moda-
lità notte o l’effetto acqua che permettevano scatti fino
ad allora impossibili a mano libera. Il nuovo AI Engine
introduce nuova modalità, oltre ad un sistema ritratto
migliorato che si appoggia ad un sensore RGB esposi-
metro che regola anche il bilanciamento del bianco.
Tra queste c’è AI Best Moment, che riconosce alcune
situazioni particolari e pone rimedio in automatico. AI
Best Moment cancella intrusi dalle foto, toglie i rifles-
si dalle foto fatte dietro un vetro, ad esempio in aereo
(finestrino) e riesce a capire qual’è il
momento migliore in cui scattare du-
rante uno sport, ad esempio quando la
mazza impatta la pallina nel golf, quan-
do un tuffatore tocca l’acqua, quando
un cestista sta tirando. Vedremo come
funziona non appena potremo uscire
di casa. Non tantissime le novità lato
video rispetto al Mate 30 Pro: niente
8K, ma c’è il 4K a 60p dalla fotocame-
ra frontale. Altro “pump” di specifiche
che non trova una applicazione prati-
ca. Sui modelli con zoom periscopico, le due versioni
“Pro”, c’è la stabilizzazione migliorata a focali elevate:
sappiamo quanto sia difficile fare una ripresa stabile
con lo zoom se quest’ultimo è imputato ad una focale
molto spinta.
5G su tutti i modelli, Wi-fi 6 e dual SIM8 GB di RAM per entrambi i modelli, 128 GB di storage
per il P40 e 256 GB di storage per il P40 Pro, entrambi
espandibili. Il SoC è il Kirin 990 5G dual sim, al quale è
stato accoppiato un nuovo modulo wireless che abilita
rispetto al Mate 30 Pro il Wi-fi 6 fino a 2.400 Mbps.
Diverse le batterie, 3800 mAh per il piccolo e 4.200
mAh per il grande, con ricarica a filo da 22.5 watt per il
piccolo e da 40 watt per il grande. La ricarica wireless
è invece presente solo sul modello Pro, ed è anche lei
da 40 watt. Altra differenza tra i due la certificazione IP:
IP63 per il P40, IP68 per il P40 Pro.
Come sappiamo non ci sono i servizi Google, c’è An-
droid liscio con HMS. Ed è evidente che Huawei ha
deciso di seguire quello che ha fatto Apple, costruire
un ecosistema tutto suo. Dopo Huawei Video, già lan-
ciata, viene proposta una nuova offerta per il neonato
Huawei Music, e arriva anche MeeTime, una sorta di
“FaceTime” per abilitare le chiamate di gruppo.
Migliora anche la collaborazione e l’integrazione tra
smartphone tablet e MateBook (o
PC Windows): si possono ora gesti-
re con mouse e tastiera molte più
applicazioni quando il computer
è collegato e si possono spostare
facilmente contenuti da smartpho-
ne e computer e viceversa. Basterà
tutto questo per dimenticare Goo-
gle? Lo vedremo con la recensio-
ne. P40 e P40 Pro arriveranno ad
aprile, 799 e 1.049 euro, P40 Pro+
arriverà più avanti.
MOBILE
Huawei P40 e P40 Pro ufficiali
segue Da pagina 33
di Massimiliano DI MARCO
L o Snapdragon 865 costa troppo:
molti produttori smartphone, come
LG e Google, potrebbero semplice-
mente decidere di non usarlo. L’ultimo
chip di Qualcomm spinge fortemente sul
5G, ma a un caro prezzo: i costi finali
dei top di gamma Android sono destinati
a schizzare alle stelle, com’è stato il caso
di Galaxy S20 (commercializzato negli
Stati Uniti con il chip Qualcomm). Molte
società non ci stanno e potrebbero aver
deciso di preferire lo Snapdragon 765G.
Ciò sarebbe vero, per esempio, per i fu-
turi Pixel 5 e 5 XL di Google e per il G9
di LG, secondo le ultime indiscrezioni. Già a gennaio, XDA-Developers riportò
di aver scovato nuovi dispositivi Google
nel codice di Android AOSP e nessuno
di questi adottava il super-chip di Qual-
comm. HMD ha preso la stessa decisio-
ne per il recente Nokia 8.3 che integra,
appunto, lo Snapdragon 765G. Sony
Xperia 1 II, invece, adotta lo Snapdragon
865 e sarà presto disponibile in Europa
al prezzo di 1.199 euro, ben più alto del
precedente top di gamma (949 euro in
Italia). Lo Snapdragon 865 è migliore in
tutto rispetto al 765G. Il primo ha una
configurazione 1+3+4: un core che lavora
a 2,84 GHz, tre core a 2,4 GHz e, infine,
quattro core a 1,8 GHz per gestire le
operazioni più leggere. Lo Snapdragon
765G sfrutta, invece, una configurazione
1+1+6: un core da 2,4 GHz, un altro da
2,2 GHz e sei core da 1,8 GHz. Altre due
differenze da segnalare: lo Snapdragon
865 adotta l’unità grafica Adreno 650,
che abilita anche l’aggiornamento dei driver, laddove il fratello minore sfrutta la
Adreno 620. Inoltre, il chip top di gamma
usa il modem X55, che arriva fino a 7 Gbps in velocità di download, mentre
lo Snapdragon 765G si basa sul modem
X52. L’elemento che più potrebbe fare la
MOBILE Il chip top di gamma di Qualcomm, lo Snapdragon 865, costa troppo: molti produttori potrebbero non volerlo usare
Snapdragon 865 troppo caro: LG e Google non lo voglionoSecondo indiscrezioni, Google e LG avrebbero preferito lo Snapdragon 765G, rispettivamente per i Pixel 5 e 5 XL e per il G9
differenza nelle decisioni dei produttori
hardware, però, è la risoluzione e il refre-
sh rate supportati. Lo Snapdragon 765G
supporta un refresh rate superiore ai 60
Hz soltanto per la risoluzione Full HD+
(120 Hz). Al contrario, lo Snapdragon 865
spinge sui 144 Hz anche per gli schermi
Quad HD+.
torna al sommario 35
MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
di Roberto PEZZALI
L a recensione del P40 Pro richiederà ancora un po’
di tempo, abbiamo avuto solo una settimana, trop-
po poco. Abbiamo fatto il nostro test sulla batteria, stiamo finendo i test sull’audio e stiamo lavorando ad un
super test dei display a 90 Hz e a 120 Hz, ma preferia-
mo aspettare una release software che arriverà in aprile,
che dovrebbe essere quella definitiva. La serie “P” è so-
prattutto fotografia, e proprio per questo motivo abbia-
mo preso questa prima settimana di prova per studiare
al meglio la parte fotografica, approfondirla e cercare di
dare una risposta a quello che tutti vogliono sapere: è
migliore del P30 Pro? E di quanto?
In questo caso non è stato facile, perché le soluzioni pro-
gettuali di Huawei sono molto particolari, forse troppo.
Huawei con il P30 Pro aveva raggiunto livelli eccelsi in
ambito fotografico, e probabilmente migliorarsi era im-
possibile: l’abbiamo detto più volte, esiste un limite fisico
nella fotografia che non si può sorpassare senza mette-
re mano al design del telefono, soprattutto allo spesso-
re. I sensori da 1” usati su alcuni smartphone del passato,
spessi 1.5 cm, non sarebbero utilizzabili oggi, e inserire
un sensore più grande di un 1/1.7” è già un rischio note-
vole per diversi motivi.
Il primo, in ambito mobile, è la messa a fuoco: con un
sensore più grande si può gestire meglio la profondità
di campo, e questo vuol dire che è anche importante
avere una messa a fuoco precisissima. Scattando una
fotografia con un sensore molto grande ad un volto, da
vicino, il rischio di avere la messa a fuoco sul naso e non
sull’occhio è concreto, motivo per il quale molte reflex di
oggi hanno un sistema di messa a fuoco che cerca pro-
TEST L’approfondimento sulle fotocamere del P40 Pro. Ormai siamo arrivati al limite: Huawei era già al top con il P30 Pro
Huawei P40 Pro, la prova fotografica. Qualità e dubbiIl P40 Pro offre qualcosa in più del P30: ci sono diversi algoritmi migliorati interessantissimi, ma ci sono anche compromessi
prio l’occhio. Dal mirino, o dal display, è diffi-
cile cogliere questa differenza, la sorpresa di
avere il fuoco sbagliato il fotografo la trova
poi quando guarda la foto a schermo. Anche
con questi nuovi smartphone dal sensore
grandissimo ci è capitato di trovarci davanti
a foto con il punto di fuoco scelto diverso da
quello desiderato.
