1980) - Centro on line di Storia e Cultura dell'Industria · Lavoro di Genova1, visionati presso il...
Transcript of 1980) - Centro on line di Storia e Cultura dell'Industria · Lavoro di Genova1, visionati presso il...
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA
FACOLTA’ DI ECONOMIA
Tesi di Laurea
LA VAL POLCEVERA INDUSTRIALE: SVILUPPO E DECLINO (1880 – 1980)
Relatore: Prof. Marco Doria
Candidato: Aldo Coppa
Anno Accademico 2003 - 2004
INDICE GENERALE
pagg.
INDICE GENERALE …………………………………………………….….…….I
INDICE DELLE TABELLE ……………………………..……………………VII
INTRODUZIONE …………………………………………………………..……XII
CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)
1. LA VAL POLCEVERA PREINDUSTRIALE DALLA
REPUBBLICA AL REGNO……………….………....…………….…...2 1.1. DA TERRITORIO AI MARGINI A BARICENTRO DEI TRAFFICI:
FERROVIA E VIABILITÀ
INTERNA.………………………………….……………………………2
1.2. POPOLAZIONE ED ATTIVITÀ. ……………………………...…….....5
I
CAPITOLO II (1880 - 1914)
1. I TRASPORTI …………………………………………………...……….13
1.1. IL POTENZIAMENTO DELLA RETE FERROVIARIA: NUOVI
COLLEGAMENTI COL PIEMONTE E LA LOMBARDIA. ……….13
1.1.1. La costruzione della “Succursale dei Giovi”………….13
1.1.2. Il trasporto delle merci: collegamenti con industria e
porto ………………………………………………………….17
1.2. I COLLEGAMENTI URBANI: LE EVOLUZIONI DEL TRASPORTO
PUBBLICO. ………………………………………… ……………….20
1.2.1. Omnibus e tramway………………………………………………20
1.2.2. L’affermazione del tram elettrico ……………………….……..25
2. TRASFORMAZIONI ECONOMICHE
E DINAMICHE SOCIALI ……………………………………………..29
2.1. LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE IN VAL POLCEVERA: TRA
SIDERURGIA, MECCANICA ED ATTIVITÀ TRADIZIONALI. ...…29
2.1.1. Le premesse: quadro sintetico di riferimento per
l’economia genovese…...………………………….……….29
2.1.2. L’affermarsi dell’industria siderurgica e metalmeccanica
in Val Polcevera …………………………………… ……….31
2.1.3. L’evoluzione delle produzioni tessili ed alimentari e il
sorgere dell’industria chimica ……………… ……………35
2.2. LE CONDIZIONI LAVORATIVE E LE PRIME LOTTE OPERAIE…41
2.3. I DATI SULLE IMPRESE: IL PRIMO CENSIMENTO INDUSTRIALE
DEL 1911……………………………………… ………………………44
2.3.1. Una panoramica sulla Val Polcevera ……………..……..44
II
2.3.2. Due moderni agglomerati urbani: alcune considerazioni
su Rivarolo Ligure e Bolzaneto ……………...……………47
3. ASPETTI DEMOGRAFICI ……………………… …………………...63
3.1. TRENT’ANNI DI CRESCITA: I DATI STATISTICI. ………..………63
3.1.1. La Liguria e Genova …………………………….…………..63
3.1.2. I comuni della Val Polcevera ………………...……………65
3.2. L’URBANIZZAZIONE, LA FAMIGLIA E L’ISTRUZIONE…………69
4. URBANISTICA ED EDILIZIA ………………………………………82
4.1. EFFETTI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE SULL’ASSETTO
URBANISTICO IN VAL POLCEVERA………………………………82
4.1.1. La mancata integrazione tra insediamenti industriali e
tessuto urbano ………………………………………………….…….82
4.1.2. Lo sviluppo edilizio nella bassa Val Polcevera e a
Pontedecimo ………………………………………………………….85
CAPITOLO III (1914 – 1950)
1. I TRASPORTI …………………………………………..………………..92
1.1. LA “GRANDE GENOVA” NEL TRIANGOLO INDUSTRIALE: I
NUOVI MEZZI DI TRASPORTO DALLA FERROVIA
ALL’AVVENTO DELLA STRADA CAMIONALE………...………92
1.2. IL TRASPORTO PUBBLICO A GENOVA E NELL’ALTA VAL
POLCEVERA: LA MUNICIPALIZZAZIONE E I PRIVATI…..……97
1.2.1. La UITE al tempo della “Grande Genova”: il servizio
nella bassa Val Polcevera diventa urbano ………….....97
III
1.2.2. I privati e i trasporti nell’alta valle ……………………101
2. TRASFORMAZIONI ECONOMICHE
E DINAMICHE SOCIALI ……………………………………………104
2.1. MUTAMENTI ECONOMICI IN VAL POLCEVERA TRA LE DUE
GUERRE………………………………………………………………104
2.1.1. La difficile riconversione postbellica dell’industria
pesante e la nascita del capitalismo di Stato: le
ripercussioni sulla Val Polcevera………………………..104
2.1.2. Selezione e potenziamento nei settori tessile, alimentare
e chimico ……………………………………………………..109
2.2. I DATI SULL'INDUSTRIA ED IL COMMERCIO…………...………113
2.2.1. La situazione dell’alta valle ………………………………113
2.2.2. Un esempio per la bassa valle: alcuni dati su Rivarolo
Ligure ……………………………………………...…………116
3. ASPETTI DEMOGRAFICI …………………………………………..125
3.1. DAGLI ALBORI DELLA “GRANDE GENOVA” AL SECONDO
DOPOGUERRA: SVILUPPO ED EQUILIBRIO……………...……125
3.1.1. La “Grande Genova” ………………………...………….125
3.1.2. La Val Polcevera divisa ………………………...………..129
3.2. L’URBANIZZAZIONE, LA FAMIGLIA E L’ISTRUZIONE…...…...134
4. URBANISTICA ED EDILIZIA …………………….………………..145
4.1. LA NASCITA DELLA “GRANDE GENOVA” E IL RUOLO DELLA
VAL POLCEVERA……………………………………………………145
IV
4.2. LA CRISI EDILIZIA DEL PRIMO DOPOGUERRA:
LE SOLUZIONI……………………………………………………….148
4.2.1. Il dopoguerra e l’emergenza abitativa:
le Case Rifugio ……………………………………………..148
4.2.2. Le case popolari a Rivarolo ………………………………150
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
1. I TRASPORTI ………………………………...…………………………153
1.1. IL “BOOM” DELL’AUTO E LA COSTRUZIONE DELLE
AUTOSTRADE………………………………………………………153
1.2. IL CAMMINO DEL TRASPORTO PUBBLICO GENOVESE VERSO
LA MUNICIPALIZZAZIONE………………….……………..……..155
1.2.1. Bassa e media Val Polcevera
dalla UITE alla AMT…………………………………….155
1.2.2. L’acquisizione delle linee private in Val Polcevera…158
2. TRASFORMAZIONI ECONOMICHE
E DINAMICHE SOCIALI ……………………………………………161
2.1. IL LENTO TRAMONTO DELL’INDUSTRIA
IN VAL POLCEVERA…………………………………….…………..161
2.1.1. La fine della grande industria siderurgica pubblica: la
chiusura dell’ILVA di Bolzaneto …………...……………161
2.1.2. Le chiusure nell’industria siderurgica e meccanica
privata …………………..……………………….………….166
2.1.3. Declino del tessile, evoluzione dell’alimentare e
sviluppo del petrolchimico ………………………………170
V
3. ASPETTI DEMOGRAFICI ………………………………….……….176
3.1. LA CITTÀ E LA VALLE DALLA GUERRA AGLI ANNI ’80: DALLO
SVILUPPO AL LENTO DECLINO…………………………...………176
3.1.1. Genova: la mancata “milionarizzazione”………...……176
3.1.2. La Val Polcevera ……………………………...……………181
4. URBANISTICA ED EDILIZIA ………………………...……………188
4.1. STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE URBANA E TERRITORIALE
DAL SECONDO DOPOGUERRA AGLI ANNI SETTANTA:
APPLICAZIONI IN VAL POLCEVERA……………………………188
4.1.1. I piani di ricostruzione del dopoguerra ……………….188
4.1.2. Il Piano Regolatore Generale del 1959 ……………….191
4.1.3. La Variante Organica del 1976 ………………...………194
FONTI ………………………………………………………………………………197
a ) BIBLIOGRAFIA ………………………………………………...……………197
b ) FONTI ARCHIVISTICHE………………………………………..…………201
c ) TESI DI LAUREA…………………..…………………………………..…….202
d ) RIVISTE E ARTICOLI …………………………………..………………….202
e ) FONTI ORALI …………………………………….…………………………..202
f ) FONTI INTERNET ……………………………………………….…………..203
VI
INDICE DELLE TABELLE
pagg.
I. POPOLAZIONE RESIDENTE NEI COMUNI DELLA VAL POLCEVERA
(1837). ………………………………………………………………...……………..9
II. POPOLAZIONE RESIDENTE IN VAL POLCEVERA (1861–1881). …....10
III. INCREMENTO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN VAL
POLCEVERA (1861–1881). …………………………………… ……………..11
IV. DATI RIASSUNTIVI CONCERNENTI IL NUMERO, IL PERSONALE E
LA FORZA MOTRICE DELLE IMPRESE CENSITE, CLASSIFICATE
SECONDO UNA SCALA RIDOTTA DELLE INDUSTRIE IN VAL
POLCEVERA (1911). DATI ASSOLUTI. ……………………..………………..51
V. DATI RIASSUNTIVI CONCERNENTI IL NUMERO, IL PERSONALE E
LA FORZA MOTRICE DELLE IMPRESE CENSITE, CLASSIFICATE
SECONDO UNA SCALA RIDOTTA DELLE INDUSTRIE IN VAL
POLCEVERA (1911). DATI RELATIVI. ………………………..……………..52
VI. DATI ASSOLUTI E RELATIVI SU IMPRESE, MOTORI E PERSONE
OCCUPATE CENSITI A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911). .…53
VII
VII. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL NUMERO DELLE IMPRESE
CENSITE, CHE OCCUPANO AL MASSIMO 10 PERSONE, OLTRE IL
PADRONE O DIRETTORE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE
(1911). ………………………………………………………………………..…….54
VIII. DATI ANALITICI CONCERNENTI LA FORZA MOTRICE DELLE
IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO AL MASSIMO 10 PERSONE,
OLTRE IL PADRONE O DIRETTORE A BOLZANETO E RIVAROLO
LIGURE (1911). ………………………………………….……………………….55
IX. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL PERSONALE DELLE IMPRESE
CENSITE, CHE OCCUPANO AL MASSIMO 10 PERSONE, OLTRE IL
PADRONE O DIRETTORE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE
(1911). ………………………………………………..…………………………….56
X. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL NUMERO DELLE IMPRESE
CENSITE, CHE OCCUPANO PIU’ DI 10 PERSONE A BOLZANETO E
RIVAROLO LIGURE (1911). ………………………………...…………………57
XI. DATI ANALITICI CONCERNENTI LA FORZA MOTRICE DELLE
IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO PIU’ DI 10 PERSONE A
BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911). ……………...………………..58
XII. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL PERSONALE DELLE
IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO PIU’ DI 10 PERSONE A
BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911). ……………………………….59
XIII. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL NUMERO DI TUTTE LE
IMPRESE CENSITE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911). ……60
VIII
XIV. DATI ANALITICI CONCERNENTI LA FORZA MOTRICE DI TUTTE
LE IMPRESE CENSITE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE
(1911). ………………………………………………………………...……………61
XV. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL PERSONALE DI TUTTE LE
IMPRESE CENSITE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911). …....62
XVI. POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E
VAL POLCEVERA (1881–1911). ……………………..…………………………77
XVII. INCREMENTI DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA,
LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1881–1911). ……………………78
XVIII. URBANIZZAZIONE E FAMIGLIA NELLA BASSA VAL
POLCEVERA (1911). …………………………………………………...………..79
XIX. URBANIZZAZIONE E FAMIGLIA NELL’ ALTA VAL POLCEVERA
(1911). ……………………………………………………..……………………….80
XX. CENSITI IN ETÀ DI 6 ANNI E PIÙ CHE SAPEVANO LEGGERE NEI
COMUNI DELLA VAL POLCEVERA (1911). …………………….………….81
XXI. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER
CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927).
INDUSTRIA (DATI ASSOLUTI). ………………………….…………………..120
XXII. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER
CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927).
COMMERCIO E TOTALE (DATI ASSOLUTI). …………………….………121
IX
XXIII. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER
CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927).
INDUSTRIA (DATI RELATIVI). ………………………………………...……122
XXIV. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER
CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927).
COMMERCIO (DATI RELATIVI). …………………………...………………123
XXV. NUMERO DEGLI ADDETTI DISTINTI PER CLASSI A RIVAROLO
LIGURE (1921). INDUSTRIA (DATI ASSOLUTI E RELATIVI). ……….…124
XXVI. POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E
VAL POLCEVERA (1911–1951). ………………………………………………138
XXVII. INCREMENTO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA,
LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1911–1951). …………………..139
XXVIII. URBANIZZAZIONE NELLA BASSA VAL POLCEVERA
(1921). ……………………………………………………………………………..140
XXIX. URBANIZZAZIONE NELL'ALTA VAL POLCEVERA E TOTALE
(1921). ………………………………………..……………………………………141
XXX. FAMIGLIE DI CENSIMENTO PER NUMERO DEI MEMBRI NELLA
VAL POLCEVERA ANNESSA ALLA "GRANDE GENOVA" (1931). ….....142
XXXI. CENSITI IN ETÀ DI 6 ANNI E PIÙ CHE SAPEVANO LEGGERE
NEI COMUNI DELLA VALPOLCEVERA (1921). ……….………………….143
XXXII. CENSITI IN ETÀ DI 6 ANNI E PIÙ CHE SAPEVANO LEGGERE
NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VALPOLCEVERA (1931). ….…..144
X
XXXIII. POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E
VAL POLCEVERA (1951–1981). ………………………………………………186
XXXIV. INCREMENTI DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA,
LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1951–1981). …………………..187
XI
INTRODUZIONE
Oggetto di studio della seguente ricerca è l'evoluzione storica del
contesto economico, sociale, demografico, urbanistico ed infrastrutturale
della Val Polcevera, a partire dall'ultimo ventennio del secolo XIX sino ai
primi anni Ottanta del Novecento.
Possiamo definire territorialmente la Val Polcevera come un insieme di
comuni ed ex-comuni della provincia genovese. Questi sono: Rivarolo
Ligure, Bolzaneto e Borzoli (bassa Val Polcevera); San Quirico e
Pontedecimo (media valle); Ceranesi, Campomorone, Mignanego, Serra
Riccò e Sant’Olcese (alta valle). Questi ultimi cinque, a differenza degli
altri, non sono stati aggregati nella “Grande Genova”, nel 1926, ed hanno
mantenuto la propria autonomia amministrativa.
Abbiamo volutamente escluso di considerare gli ex-comuni della foce
del Polcevera, ovvero Cornigliano Ligure e Sampierdarena, in quanto realtà
con una propria fisionomia sociale ed economica e non pienamente
assimilabili al resto della valle. Viceversa abbiamo ricompreso nello studio
Borzoli, che pur non gravitando esclusivamente sulla Val Polcevera, riveste
XII
comunque un forte interesse, in particolare per la frazione di Fegino,
strettamente interdipendente col territorio oggetto del nostro studio, oltre
che parte integrante di esso.
Il reperimento delle fonti, utili allo svolgimento di tale ricerca, è stato
attuato su diversi fronti, a seconda della tematica di volta in volta
affrontata.
Per quanto riguarda gli argomenti "trasporti" e "trasformazioni
economiche", si è fatto riferimento a testi di diverso genere (opere
pubblicate direttamente per conto dell'Azienda Mobilità e Trasporti e studi
monografici sull'economia ed i trasporti liguri), consultati presso la sezione
Raccolta Locale della Civica Biblioteca Berio. Sempre in questa sede è
stato possibile utilizzare testi di cronaca locale della Val Polcevera, che,
integrati con alcune pubblicazioni e materiale d'archivio della Camera del
Lavoro di Genova1, visionati presso il Centro Ligure di Storia Sociale,
hanno contribuito a fornire un'immagine esauriente delle dinamiche sociali
e della situazione del mondo del lavoro della valle.
La parte demografica di questo lavoro è stata redatta avvalendosi di
numerosi censimenti, reperiti presso la Biblioteca della Facoltà di
Economia, e delle relative relazioni, curate e messe a disposizione
dall'Unità Organizzativa Statistica del Comune di Genova.
1 Quest'ultimo, riferibile al periodo compreso tra il secondo dopoguerra e la fine degli anni Settanta.
XIII
Gli aspetti relativi all'evoluzione urbanistica ed edilizia del territorio in
esame sono stati affrontati previa la consultazione di alcuni testi
specializzati e dei Piani Regolatori Generali (del 1959 e del 1976), presso
la Biblioteca Carboneri della Facoltà di Architettura.
Inoltre, si sono rivelate preziose le testimonianze dirette di lavoratori ed
abitanti polceveraschi, raccolte assistendo agli incontri di preparazione di
un convegno, tenutosi a Villa Serra di Comago, in merito alle lotte operaie
in Val Polcevera.
Infine sono risultate illuminanti alcune interviste effettuate, tra cui, in
particolare, quella concessa da Monsignor Luigi Molinari, coordinatore dei
Cappellani del Lavoro dell'Arcidiocesi di Genova.
Nella stesura di questa lavoro, dunque, si è deciso di affrontare
l'evoluzione storica della Val Polcevera sotto quattro differenti prospettive,
proponendo così altrettante partizioni tematiche: "I trasporti", le
"Trasformazioni economiche e dinamiche sociali", gli "Aspetti
demografici" e l' "Urbanistica ed edilizia".
Questi quattro aspetti vengono analizzati, attraverso una periodizzazione in
quattro archi temporali:
1. Cenni sul secolo XIX, fino alla Rivoluzione Industriale negli anni
Ottanta,
XIV
2. Dagli ultimi vent'anni dell'Ottocento allo scoppio della prima guerra
mondiale,
3. Il periodo tra i due conflitti e l'immediato secondo dopoguerra,
4. Dai primi anni Cinquanta all'inizio degli anni Ottanta.
Passando all'analisi di alcune tematiche significative, emerge, dall'esame
delle diverse fonti, come un elemento fondamentale per lo sviluppo
economico della Val Polcevera sia stata la prossimità con lo scalo portuale
genovese, diversamente per esempio dalla Val Bisagno. Tale circostanza ha
posto il territorio del basso e medio corso del Polcevera, a partire
soprattutto dall'unità d'Italia, nella condizione di essere individuato, quale
passaggio obbligato per tutte le principali infrastrutture di collegamento tra
il capoluogo ligure e l'oltreappennino; inoltre il transito attraverso il nuovo
valico dei Giovi, a differenza di quelli del Turchino e della Scoffera, non
risultava sbilanciato tra Lombardia e Piemonte, permettendo un
collegamento veloce con entrambe le regioni.
Nel 1823 si ultimava la Strada Reale dei Giovi (carrozzabile), nel 1853
la prima linea ferroviaria Torino - Genova, con stazioni a Rivarolo Ligure,
Bolzaneto e Pontedecimo, nel 1889 la parallela rapida "Succursale dei
Giovi", con fermata a San Quirico, collegata con Torino, Milano ed
allacciata, nel 1894, con Acqui Terme, via Borzoli ed Ovada.
XV
Con la nascita, nel 1906, del Parco Vagoni Campasso, l'elettrificazione
del tratto ferroviario Sampierdarena - Ronco Scrivia, tra il 1911 ed il 1914,
e la costruzione, tra gli anni Trenta e Sessanta, del "Bivio Granarolo", che
permetteva la connessione diretta tra la stazione di Genova Principe e la
linea "Succursale" all'altezza di Rivarolo, si concludeva la realizzazione
delle grandi infrastrutture su rotaia.
Nel 1935, poi, si inaugurava la Strada Camionale dei Giovi tra Genova e
Serravalle, con un raccordo presso la località Bratte (Bolzaneto), per
favorire la crescente circolazione delle merci attraverso i nuovi automezzi
che, negli anni Trenta, transitavano giornalmente, lungo la vecchia Statale
dei Giovi, nella misura di 570 autocarri (di cui 367 con rimorchio) e 582
autovetture. Nel 1958, con l'avvento della motorizzazione di massa, si era
reso necessario il raddoppio della "camionale" ed il suo prolungamento fino
a Milano (nuova Autostrada A7).
L'ultima grande opera infrastrutturale realizzata, tra il 1961 ed il 1967, in
Val Polcevera e di forte impatto ambientale su questa, era il viadotto
"Polcevera" (alto 45 metri, largo 18 e lungo 1.102), progettato
dall'architetto Riccardo Morandi, che collegava la Genova - Serravalle con
la nuova Autostrada della riviera di Ponente, distogliendo il relativo traffico
dal percorso urbano.
XVI
A questa forte espansione, tra la metà dell'Ottocento e la metà del
Novecento, delle grandi vie di comunicazione, che attraversano la valle,
non era però corrisposto un adeguato sviluppo delle linee di mobilità
interne alla Val Polcevera.
Solo nel 1879, infatti, era stato reso disponibile il servizio di
collegamento tra Genova e Rivarolo (nel 1889 sarebbe stata toccata anche
Pontedecimo), attraverso i tramways a cavalli della Compagnie Générale
Française des Tramways (detta la Francese), mentre il raggiungimento
delle località più collinari, come Serra Riccò, Sant'Olcese, Campomorone,
Ceranesi e Borzoli e relative frazioni, restava esclusiva dei piccoli
trasportatori privati, proprietari di vecchi omnibus a cavalli.
Nel 1911, la Unione Italiana Tramways Elettrici (UITE, subentrata, tra il
1894 ed il 1895, alla Francese ed a tutte le altre società di trasporto
pubblico attive a Genova) estendeva fino a Pontedecimo l'utilizzo dei nuovi
tram elettrici (linee 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11), istituendo in tale tratta delle
"tariffe operaie", con riduzioni del 30 % del costo del biglietto, in
determinate fasce orarie. Nel 1908, inoltre, era stata realizzata dalla UITE
la galleria di Certosa, permettendo un collegamento diretto tra Genova e la
Val Polcevera, evitando il passaggio attraverso Sampierdarena.
Nel 1934 la UITE (passata da 6 anni sotto il controllo del Comune)
creava, nell'ambito della "rivoluzione" del traffico tranviario, nuovi
XVII
collegamenti diretti tra la Val Polcevera e la Val Bisagno, mentre nuove
compagnie private (per esempio la Lazzi) introducevano servizi celeri di
"autocorriera", per il collegamento interno alla valle, destinati ad essere
assorbiti, negli anni Settanta dalla AMT (Azienda Municipalizzata
Trasporti, costituita, una volta rilevata interamente dal Comune la UITE,
nel 1964, anno in cui veniva ultimata in Val Polcevera la sostituzione delle
linee tranviarie con gli autobus).
La carenza, per lungo tempo, di una rete viaria interna efficiente si
riflette nell'evoluzione urbanistica della Val Polcevera.
Lo sconvolgimento, creato nel contesto abitativo, dall'insediamento degli
impianti produttivi, dalla fine dell'Ottocento, non veniva affrontato dai
comuni con adeguati strumenti di programmazione urbanistica (non
essendo tra l'altro disponibili le risorse necessarie: si veda la problematica
delle costruzione delle case popolari di Rivarolo negli anni Venti),
lasciando, dunque, all'iniziativa privata il compito di provvedere allo
sviluppo edilizio, senza tener conto delle necessità di standard igienici e di
nuovi servizi urbani, creando così dei veri e propri quartieri "dormitorio"
per gli operai, impegnati nelle fabbriche polceverasche.
I mutamenti nel territorio avvenivano attraverso il propagarsi di un'onda,
partita dai comuni della foce del Polcevera: Sampierdarena e Cornigliano
Ligure, dove già dalla metà dell'Ottocento si era insediata, su terreni
XVIII
espropriati alla vecchia aristocrazia, l'Ansaldo, che, saturati gli spazi sulla
costa, si espandeva lungo il corso del Polcevera, dove le aree avevano
anche un costo relativamente inferiore (11 lire al metro quadro nel 1917 a
Bolzaneto, contro le 97 a Sampierdarena nel 1912 e le 66 a Campi nel
1913), costellandolo di nuove localizzazioni produttive, cresciute
soprattutto con l'impegno della Società nella produzione bellica durante il
primo conflitto mondiale.
La fine della guerra ed il relativo ridimensionamento economico
avrebbero successivamente posto il grave problema delle famiglie (spesso
immigrate a Genova precedentemente al conflitto) senza dimora, in quanto
non più in grado di far fronte al pagamento dell'affitto. Soluzioni parziali si
sarebbero rivelate le costruzioni di case rifugio, tra cui 2 a Fegino, con una
capacità di accoglienza complessiva di 130 famiglie, per un totale di oltre
700 persone.
Veniva così sconvolto il paesaggio, a carattere prevalentemente agricolo,
nella bassa e media Val Polcevera, e si creava, con l'espansione dell'abitato
ed il congiungimento urbano dei comuni limitrofi, il fenomeno della
"conurbazione", sancito formalmente dall'aggregazione, nel 1926, di
Rivarolo Ligure, Borzoli, Bolzaneto, San Quirico e Pontedecimo alla
"Grande Genova"; d'altro canto i comuni dell'alta valle (Ceranesi,
Campomorone, Mignanego, Serra Riccò e Sant'Olcese), rimasti
XIX
indipendenti, apparivano ancora organizzati nelle conformazioni
tardomedievali, tipiche dei borghi a prevalente economia agricola, che li
avevano caratterizzati nei secoli precedenti.
Il progressivo smantellamento, a partire dagli anni Cinquanta, degli
impianti industriali della bassa e media Val Polcevera, poneva seri
problemi circa il riutilizzo delle aree dismesse.
Non si riusciva, però, coi piani regolatori del 1959 e del 1976 a
concepire una proposta effettivamente realizzabile di riconversione del
territorio, ipotizzando, invece, un'improbabile reindustrializzazione a
carattere tecnologico, slegando, oltretutto, la Val Polcevera dal contesto
metropolitano genovese.
L'evoluzione degli insediamenti produttivi e dell'edilizia, in Val
Polcevera, trovano riscontro nell'andamento demografico nel territorio in
esame.
A partire dagli ultimi vent'anni del secolo XIX, infatti, la bassa valle
(Rivarolo ed in seguito Borzoli e Bolzaneto) registrava una vera e propria
esplosione demografica, culminata nei primi due decenni del Novecento,
mentre più contenuti erano gli incrementi dei comuni della media valle
(Pontedecimo e San Quirico): tra il 1881 ed il 1921 Rivarolo Ligure
passava da 8.882 residenti a 28.440, Borzoli da 3.464 a 10.830, Bolzaneto
XX
da 4.087 a 12.043, Pontedecimo da 3.677 a 6.360 e San Quirico da 3.052 a
4.701.
Decisamente più statica era la situazione dei comuni dell'alta valle,
eccetto Campomorone: tra il 1881 ed il 1921 quest'ultimo passava da 4.492
abitanti a 6.017, mentre Sant'Olcese da 4.062 unità a 4.516, Ceranesi da
3.077 a 3.450, Mignanego da 2.630 a 2.712 ed infine Serra Riccò da 4.820
a 4.927.
Dunque, a cavallo tra i due secoli, la bassa valle era meta di intense
migrazioni, specialmente dai comuni rurali della montagna interna della
provincia genovese e dal Piemonte e, in misura minore dalla Toscana,
dall'Emilia e dalla Lombardia (era già consistente la presenza meridionale,
ma avrebbe avuto il suo picco successivamente), richiamate dalla domanda
di forza lavoro delle molte industrie polceverasche e genovesi.
Viceversa non si registravano, a Genova, saldi naturali al di sopra della
media nazionale (anzi spesso erano inferiori, anche se meno in Val
Polcevera); inoltre gli incrementi della popolazione in valle erano
nettamente superiori a quelli genovesi.
L'urbanesimo, che andava affermandosi nella bassa e media valle, non
intaccava gli stili di vita delle zone interne, che continuavano a presentare
minori densità abitative (1,82 abitanti per ettaro, nel 1911, contro i 12,52
della media e bassa valle), nuclei familiari più numerosi (4,94 componenti
XXI
in media, nel 1911, contro 4,26) e una maggior percentuale di popolazione
sparsa (68,70 %, nel 1911, contro 20,11 %).
Viceversa il grado di alfabetizzazione (87 % della popolazione sopra i 6
anni, nel 1911 in Val Polcevera) risultava distribuito in maniera abbastanza
indipendente rispetto alla località della valle considerata e senza particolari
disomogeneità tra il dato maschile e quello femminile.
Entrati a far parte della "Grande Genova", i comuni del medio e basso
corso del Polcevera, si adattavano ai ritmi di crescita del capoluogo ligure;
in particolare mostravano, però, una crescita leggermente più sostenuta i
comuni della media valle ed alcuni delle zone interne, cominciavano ad
urbanizzarsi.
I residenti della Val Polcevera passavano, tra il 1921 ed il 1971, da
83.996 a 112.958, cominciando, a partire dalla metà degli anni Sessanta a
scendere, come anche a Genova, per arrivare a 106.432 nel 1991.
Da notare i casi di Campomorone, che, in seguito all'approvazione di un
piano regolatore decisamente favorevole al rilascio delle licenze edilizie
per uso abitativo, vedeva crescere la propria popolazione da 6.080 residenti
nel 1961 a 8.962 nel 1971, e quello di San Quirico, che, divenuta nel
dopoguerra sede di raffinerie, assisteva al drastico deterioramento delle
proprie condizioni ambientali e di vita, con un conseguente spopolamento
(da 7.259 abitanti, nel 1961, a 4.637, nel 1981).
XXII
Passando ad esaminare le caratteristiche dello sviluppo economico in Val
Polcevera, non si può far meno di notare che ancora una volta gli input
iniziali nascono dalla foce del torrente, per risalire, in via successiva, lungo
la valle.
E' innegabile, come già detto prima, che la disponibilità di spazi liberi, la
presenza di fondamentali infrastrutture di collegamento tra il porto e
l'oltreappennino e la relativa economicità dei terreni rendevano appetibile
l'insediamento in Val Polcevera delle industrie, come l'Ansaldo, una volta
saturatisi gli spazi esistenti lungo la costa (Sampierdarena, Cornigliano
Ligure, Sestri Ponente, Prà e Voltri).
I nuovi impianti siderurgici venivano ad impiantarsi, a partire dagli anni
Ottanta del secolo XIX, in un contesto economico ancora fortemente basato
sulle coltivazioni, su modesti scambi commerciali interni e su alcune
attività, non ancora organizzate industrialmente (mulini e filande), che
sfruttavano i vicini corsi d'acqua come forza motrice per i macchinari.
Nella bassa e media valle venivano dunque a sconvolgersi gli equilibri
preesistenti con l'insediamento, per esempio, della ferriera Dufour e Bruzzo
a Bolzaneto (1887, 107 operai), di varie acciaierie e ferriere, tra cui
l'impianto delle Acciaierie Italiane, sempre a Bolzaneto, confluito nel 1918
(quando impiegava oltre 1.400 dipendenti) nell'ILVA, oltre ad una serie di
XXIII
piccole e medie realtà produttive nate a Pontedecimo (Fonderie Grondona,
Ferriera Montanella "del Riccò", Ferriera Sanguineti ecc.).
Le produzioni di tali impianti ruotavano, insieme ad una serie di imprese
collaterali (Perino, FIL ed alcune officine), soprattutto intorno alle
costruzioni e riparazioni ferroviarie e, successivamente, alle commesse
belliche (in particolare l'Ansaldo, ma anche l'ILVA), connesse alla prima
guerra mondiale.
Il settore tessile subiva, viceversa, forti trasformazioni che, a partire dalla
fine dell'Ottocento, avrebbero portato allo sviluppo, negli anni Trenta dei
nuovi maglifici (Borioli, Santo Dasso, Rolih ecc.) e pettinature (Pettinatura
Biella), a fianco dei vecchi cotonifici e filature (Cristoffanini, De Ferrari,
Costa ecc.), riorganizzati secondo schemi industriali.
Importante, anche, tra la fine del secolo XIX e la seconda guerra
mondiale, il potenziamento dei settori alimentare e chimico, con
l'insediamento di importanti gruppi, quali la Società Ligure Lombarda per
la Raffinazione degli zuccheri, i Molini Alta Italia, i Molini Certosa, gli
Oleifici Nazionali, e l'evolversi dei colorifici (Brignola, Tassani, Attiva),
dell'industria delle stearine (Mira Lanza) e delle prime attività di
raffinazione dei prodotti petroliferi (Raffinerie San Quirico, Dellepiane ed
ERG), destinate a svilupparsi nel secondo dopoguerra.
XXIV
La "irizzazione", negli anni Trenta, di molti grandi impianti siderurgici
della bassa valle (derivanti da Ansaldo ed ILVA), determinava
l'allontanamento dei centri decisionali dall'area genovese.
Questa situazione, nel dopoguerra, insieme alla crisi italiana dell'acciaio
ed alle razionalizzazioni degli impianti (si veda la costruzione del ciclo
integrale "Oscar Sinigaglia"), previste in concomitanza con le applicazioni
del "piano Schuman" (1951) e del trattato CECA (1953), portava alle
chiusure di molti stabilimenti, come l'ILVA di Bolzaneto (1951, al centro
di una lotta culminata con la "Colata della Pace"), la SIAC di Pontedecimo
e la SIAC di Trasta.
Anche i privati avviavano, tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta,
alcune chiusure: la Ferriera Montanella, le Acciaierie e Ferriere Bruzzo,
seguite, negli anni Ottanta da numerose imprese della media valle, quali le
Fonderie Grondona, la Perino ed il Tubettificio Ligure.
In generale, si calcolava che, negli anni Cinquanta in Val Polcevera,
fossero state chiuse 22 fabbriche e si fossero persi quasi 5.000 posti di
lavoro: un vero e proprio "Cimitero delle fabbriche".
Anche negli altri settori si verificavano profonde crisi, come, ad
esempio, nel tessile, che vedeva chiudere quasi tutte le principali imprese
negli anni Cinquanta (Rolih, De Ferrari, Costa, Sanguineti, Cristoffanini
XXV
ecc.) e successivamente ulteriori ridimensionamenti negli anni Sessanta
(Borioli), Settanta (Pettinatura Biella) e Ottanta-Novanta (Santo Dasso).
L'unico comparto che dal dopoguerra in poi presentava una forte crescita
era quello della raffinazione e stoccaggio dei prodotti petroliferi.
L'espansione della ERG di Garrone (oltre mille dipendenti nel '69 per 50
ettari di suolo occupato) comportava però lo stravolgimento del contesto
ambientale ed ecologico e, quindi, le proteste da parte della popolazione,
sfociate negli anni Settanta, in grandi manifestazioni pubbliche.
Dopo una serie di provvedimenti e ricorsi al TAR, si giungeva, nel 1979,
all'accordo Val Polcevera, che avrebbe dovuto comportare la sostituzione
delle attività di raffinazione, con altre ad alto contenuto tecnologico e ad
alta concentrazione di addetti.
La realizzazione di questo progetto sarebbe avvenuta solo nella sua "pars
destruens", mentre una vera riconversione avrebbe seguito modalità
differenti (sviluppo del settore terziario e della riqualificazione ambientale),
solo a partire dagli anni Novanta.
L'arco di tempo, considerato in questo lavoro, si conclude,
simbolicamente, con la proclamazione di uno sciopero generale delle
categorie industriali dell'intera vallata, il 16 dicembre 1980, per rivendicare
la difesa dell'occupazione (sono a rischio oltre 2.000 posti di lavoro) ed il
XXVI
rilancio produttivo dell'area; un vero e proprio "canto del cigno" della Val
Polcevera industriale.
XXVII
CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)
1. LA VAL POLCEVERA PREINDUSTRIALE DALLA
REPUBBLICA AL REGNO
1.1. DA TERRITORIO AI MARGINI A BARICENTRO DEI
TRAFFICI: FERROVIA E VIABILITA’ INTERNA.
L’inizio del secolo XIX costituisce uno spartiacque ideale nella
definizione del ruolo svolto dalla Val Polcevera, nell’ambito delle vie di
comunicazione e, in questo senso, si rivela cruciale il periodo
dell’occupazione napoleonica.
Infatti nel Settecento, sotto la Repubblica di Genova, la valle era al
centro di modesti traffici commerciali, che trovavano uno sbocco esterno
attraverso l’antico passo della Bocchetta, vicino a Campomorone
(potenziato nel 1583 e transitabile per lo più a dorso di mulo), mentre solo
nel 1772 il doge Giovanni Battista Cambiaso aveva dato avvio ai lavori per
la costruzione di una strada carrozzabile (detta "Cambiasa", progettata da
Pietro Cantoni), che raggiungesse da Genova, tramite Sampierdarena e
lungo il Polcevera, la sua villa di Cremeno, oltre Bolzaneto.
2
CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)
E’, dunque, sul tracciato di questo percorso, parzialmente realizzato, che
gli ingegneri napoleonici, nel 1810, promuovono i primi lavori per la
creazione di una strada carrozzabile, che unisca Genova e Torino (ormai
entrambe annesse all'Impero Francese), transitando attraverso il valico dei
Giovi, nei pressi di Mignanego1.
