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Progetto: Micro-architettura |xxs| "poetica”

Livorno Ferrraris (VC), 2013, di Dario Lusso

Newsletterdi aggiornamentoprofessionale– APRILE 2017

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Ordine Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori - Torino – Aprile 2017 – N. 3

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Aprile 2017 – N. 3

Sommario

NEWS

Ambiente, Appalti e Lavori Pubblici, Edilizia e Urbanistica, Professione, Sicurezza

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RASSEGNA DI NORMATIVA Ambiente, Appalti, Economia e Fisco, Immobili, Edilizia, Urbanistica e Demanio, Professione, Pubblica Amministrazione, Sicurezza

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RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA Condominio e Immobili, Edilizia e Urbanistica, Professione

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Approfondimenti IL SOLAIO IN CONDOMINIO, COME SI RIPARTISCONO LE SPESE? Per ogni tipologia di spesa, vediamo qual è la ripartizione delle spese in condominio per il rifacimento e la manutenzione del solaio e la giurisprudenza più frequente. Il vecchio codice civile del 1865 si occupava dei solai all’art. 562, comma 3, dove stabiliva che «il proprietario di ciascun piano o porzione di esso fa e mantiene il pavimento su cui cammina, le volte, i solai e i soffitti che coprono i luoghi di sua proprietà». (Ivan Meo, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Edizione del 15 aprile 2017, n. 1019 pag. 654-661)

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L’ESPERTO RISPONDE Gare, Appalti e Lavori Pubblici, Professione, Edilizia e Urbanistica

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Chiuso in redazione il 19 aprile 2017

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AMBIENTE

Entrano in vigore il 19 aprile i nuovi decreti sull'inquinamento acustico ambientale

Entrano in vigore il 19 aprile i due decreti legislativi in materia di inquinamento acustico pubblicati sulla Gu n. 79 del 4 aprile 2017, con l'obiettivo di armonizzare la normativa nazionale con la relativa disciplina dell'Unione Europea. Si tratta del Dlgs 17 febbraio 2017 n°41 "Disposizioni per l'armonizzazione della normativa nazionale in materia di inquinamento acustico con la direttiva 2000/14/Ce e con il regolamento (Ce) n.765/2008, a norma dell'articolo 19, comma 2, lettere 1), l) e m) della legge 30 ottobre 2014, n.161" e del Dlgs. 17 febbraio 2017, n. 42 "Disposizioni in materia di armonizzazione della normativa nazionale in materia di inquinamento acustico, a norma dell'articolo 19, comma 2, lettere a), b), c), d),e), f) e h) della legge 30 ottobre 2014 n.161". Quest'ultimo decreto di armonizzazione della normativa nazionale in materia di inquinamento acustico (Dlgs 42/2017) cerca di semplificare e ridurre le infrazioni aperte nei confronti dell'Italia dalla Comunità Europea per la tematica del rumore ambientale. Infatti l'oggetto del decreto è quello di razionalizzare la tempistica per la trasmissione delle mappe acustiche e i relativi piani di d'azione. Questo intervento normativo cerca di risolvere in modo definitivo alcune criticità riguardanti l'applicazione dei valori limite, il coordinamento tra i vari strumenti di pianificazione e la valutazione di impatto acustico previsionale (nella fase di progettazione) per le sorgenti lineari quali infrastrutture, al fine di diminuire sia le emissioni che le immissioni acustiche nei confronti dei ricettori. Nella ultima parte del decreto si rimanda alla emanazione futura di una apposita legislazione per nuove sorgenti non prese in considerazione fino ad oggi e classificate come fonti di rumore ambientale. In esse sono racchiuse le sorgenti di rumore particolari quali: impianti eolici, aviosuperfici, elisuperfici, idrosuperfici, e numerose specifiche attività sportive quali autodromi e piste motoristiche. L'altro decreto (Dlgs 41/2017) invece razionalizza la disciplina sulle macchine rumorose operanti all'aperto soffermando l'attenzione sulle macchine importate da paesi esterni all'Unione europea e poste in commercio nella distribuzione di dettaglio accreditando la responsabilità all'importatore presente sul territorio comunitario. Così facendo si delineano le responsabilità dell'importatore e allo stesso tempo, sempre nel decreto, si cerca di semplificare tutti i procedimenti di autorizzazione e di certificazione dei requisiti richiesti agli organismi di certificazione. Nell'ultima parte del decreto viene citata l'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) in qualità di ente che assume maggiori poteri sanzionatori, di accertamento e di verifica sul campo. (Diego Annesi, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Tecnici24” 12 aprile 2017)

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APPALTI e LAVORI PUBBLICI

Correttivo appalti: il focus con le 20 maggiori novità per imprese, Pa e professionisti Le misure del provvedimento uscito dal Consiglio dei Ministri, inviato alla firma del Capo dello Stato. Il decreto correttivo del codice appalti ha finalmente imboccato il rettilineo finale. Dopo l'approvazione in Consiglio dei ministri di giovedì scorso, il lavoro di limatura è andato avanti per tutto il weekend, con l'obiettivo di trovare il punto di equilibrio più efficace su diversi passaggi controversi. La scrittura del testo si è, adesso, conclusa e il provvedimento è approdato alla firma del Capo dello Stato, subito prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Analizzando il testo che è uscito da quest'ultima fase di lavori, comunque, le novità sono diverse. Qualche importante correzione è arrivata sulla norma che rimodula il massimo ribasso, ampliando il suo raggio d'azione da uno a due milioni. Per utilizzare il criterio del prezzo più basso sarà necessario utilizzare una procedura ordinaria (no alla trattativa privata) e mandare in gara un esecutivo. Non solo: l'utilizzo del metodo antiturbativa per escludere le offerte anomale diventa una facoltà nelle mani della pubblica amministrazione. Altra correzione importante riguarda il sottosoglia: scendono di nuovo a dieci le imprese da invitare sotto i 150mila euro nei lavori e a cinque sotto i livelli Ue nei servizi. Viene anche cancellata la riserva del 50% dei posti per le Pmi nelle procedure negoziate: i probabili rilievi di Bruxelles sulle limitazioni alla concorrenza hanno indotto il Governo a stralciare la norma. E salta il passaggio che concedeva maggiori poteri organizzativi all'Anac. Qui di seguito un focus con le venti principali novità per imprese, Pa e professionisti. Massimo ribasso fino a due milioni Più spazio alle gare solo sul prezzo, come chiesto dalle imprese. Con il correttivo sale da uno a due milioni la soglia di utilizzo del criterio del massimo ribasso con esclusione delle offerte anomale per assegnare le opere. Per arrivare fino alla soglia massima, però, andranno rispettate precise condizioni: appalto assegnato con gara (non con procedura negoziata) e sulla base di un progetto esecutivo, dunque senza possibilità di intervento sul progetto da parte dei costruttori, che dovranno limitarsi a eseguire i lavori. Le Pa potranno poi decidere anche di mettere in campo l'esclusione automatica delle offerte anomale. In questo caso dovranno avvalersi del «metodo antiturbativa», sorteggiando solo in corso di gara il criterio matematico per individuare le proposte da eliminare. Con questo accorgimento si dovrebbe evitare il rischio di formazione di cartelli, accelerando al contempo le procedure di assegnazione degli appalti. Subappalto non decide più la Pa In materia di subappalto la novità più rilevante riguarda i poteri delle stazioni appaltanti. Se nella precedente versione dell'articolo 105, infatti, era previsto che la possibilità per gli affidatari di subappaltare fosse subordinata a una esplicita previsione nel bando di gara, adesso questo passaggio viene cancellato. Le regole saranno fisse per tutte le gare, consentendo alle imprese una migliore programmazione. Per il resto, non ci sono stravolgimenti. Stando alla versione finale del correttivo, allora, chi vincerà l'appalto non potrà subaffidare ad altre imprese più del 30% del valore complessivo del contratto. Per i lavori sopra la soglia comunitaria di 5,2 milioni di euro e per quelli a rischio infiltrazione, qualunque sia l'importo, interviene l'obbligo di indicare con l'offerta una rosa di tre subappaltatori disponibili e qualificati a eseguire le opere. Salvi per 12 mesi i vecchi definitivi Sull'affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione, alla fine, il decreto correttivo è arrivato a un compromesso tra la prima versione del testo e le osservazioni avanzate nei pareri. La sostanza, comunque, è che si introduce qualche eccezione al divieto assoluto del Codice di utilizzare l'appalto integrato. Quindi, si potrà mandare in gara il progetto definitivo negli appalti ad alto contenuto tecnologico, per i beni culturali, per le manutenzioni. Resta, poi, la norma che ammorbidisce la fase transitoria molto brusca disegnata dalla prima versione del codice. Tutti i progetti definitivi approvati entro il 19 aprile scorso vengono salvati. Il periodo nel quale si potrà fare la gara, però, sarà

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leggermente più breve dei 18 mesi della prima ipotesi. Si scende a dodici mesi: la finestra per gli appalti integrati, allora, si chiuderà in questo caso il 19 aprile del 2018. Attestato Soa più facile per i costruttori Il pacchetto dedicato alla qualificazione delle imprese interviene a sanare alcune storture che rischiavano di spaccare il mercato. Per evitare l'espulsione di una parte di operatori, limitati dai nuovi requisiti per il conseguimento dell'attestazione Soa, il correttivo torna al passato e prevede che le imprese potranno scegliere i cinque migliori anni di attività tra gli ultimi dieci esercizi. Questo bonus sarà applicato anche agli appalti sopra i 20 milioni, per i quali sono previsti requisiti aggiuntivi: in questo caso si potrà scegliere tra i migliori esercizi degli ultimi cinque anni. Intento simile per la norma sui direttori tecnici delle imprese. Il correttivo lancia, cioè, una sanatoria consentendo ai direttori privi di un titolo di studio di continuare ad esercitare la loro professione. Dovranno, però, avere maturato sul campo l'esperienza necessaria a svolgere la loro funzione all'interno dell'impresa. Compensi solo con i parametri per i progettisti La novità chiave, attesa da anni dal settore, riguarda il decreto parametri. Le tabelle del ministero della Giustizia, necessarie a calcolare gli importi da porre a base delle gare di progettazione, dovranno essere infatti utilizzate dalle stazioni appaltanti nella costruzione dei loro bandi. Finora la decisione era lasciata alla discrezionalità della Pa. Un'altra correzione interviene per blindare i professionisti sul fronte dei compensi. «Le stazioni appaltanti – dice il correttivo - non possono subordinare la corresponsione dei compensi relativi allo svolgimento della progettazione e delle attività tecnico-amministrative ad essa connesse all'ottenimento del finanziamento dell'opera progettata». Misura importante, infine, anche sul fronte dei concorsi di progettazione dove vengono semplificate le procedure. Autostrade, niente deroghe sull'in house Sul fronte dell'in house, il lungo braccio di ferro tra Governo, Parlamento, Anac e sindacati ha prodotto un nulla di fatto. Le percentuali di lavori che andranno mandati in gara nell'ambito della concessione restano così invariate: per le società in house resta fermo il 20 per cento. Ma non solo. Non è passata neppure la proposta di scorporare dalle percentuali le manutenzioni e gli appalti sotto la soglia di 150mila euro. Sul fronte delle concessioni scadute, ci sarà un anno in più per portare a termine gli eventuali affidamenti in house. Inoltre, arriva all'articolo 178 una soluzione normativa che consentirà di assegnare le concessioni di alcune autostrade in house, grazie alla formula del controllo analogo. Potranno accedere a questo meccanismo le concessioni autostradali relative ad autostrade che interessano una o più regioni: un meccanismo che fa pensare ad Autobrennero e ad Autovie. Commissioni di gara, presidente esterno sopra il milione Salta, rispetto alla prima versione del decreto correttivo, la norma che prevedeva di articolare su base regionale l'albo Anac dei commissari di gara. Secondo Cantone, questa ridefinizione dell'elenco avrebbe portato a rischi di pilotaggio delle nomine, riducendo di molto l'indipendenza potenziale delle commissioni di gara. Tenendo l'articolazione nazionale, invece, sarà possibile garantire la massima distanza tra i commissari e le offerte da giudicare. E, quindi, la massima indipendenza delle commissioni. Sempre per garantire la massima terzietà, sopra il milione di euro il presidente della commissione giudicatrice dovrà essere sempre esterno alla stazione appaltante. Mentre per i servizi e le forniture ad elevato contenuto tecnologico, l'Anac potrà selezionare gli esperti anche all'interno della stazione appaltante stessa. Addio potere di raccomandazione, niente autonomia per l'Anac Niente poteri in più per l'Anac sulla definizione del proprio assetto interno. È salata la norma (non presente nel codice, ma inserita nel testo di entrata del correttivo) che il presidente dell'Autorità aveva chiesto espressamente durante l'audizione in Parlamento e che le Camere avevano inserito tra le condizioni del proprio parere. Via dal codice invece il potere di raccomandazione vincolante. Con un tratto di penna il correttivo cancella il comma 2 dell'articolo 211 del Dlgs 50/2016 sul precontenzioso. Proprio la misura che autorizzava l'Anac a intervenire in tempo (quasi) reale sulla gestione delle gare da parte delle stazioni appaltanti, intimando ai funzionari di correggere in corsa gli atti o le procedure giudicate illegittime, pena la minaccia di sanzioni fino a 25mila euro.

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Rating di impresa volontario e premiante Svolta sul rating di impresa, uno dei passaggi più travagliati di questo primo anno di vita della riforma. Bisogna ricordare, infatti, che una prima bozza di linee guida, varata dall'Autorità la scorsa estate, è stata messa in consultazione e poi ritirata. Un secondo passaggio con gli operatori, effettuato a fine settembre, non è bastato a superare i rilievi legati ai rischi di limitazione della concorrenza e di sovrapposizione con il sistema di qualificazione già in vigore. La soluzione individuata dall'Anac, allora, è stata recepita dal correttivo che, adesso, trasforma il rating di impresa: per renderne più semplice l'applicazione non sarà più obbligatorio, ma facoltativo e verrà premiato con punteggi aggiuntivi in sede di offerta. In questo modo sarà possibile centrare l'obiettivo per il quale lo strumento è stato immaginato all'inizio: valutare il curriculum conquistato sul campo dai costruttori. Trattativa privata, cresce il numero degli inviti Sale a 10 il numero minimo di imprese da invitare alle procedure negoziate per i lavori di importo compreso tra 40mila e 150mila euro. E a 15 per le opere comprese tra 150mila euro e un milione. Per servizi e forniture le previsioni sono differenti: si resta a 5 imprese sotto le soglie comunitarie. Meno trasparenza sotto 40mila euro Appalti, incarichi e consulenze fino a 40mila euro perdono invece il paletto a presidio della trasparenza previsto dalle recenti linee guida approvate dall’Anac di Raffaele Cantone. Per garantire un minimo di concorrenza l’Anticorruzione aveva "suggerito" di chiedere almeno due preventivi prima di assegnare gli incarichi, che in questa fascia di importo sono attribuibili in via fiduciaria dai dirigenti delle Pa. Come richiesto da Comuni e Regioni, il correttivo archivia la proposta di Cantone e cancella anche l’obbligo di motivare la scelta dell'affidamento diretto. Partenariati con contributo pubblico al 49% Il correttivo, andando contro i rilievi di Palazzo Spada, dice sì all'innalzamento dal 30% al 49% del tetto massimo per il contributo pubblico nelle opere finanziate con capitali privati. Si tratta di un emendamento che rivede in maniera radicale gli elementi che servono a pesare l'equilibrio economico finanziario della concessione. Per i giudici questa scelta è in contraddizione «con i criteri di ripartizione del rischio» mirati a ridurre «la compartecipazione pubblica». Addio poi alla norma che impone di perfezionare il contratto di finanziamento («colsind») entro un termine massimo di dodici mesi. Giro di vite sugli arbitrati Si allarga di molto il perimetro della stretta sui compensi degli arbitri. Il problema era stato sollevato da Cantone nel corso della sua audizione parlamentare. I parametri più stringenti imposti dal codice, per alcuni tribunali, non si applicavano agli appalti banditi prima dell'entrata in vigore del decreto 50 del 2016. Questo, per il presidente Anac, «vuol dire che tale disposizione si inizierà ad applicare tra più di dieci anni». Per superare questa distorsione paradossale è intervenuto allora il correttivo, che ha imposto di applicare a tutti i nuovi arbitrati le regole più stringenti su nomine e compensi previste dal nuovo codice. Basterà che la procedura sia iniziata dopo l'entrata in vigore del Codice, anche se i relativi appalti sono stati banditi prima. In questo modo viene colmato il buco lasciato dalla prima versione del testo. Qualificazione più facile per le stazioni appaltanti Fa notizia, anche su questo capitolo, un passo indietro del correttivo. Nella versione finale è stata cancellata la norma che allargava la possibilità di accedere all'albo delle centrali di committenza a tutte le amministrazioni con articolazioni territoriali. Una scelta che, secondo molti, ampliava eccessivamente il perimetro degli aggregatori di appalti. Arriva, invece, una correzione importante nella parte che riguarda i requisiti da verificare nelle stazioni appaltanti al momento della loro qualificazione. Il numero di gare svolte non dovrà più essere misurato su base triennale ma nel quinquennio. In questo modo vengono alleggeriti i requisiti di qualificazione, sul modello di quanto viene fatto per le imprese. Tra i paletti da rispettare, viene inserita anche la comunicazione dei dati sui contratti pubblici che alimentano i database dell'Autorità anticorruzione. Varianti senza silenzio-assenso Arriva un aggiustamento richiesto con forza da Raffaele Cantone nel corso della sua audizione

