2) Les Voix Du Monde

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SINGHIOZZO O HOCHETUS? GLOSSARIO Accordo (polifonia di accordi): si caratterizza per una simultaneità di 3 o più suoni la cui organizzazione implica un controllo degli intervalli sovrapposti. Ambito: distanza fra il suono più grave e il più acuto di un pezzo musicale. Ancia: secondo la definizione dell’acustico H. Bouasse, un’ancia si definisce come “ogni apparato la cui vibrazione è mantenuta da una corrente gassosa e che reciprocamente determina una periodicità di forma o di portata di questa corrente”. Nel caso dell’apparato fonatorio le corde vocali possono essere assimilate a delle ance messe in vibrazione dalla colonna d’aria sotto la glottide che esse spezzettano in soffi successivi per creare un suono. Antifonia: si riferisce a due gruppi vocali differenti che si alternano e si rispondono. Non si tratta, ad essere rigorosi, di polifonia in senso proprio, perché non c’è necessariamente sovrapposizione, ma l’intenzione, per così dire, è già plurale nella misura in cui nessuno dei due cori incarna da solo la totalità musicale. Fasce ventricolari: l’insieme della laringe – comprese le corde vocali – è rivestito di una fine mucosa le cui due pieghe, al di sopra del piano della glottide, costituiscono le fasce ventricolari, o false corde vocali, che delimitano così due piccole cavità chiamate ventricoli di Morgagni. Bordone: una polifonia con bordone si differenzia dalla diafonia – e in particolare dal movimento obliquo – per il fatto che una delle parti si evolve attraverso lunghi tenuti (note tenute) su una sola nota, generalmente grave. Il bordone, che può essere semplice o multiplo, procura una base alle altre voci, come l’ison dell’ufficio bizantino. Nella musica classica indiana fornisce un riferimento armonico costante prendendo una funzione di tonica. Canone: forma di contrappunto che si caratterizza per uno sfasamento temporale costante fra due voci identiche o apparentate. Contrappunto: include tutti i casi di sovrapposizione di linee melodiche differenziate se non autonome. Corde vocali: insieme complesso costituito di muscoli e di legamenti ricoperto dalla mucosa laringea. Le corde vocali sono due, una sinistra e una destra, e si possono contrarre, aumentare la loro rigidità, essere allungate passivamente dai muscoli crico-tiroidei o anche essere premute l’una contro l’altra per otturare la glottide. Colpo di glottide: l’attacco preciso di un suono vocale presuppone una stretta coordinazione non solo fra diversi gruppi di muscoli della laringe (in particolare interaritenoidei e crico-aritenoidei), ma anche con le forze espiratorie. Il colpo indica un attacco risultante da una desincronizzazione, che provoca un’uscita d’aria prematura o una brusca variazione di altezza. Diafonia: consiste nel sovrapporre più voci omoritmiche separate da un intervallo qualunque (spesso terze, quarte o quinte). Le parti possono restare parallele (diafonia vera), muoversi in movimenti contrari (il discanto della musica medievale occidentale) o in movimenti obliqui (una voce che resta fissa quando l’altra si sposta).

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Etnomusicology

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SINGHIOZZO O HOCHETUS?

GLOSSARIO

Accordo (polifonia di accordi): si caratterizza per una simultaneità di 3 o più suoni la cui organizzazione implica un controllo degli intervalli sovrapposti.

Ambito: distanza fra il suono più grave e il più acuto di un pezzo musicale. Ancia: secondo la definizione dell’acustico H. Bouasse, un’ancia si definisce come “ogni apparato la cui vibrazione è mantenuta da una corrente gassosa e che reciprocamente determina una periodicità di forma o di portata di questa corrente”. Nel caso dell’apparato fonatorio le corde vocali possono essere assimilate a delle ance messe in vibrazione dalla colonna d’aria sotto la glottide che esse spezzettano in soffi successivi per creare un suono.

Antifonia: si riferisce a due gruppi vocali differenti che si alternano e si rispondono. Non si tratta, ad essere rigorosi, di polifonia in senso proprio, perché non c’è necessariamente sovrapposizione, ma l’intenzione, per così dire, è già plurale nella misura in cui nessuno dei due cori incarna da solo la totalità musicale.

Fasce ventricolari: l’insieme della laringe – comprese le corde vocali – è rivestito di una fine mucosa le cui due pieghe, al di sopra del piano della glottide, costituiscono le fasce ventricolari, o false corde vocali, che delimitano così due piccole cavità chiamate ventricoli di Morgagni.

Bordone: una polifonia con bordone si differenzia dalla diafonia – e in particolare dal movimento obliquo – per il fatto che una delle parti si evolve attraverso lunghi tenuti (note tenute) su una sola nota, generalmente grave. Il bordone, che può essere semplice o multiplo, procura una base alle altre voci, come l’ison dell’ufficio bizantino. Nella musica classica indiana fornisce un riferimento armonico costante prendendo una funzione di tonica.

Canone: forma di contrappunto che si caratterizza per uno sfasamento temporale costante fra due voci identiche o apparentate.

Contrappunto: include tutti i casi di sovrapposizione di linee melodiche differenziate se non autonome.

Corde vocali: insieme complesso costituito di muscoli e di legamenti ricoperto dalla mucosa laringea. Le corde vocali sono due, una sinistra e una destra, e si possono contrarre, aumentare la loro rigidità, essere allungate passivamente dai muscoli crico-tiroidei o anche essere premute l’una contro l’altra per otturare la glottide.

Colpo di glottide: l’attacco preciso di un suono vocale presuppone una stretta coordinazione non solo fra diversi gruppi di muscoli della laringe (in particolare interaritenoidei e crico-aritenoidei), ma anche con le forze espiratorie. Il colpo indica un attacco risultante da una desincronizzazione, che provoca un’uscita d’aria prematura o una brusca variazione di altezza.

Diafonia: consiste nel sovrapporre più voci omoritmiche separate da un intervallo qualunque (spesso terze, quarte o quinte). Le parti possono restare parallele (diafonia vera), muoversi in movimenti contrari (il discanto della musica medievale occidentale) o in movimenti obliqui (una voce che resta fissa quando l’altra si sposta).

Dinamica: indica, in un segnale sonoro, il rapporto (esprimibile in decibel) fra le intensità più deboli e le intensità più forti. La dinamica è cosa diversa dal livello (o intensità) e non va confusa con questo: così, due musiche di carattere molto diverso, per esempio una ninna nanna e dei gridi fortemente modulati possono avere la stessa dinamica dal momento che le loro sfumature variano poco.

Estensione: insieme dei suoni, dal più grave al più acuto, che una voce è capace di emettere.

Formante (femminile): zona di energia rinforzata in uno spettro, il più delle volte per risonanza. Certe componenti vengono amplificate a detrimento di altre, con per conseguenza una modifica del timbro iniziale: una vocale, per esempio, è il prodotto di due formanti, una di origine boccale e l’altra di origine faringea; il rapporto fra le due formanti determina la natura della vocale. In maniera generale, il timbro vocale non è altro che una distorsione in un senso voluto della fornitura laringea primaria.

“Fry” = indica un tipo di emissione vocale rauca e ruvida, caratterizzata da una vibrazione a bassissima frequenza dell’epiglottide, dell’ugola e e delle fasce ventricolari, che modulano in qualche modo la frequenza principale. A titolo di esempio, Ida Cox e soprattutto louis Armstrong utilizzarono largamente la voce “fry”.

Glottide: spazio o fessura più o meno ovale delimitato dai bordi interni delle corde vocali che vengono ad accostarsi l’una contro l’altra. La forma e le dimensioni di questa apertura variano in funzione del comportamento vibratorio delle corde vocali, cioè principalmente dell’altezza, del registro e dell’intensità.

Armoniche: v. Spettro sonoro.

Hertz: unità acustica di frequenza (abbreviazione Hz) che misura il numero di cicli per secondo: per cantare un la a 440 Hz, le corde vocali devono aprirsi e chiudersi 440 volte al secondo.

Eterofonia: forma elementare di polifonia che nasce dalla sovrapposizione di linee melodico-ritmiche poco differenziate. L’eterofonia procede per arricchimento di una linea unica in cui la stessa voce appare sotto diverse forme. L’eterofonia può derivare dall’approssimazione dell’esecuzione (eterofonia “involontaria”) o al contrario essere il frutto di una ricerca estetica.

Omofonia: Procedimento di canto collettivo in cui gli esecutori cantano all’unisono (o all’ottava in caso di voci miste). Talvolta il termine è utilizzato quando altri intervalli simultanei vengono eseguiti secondo uno stesso ritmo, ma in questo caso è preferibile impiegare il termine omoritmia.

Omoritmia: procedimento polifonico nel quale tutte le parti cantano sullo stesso ritmo.

Singhiozzo: procedimento polifonico nel quale dei silenzi ripartiti in una parte musicale sono colmati dai suoni di un’altra parte e viceversa. Il singhiozzo concerne come minimo due voci, ma può interessare tutto un insieme vocale o orchestrale come in certe musiche africane.

Isoritmia: ripetizione di una figura ritmica, indipendente dalla melodia, in una o più parti della polifonia.

Laringe: elemento vibratore del sistema fonatorio, la sua funzione consiste nel creare una discontinuità nella colonna d’aria espiratoria al fine di generare un’onda sonora. Situata all’ingresso

della cavità faringea, la laringe costituisce l’estremità superiore della trachea. E’ un insieme di cartilagini articolate, unite fra loro da legamenti e da muscoli (fra cui le corde vocali) e l’insieme è ricoperto da una fine mucosa. I suoi legami muscolari, con la parte superiore del torace da un lato e la base del cranio e il mascellare inferiore dall’altro, le assicurano una grande mobilità, soprattutto verticale.

Melisma (maschile): ornamentazione melodica emessa al di fuori dell’appoggio della sillaba. L’aggettivo melismatico si oppone a sillabico, che implica una sola nota per sillaba.

Faringe: cavità verticale situata fra la laringe e la bocca, sotto l’epiglottide, la cui forma assomiglia ad un imbuto. La faringe, o retrogola, si divide dal basso in alto in 3 piani, l’ipofaringe, l’orofaringe e la rinofaringe. L’ipofaringe contiene il dispositivo laringeo e comunica con l’esofago: è l’incorcio delle vie respiratoria e digestiva. L’orofaringe parte dalla sommità dell’epiglottide e si estende fino al velo pendulo; essa comprende le colonne (piliers), da una parte e dall’altra della base della lingua, che si ricongiungono alla loro sommità in un’arcata da cui pende una piccola appendice carnosa, l’ugola. La rinofaringe (o naso-faringe) è situata dietro il velo pendulo e comunica con le fosse nasali. Le pareti della faringe sono di natura muscolare, ciò che permette contrazioni, restringimenti o allungamenti, suscettibili di modificare il volume della cavità e di conseguenza la sua frequenza e il timbro dei suoni.

Ostinato: breve formula melodico-ritmica sistematicamente ripetuta. L’ostinato si può combinare con altre tecniche polifoniche.

Polifonia: insieme di procedimenti che consistono nel mettere in opera parecchie voci simultaneamente. Le tecniche utilizzate si possono ricondurre ad alcuni principi di bas (v. accordi, bordone, canone, contrappunto, diafonia, omoritmia, ostinato, sovrapposizione).

Registro: insieme dei suoni emessi in una stessa configurazione della laringe. Allo scopo di togliere ogni ambiguità terminologica, è preferibile parlare di meccanismo. Il meccanismo 1 corrisponde alla voce di petto, il meccanismo 2 ai fenomeni del falsetto in generale. Gli altri meccanismi, talvolta chiamati 0 e 3, sono più rari e corrispondono alla voce di Strohbass e a quella di fischio.

Risonatore: la frequenza propria di un risonatore, cioè quella che emette spontaneamente quando viene eccitato, è direttamente proporzionale alla sua superficie di apertura, e inversamente proporzionale alla sua lunghezza e al suo volume. Nel caso dell’apparato fonatorio, le cavità faringo-boccali costituiscono un insieme di risonatori aperti ad ogni estremità – superficie della bocca e ipofaringe – di lunghezza variabile essenzialmente in funzione della posizione della laringe e il cui volume varia in proporzioni importanti soprattutto per l’azione della lingua.

Fischio laringeo: all’opposto dello Strohbass, il fischio laringeo per mette l’emissione di suoni super acuti e stridenti. L’onda sonora non viene prodotta dal movimento delle corde vocali: la chiusura della glottide è realizzata in modo imperfetto, lasciando una stretta fessura attraverso la quale passa dell’aria, fischiando come in un taglio obliquo. I bambini emettono facilmente i suoni di fischio, come certi adulti. L’altezza di tali suoni è difficilmente controllabile. Il fischio laringeo non deve essere confuso con l’acuto del secondo meccanismo, chiamato talvolta “registro di flautino”.

Suono laringeo primario: chiamato anche “voce-sorgente” o “fornitura laringea”, è il suono prodotto direttamente dalle corde vocali, prima del suo passaggio nelle cavità di risonanza. Esso è interamente determinato nella frequenza, ricco di armoniche, di timbro ruvido e d’intensità più importante del suono che risulta esteriorizzato; soprattutto, è sprovvisto di colore vocalico, cioè di timbro di vocale.

Sonogramma: prodotto dai Sona Graph, è una rappresentazione grafica del suono sul piano spettrale (nel senso di Fourier). Il tempo (in secondi) è nelle ascisse e la frequenza (in Hertz) nelle ordinate. La graduazione degli assi varia in funzione della risoluzione dell’analisi. Il sonogramma, fornendo una vera radiografia del suono, apporta un aiuto efficace tanto alla psicoacustica quanto all’analisi musicale.

Spettro sonoro: insieme delle componenti di un suono, la cui natura determina in gran parte il timbro risultante. Un movimento periodico complesso, cioè un suono musicale sostenuto (per esempio le vocali), si compone di movimenti semplici, le armoniche, le cui frequenze sono multipli interi della più piccola fra queste, chiamata fondamentale. Le armoniche costituiscono una serie costante di intervalli, ben conosciuta dalla teoria musicale e la cui incidenza sullo sviluppo dei diversi linguaggi musicali è ancora poco delucidata. Se il movimento non è periodico, la composizione non ubbidisce più a regole strette, e le componenti, dette allora parziali, presentano una ripartizione qualsiasi. Uno spettro di rumore (per esempio le consonanti occlusive) contiene tutte le frequenze in modo aleatorio; in un rumore bianco (suoni sc [in francese ch] o ss) le componenti possiedono teoricamente un’intensità uguale.

Strohbass = chiamata talvolta “registro di cannello”, questa configurazione produce un timbro estremamente grave, e perfino uvulare, su una tonalità inferiore a quella della voce parlata. Fisiologicamente, corrisponde ad una occlusione incompleta della glottide, eventualmente accompagnata da un rumore di fiato udibile. Quando queste vibrazioni di bassa frequenza riguardano le fasce ventricolari o addirittura l’ugola, producono un timbro del tutto particolare.

Tessitura: insieme dei suoni appropriati ad una determinata voce. La tessitura è un sotto insieme dell’estensione. Per estensione, questo termine indica categorie vocali che risultano da classificazioni (tessitura di tenore) o anche da sotto categorie (tessitura da tenore leggero).

Transitori: le parti più evolutive di un suono, determinanti per il timbro, situate all’inizio (transitorio di attacco) e alla fine (transitorio di estinzione). Per la voce, la forma e la durata dei transitori sono funzione dell’articolazione, principalmente delle consonanti.

Tremolo: talvolta confuso con il trillo, è la ripetizione rapida di una nota sopra una stessa altezza, generalmente utilizzata a fini ornamentali.

Trillo/tremolio: fluttuazione sistematica fra due gradi, e non su uno solo come nel vibrato. Il tremolio (oscillazione) della laringe provoca un trillo di forte ampiezza melodica.

Sovrapposizione (polifonia con sovrapposizione): deriva da una conseguenza naturale dell’antifonia: quando una sequenza B comincia prima che la sequenza A che l’ha preceduta sia arrivata al termine. Questi elementi sovrapposti possono essere prodotti da due cori di tipo responsoriale, un solista e un coro o parecchi solisti. L’incipit e la conclusione che vengono a contatto non sono necessariamente apparentati e l’effetto polifonico viene tanto più affermato quanto la sovrapposizione è larga.

Vibrato: fluttuazione sistematica dell’altezza e/o dell’intensità su un solo grado. La frequenza della fluttuazione è la velocità del vibrato (fra 5 e 8 fluttuazioni al secondo) e la scala di altezza percorsa ne determina la profondità. Se la velocità è troppo elevata, il vibrato si trasforma in tremolio della voce. Nella musica classica occidentale, la profondità del vibrato è generalmente inferiore al mezzo tono, ma può raggiungere valori considerevoli in certi stili di canto (vicino ad una quinta nel teatro No). Una voce totalmente priva di vibrato è detta retta.

Velo pendulo (o del palato): prolungamento membranoso del palato duro o osseo. Grazie al suo abbassamento sotto l’azione dei muscoli faringo-stafilini, esso mette in comunicazione le vie respiratorie e le fosse nasali: i suoni emessi sono allora “nasalizzati” (per esempio, o, a, i, diventano on, an, in); quando il velo si alza, sotto l’azione dei muscoli peristafilini interni, il condotto faringo-nasale è chiuso e l’aria espirata passa solo per la bocca.

Voce naturale: una voce cantata è detta “naturale” quando il suo timbro è molto vicino a quello della voce parlata. Nella misura in cui le stesse voci parlate sono sottomesse a forti variazioni culturali (in particolare in rapporto alla lingua), la nozione di “voce naturale” ha un valore rigorosamente relativo.

DEDICASaltata

INTRODUZIONEFacendo seguito al disco “Strumenti musicali del mondo”, questa antologia offre, per la prima volta, un largo ventaglio di espressioni vocali che coprono un grande numero di culture musicali di tradizione orale. I due primi dischi presentano diversi tipi di voci nel mondo, il terzo è consacrato alla polifonia.L’organizzazione di un materiale tanto vasto solleva questioni difficili. La ricchezza delle espressioni musicali, di cui il Museo dell’Uomo conserva preziose testimonianze nei suoi archivi sotto forma di nastri originali e di dischi pubblicati, offre numerose prospettive di classificazione: per continenti, per paesi (v. l’indice geografico alla fine del volume), per etnie, o ancora per funzioni (canti di festa, canti di lavoro, canti da ballo ecc.). questi sistemi non sono stati presi in considerazione, perché ci avrebbero allontanato da una realtà musicale e acustica di cui era opportuno tenere conto; ci siamo dunque orientati verso altri criteri, relativi alla materia sonora in quanto tale.Restavano tuttavia da regolare problemi di tipologia.infatti, se a partire dai lavori di Sachs e Hornbostel, esiste certamente una classificazione degli strumenti musicali, manca ancora una tipologia della voce umana cantata; la sua realizzazione solleva in ogni caso numerosi problemi che gli etnomusicologi sono lontani dal saper risolvere completamente. Da una parte, i metodi e le tecniche di canto sono descritti in modo insufficiente e il loro inventario non è chiuso; d’altra parte, il lavoro è complicato dal fatto che il vocabolario acustico e gli strumenti musicologici sono spesso poco consensuali, largamente metaforici e, in fin dei conti, molto approssimativi.Consapevoli di queste difficoltà, abbiamo tuttavia deciso di raggruppare gli esempi musicali in funzione delle loro parentele articolatorie o acustiche. Qui si troverà dunque l’abbozzo di una tipologia stabilita a partire dal funzionamento dell’apparato fonatorio e dall’immagine del suono prodotto, in due dischi “tecnici” organizzati nel modo seguente:CD1: 1) richiami, gridi e clamori; 2) voce e fiato; 3) parlato, declamato, cantato; 4) ambito e registro:CD2: 5) colori e timbri; 6) voci travestite; 7) ornamentazione; 8) voci e strumenti musicali; 9) gioco sulle armoniche.Il CD3, da parte sua, mette l’accento sulla varietà dei processi polifonici; gli esempi vi sono raggruppati secondo la disposizione delle parti musicali: 1) eterofonie; 2) eco e sovrapposizione; 3) bordone e ostinato; 4) organizzazione parallela, obliqua o contraria di due voci; 5) accordi; 6) contrappunti e tecniche combinate.