L'opera viene però ultimata nel 1823, sotto Carlo Felice, dopo il
passaggio della Liguria al Regno di Sardegna, secondo quanto stabilito dal
Congresso di Vienna (1815); il costo del trasporto, per ogni quintale di
merce trasportata da Genova e Torino, attraverso la nuova arteria, ammonta
a circa 5-6 lire, rispetto alle 10-12, necessarie alla movimentazione lungo la
precedente strada della Bocchetta2.
L'annessione della Repubblica allo stato sabaudo determina la
ridefinizione della Val Polcevera, da semplice entroterra di Genova a
territorio centrale di connessione tra la capitale del Regno ed il suo porto
principale.
In questa nuova ottica, durante il decennio cavouriano (1851-1860),
prende corpo il progetto per la costruzione della ferrovia Genova - Torino,
che ha inizio nel 1846, partendo da Torino.
1 STRINGA P., La Valpolcevera, AGIS, Genova, 1980, pp. 71, 85. 2 FELLONI G., Scritti di Storia Economica, vol. II, Atti della Società Ligure di Storia Patria, Genova, 1998, p. 885.
3
CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)
I lavori procedono per tratte successive, con i percorsi tra i vari punti di
collegamento attivati di volta in volta; l’ultimo grande ostacolo è costituito
dal superamento della barriera appenninica, che prevede la realizzazione di
una serie di tunnel ripartiti tra i versanti settentrionale e polceverasco.
La galleria dei Giovi, lunga oltre 3.250 metri, richiede l’impiego di oltre
trenta milioni di mattoni, per un costo di oltre dieci milioni e mezzo di lire,
costituendo un primato mondiale.
La linea viene ultimata nel 1853 e tocca le stazioni di Rivarolo Ligure,
Bolzaneto, Pontedecimo e del Piano Orizzontale dei Giovi (dopo
Mignanego), che vengono così inserite nelle grandi vie di comunicazione,
che fungeranno da elemento propulsivo per l'avvento della Rivoluzione
Industriale nell'Italia nord occidentale e, di conseguenza, in Val Polcevera3.
Per quanto riguarda, invece, i servizi di trasporto interno alla valle, si
riscontra, per quasi tutto il secolo XIX, una carenza di mezzi, che si
accompagna all'inadeguatezza delle strade, specialmente quelle di
collegamento tra le località site lungo il Polcevera e quelle collinari,
raggiungibili generalmente tramite mulattiere, non sempre carrozzabili.
In ciascun comune della Val Polcevera (escluse le frazioni più isolate)
sono presenti piccole compagnie private di trasporto, spesso unipersonali,
3 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 24.
4
CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)
che svolgono il servizio di collegamento con Genova, mediante omnibus a
cavalli.
Inoltre la Compagnia Genovese Fiacres e Landaux, costituita nel
capoluogo ligure a metà del secolo, consente spostamenti anche nelle
periferie, su richiesta degli utenti4.
1.2. POPOLAZIONE ED ATTIVITA’.
Per tutta la prima metà dell'Ottocento non si segnala, in Val Polcevera
(soprattutto nell'alta valle), un particolare sviluppo dell'abitato e delle
localizzazioni produttive.
Se ne può avere un riscontro dall'analisi dei dati relativi agli abitanti,
forniti da alcune pubblicazioni5 e dai censimenti generali della popolazione
del Regno d'Italia del 1861, 1871, 1881 (si vedano le tabelle I, II e III alle
pagg. 9, 10, 11).
Nel 1837 Rivarolo Ligure risulta essere il comune più popoloso della
valle (con 5.700 abitanti), seguito da Larvego (in seguito Campomorone,
3.840), da Sant'Olcese (3.524), San Cipriano (3.066), Ceranesi (2.640),
4 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 35. 5 CASALIS G., Dizionario Geografico - Storico – Statistico - Commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Cassone Marzorati Vercellotti Tipografi, Torino 1837.
5
CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)
Mignanego (2.580), San Quirico in Val Polcevera (2.560), Serra Riccò
(2.342), Borzoli (1.951) e Brasile (740).
Si può già notare, come i comuni maggiormente abitati siano quelli
dell'alta e media valle, con l'eccezione di Rivarolo, i quali presentano anche
un'estensione territoriale maggiore.
Con l'unità d'Italia si inizia già ad assistere ad un rovesciamento della
situazione, poiché, da questi anni in poi, a crescere di più saranno proprio
le località della bassa valle, che cominciano ad essere investite prima dalla
Rivoluzione dei Trasporti e poi da quella Industriale.
Tra il 1861 ed il 1881, infatti, la popolazione residente a Bolzaneto passa
da 2.625 abitanti a 4.087 (segnando un incremento di +55,70 %, in appena
vent'anni), a Borzoli da 2.287 a 3.464 (+51,46 %), a Rivarolo da 7.130 a
8.882 (+24,57 %), a San Quirico da 2.632 a 3.052 (+15,96 %), a
Sant'Olcese da 3.614 a 4.062 (+12,40 %), a Ceranesi da 2.850 a 3.077
(+7,96 %), a Campomorone da 4.230 a 4.492 (+6,19 %), a Serra Riccò da
4.598 a 4.820 (+4,83 %). Scendono gli abitanti di Mignanego da 2.915 a
2630 (-9,78 %) e quelli di Pontedecimo da 4.152 a 3.677 (-11,44 %).
Nel complesso, dunque, se la Val Polcevera incrementa la propria
popolazione, tra il '61 e l' '81, del 14,07 %, i comuni del basso e medio
corso del torrente crescono del 23,03 %, mentre quelli dell'alta valle solo
del 4,80 %.
6
CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)
Ancora ai primi dell'Ottocento la Val Polcevera è territorio a
caratterizzazione prevalentemente agricola, con un modesto sviluppo
commerciale nei paesi del lungotorrente. Sono presenti, poi, numerose ville
patrizie di villeggiatura, con annessi fondi coltivati, di proprietà di
importanti famiglie nobili genovesi.
La possibilità di sfruttare le acque del Polcevera, quale fonte di forza
motrice, e la relativa vicinanza al porto di Genova (con la facilità di
reperimento delle merci ivi scambiate) portano allo sviluppo di due settori,
in seguito tradizionali per la valle: l'industria tessile ed i mulini.
All'inizio del secolo il settore tessile (seta, cotone, canapa, lino e lana)
attraversa un periodo di crisi, in diretta conseguenza del "blocco
continentale" napoleonico, che limita le importazioni di materia prima (seta
e cotone, in particolare). Tale situazione di stasi si protrae, anche a causa
dell'arretratezza tecnologica degli opifici (è ancora diffusa la filatura a
mano del cotone), della mancanza di investimenti e del persistere del
lavoro a domicilio, fino alla metà dell'Ottocento, quando comincia la fase
di sviluppo, in epoca cavouriana.
In particolare si insediano, in questi anni, molte manifatture di filatura
dei bozzoli e della seta a San Quirico, a Bolzaneto, a Campi ed a Rivarolo,
mentre a Mignanego, a Ceranesi ed a Borzoli è ancora prevalente la
manodopera impiegata a domicilio.
7
CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)
Si può notare, nel 1822, la presenza delle filature di bozzoli Durazzo (24
addetti), Pontio (92), Rivarola (24) e di sete Durazzo (109), Pontio (255),
Rivarola (92) e Canonero (70) a San Quirico, oltre alle filature di bozzoli
Grondona a Bolzaneto (48 unità), Serra a Murta (20), Cipollina a Rivarolo
(24) e a quelle di sete Grondona di Bolzaneto (79). Si tratta, spesso, di
manifatture di proprietà di nobili possidenti genovesi, lasciate in gestione a
terzi, generalmente residenti nei pressi dell'opificio.
L'altro aspetto tradizionale dell'industrializzazione della Val Polcevera è
la presenza dei mulini, la cui numerosità a Campomorone, Rivarolo, San
Quirico, Bolzaneto è da mettere in stretta relazione con uno dei rami più
importanti del commercio genovese: il traffico granario del porto, che
interessa quasi la metà dell'intera flotta del capoluogo ligure6.
6 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 28, 29, 31, 32, 38.
8
I. POPOLAZIONE RESIDENTE NEI COMUNI DELLA VAL POLCEVERA (1837).
COMUNI POPOLAZIONE
Borzoli * 1 1.951
Brasile (oggi Bolzaneto) * 740
Rivarolo Ligure * 5.700
San Quirico in Val Polcevera * 2.560
Ceranesi 2 2.640
Larvego (oggi Campomorone) 3.840
Mignanego 2.580
San Cipriano 3 3.066
Sant'Olcese 3.524
Serra Riccò 2.342
TOT. VAL POLCEVERA 28.943
* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.
1 E' compresa la frazione di Fegino (850 ab.).
2 Sono comprese le frazioni di Livellato (752 ab.), Paravanico (670 ab.) e Torbi (356 ab.).
3 Si presume sia compresa la frazione di Pontedecimo, divenuta Comune nel 1853, anno in cui il Comune di San Cipriano viene soppresso e diventa frazione di Pontedecimo. Nel 1869 la frazione di San Cipriano passa al Comune di Serra Riccò. Nel 1926 il Comune di Pontedecimo viene soppresso ed aggregato al comune di Genova.
Fonte: CASALIS G., Dizionario Geografico - Storico – Statistico - Commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Cassone Marzorati Vercellotti Tipografi, Torino 1837; vol. II: pp. 524, 611, vol. IV: p. 395, vol. IX: p. 263, vol. X, p. 375, vol. XVI: p. 328, vol. XVIII: pp. 178, 581, 658, vol. XIX, p. 888.
9
II. POPOLAZIONE RESIDENTE IN VAL POLCEVERA (1861–1881).
1861 1871 1881
Bolzaneto * 2.625 4.481 4.087
Borzoli * 2.287 2.598 3.464
Pontedecimo * 4.152 3.041 3.677
Rivarolo Ligure * 7.130 6.858 8.882
San Quirico * 2.632 2.662 3.052
Campomorone 4.230 4.294 4.492
Ceranesi 2.850 2.878 3.077
Mignanego 2.915 2.879 2.630
Sant'Olcese 3.614 3.728 4.062
Serra Riccò 4.598 4.757 4.820
TOT. VAL POLCEVERA 37.033 38.176 42.243
BASSA E MEDIA VALLE 18.826 19.640 23.162
ALTA VALLE 18.207 18.536 19.081
* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.
Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.
10
III. INCREMENTO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN VAL POLCEVERA
(1861–1881).
incremento
% 1861 - 1871
incremento % 1871 -
1881
incremento % 1861 -
1881
Bolzaneto * 70,70 -8,79 55,70
Borzoli * 13,60 33,33 51,46
Pontedecimo * -26,76 20,91 -11,44
Rivarolo Ligure * -3,81 29,51 24,57
San Quirico * 1,14 14,65 15,96
Campomorone 1,51 4,61 6,19
Ceranesi 0,98 6,91 7,96
Mignanego -1,23 -8,65 -9,78
Sant'Olcese 3,15 8,96 12,40
Serra Riccò 3,46 1,32 4,83
TOT. VAL POLCEVERA 3,09 10,65 14,07
BASSA E MEDIA VALLE 4,32 17,93 23,03
ALTA VALLE 1,81 2,94 4,80
* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.
Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.
11
CAPITOLO II (1880 – 1914)
1. I TRASPORTI
1.1. IL POTENZIAMENTO DELLA RETE FERROVIARIA:
NUOVI COLLEGAMENTI COL PIEMONTE E LA
LOMBARDIA.
1.1.1. La costruzione della “Succursale dei Giovi”
Se è vero che il completamento della linea ferroviaria Torino - Genova,
nel 1853, aveva permesso di ridurre sensibilmente costi1 e durata2 di
tragitto per i trasporti oltreappennino e aveva giovato all’industria
metalmeccanica della bassa Val Polcevera e del Ponente genovese, a causa
degli stretti collegamenti di questa con le società di costruzioni ferroviarie,
non si può dire, però, che il porto ne avesse tratto benefici diretti ed
immediati.
1 Il trasporto ferroviario veniva a costare circa un terzo di quello stradale e (per le merci) circa i due terzi di quello marittimo. FELLONI G., Scritti di Storia Economica, vol. II, Atti della Società Ligure di Storia Patria, Genova, 1998, p. 893. 2 Si poteva percorrere il viaggio da Genova a Torino, col treno, in poco più di sei ore, mentre la vettura o la diligenza ne avrebbe richiesto 25. Idem nota 1.
13
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Infatti il movimento dei traffici portuali dipende da circostanze assai più
generali e complesse, collocabili in una dimensione, che va ben al di là dei
confini nazionali e che investe il sistema dei rapporti e delle comunicazioni
terrestri e marittime a scala internazionale.
Solo verso gli anni ’70 del XIX secolo si registra un sensibile incremento
delle merci trasportate attraverso la ferrovia dei Giovi.
Realizzato, infatti, il canale di Suez (1869) e aperta la galleria del Frejus
(1871), Genova è finalmente inserita nella rete del traffico internazionale;
da questo momento la ferrovia gioca un ruolo importante per lo sviluppo
del movimento commerciale portuale; ruolo che diverrà decisivo nei primi
anni ’80, quando l’apertura del Gottardo (1882) consentirà il collegamento
diretto con la Svizzera, prima possibile solo attraverso la Francia e il
Frejus3.
E’ a questo punto che la prima linea ferroviaria comincia a mostrare tutti
i suoi limiti. A causa dell’orografia del territorio, infatti, il percorso
appenninico risulta penalizzato dal forte dislivello da superare nel tratto tra
Pontedecimo e l'imbocco sud della galleria Giovi, con la pendenza di circa
il 35 per mille, che crea notevoli difficoltà ai primi convogli passeggeri.
I nuovi ritmi produttivi esigono, per contro, un sensibile e crescente
adeguamento delle quantità delle merci in transito, con una parallela
3 POLEGGI E. CEVINI P., Genova, Laterza, Bari, 1981, pp. 191, 194.
14
CAPITOLO II (1880 – 1914)
velocizzazione nel trasporto dei passeggeri. Inoltre appaiono evidenti, in
questi anni, i problemi, legati alla crescente concorrenza dell'impianto
ferroviario, che unisce lo scalo di Marsiglia al nord Europa.
E’ in quest’ottica, dunque, che prende forma il progetto per il
potenziamento della Genova – Torino, redatto da tempo con la supervisione
dell'ingegner Carlo Navone, relativo alla creazione di una nuova linea,
transitante lungo l'argine destro del Polcevera parallelamente alla linea del
‘54, con un superamento progressivo del dislivello appenninico, ottenuto
mediante una salita in quota "lunga" con una pendenza dal 7 al 12 per
mille.
Questa soluzione permette una maggiore rapidità di movimento
progressivo e una maggiore portata di carico, determinando l'abbassamento
dei costi e rendendo ulteriormente competitivo il trasporto su rotaia.
I lavori per la nuova linea, da subito definita "Succursale dei Giovi"
(poichè, infatti, non sostituisce quella originaria ma ne integra la portata
totale), prendono inizio nel 1879, appaltati dalla società Strade ferrate del
Mediterraneo (poi subentrata nella gestione della linea) a diverse imprese, e
comprendono la realizzazione del ponte tra Pontedecimo e Campomorone,
oltre a numerosi altri viadotti. In particolare, l’erezione del viadotto, che
attraversa il torrente Verde tra i comuni di Pontedecimo e Campomorone,
avviene tra il 1883 e il 1886; il ponte, supportato da venti arcate (con uno
15
CAPITOLO II (1880 – 1914)
dei piloni centrali, che affonda nel greto torrentizio per una profondità pari
alla parte emergente), raggiunge l'altezza di 55,73 metri.
Altrettanto impegnativa è la realizzazione del tunnel verso Mignanego,
all’interno del quale vengono scavate grandi camere di deposito per le
attrezzature e i materiali necessari alla manutenzione della linea, con un
valido impianto di aerazione4.
La “Succursale dei Giovi” viene concepita come linea veloce e, per
questo motivo, oltre che per la relativa inagibilità del territorio d'altura
attraversato, vengono stabilite due sole fermate in Val Polcevera: quella di
S. Quirico, realizzata soprattutto per compensare l'esclusione di questo
comune dalla mappa delle soste del precedente impianto ferroviario, e di
Mignanego, attivata per la scarsa comodità di carico e scarico delle merci
della stazione dei Piani Orizzontali. Viceversa, non vengono accolte le
richieste delle giunte comunali di Ceranesi e Campomorone, avanzate nel
1882, per ottenere uno scalo comune nel loro ambito territoriale. Il servizio
capillare per gli utenti della vallata rimane dunque di pertinenza della prima
linea ferroviaria5.
4 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 25. 5 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 26.
16
CAPITOLO II (1880 – 1914)
La “Succursale dei Giovi” viene completata entro la primavera del 1889,
entrando in servizio il 15 aprile di quell'anno6.
Tra il 1893 e il 1894 entra poi in esercizio un nuovo tronco ferroviario,
che collega Genova ad Acqui tramite Ovada, passando per Sampierdarena,
attraversando il Polcevera e fermando anche a Borzoli.
Le successive realizzazioni, riguardanti il percorso polceverasco della
nuova linea, consistono nella costruzione del "Quadrivio Torbella",
costituito dalla confluenza delle tratte che fanno capo alle stazioni di
Sampierdarena, Pontedecimo, Mignanego e alla linea per Ovada.
Infine tra il 1911 ed il 1914 viene attuata l'elettrificazione della linea tra
Sampierdarena e Ronco Scrivia7.
1.1.2. Il trasporto delle merci: collegamenti con industria e porto
Il periodo a cavallo tra i secoli XIX e XX vede, nel campo dei trasporti
su strada ferrata, una netta preponderanza della movimentazione delle
merci, che aveva costituito il motivo portante della realizzazione degli
impianti, rispetto a quella dei passeggeri, che interessa invece una fetta
ancora ridotta del tessuto sociale.
6 FELLONI G., Scritti di Storia Economica, vol. II, Atti della Società Ligure di Storia Patria, Genova, 1998, p. 895. 7 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 26.
17
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Alla luce di ciò, si assiste, in questi anni, ad una serie di interventi, volti
ad un continuo perfezionamento tecnico, come lo sviluppo di tronchi di
stazionamento dei vagoni presso le calate portuali, la costituzione di
depositi merci in tutte le stazioni, la creazione di prolungamenti delle rotaie
all'interno delle fabbriche, che rendono il trasporto ferroviario
maggiormente integrato col sistema portuale ed industriale.
La realizzazione di maggior rilievo è rappresentata dalla nascita del
Parco Vagoni Campasso, in territorio polceverasco, ad opera di imprese
salernitane ed amalfitane, che entra in funzione nel 1906.
La collocazione in questa zona del più esteso impianto di concentrazione
del materiale rotabile, tiene soprattutto conto della vicinanza dello scalo
portuale, al quale è collegato con due bracci: uno diretto verso il Passo
Nuovo, presso la Lanterna, l'altro che giunge nella parte più antica dello
scalo, nella zona della Darsena. Nella sua parte a monte, definita "Nord",
l'impianto viene collegato alla linea principale e alla succursale tramite il
tratto risalente l'abitato di Certosa.
Un’importante branca della ferrovia commerciale polceverasca è quella,
che serve le numerose industrie sorte lungo la riva destra del torrente, da
Cornigliano a Bolzaneto. Proprio in vicinanza di quest'ultima stazione,
viene infatti istituita un'altra area di concentrazione dei carri ferroviari,
provenienti da tutte le unità produttive esistenti nel citato tratto di territorio,
18
CAPITOLO II (1880 – 1914)
attraverso una linea a lento scorrimento (per le numerose fermate di carico
dei prodotti da avviare a destinazione), che dispone anch'essa di un
considerevole numero di vagoni speciali a disposizione8.
Da segnalare, infine, è l’istituzione delle strutture ausiliarie per il
ricovero delle locomotive e la loro manutenzione e per la revisione dei carri
ferroviari.
Il primo capannone coperto di rimessa delle macchine, da impiegare per
agevolare ai convogli la salita di Busalla, viene costruito presso lo scalo di
Pontedecimo. Si tratta, però, di un impianto destinato ad una breve durata,
a causa dell’entrata in funzione della linea succursale, alla quale è
necessario mettere a disposizione gli stessi mezzi ausiliari.
Viene, dunque, individuata una nuova area sull'argine sinistro del
torrente Polcevera, all'altezza dell'abitato di Certosa, sulla quale vengono
trasferite, a partire dal 1885, le strutture di deposito e di revisione delle
locomotive in spazi più ampi9.
8 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 30. 9 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 31.
19
CAPITOLO II (1880 – 1914)
1.2. I COLLEGAMENTI URBANI: LE EVOLUZIONI DEL
TRASPORTO PUBBLICO.
1.2.1. Omnibus e tramway
Sino a fine ‘800 il trasporto pubblico a Genova e nei comuni suburbani
viene ancora esercitato da numerose vetture a cavalli (le fiacres), quale
servizio d’élite, la cui regolamentazione comunale risale al 1855.
Sono presenti poi circa 200 omnibus a cavalli, appartenenti per lo più a
singoli proprietari, che svolgono i percorsi sulle tratte urbane ed
extraurbane, tra cui, in Val Polcevera, la Sampierdarena - Rivarolo -
Bolzaneto10.
Nel 1872 la Società del commercio e dell’industria genovese propone al
sindaco di Genova, di istituire un servizio unitario ed organico, fornito da
un’unica concessionaria.
Si arriva dunque, nel 1873, alla costituzione della Società Ligure dei
Trasporti, di cui sono principali azionisti Giovanni Battista Villa ed Enrico
Monticelli (già proprietari, in precedenza, di alcuni omnibus, attivi in un
servizio urbano organizzato), insieme ad altri 65 sottoscrittori minori.
10 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 47.
20
CAPITOLO II (1880 – 1914)
La nuova azienda di trasporti usufruisce di una concessione da parte del
comune, per l’avvio del servizio generale di vetture omnibus a Genova con
4 linee urbane e 5 suburbane (tra cui la Sampierdarena - Rivarolo -
Bolzaneto, prevista, ma, nei fatti, mai attivata); con riguardo a queste
ultime, è previsto che gli omnibus provenienti dagli altri comuni possano
transitare a Genova, ma non stazionarvi, se non ai margini della città11.
A causa dei deludenti risultati economici d’esercizio, dovuti alla forte
concorrenza nel settore e all’impossibilità di gestire le linee in regime
monopolistico, la Ligure Trasporti viene a trovarsi in serie difficoltà
finanziarie ed è, dunque, rilevata nel 1875 da un gruppo belga, che mette a
capo della società Luigi van Hardenberg12.
Da questo momento il trasporto pubblico genovese si pone al centro
delle mire dei capitali stranieri. Nel 1875, difatti, l’imprenditore di
Bruxelles Edouard Otlet richiede all’amministrazione comunale la
concessione di una linea di tramways a cavallo, che parta da Piazza della
Nunziata, arrivi a Sampierdarena, tramite una galleria di circa 250 metri da
costruirsi sotto il colle di San Benigno, e da lì prosegua, diramandosi in due
direzioni: una verso Pegli, l’altra in Val Polcevera sino a Bolzaneto (5,6
km), con la possibilità di un successivo prolungamento per Pontedecimo.
11 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 46-49. 12 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 51.
21
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Per la prima volta, dunque, dopo il fallito tentativo della Ligure
Trasporti, viene elaborato un progetto, volto a connettere organicamente i
comuni neoindustrializzati del Ponente e della Val Polcevera con Genova,
prendendo atto dell’inarrestabile fenomeno della mobilità delle persone sul
territorio.
Otlet, che dal 1876 agisce per conto della Compagnie Générale Française
des Tramways (detta la Francese), una della maggiori imprese transalpine
del settore, controllata dalla Banque Française et Italienne, ottiene nel 1877
le concessioni della durata di 45 anni per la linea polceverasca, da parte dei
comuni di Genova, Sampierdarena, Rivarolo e Bolzaneto.
Il materiale rotabile viene fornito dalla Societé Anonyme Metallurgique
et Charbonnière Belge e nel marzo 1878 si inaugura il tratto Genova –
Sampierdarena, mentre dal 1879 vengono raggiunte rispettivamente anche
Pegli e Bolzaneto13.
La nuova concorrenza dei tramways mette in serie difficoltà economiche
la Ligure Trasporti, che nel 1883 viene posta in liquidazione e tutti i suoi
beni, mezzi e concessioni sono acquistati proprio dalla Francese, che
assume, quindi, una posizione dominante nel settore.
13 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 52-56.
22
CAPITOLO II (1880 – 1914)
La società, però, non mostra particolare spirito d’iniziativa: non
promuove la costruzione di nuove linee tranviarie fino al 1887. Solo nel
1889 effettua, sotto la pressioni degli enti locali e della potenziale
concorrenza, il previsto prolungamento fino a Pontedecimo della linea della
Val Polcevera (a binario unico). Inoltre, per quanto i prezzi delle corse
rimangano stabili, la manutenzione del servizio omnibus rilevato è carente
e, per non aumentare le spese, l’azienda sfrutta i cavalli da traino fino allo
sfinimento, determinando quindi disservizi, accentuati dagli aspri dislivelli
dell’orografia genovese14.
Non bisogna dimenticare, oltretutto, che in Val Polcevera, come negli
altri comuni extraurbani, sono presenti anche altri operatori di trasporto via
omnibus da e per Genova: viaggiano 16 vetture lungo la linea per
Rivarolo15, 4 per Bolzaneto16, 7 per Serra Riccò e 2 per Sant’Olcese17 (per
queste ultime due località bisogna considerare anche i flussi turistici di
“villeggianti”) ed una serie di omnibus di collegamento con le zone
valligiane interne e d’altura, come Pedemonte, Geo di Ceranesi, Gallaneto,
Isoverde, la collina di Murta e i diversi Santuari, Fegino e Borzoli, che
partono da Rivarolo; non a caso, in questi anni le amministrazioni
14 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 57-59. 15 Numeri di linea da 27 a 38 e da 40 a 43. AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 81. 16 Numeri di linea da 44 a 49. Idem nota 15. 17 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 60.
23
CAPITOLO II (1880 – 1914)
municipali locali compiono grandi sforzi, per dotare di opportune piste
carrozzabili i territori di loro competenza18.
Questi servizi di trasporto suburbani si pongono spesso in diretta
concorrenza con la Francese, modificando anche le proprie vetture, in
modo da usufruire abusivamente delle rotaie di questa. Si tratta di
“padroncini”, che posseggono uno o al massimo due mezzi da circa venti
passeggeri e che, nel caso in cui non li guidino essi stessi, impiegano un
conducente ed un garzone, cui vanno aggiunti numerosi addetti
nell’indotto.
L’amministrazione genovese cerca regolarmente di mantenere questi
operatori fuori dal centro, mediante lo spostamento dei capilinea, ma questi
non mancano di protestare, contando anche sull’appoggio dei sindaci dei
comuni del circondario.
Per contro la Francese reagisce, promuovendo sulle direttrici del Ponente
e della Val Polcevera, in orari e con tariffe particolari, un “servizio
operaio”19.
Il settore, però, è investito da profondi mutamenti tecnologici e lo
sviluppo di Genova rende appetibile l’immissione nel servizio da parte di
nuovi soggetti imprenditoriali.
18 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 36. 19 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 61-63.
24
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Nel corso del 1890, infatti, vengono a costituirsi la Società di Ferrovie
Elettriche e Funicolari20, che ottiene nello stesso anno la concessione per
tranvie elettriche e funicolari nel centro città ed in Circonvallazione a
monte, e la Società Anonima dei Tramways Orientali21, che si prende
carico di realizzare e gestire il servizio di collegamento tra centro cittadino
e Val Bisagno e Levante, tramite l’utilizzo di omnibus e l’eventuale
adozione di nuovi tram elettrici o a vapore. La Val Polcevera, il Ponente e
parte del centro di Genova rimangono, dunque di pertinenza della
Francese22.
1.2.2. L’affermazione del tram elettrico
L’elettrificazione e l’unificazione del sistema tranviario avvengono, a
Genova, ad opera della tedesca Allgemeine Elektrizitäts Gesellschaft
(AEG).
Questa società, fondata e presieduta da Emil Rathenau, arriva nel
capoluogo ligure con una strategia industriale globale ed integrata, volta
alla costruzione di centrali elettriche, tranvie ed impianti di illuminazione
20 Ad opera di Francesco Giuseppe e Teodoro Bücher, albergatori residenti a Pegli e nativi di Kerns, in Svizzera. AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 85. 21 Un terzo delle azioni fanno capo alla Banque Liégeoise, che affianca alcuni azionisti genovesi, ovvero Erasmo Piaggio, la ditta Dufour e Bruzzo e la Banca di Genova. 22 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 66, 68.
25
CAPITOLO II (1880 – 1914)
elettrici. In quest’ottica viene promossa nel 1895 dalla AEG, insieme ad
alcuni istituti di credito tedeschi ed italiani, la costituzione della Bank für
elektrische Unternehmungen (Elektrobank), per reperire i capitali necessari,
per effettuare gli importanti investimenti previsti.
Nello stesso anno la società di Rathenau fonda la Officine Elettriche
Genovesi (OEG), che dovrà costruire a Genova le centrali termoelettriche e
provvedere alla distribuzione dell’energia generata da queste, dopo aver
stipulato il relativo contratto col comune.
Nel 1895, inoltre, AEG rileva la Società Genovese di elettricità, portando
avanti quindi la sua strategia di espansione.
Il passo successivo è la costituzione per iniziativa della Elektrobank,
sempre nel 1895, dell’Unione Italiana Tramways Elettrici (UITE), che
rileva subito mezzi, impianti e concessioni della Francese; l’anno
precedente AEG aveva acquistato la Società Ferrovie Elettriche e
Funicolari e la Società Tramways Orientali23.
Si viene dunque a creare, per la prima volta a Genova, un’effettiva
situazione di monopolio, sancito formalmente, nel 1901, con
l’incorporazione nella UITE della Società Ferrovie Elettriche e Funicolari e
della Società Tramways Orientali, precedentemente unificate.
23 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 69-71.
26
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Nel frattempo la UITE, forte dei finanziamenti della Elektrobank, si
impegna (acquistando dinamo, motori elettrici e vetture motrici
direttamente dalla AEG) nell’approntamento di una rete urbana ed
extraurbana organica ed elettrificata e dei necessari lavori edili, a questa
accessori24. Fra questi il più impegnativo è quello della costruzione della
galleria di Certosa, cominciata nel 1904, ponendo due cantieri alle
estremità del tracciato previsto per il tunnel ed impiegando per i lavori
circa 900 operai, provenienti in gran parte da altre regioni. Viene terminata
nel 1908 e permette, sottopassando la collina degli Angeli ed il Forte
Tenaglia, di collegare direttamente Genova (da via Venezia) con la Val
Polcevera (dalla Certosa di Rivarolo), evitando il passaggio obbligato per
Sampierdarena.
Nel 1911 la quasi totalità delle linee tranviarie risulta elettrificata, fra
cui, in Val Polcevera, già dal 1900 la direttrice Sampierdarena - Certosa -
Pontedecimo25 (15 km).26
Vengono istituite in Val Polcevera e nel Ponente, in base agli accordi tra
le varie amministrazioni comunali e la UITE, delle “tariffe operaie” in
24 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 74-76. 25 Da Caricamento le linee 5, 6 e 7 raggiungono rispettivamente Rivarolo, Bolzaneto e Pontedecimo attraverso Sampierdarena. Le linee 8, 9, 10 e 11 invece vengono deviate a Dinegro per la Galleria di Certosa. 26 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, pp. 40, 41, 45, 46.
27
CAPITOLO II (1880 – 1914)
determinate fasce orarie, che prevedono riduzioni di almeno il 30 % sul
costo del biglietto27.
La UITE consegue ottimi risultati economici, ma l’approvazione nel
1903, da parte del parlamento, della legge sulla municipalizzazione dei
servizi pubblici, inizia a creare le prime tensioni tra la società e
l’amministrazione genovese.
Nel 1912, infatti, il consiglio comunale approva una delibera di riscatto
di tutte le linee esercitate dalla UITE, confortata da un successivo
referendum. Non potendosi, però, permettere l’onere finanziario del
riscatto, l’amministrazione genovese giunge, nel 1914, ad un compromesso
con la società di trasporti: in sostanza l’azienda ha la garanzia di poter
continuare a svolgere il proprio servizio almeno fino al 192628.
27 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 78. 28DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 79, 80, 82, 83.
28
CAPITOLO II (1880 – 1914)
2. TRASFORMAZIONI ECONOMICHE E DINAMICHE
SOCIALI
2.1. LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE IN VAL POLCEVERA:
TRA SIDERURGIA, MECCANICA ED ATTIVITA’
TRADIZIONALI.
2.1.1. Le premesse: quadro sintetico di riferimento per l’economia
genovese
La fine del XIX secolo coincide con una fase di vero e proprio decollo
per l’economia genovese, giunto al termine di un lungo periodo di
preparazione.
Infatti, dopo l’annessione della Repubblica genovese al Regno di
Sardegna, sancita al Congresso di Vienna (1815), sono numerose le
iniziative, da parte del Governo sabaudo, volte al potenziamento dei
collegamenti tra Torino e Genova ed al rilancio del porto ligure e della sua
flotta mercantile.
29
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Nel 1823 viene ultimata la Strada Statale dei Giovi, mentre, trent’anni
dopo, si inaugura la linea ferroviaria Genova - Torino. La costruzione di
quest’ultima e della Genova - Voltri, si pone in stretta relazione con la
costituzione della Società in accomandita Gio. Ansaldo & C.1, la quale,
forte dell’appoggio del Presidente del Consiglio dei Ministri Camillo Benso
di Cavour, provvede alla fornitura del materiale rotabile e delle
locomotive2.
L’attivazione delle nuove infrastrutture terrestri, pur rivelandosi
determinante per la nascita dell’industria meccanica, non segna, però, una
sostanziale svolta nei traffici portuali.
In questo senso il vero impulso viene dato dal finanziere Raffaele De
Ferrari duca di Galliera che, nel 1875, dona al comune di Genova la
significativa somma di 20 milioni di lire, con lo scopo di realizzare una
serie di opere di ammodernamento del porto. I lavori, terminati nel 1888,
consegnano alla città uno scalo profondamente trasformato e rinnovato3.
Il conseguente aumento dei traffici marittimi determina l’insufficienza
della rete ferroviaria esistente e la costruzione della nuova “Succursale dei
Giovi”, che entra in funzione a partire dal 1889.
1 La società, che nasce nel 1853, rilevando lo stabilimento Metallurgico di Sampierdarena Taylor & Prandi, conta tra i suoi azionisti il finanziere Giacomo Filippo Penco (con 3/8 del capitale sociale), l’armatore Raffaele Rubattino (2/8), il banchiere Carlo Bombrini (2/8) e l’ingegnere Giovanni Ansaldo (1/8) ed occupa 480 addetti. AA.VV., Storia dell'Ansaldo, vol. 9, Laterza, Bari, 2003, p. 35. 2 POLEGGI E. CEVINI P., Genova, Laterza, Bari, 1981, pp. 181, 182. 3 POLEGGI E. CEVINI P., Genova, Laterza, Bari, 1981, p. 194.
30
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Questi avvenimenti, insieme al lento affermarsi della navigazione a
vapore ed alla politica di protezionismo attuata dal Governo sabaudo,
contribuiscono alla nascita dell’industria pesante a Genova.
2.1.2. L’affermarsi dell’industria siderurgica e metalmeccanica in Val
Polcevera
Se, in questa fase, i comuni del Ponente genovese (Sampierdarena,
Cornigliano, Sestri e Voltri) si pongono al centro di tali trasformazioni
economiche, ospitando stabilimenti meccanici, siderurgici e cantieristici, la
Val Polcevera gioca, invece, un ruolo ancora modesto.
Quest’area infatti presenta, fino ancora agli anni ’80, i caratteri di
un’economia preindustriale; la componente principale è quella agricola,
anche se accanto alle coltivazioni, alla raccolta della legna ed
all’allevamento del bestiame sono presenti alcune attività tessili (filature
della seta e dei bozzoli e lanifici) e molitorie, che sfruttano i torrenti
Polcevera, Secca, Verde e Riccò, quali forza motrice per i mulini ed i telai4.
4 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 29.
31
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Inoltre, il passaggio della Strada Statale dei Giovi favorisce, in una certa
misura, gli scambi commerciali, pur lasciando nel loro isolamento
economico le località collinari, maggiormente distanti dal Polcevera.
Il nuovo transito delle linee ferroviarie, completando l’opera di
collegamento tra Genova e Torino, mette la bassa e media Val Polcevera al
centro dei principali flussi economici liguri e piemontesi col porto; il
territorio, definitivamente uscito dalla precedente situazione di marginalità,
diventa oggetto di interesse da parte del capitale genovese, per accogliere
nuovi impianti industriali, anche grazie al costo relativamente più basso
delle vaste aree disponibili5.
A fianco ai primi opifici meccanici, quali la Società Canale a Rivarolo
(costituita nel 1847)6, le Fonderie Grondona a Pontedecimo (1864) e lo
Stabilimento Meccanico Simone Candelo (anni ’60, poi Fonderie Pittaluga
ed, in seguito, Tubettificio Ligure)7, si vengono ad insediare, a partire dagli
anni ’80, gli stabilimenti di alcuni importanti gruppi siderurgici, che
forniscono materiali per la costruzione di componenti per navi, vagoni
ferroviari ecc.
5 BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, pp. 99, 100. 6 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 33. 7 Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M.