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parlamentare. Il presidente Anac aveva giudicato «assolutamente inapplicabile» la norma che imponeva all'Autorità di rispondere in trenta giorni alla richiesta di parere sulle varianti, facendo scattare, in caso contrario, una sorta di silenzio-assenso. Si trattava di un meccanismo capestro, dal momento che gli uffici di Cantone sono in grado di esaminare entro questi tempi solo una piccola parte delle varianti che gli vengono sottoposte, «perché la valutazione delle varianti prevede un esame molto complesso che presuppone peraltro una conoscenza approfondita del progetto». Per evitare una valanga di pareri positivi tramite silenzio assenso, allora, il correttivo cancella questa norma ed elimina ogni vincolo per i tempi di risposta. Appalti urgenti, niente pagamenti senza verifiche La verifica dei requisiti, nel caso dei lavori effettuati in caso di estrema urgenza, è comunque essenziale per procedere al pagamento. Il correttivo interviene su questo punto andando nella direzione indicata da Raffaele Cantone. Quindi, nelle situazioni di attuale ed estrema urgenza, qualora vi sia l'esigenza impellente di assicurare la tempestiva esecuzione del contratto, gli affidatari possono autocertificare il possesso dei requisiti di partecipazione previsti dal codice. L'amministrazione aggiudicatrice dovrà dare conto, nel primo atto successivo all'effettuazione delle verifiche, della sussistenza dei requisiti. «In ogni caso – è qui la grande novità - non è possibile procedere al pagamento, anche parziale, in assenza delle relative verifiche positive». Quindi, per il saldo la verifica andrà materialmente effettuata. In caso di assenza dei requisiti, si procederà al recesso. Anticipazione prezzo meno favorevole Arrivano alcuni cambiamenti destinati a drenare un po' di liquidità alle imprese. Con il correttivo viene confermato l'istituto dell'anticipazione del prezzo, che andrà pagata all'appaltatore entro quindici giorni dall'effettivo inizio dei lavori e sarà subordinata alla costituzione di una garanzia fideiussoria bancaria o assicurativa di importo pari all'anticipazione «maggiorato del tasso di interesse legale applicato al periodo necessario al recupero dell'anticipazione stessa secondo il cronoprogramma dei lavori». La grande novità della revisione risiede nelle modalità di calcolo del valore dell'importo da versare. Andrà parametrato al valore dell'aggiudicazione e non più al valore stimato dell'appalto, come nella versione originale dell'articolo 35 del Codice. Il suo importo, quindi, con la revisione del decreto 50 sarà a conti fatti più basso. Certificati di pagamento entro 45 giorni dal Sal Tempi più stretti per i pagamenti delle pubbliche amministrazioni. Anche il codice appalti, con un nuovo articolo, interviene sul tema del saldo degli arretrati della Pa. Arriva così un nuovo paletto che obbliga le amministrazioni a emettere i certificati di pagamento entro il termine massimo di 45 giorni dall'approvazione dello stato di avanzamento lavori (Sal). In sostanza, le stazioni appaltanti non potranno fare melina a danno dei costruttori, tenendo fermi per troppo tempo gli stati di avanzamento e impedendo così alle imprese di emettere le loro fatture. Entro un mese e mezzo bisogna rispondere e poi procedere rapidamente al pagamento. Solo in questo modo ci potremo allineare agli standard richiesti dall'Europa: l'Italia resta, infatti, tra i paesi pagatori di tutta l'Ue, nonostante le molte sollecitazioni arrivate in questi anni da Bruxelles. General contractor oltre 100 milioni Il general contractor resta nell'impianto del codice appalti ma avrà un perimetro di azione ancora più limitato che in passato. In base a una modifica portata all'articolo 195 del testo approvato lo scorso aprile, infatti, le stazioni appaltanti non potranno più procedere ad affidamenti a contraente generale per contratti il cui importo non sia almeno pari o superiore alla somma di 100 milioni di euro. Quindi, con questa modalità potranno essere affidate solo le grandi opere. Correzione rilevante anche sull'albo dei collaudatori, tenuto dal Mit, che sarà l'unica strada per partecipare agli appalti affidati tramite contraente generale con il ruolo di collaudatore o direttore lavori. Nel decreto che regola l'albo andranno definiti anche «specifici requisiti di moralità, di competenza e di professionalità» dei professionisti che accedono agli elenchi. Manodopera e sicurezza più chiari i costi Più chiarezza nella distinzione tra costi della sicurezza e costi della manodopera. Il correttivo interviene su questo passaggio e punta a distinguere in maniera chiara la definizione dei due importi. Nei contratti di lavori e servizi la stazione appaltante, nel momento in cui determina l'importo posto

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a base d'asta, individua nel progetto i costi della manodopera. I costi della sicurezza saranno trattati a parte e dovranno essere scorporati dal costo complessivo. La distinzione è molto rilevante perché, ovviamente, i costi della sicurezza non sono assoggettati al ribasso d'asta. Il codice, nello stesso passaggio, interviene anche sui prezzari regionali. Se le Regioni restano inerti e non aggiornano i loro elenchi, le competenti articolazioni territoriali del Ministero delle infrastrutture potranno intervenire e procedere in proprio all'aggiornamento. (Giuseppe Latour e Mauro Salerno, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano Edilizia e Territorio”, 19 aprile 2017)

EDILIZIA e URBANISTICA

Prg e norme sull’edilizia, i Comuni dettano le regole

È il Comune il centro di gravità pubblico dell’attività edilizia. I cittadini, i professionisti e gli operatori economici del settore non possono tralasciare di fare un passaggio all’ufficio tecnico, comunque sia denominato, del Comune sul cui territorio devono progettare, costruire un nuovo stabile o ristrutturarne uno già esistente. È lì che possono sapere dove e come possono intervenire. In tanti casi, per acquisire le informazioni necessarie, almeno quelle meno dettagliate, non è necessario recarsi fisicamente in municipio, ma è sufficiente collegarsi al sito internet del comune. La redazione del Prg Il primo documento da studiare è il Piano regolatore generale (Prg). La sua redazione avviene sulla base di procedure definite dalle leggi regionali e, normalmente, di un quadro di pianificazione territoriale elaborato a livello provinciale o regionale. Il Prg è il più importante strumento della pianificazione urbanistica comunale. Può essere denominato anche differentemente e le sue funzioni possono essere distribuite anche su più atti di pianificazione, con diversi livelli di dettaglio e di valore prescrittivo: per esempio tra un piano strategico e un piano operativo. In ogni caso, per realizzare le attività edilizie, bisogna partire dagli atti con i quali l’amministrazione comunale stabilisce che utilizzo fare del proprio territorio. Sulle tavole grafiche del Prg sono disegnate le aree che devono restare agricole, quelle nelle quali si possono costruire solo nuove abitazioni o solo nuovi capannoni, oppure si possono fare interventi con più destinazioni d’uso; alcune aree possono essere destinate esclusivamente a servizi pubblici, altre solo a interventi di ristrutturazione urbanistica, altre ancora solo a edilizia economica e popolare e così via. Naturalmente, sono tracciate anche le strade che consentiranno di raggiungere i nuovi insediamenti. Oltre alla geografia del Comune, con il Prg il consiglio comunale, l’organo che lo approva, stabilisce anche quanto vuole che sia grande il paese o la città, magari sulla base di proiezioni demografiche. I cittadini e gli operatori economici, però, più che l’aumento complessivo della superficie e del volume della nuova edificazione vogliono sapere se e quanto può essere costruito sulle singole aree. Agli interessati, conviene muoversi prima della sua approvazione definitiva, nella fase in cui è possibile presentare osservazioni alla proposta di piano regolatore. Il Comune deve renderla pubblica e tutti possono proporre delle modifiche. L’amministrazione può accettarle o rigettarle, ma deve comunque esaminarle e argomentare le sue decisioni. Attenzione anche ai programmi di attuazione dei Prg, che diluiscono nel tempo la realizzazione delle previsioni. Ruolo dei regolamenti comunali Oltre alle previsioni urbanistiche occorre studiare anche i regolamenti comunali focalizzati sugli aspetti più direttamente costruttivi. Il loro elenco varia da un comune all’altro. Soprattutto nelle città con bei centri storici, prima di dare di bianco alla facciata di casa, conviene passare in Comune per sapere se c’è un regolamento sui colori da rispettare. Possono esserci anche regolamenti acustici, per il verde pubblico e per disciplinare altre attività. Ma il più importante è il regolamento edilizio. La sua adozione da parte del Comune è prevista dal comma 2 dell’articolo 4 del testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001). Come dice la norma esso deve «contenere la disciplina delle modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi». È necessario consultare questo documento per conoscere come ottenere un titolo abilitativo alla costruzione, quale documentazione presentare, gli elaborati progettuali da presentare, le sanzioni

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alle quali si va incontro nel caso in cui le regole non siano rispettate. Oltre alle procedure il regolamento edilizio detta anche prescrizioni alle quali attenersi nell’esecuzione dell’attività edilizia. Il loro elenco comprende le superfici e i volumi degli immobili, le distanze che devono essere rispettate, le altezze e la luminosità dei locali. Per alcuni parametri vi è una normativa statale di riferimento, ma l’autonomia dei Comuni è molto ampia. La probabilità che i regolamenti edilizi di due Comuni, anche confinanti tra di loro, siano gli stessi è prossima allo zero; tant’è che uno degli obiettivi dell’azione di semplificazione amministrativa del governo è averne uno uniforme in tutto il Paese. (Raffaele Lungarella, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Focus Norme e Tributi”, 19 aprile 2016)

Il Governo punta al testo standard

Al massimo entro la fine del prossimo mese di ottobre tutti i Comuni d’Italia dovrebbero avere lo stesso regolamento edilizio. Lo prevede l’intesa con la quale Stato, Regioni ed Enti locali, in sede di Conferenza unificata, hanno approvato lo schema di regolamento edilizio unico, la cui adozione fu prevista dall’articolo 17 del Dl 133/2014, quelle noto come Sblocca Italia, e diventato uno degli obiettivi dell’Agenda della semplificazione 2015-2017 della Funzione pubblica. Attualmente, ognuno degli oltre 8.000 Comuni ha un proprio regolamento ed è praticamente impossibile trovarne due gemelli. Arrivare ad averne uno che detta le stesse regole da Brennero a Pantelleria, sarebbe un gran risultato che semplificherebbe le cose per i cittadini e soprattutto per ingegneri, geometri, architetti e gli altri professionisti che devono progettare e dirigere i lavori per la realizzazione degli interventi edilizi. Livello di uniformità Per valutare il livello di uniformità al quale si arriverà, dovrà passa un po’ di tempo, considerato anche che le Regioni e i Comuni devono adeguare le loro attuali norme di dettaglio dei requisiti prestazionali degli edifici al regolamento edilizio unico che offre solo uno schema al quale i comuni devono attenersi nella redazione dei loro atti. Il testo di regolamento unico uscito dalla Conferenza unificata prevede che i Comuni organizzino i loro regolamenti in due parti, applicando le definizioni uniformi dei parametri edilizi elaborate da un gruppo tecnico al quale hanno partecipato anche i rappresentanti degli ordini professionali interessati all’edilizia. La prima parte avrà come titolo “Principi generali e disciplina generale dell’attività edilizia” e sarà sostanzialmente costituita da un’elencazione delle norme legislative e amministrative statali che si applicano in modo uniforme su tutto il territorio nazionale e di quelle regionali che valgono per tutti Comuni della Regione di cui essi sono parte. Nella seconda parte sotto il titolo “Disposizioni regolamentari comunali in materia edilizia” dovranno essere raccolte le disposizioni comunali in materia edilizia. In questa parte l’uniformità non riguarda le prescrizioni del regolamento, ma l’organizzazione della raccolta della disciplina, che dovrà essere la stessa in tutti i Comuni d’Italia. Definizione parametri edilizi Sul piano più tecnico, un elemento di uniformità dei regolamenti è costituito sicuramente dalle 42 definizioni di parametri edilizi. Quando tutti i Comuni le avranno adottate, in ogni parte d’Italia la superficie utile di un edificio corrisponderà a quella di pavimento misurata al netto delle superfici accessorie e dei muri, pilastri, tramezzi, sguinci e vani di porte e finestre. Lo stesso varrà per tutte le altre tipologie della superficie, per il volume, per la sagoma e per tutti gli altri elementi e caratteristiche di un palazzo o di un capannone. Una delle operazioni più complesse, per i tecnici comunali, sarà probabilmente la migrazione dalle vecchie alle nuove definizioni; per alcune di esse le differenze potrebbero essere rilevanti e diffuse territorialmente. Entro il 18 aprile, cioè ieri, tutte le Regioni avrebbero dovuto recepire il regolamento e le definizioni dei parametri. Dalla data dell’atto regionale i Comuni hanno 180 giorni per approvare il loro nuovo regolamento. A entrambi gli enti è accordata una certa flessibilità nell’applicare l’Intesa. In ogni caso, le pratiche già avviate, all’entrata in vigore del nuovo, sono portate a termine con le regole del vecchio regolamento. (Il Sole 24 ORE – Estratto da “Focus Norme e Tributi”, 19 aprile 2016)

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Bandi di gara: lavori in frenata anche nel primo trimestre, boom per i progetti

Il mercato continua a marciare a due velocità: -12,1% per le opere pubbliche e +82,6% per i valori dei servizi professionali Primo trimestre con il freno tirato per il mercato dei lavori pubblici, boom di incarichi e di valori per il settore della progettazione. Anche nel periodo iniziale del 2017 si conferma l’andamento del settore degli appalti in Italia con un calo delle gare di costruzione e numeri in forte crescita per quelle riservate a ingegneri e architetti. A fare da spartiacque, un anno fa, l’entrata in vigore del nuovo codice appalti. Gli indici dell’osservatorio Cresme Europa Servizi sono entrambi negativi: nei primi tre mesi dell’anno sono stati promossi 4.261 bandi di lavori per un importo di 3,397 miliardi: rispetto allo stesso periodo del 2016 il numero perde l’1,5% e il valore il 12,1 per cento. A marzo, comunque, il settore delle opere pubbliche ha messo a segno un incremento del 30% delle gare (1.721 contro le 1.320 di un anno fa) che non ha generato però un aumento dei valori (1,137 miliardi, -2,4%). Più gare ma meno ricche per le amministrazioni comunali che si confermano al primo posto tra gli enti appaltanti: il dato è di 2.710 bandi (+3,8%) per 1,08 miliardi (-21,4%). Al secondo posto si piazza a sorpresa l’edilizia sanitaria che ha promosso 173 iniziative (+12,3%) per 594 milioni, (+138,9%). Seguono le aziende speciali, che hanno pubblicato 288 bandi (+9,5%) per 388 milioni (-2,5%), e le ferrovie che hanno indetto in tre mesi 45 appalti (-23,7%) per 229 milioni (-26,9%). Da segnalare che proprio ieri Rfi ha mandato in gara un maxibando da 221 milioni per i lavori di raddoppio della linea ferroviaria Palermo-Catania, nella tratta Bicocca-Catenanuova (termine: 13 luglio). In flessione invece l’Anas che ha promosso 72 opere stradali (-38,5%) per 97,7 milioni (-47,9%). Per le classi d’importo, mancano all’appello le grandi opere: da gennaio a marzo i bandi oltre i 50 milioni sono stati solo sette (-12,5%) per 821 milioni (-30%). In rialzo invece le opere comprese nella fascia tra 15 e 50 milioni che totalizzano 19 iniziative (+11,8%) per 579 milioni (+27,8%). Positivi anche i bandi tra 500mila euro e un milione (349 per 254 milioni, +0,9% e +3,5%) e quelli per piccoli interventi fino a 150mila euro (1.170 per 113 milioni, +6% e +4,9%). La classifica regionale è guidata dalla Lombardia (793 milioni, +25,5%) seguita da Toscana (579 milioni, -11%) e Sicilia (300 milioni, +170%). Dall’entrata in vigore del codice appalti, il mercato della progettazione è invece in netta crescita rispetto ai mesi dello stesso periodo precedente: +37,3% per il numero e +64% per il valore. In termini assoluti - secondo i dati Oice/Informatel - nei mesi post decreto 50/2016, da maggio 2016 a marzo 2017, si sono raggiunti i 365 milioni contro i 223 milioni degli stessi mesi 2015-2016, un dato comunque ridottissimo rispetto agli altri paesi europei (l’Italia vale solo il 2,9% del mercato europeo). Le gare per servizi di sola progettazione pubblicate nel primo trimestre sono state 803, per un valore di 92,4 milioni: nel confronto con lo stesso periodo del 2016 il numero cresce del 39,2% e il valore dell’82,6 per cento. Nel primo trimestre 2017 per tutto il mercato dei servizi di ingegneria e architettura sono state bandite 1.386 gare per 194,7 milioni, pari a un aumento del 38,7% nel numero e a un calo dell’1% nel valore, anche se va considerato che a febbraio 2016 era stato pubblicato un maxibando da 60,4 milioni di Rfi per 29 gare di servizi di assistenza: al netto di questo avviso il primo trimestre segnerebbe un incremento del valore del 42,9 per cento. L’andamento delle gare miste di progettazione e costruzione (appalti integrati, project financing, concessioni di realizzazione e gestione) ha raggiunto i 3 miliardi. Gli appalti integrati (quasi azzerati nell’ultimo anno dal nuovo codice), da soli mostrano, rispetto al primo trimestre 2016, cali del 88,8% nel numero e del 79,8% per il valore. (Alessandro Lerbini, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano Edilizia e Territorio”, 14 aprile 2017)

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Calcestruzzo indurito: pubblicata in italiano la specifica tecnica UNI CEN/TS 12390-9

Pubblicata in italiano la specifica tecnica UNI CEN/TS 12390-9:2017, che descrive la procedura di prova per la valutazione della resistenza al gelo-disgelo di calcestruzzo sia in presenza di acqua sia in presenza di una soluzione di cloruro di sodio. Tale procedura può essere impiegata per: - confrontare nuovi materiali costituenti o nuove composizioni di calcestruzzo rispetto a una costituente o ad una composizione di calcestruzzo la cui prestazione nell'ambiente di utilizzo è noto essere adeguata; - valutare i risultati di prova rispetto a valori numerici assoluti basati su esperienze locali. (Il Sole 24 ORE – Estratto da “Tecnici24”, 7 aprile 2016)