CD1 – TECNICHE

Richiami, gridi e clamori In questa categoria figurano manifestazioni vocali che utilizzano la voce emessa con intensità e in qualche modo “proiettata” verso un uditorio. Il grido rimane un’espressione soprattutto individuale che traduce il dolore, la gioia o lo stupore. Gli youyou del mondo arabo-berbero sono in generale dei gridi di gioia legati spesso alla festa; al contrario, i gridi di tristezza circondano i lutti. Quanto allo stupore, esso si esprime attraverso i celebri olé del flamenco o anche attraverso i tasabib del mondo arabo. Cantato dal muezzin dall’alto del minareto, il grido prende la forma di un’esclamazione, che afferma il dogma di un Dio unico, e le sue parole esprimono la meraviglia del credente davanti alla bellezza della creazione.Il grido diventa clamore quando viene emesso collettivamente. Il richiamo da parte sua si rivolge ad un destinatario (divinità, uomo, animale). I richiami, i gridi e i clamori possono veicolare un testo comprensibile (v. il richiamo al bestiame, 1.3, e i lamenti funebri, 1.6), o fare completamente a meno di parole (v. il grido di una donna sopra il suono di una sanza africana, 1.4, o le esclamazioni dei suonatori di tamburello del teatro No giapponese, 1.8).Se i richiami a carattere utilitaristico, come quelli al bestiame, sono largamente diffusi nel mondo (v. il richiamo per l’aratura vandeano, 1.2), altri appartengono al dominio religioso (v. il richiamo alla preghiera dei musulmani già citato, e anche il sorprendente esempio paraguaiano, proprio all’inizio del disco, 1.1). Si noterà che all’interno di questa vasta categoria, l’aspetto musicale è più o meno sviluppato. Il grido può tendere verso il segnale puro e semplice (v. i gridi di caccia dei pigmei, 1.9), o al contrario costituire il tessuto musicale stesso (v. il kecak di Bali, che riproduce polifonicamente i segnali vocali stilizzati della scimmia, 1.10). da questo punto di vista, l’esempio svizzero (1.3) occupa una posizione intermedia: dei segnali puri, in trilli discendenti, si alternano con dei passaggi di iodle. Voce e fiatoIl fiato può essere sfruttato a fini estetici e il suo uso ubbidisce ad una ricerca di timbro (v. la voce sussurrata del citarista del Burundi, 1.11), ma può essere anche una componente ritmica del linguaggio musicale (v. il canto tuareg, 1.13, o quello dei pescatori di perle del Bahrein, 1.14). i suoni di gola eschimesi (1.12) combinano questi due mezzi. Infine, il fiato può essere utilizzato volontariamente a scopi di iperventilazione per consentire l’accesso al trance (stato ipnotico) (v. il canto di guarigione malgascio, 1.15, e, in Kenia, la lode di Allah, 1.16).Parlato, declamato, cantatoFra il parlato e il cantato, le diverse tradizioni utilizzano tutte le possibilità del continuum sonoro. In una cornice solenne – discorso pubblico, preghiera, incantesimo – il locutore si accontenta raramente dell’intonazione quotidiana; altera la sua parola per renderla musicale. E’ così che in un contesto religioso, la recitazione può utilizzare soltanto un alto – recto tono – (recitazione del Corano, 1.17). in altri casi, essa si sviluppa in un debole ambito e su alcuni gradi congiunti, sotto forma di salmodia (canto buddista del Ladakh; 1.18; Rig Veda indiano, 1.19). i canti di gioco e di danza polinesiani di Tuvalu (1.20) utilizzano tanto il recto tono stretto che il parlato-cantato di altezza indeterminata. Il modo di esprimersi può restare vicino alla lingua parlata come nel discorso rituale kanak (della nuova Caledonia) (1.21) e come nell’intensa esortazione di Audrey Bronson (1.25), pastore battista a Filadelfia. Questa predica, appena cantata, si appoggia tuttavia su un’altezza preferenziale sostenuta dagli accordi dell’organo Hammond. Subendo una regolazione ritmica, il testo può essere anche sottoposto a una scansione, come nella recitazione selknam della Terra del Fuoco (1.22) e nel redoblado delle Baleari (1.23). Mentre gli esempi precedenti sfruttano in modo limitato le risorse del continuum parlato-cantato, la ballata rumena (1.24) gioca su 3 possibilità espressive complementari: il canto propriamente detto, il recto tono e il parlato-scandito.

Ambito e registroNel dominio della voce, il termine “registro” ricopre significati molto diversi. Con gli studiosi di acustica e i fisiologi, distingueremo due registri principali che sollecitano diversi meccanismi fonatori (v. più avanti “La fonazione”). Il primo corrisponde alla “voce di petto”; il secondo alla “voce di testa” o di “falsetto”. E’ quasi unanimemente riconosciuto che queste due ultime espressioni indicano una sola e identica cosa, anche se l’uso riserva abitualmente l’espressione “voce di testa” alle donne e “voce di falsetto” agli uomini. Segnaliamo che esistono anche altre due configurazioni laringee, di uso più raro: lo “strohbass” (detto anche meccanismo 0) e il “fischio” (meccanismo 3). La nozione di registro, come si vede, non coincide dunque con quella di altezza. Ciò non toglie che il primo registro permette di accedere ad una tessitura grave e il secondo ad una tessitura acuta. Questo rapporto fra registro e tessitura è illustrato da molteplici esempi.e’ così che i monaci buddisti del monastero di Giuto (1.26) cantano nel registro di petto e nell’estrema grave;quelli della Corea (1.27) percorrono una larga estensione nel primo registro con brevi incursioni melodiche nella voce di falsetto. A questa tecnica ha ricorso anche Kinshi Tsuruta, celebre cantante (donna) giapponese dalla voce particolarmente grave (1.31): lei canta in un registro di petto e passa alla voce di testa per realizzare degli ornamenti. La voce di un uomo abelam di Papua-Nuova Guinea (1.28) è ancora più grave e utilizza il registro di “strohbass”, mentre, procedendo da una tecnica opposta e obbedendo ad un’estetica completamente differente, quella degli indiani yawalapiti del Brasile (1.29) e delle donne degli alti piani boliviani (1.30) viene spinta nell’estremo acuto del secondo registro.Si noterà che, di fronte a queste norme culturali, i cantanti molto spesso devono farsi violenza per coprire una tessitura che per loro non è naturale. E’ il caso degli uomini dell’Alto Atlante del Marocco, per esempio, che devono forzare per cantare alla stessa atezza delle donne, o dei contadini dell’Oach in Romania che consacrano un vero culto all’acuto e per i quali cantare equivale a spezzarsi la voce.L’alternanza dei due registri principali può costituire in certi casi l’essenza stessa del materiale musicale. E’ il caso dello yodel che si caratterizza per il passaggio rapido da un meccanismo all’altro. Lo yodel spesso abbraccia larghi intervalli (seste e settime) e utilizza delle sillabe specifiche ad ogni registro. Qui, la rottura fra la voce di petto e di falsetto non è mascherata come nei contralti dell’arte barocca; al contrario, essa viene ricercata quanto l’opposizione di timbro che ne risulta.Contrariamente ad un’opinione molto accreditata, lo yodel non è confinato nelle Alpi germaniche (v. i due esempi svizzeri, 1.3 e 1.35). la musicologia ha utilizzato la parola tedesca per indicare una tecnica conosciuta anche altrove nell’Europa orientale, in Oceania (1.34) o in Africa, in particolare nel Malawi (1.33), presso i Boscimani del Kalahari (1.32) e i Pigmei della foresta equatoriale (III.26). Ma, senza avere tutte le caratteristiche dello yodel, certi stili sfruttano i cambiamenti di registro in modo incidentale (v. i richiami di caccia dei pigmei, 1.9) e più spesso a scopi ornamentali (v. i canti della Iacuzia [in Russia], II.5; persiano, II.18; libanese, II.19; e albanese, III.8).

CD II – TECNICHE (seguito)Colori e timbriNon si può affrontare questo capitolo senza sottolineare la grande povertà del vocabolario descrittivo di cui dispone la musicologia per parlare della ricchissima gamma di timbri vocali che esistono nel mondo.Eppure, niente è più caratteristico di uno stile musicale che il timbro della voce poiché spesso bastano pochi secondi per identificare l’origine di un canto. Ma rendere conto di questo processo di identificazione apparentemente elementare e definire i criteri sui quali si fonda non è un’impresa facile. Si può dire, per esempio, della voce vietnamita (II.3) che possiede pochi suoni gravi, poca potenza, che è ricca en armoniche e senza formanti caratterizzate e si misura in questo modo a che

punto essa differisce da una voce di tenore lirico; questi criteri riposano su dati acustici. Anche se sono necessari, essi sono assolutamente insufficienti per rendere conto di ciò che l’orecchio percepisce istantaneamente. A titolo indicativo, si potrebbe qualificare questa voce di “sottile”, ma questo termine non ha un contenuto tecnico ben preciso.Altri esempi: la “voce flamenca” (II.7) è sicuramente “gutturale”: ma che significa esattamente questo termine e quale realtà fisiologica ricopre? La voce xhosa (popolazione del Sud Africa) (II.36), benché molto diversa dal canto andaluso, non è anch’essa gutturale? Ognuno sa che cos’è una voce nasale (emissione con il velo pendulo abbassato), ma che rapporto c’è fra la voce bretone illustrata dall’esempio II.8 e quella del paese di Sunda (Giava), II.4, tutte e due nasali? E’ facile contrapporre la voce ampiamente proiettata di Koundé Kouyaté (II.1) a quella, molto intimista, delle ragazze di Banda [Repubblica Centroafricana] (II.2), ma su che cosa si basano di preciso le loro differenze? Nel primo caso, il sostegno del respiro proviene da un potente lavoro addominale; nel secondo, il respiro è in qualche modo “sopra la voce” e in definitiva prevale un’impressione di fragilità. In questo gioco d’identificazione, certe indizi ci mettono sulla pista (la lingua o lo stile musicale in particolare), ma nessun tratto acustico saliente permette di qualificare a colpo sicuro la voce di una Aicha Redouane (II.6) il cui “carattere arabo” è tuttavia molto evidente. Voci travestiteIn un certo modo, si potrebbe dire che ogni tecnica vocale cantata non è altro che un travestimento, non fosse che in rapporto alla voce parlata. Ma la parola “travestimento” qui rimanda ad una modifica particolare della voce per scopi simbolici, in modo che all’interno stesso di una cultura, questa voce appare singolare e distante dal suo uso corrente.Esistono parecchie tecniche di travestimento, a seconda che il cantante si serva, o no, di un dispositivo materiale per ottenerlo. Nell’opera di Pechino (II.9), per esempio, l’uomo attore canta con voce di falsetto per incarnare un personaggio femminile. Qui il falsetto è per la voce ciò che la musica è per il corpo. Travestita, la voce dan (Costa d’Avorio) (II.13) è quella di un essere soprannaturale. Alla stessa maniera, quella dei Mitsogho (Gabon) (II.10); se non che, per mascherare la loro voce (o più esattamente per incarnare quella di un altro), questi ultimi assorbono una sostanza vegetale che ha per effetto di modificare il funzionamento delle corde vocali. Ma in numerose tradizioni – in particolare quella del carnevale – può anche accadere che la maschera sia fisicamente presente, nella forma di un oggetto reale: fissata davanti al viso e alla bocca, essa gioca un ruolo determinante modificando la voce di chi la porta.La voce può essere deformata anche da attrezzi disposti davanti alla bocca, che assumono allora la funzione di risonatore: così il didjeridu degli Aborigeni di Australia (II.21), le canne di bambù degli Iatmul di Papua-Nuova Guinea (II.20), o anche i vasi di terracotta, nei quali si canta, nel Rajastan (India) o in Costa d’Avorio (II.13). Lo zufolo, largamente diffuso, rappresenta un caso a parte (è il kazoo il pettine ricoperto di carta di seta dei bambini europei); esso produce un suono in cui la voce è al tempo stesso presente e deformata. Costituito da una membrana agevolmente messa in vibrazione, lo zufolo è un dispositivo acustico che ha la proprietà di essere esso stesso messo in vibrazione dall’onda sonora che lui modifica (v. gli esempi dell’Honduras, II.11; e della Costa d’Avorio, II.12). OrnamentazioneIl termine “ornamentazione”, utilizzato convenzionalmente, presuppone la presenza di elementi musicali secondari a carattere decorativo che si aggiungono ad una linea melodica principale. Ora, in numerose tradizioni, l’ornamentazione è inerente alla struttura musicale stessa e definisce pienamente uno stile. L’ornamentazione s’inscrive in continuum. Essa ha per grado zero un’emissione stabile, retta. In rapporto a questo suono, ogni rottura di continuità può apparire come ornamentale. Il vibrato, anc’esso caratteristica obbligata del canto lirico occidentale, corrisponde ad una forma di ornamentazione minimale, anche se, per la sua onnipresenza, non è più considerato come tale nell’insegnamento dei conservatori occidentali. L’esempio sioux (II.14) si caratterizza per l’impiego

di un vibrato forzato e concentrato nel registro acuto. Nel canto orientale (II.6, II.17 e II.18), esso è controllato a fini espressivi e orna certi gradi all’interno della frase. Nell’esempio mongolo (II.16), questo vibrato si alterna con dei trilli su due gradi. Altre forme di vibrato, quello della musica indiana (II.15), in cui la lingua o la glottide servono ad interrompere il suono emesso su istanti molto brevi. Il cantante libanese (II.19) sembra, da parte sua, disporre di un ampio ventaglio di procedimenti ornamentali con i quali gioca liberamente: vibrati e trilli, larghi melismi (formule melodico-ritmiche che appaiono sopra una stessa sillaba) ecc.Voci e strumenti musicaliNumerose tecniche musicali associano la voce al suono di uno strumento a fiato. Il fiato espirato adempie simultaneamente ad una doppia funzione: mettere in vibrazione le corde vocali e far suonare lo strumento stesso – v. i flauti delle Isole Salomon (II.22) o del Rajastan (II.23). E’ un flauto anche quello che viene imitato dalla donna del Laos (II.24), la quale intreccia i suoni vocali e strumentali ad un punto tale che è difficile distinguerli. Questa alternanza è ancora più sistematica negli esempi dei Pigmei dell’Africa centrale (II.28) e dei Melanesiani della Nuova Guinea (II.29a); il timbro della voce si accorda con quello dello strumento, ma questa volta senza mescolanza delle due sorgenti. L’imitazione dello strumento è presente anche negli esempi mongoli (II.25), tuareg (II.26) e, in forma stilizzata, nelle “turlutes” (ritornelli) di Mary Travers, nel Quebec, dove, secondo una tecnica del jazz di cui i cantanti di “scat” hanno fatto una specialità, la voce si sostituisce puramente e semplicemente allo strumento (II.27).Il flauto, tuttavia, non è l’unico strumento che la voce prende a modello: la viella, il corno o il tamburo si prestano ugualmente ad un gioco di imitazione, nel Tibesti (Ciad) (II.30), nell’Africa centrale (III.27), nel Benin (II.31) e nel sud dell’India (II.32). nel caso del flauto o della viella, l’imitazione è soprattutto a base di vocali, ovvero il cantante lavora il suono – e lo mantiene – come per l’enunciazione di vocali. Nel caso dei tamburi, il suono è nettamente articolato: la bocca emette delle consonanti e produce un segnale non periodico, mentre i diversi colori vocalici indicano le altezze e i timbri dello strumento.Gioco sulle armonicheCome si sa, un suono musicale periodico è costituito da una (detta anche armonica 1) e da una serie di armoniche. Ora certe di queste armoniche possono essere utilizzate a scopi melodici da una tecnica che consiste nel modificare il volume della bocca giocando sullo spessore o la posizione della lingua; le armoniche così selezionate vengono allora percepite come altezze autonome. L’eccitatore può essere sia esterno, sia interno. Il primo caso – di gran lunga il più conosciuto nel mondo – presuppone l’esistenza di un dispositivo vibrante esterno, situato all’ingresso della bocca; ciò può essere una linguetta (scacciapensieri, II.34), una corda (arco musicale,II.35), o anche un grosso insetto le cui ali producono una vibrazione periodica (esempio di Papua-Nuova Guinea, II.33).Il secondo caso è più raro. È il canto difonico, in cui l’eccitatore è interno, perché costituito dalle stesse corde vocali. Ma il principio di selezione delle armoniche resta lo stesso e si può d’altronde osservare che il canto difonico esiste soltanto nelle regioni in cui si conoscono anche lo scacciapensieri e l’arco in bocca; si tratta essenzialmente della Mongolia (II.38) e della Siberia del Sud (II.37), ma anche di una regione del Sud Africa apparentemente ben delimitata , presso gli Xhosa (II.36). CD III – POLIFONIELa musicologia classica insegnò a lungo che la polifonia era (con la notazione) una delle maggiori acquisizioni della musica colta occidentale. Senza dubbio a torto, perché ciò vorrebbe dire che al di fuori di un mondo occidentale chiaramente circoscritto, prevale il regno uniforme della monodia. Invece, ormai sappiamo che, sotto l’una o l’altra forma, les polifonie di tradizione orale sono largamente rappresentate in numerose regioni del mondo. esse hanno come centri principali, oltre all’Europa, l’Africa subsahariana, l’Oceania e diverse zone dell’Asia abitate particolarmente dalle minoranze.

La presentazione delle registrazioni di questo terzo disco segue una logica comunemente ammessa; essa riposa su criteri formali e prende in considerazione l’organizzazione interna delle parti musicali secondo un ordine che va dal semplice al complesso. Ma qui si tratta di un ordine logico e non cronologico e ci siamo accontentati di abbozzare parentele fra forme senza pretendere di stabilire delle relazioni o filiazioni storiche (v. fig. 18)L’eterofonia, nel senso più corrente, indica un comportamento musicale in cui parecchi esecutori cantano in una specie di unisono: essa non si compone di parti distinte debitamente indicate dagli stessi cantanti come nella polifonia propriamente dettaa, ma riposa su sfasamenti melodici o ritmici più o meno importanti che hanno per effetto di dare un certo spessore alla melodia principale. In certi casi, questi sfasamenti sono strettamente accidentali e è l’intenzione effettiva è proprio quella di produrre l’unisono (si pensi, per esempio, alla messa domenicale cantata dall’assemblea dei fedeli). In altri casi, tuttavia, la sovrapposizione più o meno coordinata di linee melodiche è pienamente intenzionale e ogni partecipante cerca di arricchire la melodia di base con il proprio contributo. È così che, per essere bello, un ahidus berbero (III.1) non soltanto richiede numerosi partecipanti, uomini e donne, ma implica che si sentano la diversità delle persone presenti, i differenti timbri e registri di voce e che, in definitiva, sia coperto un largo spettro sonoro. Anche le lamentazioni rumene (I.6) fanno ricorso ad una forma di eterofonia, ma questa deriva da un’intenzione diversa che sfocia, d’altronde, in un risultato sonoro di un’altra natura: parecchie prefiche sono presenti intorno al morto e, contrariamente al canto berbero, ciascuna canta il suo lamento in qualche modo per sé stessa, cosa che ha l’effetto di produrre degli sfasamenti temporali variabili. Anche il canto jivaro dell’Ecuador è caratterizzato da sfasamenti temporali che evocano i procedimenti di eco.Questi sfasamenti sono ben controllati nella pratica dell’eco e della sovrapposizione. In Papua-Nuova Guinea, due donne kaluli cantano in eco, con la seconda che duplica la frase della prima (III.3). la sovrapposizione, da parte sua, è illustrata dagli esempi del Senegal (III.4) e di Timor (III.5): si alternano due cori, ma il secondo ricopre l’ultima nota o l’ultima sezione melodica del primo, da cui l’espressione figurata di “tuilage” (alla lettera “spianatura”). Unico nel suo genere, il pasi but but degli aborigeni di Taiwan (III.6) si distingue per il cromatismo ascendente continuo della prima voce, sotto la quale si articolano i segmenti più corti delle altre tre voci.Con il bordone, la copertura è continua: restando su una stessa altezza, una delle voci serve allora da base alla melodia, come nel canto toraja dell’Indonesia (III.7) e in quello dell’Albania (III.8). D’altronde questo bordone può, alla fine della frase, arricchirsi di una formula discendente, come presso i Peuls Bororo del Niger (III.9).L’ostinato prende in prestito dal bordone il suo carattere permanente e ripetuto. In effetti, può essere visto come un bordone melodico intermittente: si compone si compone di brevi frasi rigorosamente ricorrenti, sulle quali s’innesta, o si fissa, la melodia principale (v. III.10 e III.11).Due voci possono sovrapporsi in movimenti paralleli sopra un intervallo qualunque: quinta (III.12), quarta (III.14), terza (II.12 e III.13) o seconda (III.15 e III.16). questo parallelismo, tuttavia, non è sempre stretto e può combinarsi con diversi movimenti obliqui o contrari. A questa polifonia in qualche modo “orizzontale”, caratterizzata dalla sovrapposizione di linee musicali, si oppone quella che privilegia le relazioni di simultaneità, e dove le differenti parti, “verticali”, possono essere analizzate in termini di accordi. Talvolta un solo e medesimo accordo è richiesto durante tutto lo svolgimento del pezzo e può essere trasportato nel corso dell’esecuzione su una inflessione volontaria del solista (v. il canto a tenore sardo, III.17). talvolta diversi accordi sono incatenati in modo sistematico, come nella paghjella corsa (III:19) basata sull’alternanza di due accordi, l’uno, sopra il quinto grado, di valore sospensivo, l’altro, sopra il primo grado, di valore conclusivo. La polifonia religiosa della Sardegna (III.18) si caratterizza anche per la successione armonica di accordi perfetti. Essa utilizza una tecnica nota sotto il nome di falsobordone nella quale le diverse parti doppiano la voce principale alla quinta, alla quarta e alla terza e sono saldamente legate fra loro da regole di consonanza. Il canto funebre a 3 voci della Svanezia (Georgia) (III.20) si distingue per accordi fluttuanti, essenzialmente di quarta e quinta, di