32
CAPITOLO II (1880 – 1914)
A Bolzaneto nasce, nel 1887, la Ditta Dufour e Bruzzo (dal 1901 Fratelli
Bruzzo Ferriera di Bolzaneto S.n.c.), la più antica ferriera d’Italia, che
impiega 107 operai (arriverà ad occuparne più di 1.000, nel 1912,
producendo 40.000 tonnellate di acciaio, il 4 % della produzione nazionale)
e che fornirà anche i laminati per la fabbricazione delle prime auto Alfa
Romeo8; le Acciaierie Italiane, costituite nel 1899 (con la partecipazione,
fra gli altri, della famiglia Piaggio e degli armatori Carlo Pastorino ed
Ignazio Florio), rilevano lo stabilimento Serapio di Bolzaneto; nel 1904
nasce la Ferriera Montanella o “del Riccò”, che subentra alla Fabbrica
Vittorio Rolla di Pontedecimo; la Società Ligure Metallurgica (del gruppo
Raggio) acquisisce, nel 1905 la ferriera Galliano di Bolzaneto9; negli stessi
anni viene fondata a Pontedecimo la Ferriera M. Sanguineti & C. (poi S.A.
Ferriera di Pontedecimo, successivamente confluita nella SIAC)10, mentre
le Officine elettromeccaniche del gruppo Piaggio si stabiliscono a Rivarolo,
aggiungendosi ad una serie di officine meccaniche della Società ferroviaria
del Mediterraneo di Genova, sparse tra Sampierdarena, Rivarolo e
Pontedecimo, che impiegano 277 lavoratori11.
8 Relazione di Roberto Tolaini al convegno Le imprese familiari -memorie e strategie, tenutosi a Genova, presso la Facoltà di Economia, il 27 maggio 2004. 9 DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II, Giuffrè editore, Milano, 1973, p. 196. 10 Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M. 11 Sito internet www.liguria.cgil.it.
33
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Dunque l’insediamento delle industrie pesanti di grandi dimensioni
avviene principalmente a Bolzaneto e, in misura minore, a Rivarolo,
generando, in breve tempo, il ramificarsi di un gran numero di imprese
minori terziarie di servizio; di scala più contenuta risultano, invece, gli
impianti di Pontedecimo, cui si affianca una serie di attività collaterali,
lungo la riva destra del Torrente Riccò: le Trafilerie e Punterie Liguri della
famiglia Bresciani, che impiegano 18 dipendenti, la F.I.L. (Fabbrica
Italiana Lamiere della famiglia Lercari) e lo Stabilimento Meccanico
Perino, società fondata nel 1894 da Francesco Perino, che si occupa della
costruzione di serrature ed oggettistica meccanica (per esempio casseforti)
e che, nel 1929, arriverà ad avere un propria fonderia, officine meccaniche
e laboratori di montaggio e collaudo, penetrando nei mercati nazionali ed
esteri12.
La fase di stabilizzazione della crescita del settore siderurgico (che in
questo periodo beneficia delle commesse da parte delle grandi compagnie
di navigazione, che devono far fronte ai crescenti flussi di emigranti)
coincide con la costituzione, nel 1911 a Genova, dell'ILVA, da parte di vari
gruppi italiani, che gestisce gli stabilimenti siderurgici delle società
precedentemente consorziate13.
12 Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M. 13 Sito internet www.liguria.cgil.it.
34
CAPITOLO II (1880 – 1914)
All’ILVA aderiscono la Società Ligure Metallurgica e, nel 1918, le
Acciaierie Italiane (lo stabilimento di Bolzaneto, che si estende su una
superficie di 9 ettari, occupa in quell’anno oltre 1.400 dipendenti), alle
quali sarà aggregata nel 1931, la fabbrica di refrattari di Bolzaneto della
Società Ligure Piemontese prodotti refrattari (la futura SANAC)14.
Agli inizi del Novecento un altro grande gruppo industriale registra un
nuovo assestamento: la famiglia Perrone, già da tempo azionista insieme ai
Bombrini, ottiene il controllo completo della S.A. Italiana Gio. Ansaldo &
C., aprendo così un ciclo di forte espansione, che avrà il suo culmine con
l’avvento della prima guerra mondiale15.
2.1.3. L’evoluzione delle produzioni tessili ed alimentari e il sorgere
dell’industria chimica
L’industria tessile, già presente in Val Polcevera dai primi del secolo
XIX, vede, dopo la crisi degli anni ’70, attuarsi una trasformazione nelle
modalità produttive. Va, infatti, sparendo la pratica del lavoro a domicilio,
regolato dal cottimo e le imprese iniziano ad assumere un carattere
industriale e meno legato alle condizioni ambientali, mediante l’utilizzo di
14 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 28. 15 AA.VV., Storia dell'Ansaldo, vol. 9, Laterza, Bari, 2003, pp. 42-44.
35
CAPITOLO II (1880 – 1914)
macchinari a vapore e, successivamente, elettrici, forniti dalla nascente
industria meccanica polceverasca.
Queste aziende, a differenza di quelle siderurgiche, sono diffuse in tutto
il territorio della valle e nascono dall’iniziativa di imprenditori genovesi,
ma anche di quelli locali e non godono di un particolare appoggio
finanziario pubblico.
Nel 1885 apre, ad Isoverde di Campomorone, lo Jutificio Andrea Costa,
che impiega 500 addetti, di cui oltre 300 sono donne16, con una
disponibilità di 1.800 fusi e 130 telai. A Rivarolo e a Teglia sorgono, nel
1882, gli stabilimenti del Cotonificio Figari e Bixio, il quale diventerà nel
1889, a seguito di fusioni, Cotonificio Italiano17. Negli stessi anni, ad
Arvigo frazione di Sant’Olcese, viene impiantata la Fratelli Cristoffanini,
che cura la lavorazione di tessuti speciali in lana, cotone, lino e canapa, con
cui produce articoli tecnici industriali, tele per velerie nautiche, tubi
speciali in tessuto per le industrie18. Negli anni ’80 è presente a San
Quirico la filanda di Giuseppe De Ferrari, con 30.000 fusi ed un migliaio di
operai; la ditta M. Dellepiane ha, invece, due stabilimenti, rispettivamente a
Campomorone ed a Pontedecimo19.
16 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 83. 17 DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II, Giuffrè editore, Milano, 1973, p. 22. 18 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 120. 19 DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II, Giuffrè editore, Milano, 1973, p. 21.
36
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Dopo la crisi nazionale del 1893, che conduce alla chiusura della
maggior parte delle imprese minori a conduzione artigianale, il settore
tessile continua ad attraversare periodi di instabilità (nel 1896, per esempio,
chiude dopo vent’anni di attività, la tessitura meccanica Ditta Vittorio e
Mario Cugini Samengo di Campomorone)20; con la successiva crisi del
1907, si apre una fase di assestamento e di profonda riorganizzazione,
determinata dalla forte concorrenza straniera, dall’obsolescenza degli
impianti e, forse da una politica economica nazionale non troppo
favorevole per il settore21.
Tuttavia, nonostante la succitata fase di instabilità, trova sviluppo un
comparto affine al precedente: la produzione industrializzata delle maglie
di cui sono esempi il maglificio Santo Dasso e figli, sorto nel 1890 a
Gazzolo di Pontedecimo ed a Ceranesi, il maglificio Sanguineti e
Demartini di Rivarolo (1906) ed il maglificio Michele Rolih di San
Quirico22. Questa nuova specializzazione industriale, inserita nella valle,
evidenzia un significativo fenomeno nell’evoluzione produttiva del settore:
si passa dalla fase del lavoro domiciliare, organizzato artigianalmente, ad
20 DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II, Giuffrè editore, Milano, 1973, p. 120. 21 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 45. 22 LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, pp. 115, 116.
37
CAPITOLO II (1880 – 1914)
una concentrazione della manodopera (per la maggioranza donne) sotto una
sola ditta e con una produzione a livello industriale.
Per quanto concerne il settore dell’industria alimentare, bisogna
segnalare che già da tempo sono presenti, in tutta la Val Polcevera, molte
piccole aziende a conduzione familiare, che sfruttano prevalentemente la
forza motrice idraulica, garantita dai molti mulini, presenti lungo il corso
del Polcevera e dei suoi affluenti23; a Pontedecimo, per esempio, sono
presenti il Pastificio Gallo con 25 dipendenti ed il biscottificio Angelo
Grondona (con 30 unità), a Ceranesi il pastificio Moisello, a Rivarolo
nasce, nel 1893, la pasticceria - confetteria Traverso, mentre il biscottificio
Preti si stabilisce a Sant’Olcese24, dove, inoltre, nel 1880 Luigi Parodi crea
il salumificio Parodi, che, seguito dal Salumificio Angela Cabella, si
specializza nelle produzioni di insaccati tipici locali, destinati ad avere una
forte eco a livello regionale.
Accanto a queste attività prevalentemente artigianali (alcune di queste
aggiorneranno le proprie modalità di produzione, altre usciranno di scena),
iniziano a sorgere col nuovo secolo, principalmente nella bassa Val
Polcevera, nuovi stabilimenti industriali, facenti capo ad importanti gruppi
23 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 23, 32. 24 Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M.
38
CAPITOLO II (1880 – 1914)
nel campo della raffinazione degli zuccheri e del settore alimentare in
genere.
A Rivarolo sono presenti la Raffineria Italiana di Zuccheri (1881 fusa
poi nella Ligure Lombarda), i docks internazionali della Società Ligure
Lombarda per la Raffinazione degli Zuccheri (1898), i modernissimi
Molini Alta Italia (1904), la società milanese Molini Certosa (a Teglia dal
1904) e gli Oleifici Nazionali di Gerolamo Gaslini, che costruiscono qui,
nel 1909, un nuovo e moderno stabilimento, in aggiunta a quello di
Bolzaneto25.
Infine a Fegino, alla fine dell’Ottocento si insedia la Fabbrica della Birra
Cervisia, il cui impianto comprende una parte esterna con servizio di
ristorazione (lo Chalet Cervisia), destinato anche alla pubblicizzazione del
prodotto, iniziando a costituire un elemento di concorrenza al tradizionale
consumo di vino26.
Per concludere, esaminando il quadro economico della Val Polcevera,
notiamo un primo sviluppo dell’industria chimica27, in particolare nella
bassa valle, pur con qualche eccezione: nel 1901 Orazio Brignola, poco più
che ventenne, fa confluire a Mignanego una serie di stabilimenti,
25 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 37, 45 e DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II, Giuffrè editore, Milano, 1973, p.13, 245. 26 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 17.
39
CAPITOLO II (1880 – 1914)
precedentemente disseminati nella provincia genovese, creando il
Colorificio Orazio Brignola S.p.A., adibito alla preparazione della biacca di
piombo; quest’azienda, assieme al Maglificio Santo Dasso, pone
un’alternativa all’occupazione nel settore agricolo, nella parte più
settentrionale della Val Polcevera28.
Viceversa, a Rivarolo, sorge dalla fine del XIX secolo uno stabilimento
della Stearineria Italiana, assorbita nel 1907 dalla Unione Stearinerie Lanza
di Torino (poi Mira Lanza), che produce stearine, candele ecc., occupando
oltre 100 dipendenti29.
Non bisogna, comunque, dimenticare, la presenza dell’attività estrattiva,
che ha sede principale nelle cave di marmo verde del Polcevera a
Pietralavezzara di Campomorone, dove, fino ancora a fine Ottocento, le
due ditte concessionarie delle miniere, la Giuseppe Raffo e la Nicola
Rebora, applicano sistemi rudimentali di estrazione e lavorazione delle
lastre di pietra.
Solamente a partire dal 1907, la Raffo inizia ad utilizzare impianti di
segheria idraulica, fili elicoidali per la quadratura e macchinari per la
27 Erano presenti, già ai primi dell’Ottocento, piccole realtà, come, ad esempio, le concerie di Borzoli, tra cui, a Fegino, quella impiantata da Francesco Campostano nel 1850. LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 18. 28 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 43, 49. 29 DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II, Giuffrè editore, Milano, 1973, p. 415.
40
CAPITOLO II (1880 – 1914)
lucidatura30. Negli stessi anni è presente, a Pontedecimo, la Nitrum Società
Ligure Lombarda per la Raffinazione dello Zolfo, passata dal 1896 a
Giorgio Gazzo, che occupa 47 dipendenti31.
2.2. LE CONDIZIONI LAVORATIVE E LE PRIME LOTTE
OPERAIE.
I radicali mutamenti nella vita economica della bassa e media Val
Polcevera, si riflettono anche sul tessuto sociale, che fino alla seconda metà
del XIX secolo, è composto in larga maggioranza da agricoltori (occupati
anche nei terreni di pertinenza delle molte ville patrizie di villeggiatura), da
allevatori e da un ristretto numero di commercianti locali.
La forza lavoro impiegata nelle modeste manifatture preindustriali
(spesso donne attive nel settore tessile) non costituisce certo una classe
lavoratrice consapevole, dal momento che spesso l’attività viene svolta a
domicilio, senza un vero luogo di aggregazione, quale la fabbrica; inoltre il
lavoro negli opifici risulta talvolta stagionale, volto ad integrare il reddito,
garantito dall’occupazione nei campi, durante i restanti mesi dell’anno.
30 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 90. 31 LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, p. 75 e Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M.
41
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Gli sviluppi della nuova industria, specie quella siderurgica e meccanica
di grandi dimensioni, insieme coi flussi migratori, in particolare di
manovali e tecnici piemontesi del personale ferroviario, consentono il salto
di qualità, incidendo nella formazione dei primi movimenti operai32.
Nel 1895 si costituisce, a Sampierdarena, la Camera del Lavoro di
Genova, che istituirà, alla fine della seconda guerra mondiale, una propria
succursale anche a Bolzaneto; nel 1903 nasce la Federazione Italiana
Operai Metallurgici (FIOM)33, mentre a Pontedecimo, già dal 1872, è attiva
la Società Operaia di Mutuo Soccorso “La Fratellanza”, movimento di
ispirazione mazziniana e solidaristica, che nel 1904 appoggia i primi
scioperi alla Ferriera Bruzzo e ne promuove il sostegno da parte della
popolazione polceverasca34.
Le condizioni lavorative nell’industria pesante sono molto dure. Oltre
alla pericolosità degli impieghi e alla assoluta mancanza di norme di
sicurezza, si aggiungono gli orari sfiancanti (anche 12 - 14 ore al giorno,
per 6 giornate alla settimana) ed il basso salario, pagato a cottimo (appena
11,5 lire ogni tonnellata prodotta)35.
32 DEL CANTO M., 120 anni di Fratellanza, Stamp. Edit. Brigati Glauco, Genova, 1992, p. 20 e LAMPONI M., La storia di Rivarolo Ligure, Valenti, Genova, 1975, pp. 73, 74. 33 Sito internet www.liguria.cgil.it. 34 DEL CANTO M., 120 anni di Fratellanza, Stamp. Edit. Brigati Glauco, Genova, 1992, p. 19, 27. 35 PERILLO G. GIBELLI C., Storia della Camera del lavoro, vol. I – Dalle origini alla seconda guerra mondiale, Editrice Sindacale Italiana, Roma 1980, pp. 109, 110.
42
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Pare significativo citare, a titolo esemplificativo, una vertenza del 1903,
che vede al centro lo stabilimento di Bolzaneto della Società Acciaierie
Italiane.
In quell’anno vi lavorano circa 800 addetti, impegnati nella laminazione
del ferro e dell’acciaio, con una giornata lavorativa di 12 ore; i laminatori
terminano la propria attività, intorno ai 45–50 anni, , perché privi di
energie.
La direzione dello stabilimento decide di attuare una forte riduzione
delle tariffe per i laminatori del “treno piccolo”. Infatti, in luogo di un
forno, ne apre due e stabilisce che ogni operaio, per avere diritto al
pagamento della tariffa media, debba laminare 15 tonnellate di ferro o
acciaio e non più 7.
Dopo un periodo di prova, in seguito alle proteste da parte delle
maestranze, la direzione propone di ridurre il quantitativo a 13 tonnellate,
in caso contrario la tariffa sarebbe stata ridotta alla metà. Gli operai
accettano in via di prova, ma si trovano nuovamente nell’impossibilità di
raggiungere tale obiettivo.
Si crea, dunque, un muro contro muro, seguito dalla serrata parziale dello
stabilimento, da parte della direzione, che comporta l’inattività di 160
laminatori. Intervengono, infine, nella vertenza la Camera del Lavoro di
Sampierdarena e la FIOM, che ottengono la cessazione della serrata,
43
CAPITOLO II (1880 – 1914)
mentre gli operai devono sottostare al nuovo sistema produttivo e salariale
imposto loro.
2.3. I DATI SULLE IMPRESE: IL PRIMO CENSIMENTO
INDUSTRIALE DEL 1911.
2.3.1. Una panoramica sulla Val Polcevera
Un quadro analitico sulla situazione del settore industriale della valle, ai
primi del Novecento, è ricostruibile con uno studio dei dati desunti dal
primo censimento nazionale degli opifici e delle imprese industriali del
1911 (si vedano le tabelle IV e V alle pagg. 51 e 52).
Scorrendo i valori, ci si rende conto del notevole peso economico di
quest’area, con le sue differenziazioni interne, già accennate prima.
Le 446 imprese presenti sul territorio sono riconducibili per il 57,6 % al
comparto agroalimentare, per il 12,3 % al siderurgico, per il 10,8 % al
tessile, per il 10,5 % alla lavorazione dei minerali e costruzioni edilizie,
stradali e idrauliche, per il 6,3 % al chimico, per l’1,3 % alle industrie
estrattive e infine per appena l’1,1 % ai servizi collettivi. Analizzando i dati
concernenti l’alta valle, spicca un valore percentuale del comparto
44
CAPITOLO II (1880 – 1914)
agroalimentare maggiore dell’omologo dato relativo all’intera Val
Polcevera, a scapito di tutti gli altri ambiti economici. Il fenomeno
esattamente inverso si registra, invece, nella bassa e media valle.
Se però andiamo a vedere come si distribuisce la forza lavoro in tutta la
Val Polcevera, che ammonta a 10.496 unità, notiamo che è occupata per il
37,3 % nella siderurgia, per il 23 % nel tessile, per il 21,9 %
nell’agroalimentare, per l’8,3 % nella lavorazione dei minerali e nelle
costruzioni, per l’8 % nel chimico, per l’1 % nelle industrie e servizi per
bisogni collettivi generali e soltanto per lo 0,5 % nelle industrie estrattive.
Analogamente a quanto riscontrato nei dati sulle imprese, nell’alta valle
prevale il numero degli occupati nel settore agroalimentare e soprattutto nel
tessile a scapito, in particolare, del siderurgico, mentre lungo il medio e
basso corso del Polcevera l’industria pesante guadagna punti percentuali,
rispetto ai valori dell’intera valle, specialmente a spese dell’industria
tessile.
Nella bassa e media valle su un totale di 317 imprese, 167 operano nel
campo agroalimentare (produttori di birra, oleifici, pastifici, biscottifici,
conserve), occupando 1.832 persone, mentre nelle sole 44 del settore
siderurgico (acciaierie, ferriere, fonderie) lavorano ben 3.864 dipendenti
ed è presente il 61,6 % della forza motrice dei motori di quest’area. E’
chiaro che questo è dovuto alle maggiori dimensioni degli impianti
45
CAPITOLO II (1880 – 1914)
dell’industria pesante. Le industrie del tessile registrano un maggior
numero medio di lavoratori per fabbrica, rispetto al comparto alimentare,
ma comunque sempre inferiore rispetto al ramo siderurgico.
Scendendo nel dettaglio, mentre Bolzaneto deve il suo grande sviluppo
sostanzialmente a poche grandi acciaierie e ferriere che occupano l’84 %
della sua manodopera, gli altri centri della media e bassa valle mostrano un
tessuto economico più vario. Borzoli e San Quirico presentano infatti una
distribuzione più uniforme della manodopera nei diversi comparti. A
Pontedecimo la forza lavoro è occupata principalmente in un buon numero
di piccole fonderie e ferriere e in molti piccoli e medi cotonifici e lanifici.
Rivarolo Ligure vede invece la maggior parte della propria manodopera
inserita nelle tante piccole realtà dell’agroalimentare (997 lavoratori) ed in
molte medie e piccole industrie siderurgiche (890). Notevole importanza
rivestono poi le industrie del chimico, del tessile e delle costruzioni.
Nell’alta Val Polcevera le imprese sono soltanto 129, di cui 90 nel
settore alimentare danno lavoro a 468 persone, mentre le 9 del tessile
occupano 1.056 unità. In totale, nell’area in questione, si registrano appena
1.732 lavoratori nell’industria nel suo complesso, contro gli 8.764 della
bassa e media valle (dove Rivarolo ne occupa 3.428 e Bolzaneto 2.261).
Mignanego e Serra Riccò poi mostrano segni di una forte arretratezza
economica, con poche decine di lavoratori ciascuna, impegnati quasi
46
CAPITOLO II (1880 – 1914)
esclusivamente nell’agroalimentare (è presente una piccola azienda anche
nel tessile, a Mignanego).
Negli stessi due settori industriali si concentra la maggior parte della
forza lavoro di Sant’Olcese, Ceranesi e Campomorone. Quest’ultima, in
particolare, occupa ben 785 lavoratori, prevalentemente immigrati, in sole
tre aziende tessili (è presente il grande Jutificio Costa) e registra, nel
complesso, una manodopera di ben 1.079 unità, dimostrandosi così l’unica
realtà economicamente significativa tra le zone più interne della vallata.
Sempre in questo comune, nella frazione di Isoverde, sono situati gli
impianti dell’Acquedotto De Ferrari-Galliera, che tramite le dinamo
producono energia elettrica sufficiente per quasi l’intera Val Polcevera.
2.3.2. Due moderni agglomerati urbani: alcune considerazioni su
Rivarolo Ligure e Bolzaneto
Nel già citato primo censimento nazionale degli opifici del 1911
Rivarolo Ligure e Bolzaneto sono inserite nella categoria “comuni
industrialmente più importanti”, insieme ai centri del ponente genovese, e
censite in maniera più analitica (si vedano le tabelle VI, VII, VIII, IX, X,
XI, XII, XIII, XIV e XV alle pagg. 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61 e 62).
47
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Da questo studio emergono caratteri comuni tra i due centri, cioè una
maturazione economica, sociale e urbana riscontrabile tipicamente nelle
zone in piena rivoluzione industriale, ma anche notevoli differenze.
Rivarolo, infatti, pur contando 3.428 abitanti impiegati nell’industria
contro i 2.261 di Bolzaneto, ne ha relativamente meno di quest’ultima, se
rapportati alle rispettive popolazioni (150 addetti ogni 1.000 abitanti,
contro 229).
Anche il maggior numero assoluto di imprese a Rivarolo (134 contro 36)
si ridimensiona nel dato relativo (6 ogni 1.000 abitanti contro 4 a
Bolzaneto).
Si consolida così l’immagine di una Bolzaneto meno abitata di Rivarolo,
ma con un alto numero di grandi imprese, attive soprattutto nel campo
siderurgico (settore che occupa l’84,1 % della popolazione di Bolzaneto
attiva nell'industria). Una cittadina tendenzialmente monosettoriale ed
operaia: solo il 2,2 % della forza lavoro è costituita da impiegati e l’1,6 %
da imprenditori o dirigenti. Inoltre la componente femminile pesa per
appena il 4,6 % del totale della manodopera e risulta concentrata
prevalentemente nel comparto agroalimentare e anche nel tessile.
Rivarolo, invece, presenta una realtà economica multiforme, con molte
imprese di piccole, medie e grandi dimensioni, attive in tutti settori (con il
29 % della manodopera occupato nell’agroalimentare, più del triplo del
48
CAPITOLO II (1880 – 1914)
rispettivo dato percentuale di Bolzaneto). La forza lavoro si distribuisce
omogeneamente fra i diversi comparti e ben il 12,9 % di questa è occupata
in piccole aziende con meno di 11 dipendenti ciascuna (contro il 4,4 %
rilevato a Bolzaneto). Inoltre la classe lavoratrice si compone per quasi il 5
% di impiegati e per il 4,4 % di imprenditori o dirigenti e le donne
rappresentano quasi il 18 % degli addetti all’industria, con particolare
rilievo nelle aziende tessili, alimentari, ma anche chimiche.
Di certo non si può parlare di una società con una forte componente
borghese, ma risulta essere una realtà maggiormente stratificata rispetto
alla proletaria Bolzaneto.
L’ultimo tema che desideriamo trattare è quello del lavoro dei fanciulli.
Quasi il 3 % degli operai di Bolzaneto ha meno di 15 anni. Si tratta per la
maggior parte di maschi, occupati soprattutto nelle grandi industrie
siderurgiche, di lavorazione dei minerali e di costruzioni: i lavori più duri,
nello svolgimento dei quali i fanciulli svolgono mansioni da garzoni e da
apprendisti. Le femmine sono, invece, tutte impiegate nelle medie aziende
tessili.
A Rivarolo la percentuale del lavoro infantile tra gli operai risulta di
oltre il 6 % , con una assoluta parità tra maschi e femmine. Si tratta di
lavori leggermente più sopportabili: la maggior parte dei maschi è occupata
nelle piccole imprese agroalimentari e nelle medie aziende tessili, dove
49
CAPITOLO II (1880 – 1914)
anche le ragazzine trovano per lo più impiego, senza però dimenticare la
loro consistente presenza nelle industrie chimiche di medie dimensioni.
Anche questi ultimi dati concorrono a fornire un’idea più precisa delle
differenti condizioni di vita tra i due comuni della bassa valle e della loro
diversa composizione sociale.
50
IV. DATI RIASSUNTIVI CONCERNENTI IL NUMERO, IL PERSONALE E LA FORZA MOTRICE DELLE IMPRESE CENSITE, CLASSIFICATE SECONDO UNA SCALA RIDOTTA DELLE INDUSTRIE IN VAL POLCEVERA (1911). DATI ASSOLUTI.
Fonte (per le tabelle IV e V): MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1913 – 1916; vol. 1 (1913): pp. 104, 105.
Industrie estrattive del sottosuolo
Industrie che lavorano e
utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
Industrie che lavorano e
utilizzano i metalli (non I. chimiche)
Industrie che lavorano minerali
(no estrazione metalli) e
Costruzioni
Industrie che lavorano e
utilizzano fibre tessili
Industrie chimiche Industrie e Servizi
per bisogni collettivi generali
IN COMPLESSO
a b c a b c a b c a b c a b c a b c a b c a b c a) Numero delle imprese censite b) Numero delle persone occupate c) Forza motrice in cavalli dinamici
Bolzaneto * 1 4 23 201 5 6 1.902 2.518 2 104 65 2 41 2 9 50 36 2.261 2.638
Borzoli * 1 29 16 19 375 152 5 344 29 3 153 150 5 249 110 6 128 226 39 1.278 683
Pontedecimo * 15 98 54 13 648 477 9 66 50 10 346 41 2 8 49 1.166 622
Rivarolo Ligure * 78 997 10 13 890 90 13 441 17 543 84 10 495 217 3 62 272 134 3.428 673
San Quirico in ValPolcevera * 32 161 180 7 80 79 9 44 5 183 252 6 163 55 59 631 566
Campomorone 4 19 18 184 151 4 12 8 39 16 3 785 95 2 40 5.000 39 1.079 5.262 Ceranesi 27 120 108 1 30 60 2 15 4 192 252 1 26 16 35 383 436 Mignanego 8 18 3 5 1 14 2 1 9 28 13 46 30 Sant'Olcese 27 89 24 2 3 1 8 25 1 65 51 31 165 100 Serra Riccò 10 57 1 1 2 11 59 1
TOTALE VALPOLCEVERA 6 52 16 257 2.300 685 55 3.916 3.253 47 870 306 48 2.418 887 28 838 592 5 102 5.272 446 10.496 11.011
TOTALE BASSA E MEDIA VALLE 2 33 16 167 1.832 401 44 3.864 3.193 36 808 265 39 1.362 487 26 803 548 3 62 272 317 8.764 5.182
TOTALE ALTA VALLE 4 19 0 90 468 284 11 52 60 11 62 41 9 1.056 400 2 35 44 2 40 5.000 129 1.732 5.829
V. DATI RIASSUNTIVI CONCERNENTI IL NUMERO, IL PERSONALE E LA FORZA MOTRICE DELLE IMPRESE CENSITE, CLASSIFICATE SECONDO UNA SCALA RIDOTTA DELLE INDUSTRIE IN VAL POLCEVERA (1911). DATI RELATIVI.
Industrie
estrattive del sottosuolo
Industrie che lavorano e
utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
Industrie che lavorano e
utilizzano i metalli (non I. chimiche)
Industrie che lavorano minerali
(no estrazione metalli) e
Costruzioni
Industrie che lavorano e
utilizzano fibre tessili
Industrie chimiche
Industrie e Servizi per bisogni
collettivi generali IN COMPLESSO
a b C a b c a b c a b c a b c a b c a b c a b c
a) Percentuale delle imprese censite sul tot. del comune b) Percentuale delle persone occupate sul tot. del comune c) Percentuale della Forza motrice in CV din. sul tot. del comune
Bolzaneto * 2,8 0,2 0,0 63,9 8,9 0,2 16,7 84,1 95,5 5,6 4,6 2,5 5,6 1,8 0,0 5,6 0,4 1,9 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0
Borzoli * 2,6 2,3 2,3 48,7 29,3 22,3 12,8 26,9 4,2 7,7 12,0 22,0 12,8 19,5 16,1 15,4 10,0 33,1 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0
Pontedecimo * 0,0 0,0 0,0 30,6 8,4 8,7 26,5 55,6 76,7 18,4 5,7 8,0 20,4 29,7 6,6 4,1 0,7 0,0 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0
Rivarolo Ligure* 0,0 0,0 0,0 58,2 29,1 1,5 9,7 26,0 13,4 9,7 12,9 0,0 12,7 15,8 12,5 7,5 14,4 32,2 2,2 1,8 40,4 100,0 100,0 100,0
San Quirico in ValPolcevera * 0,0 0,0 0,0 54,2 25,5 31,8 11,9 12,7 14,0 15,3 7,0 0,0 8,5 29,0 44,5 10,2 25,8 9,7 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0
Campomorone 10,3 1,8 0,0 46,2 17,1 2,9 10,3 1,1 0,0 20,5 3,6 0,3 7,7 72,8 1,8 0,0 0,0 0,0 5,1 3,7 95,0 100,0 100,0 100,0
Ceranesi 0,0 0,0 0,0 77,1 31,3 24,8 2,9 7,8 13,8 5,7 3,9 0,0 11,4 50,1 57,8 2,9 6,8 3,7 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0
Mignanego 0,0 0,0 0,0 61,5 39,1 0,0 23,1 10,9 0,0 0,0 0,0 0,0 7,7 30,4 6,7 7,7 19,6 93,3 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0
Sant'Olcese 0,0 0,0 0,0 87,1 53,9 24,0 6,5 1,8 0,0 3,2 4,8 25,0 3,2 39,4 51,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0
Serra Riccò 0,0 0,0 0,0 90,9 96,6 100,0 9,1 3,4 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0
TOTALE VALPOLCEVERA 1,3 0,5 0,1 57,6 21,9 6,2 12,3 37,3 29,5 10,5 8,3 2,8 10,8 23,0 8,1 6,3 8,0 5,4 1,1 1,0 47,9 100,0 100,0 100,0
TOTALE BASSA E MEDIA VALLE 0,6 0,4 0,3 52,7 20,9 7,7 13,9 44,1 61,6 11,4 9,2 5,1 12,3 15,5 9,4 8,2 9,2 10,6 0,9 0,7 5,2 100,0 100,0 100,0
TOTALE ALTA VALLE 3,1 1,1 0,0 69,8 27,0 4,9 8,5 3,0 1,0 8,5 3,6 0,7 7,0 61,0 6,9 1,6 2,0 0,8 1,6 2,3 85,8 100,0 100,0 100,0
VI. DATI ASSOLUTI E RELATIVI SU IMPRESE, MOTORI E PERSONE OCCUPATE CENSITI A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).
BOLZANETO RIVAROLO LIGURE
Popolazione residente 9.852 22.874
Imprese 36 134
Cavalli dinamici 2.638 673
NU
ME
RI A
SS
OL
UT
I
Persone occupate 2.261 3.428
Imprese ogni 1000 abitanti 4 6
Cavalli dinamici ogni 1000 abitanti 268 29
Persone occupate ogni 1000 abitanti 229 150
Numero medio dei Cavalli dinamici nelle
imprese censite 73 5
NU
ME
RI R
EL
AT
IVI
Numero medio delle persone occupate nelle
imprese censite 63 26
Fonte: MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1913 – 1916; vol. 5 (1916): p. 30.
VII. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL NUMERO DELLE IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO AL MASSIMO 10 PERSONE, OLTRE IL PADRONE O DIRETTORE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).
il cui lavoro di solito
che di solito ricevono commissioni di
lavoro direttamente da è sospeso annualmente per
NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE
in complesso
che impiegano
motori meccanici
altri industriali Commercianti consumatori
continua tutto l'anno al massimo 3
mesi da 3 a 6 mesi
Industrie estrattive del sottosuolo 1 1 1 Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
20 6 20 20
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 3 1 2 3
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
1 1 1 1
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 1 1 1
Industrie chimiche 2 2 2 1 1
BO
LZA
NET
O
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 28 10 0 0 27 27 0 1
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
68 19 68 62 6
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 10 2 1 9 7 3
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
1 1 1
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 12 2 1 11 7 3 2
Industrie chimiche 5 1 1 4 3 2 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 2 2 2 2
RIV
AR
OLO
LIG
UR
E
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE 98 26 2 1 95 82 14 2
Fonte (per le tabelle VII, VIII e IX): ITALIA - MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1913 – 1916; vol. 2 (1914): pp. 60, 61.
VIII. DATI ANALITICI CONCERNENTI LA FORZA MOTRICE DELLE IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO AL MASSIMO 10 PERSONE, OLTRE IL PADRONE O DIRETTORE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).
PERSONE OCCUPATE Operai
Padroni, capi,
direttori Membri delle famiglie
dei padroni Maschi di età Femmine di età
NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE
in complesso
Maschi Femmine Maschi FemmineTotale inferiore ai
15 anni superiore ai
15 anni inferiore ai
15 anni superiore ai 15 anni
Industrie estrattive del sottosuolo 4 1 2 1 1 Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
64 21 1 9 1 32 3 29
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 16 3 13 5 8
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
3 1 1 1 1
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 4 1 3 3
Industrie chimiche 9 2 7 7
BO
LZA
NET
O
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 100 29 1 12 1 57 8 46 0 3
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
283 74 2 37 7 163 33 105 7 18
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 33 10 1 6 16 4 12
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
4 1 3 3
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 74 9 3 3 10 49 4 10 12 23
Industrie chimiche 28 5 1 3 19 7 3 9 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 19 2 4 1 12 1 3 8
RIV
AR
OLO
LIG
UR
E
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE 441 101 6 51 21 262 42 140 22 58
IX. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL PERSONALE DELLE IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO AL MASSIMO 10 PERSONE, OLTRE IL PADRONE O DIRETTORE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).
PERSONE OCCUPATE Operai
Padroni, capi,
direttori Membri delle famiglie
dei padroni Maschi di età Femmine di età
NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE
in complesso
Maschi Femmine Maschi Femmine Totale inferiore ai
15 anni superiore ai 15 anni
inferiore ai 15 anni
superiore ai 15 anni
Industrie estrattive del sottosuolo 4 1 2 1 1 Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
64 21 1 9 1 32 3 29
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 16 3 13 5 8
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
3 1 1 1 1
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 4 1 3 3
Industrie chimiche 9 2 7 7
BO
LZA
NET
O
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 100 29 1 12 1 57 8 46 0 3
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
283 74 2 37 7 163 33 105 7 18
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 33 10 1 6 16 4 12
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
4 1 3 3
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 74 9 3 3 10 49 4 10 12 23
Industrie chimiche 28 5 1 3 19 7 3 9 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 19 2 4 1 12 1 3 8
RIV
AR
OLO
LIG
UR
E
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE 441 101 6 51 21 262 42 140 22 58
X. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL NUMERO DELLE IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO PIU’ DI 10 PERSONE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).
IMPRESE appartenenti
a società commerciali con capitale
NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE
in complesso
che impiegano motori meccanici
diviso in azioni non diviso in azioni
ad altre ditte private allo Stato, a Province, a Comuni, a fondazioni
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca 3 3 2 1
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 3 3 1 1 1
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche 1 1 1
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 1 1 1 B
OLZ
AN
ETO
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 8 8 2 3 3 0
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca 10 9 3 1 6
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 3 3 1 2
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche 12 4 2 2 8
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 5 5 1 2 2
Industrie chimiche 5 5 4 1 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 1 1 1 R
IVA
RO
LO L
IGU
RE
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE 36 27 12 5 17 2
Fonte (per le tabelle X, XI e XII): MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1913 – 1916; vol. 3 (1914): pp. 28, 29, 30, 31.
XI. DATI ANALITICI CONCERNENTI LA FORZA MOTRICE DELLE IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO PIU’ DI 10 PERSONE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).
MOTORI elettrici con energia
in complesso (esclusi gli
elettrici) idraulici a vapore a gas
ad alcool, benzina, petrolio, olii pesanti, vento
prodotta e consumata nelle I.
ove funzionano
Non prodotta ma consumata nelle I.
ove funzionano
NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza
[CV din.] Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza
[CV din.] Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza
[CV din.] Numero Potenza [CV din.]
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
0 0 5 75
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 7 2.498 4 2.000 2 418 1 80 5 399 3 300
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
1 65 1 65 1 3
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 0 0 2 5
BO
LZA
NET
O
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 8 2.563 0 0 5 2.065 2 418 1 80 5 399 11 383
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
0 0 95 1.015
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 3 90 2 30 1 60 1 24 126 497
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
0 0 4 20
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 25 84 20 5 5 79 5 28
Industrie chimiche 6 212 6 212 2 32 2 2 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 1 2 1 2
RIV
AR
OLO
LIG
UR
E
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE
35 388 22 35 13 353 0 0 0 0 3 56 232 1.562
XII. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL PERSONALE DELLE IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO PIU’ DI 10 PERSONE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).