Semplificazioni, addio dal 6 aprile al nullaosta paesaggistico per 31 micro-interventi

In Gazzetta Ufficiale il Dpr n. 31 del 13 febbraio 2017 che introduce anche una corsia preferenziale per 42 opere «di lieve entità». Addio all'autorizzazione paesaggistica per le opere interne anche con modifica della destinazione d'uso, per gli interventi di miglioramento energetico, sismico o destinati all'eliminazione di barriere architettoniche (inclusi gli ascensori) che non alterano l'aspetto degli edifici. Niente nullaosta anche per tende o insegne a corredo dei negozi, opere da realizzare nel sottosuolo, installazione di pannelli solari/fotovoltaici sul tetto e ancora sostituzione di cancelli e recinzioni o realizzazione di strutture temporanee per manifestazioni ed eventi che non superino i 120 giorni. Con la pubblicazione in Gazzetta (n. 68 del 22 marzo) del nuovo regolamento sulle autorizzazioni paesaggistiche (Dpr n. 31 del 13 febbraio 2017) arriva finalmente a traguardo l'obiettivo di liberalizzare (assoggettandoli solo alla richiesta di titolo edilizio, Cila o Scia, quando serve) tutta una serie di piccoli interventi di nessun impatto per il paesaggio e che invece erano sottoposti a defatiganti procedure. Dal 6 aprile - giorno in cui le nuove misure entreranno in vigore - tutta un'altra serie di interventi «di lieve entità» viene invece assoggettata a un nullaosta paesaggistico semplificato, da rilasciare nel termine «tassativo» di 60 giorni. In tutto si tratta di 31 interventi completamente liberalizzati (elencati puntualmente nell'«allegato A» del decreto) e di 42 tipologie di opere promosse a un regime di autorizzazione rapida («allegato B»), per i quali insieme alla corsia preferenziale vengono anche previsti un modello di richiesta standard e una scheda di relazione paesaggistica semplificata (a cura di un tecnico abilitato), unico modello da presentare a corredo dell'istanza. Tra i principali interventi sottoposti al regime semplificato figurano anche le opere che comportano aumenti di volume fino al 10% degli edifici che non alterano le caratteristiche del fabbricato (entro un tetto massimo di cento mc) , gli interventi antisismici, di miglioramento energetico o anti barriere-architettoniche che comportano innovazione sulla sagoma dell'edificio e anche la realizzazione di tettoie, porticati, chiostri da giardino permanenti, purché non superino la superficie di 30 mq. Nell'elenco anche opere a servizio di capannoni (tettoie, collegamenti, strutture di stoccaggio) o dehors di bar e ristoranti. Le istanze andranno presentate agli sportelli unici per l'edilizia (Sue) o delle attività produttive (Suap) e saranno gli enti stessi a dover avvertire chi presenta la domanda nei casi in cui si accorgano che l'intervento ricade invece nel regime libero o in quello ordinario. Gli uffici potranno chiedere solo una volta integrazioni documentali con sospensione del termine. Le Sovrintendenze avranno 20 giorni (dalla richiesta di Sue o Suap) per dare l'ok o rifiutarlo. Poi scatta il silenzio assenso «e l'amministrazione procedente provvede al rilascio dell'autorizzazione». L'intero procedimento deve concludersi in 60 giorni, contro i 105 della procedura ordinaria. Oltre agli «interventi di lieve entità» il regime semplificato riguarderà anche le domande di rinnovo

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per le autorizzazioni scadute da non più di un anno. Anche queste avranno un'efficacia di cinque anni, con possibilità di chiudere i lavori cominciati in tempo entro l'anno successivo alla scadenza. Il decreto si occupa poi anche dei casi in cui l'autorizzazione paesaggistica si accompagni alla richiesta di un titolo edilizio (Cila, Scia o permesso di costruire) oppure al caso in cui il nullaosta paesistico riguardi un intervento su un bene tutelato. In questi casi si presenterà una domanda unica e la risposta della Pa dovrà esaurire tutti i procedimenti in un colpo solo. In caso di "trasgressioni" (ad esempio interventi di lieve entità eseguiti senza autorizzazione, neppure semplificata) la remissione in pristino sarà l'ultima ratio. Prima bisognerà valutare la possibilità di interventi correttivi capaci di guadagnarsi l'autorizzazione. Il nuovo regolamento (che abroga il precedente Dpr 139/2010) si applicherà da subito in tutte le Regioni a statuto ordinario. I territori a statuto speciale avranno 180 giorni di tempo per emanare norme proprie ispirate ai principi del decreto. Le norme sugli interventi liberi si applicano comunque da subito «in tutto il territorio nazionale». (Mauro Salerno, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano Edilizia e Territorio”, 23 marzo 2017)

PROFESSIONE: Lavoro e Previdenza

Correttivo. Architetti: bene i parametri, dubbi sull'estensione dell'appalto integrato

Ok anche alla norma che semplifica le procedure di partecipazione ai concorsi di progettazione. Bene il recupero dei parametri e la semplificazione delle "carte" da presentare nei concorsi. Gli architetti valutano positivamente il decreto correttivo della riforma appalti, parlando di «impianto complessivamente positivo». Sui parametri per definire i compensi, il vicepresidente del Consiglio nazionale degli architetti Rino La Mendola sottolinea che con le modifiche del correttivo si supera un problema chiave: «Le stazioni appaltanti, senza alcuna regola chiara, rischiavano costantemente di sottostimare tale importo, ricorrendo a procedure di affidamento errate». Quanto ai concorsi «il correttivo recependo le nostre proposte, alleggerisce notevolmente il numero di elaborati necessari per partecipare ad un concorso, attribuendo solo al vincitore (e non a tutti i partecipanti) l'onere di raggiungere il livello di progetto di fattibilità tecnica ed economica, entro sessanta giorni dalla proclamazione». Qualche dubbio, invece, gli architetti lo esprimono sulla norma che non chiarisce che al vincitore vanno affidate anche gli incarichi successivi. In merito all'appalto integrato, poi, gli architetti ritengono accettabile solo il recupero delle procedure avviate prima dell'entrata in vigore del nuovo Codice, con l'approvazione del progetto preliminare o definitivo, ma non condividono l'estensione ad altri casi (lavori con rilevanti componenti tecnologiche), «nella consapevolezza che tale procedura non pone certamente il progetto al centro del processo di esecuzione di un'opera pubblica, tradendo uno dei principi fondamentali della legge delega». (Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano Edilizia e Territorio” 18 aprile 2017)

Dalle professioni arriva l’allarme sulla liquidità

Lo split payment spaventa i professionisti. Questo meccanismo, che prevede la scissione tra valore della prestazione e l’Iva con il versamento della prima al fornitore e della seconda all’erario, è stato introdotto nel 2015 nei rapporti tra imprese private e pubbliche amministrazioni, per contrastare il

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fenomeno dell’evasione dell’Iva; ora la manovra correttiva allo studio prevede che venga esteso anche alle società pubbliche, alle società quotate e ai professionisti. La presidente del Comitato unitario delle professioni Marina Calderone sottolinea come «L’estensione del versamento diretto dell’Iva ai professionisti può creare problemi di liquidità in quanto la mancata riscossione delle somme creerà uno squilibrio finanziario dovuto al pagamento diretto dell’Iva a debito ai propri fornitori che non sarà bilanciato dalla riscossione dell’Iva a credito dai propri clienti. La norma - prosegue Calderone - potrebbe essere equilibrata ove fosse rimasta inalterata la quota di compensazione, ma la riduzione del limite da 15 mila a 5mila euro delle somme a credito Iva oltre il quale è necessario porre il visto di conformità renderà difficoltosa la gestione del credito con problemi di liquidità e di potenziale ricorso al credito bancario». Preoccupati per la novità contenuta nella manovra correttiva attualmente in discussione anche gli architetti, una professione che spesso si trova a lavorare per le pubbliche amministrazioni. «Questa norma è impropria e fuori luogo - afferma Massimo Crusi, tesoriere del Consiglio nazionale degli architetti - in un contesto economico che vede le professioni in difficoltà viene introdotta una norma che, di fatto, anticipa le tasse e assorbe circolante, e ciò viene fatto con benefici praticamente nulli per lo Stato ma con effetti pesanti per i professionisti». Crusi sottolinea come, tra ritenuta e mancato versamento dell’Iva, su una fattura di 10mila euro al professionista arrivano in tasca 5.800 euro, con un “taglio” superiore al 40%. Anche i commercialisti evidenziano le criticità legate all’estensione dello split payment ai professionisti, che nel loro caso andrà sicuramente a colpire i revisori degli enti locali. «La sua prima applicazione - spiega Gilberto Gelosa, delegato alla fiscalità per il Consiglio nazionale dei commercialisti - è un costo secco per il professionista in termini di liquidità». (Il Sole 24 ORE – Estratto da “Norme e tributi” 14 aprile 2017)

Professioni: avvocati e architetti siglano un protocollo d'intesa

Promuovere una comune cultura dei diritti fondamentali e una più efficace tutela dei diritti rilevanti per le categorie professionali degli avvocati e degli architetti quali quelli alla difesa, alla sicurezza e all’incolumità pubblica e privata nonchè una corretta informazione sui principi e i valori che informano le due professioni. Elaborare e realizzare progetti e azioni per sviluppare la consapevolezza dell’importanza dell’architettura nello spazio di vita dell'uomo, innalzandone la qualità, così come la sostenibilità ambientale, l’innovazione tecnologica oltre che la competenza dei professionisti al fine di garantire la tutela dei diritti fondamentali della persona. E, ancora, sviluppare la valorizzazione del patrimonio comune, promuovendo buone pratiche per la qualità architettonica mediante lo strumento del concorso di architettura, e concordando iniziative pubbliche e legislative soprattutto ai fini della rigenerazione urbana sostenibile nell’interesse della collettività. Sono questi i principali obiettivi del Protocollo d’intesa siglato tra il Consiglio Nazionale Forense e il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori. I due organismi ordinistici elaboreranno, secondo quanto anche prevede l’intesa, progetti comuni, tra i quali, l’istituzione di un tavolo di lavoro paritetico e permanente sul tema dell'autonomia deontologica e della responsabilità professionale degli avvocati e degli architetti e su altri temi di interesse comune. Previste anche la promozione e l’istituzione di un premio per architetti che hanno progettato rigenerazioni energetiche innovative e di qualità architettonica nell’edilizia giudiziaria e penitenziaria; la realizzazione di appuntamenti formativi di aggiornamento e di specializzazione su tematiche di interesse comune e tese a veicolare il ruolo sociale dell’architetto e dell’avvocato. Infine, eventi comuni su temi relativi alla tutela dei diritti e all’amministrazione della giustizia attraverso la conoscenza dei palazzi di giustizia di maggior pregio dal punto di vista storico-artistico e architettonico. (Il Sole 24 ORE – Estratto da “Tecnici24” 11 aprile 2017)

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Sicurezza nei cantieri, ancora troppa carta e poca sostanza negli adempimenti Per il presidente di Federarchitetti Roma, Giancarlo Maussier, «troppe volte la formazione e la certificazione che la riguarda sono solo di facciata» Ancora troppa carta e poca sostanza negli adempimenti relativi alla sicurezza nei cantieri. È emerso questo nel corso dell'ottava giornata nazionale per la sicurezza nei cantieri, che anche per il 2017 è stata organizzata da Federarchitetti, aderente a Confedertecnica, insieme con il Consiglio nazionale degli architetti. Per il presidente di Federarchitetti Roma, Giancarlo Maussier, intervenuto per parlare delle condizioni in cui i professionisti si trovano oggi ad affrontare nel concreto la sicurezza nei cantieri, «troppe volte la formazione e la certificazione che la riguarda sono solo di facciata. C'è un mercato di carte che vengono siglate senza che i lavoratori abbiano in realtà ricevuto una adeguata formazione. È lì che bisogna iniziare a incidere». Un tema che, per il presidente nazionale di Confedertecnica, Calogero Lo Castro è legato a filo doppio con quello del mercato degli appalti pubblici. «Dobbiamo ricreare le condizioni per la sicurezza, in primo luogo uscendo dalla logica del massimo ribasso. Perché non si può risparmiare sulla sicurezza e dunque sulla vita di chi lavora», ha dichiarato. Ai partecipanti alla due giorni di giovedì e venerdì scorso è arrivato anche un messaggio del presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano: «Appoggio la proposta di Confedertecnica di trovare una soluzione di sostegno per i dipendenti degli studi professionali tecnici che si trovano momentaneamente senza commesse, ma è una misura che i professionisti devono poter autofinanziare». (Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano Edilizia e Territorio”, 3 aprile 2017)

Professionisti, il welfare punta sui giovani

Taglio dei contributi, prestiti agevolati, borse di studio, bonus bebè. Le Casse di previdenza corrono ai ripari di fronte alla fuga sempre più marcata dei giovani dalle professioni, con interventi di welfare “integrato” mirati sulla generazione under 35, che rappresenta ormai una fetta ridotta - circa il 15% - del milione e mezzo di iscritti totali alle casse. Senza contare che i candidati agli esami di abilitazione sono calati del 31% in un decennio. Il Sole 24 Ore ha messo sotto la lente 13 casse professionali, a cui corrispondono 917.120 iscritti totali e 149.694 giovani under 35 (il 16%). Dal monitoraggio emerge che il range di agevolazioni, negli ultimi anni, si è via via allargato, nonostante le risorse limitate e i vincoli di bilancio. Del resto, quella giovane è senza dubbio la fascia più debole dal punto di vista economico: a parlare è la distanza tra i redditi medi dei professionisti alle prime armi e i colleghi senior. Un junior tra i 25 e i 30 anni guadagna in media appena 12.102 euro lordi l’anno - secondo il sesto rapporto Adepp pubblicato nel 2016 - e un suo collega, tra 30 e 35 anni, 17.362 euro. Gli over 55, per contro, hanno redditi ben più alti, intorno ai 50mila euro in media. Lo sconto sui contributi L’aiuto più frequente a favore dei giovani professionisti consiste nel taglio dei contributi da versare alle casse di previdenza che alleggerisce i versamenti dei primi anni di iscrizione (sei oltre a quello di iscrizione per i ragionieri, tre per biologi e psicologi). Sono circa 85mila i giovani avvocati che si sono iscritti alla cassa forense prima di compiere 35 anni e che nel 2016 hanno beneficiato delle riduzioni contributive (anche se non più under 35). Il taglio riguarda sia il contributo minimo soggettivo (ridotto del 50% per i primi sei anni e pagabile a rate nel caso di redditi sotto i 10.300 euro) sia il contributo minimo integrativo (cancellato per i primi 5 anni e ridotto al 50% nei successivi quattro). Per il 2017 il contributo minimo soggettivo è di 2.815 euro, mentre quello minimo integrativo è di 710 euro. «Abbiamo creato un sistema di welfare che favorisce soprattutto giovani e donne», dice Michele Proietti, direttore della Cassa forense.

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Passando ad architetti e ingegneri, Inarcassa su 95,3 milioni di euro per misure di welfare integrato nel 2016 ha destinato più di un terzo agli sconti contributivi automatici per i giovani che per i primi 5 anni di iscrizione possono versare contributi minimi ridotti a un terzo e beneficiare di una aliquota soggettiva dimezzata. Lo sconto arriva al 75% nei primi due anni per i geometri neodiplomati e sale al 50% nei restanti tre. La Cassa dei commercialisti, invece, esonera dai contributi minimi gli under 35 per i primi tre anni: l’agevolazione è automatica e riguarda oltre 5mila giovani. «Con un rapporto di oltre nove iscritti per ogni pensionato - sottolinea Walter Anedda, presidente Cnpadc - la Cassa è storicamente attenta alle esigenze dei più giovani, puntando a supportare gli iscritti anche nella fase di start up professionale, che è il periodo in cui i costi di avvio dello studio incidono notevolmente». In più, la quota di iscrizione all’Ordine degli under 36 è dimezzata (65 euro invece di 130). Taglio per tre anni del 50% dei contributi minimi anche per i periti agrari iscritti alla gestione separata dell’Enpaia con meno di 30 anni e redditi inferiori a 6mila euro annui. Sconto del 50%, ma per cinque anni, per gli agrotecnici under 35 al momento dell’iscrizione e redditi sotto 3mila euro. Alcune Casse, però, non legano gli sconti all’età. È così, ad esempio, per Enpacl, che dimezza le aliquote contributive ai consulenti del lavoro all’atto dell’iscrizione e per altri 4 anni. L’Enpaf, la cassa dei farmacisti, prevede invece riduzioni per gli iscritti che lavorano come dipendenti e per i disoccupati. La Cassa del notariato non fa sconti, ma paga (a tutti) un assegno integrativo se il notaio non raggiunge il «repertorio» minimo. Pacchetto famiglia A moltiplicarsi è poi l’offerta di welfare per i neogenitori, legata anche alla crescita della presenza femminile: le donne sono oltre il 35% rispetto al 30% di dieci anni fa. A livello complessivo le prestazioni di welfare per la maternità sono passate in termini reali dai 75,48 milioni del 2007 agli oltre 91 del 2015 (fonte Adepp). Otto Casse - geometri, notai, biologi, consulenti del lavoro, psicologi, infermieri, pluricategoria e periti industriali- fanno parte di Emapi, un’associazione consortile che eroga prestazioni assistenziali agli iscritti degli enti associati. Tra queste, il pacchetto Maternità dal 2015 offre una copertura gratuita alle iscritte in regola con i contributi, che comprende ecografie, controlli, esami e colloqui psicologici post-parto. I commercialisti puntano invece sulla maternità «rafforzata»: oltre al contributo previsto per tutti dal Dlgs 151/2001 (5/12 del reddito), la Cassa (impegno annuo di 1,5 milioni) prevede dal 2015 un mese in più di maternità, che va da un minimo di 1.715 euro a un massimo di oltre 4mila euro. Mentre Eppi - Cassa dei periti industriali - riconosce un bonus nascita da 3mila euro, all’Enpam (medici e odontoiatri) i sussidi per maternità riguardano anche le studentesse vicine alla laurea. La legge di Stabilità 2016 ha infatti aperto le porte della Cassa a chi frequenta gli ultimi anni di medicina e odontoiatria. Particolarmente ricca anche l’offerta dell’Enpav (veterinari), che va dagli aiuti per asili nido e baby sitter ai prestiti agevolati. Bonus bebè da 1.500 euro e contributo di mille euro per gli asili nido anche per gli avvocati. Enpab (biologi) ha stanziato 1,3 milioni per contributi alla famiglia (asili nido, libri di testo, assegni di studio, assistenza anziani, contributi ai superstiti), bonus nascita e per la professione. Le misure innovative Alcune Casse, poi, guardano con attenzione ai più giovani, cercando di attrarre nuove leve. Enpacl, ad esempio, ha scelto di sostenere il praticantato e offre ai consulenti del lavoro in tirocinio e al collega che li segue una polizza sanitaria integrativa gratuita (999 i beneficiari in due anni). «Stiamo investendo nel marketing professionale - spiega il direttore Fabio Faretra - per frenare il calo degli iscritti». Nel 2016, infatti, si è registrato per la prima volta un saldo negativo tra nuovi ingressi e cancellazioni.

