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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA FACOLTA’ DI ECONOMIA Tesi di Laurea LA VAL POLCEVERA INDUSTRIALE: SVILUPPO E DECLINO (1880 – 1980) Relatore: Prof. Marco Doria Candidato: Aldo Coppa Anno Accademico 2003 - 2004

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA

FACOLTA’ DI ECONOMIA

Tesi di Laurea

LA VAL POLCEVERA INDUSTRIALE: SVILUPPO E DECLINO (1880 – 1980)

Relatore: Prof. Marco Doria

Candidato: Aldo Coppa

Anno Accademico 2003 - 2004

INDICE GENERALE

pagg.

INDICE GENERALE …………………………………………………….….…….I

INDICE DELLE TABELLE ……………………………..……………………VII

INTRODUZIONE …………………………………………………………..……XII

CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)

1. LA VAL POLCEVERA PREINDUSTRIALE DALLA

REPUBBLICA AL REGNO……………….………....…………….…...2 1.1. DA TERRITORIO AI MARGINI A BARICENTRO DEI TRAFFICI:

FERROVIA E VIABILITÀ

INTERNA.………………………………….……………………………2

1.2. POPOLAZIONE ED ATTIVITÀ. ……………………………...…….....5

I

CAPITOLO II (1880 - 1914)

1. I TRASPORTI …………………………………………………...……….13

1.1. IL POTENZIAMENTO DELLA RETE FERROVIARIA: NUOVI

COLLEGAMENTI COL PIEMONTE E LA LOMBARDIA. ……….13

1.1.1. La costruzione della “Succursale dei Giovi”………….13

1.1.2. Il trasporto delle merci: collegamenti con industria e

porto ………………………………………………………….17

1.2. I COLLEGAMENTI URBANI: LE EVOLUZIONI DEL TRASPORTO

PUBBLICO. ………………………………………… ……………….20

1.2.1. Omnibus e tramway………………………………………………20

1.2.2. L’affermazione del tram elettrico ……………………….……..25

2. TRASFORMAZIONI ECONOMICHE

E DINAMICHE SOCIALI ……………………………………………..29

2.1. LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE IN VAL POLCEVERA: TRA

SIDERURGIA, MECCANICA ED ATTIVITÀ TRADIZIONALI. ...…29

2.1.1. Le premesse: quadro sintetico di riferimento per

l’economia genovese…...………………………….……….29

2.1.2. L’affermarsi dell’industria siderurgica e metalmeccanica

in Val Polcevera …………………………………… ……….31

2.1.3. L’evoluzione delle produzioni tessili ed alimentari e il

sorgere dell’industria chimica ……………… ……………35

2.2. LE CONDIZIONI LAVORATIVE E LE PRIME LOTTE OPERAIE…41

2.3. I DATI SULLE IMPRESE: IL PRIMO CENSIMENTO INDUSTRIALE

DEL 1911……………………………………… ………………………44

2.3.1. Una panoramica sulla Val Polcevera ……………..……..44

II

2.3.2. Due moderni agglomerati urbani: alcune considerazioni

su Rivarolo Ligure e Bolzaneto ……………...……………47

3. ASPETTI DEMOGRAFICI ……………………… …………………...63

3.1. TRENT’ANNI DI CRESCITA: I DATI STATISTICI. ………..………63

3.1.1. La Liguria e Genova …………………………….…………..63

3.1.2. I comuni della Val Polcevera ………………...……………65

3.2. L’URBANIZZAZIONE, LA FAMIGLIA E L’ISTRUZIONE…………69

4. URBANISTICA ED EDILIZIA ………………………………………82

4.1. EFFETTI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE SULL’ASSETTO

URBANISTICO IN VAL POLCEVERA………………………………82

4.1.1. La mancata integrazione tra insediamenti industriali e

tessuto urbano ………………………………………………….…….82

4.1.2. Lo sviluppo edilizio nella bassa Val Polcevera e a

Pontedecimo ………………………………………………………….85

CAPITOLO III (1914 – 1950)

1. I TRASPORTI …………………………………………..………………..92

1.1. LA “GRANDE GENOVA” NEL TRIANGOLO INDUSTRIALE: I

NUOVI MEZZI DI TRASPORTO DALLA FERROVIA

ALL’AVVENTO DELLA STRADA CAMIONALE………...………92

1.2. IL TRASPORTO PUBBLICO A GENOVA E NELL’ALTA VAL

POLCEVERA: LA MUNICIPALIZZAZIONE E I PRIVATI…..……97

1.2.1. La UITE al tempo della “Grande Genova”: il servizio

nella bassa Val Polcevera diventa urbano ………….....97

III

1.2.2. I privati e i trasporti nell’alta valle ……………………101

2. TRASFORMAZIONI ECONOMICHE

E DINAMICHE SOCIALI ……………………………………………104

2.1. MUTAMENTI ECONOMICI IN VAL POLCEVERA TRA LE DUE

GUERRE………………………………………………………………104

2.1.1. La difficile riconversione postbellica dell’industria

pesante e la nascita del capitalismo di Stato: le

ripercussioni sulla Val Polcevera………………………..104

2.1.2. Selezione e potenziamento nei settori tessile, alimentare

e chimico ……………………………………………………..109

2.2. I DATI SULL'INDUSTRIA ED IL COMMERCIO…………...………113

2.2.1. La situazione dell’alta valle ………………………………113

2.2.2. Un esempio per la bassa valle: alcuni dati su Rivarolo

Ligure ……………………………………………...…………116

3. ASPETTI DEMOGRAFICI …………………………………………..125

3.1. DAGLI ALBORI DELLA “GRANDE GENOVA” AL SECONDO

DOPOGUERRA: SVILUPPO ED EQUILIBRIO……………...……125

3.1.1. La “Grande Genova” ………………………...………….125

3.1.2. La Val Polcevera divisa ………………………...………..129

3.2. L’URBANIZZAZIONE, LA FAMIGLIA E L’ISTRUZIONE…...…...134

4. URBANISTICA ED EDILIZIA …………………….………………..145

4.1. LA NASCITA DELLA “GRANDE GENOVA” E IL RUOLO DELLA

VAL POLCEVERA……………………………………………………145

IV

4.2. LA CRISI EDILIZIA DEL PRIMO DOPOGUERRA:

LE SOLUZIONI……………………………………………………….148

4.2.1. Il dopoguerra e l’emergenza abitativa:

le Case Rifugio ……………………………………………..148

4.2.2. Le case popolari a Rivarolo ………………………………150

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

1. I TRASPORTI ………………………………...…………………………153

1.1. IL “BOOM” DELL’AUTO E LA COSTRUZIONE DELLE

AUTOSTRADE………………………………………………………153

1.2. IL CAMMINO DEL TRASPORTO PUBBLICO GENOVESE VERSO

LA MUNICIPALIZZAZIONE………………….……………..……..155

1.2.1. Bassa e media Val Polcevera

dalla UITE alla AMT…………………………………….155

1.2.2. L’acquisizione delle linee private in Val Polcevera…158

2. TRASFORMAZIONI ECONOMICHE

E DINAMICHE SOCIALI ……………………………………………161

2.1. IL LENTO TRAMONTO DELL’INDUSTRIA

IN VAL POLCEVERA…………………………………….…………..161

2.1.1. La fine della grande industria siderurgica pubblica: la

chiusura dell’ILVA di Bolzaneto …………...……………161

2.1.2. Le chiusure nell’industria siderurgica e meccanica

privata …………………..……………………….………….166

2.1.3. Declino del tessile, evoluzione dell’alimentare e

sviluppo del petrolchimico ………………………………170

V

3. ASPETTI DEMOGRAFICI ………………………………….……….176

3.1. LA CITTÀ E LA VALLE DALLA GUERRA AGLI ANNI ’80: DALLO

SVILUPPO AL LENTO DECLINO…………………………...………176

3.1.1. Genova: la mancata “milionarizzazione”………...……176

3.1.2. La Val Polcevera ……………………………...……………181

4. URBANISTICA ED EDILIZIA ………………………...……………188

4.1. STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE URBANA E TERRITORIALE

DAL SECONDO DOPOGUERRA AGLI ANNI SETTANTA:

APPLICAZIONI IN VAL POLCEVERA……………………………188

4.1.1. I piani di ricostruzione del dopoguerra ……………….188

4.1.2. Il Piano Regolatore Generale del 1959 ……………….191

4.1.3. La Variante Organica del 1976 ………………...………194

FONTI ………………………………………………………………………………197

a ) BIBLIOGRAFIA ………………………………………………...……………197

b ) FONTI ARCHIVISTICHE………………………………………..…………201

c ) TESI DI LAUREA…………………..…………………………………..…….202

d ) RIVISTE E ARTICOLI …………………………………..………………….202

e ) FONTI ORALI …………………………………….…………………………..202

f ) FONTI INTERNET ……………………………………………….…………..203

VI

INDICE DELLE TABELLE

pagg.

I. POPOLAZIONE RESIDENTE NEI COMUNI DELLA VAL POLCEVERA

(1837). ………………………………………………………………...……………..9

II. POPOLAZIONE RESIDENTE IN VAL POLCEVERA (1861–1881). …....10

III. INCREMENTO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN VAL

POLCEVERA (1861–1881). …………………………………… ……………..11

IV. DATI RIASSUNTIVI CONCERNENTI IL NUMERO, IL PERSONALE E

LA FORZA MOTRICE DELLE IMPRESE CENSITE, CLASSIFICATE

SECONDO UNA SCALA RIDOTTA DELLE INDUSTRIE IN VAL

POLCEVERA (1911). DATI ASSOLUTI. ……………………..………………..51

V. DATI RIASSUNTIVI CONCERNENTI IL NUMERO, IL PERSONALE E

LA FORZA MOTRICE DELLE IMPRESE CENSITE, CLASSIFICATE

SECONDO UNA SCALA RIDOTTA DELLE INDUSTRIE IN VAL

POLCEVERA (1911). DATI RELATIVI. ………………………..……………..52

VI. DATI ASSOLUTI E RELATIVI SU IMPRESE, MOTORI E PERSONE

OCCUPATE CENSITI A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911). .…53

VII

VII. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL NUMERO DELLE IMPRESE

CENSITE, CHE OCCUPANO AL MASSIMO 10 PERSONE, OLTRE IL

PADRONE O DIRETTORE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE

(1911). ………………………………………………………………………..…….54

VIII. DATI ANALITICI CONCERNENTI LA FORZA MOTRICE DELLE

IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO AL MASSIMO 10 PERSONE,

OLTRE IL PADRONE O DIRETTORE A BOLZANETO E RIVAROLO

LIGURE (1911). ………………………………………….……………………….55

IX. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL PERSONALE DELLE IMPRESE

CENSITE, CHE OCCUPANO AL MASSIMO 10 PERSONE, OLTRE IL

PADRONE O DIRETTORE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE

(1911). ………………………………………………..…………………………….56

X. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL NUMERO DELLE IMPRESE

CENSITE, CHE OCCUPANO PIU’ DI 10 PERSONE A BOLZANETO E

RIVAROLO LIGURE (1911). ………………………………...…………………57

XI. DATI ANALITICI CONCERNENTI LA FORZA MOTRICE DELLE

IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO PIU’ DI 10 PERSONE A

BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911). ……………...………………..58

XII. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL PERSONALE DELLE

IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO PIU’ DI 10 PERSONE A

BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911). ……………………………….59

XIII. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL NUMERO DI TUTTE LE

IMPRESE CENSITE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911). ……60

VIII

XIV. DATI ANALITICI CONCERNENTI LA FORZA MOTRICE DI TUTTE

LE IMPRESE CENSITE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE

(1911). ………………………………………………………………...……………61

XV. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL PERSONALE DI TUTTE LE

IMPRESE CENSITE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911). …....62

XVI. POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E

VAL POLCEVERA (1881–1911). ……………………..…………………………77

XVII. INCREMENTI DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA,

LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1881–1911). ……………………78

XVIII. URBANIZZAZIONE E FAMIGLIA NELLA BASSA VAL

POLCEVERA (1911). …………………………………………………...………..79

XIX. URBANIZZAZIONE E FAMIGLIA NELL’ ALTA VAL POLCEVERA

(1911). ……………………………………………………..……………………….80

XX. CENSITI IN ETÀ DI 6 ANNI E PIÙ CHE SAPEVANO LEGGERE NEI

COMUNI DELLA VAL POLCEVERA (1911). …………………….………….81

XXI. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER

CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927).

INDUSTRIA (DATI ASSOLUTI). ………………………….…………………..120

XXII. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER

CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927).

COMMERCIO E TOTALE (DATI ASSOLUTI). …………………….………121

IX

XXIII. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER

CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927).

INDUSTRIA (DATI RELATIVI). ………………………………………...……122

XXIV. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER

CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927).

COMMERCIO (DATI RELATIVI). …………………………...………………123

XXV. NUMERO DEGLI ADDETTI DISTINTI PER CLASSI A RIVAROLO

LIGURE (1921). INDUSTRIA (DATI ASSOLUTI E RELATIVI). ……….…124

XXVI. POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E

VAL POLCEVERA (1911–1951). ………………………………………………138

XXVII. INCREMENTO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA,

LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1911–1951). …………………..139

XXVIII. URBANIZZAZIONE NELLA BASSA VAL POLCEVERA

(1921). ……………………………………………………………………………..140

XXIX. URBANIZZAZIONE NELL'ALTA VAL POLCEVERA E TOTALE

(1921). ………………………………………..……………………………………141

XXX. FAMIGLIE DI CENSIMENTO PER NUMERO DEI MEMBRI NELLA

VAL POLCEVERA ANNESSA ALLA "GRANDE GENOVA" (1931). ….....142

XXXI. CENSITI IN ETÀ DI 6 ANNI E PIÙ CHE SAPEVANO LEGGERE

NEI COMUNI DELLA VALPOLCEVERA (1921). ……….………………….143

XXXII. CENSITI IN ETÀ DI 6 ANNI E PIÙ CHE SAPEVANO LEGGERE

NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VALPOLCEVERA (1931). ….…..144

X

XXXIII. POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E

VAL POLCEVERA (1951–1981). ………………………………………………186

XXXIV. INCREMENTI DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA,

LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1951–1981). …………………..187

XI

INTRODUZIONE

Oggetto di studio della seguente ricerca è l'evoluzione storica del

contesto economico, sociale, demografico, urbanistico ed infrastrutturale

della Val Polcevera, a partire dall'ultimo ventennio del secolo XIX sino ai

primi anni Ottanta del Novecento.

Possiamo definire territorialmente la Val Polcevera come un insieme di

comuni ed ex-comuni della provincia genovese. Questi sono: Rivarolo

Ligure, Bolzaneto e Borzoli (bassa Val Polcevera); San Quirico e

Pontedecimo (media valle); Ceranesi, Campomorone, Mignanego, Serra

Riccò e Sant’Olcese (alta valle). Questi ultimi cinque, a differenza degli

altri, non sono stati aggregati nella “Grande Genova”, nel 1926, ed hanno

mantenuto la propria autonomia amministrativa.

Abbiamo volutamente escluso di considerare gli ex-comuni della foce

del Polcevera, ovvero Cornigliano Ligure e Sampierdarena, in quanto realtà

con una propria fisionomia sociale ed economica e non pienamente

assimilabili al resto della valle. Viceversa abbiamo ricompreso nello studio

Borzoli, che pur non gravitando esclusivamente sulla Val Polcevera, riveste

XII

comunque un forte interesse, in particolare per la frazione di Fegino,

strettamente interdipendente col territorio oggetto del nostro studio, oltre

che parte integrante di esso.

Il reperimento delle fonti, utili allo svolgimento di tale ricerca, è stato

attuato su diversi fronti, a seconda della tematica di volta in volta

affrontata.

Per quanto riguarda gli argomenti "trasporti" e "trasformazioni

economiche", si è fatto riferimento a testi di diverso genere (opere

pubblicate direttamente per conto dell'Azienda Mobilità e Trasporti e studi

monografici sull'economia ed i trasporti liguri), consultati presso la sezione

Raccolta Locale della Civica Biblioteca Berio. Sempre in questa sede è

stato possibile utilizzare testi di cronaca locale della Val Polcevera, che,

integrati con alcune pubblicazioni e materiale d'archivio della Camera del

Lavoro di Genova1, visionati presso il Centro Ligure di Storia Sociale,

hanno contribuito a fornire un'immagine esauriente delle dinamiche sociali

e della situazione del mondo del lavoro della valle.

La parte demografica di questo lavoro è stata redatta avvalendosi di

numerosi censimenti, reperiti presso la Biblioteca della Facoltà di

Economia, e delle relative relazioni, curate e messe a disposizione

dall'Unità Organizzativa Statistica del Comune di Genova.

1 Quest'ultimo, riferibile al periodo compreso tra il secondo dopoguerra e la fine degli anni Settanta.

XIII

Gli aspetti relativi all'evoluzione urbanistica ed edilizia del territorio in

esame sono stati affrontati previa la consultazione di alcuni testi

specializzati e dei Piani Regolatori Generali (del 1959 e del 1976), presso

la Biblioteca Carboneri della Facoltà di Architettura.

Inoltre, si sono rivelate preziose le testimonianze dirette di lavoratori ed

abitanti polceveraschi, raccolte assistendo agli incontri di preparazione di

un convegno, tenutosi a Villa Serra di Comago, in merito alle lotte operaie

in Val Polcevera.

Infine sono risultate illuminanti alcune interviste effettuate, tra cui, in

particolare, quella concessa da Monsignor Luigi Molinari, coordinatore dei

Cappellani del Lavoro dell'Arcidiocesi di Genova.

Nella stesura di questa lavoro, dunque, si è deciso di affrontare

l'evoluzione storica della Val Polcevera sotto quattro differenti prospettive,

proponendo così altrettante partizioni tematiche: "I trasporti", le

"Trasformazioni economiche e dinamiche sociali", gli "Aspetti

demografici" e l' "Urbanistica ed edilizia".

Questi quattro aspetti vengono analizzati, attraverso una periodizzazione in

quattro archi temporali:

1. Cenni sul secolo XIX, fino alla Rivoluzione Industriale negli anni

Ottanta,

XIV

2. Dagli ultimi vent'anni dell'Ottocento allo scoppio della prima guerra

mondiale,

3. Il periodo tra i due conflitti e l'immediato secondo dopoguerra,

4. Dai primi anni Cinquanta all'inizio degli anni Ottanta.

Passando all'analisi di alcune tematiche significative, emerge, dall'esame

delle diverse fonti, come un elemento fondamentale per lo sviluppo

economico della Val Polcevera sia stata la prossimità con lo scalo portuale

genovese, diversamente per esempio dalla Val Bisagno. Tale circostanza ha

posto il territorio del basso e medio corso del Polcevera, a partire

soprattutto dall'unità d'Italia, nella condizione di essere individuato, quale

passaggio obbligato per tutte le principali infrastrutture di collegamento tra

il capoluogo ligure e l'oltreappennino; inoltre il transito attraverso il nuovo

valico dei Giovi, a differenza di quelli del Turchino e della Scoffera, non

risultava sbilanciato tra Lombardia e Piemonte, permettendo un

collegamento veloce con entrambe le regioni.

Nel 1823 si ultimava la Strada Reale dei Giovi (carrozzabile), nel 1853

la prima linea ferroviaria Torino - Genova, con stazioni a Rivarolo Ligure,

Bolzaneto e Pontedecimo, nel 1889 la parallela rapida "Succursale dei

Giovi", con fermata a San Quirico, collegata con Torino, Milano ed

allacciata, nel 1894, con Acqui Terme, via Borzoli ed Ovada.

XV

Con la nascita, nel 1906, del Parco Vagoni Campasso, l'elettrificazione

del tratto ferroviario Sampierdarena - Ronco Scrivia, tra il 1911 ed il 1914,

e la costruzione, tra gli anni Trenta e Sessanta, del "Bivio Granarolo", che

permetteva la connessione diretta tra la stazione di Genova Principe e la

linea "Succursale" all'altezza di Rivarolo, si concludeva la realizzazione

delle grandi infrastrutture su rotaia.

Nel 1935, poi, si inaugurava la Strada Camionale dei Giovi tra Genova e

Serravalle, con un raccordo presso la località Bratte (Bolzaneto), per

favorire la crescente circolazione delle merci attraverso i nuovi automezzi

che, negli anni Trenta, transitavano giornalmente, lungo la vecchia Statale

dei Giovi, nella misura di 570 autocarri (di cui 367 con rimorchio) e 582

autovetture. Nel 1958, con l'avvento della motorizzazione di massa, si era

reso necessario il raddoppio della "camionale" ed il suo prolungamento fino

a Milano (nuova Autostrada A7).

L'ultima grande opera infrastrutturale realizzata, tra il 1961 ed il 1967, in

Val Polcevera e di forte impatto ambientale su questa, era il viadotto

"Polcevera" (alto 45 metri, largo 18 e lungo 1.102), progettato

dall'architetto Riccardo Morandi, che collegava la Genova - Serravalle con

la nuova Autostrada della riviera di Ponente, distogliendo il relativo traffico

dal percorso urbano.

XVI

A questa forte espansione, tra la metà dell'Ottocento e la metà del

Novecento, delle grandi vie di comunicazione, che attraversano la valle,

non era però corrisposto un adeguato sviluppo delle linee di mobilità

interne alla Val Polcevera.

Solo nel 1879, infatti, era stato reso disponibile il servizio di

collegamento tra Genova e Rivarolo (nel 1889 sarebbe stata toccata anche

Pontedecimo), attraverso i tramways a cavalli della Compagnie Générale

Française des Tramways (detta la Francese), mentre il raggiungimento

delle località più collinari, come Serra Riccò, Sant'Olcese, Campomorone,

Ceranesi e Borzoli e relative frazioni, restava esclusiva dei piccoli

trasportatori privati, proprietari di vecchi omnibus a cavalli.

Nel 1911, la Unione Italiana Tramways Elettrici (UITE, subentrata, tra il

1894 ed il 1895, alla Francese ed a tutte le altre società di trasporto

pubblico attive a Genova) estendeva fino a Pontedecimo l'utilizzo dei nuovi

tram elettrici (linee 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11), istituendo in tale tratta delle

"tariffe operaie", con riduzioni del 30 % del costo del biglietto, in

determinate fasce orarie. Nel 1908, inoltre, era stata realizzata dalla UITE

la galleria di Certosa, permettendo un collegamento diretto tra Genova e la

Val Polcevera, evitando il passaggio attraverso Sampierdarena.

Nel 1934 la UITE (passata da 6 anni sotto il controllo del Comune)

creava, nell'ambito della "rivoluzione" del traffico tranviario, nuovi

XVII

collegamenti diretti tra la Val Polcevera e la Val Bisagno, mentre nuove

compagnie private (per esempio la Lazzi) introducevano servizi celeri di

"autocorriera", per il collegamento interno alla valle, destinati ad essere

assorbiti, negli anni Settanta dalla AMT (Azienda Municipalizzata

Trasporti, costituita, una volta rilevata interamente dal Comune la UITE,

nel 1964, anno in cui veniva ultimata in Val Polcevera la sostituzione delle

linee tranviarie con gli autobus).

La carenza, per lungo tempo, di una rete viaria interna efficiente si

riflette nell'evoluzione urbanistica della Val Polcevera.

Lo sconvolgimento, creato nel contesto abitativo, dall'insediamento degli

impianti produttivi, dalla fine dell'Ottocento, non veniva affrontato dai

comuni con adeguati strumenti di programmazione urbanistica (non

essendo tra l'altro disponibili le risorse necessarie: si veda la problematica

delle costruzione delle case popolari di Rivarolo negli anni Venti),

lasciando, dunque, all'iniziativa privata il compito di provvedere allo

sviluppo edilizio, senza tener conto delle necessità di standard igienici e di

nuovi servizi urbani, creando così dei veri e propri quartieri "dormitorio"

per gli operai, impegnati nelle fabbriche polceverasche.

I mutamenti nel territorio avvenivano attraverso il propagarsi di un'onda,

partita dai comuni della foce del Polcevera: Sampierdarena e Cornigliano

Ligure, dove già dalla metà dell'Ottocento si era insediata, su terreni

XVIII

espropriati alla vecchia aristocrazia, l'Ansaldo, che, saturati gli spazi sulla

costa, si espandeva lungo il corso del Polcevera, dove le aree avevano

anche un costo relativamente inferiore (11 lire al metro quadro nel 1917 a

Bolzaneto, contro le 97 a Sampierdarena nel 1912 e le 66 a Campi nel

1913), costellandolo di nuove localizzazioni produttive, cresciute

soprattutto con l'impegno della Società nella produzione bellica durante il

primo conflitto mondiale.

La fine della guerra ed il relativo ridimensionamento economico

avrebbero successivamente posto il grave problema delle famiglie (spesso

immigrate a Genova precedentemente al conflitto) senza dimora, in quanto

non più in grado di far fronte al pagamento dell'affitto. Soluzioni parziali si

sarebbero rivelate le costruzioni di case rifugio, tra cui 2 a Fegino, con una

capacità di accoglienza complessiva di 130 famiglie, per un totale di oltre

700 persone.

Veniva così sconvolto il paesaggio, a carattere prevalentemente agricolo,

nella bassa e media Val Polcevera, e si creava, con l'espansione dell'abitato

ed il congiungimento urbano dei comuni limitrofi, il fenomeno della

"conurbazione", sancito formalmente dall'aggregazione, nel 1926, di

Rivarolo Ligure, Borzoli, Bolzaneto, San Quirico e Pontedecimo alla

"Grande Genova"; d'altro canto i comuni dell'alta valle (Ceranesi,

Campomorone, Mignanego, Serra Riccò e Sant'Olcese), rimasti

XIX

indipendenti, apparivano ancora organizzati nelle conformazioni

tardomedievali, tipiche dei borghi a prevalente economia agricola, che li

avevano caratterizzati nei secoli precedenti.

Il progressivo smantellamento, a partire dagli anni Cinquanta, degli

impianti industriali della bassa e media Val Polcevera, poneva seri

problemi circa il riutilizzo delle aree dismesse.

Non si riusciva, però, coi piani regolatori del 1959 e del 1976 a

concepire una proposta effettivamente realizzabile di riconversione del

territorio, ipotizzando, invece, un'improbabile reindustrializzazione a

carattere tecnologico, slegando, oltretutto, la Val Polcevera dal contesto

metropolitano genovese.

L'evoluzione degli insediamenti produttivi e dell'edilizia, in Val

Polcevera, trovano riscontro nell'andamento demografico nel territorio in

esame.

A partire dagli ultimi vent'anni del secolo XIX, infatti, la bassa valle

(Rivarolo ed in seguito Borzoli e Bolzaneto) registrava una vera e propria

esplosione demografica, culminata nei primi due decenni del Novecento,

mentre più contenuti erano gli incrementi dei comuni della media valle

(Pontedecimo e San Quirico): tra il 1881 ed il 1921 Rivarolo Ligure

passava da 8.882 residenti a 28.440, Borzoli da 3.464 a 10.830, Bolzaneto

XX

da 4.087 a 12.043, Pontedecimo da 3.677 a 6.360 e San Quirico da 3.052 a

4.701.

Decisamente più statica era la situazione dei comuni dell'alta valle,

eccetto Campomorone: tra il 1881 ed il 1921 quest'ultimo passava da 4.492

abitanti a 6.017, mentre Sant'Olcese da 4.062 unità a 4.516, Ceranesi da

3.077 a 3.450, Mignanego da 2.630 a 2.712 ed infine Serra Riccò da 4.820

a 4.927.

Dunque, a cavallo tra i due secoli, la bassa valle era meta di intense

migrazioni, specialmente dai comuni rurali della montagna interna della

provincia genovese e dal Piemonte e, in misura minore dalla Toscana,

dall'Emilia e dalla Lombardia (era già consistente la presenza meridionale,

ma avrebbe avuto il suo picco successivamente), richiamate dalla domanda

di forza lavoro delle molte industrie polceverasche e genovesi.

Viceversa non si registravano, a Genova, saldi naturali al di sopra della

media nazionale (anzi spesso erano inferiori, anche se meno in Val

Polcevera); inoltre gli incrementi della popolazione in valle erano

nettamente superiori a quelli genovesi.

L'urbanesimo, che andava affermandosi nella bassa e media valle, non

intaccava gli stili di vita delle zone interne, che continuavano a presentare

minori densità abitative (1,82 abitanti per ettaro, nel 1911, contro i 12,52

della media e bassa valle), nuclei familiari più numerosi (4,94 componenti

XXI

in media, nel 1911, contro 4,26) e una maggior percentuale di popolazione

sparsa (68,70 %, nel 1911, contro 20,11 %).