terza e quinta, e di quinta e settima, dove la distinzione fra consonanza e dissonanza non sembra pertinente.Nel contrappunto, al contrario, le parti sono singolari e nettamente differenziate sul piano melodico e ritmico. Esse assumono il loro valore le une in rapporto alle altre e, per la loro stessa presenza, saldano la costruzione musicale. La polifonia ‘aré ‘aré delle Isole Salomon (III.21) - a due voci –segue questo procedimento. Quella della minoranza Amis di Taiwan (III.22) e di Gourie in Georgia (III.23) è a 3 voci. Quest’ultima si caratterizza, inoltre, per il suo carattere largamente improvvisato; le voci vi sono così libere che ogni parte può essere cantata da un solo esecutore, ciò che non succede per i cori folclorizzati in cui le parti (debitamente imparate a memoria, che lasciano poco spazio all’improvvisazione) posso essere doppiati come nel canto corale. Certe polifonie complesse fanno ricorso a tecniche combinate e pertanto non si lasciano ridurre ad un solo tipo. Così il canto albanese (III.25) combina un bordone, degli ostinati e degli accordi alternativamente dissonanti e consonanti.I Banda della Repubblica Centroafricana (III.27) e i Dorzé dell’Etiopia (III:28) utilizzano un ostinato con vibrazioni e privilegiano soprattutto il singhiozzo in cui una linea melodica si divide fra più voci, ciò che implica che una taccia mentre le altre cantano. Influenzato tanto dal “bel canto” italiano quanto dalle fanfare militari, il trallallero genovese (III.24) riposa su un armonia tonale e gerarchizza rigorosamente le sue diverse parti (fino a 7).Nelle musiche polifoniche la regola più comune è che ogni cantante tenga una sola parte, sempre la stessa. Da questo punto di vista i Pigmei costituiscono un’eccezione (III.26): i cantanti e le cantanti cambiano liberamente la parte nel corso dell’esecuzione e il contrappunto in quattro parti si articola su una linea melodica principale che non è realizzata necessariamente per intero. Nei suahongi di Bellona (Polinesia periferica), questa reciproca libertà delle voci è spinta all’estremo, al punto di creare strane sovrapposizioni di forma (III.29). nel caso specifico, le due parti sovrapposte non utilizzano né lo stesso testo, né la stessa scala, né lo stesso ritmo, né lo stesso tempo, e la coordinazione temporale ha luogo solo alla fine del ciclo.L’ultima facciata del disco ricorda che l’aleatorio può essere anche una componente – involontaria o deliberata – delle forme musicali. È così che i canti e le formule ripetute di due ragazzine eipo della Nuova Guinea occidentale (III.30) si sovrappongono senza coordinarsi, abbozzando, come per gioco, quella che si potrebbe chiamare una “polimusica” che, progressivamente, si stabilizza intorno ad una serie di brevi ostinati.

LE REGISTRAZIONIPoiché i criteri di selezione sono stati in primo luogo d’ordine musicale, certe registrazioni sono state prese in considerazione quando si ignorava quasi tutto al loro soggetto, così che la presentazione di ogni documento è, secondo i casi, più o meno lunga e dettagliata. Quando era possibile, le note introduttive sono state scritte dagli autori delle registrazioni; quando non era possibile, sono state scritte da un etnomusicologo specialista della regione, e a partire dalle fonti disponibili. Così, ogni nota è siglata (i nomi completi corrispondenti alle iniziali sono indicati a pag. 85).Le informazioni vi figurano nel seguente ordine: numero della fa nome del paese, seguito dal nome di una grande regione o, all’occorrenza, dal nome dell’etnia fra parentesi quadra. Sotto: luogo della registrazione, e eventualmente altre indicazioni geografiche o amministrative. Seguono poi diverse rubriche, contraddistinte dal un trattino: - titolo della traccia. All’occorrenza, nome del genere vocale, nome degli interpreti, titolo del

pezzo.- Modalità di esecuzione (numero, sesso); caratteristiche della struttura musicale e della voce (o

della polifonia CD III); terminologia vernacolare.- Circostanze bituali.- Testo del canto (iassunto).

- Riferimenti della registrazione (nome del ricercatore, anno) o del disco da cui il pezzo è tratto; nel caso di una registrazione indetita, numero d’archivio del Museo dell’Uomo (BM=nasto magnetico) ed eventualmente riferimento ad altre registrazioni dello stesso tipo già pubblicate. Occasionalmente, segue un complemento bibliografico. Infine, iniziali del redattore della nota introduttiva.

CD I – TECNICHERichiami, gridi e clamori1. Paraguay [Tomarahò]Famiglia linguistica zamuco- Introduzione al rituale delle origini del mondo, anabsoro- Insieme di gridi ritualizzati d’uomini, il cui sistema resta da caratterizzare, ma che sembra

appoggiarsi sulla serie di opposizioni: assolo/gruppo/duo; tessitura acuta/tessitura media; emissioni brevi/sostenute/molto lunghe; con vibrato/senza vibrato; senza parole/con parole. Dopo una presentazione delle diverse componenti, l’insieme si stabilizza su un basamento ritmico effettuato da sonagli e da un flauto di Pan a due canne. V. sonogramma. fig.1.

- Registrazione di Guillermo Sequera (1988). N. d’archivio BM 993.005.(J-M.B.)2. Francia, PoitouSaint Vincent-Puymaufray, dipartimento della Vandea- Richiami di lavoro, o “raudage”, di Fernand Bordage, agricoltore, che conduce due coppie di

buoi attaccati ad un tombarello (tipo di carro) e si reca nei campi.- Successione improvvisata di esclamazioni in glissandi che si alternano con dei richiami o degli

ordini )esempio: “In piedi, laggiù!”) e conclusa da una breve aria fischiettata. I nomi dei buoi, raggruppati a coppie, sono in parte immaginari: “Compagno”, “Libertino”, “Primavera”, “Calze bianche”, “Vieni qui”, “Trincare”, “Saltimbanco”, “Concorrente”. La loro molteplicità mira a suggerire un attacco di parecchie paia di buoi.

- La voce è limpida e sonora: essa si diffonde in uno spazio aperto. Ogni sequenza utilizza un ambito ristretto, ma l’emissione vocale cambia costantemente, avendo qualcosa, nello stesso tempo, del grido e del canto, e suggerendo in certi passaggi il muggito degli animali.

- Registrazione di Michel de Lannoy, corso di formazione Musicoral (Arcup/Università di Tours), 1986. Archivi UPCP/Casa delle Culture di paese, Parthenay.

(M.de L.)

3. Svizzera, MuotatalAlpeggio di Gummen, cantone di Schwyz- Richiamo del bestiame, Chueraiheli (piccola ranz delle mucche [ranz è parola tedesca che

significa “canzone pastorale”] ) , di Alois Schmidig.- Due corti pezzi yodel si alternano con richiami parlati e con gridi che comportano trilli

discendenti. - Eseguito per chiamare le mucche alla mungitura o sul sentiero dell’alpeggio.- Le parti yodel di questo richiamo comportano le sillabe senza significato [yo] e [o] in voce di

petto, [u] in voce di falsetto. La parte parlata comprende la formula esclamativa “sa sa” e parole nel dialetto svizzero tedesco del Muotatal “Vieni, mucchettina, vieni”.

- Registrazione di Sylvie Bolle Zemp (1984). Tratto dal film Youtser e yodler di Hugo Zemp; Production:CNRS Audiovisuel, Meudon. Per altri richiami del bestiame, v. il CD Juuzli del Muotatal.

(H.Z.).

4. Repubblica Centroafricana, [Gbaya]Ndonghé, provincia di Bouar

- Gridi modulati e suono di sanza, in un “canto da pensare”, gima tamo, di Etienne Doko (sanza) e Martine Sènwan. Titolo: Sèam ko mè, “Ti amo”.

- Abitualmente, una parte vocale è improvvisata dal suonatore di sanza e da altri cantanti. La partecipazione femminile si limita a delle approvazioni sotto forma di gridi modulati. Secondo i musicisti, la regolarità di questi gridi impedisce qui di cantare, mentre il pezzo fa parte di un repertorio di canti.

- Registrazione di Vincent Dehou (1977). Tratto dal CD Musiche per sanza nel paese gbaya.(D.H.)

5. Paraguay [Tomarahò]Famiglia linguistica zamuco- Canto oubla teichu, per il rituale dei morti, di Dohoxowohorla e Nerke. - Duetto alternante di donne. La voce gridata, quasi forzata, si situa nell’alto medium. La

respirazione sonora, molto presente, appare proprio come una componente fondamentale di questa estetica vocale. V. sonogramma, figura 2.

- Registrazione di Guillermo Sequera (1988).(J.-M. B.)

6. Romania Bixad, Paese dell’Oach- Lamenti funebri, bocete, designati più volentieri nel Paese dell’Oach col nome di vaiete, cantati

dalle donne della famiglia del defunto.- Gtuppo di donne che cantano, ma ciascuna per sé, su una melodia discendente (cosa molto

frequente nei lamenti funebri) - Eseguiti nella casa del morto e intorno alla bara aperta, i vaiete sono annunciati dai grandi corni

trimbita (o trombe?) e devono terminare quando i corni ricominciano a suonare. Si cantano anche individualmente al cimitero sulla tomba del defunto.

- Inframmezzate da singhiozzi, le parole evocano la vita del defunto.- Registrazione di Jacques Bouet, Bernard Lortat-Jacob e Speranta Radulescu (!991), durante un

funerale.(B.L.-J.)

7. Albania [Guegues]Albania del Nord- Canto funebre di una decina di uomini. - Clamore collettivo organizzato secondo una struttura rigorosamente strofica: alternanza regolare

del clamore propriamente detto – omofono – e della sua “messa in eco” dalle voci del coro. V. sonogramma, fig. 3.

- Testo sillabato, senza parole.- Registrazione dell’Istituto di Cultura Popolare di Tirana, conservata al Museo dell’Uomo. (B.L.-J.)

8. GiapponeTokio- Esclamazioni vocali, kakegoe, emesse dai suonatori di tamburo prima e dopo il colpo sui loro

strumenti nel teatro no. Tamburi in forma di clessidra colpiti con le dita, o-tsuzumi di S. Kawamura e ko-tsuzumi di A. Kò. Tamburo a mazze taiko di T. Obe; flauto no-kan di Y. Isso.

- Questi gridi hanno due funzioni: una corrisponde ad una punteggiatura temporale, l’altra serve a creare l’atmosfera del pezzo. Questi gridi differiscono secondo la categoria del pezzo; essi

costituiscono un materiale sonoro e sono utilizzati allo stesso titolo dei colpi di tamburo per comporre diverse cellule ritmiche.

- Questo passaggio è tratto dal pezzo Shakkyò (il Ponte di pietre) scritto da Motomasa (1394-1432), figlio di Zeami il cui ruolo fu molto importante nella codificazione del teatro no.

- Registrato a Radio France sotto la direzione artistica di Akira Tamba (1983). Tratto da l CD Giappone. Musica del No.

(T.Q.H., da A. Tamba)

9. Repubblica Centroafricana [Pigmei Aka]Sottoprefettura di Mongumba, prefettura di la Lobaye- Richiamo di caccia mongombi.- 5 uomini cantano in voce di falsetto delle formule melodiche senza misure, costituite da

intervalli disgiunti. Altre rispondono con gridi gravi.- Con questi richiami modulati, gli uomini comunicano fra loro durante la posa delle reti nella

foresta e la battuta alla selvaggina. Non avendo misure, questi richiami non sono considerati dagli Aka come della musica; essi rientrato nel campo della tecnica di caccia.

- Registrazione di Simha Arom (1971). Tratto dal CD Centrafrica. Antologia della musica dei Pigmei Aka.

(S.F., da S. Arom)

10. Indonesia, BaliUbud- Coro kecak. Apparso sotto la sua forma attuale all’inizio degli anni 1930, questo genere s’ispira

a modelli più antichi, come certe danze di trance praticate nei templi.- Un coro di uomini, composto di una quarantina di esecutori, è disposto in cerchi concentrici al

centro dei quali si svolge una scena del Ramayana il cui testo viene declamato dagli attori. Il coro canta una polifonia composta unicamente di gridi diversi e di onmatopee, le cui sillabe ke e cak (pronuncia “cia”) che stilizzano il grido della scimmia: ne risulta un contrappunto ritmico variato che utilizza principalmente i procedimenti del singhiozzo, dell’ostinato e del controtempo. La rigorosa sincronizzazione fra le diverse parti è assicurata da uno dei membri del gruppo, un “conduttore” del quale si individuano chiaramente gli interventi a carattere segnaletico. Non c’è posto per l’improvvisazione: tutte le parti, il cui numero varia nel corso dell’esecuzione, vengono imparate a memoria.

- Registrazione di Gilles Léothaud (1978).(G.L.)

Voce e fiato

11. BurundiRegione di Bujumbura- Canto sussurrato accompognato dalla cetra-sopra-il catino inanga. - Voce d’uomo. La pronuncia delle parole, nelle quali è molto presente il fiato, è sincronizzata

perfettamente col pizzicamento della cetra. Mentre emette soltanto una leggera vibrazione di altezza difficilmente determinabile, il “cantante” produce tuttavia l’illusione di un movimento melodico vocale. Questa maniera di cantare offre un equilibrio per complementarità, poiché lo spettro è largamente coperto dalle componenti vocali e strumentali.

- Eseguito dagli uomini, il canto sussurrato serve a divertire il musicista stesso o un piccolo uditorio, come l’antica corte del re. Gli argomenti spesso storici riportano temi bucolici in modo epico, moralizzatore o umoristico.

- Canto di lode ad un benefattore.- Registazione di Michel Vuylsteke (1967). Tratto dal disco Burundi. Musiche tradizionali.

(S.F.)

12. Canada [Eschimese]a e b) Cape Dorset; c) Sanikiluaq- 3 pezzi di suono di gola katajjaq, a) di Elijah Podloo Mageeta e Napache Samaejuk

Pooroogook; b) di Temegeak Pitaulassie e Alla Braun; c) di Soria Eyituk e Lusi Kuni.- Il katajjaq è una tecnica vocale singolare caratterizzata dall’alternanza di inspirazione e

espirazione udibili, da una emissione vocale gutturale e nasale, e da suoni prodotti senza un’altezza determinata. Esso è costruito su dei motivi ripetitivi.

- Giostra vocale di donne. Le due cantanti si mettono una di fronte all’altra, quasi bocca a bocca. L’obiettivo è di stancare l’avversaria e di destabilizzarla ritmicamente. Il pezzo si arresta quando una delle donne è esausta e ride.

- Il testo è formato da sillabe senza significato.- Registrazione (1974-76) di Nicole Beaudry (a e b) e Claude Charron ( c ). Tratto dal CD

Canada, Canti e suoni degli Eschimesi.(T.Q.H., da J.-J. Nuttiez)

13. Mali [Tuareg Kel Ansar] Distretto di Gargando- Canto ihamama (onomatopea) dei Bella, ex schiavi. Conosciuto anche dai Tuareg dell’Hoggar

con il termine tazenqqarat. - Canto ansimante, accompagnato dal battere di mani, eseguito da un coro di una quindicina

d’uomini durante la dansa.- Feste di accampamento.- Sillabe senza significato.- Registrazione di Bernard Lortat-Jacob (1988).(B.L.-J.)

14. Bahrein Muharraq- canto per remare appartenente al repertorio detto nahhami che accompagna le differenti fasi del

lavoro legato alla pesca delle perle. - Cantato da due o tre solisti, poeti-cantanti professionisti detti nahham, e da un coro di uomini,

costituito da sommozzatori e dai loro assistenti. I solisti intervengono uno dopo l’altro in uno stile molto melismatico. Le qualità vocali richieste sono quelle di una voce acuta, morbida e “dolce come il miele”. Il coro emette il bordone nell’estremo grave (winna, secondo Jargy, nella nota esplicativa del disco) circa due ottave al di sotto della nota fondamentale dei solisti. Nella seconda parte dell’estratto, questo bordone evolve in forti espirazioni dette hamhama considerate dai cantanti come un elemento essenziale.

- Ad ogni fase del lavoro corrisponde un ciclo di canti: per la partenza, al levare dell’ancora, per remare, per issare le vele, per immergersi alla ricerca delle ostriche, per aprire le ostriche, alla fine del lavoro e al ritorno.

- Si colgono le seguenti parole: “O voi che avete buone intenzioni, andate verso la vostra fortuna”. La formula ya mal (“o fortuna”), che serve da ritornello a certe forme poetico-musicali, è una incocazione indiretta, poiché solo Dio è padrone del destino e della ricchezza.

- Registrazione di Poul Rovsing Olsen (1962). Tratto dal disco Pescatori di perle e musicisti del Golfo Persico, Radio France.

(J.L. e M.R.O.)

15. Madacascar [Antandroy]Ambovombé

- Musica di un rituale di guarigione che invoca la presenza di una forza soprannaturale, il kokolampo.

- La parte di cerimonia corrispondente alla traccia del discoè stata registrata prima della possessione di un partecipante da parte del kokolampo. Una frase musicale lanciata da un cantante viene ripresa parecchie volte da un coro misto. In seguito, una voce di donna, più gridata che cantata, si alza nell’acuto, mentre il coro, cessando di cantare, l’accompagna con una specie di ronzio ritmato prodotto da degli ansiti sonori. Questo supporto ritmico è completato dal battere delle mani contro le cosce degli esecutori.

- Un guaritore è presente durante tutta la cerimonia (che dura talvolta parecchi giorni). E’ lui che interpreterà le parole senza senso pronunciate sotto il dominio della possessione, indicando come curare il malato.

- Registrazione di Charles Duvelle (1963). Tratto dal disco Musica malgascia, Radio France. (M.B.)

16. KenyaDistretto di Malindi- Lode ad Allah, di Sheik Mohamed Bin Isa, accompagnato da alcuni bambini.- Solista e coro cantano in modo omoritmico una stessa cellula melodica punteggiata da una

scansione regolare di suoni gutturali ansimanti che si fanno sempre più presenti a seconda dello svolgimento del pezzo. Sotto il termine generico di dhikr, questa forma vocale si ritrova in altre regioni del mondo islamico.

- Il testo del canto è basato essenzialmente sulla ripetizione del nome di Allah.- Registrazione sotto la direzione di Hugh Tracey. Tratto dal disco Sound of Africa Series, Library

of African Music, Repubblica Sudafricana.(V.D.)

Parlato, declamato, cantato

17. Marocco, Alto Atlante occidentale [Berberi Ida Oumahmoud] - Cantillazione del Corano, tahzzabt, di un coro di ttlba, “letterati” o “maestri di scuola coranica”.- Il coro canta recto tono con dei cambiamenti di gradi. La declamazione è segnata da una

segmentazione dei versetti in periodi di lunghezza differente che finiscono o con suoni prolungati o con sottolineature gridate.