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Al mondo della scuola guarda con molto interesse anche Enpab (biologi), che per il welfare strategico ha stanziato 700mila euro. «Servono - spiegano dalla Cassa - a promuovere il progetto «Biologi nelle scuole» che ha formato in due anni oltre cinquecento giovani biologi». E anche la Cassa ragionieri partecipa a iniziative di orientamento in istituti e università. Borsa lavoro e prestiti Per aiutare i neolaureati nella fase di avvio alla professione l’Enpav (veterinari) ha introdotto una Borsa lavoro che prevede piani formativi in strutture veterinarie a favore dei neolaureati più brillanti. Anche la Federazione nazionale degli ordini veterinari (Fnovi) ha messo in campo iniziative di assistenza fiscale, tributaria e assicurativa oltre a progetti formativi per promuovere l’accesso ai fondi comunitari. Per accelerare l’ingresso nella professione il collegio nazionale degli agrotecnici ha invece stipulato convenzioni con molte università che permettono di svolgere il tirocinio durante il corso di studi. Da molte Casse, poi, arriva la proposta di prestiti agevolati per l’avvio dell’attività e l’allestimento dello studio. Non sempre però graditi: 4 le richieste dagli psicologi nel 2016, 6 dai consulenti del lavoro. A frenare è anche la “concorrenza” diretta dei prodotti bancari. Diverso è il caso dei contributi a fondo perduto: nel 2016 la Cassa forense ha stanziato 1,5 milioni di euro per il rimborso del 50% delle spese d’acquisto di materiali informatici (tetto 1.500 euro), riservati a redditi sotto i 40mila euro. Tutto esaurito: 9.625 domande di cui 4.299 accolte. ARCHITETTI E INGEGNERI Contributi minimi ridotti di un terzo per 5 anni. Agevolazioni per i neoiscritti. Su 95,3 milioni di euro destinati al welfare integrato, più di un terzo è stato destinato nel 2016 da Inarcassa agli sconti contributivi(automatici) per i giovani che per i primi 5 anni di iscrizione versano contributi minimi ridotti a un terzo e aliquota soggettiva ridotta al 50%. Prestiti agevolati Con una dote di 211mila euro nel 2016 sono previsti finanziamenti online agevolati per l’allestimento dello studio (fino a 30mila euro). Previsti anche prestiti d’onore per i giovani e le professioniste madri di figli in età prescolare o scolare: finanziamenti agevolati fino a 15mila euro, su cui Inarcassa prende in carico il 100% degli interessi. Ci sono poi sconti sulla Rc professionale per gli under 35. Microcredito Il Consiglio nazionale degli architetti ha di recente siglato un accordo con l’ente nazionale per il microcredito per l’attivazione di progetti di housing microfinance (Bianca Lucia Mazzei, Francesca Barbieri, Valeria Uva, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Primo Piano", 3 aprile 2017)

Bandi-standard per gare e concorsi di progettazione: ecco i modelli messi a punto dagli architetti

La guida alla compilazione dei bandi di gara che mette a disposizione delle stazioni appaltanti tutto l'apparato di documenti necessari a gestire l'assegnazione di incarichi. Dagli avvisi di avvio delle indagini di marcato fino ai capitolati senza dimenticare bandi e disciplinari dei concorsi di progettazione. Il Consiglio nazionale degli architetti ha pubblicato sul sito archiworld, la guida alla compilazione dei bandi di gara che mette a disposizione delle stazioni appaltanti tutto l'apparato di documenti necessari a gestire l'assegnazione di incarichi e concorsi di progettazione.

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L'obiettivo è promuovere un'attività di "consulenza" alle amministrazioni. In particolare quelle con le spalle meno larghe. E dall'altra parte rafforzare la spinta all'utilizzo dei concorsi di progettazione. Il pacchetto include una serie di documenti-standard per i funzionari delle stazioni appaltanti che oltre ai bandi comprende anche gli schemi di avviso esplorativo di mercato per gli incarichi sotto i 40mila euro, di invito alle procedura negoziate, di disciplinare per ognuna delle procedure possibili (negoziata, aperta, ristretta). Tutti i documenti sono allegati e scaricabili a questo indirizzo internet. (Mauro Salerno, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano Edilizia e Territorio” 28 marzo 2017)

SICUREZZA

Al via il Bando ISI 2016 Dal 19 aprile 2017 potranno essere presentate le domande per l’accesso ai finanziamenti che l’Inail ha messo a disposizione delle imprese che abbiano adottato progetti di miglioramento dei livelli di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Nello specifico sono finanziabili le seguenti tipologie di progetto: 1. Progetti di investimento; 2. Progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale; 3. Progetti di bonifica da materiali contenenti amianto; 4. Progetti per micro e piccole imprese operanti in specifici settori di attività. Le domande devono essere presentate in modalità telematica. Prerequisito necessario per accedere alla procedura di compilazione della domanda è che l’impresa sia in possesso delle credenziali di accesso ai servizi online Inail (Nome Utente e Password). Per ottenere le credenziali di accesso è necessario effettuare la registrazione sul portale Inail almeno 48 ore prima della scadenza del bando. Le istruzioni per il rilascio delle credenziali di accesso ai servizi online Inail sono disponibili sulla home page del sito www.inail.it nella sezione accedi ai servizi online. A partire dalla data del 19 aprile 2017 e inderogabilmente fino alle ore 18:00 del giorno 5 giugno 2017 sul sito www.inail.it – sezione “accedi ai servizi online” - le imprese registrate avranno a disposizione una procedura informatica che consentirà loro, attraverso la compilazione di campi obbligatori, di: -effettuare simulazioni relative al progetto da presentare; -verificare il raggiungimento della soglia di ammissibilità; -salvare la domanda inserita; -effettuare la registrazione della propria domanda attraverso l’apposita funzione presente in procedura tramite il tasto “INVIA”. Dopo le ore 18:00 del 5 giugno 2017 le domande salvate non saranno più modificabili. Dal 12 giugno 2017 le imprese che: -hanno raggiunto o superato la soglia minima di ammissibilità prevista;

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-hanno salvato definitivamente la propria domanda effettuandone la registrazione attraverso l’apposita funzione presente in procedura tramite il tasto “INVIA”; -soddisfano i requisiti previsti per il rilascio del codice identificativo; potranno accedere all’interno della procedura informatica per effettuare il download del proprio codice identificativo che le identificherà in maniera univoca. Le imprese potranno quindi inviare attraverso lo sportello informatico la domanda di ammissione al finanziamento, utilizzando il codice identificativo attribuito alla propria domanda. Le regole tecniche per l’inoltro delle domande online saranno pubblicate sul sito www.inail.it almeno una settimana prima della data di apertura dello sportello informatico. (Pierpaolo Masciocchi, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Tecnici24”, 13 aprile 2017)

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(G.U. 19 aprile 2017, n. 91)

Ambiente DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 13 febbraio 2017, n. 31 Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata. (G.U. 22 marzo 2017, n. 68) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - IL COMMISSARIO DEL GOVERNO PER LA RICOSTRUZIONE NEI TERRITORI INTERESSATI DAL SISMA DEL 24 AGOSTO 2016 ORDINANZA 10 marzo 2017 Disciplina delle modalita' di effettuazione delle erogazioni liberali ai fini della realizzazione di interventi per la ricostruzione e ripresa dei territori colpiti dagli eventi sismici. (Ordinanza n. 17). (G.U. 22 marzo 2017, n. 68) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 21 marzo 2017 Interventi urgenti di protezione civile conseguenti agli eccezionali fenomeni meteorologici che hanno interessato il territorio della Regione Abruzzo a partire dalla seconda decade del mese di gennaio 2017. (Ordinanza n. 441). (G.U. 3 aprile 2017, n. 78) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 21 marzo 2017 Ordinanza di protezione civile per favorire e regolare il subentro della Regione Calabria nelle iniziative finalizzate a consentire il superamento della situazione di criticità determinatasi a seguito degli eccezionali eventi meteorologici che nei giorni dal 30 ottobre al 2 novembre 2015 hanno colpito il territorio delle Province di Catanzaro, di Cosenza e di Reggio Calabria. (Ordinanza n. 442). (G.U. 3 aprile 2017, n. 78) DECRETO LEGISLATIVO 17 febbraio 2017, n. 41 Disposizioni per l'armonizzazione della normativa nazionale in materia di inquinamento acustico con la direttiva 2000/14/CE e con il regolamento (CE) n. 765/2008, a norma dell'articolo 19, comma 2, lettere i), l) e m) della legge 30 ottobre 2014, n. 161. (G.U. 4 aprile 2017, n. 79) DECRETO LEGISLATIVO 17 febbraio 2017, n. 42 Disposizioni in materia di armonizzazione della normativa nazionale in materia di inquinamento acustico, a norma dell'articolo 19, comma 2, lettere a), b), c), d), e), f) e h) della legge 30 ottobre 2014, n. 161. (G.U. 4 aprile 2017, n. 79) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 31 marzo 2017

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Ordinanza di protezione civile per favorire e regolare il subentro della Regione Siciliana nelle iniziative finalizzate al superamento della situazione di criticità in conseguenza del grave movimento franoso verificatosi nel comune di Calatabiano il giorno 24 ottobre 2015 e del danneggiamento dell'acquedotto Fiumefreddo, principale fonte idrica del comune di Messina. (Ordinanza n. 443). (G.U. 8 aprile 2017, n. 83) LEGGE 7 aprile 2017, n. 45 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 febbraio 2017, n. 8, recante nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017. (G.U. 10 aprile 2017, n. 84) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE DECRETO 22 marzo 2017 Modifiche dell'Allegato X, parte I, sezione 3, alla parte quinta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in ottemperanza alla decisione di esecuzione 2015/253/UE della direttiva n. 1999/32/CE, sulle modalita' di conduzione dei controlli sul tenore di zolfo nei combustibili marittimi ed il contenuto delle relazioni annuali alla CE. (G.U. 12 aprile 2017, n. 86) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - IL COMMISSARIO DEL GOVERNO PER LA RICOSTRUZIONE NEI TERRITORI INTERESSATI DAL SISMA DEL 24 AGOSTO 2016 ORDINANZA 3 aprile 2017 Modifiche all'ordinanza n. 14 del 16 gennaio 2017, recante: «Approvazione del programma straordinario per la riapertura delle scuole per l'anno scolastico 2017-2018». (Ordinanza n. 18). (G.U. 12 aprile 2017, n. 86) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI DIPARTIMENTO DELLA PROTEZIONE CIVILE ORDINANZA 4 aprile 2017 Ordinanza di protezione civile per favorire e regolare il subentro, senza soluzione di continuità, delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria nelle attività avviate durante la fase di prima emergenza, disciplinate con le ordinanze adottate ai sensi dell'articolo 5, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. (Ordinanza n. 444). (G.U. 13 aprile 2017, n. 87) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - IL COMMISSARIO DEL GOVERNO PER LA RICOSTRUZIONE NEI TERRITORI INTERESSATI DAL SISMA DEL 24 AGOSTO 2016 ORDINANZA 7 aprile 2017 Misure per il ripristino con miglioramento sismico e la ricostruzione di immobili ad uso abitativo gravemente danneggiati o distrutti dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. (Ordinanza n. 19). (G.U. 15 aprile 2017, n. 89) PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - IL COMMISSARIO DEL GOVERNO PER LA RICOSTRUZIONE NEI TERRITORI INTERESSATI DAL SISMA DEL 24 AGOSTO 2016 ORDINANZA 7 aprile 2017 Modifiche all'ordinanza n. 4 del 17 novembre 2016, all'ordinanza n. 8 del 14 dicembre 2016, all'ordinanza n. 9 del 14 dicembre 2016 ed all'ordinanza n. 15 del 27 gennaio 2017. (Ordinanza n. 20). (G.U. 15 aprile 2017, n. 89) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Deliberazione dell'Albo nazionale gestori ambientali del 22 marzo 2017 (G.U. 18 aprile 2017, n. 90)

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Appalti AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE DELIBERA 8 marzo 2017 Linee guida recanti indicazioni sull'attuazione dell'art. 14 del decreto legislativo n. 33/2013, recante: «Obblighi di pubblicazione concernenti i titolari di incarichi politici, di amministrazione, di direzione o di Governo e i titolari di incarichi dirigenziali», come modificato dall'art. 13 del decreto legislativo 97/2016. (Delibera n. 241). (G.U. 24 marzo 2017, n. 70) DECRETO LEGISLATIVO 15 marzo 2017, n. 38 Attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato. (G.U. 30 marzo 2017, n. 75) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 21 marzo 2017 Individuazione delle procedure per il monitoraggio delle infrastrutture ed insediamenti prioritari per la prevenzione e repressione di tentativi di infiltrazione mafiosa e istituzione, presso il Ministero dell'interno, di un apposito Comitato di coordinamento. (G.U. 6 aprile 2017, n. 81) AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE DELIBERA 29 marzo 2017 Regolamento sull'esercizio dell'attività di vigilanza in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi, nonché sul rispetto delle regole di comportamento dei pubblici funzionari. (Delibera n. 328). (G.U. 19 aprile 2017, n. 91) AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE DELIBERA 29 marzo 2017 Regolamento sull'esercizio dell'attività di vigilanza sul rispetto degli obblighi di pubblicazione di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. (Delibera n. 329). (G.U. 19 aprile 2017, n. 91) AUTORITA' NAZIONALE ANTICORRUZIONE DELIBERA 29 marzo 2017 Regolamento sull'esercizio dell'attività di vigilanza in materia di prevenzione della corruzione. (Delibera n. 330). (G.U. 19 aprile 2017, n. 91)

Economia e Fisco MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 14 marzo 2017 Definizione delle modalità per la richiesta del contributo erariale per gli oneri connessi all'estinzione anticipata dei mutui e prestiti obbligazionari. (G.U. 23 marzo 2017, n. 69) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 14 marzo 2017 Dimostrazione della copertura del costo dei servizi per l'anno 2016 per gli enti in condizione di deficitarietà strutturale ed enti equiparati dalla normativa. (G.U. 24 marzo 2017, n. 70)

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MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 21 marzo 2017 Anticipazione ai comuni del rimborso del minor gettito dell'IMU e della TASI derivante dall'esenzione riconosciuta ai fabbricati danneggiati ubicati nelle zone interessate dagli eventi sismici verificatisi a far data dal 24 agosto 2016. (G.U. 24 marzo 2017, n. 70) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 22 marzo 2017 Determinazione del costo globale annuo massimo per le operazioni di mutuo effettuate dagli enti locali. (G.U. 28 marzo 2017, n. 73) DECRETO-LEGGE 27 marzo 2017, n. 36 Proroga di termini relativi alla definizione agevolata dei carichi affidati agli agenti della riscossione. (G.U. 29 marzo 2017, n. 74) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 10 marzo 2017 Rettifica all'allegato del decreto 27 ottobre 2016 concernente l'individuazione, per l'anno 2017, dei contributi annuali che le regioni a statuto ordinario sono tenute a versare all'ARAN, ai sensi dell'articolo 46, commi 8 e 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. (G.U. 29 marzo 2017, n. 74) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 23 marzo 2017 Approvazione delle modifiche agli studi di settore applicabili al periodo d'imposta 2016. (G.U. 31 marzo 2017, n. 76) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 27 marzo 2017 Tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull'usura. Periodo di rilevazione 1° ottobre-31 dicembre 2016. Applicazione dal 1° aprile al 30 giugno 2017. (G.U. 31 marzo 2017, n. 76) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 3 aprile 2017 Utilizzo dell'accantonamento sul Fondo di solidarietà comunale, per l'anno 2016, a seguito di verifiche dei gettiti IMU e TASI. (G.U. 7 aprile 2017, n. 82)

Immobili/Edilizia/Urbanistica/Demanio MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un tratto di ex alveo del rivo Roiano con sovrastanti porzioni di fabbricato, in Trieste. (G.U. 25 marzo 2017, n. 71) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE COMUNICATO Passaggio dal demanio al patrimonio dello Stato di un'area demaniale in prossimità dell'argine del canale Piovego, in Padova. (G.U. 25 marzo 2017, n. 71)