Viceversa il grado di alfabetizzazione (87 % della popolazione sopra i 6

anni, nel 1911 in Val Polcevera) risultava distribuito in maniera abbastanza

indipendente rispetto alla località della valle considerata e senza particolari

disomogeneità tra il dato maschile e quello femminile.

Entrati a far parte della "Grande Genova", i comuni del medio e basso

corso del Polcevera, si adattavano ai ritmi di crescita del capoluogo ligure;

in particolare mostravano, però, una crescita leggermente più sostenuta i

comuni della media valle ed alcuni delle zone interne, cominciavano ad

urbanizzarsi.

I residenti della Val Polcevera passavano, tra il 1921 ed il 1971, da

83.996 a 112.958, cominciando, a partire dalla metà degli anni Sessanta a

scendere, come anche a Genova, per arrivare a 106.432 nel 1991.

Da notare i casi di Campomorone, che, in seguito all'approvazione di un

piano regolatore decisamente favorevole al rilascio delle licenze edilizie

per uso abitativo, vedeva crescere la propria popolazione da 6.080 residenti

nel 1961 a 8.962 nel 1971, e quello di San Quirico, che, divenuta nel

dopoguerra sede di raffinerie, assisteva al drastico deterioramento delle

proprie condizioni ambientali e di vita, con un conseguente spopolamento

(da 7.259 abitanti, nel 1961, a 4.637, nel 1981).

XXII

Passando ad esaminare le caratteristiche dello sviluppo economico in Val

Polcevera, non si può far meno di notare che ancora una volta gli input

iniziali nascono dalla foce del torrente, per risalire, in via successiva, lungo

la valle.

E' innegabile, come già detto prima, che la disponibilità di spazi liberi, la

presenza di fondamentali infrastrutture di collegamento tra il porto e

l'oltreappennino e la relativa economicità dei terreni rendevano appetibile

l'insediamento in Val Polcevera delle industrie, come l'Ansaldo, una volta

saturatisi gli spazi esistenti lungo la costa (Sampierdarena, Cornigliano

Ligure, Sestri Ponente, Prà e Voltri).

I nuovi impianti siderurgici venivano ad impiantarsi, a partire dagli anni

Ottanta del secolo XIX, in un contesto economico ancora fortemente basato

sulle coltivazioni, su modesti scambi commerciali interni e su alcune

attività, non ancora organizzate industrialmente (mulini e filande), che

sfruttavano i vicini corsi d'acqua come forza motrice per i macchinari.

Nella bassa e media valle venivano dunque a sconvolgersi gli equilibri

preesistenti con l'insediamento, per esempio, della ferriera Dufour e Bruzzo

a Bolzaneto (1887, 107 operai), di varie acciaierie e ferriere, tra cui

l'impianto delle Acciaierie Italiane, sempre a Bolzaneto, confluito nel 1918

(quando impiegava oltre 1.400 dipendenti) nell'ILVA, oltre ad una serie di

XXIII

piccole e medie realtà produttive nate a Pontedecimo (Fonderie Grondona,

Ferriera Montanella "del Riccò", Ferriera Sanguineti ecc.).

Le produzioni di tali impianti ruotavano, insieme ad una serie di imprese

collaterali (Perino, FIL ed alcune officine), soprattutto intorno alle

costruzioni e riparazioni ferroviarie e, successivamente, alle commesse

belliche (in particolare l'Ansaldo, ma anche l'ILVA), connesse alla prima

guerra mondiale.

Il settore tessile subiva, viceversa, forti trasformazioni che, a partire dalla

fine dell'Ottocento, avrebbero portato allo sviluppo, negli anni Trenta dei

nuovi maglifici (Borioli, Santo Dasso, Rolih ecc.) e pettinature (Pettinatura

Biella), a fianco dei vecchi cotonifici e filature (Cristoffanini, De Ferrari,

Costa ecc.), riorganizzati secondo schemi industriali.

Importante, anche, tra la fine del secolo XIX e la seconda guerra

mondiale, il potenziamento dei settori alimentare e chimico, con

l'insediamento di importanti gruppi, quali la Società Ligure Lombarda per

la Raffinazione degli zuccheri, i Molini Alta Italia, i Molini Certosa, gli

Oleifici Nazionali, e l'evolversi dei colorifici (Brignola, Tassani, Attiva),

dell'industria delle stearine (Mira Lanza) e delle prime attività di

raffinazione dei prodotti petroliferi (Raffinerie San Quirico, Dellepiane ed

ERG), destinate a svilupparsi nel secondo dopoguerra.

XXIV

La "irizzazione", negli anni Trenta, di molti grandi impianti siderurgici

della bassa valle (derivanti da Ansaldo ed ILVA), determinava

l'allontanamento dei centri decisionali dall'area genovese.

Questa situazione, nel dopoguerra, insieme alla crisi italiana dell'acciaio

ed alle razionalizzazioni degli impianti (si veda la costruzione del ciclo

integrale "Oscar Sinigaglia"), previste in concomitanza con le applicazioni

del "piano Schuman" (1951) e del trattato CECA (1953), portava alle

chiusure di molti stabilimenti, come l'ILVA di Bolzaneto (1951, al centro

di una lotta culminata con la "Colata della Pace"), la SIAC di Pontedecimo

e la SIAC di Trasta.

Anche i privati avviavano, tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta,

alcune chiusure: la Ferriera Montanella, le Acciaierie e Ferriere Bruzzo,

seguite, negli anni Ottanta da numerose imprese della media valle, quali le

Fonderie Grondona, la Perino ed il Tubettificio Ligure.

In generale, si calcolava che, negli anni Cinquanta in Val Polcevera,

fossero state chiuse 22 fabbriche e si fossero persi quasi 5.000 posti di

lavoro: un vero e proprio "Cimitero delle fabbriche".

Anche negli altri settori si verificavano profonde crisi, come, ad

esempio, nel tessile, che vedeva chiudere quasi tutte le principali imprese

negli anni Cinquanta (Rolih, De Ferrari, Costa, Sanguineti, Cristoffanini

XXV

ecc.) e successivamente ulteriori ridimensionamenti negli anni Sessanta

(Borioli), Settanta (Pettinatura Biella) e Ottanta-Novanta (Santo Dasso).

L'unico comparto che dal dopoguerra in poi presentava una forte crescita

era quello della raffinazione e stoccaggio dei prodotti petroliferi.

L'espansione della ERG di Garrone (oltre mille dipendenti nel '69 per 50

ettari di suolo occupato) comportava però lo stravolgimento del contesto

ambientale ed ecologico e, quindi, le proteste da parte della popolazione,

sfociate negli anni Settanta, in grandi manifestazioni pubbliche.

Dopo una serie di provvedimenti e ricorsi al TAR, si giungeva, nel 1979,

all'accordo Val Polcevera, che avrebbe dovuto comportare la sostituzione

delle attività di raffinazione, con altre ad alto contenuto tecnologico e ad

alta concentrazione di addetti.

La realizzazione di questo progetto sarebbe avvenuta solo nella sua "pars

destruens", mentre una vera riconversione avrebbe seguito modalità

differenti (sviluppo del settore terziario e della riqualificazione ambientale),

solo a partire dagli anni Novanta.

L'arco di tempo, considerato in questo lavoro, si conclude,

simbolicamente, con la proclamazione di uno sciopero generale delle

categorie industriali dell'intera vallata, il 16 dicembre 1980, per rivendicare

la difesa dell'occupazione (sono a rischio oltre 2.000 posti di lavoro) ed il

XXVI

rilancio produttivo dell'area; un vero e proprio "canto del cigno" della Val

Polcevera industriale.

XXVII

CAPITOLO I

(CENNI SUL XIX SECOLO)

CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)

1. LA VAL POLCEVERA PREINDUSTRIALE DALLA

REPUBBLICA AL REGNO

1.1. DA TERRITORIO AI MARGINI A BARICENTRO DEI

TRAFFICI: FERROVIA E VIABILITA’ INTERNA.

L’inizio del secolo XIX costituisce uno spartiacque ideale nella

definizione del ruolo svolto dalla Val Polcevera, nell’ambito delle vie di

comunicazione e, in questo senso, si rivela cruciale il periodo

dell’occupazione napoleonica.

Infatti nel Settecento, sotto la Repubblica di Genova, la valle era al

centro di modesti traffici commerciali, che trovavano uno sbocco esterno

attraverso l’antico passo della Bocchetta, vicino a Campomorone

(potenziato nel 1583 e transitabile per lo più a dorso di mulo), mentre solo

nel 1772 il doge Giovanni Battista Cambiaso aveva dato avvio ai lavori per

la costruzione di una strada carrozzabile (detta "Cambiasa", progettata da

Pietro Cantoni), che raggiungesse da Genova, tramite Sampierdarena e

lungo il Polcevera, la sua villa di Cremeno, oltre Bolzaneto.

2

CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)

E’, dunque, sul tracciato di questo percorso, parzialmente realizzato, che

gli ingegneri napoleonici, nel 1810, promuovono i primi lavori per la

creazione di una strada carrozzabile, che unisca Genova e Torino (ormai

entrambe annesse all'Impero Francese), transitando attraverso il valico dei

Giovi, nei pressi di Mignanego1.

L'opera viene però ultimata nel 1823, sotto Carlo Felice, dopo il

passaggio della Liguria al Regno di Sardegna, secondo quanto stabilito dal

Congresso di Vienna (1815); il costo del trasporto, per ogni quintale di

merce trasportata da Genova e Torino, attraverso la nuova arteria, ammonta

a circa 5-6 lire, rispetto alle 10-12, necessarie alla movimentazione lungo la

precedente strada della Bocchetta2.

L'annessione della Repubblica allo stato sabaudo determina la

ridefinizione della Val Polcevera, da semplice entroterra di Genova a

territorio centrale di connessione tra la capitale del Regno ed il suo porto

principale.

In questa nuova ottica, durante il decennio cavouriano (1851-1860),

prende corpo il progetto per la costruzione della ferrovia Genova - Torino,

che ha inizio nel 1846, partendo da Torino.

1 STRINGA P., La Valpolcevera, AGIS, Genova, 1980, pp. 71, 85. 2 FELLONI G., Scritti di Storia Economica, vol. II, Atti della Società Ligure di Storia Patria, Genova, 1998, p. 885.

3

CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)

I lavori procedono per tratte successive, con i percorsi tra i vari punti di

collegamento attivati di volta in volta; l’ultimo grande ostacolo è costituito

dal superamento della barriera appenninica, che prevede la realizzazione di

una serie di tunnel ripartiti tra i versanti settentrionale e polceverasco.

La galleria dei Giovi, lunga oltre 3.250 metri, richiede l’impiego di oltre

trenta milioni di mattoni, per un costo di oltre dieci milioni e mezzo di lire,

costituendo un primato mondiale.

La linea viene ultimata nel 1853 e tocca le stazioni di Rivarolo Ligure,

Bolzaneto, Pontedecimo e del Piano Orizzontale dei Giovi (dopo

Mignanego), che vengono così inserite nelle grandi vie di comunicazione,

che fungeranno da elemento propulsivo per l'avvento della Rivoluzione

Industriale nell'Italia nord occidentale e, di conseguenza, in Val Polcevera3.

Per quanto riguarda, invece, i servizi di trasporto interno alla valle, si

riscontra, per quasi tutto il secolo XIX, una carenza di mezzi, che si

accompagna all'inadeguatezza delle strade, specialmente quelle di

collegamento tra le località site lungo il Polcevera e quelle collinari,

raggiungibili generalmente tramite mulattiere, non sempre carrozzabili.

In ciascun comune della Val Polcevera (escluse le frazioni più isolate)

sono presenti piccole compagnie private di trasporto, spesso unipersonali,

3 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 24.

4

CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)

che svolgono il servizio di collegamento con Genova, mediante omnibus a

cavalli.

Inoltre la Compagnia Genovese Fiacres e Landaux, costituita nel

capoluogo ligure a metà del secolo, consente spostamenti anche nelle

periferie, su richiesta degli utenti4.

1.2. POPOLAZIONE ED ATTIVITA’.

Per tutta la prima metà dell'Ottocento non si segnala, in Val Polcevera

(soprattutto nell'alta valle), un particolare sviluppo dell'abitato e delle

localizzazioni produttive.

Se ne può avere un riscontro dall'analisi dei dati relativi agli abitanti,

forniti da alcune pubblicazioni5 e dai censimenti generali della popolazione

del Regno d'Italia del 1861, 1871, 1881 (si vedano le tabelle I, II e III alle

pagg. 9, 10, 11).

Nel 1837 Rivarolo Ligure risulta essere il comune più popoloso della

valle (con 5.700 abitanti), seguito da Larvego (in seguito Campomorone,

3.840), da Sant'Olcese (3.524), San Cipriano (3.066), Ceranesi (2.640),

4 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 35. 5 CASALIS G., Dizionario Geografico - Storico – Statistico - Commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Cassone Marzorati Vercellotti Tipografi, Torino 1837.

5

CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)

Mignanego (2.580), San Quirico in Val Polcevera (2.560), Serra Riccò

(2.342), Borzoli (1.951) e Brasile (740).

Si può già notare, come i comuni maggiormente abitati siano quelli

dell'alta e media valle, con l'eccezione di Rivarolo, i quali presentano anche

un'estensione territoriale maggiore.

Con l'unità d'Italia si inizia già ad assistere ad un rovesciamento della

situazione, poiché, da questi anni in poi, a crescere di più saranno proprio

le località della bassa valle, che cominciano ad essere investite prima dalla

Rivoluzione dei Trasporti e poi da quella Industriale.

Tra il 1861 ed il 1881, infatti, la popolazione residente a Bolzaneto passa

da 2.625 abitanti a 4.087 (segnando un incremento di +55,70 %, in appena

vent'anni), a Borzoli da 2.287 a 3.464 (+51,46 %), a Rivarolo da 7.130 a

8.882 (+24,57 %), a San Quirico da 2.632 a 3.052 (+15,96 %), a

Sant'Olcese da 3.614 a 4.062 (+12,40 %), a Ceranesi da 2.850 a 3.077

(+7,96 %), a Campomorone da 4.230 a 4.492 (+6,19 %), a Serra Riccò da

4.598 a 4.820 (+4,83 %). Scendono gli abitanti di Mignanego da 2.915 a

2630 (-9,78 %) e quelli di Pontedecimo da 4.152 a 3.677 (-11,44 %).

Nel complesso, dunque, se la Val Polcevera incrementa la propria

popolazione, tra il '61 e l' '81, del 14,07 %, i comuni del basso e medio

corso del torrente crescono del 23,03 %, mentre quelli dell'alta valle solo

del 4,80 %.

6

CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)

Ancora ai primi dell'Ottocento la Val Polcevera è territorio a

caratterizzazione prevalentemente agricola, con un modesto sviluppo

commerciale nei paesi del lungotorrente. Sono presenti, poi, numerose ville

patrizie di villeggiatura, con annessi fondi coltivati, di proprietà di

importanti famiglie nobili genovesi.

La possibilità di sfruttare le acque del Polcevera, quale fonte di forza

motrice, e la relativa vicinanza al porto di Genova (con la facilità di

reperimento delle merci ivi scambiate) portano allo sviluppo di due settori,

in seguito tradizionali per la valle: l'industria tessile ed i mulini.

All'inizio del secolo il settore tessile (seta, cotone, canapa, lino e lana)

attraversa un periodo di crisi, in diretta conseguenza del "blocco

continentale" napoleonico, che limita le importazioni di materia prima (seta

e cotone, in particolare). Tale situazione di stasi si protrae, anche a causa

dell'arretratezza tecnologica degli opifici (è ancora diffusa la filatura a

mano del cotone), della mancanza di investimenti e del persistere del

lavoro a domicilio, fino alla metà dell'Ottocento, quando comincia la fase

di sviluppo, in epoca cavouriana.

In particolare si insediano, in questi anni, molte manifatture di filatura

dei bozzoli e della seta a San Quirico, a Bolzaneto, a Campi ed a Rivarolo,

mentre a Mignanego, a Ceranesi ed a Borzoli è ancora prevalente la

manodopera impiegata a domicilio.

7

CAPITOLO I (CENNI SUL XIX SECOLO)

Si può notare, nel 1822, la presenza delle filature di bozzoli Durazzo (24

addetti), Pontio (92), Rivarola (24) e di sete Durazzo (109), Pontio (255),

Rivarola (92) e Canonero (70) a San Quirico, oltre alle filature di bozzoli

Grondona a Bolzaneto (48 unità), Serra a Murta (20), Cipollina a Rivarolo

(24) e a quelle di sete Grondona di Bolzaneto (79). Si tratta, spesso, di

manifatture di proprietà di nobili possidenti genovesi, lasciate in gestione a

terzi, generalmente residenti nei pressi dell'opificio.

L'altro aspetto tradizionale dell'industrializzazione della Val Polcevera è

la presenza dei mulini, la cui numerosità a Campomorone, Rivarolo, San

Quirico, Bolzaneto è da mettere in stretta relazione con uno dei rami più

importanti del commercio genovese: il traffico granario del porto, che

interessa quasi la metà dell'intera flotta del capoluogo ligure6.

6 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 28, 29, 31, 32, 38.

8

I. POPOLAZIONE RESIDENTE NEI COMUNI DELLA VAL POLCEVERA (1837).

COMUNI POPOLAZIONE

Borzoli * 1 1.951

Brasile (oggi Bolzaneto) * 740

Rivarolo Ligure * 5.700

San Quirico in Val Polcevera * 2.560

Ceranesi 2 2.640

Larvego (oggi Campomorone) 3.840

Mignanego 2.580

San Cipriano 3 3.066

Sant'Olcese 3.524

Serra Riccò 2.342

TOT. VAL POLCEVERA 28.943

* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.

1 E' compresa la frazione di Fegino (850 ab.).

2 Sono comprese le frazioni di Livellato (752 ab.), Paravanico (670 ab.) e Torbi (356 ab.).

3 Si presume sia compresa la frazione di Pontedecimo, divenuta Comune nel 1853, anno in cui il Comune di San Cipriano viene soppresso e diventa frazione di Pontedecimo. Nel 1869 la frazione di San Cipriano passa al Comune di Serra Riccò. Nel 1926 il Comune di Pontedecimo viene soppresso ed aggregato al comune di Genova.

Fonte: CASALIS G., Dizionario Geografico - Storico – Statistico - Commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, Cassone Marzorati Vercellotti Tipografi, Torino 1837; vol. II: pp. 524, 611, vol. IV: p. 395, vol. IX: p. 263, vol. X, p. 375, vol. XVI: p. 328, vol. XVIII: pp. 178, 581, 658, vol. XIX, p. 888.

9

II. POPOLAZIONE RESIDENTE IN VAL POLCEVERA (1861–1881).

1861 1871 1881

Bolzaneto * 2.625 4.481 4.087

Borzoli * 2.287 2.598 3.464

Pontedecimo * 4.152 3.041 3.677

Rivarolo Ligure * 7.130 6.858 8.882

San Quirico * 2.632 2.662 3.052

Campomorone 4.230 4.294 4.492

Ceranesi 2.850 2.878 3.077

Mignanego 2.915 2.879 2.630

Sant'Olcese 3.614 3.728 4.062

Serra Riccò 4.598 4.757 4.820

TOT. VAL POLCEVERA 37.033 38.176 42.243

BASSA E MEDIA VALLE 18.826 19.640 23.162

ALTA VALLE 18.207 18.536 19.081

* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.

Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.

10

III. INCREMENTO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN VAL POLCEVERA

(1861–1881).

incremento

% 1861 - 1871

incremento % 1871 -

1881

incremento % 1861 -

1881

Bolzaneto * 70,70 -8,79 55,70

Borzoli * 13,60 33,33 51,46

Pontedecimo * -26,76 20,91 -11,44

Rivarolo Ligure * -3,81 29,51 24,57

San Quirico * 1,14 14,65 15,96

Campomorone 1,51 4,61 6,19

Ceranesi 0,98 6,91 7,96

Mignanego -1,23 -8,65 -9,78

Sant'Olcese 3,15 8,96 12,40

Serra Riccò 3,46 1,32 4,83

TOT. VAL POLCEVERA 3,09 10,65 14,07

BASSA E MEDIA VALLE 4,32 17,93 23,03

ALTA VALLE 1,81 2,94 4,80

* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.

Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.

11

CAPITOLO II

(1880 – 1914)

CAPITOLO II (1880 – 1914)

1. I TRASPORTI

1.1. IL POTENZIAMENTO DELLA RETE FERROVIARIA:

NUOVI COLLEGAMENTI COL PIEMONTE E LA

LOMBARDIA.

1.1.1. La costruzione della “Succursale dei Giovi”

Se è vero che il completamento della linea ferroviaria Torino - Genova,

nel 1853, aveva permesso di ridurre sensibilmente costi1 e durata2 di

tragitto per i trasporti oltreappennino e aveva giovato all’industria

metalmeccanica della bassa Val Polcevera e del Ponente genovese, a causa

degli stretti collegamenti di questa con le società di costruzioni ferroviarie,

non si può dire, però, che il porto ne avesse tratto benefici diretti ed

immediati.

1 Il trasporto ferroviario veniva a costare circa un terzo di quello stradale e (per le merci) circa i due terzi di quello marittimo. FELLONI G., Scritti di Storia Economica, vol. II, Atti della Società Ligure di Storia Patria, Genova, 1998, p. 893. 2 Si poteva percorrere il viaggio da Genova a Torino, col treno, in poco più di sei ore, mentre la vettura o la diligenza ne avrebbe richiesto 25. Idem nota 1.

13

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Infatti il movimento dei traffici portuali dipende da circostanze assai più

generali e complesse, collocabili in una dimensione, che va ben al di là dei

confini nazionali e che investe il sistema dei rapporti e delle comunicazioni

terrestri e marittime a scala internazionale.

Solo verso gli anni ’70 del XIX secolo si registra un sensibile incremento

delle merci trasportate attraverso la ferrovia dei Giovi.

Realizzato, infatti, il canale di Suez (1869) e aperta la galleria del Frejus

(1871), Genova è finalmente inserita nella rete del traffico internazionale;

da questo momento la ferrovia gioca un ruolo importante per lo sviluppo

del movimento commerciale portuale; ruolo che diverrà decisivo nei primi

anni ’80, quando l’apertura del Gottardo (1882) consentirà il collegamento

diretto con la Svizzera, prima possibile solo attraverso la Francia e il

Frejus3.

E’ a questo punto che la prima linea ferroviaria comincia a mostrare tutti

i suoi limiti. A causa dell’orografia del territorio, infatti, il percorso

appenninico risulta penalizzato dal forte dislivello da superare nel tratto tra

Pontedecimo e l'imbocco sud della galleria Giovi, con la pendenza di circa

il 35 per mille, che crea notevoli difficoltà ai primi convogli passeggeri.

I nuovi ritmi produttivi esigono, per contro, un sensibile e crescente

adeguamento delle quantità delle merci in transito, con una parallela

3 POLEGGI E. CEVINI P., Genova, Laterza, Bari, 1981, pp. 191, 194.

14

CAPITOLO II (1880 – 1914)

velocizzazione nel trasporto dei passeggeri. Inoltre appaiono evidenti, in

questi anni, i problemi, legati alla crescente concorrenza dell'impianto

ferroviario, che unisce lo scalo di Marsiglia al nord Europa.

E’ in quest’ottica, dunque, che prende forma il progetto per il

potenziamento della Genova – Torino, redatto da tempo con la supervisione

dell'ingegner Carlo Navone, relativo alla creazione di una nuova linea,

transitante lungo l'argine destro del Polcevera parallelamente alla linea del

‘54, con un superamento progressivo del dislivello appenninico, ottenuto

mediante una salita in quota "lunga" con una pendenza dal 7 al 12 per

mille.

Questa soluzione permette una maggiore rapidità di movimento

progressivo e una maggiore portata di carico, determinando l'abbassamento

dei costi e rendendo ulteriormente competitivo il trasporto su rotaia.

I lavori per la nuova linea, da subito definita "Succursale dei Giovi"

(poichè, infatti, non sostituisce quella originaria ma ne integra la portata

totale), prendono inizio nel 1879, appaltati dalla società Strade ferrate del

Mediterraneo (poi subentrata nella gestione della linea) a diverse imprese, e

comprendono la realizzazione del ponte tra Pontedecimo e Campomorone,

oltre a numerosi altri viadotti. In particolare, l’erezione del viadotto, che

attraversa il torrente Verde tra i comuni di Pontedecimo e Campomorone,

avviene tra il 1883 e il 1886; il ponte, supportato da venti arcate (con uno

15

CAPITOLO II (1880 – 1914)

dei piloni centrali, che affonda nel greto torrentizio per una profondità pari

alla parte emergente), raggiunge l'altezza di 55,73 metri.

Altrettanto impegnativa è la realizzazione del tunnel verso Mignanego,

all’interno del quale vengono scavate grandi camere di deposito per le

attrezzature e i materiali necessari alla manutenzione della linea, con un

valido impianto di aerazione4.

La “Succursale dei Giovi” viene concepita come linea veloce e, per

questo motivo, oltre che per la relativa inagibilità del territorio d'altura

attraversato, vengono stabilite due sole fermate in Val Polcevera: quella di

S. Quirico, realizzata soprattutto per compensare l'esclusione di questo

comune dalla mappa delle soste del precedente impianto ferroviario, e di

Mignanego, attivata per la scarsa comodità di carico e scarico delle merci

della stazione dei Piani Orizzontali. Viceversa, non vengono accolte le

richieste delle giunte comunali di Ceranesi e Campomorone, avanzate nel

1882, per ottenere uno scalo comune nel loro ambito territoriale. Il servizio

capillare per gli utenti della vallata rimane dunque di pertinenza della prima

linea ferroviaria5.

4 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 25. 5 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 26.

16

CAPITOLO II (1880 – 1914)

La “Succursale dei Giovi” viene completata entro la primavera del 1889,

entrando in servizio il 15 aprile di quell'anno6.

Tra il 1893 e il 1894 entra poi in esercizio un nuovo tronco ferroviario,

che collega Genova ad Acqui tramite Ovada, passando per Sampierdarena,

attraversando il Polcevera e fermando anche a Borzoli.

Le successive realizzazioni, riguardanti il percorso polceverasco della

nuova linea, consistono nella costruzione del "Quadrivio Torbella",

costituito dalla confluenza delle tratte che fanno capo alle stazioni di

Sampierdarena, Pontedecimo, Mignanego e alla linea per Ovada.

Infine tra il 1911 ed il 1914 viene attuata l'elettrificazione della linea tra

Sampierdarena e Ronco Scrivia7.

1.1.2. Il trasporto delle merci: collegamenti con industria e porto

Il periodo a cavallo tra i secoli XIX e XX vede, nel campo dei trasporti

su strada ferrata, una netta preponderanza della movimentazione delle

merci, che aveva costituito il motivo portante della realizzazione degli

impianti, rispetto a quella dei passeggeri, che interessa invece una fetta

ancora ridotta del tessuto sociale.

6 FELLONI G., Scritti di Storia Economica, vol. II, Atti della Società Ligure di Storia Patria, Genova, 1998, p. 895. 7 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 26.

17

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Alla luce di ciò, si assiste, in questi anni, ad una serie di interventi, volti

ad un continuo perfezionamento tecnico, come lo sviluppo di tronchi di

stazionamento dei vagoni presso le calate portuali, la costituzione di

depositi merci in tutte le stazioni, la creazione di prolungamenti delle rotaie

all'interno delle fabbriche, che rendono il trasporto ferroviario

maggiormente integrato col sistema portuale ed industriale.

La realizzazione di maggior rilievo è rappresentata dalla nascita del

Parco Vagoni Campasso, in territorio polceverasco, ad opera di imprese

salernitane ed amalfitane, che entra in funzione nel 1906.

La collocazione in questa zona del più esteso impianto di concentrazione

del materiale rotabile, tiene soprattutto conto della vicinanza dello scalo

portuale, al quale è collegato con due bracci: uno diretto verso il Passo

Nuovo, presso la Lanterna, l'altro che giunge nella parte più antica dello

scalo, nella zona della Darsena. Nella sua parte a monte, definita "Nord",

l'impianto viene collegato alla linea principale e alla succursale tramite il

tratto risalente l'abitato di Certosa.