La scelta controversa di un sensore da 50 megapixel così grandeHuawei ha deciso comunque di prendersi il rischio, e
usare il sensore più grande possibile: 50 megapixel,
1/1.28”. Lo abbiamo già detto in fase di presentazione:
l’uso di un sensore così grande offre vantaggi in termini
di dinamica ma comporta anche dei sacrifici se dev’es-
sere inserito in un corpo sottilissimo.
E il principale sacrificio in questo caso è un angolo di
campo decisamente ampio per un’ottica wide di smar-
tphone, un 23 mm. Il secondo sacrificio conseguente è
una lente meno aperta.
Il Mate 30 Pro e il P30 Pro usavano un sensore da 40
megapixel (sempre super sensing) da 1/1.7” con un obiet-
tivo f/1.6 e il risultato era un 27mm, il P40 Pro usa un
50 megapixel sempre super sensing da 1/1.28” con un obiettivo f/1.9, più buio, e il risultato è un 23 mm equiva-
lenti di distanza focale. Huawei si è resa conto che non si
poteva utilizzare un 23 mm come fotocamera principale,
l’angolo di visione sarebbe stato eccessivo, e quindi ha
ben pensato di fare un crop dell’immagine ritagliando
l’equivalente di un 27 mm. Nella foto 1 la porzione ri-
tagliata. Non combaciano perfettamente, perché sulla
foto risultante viene applicata una correzione della de-
formazione. P40 Pro in tutte le modalità foto tradizionali
non scatta usando il sensore a 50 megapixel ma scatta
usando una porzione di sensore più piccola equivalente
a questi 40 megapixel.
Le uniche modalità in cui scatta a 50 megapixel sono
lo scatto RAW in modalità pro e lo scatto in una modali-
tà definita “alta risoluzione” che si trova nel sottomenu
segue a pagina 36
Questa foto fatta con il P40 Pro mostra come con un sensore così grande le foto non siano affatto piatte, e proprio per questo bisogna stare molto attenti al fuoco, indicando anche con il dito la zona desiderata. Lasciando fare al telefono si corre il rischio di non avere a fuoco l’area desiderata, perché non sempre viene agganciato l’oggetto più vicino.
1
Scarica le due foto: 23 mm - 27 mm
Huawei P40 Pro Tutto su fotografia
lab
video
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MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
altro. Si può dire tranquillamente che il 99% delle foto-
grafie fatte con un P40 Pro, nonostante il sensore sia
più grande e abbia una risoluzione inferiore, saranno
scattate usando solo un pezzo di quel sensore. Un pez-
zo che equivale per dimensioni e risoluzione allo stesso
sensore del P30 e del Mate 30.
Abbiamo chiesto a Huawei che senso abbia avuto met-
tere un sensore da 50 megapixel per poi non usarlo in-
teramente, e questa è stata la risposta.
“I sensori più grandi richiedono lenti fisicamente più
grandi. Per incorporare il nuovo sensore 1/1,28 UltraVi-
sion con tutti gli evidenti miglioramenti qualitativi nella
nuova serie P40, che misura poco meno di 9 mm di
spessore, Huawei ha optato per un obiettivo da 23 mm.
Allo stesso tempo, il 27mm, essendo una lunghezza
focale più comune e confortevole per le fotocamere a
cui ci si è abituati, viene utilizzato come impostazione
predefinita per quanto riguarda il campo visivo. […] La
Leica Quad Camera del Huawei P40 Pro non ha stati
isolati in cui un sensore lavora con una sola lunghezza
focale per creare un’immagine. Il nuovo HUAWEI XD
Fusion Engine sfrutta sempre le informazioni complete
del sensore e le informazioni attraverso diversi senso-
ri simultaneamente per elaborare l’immagine finale di
alta qualità.” Una spiegazione che non ci ha convinto a
pieno: i dati dell’area periferica tagliata non sono utili in
alcun modo. Potrebbero al massimo essere usati per la
stabilizzazione video digitale e per lo zoom, ma non con-
tribuiscono in alcun modo alla resa dell’immagine.
A nostro avviso, così configurato, il sensore del P40 Pro
è più grande e ha più definizione solo sulla carta (e in
RAW, ma è sempre un 23mm) ma all’atto pratico è un
sensore identico allo stesso ottimo sensore che Huawei
ha messo su Mate 30 Pro e P30 Pro.
Giorno e notte, due situazioni differentiSi potrebbe andare ancora più nel dettaglio, e vedere
come per le foto di notte questa scelta sia ancora più
controproducente. Partiamo da cosa succede quando
c’è luce: il sensore
da 50 megapixel
del P40 Pro scatta
una fotografia che
nativamente ha
8192 x 6144 pixel.
Il processore la
ritaglia automatica-
mente, realizzando
una foto da 7280 x
5456 pixel circa, e
poi la ridimensiona
a 12.5 megapixel
per salvarla come
Jpeg.(2)Tutte le fotografie del P40 Pro sono da 4096 x 3072
pixel, 12.5 megapixel.
E’ un semplice downscaling, ma non si capisce perché
Huawei abbia scelto 12.5 megapixel come risoluzione
finale del file da scattare. Poteva scegliere 10 megapixel,
o 12 megapixel, per uniformare le tre fotocamere, invece
ha scelto 12.5 megapixel.
“La risoluzione standard di 12,5MP è un valore deciso
sulla base di diversi fattori che il team di ingegneri ha do-
vuto considerare nella configurazione complessiva del
sistema complessivo della telecamera; non solo guar-
dando i sensori, ma anche gli algoritmi e l’elaborazione”
questa la risposta dell’azienda.
Ma vediamo ora cosa succede quando si scatta con
poca luce. In condizioni di luminosità critiche i sensori
giganti degli smartphone di oggi, questo vale per tutti,
effettuano quello che si chiama Pixel Binning. Raggrup-
pano i pixel a gruppi di 4, come in questo caso, o di 9,
come nel caso del Galaxy S20 Ultra: unendo i pixel i fo-
torecettori si comportano come un elemento sensibile
di dimensioni maggiori.
Se scattiamo con poca luce il sensore da 50 megapixel
del Huawei P40 Pro diventa un sensore da 12.5 mega-
pixel: gli 8192 x 6144 pixel di partenza diventano 4096 x
3072 in modalità “binned”.
Ma come prima ci troviamo davanti ad una foto scatta-
ta a 23 mm, che Huawei ritaglia per dare all’utente un
27 mm: la foto viene quindi tagliata a 3480 x 2610 (9
megapixel) e poi upscalata per essere riportata a 12.5
megapixel, risoluzione del file risultante. (3)Se prima c’era solo un downscaling, qui c’è anche un
upscaling, questo perché Huawei ha voluto dare un file
da 12.5 megapixel al
posto di un file da 9
megapixel circa. Pren-
diamo per buona la
risposta di Huawei, ma
secondo noi l’ha fatto
semplicemente perché
era consapevole che
le persone, ormai, san-
no che quando c’è un
sensore con tanti me-
gapixel alla fine quelli
reali sono quel numero
diviso per 4: i 48 mega-
pixel diventano poi 12
mp, i 108 megapixel di
Xiaomi diventano 27
mp, i 64 megapixel di
TEST
Huawei P40 Pro, tutto sulle fotocameresegue Da pagina 35
Oppo diventano 16mp. Questo è un 50 megapixel, deve
scattare a 12.5 perché questo le persone si aspettano di
trovare. Si fossero trovati una foto da 9 megapixel qual-
cuno poteva chiedersi come mai succedeva questo, e
non era facile da spiegare. La scelta di un sensore così
grande, gestito in questo modo particolare, ci sembra
dovuta ad un mix di fattori, e il primo è la voglia di far
vedere che il P40 Pro aveva qualcosa di ancora più evo-
luto rispetto al P30 Pro. Qualcuno potrebbe dire “tutto
marketing”, ma a nostro avviso è la dimostrazione che
anche sulle fotocamere siamo arrivati al limite. La ca-
mera principale del P30 Pro non era migliorabile sotto
il profilo delle specifiche tecniche, ma Huawei non ha
avuto il coraggio di tenere lo stesso identico sensore
dicendo “più di cosi non possiamo fare”. Ha voluto di
più, ancora di più, portando all’estremo un comparto già
estremo. L’unica vera miglioria l’ha avuta il P40 Pro Plus
con il doppio periscopio.