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MINISTERO DELLA DIFESA COMUNICATO Radiazione dal novero delle strade militari, dell'ex strada militare n. 86 «Pozzis - Preone», in Preone e Verzegnis. (G.U. 25 marzo 2017, n. 71) ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA COMUNICATO Indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, relativi al mese di febbraio 2017, che si pubblicano ai sensi dell'articolo 81 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), ed ai sensi dell'articolo 54 della legge del 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica). (G.U. 27 marzo 2017, n. 72) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI COMUNICATO Approvazione del piano di rientro della Regione Piemonte (G.U. 3 aprile 2017, n. 78) MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 31 marzo 2017 Rilevazione dei prezzi medi per l'anno 2015 e delle variazioni percentuali annuali, in aumento o in diminuzione, superiori al dieci per cento, relative all'anno 2016, ai fini della determinazione delle compensazioni dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi. (G.U. 11 aprile 2017, n. 85) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 28 febbraio 2017 Migliore individuazione del perimetro afferente trentadue immobili apportati e/o trasferiti al Fondo immobili pubblici. (G.U. 12 aprile 2017, n. 86) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 28 febbraio 2017 Migliore individuazione del perimetro afferente tredici immobili apportati e/o trasferiti al Fondo Patrimonio Uno. (G.U. 13 aprile 2017, n. 87) AGENZIA DEL DEMANIO DECRETO 12 aprile 2017 Conferma della proprietà dello Stato di taluni beni immobili. (G.U. 19 aprile 2017, n. 91)

Pubblica Amministrazione DECRETO LEGISLATIVO 15 marzo 2017, n. 32 Attuazione della direttiva (UE) 2015/2376 recante modifica della direttiva 2011/16/UE per quanto riguarda lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale. (G.U. 23 marzo 2017, n. 69) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 10 febbraio 2017 Nomina dei componenti del Comitato operativo della protezione civile. (G.U. 23 marzo 2017, n. 69) LEGGE 15 marzo 2017, n. 33

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Delega recante norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali. (G.U. 24 marzo 2017, n. 70) MINISTERO DELLA GIUSTIZIA DECRETO 14 febbraio 2017, n. 34 Regolamento sulle modalità di costituzione delle camere arbitrali, di conciliazione e degli organismi di risoluzione alternativa delle controversie di cui agli articoli 1, comma 3, e 29, comma 1, lettera n), della legge 31 dicembre 2012, n. 247. (G.U. 24 marzo 2017, n. 70) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 13 marzo 2017 Approvazione delle modifiche urgenti alla disciplina del mercato del gas naturale, allegata al decreto 6 marzo 2013. (G.U. 24 marzo 2017, n. 70) DECRETO LEGISLATIVO 15 marzo 2017, n. 35 Attuazione della direttiva 2014/26/UE sulla gestione collettiva dei diritti d'autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l'uso online nel mercato interno. (G.U. 27 marzo 2017, n. 72) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 16 marzo 2017 Approvazione dei modelli unici per la realizzazione, la connessione e l'esercizio di impianti di microcogenerazione ad alto rendimento e di microcogenerazione alimentati da fonti rinnovabili. (G.U. 28 marzo 2017, n. 73) DECRETO LEGISLATIVO 15 marzo 2017, n. 37 Attuazione della direttiva 2014/92/UE, sulla comparabilità delle spese relative al conto di pagamento, sul trasferimento del conto di pagamento e sull'accesso al conto di pagamento con caratteristiche di base. (G.U. 30 marzo 2017, n. 75) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 14 marzo 2017 Determinazione del Fondo sperimentale di riequilibrio per le città metropolitane e le province per l'anno 2017. (G.U. 31 marzo 2017, n. 76) MINISTERO DELL'INTERNO DECRETO 30 marzo 2017 Ulteriore differimento al 30 giugno 2017 del termine per la deliberazione del bilancio di previsione 2017/2019 delle Città metropolitane e delle province. (G.U. 31 marzo 2017, n. 76) MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE DECRETO 14 marzo 2017 Attribuzione degli spazi finanziari, per l'anno 2017, di cui all'articolo 1, commi da 485 a 494 della legge 11 dicembre 2016, n. 232 a favore degli enti locali. (G.U. 1 aprile 2017, n. 77) DECRETO LEGISLATIVO 6 marzo 2017, n. 40 Istituzione e disciplina del servizio civile universale, a norma dell'articolo 8 della legge 6 giugno 2016, n. 106. (G.U. 3 aprile 2017, n. 78)

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MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 11 gennaio 2017 Determinazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico che devono essere perseguiti dalle imprese di distribuzione dell'energia elettrica e il gas per gli anni dal 2017 al 2020 e per l'approvazione delle nuove Linee Guida per la preparazione, l'esecuzione e la valutazione dei progetti di efficienza energetica. (G.U. 3 aprile 2017, n. 78) AGENZIA PER L'ITALIA DIGITALE CIRCOLARE 17 marzo 2017, n. 1/2017 Misure minime di sicurezza ICT per le pubbliche amministrazioni. (Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 1° agosto 2015). (G.U. 4 aprile 2017, n. 79) LEGGE 8 marzo 2017, n. 44 Modifiche alla legge 20 febbraio 2006, n. 77, concernenti la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale immateriale. (G.U. 6 aprile 2017, n. 81) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 17 febbraio 2017 Direttiva recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionali. (G.U. 13 aprile 2017, n. 87) LEGGE 13 aprile 2017, n. 46 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale. (G.U. 18 aprile 2017, n. 90) DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 17 febbraio 2017 Disposizioni per l'attuazione dell'articolo 1, comma 355, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017) - Agevolazioni per la frequenza di asili nido pubblici e privati. (G.U. 18 aprile 2017, n. 90)

Sicurezza MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI DECRETO 8 marzo 2017 Obbligatorietà dei corsi di formazione periodica ai sensi dell'allegato IV del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, per funzionari esaminatori del Dipartimento per i trasporti, la navigazione, gli affari generali ed il personale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. (G.U. 1 aprile 2017, n. 77) MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO DECRETO 17 marzo 2017 Approvazione dell'elenco degli esplosivi, degli accessori detonanti e dei mezzi di accensione riconosciuti idonei all'impiego nelle attività estrattive per l'anno 2017. (G.U. 1 aprile 2017, n. 77, S.O., n. 19) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Classificazione di un prodotto esplosivo (G.U. 6 aprile 2017, n. 81) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO

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Classificazione di un prodotto esplosivo (G.U. 6 aprile 2017, n. 81) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Modifica del decreto di classificazione di alcuni prodotti esplosivi (G.U. 6 aprile 2017, n. 81) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Classificazione di un prodotto esplosivo (17A02450) (G.U. 6 aprile 2017, n. 81) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Modifica del decreto di classificazione di un prodotto esplosivo (G.U. 6 aprile 2017, n. 81) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Modifica del decreto di classificazione di alcuni prodotti esplosivi. (G.U. 6 aprile 2017, n. 81) MINISTERO DELL'INTERNO COMUNICATO Classificazione di taluni prodotti esplosivi (G.U. 6 aprile 2017, n. 81) MINISTERO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE DECRETO 31 marzo 2017 Definizione delle modalità di inserimento di dati relativi a sorgenti connesse ad impianti, sistemi ed apparecchiature radioelettrici per usi civili di telecomunicazioni. (G.U. 18 aprile 2017, n. 90)

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CONDOMINIO e IMMOBILI

Corte di cassazione – Sezione II – Sentenza 21 febbraio 2017 n.4437

NOTA Varchi nel muro, limiti precisi L’apertura di varchi o porte nel muro comune non costituisce, in linea di massima, abuso della cosa comune. Ogni condomino ha diritto di apportare le modifiche che gli consentono un’utilità supplementare rispetto agli altri condòmini. Tale facoltà è concessa a condizione che non venga impedito il concorrente utilizzo del bene comune, che non ne sia alterata la naturale destinazione e che non venga pregiudicata la stabilità e il decoro dell’edificio condominiale. Pertanto, l’apertura di un varco nel muro perimetrale che consenta l’accesso alla proprietà esclusiva di uno dei condòmini o realizzazione di porte (in questo caso la trasformazione da finestra in porta-finestra) o cancelli non costituisce, normalmente, un utilizzo improprio della cosa comune, atteso che non pregiudica la possibilità degli altri condòmini di farne parimenti uso, ferma restando la naturale destinazione del muro perimetrale, la solidità dell’edificio ed il suo decoro. Questo il senso della sentenza della Corte di cassazione (relatore Alberto Giusti), n. 4437/2017. Alla sentenza si è arrivati dopo un contenzioso in cui altri condòmini lamentavano pregiudizio per la stabilità e il decoro dello stabile, oltre all’illegittima appropriazione di parte del muro perimetrale. Le osservazioni della Cassazione riguardano soprattutto una serie di principi che chiariscono aspetti controversi. Anzitutto, la Suprema Corte dice che «secondo la giurisprudenza di questa Corte (...), in tema di condominio, il principio della comproprietà dell’intero muro perimetrale comune di un edificio legittima il singolo condomino ad apportare ad esso (anche se muro maestro) tutte le modificazioni che gli consentano di trarre, dal bene in comunione, una peculiare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini (e, quindi, a procedere anche all’apertura, nel muro, di un varco di accesso ai locali di sua proprietà esclusiva), a condizione di non impedire agli altri condomini la prosecuzione dell’esercizio dell’uso del muro - ovvero la facoltà di utilizzarlo in modo e misura analoghi - e di non alterarne la normale destinazione e sempre che tali modificazioni non pregiudichino la stabilità ed il decoro architettonico del fabbricato condominiale». Con l’importante precisazione per cui «l’apertura di varchi e l’installazione di porte o cancellate in un muro ricadente fra le parti comuni dell’edificio condominiale, eseguite da uno dei condomini per creare un nuovo ingresso all’unità immobiliare di sua proprietà esclusiva, non integrano, di massima, abuso della cosa comune suscettibile di ledere i diritti degli altri condomini, non comportando per costoro una qualche impossibilità di far parimenti uso del muro stesso ai sensi dell’art. 1102, primo comma cod. civ., e rimanendo irrilevante la circostanza che tale utilizzazione del muro si correli non già alla necessità di ovviare ad una interclusione dell’unità immobiliare al cui servizio il detto accesso è stato creato, ma all’intento di conseguire una più comoda fruizione di tale unità immobiliare da parte del suo proprietario».

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Nel caso specifico è stato accertato come l’ampliamento della varco esistente, trasformato da finestra in porta carraia, ha costituito un mero uso più intenso della cosa comune che non impedisce agli altri comproprietari il concorrente utilizzo, e ciò in assenza di significativa alterazione del decoro. Anche alla luce del fatto per cui autore delle opere era il solo condomino che effettivamente poteva utilizzare più intensamente il muro perimetrale, essendo il proprietario esclusivo del vano prospicente l’originaria finestra. (Paolo Accoti, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano del Diritto”, 11 aprile 2017)

EDILIZIA e URBANISTICA

Corte d'appello di Palermo - Sezione IV penale - Sentenza 12 gennaio 2017 n. 59

NOTA Parere postumo non salva dall’abuso Le costruzioni edilizie realizzate in zone sismiche in assenza dell'autorizzazione da parte dell'Ufficio del genio civile competente integrano sempre il reato di abuso edilizio, anche in caso di successivo rilascio da parte dell'ente del parere favorevole che attesti la rispondenza della costruzione alla normativa antisismica. Il rilascio postumo del parere, infatti, non elide l'antigiuridicità penale della condotta in quanto la normativa è finalizzata a garantire l'esercizio del controllo preventivo dell'Amministrazione. (Andrea A. Moramarco, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Quotidiano del Diritto”, 6 aprile 2017)

Consiglio di Stato – Sentenza 2 febbraio 2017, n. 602

NOTA Titoli abilitativi. I chiarimenti dei giudici amministrativi sul ristoro del danno determinato dal diniego della licenza a costruire Il danneggiato da un illegittimo provvedimento di diniego al rilascio di un permesso di costruire, per ottenere il risarcimento del danno, non deve puntualmente provare la colpa della pubblica amministrazione. Lo ha chiarito il Consiglio di Stato aggiungendo con la sentenza del 2 febbraio scorso (la n. 602) un altro importante tassello alla giurisprudenza in materia di risarcimento del danno causato dall’ illegittimo diniego di un permesso di costruire. L’articolo 20 del Testo unico edilizia nella formulazione ad oggi in vigore prevede che, se il responsabile dell’ufficio tecnico del Comune non oppone motivato diniego entro i termini stabiliti dalla legge, la domanda di permesso di costruire viene accolta per silenzio-assenso. Gli uffici comunali, per garantire l’effettività della loro vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia e consentire che l’attività edilizia venga svolta sulla base di un titolo idoneo a generare un adeguato affidamento nei confronti dell’operatore, dovrebbero dunque esperire le proprie valutazioni e rilasciare, entro i termini di legge, un titolo espresso. Nelle operazioni di riqualificazione immobiliare complesse, può accadere che l’organizzazione degli uffici pubblici non sia tale da garantire lo svolgimento delle articolate indagini tecniche necessarie entro i tempi di legge, con l’effetto che l’amministrazione, a fronte di criticità di natura tecnica non ancora debitamente approfondite, può assumere provvedimenti di diniego che, ad un vaglio di legittimità e a fronte di una istruttoria compiuta e di dettaglio, si rivelano poi illegittimi. L’operatore subisce così rilevanti danni e ritardi e per veder soddisfatta la propria legittima pretesa di merito e risarcitoria, è costretto a intraprendere la via del ricorso giurisdizionale. Con sentenza 602/2017 depositata lo scorso 2 febbraio 2017, il Consiglio di Stato ha in particolare confermato l’orientamento secondo il quale «la struttura dell’illecito extracontrattuale della pubblica

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amministrazione non diverga dal modello generale delineato dall’articolo 2043 del Codice civile.». Dunque, sono elementi costitutivi dell’illecito della Pa, da provare in giudizio: l’elemento «soggettivo», ossia dolo o colpa, il «nesso di causalità», inteso quale rapporto che lega l’evento dannoso e il comportamento della Pa; il danno ingiusto, ossia la lesione patita rispetto a una situazione giuridica protetta dall’ordinamento giuridico. Quanto alla prova dell’elemento soggettivo, il Consiglio di Stato ha in ogni caso ribadito che, diversamente da quanto normalmente accade in sede civile, ai fini del risarcimento del danno derivante da provvedimento amministrativo illegittimo, il privato «può limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo della colpa, mentre resta a carico dell’amministrazione l’onere di dimostrare che si è trattato di un errore da ritenersi “scusabile” secondo una valutazione complessiva dell’intera vicenda». Questa regola giurisprudenziale tiene conto della strutturale «disparità delle armi fra le parti» nel giudizio intentato da un privato nei confronti di una Pa. Al danneggiato non è dunque richiesto un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa dell’amministrazione, potendo limitarsi ad allegare l’illegittimità dell’atto. Spetta a questo punto all’amministrazione dimostrare, se del caso, di essere incorsa - appunto - in quell’errore scusabile che, secondo giurisprudenza consolidata, si verifica in presenza di; contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione della norma; formulazione ambigua delle disposizioni da applicarsi; oggettiva complessità della situazione di fatto, come potrebbe essere nel caso di progetti particolarmente rilevanti o di valutazioni tecniche molto delicate; comportamento delle parti del procedimento (si vedano per tutte, le sentenze del Consiglio di Stato, 5846/2012 e 1468/ 2013). In tale ottica, rilasciare provvedimenti di diniego che non siano fondati su un’istruttoria completa e puntuale si può rivelare particolarmente rischioso per i Comuni, che a distanza di qualche anno potrebbero dover risarcire ingenti somme agli operatori privati. 01 Le prove richieste al privato Al danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo non è richiesto un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa dell’amministrazione poiché può limitarsi ad allegare l’illegittimità dell’atto. Ai fini della prova dell’elemento soggettivo vanno applicate le regole di comune esperienza e la presunzione semplice (articolo 2727 del Codice civile). Spetta poi all’amministrazione provare se si è trattato di un errore scusabile. Consiglio di Stato, sezione IV, 2 febbraio 2017, n.602 02 Errore scusabile e difesa della PA L’errore è scusabile in caso di: contrasti giurisprudenziali nell’interpretazione di una norma; formulazione incerta od oscura di una norma di recente entrata in vigore; complessità oggettiva della fattispecie; comportamenti rilevanti di altri soggetti; dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata successiva all’emanazione dell’atto contestato. Consiglio di Stato, sezione IV, 12 febbraio 2010, n.785 03 Le responsabilità del danneggiato Il comportamento omissivo colposo del danneggiato sussiste, ogni volta che tale inerzia, contraria a diligenza, abbia concorso a produrre l’evento lesivo in suo danno. Va però precisato che la regola contenuta nell’articolo 1227, comma 1 del Codice civile non è espressione del principio di auto responsabilità, quanto piuttosto un corollario del principio di causalità, per cui al danneggiante non può far carico quella parte di danno che non è a lui causalmente imputabile; con la conseguenza che la colpa ex articolo 1227, comma 1 del Codice civile deve essere intesa non come criterio di imputazione, ma come requisito legale della rilevanza causale del fatto del danneggiato (Cassazione civile, Sezioni unite, sentenza 21 novembre 2011, n. 24406) Consiglio di Stato, sezione V, decisione del 9 ottobre 2013, n. 4968 04 La Fondatezza della richiesta di risarcimento Il risarcimento presuppone un giudizio prognostico sulla fondatezza o meno dell’istanza, in funzione dell’esigenza di accertare se il pretendente fosse titolare non già di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, ma di una situazione soggettiva di oggettivo affidamento circa la sua favorevole conclusione. Corte di Cassazione, sezione III civile, 11 febbraio 2005, n.2705

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05 Come tutelare l’interesse legittimo Anche il risarcimento conseguente a lesione di interesse legittimo pretensivo è subordinato, pur nell’ipotesi che si sia in presenza di tutti i requisiti dell’illecito (condotta, colpa, nesso di causalità, evento dannoso), alla dimostrazione, secondo un giudizio di prognosi formulato ex ante, che l’aspirazione al provvedimento fosse destinata ad esito favorevole, quindi alla dimostrazione, ancorché fondata con il ricorso a presunzioni, della spettanza definitiva del bene collegata a tale interesse; ma tale giudizio prognostico non è consentito se questa aspettativa è molto aleatoria. Consiglio di Stato, sezione V, decisione del 27 gennaio 2016, n.265 (Simone Pisani, Guido Inzaghi, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Norme e Tributi”, 3 aprile 2017)