- Sslukt, cerimonia per la cantillazione del Corano nella sua integralità. Essa ha luogo in particolare in occasione di una morte, di un matrimonio, di un pellegrinaggio alla Mecca e del 27° giorno del Rmadan.

- Versetti 11, 12 e 13 della Sura LVIII “La Protestataria”.- Registrazione di Miriam Rovsing Olsen (1977). (M.R.-O.)

18. India Ladakh Monastero di Phyang- Salmodia buddista dei monaci del monastero “Bri-gung bka’-brgyud-pa. Tratto da

un’invocazione alla dea Aphyi, protettrice di quel monastero.- Il passaggio registrato illustra lo stile di canto indicato in tibetano dal termine dbyangs (alla

lettera “vocali”) e si caratterizza per una solennizzazione del testo del testo enunciato, ottenuta con l’interpolazione fra le parole di sillabe senza significato. La coesione dell’insieme è assicurata dal maestro di canto (dbumdzad) che picchia su un grande tamburo con telaio (rnga) e la cui potente voce fa da riferimento agli altri partecipanti.

- Registrazione di Mireille Helffer (1976). Tratto dal CD Ladakh, musica di monastero e di villaggio.

(M.H.)

19. India, Kerala Tricur- Recitazione del Rig Veda da parte di un gruppo di 10 brahmani Nambudiri.- In linea generale, la recitazione dei Veda ubbidisce a regole molto precise. I testi, in sanscrito,

sono composti di sillabe di 3 lunghezze diverse (breve, media e lunga). Inoltre, queste sillabe supportano un sistema di 4 accenti, resi nella recitazione da gradi melodici svara distinti. Nella tradizione dei bramani Nambudiri gli accenti udatta e pracaya sono recitati su un grado medio stabile, l’accento anudatta su un grado più alto, lo svarita su un grado più basso o un movimento composto medio poi alto secondo il contesto accentuale della sillaba. I 3 gradi stabili sono do# – mi - fa#, intorno ai quali i recitanti eseguono delle oscillazioni, kampa.

- Il testo è un passaggio di un inno (riferimento RV1/25), composto nel metro gayatri, che si rivolge al dio Varuna.

- Registrazione di Privislav Pitoeff (1983). Tratto dal CD India del Sud. Musiche rituali e teatro del Kerala.

(P.P.)

20. Tuvalu, NiutauPolinesia occidentale- 2 pezzi: a) Canto di gioco tafaonga sukisuki, titolo: O mamai, o mamai; b) Canto di danza onga,

titolo: Fakatu ake fasi kumete.- Il coro di 6 uomini si accompagna con un tamburo con fenditura pate e col battere delle mani.

A) Parti in tecto tono (una sola altezza di nota) e in sprechgesang (recitazione senza altezze fisseI; b) Sprechgesang. Nel secondo pezzo i cantanti accelerano il tempo.

- Il testo concerne a) una disputa fra gli dei sull’appartenenza dell’isola di Niutao; un concorso di fabbricazione di piatti scolpiti in legno.

- Registrazione di Gerd Koch (1963). Tratto dal disco allegato al libro di Dieter Christensen e Gerd Koch Die Musik der Ellice-Inseln.

( H.Z. da D. Christensen)

21. Nuova Caledonia [Kanak]Kanala, area linguistica xaracùù- Discorso rituale, xwaaxa, di Arthur Maramin.- Dopo un introduzione di un “strillone”, lo specialista autorizzato declama, in recto tono e su un

tempo veloce, una serie di quadri che condensano la storia delle alleanze locali. Momenti nello stesso tempo esaltati e formalizzati della cerimonia, questi discorsi ritmati possono fino a mezzora secondo l’oratore e la circostanza. L’oratore è circondato dagli uomini del suo gruppo di residenza che lo sostengono con gridi fricativo-palatali ritmati, punteggiano di gridi i suoi enunciati e lo incoraggiano e lo incoraggiano con delle formule codificate, i mulu.

- Declamato durante le cerimonie di fine del periodo deò lutto che si organizzano schematicamente in un vasto scambio fra due stirpi, questo tipo di discorso introduce il dono della stirpe detta paterna. Si noterà la voce dell’oratore amplificata da una sonorizzazione.

- Registrazione di Jean-Michel Beaudet (1984).(J.-M.B.)

22. Argentina [Selk’nam]Terra del Fuoco- Canto di sciamana di Lola Kiepja, una delle ultime sopravvissute del gruppo Selk’nam.- Assolo di donna. Le forme vocali selk’nam alternano generalmente parti parlate le cui parole

hanno un senso e parti parlate-cantate (sprechgesang) costruite su sillabe senza significato. Qui

lo stile vocale si caratterizza, fra l’altro, per l’importanza degli accenti amplificati dall’espirazione, per la presenza di una pulsazione, per l’uniformità della durata delle sillabe, e soprattutto per il timbro. Il sistema sonoro mette in corrispondenza i diversi gradi della melodia con sonorità specifiche legate all’emissione di certe vocali.

- Registrazione di Anne Chapman (1966). Tratto dal disco Selk’nam chants of Tierra del Fuego, Argentina.

(R.M. da G. Rouget)

23. Spagna, BaleariIsola di Formentera- Chant redoblado (“raddoppiato”), eseguito da un uomo che si accompagna col tamburo.- È caratterizzato da una scansione sillabica; ogni distico si conclude con un tremolio della

laringe; l’espressione redoblada rimanda precisamente a questa parte ornamentale del canto.- Feste di villaggio, veglie.- Contenuto narrativo, ma questo tipo di canto può essere anche improvvisato da parecchi cantanti

(uomini o donne) sotto forma di giostra (redobladas de porfedi).- Registrazione di Bernard Lortat-Jacob.(B.L.-J.)

24. Romania, ValachiaBlejesti, Dipartimento di Teleorman- Cintece batrinesti: canto di altri tempi (alla lettera “canto dei vecchi”), abitualmente tradotto

con la generica parola “ballata”. Eseguito da musicisti professionisti (lautari): Constantin Staicu, canto e violino; Georghe Staicu, zimbalon (strumento ungherese); Alec Staicu, fisarmonica.

- Lo stile epico-lirico è fortemente espressivo e comunicativo; si tratta, nello stesso tempo, di commuovere e di edificare l’autitorio. Secondo i momenti più o meno drammatici del racconto, dei passaggi cantati su frasi discendenti o in recto tono si alternano con passaggi parlati il cui verso è scandito con enfasi.

- Matrimoni. Eseguito su richiesta degli invitati al momento del banchetto.- In questa ballata detta sarpele (“il serpente”), l’eroe affronta un mostro mitico in un

combattimento da cui alla fine esce indenne.- Registrazione di Jacques Bouet e Bernard Lortat-Jacob (1981). Tratto dai dischi Ballades e fetes

en Roumanie.(B.L.-J.)

25. Stati Uniti, Filadelfia Pensylvania - Sermone dela Reverenda Audrey F. Bronson, pastore della Church of the Open Door.

Accompagnamento all’organo Hammond.- Estratto di un lungo sermone, cantato-parlato-gridato, di un pastore donna (mentre la maggior

parte delle registrazioni effettuate nelle chiese protestanti degli Stati Uniti presentano sermoni di pastori uomini). I membri della congregazione approvano con delle esclamazioni. L’organo punteggia ispirate della Bibbia.

- Servizio religioso domenicale di una comunità di Neri della “middle class”, in un quartiere periferico di Filadelfia. La profonda religiosità dei membri della congregazione, unitamente alle esortazioni del pastore, fanno sì che alcuni di loro entrano in trance, immediatamente circondati e sostenuti dai loro vicini.

- Registrazione di Jean Swarz (1978).(H.Z.)

Ambito e registro

26. Tibet (in esilio in India) - Salmodia buddista di una dozzina di monaci del collegio tantrico di Gyuto. Titolo: Rdo-rje jigs-

byed dbang,”Iniziazione relativa a Vajrabhairava”, una forma selvaggia del bodhisattva Avolokiteshvara.

- Insieme di voci di uomini che fanno alternare la recitazione sillabica e l’uso di una tecnica vocale specifica detta “voce ruggente del dio della morte” (Gshin-rie’i ngar-skad) o, più comunemente, “voce di mdzo” (mzdo-skad), essendo il mzdo un animale ibrido che risulta dall’incrocio del bufalo e della vacca.la voce molto grave favorisce l’emergere dell’armonica 10 (una terza, tre ottave sopra la fondamentale), effetto sistematicamente ricercato dai monaci e in particolare dal “maestro di canto” (dbu-mdzad), doprattutto nei monasteri della scuola Dge-lugs-pa di cui fa parte il collegio tantrico di Gyuto. V. sonogramma, fig. 4.

- Registrazione di J. Schwarz durante il passaggio dei monaci a Parigi (1975). (M.H.)

27. Corea del SudSeul- Salmodia buddista (pompa’e), stile hossori, dei monaci dell’ordine Tae Ch’o Sung. Titolo:

Koryong san, “Il picco degli avvoltoi”.- Coro di voci maschili. Dopo il richiamo dei gong, i diversi membri del coro iniziano

liberamente la loro parte, nelle loro rispettive tessiture; i loro interventi, lenti e in qualche modo “stirati”, di volta in volta aerei e violentemente contrastati, marcando delle ascensioni progressive, si succedono traducendo la profonda emozione provata dagli esecutori, alcuni dei quali sembrano pervenire ad una vera estasi. V. sonogramma, fig. 5.

- Tratto di un rituale eseguito il 49° e il 100° giorno dopo la morte per preparare l’anima del defunto al suo ingresso in paradiso.

- Registrazione di John Levy (1964), realizzata nel monastero di Sone Chol (“Il Nuovo Tempio”). Tratto dal disco Musica buddista di Corea.

(M.H.)

28. Papua-Nuova Guinea [Abelam]Kalabu, East Sepik Province- Canto dshambukware di Ndukabre (dshambu è il nome dell’emblema totemico, in forma di

uccello, di un clan).- Questo canto di uomini è caratterizzato da una voce di “Strohbass” (v. glossario) nell’estrema

grave.- Ogni clan possiede un canto dshambukware particolare. Questo è eseguito in onore

dell’antenato del clan Tipmanggero.- Formato esclusivamente di vocali, questo canto non comporta parole.- Registrazione di Brigitta Hauser-Schaublin (1979). Tratto dal disco Music of the Abelam, Papua

Niugini.(H.Z. da B. Hauser-Schaublin)

29. Brasile, Alto Xingu [Yawalapiti]- Canto di danza kozi-kozi, la danza delle scimmie urlanti.- 3 uomini mascherati si dondolano nella piazza del villaggio e cantano in alternanza, in voce di

falsetto, secondo dei disegni melodici discendenti, per gradi. All’inizio lanciano un breve grido collettivo in glissando, anch’esso discendente. Ciascuna di queste successioni è introdotta e chiusa da un grido collettivo, in breve glissando discendente.

- Eseguita la notte in cui un uomo ha incontrato nella foresta delle scimmie urlanti che si sono impadronite della sua ombra, questa cerimonia curativa si conclude con un pasto a base di pesce e di pappa di manioca che il paziente offre ai cantanti.

- Registrazione di Simone Dreyfus (1955). Tratto dal disco Musique indienne du Brésil.(J.-M.B. da Simone Dreyfus)

30. Bolivia [Llamero]Comunità Soicoco, Poroma- Canto di Carnevale, poujllay wayno, di Sofia Canaviri e Angela Condori.- Duo e orchestra di flauti a condotto d’aria pinkillo di 4 dimensioni differenti, suonati da degli

uomini in ottave parallele.i musicisti e le cantanti ballano girando. Una delle qualità principali della voce deve essere la “forza” (in spagnolo “fuerza”), cioè la capacità di trasmettere con il fiato (in lingua quechua “samay”) l’energia assimilata. L’emissione della voce femminile corrisponde ad un’estetica del suono pan-andino che mostra una preferenza marcata per l’acuto. I suoni acuti sono qualificati di “potenti” (sinch’i); sono anche detti “chiari”, “trasparenti” o “liquidi”(ch’uya) come l’acqua. La “limpidezza” dei suoni è associata all’idea di “evidenza” (sut’i) e quando le donne cantano nel registro sopracuto, si dice che le loro voci “diventano visibili”.

- Musica eseguita durante la stagione (da novembre a febbraio) e soprattutto durante il rituale del carnevale.

- Le parole sono tratte da un corpus di strofe, concatenate liberamente.- Registrazione di Bruno Fléry e Rosalia Martinez (1990).(R.M.)

31. Giappone- Recitazione epica del genere Satsuma-Biwa, interpretata da Kinshi Tsuruta che si accompagna

lei stessa al liuto.- La recitazione di un epopea, nella sua forma attuale, risale al XVII° sec. e deve il suo nome alla

provincia di Satsuma (Giappone meridionale) ed anche al liuto piriforme a 4 corde, biwa, suonato con un grande plettro. K. Tsuruta ne è attualmente la più celebre rappresentante. Un tempo divertimento per soldati, oggi si tratta di un genere austero la cui sobrietà non esclude l’espressività resa dalla tecnica vocale dell’interprete: ornamentazione ricca ma discreta e sottile e, soprattutto, un’emissione in registro di petto che si addice all’arogmento marziale del racconto, con solo brevi passaggi a carattere ornamentale in voce di testa.

- Questo estratto racconta uno dei numerosi episodi della battaglia che oppose i clan Heike e Genji nel corso del XII° sec.

- Registrato a Parigi (1973). Tratto dal disco Japon, Biwa et Shakuhachi. Musique millénaire, K. Tsuruta.

(G.L.)

32. Namibia [Bochiman Ju/’hoansi]//Xa/oba, area di Nyae Nyae- “Canto di guarigione”, n/om tzìsì, eseguito da un coro femminile; pezzo senza titolo

appartenente al repertorio detto ≠oah tzìsì, “Canti di giraffa”.- Una decina di donne accompagnano il canto con due tipi di battimani: uno materializza la

pulsazione, l’altro una formula titmica. Si tratta di una polifonia contrappuntistica senza parole (successione di vocali). L’impressione sonora che si sprigiona è quella di un complesso intreccio di voci da cui emerge il procedimento di yodel.

- Cantato principalmente in rituali di guarigione individuale o collettiva, ma anche per divertirsi e per cullare i bambini.

- Registrazione di Emanuelle Olivier (1993).

(E.O.)

33. Malawi [Mang’anja]Distretto di Nsange- Canto con tecnica yodel, chigolingo, di Fainesi.- Sincronizzando la sua respirazione con i colpi regolari in un mortaio, la cantante utilizza

diverse tecniche vocali. Canta sillabe senza significato alternando voce di petto e voce di testa secondo la tecnica dello yodel (chigolingo); emette dei suoni sia espirando che inspirando; produce cambiamenti di timbro piegando i bordi della lingua a forma di u per ottenere dei suoni “flautati”. Sebbene appartenga al gruppo dei Mang’anja, la cantante esegue un canto nello stile mangolongozi dei Sena.

- Eseguito qui triturando del mais, questo canto non è necessariamente legato a questa attività.- Canto senza parole.- Registrazione di Gerhard Kubik (1967). Tratto dal disco Opeka nyimbo. Musiker-Komponisten

aus dem sudichen Malawi.(H.Z. da G. Kubik)

34. Isole Salomon, Guadalcanal [Nginia]Kakabona- Canto del repertorio femminile rope, di Sylvia Saghorekao e Sabina Seso, e un coro di una

decina di donne. Titolo: Ratsi rope, “Cominciare il rope”.- Le due voci soliste, emesse con una grande energia e sprovviste di vibrato, sono caratterizzate

da uno sganciamento periodico in voce di testa, secondo il principio dello yodel. Esse fanno un contrappunto su un bordone eseguito dal coro. La prima voce “apre” (hihinda) il canto, la seconda “segue” (tumuri), mentre il bordone “grugnisce” (ngungulu).

- Cantato in occasione di feste organizzate dai capi tradizionali, durante funerali commemorativi, durante il lavoro collettivo nei giardini, o la sera al villaggio.

- Mentre certi canti del repertorio rope comportano delle parole, questo utilizza solo le vocali [e] e [ä]. Come molti pezzi strumentali degli insiemi di flauti di Pan, questi canti sono ispirati dai suoni e dai rumori prodotti dall’uomo o dalla natura.

- Registrazione di Hugo Zemp (1974). Tratto dal CD Polyphonies del Iles Salomon (Guadalcanal e Savo).

(H.Z.)

35. Svizzera, AppenzellAlpeggio Potersalp, cantone d’AppenzellRhodes esterni- Yodel, Zauer o Zäuerli, di Ernst Pfändler, Jakob Dietrich, Ernst Frick e Konrad Ortle.- Polifonia in 3 parti: solo il solista (Vorzaurer) canta in yodel. Gli altri cantanti, che restano nel

registro di petto, “tirano dritto” (gradhabe); il lungo tenuto degli accordi fa pensare ad un bordone. Nella sua forma attuale, la polifonia si conforma alla tonalità, con alternanza tonica/dominante. Due dei cantanti scuotono ritmicamente 3 grandi campane cerimoniali (Schelle schotte) che, alla partenza dalla valle, erano attaccate al collo delle vacche davanti al gruppo.

- Al momento dell’arrivo all’alpeggio, i contadini e i mandriani cantano parecchi Zäuerli prima di appendere queste 3 campane allo chalet fino al ritorno.

- Canto senza parole che comprende delle sillabe di yodel scelte in funzione del registro, essenzialmente con le vocali [a] e [o] in voce di petto, [u] in voce di falsetto, e in via accessoria la vocale [i] nei due registri.

- Registrazione di Hugo Zemp (1979) il giorno della salita all’alpeggio. Tratto dal CD Suisse, Yodel d’Appenzell.

(H.Z.)

CD II – TECNICHE (seguito)Colori e timbri

1. Guinea [Malinké]Kankan- Canto di lodi di Kondé Kouyaté, accompagnata da una kora, arpa-liuto a 21 corde, munita di un

bruiteur (rumorista?).- La voce senza rumore di fiato è proiettata con grande potenza, com’è opportuno quando ci si

rivolge ad un auditorio all’aperto. Prevale lo stile sillabico e l’ornamentazione è relativamente ridotta. V. sonogramma. Fig.

- La cantante fa parte del clan dei Kouyaté, dedito esclusivamente all’attività di musicisti professionisti appartenenti alla casta dei cantastorie dyeli in malinké.

- Questo canto di lodi è composto da una sequenza di strofe dove si alternano, in formule stereotipate, delle massime: “un uomo perbene non è come gli altri”, dei versetti coranici La illah ila Allah “non c’è altro dio all’infuori di Dio”, e delle formule di benedizione. Kondé Kouyaté nomina di volta in volta, per glorificarli, un certo numero di personaggi.

- Registrazione di Gilbert Rouget (1952). Tratto dal disco Musique Malinké, Guinee. (V.D. da G. Rouget)

2. Repubblica Centroafricana [Banda Ngao]Regione di Bambari- Canto di iniziazione. Titolo: Ganza, ganza, “Chi dà la forza”, “Iniziazione”. - Duo di ragazze. Cantato con voci mantenute in una tessitura molto acuta. Canto responsoriale:

le parole sono cantate dalla voce principale, mentre la risposta comporta sillabe prive di significato. Nella formula cadenzata di ogni strofa, le cantanti si raggiungono all’unisono. V. sonogramma, fig. 7.

- Appartiene al repertorio dei canti legati all’iniziazione delle ragazze, nel corso della quale viene praticata l’eccisione.

- “Ganza, ganza, dài la pulizia. Non piangiamo, siamo coraggiose. Ganza, non piangiamo, manteniamo il cuore freddo”.

- Registrazione di Simha Arom e Geneviève Dournon-Taurelle (1964-67). Tratto dal disco Musiques Banda, Répubblique Centrafricaine.

(S.F. da S. Arom)---------------------------------------------------------------------------------------

3. VietnamHanoi- Canto del teatro popolare a carattere satirico, hat chéo, del Vietnam del Nord. Titolo: Bài phù

thuy, “Canto dello stregone”, di Bac Nam Ngu che si accompagna lui stesso col tamburo tròng dé, ed è sostenuto da un’orchestra composata da un liuto in forma di luna dan nguyét, da una viella a due corde dan nhi, da parecchi tamburi tròng e da un piccolo gong.