Una lente super wide che non è proprio super wideUn discorso simile si potrebbe fare per la lente super
wide, che è un 40 megapixel da 18 mm. Anche qui
Huawei ha sacrificato l’angolo di visione per usare un
sensore gigante. Una lente da 12 mm davanti ad un
sensore così grande non ci stava, era troppo grossa.
Il sensore super wide del P40 Pro, lo stesso del Mate
30 Pro, è il miglior sensore oggi presente su uno smar-
tphone. Ma era più importante la risoluzione o l’angolo
di visione? Cambia anche il formato: se le foto fatte con
la fotocamera principale e con il tele sono in formato
4:3, quelle fatte con il super wide sono in formato 3:2,
quindi più rettangolari. Una nota su quella che invece è
la 16 in 1 Pixel Fusion Technology: questa modalità per
le fotografie non esiste. Huawei ci ha confermato che
“l’obiettivo Cine Lens, ottimizzato per la registrazione
video, permette agli utenti di effettuare riprese chiare e
a basso rumore dove altri non possono con un massimo
di ISO 51200. Per raggiungere questo obiettivo sfrutta
il binning avanzato 16 in 1, a seconda delle necessità.
Non c’è una impostazione manuale per abilitare questa
funzione”. Il 16 in 1 non è quindi una funzione fotografi-
ca, e sicuramente è una di quelle funzioni che devono
ancora essere ottimizzate con la nuova build in arrivo.
Registrando video anche al buio più totale, con l’esem-
plare in nostro possesso, viene usata sempre e solo la
fotocamera principale, mai la Cine Lens Ultrawide sem-
pre che non usiamo la modalità “ampia”.
2
3
Una differenza di angolo tra il super wide del P40 Pro e quello dell’iPhone, che è un 13 mm. Stessa posizione, ma un 13 mm è molto più ampio.
segue a pagina 37
torna al sommario 37
MAGAZINEn.219 / 2006 APRILE 2020
Zoom di ottima qualità, ma intervalli da sistemareCi spostiamo ora sugli zoom, dove anche la gestione dei
livelli di ingrandimento ha bisogno di un leggero tuning.
Tutti i sistemi “zoom” degli smartphone moderni non
sono veri zoom, non c’è elemento mobile. Sono tut-
te lenti a focali fisse ognuna delle quali copre diversi
“range”. Esistono delle focali “native”, che sono quelle
originali dei sensori, e esistono invece focali intermedie
gestite tramite “crop” o interpolazione.
Ecco come dovrebbe gestire le lenti a diversi livelli
di zoom il P40 Pro, cosa che ci ha confermato anche
Huawei. “Lo zoom dell’HUAWEI P40 Pro utilizza una
combinazione di lenti che sfrutta anche i nuovi algo-
ritmi di AI Fusion. Quando si esegue lo zoom oltre il 5x
il sistema di videocamera commuta l’obiettivo princi-
pale sull’obiettivo del periscopio 5x SuperSensing. Ci
vuole un momento molto breve perché il sistema del-
la fotocamera cambi obiettivo, quindi se l’utente, ad
esempio, passa direttamente da 1x a 8x per scattare
una foto immediatamente, è probabile che faccia leva
sulla fotocamera principale, ma se l’utente lascia un
po’ di tempo al sistema per cambiare obiettivo, userà
l’obiettivo del periscopio come ingresso principale.” (4) . Al momento però non funziona così e la gestione
non è perfetta; necessita infatti di un po’ di ritocchi
e crediamo che saranno inclusi nel prossimo update
software. Quando si passa da 0.6x a 0.8x viene utiliz-
zata la fotocamera super wide, come è giusto che sia.
E, in modo intelligente Huawei, a 0.8x (23) mm, passa
al sensore principale sfruttandolo finalmente nella sua
focale. A 1x, come abbiamo detto, usa un “crop” del
sensore principale, e poi continua ad usare un crop
fino ad arrivare a 9x, che equivalgono a circa 240 mm
circa. Qui è dove c’è sicuramente qualcosa che non
va: l’obiettivo tele infatti è un 125 mm equivalente che
dovrebbe intervenire già a 5x, invece non lo fa.
Non succede sempre: in qualche caso, aspettando
qualche secondo, cambia lente, in altri casi resta
fermo sull’obiettivo principale. Deve cambiare a 5x,
come ci ha detto Huawei, cambia a 9x. E non è nep-
pure così veloce nel cambiare. Vedremo se le cose
TEST
Huawei P40 Pro, tutto sulle fotocameresegue Da pagina 36
4
verranno sistemate con la nuova build, perché il tele
periscopico, eccellente, non viene così sfruttato a
pieno.
La qualità dello zoom periscopico resta comunque ai
massimi livelli.
P30 Pro faceva foto eccezionali. P40 Pro anche, ma senza miglioramenti così evidentiCome scatta le foto il P40 Pro? Nella maggior parte
delle condizioni scatta come scattano il Mate 30 Pro o
il P30 Pro. Esistono alcune condizioni particolari dove
il P40 Pro scatta meglio, soprattutto di notte, ma il risul-
tato è dato più dalla componente software che dalla
componente hardware. Huawei è molto furba, perché
comprime pochissimo le foto: un RAW pesa 100 MB,
un Jpeg pesa 12 MB, la compressione è al minimo. Re-
stiamo convinti che come con il P30 Pro, anche con il
P40 un fotografo si trova tra le mani un prodotto ecce-
zionale. Nella prova che uscirà la prossima settimana
e nella sessione live di domani mostreremo qualche
scatto. Bisogna saperlo usare, conoscerlo, perché l’in-
telligenza artificiale spesso fa brutti scherzi e anche
Queste due foto sono state scattate una 204 mm e una a 246 mm. La prima usa il sensore principale, con crop e interpolazione, la seconda usa il sensore tele periscopico ed è nettamente superiore.
Le foto qui sotto sono state fatte usando lo zoom periscopico. In questi casi abbiamo continua-mente mosso il selettore fino a quando non ci siamo resi conto, guardando a schermo, che la lente usata era effettivamente il 125 mm tele.
scattando in RAW non sempre si porta a casa la foto
perfetta. I RAW di alcune fotografie al buio sono orribili,
non sono affatto lavorabili, mentre usando l’AI la stessa
foto viene praticamente perfetta dal punto di vista del
bilanciamento. Huawei ha lavorato ulteriormente sulla
modalità notte, anche se pure in questo caso a nostro
avviso serve un po’ di tuning: 7 secondi di posa auto-
matica portano le foto ad essere troppo innaturali.
Vale la pena comprare il P40 Pro come cameraphone?
Alla luce di quanto detto sopra, nonostante ci siano co-
munque dei miglioramenti rispetto ad un P30 Pro, cre-
diamo che questi miglioramenti non siano tali da creare
un gap enorme con il modello precedente. Modello pre-
cedente, il P30 Pro, che fotograficamente parlando ha
un super wide leggermente più ampio, ma ha anche le
app di Google. Il P30 Pro, considerando la svalutazione,
è oggi il miglior smartphone che si può acquistare se si
vuole imparare a fare ottime foto, senza limitarsi al punta
e scatta. Il P40 Pro offre qualcosa in più, ci sono diversi
algoritmi migliorati interessantissimi, ma ci sono anche
dei compromessi. Resta un cameraphone eccellente,
ma siamo arrivati davvero ad un livello dove è inutile
spingere ulteriormente sull’hardware.