PROFESSIONE

TAR Puglia – Sede Lecce – Sentenze 8 marzo 2017

NOTA Competenze professionali su immobili vincolati: il TAR "ridimensiona" la riserva a favore degli architetti Se il bando di gara si risolve in una mera ingegnerizzazione del progetto, anche gli ingegneri vi devono poter partecipare. Un’annosa questione La querelle in materia di attività professionale sui beni immobili sottoposti a tutela appartenenti al patrimonio artistico, che ha visto confrontarsi – e fronteggiarsi – per anni ingegneri ed architetti, sembrava essersi definitivamente composta con la sent. n. 21 del 9 gennaio 2014 resa dal Consiglio di Stato su due ricorsi riuniti in appello e promossi, l’uno, dal Ministero per i beni e le attività culturali (accolto), l’altro, dall’Ordine degli ingegneri delle Province del Veneto (respinto). Entrambi i ricorsi, sia pure variamente articolati in ordine ai motivi di censura, avevano ad oggetto delle controversie sorte in relazione alla legittimità di alcune determinazioni amministrative le quali avevano, in sostanza, escluso gli ingegneri dal conferimento di incarichi afferenti la direzione dei lavori da eseguirsi su immobili di interesse storico-artistico; ed entrambi i ricorsi riproponevano, sempre «con prospettazione asimmetrica in ragione delle contrapposte posizioni delle parti processuali», la questione della compatibilità con la disciplina comunitaria della normativa italiana che riserva ai soli architetti le prestazioni principali sugli immobili di interesse culturale (art. 52, R.D. 2537 del 23 ottobre 1925). Si rammenta che il regolamento per le professioni d’ingegnere e di architetto, di cui al citato decreto, stabilisce al comma 2 dell’art. 52 che «[…] le opere di edilizia civile che presentano rilevante carattere artistico ed il restauro e il ripristino degli edifici contemplati dalla legge 364 del 20 giugno 1909, per l’antichità e le belle arti, sono di spettanza della professione di architetto; ma la parte tecnica ne può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere». Ebbene, il Consiglio di Stato, con la sent. n. 21/2014, aveva essenzialmente confermato un orientamento già emerso, che, in materia di attività su immobili vincolati, riserva agli architetti la parte di edilizia civile, riconoscendo comunque agli ingegneri la possibilità di prestare la propria attività relativamente alla parte tecnico-strutturale dei medesimi immobili: «la parziale riserva di cui al più volte richiamato art. 52 non riguarda la totalità degli interventi concernenti immobili di interesse storico e artistico, ma inerisce alle sole parti di intervento di edilizia civile che implichino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita dagli architetti nell’ambito delle attività di restauro e risanamento di tale particolarissima tipologia di immobili. […] Tuttavia (e si tratta di una notazione dirimente ai fini della presente decisione) non può negarsi che

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la richiamata riserva operasse in relazione alle attività all’origine di fatti di causa, il cui contenuto essenziale e certamente prevalente riguardava – appunto – scelte connesse al restauro, al risanamento e al recupero funzionale di un immobile sottoposto a vincolo storico-artistico, sì da giustificare certamente sotto il profilo sistematico e funzionale la richiamata riserva. Non può, pertanto, essere condivisa la tesi degli Ordini appellanti secondo cui l’attività di direzione dei lavori nel caso di specie potesse essere ricondotta alle attività di mero rilievo tecnico, in quanto tali esercitabili anche dai professionisti ingegneri» (Il Consiglio di Stato aveva altresì sottoposto alla Corte di giustizia dell’Unione Europea una serie di questioni pregiudiziali, dal momento che la controversia nazionale aveva sollevato un profilo ulteriore, relativo alla presunta discriminazione, secondo la ricostruzione dell’Ordine degli ingegneri, che la riserva in favore degli architetti sugli immobili vincolati avrebbe determinato in danno degli ingegneri italiani anche rispetto ai loro colleghi stranieri (in riferimento alla direttiva 85/384/CEE del 10 giugno 1985, concernente il reciproco riconoscimento dei diplomi, certificati ed altri titoli del settore dell'architettura e comportante misure destinate ad agevolare l'esercizio effettivo del diritto di stabilimento e di libera prestazione di servizi). I giudici comunitari avevano chiarito, tra le altre cose, che «ove, in applicazione della normativa comunitaria, dovesse porsi all’interno dell’ordinamento giuridico italiano un problema di discriminazione in danno della sola categoria degli ingegneri italiani, esclusi da attività riservate agli architetti, cui hanno invece accesso i professionisti migranti di altri Stati membri in virtù della ricordata direttiva, si potrebbe porre un problema di discriminazione alla rovescia in danno dei soli cittadini»; il Consiglio di Stato aveva invece respinto la «paventata ipotesi di “discriminazione alla rovescia”» delle norme italiane, osservando che «paradossalmente, esaminando gli elenchi nazionali di cui al richiamato art. 11 [della direttiva], è proprio il caso italiano dei professionisti in possesso del diploma di “laurea in ingegneria” nel settore della costruzione civile (e nondimeno abilitati per il diritto italiano all’esercizio di una professione indipendente di una professione nel settore dell’architettura) a presentare (al pari dei richiamati casi belgi, portoghesi e greci) possibili profili di vantaggio in favore dei professionisti nazionali, con potenziali effetti distorsivi in danno degli ingegneri di altri Paesi dell’UE la cui normativa nazionale di riferimento non consenta agli ingegneri di conseguire una analoga abilitazione»). La decisione del Tribunale salentino Dunque, in fatto di competenze su edifici vincolati, eravamo qui: la recente pronuncia del TAR di Lecce, con cui è stato accolto il ricorso promosso dall’Ordine degli ingegneri della provincia di Lecce contro uno dei comuni dell’area, parrebbe tuttavia riaprire in qualche maniera la questione. Al centro dell’impugnazione l’Avviso pubblico bandito dal comune medesimo, e concernente l’affidamento dei servizi professionali di progettazione definitiva ed esecutiva, direzione lavori e coordinamento della sicurezza nella fase progettuale ed esecutiva per la riqualificazione di alcune vie del centro storico cittadino, nella parte in cui indicava (art. 7) quale requisito di idoneità l’“Iscrizione nell’Albo professionale degli Architetti, giusto decreto MiBAC del 29 dicembre 2011”: i ricorrenti lamentavano infatti l’illegittimità dell’atto impugnato, in quanto esso impediva, in maniera del tutto immotivata, agli iscritti all’Albo degli Ingegneri di concorrere per l’aggiudicazione della gara in questione; rilevavano in particolare che “qualsiasi intervento da eseguire su beni di interesse storico artistico, anche di natura impiantistica e/o strutturale, ovvero nell’ipotesi in cui il progetto rappresenta una mera ingegnerizzazione di puntuali prescrizioni, sarebbe di pertinenza degli architetti. Nella specie, non solo il progetto preliminare era stato redatto da un ingegnere, ma la Soprintendenza, nell’esaminare tale progetto e nell’imporre la riserva professionale aveva specificato tutte le modalità di scelta dei materiali e la loro tipologia, sicché i servizi tecnici da appaltare non richiedevano scelte culturali riservate alla competenza degli architetti, bensì attività di mera ingegnerizzazione di scelte tecniche operate a monte”. Il TAR Lecce, dopo aver ribadito il consolidato principio di diritto, qui già richiamato, secondo il quale «la parziale riserva di cui al più volte richiamato art. 52 non riguarda la totalità degli interventi concernenti immobili di interesse storico e artistico, ma inerisce alle sole parti di intervento di edilizia civile che implichino scelte culturali connesse alla maggiore preparazione accademica conseguita

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dagli architetti nell’ambito delle attività di restauro e risanamento» (Cons. Stato, sent. n. 21/2014), si sofferma proprio sul contenuto del parere reso dalla Sopraintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Province di Brindisi Lecce e Taranto, la quale aveva riservato perentoriamente l’intervento alla competenza esclusiva degli architetti: la locale Sopraintendenza – conferma il giudice – aveva definito, in maniera assolutamente analitica ed esaustiva, «ogni possibile profilo di tutela degli aspetti culturali dell’opera in progetto», poiché aveva dettagliatamente predeterminato «il modo di esercizio dell’opera, i materiali da utilizzare, i recuperi di materiali da effettuare, la modalità di allocazione dei veicoli da ospitare a parcheggio ecc.». Pertanto, in ragione di un intervento così compiuto ed approfondito della Sopraintendenza sull’opera in progetto, la conseguente attività oggetto della gara ha finito per concretizzarsi «in una mera ingegnerizzazione del progetto stesso», la quale non prevede, in definitiva, il compimento di scelte che non rientrino nell’ordinaria competenza professionale di un ingegnere. Vista la tipologia dell’intervento come definito nel caso di specie, il TAR ha dunque reputato irragionevole ed illegittima la determinazione che aveva circoscritto la partecipazione alla gara ai soli iscritti all’Albo degli Architetti, con esclusione dei professionisti iscritti all’Albo degli Ingegneri. I primi commenti Positiva la reazione del vice presidente vicario del Consiglio nazionale degli ingegneri, Gianni Massa, il quale ha ulteriormente sottolineato che «Occorre fare un deciso salto di qualità e tutti insieme cercare di comprendere che non si può più ragionare ed agire per compartimenti stagni. L’integrazione delle competenze e la multidisciplinarietà sono elementi fondamentali per l’avvenire delle nostre attività, e chi non se ne farà una ragione sarà tagliato fuori dal mercato. Ogni professionista deve essere in grado di operare su molteplici livelli». Del resto, questa sentenza arriva dopo nuove, recentissime polemiche: è dello scorso gennaio la lettera inviata dal Presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori, Giuseppe Cappochin al Ministro dei Beni e delle Attività culturali, Dario Franceschini, con la quale si chiedeva di «Valutare la possibilità di un annullamento in autotutela della nomina del Sovrintendente Speciale aree Sisma Centro Italia – assegnato recentemente ad un ingegnere – e nominare, invece, per tale incarico un Dirigente o un Funzionario Architetto. Appare inconcepibile – proseguiva Cappochin – che un Ministero, che dovrebbe tutelare e garantire messa in sicurezza, consolidamento e restauro di beni culturali affidi tali attività a ingegneri che non posseggono le adeguate competenze professionali che sono, invece, proprie della figura di architetto». Nella lettera si richiamavano poi sia le previsioni dell’art. 52 del R.D. 2537/1925, affermandosi che la «Parte tecnica che [può essere compiuta tanto dall’architetto quanto dall’ingegnere] risulta del tutto residuale poiché le ulteriori lavorazioni strutturali ed impiantistiche rientranti nell’edilizia civile propriamente intesa necessitano sempre e comunque della verifica professionale dell’architetto», sia l’arresto della citata sentenza del Consiglio di Stato 21/2014 «che riconosce agli architetti la competenza esclusiva anche riguardo alla “parte tecnica” degli immobili vincolati». I Tribunali saranno nuovamente chiamati a pronunciarsi sulle competenze professionali? Le reciproche posizioni, non proprio orientate ad una visione collaborativa, non sembrano lasciare ben sperare. (Marta Jerovante, Il Sole 24 ORE – Estratto da “In Dettaglio”, Edizione 4/2017)

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Il solaio in condominio, come si ripartiscono le spese? (Ivan Meo, Il Sole 24 ORE – Estratto da “Consulente Immobiliare”, Edizione del 15 aprile 2017, n. 1019 pag. 654-661) Per ogni tipologia di spesa, vediamo qual è la ripartizione delle spese in condominio per il rifacimento e la manutenzione del solaio e la giurisprudenza più frequente. Brevi cenni sull’evoluzione normativa Il vecchio codice civile del 1865 si occupava dei solai all’art. 562, comma 3, dove stabiliva che «il proprietario di ciascun piano o porzione di esso fa e mantiene il pavimento su cui cammina, le volte, i solai e i soffitti che coprono i luoghi di sua proprietà». La norma individuava la struttura di separazione dei piani in due strati ponendo il pavimento a carico del proprietario dell’unità soprastante; la volta, il solaio, il soffitto a carico del proprietario dell’unità sottostante. La disposizione non fu trasfusa nel R.D.L 548 del 15 gennaio 1934, ma, con l’approvazione del codice civile del 1942 (1), fu inserito l’art. 1125 cod. civ. che stabilisce: «le spese per la manutenzione e ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute in parti eguali dai proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l’intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto». La norma, rispetto al precedente articolo, distingue la struttura di separazione dei piani in tre strati:

1. il pavimento (a carico del proprietario dell'unità soprastante);

2. il soffitto, la volta, il solaio (a carico dei due proprietari in egual misura);

3. l ’ intonaco, la tinta, la decorazione del soffitto (a carico del proprietario dell'unità sottostante).

Secondo la dottrina (2) l'art. 1125 cod. civ. statuisce il seguente principio: «le opere di separazione del fondo inferiore da quello sovrastante sono a carico, per quanto riguarda le relative spese, dei proprietari dei due piani. Solo la copertura del pavimento grava sul proprietario superiore, così come l'altro condomino si deve accollare le spese per l'intonaco, la tinta, la decorazione del soffitto». Per cui: «i soffitti, le volte dei solai sono comuni ai proprietari dei due piani sovrastanti, che il confine fra questi passa sulla linea mediana orizzontale del soffitto o volta o solaio, e che, infine, il pavimento appartiene al proprietario del piano superiore e l'intonaco a quello del piano inferiore» (3). La struttura di separazione, prevista dall’art. 1125 cod. civ., è quella compresa tra i due piani sovrapposti, quindi l’esistenza del solaio presuppone che al di sopra e al di sotto di esso esistano due porzioni di piano. Derogabilità della norma La norma in esame è caratterizzata dalla naturale derogabilità che concerne tutte le disposizioni riguardanti la ripartizione delle spese (4). Detta derogabilità trova il suo fondamento nella manifestazione di una diversa volontà espressa dai soggetti interessati talché essi possono addivenire ad un accordo sul loro rispettivo diritto e determinare convenzionalmente, oltre ai lavori da eseguire, anche chi debba sostenere la spesa. Conseguentemente, solo in caso di mancanza di tale accordo trova applicazione il criterio indicato dall’art. 1125 cod. civ. Anche il regolamento condominiale,

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naturalmente, ove abbia carattere contrattuale e sia conseguenza vincolante nei confronti di tutti i partecipanti al condominio più stabilire, con apposita clausola, una differente ripartizione delle spese. Tuttavia, si osserva (5) che raramente i regolamenti di cui sopra intervengono per una diversa disciplina della materia, mentre può essere molto più frequente che sopravvengono degli appositi accordi tra le parti interessate. Va ancora osservato che l’art. 1125 cod. civ. trova applicazione esclusivamente nell’ipotesi in cui le opere di manutenzione e ricostruzione siano state rese necessarie da un degrado naturale della struttura o comunque per riparare a eventuali danni non causati – come a momenti detto – da un comportamento colpevole ascrivibile a uno dei due proprietari interessati. A maggior ragione la norma non è invocabile quando i lavori siano stati eseguiti semplicemente per soddisfare l’esigenza di uno dei due condomini di migliorare lo stato della propria abitazione (6). Il solaio di copertura Va innanzitutto puntualizzato che l'art. 1125 cod. civ., utilizzando la locuzione di “volte, soffitti e solai” non si riferisce specificamente solo a tali manufatti, ma ricomprende qualsiasi opera, in quanto stabilmente incorporata nell'edificio, sia destinata a dividere due proprietà in maniera orizzontale (Cass., sent. n. 1319/1969). Pertanto, sono del tutto indifferenti le relative modalità costruttive, tanto che, per quanto riguarda i “solai”, è del pari irrilevante che siano realizzati “a volta” oppure “a travi”; difatti, con riferimento a tale aspetto, è stato specificamente precisato che la norma si riferisce a “tutte le strutture che hanno una funzione di sostegno e di copertura” (Cass., sent. n. 505/1969). Premesso quanto esposto, dal punto di vista condominiale, dal disposto della norma, sembrerebbe che l'art. 1125 cod. civ. poco riguarda il condominio, e si riferisce, invece, a un bene (volta, soffitto o solaio) che è in comproprietà indivisa tra i proprietari dei due piani contrapposti. In tali condizioni, infatti, ogni decisione (e anche spesa) riguarda solo tali singoli condomini. Tuttavia può accadere, però, che il condominio torni a essere interessato dalla fattispecie nel caso in cui, per esempio, il solaio sia sovrastante a un locale. Nella generalità dei casi le spese che riguardano i beni comuni devono essere ripartite tra tutti i condomini sulla base della tabella millesimale relativa alla proprietà; ma, nella determinazione del criterio di riparto di tali spese, è necessario considerare anche l'utilità derivante dal bene comune. In forza di tale principio, ne consegue che le spese per la riparazione del lastrico-giardino condominiale, che funge anche da solaio a una sottostante autorimessa, vanno ripartite secondo il criterio previsto dall'art. 1125 cod. civ., attribuendone, così, la metà al proprietario del suddetto locale. È innegabile, infatti, che in tale circostanza il giardino pensile è utilizzato da tutti i condomini quale area verde, ma esso riveste contemporaneamente anche l'importante funzione di riparo e copertura dell'autorimessa, funzione che non può considerarsi secondaria (Trib. Roma, sent. 19 febbraio 2006). E ancora, conformemente al ragionamento esposto, in giurisprudenza di legittimità è stato evidenziato che nel caso in cui il solaio di copertura di autorimesse (o di altri locali interrati) in proprietà singola svolga anche la funzione di consentire l'accesso all'edificio condominiale, non si ha una utilizzazione particolare da parte di un condomino rispetto agli altri, ma una utilizzazione conforme alla destinazione tipica (anche se non esclusiva) di tale manufatto da parte di tutti i condomini. Ove, poi, il solaio funga da cortile e su di esso vengano consentiti il transito o la sosta degli autoveicoli, è evidente che a ciò è imputabile in maniera preponderante il degrado della pavimentazione, per cui sarebbe illogico accollare per un terzo le spese relative alle necessarie riparazioni, ai condomini dei locali sottostanti. Sussistono allora le condizioni per una applicazione analogica dell'art. 1125 cod. civ., che stabilisce che le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei soffitti, delle volte e dei solai sono sostenute, in via generale, in parti eguali dai proprietari dei due piani l'uno all'altro sovrastanti, restando a carico del proprietario del piano superiore la copertura del pavimento e a carico del proprietario del piano inferiore l'intonaco, la tinta e la decorazione del soffitto: tale disposizione, infatti, accolla per intero le spese relative alla manutenzione di una parte di una struttura complessa (il pavimento del piano superiore) a chi con l'uso esclusivo della stessa determina la necessità di tale manutenzione, per cui sì può dire che costituisce una applicazione particolare del principio dettato dall'art. 1123, comma 2, cod. civ. (Cass. civ., sent. 19 luglio 2011, n. 15841). Seguendo tale ragionamento, secondo altra pronuncia di merito, in caso di copertura dei box, pagano i proprietari e il condominio.