PERSONE OCCUPATE Operai
Padroni, capi, direttori
Impiegati (non appartenenti alla
famiglia dei padroni)
Membri delle famiglie dei padroni Maschi di età Femmine di età
NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE
in complesso
Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi FemmineTotale
inferiore ai 15 anni
superiore ai 15 anni
Inferiore ai 15 anni
superiore ai 15 anni
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
137 3 9 2 123 1 57 65
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 1.886 2 34 1.850 24 1.825 1
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
101 1 4 96 20 76
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 37 1 1 2 33 3 10 20
BO
LZA
NET
O
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 2.161 7 0 48 2 0 2 2.102 45 1.961 10 86
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
714 12 30 1 8 1 662 7 559 96
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 857 3 70 6 778 770 8
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
437 15 19 3 400 10 390
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 469 7 5 2 1 454 28 146 52 228
Industrie chimiche 467 6 30 2 2 427 6 310 18 93 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 43 1 7 35 35
RIV
AR
OLO
LIG
UR
E
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE
2.987 44 0 161 9 15 2 2.756 51 2.210 70 425
XIII. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL NUMERO DI TUTTE LE IMPRESE CENSITE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).
IMPRESE il cui lavoro di solito è sospeso annualmente per NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE
in complesso che impiegano motori meccanici continua tutto
l'anno al massimo 3 mesi da 3 a 6 mesi
Industrie estrattive del sottosuolo 1 1
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca 23 9 23
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 6 4 6
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche 2 2 2
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 2 1 2
Industrie chimiche 2 2 1 1
BO
LZA
NET
O
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 36 18 35 0 1
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca 78 28 72 6
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 13 5 10 3
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche 13 4 13
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 17 7 12 3 2
Industrie chimiche 10 6 8 2 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 3 3 3 R
IVA
RO
LO L
IGU
RE
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE 134 53 118 14 2
Fonte (per le tabelle XIII, XIV e XV): MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1913 – 1916; vol. 4 (1914): pp. 30, 31, 32, 33.
XIV. DATI ANALITICI CONCERNENTI LA FORZA MOTRICE DI TUTTE LE IMPRESE CENSITE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).
MOTORI elettrici con energia
In complesso (esclusi gli
elettrici) idraulici a vapore a gas
ad alcool, benzina, petrolio, olii pesanti, vento
prodotta e consumata nelle I.
ove funzionano
prodotta ma non consumata nelle I.
ove funzionano
non prodotta ma consumata nelle I.
ove funzionano
NELLE CATEGORIE DI
INDUSTRIE Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza
[CV din.] Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza
[CV din.] Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza
[CV din.] Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza
[CV din.] Industrie estrattive 0 0
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
1 5 1 5 10 96
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 8 2.518 5 2.020 2 418 1 80 5 399 3 300 Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
1 65 1 65 2 8
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 0 0 2 5
Industrie chimiche 1 50 1 50 1 3
BO
LZA
NET
O
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO
11 2.638 1 50 6 2.085 3 423 1 80 5 399 0 0 18 412
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
3 10 3 10 114 1.103
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 3 90 2 30 1 60 1 24 129 502
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
0 0 4 20
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 25 84 20 5 5 79 7 30
Industrie chimiche 7 217 6 212 1 5 2 32 2 2 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 5 272 2 100 3 172 4 230 2 2
RIV
AR
OLO
LIG
UR
E
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO 43 673 27 145 15 523 1 5 0 0 3 56 4 230 258 1.659
XV. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL PERSONALE DI TUTTE LE IMPRESE CENSITE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).
PERSONE OCCUPATE
Operai
Padroni, capi, direttori
Impiegati (non appartenenti alla
famiglia dei padroni) Membri delle
famiglie dei padroni Maschi di età Femmine di età
NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE
in complesso
Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi FemmineTotale inferiore
ai 15 annisuperiore ai 15 anni
inferiore ai 15 anni
superiore ai 15 anni
Industrie estrattive del sottosuolo 4 1 2 1 1 Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
201 24 1 9 2 9 1 155 4 86 65
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 1.902 5 34 1.863 29 1.833 1
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
104 2 4 1 97 20 77
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 41 2 1 2 36 3 10 23
Industrie chimiche 9 2 7 7
BO
LZA
NET
O
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 2.261 36 1 48 2 12 3 2.159 53 2.007 10 89
Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca
997 86 2 30 1 45 8 825 40 664 7 114
Industrie che lavorano e utilizzano metalli 890 13 1 70 6 6 794 4 782 8
Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche
441 16 19 3 403 10 393
Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 543 16 3 5 5 11 503 32 156 64 251
Industrie chimiche 495 11 30 2 3 3 446 6 317 21 102 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 62 3 7 4 1 47 1 38 8
RIV
AR
OLO
LIG
UR
E
NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO L. 3.428 145 6 161 9 66 23 3.018 93 2.350 92 483
CAPITOLO II (1880 – 1914)
3. ASPETTI DEMOGRAFICI
3.1. TRENT’ANNI DI CRESCITA: I DATI STATISTICI.
3.1.1. La Liguria e Genova
Il periodo compreso tra l’ultimo ventennio del XIX secolo e la prima
guerra mondiale si caratterizza per un aumento generalizzato della
popolazione (soprattutto nella prima decade del novecento) nel Regno
d’Italia, in Liguria ed in particolare a Genova.
I dati disponibili, relativi a tale arco di tempo, si desumono dai
censimenti generali della popolazione del Regno d’Italia del 1881, 1901,
1911 (XVI e XVII alle pagg. 77 e 78). Nel 1891 non furono effettuate le
rilevazioni statistiche per ragioni finanziarie.
La Liguria conta nel 1881 una popolazione di 936.476 residenti, che nel
1901 passa a 1.086.213 (crescendo del 15,99 % in vent’anni, rispetto al
13,38 % del Regno d’Italia nello stesso periodo) e nel 1911 diventa di
1.207.095 unità (incrementando del 11,13 % in dieci anni, a differenza del
9,30 % nazionale).
63
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Infatti, specialmente tra il 1882 e il 1901, la regione in seguito al forte
sviluppo economico, soprattutto genovese, diventa capace di attrarre più
forza lavoro di quanta ne respinga contemporaneamente verso l’estero e di
compensare così lo spopolamento di alcune zone, in particolare le alte valli
dello Stura, dello Scrivia, della Fontanabuona, del Trebbia e dello Sturla.
Il comune di Genova, che nel 1874 aveva annesso al suo territorio i sei
piccoli comuni del Levante (Foce, San Francesco d’Albaro, San Martino,
San Fruttuoso, Marassi e Staglieno), registra una crescita demografica
ancora superiore, dovuta al suo forte sviluppo industriale ed economico.
Nel 1881, difatti si censiscono sul territorio comunale di allora 176.585
residenti, che salgono a 219.507 nel 1901 (con un incremento del 24,31 %
in vent’anni, cioè una media di 11,49 % per ciascun decennio) e arrivano a
265.533 unità nel 1911 (crescendo addirittura del 20,97 % in dieci anni).
Questo sviluppo si accompagna ad indici di natalità e di mortalità più
bassi della media nazionali, un’età media dei nuovi sposi piuttosto elevata e
un nucleo familiare medio meno numeroso. Se a questo aggiungiamo una
forte immigrazione verso Genova1, otteniamo il quadro di una città
urbanamente precoce rispetto al contesto nazionale; infatti l’aumento della
1 Si tratta principalmente di flussi migratori provenienti dai comuni rurali della montagna interna della provincia genovese. Questi, nel decennio 1872 – 1881, registrano un saggio di migrazione medio annuo di -10,8 per mille. Qualche decennio dopo Genova, ma anche la Val Polcevera, saranno meta dell’immigrazione, originatasi dal basso Piemonte.
64
CAPITOLO II (1880 – 1914)
popolazione del comune, per esempio, tra il 1871 ed il 1881 è dovuto per
l’85 % al saldo migratorio.
Dunque a Genova si riscontra un’accentuata modernizzazione sociale e
civile, correlata allo sviluppo economico.
3.1.2. I comuni della Val Polcevera
Nel contesto delineato poc’anzi la Val Polcevera si può definire
territorialmente come un insieme di comuni autonomi della provincia
genovese. Questi sono: Rivarolo Ligure, Bolzaneto e Borzoli (bassa Val
Polcevera); San Quirico e Pontedecimo (media valle); Ceranesi,
Campomorone, Mignanego, Serra Riccò e Sant’Olcese (alta valle). Questi
ultimi cinque, a differenza degli altri, non saranno aggregati nella “Grande
Genova” del 1926 e manterranno la propria autonomia amministrativa (si
veda la cartina le elaborazioni grafiche alle pagg. 75 e 76).
Abbiamo volutamente escluso di considerare gli allora comuni della foce
del Polcevera, cioè Cornigliano Ligure e Sampierdarena, perché realtà con
una propria fisionomia sociale ed economica e non pienamente assimilabili
al resto della valle. Viceversa abbiamo ricompreso nello studio Borzoli, che
pur non gravitando esclusivamente sulla Val Polcevera, riveste comunque
un forte interesse, in particolare per la frazione di Fegino, strettamente
65
CAPITOLO II (1880 – 1914)
interdipendente col territorio oggetto del nostro studio e parte integrante di
esso.
Nel 1881, alle superfici odierne, si registrano in ordine di popolosità
8.882 residenti a Rivarolo Ligure, 4.820 a Serra Riccò, 4.492 a
Campomorone, 4.087 a Bolzaneto, 4.062 a Sant’Olcese, 3.677 a
Pontedecimo, 3.464 a Borzoli, 3.077 a Ceranesi, 3.052 a San Quirico, 2.630
a Mignanego.
Nel 1901 si rileva una crescita dirompente dei comuni della bassa valle:
Rivarolo Ligure sale a 16.432 abitanti (+85 % in vent’anni), Borzoli a
5.564 (+60,02 %), Bolzaneto a 6.121 (+49,77 %).
Più in linea, nello stesso periodo, coi valori della Genova del tempo è
l’aumento di popolazione a Pontedecimo con 4.734 abitanti (+28,75 %) e a
Campomorone con 5.504 (+22,53 %); più uniforme alla crescita regionale è
quella di San Quirico, che, registra 3.548 residenti (+16,25 %).
Dimezzati, rispetto ai livelli nazionali, sono gli incrementi di
Sant’Olcese, con 4.331 abitanti (idem +6,62 %) e Ceranesi, con 3.267
(idem +6,17 %).
Infine, segnano addirittura una flessione le popolazioni dei comuni di
Mignanego, con 2.517 unità (idem -4,30 %) e di Serra Riccò, con 4.587
(idem -4,83 %).
66
CAPITOLO II (1880 – 1914)
A questo punto, si possono già formulare alcune considerazioni:
innanzitutto è evidente come, in questa prima fase di
industrializzazione, Rivarolo sia un centro nevralgico per la valle,
non solo per la sua popolosità e la sua forte crescita demografica, ma
anche per il suo ruolo connettivo con Genova e i comuni industriali
del Ponente (Cornigliano, Sampierdarena, Sestri e Voltri);
in secondo luogo lo sviluppo di Borzoli e di Bolzaneto si ricollega col
sorgere di notevoli complessi dell’industria pesante (in particolare a
Bolzaneto);
da ultimo, risulta evidente che man a mano che si sale lungo il corso
del Polcevera, si incontrano realtà a carattere ancora fortemente
rurale, dove si assiste ad una crescita demografica decisamente meno
intensa (con le eccezioni di Pontedecimo e Campomorone), fino ad
arrivare a situazioni di spopolamento, come a Serra Riccò e a
Mignanego, probabilmente dovuto a migrazioni verso i centri
produttivi della bassa valle, di Genova e dei comuni del ponente.
Passando a considerare i dati relativi al 1911, al termine di un decennio
di forte sviluppo demografico a Genova, si accentua la tendenza a una
crescita esponenziale della bassa valle, in particolare con Bolzaneto a quota
9.852 abitanti (incremento di +60,95 % in dieci anni, il triplo di quello
medio decennale dei vent’anni precedenti) e Borzoli con 8.077 (+45,17
67
CAPITOLO II (1880 – 1914)
%), ma anche con Rivarolo, ormai già più matura dal punto di vista socio-
industriale, comunque in forte aumento, con 22.874 residenti (+39,20 %).
Gli incrementi abitativi dei comuni del medio corso del Polcevera si
attestano su valori simili ed anche superiori a quelli di Genova, con San
Quirico che accelera a 4.568 unità (+28,75 %) e Pontedecimo a 5.607 (+
18,44 %).
In linea, invece, con la crescita a livello nazionale si trovano i comuni
dell’alta valle sulla riva destra del torrente, ovvero Campomorone con
6.012 residenti (+9,23 %) e Ceranesi con 3.529 (+8,02 %).
Confermano la tendenza ad uno scarso sviluppo demografico le zone
della vallata sulla sponda sinistra del Polcevera, come Sant’Olcese con
4.494 abitanti (+3,76 %) e Serra Riccò con 4.685 abitanti (+2,14 %) e la
regione più interna e impervia, quella di Mignanego, che con 2.570 unità
(+2,11 %) si conferma come il comune meno popoloso della valle.
Aggregando i dati appena illustrati, si desume che nel 1881 risiedono in
Val Polcevera 42.243 persone, che salgono a 56.605 nel 1901 (con un
incremento del 34 % in vent’anni, ovvero una media del 15,76 % per ogni
decennio) e a 72.268 nel 1911 (+27,67 % nel giro di dieci anni). Sono
valori, che superano decisamente quelli pur molto alti di Genova.
Questo conferma il fatto che la Val Polcevera (con le sue
differenziazioni interne), in questi anni a cavallo tra i secoli XIX e XX
68
CAPITOLO II (1880 – 1914)
insieme ai comuni del ponente, stia svolgendo un importantissimo ruolo di
traino per lo sviluppo di tutta quella zona, che dopo il 1926 sarà chiamata la
“Grande Genova”.
3.2. L’URBANIZZAZIONE, LA FAMIGLIA E L’ISTRUZIONE.
Scendendo nel dettaglio della nostra ricerca, passiamo ad analizzare
alcuni interessanti dati, tratti dal censimento generale della popolazione del
Regno del 1911 (si vedano le tabelle XVIII e XIX alle pagg. 79 e 80).
Anzitutto risulta significativo che l’alta Val Polcevera, con i suoi 11.816
ettari rappresenti ben il 74,24 % di tutto il territorio della vallata, mentre i
comuni del medio e basso corso si estendano per appena 4.101 ettari, cioè
solo il 25,76 %.
In ordine di superficie si rilevano infatti Ceranesi (3.083 ettari), Serra
Riccò (2.626 ettari), Campomorone (2.560 ettari), Sant’Olcese (2.177
ettari), Mignanego (1.370 ettari), che distanziano Bolzaneto (1.150 ettari),
Borzoli (1.120 ettari), Rivarolo Ligure (985 ettari), ma soprattutto i comuni
della media valle, ovvero San Quirico (532 ettari) e Pontedecimo (314
ettari).
69
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Di contro la popolazione della Val Polcevera si concentra per il 70,54 %
nella bassa e media valle e solo per il 29,46 % nei comuni interni.
Ne consegue che la densità media abitativa della vallata nel suo insieme
(4,58 abitanti per ettaro, il doppio rispetto alla media ligure, cioè 2, 27
ab./ha) è la risultante di due situazioni, con dinamiche profondamente
diverse: da un lato una forte urbanizzazione delle zone centrali e
meridionali (12,52 ab./ha), in particolare Rivarolo (23,40 ab./ha) e
Pontedecimo (17,95 ab./ha); dall’altro uno scarso addensamento nelle zone
interne (1,82 ab./ha), che presentano ancora caratteri di ruralità ed un
territorio situato ad altitudini maggiori, in special modo Ceranesi (1.14
ab./ha) e Serra Riccò (1,78 ab./ha).
Queste considerazioni trovano conferma nell’analisi della distribuzione
sul territorio della popolazione.
Risulta, difatti che appena il 31,30 % in media della popolazione
dell’alta valle presente di fatto durante le rilevazioni risieda in centri
agglomerati: nessuno a Sant’Olcese e Serra Riccò, il 26,95 % a Ceranesi, il
40,69 % a Mignanego; soltanto a Campomorone si registra il 76,42 % .
Viceversa nella bassa e media Val Polcevera la gran parte della
popolazione, il 79,89 %, è urbanizzata: a Rivarolo Ligure l’88,16 %, a
Pontedecimo l’84,49 %, a Borzoli il 75,36 %, a San Quirico il 69,46 % e a
Bolzaneto il 66,59 %, dato, quest’ultimo, che comprende le frazioni
70
CAPITOLO II (1880 – 1914)
collinari di Murta, Brasile e Cremeno, dove la totalità della popolazione
risiede sparsa, mentre nella località vera e propria di Bolzaneto risiede tutta
in forma agglomerata.
All’interno di ogni comune, anche nei più urbanizzati, è comunque
spesso riscontrabile una maggior dispersione degli abitanti nelle frazioni
site ad altitudini più elevate, piuttosto che in quelle pianeggianti (esemplare
è il caso di Rivarolo).
I dati cambiano di poco se consideriamo non i singoli individui, ma i
nuclei familiari. Si osserva, infatti, che per ogni comune o frazione il dato
percentuale delle famiglie sparse risulta sistematicamente inferiore di
qualche punto rispetto a quello omologo della popolazione sparsa; il
fenomeno è inverso per i dati agglomerati.
Questo avviene perché le famiglie delle zone rurali hanno un maggior
numero di componenti e quindi, a parità di abitanti, registrano meno nuclei
familiari rispetto a quelle agglomerate.
Difatti il numero medio di componenti per nucleo familiare, che è di
4,44 per tutta la Val Polcevera (si registra 4,53 a Genova, 4,39 in Liguria,
4,58 nel Regno), scende a 4,26 nella bassa e media valle (con Rivarolo a
4,04), viceversa sale a 4,94 nella parte superiore della vallata (con Ceranesi
a 5,26).
71
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Per ogni comune appare poi evidente che le frazioni, la cui popolazione
risulta maggiormente sparsa, presentano un numero medio di componenti
per famiglia più elevato; viceversa nei centri agglomerati i nuclei familiari
sono mediamente più ridotti.
Il quadro emerso finora rafforza l’immagine di un territorio diviso in due
comparti: la zona del medio e basso corso del Polcevera, che attraversa una
vera e propria rivoluzione industriale (Rivarolo e Bolzaneto, ma anche
Borzoli e Pontedecimo), che si riflette in una struttura demografica più
matura con una maggiore urbanizzazione, con il controllo dei
comportamenti riproduttivi e con una numerosità delle famiglie più
contenuta. Diversa, invece, la condizione dell’area dell’alta valle, che
presenta caratteri di maggiore arretratezza ed elementi peculiari delle realtà
preindustriali principalmente agricole (in particolare Sant’Olcese, Serra
Riccò e Ceranesi, mentre è più complesso e controverso, invece il caso di
Campomorone), quali una forte dispersione della popolazione, soprattutto
lungo i rilievi collinari, e una struttura delle famiglie fondata ancora sul
modello patriarcale, tipica delle zone rurali.
Questa differenziazione territoriale viene mitigata, se si passa a
considerare i dati sull’istruzione della popolazione (si veda la tabella XX a
pag. 81).
72
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Nel 1911 si riscontra nel complesso della Val Polcevera
un’alfabetizzazione pari all’87 % della popolazione dai 6 anni in su; minore
rispetto a Genova (90 %), ma superiore al dato regionale ligure (83 %). E’,
nel complesso, un dato piuttosto alto, specie se raffrontato con quello
nazionale.
Si parte da Ceranesi con il 96 % di alfabetizzati e si prosegue con San
Quirico (93 %), Mignanego (90 %), Bolzaneto (90 %), Pontedecimo (89
%), Campomorone (88 %), Sant’Olcese (86 %), Rivarolo Ligure (86 %),
per finire con Borzoli (79 %) e Serra Riccò (77%). Si noti come il dato si
distribuisce a macchia sul territorio, non seguendo la distinzione in distretti
poc’anzi formulata.
Per quanto concerne l’analisi dei dati differenziati tra i due sessi, è da
segnalare una sostanziale omogeneità di alfabetizzazione tra questi, in linea
con le rilevazioni effettuate a Genova. Solamente a Rivarolo (dove sa
leggere l’88 % degli uomini contro l’83 % delle donne) e a Serra Riccò ( 73
% i maschi, 81 % le femmine) si verifica uno scostamento più sensibile tra
i due valori.
In generale i modesti scarti, che si registrano, risultano a favore maschile
nella bassa e media vallata, mentre segnano una prevalenza femminile o si
annullano nei comuni dell’alta Val Polcevera.
73
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Infine, a titolo informativo, segnaliamo il fatto che nel 1911 l’età media
della popolazione a Genova è di 30,5 anni, mentre a Rivarolo questa è di
soli 27.
Appare chiaro dunque come questo comune, confinante peraltro con
grandi realtà industriali quali Sampierdarena e Cornigliano, si trovi in una
fase di forte evoluzione, con una notevole quantità di abitanti giovani,
principalmente occupati nelle nascenti fabbriche e con una consistente
componente di immigrazione, proveniente prevalentemente dalle località
limitrofe.
74
CAPITOLO II (1880 – 1914)
76
Distribuzione % della popolazione della Val Polcevera tra i suoi comuni (1881).Serra Riccò
11,41%Sant'Olcese
9,62%
Mignanego6,23%
Ceranesi7,28%
Campomorone10,63%
San Quirico *7,22%
Rivarolo Ligure *21,03%
Pontedecimo *8,70%
Borzoli *8,20%
Bolzaneto *9,67% Bolzaneto *
Borzoli *Pontedecimo *Rivarolo Ligure *San Quirico *CampomoroneCeranesiMignanegoSant'OlceseSerra Riccò
Distribuzione % della popolazione della Val Polcevera tra i suoi comuni (1901)
Bolzaneto *10,81%
Borzoli *9,83%
Pontedecimo *8,36%
Rivarolo Ligure *29,03%
San Quirico *6,27%
Campomorone9,72%
Ceranesi5,77%
Serra Riccò8,10%
Sant'Olcese7,65%
Mignanego4,45%
Bolzaneto *Borzoli *Pontedecimo *Rivarolo Ligure *San Quirico *CampomoroneCeranesiMignanegoSant'OlceseSerra Riccò
Distribuzione % della popolazione della Val Polcevera tra i suoi comuni (1911)
Ceranesi4,88%
Mignanego3,56%
Sant'Olcese6,22%
Serra Riccò6,48%
Campomorone8,32%
San Quirico *6,32%
Rivarolo Ligure *31,65%
Pontedecimo *7,76%
Borzoli *11,18%
Bolzaneto *13,63% Bolzaneto *
Borzoli *Pontedecimo *Rivarolo Ligure *San Quirico *CampomoroneCeranesiMignanegoSant'OlceseSerra Riccò
XVI. POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E VAL
POLCEVERA (1881–1911).
1881 1901 1911
Bolzaneto * 4.087 6.121 9.852
Borzoli * 3.464 5.564 8.077
Pontedecimo * 3.677 4.734 5.607
Rivarolo Ligure * 8.882 16.432 22.874
San Quirico * 3.052 3.548 4.568
Campomorone 4.492 5.504 6.012
Ceranesi 3.077 3.267 3.529
Mignanego 2.630 2.517 2.570
Sant'Olcese 4.062 4.331 4.494
Serra Riccò 4.820 4.587 4.685
TOT. VAL POLCEVERA 42.243 56.605 72.268
GENOVA 176.585 219.507 265.533
LIGURIA 936.476 1.086.213 1.207.095
REGNO D'ITALIA 29.791.000 33.778.000 36.921.000
* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.
Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.
XVII. INCREMENTI DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA,
GENOVA E VAL POLCEVERA (1881–1911).
incremento % 1881 - 1901
incremento % 1901 -
1911
incremento % 1881 -
1911
Bolzaneto * 49,77 60,95 141,06
Borzoli * 60,62 45,17 133,17
Pontedecimo * 28,75 18,44 52,49
Rivarolo Ligure * 85,00 39,20 157,53
San Quirico * 16,25 28,75 49,67
Campomorone 22,53 9,23 33,84
Ceranesi 6,17 8,02 14,69
Mignanego -4,30 2,11 -2,28
Sant'Olcese 6,62 3,76 10,64
Serra Riccò -4,83 2,14 -2,80
TOT. VAL POLCEVERA 34,00 27,67 71,08
GENOVA 24,31 20,97 50,37
LIGURIA 15,99 11,13 28,90
REGNO D'ITALIA 13,38 9,30 23,93
* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.
Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.
XVIII. URBANIZZAZIONE E FAMIGLIA NELLA BASSA VAL POLCEVERA (1911).
Territorio comunale Famiglie presenti Popolazione presente di fatto COMUNI E FRAZIONI Superficie
(ha) Altimetria
(m) in totale % agglomerate
% sparse
n° medio di componenti per famiglia in totale %
agglomerata %
sparsa
Densità di popolazione
(ab./ha)
Bolzaneto 47 1.617 100,00 4,07 6.587 100,00 Murta 185 498 100,00 4,79 2.387 100,00 Brasile 198 38 100,00 5,21 198 100,00 Cremeno 150 133 100,00 5,41 720 100,00 TOT. BOLZANETO 1.150 2.286 70,73 29,27 4,33 9.892 66,59 33,41 8,60 Borzoli 69 1.082 71,63 28,37 4,59 4.961 69,62 30,38 Fegino 50 667 86,21 13,79 4,78 3.191 84,27 15,73 TOT. BORZOLI 1.120 1.749 77,19 22,81 4,66 8.152 75,36 24,64 7,28 Pontedecimo 90 1.117 95,61 4,39 4,18 4.668 95,35 4,65 Cesino 210 222 33,33 66,67 4,36 967 32,06 67,94 TOT. PONTEDECIMO 314 1.339 85,29 14,71 4,21 5.635 84,49 15,51 17,95 Rivarolo Superiore 36 2.265 90,11 9,89 4,19 9.480 84,25 15,75 Rivarolo Inferiore 18 2.397 99,42 0,58 3,82 9.161 99,21 0,79 Teglia 30 801 100,00 4,05 3.247 100,00 Begato 275 150 100,00 4,70 705 100,00 Geminiano 215 97 100,00 4,73 459 100,00 TOT. RIVAROLO LIGURE 985 5.710 91,51 8,49 4,04 23.052 88,16 11,84 23,40 San Quirico in V.P. 83 508 97,24 2,76 4,51 2.289 96,85 3,15 San Biagio 198 206 33,50 66,50 5,59 1.152 28,47 71,53 Morego 130 247 59,11 40,89 4,77 1.179 56,32 43,68 TOT. SAN QUIRICO IN V.P. 532 961 73,78 26,22 4,81 4.620 69,46 30,54 8,68
TOTALE BASSA E MEDIA VAL POLCEVERA 4.101 12.045 83,38 16,62 4,26 51.351 79,89 20,11 12,52
TOTALE GENOVA 3.425 60.046 99,37 0,63 4,53 272.221 99,33 0,67 79,48 TOTALE LIGURIA 528.018 272.527 81,67 18,33 4,39 1.197.231 79,02 20,98 2,27 REGNO D'ITALIA 28.661.037 7.572.730 76,87 23,13 4,58 34.671.377 71,51 28,49 1,21
Fonte (per le tabelle XVIII e XIX): MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1914; vol. 1: pp. 241, 242, 243, 244, 245.
XIX. URBANIZZAZIONE E FAMIGLIA NELL’ ALTA VAL POLCEVERA (1911). Territorio comunale Famiglie presenti Popolazione presente di fatto
COMUNI E FRAZIONI Superficie (ha)
Altimetria (m) in totale %
agglomerate % sparse
n° medio di componenti per
famiglia in totale % agglomerata % sparsa
Densità di popolazione
(ab./ha)
Campomorone 118 379 100,00 4,84 1.835 100,00 Isoverde 207 282 100,00 5,00 1.410 100,00 Larvego 200 189 78,84 21,16 4,73 894 78,08 21,92 Gallaneto 282 130 51,54 48,46 4,92 639 43,19 56,81 Cravasco 447 56 100,00 4,73 265 100,00 Pietralavezzara 490 72 61,11 38,89 4,38 315 59,68 40,32 Langasco 347 152 41,45 58,55 5,30 805 37,64 62,36 TOTALE CAMPOMORONE 2.560 1.260 78,10 21,90 4,89 6.163 76,42 23,58 2,41 Ceranesi 307 222 31,98 68,02 5,16 1.146 34,38 65,62 Livellato 364 202 14,36 85,64 5,42 1.095 10,96 89,04 Torbi 340 71 29,58 70,42 4,96 352 23,86 76,14 Paravanico 430 175 37,14 62,86 5,30 928 37,82 62,18 TOTALE CERANESI 3.083 670 27,76 72,24 5,26 3.521 26,95 73,05 1,14 Fumeri 411 172 50,58 49,42 4,48 771 48,77 51,23 Mignanego 180 118 38,14 61,86 4,44 524 35,11 64,89 Paveto 412 100 66,00 34,00 4,33 433 59,82 40,18 Giovi 360 138 36,23 63,77 4,91 678 33,48 66,52 Montanesi 417 54 12,96 87,04 4,19 226 11,06 88,94 TOTALE MIGNANEGO 1.370 582 43,81 56,19 4,52 2.632 40,69 59,31 1,92 Sant'Olcese 335 138 100,00 5,72 790 100,00 Vicomorasso 300 148 100,00 5,09 753 100,00 Bevegni 275 60 100,00 5,85 351 100,00 Manesseno 153 257 100,00 4,67 1.200 100,00 Com’ago 192 85 100,00 5,51 468 100,00 Casanova 310 138 100,00 4,67 644 100,00 Trensasco 280 72 100,00 4,25 306 100,00 SANT'OLCESE 2.177 898 100,00 5,02 4.512 100,00 2,07 Pedemonte 120 224 100,00 4,41 988 100,00 San Cipriano 259 271 100,00 5,21 1.413 100,00 Serra Riccò 400 154 100,00 4,88 752 100,00 Valleregia 350 158 100,00 5,05 798 100,00 Orero 504 135 100,00 5,35 722 100,00 TOTALE SERRA RICCO' 2.626 942 100,00 4,96 4.673 100,00 1,78 TOTALE ALTA VAL POLCEVERA 11.816 4.352 32,74 67,26 4,94 21.501 31,30 68,70 1,82
TOTALE VAL POLCEVERA 15.917 16.397 69,94 30,06 4,44 72.852 65,55 34,45 4,58
XX. CENSITI IN ETÀ DI 6 ANNI E PIÙ CHE SAPEVANO LEG GERE NEI COMUNI DELLA VAL POLCEVERA (1911).
Fonte: MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1914; vol. 3: pp. 104, 105, 230.
CENSITI IN ETA' DI 6 ANNI E PIU', CHE RISPOSERO AL
QUESITO
in complesso che sapevano leggere
SU 100 CENSITI IN ETA' DI 6 ANNI E PIU' SAPEVANO
LEGGERE
MF M F MF M F MF M F
Bolzaneto * 8.464 4.298 4.166 7.607 3.889 3.718 90 90 89
Borzoli * 6.628 3.478 3.150 5.250 2.793 2.457 79 80 78
Pontedecimo * 4.929 2.416 2.513 4.398 2.188 2.210 89 91 88
Rivarolo Ligure * 19.759 10.271 9.488 16.997 9.079 7.918 86 88 83
San Quirico in Val Polcevera * 3.855 2.010 1.845 3.576 1.903 1.673 93 95 91
Campomorone 5.091 2.261 2.830 4.462 1.969 2.493 88 87 88
Ceranesi 3.087 1.555 1.532 2.954 1.483 1.471 96 95 96
Mignanego 2.265 1.094 1.171 2.048 998 1.050 90 91 90
Sant'Olcese 3.894 1.994 1.900 3.351 1.715 1.636 86 86 86
Serra Riccò 3.954 2.059 1.895 3.035 1.501 1.534 77 73 81
TOTALE VAL POLCEVERA 61.926 31.436 30.490 53.678 27.518 26.160 87 88 86
GENOVA 243.744 122.127 121.617 218.429 111.494 106.935 90 91 88
LIGURIA 1.045.499 523.197 522.302 867.694 449.014 418.680 83 86 80
REGNO D'ITALIA 29.373.320 14.334.373 15.038.947 18.322.866 9.662.699 8.660.167 62 67 58
CAPITOLO II (1880 – 1914)
4. URBANISTICA ED EDILIZIA
4.1. EFFETTI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE
SULL’ASSETTO URBANISTICO IN VAL POLCEVERA.
4.1.1. La mancata integrazione tra insediamenti industriali e tessuto
urbano
Tra la fine del XIX secolo ed il primo conflitto mondiale, la Val
Polcevera presenta al suo interno differenti situazioni di sviluppo
urbanistico ed edilizio, in relazione al diverso stato di avanzamento del
processo di industrializzazione in ciascun comune polceverasco.
In questo periodo i comuni della bassa valle, in special modo Rivarolo
Ligure e Bolzaneto, subiscono le maggiori trasformazioni dal punto di vista
economico, sociale, insediativo e paesaggistico; i centri della media ed alta
Val Polcevera, con l’eccezione di Pontedecimo, rimangono per il momento
ai margini di questi fenomeni, mantenendo ancora un’accentuata
caratterizzazione rurale.
82
CAPITOLO II (1880 – 1914)
In realtà, i primi ad essere investiti da tali mutamenti, già a metà del
secolo con la nascita dell’Ansaldo, sono i comuni della foce del Polcevera:
Cornigliano e, soprattutto, Sampierdarena, la quale, in una prima fase, vede
stabilirsi un rapporto di solidarietà, in opposizione alla nascente industria
meccanica, tra proprietà fondiaria delle famiglie dell’aristocrazia genovese
(direttamente coinvolte dalla scelta dell’area per i nuovi insediamenti
produttivi) ed i piccoli imprenditori già insediati, legati ad attività
tradizionali1.
Esemplare è la vicenda della costituzione della Taylor e Prandi (industria
dalle cui ceneri sarebbe sorta l’Ansaldo): nel 1846, Philip Taylor, per poter
acquisire 35.000 metri quadrati in sponda sinistra della foce del Polcevera,
è costretto a richiedere al Governo la dichiarazione di pubblica utilità,
minacciando la proprietà con il possibile ricorso all’esproprio.
Dopo mesi di contenzioso nelle diverse sedi amministrative e solo a
seguito del parere favorevole del Consiglio di Stato, l’intervento viene
dichiarato di pubblica utilità, consentendo di pervenire all’atto di cessione
dell’area per una cifra non irrilevante.
1 BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, p. 78.
83
CAPITOLO II (1880 – 1914)
L’iniziativa di Taylor è sostenuta, di fronte all’opposizione dei
proprietari, dalla ferma volontà del Governo, che provvede, oltretutto, al
quasi totale prefinanziamento dell’intervento; da questo momento, il
meccanismo dell’esproprio per motivi di pubblica utilità diventa uno
strumento decisivo, utilizzato dalla nascente industria del Ponente genovese
e, successivamente, della Val Polcevera, per muovere i primi passi2.
In queste zone, dunque, alla fine dell’Ottocento, la nuova realtà
industriale è ormai diventata la caratteristica di fondo: l’organizzazione
della grande azienda costituisce, soprattutto negli anni della massima
espansione della produzione bellica, la vera armatura della Genova
industriale. Il suo fulcro si colloca nell’area compresa tra Sampierdarena e
Cornigliano, estendendosi successivamente a Sestri, Prà e Voltri nel
Ponente e a Rivarolo, Fegino (comune di Borzoli) e Bolzaneto3 in Val
Polcevera, dove avviene la rapida trasformazione di aree prevalentemente
agricole, e con un’attività manifatturiera in gran parte di tipo preindustriale,
in zone principalmente industriali4.
2 BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, pp. 78, 79. 3 Lo sviluppo della Val Polcevera, successivo ed inizialmente meno intenso, rispetto a quello di Sampierdarena e di Cornigliano si riflette anche nel valore fondiario dei rispettivi suoli. Per esempio, l’acquisto di terreni, per vari impianti produttivi, costa all’Ansaldo 97 lire al metro quadro nel 1912 a Sampierdarena, 66 lire per metro quadro nel 1913 a Campi e solo 11 lire al metro quadro nel 1917 a Bolzaneto. BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, pp. 99, 100.
84
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Inoltre, con lo sviluppo della grande industria, la realizzazione degli
impianti produttivi supera la mera dimensione edilizia, determinando una
nuova configurazione dell’assetto territoriale. L’acquisizione degli spazi
necessari al ciclo industriale (spazi talvolta paragonabili alle rimanenti parti
del tessuto urbanizzato) risponde ad una logica di programmazione
economica privatistica, cui spesso non fa riscontro un precisa volontà
amministrativa di inserire lo sviluppo industriale in un progetto urbanistico
organico ed integrato5: si viene così ad attuare una separazione tra la
crescita degli insediamenti urbani e l’espansione dei settori produttivi.
4.1.2. Lo sviluppo edilizio nella bassa Val Polcevera e a Pontedecimo
A partire dagli anni Ottanta del XIX secolo, l'attività edilizia lungo il
basso corso del Polcevera assume un ruolo diverso rispetto alle finalità
precedenti, ovvero acquisisce un maggior contenuto speculativo, per
l'attivarsi dei meccanismi della rendita fondiaria urbana e,
conseguentemente, una caratterizzazione qualitativa decisamente modesta.