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MAGAZINEn.52 / 2006 APRILE 2020
di Massimiliano ZOCCHI
N ei provvedimenti del Governo a
favore dei cittadini, per fronteg-
giare l’emergenza Covid-19, non
ci sono solo quelli riguardanti il mondo
del lavoro, ma anche tutta una serie di
interventi che riguardano il trasporto
privato. In particolare le norme cerca-
no di alleggerire il carico economico
che pesa sulle spalle dei contribuenti.
Dove il Decreto Cura Italia non è inter-
venuto, ci hanno pensato le Regioni a
porre rimedio, sfruttando la possibilità
di legiferare su tasse di competenza
regionale. Vediamole nel dettaglio.
TRASPORTI Con azioni congiunte di Governo e Regioni, diverse le sospensioni di pagamenti
Bollo, assicurazione, multe e revisioni Tutte le proroghe per CoronavirusLe norme cercano di alleggerire il carico economico che pesa sulle spalle dei contribuenti
Bollo autoLa tassa automobilistica è proprio uno
di quei contributi che sono respon-
sabilità delle singole Regioni e delle
Province autonome. Piemonte, Emilia
Romagna e Lombardia sono già inter-
venute, sospendendo i pagamenti dei
bolli in scadenza, data la situazione eco-
nomica difficile e l’impossibilità di recarsi
presso gli uffici preposti. Le tre regioni,
in analogia, hanno sospeso i pagamenti
che cadevano in queste settimane, fino
al 31 maggio, per riprendere poi da giun-
go 2020, senza ovviamente nessuna
penale in caso di ritardo. Potrebbero in
seguito accordarsi anche altre regioni
con disposizioni simili.
Revisioni e CollaudiPer quanto riguarda le revisioni di legge,
da effettuare dopo quattro anni dall’ac-
quisto di un veicolo nuovo, o ogni due
anni dopo il primo controllo, ci ha pen-
sato il Governo a porre uno stop. Tutti i
veicoli che dovevano essere sottoposti
a revisione entro il 31 luglio 2020, sono
autorizzati a circolare fino al 31 ottobre
2020. La stessa proroga è valida anche
per tutti i veicoli che dovevano sostene-
re visita e prova presso la motorizzazio-
ne oppure il collaudo.
Patenti e scuola guidaAnche nel caso delle patenti è il decre-
to nazionale a mettere una pezza. Tutte
le patenti in scadenza dopo il 17 marzo,
vengono automaticamente prorogate
fino al 31 agosto 2020. Restano quindi
valide per la circolazione, ma non per
l’espatrio. Anche chi la patente la deve
ancora conseguire, o rinnovare, avrà dei
vantaggi. Chi gode di un permesso di
guida provvisorio se lo vedrà automa-
ticamente rinnovato fino al 30 giugno,
nel caso la commissione medica non si
possa riunire. Stessa proroga, 30 giu-
gno, anche per i fogli rosa con scadenza
compresa tra il 1 febbraio e il 30 aprile
2020. Infine c’è una proroga anche per
gli esami di guida: tutti quelli fissati entro
il 30 giugno potranno svolgersi entro 6
mesi dalla data di presentazione della
domanda, senza dover presentare una
ulteriore domanda.
MulteAnche chi si ritrova con multe, verbali
o eventuali ricorsi, riceve un minimo di
aiuto. La scadenza di 60 giorni per il
pagamento è sospesa per le multe tra il
10 marzo e il 3 aprile, e il conteggio dei
giorni ripartirà dal 4 aprile. Stessa data
anche per i 30 giorni per ricorso al Giu-
dice di Pace.
AssicurazioniPer tutte quelle assicurazioni RC che da
contratto non godono della possibilità di
sospensione, il Decreto Cura Italia stabi-
lisce che il “periodo tampone” dopo la
scadenza della polizza, passi da 15 gior-
ni a 30 giorni, periodo in cui viene man-
tenuta la copertura RC. Questo per tutte
le polizze in scadenza fino al 31 luglio.
Ciò significa che oltre a dover avvisare il
cliente 30 giorni prima della scadenza,
l’istituto assicurativo dovrà mantenere
la copertura per altri 30 giorni dal ter-
mine della passata sottoscrizione. Ad
esempio per chi avesse la scadenza
proprio il 31 luglio, avrebbe copertura
RC fino al 30 agosto.
Tesla batte ancora le previsioni: con 88.400 consegne è miglior primo trimestre di sempreNonostante la crisi e l’interruzione delle fabbriche, Tesla realizza il miglior trimestre di sempre sul fronte delle consegne. A pieno regime le potenzialità sono enormi di M. ZOCCHI
Alla fine la previsione ottimistica di Morgan Stanley si è rivelata quel-la più corretta, dato che ipotizzava per Tesla circa 88.000 consegne nel trimestre, numero quasi esat-to viste le 88.400 comunicate in serata dall’azienda. La produ-zione è andata anche ben oltre, con 102.672 vetture prodotte, un numero notevole se si pensa che la Gigafactory cinese è rimasta chiusa diverse settimane, e che lo stabilimento di Fremont non ha potuto assemblare nuove auto durante l’ultima settimana di mar-zo. Sembra quindi che il collo di bottiglia sia rappresentato più che altro dalla velocità di consegna, situazione molto più complicata dovendo consegnare le auto a domicilio tramite trasporto pesan-te. Questi dati significano inequi-vocabilmente che le potenzialità a pieno regime sono enormi. Lo scorso trimestre Tesla aveva rag-giunto il suo record produttivo con 105.000 veicoli, e nonostante le chiusure negli ultimi tre mesi è arrivata corta solo di 2.400 unità. Lo conferma anche il paragone con gli anni precedenti, che stabi-lisce come questo per la casa sia il miglior primo trimestre di sempre.
Rivian: “anche noi subiremo ritardi, ma la fabbrica è a buon punto”La rapida ascesa di Rivian subisce uno stop forzato a causa dell’emer-genza sanitaria in corso negli Stati Uniti. La neonata azienda ha utilizzato un modus operandi diverso da altre nuove realtà, uscendo allo scoperto quando in pratica aveva già un prodotto semi definitivo, e un piano aziendale solido. Questo ne ha decretato il successo, fino agli ingen-ti investimenti da parte di Amazon, che in cambio ha anche ottenutola produzione del suo furgone elettrico. Abbiamo parlato con i ragazzi di Rivian a Las Vegas dove, mostrando-ci la versione di produzione del loro pick-up, ci hanno spiegato che con un lancio graduale arriveranno anche in Italia. Rivian ha rilasciato un comunicato sullo stato di avan-zamento dei lavori e il ridimensio-namento a causa del coronavirus. Appena prima della crisi era stato rilasciato anche un video per mo-strare i progressi nella costruzione della fabbrica, che è a buon punto e ad oggi è ancora più avanti rispetto a quanto si vede nel video.
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MAGAZINEn.52 / 2006 APRILE 2020
di Massimiliano ZOCCHI
L o scorso ottobre il gruppo francese
PSA e FCA avevano annunciato la
reciproca volontà di effettuare una
fusione, che avrebbe portato alla nasci-
ta del quarto gruppo mondiale nel set-
tore automotive. Diversi analisti hanno
visto nell’operazione un vantaggio per
entrambe le aziende, con un portfolio
di marchi e una presenza sul mercato e
nei continenti senza precedenti. In parti-
colare la condivisione delle tecnologie e
delle piattaforme avrebbe portato nume-
rosi vantaggi anche sul fronte dell’elettri-
ficazione, soprattutto per Fiat e sorelle,
che al momento erano ancora orfane di
qualsiasi prodotto anche solo vagamen-
te elettrico.
In questi mesi i dettagli dell’accordo si sa-
rebbero dovuti meglio definire, per arri-
vare al matrimonio annunciato, che però
ora rischia di subire un ritardo non meglio
quantificabile, a causa dell’emergenza
sanitaria in tutto il mondo. È abbastanza
AUTO ELETTRICA L’emergenza Covid-19 ha scombussolato i piani delle due aziende per la fusione
A rischio l’unione PSA-FCA e la 500 ElettricaL’emergenza sanitaria pone seri dubbi sull’arrivo della 500 Elettrica entro il periodo previsto
ovvio che tutte le valutazioni economiche
fatte 6 mesi fa, sulla base di previsioni e
di venduto durante il 2020, non siano ora
più valide, con le vendite in grosso calo,
ma soprattutto con gli stabilimenti chiusi.