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Per meglio dire, nel caso esaminato dal tribunale di Trento (Trib. Trento, 1 aprile 2014, n. 417), non si aveva una utilizzazione particolare del solaio di copertura da parte di un condomino rispetto agli altri, ma una utilizzazione conforme alla destinazione tipica, anche se non esclusiva, di tale manufatto da parte di tutti i condomini. L'area era infatti utilizzata da questi ultimi sia come parcheggio, sia per andare alle proprie unità immobiliari, ma rivestiva contemporaneamente la funzione di riparo e copertura del l'autorimessa. Di conseguenza è stato ribadito che «le spese necessarie per la manutenzione e il rifacimento dell'area condominiale adibita a parcheggio che svolge anche la funzione di copertura dei box sottostanti vanno sostenute in parti uguali dal condominio e dai proprietari delle sottostanti proprietà esclusive». Il particolare caso di copertura di una sola unità immobiliare In tema di copertura di un condominio, giova ricordare che in base all'art. 1117 cod. civ., il lastrico di copertura, se il contrario non risulta dal titolo, si presume di proprietà comune a tutti i condomini sottostanti; tuttavia, l'applicazione di tale norma presuppone che si abbia chiaro il concetto di copertura di un edificio: la copertura, infatti, sia essa in forma di lastrico, calpestabile o meno, sia essa in forma di semplice solaio, piano o inclinato, sia essa in forma di tetto, è essenzialmente quella opera non avente altra funzione che quella di proteggere l'edificio dagli agenti atmosferici (App. Firenze, 4 febbraio 2009). Premesso quanto esposto, nel caso di copertura di una sola unità immobiliare, in tale situazione, la consequenziale logica porterebbe a propendere verso una suddivisione della spesa, per metà a carico del proprietario della terrazza/lastrico, e per l’altra metà a carico del proprietario dell’immobile sottostante in virtù del principio di cui all’art. 1125 cod. civ. in materia di soffitti e solai divisori tra piani. Tuttavia, in questo ambito, la giurisprudenza è di diverso avviso; infatti, è irrilevante il numero dei condomini che usufruiscono dell’utilità di copertura fornita dal lastrico solare in quanto, la quantità delle porzioni di piano coperte è del tutto indifferente ai fini della partecipazione ai costi. Va da sé che tale impostazione comporta, ovviamente, l’attribuzione ai pochi condomini coperti di una quota di spesa assai rilevante. In particolare, la Cassazione, ha affermato che la norma dell’art. 1126 cod. civ. distingue il condomino che ha la proprietà o l’uso esclusivo dagli altri condomini, perché pone a suo carico un terzo della spesa e gli altri due terzi a carico dei condomini della parte di edificio a cui il lastrico (o terrazza) serve; e con tale espressione limitativa, il legislatore si è chiaramente riferito alla sola funzione di copertura e, quindi, ai soli condomini, proprietari di unità immobiliari sottostanti, che da esso unicamente questa utilità traggono (Cass., sent. 9 novembre 2001, n. 13858). Dalle considerazioni innanzi esposte, si riviene che non si può applicare l’art. 1125 cod. civ. (applicabile solo alla manutenzione dei solai e delle volte) in quanto non sarebbe estensibile alla riparazione o rifacimento della terrazza a livello, neanche se ad essa sia sottoposto un solo locale poiché la funzione di copertura, in questo caso, non viene meno (Cass., sent. 15 luglio 2003, n. 11029). Di conseguenza, con tale pronuncia, la giurisprudenza ha optato per l’ipotesi (ex art. 1126 cod. civ.), accollando al proprietario sottostante i 2/3 dei costi di manutenzione della struttura di copertura. Il solaio interpiano La ragione per la quale il codice pone in capo al proprietario soprastante e a quello sottostante le spese inerenti il solaio tra le due unità immobiliari si rinviene nelle funzioni che questa struttura edilizia svolge, ovvero quella di:

1. separazione orizzontale dei piani del fabbricato (7) ;

2. sostegno del piano superiore e di copertura del piano inferiore.

Per questi motivi le relative spese sono poste in capo ai beneficiari esclusivi, in quanto il manufatto esprime una utilità ad esclusivo beneficio dei due proprietari delle unità separate, ed è comune soltanto a questi che ne traggono l’utilità strumentali (separazione, copertura e sostegno) e consentono, a ciascuno dei due proprietari, il godimento della propria porzione in proprietà esclusiva. Il solaio, che separa e divide il piano sovrastante da quello sottoastante, appartenente a diversi proprietari, deve ritenersi – salvo patto contrario – di proprietà comune tra i proprietari dei due piani

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in quanto costituisce una inscindibile struttura divisoria tra le due proprietà, con utilità uguale ed inseparabile per le medesime e correlative inultilità per gli al eventuali condomini (Cass., sent. n. 3178/1991). Sulla tipologia di solaio interpiano è opportuno distinguere due ipotesi:

1. solaio che si compone di una struttura che svolge funzione portante del solaio medesimo (8);

2. solaio che si compone di una struttura che, essendo inscindibilmente integrata nell’ossatura dell’edificio, svolge funzione portante del solaio medesimo e anche dell’intero edificio sotto il profilo della staticità (9).

Nel primo caso, salvo prova del contrario, il solaio sarà di proprietà comune dei proprietari dei due piani, in quanto costituisce una inscindibile struttura divisoria tra le due proprietà (Cass., Sez. II, sent. 12 ottobre 2000, n. 13606). Nella seconda ipotesi, si afferma: «le spese per la manutenzione e la ricostruzione dei solai, inerenti ad interventi che concernano il corpo di fabbrica interessato nelle sue strutture comuni, non si ripartiscono in parti uguali fra i proprietari dei due piani l’uno all’altro sovrastanti» (App. Milano, Sez. I, sent. 13 dicembre 1988, n. 457). Ma è pur vero che «nelle costruzioni moderne, il solaio è costituito da una struttura che può essere di cemento o di metallo e che serve non solo a separare orizzontalmente i piani di un fabbricato, ma assume funzione portante, essendo formato da laterizi disposti su travi di ferro o di cemento armato, sostenuti da travetti che si scaricano sui muri maestri. Esso non è necessario soltanto per dividere i due piani, ma forma parte integrante dell’ossatura dell’edificio e, sotto questo aspetto, si deve considerarlo come comune a tutti i condomini» (10). Pertanto, si piò affermare che il solaio interpiano, composto da una struttura che svolge funzione portante del solaio medesimo e anche dell’intero edificio, sotto il profilo della staticità, sia oggetto di proprietà comune di tutti i proprietari esclusivi e che le spese per la manutenzione e la ricostruzione di quel solaio gravino in capo a tutti (11).

TIPOLOGIE DI SOLAIO

TIPO FUNZIONE

Divisorio/Interpiano

II solaio “divisorio” o “interpiano”, divide due unità abitative, l'una all'altra sovrapposta, formando una struttura comune delle due unità, l’uno sovrastante all’altro (Cass., sent. 12 ottobre 2000, n. 13606). Tale tipo di solaio, deve ritenersi, salva prova contraria, di proprietà comune, costituendo l'inscindibile struttura divisoria tra le due strutture immobiliari, con utilità ed uso eguale e inseparabile per le medesime, sì che la manutenzione e ricostruzione di tutte le sue parti - e, quindi, anche delle travi che ne costituiscono la struttura portante, e non siano meramente decorative del soffitto dell'appartamento sottostante - compete in parti eguali ai due proprietari. (Cass., sent. n. 13606/2000). Il solaio, assolve alla duplice funzione di sostegno del piano superiore e di copertura di quello inferiore, mentre gli spazi pieni o vuoti che accedano al soffitto od al pavimento, e non siano essenziali all'indicata struttura (nella specie, conglomerato cementizio per sottofondo di pavimentazione e protezione termica), rimangono esclusi dalla comunione e sono utilizzabili rispettivamente da ciascun proprietario nell'esercizio del suo pieno ed esclusivo diritto dominicale (nella specie, per la collocazione di tubi di raccordo di servizi).(Cass., sent. n. 2868/1978). Lo spazio intercorrente tra le travi e la soletta non è comune perchè questo spazio non fa parte integrante del solaio e dunque non è in comunione tra i due appartamenti, l’uno sovrastante all’altro. (Cass. sent. n. 3893/2017). L’attribuzione del diritto sui solai divisori non scaturisce, dunque, dalla

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funzione di limite delle proprietà rispettive, ma si fonda sulla necessità strutturale e funzionale - nei confronti delle distinte unità immobiliari - di sostegno dell’appartamento sovrastante e di copertura del piano sottostante. Infatti, tale presunzione di carattere assoluto, vale solo per le strutture che hanno una funzione di sostegno e di copertura, contribuendo a costituire il solaio; non pure per quelle parti come le coperture applicate al di sotto del soffitto che adempiono a funzioni meramente estetiche e indipendenti dalle dette strutture, dovendosi esse ritenere appartenenti esclusivamente al proprietario del piano sottostante (Cass., sent. n. 1868/1967).

Solaio afferente al piano terreno/di base

Costruito al livello della superficie di campagna. Tale tipo di solaio non adempie alla funzione di copertura, in quanto il piano sottostante non esiste, e per tali motivi, il manufatto appartiene in proprietà esclusiva al proprietario del piano, alla stessa stregua del pavimento e svolge autonomamente la funzione di sostenere l’unità immobiliare, cui inerisce, poggiando sulle strutture portanti condominiali, costituite dai pilastri e da altri analoghi manufatti. Trattandosi di elemento strutturale del singolo appartamento non rientra tra le parti comuni ex art. 1117 cod. civ. perché costituisce parte integrante della proprietà solitaria e quindi il solaio appartiene esclusivamente al proprietario del piano terreno (Cass., sent. n. 3642/1993).

Solai di passaggio

Tale tipologia di solaio svolge una duplice funzione:

1. di copertura di locali interrati (per esempio, autorimesse);

2. di consentire il passaggio sull'area sovrastante.

Qualora, in ipotesi di edificio condominiale, i locali coperti dal solaio considerato siano di proprietà esclusiva, mentre l'area sovrastante sia bene comune - giacché destinata, per esempio, a cortile o viale di accesso all'edificio condominiale - dovendosi procedere alla riparazione del solaio di passaggio, ai fini della ripartizione delle relative spese, si ritiene debba procedersi ad un'applicazione analogica dell'art. 1125 cod. civ., trattandosi di una situazione sostanzialmente analoga a quella disciplinata dalla disposizione richiamata. In tal senso, del resto, sembra orientata la più giurisprudenza, laddove quella più risalente optava per la ripartizione delle spese secondo il criterio fissato dall'art. 1126 cod. civ. - di cui si dirà nel paragrafo successivo - ponendole per due terzi a carico dei proprietari dei locali interrati e per un terzo a carico dei condomini comproprietari dell'area sovrastante (Cass. civ., Sez. II, sent. 19.7.2011, n. 15841; sent. 5.5.2010, n. 10858; sent. 14.9.2005, n. 18194; Trib. Roma, 19.2.2006).

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RIPARTIZIONE delle SPESE

Ripartizione Tipologia di spesa Giurisprudenza

Parti uguali

Materiale antiacustico posto tra il soffitto e il pavimento Elementi di riempimento fra le travi portanti, armatura di ferri, elemento per il livellamento, elementi per l’isolamento (acustico e/o termico), laterizio speciale, pignatta ecc. Il corpo unico formato da elementi strutturali fusi stabilmente fra loro e incorporati in altre strutture comuni, cioè i muri maestri; ciò esclude che tra il soffitto del piano inferiore e il pavimento del piano superiore, possano esistere altre opere non facenti parte del solaio e per le quali andrebbe accertato di volta in volta la destinazione e l’appartenenza. Solaio interposto fra i piani sovrapposti di un edificio relativamente alla parte strutturale che, incorporata ai muri perimetrali, assolve alla duplice funzione di sostegno del piano superiore e di copertura del piano inferiore

Cass. civ., sent. n. 2868/1978

Crollo del soffitto o di una volta o di un solaio causato da difetto di manutenzione

Cass.civ., sent. n. 2569/1056

Travi che costituiscono la struttura portante di un solaio e non siano meramente decorative del soffitto dell’appartamento sottostante

Cass. civ., sent. n. 13606/2000

L’intera struttura del solaio è parte comune nel suo complesso e la linea di confine fra le proprietà esclusive è da ricercarsi non nella linea mediana dello stesso solaio, bensì nel suo intero volume

Cass. civ., sent. n. 3178/1991

La soletta divisoria che separa e divide due piani sovrapposti, appartenenti a diversi proprietari, va considerata parte comune ad entrambi i proprietari costituendo l’inscindibile struttura divisoria tra le due proprietà con utilità ed uso uguale ed inseparabile per le medesime. Se il soffitto è formato, oltre che dalla soletta, anche da travi sporgenti nella parte sottostante, queste vanno considerate di proprietà comune se fanno parte integrante della soletta e del soffitto e rivestono la loro stessa funzione, cioè una inscindibile struttura divisoria dei due appartamenti sovrapposti.

Cass. civ., sent. n. 1406/1963

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A carico del proprietario del piano superiore

Tutte le opere per la ricostruzione o manutenzione del pavimento Copertura (o pavimento) del solaio (costituita da mattonelle, ceramica o gres, ecc.) che appartiene esclusivamente al proprietario dell’abitazione sovrastante

Cass. civ., sent. n. 7464/1994

Sottofondo, costituito dallo strato di conglomerato cementizio per sottofondo di pavimentazione e protezione necessario al fissaggio del pavimento stesso

Cass. civ., sent. n. 2868/1978

Spazi pieni o vuoti che accedono al pavimento dell’appartamento (conglomerato cementizio per sottofondo di pavimentazione e protezione termica), non risultando essenziali per la parte strutturale del solaio, sono di esclusivo uso del proprietario nell’esercizio del suo pieno diritto dominicale (per la collocazione eventuale di tubi di raccordo di servizi)

Cass. civ., sent. n. 2868/1978 e sent. n. 3893/2017

A carico del proprietario del piano inferiore

Interventi sul soffitto, in particolare l’intonaco, la tinta e la decorazione. Intonaci, plafonatura, coperture applicate ad di sotto del soffitto che adempiono a funzioni meramente estetiche quali stucchi o travi decorativi, dipinti, affreschi. Il solaio del piano terreno, sottostante al relativo pavimento costruito a livello della superficie di campagna, essendo parte integrante del solo piano terreno appartiene in proprietà esclusiva al proprietario del piano, alla stessa stregua del pavimento.

Cass. civ., sent. n. 3642/1993

Gli spazi pieni e vuoti che accedono al soffitto, in particolare quelli interposti fra le travi a vista sul soffitto sottostante (travi di sostegno del solaio e dunque parte strutturale comune); i vuoti possono essere impiegati ad uso esclusivo dal proprietario per installare apparecchi illuminanti, collocare tubazioni di raccordo di servizi, strati decorativi, nel suo pieno diritto dominicale

Cass. civ., sent. n. 2868/1978 e sent. n. 3893/2017

Una intercapedine creata al di sotto del solaio di divisione fra due appartamenti sovrapposti, destinata ad occultare una tubazione di scarico posta all’interno del corpo del solaio, è di esclusiva

Cass. civ., sent.n. 3715/1976

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competenza del proprietario del locale inferiore. Laddove il solaio divisorio di due appartamenti sovrapposti presenti, nel piano inferiore, delle travi a vista non facenti funzione strutturale, bensì mero apparato infrastrutturale non connesso alla struttura principale divisoria ma soltanto con funzione decorativa del soffitto del piano sottostante, queste sono di esclusiva competenza del proprietario dell’appartamento inferiore.

Cass. civ., sent. n. 1406/1963

CASISTICA PARTICOLARE

Giurisprudenza

Sostituzione da un altro tipo di minor spessore

Nel caso in cui il soffitto debba essere sostituito da un altro tipo di minor spessore, il proprietario dell’appartamento sottostante (il quale in forza di tale sostituzione abbia beneficiato di un ampliamento ed un maggior utilizzazione dei suoi locali) non è tenuto a versare alcun compenso al proprietario di quello sovrastante, posto che l’esecuzione di un’opera nell’interesse comune esclude la configurabilità di un arricchimento senza causa, e ciò in particolare ove si abbia riguardo al fatto che la comunione ha per oggetto la soletta in sé per sé e non già lo spazio pieno o vuoto da essa occupato.

Cass., sent. n. 929/1982 e sent. n. 1512/1966

Installazione di nuovi tubi di scarico delle acque nere all’interno della soletta

L’installazione di nuovi tubi di scarico delle acque nere all’interno della soletta configura legittimo uso della cosa comune, ove non ne alteri la destinazione e non impedisca analogo uso da parte dell’altro comproprietario, cui non è dovuta alcuna indennità.

Cass., sent. n. 1529/1977

Riduzione spessore soletta

Il proprietario dell’immobile sottostante ha diritto alla rimessione in ripristino, quando la soletta tra i due appartamenti venga abbassata dal condomino sovrastante in occasione di opere di consolidamento.