Un’importante branca della ferrovia commerciale polceverasca è quella,

che serve le numerose industrie sorte lungo la riva destra del torrente, da

Cornigliano a Bolzaneto. Proprio in vicinanza di quest'ultima stazione,

viene infatti istituita un'altra area di concentrazione dei carri ferroviari,

provenienti da tutte le unità produttive esistenti nel citato tratto di territorio,

18

CAPITOLO II (1880 – 1914)

attraverso una linea a lento scorrimento (per le numerose fermate di carico

dei prodotti da avviare a destinazione), che dispone anch'essa di un

considerevole numero di vagoni speciali a disposizione8.

Da segnalare, infine, è l’istituzione delle strutture ausiliarie per il

ricovero delle locomotive e la loro manutenzione e per la revisione dei carri

ferroviari.

Il primo capannone coperto di rimessa delle macchine, da impiegare per

agevolare ai convogli la salita di Busalla, viene costruito presso lo scalo di

Pontedecimo. Si tratta, però, di un impianto destinato ad una breve durata,

a causa dell’entrata in funzione della linea succursale, alla quale è

necessario mettere a disposizione gli stessi mezzi ausiliari.

Viene, dunque, individuata una nuova area sull'argine sinistro del

torrente Polcevera, all'altezza dell'abitato di Certosa, sulla quale vengono

trasferite, a partire dal 1885, le strutture di deposito e di revisione delle

locomotive in spazi più ampi9.

8 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 30. 9 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 31.

19

CAPITOLO II (1880 – 1914)

1.2. I COLLEGAMENTI URBANI: LE EVOLUZIONI DEL

TRASPORTO PUBBLICO.

1.2.1. Omnibus e tramway

Sino a fine ‘800 il trasporto pubblico a Genova e nei comuni suburbani

viene ancora esercitato da numerose vetture a cavalli (le fiacres), quale

servizio d’élite, la cui regolamentazione comunale risale al 1855.

Sono presenti poi circa 200 omnibus a cavalli, appartenenti per lo più a

singoli proprietari, che svolgono i percorsi sulle tratte urbane ed

extraurbane, tra cui, in Val Polcevera, la Sampierdarena - Rivarolo -

Bolzaneto10.

Nel 1872 la Società del commercio e dell’industria genovese propone al

sindaco di Genova, di istituire un servizio unitario ed organico, fornito da

un’unica concessionaria.

Si arriva dunque, nel 1873, alla costituzione della Società Ligure dei

Trasporti, di cui sono principali azionisti Giovanni Battista Villa ed Enrico

Monticelli (già proprietari, in precedenza, di alcuni omnibus, attivi in un

servizio urbano organizzato), insieme ad altri 65 sottoscrittori minori.

10 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 47.

20

CAPITOLO II (1880 – 1914)

La nuova azienda di trasporti usufruisce di una concessione da parte del

comune, per l’avvio del servizio generale di vetture omnibus a Genova con

4 linee urbane e 5 suburbane (tra cui la Sampierdarena - Rivarolo -

Bolzaneto, prevista, ma, nei fatti, mai attivata); con riguardo a queste

ultime, è previsto che gli omnibus provenienti dagli altri comuni possano

transitare a Genova, ma non stazionarvi, se non ai margini della città11.

A causa dei deludenti risultati economici d’esercizio, dovuti alla forte

concorrenza nel settore e all’impossibilità di gestire le linee in regime

monopolistico, la Ligure Trasporti viene a trovarsi in serie difficoltà

finanziarie ed è, dunque, rilevata nel 1875 da un gruppo belga, che mette a

capo della società Luigi van Hardenberg12.

Da questo momento il trasporto pubblico genovese si pone al centro

delle mire dei capitali stranieri. Nel 1875, difatti, l’imprenditore di

Bruxelles Edouard Otlet richiede all’amministrazione comunale la

concessione di una linea di tramways a cavallo, che parta da Piazza della

Nunziata, arrivi a Sampierdarena, tramite una galleria di circa 250 metri da

costruirsi sotto il colle di San Benigno, e da lì prosegua, diramandosi in due

direzioni: una verso Pegli, l’altra in Val Polcevera sino a Bolzaneto (5,6

km), con la possibilità di un successivo prolungamento per Pontedecimo.

11 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 46-49. 12 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 51.

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CAPITOLO II (1880 – 1914)

Per la prima volta, dunque, dopo il fallito tentativo della Ligure

Trasporti, viene elaborato un progetto, volto a connettere organicamente i

comuni neoindustrializzati del Ponente e della Val Polcevera con Genova,

prendendo atto dell’inarrestabile fenomeno della mobilità delle persone sul

territorio.

Otlet, che dal 1876 agisce per conto della Compagnie Générale Française

des Tramways (detta la Francese), una della maggiori imprese transalpine

del settore, controllata dalla Banque Française et Italienne, ottiene nel 1877

le concessioni della durata di 45 anni per la linea polceverasca, da parte dei

comuni di Genova, Sampierdarena, Rivarolo e Bolzaneto.

Il materiale rotabile viene fornito dalla Societé Anonyme Metallurgique

et Charbonnière Belge e nel marzo 1878 si inaugura il tratto Genova –

Sampierdarena, mentre dal 1879 vengono raggiunte rispettivamente anche

Pegli e Bolzaneto13.

La nuova concorrenza dei tramways mette in serie difficoltà economiche

la Ligure Trasporti, che nel 1883 viene posta in liquidazione e tutti i suoi

beni, mezzi e concessioni sono acquistati proprio dalla Francese, che

assume, quindi, una posizione dominante nel settore.

13 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 52-56.

22

CAPITOLO II (1880 – 1914)

La società, però, non mostra particolare spirito d’iniziativa: non

promuove la costruzione di nuove linee tranviarie fino al 1887. Solo nel

1889 effettua, sotto la pressioni degli enti locali e della potenziale

concorrenza, il previsto prolungamento fino a Pontedecimo della linea della

Val Polcevera (a binario unico). Inoltre, per quanto i prezzi delle corse

rimangano stabili, la manutenzione del servizio omnibus rilevato è carente

e, per non aumentare le spese, l’azienda sfrutta i cavalli da traino fino allo

sfinimento, determinando quindi disservizi, accentuati dagli aspri dislivelli

dell’orografia genovese14.

Non bisogna dimenticare, oltretutto, che in Val Polcevera, come negli

altri comuni extraurbani, sono presenti anche altri operatori di trasporto via

omnibus da e per Genova: viaggiano 16 vetture lungo la linea per

Rivarolo15, 4 per Bolzaneto16, 7 per Serra Riccò e 2 per Sant’Olcese17 (per

queste ultime due località bisogna considerare anche i flussi turistici di

“villeggianti”) ed una serie di omnibus di collegamento con le zone

valligiane interne e d’altura, come Pedemonte, Geo di Ceranesi, Gallaneto,

Isoverde, la collina di Murta e i diversi Santuari, Fegino e Borzoli, che

partono da Rivarolo; non a caso, in questi anni le amministrazioni

14 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 57-59. 15 Numeri di linea da 27 a 38 e da 40 a 43. AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 81. 16 Numeri di linea da 44 a 49. Idem nota 15. 17 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 60.

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CAPITOLO II (1880 – 1914)

municipali locali compiono grandi sforzi, per dotare di opportune piste

carrozzabili i territori di loro competenza18.

Questi servizi di trasporto suburbani si pongono spesso in diretta

concorrenza con la Francese, modificando anche le proprie vetture, in

modo da usufruire abusivamente delle rotaie di questa. Si tratta di

“padroncini”, che posseggono uno o al massimo due mezzi da circa venti

passeggeri e che, nel caso in cui non li guidino essi stessi, impiegano un

conducente ed un garzone, cui vanno aggiunti numerosi addetti

nell’indotto.

L’amministrazione genovese cerca regolarmente di mantenere questi

operatori fuori dal centro, mediante lo spostamento dei capilinea, ma questi

non mancano di protestare, contando anche sull’appoggio dei sindaci dei

comuni del circondario.

Per contro la Francese reagisce, promuovendo sulle direttrici del Ponente

e della Val Polcevera, in orari e con tariffe particolari, un “servizio

operaio”19.

Il settore, però, è investito da profondi mutamenti tecnologici e lo

sviluppo di Genova rende appetibile l’immissione nel servizio da parte di

nuovi soggetti imprenditoriali.

18 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 36. 19 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 61-63.

24

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Nel corso del 1890, infatti, vengono a costituirsi la Società di Ferrovie

Elettriche e Funicolari20, che ottiene nello stesso anno la concessione per

tranvie elettriche e funicolari nel centro città ed in Circonvallazione a

monte, e la Società Anonima dei Tramways Orientali21, che si prende

carico di realizzare e gestire il servizio di collegamento tra centro cittadino

e Val Bisagno e Levante, tramite l’utilizzo di omnibus e l’eventuale

adozione di nuovi tram elettrici o a vapore. La Val Polcevera, il Ponente e

parte del centro di Genova rimangono, dunque di pertinenza della

Francese22.

1.2.2. L’affermazione del tram elettrico

L’elettrificazione e l’unificazione del sistema tranviario avvengono, a

Genova, ad opera della tedesca Allgemeine Elektrizitäts Gesellschaft

(AEG).

Questa società, fondata e presieduta da Emil Rathenau, arriva nel

capoluogo ligure con una strategia industriale globale ed integrata, volta

alla costruzione di centrali elettriche, tranvie ed impianti di illuminazione

20 Ad opera di Francesco Giuseppe e Teodoro Bücher, albergatori residenti a Pegli e nativi di Kerns, in Svizzera. AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 85. 21 Un terzo delle azioni fanno capo alla Banque Liégeoise, che affianca alcuni azionisti genovesi, ovvero Erasmo Piaggio, la ditta Dufour e Bruzzo e la Banca di Genova. 22 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 66, 68.

25

CAPITOLO II (1880 – 1914)

elettrici. In quest’ottica viene promossa nel 1895 dalla AEG, insieme ad

alcuni istituti di credito tedeschi ed italiani, la costituzione della Bank für

elektrische Unternehmungen (Elektrobank), per reperire i capitali necessari,

per effettuare gli importanti investimenti previsti.

Nello stesso anno la società di Rathenau fonda la Officine Elettriche

Genovesi (OEG), che dovrà costruire a Genova le centrali termoelettriche e

provvedere alla distribuzione dell’energia generata da queste, dopo aver

stipulato il relativo contratto col comune.

Nel 1895, inoltre, AEG rileva la Società Genovese di elettricità, portando

avanti quindi la sua strategia di espansione.

Il passo successivo è la costituzione per iniziativa della Elektrobank,

sempre nel 1895, dell’Unione Italiana Tramways Elettrici (UITE), che

rileva subito mezzi, impianti e concessioni della Francese; l’anno

precedente AEG aveva acquistato la Società Ferrovie Elettriche e

Funicolari e la Società Tramways Orientali23.

Si viene dunque a creare, per la prima volta a Genova, un’effettiva

situazione di monopolio, sancito formalmente, nel 1901, con

l’incorporazione nella UITE della Società Ferrovie Elettriche e Funicolari e

della Società Tramways Orientali, precedentemente unificate.

23 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 69-71.

26

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Nel frattempo la UITE, forte dei finanziamenti della Elektrobank, si

impegna (acquistando dinamo, motori elettrici e vetture motrici

direttamente dalla AEG) nell’approntamento di una rete urbana ed

extraurbana organica ed elettrificata e dei necessari lavori edili, a questa

accessori24. Fra questi il più impegnativo è quello della costruzione della

galleria di Certosa, cominciata nel 1904, ponendo due cantieri alle

estremità del tracciato previsto per il tunnel ed impiegando per i lavori

circa 900 operai, provenienti in gran parte da altre regioni. Viene terminata

nel 1908 e permette, sottopassando la collina degli Angeli ed il Forte

Tenaglia, di collegare direttamente Genova (da via Venezia) con la Val

Polcevera (dalla Certosa di Rivarolo), evitando il passaggio obbligato per

Sampierdarena.

Nel 1911 la quasi totalità delle linee tranviarie risulta elettrificata, fra

cui, in Val Polcevera, già dal 1900 la direttrice Sampierdarena - Certosa -

Pontedecimo25 (15 km).26

Vengono istituite in Val Polcevera e nel Ponente, in base agli accordi tra

le varie amministrazioni comunali e la UITE, delle “tariffe operaie” in

24 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 74-76. 25 Da Caricamento le linee 5, 6 e 7 raggiungono rispettivamente Rivarolo, Bolzaneto e Pontedecimo attraverso Sampierdarena. Le linee 8, 9, 10 e 11 invece vengono deviate a Dinegro per la Galleria di Certosa. 26 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, pp. 40, 41, 45, 46.

27

CAPITOLO II (1880 – 1914)

determinate fasce orarie, che prevedono riduzioni di almeno il 30 % sul

costo del biglietto27.

La UITE consegue ottimi risultati economici, ma l’approvazione nel

1903, da parte del parlamento, della legge sulla municipalizzazione dei

servizi pubblici, inizia a creare le prime tensioni tra la società e

l’amministrazione genovese.

Nel 1912, infatti, il consiglio comunale approva una delibera di riscatto

di tutte le linee esercitate dalla UITE, confortata da un successivo

referendum. Non potendosi, però, permettere l’onere finanziario del

riscatto, l’amministrazione genovese giunge, nel 1914, ad un compromesso

con la società di trasporti: in sostanza l’azienda ha la garanzia di poter

continuare a svolgere il proprio servizio almeno fino al 192628.

27 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 78. 28DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, pp. 79, 80, 82, 83.

28

CAPITOLO II (1880 – 1914)

2. TRASFORMAZIONI ECONOMICHE E DINAMICHE

SOCIALI

2.1. LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE IN VAL POLCEVERA:

TRA SIDERURGIA, MECCANICA ED ATTIVITA’

TRADIZIONALI.

2.1.1. Le premesse: quadro sintetico di riferimento per l’economia

genovese

La fine del XIX secolo coincide con una fase di vero e proprio decollo

per l’economia genovese, giunto al termine di un lungo periodo di

preparazione.

Infatti, dopo l’annessione della Repubblica genovese al Regno di

Sardegna, sancita al Congresso di Vienna (1815), sono numerose le

iniziative, da parte del Governo sabaudo, volte al potenziamento dei

collegamenti tra Torino e Genova ed al rilancio del porto ligure e della sua

flotta mercantile.

29

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Nel 1823 viene ultimata la Strada Statale dei Giovi, mentre, trent’anni

dopo, si inaugura la linea ferroviaria Genova - Torino. La costruzione di

quest’ultima e della Genova - Voltri, si pone in stretta relazione con la

costituzione della Società in accomandita Gio. Ansaldo & C.1, la quale,

forte dell’appoggio del Presidente del Consiglio dei Ministri Camillo Benso

di Cavour, provvede alla fornitura del materiale rotabile e delle

locomotive2.

L’attivazione delle nuove infrastrutture terrestri, pur rivelandosi

determinante per la nascita dell’industria meccanica, non segna, però, una

sostanziale svolta nei traffici portuali.

In questo senso il vero impulso viene dato dal finanziere Raffaele De

Ferrari duca di Galliera che, nel 1875, dona al comune di Genova la

significativa somma di 20 milioni di lire, con lo scopo di realizzare una

serie di opere di ammodernamento del porto. I lavori, terminati nel 1888,

consegnano alla città uno scalo profondamente trasformato e rinnovato3.

Il conseguente aumento dei traffici marittimi determina l’insufficienza

della rete ferroviaria esistente e la costruzione della nuova “Succursale dei

Giovi”, che entra in funzione a partire dal 1889.

1 La società, che nasce nel 1853, rilevando lo stabilimento Metallurgico di Sampierdarena Taylor & Prandi, conta tra i suoi azionisti il finanziere Giacomo Filippo Penco (con 3/8 del capitale sociale), l’armatore Raffaele Rubattino (2/8), il banchiere Carlo Bombrini (2/8) e l’ingegnere Giovanni Ansaldo (1/8) ed occupa 480 addetti. AA.VV., Storia dell'Ansaldo, vol. 9, Laterza, Bari, 2003, p. 35. 2 POLEGGI E. CEVINI P., Genova, Laterza, Bari, 1981, pp. 181, 182. 3 POLEGGI E. CEVINI P., Genova, Laterza, Bari, 1981, p. 194.

30

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Questi avvenimenti, insieme al lento affermarsi della navigazione a

vapore ed alla politica di protezionismo attuata dal Governo sabaudo,

contribuiscono alla nascita dell’industria pesante a Genova.

2.1.2. L’affermarsi dell’industria siderurgica e metalmeccanica in Val

Polcevera

Se, in questa fase, i comuni del Ponente genovese (Sampierdarena,

Cornigliano, Sestri e Voltri) si pongono al centro di tali trasformazioni

economiche, ospitando stabilimenti meccanici, siderurgici e cantieristici, la

Val Polcevera gioca, invece, un ruolo ancora modesto.

Quest’area infatti presenta, fino ancora agli anni ’80, i caratteri di

un’economia preindustriale; la componente principale è quella agricola,

anche se accanto alle coltivazioni, alla raccolta della legna ed

all’allevamento del bestiame sono presenti alcune attività tessili (filature

della seta e dei bozzoli e lanifici) e molitorie, che sfruttano i torrenti

Polcevera, Secca, Verde e Riccò, quali forza motrice per i mulini ed i telai4.

4 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 29.

31

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Inoltre, il passaggio della Strada Statale dei Giovi favorisce, in una certa

misura, gli scambi commerciali, pur lasciando nel loro isolamento

economico le località collinari, maggiormente distanti dal Polcevera.

Il nuovo transito delle linee ferroviarie, completando l’opera di

collegamento tra Genova e Torino, mette la bassa e media Val Polcevera al

centro dei principali flussi economici liguri e piemontesi col porto; il

territorio, definitivamente uscito dalla precedente situazione di marginalità,

diventa oggetto di interesse da parte del capitale genovese, per accogliere

nuovi impianti industriali, anche grazie al costo relativamente più basso

delle vaste aree disponibili5.

A fianco ai primi opifici meccanici, quali la Società Canale a Rivarolo

(costituita nel 1847)6, le Fonderie Grondona a Pontedecimo (1864) e lo

Stabilimento Meccanico Simone Candelo (anni ’60, poi Fonderie Pittaluga

ed, in seguito, Tubettificio Ligure)7, si vengono ad insediare, a partire dagli

anni ’80, gli stabilimenti di alcuni importanti gruppi siderurgici, che

forniscono materiali per la costruzione di componenti per navi, vagoni

ferroviari ecc.

5 BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, pp. 99, 100. 6 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 33. 7 Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M.

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CAPITOLO II (1880 – 1914)

A Bolzaneto nasce, nel 1887, la Ditta Dufour e Bruzzo (dal 1901 Fratelli

Bruzzo Ferriera di Bolzaneto S.n.c.), la più antica ferriera d’Italia, che

impiega 107 operai (arriverà ad occuparne più di 1.000, nel 1912,

producendo 40.000 tonnellate di acciaio, il 4 % della produzione nazionale)

e che fornirà anche i laminati per la fabbricazione delle prime auto Alfa

Romeo8; le Acciaierie Italiane, costituite nel 1899 (con la partecipazione,

fra gli altri, della famiglia Piaggio e degli armatori Carlo Pastorino ed

Ignazio Florio), rilevano lo stabilimento Serapio di Bolzaneto; nel 1904

nasce la Ferriera Montanella o “del Riccò”, che subentra alla Fabbrica

Vittorio Rolla di Pontedecimo; la Società Ligure Metallurgica (del gruppo

Raggio) acquisisce, nel 1905 la ferriera Galliano di Bolzaneto9; negli stessi

anni viene fondata a Pontedecimo la Ferriera M. Sanguineti & C. (poi S.A.

Ferriera di Pontedecimo, successivamente confluita nella SIAC)10, mentre

le Officine elettromeccaniche del gruppo Piaggio si stabiliscono a Rivarolo,

aggiungendosi ad una serie di officine meccaniche della Società ferroviaria

del Mediterraneo di Genova, sparse tra Sampierdarena, Rivarolo e

Pontedecimo, che impiegano 277 lavoratori11.

8 Relazione di Roberto Tolaini al convegno Le imprese familiari -memorie e strategie, tenutosi a Genova, presso la Facoltà di Economia, il 27 maggio 2004. 9 DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II, Giuffrè editore, Milano, 1973, p. 196. 10 Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M. 11 Sito internet www.liguria.cgil.it.

33

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Dunque l’insediamento delle industrie pesanti di grandi dimensioni

avviene principalmente a Bolzaneto e, in misura minore, a Rivarolo,

generando, in breve tempo, il ramificarsi di un gran numero di imprese

minori terziarie di servizio; di scala più contenuta risultano, invece, gli

impianti di Pontedecimo, cui si affianca una serie di attività collaterali,

lungo la riva destra del Torrente Riccò: le Trafilerie e Punterie Liguri della

famiglia Bresciani, che impiegano 18 dipendenti, la F.I.L. (Fabbrica

Italiana Lamiere della famiglia Lercari) e lo Stabilimento Meccanico

Perino, società fondata nel 1894 da Francesco Perino, che si occupa della

costruzione di serrature ed oggettistica meccanica (per esempio casseforti)

e che, nel 1929, arriverà ad avere un propria fonderia, officine meccaniche

e laboratori di montaggio e collaudo, penetrando nei mercati nazionali ed

esteri12.

La fase di stabilizzazione della crescita del settore siderurgico (che in

questo periodo beneficia delle commesse da parte delle grandi compagnie

di navigazione, che devono far fronte ai crescenti flussi di emigranti)

coincide con la costituzione, nel 1911 a Genova, dell'ILVA, da parte di vari

gruppi italiani, che gestisce gli stabilimenti siderurgici delle società

precedentemente consorziate13.

12 Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M. 13 Sito internet www.liguria.cgil.it.

34

CAPITOLO II (1880 – 1914)

All’ILVA aderiscono la Società Ligure Metallurgica e, nel 1918, le

Acciaierie Italiane (lo stabilimento di Bolzaneto, che si estende su una

superficie di 9 ettari, occupa in quell’anno oltre 1.400 dipendenti), alle

quali sarà aggregata nel 1931, la fabbrica di refrattari di Bolzaneto della

Società Ligure Piemontese prodotti refrattari (la futura SANAC)14.

Agli inizi del Novecento un altro grande gruppo industriale registra un

nuovo assestamento: la famiglia Perrone, già da tempo azionista insieme ai

Bombrini, ottiene il controllo completo della S.A. Italiana Gio. Ansaldo &

C., aprendo così un ciclo di forte espansione, che avrà il suo culmine con

l’avvento della prima guerra mondiale15.

2.1.3. L’evoluzione delle produzioni tessili ed alimentari e il sorgere

dell’industria chimica

L’industria tessile, già presente in Val Polcevera dai primi del secolo

XIX, vede, dopo la crisi degli anni ’70, attuarsi una trasformazione nelle

modalità produttive. Va, infatti, sparendo la pratica del lavoro a domicilio,

regolato dal cottimo e le imprese iniziano ad assumere un carattere

industriale e meno legato alle condizioni ambientali, mediante l’utilizzo di

14 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 28. 15 AA.VV., Storia dell'Ansaldo, vol. 9, Laterza, Bari, 2003, pp. 42-44.

35

CAPITOLO II (1880 – 1914)

macchinari a vapore e, successivamente, elettrici, forniti dalla nascente

industria meccanica polceverasca.

Queste aziende, a differenza di quelle siderurgiche, sono diffuse in tutto

il territorio della valle e nascono dall’iniziativa di imprenditori genovesi,

ma anche di quelli locali e non godono di un particolare appoggio

finanziario pubblico.

Nel 1885 apre, ad Isoverde di Campomorone, lo Jutificio Andrea Costa,

che impiega 500 addetti, di cui oltre 300 sono donne16, con una

disponibilità di 1.800 fusi e 130 telai. A Rivarolo e a Teglia sorgono, nel

1882, gli stabilimenti del Cotonificio Figari e Bixio, il quale diventerà nel

1889, a seguito di fusioni, Cotonificio Italiano17. Negli stessi anni, ad

Arvigo frazione di Sant’Olcese, viene impiantata la Fratelli Cristoffanini,

che cura la lavorazione di tessuti speciali in lana, cotone, lino e canapa, con

cui produce articoli tecnici industriali, tele per velerie nautiche, tubi

speciali in tessuto per le industrie18. Negli anni ’80 è presente a San

Quirico la filanda di Giuseppe De Ferrari, con 30.000 fusi ed un migliaio di

operai; la ditta M. Dellepiane ha, invece, due stabilimenti, rispettivamente a

Campomorone ed a Pontedecimo19.

16 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 83. 17 DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II, Giuffrè editore, Milano, 1973, p. 22. 18 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 120. 19 DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II, Giuffrè editore, Milano, 1973, p. 21.

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CAPITOLO II (1880 – 1914)

Dopo la crisi nazionale del 1893, che conduce alla chiusura della

maggior parte delle imprese minori a conduzione artigianale, il settore

tessile continua ad attraversare periodi di instabilità (nel 1896, per esempio,

chiude dopo vent’anni di attività, la tessitura meccanica Ditta Vittorio e

Mario Cugini Samengo di Campomorone)20; con la successiva crisi del

1907, si apre una fase di assestamento e di profonda riorganizzazione,

determinata dalla forte concorrenza straniera, dall’obsolescenza degli

impianti e, forse da una politica economica nazionale non troppo

favorevole per il settore21.

Tuttavia, nonostante la succitata fase di instabilità, trova sviluppo un

comparto affine al precedente: la produzione industrializzata delle maglie

di cui sono esempi il maglificio Santo Dasso e figli, sorto nel 1890 a

Gazzolo di Pontedecimo ed a Ceranesi, il maglificio Sanguineti e

Demartini di Rivarolo (1906) ed il maglificio Michele Rolih di San

Quirico22. Questa nuova specializzazione industriale, inserita nella valle,

evidenzia un significativo fenomeno nell’evoluzione produttiva del settore:

si passa dalla fase del lavoro domiciliare, organizzato artigianalmente, ad

20 DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II, Giuffrè editore, Milano, 1973, p. 120. 21 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 45. 22 LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, pp. 115, 116.

37

CAPITOLO II (1880 – 1914)

una concentrazione della manodopera (per la maggioranza donne) sotto una

sola ditta e con una produzione a livello industriale.

Per quanto concerne il settore dell’industria alimentare, bisogna

segnalare che già da tempo sono presenti, in tutta la Val Polcevera, molte

piccole aziende a conduzione familiare, che sfruttano prevalentemente la

forza motrice idraulica, garantita dai molti mulini, presenti lungo il corso

del Polcevera e dei suoi affluenti23; a Pontedecimo, per esempio, sono

presenti il Pastificio Gallo con 25 dipendenti ed il biscottificio Angelo

Grondona (con 30 unità), a Ceranesi il pastificio Moisello, a Rivarolo

nasce, nel 1893, la pasticceria - confetteria Traverso, mentre il biscottificio

Preti si stabilisce a Sant’Olcese24, dove, inoltre, nel 1880 Luigi Parodi crea

il salumificio Parodi, che, seguito dal Salumificio Angela Cabella, si

specializza nelle produzioni di insaccati tipici locali, destinati ad avere una

forte eco a livello regionale.

Accanto a queste attività prevalentemente artigianali (alcune di queste

aggiorneranno le proprie modalità di produzione, altre usciranno di scena),

iniziano a sorgere col nuovo secolo, principalmente nella bassa Val

Polcevera, nuovi stabilimenti industriali, facenti capo ad importanti gruppi

23 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 23, 32. 24 Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M.

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CAPITOLO II (1880 – 1914)

nel campo della raffinazione degli zuccheri e del settore alimentare in

genere.

A Rivarolo sono presenti la Raffineria Italiana di Zuccheri (1881 fusa

poi nella Ligure Lombarda), i docks internazionali della Società Ligure

Lombarda per la Raffinazione degli Zuccheri (1898), i modernissimi

Molini Alta Italia (1904), la società milanese Molini Certosa (a Teglia dal

1904) e gli Oleifici Nazionali di Gerolamo Gaslini, che costruiscono qui,

nel 1909, un nuovo e moderno stabilimento, in aggiunta a quello di

Bolzaneto25.

Infine a Fegino, alla fine dell’Ottocento si insedia la Fabbrica della Birra

Cervisia, il cui impianto comprende una parte esterna con servizio di

ristorazione (lo Chalet Cervisia), destinato anche alla pubblicizzazione del

prodotto, iniziando a costituire un elemento di concorrenza al tradizionale

consumo di vino26.