È emblematico il caso della Fiat 500
Elettrica, annunciata già in piena crisi,
andata sold out immediatamente per i
primi esemplari, ma la cui produzione è
stata fermata prima ancora di iniziare, il
che pone seri dubbi su quando possano
arrivare sul mercato gli 80.000 esemplari
più volte indicati.
E oltreoceano, dove FCA è conosciuta
soprattutto per il marchio Jeep, le cose
non vanno meglio. L’associazione dei
lavoratori locale ha appena fatto sape-
re che due operai dello stabilimento
Fiat Chrysler sono deceduti dopo aver
contratto il virus, il che lascia presagire
un lungo stop. Ed è proprio Jeep l’altro
marchio che rischia di subire un duro
contraccolpo. Proprio di recente erano stati aperti gli ordini per le prime Jeep elettrificate, che ora quindi rischiano di
essere rimandate a data da destinarsi.
Tesla riapre la Gigafactory New York per costruire ventilatori polmonariDopo la fornitura d’emergenza dalla Cina, Tesla pianifica di costruire ventilatori polmonari direttamente nella Gigafactory dello stato finora più colpito di M. ZOCCHI
Sembra proprio che il pensiero di Elon Musk sull’emergenza coro-navirus sia diametralmente cam-biato. Siamo passati in pochi gior-ni, dal minimizzare (pratica a dire il vero in comune con molti ame-ricani) al trovare 1.255 ventilatori polmonari in 24 ore e trasportarli d’urgenza su suolo americano.Ora si aggiunge un altro capito-lo, con la Gigafactory New York, a Buffalo, appena chiusa per il lock down imposto dalle autorità, pronta a riaprire per produrre in loco ancora ventilatori polmo-nari, per supportare gli ospedali dell’area per ora più colpita degli Stati Uniti.Proprio Musk ha dichiarato che “Giga New York riaprirà per la produzione di ventilatori polmo-nari, al più presto per quanto umanamente possibile” e che “faremo qualsiasi cosa in nostro potere per aiutare i cittadini dello Stato di New York”. Ci sono inoltre nuove conferme che potrebbe riaprire per lo stes-so motivo anche lo stabilimento di Fremont, come suggeriscono le dichiarazioni di Omar Ishra, CEO di Medtronic, uno dei prin-cipali produttori di macchine me-dicali, che dice di aver trovato accordi con Tesla.
di M. ZOCCHI
L ’elettrica Jaguar I-Pace, la prima
vettura a batteria di Jaguar Land
Rover, rappresenta una buona fetta
delle vendite del costruttore inglese, che
è destinata ad aumentare con l’arrivo di
nuove proposte 100% elettriche. JLR in-
fatti ha bisogno come l’aria di aumentare
la quota di veicoli meno inquinanti, per
via dei consumi piuttosto elevati dei suoi
SUV a motore endotermico, e le multe
dell’Unione Europea sono come una spa-
da di Damocle. Per questo, come rivelato
da Autocar, la casa si sta preparando a
espandere la propria offerta, in primo
luogo aggiornando e modificando il suo
storico stabilimento di Castle Bromwich.
Gli investimenti per preparare il sito alla
costruzione di auto elettriche ammontano
a circa un miliardo di sterline. Tra queste,
è ormai sicuro l’arrivo della Jaguar XJ,
una sedan elettrica il cui design dovrebbe
AUTO ELETTRICA Jaguar prosegue nel programma di elettrificazione con tre nuove proposte
Nuove auto elettriche da Jaguar Land Rover In arrivo i modelli XJ, J-Pace e Road RoverNel frattempo adatta le fabbriche inglesi, come lo storico stabilimento di Castle Bromwich
essere svelato entro la fine dell’anno, a
cui seguirà la J-Pace, un imponente SUV
elettrico che potrebbe riprendere lo stile
della stessa XJ. Infine arriverebbe una
elettrica anche per il brand Land Rover,
auto conosciuta per ora con il nome in
codice di Road Rover. Tutte queste nuo-
ve proposte dovrebbero essere costruite
sulla nuova piattaforma modulare MLA
(Modular Longitudinal Architecture), un
progetto in grado di alloggiare ogni tipo
di motorizzazione e abbassare così note-
volmente i costi per un costruttore tradi-
zionale come JLR. Anche la I-Pace, in una
ipotetica versione aggiornata, potrebbe
passare alla MLA, abbandonando il telaio
progettato appositamente. In questo caso
la produzione di I-Pace, ad oggi affidata
a Magna Steyr, in Austria, potrebbe rien-
trare in casa, sempre a Castle Bromwich.
Tutte le nuove vetture basate sulla MLA
avrebbero una batteria da 90.2 kWh.
torna al sommario 40
MAGAZINEn.52 / 2006 APRILE 2020
di Massimiliano ZOCCHI
L a quarantena dovuta all’emergenza
coronavirus sta costringendo mil-
ioni di cittadini a restare barricati in
casa, e tra questi ci sono sicuramente
anche proprietari di auto elettriche.
Mentre le vetture con motore endo-
termico non soffrono di particolari
problemi causati da un lungo fermo (ad
eccezione forse delle batterie 12 volt
usurate), per quelle elettriche invece è
necessario avere qualche accortezza
in più. È risaputo infatti che queste vet-
ture, anche se spente e ferme, hanno
alcuni sistemi basilari sempre attivi che
consumano molto lentamente la bat-
teria di trazione. A questo bisogna ag-
giungere che la stessa batteria al litio
soffre di una piccola autoscarica, nel-
l’ordine di circa il 3% ogni mese. Que-
sti problemi, quando le auto vengono
quotidianamente utilizzate e ricaricate,
sono normalmente ininfluenti, ma a vet-
tura ferma ci possono essere dei danni,
anche gravi, alla batteria. Un batteria, se
utilizzata e stoccata correttamente, può
durare anche più di 10 anni, evidenzian-
do un degrado del 30% rispetto alla sua
capacità iniziale. Vediamo quindi cosa
fare e cosa non fare.
Batteria completamente scarica, da evitare assolutamenteSi potrebbe pesare che lasciare la bat-
teria completamente a riposo possa es-
sere una buona idea, ma in realtà é tutto
l’opposto. Una batteria al litio di un’auto
elettrica, una volta arrivata allo 0% non
è in realtà completamente scarica, ma
mantiene una carica di riserva che non
é utilizzabile dall’utente, ma che é co-
munque molto bassa. Subendo la nor-
male autoscarica si rischierebbe di farla
andare sotto i valori minimi di
sicurezza, che sono spesso cir-
ca 2.5 volt. Sotto questa soglia
si rischia di innescare reazioni
chimiche nei componenti che
porterebbero a danni irreversi-
bili. Una batteria che avesse su-
bito questo trattamento, quando
riutilizzata, potrebbe non funzio-
nare più correttamente, o avere
interi moduli ormai difettosi.
AUTO ELETTRICA Per chi ha un’auto elettrica e deve restare in casa c’è anche un altro problema
Coronavirus e auto elettricaIl giusto livello di carica a vettura fermaA differenza delle auto con motore endotermico, le elettriche necessitano di qualche accortezza
Batteria completamente carica: meno grave, ma non idealeQuindi meglio ricaricare la vettura al
100%? In realtà la risposta è no, perché
anche in questa situazione la batteria al
litio va incontro a un’usura prematura.
Ma quindi anche durante l’uso quotidia-
no non conviene caricare completamen-
te? Sebbene sia comunque uno stress
per l’accumulatore, in realtà nell’uso
normale la carica al 100% non rappre-
senta un grave problema in quanto l’au-
to quasi sempre viene immediatamente
(o dopo poche ore) utilizzata, spostan-
dosi quindi dal valore massimo.
Invece per una vettura che deve neces-
sariamente restare ferma, avere la bat-
teria al 100% può rappresentare un pro-
blema, dato che non è possibile stabilire
a priori per quanto tempo dovrà restare
bloccata. Un giorno non rappresenta un
problema rilevante; 15 giorni possono
già essere significativi; un mese potreb-
be causare danni, anche considerando
l’autoscarica che mitiga il problema.