Cass., sent. n. 36/1985 e sent. n. 3178/1991.

----- (1) La cosiddetta Riforma del condominio (legge 220/2012) non ha apportato modifiche alla formulazione dell'articolo. (2) BRANCA, Comunione. Condominio negli edifici, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 1100-1139, Bologna-Roma, 1982, pag. 496.

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(3) Girino, Il condominio negli edifici, in Tratt. Rescigno, 8, Torino, 1982, pag. 377. (4) Cfr. De Renzis A., Ferrari A., Nicoletti A., Redivo R., Trattato del Condominio, Padova, 2004 (5) Cfr. De Renzis A., Ferrari A., Nicoletti A., Redivo R., op.cit. (6) A tale proposito giova richiamare, se pur datata ma pur sempre attuale, una decisione emessa dalla Suprema Corte nella quale si affermava che "allorché il crollo di un soffitto, di una volta o di un solaio trovi causa esclusiva nel difetto di manutenzione, l’onore della ricostruzione grava, in applicazione dell’art. 1125, in parti uguali sui proprietari dei due piani, l’uno sovrastante l’altro. Quando, invece, il difetto di manutenzione non sia causa del crollo o, quanto meno, non sia la causa esclusiva, la spesa della ricostruzione deve essere posta a carico di colui che ha determinato il crollo in modo totale o, a seconda dei casi, in proporzione all’efficacia causale della sua azione ad omissione diversa da quella di non aver provveduto tempestivamente alla manutenzione" (Cass., sent. 13 ottobre 1956, n. 3569). (7) Terzago, Il condominio, Milano, 2010, pag. 549 (8) Il solaio esistente fra i piani sovrapposti di un edificio è oggetto di comunione fra i rispettivi proprietari per la parte strutturale che, incorporata ai muri perimetrali, assolve alla duplice funzione di sostegno del piano superiore e di copertura di quello inferiore, mentre gli spazi pieni o vuoti che accedano al soffitto od al pavimento, e non siano essenziali all'indicata struttura (nella specie, conglomerato cementizio per sottofondo di pavimentazione e protezione termica), rimangono esclusi dalla comunione e sono utilizzabili rispettivamente da ciascun proprietario nell'esercizio del suo pieno ed esclusivo diritto dominicale (nella specie, per la collocazione di tubi di raccordo di servizi). Cass. sent. 7 giugno 1978, n. 2868. (9) Negli edifici in condominio, a differenza del solaio divisorio tra due piani dell'edificio, in proprietà comune ai due rispettivi proprietari, il solaio del piano terreno sottostante al relativo pavimento, costruito a livello della superficie di campagna, in quanto parte integrante del sol piano terreno, appartiene in proprietà esclusiva al proprietario del piano, alla stessa stregua del pavimento. Ne consegue che in caso di vizio costruttivo del solaio, rivelatosi inidoneo a svolgere autonomamente la funzione di sostenere l'unità immobiliare, la responsabilità per i danni che ne siano derivati alle singole proprietà individuali deve ascriversi al proprietario del piano con esclusione di ogni responsabilità del condominio. Cass., sent. 26 marzo 1993, n. 3642. (10) G. Terzago, op. cit ., pag. 549 (11) Marostica, Il regime giuridico del solaio interpiano, Immobili & proprietà 1/2017, pagg. 27 e segg.

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GARE, APPALTI e LAVORI PUBBLICI

I TRATTI DISTINTIVI DEL SUBAPPALTO D. Una Srl (denominata A) affida a una ditta individuale (denominata B) la fornitura e il montaggio di una canna fumaria. La ditta B fruisce della prestazione d'opera di un'altra ditta individuale (denominata C), la quale compila la dichiarazione di conformità a B (che non ha i requisiti per farlo). A sua volta B consegna ad A la conformità: si prefigura un subappalto? Quali condizioni o procedure sono necessarie per avere tutto in regola? ----- R. In mancanza di alcune indicazioni sulla destinazione del nuovo impianto, si presume che la realizzazione della canna fumaria attenga a un rapporto tra soggetti privati, e che l’affidamento della fornitura in opera di cui si tratta abbia formato oggetto di un contratto tra le parti (appalto). In tale prospettiva si segnala che l’appalto è il contratto con il quale una parte (appaltatore) assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, l’obbligazione di compiere, in favore di un’altra (committente), un’opera o un servizio verso un corrispettivo in denaro. Si configura, invece, il contratto di subappalto quando l’appaltatore (nella fattispecie la ditta B), avvalendosi di una impresa terza (nella specie la ditta C), affida a quest’ultima l’esecuzione di determinate parti del contratto, ricomprendendovi, tuttavia, non solo la manodopera necessaria alla esecuzione delle prestazioni, ma anche la fornitura dei materiali e/o dei mezzi d’opera. Il Codice civile non reca una definizione del contratto di subappalto, limitandosi a precisare che il subappalto non è consentito, salva autorizzazione, per iscritto, del committente (articolo 1656 del Codice civile). Infatti, l’appalto è un contratto fondato sull’intuitu personae, per cui non è consentita una sostituzione non autorizzata del soggetto obbligato. Si ipotizza, altresì, che il committente abbia autorizzato l’esecuzione della fornitura in opera alla ditta C, affinché nel caso in questione possa parlarsi di subappalto. Premesso tutto ciò, dalla norma dell’articolo 1, lettera c, del Dm 37/2008 - che riguarda, oltre agli impianti di riscaldamento, condizionamento e refrigerazione, anche le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali - o dalla lettera e dello stesso articolo 1, per gli impianti alimentati a gas, deriva – in linea generale – l’obbligo del rilascio della Dico (dichiarazione di conformità). Ciò in ragione del principio che la canna fumaria è componente dell’impianto, e non mera opera edilizia. La Dico va redatta a fine lavori e rilasciata dalla ditta installatrice a firma del responsabile tecnico. È bene precisare che un camino esistente, indipendentemente dalla presenza o meno della dichiarazione di conformità, se sottoposto a ristrutturazione o rifacimento, necessita della redazione di una nuova dichiarazione. In particolare, invece, per le canne fumarie asservite a impianti di potenza inferiori ai 50kWt, non è richiesto il progetto, essendo sufficiente lo schema di impianto. Il progetto, invece, è necessario per impianti superiori ai 50 kWt e dev'essere redatto da un professionista iscritto agli Albi professionali. In definitiva, se nella fattispecie l’impianto è superiore a 50 kWt, è in ogni caso necessario l’intervento di un professionista abilitato. Quindi, è ininfluente ogni disputa sulla competenza del soggetto che

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ha realizzato la costruzione della canna fumaria, se l’impianto servito è inferiore a 50 kWt, fermo rimanendo quanto precisato in tema di subappalto. (Mario Maceroni, Il Sole 24 ORE – Estratto da “L’Esperto risponde”, 10 aprile 2017)

PROFESSIONE

SCATTA IL PRELIEVO IRPEF SULLE SPESE DI TRASFERTA ADDEBITATE AL CLIENTE D. Sono un architetto che vive e lavora a Roma. Sono stato incaricato di seguire un’importante opera di progettazione in un’altra città. Dovrò affrontare molte trasferte sostenendo tutti i relativi oneri per le trasferte. Dovrò ad esempio affrontare le spese di viaggio, le spese alberghiere, le spese per il vitto, dalla prima colazione alla cena. Queste spese sono di importo rilevante e riducono di molto il mio guadagno netto. Intendo quindi addebitarle all’impresa committente, ma non so se queste somme sono soggette a Irpef e, perciò, se sono tassate al momento dell’incasso. Inoltre, le spese, se fossero tassate, potrebbero essere considerate in deduzione dal reddito? Sono previste limitazioni ai fini fiscali? ----- R. Le spese relative alle trasferte effettuate nell’attività di lavoro, se addebitate all’impresa che ha conferito l’incarico professionale, hanno natura di compensi assoggettati a Irpef. Ciò anche laddove nel linguaggio comune l’addebito degli oneri viene qualificato come un mero rimborso spese. In effetti, l’addebito effettuato dal professionista assolve alla finalità di reintegrarlo rispetto agli oneri che egli ha sostenuto, in quanto direttamente riferibili all’esecuzione dell’incarico che gli è stato conferito. Ma, trattandosi di oneri che sono stati sostenuti per conto dell’impresa, ma in nome del professionista, le somme addebitate al cliente hanno natura di compensi soggetti a tassazione secondo i criteri ordinari. In questo caso l’impresa committente deve operare sulla somma complessivamente fatturata, all’atto del pagamento dei compensi, unitamente alle spese addebitate, la ritenuta di acconto nella misura del 20 per cento. Il professionista dovrà emettere la relativa fattura ex articolo 21 del Dpr 633/1972, applicando l’Iva, nella misura del 22 per cento, non solo sui compensi strettamente riferibili alla prestazione professionale svolta, ma anche alle spese così sostenute ed addebitate. Partite di giro Gli oneri relativi alla trasferta, e anticipati dal professionista prima di effettuarne, in sede di emissione della fattura, il relativo addebito, non devono essere confusi con le spese anticipate in nome e per conto del cliente. Tale categoria di oneri è direttamente riferibile alla sfera giuridica del committente e, anche se il professionista le anticipa in nome e per conto del cliente, l’eventuale addebito è completamente escluso da tassazione. Ciò a condizione che le somme anticipate siano regolarmente documentate e il professionista che anticipa l’onere spenda il nome del cliente. Si tratta, in sostanza, di mere partite di giro o anticipazioni finanziarie che dovrebbero gravare, sin dall’origine, direttamente sulla sfera del committente. Ad esempio, per gli architetti rientrano in questa categorie di spese, escluse da tassazione all’atto del rimborso, gli oneri concessori, i diritti di segreteria ed altri oneri che sono pagati in favore del Comune per la Scia, la Dia eccetera. Questi oneri sono direttamente riferibili al soggetto che ha commissionato il lavoro. Pertanto, se il professionista li anticipa e, dopo avere ottenuto regolare documentazione, le addebita in eguale misura nei confronti del cliente, l’eventuale incasso, unitamente ai compensi, come risultanti dalla fattura, non è soggetto a imposizione. L’importo tassabile è costituito esclusivamente dai compensi professionali. In diminuzione dal reddito La circostanza che le spese relative alla trasferta legata all’esecuzione dell’incarico professionale, e addebitate al cliente, siano tassabili non evita che questi oneri possano essere considerati in diminuzione dal reddito professionale. Il professionista, se riesce a considerare interamente in deduzione le somme sostenute per la trasferta, non dovrebbe subire un aggravio della tassazione, ma in pratica non sarà così, perché le disposizioni fiscali in vigore (articolo 54 del

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Tuir) prevedono specifiche limitazioni: trattandosi di spese che in alcuni casi riguardano la sfera personale, cioè sono sostenute al di fuori dell’attività professionale, il legislatore presume la non inerenza e ne impedisce in questi casi la deducibilità. Le spese relative alle prestazioni alberghiere e alle somministrazioni di alimenti e bevande sono deducibili nella misura del 75 per cento. In altre parole, si presume che il 25 per cento degli oneri sia sostenuto per finalità personali. Inoltre, è previsto anche un ulteriore limite in quanto l’importo determinato in misura ridotta (il 75 per cento) è interamente deducibile entro il limite massimo del 2% dei compensi professionali incassati nell’anno. La quota eccedente sarà comunque indeducibile dal reddito. Invece sono deducibili per intero le spese relativa al viaggio, a condizione che siano regolarmente documentate. Si tratta, ad esempio, del biglietto ferroviario e del biglietto dell’aereo. In questi casi la deduzione è collegata alla necessità di dimostrare l’inerenza della spesa. Deve quindi sussistere un collegamento diretto tra l’onere sostenuto e la trasferta effettuata. In sede di verifica sarà agevole controllare l’avvenuto conferimento dell’incarico, l’effettuazione della trasferta e la coincidenza con le date del viaggio risultante dai biglietti. In ogni caso, il rimborso delle spese di trasferta non risulterà completamente neutrale per il professionista. Gli oneri deducibili dal reddito di lavoro autonomo saranno sempre inferiori rispetto alle somme addebitate, sia pure a titolo di rimborso spese, e aventi natura di compensi. Ne conseguirà un aggravio della tassazione. In prospettiva Il legislatore ha compreso che le disposizioni attualmente in vigore sono estremamente penalizzanti. In casi come quello descritto dal lettore, trattandosi di oneri strettamente collegati ad una trasferta di lavoro, ha inteso disciplinare la mancata applicazione dei limiti di deducibilità citati. In pratica, al verificarsi di determinati presupposti le spese alberghiere e le spese per ristoranti saranno deducibili per intero senza applicazione del limite del 75 per cento, né dell’ulteriore soglia rappresentata dal 2% dei compensi incassati nell’anno. Questa previsione non è ancora in vigore, essendo contenuta nel disegno di legge noto come Jobs act delle professioni, da approvare in via definitiva. È probabile che la soluzione trovi applicazione già nel 2017, con una modifica dell’articolo 54 del Tuir che disciplina i criteri di tassazione dei redditi di lavoro autonomo. Lo stesso disegno di legge, con una soluzione diversa, prevede che gli stessi oneri di trasferta, se sostenuti direttamente dal committente, non costituiranno compensi in natura e quindi non saranno oggetto di tassazione in capo al professionista. (Il Sole 24 ORE – Estratto da “L’Esperto Risponde”, 3 aprile 2017)

EDILIZIA e URBANISTICA

INTERESSI DOVUTI DA QUANDO SONO NOTIFICATI D. Relativamente alla costruzione di una civile abitazione, dotata di regolare concessione edilizia del 1977, sono state eseguite dal sottoscritto opere in difformità, rientranti nella tipologia 1–2–3–4–5–6 di cui alla tabella allegata alla legge 47 del 1985. Dopo avere presentato, in data 13 giugno 1986, la domanda di sanatoria per le opere di cui sopra, a norma della legge citata, e dopo avere pagato l’oblazione dovuta, il 15 novembre 2016 vengono richieste, dall’amministrazione competente, delle integrazioni documentali e, insieme, viene chiesto il calcolo degli oneri di concessione dovuti, in aggiunta ai relativi interessi sugli oneri concessori. A oggi sono oltre 300 le pratiche dell’epoca per le quali il Comune chiede, a distanza di 30 anni, le integrazioni documentali, oltre che gli oneri concessori con i relativi interessi. Ma sono davvero dovuti gli interessi sugli oneri nel caso in cui l’amministrazione lasci in sospeso la pratica per più di 30 anni? ----- R. La legge 47/1985 elenca gli allegati della domanda di condono necessari per la sua ricevibilità: quindi, se la richiesta del Comune riguarda i documenti indicati dalla legge, specialmente per l’individuazione dell’abuso, essa è da ritenere legittima. Non altrettanto può dirsi per altre richieste

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irrilevanti ai fini della normativa sulla sanatoria, in quanto si deve evitare che attraverso reiterate richieste la domanda di condono possa rimanere inevasa a tempo indeterminato. Relativamente agli oneri concessori, la legge 47/1985, a differenza dei successivi condoni, prevede che il versamento degli stessi avvenga al rilascio della sanatoria, fatte salve eventuali normative regionali di dettaglio. Da ciò discende che la somma da corrispondere a titolo di oneri concessori dipende dalla determinazione degli stessi da parte del Comune, al fine di consentire il rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, ed è da quel momento che sorge l’obbligazione. Non ricorrendo, dunque, nel caso del condono ex legge 47/1985, l’ipotesi di autoliquidazione degli oneri concessori al momento della presentazione della domanda di condono, sussiste l’onere della corresponsione degli interessi solo dal momento della quantificazione e notificazione degli stessi da parte del Comune, perché soltanto da allora può insorgere l’eventuale inadempienza dell’interessato. (Mario Maceroni, Il Sole 24 ORE – Estratto da “L’Esperto risponde”, 10 aprile 2017)

OBLAZIONE E CONTRIBUTO DI COSTRUZIONE MAGGIORATO D. Una società deve presentare una domanda di sanatoria edilizia – ex articolo 36 del Dpr 380/2001 – per la sopraelevazione abusiva di un piano di uffici. Tale sopraelevazione era conforme al Piano regolatore generale comunale al momento della sua realizzazione e lo è ora. Chiedo di sapere se, oltre alla sanzione pecuniaria pari al doppio degli oneri di urbanizzazione, è anche dovuto il contributo sul costo di costruzione. ----- R. L’accertamento di conformità in sanatoria, di cui all’articolo 36 del Dpr 380/2001 – testo unico edilizia (Tue) – è subordinato, nel rispetto delle condizioni di legge, al pagamento a titolo di oblazione del contributo di costruzione in misura maggiorata, a seconda della gravità dell’abuso. Anche se si fa riferimento al contributo di costruzione, il pagamento è qualificato come oblazione al fine di conseguire l’estinzione delle sanzioni. L’oblazione ha dunque natura diversa dal contributo di costruzione da corrispondere in via ordinaria, anche se per il suo calcolo si richiama il contributo di costruzione come parametro di riferimento. Il condono edilizio a carattere straordinario ha previsto, per il conseguimento dello stesso, il pagamento dell’oblazione e del contributo di costruzione diversificando le due voci. Se, dunque, è indubbia anche come finalizzazione la distinzione tra oblazione per estinguere le sanzioni e contributo di costruzione per il rilascio del permesso di costruire, non è agevole, ma nemmeno impossibile, in assenza di una esplicita previsione legislativa, sostenere che l’oblazione assorbe anche il contributo di costruzione, tanto più che l’articolo 36 del Tue è inserito nel titolo IV, relativo alle sanzioni. Per contrastare tale interpretazione si dovrebbe sostenere che la corresponsione dell’oblazione esonera dal pagamento del contributo di costruzione per conseguire il titolo abilitativo. (Mario Maceroni, Il Sole 24 ORE – Estratto da “L’Esperto risponde”, 10 aprile 2017)

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