Il forte incremento dei flussi d’immigrazione, a seguito della crescente
domanda di manodopera, da occupare negli impianti industriali
4 BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, pp. 78, 79 5 BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, pp. 97.
85
CAPITOLO II (1880 – 1914)
recentemente insediati, determina uno sconvolgimento nell’assetto urbano
dei comuni del fondovalle.
Per far fronte a questo sviluppo demografico, saturata la capacità delle
edificazioni preesistenti, si rende necessaria la costruzione di nuovi
complessi abitativi; quest’azione viene svolta direttamente dalla classe
industriale che, mediante tali operazioni immobiliari, trova modo di
diversificare gli investimenti dei profitti conseguiti tramite l’attività
produttiva tipica.
In questo modo, parte dei flussi salariali erogati ritorna, sotto forma di
rendita immobiliare, agli stessi datori di lavoro.
Questa speculazione edilizia, che beneficia, specialmente nel primo
ventennio del XX secolo, di un mercato delle abitazioni in affitto in
espansione, cambia la precedente organizzazione degli insediamenti6.
Andando, infatti, a rivedere la disposizione dei tanti piccoli borghi della
Val Polcevera, in età preindustriale, osserviamo che risultano disposti ad
intervallo più o meno costante, scaglionati lungo il percorso viario che
collega Genova alla pianura Padana.
Il loro sviluppo, in origine dovuto prevalentemente a ragioni agricolo
commerciali, è nella maggior parte dei casi il risultato di aggregazioni
6 COMUNE DI GENOVA, Piano Regolatore Generale, 1976, relazione illustrativa a cura di Claudio Buscaglia, pp. 41,42.
86
CAPITOLO II (1880 – 1914)
successive per semplice accostamento di edifici, rispettanti tutti l’affaccio
lungo l’asse viario principale.
Partendo dalla foce del Polcevera, sino ai primi del Novecento, si
incontrano, ben distanziati, lungo la strada che percorre la valle, i borghi di
Rivarolo Inferiore e Superiore, Teglia, Bolzaneto, Morigallo, Cerro, San
Quirico, Pontedecimo, Campomorone, Pietralavezzara ecc. Oltre a questi
borghi agricolo-commerciali, sviluppatisi lungo le vie di principale
comunicazione, sono disseminati nella valle dei piccoli nuclei, costituiti da
costruzioni sorte intorno ad edifici antichi, quali conventi e chiese7.
A cavallo tra i secoli XIX e XX si verifica un mutamento sostanziale del
quadro sopra descritto; ne sono interessate per prime, a livello
macroscopico, le località di Rivarolo Ligure e di Bolzaneto.
Esaminando comparativamente il catasto di Rivarolo del 1880 con quello
successivo del 1918, appare chiaro il processo di espansione urbana: nel
1880 il comune è ancora nettamente suddiviso nei centri Certosa,
Borghetto, Rivarolo, Teglia; gli edifici residenziali e le localizzazioni
commerciali ed artigianali, affiancati a quelli a carattere ancora agricolo,
sono allineati prevalentemente lungo la strada provinciale (corrispondente,
oggi, al susseguirsi delle vie Fillak, Jori, Rossini, Celesia e Rivarolo)8.
7 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 23. 8 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 35.
87
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Tra Rivarolo e Teglia sono disposti grandi complessi industriali, attivi
nei settori tessile, chimico ed alimentare, di dimensioni sino ad allora
sconosciute nella valle. Questi insediamenti sono destinati con gli anni ad
espandersi ulteriormente, dando luogo ad una vasta zona a prevalente
carattere industriale.
Contemporaneamente alla comparsa di questi importanti complessi
produttivi ed al conseguente parallelo aumento demografico, si induce un
processo di espansione edilizia a carattere residenziale e commerciale:
viene approntato proprio in questi anni il Regolamento edilizio (1876,
successivamente modificato nel 1887).
Nel catasto 1880 sono evidenti a Certosa nuovi fabbricati di edilizia
residenziale popolare, riportati sulla mappa come varianti alla situazione di
impianto (quindi posteriori al 1880), localizzati nel nuovo quartiere a
ridosso della strada provinciale, lungo le vie Palestro (ora Borsieri), Cairoli
(ora Certosa), Garello. Tali insediamenti saranno presto seguiti da quelli
disposti lungo il nuovo allineamento di via Manzoni (ora Canepari).
Nel catasto del 1918 l’abitato di Rivarolo appare un tutt’uno di
costruzioni, che si snoda continuo lungo la strada provinciale da Certosa
sino a Teglia, purtroppo già irrimediabilmente compromesso dal raccordo
ferroviario del parco vagoni Campasso (realizzato nel 1906), che stringe e
88
CAPITOLO II (1880 – 1914)
spezza in due l’abitato. Ulteriormente ampliata appare la zona industriale di
Teglia9.
Anche per Bolzaneto, sede di importanti industrie siderurgiche, è
possibile effettuare un’analisi simile: il suo sviluppo avviene
prevalentemente negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi anni del
Novecento.
A metà Ottocento un fatto notevole caratterizza l’urbanistica di
Bolzaneto: la deviazione dell’alveo del torrente Polcevera, richiesta per
permettere il passaggio della linea ferrata. Tale operazione ha il risultato di
unire la borgata Chiappetta al territorio di Bolzaneto, dando luogo
all’innesco del successivo sviluppo edilizio del paese, proprio in tale
località.
Nella mappa del 1880 è infatti visibile, in fase di lottizzazione e
sviluppo, la zona di terreni compresa tra la strada provinciale (ora via
Bolzaneto), la via Nuova (ora via Reta) ed il rivo Acquamarcia. Questa
stessa località appare, nella mappa del 1921, completamente lottizzata ed
edificata10.
9 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 37. 10 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 37.
89
CAPITOLO II (1880 – 1914)
Se si sposta l’attenzione a località della media Val Polcevera,
esaminando la mappa del 1880, riferita al centro di Pontedecimo, si nota
che, pur con la presenza di diverse industrie meccaniche, alimentari e
tessili, il nucleo urbano conserva sostanzialmente la conformazione di
inizio secolo.
L’unica localizzazione, che spicca in modo evidente per estensione non
congeniale rispetto all’area urbanizzata, è la zona occupata dalla ferrovia
con la stazione e lo scalo merci. Quest’ultimo fatto conferma l’importanza,
che ha sempre avuto il paese, quale nodo nevralgico delle vie di
comunicazione, prima stradali (passo dei Giovi, passo della Bocchetta) poi
ferroviarie, sia dei traffici locali che di quelli a largo raggio verso la valle
Padana.
Lo sviluppo urbano del Novecento è ancora più evidente, se si
confrontano le situazioni attuali di altre località della valle, quali ad
esempio San Quirico, Campomorone, Mignanego, con le cartografie di fine
Ottocento, dove tali insediamenti appaiono organizzati nelle conformazioni
tardomedievali, tipiche dei borghi a prevalente economia agricola, che li
avevano caratterizzati nei secoli precedenti11.
11 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 40.
90
CAPITOLO III (1914 – 1950)
1. I TRASPORTI
1.1. LA “GRANDE GENOVA” NEL TRIANGOLO
INDUSTRIALE: I NUOVI MEZZI DI TRASPORTO
DALLA FERROVIA ALL’AVVENTO DELLA STRADA
CAMIONALE.
Completata, tra il 1911 ed il 1914, l’elettrificazione della rete ferroviaria
nel tratto Sampierdarena - Ronco Scrivia, durante il periodo del primo
conflitto mondiale (come anche del secondo), al fine di agevolare il
trasporto della produzione bellica dalle industrie siderurgiche della bassa
Val Polcevera verso il fronte orientale, viene messa in funzione una
stazione “militare” a Campi, allacciata col Parco Vagoni Campasso
mediante un doppio ponte in ferro, in parte ancora esistente, sopra la attuale
via Walter Fillak1.
A partire dal primo dopoguerra non si segnalano ulteriori significativi
lavori di ampliamento delle vie di comunicazione su strada ferrata.
1 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 26, 30.
92
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Vengono elaborati numerosi progetti e studi, tra cui quello riguardante la
costruzione di una linea ferroviaria diretta tra Genova e Milano, attraverso
lo scavo di una galleria all’altezza di Campomorone (il “Terzo Valico”, di
cui si discute ancora oggi), ma non arriveranno mai in fase di realizzazione.
Nel corso degli anni Trenta, poi, viene approvato un progetto di
collegamento ferroviario diretto con le zone del Piacentino, tramite un
viadotto, che si diparta dalla prima linea per Torino alla sommità
dell'abitato di Teglia, attraversando in galleria il monte di Geminiano, ma la
sua realizzazione si blocca alla fase iniziale dei lavori e non viene portata a
compimento2.
A fronte di tale inerzia, si registra, invece, negli stessi anni una crescente
attenzione nei confronti del trasporto delle merci su gomma; questo
avviene prevalentemente tramite grandi autotreni a nafta, divenuti oramai
più veloci, comodi e "flessibili" rispetto ai mezzi su rotaia.
La linea di collegamento, a disposizione di questi mezzi, con
l’Oltreappennino è rappresentata ancora dalla Strada Statale dei Giovi,
ultimata nel 1823, che si rivela ormai insufficiente di fronte alla ripresa dei
traffici, a partire dai primi anni ’30, tra Genova e l’entroterra padano.
2 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 30.
93
CAPITOLO III (1914 – 1950)
In questo periodo, infatti, il traffico medio giornaliero sulla Strada
Statale assomma a 570 autocarri, di cui 367 con rimorchio, oltre a 582
autovetture3.
Nasce dunque l’idea di costruire una nuova strada, che permetta il
trasporto rapido delle merci dalle calate del porto direttamente alle
fabbriche genovesi, piemontesi e lombarde, con un tracciato diretto e con
una capacità di accogliere flussi intensi di traffico.
Nel 1932 il Ministero dei Lavori Pubblici costituisce un comitato
consultivo, per elaborare ed approvare un progetto per il percorso della
Strada Camionale dei Giovi. Dopo appena tre mesi si arriva alla conferma
della proposta e, dopo altri tre, partono i lavori.
Nel frattempo la neocostituita “Grande Genova” aveva già provveduto
ad abbattere le barriere naturali, esistenti tra il centro città (soprattutto il
porto) e le zone della Val Polcevera e del Ponente, spianando, a partire dal
1926, il colle di San Benigno4.
Il percorso della “camionale” risulta decisamente strategico per le
industrie della Val Polcevera, in gran parte attraversate dalla nuova strada.
Il Comune, con l'aiuto finanziario di alcune importanti imprese, decide di
costruire un raccordo che consenta ai centri industriali della valle di poter
3 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, pp.164, 165. 4 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, pp. 164, 165.
94
CAPITOLO III (1914 – 1950)
usufruire dell'arteria statale, sia per convogliare direttamente al porto gli
automezzi, sia per i trasporti da e verso l'entroterra, senza dover percorrere
la strada comunale Genova - Pontedecimo, fino all’imbocco con la
“camionale”, a San Benigno.
Il raccordo viene realizzato in località Bratte (Bolzaneto) presso l'ex
barriera daziaria, per la centralità dell’ubicazione rispetto alla Val
Polcevera, per la vicinanza della Valle Secca e di importantissimi
stabilimenti industriali e per l’assenza di fabbricati importanti da demolire.
Si segnalano, fra le opere di maggiore impatto sulla valle, l'elevazione
del viadotto di Montanesi, costituito da dieci arcate e la galleria del
Littorio5.
Nel 1935 si inaugura, dunque, la strada camionale tra Genova e
Serravalle, con un percorso di circa 50 km, realizzata mediante l’impiego di
oltre 27.000 operai.
L’assorbimento, infatti, da parte del settore delle grandi opere pubbliche,
della forza lavoro espulsa dagli altri comparti, costituisce uno dei due
motivi principali della realizzazione della “camionale”. L’altro è, come già
scritto, la necessità di adeguare l’infrastutturazione del porto ai traffici
5 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 68, 69.
95
CAPITOLO III (1914 – 1950)
indotti dalla congiuntura favorevole e dall’espansione a ponente dello scalo
genovese.
La sistemazione del piazzale di accesso della nuova opera e dei suoi
collegamenti col bacino portuale determinano forti trasformazioni
nell’assetto della città: si procede allo sbancamento di oltre un milione di
metri cubi di roccia, per realizzare un piazzale di 5 ettari, destinato agli
uffici della “camionale” e si costruiscono un ponte di 40 metri, a campata
unica, sopra via di Francia ed un raccordo elicoidale, per collegare la nuova
strada al porto6.
6 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 165 .
96
CAPITOLO III (1914 – 1950)
1.2. IL TRASPORTO PUBBLICO A GENOVA E NELL’ALTA
VAL POLCEVERA: LA MUNICIPALIZZAZIONE E I
PRIVATI.
1.2.1. La UITE al tempo della “Grande Genova”: il servizio nella
bassa Val Polcevera diventa urbano
Con lo scoppio della prima guerra mondiale il capitale tedesco si trova
nella condizione di dover uscire dalla UITE e, dunque, i consiglieri
tedeschi di questa rassegnano nel 1915 le proprie dimissioni7.
Durante il conflitto la società di trasporto viene a trovarsi in serie
difficoltà, per la carenza di uomini e materiali e per i limiti imposti al
consumo di energia elettrica; si procede quindi ad una restrizione del
servizio durante tutto il periodo bellico.
Dopo la guerra e con la formazione nel 1926 della “Grande Genova”, i
rapporti già tesi tra l’amministrazione comunale e la UITE continuano a
deteriorarsi. Il Comune, infatti, è deciso, in base alla legge sulla
municipalizzazione dei servizi, a riscattare tutte le linee concesse alla
UITE.
7 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 83.
97
CAPITOLO III (1914 – 1950)
La società, per contro, nonostante abbia sottoscritto un accordo nel ’14,
in cui si stabiliva la possibilità del riscatto a partire dal 1926, non intende
cedere le linee e pone numerosi ostacoli8.
La situazione si risolve nel 1928, quando il Comune procede all’incetta
delle azioni UITE, diventandone azionista di maggioranza assoluta, nella
misura del 65 %; da questo momento si provvede ad un potenziamento del
servizio di trasporto, volto ad una sua maggior coordinazione e ad un
rinnovamento degli impianti9.
Tra la fine degli anni Venti e l'inizio del decennio successivo la
circolazione tranviaria in Val Polcevera registra un forte sviluppo a causa
delle condizioni di piena espansione operativa delle industrie, spingendo la
UITE a ricercare nuove soluzioni tecniche e gestionali per un continuo
adeguamento del servizio, oramai pienamente di massa10.
Nel 1930 vengono ordinati i primi tram a carrelli, che, su progetto di
Remigio Casteggini, tecnico della UITE, incontrano un notevole successo
da parte dell'utenza per il comfort e la maggiore capienza.
8 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 220-222. 9 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 223. 10 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 49.
98
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Nel 1934, dopo aver acquisito dal Comune l’Azienda Autonoma
Autobus11, la UITE attua la “rivoluzione” del traffico tranviario, per cui
alcune linee polceverasche vengono allungate di percorso ed altre nuove
vengono istituite, comportando lavori di posa di binari, impiantati nel giro
di un trimestre. Si possono, così, raggiungere direttamente da Bolzaneto e
Rivarolo le zone di Marassi, San Martino e Quezzi.
In questi anni viene immesso un nuovo modello di vettura a carrelli
decisamente più silenzioso dei precedenti: il modello “Genova” della serie
900, soprannominato anche “littorina” in omaggio al periodo storico. Sulla
linea per Pontedecimo e relative sussidiarie le “littorine” entrano in servizio
a partire dal 194012.
L’esigenza di un più rapido collegamento tra la Val Polcevera genovese
ed il centro cittadino fa sì che, nel 1937, su sollecitazione dello stesso
Podestà Carlo Raffaele Bombrini, la ditta privata Lazzi prenda in gestione
il servizio veloce tra Genova e Pontedecimo, mediante le sue
"autocorriere", con una frequenza di sole 6 coppie di corse giornaliere ed
una percorrenza massima di mezz'ora, effettuando fermate soltanto per la
salita e discesa dei passeggeri lungo il tratto da Pontedecimo a Teglia e
11 Costituita nel 1925 dal comune di Genova, non svolge servizio in Val Polcevera. AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 216, 217. 12 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 49.
99
CAPITOLO III (1914 – 1950)
viceversa; l'anno successivo la Lazzi istituisce nuovi collegamenti con
Murta ed altre località collinari collocate nell'ambito urbano, fino ad allora
rimaste isolate dal centro di Genova13.
Nel 1938 entra in funzione, ma solo nel centro città, il servizio filobus,
interrotto due anni dopo, a causa dello scoppio della guerra. Al suo posto
subentra il trasporto mediante le vetture più vecchie, che sostituiscono
anche le “littorine”14.
Durante il secondo conflitto mondiale, vengono soppresse le linee
sussidiarie (tra cui anche quella servita dalla Lazzi) e ridotto ad un terzo
l'intero collegamento urbano, anche per motivi di risparmio energetico.
Si arriva fino alla quasi totale sospensione del servizio, dovuta alle
incursioni aeree, che provocano lo sfollamento nelle campagne retrostanti.
In compenso il tram rimpiazza integralmente il trasporto merci su
autocarri, a causa della scarsità di carburante e pneumatici, effettuando
servizio anche per i mercati ortofrutticoli rionali, compreso quello di
Pontedecimo15.
13 Si tratta, comunque, di servizi a tariffe più elevate. LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 73. 14 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 229. 15 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 49.
100
CAPITOLO III (1914 – 1950)
1.2.2. I privati e i trasporti nell’alta valle
Nell’arco di tempo compreso tra le due guerre mondiali, studiando i
collegamenti interni alla Val Polcevera, appare chiaro che ferrovie e
tranvie, pur presenti in discreta quantità, non possono garantire un servizio
capillare, nè raggiungere zone isolate ed impervie: in questi percorsi si
inseriscono veicoli più agili ed economici, ovvero le nuove
“autocorriere”16.
Costituitesi per la maggior parte nel primo dopoguerra, per lo più ad
opera di singoli trasportatori privati, queste società iniziano a servire zone
rimaste isolate dalle grandi e medie direttrici. Con un inizio pionieristico,
recuperando, ad esempio, e riadattando autocarri risalenti al periodo
bellico, si sviluppano gestendo le linee colleganti i centri di Rivarolo,
Bolzaneto e Pontedecimo alle piccole località montane, trasportando ogni
giorno migliaia di utenti, per la maggior parte operai. Queste compagnie
eseguono anche servizi postali e “mercatali” (ovvero il trasporto delle
massaie per gli acquisti al mercato).
16 Non bisogna dimenticare che, ancora fino alla metà degli anni Trenta, continua ad essere diffuso in Val Polcevera il trasporto sui vecchi omnibus a cavalli, più lenti, ma meno costosi. La loro manutenzione, inoltre, è meno onerosa, in quanto, a differenza delle “autocorriere” non implicano consumi di pneumatici e di componenti meccanici (si tenga presente che in questi anni la maggior parte delle strade non è ancora asfaltata). LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 63.
101
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Le linee, che raggiungono Pontedecimo, sono collegate con il centro di
Genova, mentre le altre giungono nel capoluogo soltanto in alcune
circostanze eccezionali.
Passando al campo dei trasporti a carattere prevalentemente turistico,
inizia a svilupparsi, negli anni Trenta, il noleggio di rimessa, con l'acquisto
dei primi pullman di tipo “gran turismo”17.
Inoltre nel 1929 viene inaugurata la ferrovia a scartamento ridotto
Genova - Casella (presso Sant’Olcese), che viene incontro alle esigenze di
due opposti pendolarismi: quello da parte del contado per la vendita nei
mercati genovesi dei prodotti agricoli e quello dei “cittadini” per la
villeggiatura18.
Nello stesso anno entra in funzione la linea, che, dalla stazione inferiore
del Serro di San Quirico, raggiunge Ca’ Bianca a quota 676 metri s.l.m.,
per una lunghezza di circa 9 km. Questa rappresenta il primo tratto della
“Guidovia della Guardia”, un impianto di risalita a diesel su rotaia, che
adotta il sistema “Laviosa”, realizzato dalla società anonima “Ferrovia
Santuario della Guardia”, costituita nel 1926 dai fratelli Carlo e Simone
Corazza, originari di Salsomaggiore Terme.
17 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 63. 18 STRINGA P., La Valpolcevera, AGIS, Genova, 1980, p. 85.
102
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Il tratto finale viene inaugurato nel 1934: da Ca' Bianca, stazione che
viene ben presto demolita, la linea viene deviata sulla sinistra e fatta
proseguire per circa due chilometri arrivando fin sotto il Santuario di
Nostra Signora della Guardia, tradizionale meta di pellegrinaggio,
superando un dislivello di 130 metri.
Il percorso complessivo della linea viene quindi portato a 10,59 km,
percorribile in circa 45 minuti, servendo così le numerose frazioni
disseminate sui versanti del Monte Figogna19.
19 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 59.
103
CAPITOLO III (1914 – 1950)
2. TRASFORMAZIONI ECONOMICHE E DINAMICHE
SOCIALI
2.1. MUTAMENTI ECONOMICI IN VAL POLCEVERA TRA LE
DUE GUERRE.
2.1.1. La difficile riconversione postbellica dell’industria pesante e la
nascita del capitalismo di Stato: le ripercussioni sulla Val
Polcevera
La partecipazione dell’Italia al primo conflitto mondiale mette in moto
un meccanismo di forte espansione nell’industria siderurgica e meccanica;
l’Ansaldo dei Perrone, in primo luogo, sostiene attivamente lo sforzo
bellico, destinando ingenti risorse alla produzione delle forniture militari,
mediante l’apertura di una serie di nuovi stabilimenti specializzati, che,
saturati gli spazi costieri del Ponente genovese, “colonizzano”, in direzione
Nord, la riva destra del Polcevera, ancora ricca di aree libere e
relativamente meno costose, nell’ottica di creazione di un sistema
industriale ad integrazione verticale.
104
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Nel 1915, infatti, viene intrapresa la realizzazione dello stabilimento
Grandi Artiglierie di Campi (comune di Cornigliano), nel 1916 è avviata la
costruzione del Tubificio e Bossolificio - Nuovo Delta e dello Stabilimento
elettrolitico di Campi; nel 1917 viene edificato lo Stabilimento per la
Stampatura a Trasta.
Fatto l’ingresso nell’industria aeronautica, l’Ansaldo provvede ad
attrezzarsi per la costruzione degli aeroplani, la cui produzione inizia nel
1916, in seguito all’ultimazione del nuovo cantiere aeronautico, localizzato
a Borzoli (sulla costa, in località Calcinara) ed all’affiancamento, nel 1917,
di un’officina di montaggio e di un campo di collaudo a Bolzaneto1.
Per avere un’idea della portata degli effetti economici, sociali ed
ambientali, provocati da quest’espansione industriale nel Ponente e nella
bassa Val Polcevera, basti pensare che, se alla vigilia del conflitto la totalità
degli stabilimenti Ansaldo occupa una superficie complessiva di 34 ettari,
su cui sono occupati oltre 9.000 addetti, alla fine della grande Guerra l’area
insediata passa a quasi 400 ettari per oltre 40.000 dipendenti (in tempo di
guerra sono entrate in fabbrica anche molte donne)2.
1 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, pp. 18, 19 e BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, p. 101. 2 BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, p. 100 e BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 19; DORIA M., Ansaldo - l'impresa e lo stato, Collana Ciriec, Franco Angeli Ed., Milano, 1989, p. 113.
105
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Anche l’ILVA, le Acciaierie Italiane e tutti i grandi gruppi siderurgici
italiani, di cui la Val Polcevera ed il Ponente ospitano gli stabilimenti, sono
impegnati in questa fase di espansione produttiva.
La fine della guerra, però, pone dei seri problemi circa la riconversione
di questi impianti, cresciuti a dismisura; inoltre, al brusco calo della
domanda e quindi della produzione seguono una crisi finanziaria, che
investe le grandi aziende del settore (tra l’altro, lo Stato non corrisponde ai
debiti contratti in tempo di guerra), e dal ’29 il drammatico crollo, che
trascina nel dissesto le imprese e le banche, intrecciate tra loro in un
“abbraccio mortale”3.
Dunque, usciti di scena i Perrone, nel 1922 la proprietà dell’Ansaldo
passa al Consorzio Sovvenzioni su Valori Industriali (CSVI) e
successivamente alle banche, mentre, a seguito del succitato crac del ’29, il
neocostituito Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) ne acquisisce,
nel 1933, la maggioranza del pacchetto azionario, nominando Agostino
Rocca, amministratore delegato del gruppo4. In questo periodo lo
stabilimento Delta di Fegino viene ampliato con nuove officine.
Sorte analoga all’Ansaldo spetta all’ILVA, che, dopo una forte crisi
industriale e finanziaria, viene ad essere controllata di fatto, dal 1921, dalla
3 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, pp. 23-25, 29. 4 AA.VV., Storia dell'Ansaldo, vol. 9, Laterza, Bari, 2003, pp. 47-51.
106
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Banca Commerciale Italiana e dal Credito Italiano, per poi passare,
attraverso successivi periodi di sottoproduzione, nell’orbita IRI5.
A questo punto si può affermare che la grande industria pesante della
bassa Val Polcevera, con l’eccezione delle importanti Acciaierie e Ferriere
Bruzzo (da cui sono usciti, nel 1921, i Dufour e che arriveranno ad
occupare oltre 2.000 dipendenti nel 1946, anno del passaggio dalla forma
sociale di S.n.c. a quella di S.p.A.6), passa sotto il controllo pubblico,
rendendola dipendente dalle grandi commesse statali e ciò ne segnerà le
sorti.
Meno colpite dalla crisi, in quanto coinvolte in misura minore nella
“corsa agli armamenti”, sono invece le piccole e medie realtà industriali
private della media valle. In particolare a Pontedecimo nel 1926, alla vigilia
dell’annessione alla “Grande Genova”, la Ferriera Sanguineti (poi S.A.
Ferriera di Pontedecimo, successivamente confluita nella SIAC) occupa
250 dipendenti, la Ferriera del Riccò 240, le Fonderie Grondona 25 e lo
stabilimento meccanico, la fonderia ed il laboratorio della Perino danno
lavoro, nel complesso, a 157 addetti7.
5 RUGAFIORI P., Industria e Impresa – Genova 1850 – 2000, AUSIND, Genova, 2001, pp. 48-50. 6 Relazione di Roberto Tolaini al convegno Le imprese familiari -memorie e strategie, tenutosi a Genova, presso la Facoltà di Economia, il 27 maggio 2004. 7 Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M. e LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, p. 87.
107
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Gli anni Trenta segnano la nascita, in Val Polcevera, delle Officine
Ferroviarie Industriali Meccaniche S.r.l. (OFIM) e delle Officine Belotti,
con le quali si assiste all’insediamento del nuovo settore produttivo della
meccanica leggera; in seguito si svilupperanno anche la micromeccanica,
l’elettromeccanica (con la costituzione a Pontedecimo, nel 1941, della
Alderigo Teglia Elettromeccanica S.r.l.8) e la meccanica di precisione9.
In questo periodo si verifica un nuovo aumento della produzione
siderurgica e meccanica, determinato dalla costruzione dei nuovi grandi
transatlantici (Augustus, Rex, ecc,) per i cantieri statali e dalla nuova
politica di riarmo.
Va, comunque, osservata, negli anni precedenti alla seconda guerra
mondiale, una tendenza ad una vistosa diminuzione della produzione da
parte dello stabilimento ILVA di Bolzaneto, deciso dai vertici aziendali a
favore dell’impianto di Novi Ligure10. E’ la premessa ad una fase nera per
l’industria pesante in Val Polcevera, che si aprirà nel secondo dopoguerra.
8 LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, p. 196. 9 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 45. 10 GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980, vol. II: p. 903.
108
CAPITOLO III (1914 – 1950)
2.1.2. Selezione e potenziamento nei settori tessile, alimentare e
chimico
L’industria tessile, a partire dagli anni Venti in poi, raggiunge la piena
maturità, con l’affermarsi della produzione industrializzata delle maglie11.
Nel 1920 Eliseo Borioli impianta a Pontedecimo il Maglificio Eliseo
Borioli, che occupa, nel 1926, più di 200 addetti, andando ad affiancare il
Maglificio Santo Dasso e figli di Pontedecimo, con 243 dipendenti, il
Maglificio Michele Rolih & C. di San Quirico (243) ed il Maglificio
Dagnino12.
Nel 1929 lo stabilimento di Fegino della Conceria Campostano viene
acquistato dalla Pettinatura Biella, che, effettuata la riconversione degli
impianti, intraprende anche in Val Polcevera la propria attività tessile13.
Bisogna ricordare che, se è veritiera, con riguardo all’industria pesante,
l’immagine, fornitaci dallo storico Rodolfo Morandi, quando scrive a
proposito dei moti del 1920: “Chi, in questi giorni, si fosse affacciato al
passo dei Giovi guardando giù nella vallata della Polcevera e più lontano,
verso Voltri, verso Sestri, avrebbe visto sui tetti degli opifici
fiammeggianti, nel chiaro sole del mattino, le bandiere rosse del
11 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 45. 12 Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M. 13 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 18.
109
CAPITOLO III (1914 – 1950)
proletariato”14, anche le industrie leggere di tutta la Val Polcevera sono
interessate dall’affermarsi dei movimenti operai.
Nello Jutificio Costa di Campomorone, per esempio, tra il 1919 ed il
1920, si costituiscono le prime commissioni di fabbrica ed arrivano, da
Genova e da Sampierdarena, i delegati delle Leghe operaie, per cercare di
garantire i diritti dei lavoratori (soprattutto donne), spesso vittime di
incidenti mortali, che avvengono durante lo svolgimento dell’attività15.
Nel settore alimentare polceverasco continua l’attività degli zuccherifici
e della fabbricazione della birra ed è ulteriormente incrementata la
produzione e la raffinazione dell’olio d’oliva vergine, proveniente, oltre
che dal mercato italiano, soprattutto dai mercati spagnolo e portoghese.
Tra gli stabilimenti più importanti si confermano gli Oleifici Nazionali
della famiglia Gaslini e il successivo Oleificio Costa, che conta stabilimenti
a Rivarolo, Bolzaneto e Sampierdarena.
A partire dal primo dopoguerra, l’industria molitoria, perduta o
trasformata la maggior parte delle piccole aziende, continua ad esprimersi
ad alti livelli tecnico-produttivi, con riferimento ai Molini Alta Italia ed ai
Molini Certosa. Si nota anche l’espansione di un ramo minore del settore
alimentare: la distillazione industriale ed artigianale dell’alcool etilico (il
14 Sito internet www.diatto.co.uk. 15 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 83.
110
CAPITOLO III (1914 – 1950)
numero delle ditte passa da 3, nel 1913, a 6 nel 1938) e lo stabilimento di
maggior importanza è la Distilleria Cotelli di Borzoli16, mentre a
Pontedecimo sorge la Distilleria Marenco.
Ricordiamo, inoltre, che, nel 1935, sorge la Centrale del Latte di Fegino,
in un’area di 1,45 ettari, precedentemente di proprietà dell’Ansaldo, dove la
neonata azienda realizza un impianto per la raccolta, la pastorizzazione,
l’imbottigliamento e la distribuzione del prodotto in tutta Genova17.
Con l’avvento, negli anni Venti, della Società Italiana Ossigeno (SIO) a
Fegino, l’industria chimica della bassa Val Polcevera entra in una fase di
intensa modernizzazione, ponendosi all’avanguardia del settore a livello
nazionale.
Il momento favorevole allo sviluppo dell’attività produttiva del settore
chimico è confermato dal potenziamento del Colorificio Brignola, che
estende la sua attività, con successo, anche alla produzione di pitture
navali. Nascono, in questi anni, il Colorificio Rollero di Ceranesi, che
impiega 18 addetti, il Colorificio Tassani di Bolzaneto e, nel 1921, il
Colorificio Attiva (di Attilio Oliva).
Nell’ambito delle piccole imprese a conduzione artigianale si nota una
rilevante diminuzione di ditte, come le piccole fabbriche di candele, i
16A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 45, 48. 17 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 18.
111
CAPITOLO III (1914 – 1950)
piccoli saponifici, le fabbriche di soda; evidentemente il processo di
industrializzazione, in atto in questo settore, non lascia spazio alle modeste
organizzazioni di impianto ottocentesco18.
Infatti, nel 1921 nasce la Società Soda Industriale, specializzata nella
trasformazione di olii esausti ed alimentari, mentre nel 1924 la Unione
Stearinerie Lanza di Torino (con uno stabilimento a Rivarolo) si fonde con
la Fabbrica Candele Steariche di Mira, dando vita all’importante gruppo
Mira Lanza19.
Un altro importante avvenimento, sempre nell’ambito dell’industria
chimica, collegato all’affermarsi del motore a scoppio, è costituito dalla
comparsa dei primi depositi di idrocarburi a Rivarolo, oltre che a
Sampierdarena e a Cornigliano. Si tratta della Società N.A.F.T.A. e della
Società New Jersey Standard Oil (in seguito chiamata ESSO Vacuum).
L’attività della raffinazione del petrolio greggio e della conservazione dei
prodotti di raffinazione in grandi depositi costieri (come anche i Depositi
Costieri del Mediterraneo di Fegino, poi Continentale Italiana), si rivelerà,
successivamente, come fattore determinante per gli insediamenti produttivi
nella valle20.
18 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 44-46. 19 AA.VV., La nuova enciclopedia universale Garzanti, Garzanti Editore s.p.a., Milano, 1982, p. 907. 20 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 45.
112
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Difatti, tra il 1935 ed il 1938, si stabiliscono in Val Polcevera gli
impianti di raffinazione del petrolio. Si tratta della Raffineria Dellepiane
(1935) a Morigallo, della Raffineria San Quirico (1937, di proprietà della
famiglia Boatti di Milano) nell’omonima località e della Edoardo
Raffineria Garrone (ERG, 1938) a San Quirico.
L’organizzazione delle raffinerie di prodotti petroliferi estenderà via via
la sua area di occupazione nelle zone di Fegino, San Quirico e Morigallo,
inglobando a poco a poco l’area di alcune industrie adiacenti,
dimostrandosi pertanto un fattore determinante per la futura
caratterizzazione fisica ed ambientale di tutto il polo industriale della Val
Polcevera21.
2.2. I DATI SULL'INDUSTRIA ED IL COMMERCIO.
2.2.1. La situazione dell’alta valle
Il censimento industriale e commerciale del 1927 fotografa la situazione
economica italiana, un anno dopo la nascita della “Grande Genova”; per
21 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 48.
113
CAPITOLO III (1914 – 1950)
questo motivo è possibile rinvenirvi soltanto i dati relativi ai comuni
polceveraschi interni, rimasti indipendenti (si vedano le tabelle XXI, XXII,
XXIII e XXIV alle pagg. 120, 121, 122 e 123).
Dai dati emerge che gli esercizi industriali dell’alta valle, che sono
appena 437 rispetto ai 547 del ramo commerciale, occupano comunque
quasi il 70 % della manodopera totale.
Il 28,15 % delle imprese industriali è riconducibile al settore della
lavorazione del legno (ad esempio segherie), il 21,28 % ai trasporti (in
particolare i servizi privati di corriera e carrozze), il 16,25 % all’alimentare
(pastifici, biscottifici, oleifici, produzione vinicola ecc.), il 13,50 %
all’abbigliamento ed arredamento, il 5,26 % all’industria meccanica, il 4,35
% ai servizi igienici e sanitari, il 3,89 % alle costruzioni, l’1,83 % alla
distribuzione di energia, luce, acqua e gas e l’1,60 % al tessile.
Prendendo in considerazione, invece, la distribuzione della manodopera
nell’industria, il settore tessile, da solo, occupa ben il 46,54 % della forza
lavoro nelle manifatture, mentre il 13,46 % di questa è impiegata
nell’alimentare, il 9,93 % nei trasporti, il 9,84 % nell’industria del legno, il
4,08 % nell’edilizia, il 3,81 % nell’abbigliamento e arredamento, il 2,41 %
nelle imprese estrattive, il 2,18 % nella distribuzione di energia, luce, acqua
e gas e il 2,09 % nella chimica.
114
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Sono valori che, quantitativamente e qualitativamente, riflettono una
realtà economica ancora arretrata, soprattutto rispetto alla neonata “Grande
Genova”.
Soltanto Campomorone presenta un quadro industriale di maggior
rilievo, dovuto principalmente ad alcune grandi imprese tessili e ad attività
di medie dimensioni nel comparto alimentare, senza trascurare l’estrazione
e la lavorazione dei marmi. Ceranesi, invece, conta un gran numero di
piccole aziende di lavorazione del legname, poche imprese tessili di medie
dimensioni, un piccola fonderia e una fabbrica chimica. Sant’Olcese vede
un modesto sviluppo nel tessile, nei trasporti e nell’alimentare (salumifici
per esempio). Mignanego, per la sua posizione di passaggio obbligato per
l’oltregiogo, registra la presenza di alcune società di trasporti, oltre che di
un colorificio e di due imprese edili degni di nota. Infine anche a Serra
Riccò, a distanza di quindici anni dal primo censimento industriale, si
segnala un leggero sviluppo imprenditoriale, principalmente in piccole
attività nell’alimentare, nei trasporti e nella lavorazione del legno: ciò
rappresenta un primo passo verso una sua lenta deruralizzazione, come
confermano, per esempio, i dati sull’alfabetizzazione in questi anni (si veda
al par. 3.2., cap. III).