Per concludere, esaminando il quadro economico della Val Polcevera,

notiamo un primo sviluppo dell’industria chimica27, in particolare nella

bassa valle, pur con qualche eccezione: nel 1901 Orazio Brignola, poco più

che ventenne, fa confluire a Mignanego una serie di stabilimenti,

25 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 37, 45 e DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II, Giuffrè editore, Milano, 1973, p.13, 245. 26 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 17.

39

CAPITOLO II (1880 – 1914)

precedentemente disseminati nella provincia genovese, creando il

Colorificio Orazio Brignola S.p.A., adibito alla preparazione della biacca di

piombo; quest’azienda, assieme al Maglificio Santo Dasso, pone

un’alternativa all’occupazione nel settore agricolo, nella parte più

settentrionale della Val Polcevera28.

Viceversa, a Rivarolo, sorge dalla fine del XIX secolo uno stabilimento

della Stearineria Italiana, assorbita nel 1907 dalla Unione Stearinerie Lanza

di Torino (poi Mira Lanza), che produce stearine, candele ecc., occupando

oltre 100 dipendenti29.

Non bisogna, comunque, dimenticare, la presenza dell’attività estrattiva,

che ha sede principale nelle cave di marmo verde del Polcevera a

Pietralavezzara di Campomorone, dove, fino ancora a fine Ottocento, le

due ditte concessionarie delle miniere, la Giuseppe Raffo e la Nicola

Rebora, applicano sistemi rudimentali di estrazione e lavorazione delle

lastre di pietra.

Solamente a partire dal 1907, la Raffo inizia ad utilizzare impianti di

segheria idraulica, fili elicoidali per la quadratura e macchinari per la

27 Erano presenti, già ai primi dell’Ottocento, piccole realtà, come, ad esempio, le concerie di Borzoli, tra cui, a Fegino, quella impiantata da Francesco Campostano nel 1850. LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 18. 28 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 43, 49. 29 DORIA G., Investimenti e sviluppo economico a Genova alla vigilia della prima guerra mondiale, vol. II, Giuffrè editore, Milano, 1973, p. 415.

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CAPITOLO II (1880 – 1914)

lucidatura30. Negli stessi anni è presente, a Pontedecimo, la Nitrum Società

Ligure Lombarda per la Raffinazione dello Zolfo, passata dal 1896 a

Giorgio Gazzo, che occupa 47 dipendenti31.

2.2. LE CONDIZIONI LAVORATIVE E LE PRIME LOTTE

OPERAIE.

I radicali mutamenti nella vita economica della bassa e media Val

Polcevera, si riflettono anche sul tessuto sociale, che fino alla seconda metà

del XIX secolo, è composto in larga maggioranza da agricoltori (occupati

anche nei terreni di pertinenza delle molte ville patrizie di villeggiatura), da

allevatori e da un ristretto numero di commercianti locali.

La forza lavoro impiegata nelle modeste manifatture preindustriali

(spesso donne attive nel settore tessile) non costituisce certo una classe

lavoratrice consapevole, dal momento che spesso l’attività viene svolta a

domicilio, senza un vero luogo di aggregazione, quale la fabbrica; inoltre il

lavoro negli opifici risulta talvolta stagionale, volto ad integrare il reddito,

garantito dall’occupazione nei campi, durante i restanti mesi dell’anno.

30 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 90. 31 LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, p. 75 e Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M.

41

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Gli sviluppi della nuova industria, specie quella siderurgica e meccanica

di grandi dimensioni, insieme coi flussi migratori, in particolare di

manovali e tecnici piemontesi del personale ferroviario, consentono il salto

di qualità, incidendo nella formazione dei primi movimenti operai32.

Nel 1895 si costituisce, a Sampierdarena, la Camera del Lavoro di

Genova, che istituirà, alla fine della seconda guerra mondiale, una propria

succursale anche a Bolzaneto; nel 1903 nasce la Federazione Italiana

Operai Metallurgici (FIOM)33, mentre a Pontedecimo, già dal 1872, è attiva

la Società Operaia di Mutuo Soccorso “La Fratellanza”, movimento di

ispirazione mazziniana e solidaristica, che nel 1904 appoggia i primi

scioperi alla Ferriera Bruzzo e ne promuove il sostegno da parte della

popolazione polceverasca34.

Le condizioni lavorative nell’industria pesante sono molto dure. Oltre

alla pericolosità degli impieghi e alla assoluta mancanza di norme di

sicurezza, si aggiungono gli orari sfiancanti (anche 12 - 14 ore al giorno,

per 6 giornate alla settimana) ed il basso salario, pagato a cottimo (appena

11,5 lire ogni tonnellata prodotta)35.

32 DEL CANTO M., 120 anni di Fratellanza, Stamp. Edit. Brigati Glauco, Genova, 1992, p. 20 e LAMPONI M., La storia di Rivarolo Ligure, Valenti, Genova, 1975, pp. 73, 74. 33 Sito internet www.liguria.cgil.it. 34 DEL CANTO M., 120 anni di Fratellanza, Stamp. Edit. Brigati Glauco, Genova, 1992, p. 19, 27. 35 PERILLO G. GIBELLI C., Storia della Camera del lavoro, vol. I – Dalle origini alla seconda guerra mondiale, Editrice Sindacale Italiana, Roma 1980, pp. 109, 110.

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CAPITOLO II (1880 – 1914)

Pare significativo citare, a titolo esemplificativo, una vertenza del 1903,

che vede al centro lo stabilimento di Bolzaneto della Società Acciaierie

Italiane.

In quell’anno vi lavorano circa 800 addetti, impegnati nella laminazione

del ferro e dell’acciaio, con una giornata lavorativa di 12 ore; i laminatori

terminano la propria attività, intorno ai 45–50 anni, , perché privi di

energie.

La direzione dello stabilimento decide di attuare una forte riduzione

delle tariffe per i laminatori del “treno piccolo”. Infatti, in luogo di un

forno, ne apre due e stabilisce che ogni operaio, per avere diritto al

pagamento della tariffa media, debba laminare 15 tonnellate di ferro o

acciaio e non più 7.

Dopo un periodo di prova, in seguito alle proteste da parte delle

maestranze, la direzione propone di ridurre il quantitativo a 13 tonnellate,

in caso contrario la tariffa sarebbe stata ridotta alla metà. Gli operai

accettano in via di prova, ma si trovano nuovamente nell’impossibilità di

raggiungere tale obiettivo.

Si crea, dunque, un muro contro muro, seguito dalla serrata parziale dello

stabilimento, da parte della direzione, che comporta l’inattività di 160

laminatori. Intervengono, infine, nella vertenza la Camera del Lavoro di

Sampierdarena e la FIOM, che ottengono la cessazione della serrata,

43

CAPITOLO II (1880 – 1914)

mentre gli operai devono sottostare al nuovo sistema produttivo e salariale

imposto loro.

2.3. I DATI SULLE IMPRESE: IL PRIMO CENSIMENTO

INDUSTRIALE DEL 1911.

2.3.1. Una panoramica sulla Val Polcevera

Un quadro analitico sulla situazione del settore industriale della valle, ai

primi del Novecento, è ricostruibile con uno studio dei dati desunti dal

primo censimento nazionale degli opifici e delle imprese industriali del

1911 (si vedano le tabelle IV e V alle pagg. 51 e 52).

Scorrendo i valori, ci si rende conto del notevole peso economico di

quest’area, con le sue differenziazioni interne, già accennate prima.

Le 446 imprese presenti sul territorio sono riconducibili per il 57,6 % al

comparto agroalimentare, per il 12,3 % al siderurgico, per il 10,8 % al

tessile, per il 10,5 % alla lavorazione dei minerali e costruzioni edilizie,

stradali e idrauliche, per il 6,3 % al chimico, per l’1,3 % alle industrie

estrattive e infine per appena l’1,1 % ai servizi collettivi. Analizzando i dati

concernenti l’alta valle, spicca un valore percentuale del comparto

44

CAPITOLO II (1880 – 1914)

agroalimentare maggiore dell’omologo dato relativo all’intera Val

Polcevera, a scapito di tutti gli altri ambiti economici. Il fenomeno

esattamente inverso si registra, invece, nella bassa e media valle.

Se però andiamo a vedere come si distribuisce la forza lavoro in tutta la

Val Polcevera, che ammonta a 10.496 unità, notiamo che è occupata per il

37,3 % nella siderurgia, per il 23 % nel tessile, per il 21,9 %

nell’agroalimentare, per l’8,3 % nella lavorazione dei minerali e nelle

costruzioni, per l’8 % nel chimico, per l’1 % nelle industrie e servizi per

bisogni collettivi generali e soltanto per lo 0,5 % nelle industrie estrattive.

Analogamente a quanto riscontrato nei dati sulle imprese, nell’alta valle

prevale il numero degli occupati nel settore agroalimentare e soprattutto nel

tessile a scapito, in particolare, del siderurgico, mentre lungo il medio e

basso corso del Polcevera l’industria pesante guadagna punti percentuali,

rispetto ai valori dell’intera valle, specialmente a spese dell’industria

tessile.

Nella bassa e media valle su un totale di 317 imprese, 167 operano nel

campo agroalimentare (produttori di birra, oleifici, pastifici, biscottifici,

conserve), occupando 1.832 persone, mentre nelle sole 44 del settore

siderurgico (acciaierie, ferriere, fonderie) lavorano ben 3.864 dipendenti

ed è presente il 61,6 % della forza motrice dei motori di quest’area. E’

chiaro che questo è dovuto alle maggiori dimensioni degli impianti

45

CAPITOLO II (1880 – 1914)

dell’industria pesante. Le industrie del tessile registrano un maggior

numero medio di lavoratori per fabbrica, rispetto al comparto alimentare,

ma comunque sempre inferiore rispetto al ramo siderurgico.

Scendendo nel dettaglio, mentre Bolzaneto deve il suo grande sviluppo

sostanzialmente a poche grandi acciaierie e ferriere che occupano l’84 %

della sua manodopera, gli altri centri della media e bassa valle mostrano un

tessuto economico più vario. Borzoli e San Quirico presentano infatti una

distribuzione più uniforme della manodopera nei diversi comparti. A

Pontedecimo la forza lavoro è occupata principalmente in un buon numero

di piccole fonderie e ferriere e in molti piccoli e medi cotonifici e lanifici.

Rivarolo Ligure vede invece la maggior parte della propria manodopera

inserita nelle tante piccole realtà dell’agroalimentare (997 lavoratori) ed in

molte medie e piccole industrie siderurgiche (890). Notevole importanza

rivestono poi le industrie del chimico, del tessile e delle costruzioni.

Nell’alta Val Polcevera le imprese sono soltanto 129, di cui 90 nel

settore alimentare danno lavoro a 468 persone, mentre le 9 del tessile

occupano 1.056 unità. In totale, nell’area in questione, si registrano appena

1.732 lavoratori nell’industria nel suo complesso, contro gli 8.764 della

bassa e media valle (dove Rivarolo ne occupa 3.428 e Bolzaneto 2.261).

Mignanego e Serra Riccò poi mostrano segni di una forte arretratezza

economica, con poche decine di lavoratori ciascuna, impegnati quasi

46

CAPITOLO II (1880 – 1914)

esclusivamente nell’agroalimentare (è presente una piccola azienda anche

nel tessile, a Mignanego).

Negli stessi due settori industriali si concentra la maggior parte della

forza lavoro di Sant’Olcese, Ceranesi e Campomorone. Quest’ultima, in

particolare, occupa ben 785 lavoratori, prevalentemente immigrati, in sole

tre aziende tessili (è presente il grande Jutificio Costa) e registra, nel

complesso, una manodopera di ben 1.079 unità, dimostrandosi così l’unica

realtà economicamente significativa tra le zone più interne della vallata.

Sempre in questo comune, nella frazione di Isoverde, sono situati gli

impianti dell’Acquedotto De Ferrari-Galliera, che tramite le dinamo

producono energia elettrica sufficiente per quasi l’intera Val Polcevera.

2.3.2. Due moderni agglomerati urbani: alcune considerazioni su

Rivarolo Ligure e Bolzaneto

Nel già citato primo censimento nazionale degli opifici del 1911

Rivarolo Ligure e Bolzaneto sono inserite nella categoria “comuni

industrialmente più importanti”, insieme ai centri del ponente genovese, e

censite in maniera più analitica (si vedano le tabelle VI, VII, VIII, IX, X,

XI, XII, XIII, XIV e XV alle pagg. 53, 54, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61 e 62).

47

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Da questo studio emergono caratteri comuni tra i due centri, cioè una

maturazione economica, sociale e urbana riscontrabile tipicamente nelle

zone in piena rivoluzione industriale, ma anche notevoli differenze.

Rivarolo, infatti, pur contando 3.428 abitanti impiegati nell’industria

contro i 2.261 di Bolzaneto, ne ha relativamente meno di quest’ultima, se

rapportati alle rispettive popolazioni (150 addetti ogni 1.000 abitanti,

contro 229).

Anche il maggior numero assoluto di imprese a Rivarolo (134 contro 36)

si ridimensiona nel dato relativo (6 ogni 1.000 abitanti contro 4 a

Bolzaneto).

Si consolida così l’immagine di una Bolzaneto meno abitata di Rivarolo,

ma con un alto numero di grandi imprese, attive soprattutto nel campo

siderurgico (settore che occupa l’84,1 % della popolazione di Bolzaneto

attiva nell'industria). Una cittadina tendenzialmente monosettoriale ed

operaia: solo il 2,2 % della forza lavoro è costituita da impiegati e l’1,6 %

da imprenditori o dirigenti. Inoltre la componente femminile pesa per

appena il 4,6 % del totale della manodopera e risulta concentrata

prevalentemente nel comparto agroalimentare e anche nel tessile.

Rivarolo, invece, presenta una realtà economica multiforme, con molte

imprese di piccole, medie e grandi dimensioni, attive in tutti settori (con il

29 % della manodopera occupato nell’agroalimentare, più del triplo del

48

CAPITOLO II (1880 – 1914)

rispettivo dato percentuale di Bolzaneto). La forza lavoro si distribuisce

omogeneamente fra i diversi comparti e ben il 12,9 % di questa è occupata

in piccole aziende con meno di 11 dipendenti ciascuna (contro il 4,4 %

rilevato a Bolzaneto). Inoltre la classe lavoratrice si compone per quasi il 5

% di impiegati e per il 4,4 % di imprenditori o dirigenti e le donne

rappresentano quasi il 18 % degli addetti all’industria, con particolare

rilievo nelle aziende tessili, alimentari, ma anche chimiche.

Di certo non si può parlare di una società con una forte componente

borghese, ma risulta essere una realtà maggiormente stratificata rispetto

alla proletaria Bolzaneto.

L’ultimo tema che desideriamo trattare è quello del lavoro dei fanciulli.

Quasi il 3 % degli operai di Bolzaneto ha meno di 15 anni. Si tratta per la

maggior parte di maschi, occupati soprattutto nelle grandi industrie

siderurgiche, di lavorazione dei minerali e di costruzioni: i lavori più duri,

nello svolgimento dei quali i fanciulli svolgono mansioni da garzoni e da

apprendisti. Le femmine sono, invece, tutte impiegate nelle medie aziende

tessili.

A Rivarolo la percentuale del lavoro infantile tra gli operai risulta di

oltre il 6 % , con una assoluta parità tra maschi e femmine. Si tratta di

lavori leggermente più sopportabili: la maggior parte dei maschi è occupata

nelle piccole imprese agroalimentari e nelle medie aziende tessili, dove

49

CAPITOLO II (1880 – 1914)

anche le ragazzine trovano per lo più impiego, senza però dimenticare la

loro consistente presenza nelle industrie chimiche di medie dimensioni.

Anche questi ultimi dati concorrono a fornire un’idea più precisa delle

differenti condizioni di vita tra i due comuni della bassa valle e della loro

diversa composizione sociale.

50

IV. DATI RIASSUNTIVI CONCERNENTI IL NUMERO, IL PERSONALE E LA FORZA MOTRICE DELLE IMPRESE CENSITE, CLASSIFICATE SECONDO UNA SCALA RIDOTTA DELLE INDUSTRIE IN VAL POLCEVERA (1911). DATI ASSOLUTI.

Fonte (per le tabelle IV e V): MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1913 – 1916; vol. 1 (1913): pp. 104, 105.

Industrie estrattive del sottosuolo

Industrie che lavorano e

utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

Industrie che lavorano e

utilizzano i metalli (non I. chimiche)

Industrie che lavorano minerali

(no estrazione metalli) e

Costruzioni

Industrie che lavorano e

utilizzano fibre tessili

Industrie chimiche Industrie e Servizi

per bisogni collettivi generali

IN COMPLESSO

a b c a b c a b c a b c a b c a b c a b c a b c a) Numero delle imprese censite b) Numero delle persone occupate c) Forza motrice in cavalli dinamici

Bolzaneto * 1 4 23 201 5 6 1.902 2.518 2 104 65 2 41 2 9 50 36 2.261 2.638

Borzoli * 1 29 16 19 375 152 5 344 29 3 153 150 5 249 110 6 128 226 39 1.278 683

Pontedecimo * 15 98 54 13 648 477 9 66 50 10 346 41 2 8 49 1.166 622

Rivarolo Ligure * 78 997 10 13 890 90 13 441 17 543 84 10 495 217 3 62 272 134 3.428 673

San Quirico in ValPolcevera * 32 161 180 7 80 79 9 44 5 183 252 6 163 55 59 631 566

Campomorone 4 19 18 184 151 4 12 8 39 16 3 785 95 2 40 5.000 39 1.079 5.262 Ceranesi 27 120 108 1 30 60 2 15 4 192 252 1 26 16 35 383 436 Mignanego 8 18 3 5 1 14 2 1 9 28 13 46 30 Sant'Olcese 27 89 24 2 3 1 8 25 1 65 51 31 165 100 Serra Riccò 10 57 1 1 2 11 59 1

TOTALE VALPOLCEVERA 6 52 16 257 2.300 685 55 3.916 3.253 47 870 306 48 2.418 887 28 838 592 5 102 5.272 446 10.496 11.011

TOTALE BASSA E MEDIA VALLE 2 33 16 167 1.832 401 44 3.864 3.193 36 808 265 39 1.362 487 26 803 548 3 62 272 317 8.764 5.182

TOTALE ALTA VALLE 4 19 0 90 468 284 11 52 60 11 62 41 9 1.056 400 2 35 44 2 40 5.000 129 1.732 5.829

V. DATI RIASSUNTIVI CONCERNENTI IL NUMERO, IL PERSONALE E LA FORZA MOTRICE DELLE IMPRESE CENSITE, CLASSIFICATE SECONDO UNA SCALA RIDOTTA DELLE INDUSTRIE IN VAL POLCEVERA (1911). DATI RELATIVI.

Industrie

estrattive del sottosuolo

Industrie che lavorano e

utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

Industrie che lavorano e

utilizzano i metalli (non I. chimiche)

Industrie che lavorano minerali

(no estrazione metalli) e

Costruzioni

Industrie che lavorano e

utilizzano fibre tessili

Industrie chimiche

Industrie e Servizi per bisogni

collettivi generali IN COMPLESSO

a b C a b c a b c a b c a b c a b c a b c a b c

a) Percentuale delle imprese censite sul tot. del comune b) Percentuale delle persone occupate sul tot. del comune c) Percentuale della Forza motrice in CV din. sul tot. del comune

Bolzaneto * 2,8 0,2 0,0 63,9 8,9 0,2 16,7 84,1 95,5 5,6 4,6 2,5 5,6 1,8 0,0 5,6 0,4 1,9 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0

Borzoli * 2,6 2,3 2,3 48,7 29,3 22,3 12,8 26,9 4,2 7,7 12,0 22,0 12,8 19,5 16,1 15,4 10,0 33,1 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0

Pontedecimo * 0,0 0,0 0,0 30,6 8,4 8,7 26,5 55,6 76,7 18,4 5,7 8,0 20,4 29,7 6,6 4,1 0,7 0,0 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0

Rivarolo Ligure* 0,0 0,0 0,0 58,2 29,1 1,5 9,7 26,0 13,4 9,7 12,9 0,0 12,7 15,8 12,5 7,5 14,4 32,2 2,2 1,8 40,4 100,0 100,0 100,0

San Quirico in ValPolcevera * 0,0 0,0 0,0 54,2 25,5 31,8 11,9 12,7 14,0 15,3 7,0 0,0 8,5 29,0 44,5 10,2 25,8 9,7 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0

Campomorone 10,3 1,8 0,0 46,2 17,1 2,9 10,3 1,1 0,0 20,5 3,6 0,3 7,7 72,8 1,8 0,0 0,0 0,0 5,1 3,7 95,0 100,0 100,0 100,0

Ceranesi 0,0 0,0 0,0 77,1 31,3 24,8 2,9 7,8 13,8 5,7 3,9 0,0 11,4 50,1 57,8 2,9 6,8 3,7 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0

Mignanego 0,0 0,0 0,0 61,5 39,1 0,0 23,1 10,9 0,0 0,0 0,0 0,0 7,7 30,4 6,7 7,7 19,6 93,3 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0

Sant'Olcese 0,0 0,0 0,0 87,1 53,9 24,0 6,5 1,8 0,0 3,2 4,8 25,0 3,2 39,4 51,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0

Serra Riccò 0,0 0,0 0,0 90,9 96,6 100,0 9,1 3,4 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 0,0 100,0 100,0 100,0

TOTALE VALPOLCEVERA 1,3 0,5 0,1 57,6 21,9 6,2 12,3 37,3 29,5 10,5 8,3 2,8 10,8 23,0 8,1 6,3 8,0 5,4 1,1 1,0 47,9 100,0 100,0 100,0

TOTALE BASSA E MEDIA VALLE 0,6 0,4 0,3 52,7 20,9 7,7 13,9 44,1 61,6 11,4 9,2 5,1 12,3 15,5 9,4 8,2 9,2 10,6 0,9 0,7 5,2 100,0 100,0 100,0

TOTALE ALTA VALLE 3,1 1,1 0,0 69,8 27,0 4,9 8,5 3,0 1,0 8,5 3,6 0,7 7,0 61,0 6,9 1,6 2,0 0,8 1,6 2,3 85,8 100,0 100,0 100,0

VI. DATI ASSOLUTI E RELATIVI SU IMPRESE, MOTORI E PERSONE OCCUPATE CENSITI A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).

BOLZANETO RIVAROLO LIGURE

Popolazione residente 9.852 22.874

Imprese 36 134

Cavalli dinamici 2.638 673

NU

ME

RI A

SS

OL

UT

I

Persone occupate 2.261 3.428

Imprese ogni 1000 abitanti 4 6

Cavalli dinamici ogni 1000 abitanti 268 29

Persone occupate ogni 1000 abitanti 229 150

Numero medio dei Cavalli dinamici nelle

imprese censite 73 5

NU

ME

RI R

EL

AT

IVI

Numero medio delle persone occupate nelle

imprese censite 63 26

Fonte: MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1913 – 1916; vol. 5 (1916): p. 30.

VII. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL NUMERO DELLE IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO AL MASSIMO 10 PERSONE, OLTRE IL PADRONE O DIRETTORE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).

il cui lavoro di solito

che di solito ricevono commissioni di

lavoro direttamente da è sospeso annualmente per

NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE

in complesso

che impiegano

motori meccanici

altri industriali Commercianti consumatori

continua tutto l'anno al massimo 3

mesi da 3 a 6 mesi

Industrie estrattive del sottosuolo 1 1 1 Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

20 6 20 20

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 3 1 2 3

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

1 1 1 1

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 1 1 1

Industrie chimiche 2 2 2 1 1

BO

LZA

NET

O

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 28 10 0 0 27 27 0 1

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

68 19 68 62 6

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 10 2 1 9 7 3

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

1 1 1

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 12 2 1 11 7 3 2

Industrie chimiche 5 1 1 4 3 2 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 2 2 2 2

RIV

AR

OLO

LIG

UR

E

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE 98 26 2 1 95 82 14 2

Fonte (per le tabelle VII, VIII e IX): ITALIA - MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1913 – 1916; vol. 2 (1914): pp. 60, 61.

VIII. DATI ANALITICI CONCERNENTI LA FORZA MOTRICE DELLE IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO AL MASSIMO 10 PERSONE, OLTRE IL PADRONE O DIRETTORE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).

PERSONE OCCUPATE Operai

Padroni, capi,

direttori Membri delle famiglie

dei padroni Maschi di età Femmine di età

NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE

in complesso

Maschi Femmine Maschi FemmineTotale inferiore ai

15 anni superiore ai

15 anni inferiore ai

15 anni superiore ai 15 anni

Industrie estrattive del sottosuolo 4 1 2 1 1 Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

64 21 1 9 1 32 3 29

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 16 3 13 5 8

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

3 1 1 1 1

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 4 1 3 3

Industrie chimiche 9 2 7 7

BO

LZA

NET

O

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 100 29 1 12 1 57 8 46 0 3

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

283 74 2 37 7 163 33 105 7 18

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 33 10 1 6 16 4 12

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

4 1 3 3

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 74 9 3 3 10 49 4 10 12 23

Industrie chimiche 28 5 1 3 19 7 3 9 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 19 2 4 1 12 1 3 8

RIV

AR

OLO

LIG

UR

E

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE 441 101 6 51 21 262 42 140 22 58

IX. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL PERSONALE DELLE IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO AL MASSIMO 10 PERSONE, OLTRE IL PADRONE O DIRETTORE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).

PERSONE OCCUPATE Operai

Padroni, capi,

direttori Membri delle famiglie

dei padroni Maschi di età Femmine di età

NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE

in complesso

Maschi Femmine Maschi Femmine Totale inferiore ai

15 anni superiore ai 15 anni

inferiore ai 15 anni

superiore ai 15 anni

Industrie estrattive del sottosuolo 4 1 2 1 1 Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

64 21 1 9 1 32 3 29

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 16 3 13 5 8

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

3 1 1 1 1

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 4 1 3 3

Industrie chimiche 9 2 7 7

BO

LZA

NET

O

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 100 29 1 12 1 57 8 46 0 3

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

283 74 2 37 7 163 33 105 7 18

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 33 10 1 6 16 4 12

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

4 1 3 3

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 74 9 3 3 10 49 4 10 12 23

Industrie chimiche 28 5 1 3 19 7 3 9 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 19 2 4 1 12 1 3 8

RIV

AR

OLO

LIG

UR

E

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE 441 101 6 51 21 262 42 140 22 58

X. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL NUMERO DELLE IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO PIU’ DI 10 PERSONE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).

IMPRESE appartenenti

a società commerciali con capitale

NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE

in complesso

che impiegano motori meccanici

diviso in azioni non diviso in azioni

ad altre ditte private allo Stato, a Province, a Comuni, a fondazioni

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca 3 3 2 1

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 3 3 1 1 1

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche 1 1 1

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 1 1 1 B

OLZ

AN

ETO

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 8 8 2 3 3 0

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca 10 9 3 1 6

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 3 3 1 2

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche 12 4 2 2 8

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 5 5 1 2 2

Industrie chimiche 5 5 4 1 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 1 1 1 R

IVA

RO

LO L

IGU

RE

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE 36 27 12 5 17 2

Fonte (per le tabelle X, XI e XII): MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1913 – 1916; vol. 3 (1914): pp. 28, 29, 30, 31.

XI. DATI ANALITICI CONCERNENTI LA FORZA MOTRICE DELLE IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO PIU’ DI 10 PERSONE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).

MOTORI elettrici con energia

in complesso (esclusi gli

elettrici) idraulici a vapore a gas

ad alcool, benzina, petrolio, olii pesanti, vento

prodotta e consumata nelle I.

ove funzionano

Non prodotta ma consumata nelle I.

ove funzionano

NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza

[CV din.] Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza

[CV din.] Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza

[CV din.] Numero Potenza [CV din.]

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

0 0 5 75

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 7 2.498 4 2.000 2 418 1 80 5 399 3 300

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

1 65 1 65 1 3

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 0 0 2 5

BO

LZA

NET

O

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 8 2.563 0 0 5 2.065 2 418 1 80 5 399 11 383

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

0 0 95 1.015

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 3 90 2 30 1 60 1 24 126 497

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

0 0 4 20

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 25 84 20 5 5 79 5 28

Industrie chimiche 6 212 6 212 2 32 2 2 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 1 2 1 2

RIV

AR

OLO

LIG

UR

E

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE

35 388 22 35 13 353 0 0 0 0 3 56 232 1.562

XII. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL PERSONALE DELLE IMPRESE CENSITE, CHE OCCUPANO PIU’ DI 10 PERSONE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).