Quale valore di carica mantenere?Non c’è una risposta assoluta a questa
domanda, ma considerando i fatti prima
esposti, con un minimo di buon senso,
si potrebbe dire che il valore ideale del-
la ricarica per un veicolo elettrico fermo
deve essere tra il 50% e il 75%. Questi
valori rappresenterebbero una buona
distanza di sicurezza dalla carica tota-
le, e al tempo stesso anche un ottimo
margine per non doversi preoccupare
dell’autoscarica.
Ogni utente poi deve imparare a cono-
scere la propria auto, dato che alcune
hanno sistemi più energivori e potreb-
bero necessitare di più carica, mentre
altre non subiscono autoscarica quasi
per niente. Quindi questo è sufficiente
per mantenere un’auto elettrica e la
sua batteria al litio perfettamente ef-
ficiente? Se il proprietario dovesse
notare un decadimento della carica,
sarebbe opportuno effettuare una pic-
cola ricarica, anche tramite wallbox o
caricatore casalingo a bassa potenza.
Bisogna poi avere cura della batteria 12
volt, quella che anche nelle auto elet-
triche gestisce i servizi. Nel caso delle
auto con motore a combustione, le bat-
terie a 12 volt si ricaricano quando la
vettura è in moto, grazie all’alternatore.
Nelle auto elettriche invece traggono
energia dalla batteria di trazione, ma
solo in determinate situazioni. Ad es-
empio, la Renault Zoe, anche se spenta
e ferma, fornisce energia dalla batteria
principale a quella dei servizi semplice-
mente aprendo la portiera. È bene
dunque scoprire per la
propria auto quali sono
le procedure corrette,
ed effettuarle periodica-
mente. Paradossalmente,
un’auto elettrica con una
batteria di trazione per-
fetta e carica, non fareb-
be nemmeno un metro
con la batteria 12 volt
defunta.
Ford e il lock-down, lo sviluppo della Mustang Mach-E continua in smart workingGli ingegneri Ford continuano lo sviluppo della Mach-E anche a distanza, con prototipi parcheggiati sotto casa di M. ZOCCHI
Anche Ford, suo malgrado, è fini-ta tra le case automobilistiche con nuovi progetti in corso, che ora su-biscono gli effetti dell’emergenza coronavirus. In particolare ci rife-riamo alla Mustang Mach-E, ormai ufficialmente lanciata, ma ancora in fase di sviluppo e test, prima di approdare alla produzione di massa. Come diversi concorrenti, Ford ha dovuto ridurre al minimo la forza lavoro, fermando tutte le attività principali, tra le quali ovvia-mente anche lo sviluppo di nuovi progetti. Così gli ingegneri che stavano lavorando all’affinamento del software di Mach-E sono finiti a casa, dove pare però che stiano continuando a lavorare. Aleyna Kapur, specialista della comunica-zione tra software e hardware, ha raccontato a Detroit News la sua esperienza. L’ingegnere ha potu-to portare a casa un prototipo di Mustang Mach-E e una volta com-pletata una modifica al software, lo carica in auto, si mette al volante ed esegue un semplice giro del-l’isolato. Controlla i dati, modifica, torna in auto, e così via. Ovvia-mente questo metodo può essere utilizzato solo per alcuni parametri che non riguardano terreni difficili o condizioni di guida più estreme, ma serve comunque per non te-nere fermo il lavoro. I dipendenti possono poi condividere le loro esperienze in smart working.
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MAGAZINEn.52 / 2006 APRILE 2020
di Massimiliano ZOCCHI
I l mondo della mobilità sta subendo
una rapida trasformazione, e sono tanti
i costruttori storici che si stanno adat-
tando a questo cambiamento. Tra questi
figura anche BMW, che oltre al consueto
mercato di automobili e motociclette ora
vende anche soluzioni per la mobilità ur-
bana. Che sia un commuting alternativo
all’auto, o il semplice percorso dell’ultimo
miglio, c’è una proposta adatta a tutti.
I prodotti di punta di questo nuovo set-
tore sono ovviamente le eBike, in questo
caso declinate per le strade della città
e non per attività sportiva. Si parte dalla
BMW Active Hybrid, con telaio in allumi-
nio e design tipicamente da bici da stra-
da, ma con forcella ammortizzata Suntour
NCX. È spinta dal motore Brose Drive S
Alu, e da una batteria integrata nel tubo
obliquo, di cui però mancano i dettagli.
Prezzo di 3.624 euro.
Con lo stesso nome è presente a cata-
logo anche un altro modello, con design
“bullneck”, sempre con motore Brose, e
con batteria da 504 Wh. Anche la forcella
è sempre una Suntour, mentre il cambio è
uno Shimano XT a 10 velocità. Quest’ulti-
URBAN MOBILITY BMW ha saputo adattarsi alle nuove esigenze dei clienti, oltre auto e moto
La mobilità urbana secondo BMW eBike, monopattini e prodotti per bambiniNel ricco catalogo, tra eBike e diverse soluzioni alternative, c’è una proposta adatta a tutti
ma si può acquistare direttamente sullo store online, dove è proposta per 3.520
euro. Completa la line up delle eBike il
modello più economico Urban Hybrid,
con forcella non ammortizzata e motore
elettrico nel mozzo della ruota posteriore.
Il prezzo in questo caso scende a 2.589
euro. Per la nuova mobilità urbana non
potevano ovviamente mancare i mono-
pattini. BMW propone anche un modello
non elettrico, a spinta, con design tipico
di prodotti simili, con il logo BMW che
campeggia al centro del manubrio. Costo
di 205 euro. C’è poi il modello elettrico,
chiamato semplicemente eScooter, con
motore da 150 W integrato nella ruota
posteriore, e batteria da 115 Wh.
Il monopattino offre diverse modalità di
potenza, la Personal, con velocità fino 6
km/h, Eco fino a 14 km/h, Standard 16 km/
h e Sport con picco di 20 km/h. Il prezzo,
date le caratteristiche, non è particolar-
mente invitante con i suoi 827 euro.
Infine segnaliamo alcuni prodotti dedica-
ti ai bambini, ma con il design e l’atten-
zione alla progettazione tipiche di BMW.
Il Kids Scooter, dedicato ai più piccoli,
può trasformarsi da triciclo a monopatti-
no a tre ruote. Per chi vuole imparare ad
andare in bici c’è poi la Kidsbike, dalla
quale possono essere asportati i peda-
li per esercitare l’equilibrio. Infine per i
più grandicelli, abbiamo la Junior Cruise
Bike, simile a una BMW nelle linee. An-
che questa ha un prezzo in stile BMW,
492 euro.
Il Coronavirus è sconfitto: Volvo inizia la produzione della Polestar 2 in CinaDopo le chiusure forzate per l’emergenza Coronavirus, le fabbriche cinesi ripartono, compresa quella dove viene assemblata la Polestar 2 di M. ZOCCHI
La produzione della Polestar 2, la prima auto elettrica del marchio dedicato di Volvo, sta finalmente per iniziare, grazie al ridimensio-narsi dell’allarme sul coronavirus in Cina. Volvo infatti, e di con-seguenza anche Polestar, è di proprietà della cinese Geely, che intende produrre le vetture nel suo stabilimento della provincia di Zhejiang. La casa rende noto che la produzione può partire in quanto con le attività di prevenzio-ne non sono stati registrati nuovi casi di contagio. In particolare ad ogni inizio turno è stata registrata la temperatura corporea di ogni la-voratore e reso obbligatorio l’uso della mascherina in ogni momen-to, nonché la distanza di sicurezza tra i lavoratori. Secondo le ultime dichiarazioni sembrerebbe che la tabella di marcia non sia stata intaccata dai recenti problemi. I clienti dovrebbero quindi poter ricevere la Polestar 2 entro la pri-ma metà del 2020. La Polestar 2 è la prima completamente elettrica (dopo l’ibrida plug-in Polestar 1) ed ha circa 440 km di autonomia, con una batteria da 78 kWh. La poten-za di ricarica, in DC, può arrivare fino a 150 kW. La Polestar 2 ha un prezzo di partenza di 59.900 euro per la Launch Edition, dopo la qua-le arriverà anche una variante più economica a circa 45.000 euro.
di M. ZOCCHI
Abbiamo parlato spesso di Lucid Mo-tors, azienda nata sulle orme di Te-
sla, grazie anche ad ex-dipendenti.