Per quanto concerne le attività commerciali nell’alta Val Polcevera, il
44,06 % di queste è costituito da esercizi di vendita al minuto di generi
115
CAPITOLO III (1914 – 1950)
alimentari, il 32,54 % da servizi di ristorazione e pernottamento, il 12,61 %
dal commercio alimentare all’ingrosso e il 4,39 % dalla rivendita di filati,
tessuti e abbigliamento. Analoga ripartizione percentuale, in questi stessi
settori, si ha per quanto riguarda la manodopera attiva nel commercio.
Scendendo nel dettaglio, si può aggiungere che, se a Campomorone il
commercio alimentare al minuto ha un peso maggiore (rispetto alla media
dei cinque comuni considerati) a scapito del settore alberghiero e di
ristorazione, l’esatto contrario avviene a Ceranesi. Viceversa, questi due
settori si ridimensionano a Sant’Olcese, a favore del commercio alimentare
all’ingrosso, confermando la rilevanza della tradizione gastronomica di
questo comune.
2.2.2. Un esempio per la bassa valle: alcuni dati su Rivarolo Ligure
L’unico comune polceverasco, dei cinque annessi alla “Grande Genova”,
per cui è stato possibile disporre di dati statistici in ambito economico-
sociale, in questo periodo, è Rivarolo Ligure.
Soltanto questo centro supera il tetto minimo di 15.000 abitanti e quindi
rientra fra quelli, che, nel censimento generale della popolazione del Regno
del 1921, risultano oggetto di uno studio più particolareggiato.
116
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Da quest’analisi si deduce che il 40,6 % della popolazione (maschile e
femminile) di età superiore ai 10 anni, presente a Rivarolo nel 1921, è
impiegato nell’industria, il 5,2 % nel commercio, 2,2 % nell’agricoltura,
caccia e pesca, il 2,0 % nell’amministrazione pubblica e privata, l’1,2 %
nel culto, professioni ed arti liberali (tra cui, a titolo d’esempio, appena 12
medici, ben 17 levatrici ed anche 3 avvocati e 2 notai) e lo 0,7 % nei servizi
domestici; infine il 48,1 % risulta in condizioni non professionali, ovvero si
tratta di pensionati, studenti, casalinghe, disoccupati, nonchè proprietari e
benestanti (questi ultimi rappresentano lo 0,3 % della popolazione sopra i
10 anni).
Sono valori molto simili a quelli di altre due realtà fortemente
industrializzate, quali San Pier d’Arena e Sestri Ponente, che però
evidenziano un peso dell’agricoltura decisamente minore, anche per via
della loro conformazione territoriale22, mentre sviluppano maggiormente il
commercio e l’amministrazione pubblica e privata.
Il mercato del lavoro di Rivarolo, ancor più di quello genovese, è a
predominio maschile, per la prevalenza dell'industria pesante (il fenomeno
si accentuerà negli anni Trenta). L’83,3 % della popolazione femminile
rivarolese, di età superiore ai 10 anni, è in condizioni non professionali (il
22 Solo nel 1923 Sestri guadagnerà maggiore spazio agricolo con l’annessione del comune prevalentemente rurale di San Giovanni Battista.
117
CAPITOLO III (1914 – 1950)
dato scende al 15,3 % per gli uomini) e solo il 10,1 % è impiegato
nell’industria (contro il 69,1 % dei maschi).
Nel primo caso sono quasi tutte casalinghe, mentre nel secondo si tratta
soprattutto di impiegate nella sartoria e di operaie del tessile e della
produzione di trucioli e sughero.
Per quanto riguarda il settore industriale rivarolese (si veda la tabella
XXV a pag. 124), si osserva che il 29,50 % degli addetti è adibito ai
trasporti (gioca un ruolo importante la presenza dello scalo ferroviario), il
17,26 % all’industria meccanica, il 16,49 % alle costruzioni, il 6,84 alle
industrie del legno e affini (soprattutto carrozzerie, carpenterie e
falegnamerie), il 6,19 % all’abbigliamento (quasi tutte donne), il 4,44 %
alla siderurgia, il 3,16 all’alimentare ed il 3,11 % alle industrie tessili (quasi
tutte donne).
Dal punto di vista sociale, se andiamo a classificare le famiglie naturali
di Rivarolo, secondo la condizione sociale del capo famiglia, constatiamo
che il 45,1 % di queste è costituito da operai, il 28,2 % da persone di
servizio e fatica, il 4,8 % da impiegati pubblici, il 4,4 % da titolari di
rivendite, il 4,3 % da impiegati di aziende private e commessi di negozio,
lo 0,9 % da agricoltori (dato che va letto, considerando il maggior numero
di componenti dei nuclei familiari di quest’ultimo settore).
118
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Rivarolo, dunque, pur essendo il meno rurale e il più differenziato
socialmente di tutti i comuni della Val Polcevera, presenta comunque i
caratteri specifici della valle, che la distinguono rispetto ai centri del
ponente: un legame più forte con la terra ed un tessuto sociale, risultato di
un inserimento massiccio e accelerato di immigrazione operaia in questo
contesto agricolo, caratterizzato sino alla fine del XIX secolo da modesti
flussi commerciali interni.
Occorre inoltre ricordare, a titolo informativo, che ben il 26,7 % della
popolazione presente a Rivarolo nel 1921 ha meno di 16 anni: è il secondo
valore più alto (dopo Albenga, col 27,2 %, mentre Genova registra appena
il 21,0 %) tra quelli di tutti i centri di almeno 15000 abitanti della Liguria e
può contribuire a fornire un’immagine della vitalità, anche in prospettiva,
di questo comune della bassa Val Polcevera.
119
XXI. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927). INDUSTRIA (DATI ASSOLUTI)
Campomorone Ceranesi Mignanego Sant'Olcese Serra
Riccò TOTALE COMUNI
Esercizi 5 5 Miniere e cave Addetti 52 52 Esercizi 22 65 7 11 18 123 Industrie legno
e affini Addetti 31 131 10 15 25 212 Esercizi 18 11 3 13 26 71 Industrie
alimentari e affini Addetti 148 47 7 26 62 290
Esercizi 1 1 Industrie delle pelli, cuoi ecc. Addetti 2 2
Esercizi 1 1 Industria della carta Addetti 9 9
Esercizi 1 1 Industrie siderurgiche e metallurgiche Addetti 26 26
Esercizi 9 2 8 4 23 Industrie meccaniche Addetti 14 3 10 6 33
Esercizi 6 6 Lavorazione dei minerali,
esclusi metalli Addetti 21 21 Esercizi 7 3 2 3 2 17 Industrie delle
costruzioni Addetti 26 9 41 8 4 88 Esercizi 4 2 1 7 Industrie tessili Addetti 812 98 93 1.003
Esercizi 20 4 9 14 12 59 Industrie del vestiario,
abbigliamento e arredamento Addetti 27 4 15 17 19 82
Esercizi 8 3 4 4 19 Servizi igienici, sanitari e di
polizia urbana Addetti 14 3 6 4 27 Esercizi 1 1 2 Industrie
chimiche Addetti 17 28 45
Esercizi 4 1 2 1 8 Provvista e
distribuzione di forza motrice, luce, acqua,
calore Addetti 25 19 2 1 47
Esercizi 24 4 13 24 28 93 Trasporti e comunicazioni Addetti 40 8 79 40 47 214
Esercizi 1 1 Combinazioni di classi diverse Addetti 4 4
Esercizi 128 92 41 81 95 437 TOTALE INDUSTRIA Addetti 1.214 349 205 219 168 2.155
Fonte: ISTAT, Censimento industriale e commerciale al 15 ottobre 1927, Roma, 1928; vol. I: pp. 282, 283.
120
XXII. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927). COMMERCIO E TOTALE (DATI ASSOLUTI)
Campomorone Ceranesi Mignanego Sant'Olcese Serra Riccò TOTALE COMUNI
Esercizi 1 1 Credito e cambio Assicurazione Addetti 1 1
Esercizi 4 1 2 7 Animali vivi e materie prime per
agricoltura e industria Addetti 7 1 2 10
Esercizi 5 3 9 39 13 69
Com
mer
cio
all'i
ngro
sso
Generi alimentari
Addetti 8 8 27 62 28 133
Esercizi 2 1 3 Metalli, macchine, ecc. Addetti 2 1 3
Esercizi 78 26 51 47 39 241 Generi alimentari e affini Addetti 142 44 87 72 66 411
Esercizi 9 2 3 4 6 24 Filati, tessuti e oggetti per
l'abbigliamento Addetti 19 3 3 4 13 42 Esercizi 2 2 4
Mobili, vetrerie, ecc. Addetti 3 2 5 Esercizi 1 3 1 5 Oggetti d'arte, di
lusso, ecc. Addetti 2 7 1 10 Esercizi 5 1 1 1 8
Com
mer
cio
al m
inut
o
Prodotti chimici, medicinali, ecc. Addetti 9 1 2 1 13
Esercizi 46 33 30 35 34 178 Alberghi, trattorie, ecc. Addetti 78 83 50 42 52 305 Esercizi 2 1 3 Spettacoli pubblici Addetti 1 2 3 Esercizi 1 1 1 1 4 Gestioni diverse Addetti 1 2 1 4 Esercizi 156 72 94 129 96 547
TOTALE COMMERCIO Addetti 273 149 168 186 164 940
Esercizi 284 164 135 210 191 984 TOTALE INDUSTRIA E COMMERCIO Addetti 1.487 498 373 405 332 3.095
Vino 55 41 50 47 39 232 Esercizi con vendita di Liquori 19 4 9 6 8 46
Fonte: ISTAT, Censimento industriale e commerciale al 15 ottobre 1927, Roma, 1928; vol. I: pp. 284, 285.
121
XXIII. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927). INDUSTRIA (DATI RELATIVI)
Campomorone Ceranesi Mignanego Sant'Olcese Serra Riccò TOTALE COMUNI
Esercizi 3,91 0,00 0,00 0,00 0,00 1,14 Miniere e cave Addetti 4,28 0,00 0,00 0,00 0,00 2,41 Esercizi 17,19 70,65 17,07 13,58 18,95 28,15 Industrie legno
e affini Addetti 2,55 37,54 4,88 6,85 14,88 9,84 Esercizi 14,06 11,96 7,32 16,05 27,37 16,25 Industrie
alimentari e affini Addetti 12,19 13,47 3,41 11,87 36,90 13,46
Esercizi 0,00 0,00 0,00 1,23 0,00 0,23 Industrie delle pelli, cuoi ecc. Addetti 0,00 0,00 0,00 0,91 0,00 0,09
Esercizi 0,00 1,09 0,00 0,00 0,00 0,23 Industria della carta Addetti 0,00 2,58 0,00 0,00 0,00 0,42
Esercizi 0,00 1,09 0,00 0,00 0,00 0,23 Industrie siderurgiche e metallurgiche Addetti 0,00 7,45 0,00 0,00 0,00 1,21
Esercizi 7,03 0,00 4,88 9,88 4,21 5,26 Industrie meccaniche Addetti 1,15 0,00 1,46 4,57 3,57 1,53
Esercizi 4,69 0,00 0,00 0,00 0,00 1,37 Lavorazione dei minerali,
esclusi metalli Addetti 1,73 0,00 0,00 0,00 0,00 0,97
Esercizi 5,47 3,26 4,88 3,70 2,11 3,89 Industrie delle costruzioni Addetti 2,14 2,58 20,00 3,65 2,38 4,08
Esercizi 3,13 2,17 0,00 1,23 0,00 1,60 Industrie tessili Addetti 66,89 28,08 0,00 42,47 0,00 46,54
Esercizi 15,63 4,35 21,95 17,28 12,63 13,50 Industrie del vestiario,
abbigliamento e arredamento Addetti 2,22 1,15 7,32 7,76 11,31 3,81
Esercizi 6,25 0,00 7,32 4,94 4,21 4,35 Servizi igienici, sanitari e di
polizia urbana Addetti 1,15 0,00 1,46 2,74 2,38 1,25 Esercizi 0,00 1,09 2,44 0,00 0,00 0,46 Industrie
chimiche Addetti 0,00 4,87 13,66 0,00 0,00 2,09
Esercizi 3,13 0,00 2,44 2,47 1,05 1,83 Provvista e
distribuzione di forza
motrice, luce, acqua, calore
Addetti 2,06 0,00 9,27 0,91 0,60 2,18
Esercizi 18,75 4,35 31,71 29,63 29,47 21,28 Trasporti e comunicazioni Addetti 3,29 2,29 38,54 18,26 27,98 9,93
Esercizi 0,78 0,00 0,00 0,00 0,00 0,23 Combinazioni di classi diverse Addetti 0,33 0,00 0,00 0,00 0,00 0,19
Esercizi 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 TOTALE INDUSTRIA Addetti 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00
Fonte: ISTAT, Censimento industriale e commerciale al 15 ottobre 1927, Roma, 1928; vol. I: pp. 282, 283.
122
XXIV. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927). COMMERCIO (DATI RELATIVI)
Campomorone Ceranesi Mignanego Sant'Olcese Serra Riccò
TOTALE COMUNI
Esercizi 0,64 0,00 0,00 0,00 0,00 0,18 Credito e cambio Assicurazione Addetti 0,37 0,00 0,00 0,00 0,00 0,11
Esercizi 2,56 1,39 0,00 1,55 0,00 1,28 Animali vivi e materie prime per agricoltura e
industria Addetti 2,56 0,67 0,00 1,08 0,00 1,06
Esercizi 3,21 4,17 9,57 30,23 13,54 12,61
Com
mer
cio
all'i
ngro
sso
Generi alimentari
Addetti 2,93 5,37 16,07 33,33 17,07 14,15
Esercizi 1,28 0,00 0,00 0,00 1,04 0,55 Metalli, macchine, ecc.
Addetti 0,73 0,00 0,00 0,00 0,61 0,32 Esercizi 50,00 36,11 54,26 36,43 40,63 44,06 Generi alimentari e
affini Addetti 52,01 29,53 51,79 38,71 40,24 43,72 Esercizi 5,77 2,78 3,19 3,10 6,25 4,39 Filati, tessuti e oggetti
per l'abbigliamento Addetti 6,96 2,01 1,79 2,15 7,93 4,47 Esercizi 1,28 2,78 0,00 0,00 0,00 0,73
Mobili, vetrerie, ecc. Addetti 1,10 1,34 0,00 0,00 0,00 0,53 Esercizi 0,64 4,17 1,06 0,00 0,00 0,91 Oggetti d'arte, di
lusso, ecc. Addetti 0,73 4,70 0,60 0,00 0,00 1,06 Esercizi 3,21 1,39 0,00 0,78 1,04 1,46
Com
mer
cio
al m
inut
o
Prodotti chimici, medicinali, ecc. Addetti 3,30 0,67 0,00 1,08 0,61 1,38
Esercizi 29,49 45,83 31,91 27,13 35,42 32,54 Alberghi, trattorie, ecc. Addetti 28,57 55,70 29,76 22,58 31,71 32,45 Esercizi 1,28 0,00 0,00 0,00 1,04 0,55 Spettacoli pubblici Addetti 0,37 0,00 0,00 0,00 1,22 0,32 Esercizi 0,64 1,39 0,00 0,78 1,04 0,73 Gestioni diverse Addetti 0,37 0,00 0,00 1,08 0,61 0,43 Esercizi 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00
TOTALE COMMERCIO Addetti 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00
Fonte: ISTAT, Censimento industriale e commerciale al 15 ottobre 1927, Roma, 1928; vol. I: pp. 284, 285.
123
XXV. NUMERO DEGLI ADDETTI DISTINTI PER CLASSI A RIVAROLO LIGURE (1921). INDUSTRIA (DATI ASSOLUTI E RELATIVI)
NUMERO ASSOLUTO DI ADDETTI PERCENTUALE SUL TOTALE DEGLI
ADDETTI ALL'INDUSTRIA
Miniere e cave 44 0,46
Industrie legno e affini 659 6,84
Industrie alimentari e affini 305 3,16
Industrie delle pelli, cuoi ecc. 205 2,13
Industria della carta 16 0,17
Industrie siderurgiche e metallurgiche
428 4,44
Industrie meccaniche 1.664 17,26
Lavorazione dei minerali, esclusi
metalli 39 0,40
Industrie delle costruzioni 1.590 16,49
Industrie tessili 300 3,11
Industrie del vestiario,
abbigliamento e arredamento
597 6,19
Servizi igienici, sanitari e di
polizia urbana 41 0,43
Industrie chimiche 213 2,21
Provvista e distribuzione di forza motrice, luce, acqua,
calore
171 1,77
Trasporti e comunicazioni 2.844 29,50
Classi diverse 525 5,45
TOTALE INDUSTRIA 9.641 100,00
Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 1 dicembre 1921, Roma, 1926; vol. V: pp. 148, 150, 152,154, 156, 158, 160, 162.
124
CAPITOLO III (1914 – 1950)
3. ASPETTI DEMOGRAFICI
3.1. DAGLI ALBORI DELLA “GRANDE GENOVA” AL
SECONDO DOPOGUERRA: SVILUPPO ED EQUILIBRIO.
3.1.1. La “Grande Genova”
Tra gli anni che precedono il primo conflitto mondiale e quelli
dell’immediato secondo dopoguerra Genova è investita da notevoli
mutamenti territoriali e demografici.
Una consultazione dei censimenti generali della popolazione del Regno
d’Italia del 1911, 1921, 1931, 1936 e 1951 ci aiuterà nella ricostruzione
delle diverse fasi, che scandiscono questo lungo arco di tempo (si vedano le
tabelle XXVI e XXVII alle pagg. 138 e 139).
Nel 1921 la popolazione, residente nell’area dell’allora comune di
Genova, risulta di 304.108 unità, registrando un incremento del 14,53 % in
dieci anni, cioè rispetto al 1911.
Nel 1926 nasce per decreto la “Grande Genova”, che aggrega venti
comuni: Genova, Sampierdarena, Sestri Ponente (che nel 1923 aveva
125
CAPITOLO III (1914 – 1950)
annesso San Giovanni Battista), Cornigliano, Pegli, Pra’, Voltri, Rivarolo,
Borzoli, Bolzaneto, San Quirico, Pontedecimo, Apparizione, Bavari,
Molassana, Struppa, Quarto, Quinto, Nervi e Sant’Ilario.
Su questo nuovo territorio si censiscono, nel 1931, 590.736 abitanti, con
una crescita del 94,25 %, rispetto al dato del 1921, che è relativo però alla
vecchia superficie amministrativa. Se consideriamo infatti l’area,
corrispondente a Genova prima dell’unificazione del ’26, emerge che nel
1931 vi risiedono 330.336 persone e che l’incremento reale di questa in
dieci anni è di 8,62 %.
La città, quindi, che dal 1911 al 1921 continua a crescere
demograficamente ad un ritmo elevato, nonostante lo scoppio della prima
guerra mondiale (in particolare le frazioni di levante, annesse nel 1874,
segnano un aumento eccezionale di popolazione, in gran parte legato alla
presenza di vaste aree edificabili), negli anni Venti rallenta il proprio
sviluppo anche a causa, probabilmente, delle ripercussioni di medio
periodo della crisi successiva alla prima guerra mondiale.
In generale, però, l’andamento della crescita della popolazione, in questo
periodo, dipende in larghissima parte dai saldi migratori e quindi dalle
ragioni di tale forte corrente migratoria.
Uno dei principali fattori, che concorrono ad alimentare le immigrazioni
a Genova, è costituito dal forte aumento delle spese militari, effetto delle
126
CAPITOLO III (1914 – 1950)
crescenti tensioni internazionali, che finisce per beneficiare l'industria
genovese ed in particolare l'Ansaldo.
Oltre all'industria metalmeccanica pesante, anche l'edilizia attira
manodopera, grazie allo sviluppo abitativo e alle numerose infrastrutture, di
cui si dota la città in questo periodo.
Dai dati censuari sul luogo di nascita degli abitanti, è possibile trarre
delle stime indirette sulla provenienza delle correnti migratorie.
Nel 1921 i nati a Genova (ai confini storici) sono il 50,0 % dei residenti,
quelli in altri comuni liguri il 12,3 %. Il gruppo più numeroso dei nati in
altre regioni è quello piemontese, che, nello stesso anno, rappresenta sul
totale della popolazione genovese il 9,4 %. Seguono i toscani (4,7 %), gli
emiliani (4,3 %) e i lombardi (4,2 %). La presenza meridionale, sebbene
ancora contenuta, è in progressivo aumento: i nativi delle regioni del sud e
insulari, nel loro insieme, rappresentano l'8,0 % degli abitanti di Genova,
nel 1921.
D’altro canto i saldi demografici naturali a Genova in questo periodo,
pur essendo quasi sempre positivi, non influenzano sensibilmente gli
aumenti della popolazione, data la loro modesta entità, nonostante i
quozienti di mortalità genovesi siano nettamente più bassi dei valori
nazionali.
127
CAPITOLO III (1914 – 1950)
In quest’ottica è possibile notare un lento processo di invecchiamento
della popolazione, evidenziato dal graduale assottigliamento delle classi di
età giovanili e dalla contemporanea crescita delle classi di età matura
(46-55; 56-65) e degli anziani con più di 65 anni. Le cause sono da
ricercarsi nei bassi indici di natalità, che segnalano l'ingresso di Genova in
una fase ormai avanzata di transizione demografica.
Soltanto a partire dagli anni Trenta (in particolare tra il 1936 ed il 1938)
la politica pro-natalista del fascismo inizia a dare qualche piccolo frutto e
l'indice di natalità mostra una leggera ripresa.
Nel 1936 Genova, con 634.646 abitanti, registra un incremento di
popolazione del 7,43 % rispetto al 1931 (appena cinque anni prima).
Il progressivo superamento dei riflessi della crisi mondiale del ’29 e
soprattutto le positive ripercussioni della politica nazionale di riarmo
sull’apparato produttivo locale comportano una notevole ripresa dei flussi
migratori verso la città, determinanti per lo sviluppo economico ed urbano.
E’ dunque evidente, a Genova, il sostanziale fallimento delle misure
adottate dal fascismo, a partire dal 1931, contro l’urbanesimo (oltretutto
l’istituzione della “Grande Genova” si pone palesemente in contraddizione
con queste) e la persistente refrattarietà dei genovesi alla propaganda
natalista del regime.
128
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale si riscontra un decremento
della popolazione, dovuto a saldi naturali e migratori negativi. Dalla fine
del conflitto ai primi anni Cinquanta, invece, riprende forza l’immigrazione
ed aumenta il quoziente di natalità, che nel 1946 segna il record di 23 nati
vivi per 1000 abitanti.
Così Genova, nel 1951, censisce 688.447 residenti, registrando un
aumento dell’8,48 % rispetto alla popolazione del 1936. Tale dato, però, è
la media risultante dai diversi andamenti demografici dei tre quinquenni,
compresi tra il ’36 ed il ’51, che abbiamo precedentemente analizzato.
3.1.2. La Val Polcevera divisa
Lo studio dell’andamento demografico in Val Polcevera, relativo al
periodo 1914 – 1951, presenta alcune difficoltà nel reperimento dei dati.
Infatti, dal 1926, Bolzaneto, Borzoli, Pontedecimo, Rivarolo Ligure e
San Quirico, che entrano a far parte della “Grande Genova”, non figurano
più nei censimenti ufficiali, dove sono reperibili soltanto i dati concernenti
l’alta valle.
129
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Abbiamo dunque fatto ricorso ad alcune utili pubblicazioni1, per
integrare, ove possibile, l’insufficienza di informazioni.
Anche negli anni ’10 la bassa valle continua a registrare un sorprendente
sviluppo demografico. Nel 1921 Borzoli conta 10.830 residenti (con un
incremento rispetto al 1911 del 34,08 %), Rivarolo 28.440 (+24,33 %) e
Bolzaneto 12.043 (+22,24 %).
Più in linea con i tassi di crescita di Genova è Pontedecimo, con 6.360
abitanti (+13,43 %).
Mostrano invece segni di ripresa Mignanego, con 2.712 residenti (+5,53
%) e Serra Riccò, con 4.927 (+5,17 %).
Modesto è, per il momento, l’incremento di San Quirico, che conta 4.701
unità (+2,91 %).
Praticamente nulli o addirittura negativi i quozienti di crescita di
Sant’Olcese (4.516 ab.; +0,49 %), Campomorone (6.017 ab.; +0,08 %) e
Ceranesi (3.450 ab.; -2,24 %).
La generale flessione della crescita, registrata negli anni ’20, tocca in
misura minore i comuni della media vallata e Rivarolo. In quest’ultima,
ormai inglobata nella “Grande Genova”, nel 1931, si censiscono 32.072
1 COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995 e COMUNE DI GENOVA, Una moderna città d’acciaio – Costruzione e sviluppo della Grande Genova attraverso la statistica, Comune di Genova, Genova 2000.
130
CAPITOLO III (1914 – 1950)
residenti (+12,77 % rispetto al 1921). A San Quirico se ne contano 5.386
(+14,57 %) e a Pontedecimo 7.061 (+ 11,02 %).
Cresce notevolmente anche Mignanego, con 3.020 unità (+11,36 %).
Si risollevano Sant’Olcese (4.877 ab.; +7,99 %) e Campomorone (6.289
ab.; +4,52 %). Conferma la sua linea di sviluppo Serra Riccò (5.188 ab.;
+5.30 %), mentre Bolzaneto, con 12.523 abitanti (+3,99 %), Borzoli
(10.903 ab.; +0,67 %) e Ceranesi (3.495 ab.; +1.30 %) hanno una crescita
contenuta.
Dunque gli anni del dopoguerra segnano una rottura degli equilibri
precedenti: da questo momento, per quanto riguarda gli ex comuni
polceveraschi, sarà la media valle a segnare un costante sviluppo, mentre la
bassa valle continuerà a crescere, ma a ritmi più moderati.
I dati del censimento del 1936 confermano, infatti, la tendenza ad un
sostenuto incremento demografico di San Quirico, con 5.771 residenti
(+7,15 % rispetto a soli cinque anni prima), e di Pontedecimo con 7.525
(+6,57 %). Riprende a crescere anche Bolzaneto (13.333 ab.; +6,47 %).
Seguono Rivarolo (33.345 ab.; +3,97 %), Serra Riccò (5.377 ab.; +3,64
%) e Borzoli (11.258 ab.; +3,26 %).
Quasi stazionarie sono Mignanego (3.045 ab.; +0.83 %) e Ceranesi
(3.505 ab.; + 0,29 %).
131
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Si contrae la popolazione di Sant’Olcese (4.770 ab.; -2,19 %) e
Campomorone (6.040 ab.; -3,96 %).
In questi anni riprendono dunque forza i flussi migratori verso Genova e
la Val Polcevera genovese, che fanno parte dell’ormai consolidato
triangolo industriale (insieme a Milano e Torino).
La politica di riarmo del regime, infatti, fa sì che la Val Polcevera
richiami manodopera nelle sue numerose imprese siderurgiche e
metalmeccaniche.
Guglielmo Chiantella, dirigente della sezione statistica del Comune di
Genova, scrive nel 1938: “larghe correnti migratorie in cui restano
sommerse esigue attività di saldi demografici, forti maggioranze operaie
che premono su sparute, residue minoranze agricole… complessa sindrome
tipica dell’inurbamento…”2. Questa descrizione della situazione genovese,
si rivela particolarmente calzante soprattutto per la Val Polcevera, da poco
annessa.
Il fenomeno si protrae fino allo scoppio della seconda guerra mondiale,
durante la quale si registra un’ovvia riduzione della popolazione. Con la
fine del conflitto, gli indici di crescita torneranno ad essere positivi.
Così gli incrementi demografici tra i censimenti del 1936 e 1951
risultano piuttosto bassi, a causa del “buco” del periodo bellico.
2 CHIANTELLA G., Genova alla luce della demografia, Comune di Genova, 1938, p. 36.
132
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Nel 1951 si censiscono 7.090 residenti a San Quirico (con un incremento
del 22,86 % rispetto al 1936), 3.612 a Mignanego (+18,62 %), 12.741 a
Borzoli (+13,17 %), 8.454 a Pontedecimo (+12,35 %), 14.807 a Bolzaneto
(+11,06 %), 5.233 a Sant’Olcese (+9,71 %), 5.754 a Serra Riccò (+7,01 %),
6.167 a Campomorone (+2,10 %), 33.797 a Rivarolo (+1,36%) ed infine
3.427 a Ceranesi (-2,23 %).
Continua dunque la crescita demografica di San Quirico, mentre il resto
della bassa e media valle (a parte la battuta di arresto di Rivarolo) segue
l’andamento di Genova, in cui è ormai inserita.
D’altra parte l’alta valle, che durante la guerra è meta dei molti sfollati
(dato il minor numero di bombardamenti subiti), vede comunque il
ridimensionamento di Campomorone, la conferma del declino di Ceranesi,
una sorprendente ripresa di Mignanego ed una moderata crescita di
Sant’Olcese e Serra Riccò.
133
CAPITOLO III (1914 – 1950)
3.2. L’URBANIZZAZIONE, LA FAMIGLIA E L’ISTRUZIONE.
Lo studio di alcuni temi specifici, all’interno della nostra indagine
demografica, ci permette di completare il quadro finora delineato.
Analizzando i dati del censimento generale della popolazione del Regno
del 1921, appare ovvio che il perdurare dello sviluppo demografico nella
Val Polcevera determina un generalizzato aumento della densità media
abitativa, rispetto al 1911 (si vedano le tabelle XXVIII e XIX alle pagg.
140 e 141).
Tale indice nel ’21, con riguardo a tutto il territorio, sale a 5,26 abitanti
per ettaro, ma, come già riscontrato più volte, arriva 15,19 ab./ha, se
consideriamo solo la bassa e media valle, mentre si ferma a 1,82 ab./ha per
l’alta valle.
La dirompente crescita della prima e la sostanziale stasi della seconda,
sono strettamente collegate con l’ormai consolidato fenomeno
dell’inurbamento.
Nei comuni situati lungo il basso e medio corso del Polcevera la
percentuale di popolazione presente, che vive nei centri agglomerati, sale
nel 1921 all’82,66 %, grazie soprattutto alla forte urbanizzazione nelle
frazioni collinari di Bolzaneto (che nel complesso passa all’85,16 % di
popolazione agglomerata) e di Pontedecimo (idem 92,86 %, sorpassando la
134
CAPITOLO III (1914 – 1950)
stazionaria Rivarolo). Il fenomeno si attenua, invece, a San Quirico (idem
62,05 %) e soprattutto a Borzoli (idem 63,35 %) dove, in particolare a
Fegino, cresce maggiormente la popolazione che vive sparsa.
Non riteniamo sia possibile dare spiegazioni scientificamente motivate
dei dati, nelle singole frazioni, ma è fuor di dubbio che a livello più
generale si possano effettuare alcune considerazioni.
Infatti, se permane l’impressione che gli unici comuni quasi
esclusivamente industriali, dei cinque sopra considerati, siano Rivarolo
Ligure e Bolzaneto, mentre gli altri possano definirsi ancora industriali-
rurali, è comunque evidente il rapido processo di deruralizzazione,
associato al forte sviluppo edilizio, di Pontedecimo.
Passando ai comuni più interni, nel 1921 la popolazione sparsa scende al
65,66 % del totale di quella presente, principalmente a causa
dell’inurbamento di alcune frazioni di Serra Riccò. Al contrario,
Mignanego vede un incremento percentuale di popolazione in case sparse.
In generale, in tutta la Val Polcevera nello stesso anno ben il 70,28 %
della popolazione presente vive in centri urbani.
Una delle conseguenze del fenomeno dell’urbanizzazione è rappresentata
dal controllo dei comportamenti riproduttivi da parte della popolazione.
Si osserva difatti, da alcune elaborazioni pubblicate, che nel 1931 i
comuni industrialmente più rilevanti della Val Polcevera, entrati nel
135
CAPITOLO III (1914 – 1950)
frattempo a far parte della “Grande Genova”, presentano mediamente
nuclei familiari decisamente meno numerosi rispetto al 1911 (si veda la
tabella XXX a pag. 142).
In particolare Borzoli scende a 3,83 componenti in media per famiglia e
Bolzaneto a 3,82. Tutti i valori, comunque, a parte Rivarolo (3,74), si
posizionano al di sopra della media cittadina (3,75), specialmente San
Quirico (4,13). Ciò va di pari passo col fatto che il quoziente di natalità
degli ex-comuni presi in considerazione risulta superiore a quello di
Genova nel suo insieme.
Dunque, per quanto sviluppata economicamente e socialmente, la bassa e
media Val Polcevera mantiene ancora alcuni elementi di non completa
urbanizzazione, residui di un mondo rurale, che solo cinquant’anni prima le
faceva da sfondo.
Leggendo i dati, relativi all’istruzione della popolazione nel 1921 e 1931
(per quest’ultima data è possibile avere informazioni solamente sui comuni
dell’alta valle), si ha la conferma di una distribuzione non del tutto
omogenea dell’alfabetizzazione sul territorio (si vedano le tabelle XXXI e
XXXII alle pagg. 143 e 144).
Si riscontra un generale miglioramento della situazione, in particolare a
Serra Riccò, dove la percentuale di coloro che sanno leggere sul totale dei
residenti dai sei anni di età in su, nel 1921 sale a 88 e nel 1931 a 98.
136
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Notevoli progressi compiono anche Rivarolo (con il 92 % di alfabetizzati
nel ’21) e Borzoli (89 % nello stesso anno).
Infine è possibile notare, ormai ovunque, un sostanziale equilibrio tra il
dato maschile e quello femminile.
137
XXVI. POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1911–1951).
1911 1921 1931 1936 1951
Bolzaneto * 9.852 12.043 12.523 13.333 14.807
Borzoli * 8.077 10.830 10.903 11.258 12.741
Pontedecimo * 5.607 6.360 7.061 7.525 8.454
Rivarolo Ligure * 22.874 28.440 32.072 33.345 33.797
San Quirico * 4.568 4.701 5.386 5.771 7.090
Campomorone 6.012 6.017 6.289 6.040 6.167
Ceranesi 3.529 3.450 3.495 3.505 3.427
Mignanego 2.570 2.712 3.020 3.045 3.612
Sant'Olcese 4.494 4.516 4.877 4.770 5.233
Serra Riccò 4.685 4.927 5.188 5.377 5.754
TOT. VAL POLCEVERA 72.268 83.996 90.814 93.969 101.082
BASSA E MEDIA VALLE 50.978 62.374 67.945 71.232 76.889
ALTA VALLE 21.290 21.622 22.869 22.737 24.193
GENOVA 265.533 304.108 590.736 634.646 688.447
LIGURIA 1.207.095 1.337.979 1.422.596 1.466.820 1.566.961
ITALIA 36.921.000 37.856.000 41.043.000 42.399.000 47.516.000
* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.
Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.
138
XXVII. INCREMENTO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1911–1951).
incremento
% 1911 - 1921
incremento % 1921 -
1931
incremento % 1931 -
1936
incremento % 1936 -
1951
Bolzaneto * 22,24 3,99 6,47 11,06
Borzoli * 34,08 0,67 3,26 13,17
Pontedecimo * 13,43 11,02 6,57 12,35
Rivarolo Ligure * 24,33 12,77 3,97 1,36
San Quirico * 2,91 14,57 7,15 22,86
Campomorone 0,08 4,52 -3,96 2,10
Ceranesi -2,24 1,30 0,29 -2,23
Mignanego 5,53 11,36 0,83 18,62
Sant'Olcese 0,49 7,99 -2,19 9,71
Serra Riccò 5,17 5,30 3,64 7,01
TOT. VAL POLCEVERA 16,23 8,12 3,47 7,57
BASSA E MEDIA VALLE 22,35 8,93 4,84 7,94
ALTA VALLE 1,56 5,77 -0,58 6,40
GENOVA 14,53 94,25 7,43 8,48
LIGURIA 10,84 6,32 3,11 6,83
ITALIA 2,53 8,42 3,30 12,07
* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.
Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.
139
XXVIII. URBANIZZAZIONE NELLA BASSA VAL POLCEVERA (1921).
Territorio comunale Popolazione presente di fatto
COMUNI E FRAZIONI Superficie (ha)
Altimetria (m) in totale %
agglomerata % sparsa
Densità di popolazione
(ab./ha)
Bolzaneto 47 7.779 100,00
Murta 185 3.118 59,88 40,12
Brasile 198 234 27,35 72,65
Cremeno 150 925 60,22 39,78
TOT. BOLZANETO 1.150 12.056 85,16 14,84 10,48
Borzoli 69 6.663 61,82 38,18
Fegino 50 4.011 65,89 34,11
TOT. BORZOLI 1.120 10.674 63,35 36,65 9,53
Pontedecimo 87 5.166 100,00
Cesino 210 1.195 62,01 37,99
TOT. PONTEDECIMO 314 6.361 92,86 7,14 20,26
Rivarolo Superiore 36
Rivarolo Inferiore 18
Teglia 30
Begato 275
Geminiano 215
TOT. RIVAROLO LIGURE 985 28.536 89,93 10,07 28,97
San Quirico in V.P. 83 2.094 96,85 3,15
San Biagio 198 1.277 20,60 79,40
Morego 130 1.304 46,78 53,22
TOT. SAN QUIRICO IN V.P. 532 4.675 62,05 37,95 8,79
TOTALE BASSA E MEDIA VAL POLCEVERA 4.101 62.302 82,66 17,34 15,19
TOTALE GENOVA 3.425 25 316.217 100,00 92,33
Fonte (per le tabelle XXVIII e XXIX): PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 1 dicembre 1921, Roma, 1926; vol. V: pp. 15, 16, 17, 18, 19, 43, 44, 45.