- Canto d’uomo, nasalizzato, in una tessitura acuta, e su un ritmo sincopato. Le parole formano coppie di versi di 6 e 8 sillabe. Parole o sillabe senza significato variano il disegno melodico e ritmico.

- Tratto dall’opera teatrale Xuy Vàn (Xuy Vàn la folle).- Registrazione di Tràn Van Khé (1976). Tratto dal CD Vietnam. Hat chéo. Théàtre populaire

traditionnel. (T.Q.H. da Tràn Van Khé)

4. Indonesia, GiavaBandung, provincia di Sunda - Musica da concerto tembang sunda, cantata da Imas Permas, accompagnata da un flauto con

fascia suling e da 3 cetre, rispettivamente kacapi a 18 corde, rincik e kemprang a 16 corde. - Forma strofica regolare nella quale la voce esegue una lunga melodia su un accompagnamento

di cetre di valore binario uguale; il flauto parafrasa la linea vocale sviluppando una ricca ornamentazione. L’estratto presenta due strofe separate da un interludio strumentale. Il timbro ricercato della voce e l’atmosfera e l’atmosfera malinconica del pezzo sono assolutamente caratteristici della musica classica di Sunda.

- Antica arte di corte, questa musica intimista oggi è riservata ai concerti privati.- In questo poema, una donna abbandonata evoca tristemente con suo figlio il ricordo del padre.- Registrazione di Merry Ottin (1969). Tratto dal disco Java, pays Sunda. Musique et chants

traditionnel.(G.L.)

5. Russia [Iacuzi]Repubblica di Iacuzia- Canto di gloria, taryuk (tary, letteralmente “gloria”). Titolo: “Io canto per il mondo”.- Semi-improvvisazione melodico-poetica in assolo, ora misurata, ora non misurata. Il cantante di

taryuk impara fin dall’infanzia, da un parente prossimo, ad utilizzare diverse tecniche di emissione quali il colpo di glottide o il tremolio della laringe (kolenach) e il vibrato serrato. V. sonogramma, fig. 8.

- Il taryuk celebra la vittoria o si consacra alla lode. - Registrazione realizzata sotto la direzione di Françoise Grund a Parigi (1987-90). Tratto dal CD

Musique de la Toundre et de la Taiga…(T.Q.H. da F. Grund e P. Bois)

6. Vicino Oriente [Arabi]- Improvvisazione vocale, qasìda mursala, su un poema in arabo classico, di Aisha Redouane,

accompagnata al qanun (cetra su tavola) da Salah el-Din Mouhammed.- L’improvvisazione è elaborata nel modo Bayyàti con due modulazioni in ràst. L’estetica

dell’ornamentazione propria del canto colto arabo comporta diverse tecniche di successione armonica di note sostenute (madda): vibrato (tarjif), ascensione della scala grado per grado (tadrij), glissandi, arresti successivi, legato, nasalizzazione (glunna) e amplificazione (tafkhìm) della voce. La maggior parte dei melismi sono realizzati su suoni nasalizzati – [n], ma anche [l] – e su sillabe lunghe conformi alle regole della prosodia araba. L’ornamentazione si sviluppa intorno ai gradi cardine del modo Bayyàti (re, fa, sol, la). Lo strumento segue le inflessioni della voce con un leggero ritardo, arrestandosi talvolta alla fine della frase o rispondendo a questa restituendo la stessa idea musicale.

- Appartenendo allo stile della musica araba colta, la qasìda mursala (“poema libero”) fa parte di una wasla (sequenza musicale) composta di parecchi pezzi vocali e strumentali governati dallo stesso modo. Si canta in concerto o in altre occasioni (feste, riunioni di amici ecc.).

- Il testo è costituito da un’introduzione chiamata layàli – che prende come supporto sillabico le due espressioni correnti: yà leyl; yà ceyn ( “o mia notte”; “o mio occhio”) – e da una seconda parte che si sviluppa su una strofa di 5 versi in rima (AAA BB). La tematica è costruita intorno alla venerazione dell’essere amato inaccessibile, al quale la bellezza e la perfezione conferiscono un potere illimitato.

- Registrazione in concerto, a Parigi, di Habib Yammine (1994).(H.Y.)

7. Spagna, Andalusia

- Canto flamenco, seguiriya, di Pepe de la Matrona accompagnato alla chitarra da Roman el granaino.

- Esempio di voce flamenca, la cui asprezza e il carattere cupo sono riassunti dall’aggettivo negra, “nera”. Una voce negra comprende delle impurità intenzionali. Si noterà inoltre l’importante lavoro del cantante sulle vocali, tanto che si potrebbe parlare, in certi momenti, di “melodia di timbri”.

- Cantato abitualmente nelle tablaos di flamenco, luoghi specializzati per la musica, durante le juergas (feste flamenche).

- “Mi hanno chiesto se ti amo, mia buona compagna, e ho detto sì”.- Registrazione del 1957. Tratto dal disco Pepe de la Matrona. (B.L.-J.)

8. Francia, BretagnaPays Fisel - Dans tro (ballo a tondo), cantato da Erik Marchand e Marcel Guillou.- Tecnica del kan ha diskan (“canto e controcanto”), con delle parti in sovrapposizione.

Utilizzando una tessitura acuta, le voci, nello stesso tempo tese e nasali, si caratterizzano anche per un vibrato serrato.

- Cantato per le Festou-Noz, balli o feste notturne.- Il testo in bretone concerne una disputa fra gli abitanti di Courn e di Tréguier, e dà spazio a

formule strettamente ritmiche.- Tratto dal CD Erik Marchand et Thierry Robin. Chants du Centre-Bretagne… (1990).(B.L.-J.)

Voci travestite9. Cina [Han]Pechino/Beijing

- Opera di Pechino, Jinxi/Pingiu. Titolo dell’opera: “Primavera nel salone di giada” (Yutangchun). Aria di Susan cantata da Zhang Junqiu. Strumenti di accompagnamento: viella a due corde (huquin), liuti a 3 corde (sanxian) e a 4 corde (yuequin), oboe (suona), flauto traverso a zufolo (dizi), organo a bocca (sheng), ciak (paiban), tamburi (danpigu, tanggu), gong (daluo e xiaoluo) e cimbali (bo e hao).

- Il ruolo principale femminile è tradizionalmente interpretato da un uomo che canta con voce di falsetto, jiasheng. Oltre alle “forme melodiche legate” (lianquti) che l’apparentano all’opera Kuqu, questo teatro presenta la particolarità di “forme melodiche ritmate” (banquiangti), con variazioni su un tema. Le parole cantate si organizzano in stanze lunghe e brevi, più spesso in versetti da 7 a 10 sillabe/caratteri, in cui l’aria segue i toni della lingua e l’articolazione dei versi. La scala segue il modello pentatonico della Cina del Sud e utilizza anche il modello ettatonico più comune nel nord per l’ornamentazione melodica.

- Qui l’eroina, Susan, condannata a morte, difende la propria causa davanti al giudice che non è altri che il suo ex fidanzato Wang Jialun.

- Registrazione della Central People’s Broad Casting Station of China (1962). Tratto dal CD Famous songs sung by Zhang Junqiu…

- (L.R.L.)

10. Gabon [Mitsogho]Regione di Ngounié- Voce del genio Ya Mwei (Madre delle inondazioni).

- Voce rauca emessa da un personaggio invisibile l’infiammazione della cui laringe è stata ottenuta con l’ingestione di un decotto di foglie irritanti. La voce mascherata si sovrappone a quella d un uomo che interpreta con voce naturale ciò che esprime il genio.

- Rituale della confraternita del Bwiti, in particolare per i lutti.- Il genio è supposto “inghiottire” i morti. L’interprete lo informa che qualcuno è morto. Mwei

risponde che riprenderà “suo figlio”.- Registrato da Pierre Sallée (1968). Tratto dal disco Gabon. Musiques des Mitsongo et des

Bateké.(M.B.)

11. Honduras [Miskito]Mocoron, dipartimento Gracias a Dios- Canto con zufolo. Yerl Inaya. Sihkru di Aldubin Garcia.- Assolo d’uomo. Alternanza di parole cantate e di grida d’intensità relativamente debole. La

voce è mascherata per mezzo di uno zufolo chiamato klisang. È un piccolo tubo chiuso alla sua esteremità inferiore mentre all’altra estremità è fissata una membrana vibrante - generalmente fatta con la pelle di un’ala di pipistrello, di budello o di carta – presso la quale è praticato un foro in cui il cantante appoggia le labbra.

- Registrazione di Ronny Velasquez e e Terry Agerkop (1973). Tratto dal disco Instrumentos musicales de America Latina y el Caribe.

(J.-M.B. da R. Velasquez e T. Agerkop)

12. Costa d’Avorio [Baoulé]Atiégouakro, Regione di Toumodi- Voci degli spiriti protettori Pondo Kaku e Gooli.- La voce di Pondo Kaku è realizzata da uomini che cantano ciascuno in uno zufolo la cui

membrana è fatta con un bozzolo di ragno. 4 uomini, alternandosi 2 a 2, cantano in paralleli di terze. Lo spirito Gooli si esprime attraverso il grugnito di un tamburo a frizione.

- I due spiriti protettori del villaggio sono invocati e appaiono in caso di epidemia, di adulterio o di avvelenamento. Inoltre si recano al villaggio ad ogni nuova luna per scacciare gli spiriti malvagi.

- Registrazione di Gilbert Rouget (1952). Tratto dal disco Pondo Kaku. Musique de Société Secrète…

(H.Z. da G.Rouget)

13. Costa d’Avorio [Dan] Blomba, sottoprefettura di Biankouma- Voce della maschera geeglu, “maschera multipla”.- Questa maschera si esprime attraverso il suono di strumenti sacri: 3 fischietti di pietra e un vaso

di terracotta nel quale soffia e canta un quarto musicista. Questo vaso serve da amplificatore e da risonatore. Un quinto uomo canta con voce gutturale serrata (“fry” a 0’37 e 0’47), caratteristica di questo tipo di maschera. L’accompagnamento è realizzato da strumenti di musica profani (sonagli di latta). V. sonogramma, fig. 9.

- Secondo le concezioni religiose tradizionali dei Dan, le maschere (gee) sono esseri con un potere soprannaturale. Il geeglu, una delle maschere più potenti, fa parte della categoria delle “maschere nude” (gee kpan) che si manifestano soltanto attraverso la voce e la cui vista è vietata alle donne e ai ragazzi non iniziati.

- Registrazione di Hugo Zemp (1965).(H.Z.)

Ornamentazione

14. Stati Uniti [Lakota Sioux]- Canto responsoriale di uomini, accompagnato al tamburo dai membri del Tacni Dance Group

(riserva di Pine Ridge).- Titolo: Crow Hop, “Il salto del corvo”; composizione di Byron Phelps.- Parte in assolo in una tessitura acuta: la voce, molto tesa, che implica una grande energia da

parte del cantante, si caratterizza per un ampio vibrato che copre una terza minore. Il cantante sfrutta la pulsazione regolare scandita dal tamburo raddoppiando in valori brevi i diversi gradi melodici. Il coro (2 o 3 uomini) riprende lo stesso disegno melodico sulle vocali [a] ed [e], ma in una terssitura più grave e senza monnayage (arricchimento o conio?) melodico.

- Testo vocalizzato, senza significato.- Registrazione della Milt & Jayme Lee production (1994). Tratto dal CD Takini. Musique et

chants des Lakota Sioux d’Amérique du Nord.(B.L.-J.)

15. India (Nord)- Canto di stile dhrupad, dei fratelli Moinuddin e Aminuddin Dagar.- Repertorio classico che si è sviluppato nelle corti principesche dell’India del Nord nel XVI° e

XVII° secolo e che ai nostri giorni conosce una rinascita nelle sale da concerto. Nel corso dell’introduzione o alàp, cantata su sillabe senza significato, i cantanti devono presentare tutte le risorse melodiche del modo prescelto (qui il ràga Asàvarì) percorrendo, prima verso il grave, poi verso l’acuto, tutta l’estensione vocale, sottolineando i gradi privilegiati e mettendo in valore le formule melodiche proprie di questo ràga. Il passaggio selezionato si trova alla fine dell’alàp, in un momento di parossismo ornamentale, in cui i cantanti danno la prova del loro virtuosismo, e precede di poco il canto di un poema a carattere religioso eseguito su un ritmo misurato.

- Registrazione di Alain Daniélou (1964). Tratto dal disco India III. (M.H.)

16. Mongolia Xuzirt- Canto lungo, urtyn duu, di Nansir.- Voce d’uomo in assolo, caratterizzata dalla ricchezza dell’ornamentazione melodica. Il testo

cantato è una poesia di 8 versi (due quartine), regolarmente segnati dalla presenza di una rima iniziale e che danno spazio ad assonanze ed allitterazioni adatte a sostenere gli sviluppi melismatici che abbondano in questo tipo di canto.

- Canto eseguito in un contesto profano. - Queste due strofe sono il preludio di un lamento che ricorda la disavventura di due fratelli

durante la caccia.- Registrazione di Roberte Hamayon (1968). Tratto dal disco Chants mongols et bouriates. (M.H.)

17. Iran [Curdi]- Canto epico.- Molte melodie della musica d’arte persiana provengono da canti regionali che sono stati affinati,

sviluppati, ornati e integrati in un vasto sistema modale. La musica curda è, di tutte le tradizioni regionali, quella che intrattiene i legami più stretti con la tradizione persiana, senza perdere la sua specificità. Vi si cantano dei modi (maquàm) diffusi in tutto l’Iran. Raramente i cantanti sono dei professionisti retribuiti e, se le loro conoscenze poetiche sono molto vaste, la loro tecnica vocale è meno sofisticata che nell’arte classica (rappresentata dall’esempio II.18). tuttavia vi si trovano la stessa struttura melodica molto serrata e la tecnica d’ornamentazione

tahrir, tuttavia meno sostenuta. L’espressività di cui testimonia questa interpretazione è rappresentativa dello stile vocale del mondo iraniano e si ritrova nella maggior parte delle etnie e delle regioni.

- Registrazione di J.C. e S. Lubrchanski (1956) in Iran. Tratto dal disco Afghanistan et Iran. (J.D.)

18. IranCanto classico persiano, àvàz.tratto dalla melodia bidàd, nel modo Homaynn, di Afsàne Zià’i, canro, e Hoseyn Homumi, flauto ney.- Questo estratto è tratto da uno dei 12 sistemi modali della musica persiana che costituiscono il

radif, un repertorio-modello che può essere interpretato più o meno liberamente o servire di base alla composizione e all’improvvisazione. Le sequenze (gushe), da 10 a 40 (circa), che compongono un sistema modale (qui Homàynn) sono strutturate per la maggior parte nella maniera seguente: a) canto libero senza testo, b) poesia (un distico, beyt), che segue una trama metrica elastica (qui “Racconta ancora la nostra avventura alle persone di cuore”…), c) melisma rapido senza testo (tahrir), d) breve conclusione. Il melisma vocale della musica classica persiana si distingue per due aspetti, uno tecnico e l’altro estetico. Le note, che si succedono rapidamente e sono spesso raddoppiate o triplicate, sono affrontate con una appoggiatura situata all’incirca una quarta sopra ed emessa con un timbro di voce diversa. Questa tecnica vocale è talvolta vicina allo yodel, con un brevissimo passaggio in voce di testa; altre volte l’appoggiatura si fa con lo stesso portamento della voce della linea melodica. La prima tecnica, più vicina a quella utilizzata in questo esempio, è chiamata “dell’usignolo” (bolboli), l’altra, quando è pesante e martellata, è chiamata “del martello” (tchaqoshi). Fra questi due estremi esistono delle sfumature che non sono state classificate né studiate.tuttavia è chiaro che la tecnica del tahrir è specifica del canto classico (o popolare urbano) persiano e (con delle sfumature) dell’Azerbaigian; la si trova anche in certi cantanti iracheni il cui stile si rifà ad una grande tradizione pluriculturale che va dal Caucaso a Bagdad.

- Registrazione di Jean During (1985) a Parigi. (J.D.)

19. Libano Chouf- Canto strofico del genere ‘atàba wanìjànà, di Yusuf al-Tài. Titolo: La-shat mà yi’ùd az-zamàu,

“E’ certo, il tempo passato non tornerà”.- Abitualmente montanaro o beduino, questo canto è qui accompagnato da strumenti urbani: liuto

‘ud, cetra su tavola qàmùm, violino kamanja e tamburo ruqq. La voce particolarmente tesa e acuta è caratteristica dell’antico stile del canto arabo del Vicino Oriente, perpetuato nella cantillazione religiosa. Inoltre, il cantante realizza intorno alle note cardine del modo Bayàtì (re, sol, la) dei trilli in stile yodel in seconda, in terza e in quarta, e sottolinea la rottura fra i due registri della voce di petto e della voce di falsetto. Appartenente alla comunità drusa, Yusuf al-Tài (scomparso nel 1972) utilizza una tecnica di ornamentazione poco comune in Libano (v. le voci yodel tahrir dell’Iran e dell’Azerbaigian). V. sonogramma, fig. 10.

- Si canta nel corso delle feste. - Il testo del canto fa appello all’unità nazionale e al patriottismo.- Registrazione che risale agli anni ’40, ripresa nel disco Folk Music of the Mediterranean.(J.L.)

Voci e strumenti musicalia: Canto nello strumento

20. Papua-Nuova Guinea [Iatmul]

Yentchan, East Sepik Province- Voci degli spiriti mai: Malimalila.- Due uomini cantano ciascuno in una canna di bambù che serve ad alterare la voce.- Gli spiriti mai sono incarnati da uomini mascherati che nascondono le canne sotto il loro

costume. Sempre a coppie, i giovani uomini iniziati portavano queste maschere durante una cerimonia praticamente scomparsa negli anni ’60.

- Il testo evoca il fiume Sepik e i tronchi di legno che vi discendono, ma anche gli uomini con delle scarificazioni (tatuaggi rituali)..

- Registrazione del 1962. Tratto dal disco Music of the Middle Sepik.(H.Z. da M. Schuster e G. Spearritt)

21. Australia, Arnhem LandElcho Island - a) Pezzo per didjeridu, danza bunggul, di Wiriyi; b) parte vocale sola di Buwaijigu.- Didjeridu è una parola aborigena correntemente utilizzata in etnomusicologia per designare uno

strumento appartenente nello stesso tempo alla categoria dei corni e degli alteratori di voce. E’ un ramo, spesso di eucaliptus, di circa 1 metro e 50 di lunghezza, generalmente svuotato dalle termiti, nel quale il musicista soffia e canta nello stesso tempo. Attraverso la vibrazione delle labbra, il musicista utilizza il didjeridu come un corno, con in più la tecnica della respirazione circolare che permette di ottenere uno spettro sonoro continuo, ricco di armoniche, da cui emergono, oltre alla fondamentale grave, diverse parziali (v. sonogramma, fig. 11a). nello stesso tempo, il musicista pronuncia delle sillabe nel tubo (v. sonogramma, fig. 11b): la voce così deformata gioca tanto sul timbro, per alternanza di colori vocalici, quanto sul ritmo, attraverso impulsi, organizzati secondo uno schema più o meno complesso, la cui periodicità spesso è materializzata da bacchette di legno che si urtano.

- Registrazione di Wolfgang Laade (1963). Tratto dal CD Australia. Songs of the Aborigines…(G.L.)

22. Isole Salomon, Malaita [Aré’arè] Raroasi- Canto e suono di un flauto di Pan a fascio, ‘au waa, di Nono’ikeni. Titolo: Nuuba iisisu, “Canto

che enumera”.- Il musicista canta con voce di falsetto variando leggermente la melodia che suona

simultaneamente su uno strumento di 7 canne di bambù aperte alle due estremità. V. sonogramma, fig. 12.

- Musica di divertimento personale.- Registrazione di Hugo Zemp (1975).(H.Z.)