La casa punta al settore delle berline di
lusso, con caratteristiche ed equipaggia-
menti da primissima classe. Dopo diverse
peripezie economiche, Lucid è tornata
in pista grazie ad un investimento da
un miliardo di dollari dall’Arabia Saudita.
Così ha potuto finalmente iniziare i la-
vori per la prevista fabbrica in Arizona,
e si attendeva la presentazione finale
della versione di produzione ad aprile,
durante il New York Auto Show. A causa
però dell’emergenza coronavirus il Sa-
AUTO ELETTRICA Lucid Motors posticipa la presentazione della Air per l’emergenza sanitaria
Lucid Motors ritarda la produzione e rimanda la Air Riuscirà a rispettare le consegne entro il 2020?Questo ritardo pone seri dubbi anche sulla possibilità di rispettare la tabella di marcia iniziale
lone è stato annullato, e
per vedere la Air, così si
chiama la prima vettura,
bisognerà ora attendere
fino ad agosto. L’azien-
da per ora non teme un
grosso contraccolpo,
come specificato dal
CEO Peter Rawlinson,
A quanto apprendiamo,
la catena di montaggio era già a buon
punto prima dello stop, con diversi mac-
chinari già pronti. La posizione finanzia-
ria inoltre resta sicura, con una buona
liquidità. Tuttavia questo ritardo pone seri
dubbi sulla possibilità di rispettare la ta-
bella di marcia iniziale, che prevedeva le
prime consegne entro il 2020. Lucid Air,
con sistema a 900 Volt, 640 km di auto-
nomia, 1000 CV di potenza e un prezzo
sopra i 100.000 dollari, potrebbe arrivare
non prima del 2021.
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MAGAZINEn.52 / 2006 APRILE 2020
di M. ZOCCHI
Xiaomi è un’azienda non convenzio-
nale, che spesso funziona come
un incubatore di progetti altrui. È il
caso della mini eBike HiMo H1, già lancia-
ta in Cina e venduta tramite diversi canali,
che ora diventa ufficialmente disponibile
in tutto il mondo, tramite la campagna aperta su Indiegogo. Il fatto che venga
usato il crowdfunding non deve preoccu-
pare, infatti il profilo aziendale è consoli-
dato e molto sicuro, e il meccanismo del
pre-finanziamento è stato utilizzato solo
per evitare una sovraproduzione.
Fin dagli esordi HiMo H1 ha ricevuto nu-
merosi riconoscimenti e attestati di stima,
per l’idea originale e la qualità della rea-
lizzazione, nonché il Reddot Award per il
design. Il prodotto in realtà è uno strano
ibrido tra monopattino e bici. Se infatti la
forma del minuscolo telaio ricorda quel-
la di una bici, il funzionamento è simile
a quello di un monopattino con sellino,
senza pedali e con acceleratore. Il moto-
BICI ELETTRICA L’azienda cinese, dopo il lancio in patria, ha aperto gli ordini in tutto il mondo
Xiaomi HiMo H1, l’eBike che diventa mini Arriverà in Italia, dove però è illegaleLa eBike si piega e diventa piccola come uno zaino, ma in Italia fa parte dei veicoli vietati
re integrato nella ruota posteriore ha una
potenza di 180 W, mentre la batteria ha
una capacità di 270 Wh, sufficienti per
una autonomia fino a 30 km. Con queste
caratteristiche non ci si possono aspet-
tare prestazioni incredibili, con velocità
massima di 18 km/h. Il successo di HiMo
H1 dipende più che altro dalla sua estre-
ma trasportabilità, con una dimensione,
una volta ripiegata, talmente ridotta da
poter entrare in uno zaino, e con un peso
di 14.5 kg. A 11 giorni dal termine, la cam-
pagna ha già raggiunto il 1313% dei fondi
stabiliti, e sono disponibili ancora i super
early bird con prezzo scontatissimo. Una
HiMo H1 può essere acquistata a 424
euro, ai quali aggiungere 50 euro di spe-
se di spedizione in Italia, comprensive di
eventuali dazi e tasse. Il problema, dalle
nostre parti, risiede nella natura del vei-
colo. L’assenza dei pedali non permette
che venga classificato come eBike, e la
presenza del sellino ne vieta l’uso come
monopattino elettrico, relegandone quin-
di l’uso alle sole aree private e villaggi
vacanze chiusi al traffico.
Thok MIG-NZ Limited Edition, eBike italiana in salsa All BlacksIl distributore australiano di Thok e-Bikes ha realizzato una edizione limitata della MIG-R dedicata alla Nuova Zelanda di M. ZOCCHI
Il marchio Thok e-Bikes è al 100% italiano, ma è apprezzato da mol-ti rider in tutto il mondo, tanto da essere arrivato fino in Australia e Nuova Zelanda, tramite il distribu-tore ufficiale Ride Sports. Proprio loro hanno realizzato la MIG-NZ Limited Edition, una versione spe-ciale in soli 5 esemplari avente per base la MIG-R e modificata nel co-lore e in alcuni componenti.I colori non potevano che essere il nero e il bianco, tipici colori spor-tivi della Nuova Zelanda, che in molti conoscono grazie alla squa-dra di Rugby degli All Blacks. E sul tubo orizzontale fa bella mostra di sé proprio la “Silver Fern”, la felce simbolo di Aotearoa. Come detto, la base è la classica MIG-R, quin-di con lo stesso telaio in alluminio 6061 idroformato che integra il motore Shimano STEPS E8000 e la batteria da 504 Wh. Le sospen-sioni invece hanno avuto un up-grade, con la forcella Cane Creek Helm, con escursione da 160 mm, e l’ammortizzatore Cane Creek DBCoil. Anche per la ciclistica ci sono diverse modifiche, partendo dai freni che sono SRAM RSC con dischi da 200 mm su entrambe le ruote, fino al cambio, anch’esso SRAM, con Eagle X01 a 11 veloci-tà. Chiudono la dotazione le ruote Mavic Deemax gommate Maxxis.Essendo un prodotto preparato dall’importatore oceanico, la bici si trova solo sul loro store online, al prezzo di 12.499 dollari australiani, ovvero circa 6.960 euro.
di M. ZOCCHI
H anno fatto il giro del mondo le im-
magini delle maschere da snorke-
ling Easybreath di Decathlon,
trasformate in maschere respiratorie
d’emergenza, in una gara di solidarietà
per aiutare le strutture sanitarie durante
la crisi coronavirus. Ora un’altra azienda
italiana si mette in campo per suppor-
tarne la produzione, la CRP Technology,
che molti conoscono meglio per una sua
derivazione, la Energica Motor Company.
CRP ha notevole esperienza industriale
nella stampa 3D, con materiali tecnici e
nel caso specifico si è concentrata nella
realizzazione di valvole e raccordi per le
maschere, stampate in Windform P1 con
la tecnica denominata HSS (High Speed
Sintering).Nella sede di Modena, in meno
MOBILITÀ SOSTENIBILE CRP Technology ha notevole esperienza industriale nella stampa 3D
Emergenza Coronavirus, CRP Technology (Energica) costruisce valvole per maschere facciali DecathlonPer l’emergenza si è concentrata nella realizzazione di valvole e raccordi per le maschere
di 24 ore, il dipartimento
di Rapid Prototyping di
CRP Technology ha rea-
lizzato diversi prototipi
pronti all’uso di valvole
per respiratori e di rac-
cordi per maschere fac-
ciali respiratorie d’emer-
genza.L’Ingegner Franco
Cevolini, Vice Presiden-
te e Direttore Tecnico di
CRP Technology, spiega che l’azienda ha
voluto dare il suo contributo ed ha così
stampato diverse valvole denominate
“valvole Charlotte”. Sono valvole per le
maschere respiratorie d’emergenza idea-
te dal Dottor Renato Favero e Isinnova,
che vanno per l’appunto ad adattare le
maschere acquatiche già in commercio,
e realizzate su brevetto registrato da Isin-
nova per evitare speculazioni sul prezzo.