140
XXIX. URBANIZZAZIONE NELL'ALTA VAL POLCEVERA E TOTALE (1921). Territorio comunale Popolazione presente di fatto
COMUNI E FRAZIONI Superficie (ha)
Altimetria (m) in totale %
agglomerata % sparsa
Densità di popolazione
(ab./ha)
Campomorone 118 2.054 100,00 Isoverde 207 1.280 93,75 6,25 Larvego 200 835 59,64 40,36 Gallaneto 282 595 71,43 28,57 Cravasco 447 274 35,40 64,60 Pietralavezzara 490 310 65,48 34,52 Langasco 347 724 50,28 49,72 TOTALE CAMPOMORONE 2.560 6.072 79,73 20,27 2,37 Ceranesi 307 1.152 32,03 67,97 Livellato 364 1.153 15,78 84,22 Torbi 340 296 31,76 68,24 Paravanico 430 804 30,72 69,28 TOTALE CERANESI 3.083 3.405 26,20 73,80 1,10 Fumeri 411 823 43,50 56,50 Mignanego 180 626 42,81 57,19 Paveto 412 399 10,53 89,47 Giovi 360 586 22,70 77,30 Montanesi 417 269 100,00 TOTALE MIGNANEGO 1.370 2.703 29,63 70,37 1,97 Sant'Olcese 335 746 19,97 80,03 Vicomorasso 300 683 100,00 Bevegni 275 353 100,00
Manesseno 153 1.337 100,00
Comago 192 513 100,00 Casanova 310 547 100,00 Trensasco 280 269 100,00
SANT'OLCESE 2.177 4.448 3,35 96,65 2,04
Pedemonte 140 1.079 49,12 50,88 San Cipriano 239 1.515 1,91 98,09 Serra Riccò 400 727 6,46 93,54 Valleregia 350 786 2,29 97,71 Orero 504 720 8,47 91,53
TOTALE SERRA RICCO' 2.626 4.827 14,19 85,81 1,84
TOTALE ALTA VAL POLCEVERA 11.816 21.455 34,34 65,66 1,82
TOTALE VAL POLCEVERA 15.917 83.757 70,28 29,72 5,26
141
XXX. FAMIGLIE DI CENSIMENTO PER NUMERO DEI MEMBRI NELLA VAL POLCEVERA ANNESSA ALLA "GRANDE GENOVA" (1931).
FAMIGLIE COMPOSTE DI MEMBRI (VALORI PERCENTUALI)
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 e
più
Bolzaneto 8,74 15,42 18,14 28,71 14,75 7,88 3,48 1,62 0,55 0,43 0,18 0,03 0,00 0,06 0,00 0,00
Borzoli 7,35 14,80 23,83 23,37 15,18 9,21 3,20 1,83 0,84 0,21 0,11 0,04 0,00 0,04 0,00 0,00
Pontedecimo 7,22 17,38 24,61 22,98 13,53 7,93 3,20 1,52 0,81 0,49 0,22 0,05 0,00 0,05 0,00 0,00
Rivarolo 9,52 15,78 24,31 22,32 14,73 7,05 3,75 1,49 0,63 0,23 0,12 0,01 0,04 0,01 0,00 0,00
San Quirico 5,37 14,81 21,64 23,10 17,04 8,14 4,83 2,00 1,69 0,54 0,69 0,08 0,08 0,00 0,00 0,00
TOTALE "GRANDE GENOVA"
10,81 18,47 22,97 20,61 13,30 7,19 3,62 1,68 0,75 0,34 0,16 0,05 0,02 0,01 0,00 0,01
Numero medio di componenti
per famiglia
Bolzaneto 3,82
Borzoli 3,83
Pontedecimo 3,84
Fonte: COMUNE DI GENOVA, Una moderna città d’acciaio – Costruzione e sviluppo della Grande Genova attraverso la statistica, Comune di Genova, Genova 2000; p. 90.
Rivarolo 3,74
San Quirico 4,13
TOTALE "GRANDE GENOVA"
3,75
XXXI. Censiti in età di 6 anni e più che sapevano leggere nei Comuni della Valpolcevera (1921).
CENSITI IN ETA' DI 6 ANNI E PIU', CHE RISPOSERO AL QUESITO
in complesso che sapevano leggere
SU 100 CENSITI IN ETA' DI 6 ANNI
E PIU' SAPEVANO LEGGERE
MF M F MF M F MF M F
Bolzaneto * 10.983 5.574 5.409 9.887 5.040 4.847 90 90 90
Borzoli * 9.466 4.882 4.584 8.468 4.352 4.116 89 89 90
Pontedecimo * 5.762 2.804 2.958 5.328 2.608 2.720 92 93 92
Rivarolo Ligure * 25.957 13.389 12.568 23.783 12.405 11.378 92 93 91
San Quirico in Val Polcevera * 4.217 2.125 2.092 3.865 1.971 1.894 92 93 91
Campomorone 5.484 2.495 2.989 4.976 2.223 2.753 91 89 92
Ceranesi 3.065 1.539 1.526 2.935 1.466 1.469 96 95 96
Mignanego 2.492 1.222 1.270 2.402 1.187 1.215 96 97 96
Sant'Olcese 3.906 2.021 1.885 3.423 1.765 1.658 88 87 88
Serra Riccò 4.294 2.223 2.071 3.795 1.920 1.875 88 86 91
TOTALE VAL POLCEVERA 75.626 38.274 37.352 68.862 34.937 33.925 91 91 91
GENOVA 293.783 143.427 150.356 276.170 136.298 139.872 94 95 93
* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.
Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 1 dicembre 1921, Roma, 1926; vol. V: pp. 111, 112.
XXXII. Censiti in età di 6 anni e più che sapevano leggere nei Comuni indipendenti della Valpolcevera (1931).
CENSITI IN ETA' DI 6 ANNI E PIU' SU 100 CENSITI IN ETA' DI 6 ANNI E PIU' SAPEVANO
LEGGERE in complesso che sapevano leggere
MF M F MF M F MF M F
5.663 2.649 3.014 5.365 2.507 2.858 95 95 95 Campomorone
3.065 1.547 1.518 2.925 1.491 1.434 95 96 94 Ceranesi
2.683 1.322 1.361 2.505 1.235 1.270 93 93 93 Mignanego
4.347 2.252 2.095 4.068 2.095 1.973 94 93 94 Sant'Olcese 1 5.443 2.812 2.631 5.320 2.740 2.580 98 97 98 Serra Riccò
TOTALE COMUNI 21.201 10.582 10.619 20.183 10.068 10.115 95 95 95
559.094 269.728 289.366 527.210 256.521 270.689 94 95 94 GENOVA
1 E' compresa la frazione di Orero (893 ab. di 6 anni e più, di cui 869, cioè il 97%, sapevano leggere).
Fonte: ISTAT, VII censimento generale della popolazione, 21 aprile 1931 – IX, Roma, 1933; vol. III, fascicolo 7 (provincia di Genova): pp. 119, 120.
CAPITOLO III (1914 – 1950)
4. URBANISTICA ED EDILIZIA
4.1. LA NASCITA DELLA “GRANDE GENOVA” E IL RUOLO
DELLA VAL POLCEVERA.
Tra la fine del 1925 e la metà del 1926, in pochi mesi, si completa il
processo di unificazione, che porta alla creazione della “Grande Genova”,
primo risultato della politica amministrativa del Governo fascista. In
conseguenza di ciò, la superficie del territorio comunale passa da 3.400
ettari ad oltre 23.0001.
Al di là della retorica del regime, che mediante la nuova “creatura”
enfatizza un immaginario rilancio del ruolo di Genova nella Storia, è
evidente che, di fatto, i motivi sostanziali della scelta vanno ricercati
altrove, ovvero nel fenomeno della “conurbazione”, che aveva riguardato a
partire dalla fine dell’Ottocento, in maniera differenziata, tutta l’area dei
comuni annessi nel ‘26.
1 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 39.
145
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Lo sviluppo industriale, in Val Polcevera e nel Ponente, e quello
residenziale, in Val Bisagno e nel Levante, avevano determinato
un’espansione dei precedenti insediamenti abitativi, tale da metterli in
connessione diretta tra loro, creando in pratica un’unica fascia urbana da
Voltri a Nervi, con le diramazioni lungo il Polcevera ed il Bisagno.
E’ da notare, però, come la città si fosse espansa progressivamente ed
abbastanza uniformemente verso Levante, assorbendo i vecchi nuclei delle
frazioni, mentre i centri della Val Polcevera e del Ponente avevano
continuato, nonostante gli effetti dirompenti dell’industrializzazione, a
conservare caratteristiche specifiche e caratteri di forte identità2.
In linea generale, nel periodo dell’unificazione, gli sviluppi delle
componenti demografiche, economico-industriali, urbanistiche, oltre che
storiche delle future “delegazioni” risultano, comunque, talmente difformi
fra loro, da rendere la “Grande Genova”, per molti anni, nient’altro che la
sommatoria di realtà diverse.
Il tradizionale impegno dei vecchi municipi del Ponente, nel pianificare
sviluppo economico e città subisce una brusca interruzione. E’ evidente a
Genova, come in altre città, il disinteresse dell’urbanistica del regime verso
i problemi delle periferie urbane, documentato dal divario tra l’impegno per
i piani del centro (per esempio piazza della Vittoria e piazza Dante) e la
2 COMUNE DI GENOVA, Piano Regolatore Generale, 1959, relazione illustrativa, p. 149.
146
CAPITOLO III (1914 – 1950)
normale routine, che caratterizza la gestione edilizia nelle altre zone della
città3.
L’unificazione amministrativa e, negli anni Trenta, le trasformazioni del
centro determinano una gerarchizzazione del sistema insediativo, con
un'area centrale, che assume il ruolo di vertice rappresentativo ed insieme
di city direzionale e finanziaria della nuova “metropoli” e con una
articolazione delle zone intermedie e delle periferie, che accentua gli
elementi di specializzazione già consolidati nel periodo precedente, spesso
descritti attraverso le formule: “Val Polcevera e Ponente a carattere
industriale ed operaio” e “Levante a connotazione residenziale e
borghese”4.
3 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 39. 4 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, pp. 10, 11, 40.
147
CAPITOLO III (1914 – 1950)
4.2. LA CRISI EDILIZIA DEL PRIMO DOPOGUERRA: LE
SOLUZIONI.
4.2.1. Il dopoguerra e l’emergenza abitativa: le Case Rifugio
L’immigrazione, a Genova ed in Val Polcevera, tocca uno dei suoi picchi
massimi negli anni ’10, quando il forte aumento della produzione a scopo
bellico si accompagna ad un’imponente crescita occupazionale.
Il dirompente sviluppo demografico non trova però sufficiente riscontro
nella disponibilità edilizia dell’epoca e, così, prevalgono situazioni di
adattamento ad alloggi plurifamiliari sovraffollati e spesso privi dei servizi,
atti a garantire le minime condizioni di igienicità5.
Al termine del conflitto la produzione industriale entra in crisi, a causa
della difficile riconversione dell’industria pesante, presente nel Ponente e
nella bassa Val Polcevera, determinando, quindi, un forte aumento della
disoccupazione; molte famiglie, rimaste senza salario e spesso di recente
immigrazione, si trovano nella condizione di non poter più far fronte alle
spese d’affitto6.
5 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 150. 6 Rivista Municipale del Comune di Genova, gennaio 1933, pp. 47, 48.
148
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Molti tentano delle soluzioni “di fortuna”, occupando soffitte, magazzini
o vere e proprie baracche di lamiera, costruite lungo i greti dei torrenti e sui
terreni incolti. L’entità del degrado assume dimensioni tali da indurre
l’amministrazione comunale di Genova ad intervenire, realizzando, a
partire dal 1923, il piano delle cosiddette Case Rifugio municipali7.
Le prime strutture vengono costruite in Val Bisagno, mentre, dopo le
parentesi di Villa Pittaluga a Teglia e delle baracche in località Cabona a
Rivarolo, dal 1930, apre il Rifugio di Fegino, in Val Polcevera; questo è
costituito da due nuclei distinti: uno all’interno di un antico stabilimento di
maglie della ditta Sanguineti, formato da 70 stanze per altrettante famiglie;
il secondo, situato in un edificio dell’Ansaldo e suddiviso in 60 vani. La
capacità totale del complesso è, dunque, di 130 famiglie, per un ammontare
di oltre 700 persone, ovvero la metà della disponibilità complessiva, offerta
dall’insieme delle strutture comunali di questo tipo8.
Le condizioni abitative non sono delle migliori. Più che tese a risolvere il
problema, le scelte dell’amministrazione genovese sembrano, piuttosto,
volerlo isolare, creando una sorta di ghetto del disagio economico.
Di notevole interesse è, inoltre, un progetto non realizzato del 1934, di
autore sconosciuto, per la costruzione di tre case rifugio a Borzoli, che
7 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 143. 8 COMUNE DI GENOVA, Rivista Municipale, gennaio 1933, p. 54.
149
CAPITOLO III (1914 – 1950)
prevede la realizzazione di 156 alloggi di taglio molto piccolo, variabili tra
i 25 ed i 40 metri quadri, comprensivi di cucina, servizi igienici e accesso
indipendente. Particolarmente significativa è la presenza di una notevole
dotazione di servizi, quali asili, cappella ecc.; il tutto sistemato all’interno
di un’ampia zona verde9.
4.2.2. Le case popolari a Rivarolo
Gli anni della prima guerra mondiale e l’immediato dopoguerra segnano
un periodo di stasi nell’attività edilizia, che interessa anche le abitazioni
destinate alle classi meno agiate.
Tra il 1916 ed il 1917 l’Istituto Case Popolari riprende molto lentamente,
a causa della scarsità di stanziamenti disponibili, la propria attività10.
Con particolare riferimento alla Val Polcevera, bisogna osservare che
questi comuni non si caratterizzano per un impegno significativo
nell’edilizia pubblica.
L’unico intervento riscontrabile riguarda il Comune di Rivarolo Ligure,
che tenta a più riprese di affrontare il problema della crisi degli alloggi.
9 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, pp. 143, 144. 10 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 144.
150
CAPITOLO III (1914 – 1950)
Dall’inizio del secolo il Comune aveva subito una rapida trasformazione:
da agglomerato rurale aveva progressivamente assunto i caratteri di un
importante centro industriale11.
Al contrario l’industria edilizia subisce, nel periodo postbellico, una
quasi totale paralisi, determinando una situazione abitativa molto grave, per
affrontare la quale, secondo stime effettuate nel ’26, sarebbe stata
necessaria la costruzione di almeno 400 alloggi per 1.600 vani. A fronte di
questo fabbisogno e della mancanza di mezzi finanziari adeguati, il
Municipio di Rivarolo si limita a progettare un intervento per 49 alloggi.
Neanche questa seconda programmazione ha buon esito, in quanto il
Governo si limita a stanziare 50.000 lire, pari ad appena il 4,24 % della
spesa.
Viene conseguentemente ridimensionato anche tale progetto, con la
previsione di un intervento di 24 appartamenti.
Il Comune di Rivarolo, infine nel 1925, realizza 11 “casette” per sfrattati
in via Cesare Battisti. L’intervento è attuato in soli 3 mesi; non si tratta di
costruzioni stabili, ma di baracche, composte di un solo vano e cucina più
servizio, con accesso indipendente a schiera12.
11 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 153. 12 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 153.
151
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
1. I TRASPORTI
1.1. IL “BOOM” DELL’AUTO E LA COSTRUZIONE DELLE
AUTOSTRADE.
La stasi nella progettazione e nella costruzione di nuove linee ferroviarie
continua anche nel secondo dopoguerra.
L’unica modifica sostanziale dei percorsi originari giunge negli anni
Sessanta, con il completamento e l'entrata in esercizio dell'impianto noto
come “Bivio Granarolo”, che connette la stazione di Genova Principe
direttamente con la linea della “Succursale”, all'altezza di Rivarolo,
evitando il passaggio per le stazioni di Sampierdarena e Rivarolo.
I lavori per la costruzione del bivio erano iniziati nel corso degli anni
Trenta e avevano compreso l’escavazione delle due gallerie, che ancor oggi
terminano presso il torrente Torbella partendo da Principe, il viadotto che
attraversa piazza Pallavicini e il ponte sul Polcevera, posizionato qualche
centinaio di metri a nord di quello già esistente1.
1 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 26.
153
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
A Trasta, in Val Polcevera, nel 1940 era sorta una grande officina per la
manutenzione dei vagoni ferroviari, in affiancamento a quella preesistente
di Campi. Negli anni ‘50, a Pontedecimo si stabilisce un impianto privato,
specializzato nella revisione dei carri-cisterna, usati per lo spostamento del
greggio e dei prodotti finiti da parte delle aziende di trasformazione degli
oli minerali e degli idrocarburi, presenti a San Quirico2.
Se sono, dunque, pochi gli esempi di interventi sulla linea ferroviaria, in
questi anni, non si può dire altrettanto riguardo al trasporto su gomma.
Nel 1958, infatti, viene attuata la trasformazione della Strada Camionale
dei Giovi in autostrada, mediante il suo raddoppio e prolungamento fino a
Milano. Il tracciato della vecchia “camionale” viene dunque a costituire
l'ultimo tratto discendente (50 km) della nuova Autostrada A7, Milano -
Genova3.
La costruzione della A7 risponde alla crescente esigenza, in questo
periodo, di supportare lo sviluppo del trasporto automobilistico privato:
sono gli anni della motorizzazione di massa, in cui gioca un ruolo centrale
la crescita produttiva della FIAT, in particolare nel segmento rappresentato
da veicoli versatili dai costi accessibili.
2 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 31. 3 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 69.
154
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Nel 1961 partono i lavori per la realizzazione dell’imponente viadotto
“Polcevera”, progettato dall’architetto Riccardo Morandi ed inaugurato nel
1967, che collega la Genova - Serravalle con la nuova Autostrada della
riviera di Ponente, distogliendo il relativo traffico dal percorso urbano.
Il viadotto, in cemento armato precompresso, alto 45 metri, largo 18,
lungo 1.102, con la campata maggiore di ben 207,88 metri, costituisce un
primato europeo per l’epoca4.
1.2. IL CAMMINO DEL TRASPORTO PUBBLICO GENOVESE
VERSO LA MUNICIPALIZZAZIONE.
1.2.1. Bassa e media Val Polcevera dalla UITE alla AMT
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, la UITE si trova in uno stato
di particolare criticità: a causa anche di requisizioni e bombardamenti
subiti, il parco tranviario si è ridotto di oltre due terzi, mentre la richiesta di
trasporto è salita del 48 % rispetto all'anteguerra.
4 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p.69 e TOLOZZI R., Dizionario delle strade di Genova, Compagnia dei librai, Genova, 1985, vol. primo: p. 286.
155
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Per ovviare momentaneamente al problema, viene riparata gran parte dei
mezzi e le officine aziendali costruiscono dei convogli articolati ad elevate
prestazioni e capacità, ottenuti mediante l'accorpamento di vetture a due
assi con altre, eliminando l'impiego delle rimorchiate, giudicate
antieconomiche. Le nuove articolate circolano, a partire dal 1950, sulle
direttrici principali a forte traffico e a lunga percorrenza, come quella
polceverasca sulle linee 7 e 11 (con capolinea a Pontedecimo), ma il
servizio continua a rimanere deficitario rispetto alle esigenze dell’utenza5.
In questi anni, nel centro città, i filobus cominciano a sostituire i tram6,
mentre in Val Polcevera la UITE propone un programma di introduzione di
autolinee “celeri”, allo scopo di coprire nuove zone e parte delle tranvie in
fase di soppressione.
Per incrementare l’ormai insufficiente parco automobilistico, nel 1951,
la UITE noleggia dalla società CINTIA S.p.A. di Roma un lotto di 35
autobus costruiti da FIAT e Lancia. I mezzi vengono destinati alle “linee
celeri”, che hanno il compito di collegare velocemente, a fronte di tariffe
più alte, i punti estremi della città: prima la “C” (Pontedecimo - Foce) e poi
5 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, pp. 49, 50 e AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 259. 6 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 260.
156
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
la “S” (Bolzaneto - Ospedale San Martino) avvicinano la Val Polcevera al
centro ed al levante cittadino.
Verso la metà degli anni Cinquanta si attuano collegamenti, inizialmente
provvisori, con le frazioni collinari di Murta, Cesino, San Cipriano, Garbo,
Geminiano e Begato, che successivamente acquisiscono carattere di
stabilità, garantita dall'assegnazione alla linea di una lettera o numero. Su
queste linee, denominate ad “agente unico”, viaggiano piccoli autobus OM
Leoncino o i più potenti Tigrotto7.
Nel contempo, prende avvio, per iniziativa della UITE, l’ “Operazione
Rotaie”, un programma di ristrutturazione dei servizi che prevede la
graduale e completa soppressione dei tram, sostituendoli con gli autobus.
Tale conversione viene ultimata, in Val Polcevera, nel 19648.
Nello stesso anno il comune di Genova rileva la UITE, liquida i piccoli
azionisti privati e costituisce la Azienda Municipalizzata Trasporti (AMT),
cui trasferisce la società appena acquisita.
Nel 1967 riapre la galleria di Certosa, dopo tre anni di chiusura al
transito, per i lavori di adattamento al passaggio degli autobus a senso
unico alternato9.
7 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 73. 8 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 266-268. 9 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 275, 276, 293-295.
157
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
1.2.2. L’acquisizione delle linee private in Val Polcevera
La nuova società AMT, dopo la sua costituzione, deve procedere ad un
riordino generale dei servizi; al fine di renderli più razionali, decide di
eliminare le sovrapposizioni con le linee private di autotrasporto, non più
efficienti, che costituiscono ormai un fattore di inutile concorrenza, in un
contesto di servizi municipalizzati10.
Nella Val Polcevera genovese, la AMT subentra, nel 1969, alla Società
Servizi Automobilistici Pesci, rilevando la linea “Piazza Massena -
Centrale del Latte”, ovvero da Cornigliano a Fegino, sulla sponda destra
del Polcevera.
Nel 1970 viene acquisita la Ditta Traverso, che svolge il servizio di
collegamento da Sestri Ponente a Rivarolo, attraverso la collina di
Borzoli11.
Nell’alta valle sono ancora attive numerose aziende private di
autotrasporto extraurbano, che versano generalmente in condizioni difficili
sia per la crescente diffusione dell’automobile, sia per le sovrapposizioni,
10 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 315. 11 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 316, 317.
158
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
nell'ambito della tratta urbana, con le linee AMT, meno rapide, ma più
economiche12.
Nel 1973 parte dunque una riforma, definita dal Piano dei Trasporti
della Regione Liguria come “Operazione bacino G”13, che ha lo scopo di
incorporare gradualmente nella AMT tutte le società private operanti nel
provincia genovese.
Nello stesso anno la municipalizzata del capoluogo ligure assume,
nell’alta Val Polcevera, la gestione delle autolinee, precedentemente di
competenza della Società AVIS di Serra Riccò: la “Valleregia - Pedemonte
- Bolzaneto - Genova”, la “Crocetta d’Oro - Pedemonte - Bolzaneto” e la
“Bolzaneto - Geo di Ceranesi - Canonero - Livellato”14.
Il 1975 vede invece la cessione alla AMT, da parte della Ditta La
Fiorente, delle linee “Genova - Campomorone - Isoverde - Gallaneto”,
“Genova - San Martino di Paravanico” e “Pontedecimo - Campomorone -
Pietralavezzara”15.
12 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 321 e LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 64. 13 Nel piano regionale, il comprensorio G viene definito dai vertici Varazze - Genova - Busalla -Torriglia - Recco. AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 322. 14 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 323-326. 15 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 330, 331.
159
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
La linea per il Santuario di Nostra Signora della Guardia viene ceduta
dalla Società Autoguidovie Italiane (AGI) nel 197816, mentre la Società
Lazzi continua a servire, fino al 1980, le linee per Busalla, Ronco Scrivia e
Novi Ligure, con le relative diramazioni per Fumeri, Paveto e Vallenzona.
L'ultima società privata polceverasca, ad essere acquisita dalla AMT, è la
S.A.S.S.O., che gestisce fino al 1981 il servizio per Sant’Olcese. I
dipendenti ed i mezzi di tutte le società assorbite vengono inseriti nel
contesto dei servizi suburbani della AMT.
Quest’ultima, dopo la definitiva acquisizione delle autolinee private,
provvede ad effettuare il decentramento dei capilinea, limitati a Bolzaneto e
Pontedecimo17.
16 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 332. 17 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 64.
160
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
2. TRASFORMAZIONI ECONOMICHE E DINAMICHE
SOCIALI
2.1. IL LENTO TRAMONTO DELL’INDUSTRIA IN VAL
POLCEVERA.
2.1.1. La fine della grande industria siderurgica pubblica: la chiusura
dell’ILVA di Bolzaneto
Il secondo dopoguerra pone, come il precedente, seri problemi circa la
riconversione degli impianti siderurgici e meccanici, già impegnati nella
fornitura di armi e mezzi militari (per la prima volta anche dei carri armati).
Inoltre la sottoscrizione da parte dell’Italia, nel 1951, del “piano
Schuman” e l’entrata in vigore, dopo due anni, del trattato CECA
(Comunità Europea del Carbone e Acciaio), comportano, per l’industria
siderurgica nazionale, l’avvio di un processo di contenimento e di
161
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
razionalizzazione della capacità produttiva, che pesa particolarmente
sull’assetto degli stabilimenti liguri1.
Dopo il conflitto, infatti, riprende la costruzione (già avviata prima della
guerra) a Cornigliano di un nuovo grande impianto a ciclo a integrale,
denominato “Oscar Sinigaglia” e gestito dalla Società Cornigliano, la
quale, insieme all’ILVA ed alla SIAC - Società Italiana Acciaierie di
Cornigliano -, fa parte del gruppo siderurgico statale FINSIDER (costituito
nel 1937 dall’IRI)2.
Tale politica di concentrazione in pochi grandi impianti presuppone un
taglio dei “rami secchi”, come, ad esempio, lo stabilimento ILVA di
Bolzaneto, ex Acciaierie Italiane3.
Si tratta di un impianto, non a ciclo integrale, provvisto di un forno
Martin Siemens, caricato a rottami di ferro, che, nel 1950, occupa 1.068
dipendenti (942 operai e 126 impiegati), aderenti per il 94 % alla CGIL.
Nel maggio del 1950 la direzione dell’ILVA comunica la decisione di
chiudere lo stabilimento di Bolzaneto, con il conseguente licenziamento di
tutti i lavoratori4.
1 GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980, vol. II: pp. 769-771. 2 Sito internet www.liguria.cgil.it. 3 ARVATI P. RUGAFIORI P., Storia della Camera del lavoro, vol. II – Dalla Resistenza al luglio ’60, Editrice Sindacale Italiana, Roma 1980, p. 174. 4 BOTTA L., Ristrutturazione industriale e iniziativa operaia a Genova, 1948 – 1954, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova, a. a. 1976, p. 100.
162
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
I provvedimenti assunti dall’ILVA rientrano nel piano generale dell’IRI,
di ridimensionamento, a livello nazionale, di 7.000 unità delle maestranze
ILVA5.
Già da tempo, infatti, era iniziato il piano di smobilitazione: era stata
trasferita la gran parte dei tecnici, non si erano sostituiti i lavoratori usciti
per pensionamento, si erano rifiutate commesse e non si era più
provveduto ad una regolare manutenzione degli impianti.
La FIOM, appresa la notizia, prende posizione, dichiarando che lo
stabilimento di Bolzaneto può restare aperto e produrre economicamente,
attuando il piano aziendale proposto dai lavoratori, e accettando in via
subordinata una soluzione, che garantisca lavoro a tutti i licenziati, prima
nella costruzione e poi nel ciclo produttivo dello stabilimento “Oscar
Sinigaglia”.
La direzione, di contro, stila un primo elenco dei licenziati,
comprendente 188 nominativi, e tenta di trasferire una parte dei lavoratori
allo stabilimento di Novi.
La protesta trova eco anche tra la popolazione, che costituisce i Comitati
permanenti di collegamento con i lavoratori dell’ILVA.
5 ARVATI P. RUGAFIORI P., Storia della Camera del lavoro, vol. II – Dalla Resistenza al luglio ’60, Editrice Sindacale Italiana, Roma 1980, p. 174.
163
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Il 18 luglio la direzione annuncia la cessazione dell’attività; i lavoratori
decidono, comunque, di tentare la ripresa dell’attività produttiva: si tratta
del primo esempio di protesta di questo genere e ciò ne determina la
risonanza a livello nazionale.
Si provvede, dunque, alla ricostruzione del forno Martin Siemens, che la
direzione aveva lasciato crollare, mentre procedono i lavori di
manutenzione e riparazione del resto degli impianti. Nel frattempo si
costituisce il Comitato di Fabbrica, formato dalla Commissione Interna, dal
Consiglio di Gestione e da alcuni tecnici.
In 25 giorni il forno viene rimesso in opera ed il 16 settembre viene
effettuata la prima colata. La popolazione della Val Polcevera (compresi
anche numerosi esercenti e la SOMS “La Fratellanza” di Pontedecimo)
partecipa attivamente agli eventi sindacali.
Nel gennaio del 1951 viene organizzata, su scala nazionale, una raccolta
di rottami di ferro, che consenta di effettuare una grande colata, con una
valenza più di carattere simbolico, che strumentale al successo della
vertenza: la “Colata della Pace”.
La raccolta dei rottami di ferro impegna soprattutto la popolazione
genovese, in particolare quella della Val Polcevera.
164
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
La colata di 300 quintali di acciaio si effettua il 24 marzo 1951, vigilia di
Pasqua, in una grandiosa manifestazione alla presenza di autorità e cittadini
di ogni tendenza politica e di ogni ceto.
La settimana successiva sarà raggiunto l’accordo: la vertenza si
conclude, dopo 9 mesi, con la chiusura dello stabilimento, il
riconoscimento ed il pagamento del lavoro svolto durante la gestione
operaia e la promessa di riassunzione dei lavoratori rimasti in fabbrica fino
alla fine della vertenza (esclusi gli operai anziani) negli stabilimenti ILVA
di Novi e di Marghera, nello SCI di Cornigliano, nelle Acciaierie Bruzzo di
Bolzaneto e nell’impresa appaltatrice della costruzione dell’Autostrada
Genova-Savona6.
L’introduzione del ciclo integrale (nel 1953 lo stabilimento “Oscar
Sinigaglia” entra pienamente in funzione), oltre alla chiusura dell’ILVA di
Bolzaneto, comporta, negli anni ’50, anche il forte ridimensionamento della
SIAC7.
Difatti, in questi anni, chiudono anche la SIAC di Pontedecimo (già S.A.
Ferriera di Pontedecimo e prima ancora Ferriera Sanguineti) e la SIAC di
Trasta (ex Stabilimento Ansaldo per la Stampatura), licenziando
rispettivamente 150 e 40 dipendenti. Sempre nell’ambito delle aziende
6 ARVATI P. RUGAFIORI P., Storia della Camera del lavoro, vol. II – Dalla Resistenza al luglio ’60, Editrice Sindacale Italiana, Roma 1980, pp. 174-177; BOTTA L., Ristrutturazione industriale e iniziativa operaia a Genova, 1948 – 1954, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova, a. a. 1976, p. 100-105. 7 Sito internet www.liguria.cgil.it.
165
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
FINSIDER, la SANAC refrattari di Bolzaneto dispone, nel corso di questo
decennio, il licenziamento di 230 lavoratori8.
2.1.2. Le chiusure nell’industria siderurgica e meccanica privata
Anche le aziende private risentono della crisi, come ad esempio, negli
anni Cinquanta, la Ferriera Montanella “del Riccò” di Pontedecimo, che
chiude, licenziando 180 addetti, la Trafileria Fava (30 dipendenti
licenziati), ma soprattutto le Acciaierie e Ferriere di Bolzaneto S.p.A. della
famiglia Bruzzo, che, in questi anni, licenziano ben 890 dipendenti9.
Significativa è, a questo proposito, una vertenza, che riguarda
quest’ultima società. Il 1 marzo 1954, infatti, i vertici aziendali della
Bruzzo avanzano la richiesta di 350 licenziamenti (320 operai e 30
impiegati), attribuendo le motivazioni del provvedimento alla flessione
della domanda di prodotti ferrosi10.
Le Organizzazioni sindacali dei lavoratori, nel respingere la richiesta
degli industriali, fanno rilevare che, attraverso un effettivo rinnovamento
degli impianti, la ditta potrebbe risolvere il proprio problema, evitando i
licenziamenti.
8 L'Unità, 18 novembre 1959, p. 5. 9 L'Unità, 18 novembre 1959, p. 5. 10 L’anno precedente erano stati espulsi 372 dipendenti, che avevano superato il 60° anno di età.
166
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Nella delegazione di Bolzaneto, intanto, ha luogo una Conferenza di
produzione, organizzata dagli organismi interni di fabbrica. Il problema è
particolarmente sentito dalla popolazione locale, che aveva già risentito dei
gravi effetti della chiusura dell’ILVA e di altre centinaia di licenziamenti
avvenuti nella zona (SANAC e Gaslini). Si lanciano appelli a tutte le
autorità cittadine ed alla stampa locale, affinchè intervengano
sollecitamente.
Mentre la vertenza prosegue in un muro contro muro, viene costituito un
Comitato cittadino, composto anche da bottegai, piccoli commercianti e
artigiani. E’ evidente, infatti, che queste categorie esprimano solidarietà,
spinte dall’esigenza di evitare le ripercussioni negative di un
impoverimento del tessuto sociale locale sulle loro attività.
Il 31 marzo la direzione invia 200 lettere di licenziamento, di fronte alle
quali viene immediatamente proclamata un grande manifestazione di
protesta. Le organizzazioni dei lavoratori decidono, comunque, di far
rientrare in fabbrica i destinatari del provvedimento di licenziamento. La
direzione non prende alcun provvedimento al riguardo.
Continuano le manifestazioni all’esterno dalla fabbrica, anche nel centro
di Genova, mentre il Prefetto e l’Ufficio Regionale del Lavoro, propongono
l’istituzione di corsi di qualificazione per gli operai licenziati; tale proposta
viene bocciata dalle Organizzazioni sindacali.
167
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Gradatamente, però, i lavoratori licenziati abbandonano lo stabilimento:
in tal modo il numero di quelli rimasti in fabbrica viene a ridursi a poco più
di un centinaio.
Successivamente l’Ufficio Regionale del Lavoro comunica ufficialmente
che la data di iscrizione ai corsi scade improrogabilmente il 14 giugno.
Dopo ciò, anche i lavoratori rimasti in fabbrica, non vedendo alternative,
rinunciano alla lotta.
Pertanto, alla fine della vertenza, il numero dei licenziati risulta di 339
unità, di cui solo 122 si iscrivono ai corsi di riqualificazione11.
La situazione della Bruzzo non è destinata a migliorare e dunque si
arriva, nel 1965, alla chiusura delle Ferriere, ormai non più in grado di
sostenere la competizione internazionale, che comporta il licenziamento di
quasi 2.000 dipendenti12.
Al di là dei motivazioni di ordine congiunturale, quali la forte
competitività delle produzioni estere a minor costo e la riduzione delle
commesse da parte della cantieristica navale (negli anni del boom si sono
ormai ridotti notevolmente gli espatri e l’aereo si sta imponendo nei
trasporti), risulterebbe, comunque, evidente la volontà da parte della
proprietà di smobilitare gli impianti ed abbandonare la produzione, per
11 Archivio presso il Centro ligure di Storia Sociale, Fondo CGIL, Documenti microfilmati: CGIL 01678, 01679, 01681, 01682, 01683, 01684, 01685. 12 GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980, vol. II: p. 834.
168
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
trasferirsi su posizioni di rendita (ad esempio fondiaria, con l’affitto delle
aree lasciate libere). Questa scelta sembrerebbe confermata dalla mancanza
di investimenti per il rinnovo degli impianti, capaci di realizzare una
produzione più efficiente e competitiva.
Anche le medie imprese private della media Val Polcevera risentono,
soprattutto a partire dagli anni Settanta, di una profonda crisi che porta alle
chiusure, nel corso degli anni Ottanta a Pontedecimo, dello Stabilimento
Meccanico Perino (80 addetti licenziati), delle Fonderie Grondona (254) e
del Tubettificio Ligure (214), nonostante le molte le occupazioni e le lotte
di protesta da parte dei lavoratori e della popolazione.
In particolare, il Tubettificio Ligure era nato nel 1946, su iniziativa
dell’industriale lombardo Ulisse Guzzi, occupando il fabbricato delle ex
Fonderie Pittaluga (già Stabilimento Meccanico Simone Candelo) e
impiegando circa 15 dipendenti nella lavorazione dell’alluminio leggero.
In breve tempo aveva sviluppato una tecnica particolare nella produzione
di tubetti e contenitori in alluminio. Nel pieno dell’attività gli occupati
erano arrivati a 254 unità ed allo stabilimento di Pontedecimo si erano
aggiunti quelli di Badia Lariana, Lecco ed Anzio, in Lombardia ed in
Lazio.
Tuttavia, nel 1974, l’utilizzo di nuovi materiali (la plastica) per il
confezionamento dei contenitori, aveva reso ormai obsoleta la produzione
169
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
del Tubettificio; da qui l’esigenza di una forte ricapitalizzazione, capace di
sostenere i necessari investimenti: era dunque intervenuto l’EFIM (ente
statale di partecipazione e sostegno alle aziende in difficoltà) a
sottoscrivere il 50 % dell’aumento di capitale, per passare, nel 1978, al
controllo totale del pacchetto azionario.
Nel 1984 il Tubettificio Ligure era stato venduto ad una cooperativa,
formata dai dipendenti; ma dopo due anni la cooperativa fallisce e cessa
l’attività13.