PERSONE OCCUPATE Operai

Padroni, capi, direttori

Impiegati (non appartenenti alla

famiglia dei padroni)

Membri delle famiglie dei padroni Maschi di età Femmine di età

NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE

in complesso

Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi FemmineTotale

inferiore ai 15 anni

superiore ai 15 anni

Inferiore ai 15 anni

superiore ai 15 anni

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

137 3 9 2 123 1 57 65

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 1.886 2 34 1.850 24 1.825 1

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

101 1 4 96 20 76

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 37 1 1 2 33 3 10 20

BO

LZA

NET

O

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 2.161 7 0 48 2 0 2 2.102 45 1.961 10 86

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

714 12 30 1 8 1 662 7 559 96

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 857 3 70 6 778 770 8

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

437 15 19 3 400 10 390

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 469 7 5 2 1 454 28 146 52 228

Industrie chimiche 467 6 30 2 2 427 6 310 18 93 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 43 1 7 35 35

RIV

AR

OLO

LIG

UR

E

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE

2.987 44 0 161 9 15 2 2.756 51 2.210 70 425

XIII. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL NUMERO DI TUTTE LE IMPRESE CENSITE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).

IMPRESE il cui lavoro di solito è sospeso annualmente per NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE

in complesso che impiegano motori meccanici continua tutto

l'anno al massimo 3 mesi da 3 a 6 mesi

Industrie estrattive del sottosuolo 1 1

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca 23 9 23

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 6 4 6

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche 2 2 2

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 2 1 2

Industrie chimiche 2 2 1 1

BO

LZA

NET

O

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 36 18 35 0 1

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca 78 28 72 6

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 13 5 10 3

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche 13 4 13

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 17 7 12 3 2

Industrie chimiche 10 6 8 2 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 3 3 3 R

IVA

RO

LO L

IGU

RE

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO LIGURE 134 53 118 14 2

Fonte (per le tabelle XIII, XIV e XV): MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento degli opifici e delle imprese industriali al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1913 – 1916; vol. 4 (1914): pp. 30, 31, 32, 33.

XIV. DATI ANALITICI CONCERNENTI LA FORZA MOTRICE DI TUTTE LE IMPRESE CENSITE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).

MOTORI elettrici con energia

In complesso (esclusi gli

elettrici) idraulici a vapore a gas

ad alcool, benzina, petrolio, olii pesanti, vento

prodotta e consumata nelle I.

ove funzionano

prodotta ma non consumata nelle I.

ove funzionano

non prodotta ma consumata nelle I.

ove funzionano

NELLE CATEGORIE DI

INDUSTRIE Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza

[CV din.] Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza

[CV din.] Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza

[CV din.] Numero Potenza [CV din.] Numero Potenza

[CV din.] Industrie estrattive 0 0

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

1 5 1 5 10 96

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 8 2.518 5 2.020 2 418 1 80 5 399 3 300 Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

1 65 1 65 2 8

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 0 0 2 5

Industrie chimiche 1 50 1 50 1 3

BO

LZA

NET

O

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO

11 2.638 1 50 6 2.085 3 423 1 80 5 399 0 0 18 412

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

3 10 3 10 114 1.103

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 3 90 2 30 1 60 1 24 129 502

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

0 0 4 20

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 25 84 20 5 5 79 7 30

Industrie chimiche 7 217 6 212 1 5 2 32 2 2 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 5 272 2 100 3 172 4 230 2 2

RIV

AR

OLO

LIG

UR

E

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO 43 673 27 145 15 523 1 5 0 0 3 56 4 230 258 1.659

XV. DATI ANALITICI CONCERNENTI IL PERSONALE DI TUTTE LE IMPRESE CENSITE A BOLZANETO E RIVAROLO LIGURE (1911).

PERSONE OCCUPATE

Operai

Padroni, capi, direttori

Impiegati (non appartenenti alla

famiglia dei padroni) Membri delle

famiglie dei padroni Maschi di età Femmine di età

NELLE CATEGORIE DI INDUSTRIE

in complesso

Maschi Femmine Maschi Femmine Maschi FemmineTotale inferiore

ai 15 annisuperiore ai 15 anni

inferiore ai 15 anni

superiore ai 15 anni

Industrie estrattive del sottosuolo 4 1 2 1 1 Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

201 24 1 9 2 9 1 155 4 86 65

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 1.902 5 34 1.863 29 1.833 1

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

104 2 4 1 97 20 77

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 41 2 1 2 36 3 10 23

Industrie chimiche 9 2 7 7

BO

LZA

NET

O

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI BOLZANETO 2.261 36 1 48 2 12 3 2.159 53 2.007 10 89

Industrie che lavorano e utilizzano prodotti di agricoltura, caccia e pesca

997 86 2 30 1 45 8 825 40 664 7 114

Industrie che lavorano e utilizzano metalli 890 13 1 70 6 6 794 4 782 8

Industrie che lavorano minerali e costruzioni edilizie, stradali, idrauliche

441 16 19 3 403 10 393

Industrie che lavorano e utilizzano fibre tessili 543 16 3 5 5 11 503 32 156 64 251

Industrie chimiche 495 11 30 2 3 3 446 6 317 21 102 Industrie corrispondenti a bisogni collettivi 62 3 7 4 1 47 1 38 8

RIV

AR

OLO

LIG

UR

E

NEL COMPLESSO DELLE INDUSTRIE DI RIVAROLO L. 3.428 145 6 161 9 66 23 3.018 93 2.350 92 483

CAPITOLO II (1880 – 1914)

3. ASPETTI DEMOGRAFICI

3.1. TRENT’ANNI DI CRESCITA: I DATI STATISTICI.

3.1.1. La Liguria e Genova

Il periodo compreso tra l’ultimo ventennio del XIX secolo e la prima

guerra mondiale si caratterizza per un aumento generalizzato della

popolazione (soprattutto nella prima decade del novecento) nel Regno

d’Italia, in Liguria ed in particolare a Genova.

I dati disponibili, relativi a tale arco di tempo, si desumono dai

censimenti generali della popolazione del Regno d’Italia del 1881, 1901,

1911 (XVI e XVII alle pagg. 77 e 78). Nel 1891 non furono effettuate le

rilevazioni statistiche per ragioni finanziarie.

La Liguria conta nel 1881 una popolazione di 936.476 residenti, che nel

1901 passa a 1.086.213 (crescendo del 15,99 % in vent’anni, rispetto al

13,38 % del Regno d’Italia nello stesso periodo) e nel 1911 diventa di

1.207.095 unità (incrementando del 11,13 % in dieci anni, a differenza del

9,30 % nazionale).

63

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Infatti, specialmente tra il 1882 e il 1901, la regione in seguito al forte

sviluppo economico, soprattutto genovese, diventa capace di attrarre più

forza lavoro di quanta ne respinga contemporaneamente verso l’estero e di

compensare così lo spopolamento di alcune zone, in particolare le alte valli

dello Stura, dello Scrivia, della Fontanabuona, del Trebbia e dello Sturla.

Il comune di Genova, che nel 1874 aveva annesso al suo territorio i sei

piccoli comuni del Levante (Foce, San Francesco d’Albaro, San Martino,

San Fruttuoso, Marassi e Staglieno), registra una crescita demografica

ancora superiore, dovuta al suo forte sviluppo industriale ed economico.

Nel 1881, difatti si censiscono sul territorio comunale di allora 176.585

residenti, che salgono a 219.507 nel 1901 (con un incremento del 24,31 %

in vent’anni, cioè una media di 11,49 % per ciascun decennio) e arrivano a

265.533 unità nel 1911 (crescendo addirittura del 20,97 % in dieci anni).

Questo sviluppo si accompagna ad indici di natalità e di mortalità più

bassi della media nazionali, un’età media dei nuovi sposi piuttosto elevata e

un nucleo familiare medio meno numeroso. Se a questo aggiungiamo una

forte immigrazione verso Genova1, otteniamo il quadro di una città

urbanamente precoce rispetto al contesto nazionale; infatti l’aumento della

1 Si tratta principalmente di flussi migratori provenienti dai comuni rurali della montagna interna della provincia genovese. Questi, nel decennio 1872 – 1881, registrano un saggio di migrazione medio annuo di -10,8 per mille. Qualche decennio dopo Genova, ma anche la Val Polcevera, saranno meta dell’immigrazione, originatasi dal basso Piemonte.

64

CAPITOLO II (1880 – 1914)

popolazione del comune, per esempio, tra il 1871 ed il 1881 è dovuto per

l’85 % al saldo migratorio.

Dunque a Genova si riscontra un’accentuata modernizzazione sociale e

civile, correlata allo sviluppo economico.

3.1.2. I comuni della Val Polcevera

Nel contesto delineato poc’anzi la Val Polcevera si può definire

territorialmente come un insieme di comuni autonomi della provincia

genovese. Questi sono: Rivarolo Ligure, Bolzaneto e Borzoli (bassa Val

Polcevera); San Quirico e Pontedecimo (media valle); Ceranesi,

Campomorone, Mignanego, Serra Riccò e Sant’Olcese (alta valle). Questi

ultimi cinque, a differenza degli altri, non saranno aggregati nella “Grande

Genova” del 1926 e manterranno la propria autonomia amministrativa (si

veda la cartina le elaborazioni grafiche alle pagg. 75 e 76).

Abbiamo volutamente escluso di considerare gli allora comuni della foce

del Polcevera, cioè Cornigliano Ligure e Sampierdarena, perché realtà con

una propria fisionomia sociale ed economica e non pienamente assimilabili

al resto della valle. Viceversa abbiamo ricompreso nello studio Borzoli, che

pur non gravitando esclusivamente sulla Val Polcevera, riveste comunque

un forte interesse, in particolare per la frazione di Fegino, strettamente

65

CAPITOLO II (1880 – 1914)

interdipendente col territorio oggetto del nostro studio e parte integrante di

esso.

Nel 1881, alle superfici odierne, si registrano in ordine di popolosità

8.882 residenti a Rivarolo Ligure, 4.820 a Serra Riccò, 4.492 a

Campomorone, 4.087 a Bolzaneto, 4.062 a Sant’Olcese, 3.677 a

Pontedecimo, 3.464 a Borzoli, 3.077 a Ceranesi, 3.052 a San Quirico, 2.630

a Mignanego.

Nel 1901 si rileva una crescita dirompente dei comuni della bassa valle:

Rivarolo Ligure sale a 16.432 abitanti (+85 % in vent’anni), Borzoli a

5.564 (+60,02 %), Bolzaneto a 6.121 (+49,77 %).

Più in linea, nello stesso periodo, coi valori della Genova del tempo è

l’aumento di popolazione a Pontedecimo con 4.734 abitanti (+28,75 %) e a

Campomorone con 5.504 (+22,53 %); più uniforme alla crescita regionale è

quella di San Quirico, che, registra 3.548 residenti (+16,25 %).

Dimezzati, rispetto ai livelli nazionali, sono gli incrementi di

Sant’Olcese, con 4.331 abitanti (idem +6,62 %) e Ceranesi, con 3.267

(idem +6,17 %).

Infine, segnano addirittura una flessione le popolazioni dei comuni di

Mignanego, con 2.517 unità (idem -4,30 %) e di Serra Riccò, con 4.587

(idem -4,83 %).

66

CAPITOLO II (1880 – 1914)

A questo punto, si possono già formulare alcune considerazioni:

innanzitutto è evidente come, in questa prima fase di

industrializzazione, Rivarolo sia un centro nevralgico per la valle,

non solo per la sua popolosità e la sua forte crescita demografica, ma

anche per il suo ruolo connettivo con Genova e i comuni industriali

del Ponente (Cornigliano, Sampierdarena, Sestri e Voltri);

in secondo luogo lo sviluppo di Borzoli e di Bolzaneto si ricollega col

sorgere di notevoli complessi dell’industria pesante (in particolare a

Bolzaneto);

da ultimo, risulta evidente che man a mano che si sale lungo il corso

del Polcevera, si incontrano realtà a carattere ancora fortemente

rurale, dove si assiste ad una crescita demografica decisamente meno

intensa (con le eccezioni di Pontedecimo e Campomorone), fino ad

arrivare a situazioni di spopolamento, come a Serra Riccò e a

Mignanego, probabilmente dovuto a migrazioni verso i centri

produttivi della bassa valle, di Genova e dei comuni del ponente.

Passando a considerare i dati relativi al 1911, al termine di un decennio

di forte sviluppo demografico a Genova, si accentua la tendenza a una

crescita esponenziale della bassa valle, in particolare con Bolzaneto a quota

9.852 abitanti (incremento di +60,95 % in dieci anni, il triplo di quello

medio decennale dei vent’anni precedenti) e Borzoli con 8.077 (+45,17

67

CAPITOLO II (1880 – 1914)

%), ma anche con Rivarolo, ormai già più matura dal punto di vista socio-

industriale, comunque in forte aumento, con 22.874 residenti (+39,20 %).

Gli incrementi abitativi dei comuni del medio corso del Polcevera si

attestano su valori simili ed anche superiori a quelli di Genova, con San

Quirico che accelera a 4.568 unità (+28,75 %) e Pontedecimo a 5.607 (+

18,44 %).

In linea, invece, con la crescita a livello nazionale si trovano i comuni

dell’alta valle sulla riva destra del torrente, ovvero Campomorone con

6.012 residenti (+9,23 %) e Ceranesi con 3.529 (+8,02 %).

Confermano la tendenza ad uno scarso sviluppo demografico le zone

della vallata sulla sponda sinistra del Polcevera, come Sant’Olcese con

4.494 abitanti (+3,76 %) e Serra Riccò con 4.685 abitanti (+2,14 %) e la

regione più interna e impervia, quella di Mignanego, che con 2.570 unità

(+2,11 %) si conferma come il comune meno popoloso della valle.

Aggregando i dati appena illustrati, si desume che nel 1881 risiedono in

Val Polcevera 42.243 persone, che salgono a 56.605 nel 1901 (con un

incremento del 34 % in vent’anni, ovvero una media del 15,76 % per ogni

decennio) e a 72.268 nel 1911 (+27,67 % nel giro di dieci anni). Sono

valori, che superano decisamente quelli pur molto alti di Genova.

Questo conferma il fatto che la Val Polcevera (con le sue

differenziazioni interne), in questi anni a cavallo tra i secoli XIX e XX

68

CAPITOLO II (1880 – 1914)

insieme ai comuni del ponente, stia svolgendo un importantissimo ruolo di

traino per lo sviluppo di tutta quella zona, che dopo il 1926 sarà chiamata la

“Grande Genova”.

3.2. L’URBANIZZAZIONE, LA FAMIGLIA E L’ISTRUZIONE.

Scendendo nel dettaglio della nostra ricerca, passiamo ad analizzare

alcuni interessanti dati, tratti dal censimento generale della popolazione del

Regno del 1911 (si vedano le tabelle XVIII e XIX alle pagg. 79 e 80).

Anzitutto risulta significativo che l’alta Val Polcevera, con i suoi 11.816

ettari rappresenti ben il 74,24 % di tutto il territorio della vallata, mentre i

comuni del medio e basso corso si estendano per appena 4.101 ettari, cioè

solo il 25,76 %.

In ordine di superficie si rilevano infatti Ceranesi (3.083 ettari), Serra

Riccò (2.626 ettari), Campomorone (2.560 ettari), Sant’Olcese (2.177

ettari), Mignanego (1.370 ettari), che distanziano Bolzaneto (1.150 ettari),

Borzoli (1.120 ettari), Rivarolo Ligure (985 ettari), ma soprattutto i comuni

della media valle, ovvero San Quirico (532 ettari) e Pontedecimo (314

ettari).

69

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Di contro la popolazione della Val Polcevera si concentra per il 70,54 %

nella bassa e media valle e solo per il 29,46 % nei comuni interni.

Ne consegue che la densità media abitativa della vallata nel suo insieme

(4,58 abitanti per ettaro, il doppio rispetto alla media ligure, cioè 2, 27

ab./ha) è la risultante di due situazioni, con dinamiche profondamente

diverse: da un lato una forte urbanizzazione delle zone centrali e

meridionali (12,52 ab./ha), in particolare Rivarolo (23,40 ab./ha) e

Pontedecimo (17,95 ab./ha); dall’altro uno scarso addensamento nelle zone

interne (1,82 ab./ha), che presentano ancora caratteri di ruralità ed un

territorio situato ad altitudini maggiori, in special modo Ceranesi (1.14

ab./ha) e Serra Riccò (1,78 ab./ha).

Queste considerazioni trovano conferma nell’analisi della distribuzione

sul territorio della popolazione.

Risulta, difatti che appena il 31,30 % in media della popolazione

dell’alta valle presente di fatto durante le rilevazioni risieda in centri

agglomerati: nessuno a Sant’Olcese e Serra Riccò, il 26,95 % a Ceranesi, il

40,69 % a Mignanego; soltanto a Campomorone si registra il 76,42 % .

Viceversa nella bassa e media Val Polcevera la gran parte della

popolazione, il 79,89 %, è urbanizzata: a Rivarolo Ligure l’88,16 %, a

Pontedecimo l’84,49 %, a Borzoli il 75,36 %, a San Quirico il 69,46 % e a

Bolzaneto il 66,59 %, dato, quest’ultimo, che comprende le frazioni

70

CAPITOLO II (1880 – 1914)

collinari di Murta, Brasile e Cremeno, dove la totalità della popolazione

risiede sparsa, mentre nella località vera e propria di Bolzaneto risiede tutta

in forma agglomerata.

All’interno di ogni comune, anche nei più urbanizzati, è comunque

spesso riscontrabile una maggior dispersione degli abitanti nelle frazioni

site ad altitudini più elevate, piuttosto che in quelle pianeggianti (esemplare

è il caso di Rivarolo).

I dati cambiano di poco se consideriamo non i singoli individui, ma i

nuclei familiari. Si osserva, infatti, che per ogni comune o frazione il dato

percentuale delle famiglie sparse risulta sistematicamente inferiore di

qualche punto rispetto a quello omologo della popolazione sparsa; il

fenomeno è inverso per i dati agglomerati.

Questo avviene perché le famiglie delle zone rurali hanno un maggior

numero di componenti e quindi, a parità di abitanti, registrano meno nuclei

familiari rispetto a quelle agglomerate.

Difatti il numero medio di componenti per nucleo familiare, che è di

4,44 per tutta la Val Polcevera (si registra 4,53 a Genova, 4,39 in Liguria,

4,58 nel Regno), scende a 4,26 nella bassa e media valle (con Rivarolo a

4,04), viceversa sale a 4,94 nella parte superiore della vallata (con Ceranesi

a 5,26).

71

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Per ogni comune appare poi evidente che le frazioni, la cui popolazione

risulta maggiormente sparsa, presentano un numero medio di componenti

per famiglia più elevato; viceversa nei centri agglomerati i nuclei familiari

sono mediamente più ridotti.

Il quadro emerso finora rafforza l’immagine di un territorio diviso in due

comparti: la zona del medio e basso corso del Polcevera, che attraversa una

vera e propria rivoluzione industriale (Rivarolo e Bolzaneto, ma anche

Borzoli e Pontedecimo), che si riflette in una struttura demografica più

matura con una maggiore urbanizzazione, con il controllo dei

comportamenti riproduttivi e con una numerosità delle famiglie più

contenuta. Diversa, invece, la condizione dell’area dell’alta valle, che

presenta caratteri di maggiore arretratezza ed elementi peculiari delle realtà

preindustriali principalmente agricole (in particolare Sant’Olcese, Serra

Riccò e Ceranesi, mentre è più complesso e controverso, invece il caso di

Campomorone), quali una forte dispersione della popolazione, soprattutto

lungo i rilievi collinari, e una struttura delle famiglie fondata ancora sul

modello patriarcale, tipica delle zone rurali.

Questa differenziazione territoriale viene mitigata, se si passa a

considerare i dati sull’istruzione della popolazione (si veda la tabella XX a

pag. 81).

72

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Nel 1911 si riscontra nel complesso della Val Polcevera

un’alfabetizzazione pari all’87 % della popolazione dai 6 anni in su; minore

rispetto a Genova (90 %), ma superiore al dato regionale ligure (83 %). E’,

nel complesso, un dato piuttosto alto, specie se raffrontato con quello

nazionale.

Si parte da Ceranesi con il 96 % di alfabetizzati e si prosegue con San

Quirico (93 %), Mignanego (90 %), Bolzaneto (90 %), Pontedecimo (89

%), Campomorone (88 %), Sant’Olcese (86 %), Rivarolo Ligure (86 %),

per finire con Borzoli (79 %) e Serra Riccò (77%). Si noti come il dato si

distribuisce a macchia sul territorio, non seguendo la distinzione in distretti

poc’anzi formulata.

Per quanto concerne l’analisi dei dati differenziati tra i due sessi, è da

segnalare una sostanziale omogeneità di alfabetizzazione tra questi, in linea

con le rilevazioni effettuate a Genova. Solamente a Rivarolo (dove sa

leggere l’88 % degli uomini contro l’83 % delle donne) e a Serra Riccò ( 73

% i maschi, 81 % le femmine) si verifica uno scostamento più sensibile tra

i due valori.

In generale i modesti scarti, che si registrano, risultano a favore maschile

nella bassa e media vallata, mentre segnano una prevalenza femminile o si

annullano nei comuni dell’alta Val Polcevera.

73

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Infine, a titolo informativo, segnaliamo il fatto che nel 1911 l’età media

della popolazione a Genova è di 30,5 anni, mentre a Rivarolo questa è di

soli 27.

Appare chiaro dunque come questo comune, confinante peraltro con

grandi realtà industriali quali Sampierdarena e Cornigliano, si trovi in una

fase di forte evoluzione, con una notevole quantità di abitanti giovani,

principalmente occupati nelle nascenti fabbriche e con una consistente

componente di immigrazione, proveniente prevalentemente dalle località

limitrofe.

74

CAPITOLO II (1880 – 1914)

I COMUNI DELLA VAL POLCEVERA (1881-1911)

75

CAPITOLO II (1880 – 1914)

76

Distribuzione % della popolazione della Val Polcevera tra i suoi comuni (1881).Serra Riccò

11,41%Sant'Olcese

9,62%

Mignanego6,23%

Ceranesi7,28%

Campomorone10,63%

San Quirico *7,22%

Rivarolo Ligure *21,03%

Pontedecimo *8,70%

Borzoli *8,20%

Bolzaneto *9,67% Bolzaneto *

Borzoli *Pontedecimo *Rivarolo Ligure *San Quirico *CampomoroneCeranesiMignanegoSant'OlceseSerra Riccò

Distribuzione % della popolazione della Val Polcevera tra i suoi comuni (1901)

Bolzaneto *10,81%

Borzoli *9,83%

Pontedecimo *8,36%

Rivarolo Ligure *29,03%

San Quirico *6,27%

Campomorone9,72%

Ceranesi5,77%

Serra Riccò8,10%

Sant'Olcese7,65%

Mignanego4,45%

Bolzaneto *Borzoli *Pontedecimo *Rivarolo Ligure *San Quirico *CampomoroneCeranesiMignanegoSant'OlceseSerra Riccò

Distribuzione % della popolazione della Val Polcevera tra i suoi comuni (1911)

Ceranesi4,88%

Mignanego3,56%

Sant'Olcese6,22%

Serra Riccò6,48%

Campomorone8,32%

San Quirico *6,32%

Rivarolo Ligure *31,65%

Pontedecimo *7,76%

Borzoli *11,18%

Bolzaneto *13,63% Bolzaneto *

Borzoli *Pontedecimo *Rivarolo Ligure *San Quirico *CampomoroneCeranesiMignanegoSant'OlceseSerra Riccò

XVI. POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E VAL

POLCEVERA (1881–1911).

1881 1901 1911

Bolzaneto * 4.087 6.121 9.852

Borzoli * 3.464 5.564 8.077

Pontedecimo * 3.677 4.734 5.607

Rivarolo Ligure * 8.882 16.432 22.874

San Quirico * 3.052 3.548 4.568

Campomorone 4.492 5.504 6.012

Ceranesi 3.077 3.267 3.529

Mignanego 2.630 2.517 2.570

Sant'Olcese 4.062 4.331 4.494

Serra Riccò 4.820 4.587 4.685

TOT. VAL POLCEVERA 42.243 56.605 72.268

GENOVA 176.585 219.507 265.533

LIGURIA 936.476 1.086.213 1.207.095

REGNO D'ITALIA 29.791.000 33.778.000 36.921.000

* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.

Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.

XVII. INCREMENTI DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA,

GENOVA E VAL POLCEVERA (1881–1911).

incremento % 1881 - 1901

incremento % 1901 -

1911

incremento % 1881 -

1911

Bolzaneto * 49,77 60,95 141,06

Borzoli * 60,62 45,17 133,17

Pontedecimo * 28,75 18,44 52,49

Rivarolo Ligure * 85,00 39,20 157,53

San Quirico * 16,25 28,75 49,67

Campomorone 22,53 9,23 33,84

Ceranesi 6,17 8,02 14,69

Mignanego -4,30 2,11 -2,28

Sant'Olcese 6,62 3,76 10,64

Serra Riccò -4,83 2,14 -2,80

TOT. VAL POLCEVERA 34,00 27,67 71,08

GENOVA 24,31 20,97 50,37

LIGURIA 15,99 11,13 28,90

REGNO D'ITALIA 13,38 9,30 23,93

* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.

Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.

XVIII. URBANIZZAZIONE E FAMIGLIA NELLA BASSA VAL POLCEVERA (1911).

Territorio comunale Famiglie presenti Popolazione presente di fatto COMUNI E FRAZIONI Superficie

(ha) Altimetria

(m) in totale % agglomerate

% sparse

n° medio di componenti per famiglia in totale %

agglomerata %

sparsa

Densità di popolazione

(ab./ha)

Bolzaneto 47 1.617 100,00 4,07 6.587 100,00 Murta 185 498 100,00 4,79 2.387 100,00 Brasile 198 38 100,00 5,21 198 100,00 Cremeno 150 133 100,00 5,41 720 100,00 TOT. BOLZANETO 1.150 2.286 70,73 29,27 4,33 9.892 66,59 33,41 8,60 Borzoli 69 1.082 71,63 28,37 4,59 4.961 69,62 30,38 Fegino 50 667 86,21 13,79 4,78 3.191 84,27 15,73 TOT. BORZOLI 1.120 1.749 77,19 22,81 4,66 8.152 75,36 24,64 7,28 Pontedecimo 90 1.117 95,61 4,39 4,18 4.668 95,35 4,65 Cesino 210 222 33,33 66,67 4,36 967 32,06 67,94 TOT. PONTEDECIMO 314 1.339 85,29 14,71 4,21 5.635 84,49 15,51 17,95 Rivarolo Superiore 36 2.265 90,11 9,89 4,19 9.480 84,25 15,75 Rivarolo Inferiore 18 2.397 99,42 0,58 3,82 9.161 99,21 0,79 Teglia 30 801 100,00 4,05 3.247 100,00 Begato 275 150 100,00 4,70 705 100,00 Geminiano 215 97 100,00 4,73 459 100,00 TOT. RIVAROLO LIGURE 985 5.710 91,51 8,49 4,04 23.052 88,16 11,84 23,40 San Quirico in V.P. 83 508 97,24 2,76 4,51 2.289 96,85 3,15 San Biagio 198 206 33,50 66,50 5,59 1.152 28,47 71,53 Morego 130 247 59,11 40,89 4,77 1.179 56,32 43,68 TOT. SAN QUIRICO IN V.P. 532 961 73,78 26,22 4,81 4.620 69,46 30,54 8,68

TOTALE BASSA E MEDIA VAL POLCEVERA 4.101 12.045 83,38 16,62 4,26 51.351 79,89 20,11 12,52

TOTALE GENOVA 3.425 60.046 99,37 0,63 4,53 272.221 99,33 0,67 79,48 TOTALE LIGURIA 528.018 272.527 81,67 18,33 4,39 1.197.231 79,02 20,98 2,27 REGNO D'ITALIA 28.661.037 7.572.730 76,87 23,13 4,58 34.671.377 71,51 28,49 1,21

Fonte (per le tabelle XVIII e XIX): MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1914; vol. 1: pp. 241, 242, 243, 244, 245.