La stessa stampa di CRP è stata realizzata
utilizzando il file 3D di Isinnova, che ne ha
lasciato libero l’uso per garantire la più
alta produzione possibile. Infine Cevolini
specifica che per ovvi motivi né le ma-
schere, né i componenti sono certificati,
ma il loro uso è consentito tramite accet-
tazione scritta del paziente.
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MAGAZINEn.52 / 2006 APRILE 2020
di Massimiliano ZOCCHI
C’era attesa per il primo prodotto
della neonata Forestal, casa con
sede ad Andorra, e questa attesa
è terminata, perché è possibile pre-ordi-
nare la loro prima eBike, la Siryon, diret-
tamente online. Per entrare nel mercato,
sempre più florido, delle eBike, Forestal
non ha di certo scelto la strada più sem-
plice, magari utilizzando telai importati o
motori stock, ma ha preferito fare le cose
in grande, cercando di dare uno scosso-
ne al settore. E se dovesse consegnare in
tempo quanto promesso, sarebbe davve-
ro un colpo non da poco, con telaio in car-
bonio con forme innovative, componenti
integrati per mantenere pulizia esterna, e
parte elettrica realizzata appositamente.
Partiamo dal telaio, come detto realizzato
in carbonio, unico materiale che avrebbe
permesso il design scelto da Forestal. Il
tubo superiore infatti si apre in due par-
ti, dove va ad innestarsi l’alloggiamento
dell’ammortizzatore. Particolare anche il
carro posteriore, che non è costituito dai
BICI ELETTRICA Forestal, casa con sede ad Andorra, apre i pre-ordini per la sua prima eBike
Forestal Siryon, l’eBike leggerissimaColpiscono i componenti customDebutto in grande: motore sviluppato in proprio, display touch integrato. È la vera innovazione?
classici foderi superiori
e inferiori, ma da un uni-
co braccio rinforzato. Le
possibilità di lavorazio-
ne del carbonio hanno
consentito anche l’in-
serimento di un altro
elemento caratteristico,
il display nel tubo su-
periore. Il telaio, senza
batteria e motore, pesa
solo 2.4 kg. Dicevamo quindi del display,
un touch screen da 3.2”, perfettamente
incastonato nel tubo superiore, mostra i
classici dati come livello di potenza e bat-
teria residua, e oltre a evidenzia la con-
nettività con i vari sistemi esterni, oltre ad
indicare accelerazioni G e tempi di volo
nei salti, grazie ai sensori integrati. Tutti i
dati e le statistiche sono completati anche
dall’app dedicata per smartphone.
Come accennato, la parte elettrica e
motoristica della Forestal Siryon è stata
appositamente sviluppata. Il motore, che
prende il nome di EonDrive, ha visto la
collaborazione di Bafang, e segue la stra-
da di altri modelli già visti, ovvero com-
pattezza e leggerezza, a scapito di pre-
stazioni più estreme. Il lavoro però svolto
dalle due aziende pare aver portato ottimi
frutti, dato che EonDrive ha ben 60 Nm di
coppia, nonostante i soli 1.95 kg di peso.
Questo è stato possibile grazie a un desi-
gn dedicato e all’utilizzo di materiali come
magnesio e titanio, sia per l’involucro che
per diverse parti interne. Completa il tan-
dem elettrico la batteria, Aurora battery,
da 350 Wh. Anche qui quindi si persegue
la strada delle specifiche sotto misura per
ottenere leggerezza e pulizia di design.
Forestal dichiara tuttavia la possibilità di
aggiungere un range extender per ulte-
riori 350 Wh. Anche per la batteria ha gio-
cato un ruolo fondamentale l’esperienza
di Bafang. Anche sul fronte ciclistico
troviamo componentistica non comune.
La forcella ad esempio è una DVO Onyx
Coil, e stesso brand anche per l’ammor-
tizzatore, un DVO Jade X Coil, entrambi
con 170 mm di escursione. Il reggisella te-
lescopico è un Crankbrothers Highline 7,
con regolazioni a 125, 150 e 170 mm. Per i
freni la scelta è ricaduta sui Magura MT7,
con dischi da 203 e 170 mm. Anche per le
ruote si cerca la massima leggerezza, con
cerchi in carbonio Crankbrothers Synthe-
sis E da 29”. Il cambio è uno SRAM GX-Ea-
gle. La disponibilità è data per le taglie S,
M, L e XL, con un peso di solo 17.4 kg.
Il capitolo disponibilità e prezzo non po-
teva che seguire la particolarità di questa
eBike. Al momento Forestal ha aperto i
pre-ordini sul suo sito, per poter essere
uno dei 999 fortunati che acquisteranno
la Edition One. È possibile versare una
caparra di 2.000 euro, ed effettuare alla
consegna un saldo di 5.999 euro, oppure
ottenere uno sconto di 500 euro (oltre a
tre set di gomme), pagando subito l’intero
importo di 7.499 euro. Il tutto con conse-
gne previste ad ottobre 2020.
Tesla Solar Gateway, il cervello che gestisce le tegole fotovoltaicheTramite il manuale delle tegole fotovoltaiche Solarglass scopriamo il nuovo Gateway che controlla tutte le funzioni e la produzione di M. ZOCCHI
Tesla sta spingendo forte non solo sul settore delle auto, ma anche e soprattutto sul suo comparto energetico, che rappresenta una potenziale crescita superiore a quelle delle auto elettriche. Il pro-dotto di punta è il Solar Roof V3, il tetto fotovoltaico composta dalle tegole Solarglass. Prima degli stop alle fabbriche americane, la produ-zione era arrivata a circa 4 MW per settimana e oggi grazie a Electrek.co possiamo dare un primo sguar-do al manuale utente.L’app per smartphone di Tesla può monitorare l’installazione Solar-glass, così come fa già per i vei-coli o per l’accumulo PowerWall. Sull’app si può vedere in tempo reale la produzione dell’impianto, e come questa venga suddivisa tra consumi dell’abitazione, accumu-lo (se presente) e scambio con la rete. Grazie al manuale, possiamo anche vedere per la prima volta il Tesla Solar Gateway, il cervello che viene fornito per gestire le funzio-ni del tetto solare e connettere il sistema all’interno, e così all’app mobile. Nel manuale sono anche riportati alcuni passaggi per il col-legamento del dispositivo, che va collegato al router di casa con un cavo ethernet.v In un passaggio finale del manuale scopriamo che anche negli Stati Uniti gli impianti fotovoltaici non possono funziona-re in caso di balckout, ma è neces-sario possedere un accumulatore come Tesla PowerWall.
AUTO ELETTRICA Lo specialista Munro svela molti particolari
Come è costruita Tesla Model Y? Ecco i video con tutti i segreti
di M. ZOCCHI
N egli Stati Uniti sono già iniziati i cosiddetti “teardown” della Tesla Model Y, ovvero
procedure per scoprire dettagli su un prodotto, disassemblandolo se necessario.
E non poteva che essere lo specialista Sandy Munro ad occuparsi per primo
dell’ultima arrivata di casa Tesla. L’approccio di Munro è molto professionale, e realizza
diversi video, pubblicati sul suo canale YouTube, divisi in base all’argomento trattato. Sul
suo sito saranno poi disponibili dei report completi, a prezzi decisamente non popolari.
In un primo video Munro si è occupato di una delle criticità che affliggevano la Model
3, ovvero l’allineamento corretto dei pannelli della carrozzeria. Durante la sua analisi ha
evidenziato alcuni problemi, soprattutto al posteriore, ma definendo il lavoro in gene-
rale “abbastanza buono”.Si è passati poi al
frunk, come viene chiamato il vano bagagli
anteriore, dove Munro ha scoperto rivesti-
menti approssimativi e punti di ancoraggio
danneggiati. Problemi poco gravi ma che
sottolineano una cura dei dettagli che può
essere migliorata. Progressivamente Mun-
ro sta analizzando tutta la vettura, passan-
do alle sospensioni, cablaggio, sistema di
raffreddamento, e molto altro. Sandy Munro Tesla Model Y