2.1.3. Declino del tessile, evoluzione dell’alimentare e sviluppo del
petrolchimico
A partire dagli anni Cinquanta, buona parte dell’industria tessile della
Val Polcevera inizia un processo di smantellamento, spesso dovuto alla
mancanza di una capacità imprenditoriale, orientata all’innovazione ed
all’ampliamento degli impianti e dunque della produzione; la perdita di
competitività sui mercati diviene così inevitabile.
In questo decennio chiudono il Cotonificio Samengo (col licenziamento
di 200 dipendenti), il Maglificio Rolih di San Quirico (300), il Cotonificio
13 LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, pp. 53, 54; Appunti da intervista con Monsignor Luigi Molinari, Coordinatore dei Cappellani del Lavoro dell'Arcidiocesi di Genova, realizzata a Genova, in data 2 settembre 2004.
170
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
De Ferrari (250) di San Quirico, lo Jutificio Costa di Campomorone (500),
il Cotonificio Sanguineti (300), il Maglificio Cambiaso e Poggio (234),
mentre la Cristoffanini di Sant’Olcese dispone 72 licenziamenti14.
Negli anni Sessanta termina l’attività del Maglificio Eliseo Borioli di
Pontedecimo, mentre, a metà degli anni Settanta, avviene la combattuta
chiusura della Pettinatura Biella di Fegino, preceduta da grandi
mobilitazioni sindacali15.
L’unica azienda, ad elaborare una adeguata strategia industriale di
produzione e di vendita, che culmina con la specializzazione
nell’abbigliamento intimo per bambini (marchio “Stellina”) è il Maglificio
Santo Dasso e figli, che arriverà comunque, negli anni Novanta dopo una
lunga crisi, alla chiusura definitiva16.
Meno omogenea è la situazione del settore alimentare, in cui, negli anni
Cinquanta, unitamente ai licenziamenti degli Oleifici Nazionali (500
addetti con la chiusura dello stabilimento di Bolzaneto), si nota l’impianto
della De Langlade & Grancelli (conserve ittiche, “Tonno Insuperabile”),
che impiega 165 addetti17.
14 L'Unità, 18 novembre 1959, p. 5. 15 LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, p. 124 e DEL CANTO M., 120 anni di Fratellanza, Stamp. Edit. Brigati Glauco, Genova, 1992, pp. 77, 78. 16 LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, p. 124 e DEL CANTO M., 120 anni di Fratellanza, Stamp. Edit. Brigati Glauco, Genova, 1992, pp. 116, 117. 17 L'Unità, 18 novembre 1959, p. 5.
171
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
La Centrale del Latte di Fegino viene assorbita dalla Azienda
Municipalizzata del Latte (AMLAT), continuando la propria attività con
quasi 300 dipendenti18.
La Cervisia di Fegino viene incorporata, nel 1951, nel Gruppo Luciani di
Belluno, licenziatario per l’Italia del marchio Dreher (Luciani sarà
assorbita dalla Heineken-Dreher nel 1979), occupando 103 addetti19.
Alla fine degli anni Sessanta viene chiuso lo stabilimento di Teglia dei
Molini Certosa.
Nel comparto chimico si assiste al forte sviluppo del Colorificio
Brignola, che, in seguito alla forte espansione edilizia del dopoguerra,
allarga a tre il numero delle tipologie produttive dell’azienda: navale,
nautica ed edilizia. Viceversa, chiude in Val Polcevera, dopo un incendio
nel 1974, il Colorificio Attiva, che prosegue l’attività nell’alessandrino.
La Mira Lanza cessa l’attività nella valle, lasciando solo una sezione
uffici, e fraziona lo stabilimento tra diverse piccole imprese affittuarie20.
Il settore petrolchimico, che aveva cominciato a muovere i primi passi
negli anni Trenta con l’insediarsi delle prime raffinerie e dei primi depositi
di idrocarburi, riceve, nel secondo dopoguerra, un forte impulso, che avrà
18 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 66. 19 Sito internet www.comune.feltre.bl.it e A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 66. 20 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 49.
172
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
un passaggio importantissimo, con la creazione, nel 1963, del Porto Petroli
di Multedo21.
L’attività di raffinazione esige vaste aree di insediamento, per cui, nel
corso degli anni Cinquanta, chiudono i modesti impianti della Raffineria
San Quirico (30 dipendenti licenziati) e della Raffineria Dellepiane (85)22.
Per contro, la ERG di San Quirico, che riprende nel dopoguerra l’attività
in maniera pionieristica, utilizzando materie prime a basso costo23, passa da
una produzione, nel 1947, di 350 tonnellate con 20 dipendenti alle 200.000
tonnellate del 1952, quando i dipendenti superano le 100 unità.
Il salto di qualità si ha nel 1952, con il primo rilevante contratto concluso
con la British Petroleum, che nel 1958, stipula con ERG un nuovo contratto
decennale di collaborazione, divenendo anche azionista della raffineria
genovese.
I consumi petroliferi crescono in Italia a ritmo sostenuto e l’Italia è,
inoltre, al centro del traffico petrolifero mediterraneo, dai paesi produttori
ai mercati dell’Europa continentale, attraverso il canale di Suez.
21 RUGAFIORI P., Industria e Impresa – Genova 1850 – 2000, AUSIND, Genova, 2001, p. 101. 22 L'Unità, 18 novembre 1959, p. 5. 23 Ovvero i fondami delle petroliere, che giungono nel porto di Genova e che devono liberarsi di questo residuo, per fare manutenzione.
173
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Nel 1961 la ERG occupa più di 600 dipendenti, producendo 4 milioni di
tonnellate di prodotto raffinato; due anni dopo sale alla guida dell’azienda
Riccardo Garrone, figlio del fondatore24.
In questi anni l’azienda procede all’acquisto dell’80 % delle aree ex
Bruzzo ed ingloba, nel 1969, la Raffineria Fina in Val Polcevera, arrivando
a coprire una superficie di circa 50 ettari per circa un migliaio di
dipendenti25.
Gli spazi disponibili nella valle iniziano a scarseggiare, inoltre gli
impianti della ERG, in continua espansione, sono praticamente inseriti
nell’abitato, creando forti insofferenze, da parte della popolazione locale,
per i danni ecologici e sanitari subiti. La situazione sfocia in una serie di
proteste e manifestazioni pubbliche, a seguito delle quali, il Consiglio
Comunale delibera, nel 1973, l’allontanamento della Raffineria Garrone
dalla Val Polcevera, entro il 1980.
Dopo una serie di ricorsi al TAR da parte della proprietà, si giunge nel
1979 all’accordo “Val Polcevera”, che prevede la concessione da parte del
Comune, sulla base di alcuni impegni presi da Garrone, della proroga
dell’attività di raffinazione fino al 1990, sia pure a condizione di non
24 Sito internet www.erg.it. 25 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 49.
174
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
aumentare la capacità produttiva del momento e di provvedere ad
adeguamenti tecnologici, finalizzati alla tutela dell’ambiente26.
La ERG, che già dal 1971 aveva impiantato un primo insediamento
produttivo a Priolo Gargallo (Siracusa) in un’area particolarmente
favorevole e con una manodopera a basso costo, chiude definitivamente la
propria attività, in Val Polcevera, nel 198827.
26 A.A.V.V., Le vertenze di zona, Editrice Sindacale Italiana, Roma, 1981, pp. 67-72. 27 Sito internet www.erg.it.
175
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
3. ASPETTI DEMOGRAFICI
3.1. LA CITTA’ E LA VALLE DALLA GUERRA AGLI ANNI ’80:
DALLO SVILUPPO AL LENTO DECLINO.
3.1.1. Genova: la mancata “milionarizzazione”
Dall’inizio degli anni Cinquanta ai primi anni Ottanta Genova vede
mutare in maniera profonda la propria struttura demografica, in
conseguenza dei cambiamenti economici e sociali occorsi in questi
trent’anni.
Avvalendoci dei dati raccolti nei censimenti generali della popolazione
dello Stato Italiano del 1951, 1961, 1971 e 1981, possiamo seguire le
principali trasformazioni del tessuto sociale genovese del periodo (si veda
la tabella XXXIII e XXXIV alle pagg. 186 e 187).
Nel 1961 la città conta 784.194 residenti, segnando un incremento del
13,91 % rispetto al dato del 1951. Archiviati i decrementi demografici del
periodo bellico, Genova ricomincia a crescere ai ritmi sostenuti, già
osservati prima del conflitto.
176
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Nel 1965 si raggiunge il massimo storico della popolazione genovese
con 848.121 abitanti. L'incremento demografico interessa esclusivamente i
territori delle frazioni di levante annesse nel 1874 e dei comuni di ponente
e di levante accorpati nel 1926; nei sei sestieri storici del centro cittadino si
registra, invece, un decremento abitativo.
Il quoziente di natalità, che negli anni Cinquanta si mantiene su valori
decisamente più bassi della media nazionale, sale improvvisamente nella
prima metà del decennio successivo sino al 1964 (pur rimanendo sempre
inferiore al dato italiano). Sono gli anni del cosiddetto baby boom: tra il
1961 e il 1965 nascono a Genova 53.254 bambini e il saldo naturale
positivo del periodo è pari a 7.761 unità.
Le informazioni relative alla struttura demografica segnalano, però, una
struttura per età progressivamente più anziana. Gli ultrasessantacinquenni
rappresentano il 10,0% della popolazione nel 1951 e il 12,2 nel 1961. Si
conferma inoltre la caratteristica dimensione nucleare della famiglia
genovese, la cui composizione media è di 3,1 unità nel 1951 e di 2,9 dieci
anni più tardi.
Diminuisce, inoltre, la percentuale di persone in condizione
professionale, continuando, oltre tutto, a confermarsi un valore modesto per
la componente femminile. Non bisogna inoltre dimenticare che l’incidenza
177
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
occupazionale dell'industria, pur essendo significativa, risulta, nel 1961, già
inferiore rispetto al complesso dei settori terziari
Il vero boom risulta quello delle immigrazioni: tra il 1951 e il 1965
l'incremento netto supera le 150.000 unità che incidono per il 95% sulla
crescita complessiva della popolazione residente nel periodo.
I flussi migratori verso Genova, fin verso la metà degli anni Cinquanta,
sono ancora costituiti in prevalenza da quelli infraprovinciali e da quelli
relativi a spostamenti da regioni vicine, provenienti dalle campagne e dalle
montagne. E' proprio tra la fine degli anni quaranta e l'inizio degli anni
Cinquanta, però, che si cominciano a registrare i primi arrivi di consistenti
“avanguardie” meridionali, spinte al Nord dalla situazione di forte
arretratezza delle regioni di origine.
Tra il 1951 e il 1957, in relazione alle zone di provenienza,
l'immigrazione vede questa distribuzione: 15,2% dagli altri comuni della
provincia, 8,6 dalle altre province liguri, 15,4 dal Piemonte, specie dalla
provincia di Alessandria, 19,8 dalle altre regioni dell'Italia settentrionale,
specie Lombardia ed Emilia, 11,3 dalle regioni centrali, 5,0 dall'estero e
24,7 dalle regioni meridionali e insulari. Complessivamente dunque ogni
178
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
100 immigrati solo 25 provengono dal Sud, mentre 59 arrivano dall'Italia
settentrionale e di questi ben 24 dalla stessa regione ligure1.
Tra il 1958 e il 1963 arrivano a Genova 56.750 persone provenienti dalle
regioni del Sud. L'incidenza sul totale degli immigrati nel capoluogo ligure
nello stesso periodo sfiora il 37%, con punte del 41,9 % nel 1961 e del
45,6% nel 1963.
Nonostante le ragguardevoli dimensioni citate, la realtà genovese risulta
investita dal fenomeno migratorio in misura minore rispetto a Torino e
Milano, le altre due realtà del triangolo industriale2.
Il 1966 fa da spartiacque tra gli anni della crescita e il successivo lungo
periodo di declino demografico. Nel 1971, difatti, i residenti a Genova
ammontano a 816.872 (+ 4,17 % rispetto al 1961), segnando, in dieci anni,
un modesto sviluppo: quest’ultimo è la risultante di una forte crescita nel
primo quinquennio degli anni sessanta e di un’involuzione nel secondo.
Da questo momento iniziano a risultare negativi, prima i saldi migratori
(con l’eccezione di quelli relativi al Sud e alle isole, pur ridimensionati),
poi quelli naturali.
1 COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995, p. 178. 2 COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995, p. 179.
179
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
L’industria e il porto entrano in crisi e l’aumento della disoccupazione
giovanile, spinge un sempre maggior numero di genovesi ad emigrare verso
altre regioni del Nord Italia. Inoltre il tasso di natalità scende a livelli
bassissimi e continua il costante invecchiamento della popolazione.
Nel 1981 risiedono a Genova 762.895 persone e si rileva un decremento
di -6,61 % rispetto al 1971. Il contributo maggiore alla pesante flessione
demografica proviene nella misura del 61 % dal decremento naturale,
superiore alle 31.000 unità, mentre il saldo migratorio negativo (nei dieci
anni quasi 20.000 unità) incide per il 39 % circa3.
Anche i risultati di quest’ultimo censimento, dunque, registrano gli
effetti della crisi economica e produttiva e dell'esaurimento del modello
storico, centrato sulla grande industria a capitale pubblico e sulle attività
portuali.
Si è a lungo dibattuto sul caso genovese. Si confrontano due tesi
principali, la prima delle quali accentua gli aspetti fisiologici del
decremento delle grandi città e attribuisce l'anticipazione del fenomeno da
parte del capoluogo ligure al livello più avanzato dei rapporti sociali e della
laicità dei costumi. Vi è poi la tesi tradizionale, che considera il decremento
3 COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995, p. 179.
180
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
demografico di Genova come la manifestazione patologica di un declino,
che prelude alla decadenza vera e propria.
Indubbiamente a Genova si nota una netta tendenza alla
deurbanizzazione, con quasi dieci anni di anticipo rispetto alle altre due
grandi città del Nord, Torino e Milano, ma alcuni fenomeni, quali
l'eccezionale invecchiamento della popolazione, sono peculiari della
situazione demografica genovese.
Accertata dunque l'esistenza di una notevole precocità degli andamenti
genovesi rispetto a fenomeni socio-demografici di portata generale (fatto
che non costituisce, oltretutto, una novità storica assoluta) è, però,
difficilmente negabile un forte intreccio tra fisiologia e patologia nella
recente evoluzione urbana ligure.
3.1.2. La Val Polcevera
La situazione demografica della Val Polcevera, dal dopoguerra agli anni
ottanta, presenta alcune peculiarità, rispetto al quadro genovese.
Nel corso degli anni Cinquanta la bassa valle, pur riprendendo a crescere
a livelli sostenuti (comunque ormai non più paragonabili con quelli di fine
Ottocento ed inizio Novecento), incrementa la propria popolazione meno
di quanto faccia Genova nello stesso periodo. E’ la prosecuzione di un
181
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
fenomeno, che si era avviato con l’annessione del ’26 e che è dovuto al
maggior sviluppo abitativo delle zone di levante e ponente della città,
confluite anch’esse nella “Grande Genova”.
Nel 1961, soltanto Pontedecimo, con 10.045 residenti (+18,82 % rispetto
al dato del 1951), e Borzoli, con 14.759 unità (idem +15,84 %), registrano
incrementi superiori alla media cittadina.
Di tono minore è lo sviluppo demografico di Rivarolo Ligure, con
35.888 censiti (+6,19 %), di Bolzaneto (15.719 ab.; + 6,16 %) e,
soprattutto, di San Quirico (7.259 ab.; +2,38 %).
Nell’alta valle si registrano vistosi cali di popolazione, con l’eccezione di
Serra Riccò, che sale a 6.272 abitanti, con un incremento del 9 % in dieci
anni.
Viceversa nel 1961, Campomorone scende a 6.080 residenti (-1,41 %
rispetto al 1951), Sant’Olcese a 5.127 (-2,03 %)e, addirittura, Ceranesi a
3.176 (-7,32 %) e Mignanego a 3.339 (-7,56 %).
Sono valori che si spiegano, molto probabilmente, con le emigrazioni
verso il capoluogo, in forte ripresa economica ed occupazionale a
differenza di queste zone ancora rurali e depresse, specialmente nel
dopoguerra.
Anche per la bassa Val Polcevera gli anni Sessanta rappresentano l’apice
ed insieme l’inizio del declino demografico.
182
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Fatta eccezione per la costante crescita di Pontedecimo, che nel 1971
censisce 11.567 residenti (+15,15 % rispetto al valore di dieci anni prima),
e Borzoli (16.438 ab.; +11,38 %), che continua ad essere al centro di un
notevole sviluppo dell’edilizia popolare e non, Rivarolo rimane in linea con
gli incrementi medi cittadini (37.324 ab.; +4 %), mentre Bolzaneto (14.688
ab.; -6,56 %), in quanto centro prettamente industriale, sconta in prima
linea gli effetti della progressiva terziarizzazione dell’economia, con la
chiusura di alcuni grandi impianti siderurgici.
Diverso è il discorso per San Quirico (5.241 ab.; -27,80 %), che,
divenuta nel dopoguerra sede di raffinerie, assiste al drastico
deterioramento delle proprie condizioni ambientali e di vita, con un
conseguente spopolamento.
Vedono crescere, in funzione dello sviluppo edilizio degli anni Sessanta,
la propria popolazione, i comuni di Serra Riccò (7.019 residenti nel 1971;
+11,91 % rispetto al 1961), Sant’Olcese (5.513 ab.; +7,53 %), ma
soprattutto di Campomorone (8.962 ab.; +47,40 %), che, in questi anni,
approva un piano regolatore decisamente favorevole al rilascio delle
licenze edilizie per uso abitativo.
Trovano conferma i trends negativi di Mignanego (3.243 ab.; -2,88 %) e
Ceranesi (2.963 ab; -6,71 %).
183
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Negli anni Settanta anche la Val Polcevera genovese manifesta il declino
demografico comune a tutta la città, ma in misura decisamente inferiore.
Pontedecimo vede la propria popolazione ammontare, nel 1981, a 11.076
unità ( registrando per la prima volta, da dopo la guerra, un decremento di -
4,24 % in dieci anni), Rivarolo Ligure a 36.403 (-2,47 %) e Borzoli a
16.678 (+1,46 %).
Bolzaneto (13.112 ab.; -10,73 %), invece, mostra un calo di gran lunga
superiore, in quanto direttamente investita dalla crisi della grande industria,
che costituiva la sua spina dorsale economica. A San Quirico (4.637 ab.; -
11,52 %) prosegue l’esodo degli abitanti, per i motivi precedentemente
illustrati; in trent’anni questa delegazione ha perso 1/3 della popolazione,
tornando ai valori abitativi degli anni ’10.
Per contro, i comuni indipendenti della Val Polcevera, in questo
decennio, registrano un boom demografico, dovuto al continuo sviluppo
edilizio (che qui trova spazi e condizioni favorevoli) ed al recupero di
vecchie seconde abitazioni e case rurali.
In particolare, nel 1981 Sant’Olcese sale a 6.731 abitanti (con una
crescita della popolazione del 22,09 % in dieci anni), Serra Riccò a 8.057
(+14,79 %) e Ceranesi a 3.404 (+14,88 %); quest’ultimo comune beneficia
degli incentivi fiscali, previsti per le “aree depresse”, tra cui era stato
inserito, che determinano l’insediamento di numerose realtà produttive.
184
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Anche Mignanego (3.393 ab.; +4,63 %) assiste ad un certo incremento
abitativo, mentre Campomorone ( 8.780 ab.; -2,03 %) segna una battuta
d’arresto.
Lo sviluppo demografico dell’alta valle, negli anni ’70, rientra
nell’ambito di un fenomeno più generale: tra il '71 e l’ ’81, nelle regioni
settentrionali italiane si manifesta una crescita “a ciambella”, con tassi
negativi nei poli centrali e sviluppo dei comuni metropolitani periferici. I
centri in forte crescita appaiono in larga misura collocati nelle corone delle
nuove strutture metropolitane, anche per effetto dei flussi migratori dai
capoluoghi verso gli hinterlands.
185
XXXIII. POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1951–1981).
1951 1961 1971 1981
Bolzaneto * 14.807 15.719 14.688 13.112
Borzoli * 12.741 14.759 16.438 16.678
Pontedecimo * 8.454 10.045 11.567 11.076
Rivarolo Ligure * 33.797 35.888 37.324 36.403
San Quirico * 7.090 7.259 5.241 4.637
Campomorone 6.167 6.080 8.962 8.780
Ceranesi 3.427 3.176 2.963 3.404
Mignanego 3.612 3.339 3.243 3.393
Sant'Olcese 5.233 5.127 5.513 6.731
Serra Riccò 5.754 6.272 7.019 8.057
TOT. VAL POLCEVERA 101.082 107.664 112.958 112.271
BASSA E MEDIA VALLE 76.889 83.670 85.258 81.906
ALTA VALLE 24.193 23.994 27.700 30.365
GENOVA 688.447 784.194 816.872 762.895
LIGURIA 1.566.961 1.735.349 1.853.578 1.807.893
ITALIA 47.516.000 50.624.000 54.137.000 56.556.911
* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.
Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.
186
XXXIV. INCREMENTI DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1951–1981).
incremento
% 1951 - 1961
incremento % 1961 -
1971
incremento % 1971 -
1981
Bolzaneto * 6,16 -6,56 -10,73
Borzoli * 15,84 11,38 1,46
Pontedecimo * 18,82 15,15 -4,24
Rivarolo Ligure * 6,19 4,00 -2,47
San Quirico * 2,38 -27,80 -11,52
Campomorone -1,41 47,40 -2,03
Ceranesi -7,32 -6,71 14,88
Mignanego -7,56 -2,88 4,63
Sant'Olcese -2,03 7,53 22,09
Serra Riccò 9,00 11,91 14,79
TOT. VAL POLCEVERA 6,51 4,92 -0,61
BASSA E MEDIA VALLE 8,82 1,90 -3,93
ALTA VALLE -0,82 15,45 9,62
GENOVA 13,91 4,17 -6,61
LIGURIA 10,75 6,81 -2,46
ITALIA 6,54 6,94 4,47
* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.
Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.
187
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
4. URBANISTICA ED EDILIZIA
4.1. STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE URBANA E
TERRITORIALE DAL SECONDO DOPOGUERRA AGLI
ANNI SETTANTA: APPLICAZIONI IN VAL POLCEVERA.
4.1.1. I piani di ricostruzione del dopoguerra
A partire dal 1946 l’occasione per avviare uno studio completo, rivolto a
considerare sotto un diverso profilo l’ambito territoriale della Val
Polcevera, si offre all'Amministrazione genovese con i piani di
ricostruzione.
Gli eventi bellici, conseguenti allo scoppio della seconda guerra
mondiale, avevano provocato notevoli danni alle strutture della città e delle
sue delegazioni, nelle quali ben 2.728 edifici erano andati distrutti.
Accanto agli strumenti finanziari, predisposti per la ripresa, si tratta di
approntare strumenti urbanistici capaci di localizzare nel modo migliore le
risorse a disposizione.
188
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Si affrontano i problemi sotto angoli visuali parziali: settore per settore,
zona per zona, rimandandone il disegno organico al redigendo piano
regolatore, che nel frattempo è posto allo studio.
L’urgenza di ridare un alloggio alla popolazione che ne è stata privata
dai bombardamenti, di riavviare i lavori nel più breve tempo possibile,
determina il carattere fondamentale della politica di ricostruzione. La linea
di intervento seguita nella stesura stessa dei piani è quella di riedificare sul
posto i volumi demoliti.
Tuttavia, pur nelle ristrettezze imposte dalle necessità, non mancano
alcuni spunti interessanti, specie per quanto riguarda le principali arterie di
comunicazione1.
Il piano di Rivarolo-Certosa, che per estensione di zona interessata è
secondo soltanto a quello di Sampierdarena, prevede fra l’altro una
notevole modificazione della conformazione del tessuto viario del centro
rivarolese, con alcune demolizioni di edifici danneggiati di piazza Petrella e
di via Piccone, per consentire la riorganizzare ed una miglior distribuzione
dei flussi di traffico, che appesantiscono la viabilità esistente.
1 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 89.
189
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Il prolungamento di via Piccone, infatti, permetterebbe di realizzare
un’alternativa per il movimento veicolare locale, drenando dai principali
assi di scorrimento, di via Rivarolo2.
Emblematico di una visione involontariamente settoriale, è il piano di
Teglia, che considera la delegazione quasi una zona avulsa da un contesto
unitario e del tutto secondaria per importanza.
L’aspetto qualificante del piano dovrebbe essere rappresentato
dall’allargamento di via Teglia e dalla ricostruzione dello stabilimento
industriale dell'ex-molino Boccardo.
Ma neppure questi strumenti sembrano riuscire, almeno ipoteticamente,
a far assumere all’ossatura territoriale un assetto funzionale più equilibrato,
sia perché non ne contengono i presupposti, sia perchè, anche quelle
proposte, pur valide, in essi espresse vengono vanificate dalla mancata
approvazione.
Il tentativo di spostare sulle pendici delle colline le residenze, che
potrebbe confermarsi come ottimo spunto per la riorganizzazione
dell’armatura industriale della valle ed assumere un ruolo determinante
nella gestione del territorio per una futura politica di sviluppo, viene così
abbandonato3.
2 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 89. 3 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 89, 90.
190
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
4.1.2. Il Piano Regolatore Generale del 1959
Nel 1955 viene adottato dalla Giunta Comunale di Genova il Piano
Regolatore Generale della città.
Nonostante il lungo periodo che intercorre tra l’adozione e
l’approvazione, avvenuta con decreto presidenziale del 1959, durante cui lo
strumento subisce modifiche e trasformazioni, alla luce delle
considerazioni esposte da tutte le categorie sociali impegnate nello sviluppo
cittadino, il piano lascia molti temi privi di soluzione.
Si procede per settori stagni, non mettendo in relazione le diverse parti,
neanche a livello parametrico: posti lavoro-residenze, residenze-servizi,
ecc.
Le lacune derivano essenzialmente da carenze di ordine politico,
piuttosto che da impostazioni tecniche. Di conseguenza il risultato è,
ancora una volta, uno strumento sostanzialmente inteso a regolare l'attività
edificatoria, piuttosto che a concretizzare un programma di localizzazione
di interventi funzionali per uno sviluppo socio-economico del territorio
interessato4.
4 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 90.
191
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Le aree industriali, che raggiungono un totale, a livello genovese, di
5.346.940 metri quadri, con un incremento, rispetto a quelle già in attività,
di 774.200 metri quadri, configurano una zonizzazione a volte casuale,
organizzata su una struttura precedente, gravata da forti ipoteche, quali i
massici insediamenti residenziali, incuneatisi tra queste, ed sono ritagliate
sfrangiando un comprensorio, nel caso della Val Polcevera, che avrebbe
invece bisogno di una intensa opera di riorganizzazione5.
Il Piano prevede, per la valle, l’arginatura e la formazione di due strade,
situate sulle opposte sponde del torrente. Sono previsti inoltre
miglioramenti, allargamenti e rettifiche alla strada esistente fra
Sampierdarena e Pontedecimo, nonché la continuazione di corso Perrone,
fra Cornigliano e S. Quirico.
Le quattro arterie previste dovrebbero essere destinate esclusivamente al
traffico locale di carattere prevalentemente industriale. Anche in questo
caso l’arginatura dovrebbe consentire la realizzazione di vasti territori, la
cui destinazione dovrebbe essere industriale e ferroviaria.
Viene anche previsto dal Piano un allacciamento delle valli del
Polcevera e del Bisagno, mediante una strada che, partendo da Molassana
attraverso la località di Pino Soprano, raggiunga (in parte anche tramite una
5 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 90.
192
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
galleria lunga circa 2 km) il torrente Secca. La lunghezza della galleria è di
circa 2 km6.
I tentativi, avanzati in sede di redazione dei piani di ricostruzione, che
tendono a spostare le concentrazioni residenziali, in alternativa a quelle
esistenti nel fondo valle, sulle pendici delle colline circostanti, per dar
luogo ad una ristrutturazione, in tempi lunghi, di questo, vengono
completamente abbandonati, per dar corso ad una politica di più stretta
attinenza alla realtà.
Così l’allontanamento delle strutture, che opprimono e congestionano le
attività produttive, specie nell’area polceverasca, auspicata dalle categorie
imprenditoriali a più riprese, non hanno seguito.
Prevalgono, invece, interessi particolari ed immediati, favoriti dalla
vacanza di un quadro integrato di riferimento e da un’azione politica di
incisività.
Viceversa, nei punti dove i tecnici hanno maggior spazio a disposizione
e possono esprimere veramente una logica urbanistica pura, le soluzioni
migliorano di qualità. Vengono, ad esempio, ipotizzate infrastrutture, che
siano capaci di rendere il traffico assai più agevole, anche in previsione di
un suo aumento ai livelli effettivamente raggiunti in seguito.
6 COMUNE DI GENOVA, Piano Regolatore Generale, 1959, p. 183.
193
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
4.1.3. La Variante Organica del 1976
La Variante Organica al Piano Regolatore Generale, adottata nel 1976, si
sviluppa in un contesto, caratterizzato, da una parte, dalla mancanza di una
strategia generale, capace di mettere ordine allo sviluppo industriale della
Val Polcevera (ciò rende praticamente impossibile il reperimento di aree
idonee all'espansione produttiva), dall'altra, da una grave carenza di servizi
collettivi, legati alla residenza, che innesca nelle classi sociali più disagiate
una spinta verso il recupero ambientale ed economico del territorio7.
In quest'ambito, non si sono realizzati del tutto gli insediamenti
produttivi, disposti dal Piano del 1959; in particolare non risulta sfruttata la
fascia delle aree, disposte lungo la sponda destra del torrente Secca fino
alla confluenza col Polcevera8.
Le aree industriali inattive della media e bassa Val Polcevera
ammontano, nel 1970, a 52 ettari, di cui 34 nelle zone di Bolzaneto e San
Quirico, costituiti, prevalentemente dalle aree ex-Bruzzo (19 ettari) ed ex-
Lo Faro (5,7) e gli altri 18 in località Teglia, sulla riva sinistra del
Polcevera, con le aree ex-Molini Certosa (1,2 ettari), ex-Mira Lanza (6,5),
7 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 93, 94. 8 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 95.
194
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
ex-Ansaldo San Giorgio (5,6) ed ex-magazzini di approvvigionamento
FFSS (4,2)9.
La preoccupazione, che traspare dalla variante integrale al P.R.G. del
1976, sembra essere rivolta all'ottenimento di un principale obiettivo: il
potenziamento globale delle capacità occupazionali, in termini di posti di
lavoro offerti dalla Val Polcevera. Tale obiettivo viene perseguito mediante
due linee strategiche, miranti la prima ad eliminare le principali cause di
alterazione dell'equilibrio ecologico e del basso tasso di utilizzazione di
manodopera, la seconda a favorire l'insediamento di attività produttive ad
alta concentrazione di addetti, legati soprattutto a notevoli livelli di
perfezionamento tecnologico (senza richiedere la realizzazione di
infrastrutture di eccezionale consistenza)10.
Si prevede, dunque, una maggiore disponibilità, rispetto al Piano del '59,
di terreni da adibire ad uso industriale, valutabile mediamente intorno al
30%, riflettendo tale scelta la volontà dell'Amministrazione di confermare
il ruolo portante della Val Polcevera, nel panorama dello sviluppo
industriale dell'area genovese11.
9 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 100. 10 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 97. 11 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 98.
195
CAPITOLO IV (1950 – 1980)
Non viene, invece, sufficientemente affrontato il problema
dell'inserimento della Val Polcevera nell'insieme dell'area metropolitana
genovese. Infatti, il verificarsi di tale integrazione dovrebbe avere come
presupposto la previsione e l'organizzazione di quelle infrastrutture di
livello secondario, capaci di garantire un elevato grado di riqualificazione
urbana, indispensabile ad un'organica fusione con il resto della città12.
12 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 99.
196
FONTI
a ) BIBLIOGRAFIA
A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA
PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella
Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977.
AA.VV., La nuova enciclopedia universale Garzanti, Garzanti Editore
s.p.a., Milano, 1982.
A.A.V.V., Le vertenze di zona, Editrice Sindacale Italiana, Roma, 1981.
AA.VV., Storia dell'Ansaldo, vol. 9, Laterza, Bari, 2003.
ARVATI P., Oltre la città divisa – Gli anni della ristrutturazione a
Genova, SAGEP, Genova, 1988.
ARVATI P. RUGAFIORI P., Storia della Camera del lavoro, vol. II –
Dalla Resistenza al luglio ’60, Editrice Sindacale Italiana, Roma
1980.
AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto
pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980.
BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica
e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985.
197
BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e
trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990.
CAPECCHI F., Le vie del sale, Croma, Pavia 2000.
CASALIS G., Dizionario Geografico - Storico – Statistico - Commerciale
degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, voll. II, IV, IX, X, XV, XVI,
XVIII, XIX, Cassone Marzorati Vercellotti Tipografi, Torino 1837.
CASTRUCCIO A. LAMPONI M. SCHMUCKHER A. TUVO T., Genova
e paesi circostanti. Come eravamo, vol. I, Guido Mondani editore &
Associati, Genova, 1985.
COMUNE DI GENOVA, Atlante demografico della città, Comune di
Genova, Genova, 2001.
COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni,
occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale –
Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995.
COMUNE DI GENOVA, Ottocento genovese – Popolazione e abitazioni
attraverso le relazioni sui censimenti del 1861, 1871, 1881, 1901,
Comune di Genova, Genova 2003.
COMUNE DI GENOVA, Piano Regolatore Generale, 1959.
COMUNE DI GENOVA, Piano Regolatore Generale, 1976.
COMUNE DI GENOVA, Quinto censimento generale della popolazione e
primo censimento industriale al 10-11 giugno 1911, F.lli Pagano,
Genova 1913.
COMUNE DI GENOVA, Sesto censimento generale della popolazione al
1 dicembre 1921, Barabino e Graeve, Genova, 1922.
198
COMUNE DI GENOVA, Una moderna città d’acciaio – Costruzione e
sviluppo della Grande Genova attraverso la statistica, Comune di
Genova, Genova 2000.
DEL CANTO M., 120 anni di Fratellanza, Stamp. Edit. Brigati Glauco,
Genova, 1992.
DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della
prima guerra mondiale, voll. I e II, Giuffrè editore, Milano, 1969 -
1973.
DORIA M., Ansaldo - l'impresa e lo stato, Collana Ciriec, Franco Angeli
Ed., Milano, 1989.
DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima
guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche
Italiane, Napoli, 1999.
FELLONI G., Scritti di Storia Economica, vol. II, Atti della Società Ligure
di Storia Patria, Genova, 1998.
GASSANI P., Fotostoria del tramway a Genova, Nuova editrice genovese,
Genova, 1982.
GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e
mezzo di vita economica 1815 - 1969, voll. I e II, SAGEP, Genova,
1980.
ISTAT, Censimento industriale e commerciale al 15 ottobre 1927, vol. I,
Roma, 1928.
ISTAT, Popolazione residente e presente dei Comuni - censimenti dal 1861
al 1971, tomo II, Roma, 1977.
ISTAT, Popolazione residente e presente dei Comuni - censimenti dal 1861
al 1981, Roma, 1985.
199
ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991,
Roma, 1994.
ISTAT, VII censimento generale della popolazione, 21 aprile 1931 – IX,
vol. III, fascicolo 7 (provincia di Genova), Roma, 1933.
ISTAT, Unità amministrative - variazioni territoriali e di nome dal 1861 al
2000, Roma 2001.
LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001.
LAMPONI M., La storia di Rivarolo Ligure, Valenti, Genova, 1975.
LAMPONI M., Paesi di Polcevera, E.R.G.A., Genova, 1980.
LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino
bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998.
LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia
alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996.
MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO,
Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno
1911, voll. 1, 2, 3, 4, 5, Bertero, Roma, 1913 – 1916.
MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO,
Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 10 giugno 1911,
voll. 1, 2, 3, Bertero, Roma, 1914.
MONTEVERDE F., La città mutante – Demografia e risorse a Genova,
SAGEP, Genova, 1984.
PERILLO G. GIBELLI C., Storia della Camera del lavoro, vol. I – Dalle
origini alla seconda guerra mondiale, Editrice Sindacale Italiana,
Roma 1980.
POLEGGI E. CEVINI P., Genova, Laterza, Bari, 1981.
200
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, Censimento della
popolazione del Regno d’Italia al 1 dicembre 1921, vol. V, Roma,
1926.
ROBERTO F., L’edilizia residenziale pubblica a Genova nella prima metà
del novecento, Piero Barboni Editore – Compagnia dei librai,
Genova, 1999.
RUGAFIORI P., Industria e Impresa – Genova 1850 – 2000, AUSIND,
Genova, 2001.
STRINGA P., La Valpolcevera, AGIS, Genova, 1980.
TOLOZZI R., Dizionario delle strade di Genova, vol. primo, Compagnia
dei librai, Genova, 1985.
b ) FONTI ARCHIVISTICHE
ARCHIVIO PRESSO IL CENTRO LIGURE DI STORIA SOCIALE
Fondo CGIL, Documenti microfilmati:
CGIL 01011, 01658, 01678, 01679, 01681, 01682, 01683, 01684, 01685,
01686, 01691, 01992, 02843.
201
c ) TESI DI LAUREA
BOTTA L., Ristrutturazione industriale e iniziativa operaia a Genova,
1948 – 1954, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova, a. a.
1976.
d ) RIVISTE E ARTICOLI
L'Unità, 18 novembre 1959, p.9.
Rivista Municipale del Comune di Genova, gennaio 1933.
e ) FONTI ORALI
Intervista al Signor Antonio Canepa, residente a Pontedecimo ed esperto
di storia locale polceverasca, realizzata a Genova - Pontedecimo, in data
30 luglio 2004.
202