23. India, RajasthanDistretto di Jaisalmer- Assolo di flauto narh con bordone vocale di Sherha Mahamad, della comunità dei Sindhi

Sipahi.- Lo strumento, ricavato da una varietà di canne kar è lungo 64 cm ed ha 4 buchi per il suono. Il

bocchino terminale, cerchiato di metallo, presenta uno spigolo sul quale si esercita il soffio del suonatore che tiene il flauto in posizione obliqua. Il bordone, nari, emesso dalla gola, è accordato sulla tonica del pezzo. Il musicista ne varia l’intensità insieme a quella della melodia. Può anche alternare i suoni del flauto e del bordone con il canto ed anche suonare senza bordone.

- Nel deserto di Thar come nel vicino Pakistan, il narh è suonato a scopi religiosi o festivi (matrimonio, nascita) da non professionisti appartenenti a comunità di fachiri. Esso accompagna anche un repertorio di ballate, vait, provenienti dalla tradizione sufi.

- Registrazione di Geneviève Dournon (1993).(G.D.)

24. Laos [K’mu]Regione di Luang Prabang- Voce e suono di flauto, di Nang Suy.- La musicista canta e suona alternativamente un flauto con due fori praticati presso le due

estremità chiuse del bambù, mentre il bocchino si trova al centro dello strumento. Suoni vocali e suoni strumentali in questa improvvisazione si aggrovigliano senza soluzione di continuità. Nang Suy cerca manifestamente di imitare con la voce il suono del flauto, in modo che timbro vocale e timbro strumentale si confondono.

- La musicista canta e suona per il suo piacere personale e durante le feste al villaggio.- Registrazione di Jacques Brunet (1972). Tratto dal disco Laos. Musique du Nord.(T.Q.H. da J. Brunet)

b: Imitazione dello strumento

25. MongoliaArvajxeer- Imitazione vocale del suono del flauto limbe, di Cerenamid.- Il tema melodico è quello di un “canto breve” (bogino duu) intitolato “Il cavallo bruno dagli

zoccoli a forma di coppa” (Combon tuurajtai xuren). Il cantante utilizza una tecnica acrobatica della voce detta “suono del flauto con il naso” (xamaraar limbedex).

- Il flauto è utilizzato abitualmente dai pastori che sorvegliano il gregge nella steppa. Qui si tratta di un semplice gioco musicale.

- Registrazione di Roberte Hamayon (1968). Tratto dal disco Chants Mongols et bouriates.(M.H.)

26. Mali [Tuareg Kel Ansar]Distretto di Gargando- Ninna nanna bell’ilba, cantata da una donna che tiene in braccio il suo bambino. - Alternanza di parole e di “yodel” che imitano il suono del flauto.- Canto intimista eseguito soltanto da donne e che serve soprattutto per cullare.- Evocazione dei rapporti familiari, invito alla calma. - Registrazione di Bernard Lortat-Jacob (1988), durante una festa.(B.L.-J.)

27. CanadaQuébec- Canto di danza di Mary Travers (detta “La Bolduc” [“L’Olandese”]), accompagnata da una

chitarra e un’armonica che suona lei stessa.- Il testo del canto si alterna con delle formule sillabate che fanno da ritornello, dette turlutes, che

riproducono la formula melodica dell’armonica.- Serate, veglie e concerti.- Canzone satirica, sul “suonatore di violino”.- Registrazioni del 1929-1939. Tratto dal CD La Bolduc, cantante del Québec. (B.L.-J.)

28. Repubblica Centroafricana [Pigmei Mbenzelé]Prefettura di Sangha, sottoprefettura di Nola- Singhiozzo (hochetus) vocale-strumentale, hindewhu. - Voce di donna e flauto a gambo di papaia (la pianta). In questa tecnica, la stessa persona alterna

regolarmente un suono fischiato con suoni cantati; qui vengono utilizzati tutti i gradi della gamma pentatonica non semitonica.

- L’uso di intervalli disgiunti e della voce di testa, unitamente al continuo cambiamento di timbro dovuto all’alternanza voce/flauto, apparenta questa musica allo yodel, del resto noto ai Pigmei (v. III.26).

- Abitualmente i cacciatori si servono di questo strumento per annunciare alle donne e ai vecchi rimasti nell’accampamento il loro ritorno da una caccia fruttuosa.

- Registrazione di Simha Arom e Geneviève Taurelle. Tratto dal disco La musique des Pygmées Ba-Benzélé.

(S.F. da S. Arom)

29. Papua-Nuova Guinea [Huli]Bebenete, Southern Highlands Province- Voce e flauto pilipè, di Mabu.- Nel primo pezzo, il musicista canta in voce di falsetto e alternativamente soffia nel flauto pilipè,

una piccola canna di bambù che produce una sola altezza di suono. La melodia cantata comporta 5 gradi, tutti al di sotto della frequenza fondamentale del flauto: con 3 gradi principali distanti circa un tono e due gradi intermedi, il contorno melodico discendente imita l’intonazione della lingua parlata. Nel secondo pezzo (a partire da 0’28), il musicista lancia delle grida contemporaneamente a brusche emissioni di fiato nel flauto, imitando così, con lo strumento e la voce, tecniche vocali in parte nello stile yodel, utilizzate abitualmente da parecchi escutori durante un rituale.

- Il testo del primo pezzo è composto di espressioni metaforiche a proposito di una sposa infedele di cui il cantante augura il ritorno.

- Registrazione di Jacqueline Pugh-Kitinganen (1978). Tratto dal disco The Huli of Papua Niugini.

(H.Z. da J.Pugh-Kitinganen)

30. Ciad, Tibesti [Teda, detti Tubù]Zougra- Canto e viella, di Mahamat Chaimi. Titolo: Bela (nome di donna).- Mentre suona la viella monocorde, il musicista canta in voce di falsetto, senza vibrato,

all’unisono con lo strumento che lui imita. La corda della viella è costituita da un semplice filo di crine poco tesoche rende impossibile il vibrato.

- Repertorio suonato nell’intimità esclusivamente dagli uomini.- Il canto evoca la bellezza di una donna e l’atmosfera felice dei villaggi in contrapposizione alle

difficoltà dei lunghi spostamenti nel deserto.- Registrazione di Monique Brandily (1965). Tratto dal CD Tchad. Musique du Ti Tibesti.(M.B.)

31. Benin [Fon]Abomey, capitale dell’ex regno del Dahomey- Formule ritmiche dette di Niékpadoudò, vocalizzate da due discendenti del re Glélé.- Normalmente queste formule ritmiche, che ogni principe di sangue deve conoscere, sono

eseguite da un insieme di 3 tamburi per accompagnare la danza che chiude la cerimonia annuale di offerte ai tohossu reali (geni delle acque venuti sulla terra).

- Registrazione di Gilbert Rouget (1952). Tratto dal disco Dahomey. Musique des Princes.(G.R.)

32. India (Sud)- Improvvisazione melodica e ritmica, Pallavi, cantata da Mudi Kondan e C. Venkatarama Iyer;

accompagnamento vocale di Vellore Gopalachari; violino di M. Chandrashekharan; tamburo a due membrane mridangam di Karaikidi Mutha Iyer; liuto tanpurà.

- Modo (ràga) Bhairavì del sud su un ciclo metrico (tàla) a 7 tempi triputa. Uno dei cantanti improvvisa formule ritmiche per mezzo di sillabe convenzionali chiamate jati (il tàla triputa si enuncia “Ta ki ta. Ta ka. Ta ka”). Ciascuna delle frasi di questa improvvisazione è fedelmente risuonata dal suonatore di tamburo. Simultaneamente l’altro cantante sviluppa la melodia del ràga solfeggiando le note sulle sillabe convenzionali della scala (“sa, ri, ga, ma, pa, dha, ni”).

- Il Pallavi è una sequenza facoltativa, molto apprezzata, durante i concerti di musica carnatica (musica colta dell’India del Sud).

- Registrazione di Alain Daniélou, Madras, anni ’50. Tratto dal cofanetto Anthologie de la musique classique de l’Inde.

(P.P.)

Gioco sulle armoniche

33. Papua-Nuova Guinea [Amanab-Yafar]Yafar 1, West Sepik Pr, Amanab District- Melodia di armoniche, di Kayo (figlio di) Nuwas, su un rumore di coleottero (fut mwag). - Il coleottero è attaccato per una zampa ad un filo di paglia, poi tenuto davanti alla bocca

socchiusa mentre tenta di prendere il volo. L’insetto fornisce il bordone “strumentale”. Modificando il volume della cavità boccale che serve da risonatore, il ragazzo seleziona delle armoniche per farne una melodia (tecnica analoga a quella dello scacciapensieri o dell’arco musicale; v. le due tracce seguenti).

- Gioco di ragazzi o adolescenti. Nessuna circostanza particolare.- Registrazione di Bernard Juillerat.(H.Z. da B. Juillerat)

34. Irlanda- Jig eseguito allo scacciapensieri da John Wright. Titolo: Padeen O’Rafferty.- Esempio di utilizzazione della bocca come risonatore e selettore di frequenze, l’eccitatore

esterno è costituito dalla linguetta metallica dello strumento.- Musica da ballo.- Registrazione realizzata presso il Dipartimento di etnomusicologia del Museo dell’Uomo.(B.L.-J.)

35. Repubblica Sudafricana [Xhosa]Ngqoko, distretto di Lumko- Esecuzione con l’arco musicale umrhubhe di Jofirsti Lungisa, che esegue sullo strumento il

canto intitolato Nondel’ekhaya, “Matrimonio in casa”.- La musicista applica il legno dell’arco contro i denti e sfrega la corda con un’asta di legno.

Ottiene due suoni fondamentali distanti una seconda maggiore lasciando alternativamente vibrare liberamente la corda e appoggiando il medio della mano sinistra in un punto preciso della corda per accorciare la sua parte che vibra, aumentando simultaneamente la sua tensione. Modificando il volume della cavità buccale con la posizione della lingua e delle labbra, la musicista seleziona le armoniche 5,6,8,10 e 12 della fondamentale si, e le armoniche 6 e 8 della fondamentale do#.

- Musica per divertimento.- Registrazione di David Dargie (1983) all’Istituto di Lumko, nella Repubblica Sudafricana.(T.Q.H. da D. Dargie)

36. Repubblica Sudafricana [Xhosa]Ngqoko, distretto di Lumko- Due canti difonici: a) nello stile umngqokolo ngomqangi di Nowayilethi Mbizweni; b)

umngqokolo “ordinario” di Nowayilethi Mbizweni (voce principale) e Nofirst Lungisa (voce secondaria). I due pezzi portano lo stesso titolo: Nondel’ekhaya, “Matrimonio in casa” (v. traccia precedente consacrata all’arco musicale).

- A) Nowayilethi Mbizweni dice di aver inventato lo stile umngqokolo ngomqangi ispirandosi al ronzio di un coleottero tenuto davanti alla bocca, con selezione delle armoniche nella cavità buccale (questa tecnica viene praticata anche in Papua-Nuova Guinea, v. traccia 33). Con le labbra in posizione di [o], lei emette due fondamentali con voce molto grave: il la con le armoniche 4,5 e 6; e il si con le armoniche 3,4 e 5. V. sonogramma, fig. 13.

- b) nello stile dell’umngqokolo “ordinario”, la lingua è diretta verso il davanti della bocca mentre le labbra restano più aperte. All’inizio del pezzo, la seconda donna canta con voce naturale, prima di adottare la stessa tecnica difonica. Le due cantanti cantano all’unisono 3 suoni fondamentali: il fa con le armoniche 5 e 6, il sol con le armoniche 4 e 5, e il re con l’armonica 3.

- Musica per divertimento.- Registrazione di David Dargie (1983) all’Istituto di Lumko, nella Repubblica Sudafricana.(T.Q.H. da D. Dargie)

37. Russia [Tuva]Kyzil, Repubblica di Tuva- Canto difonico nello stile dag kargyraa (“kargyraa di montagna”) di Seweck Aldyn-Ool.- Fra i 5 stili maggiori di canto difonico del paese di Tuva, il kargyraa ha il suono fondamentale

più grave. I cantanti distinguono una dozzina di sotto stili: xovu kargyraa “kargyraa di steppa”), dag kargyraa (“kargyraa di montagna”), ecc. La fondamentale (60 Hz) che costituisce il bordone è periodicamente sostituita dalla terza minore inferiore. Pronunciando le vocali [u, o, e, a], il cantante seleziona rispettivamente le armoniche 8, 9, 10, 12 per farne una melodia pentatonica. In un breve passaggio con testo, alterna due fondamentali distanti una seconda maggiore.la fine di una frase musicale (fine del respiro) è segnata da un cambiamento di timbro dovuto alla pronuncia accentuata della vocale [i]. v. sonogramma, fig. 14.

- Registrazione di Paul Veihs (1992) durante un simposio sul canto difonico nella capitale della repubblica di Tuva.

(T.Q.H.)

38. MongoliaUlan Bator- Su una fondamentale (165 Hz) nettamente più elevata che nello stile kargyraa che esiste anche

in Mongolia, il cantante emette una melodia pentatonica con le armoniche 7, 8, 9, 10 e 12 nella prima aria, e con in più l’armonica 6 nella seconda. Come nelle altre tecniche di canto difonico, la cavità faringo-buccale serve da cassa di risonanza a volume variabile, che permette di selezionare le armoniche per ottenere una melodia.

- Registrazione di Roberte Hamayon (1967). Tratto dal disco Chants mongols et bouriates. (T.Q.H.)

CD III – POLIFONIE

Eterofonie

1. Marocco, Alto Atlante orientale [Berberi Ben Aissa]- Grande danza collettiva, ahidus, cantata e accompagnata da tamburi su telaio.- Coro misto che canta distici in forma responsoriale; esempio di eterofonia isoritmica. L’ambito

melodico è molto stretto, quasi recto tono, con un deliberato effetto di maasa: ogni cantante utilizza la propria tessitura – volontariamente, a quanto pare – in modo che lo spettro sonoro viene largamente coperto da tutte le voci del coro.

- Feste, principalmente matrimoni e circoncisioni.- Registrazione di Bernard Lortat-Jacob (1978), in occasione di una festa di circoncisione. (B.L.-J.)

2. Ecuador [Shuar (Jivaro)]- Canto ujaj di un coro di 5-7 donne. - Abitualmente le donne e gli uomini cantano insieme, ma in questa registrazione gli uomini sono

assenti. Eterofonia con sfasamenti nel canone: le entrate successive sono distanziate e non seguono lo stesso scarto temporale. Il canto è costituito essenzialmente su due gradi, distanti approssimativamente una terza maggiore; una delle voci emerge periodicamente alla quinta superiore. Le cantanti tessono con le loro voci un fondo continuo senza silenzi né rotture evidenti.

- La formula sillabica [a a au au a au] è caratteristica di questo tipo di repertorio. - I canti ujaj sono eseguiti durante la danza della tsantsa, cerimonia della testa ridotta. Si presume

che creino un alone magico destinato a proteggere gli uomini partiti per una spedizione di guerra.

- Registrazione di Philippe Luzuy (1956). Tratto dal disco Jivaro.(R.M. da Pierre Salivas)

Eco e sovrapposizione

3. Eco e sovrapposizione [Kaluli]Provincia delle Southern Highlands- Canto heyalo, di Ulahi e Eyoobo. Titolo: Yamala iyeeu.- Secondo la concezione kaluli, le due voci non si “susseguono”, ma “si elevano al di sopra”

(dulugu molab) reciprocamente, in una sorta di eco. - Gli heyalo possono essere eseguiti sia durante una cerimonia che per divertimento personale.

Composto nello stile tradizionale in occasione di cerimonie intorno al 1970, questo heyalo è cantato qui da due donne nel corso di una pausa che interrompe il lavoro di giardinaggio.

- Il testo paragona dei bambini alle colombe che prendono verso una scuola lontana, si fermano ad ogni villaggio e chiamano i loro genitori, fratelli e sorelle: “Io non tornerò”.

- Registrazione di Steven Feld (1977). Tratto dal disco Music of the Kaluli. (H.Z. da S. Feld)

4. Senegal [Bedik]Etyowar, Dipartimento di Bandafassi- Canto del repertorio yangango, interpretato durante le raccolte.- Di forma antifonale, in sovrapposizione, questi canti fanno intervenire due cori, uno di uomini e

l’altro di donne, che si rispondono all’ottava. L’esecuzione della melodia lascia apparire delle varianti individuali. Il carattere eterofonico che ne deriva è riconosciuto e valorizzato e concorre alla potenza dell’insieme.

- Questo repertorio di canti è interpretato di notte sulla piazza del villaggio dove i giovani uomini danzano tenendosi per le spallle e dondolandosi dolcemente davanti alle donne che gli

rispondono provocandoli. Questi canti preparano alla vita nel villaggio; i campi stanno per essere abbandonati, dato che le raccolte stanno finendo e i raccolti vengono riposti nei granai delle famiglie.

- Le parole dei canti evocano soprattutto gli approcci fra giovani, che si paragonano rispettivamente a delle antilopi maschi e femmine, che rivaleggiano in bellezza.

- Registrazione di Vincent Dehoux (1983).(V.D.)

5. Indonesia, Timor Est [Ema] Comunità di Marobo- Canto di danza per chiamare la pioggia.- Polifonia in sovrapposizione di tipo antifonale di un coro d’uomini e un coro di donne che si

rispondono alternativamente.- Cantato durante la festa Tei bea, “Cantare l’acqua”, che, all’inizio della stagione delle piogge,

celebra un nuovo ciclo vegetale.- Registrazione di Brigitte Clamagirand (1966). Trato dal disco Timor. Chants des Ema.(T.Q.H. da B. Clamagirand)

6. Taiwan [Bunun]Canatin, distretto di Taiton- Canto di preghiera per un raccolto abbondante di miglio, pasi but but.- Il pasi but but degli aborigeni Bunun rappresenta una forma musicale unica, che associa

movimenti melodici in glissando e entrate di voci in momenti successivi. È necessaria come minimo la partecipazione di 6 cantanti adulti, con un capo che sia sciamano (lisigadan lusan) . in questa registrazione ci sono 8 cantanti che si spartiscono le 4 parti della polifonia secondo la tessitura e il timbro delle loro voci (dall’alto in basso): mas-hosgnas cantata da 3 uomini, ba-tien da uno solo, ma-bonbon e las-inisnis da due cantanti ciascuna. Secondo le diverse versioni del pasi but but, gli intervalli sono variabili, ma l’organizzazione delle parti ubbidisce sempre allo stesso principio. Le entrate successive delle 4 voci formano una cellula ciclica, in questo pezzo ripetuta 8 volte. Alla fine di ogni intervento della seconda voce, la prima voce sale di circa mezzo tono; la differenza di altezza fra l’inizio e la fine del canto è qui di una decima (ottava più una terza maggiore. V. lo schema, fig. 17.

- Cantato nel periodo situato fra il rito della semina e il rito della sarchiatura del miglio. - La prima parte (mas-hosgnas) è cantata sulla vocale [o]; le due seguenti sulla [u]; la quarta sulla

[a].- Registrazione di Wung Rung-Shun (1987). (W.R.-S. e H.Z.)

Bordone e ostinato

7. Indonesia, Sulawesi [Toraja]Lo ‘ko’ Lemo, distretto di Rindingallo- Coro di uomini manimbon. Titolo: Tarranmo taunna Puang.- Polifonia in due parti: il coro formato da 16 uomini canta un bordone all’unisono, mentre il

solista ricama a un intervallo di seconda al di sopra e al di sotto. Nella parte senza misure dell’inizio, i cantanti modificano la struttura dello spettro armonico pronunciando su una stessa altezza le vocali le vocali [o-e-o].

- Eseguito un tempo durante la più grande festa dei riti del sol levante (bua’), cerimonia destinata alla fecondità umana, animale e vegetale. Per un giorno e una notte parecchi cori invitati contavano senza interruzioni nello stesso spazio.

- Registrazione di Dana Rappoport (1993) a Poka, durante la consqcrazione di una chiesa cattolica. Tratto dal CD Indonésie, Toraja. Funérailles et fétes de fécondité.

(D.R.)

8. Albania [Tosci]Permet, Albania del Sud- Polifonia in 3 parti: il marrési guida il canto, il prejtési (seconda voce) gli dà il cambio. Queste

due voci si rispondono in una larga imitazione e si appoggiano su un bordone (kaba) “serrato”, realizzato sulla vocale [e] da un piccolo coro. Conformemente alla tradizione tosca, lo stile è rubato (con una larga ornamentazione in yodel per una delle voci).