XIX. URBANIZZAZIONE E FAMIGLIA NELL’ ALTA VAL POLCEVERA (1911). Territorio comunale Famiglie presenti Popolazione presente di fatto

COMUNI E FRAZIONI Superficie (ha)

Altimetria (m) in totale %

agglomerate % sparse

n° medio di componenti per

famiglia in totale % agglomerata % sparsa

Densità di popolazione

(ab./ha)

Campomorone 118 379 100,00 4,84 1.835 100,00 Isoverde 207 282 100,00 5,00 1.410 100,00 Larvego 200 189 78,84 21,16 4,73 894 78,08 21,92 Gallaneto 282 130 51,54 48,46 4,92 639 43,19 56,81 Cravasco 447 56 100,00 4,73 265 100,00 Pietralavezzara 490 72 61,11 38,89 4,38 315 59,68 40,32 Langasco 347 152 41,45 58,55 5,30 805 37,64 62,36 TOTALE CAMPOMORONE 2.560 1.260 78,10 21,90 4,89 6.163 76,42 23,58 2,41 Ceranesi 307 222 31,98 68,02 5,16 1.146 34,38 65,62 Livellato 364 202 14,36 85,64 5,42 1.095 10,96 89,04 Torbi 340 71 29,58 70,42 4,96 352 23,86 76,14 Paravanico 430 175 37,14 62,86 5,30 928 37,82 62,18 TOTALE CERANESI 3.083 670 27,76 72,24 5,26 3.521 26,95 73,05 1,14 Fumeri 411 172 50,58 49,42 4,48 771 48,77 51,23 Mignanego 180 118 38,14 61,86 4,44 524 35,11 64,89 Paveto 412 100 66,00 34,00 4,33 433 59,82 40,18 Giovi 360 138 36,23 63,77 4,91 678 33,48 66,52 Montanesi 417 54 12,96 87,04 4,19 226 11,06 88,94 TOTALE MIGNANEGO 1.370 582 43,81 56,19 4,52 2.632 40,69 59,31 1,92 Sant'Olcese 335 138 100,00 5,72 790 100,00 Vicomorasso 300 148 100,00 5,09 753 100,00 Bevegni 275 60 100,00 5,85 351 100,00 Manesseno 153 257 100,00 4,67 1.200 100,00 Com’ago 192 85 100,00 5,51 468 100,00 Casanova 310 138 100,00 4,67 644 100,00 Trensasco 280 72 100,00 4,25 306 100,00 SANT'OLCESE 2.177 898 100,00 5,02 4.512 100,00 2,07 Pedemonte 120 224 100,00 4,41 988 100,00 San Cipriano 259 271 100,00 5,21 1.413 100,00 Serra Riccò 400 154 100,00 4,88 752 100,00 Valleregia 350 158 100,00 5,05 798 100,00 Orero 504 135 100,00 5,35 722 100,00 TOTALE SERRA RICCO' 2.626 942 100,00 4,96 4.673 100,00 1,78 TOTALE ALTA VAL POLCEVERA 11.816 4.352 32,74 67,26 4,94 21.501 31,30 68,70 1,82

TOTALE VAL POLCEVERA 15.917 16.397 69,94 30,06 4,44 72.852 65,55 34,45 4,58

XX. CENSITI IN ETÀ DI 6 ANNI E PIÙ CHE SAPEVANO LEG GERE NEI COMUNI DELLA VAL POLCEVERA (1911).

Fonte: MINISTERO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO, Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 10 giugno 1911, Bertero, Roma, 1914; vol. 3: pp. 104, 105, 230.

CENSITI IN ETA' DI 6 ANNI E PIU', CHE RISPOSERO AL

QUESITO

in complesso che sapevano leggere

SU 100 CENSITI IN ETA' DI 6 ANNI E PIU' SAPEVANO

LEGGERE

MF M F MF M F MF M F

Bolzaneto * 8.464 4.298 4.166 7.607 3.889 3.718 90 90 89

Borzoli * 6.628 3.478 3.150 5.250 2.793 2.457 79 80 78

Pontedecimo * 4.929 2.416 2.513 4.398 2.188 2.210 89 91 88

Rivarolo Ligure * 19.759 10.271 9.488 16.997 9.079 7.918 86 88 83

San Quirico in Val Polcevera * 3.855 2.010 1.845 3.576 1.903 1.673 93 95 91

Campomorone 5.091 2.261 2.830 4.462 1.969 2.493 88 87 88

Ceranesi 3.087 1.555 1.532 2.954 1.483 1.471 96 95 96

Mignanego 2.265 1.094 1.171 2.048 998 1.050 90 91 90

Sant'Olcese 3.894 1.994 1.900 3.351 1.715 1.636 86 86 86

Serra Riccò 3.954 2.059 1.895 3.035 1.501 1.534 77 73 81

TOTALE VAL POLCEVERA 61.926 31.436 30.490 53.678 27.518 26.160 87 88 86

GENOVA 243.744 122.127 121.617 218.429 111.494 106.935 90 91 88

LIGURIA 1.045.499 523.197 522.302 867.694 449.014 418.680 83 86 80

REGNO D'ITALIA 29.373.320 14.334.373 15.038.947 18.322.866 9.662.699 8.660.167 62 67 58

CAPITOLO II (1880 – 1914)

4. URBANISTICA ED EDILIZIA

4.1. EFFETTI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

SULL’ASSETTO URBANISTICO IN VAL POLCEVERA.

4.1.1. La mancata integrazione tra insediamenti industriali e tessuto

urbano

Tra la fine del XIX secolo ed il primo conflitto mondiale, la Val

Polcevera presenta al suo interno differenti situazioni di sviluppo

urbanistico ed edilizio, in relazione al diverso stato di avanzamento del

processo di industrializzazione in ciascun comune polceverasco.

In questo periodo i comuni della bassa valle, in special modo Rivarolo

Ligure e Bolzaneto, subiscono le maggiori trasformazioni dal punto di vista

economico, sociale, insediativo e paesaggistico; i centri della media ed alta

Val Polcevera, con l’eccezione di Pontedecimo, rimangono per il momento

ai margini di questi fenomeni, mantenendo ancora un’accentuata

caratterizzazione rurale.

82

CAPITOLO II (1880 – 1914)

In realtà, i primi ad essere investiti da tali mutamenti, già a metà del

secolo con la nascita dell’Ansaldo, sono i comuni della foce del Polcevera:

Cornigliano e, soprattutto, Sampierdarena, la quale, in una prima fase, vede

stabilirsi un rapporto di solidarietà, in opposizione alla nascente industria

meccanica, tra proprietà fondiaria delle famiglie dell’aristocrazia genovese

(direttamente coinvolte dalla scelta dell’area per i nuovi insediamenti

produttivi) ed i piccoli imprenditori già insediati, legati ad attività

tradizionali1.

Esemplare è la vicenda della costituzione della Taylor e Prandi (industria

dalle cui ceneri sarebbe sorta l’Ansaldo): nel 1846, Philip Taylor, per poter

acquisire 35.000 metri quadrati in sponda sinistra della foce del Polcevera,

è costretto a richiedere al Governo la dichiarazione di pubblica utilità,

minacciando la proprietà con il possibile ricorso all’esproprio.

Dopo mesi di contenzioso nelle diverse sedi amministrative e solo a

seguito del parere favorevole del Consiglio di Stato, l’intervento viene

dichiarato di pubblica utilità, consentendo di pervenire all’atto di cessione

dell’area per una cifra non irrilevante.

1 BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, p. 78.

83

CAPITOLO II (1880 – 1914)

L’iniziativa di Taylor è sostenuta, di fronte all’opposizione dei

proprietari, dalla ferma volontà del Governo, che provvede, oltretutto, al

quasi totale prefinanziamento dell’intervento; da questo momento, il

meccanismo dell’esproprio per motivi di pubblica utilità diventa uno

strumento decisivo, utilizzato dalla nascente industria del Ponente genovese

e, successivamente, della Val Polcevera, per muovere i primi passi2.

In queste zone, dunque, alla fine dell’Ottocento, la nuova realtà

industriale è ormai diventata la caratteristica di fondo: l’organizzazione

della grande azienda costituisce, soprattutto negli anni della massima

espansione della produzione bellica, la vera armatura della Genova

industriale. Il suo fulcro si colloca nell’area compresa tra Sampierdarena e

Cornigliano, estendendosi successivamente a Sestri, Prà e Voltri nel

Ponente e a Rivarolo, Fegino (comune di Borzoli) e Bolzaneto3 in Val

Polcevera, dove avviene la rapida trasformazione di aree prevalentemente

agricole, e con un’attività manifatturiera in gran parte di tipo preindustriale,

in zone principalmente industriali4.

2 BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, pp. 78, 79. 3 Lo sviluppo della Val Polcevera, successivo ed inizialmente meno intenso, rispetto a quello di Sampierdarena e di Cornigliano si riflette anche nel valore fondiario dei rispettivi suoli. Per esempio, l’acquisto di terreni, per vari impianti produttivi, costa all’Ansaldo 97 lire al metro quadro nel 1912 a Sampierdarena, 66 lire per metro quadro nel 1913 a Campi e solo 11 lire al metro quadro nel 1917 a Bolzaneto. BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, pp. 99, 100.

84

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Inoltre, con lo sviluppo della grande industria, la realizzazione degli

impianti produttivi supera la mera dimensione edilizia, determinando una

nuova configurazione dell’assetto territoriale. L’acquisizione degli spazi

necessari al ciclo industriale (spazi talvolta paragonabili alle rimanenti parti

del tessuto urbanizzato) risponde ad una logica di programmazione

economica privatistica, cui spesso non fa riscontro un precisa volontà

amministrativa di inserire lo sviluppo industriale in un progetto urbanistico

organico ed integrato5: si viene così ad attuare una separazione tra la

crescita degli insediamenti urbani e l’espansione dei settori produttivi.

4.1.2. Lo sviluppo edilizio nella bassa Val Polcevera e a Pontedecimo

A partire dagli anni Ottanta del XIX secolo, l'attività edilizia lungo il

basso corso del Polcevera assume un ruolo diverso rispetto alle finalità

precedenti, ovvero acquisisce un maggior contenuto speculativo, per

l'attivarsi dei meccanismi della rendita fondiaria urbana e,

conseguentemente, una caratterizzazione qualitativa decisamente modesta.

Il forte incremento dei flussi d’immigrazione, a seguito della crescente

domanda di manodopera, da occupare negli impianti industriali

4 BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, pp. 78, 79 5 BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, pp. 97.

85

CAPITOLO II (1880 – 1914)

recentemente insediati, determina uno sconvolgimento nell’assetto urbano

dei comuni del fondovalle.

Per far fronte a questo sviluppo demografico, saturata la capacità delle

edificazioni preesistenti, si rende necessaria la costruzione di nuovi

complessi abitativi; quest’azione viene svolta direttamente dalla classe

industriale che, mediante tali operazioni immobiliari, trova modo di

diversificare gli investimenti dei profitti conseguiti tramite l’attività

produttiva tipica.

In questo modo, parte dei flussi salariali erogati ritorna, sotto forma di

rendita immobiliare, agli stessi datori di lavoro.

Questa speculazione edilizia, che beneficia, specialmente nel primo

ventennio del XX secolo, di un mercato delle abitazioni in affitto in

espansione, cambia la precedente organizzazione degli insediamenti6.

Andando, infatti, a rivedere la disposizione dei tanti piccoli borghi della

Val Polcevera, in età preindustriale, osserviamo che risultano disposti ad

intervallo più o meno costante, scaglionati lungo il percorso viario che

collega Genova alla pianura Padana.

Il loro sviluppo, in origine dovuto prevalentemente a ragioni agricolo

commerciali, è nella maggior parte dei casi il risultato di aggregazioni

6 COMUNE DI GENOVA, Piano Regolatore Generale, 1976, relazione illustrativa a cura di Claudio Buscaglia, pp. 41,42.

86

CAPITOLO II (1880 – 1914)

successive per semplice accostamento di edifici, rispettanti tutti l’affaccio

lungo l’asse viario principale.

Partendo dalla foce del Polcevera, sino ai primi del Novecento, si

incontrano, ben distanziati, lungo la strada che percorre la valle, i borghi di

Rivarolo Inferiore e Superiore, Teglia, Bolzaneto, Morigallo, Cerro, San

Quirico, Pontedecimo, Campomorone, Pietralavezzara ecc. Oltre a questi

borghi agricolo-commerciali, sviluppatisi lungo le vie di principale

comunicazione, sono disseminati nella valle dei piccoli nuclei, costituiti da

costruzioni sorte intorno ad edifici antichi, quali conventi e chiese7.

A cavallo tra i secoli XIX e XX si verifica un mutamento sostanziale del

quadro sopra descritto; ne sono interessate per prime, a livello

macroscopico, le località di Rivarolo Ligure e di Bolzaneto.

Esaminando comparativamente il catasto di Rivarolo del 1880 con quello

successivo del 1918, appare chiaro il processo di espansione urbana: nel

1880 il comune è ancora nettamente suddiviso nei centri Certosa,

Borghetto, Rivarolo, Teglia; gli edifici residenziali e le localizzazioni

commerciali ed artigianali, affiancati a quelli a carattere ancora agricolo,

sono allineati prevalentemente lungo la strada provinciale (corrispondente,

oggi, al susseguirsi delle vie Fillak, Jori, Rossini, Celesia e Rivarolo)8.

7 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 23. 8 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 35.

87

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Tra Rivarolo e Teglia sono disposti grandi complessi industriali, attivi

nei settori tessile, chimico ed alimentare, di dimensioni sino ad allora

sconosciute nella valle. Questi insediamenti sono destinati con gli anni ad

espandersi ulteriormente, dando luogo ad una vasta zona a prevalente

carattere industriale.

Contemporaneamente alla comparsa di questi importanti complessi

produttivi ed al conseguente parallelo aumento demografico, si induce un

processo di espansione edilizia a carattere residenziale e commerciale:

viene approntato proprio in questi anni il Regolamento edilizio (1876,

successivamente modificato nel 1887).

Nel catasto 1880 sono evidenti a Certosa nuovi fabbricati di edilizia

residenziale popolare, riportati sulla mappa come varianti alla situazione di

impianto (quindi posteriori al 1880), localizzati nel nuovo quartiere a

ridosso della strada provinciale, lungo le vie Palestro (ora Borsieri), Cairoli

(ora Certosa), Garello. Tali insediamenti saranno presto seguiti da quelli

disposti lungo il nuovo allineamento di via Manzoni (ora Canepari).

Nel catasto del 1918 l’abitato di Rivarolo appare un tutt’uno di

costruzioni, che si snoda continuo lungo la strada provinciale da Certosa

sino a Teglia, purtroppo già irrimediabilmente compromesso dal raccordo

ferroviario del parco vagoni Campasso (realizzato nel 1906), che stringe e

88

CAPITOLO II (1880 – 1914)

spezza in due l’abitato. Ulteriormente ampliata appare la zona industriale di

Teglia9.

Anche per Bolzaneto, sede di importanti industrie siderurgiche, è

possibile effettuare un’analisi simile: il suo sviluppo avviene

prevalentemente negli ultimi decenni dell’Ottocento e nei primi anni del

Novecento.

A metà Ottocento un fatto notevole caratterizza l’urbanistica di

Bolzaneto: la deviazione dell’alveo del torrente Polcevera, richiesta per

permettere il passaggio della linea ferrata. Tale operazione ha il risultato di

unire la borgata Chiappetta al territorio di Bolzaneto, dando luogo

all’innesco del successivo sviluppo edilizio del paese, proprio in tale

località.

Nella mappa del 1880 è infatti visibile, in fase di lottizzazione e

sviluppo, la zona di terreni compresa tra la strada provinciale (ora via

Bolzaneto), la via Nuova (ora via Reta) ed il rivo Acquamarcia. Questa

stessa località appare, nella mappa del 1921, completamente lottizzata ed

edificata10.

9 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 37. 10 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 37.

89

CAPITOLO II (1880 – 1914)

Se si sposta l’attenzione a località della media Val Polcevera,

esaminando la mappa del 1880, riferita al centro di Pontedecimo, si nota

che, pur con la presenza di diverse industrie meccaniche, alimentari e

tessili, il nucleo urbano conserva sostanzialmente la conformazione di

inizio secolo.

L’unica localizzazione, che spicca in modo evidente per estensione non

congeniale rispetto all’area urbanizzata, è la zona occupata dalla ferrovia

con la stazione e lo scalo merci. Quest’ultimo fatto conferma l’importanza,

che ha sempre avuto il paese, quale nodo nevralgico delle vie di

comunicazione, prima stradali (passo dei Giovi, passo della Bocchetta) poi

ferroviarie, sia dei traffici locali che di quelli a largo raggio verso la valle

Padana.

Lo sviluppo urbano del Novecento è ancora più evidente, se si

confrontano le situazioni attuali di altre località della valle, quali ad

esempio San Quirico, Campomorone, Mignanego, con le cartografie di fine

Ottocento, dove tali insediamenti appaiono organizzati nelle conformazioni

tardomedievali, tipiche dei borghi a prevalente economia agricola, che li

avevano caratterizzati nei secoli precedenti11.

11 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 40.

90

CAPITOLO III

(1914 – 1950)

CAPITOLO III (1914 – 1950)

1. I TRASPORTI

1.1. LA “GRANDE GENOVA” NEL TRIANGOLO

INDUSTRIALE: I NUOVI MEZZI DI TRASPORTO

DALLA FERROVIA ALL’AVVENTO DELLA STRADA

CAMIONALE.

Completata, tra il 1911 ed il 1914, l’elettrificazione della rete ferroviaria

nel tratto Sampierdarena - Ronco Scrivia, durante il periodo del primo

conflitto mondiale (come anche del secondo), al fine di agevolare il

trasporto della produzione bellica dalle industrie siderurgiche della bassa

Val Polcevera verso il fronte orientale, viene messa in funzione una

stazione “militare” a Campi, allacciata col Parco Vagoni Campasso

mediante un doppio ponte in ferro, in parte ancora esistente, sopra la attuale

via Walter Fillak1.

A partire dal primo dopoguerra non si segnalano ulteriori significativi

lavori di ampliamento delle vie di comunicazione su strada ferrata.

1 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 26, 30.

92

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Vengono elaborati numerosi progetti e studi, tra cui quello riguardante la

costruzione di una linea ferroviaria diretta tra Genova e Milano, attraverso

lo scavo di una galleria all’altezza di Campomorone (il “Terzo Valico”, di

cui si discute ancora oggi), ma non arriveranno mai in fase di realizzazione.

Nel corso degli anni Trenta, poi, viene approvato un progetto di

collegamento ferroviario diretto con le zone del Piacentino, tramite un

viadotto, che si diparta dalla prima linea per Torino alla sommità

dell'abitato di Teglia, attraversando in galleria il monte di Geminiano, ma la

sua realizzazione si blocca alla fase iniziale dei lavori e non viene portata a

compimento2.

A fronte di tale inerzia, si registra, invece, negli stessi anni una crescente

attenzione nei confronti del trasporto delle merci su gomma; questo

avviene prevalentemente tramite grandi autotreni a nafta, divenuti oramai

più veloci, comodi e "flessibili" rispetto ai mezzi su rotaia.

La linea di collegamento, a disposizione di questi mezzi, con

l’Oltreappennino è rappresentata ancora dalla Strada Statale dei Giovi,

ultimata nel 1823, che si rivela ormai insufficiente di fronte alla ripresa dei

traffici, a partire dai primi anni ’30, tra Genova e l’entroterra padano.

2 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 30.

93

CAPITOLO III (1914 – 1950)

In questo periodo, infatti, il traffico medio giornaliero sulla Strada

Statale assomma a 570 autocarri, di cui 367 con rimorchio, oltre a 582

autovetture3.

Nasce dunque l’idea di costruire una nuova strada, che permetta il

trasporto rapido delle merci dalle calate del porto direttamente alle

fabbriche genovesi, piemontesi e lombarde, con un tracciato diretto e con

una capacità di accogliere flussi intensi di traffico.

Nel 1932 il Ministero dei Lavori Pubblici costituisce un comitato

consultivo, per elaborare ed approvare un progetto per il percorso della

Strada Camionale dei Giovi. Dopo appena tre mesi si arriva alla conferma

della proposta e, dopo altri tre, partono i lavori.

Nel frattempo la neocostituita “Grande Genova” aveva già provveduto

ad abbattere le barriere naturali, esistenti tra il centro città (soprattutto il

porto) e le zone della Val Polcevera e del Ponente, spianando, a partire dal

1926, il colle di San Benigno4.

Il percorso della “camionale” risulta decisamente strategico per le

industrie della Val Polcevera, in gran parte attraversate dalla nuova strada.

Il Comune, con l'aiuto finanziario di alcune importanti imprese, decide di

costruire un raccordo che consenta ai centri industriali della valle di poter

3 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, pp.164, 165. 4 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, pp. 164, 165.

94

CAPITOLO III (1914 – 1950)

usufruire dell'arteria statale, sia per convogliare direttamente al porto gli

automezzi, sia per i trasporti da e verso l'entroterra, senza dover percorrere

la strada comunale Genova - Pontedecimo, fino all’imbocco con la

“camionale”, a San Benigno.

Il raccordo viene realizzato in località Bratte (Bolzaneto) presso l'ex

barriera daziaria, per la centralità dell’ubicazione rispetto alla Val

Polcevera, per la vicinanza della Valle Secca e di importantissimi

stabilimenti industriali e per l’assenza di fabbricati importanti da demolire.

Si segnalano, fra le opere di maggiore impatto sulla valle, l'elevazione

del viadotto di Montanesi, costituito da dieci arcate e la galleria del

Littorio5.

Nel 1935 si inaugura, dunque, la strada camionale tra Genova e

Serravalle, con un percorso di circa 50 km, realizzata mediante l’impiego di

oltre 27.000 operai.

L’assorbimento, infatti, da parte del settore delle grandi opere pubbliche,

della forza lavoro espulsa dagli altri comparti, costituisce uno dei due

motivi principali della realizzazione della “camionale”. L’altro è, come già

scritto, la necessità di adeguare l’infrastutturazione del porto ai traffici

5 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 68, 69.

95

CAPITOLO III (1914 – 1950)

indotti dalla congiuntura favorevole e dall’espansione a ponente dello scalo

genovese.

La sistemazione del piazzale di accesso della nuova opera e dei suoi

collegamenti col bacino portuale determinano forti trasformazioni

nell’assetto della città: si procede allo sbancamento di oltre un milione di

metri cubi di roccia, per realizzare un piazzale di 5 ettari, destinato agli

uffici della “camionale” e si costruiscono un ponte di 40 metri, a campata

unica, sopra via di Francia ed un raccordo elicoidale, per collegare la nuova

strada al porto6.

6 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 165 .

96

CAPITOLO III (1914 – 1950)

1.2. IL TRASPORTO PUBBLICO A GENOVA E NELL’ALTA

VAL POLCEVERA: LA MUNICIPALIZZAZIONE E I

PRIVATI.

1.2.1. La UITE al tempo della “Grande Genova”: il servizio nella

bassa Val Polcevera diventa urbano

Con lo scoppio della prima guerra mondiale il capitale tedesco si trova

nella condizione di dover uscire dalla UITE e, dunque, i consiglieri

tedeschi di questa rassegnano nel 1915 le proprie dimissioni7.

Durante il conflitto la società di trasporto viene a trovarsi in serie

difficoltà, per la carenza di uomini e materiali e per i limiti imposti al

consumo di energia elettrica; si procede quindi ad una restrizione del

servizio durante tutto il periodo bellico.

Dopo la guerra e con la formazione nel 1926 della “Grande Genova”, i

rapporti già tesi tra l’amministrazione comunale e la UITE continuano a

deteriorarsi. Il Comune, infatti, è deciso, in base alla legge sulla

municipalizzazione dei servizi, a riscattare tutte le linee concesse alla

UITE.

7 DORIA M., Trasporto pubblico a Genova dalla metà Ottocento alla prima guerra mondiale. Regole, capitali, tecnologie, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1999, p. 83.

97

CAPITOLO III (1914 – 1950)

La società, per contro, nonostante abbia sottoscritto un accordo nel ’14,

in cui si stabiliva la possibilità del riscatto a partire dal 1926, non intende

cedere le linee e pone numerosi ostacoli8.

La situazione si risolve nel 1928, quando il Comune procede all’incetta

delle azioni UITE, diventandone azionista di maggioranza assoluta, nella

misura del 65 %; da questo momento si provvede ad un potenziamento del

servizio di trasporto, volto ad una sua maggior coordinazione e ad un

rinnovamento degli impianti9.

Tra la fine degli anni Venti e l'inizio del decennio successivo la

circolazione tranviaria in Val Polcevera registra un forte sviluppo a causa

delle condizioni di piena espansione operativa delle industrie, spingendo la

UITE a ricercare nuove soluzioni tecniche e gestionali per un continuo

adeguamento del servizio, oramai pienamente di massa10.

Nel 1930 vengono ordinati i primi tram a carrelli, che, su progetto di

Remigio Casteggini, tecnico della UITE, incontrano un notevole successo

da parte dell'utenza per il comfort e la maggiore capienza.

8 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 220-222. 9 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 223. 10 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 49.

98

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Nel 1934, dopo aver acquisito dal Comune l’Azienda Autonoma

Autobus11, la UITE attua la “rivoluzione” del traffico tranviario, per cui

alcune linee polceverasche vengono allungate di percorso ed altre nuove

vengono istituite, comportando lavori di posa di binari, impiantati nel giro

di un trimestre. Si possono, così, raggiungere direttamente da Bolzaneto e

Rivarolo le zone di Marassi, San Martino e Quezzi.

In questi anni viene immesso un nuovo modello di vettura a carrelli

decisamente più silenzioso dei precedenti: il modello “Genova” della serie

900, soprannominato anche “littorina” in omaggio al periodo storico. Sulla

linea per Pontedecimo e relative sussidiarie le “littorine” entrano in servizio

a partire dal 194012.

L’esigenza di un più rapido collegamento tra la Val Polcevera genovese

ed il centro cittadino fa sì che, nel 1937, su sollecitazione dello stesso

Podestà Carlo Raffaele Bombrini, la ditta privata Lazzi prenda in gestione

il servizio veloce tra Genova e Pontedecimo, mediante le sue

"autocorriere", con una frequenza di sole 6 coppie di corse giornaliere ed

una percorrenza massima di mezz'ora, effettuando fermate soltanto per la

salita e discesa dei passeggeri lungo il tratto da Pontedecimo a Teglia e

11 Costituita nel 1925 dal comune di Genova, non svolge servizio in Val Polcevera. AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 216, 217. 12 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 49.

99

CAPITOLO III (1914 – 1950)

viceversa; l'anno successivo la Lazzi istituisce nuovi collegamenti con

Murta ed altre località collinari collocate nell'ambito urbano, fino ad allora

rimaste isolate dal centro di Genova13.

Nel 1938 entra in funzione, ma solo nel centro città, il servizio filobus,

interrotto due anni dopo, a causa dello scoppio della guerra. Al suo posto

subentra il trasporto mediante le vetture più vecchie, che sostituiscono

anche le “littorine”14.

Durante il secondo conflitto mondiale, vengono soppresse le linee

sussidiarie (tra cui anche quella servita dalla Lazzi) e ridotto ad un terzo

l'intero collegamento urbano, anche per motivi di risparmio energetico.

Si arriva fino alla quasi totale sospensione del servizio, dovuta alle

incursioni aeree, che provocano lo sfollamento nelle campagne retrostanti.

In compenso il tram rimpiazza integralmente il trasporto merci su

autocarri, a causa della scarsità di carburante e pneumatici, effettuando

servizio anche per i mercati ortofrutticoli rionali, compreso quello di

Pontedecimo15.

13 Si tratta, comunque, di servizi a tariffe più elevate. LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 73. 14 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 229. 15 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 49.

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CAPITOLO III (1914 – 1950)

1.2.2. I privati e i trasporti nell’alta valle

Nell’arco di tempo compreso tra le due guerre mondiali, studiando i

collegamenti interni alla Val Polcevera, appare chiaro che ferrovie e

tranvie, pur presenti in discreta quantità, non possono garantire un servizio

capillare, nè raggiungere zone isolate ed impervie: in questi percorsi si

inseriscono veicoli più agili ed economici, ovvero le nuove

“autocorriere”16.

Costituitesi per la maggior parte nel primo dopoguerra, per lo più ad

opera di singoli trasportatori privati, queste società iniziano a servire zone

rimaste isolate dalle grandi e medie direttrici. Con un inizio pionieristico,

recuperando, ad esempio, e riadattando autocarri risalenti al periodo

bellico, si sviluppano gestendo le linee colleganti i centri di Rivarolo,

Bolzaneto e Pontedecimo alle piccole località montane, trasportando ogni

giorno migliaia di utenti, per la maggior parte operai. Queste compagnie

eseguono anche servizi postali e “mercatali” (ovvero il trasporto delle

massaie per gli acquisti al mercato).

16 Non bisogna dimenticare che, ancora fino alla metà degli anni Trenta, continua ad essere diffuso in Val Polcevera il trasporto sui vecchi omnibus a cavalli, più lenti, ma meno costosi. La loro manutenzione, inoltre, è meno onerosa, in quanto, a differenza delle “autocorriere” non implicano consumi di pneumatici e di componenti meccanici (si tenga presente che in questi anni la maggior parte delle strade non è ancora asfaltata). LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 63.

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CAPITOLO III (1914 – 1950)

Le linee, che raggiungono Pontedecimo, sono collegate con il centro di

Genova, mentre le altre giungono nel capoluogo soltanto in alcune

circostanze eccezionali.

Passando al campo dei trasporti a carattere prevalentemente turistico,

inizia a svilupparsi, negli anni Trenta, il noleggio di rimessa, con l'acquisto

dei primi pullman di tipo “gran turismo”17.

Inoltre nel 1929 viene inaugurata la ferrovia a scartamento ridotto

Genova - Casella (presso Sant’Olcese), che viene incontro alle esigenze di

due opposti pendolarismi: quello da parte del contado per la vendita nei

mercati genovesi dei prodotti agricoli e quello dei “cittadini” per la

villeggiatura18.

Nello stesso anno entra in funzione la linea, che, dalla stazione inferiore

del Serro di San Quirico, raggiunge Ca’ Bianca a quota 676 metri s.l.m.,

per una lunghezza di circa 9 km. Questa rappresenta il primo tratto della

“Guidovia della Guardia”, un impianto di risalita a diesel su rotaia, che

adotta il sistema “Laviosa”, realizzato dalla società anonima “Ferrovia

Santuario della Guardia”, costituita nel 1926 dai fratelli Carlo e Simone

Corazza, originari di Salsomaggiore Terme.

17 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 63. 18 STRINGA P., La Valpolcevera, AGIS, Genova, 1980, p. 85.

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CAPITOLO III (1914 – 1950)

Il tratto finale viene inaugurato nel 1934: da Ca' Bianca, stazione che

viene ben presto demolita, la linea viene deviata sulla sinistra e fatta

proseguire per circa due chilometri arrivando fin sotto il Santuario di

Nostra Signora della Guardia, tradizionale meta di pellegrinaggio,

superando un dislivello di 130 metri.

Il percorso complessivo della linea viene quindi portato a 10,59 km,

percorribile in circa 45 minuti, servendo così le numerose frazioni

disseminate sui versanti del Monte Figogna19.

19 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 59.

103

CAPITOLO III (1914 – 1950)

2. TRASFORMAZIONI ECONOMICHE E DINAMICHE

SOCIALI

2.1. MUTAMENTI ECONOMICI IN VAL POLCEVERA TRA LE

DUE GUERRE.

2.1.1. La difficile riconversione postbellica dell’industria pesante e la

nascita del capitalismo di Stato: le ripercussioni sulla Val

Polcevera

La partecipazione dell’Italia al primo conflitto mondiale mette in moto

un meccanismo di forte espansione nell’industria siderurgica e meccanica;

l’Ansaldo dei Perrone, in primo luogo, sostiene attivamente lo sforzo

bellico, destinando ingenti risorse alla produzione delle forniture militari,

mediante l’apertura di una serie di nuovi stabilimenti specializzati, che,

saturati gli spazi costieri del Ponente genovese, “colonizzano”, in direzione

Nord, la riva destra del Polcevera, ancora ricca di aree libere e

relativamente meno costose, nell’ottica di creazione di un sistema

industriale ad integrazione verticale.

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CAPITOLO III (1914 – 1950)

Nel 1915, infatti, viene intrapresa la realizzazione dello stabilimento

Grandi Artiglierie di Campi (comune di Cornigliano), nel 1916 è avviata la

costruzione del Tubificio e Bossolificio - Nuovo Delta e dello Stabilimento

elettrolitico di Campi; nel 1917 viene edificato lo Stabilimento per la

Stampatura a Trasta.

Fatto l’ingresso nell’industria aeronautica, l’Ansaldo provvede ad

attrezzarsi per la costruzione degli aeroplani, la cui produzione inizia nel

1916, in seguito all’ultimazione del nuovo cantiere aeronautico, localizzato

a Borzoli (sulla costa, in località Calcinara) ed all’affiancamento, nel 1917,

di un’officina di montaggio e di un campo di collaudo a Bolzaneto1.

Per avere un’idea della portata degli effetti economici, sociali ed

ambientali, provocati da quest’espansione industriale nel Ponente e nella

bassa Val Polcevera, basti pensare che, se alla vigilia del conflitto la totalità

degli stabilimenti Ansaldo occupa una superficie complessiva di 34 ettari,

su cui sono occupati oltre 9.000 addetti, alla fine della grande Guerra l’area

insediata passa a quasi 400 ettari per oltre 40.000 dipendenti (in tempo di

guerra sono entrate in fabbrica anche molte donne)2.

1 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, pp. 18, 19 e BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, p. 101. 2 BALLETTI F. GIONTONI B., Genova 1850 – 1920 – Cultura urbanistica e formazione della città contemporanea, Fabbiani, Genova, 1985, p. 100 e BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 19; DORIA M., Ansaldo - l'impresa e lo stato, Collana Ciriec, Franco Angeli Ed., Milano, 1989, p. 113.

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CAPITOLO III (1914 – 1950)

Anche l’ILVA, le Acciaierie Italiane e tutti i grandi gruppi siderurgici

italiani, di cui la Val Polcevera ed il Ponente ospitano gli stabilimenti, sono

impegnati in questa fase di espansione produttiva.

La fine della guerra, però, pone dei seri problemi circa la riconversione

di questi impianti, cresciuti a dismisura; inoltre, al brusco calo della

domanda e quindi della produzione seguono una crisi finanziaria, che

investe le grandi aziende del settore (tra l’altro, lo Stato non corrisponde ai

debiti contratti in tempo di guerra), e dal ’29 il drammatico crollo, che

trascina nel dissesto le imprese e le banche, intrecciate tra loro in un

“abbraccio mortale”3.

Dunque, usciti di scena i Perrone, nel 1922 la proprietà dell’Ansaldo

passa al Consorzio Sovvenzioni su Valori Industriali (CSVI) e

successivamente alle banche, mentre, a seguito del succitato crac del ’29, il

neocostituito Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) ne acquisisce,

nel 1933, la maggioranza del pacchetto azionario, nominando Agostino

Rocca, amministratore delegato del gruppo4. In questo periodo lo

stabilimento Delta di Fegino viene ampliato con nuove officine.

Sorte analoga all’Ansaldo spetta all’ILVA, che, dopo una forte crisi

industriale e finanziaria, viene ad essere controllata di fatto, dal 1921, dalla

3 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, pp. 23-25, 29. 4 AA.VV., Storia dell'Ansaldo, vol. 9, Laterza, Bari, 2003, pp. 47-51.

106

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Banca Commerciale Italiana e dal Credito Italiano, per poi passare,

attraverso successivi periodi di sottoproduzione, nell’orbita IRI5.

A questo punto si può affermare che la grande industria pesante della

bassa Val Polcevera, con l’eccezione delle importanti Acciaierie e Ferriere

Bruzzo (da cui sono usciti, nel 1921, i Dufour e che arriveranno ad

occupare oltre 2.000 dipendenti nel 1946, anno del passaggio dalla forma

sociale di S.n.c. a quella di S.p.A.6), passa sotto il controllo pubblico,

rendendola dipendente dalle grandi commesse statali e ciò ne segnerà le

sorti.

Meno colpite dalla crisi, in quanto coinvolte in misura minore nella

“corsa agli armamenti”, sono invece le piccole e medie realtà industriali

private della media valle. In particolare a Pontedecimo nel 1926, alla vigilia

dell’annessione alla “Grande Genova”, la Ferriera Sanguineti (poi S.A.

Ferriera di Pontedecimo, successivamente confluita nella SIAC) occupa

250 dipendenti, la Ferriera del Riccò 240, le Fonderie Grondona 25 e lo

stabilimento meccanico, la fonderia ed il laboratorio della Perino danno

lavoro, nel complesso, a 157 addetti7.

5 RUGAFIORI P., Industria e Impresa – Genova 1850 – 2000, AUSIND, Genova, 2001, pp. 48-50. 6 Relazione di Roberto Tolaini al convegno Le imprese familiari -memorie e strategie, tenutosi a Genova, presso la Facoltà di Economia, il 27 maggio 2004. 7 Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M. e LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, p. 87.

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CAPITOLO III (1914 – 1950)

Gli anni Trenta segnano la nascita, in Val Polcevera, delle Officine

Ferroviarie Industriali Meccaniche S.r.l. (OFIM) e delle Officine Belotti,

con le quali si assiste all’insediamento del nuovo settore produttivo della

meccanica leggera; in seguito si svilupperanno anche la micromeccanica,

l’elettromeccanica (con la costituzione a Pontedecimo, nel 1941, della

Alderigo Teglia Elettromeccanica S.r.l.8) e la meccanica di precisione9.

In questo periodo si verifica un nuovo aumento della produzione

siderurgica e meccanica, determinato dalla costruzione dei nuovi grandi

transatlantici (Augustus, Rex, ecc,) per i cantieri statali e dalla nuova

politica di riarmo.

Va, comunque, osservata, negli anni precedenti alla seconda guerra

mondiale, una tendenza ad una vistosa diminuzione della produzione da

parte dello stabilimento ILVA di Bolzaneto, deciso dai vertici aziendali a

favore dell’impianto di Novi Ligure10. E’ la premessa ad una fase nera per

l’industria pesante in Val Polcevera, che si aprirà nel secondo dopoguerra.

8 LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, p. 196. 9 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 45. 10 GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980, vol. II: p. 903.

108

CAPITOLO III (1914 – 1950)

2.1.2. Selezione e potenziamento nei settori tessile, alimentare e

chimico

L’industria tessile, a partire dagli anni Venti in poi, raggiunge la piena

maturità, con l’affermarsi della produzione industrializzata delle maglie11.

Nel 1920 Eliseo Borioli impianta a Pontedecimo il Maglificio Eliseo

Borioli, che occupa, nel 1926, più di 200 addetti, andando ad affiancare il

Maglificio Santo Dasso e figli di Pontedecimo, con 243 dipendenti, il

Maglificio Michele Rolih & C. di San Quirico (243) ed il Maglificio

Dagnino12.

Nel 1929 lo stabilimento di Fegino della Conceria Campostano viene

acquistato dalla Pettinatura Biella, che, effettuata la riconversione degli

impianti, intraprende anche in Val Polcevera la propria attività tessile13.

Bisogna ricordare che, se è veritiera, con riguardo all’industria pesante,

l’immagine, fornitaci dallo storico Rodolfo Morandi, quando scrive a

proposito dei moti del 1920: “Chi, in questi giorni, si fosse affacciato al

passo dei Giovi guardando giù nella vallata della Polcevera e più lontano,

verso Voltri, verso Sestri, avrebbe visto sui tetti degli opifici

fiammeggianti, nel chiaro sole del mattino, le bandiere rosse del

11 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 45. 12 Sito internet www.altavallepolcevera.com, con testi ad opera di Lamponi M. 13 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 18.

109

CAPITOLO III (1914 – 1950)

proletariato”14, anche le industrie leggere di tutta la Val Polcevera sono

interessate dall’affermarsi dei movimenti operai.

Nello Jutificio Costa di Campomorone, per esempio, tra il 1919 ed il

1920, si costituiscono le prime commissioni di fabbrica ed arrivano, da

Genova e da Sampierdarena, i delegati delle Leghe operaie, per cercare di

garantire i diritti dei lavoratori (soprattutto donne), spesso vittime di

incidenti mortali, che avvengono durante lo svolgimento dell’attività15.

Nel settore alimentare polceverasco continua l’attività degli zuccherifici

e della fabbricazione della birra ed è ulteriormente incrementata la

produzione e la raffinazione dell’olio d’oliva vergine, proveniente, oltre

che dal mercato italiano, soprattutto dai mercati spagnolo e portoghese.

Tra gli stabilimenti più importanti si confermano gli Oleifici Nazionali

della famiglia Gaslini e il successivo Oleificio Costa, che conta stabilimenti

a Rivarolo, Bolzaneto e Sampierdarena.

A partire dal primo dopoguerra, l’industria molitoria, perduta o

trasformata la maggior parte delle piccole aziende, continua ad esprimersi

ad alti livelli tecnico-produttivi, con riferimento ai Molini Alta Italia ed ai

Molini Certosa. Si nota anche l’espansione di un ramo minore del settore

alimentare: la distillazione industriale ed artigianale dell’alcool etilico (il

14 Sito internet www.diatto.co.uk. 15 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 83.

110

CAPITOLO III (1914 – 1950)

numero delle ditte passa da 3, nel 1913, a 6 nel 1938) e lo stabilimento di

maggior importanza è la Distilleria Cotelli di Borzoli16, mentre a

Pontedecimo sorge la Distilleria Marenco.

Ricordiamo, inoltre, che, nel 1935, sorge la Centrale del Latte di Fegino,

in un’area di 1,45 ettari, precedentemente di proprietà dell’Ansaldo, dove la

neonata azienda realizza un impianto per la raccolta, la pastorizzazione,

l’imbottigliamento e la distribuzione del prodotto in tutta Genova17.

Con l’avvento, negli anni Venti, della Società Italiana Ossigeno (SIO) a

Fegino, l’industria chimica della bassa Val Polcevera entra in una fase di

intensa modernizzazione, ponendosi all’avanguardia del settore a livello

nazionale.

Il momento favorevole allo sviluppo dell’attività produttiva del settore

chimico è confermato dal potenziamento del Colorificio Brignola, che

estende la sua attività, con successo, anche alla produzione di pitture

navali. Nascono, in questi anni, il Colorificio Rollero di Ceranesi, che

impiega 18 addetti, il Colorificio Tassani di Bolzaneto e, nel 1921, il

Colorificio Attiva (di Attilio Oliva).

Nell’ambito delle piccole imprese a conduzione artigianale si nota una

rilevante diminuzione di ditte, come le piccole fabbriche di candele, i

16A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 45, 48. 17 LAMPONI M., Antica Valpolcevera, Libropiù, Genova, 2001, p. 18.

111

CAPITOLO III (1914 – 1950)

piccoli saponifici, le fabbriche di soda; evidentemente il processo di

industrializzazione, in atto in questo settore, non lascia spazio alle modeste

organizzazioni di impianto ottocentesco18.

Infatti, nel 1921 nasce la Società Soda Industriale, specializzata nella

trasformazione di olii esausti ed alimentari, mentre nel 1924 la Unione

Stearinerie Lanza di Torino (con uno stabilimento a Rivarolo) si fonde con

la Fabbrica Candele Steariche di Mira, dando vita all’importante gruppo

Mira Lanza19.

Un altro importante avvenimento, sempre nell’ambito dell’industria

chimica, collegato all’affermarsi del motore a scoppio, è costituito dalla

comparsa dei primi depositi di idrocarburi a Rivarolo, oltre che a

Sampierdarena e a Cornigliano. Si tratta della Società N.A.F.T.A. e della

Società New Jersey Standard Oil (in seguito chiamata ESSO Vacuum).

L’attività della raffinazione del petrolio greggio e della conservazione dei

prodotti di raffinazione in grandi depositi costieri (come anche i Depositi

Costieri del Mediterraneo di Fegino, poi Continentale Italiana), si rivelerà,

successivamente, come fattore determinante per gli insediamenti produttivi

nella valle20.

18 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 44-46. 19 AA.VV., La nuova enciclopedia universale Garzanti, Garzanti Editore s.p.a., Milano, 1982, p. 907. 20 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 45.

112

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Difatti, tra il 1935 ed il 1938, si stabiliscono in Val Polcevera gli

impianti di raffinazione del petrolio. Si tratta della Raffineria Dellepiane

(1935) a Morigallo, della Raffineria San Quirico (1937, di proprietà della

famiglia Boatti di Milano) nell’omonima località e della Edoardo

Raffineria Garrone (ERG, 1938) a San Quirico.

L’organizzazione delle raffinerie di prodotti petroliferi estenderà via via

la sua area di occupazione nelle zone di Fegino, San Quirico e Morigallo,

inglobando a poco a poco l’area di alcune industrie adiacenti,

dimostrandosi pertanto un fattore determinante per la futura

caratterizzazione fisica ed ambientale di tutto il polo industriale della Val

Polcevera21.

2.2. I DATI SULL'INDUSTRIA ED IL COMMERCIO.

2.2.1. La situazione dell’alta valle

Il censimento industriale e commerciale del 1927 fotografa la situazione

economica italiana, un anno dopo la nascita della “Grande Genova”; per

21 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 48.

113

CAPITOLO III (1914 – 1950)

questo motivo è possibile rinvenirvi soltanto i dati relativi ai comuni

polceveraschi interni, rimasti indipendenti (si vedano le tabelle XXI, XXII,

XXIII e XXIV alle pagg. 120, 121, 122 e 123).

Dai dati emerge che gli esercizi industriali dell’alta valle, che sono

appena 437 rispetto ai 547 del ramo commerciale, occupano comunque

quasi il 70 % della manodopera totale.

Il 28,15 % delle imprese industriali è riconducibile al settore della

lavorazione del legno (ad esempio segherie), il 21,28 % ai trasporti (in

particolare i servizi privati di corriera e carrozze), il 16,25 % all’alimentare

(pastifici, biscottifici, oleifici, produzione vinicola ecc.), il 13,50 %

all’abbigliamento ed arredamento, il 5,26 % all’industria meccanica, il 4,35

% ai servizi igienici e sanitari, il 3,89 % alle costruzioni, l’1,83 % alla

distribuzione di energia, luce, acqua e gas e l’1,60 % al tessile.

Prendendo in considerazione, invece, la distribuzione della manodopera

nell’industria, il settore tessile, da solo, occupa ben il 46,54 % della forza

lavoro nelle manifatture, mentre il 13,46 % di questa è impiegata

nell’alimentare, il 9,93 % nei trasporti, il 9,84 % nell’industria del legno, il

4,08 % nell’edilizia, il 3,81 % nell’abbigliamento e arredamento, il 2,41 %

nelle imprese estrattive, il 2,18 % nella distribuzione di energia, luce, acqua

e gas e il 2,09 % nella chimica.

114

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Sono valori che, quantitativamente e qualitativamente, riflettono una

realtà economica ancora arretrata, soprattutto rispetto alla neonata “Grande

Genova”.

Soltanto Campomorone presenta un quadro industriale di maggior

rilievo, dovuto principalmente ad alcune grandi imprese tessili e ad attività

di medie dimensioni nel comparto alimentare, senza trascurare l’estrazione

e la lavorazione dei marmi. Ceranesi, invece, conta un gran numero di

piccole aziende di lavorazione del legname, poche imprese tessili di medie

dimensioni, un piccola fonderia e una fabbrica chimica. Sant’Olcese vede

un modesto sviluppo nel tessile, nei trasporti e nell’alimentare (salumifici

per esempio). Mignanego, per la sua posizione di passaggio obbligato per

l’oltregiogo, registra la presenza di alcune società di trasporti, oltre che di

un colorificio e di due imprese edili degni di nota. Infine anche a Serra

Riccò, a distanza di quindici anni dal primo censimento industriale, si

segnala un leggero sviluppo imprenditoriale, principalmente in piccole

attività nell’alimentare, nei trasporti e nella lavorazione del legno: ciò

rappresenta un primo passo verso una sua lenta deruralizzazione, come

confermano, per esempio, i dati sull’alfabetizzazione in questi anni (si veda

al par. 3.2., cap. III).

Per quanto concerne le attività commerciali nell’alta Val Polcevera, il

44,06 % di queste è costituito da esercizi di vendita al minuto di generi

115

CAPITOLO III (1914 – 1950)

alimentari, il 32,54 % da servizi di ristorazione e pernottamento, il 12,61 %

dal commercio alimentare all’ingrosso e il 4,39 % dalla rivendita di filati,

tessuti e abbigliamento. Analoga ripartizione percentuale, in questi stessi

settori, si ha per quanto riguarda la manodopera attiva nel commercio.

Scendendo nel dettaglio, si può aggiungere che, se a Campomorone il

commercio alimentare al minuto ha un peso maggiore (rispetto alla media

dei cinque comuni considerati) a scapito del settore alberghiero e di

ristorazione, l’esatto contrario avviene a Ceranesi. Viceversa, questi due

settori si ridimensionano a Sant’Olcese, a favore del commercio alimentare

all’ingrosso, confermando la rilevanza della tradizione gastronomica di

questo comune.

2.2.2. Un esempio per la bassa valle: alcuni dati su Rivarolo Ligure

L’unico comune polceverasco, dei cinque annessi alla “Grande Genova”,

per cui è stato possibile disporre di dati statistici in ambito economico-

sociale, in questo periodo, è Rivarolo Ligure.

Soltanto questo centro supera il tetto minimo di 15.000 abitanti e quindi

rientra fra quelli, che, nel censimento generale della popolazione del Regno

del 1921, risultano oggetto di uno studio più particolareggiato.

116

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Da quest’analisi si deduce che il 40,6 % della popolazione (maschile e

femminile) di età superiore ai 10 anni, presente a Rivarolo nel 1921, è

impiegato nell’industria, il 5,2 % nel commercio, 2,2 % nell’agricoltura,

caccia e pesca, il 2,0 % nell’amministrazione pubblica e privata, l’1,2 %

nel culto, professioni ed arti liberali (tra cui, a titolo d’esempio, appena 12

medici, ben 17 levatrici ed anche 3 avvocati e 2 notai) e lo 0,7 % nei servizi

domestici; infine il 48,1 % risulta in condizioni non professionali, ovvero si

tratta di pensionati, studenti, casalinghe, disoccupati, nonchè proprietari e

benestanti (questi ultimi rappresentano lo 0,3 % della popolazione sopra i

10 anni).

Sono valori molto simili a quelli di altre due realtà fortemente

industrializzate, quali San Pier d’Arena e Sestri Ponente, che però

evidenziano un peso dell’agricoltura decisamente minore, anche per via

della loro conformazione territoriale22, mentre sviluppano maggiormente il

commercio e l’amministrazione pubblica e privata.

Il mercato del lavoro di Rivarolo, ancor più di quello genovese, è a

predominio maschile, per la prevalenza dell'industria pesante (il fenomeno

si accentuerà negli anni Trenta). L’83,3 % della popolazione femminile

rivarolese, di età superiore ai 10 anni, è in condizioni non professionali (il

22 Solo nel 1923 Sestri guadagnerà maggiore spazio agricolo con l’annessione del comune prevalentemente rurale di San Giovanni Battista.

117

CAPITOLO III (1914 – 1950)

dato scende al 15,3 % per gli uomini) e solo il 10,1 % è impiegato

nell’industria (contro il 69,1 % dei maschi).

Nel primo caso sono quasi tutte casalinghe, mentre nel secondo si tratta

soprattutto di impiegate nella sartoria e di operaie del tessile e della

produzione di trucioli e sughero.

Per quanto riguarda il settore industriale rivarolese (si veda la tabella

XXV a pag. 124), si osserva che il 29,50 % degli addetti è adibito ai

trasporti (gioca un ruolo importante la presenza dello scalo ferroviario), il

17,26 % all’industria meccanica, il 16,49 % alle costruzioni, il 6,84 alle

industrie del legno e affini (soprattutto carrozzerie, carpenterie e

falegnamerie), il 6,19 % all’abbigliamento (quasi tutte donne), il 4,44 %

alla siderurgia, il 3,16 all’alimentare ed il 3,11 % alle industrie tessili (quasi

tutte donne).

Dal punto di vista sociale, se andiamo a classificare le famiglie naturali

di Rivarolo, secondo la condizione sociale del capo famiglia, constatiamo

che il 45,1 % di queste è costituito da operai, il 28,2 % da persone di

servizio e fatica, il 4,8 % da impiegati pubblici, il 4,4 % da titolari di

rivendite, il 4,3 % da impiegati di aziende private e commessi di negozio,

lo 0,9 % da agricoltori (dato che va letto, considerando il maggior numero

di componenti dei nuclei familiari di quest’ultimo settore).

118

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Rivarolo, dunque, pur essendo il meno rurale e il più differenziato

socialmente di tutti i comuni della Val Polcevera, presenta comunque i

caratteri specifici della valle, che la distinguono rispetto ai centri del

ponente: un legame più forte con la terra ed un tessuto sociale, risultato di

un inserimento massiccio e accelerato di immigrazione operaia in questo

contesto agricolo, caratterizzato sino alla fine del XIX secolo da modesti

flussi commerciali interni.

Occorre inoltre ricordare, a titolo informativo, che ben il 26,7 % della

popolazione presente a Rivarolo nel 1921 ha meno di 16 anni: è il secondo

valore più alto (dopo Albenga, col 27,2 %, mentre Genova registra appena

il 21,0 %) tra quelli di tutti i centri di almeno 15000 abitanti della Liguria e

può contribuire a fornire un’immagine della vitalità, anche in prospettiva,

di questo comune della bassa Val Polcevera.

119

XXI. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927). INDUSTRIA (DATI ASSOLUTI)

Campomorone Ceranesi Mignanego Sant'Olcese Serra

Riccò TOTALE COMUNI

Esercizi 5 5 Miniere e cave Addetti 52 52 Esercizi 22 65 7 11 18 123 Industrie legno

e affini Addetti 31 131 10 15 25 212 Esercizi 18 11 3 13 26 71 Industrie

alimentari e affini Addetti 148 47 7 26 62 290

Esercizi 1 1 Industrie delle pelli, cuoi ecc. Addetti 2 2

Esercizi 1 1 Industria della carta Addetti 9 9

Esercizi 1 1 Industrie siderurgiche e metallurgiche Addetti 26 26

Esercizi 9 2 8 4 23 Industrie meccaniche Addetti 14 3 10 6 33

Esercizi 6 6 Lavorazione dei minerali,

esclusi metalli Addetti 21 21 Esercizi 7 3 2 3 2 17 Industrie delle

costruzioni Addetti 26 9 41 8 4 88 Esercizi 4 2 1 7 Industrie tessili Addetti 812 98 93 1.003

Esercizi 20 4 9 14 12 59 Industrie del vestiario,

abbigliamento e arredamento Addetti 27 4 15 17 19 82

Esercizi 8 3 4 4 19 Servizi igienici, sanitari e di

polizia urbana Addetti 14 3 6 4 27 Esercizi 1 1 2 Industrie

chimiche Addetti 17 28 45

Esercizi 4 1 2 1 8 Provvista e

distribuzione di forza motrice, luce, acqua,

calore Addetti 25 19 2 1 47

Esercizi 24 4 13 24 28 93 Trasporti e comunicazioni Addetti 40 8 79 40 47 214

Esercizi 1 1 Combinazioni di classi diverse Addetti 4 4

Esercizi 128 92 41 81 95 437 TOTALE INDUSTRIA Addetti 1.214 349 205 219 168 2.155

Fonte: ISTAT, Censimento industriale e commerciale al 15 ottobre 1927, Roma, 1928; vol. I: pp. 282, 283.

120

XXII. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927). COMMERCIO E TOTALE (DATI ASSOLUTI)

Campomorone Ceranesi Mignanego Sant'Olcese Serra Riccò TOTALE COMUNI

Esercizi 1 1 Credito e cambio Assicurazione Addetti 1 1

Esercizi 4 1 2 7 Animali vivi e materie prime per

agricoltura e industria Addetti 7 1 2 10

Esercizi 5 3 9 39 13 69

Com

mer

cio

all'i

ngro

sso

Generi alimentari

Addetti 8 8 27 62 28 133

Esercizi 2 1 3 Metalli, macchine, ecc. Addetti 2 1 3

Esercizi 78 26 51 47 39 241 Generi alimentari e affini Addetti 142 44 87 72 66 411

Esercizi 9 2 3 4 6 24 Filati, tessuti e oggetti per

l'abbigliamento Addetti 19 3 3 4 13 42 Esercizi 2 2 4

Mobili, vetrerie, ecc. Addetti 3 2 5 Esercizi 1 3 1 5 Oggetti d'arte, di

lusso, ecc. Addetti 2 7 1 10 Esercizi 5 1 1 1 8

Com

mer

cio

al m

inut

o

Prodotti chimici, medicinali, ecc. Addetti 9 1 2 1 13

Esercizi 46 33 30 35 34 178 Alberghi, trattorie, ecc. Addetti 78 83 50 42 52 305 Esercizi 2 1 3 Spettacoli pubblici Addetti 1 2 3 Esercizi 1 1 1 1 4 Gestioni diverse Addetti 1 2 1 4 Esercizi 156 72 94 129 96 547

TOTALE COMMERCIO Addetti 273 149 168 186 164 940

Esercizi 284 164 135 210 191 984 TOTALE INDUSTRIA E COMMERCIO Addetti 1.487 498 373 405 332 3.095

Vino 55 41 50 47 39 232 Esercizi con vendita di Liquori 19 4 9 6 8 46

Fonte: ISTAT, Censimento industriale e commerciale al 15 ottobre 1927, Roma, 1928; vol. I: pp. 284, 285.