- Feste e festival di folclore.- Canto patriottico epico-lirico, con il testo che fa l’elogio del Partito comunista.- Registrazione di Bernard Lortat-Jacob (1983). Tratto dal CD Albanie, Polyphonies vocales et

instrumentales. (B.L-J.)

9. Niger [Peuls Bororo]Dintorni di Niamey- Canto d’amore di corte per la festa gerewol.- Coro di uomini e di donne all’unisono o in quinte che costituiscono un bordone da cui emergono

delle formule in ostinato. L’emissione della voce, naturale, è sostenuta progressivamente da battimani regolari.

- Durante la festa annuale del gerewol, i giovani in una fila, eseguono una danza quasi immobili, cantando. Il canto s’interrompe regolarmente e i ballerini spalancano gli occhi per farli ammirare e sollevano le labbra per mostrare la bianchezza smagliante dei denti. Delle ragazze sono mescolate agli spettatori.

- Le parole del canto invitano le ragazze a scegliere fra i cantanti un compagno per la notte.- Registrazione di Jean Claude Lubtchansky (1974).(V.D.)

10. Etiopia [Guji]Yavello, provincia di Sidamo- Canto di rito di passaggio maschile.- La voce del solista è sostenuta da molteplici effetti vocali prodotti da un coro che utilizza

parecchie formule in ostinato: alternanza della voce di petto e della voce di falsetto con glissando ascendente, fischi, respirazioni forzate.

- Presso i Guji, numerosi riti sono legati al passaggio da una classe di età all’altra. Nel nostro caso, parecchi giovani uomini si apprestano a passare nella classe di età superiore in cui viene tolto il divieto di procreare.

- Registrazione di Jean Jenkins (1968). Tratto dal disco Ethiopie. Polyphonies et tecniques vocales.

(V.D. da J. Jenkins)

11. Gabon [Bateké]Alto Ogoué- Canto oniugu.- 5 voci d’uomini con due sanza (o sanze?) a 10 lamelle, chiamate esandji presso i Beteké. La

polifonia eseguita dal coro testimonia la ricerca di timbri complessi che è una delle caratteristiche della musica dei Bateké. Le onomatopee e i diversi suoni accompagnati dai battimani dei cantanti cercherebbero di imitare i gridi di certi uccelli, come gli insiemi di fischietti e di corni che attualmente non sono più in uso, ma che sono evocati dall’ostinato che

nella grave emerge dal tessuto sonoro molto ricco delle sequenze con il coro. Fra queste sequenze s’intercalano degli interludi nel corso dei quali solo la voce del solista interviene con gli strumenti.

- Musica per divertimento.- Registrazione di Pierre Sallée (intorno al 1970). Tratto dal disco Gabon. Musiques des

Mitsogho et des Bateké.(M.B.)

Organizzazione parallela, obliqua o contraria di due voci

12. Eritrea [Rashaida]El Ain- Musica da festa.- Un coro misto esegue una formula melodica in quinte parallele. Questa si ripete regolarmente su

un ritmo ternario. L’emissione della voce è naturale. All’insieme è associato un timpano fatto con una pelle tesa su una pentola.

- All’occasione di una festa, parecchie centinaia d’uomini sono raggruppate in semicerchio di fronte ad un piccolo gruppo di donne interamente velate. Uomini e donne cantano insieme e dansano sul posto.

- Registrazione di Jean Jenkins (1967). Tratto dal disco Ethiopie. Polyphonies et tecniques vocales.

(V.D. da J. Jenkins)

13. Costa d’Avorio [Baoulé]Kpouebo, sottoprefettura di Toumodi- Canto di donne.- Duo di due bambine di 5 e 7 anni e coro di donne. Polifonia in terze parallele delle due soliste e,

in forma responsoriale, del coro di 7 donne. Una delle donne suona un raschiatore aoko, che consiste in bastoncino dentato passato attraverso una noce e munito di un piccolo risonatore.

- Canto di divertimento.- Registrazione di Hugo Zemp (1965). (H.Z.)

14. Costa d’Avorio [Guéré]Zioubli, sottoprefettura di Toulépleu- Canto di aratura delle donne. - Su una scala pentatonica senza mezzi toni, due soliste cantano, in parallelo di quarte, lunghe

frasi musicali su dei brevi ostinati emessi da un piccolo coro di 4 donne (cosicché questo esempio avrebbe potuto figurare altrettanto bene nella sequenza precedente concernente l’ostinato). Queste ultime cantano lavorando; curve in avanti, esse maneggiano delle zappe dal manico corto il cui movimento regolare fornisce il movimento di base. Le due soliste lavorano soltanto episodicamente e più spesso si tengono in piedi per cantare meglio. Esclamazioni e grida lanciate dalle donne del coro stimolano il lavoro.

- Canto di lavoro che ritma l’uso delle zappe e dà lo slancio e la forza agli aratori. Registrazione di Hugo Zemp (1965). Tratto dal disco Musique guéré, Cçte d’Ivoire.

(H.Z.)

15. MacedoniaIstibanja, Macedonia orientale- Canto dodole (nome dello spirito della pioggia al quale si rivolgono le cantanti e, per estensione,

di questo tipo di canto), eseguito da 3 donne.

- Polifonie in due parti: una cantante “conduce” il canto, le altre due realizzano il bordone all’unisono. Ogni distico termina con un esito all’unisono delle 3 cantanti e con un breve grido in glissando, caratteristico della polifonia macedone e bulgara. Si noterà, nel corso dell’esecuzione, la progressiva traslazione verso l’acuto, che sembra volontaria e controllata.

- Eseguito fino ad una trentina di anni fa da donne o ragazze in corteo per le vie. Canto destinato a far venire la pioggia.

- Registrazione di Bernard Lortat-Jacob et Jacques Bouét (1990). (B.L.-J.)

16. Vietnam [Nùng An]Lang Trén, provincia di Cao Bang- Canto di lavoro alternato, xi.- Questo tipo di canto della minoranza etnica dei Nùng An è normalmente eseguito in alternanza

da due ragazzi e due ragazze. Qui, si sentono solo le voci dei due ragazzi. La prima voce comincia sulla tonica; poi qualche secondo più tardi la seconda voce della stessa intensità e dello stesso timbro la raggiunge all’unisono. In seguito la prima voce canta due gradi che distano una terza minore, mentre la seconda voce canta una melodia fra la tonica e la quinta, ciò che crea degli intervalli di quinte, quarte, terze e seconde prima di concludere la frase all’unisono. Queste due voci eseguono un’ascesa graduale nel corso del canto.

- Il testo di questo canto racconta le difficoltà e le gioie della vita quotidiana. - Registrazione di Patrick Kersalé (1993).(T.Q. H. da P. Kersalé)

Accordi

17. Italia, SardegnaBitti, provincia di Nuovo- Canto tenore (parola che indica il coro polifonico del centro della Sardegna); danza (ballu)

eseguita a cappella dal “Coro di Bitti”.- 4 uomini. Per percepire meglio il ruolo e il colore delle voci, è stato chiesto ai cantanti di

differire l’inizio di ciascuna delle parti. In successione: bassu, contra, bohe, mesa boghe. Questa polifonia è fondata sull’accordo perfetto maggiore. La boghe porta il testo, le altre 3 voci fanno il cuncordu (il “coro”) utilizzando formule sillabate prive di significato. La scelta delle consonanti è sottomessa alle necessità del ritmo; le vocali sono di colori diversi in modo da riempire ampiamente lo spettro sono: timbro acuto per la mesa boghe (gioco delle vocali [i] e [e]), timbro più grave per il bassu e il contra ([a], [٤, v. pag. 62], [o]).

- Si canta in compagnia: feste, pasti ecc.- “Vieni, dammi la tua mano, a me che sono sconsolato”.- Registrazione di Bernard Lortat-Jacob.(B.L.-J.)

18. Italia, SardegnaCastelsardo, provincia di Sassari- Coro della Settimana Santa, dei confratelli dell’Oratorio di Santa Croce. - 4 uomini. Tecnica di falsobordone basata sull’accordo perfetto e su parti parallele di 4 voci

isoritmiche (bassu, contra, bogi, falzittu). Sistema plurimodale senza preparazione delle modulazioni. Il timbro di ciascuna delle voci è particolarmente lavorato in modo che le loro armoniche si combinano e si rinforzano le une con le altre per produrre una voce fusionale, detta quintina, all’ottava della bogi. V. sonogramma, fig. 16.

- Nella Settimana Santa, durante la processione del Lunedì Santo.

- Testo in latino di tradizione orale che evoca i momenti principali della Passione di Cristo.- Registrazione di Bernard Lortat-Jacob e Giuseppe Brozzu (1995).(B.L.-J.)

19. Francia, CorsicaPiedicorte di Gaggio, Corsica del Sud- Canto paghiella di M. Casanova, Xavier Vecchierini e Xavier Arrighi.- Polifonia in 3 parti composte 1) da una secunda: voce solista che ha un ruolo dominante, intona

il testo e realizza numerosi ornamenti (rucada); da una terza (alla terza superiore) con funzione ornamentale, e 3) da una bassa che fornisce i principali appoggi di tonalità.

- Si canta in compagnia e nei rapporti di amicizia.- Registrazione di Bernard Lortat-Jcob (1968). (B.L.-J.)

20. Georgia, SvaneziaLat’ali, Alta Svanezia- Canto funebre zàr di un coro informale di 7 uomini. Versione del villaggio di Lengheri.- Polifonia in 3 parti costruita su una successione di accordi, essenzialmente di terza/quinta,

quarta/quinta e quinta/settima, emessi in un’ascesa effettuata gradualmente nel corso dell’emissione di un suono e anche per piccolissimi gradini. L’emissione vocale delle parti mediana e superiore, eseguite ciascuna da un solo cantante, è caratterizzata da diversi tipi di glissandi legati all’intonazione di grida esclamative di dolore. Inflessioni micro-tonali sono frequenti nei canti della Svanezia come di altre regioni della Georgia. Le caratteristiche delle vocali sono sfruttate per ottenere dei giochi di timbri legati alle altezze e all’intensità. L’alternanza vocalica [a, o, e] e [i, u] e il cambiamento di timbro sopra una stessa vocale marcano il ritmo degli accordi successivi. La parte mediana, mzeiv o mabne (“guida”; per l’ortografia esatta v. pag. 64), introduce il canto ed emette le note del primo accordo cantato con la bassa bàn e la parte acuta mec’em “seguente”. Sullo sfondo, le grida esclamative lanciate all’unisono dall’insieme delle donne che circondano il defunto punteggiano i lamenti di una prefica.

- Eseguito il giorno dell’inumazione nel cortile della casa del defunto, durante il trasporto del morto, e al cimitero, lo zàr è per gli Svanezi un “segno d’avvertimento”, un “grido di allarme”. Esso esprime lo stato di choc morale modellando la forma delle esclamazioni, mentre le prefiche cantano in versi che si rivolgono ai morti e trasmettono la loro parola ai viventi.

- Canto costituito essenzialmente dal grido di dolore waj in diverse forme stilizzate. - Registrazione di Sylvie Bolle Zemp a Lat’ali durante dei funerali (1991).(S.B.Z.)

Contrappunto e tecniche combinate

21. Isole Salomon, Malaita [‘Aré‘aré] Hauhari’i- Lamento funebre, aamamata, di Aaresi e Li’eresi. Titolo: Aamamata na Kaukauraro, “Lamento

composto da Kaukauro”.- Duo di donne. Contrappunto in due parti. La voce principale chiamata pau ni ‘au, “testa di

musica”, o pau ni nuuha, “testa di canto” (canale sinistro della registrazione), canta le parole; la seconda, aarita’i (canale destro) canta a bocca chiusa o socchiusa, pronunciando la vocale [e]. la forma del pezzo è ABAB CB, qui eseguita 3 volte. Mentre la seconda voce rimane interamente nel registro di testa, la voce principale canta in voce di testa soltanto il segmento A e gli altri segmenti in voce di petto.

- I lamenti funebri sono cantati durante un decesso o in ricordo del defunto.

- Le parole si riferiscono a una donna di nome Pisini’a che si è annegata in un torrente.- Registrazione di Hugo Zemp (1977).(H.Z.)

22. Taiwan [Amis]Feng Ku, distretto di Tai-Tung- Canto di sarchiatura, miololt alaliu. - Contrappunto in 3 parti, di 3 cantanti. Il cantante principale canta solo la prima frase di ogni

strofa, poi entrano in successione la seconda voce interpretata da una donna e la terza voce da un uomo. Alla fine di ogni strofa, le 3 parti si raggiungono all’unisono.

- Cantato la sera nel villaggio, durante il periodo della sarchiatura del miglio e del riso.- Le parole, che evocano l’estirpazione delle erbacce, sono cantate soltanto dal cantante principale

all’inizio di ogni strofa; fin da quando entra la seconda voce, esse sono sostituite da sillabe prive di significato. Registrazione di Wu Rung-Shun (1992). Tratto dal CD Polyphonic Music of the Amis Tribe.

(W.R.-S. e H.Z.)

23. Georgia, GuriaChokhatauri- Canto da tavola, supruli, di Avto Makharadze, Wadza Gogoladze, Ladimer Berdzenishvili.

Titolo: Lataria, “Lotteria”.- Trio d’uomini. Polifonia della Guria a 3 covi: voce principale modzakhil nella tessitura media;

voce superiore tskheba, “che comincia”; voce inferiore bani, “bassa”. Questo canto comporta alternativamente parti in cui la direzione delle voci è orizzontale, e delle parti in cui è verticale, mettendo in evidenza una struttura o melodica o armonica. Le parti orizzontali sono cantate su sillabe prive di significato; le parti verticali con un testo. Alla fine del canto le 3 voci si raggiungono all’unisono.

- I canti da tavola vengono cantati durante i banchetti.- Questo canto fu composto alla fine del 19° secolo in occasione di una competizione di gruppi

vocali della Guria. Un testo molto noto serve da base ad un’improvvisazione di 3 uomini, da cui il titolo “Lotteria”. Il testo, tratto dal celebre poeta medievale Shota Rustaveli, è una meditazione poetica sull’amore.

- Registrazione di Susanne Siegler e Edisher Garakanidze. (S.Z.)

24. ItaliaGenova- Canto trallallero, cantato da una decina d’uomini. Titolo: La partenza, pezzo forte del

repertorio.- Polifonia che ha ereditato apporti colti recenti: prestiti da armonie, fanfare e arte del bel canto.

Essa comprende 5 parti principali: 1) tenore, che intona per primo; 2) baritono, che realizza un controcanto; 3) voce di donna, detta anche di contralto; 4) chitarra, imitazione dello strumento con la voce – le dita davanti alla bocca servono a modificare il suono; 5) basso, parti raddoppiate liberamente che forniscono la base armonica.

- Tradizionalmente cantato dai portuali di Genova, il trallallero da qualche anno viene eseguito in situazione di concerto.

- “Partendo da Parigi per andare a Livorno, camminiamo giorno e notte, sempre pensando a te…”- registrazione di Alan Lomax (1954), depositata all’Accademia di Santa Cecilia, Roma. (B.L.-J.)

25. Albania [Labs]Vlore, Albania del Sud- Canto himarioçe (nello stile di Himara) di un coro composto da una decina di cantanti che

hanno l’abitudine di esibirsi insieme.- 4 parti: 1) marrèsi (alla lettera “colui che prende”); kthyesi (“colui che ritorna”) che entra dopo

il marrèsi alla seconda inferiore sopra le vocali [٤, v. pag. 62] o [o] in voce di falsetto; 3) il kaba, bordone realizzato sempre da parecchi cantanti; 4) hedhèsi (“colui che rilancia”), voce in assolo che evolve principalmente alla terza superiore del kaba. Le parti con il testo, cantate dal marrèsi, si prolungano mediante delle dissonanze in seconda che si concludono all’unisono in fine di strofa. V. sonogramma, fig. 15.

- Feste e festival di folclore. - Testo proveniente da una ballata epico-patriottica che evoca la lotta contro la dominazione

ottomana. - Registrazione di Bernard Lortat-Jacob (1983). Tratto dal disco Albanie. Poliphonies vocales et

instrumentales.(B.L-J.)

26. Repubblica Centroafricana [Pigmei Aka]Sottoprefettura di Mongumba, prefettura della Lobaye- Musica di divinazione bondo. Titolo Diye.- Coro misto e accompagnamento ritmico (battimani, due tamburi, due coppie di lame di metallo

sbattute l’una contro l’altra, vari tipi di sonagli). Dopo l’incipit in stile yodel del solista, le voci del coro entrano successivamente per sfociare in contrappunto complesso formato da 4 parti principali fortemente variate: motangole, “colui che conta” (che canta le parole); ngue wa lembo, “la madre del canto”; osese; “al di sotto”; diyei, “yodel”.

- Rituale di divinazione per determinare la causa di un disordine nella vita della comunità.- Registrazione di Simha Arom (1971). Tratto dal CD Centrafrique. Anthologie de la musique

des Pigmées Aka.(S.F. da S. Arom)

27. Repubblica Centroafricana [Banda Linda]Regione di Ippy- Coro che imita un’orchestra di corni. Titolo: Testa.- Coro di 10 uomini. Per entrate successive, dall’acuto verso il grave, i cantanti imitano il gioco

dei corni – in hochetus – e i loro rispettivi timbri. Secondo il registro e la materia del corno imitato, la colorazione della voce, più o meno nasalizzata, è chiara pe i corni ossei e cupa per i corni gravi in legno.

- L’orchestra di corni in quanto tale è legata all’iniziazione dei giovani. Allusione ai gesti simbolici che segnano per i circoncisi la fine del periodo di ritiro e il loro ingresso nella comunità degli adulti.

- Registrazione di di Simha Arom e Geneviève Dournon-Taurelle (1964-67). Tratto dal disco Musiques Banda.

(S.F. da S.Arom)

28. Etiopia [Dorzé]Provincia di Gamu-Goffa- Canto edho (termine generico utilizzato per indicare il canto polifonico). Titolo: Wo Guce

(nome del canto e delle sue prime parole).- Polifonia in 6 parti costituita su brevi periodi musicali che formano una sorta di mosaico sonoro.

Qui è eseguita da una dozzina di cantanti:a) un coro responsoriale (yetsa as) che canta il testo principale;

b) voci soliste: 1) aifè, “il primo” (o “il più vecchio”); 2) kaletso, “il secondo” o “il più giovane”, che prolunga la prima voce con formule melodiche dell’aifè; 3) ban’è, alla lettera “colui che rutta”, che deve il suo nome ai suoni brevi, fortemente attaqués (aggrediti?), che produce in controtempo su una sola nota; 4) dombé, “colui che recupera” gli interventi del ban’è; 5) Pilé. I pilé sono voci libere, in numero illimitato, che non entrano nella metrica d’insieme e si aggiungono al mosaico costituito dalle altre voci.- Cantato durante il passaggio al rango di dignitario (halak’a) e in occasione delle grandi feste.- Riferimento agli attributi del nuovo halak’a e agli antenati eponimi dei Dorzé.- Registrazione di Bernard Lortat-Jacob (1975). Tratto dal CD Ethiopie. Poliphonies des Dorzé.(B.L-J.)

29. Isole Salomon, Bellona [Mungiki] (Polinesia periferica)- Canto di danza rituale suahongi, di un gruppo di 12 uomini originari dell’isola di Bellona, ma

abitanti a Honiara, la capitale delle Isole Salomon. Cantanti che guidano il gruppo: Jason Ngiusanga, Momoka e Tepuke.

- In questo estratto, due categorie di canti autonomi vengono eseguiti simultaneamente: huatanga da 10 uomini (canale sinistro della registrazione) e pese da due uomini (canale destro). La scala musicale, il ritmo, il tempo, ma anche il testo sono diversi, e la coordinazione si fa alla fine dei cicli. Mentre una frase (A) seguita da un’esclamazione (s) è cantata due volte nella parte huatanga (AsAs), 4 versi e un ritornello (z) vengono eseguiti nella parte pese (AAAAz).questo ciclo è ripreso 3 volte.

- Il suahongi apparteneva al rituale della distribuzione di cibo durante le feste. Si ritiene che sia stato portato dai primi immigrati di Bellona, 25 generazioni fa.

- Ad eccezione di qualche parola isolata, il testo del canto oggi non è più compreso. - Registrazione di Jane Mink Rossen e Hugo Zemp (1974). Tratto dal disco Poynesian Dances of

Bellona (Mungiki) Salomon Islands.(H.Z. da J.M. Rossen)

30. Indonesia, Irian Jaya [Eipo] (Nuova Guinea occidentale)- Canto individuale chiamato dit, di Ginto e Kuto.- Le due ragazze di 11 anni eseguono liberamente delle sequenze di canti, senza coordinazione

volontaria delle due voci. - Cantato qui durante l’intrecciatura di una rete.- Registrazione di Artur Simon (1976). Tratto dal cofanetto Musik aus dem Bergland West-

Neuguineas, Irian Jaya.(H.Z. da A.Simon).

LA FONAZIONE

Da scrivere

LETTURA DI UN SONOGRAMMA e richiamo di dati elementari (da pag. 86, con figure)

le figure che seguono rappresentano dei sonogrammi: sono rappresentazioni acustiche di una voce cantata che è opportuno imparare a leggere se si vogliono comprendere le spiegazioni contenute in questo libretto. Ogni suono musicale periodico si compone di un suono fondamentale e di armoniche. In questi segnali, il suono fondamentale (armonica ?, v. simbolo grafico a pag. 86) è facilmente reperibile e può, per comodità, essere assimilato a ciò che chiamiamo una nota. ma

questo stesso suono fondamentale è solo il primo di una serie di armoniche superiori che sono in rapporti periodici e che prendono la forma di righe equidistanti più o meno marcate sul sonogramma. Così, quando la voce è “pura” (segnale strettamente periodico), fra ogni riga appaiono delle tracce vuote. Al contrario, una voce “rumorosa” in un annerimento marcato fra le diverse righe (tracce di segnali non periodici che mascherano parzialmente la regolarità periodica). Ricordiamo che l’altezza di un suono è misurata in Hertz (1 Hz = 1 vibrazione al secondo; 100 Hz = 100 vibrazioni al secondo, corrispondenti all’incirca ad un sol 1 nel registro di basso per un uomo). Più è alto il valore in Hz w più è acuto il suono. Secondo i casi, i sonogrammi presentati in queste note esplicative coprono spazi da 1.000, 2.000 o 4.000 Hertz. Queste diverse focali permettono di mettere in evidenza l’una o l’altra prospettiva delle proprietà del segnale.I tempi in secondi corrispondono alle indicazioni del lettore CD.

Fig. 1. Paraguay [Tomarahò]. Rituale delle origini del mondo (CD 1.1). Inizio, fino a0’16. Vi si distinguono 3 segmenti: lungo grido di altezza fissa (circa 600Hz), senza vibrato, in voce di falsetto, da cui uno spettro povero (essenzialmente due armoniche); b) a partire da 7’’, grida raggruppate in glissando; c) “chiocciare” (circa 6 al secondo).

Fig. 2. Paraguay [Tomarahò]. Canto per il rituale dei morti (CD 1.5).Estratto, da 0’43 a 1’08. Tre segmenti caratterizzati da una instabilità crescente: a) brevi rotture di suono; b) tratteggi più pronunciati secondo una pendenza discendente; c) ampi glissandi ascendenti e discendenti. Lo spettro è largo, con concentrazione di energia fino a 2000 Hz; forte densità delle armoniche 2 e 4 in rapporto di ottave.

Fig. 3. Albania [Guegues]. Canto funebre (CD 1.7).Estratto, da 0’14 a 0’40. Quattro segmenti si differenziano su 3 piani (durata, ambito, distribuzione delle voci): a) lungo grido di vasto ambito all’unisono; b) grida più corte di ambito più ristretto, con la nascita di una periodicità ornamentale (circa due battiti al secondo) che si rafforza nel segmento seguente c); a partire da d) diversificazione delle altezze e ingresso differito delle voci che danno l’impressione di echi. Ogni strofa è costruita secondo un principio dinamico decrescente, dal grido intenso (a) al silenzio (fine di d).

Fig. 4. Tibet (in esilio in India). Salmodia buddista (CD 1.26). Estratto, da 0’19 a 0’44. Due forme acustiche diverse su una stessa fondamentale: a) da 0’19 a 0’29, l’energia è ripartita uniformemente sulle prime 12 armoniche, ciò che ha per effetto di rafforzare la percezione della fondamentale (a circa 65 Hz), la quale tuttavia è quasi assente dallo spettro; b) a partire da 0’29, l’armonica 10, la quale dà la terza 3 ottave al di sopra della fondamentale diviene pienamente impercettibile: essa emerge per contrasto, poiché le altre diventano più deboli.

Fig. 5. Corea del Sud. Salmodia buddista (CD 1.27).Estratto, da 0’14 a 0’40. Il gioco sul timbro, per cambiamento di vocali, costituisce un elemento importante del linguaggio musicale. In questo frammento, [a] si alterna con [i/e] e gli spettri si oppongono per il timbro loro: la vocale [a] comporta due formanti molto ravvicinate (spettro compatto); la seconda vocale, intermedia fra [i] e [e], comporta due formanti lontane, con la più acuta più debole (spettro diffuso). La transizione fra queste vocali è assicurata da un disegno ornamentale: le transizioni (*) sono caratterizzate da un vibrato di grande ambito e di periodicità elevata, la transizione (**) su [u] è marcata nello stesso tempo da una separazione delle voci, un passaggio in falsetto (all’ottava) e un glissando ascendente.

Fig. 6. Guinea [Mandinka]. Canto di lode (CD II.1).Inizio, fino a 0’22. L’insieme dello spettro è chiaramente distribuito fra lo strumento (grave) e la voce (acuta), creando due piani sonori ben distinti. L’emissione vocale è pura, cioè senza rumore di

respiro. I transitori d’attacco e di estinzione sono brevi. (a) Introduzione dell’arpa-liuto kora, poi ingresso della voce fortemente proiettata (potente) a partire dal segmento (b). il vibrato, onnipresente sul tracciato, è praticamente impercettibile, perché la sua profondità è minima, dell’ordine del microintervallo. Fig. 7. Repubblica Centroafricana [Banda]. Canto d’iniziazione di ragazze (CD II.2).Inizio, fino a 0’26. Il contrasto fra la voce proiettata madinka (fig. 6) e le voci intime di questo canto banda è sorprendente: qui lo spettro è meno ricco di armoniche, la sua energia decresce regolarmente verso l’acuto a partire dalla fondamentale. In questo esempio sono riunite le caratteristiche più comuni della voce di testa.

Fig. 8. Russia [Iacuzi]. Canto di gloria, tayuk (CD II.5).Estratto, da 0’51 a 1’15. Melodia di vocali nei due segmenti (a). colpi di glottide caratteristici delle voci della Iacuzia, particolarmente percettibili nel segmento (c) dove vengono emessi sopra un’altezza stabile. Nel segmento mediano (b), vibrato molto serrato, circa 9 ondulazioni al secondo; armoniche 2, 4 e 5 ben marcate.

Fig. 9. Costa d’Avorio [Dan]. Voce di maschera (CD II.13).Estratto, da 2’27 a alla fine (2’53). Insieme strumentale e vocale complesso, ogni elemento sonoro del quale ha un posto ben determinato sull’estensione dello spettro. Nel grave (a 200 Hz circa), la cellula dei 3 gradi della voce che canta nella terracotta; sotto la barra dei 1000 Hz, il ritmo ben marcato del sonaglio di latta; al di sopra, la voce, coprendo un largo spettro, inquadra la melodia debolmente inscritta dei fischi. Due tipi di emissione vocale: (*) grida acute e brevi, rapidamente modulate, in voce di falsetto (dunque povere di armoniche); (**) alla fine del pezzo, due doppi di gridi in voce gutturale serrata, molto ricchi di armoniche e perturbati.

Fig. 10. Libano, Chouf. Canto strofico (CD II.19).Estratto, da 1’20 a 1’33. Esempio di ornamentazione di un grande cantante del Vicino Oriente. 3 segmenti: a) nota tenue con un vibrato di debolissima ampiezza; b) ornamentazione melodica molto sinuosa; c) tremolio veloce (circa 8 battiti al secondo) sopra un’altezza fissa.

Fig. 11. Australia. Pezzo per didjeridu e parte vocale (CD II.21).Paragone di due sonogrammi che mostrano a) il suono normale del corno didjeridu (inizio, fino a 0’06) e b) il lavoro vocale dello strumentista senza didjeridu (da 0’48 a 0’54).a) l’uso del corno porta a un’omogeneizzazione dell’energia spettrale e ad un allungamento temporale dei transitori d’attacco e di estinzione. Infatti, l’immagine della voce sola (b) mette in evidenza due formanti nettamente distinte: una zona della fondamentale e delle prime 4 armoniche e una seconda zona con una grande concentrazione di energia al di sopra di 2000 Hz. L’accordatura fra il corno e la voce crea un fenomeno di risonanza acustica che prolunga le consonanti fortemente articolate e diversificate.

Fig. 12. Isole Salomon [Aré’aré]. Canto e flauto di Pan a fascio (CD II.22).Estratto, da 0’26 alla fine (0’46). Il canto nel flauto, eseguito con le labbra appena aperte (come per pronunciare la consonante [v]), è una voce in falsetto, molto povera di armoniche. Il sonogramma fa apparire essenzialmente la fondamentale. La voce varia la melodia principale del flauto di Pan il cui suono è ricco di fiato e debole, perché il getto d’aria non è diretto sullo spigolo del bocchino, ma direttamente nel tubo che viene utilizzato come risonatore.

Fig. 13. Repubblica Sudafricana [Xhosa]. Canto difonico (CD II.36).Estratto, da 0’21 a 0’42. Esempio di canto difonico, su due altezze fondamentali alternate che formano una cellula ritmica ricorrente. La melodia nell’acuto è formata dalle armoniche 4, 5 e 6

della fondamentale la e dalle armoniche 3, 4 e 5 della fondamentale si. (trascrizione musicale su pentagramma: T.Q.H. da D. Dargie).

Fig. 14. Russia [Tuva]. Canto difonico kargiraa (CD II.37).Inizio, fino a 0’17. Altro esempio di canto difonico. La fondamentale è fissata su un’altezza costante (60 Hz, approssimativamente un si;), frammezzata da un breve “sganciamento” di una seconda maggiore un po’ larga. La melodia risulta dalla selezione delle armoniche 8, 9, 10 e 12, cioè la sequenza si;, do, re, fa. Sebbene emessa con poca energia, la fondamentale è perfettamente udibile in virtù di uno spettro regolarmente fornito, senza zona di reiezione di armoniche.

Fig. 15. Albania [Labs]. Canto polifonico in 4 parti (CD III.25); spettro 1500 Hz.Inizio, fino a 0’27. Alternanza dissonanza/consonanza, che traduce sul piano armonico un’alternanza tensione/distensione. Nell’estratto figurano 3 sequenze successive: 1) introduzione del solista; 2) ingresso delle altre voci del coro su un accordo dissonante che crea dei disaccordi (o attriti?) armonici in intervalli serrati; 3) risoluzione all’unisono e all’ottava delle 4 parti e fusione delle armoniche.

Fig. 16. Italia, Sardegna. Canto polifonico in 4 parti (CD III.18); spettro 1200 Hz.Inizio, fino a 0’19. L’accordo perfetto (sol, re, sol, si) crea una combinazione di fusioni armoniche, riportata sulla parte destra della figura. L’orecchio percepisce distintamente una quinta voce risultante, detta quintina, che emerge nell’estremo acuto ed è prodotta da queste differenti fusioni.

Fig. 17. Taiwan (CD III.6). Schema del canto pasi but but. Concezione e disegno: Wu Rung-Shun.

Fig. 18. Diversi procedimenti polifonici: a) eterofonia; b) sovrapposizione; c) bordone; d) movimenti paralleli, e) movimenti obliqui, ed f) movimenti contrari delle voci; g) accordi; h) hochetus; i) contrappunto.

Fig. 19. L’apparato fonatorio (da G. Habermann).) palato duro; 2) velo pendulo; 3) faringe; 4) epiglottide; 5) cavità nasale; 6) cavità buccale; 8) lingua; 9) osso ioide; 10) trachea; 11) polmone; 12) diaframma.

Fig. 20. Vista superiore della laringe (da G. Habermann). 1) glottide; 2) cartilagine tiroide; 3) tiroide; 4) legamento vocale; 5) corda vocale; 6) cartilagine aritenoide.

LA FONAZIONEAnatomiaL’apparato vocale, o sistema fonatorio, comprende 4 elementi principali che funzionano in stretta sinergia per produrre la parola e il canto. Essi sono, nell’ordine dell’elaborazione sonora: 1) l’apparato respiratorio; 2) il vibratore; 3) i risonatori;4) il sistema articolatorio. L’apparato respiratorio è costituita da un serbatoio d’aria - i polmoni – azionato dai muscoli del torace e dell’addome, e da un canale, la trachea, che porta l’aria alle corde vocali; il vibratore è la laringe; i risonatori sono formati dalla faringe e dalla bocca; il sistema articolatorio si compone principalmente della lingua, dei denti, delle labbra, della mandibola e del velo pendulo. Questi elementi sono posti sotto la stretta dipendenza del sistema nervoso centrale, che ne assicura la coordinazione.Va rilevato che nessuno degli organi interessati ha per funzione primaria la fonazione, e che hanno tutti un compito primario, cioè biologicamente vitale. Infatti, il ruolo dell’apparato respiratorio è prima di tutto l’ossigenazione del sangue; la laringe, situata all’incrocio delle vie respiratorie e digestive, serve da sfintere alle vie respiratorie; quanto al condotto faringo-buccale-nasale, è

richiesto in primo luogo per la masticazione ma anche per la respirazione. La fonazione, dunque, appare soltanto a titolo di adattamento funzionale secondario e, contrariamente all’udito, non possiede in origine un sistema proprio.

Produzione del suonoLe corde vocali vibrano liberamente sotto l’effetto della corrente d’aria uscita dalle vie polmonari. Le forze che agiscono nella produzione fonica sono principalmente la pressione dell’aria da sotto la glottide, regolata dall’azione combinata dei muscoli addominali e del diaframma; la contrazione delle corde vocali, cosa che accresce la loro rigidità, come il loro allungamento (tensione passiva) da parte di altri muscoli (i crico-tiroidei). Un ciclo di funzionamento si scompone schematicamente in 6 fasi, a partire dalla posizione fonatoria, cioè a glottide chiusa: 1) aumento della pressione sotto la glottide;2) apertura della glottide sotto l’effetto di questa pressione;3) uscita di un soffio d’aria nella cavità faringo-buccale;4) diminuzione della pressione sotto la glottide;5) entrata in azione delle forze di richiamo elastico delle corde vocali;6) chiusura della glottide (dopo la quale il ciclo ricomincia).Ricordiamo che un ciclo non è di per sé un suono, ma un movimento completo di apertura e di chiusura della glottide, la cui ripetizione, un certo numero di volte al secondo, crea per l’orecchio un segnale udibile.Lestensione delle voci umane ricopre quasi 5 ottave, dall’estrema grave – meno di 60 Hz per certi monaci tibetani – alla sopracuta con più di 1500Hz per le voci femminili più alte.La laringe non produce, dunque, suoni semplici, né direttamente spettri armonici, ma libera delle folate d’aria, impulsi esse stesse scomponibili in uno spettro continuo, una specie di rumore bianco molto breve, di natura non armonica. La frequenza (il numero di cilci al secondo), la forza (l’energia cinetica) e la forma (profilo dinamico, composizione spettrale) di questi impulsi determinano rispettivamente l’altezza, l’intensità e il timbro del suono laringeo primario. Gli impulsi attraversano poi le cavità faringo-buccali, creandosi un effetto di risonanza che li allunga temporalmente e li fonde, dando così la sensazione di un suono continuo. La natura discreta (cioè non continua) di questa onda sonora può essere mostrata rallentando progressivamente una registrazione vocale: la voce diventa rauca, poi “granulosa”, fino ad essere ormai costituita soltanto da piccole esplosioni che corrispondono all’uscita delle folate d’aria.

Risonatori Le cavità di risonanza sono essenzialmente responsabili del timbro della voce. La loro originalità, in rapporto alle casse di risonanza degli strumenti musicali, è la loro facoltà di cambiare - in grandi proporzioni – forma, volume, e anche consistenza, grazie ad una umidificazione variabile, con conseguenti modifiche nello smorzare le onde molto difficili da valutare, assicurando così al suono vocale una varietà acustica senza equivalenti. I principali risonatori sono la faringe e la bocca; le fosse nasali giocano un ruolo modesto come risonatori e i seni (nella regione del naso?), contrariamente ad un’opinione largamente diffusa, non hanno nessuna funzione nella fonazione.L’altezza del suono aumenta con la tensione e la rigidità delle corde vocali, e l’intensità con la pressione sotto la glottide. In queste condizioni, esiste necessariamente un’interferenza fra questi due parametri. Questo fatto viene constato nel muggito dei bovini dove la crescita d’intensità si accompagna ad una deviazione del suono verso l’auto.Numerose regolazioni d’ordine fisiologico intervengono nel controllo della produzione vocale, provocando certe interferenze fra i parametri sonori: così, per esempio, la frequenza vibratoria aumenta da una parte con la tensione (allungamento) e la rigidità (contrazione) delle corde vocali, e l’intensità con la pressione sotto la glottide, potendo anch’essa provocare una deviazione del suono verso l’acuto. Una tale interferenza si osserva correntemente nell’uomo, come sottolineano certe locuzioni che descrivono la collera: “alzare la voce” o “alzare il tono” riguardano nello stesso

tempo l’altezza e l’intensità. Se la tecnica vocale può sopperire a queste interferenze e permettere di cantare nello stesso tempo acuto e piano o di tessere i suoni, ciò resta difficile, particolarmente negli uomini dove è raro sentire un tenore emettere un do acuto di petto nella sfumatura pp.

Registri Quando un soggetto maschile percorre la totalità dell’estensione della sua voce, per esempio dal grave all’acuto, senza un particolare controllo, il timbro non rimane omogeneo da un estremo all’altro, e si produce un brusco cambiamento di colore alla fine del medium o all’inizio dell’acuto: la voce cambia timbro, somigliando un po’ a quella di una donna. Questo fenomeno è chiamato cambiamento di registro. Tradizionalmente, nel vocabolario dei cantanti, i registri vengono indicati con nomi immaginosi, come voce di petto, voce di falsetto, falsettone, voce di testa, voce mista e altri ancora. tuttavia, se tutti gli specialisti sono oggi d’accordo nell’ammettere l’esistenza di parecchi registri nella voce umana, le opinioni differiscono quanto al loro numero, alla loro natura o alla loro origine. L’osservazione fisiologica, tuttavia, rivela che quando una voce sale dal grave all’acuto, al momento del cambiamento di registro, le corde vocali cambiano improvvisamente aspetto, delimitando così due forme vibratorie fondamentali e chiaramente differenziate: le corde si uniscono o in cuscinetti spessi o in lame sottili. Ne deriva una definizione oggettiva, che non si basa né sull’estensione vocale, la frequenza e il timbro dei suoni, né sulla risonanza – reale o percepita soggettivamente – di tale o talaltra parte del corpo, come lascia tuttavia supporre la terminologia tradizionale: un registro è l’insieme dei suoni prodotti in una stessa configurazione laringea.

Il canto occidentale nella sua espressione più elaborata, cioè nell’arte classica e lirica, si è sviluppato principalmente in 4 direzioni: la potenza, la ricerca dell’acuto, l’omogeneità e la purezza dell’emissione. La potenza controllata permette di dominare, senza pericolo per la voce, un’orchestra sinfonica in una sala di 3000 persone. Nelle donne, la ricerca dell’acuto a condotto ad altezze vertiginose (fa acuto di coloratura della Regina della Notte ed anche sol acuto nell’aria Popoli di Tessaglia K316 di Mozart). Quanto agli uomini, essi continuano ad imparare a raggiungere il do acuto di petto. Ed è proprio questo culto dell’acuto che porterà nel XVII° e XVIII° secolo all’avvento dei castrati. L’omogeneità è ottenuta con la specializzazione delle voci all’interno di categorie vocali estese, con i cantanti che hanno cura di mascherare la rottura naturale fra i registri. Quanto alla purezza dell’emissione, essa mira a levigare la voce e ad eliminarne totalmente il fiato e l’asperità. Le musiche tradizionali si sono sviluppate in direzioni diverse ed hanno sfruttato tutta una gamma di risorse vocali sconosciute o considerate come difetti nell’arte occidentale.