121

XXIII. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927). INDUSTRIA (DATI RELATIVI)

Campomorone Ceranesi Mignanego Sant'Olcese Serra Riccò TOTALE COMUNI

Esercizi 3,91 0,00 0,00 0,00 0,00 1,14 Miniere e cave Addetti 4,28 0,00 0,00 0,00 0,00 2,41 Esercizi 17,19 70,65 17,07 13,58 18,95 28,15 Industrie legno

e affini Addetti 2,55 37,54 4,88 6,85 14,88 9,84 Esercizi 14,06 11,96 7,32 16,05 27,37 16,25 Industrie

alimentari e affini Addetti 12,19 13,47 3,41 11,87 36,90 13,46

Esercizi 0,00 0,00 0,00 1,23 0,00 0,23 Industrie delle pelli, cuoi ecc. Addetti 0,00 0,00 0,00 0,91 0,00 0,09

Esercizi 0,00 1,09 0,00 0,00 0,00 0,23 Industria della carta Addetti 0,00 2,58 0,00 0,00 0,00 0,42

Esercizi 0,00 1,09 0,00 0,00 0,00 0,23 Industrie siderurgiche e metallurgiche Addetti 0,00 7,45 0,00 0,00 0,00 1,21

Esercizi 7,03 0,00 4,88 9,88 4,21 5,26 Industrie meccaniche Addetti 1,15 0,00 1,46 4,57 3,57 1,53

Esercizi 4,69 0,00 0,00 0,00 0,00 1,37 Lavorazione dei minerali,

esclusi metalli Addetti 1,73 0,00 0,00 0,00 0,00 0,97

Esercizi 5,47 3,26 4,88 3,70 2,11 3,89 Industrie delle costruzioni Addetti 2,14 2,58 20,00 3,65 2,38 4,08

Esercizi 3,13 2,17 0,00 1,23 0,00 1,60 Industrie tessili Addetti 66,89 28,08 0,00 42,47 0,00 46,54

Esercizi 15,63 4,35 21,95 17,28 12,63 13,50 Industrie del vestiario,

abbigliamento e arredamento Addetti 2,22 1,15 7,32 7,76 11,31 3,81

Esercizi 6,25 0,00 7,32 4,94 4,21 4,35 Servizi igienici, sanitari e di

polizia urbana Addetti 1,15 0,00 1,46 2,74 2,38 1,25 Esercizi 0,00 1,09 2,44 0,00 0,00 0,46 Industrie

chimiche Addetti 0,00 4,87 13,66 0,00 0,00 2,09

Esercizi 3,13 0,00 2,44 2,47 1,05 1,83 Provvista e

distribuzione di forza

motrice, luce, acqua, calore

Addetti 2,06 0,00 9,27 0,91 0,60 2,18

Esercizi 18,75 4,35 31,71 29,63 29,47 21,28 Trasporti e comunicazioni Addetti 3,29 2,29 38,54 18,26 27,98 9,93

Esercizi 0,78 0,00 0,00 0,00 0,00 0,23 Combinazioni di classi diverse Addetti 0,33 0,00 0,00 0,00 0,00 0,19

Esercizi 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 TOTALE INDUSTRIA Addetti 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00

Fonte: ISTAT, Censimento industriale e commerciale al 15 ottobre 1927, Roma, 1928; vol. I: pp. 282, 283.

122

XXIV. NUMERO DEGLI ESERCIZI E DEGLI ADDETTI DISTINTI PER CLASSI NEI COMUNI INDIPENDENTI DELLA VAL POLCEVERA (1927). COMMERCIO (DATI RELATIVI)

Campomorone Ceranesi Mignanego Sant'Olcese Serra Riccò

TOTALE COMUNI

Esercizi 0,64 0,00 0,00 0,00 0,00 0,18 Credito e cambio Assicurazione Addetti 0,37 0,00 0,00 0,00 0,00 0,11

Esercizi 2,56 1,39 0,00 1,55 0,00 1,28 Animali vivi e materie prime per agricoltura e

industria Addetti 2,56 0,67 0,00 1,08 0,00 1,06

Esercizi 3,21 4,17 9,57 30,23 13,54 12,61

Com

mer

cio

all'i

ngro

sso

Generi alimentari

Addetti 2,93 5,37 16,07 33,33 17,07 14,15

Esercizi 1,28 0,00 0,00 0,00 1,04 0,55 Metalli, macchine, ecc.

Addetti 0,73 0,00 0,00 0,00 0,61 0,32 Esercizi 50,00 36,11 54,26 36,43 40,63 44,06 Generi alimentari e

affini Addetti 52,01 29,53 51,79 38,71 40,24 43,72 Esercizi 5,77 2,78 3,19 3,10 6,25 4,39 Filati, tessuti e oggetti

per l'abbigliamento Addetti 6,96 2,01 1,79 2,15 7,93 4,47 Esercizi 1,28 2,78 0,00 0,00 0,00 0,73

Mobili, vetrerie, ecc. Addetti 1,10 1,34 0,00 0,00 0,00 0,53 Esercizi 0,64 4,17 1,06 0,00 0,00 0,91 Oggetti d'arte, di

lusso, ecc. Addetti 0,73 4,70 0,60 0,00 0,00 1,06 Esercizi 3,21 1,39 0,00 0,78 1,04 1,46

Com

mer

cio

al m

inut

o

Prodotti chimici, medicinali, ecc. Addetti 3,30 0,67 0,00 1,08 0,61 1,38

Esercizi 29,49 45,83 31,91 27,13 35,42 32,54 Alberghi, trattorie, ecc. Addetti 28,57 55,70 29,76 22,58 31,71 32,45 Esercizi 1,28 0,00 0,00 0,00 1,04 0,55 Spettacoli pubblici Addetti 0,37 0,00 0,00 0,00 1,22 0,32 Esercizi 0,64 1,39 0,00 0,78 1,04 0,73 Gestioni diverse Addetti 0,37 0,00 0,00 1,08 0,61 0,43 Esercizi 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00

TOTALE COMMERCIO Addetti 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00 100,00

Fonte: ISTAT, Censimento industriale e commerciale al 15 ottobre 1927, Roma, 1928; vol. I: pp. 284, 285.

123

XXV. NUMERO DEGLI ADDETTI DISTINTI PER CLASSI A RIVAROLO LIGURE (1921). INDUSTRIA (DATI ASSOLUTI E RELATIVI)

NUMERO ASSOLUTO DI ADDETTI PERCENTUALE SUL TOTALE DEGLI

ADDETTI ALL'INDUSTRIA

Miniere e cave 44 0,46

Industrie legno e affini 659 6,84

Industrie alimentari e affini 305 3,16

Industrie delle pelli, cuoi ecc. 205 2,13

Industria della carta 16 0,17

Industrie siderurgiche e metallurgiche

428 4,44

Industrie meccaniche 1.664 17,26

Lavorazione dei minerali, esclusi

metalli 39 0,40

Industrie delle costruzioni 1.590 16,49

Industrie tessili 300 3,11

Industrie del vestiario,

abbigliamento e arredamento

597 6,19

Servizi igienici, sanitari e di

polizia urbana 41 0,43

Industrie chimiche 213 2,21

Provvista e distribuzione di forza motrice, luce, acqua,

calore

171 1,77

Trasporti e comunicazioni 2.844 29,50

Classi diverse 525 5,45

TOTALE INDUSTRIA 9.641 100,00

Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 1 dicembre 1921, Roma, 1926; vol. V: pp. 148, 150, 152,154, 156, 158, 160, 162.

124

CAPITOLO III (1914 – 1950)

3. ASPETTI DEMOGRAFICI

3.1. DAGLI ALBORI DELLA “GRANDE GENOVA” AL

SECONDO DOPOGUERRA: SVILUPPO ED EQUILIBRIO.

3.1.1. La “Grande Genova”

Tra gli anni che precedono il primo conflitto mondiale e quelli

dell’immediato secondo dopoguerra Genova è investita da notevoli

mutamenti territoriali e demografici.

Una consultazione dei censimenti generali della popolazione del Regno

d’Italia del 1911, 1921, 1931, 1936 e 1951 ci aiuterà nella ricostruzione

delle diverse fasi, che scandiscono questo lungo arco di tempo (si vedano le

tabelle XXVI e XXVII alle pagg. 138 e 139).

Nel 1921 la popolazione, residente nell’area dell’allora comune di

Genova, risulta di 304.108 unità, registrando un incremento del 14,53 % in

dieci anni, cioè rispetto al 1911.

Nel 1926 nasce per decreto la “Grande Genova”, che aggrega venti

comuni: Genova, Sampierdarena, Sestri Ponente (che nel 1923 aveva

125

CAPITOLO III (1914 – 1950)

annesso San Giovanni Battista), Cornigliano, Pegli, Pra’, Voltri, Rivarolo,

Borzoli, Bolzaneto, San Quirico, Pontedecimo, Apparizione, Bavari,

Molassana, Struppa, Quarto, Quinto, Nervi e Sant’Ilario.

Su questo nuovo territorio si censiscono, nel 1931, 590.736 abitanti, con

una crescita del 94,25 %, rispetto al dato del 1921, che è relativo però alla

vecchia superficie amministrativa. Se consideriamo infatti l’area,

corrispondente a Genova prima dell’unificazione del ’26, emerge che nel

1931 vi risiedono 330.336 persone e che l’incremento reale di questa in

dieci anni è di 8,62 %.

La città, quindi, che dal 1911 al 1921 continua a crescere

demograficamente ad un ritmo elevato, nonostante lo scoppio della prima

guerra mondiale (in particolare le frazioni di levante, annesse nel 1874,

segnano un aumento eccezionale di popolazione, in gran parte legato alla

presenza di vaste aree edificabili), negli anni Venti rallenta il proprio

sviluppo anche a causa, probabilmente, delle ripercussioni di medio

periodo della crisi successiva alla prima guerra mondiale.

In generale, però, l’andamento della crescita della popolazione, in questo

periodo, dipende in larghissima parte dai saldi migratori e quindi dalle

ragioni di tale forte corrente migratoria.

Uno dei principali fattori, che concorrono ad alimentare le immigrazioni

a Genova, è costituito dal forte aumento delle spese militari, effetto delle

126

CAPITOLO III (1914 – 1950)

crescenti tensioni internazionali, che finisce per beneficiare l'industria

genovese ed in particolare l'Ansaldo.

Oltre all'industria metalmeccanica pesante, anche l'edilizia attira

manodopera, grazie allo sviluppo abitativo e alle numerose infrastrutture, di

cui si dota la città in questo periodo.

Dai dati censuari sul luogo di nascita degli abitanti, è possibile trarre

delle stime indirette sulla provenienza delle correnti migratorie.

Nel 1921 i nati a Genova (ai confini storici) sono il 50,0 % dei residenti,

quelli in altri comuni liguri il 12,3 %. Il gruppo più numeroso dei nati in

altre regioni è quello piemontese, che, nello stesso anno, rappresenta sul

totale della popolazione genovese il 9,4 %. Seguono i toscani (4,7 %), gli

emiliani (4,3 %) e i lombardi (4,2 %). La presenza meridionale, sebbene

ancora contenuta, è in progressivo aumento: i nativi delle regioni del sud e

insulari, nel loro insieme, rappresentano l'8,0 % degli abitanti di Genova,

nel 1921.

D’altro canto i saldi demografici naturali a Genova in questo periodo,

pur essendo quasi sempre positivi, non influenzano sensibilmente gli

aumenti della popolazione, data la loro modesta entità, nonostante i

quozienti di mortalità genovesi siano nettamente più bassi dei valori

nazionali.

127

CAPITOLO III (1914 – 1950)

In quest’ottica è possibile notare un lento processo di invecchiamento

della popolazione, evidenziato dal graduale assottigliamento delle classi di

età giovanili e dalla contemporanea crescita delle classi di età matura

(46-55; 56-65) e degli anziani con più di 65 anni. Le cause sono da

ricercarsi nei bassi indici di natalità, che segnalano l'ingresso di Genova in

una fase ormai avanzata di transizione demografica.

Soltanto a partire dagli anni Trenta (in particolare tra il 1936 ed il 1938)

la politica pro-natalista del fascismo inizia a dare qualche piccolo frutto e

l'indice di natalità mostra una leggera ripresa.

Nel 1936 Genova, con 634.646 abitanti, registra un incremento di

popolazione del 7,43 % rispetto al 1931 (appena cinque anni prima).

Il progressivo superamento dei riflessi della crisi mondiale del ’29 e

soprattutto le positive ripercussioni della politica nazionale di riarmo

sull’apparato produttivo locale comportano una notevole ripresa dei flussi

migratori verso la città, determinanti per lo sviluppo economico ed urbano.

E’ dunque evidente, a Genova, il sostanziale fallimento delle misure

adottate dal fascismo, a partire dal 1931, contro l’urbanesimo (oltretutto

l’istituzione della “Grande Genova” si pone palesemente in contraddizione

con queste) e la persistente refrattarietà dei genovesi alla propaganda

natalista del regime.

128

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale si riscontra un decremento

della popolazione, dovuto a saldi naturali e migratori negativi. Dalla fine

del conflitto ai primi anni Cinquanta, invece, riprende forza l’immigrazione

ed aumenta il quoziente di natalità, che nel 1946 segna il record di 23 nati

vivi per 1000 abitanti.

Così Genova, nel 1951, censisce 688.447 residenti, registrando un

aumento dell’8,48 % rispetto alla popolazione del 1936. Tale dato, però, è

la media risultante dai diversi andamenti demografici dei tre quinquenni,

compresi tra il ’36 ed il ’51, che abbiamo precedentemente analizzato.

3.1.2. La Val Polcevera divisa

Lo studio dell’andamento demografico in Val Polcevera, relativo al

periodo 1914 – 1951, presenta alcune difficoltà nel reperimento dei dati.

Infatti, dal 1926, Bolzaneto, Borzoli, Pontedecimo, Rivarolo Ligure e

San Quirico, che entrano a far parte della “Grande Genova”, non figurano

più nei censimenti ufficiali, dove sono reperibili soltanto i dati concernenti

l’alta valle.

129

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Abbiamo dunque fatto ricorso ad alcune utili pubblicazioni1, per

integrare, ove possibile, l’insufficienza di informazioni.

Anche negli anni ’10 la bassa valle continua a registrare un sorprendente

sviluppo demografico. Nel 1921 Borzoli conta 10.830 residenti (con un

incremento rispetto al 1911 del 34,08 %), Rivarolo 28.440 (+24,33 %) e

Bolzaneto 12.043 (+22,24 %).

Più in linea con i tassi di crescita di Genova è Pontedecimo, con 6.360

abitanti (+13,43 %).

Mostrano invece segni di ripresa Mignanego, con 2.712 residenti (+5,53

%) e Serra Riccò, con 4.927 (+5,17 %).

Modesto è, per il momento, l’incremento di San Quirico, che conta 4.701

unità (+2,91 %).

Praticamente nulli o addirittura negativi i quozienti di crescita di

Sant’Olcese (4.516 ab.; +0,49 %), Campomorone (6.017 ab.; +0,08 %) e

Ceranesi (3.450 ab.; -2,24 %).

La generale flessione della crescita, registrata negli anni ’20, tocca in

misura minore i comuni della media vallata e Rivarolo. In quest’ultima,

ormai inglobata nella “Grande Genova”, nel 1931, si censiscono 32.072

1 COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995 e COMUNE DI GENOVA, Una moderna città d’acciaio – Costruzione e sviluppo della Grande Genova attraverso la statistica, Comune di Genova, Genova 2000.

130

CAPITOLO III (1914 – 1950)

residenti (+12,77 % rispetto al 1921). A San Quirico se ne contano 5.386

(+14,57 %) e a Pontedecimo 7.061 (+ 11,02 %).

Cresce notevolmente anche Mignanego, con 3.020 unità (+11,36 %).

Si risollevano Sant’Olcese (4.877 ab.; +7,99 %) e Campomorone (6.289

ab.; +4,52 %). Conferma la sua linea di sviluppo Serra Riccò (5.188 ab.;

+5.30 %), mentre Bolzaneto, con 12.523 abitanti (+3,99 %), Borzoli

(10.903 ab.; +0,67 %) e Ceranesi (3.495 ab.; +1.30 %) hanno una crescita

contenuta.

Dunque gli anni del dopoguerra segnano una rottura degli equilibri

precedenti: da questo momento, per quanto riguarda gli ex comuni

polceveraschi, sarà la media valle a segnare un costante sviluppo, mentre la

bassa valle continuerà a crescere, ma a ritmi più moderati.

I dati del censimento del 1936 confermano, infatti, la tendenza ad un

sostenuto incremento demografico di San Quirico, con 5.771 residenti

(+7,15 % rispetto a soli cinque anni prima), e di Pontedecimo con 7.525

(+6,57 %). Riprende a crescere anche Bolzaneto (13.333 ab.; +6,47 %).

Seguono Rivarolo (33.345 ab.; +3,97 %), Serra Riccò (5.377 ab.; +3,64

%) e Borzoli (11.258 ab.; +3,26 %).

Quasi stazionarie sono Mignanego (3.045 ab.; +0.83 %) e Ceranesi

(3.505 ab.; + 0,29 %).

131

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Si contrae la popolazione di Sant’Olcese (4.770 ab.; -2,19 %) e

Campomorone (6.040 ab.; -3,96 %).

In questi anni riprendono dunque forza i flussi migratori verso Genova e

la Val Polcevera genovese, che fanno parte dell’ormai consolidato

triangolo industriale (insieme a Milano e Torino).

La politica di riarmo del regime, infatti, fa sì che la Val Polcevera

richiami manodopera nelle sue numerose imprese siderurgiche e

metalmeccaniche.

Guglielmo Chiantella, dirigente della sezione statistica del Comune di

Genova, scrive nel 1938: “larghe correnti migratorie in cui restano

sommerse esigue attività di saldi demografici, forti maggioranze operaie

che premono su sparute, residue minoranze agricole… complessa sindrome

tipica dell’inurbamento…”2. Questa descrizione della situazione genovese,

si rivela particolarmente calzante soprattutto per la Val Polcevera, da poco

annessa.

Il fenomeno si protrae fino allo scoppio della seconda guerra mondiale,

durante la quale si registra un’ovvia riduzione della popolazione. Con la

fine del conflitto, gli indici di crescita torneranno ad essere positivi.

Così gli incrementi demografici tra i censimenti del 1936 e 1951

risultano piuttosto bassi, a causa del “buco” del periodo bellico.

2 CHIANTELLA G., Genova alla luce della demografia, Comune di Genova, 1938, p. 36.

132

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Nel 1951 si censiscono 7.090 residenti a San Quirico (con un incremento

del 22,86 % rispetto al 1936), 3.612 a Mignanego (+18,62 %), 12.741 a

Borzoli (+13,17 %), 8.454 a Pontedecimo (+12,35 %), 14.807 a Bolzaneto

(+11,06 %), 5.233 a Sant’Olcese (+9,71 %), 5.754 a Serra Riccò (+7,01 %),

6.167 a Campomorone (+2,10 %), 33.797 a Rivarolo (+1,36%) ed infine

3.427 a Ceranesi (-2,23 %).

Continua dunque la crescita demografica di San Quirico, mentre il resto

della bassa e media valle (a parte la battuta di arresto di Rivarolo) segue

l’andamento di Genova, in cui è ormai inserita.

D’altra parte l’alta valle, che durante la guerra è meta dei molti sfollati

(dato il minor numero di bombardamenti subiti), vede comunque il

ridimensionamento di Campomorone, la conferma del declino di Ceranesi,

una sorprendente ripresa di Mignanego ed una moderata crescita di

Sant’Olcese e Serra Riccò.

133

CAPITOLO III (1914 – 1950)

3.2. L’URBANIZZAZIONE, LA FAMIGLIA E L’ISTRUZIONE.

Lo studio di alcuni temi specifici, all’interno della nostra indagine

demografica, ci permette di completare il quadro finora delineato.

Analizzando i dati del censimento generale della popolazione del Regno

del 1921, appare ovvio che il perdurare dello sviluppo demografico nella

Val Polcevera determina un generalizzato aumento della densità media

abitativa, rispetto al 1911 (si vedano le tabelle XXVIII e XIX alle pagg.

140 e 141).

Tale indice nel ’21, con riguardo a tutto il territorio, sale a 5,26 abitanti

per ettaro, ma, come già riscontrato più volte, arriva 15,19 ab./ha, se

consideriamo solo la bassa e media valle, mentre si ferma a 1,82 ab./ha per

l’alta valle.

La dirompente crescita della prima e la sostanziale stasi della seconda,

sono strettamente collegate con l’ormai consolidato fenomeno

dell’inurbamento.

Nei comuni situati lungo il basso e medio corso del Polcevera la

percentuale di popolazione presente, che vive nei centri agglomerati, sale

nel 1921 all’82,66 %, grazie soprattutto alla forte urbanizzazione nelle

frazioni collinari di Bolzaneto (che nel complesso passa all’85,16 % di

popolazione agglomerata) e di Pontedecimo (idem 92,86 %, sorpassando la

134

CAPITOLO III (1914 – 1950)

stazionaria Rivarolo). Il fenomeno si attenua, invece, a San Quirico (idem

62,05 %) e soprattutto a Borzoli (idem 63,35 %) dove, in particolare a

Fegino, cresce maggiormente la popolazione che vive sparsa.

Non riteniamo sia possibile dare spiegazioni scientificamente motivate

dei dati, nelle singole frazioni, ma è fuor di dubbio che a livello più

generale si possano effettuare alcune considerazioni.

Infatti, se permane l’impressione che gli unici comuni quasi

esclusivamente industriali, dei cinque sopra considerati, siano Rivarolo

Ligure e Bolzaneto, mentre gli altri possano definirsi ancora industriali-

rurali, è comunque evidente il rapido processo di deruralizzazione,

associato al forte sviluppo edilizio, di Pontedecimo.

Passando ai comuni più interni, nel 1921 la popolazione sparsa scende al

65,66 % del totale di quella presente, principalmente a causa

dell’inurbamento di alcune frazioni di Serra Riccò. Al contrario,

Mignanego vede un incremento percentuale di popolazione in case sparse.

In generale, in tutta la Val Polcevera nello stesso anno ben il 70,28 %

della popolazione presente vive in centri urbani.

Una delle conseguenze del fenomeno dell’urbanizzazione è rappresentata

dal controllo dei comportamenti riproduttivi da parte della popolazione.

Si osserva difatti, da alcune elaborazioni pubblicate, che nel 1931 i

comuni industrialmente più rilevanti della Val Polcevera, entrati nel

135

CAPITOLO III (1914 – 1950)

frattempo a far parte della “Grande Genova”, presentano mediamente

nuclei familiari decisamente meno numerosi rispetto al 1911 (si veda la

tabella XXX a pag. 142).

In particolare Borzoli scende a 3,83 componenti in media per famiglia e

Bolzaneto a 3,82. Tutti i valori, comunque, a parte Rivarolo (3,74), si

posizionano al di sopra della media cittadina (3,75), specialmente San

Quirico (4,13). Ciò va di pari passo col fatto che il quoziente di natalità

degli ex-comuni presi in considerazione risulta superiore a quello di

Genova nel suo insieme.

Dunque, per quanto sviluppata economicamente e socialmente, la bassa e

media Val Polcevera mantiene ancora alcuni elementi di non completa

urbanizzazione, residui di un mondo rurale, che solo cinquant’anni prima le

faceva da sfondo.

Leggendo i dati, relativi all’istruzione della popolazione nel 1921 e 1931

(per quest’ultima data è possibile avere informazioni solamente sui comuni

dell’alta valle), si ha la conferma di una distribuzione non del tutto

omogenea dell’alfabetizzazione sul territorio (si vedano le tabelle XXXI e

XXXII alle pagg. 143 e 144).

Si riscontra un generale miglioramento della situazione, in particolare a

Serra Riccò, dove la percentuale di coloro che sanno leggere sul totale dei

residenti dai sei anni di età in su, nel 1921 sale a 88 e nel 1931 a 98.

136

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Notevoli progressi compiono anche Rivarolo (con il 92 % di alfabetizzati

nel ’21) e Borzoli (89 % nello stesso anno).

Infine è possibile notare, ormai ovunque, un sostanziale equilibrio tra il

dato maschile e quello femminile.

137

XXVI. POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1911–1951).

1911 1921 1931 1936 1951

Bolzaneto * 9.852 12.043 12.523 13.333 14.807

Borzoli * 8.077 10.830 10.903 11.258 12.741

Pontedecimo * 5.607 6.360 7.061 7.525 8.454

Rivarolo Ligure * 22.874 28.440 32.072 33.345 33.797

San Quirico * 4.568 4.701 5.386 5.771 7.090

Campomorone 6.012 6.017 6.289 6.040 6.167

Ceranesi 3.529 3.450 3.495 3.505 3.427

Mignanego 2.570 2.712 3.020 3.045 3.612

Sant'Olcese 4.494 4.516 4.877 4.770 5.233

Serra Riccò 4.685 4.927 5.188 5.377 5.754

TOT. VAL POLCEVERA 72.268 83.996 90.814 93.969 101.082

BASSA E MEDIA VALLE 50.978 62.374 67.945 71.232 76.889

ALTA VALLE 21.290 21.622 22.869 22.737 24.193

GENOVA 265.533 304.108 590.736 634.646 688.447

LIGURIA 1.207.095 1.337.979 1.422.596 1.466.820 1.566.961

ITALIA 36.921.000 37.856.000 41.043.000 42.399.000 47.516.000

* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.

Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.

138

XXVII. INCREMENTO DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1911–1951).

incremento

% 1911 - 1921

incremento % 1921 -

1931

incremento % 1931 -

1936

incremento % 1936 -

1951

Bolzaneto * 22,24 3,99 6,47 11,06

Borzoli * 34,08 0,67 3,26 13,17

Pontedecimo * 13,43 11,02 6,57 12,35

Rivarolo Ligure * 24,33 12,77 3,97 1,36

San Quirico * 2,91 14,57 7,15 22,86

Campomorone 0,08 4,52 -3,96 2,10

Ceranesi -2,24 1,30 0,29 -2,23

Mignanego 5,53 11,36 0,83 18,62

Sant'Olcese 0,49 7,99 -2,19 9,71

Serra Riccò 5,17 5,30 3,64 7,01

TOT. VAL POLCEVERA 16,23 8,12 3,47 7,57

BASSA E MEDIA VALLE 22,35 8,93 4,84 7,94

ALTA VALLE 1,56 5,77 -0,58 6,40

GENOVA 14,53 94,25 7,43 8,48

LIGURIA 10,84 6,32 3,11 6,83

ITALIA 2,53 8,42 3,30 12,07

* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.

Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.

139

XXVIII. URBANIZZAZIONE NELLA BASSA VAL POLCEVERA (1921).

Territorio comunale Popolazione presente di fatto

COMUNI E FRAZIONI Superficie (ha)

Altimetria (m) in totale %

agglomerata % sparsa

Densità di popolazione

(ab./ha)

Bolzaneto 47 7.779 100,00

Murta 185 3.118 59,88 40,12

Brasile 198 234 27,35 72,65

Cremeno 150 925 60,22 39,78

TOT. BOLZANETO 1.150 12.056 85,16 14,84 10,48

Borzoli 69 6.663 61,82 38,18

Fegino 50 4.011 65,89 34,11

TOT. BORZOLI 1.120 10.674 63,35 36,65 9,53

Pontedecimo 87 5.166 100,00

Cesino 210 1.195 62,01 37,99

TOT. PONTEDECIMO 314 6.361 92,86 7,14 20,26

Rivarolo Superiore 36

Rivarolo Inferiore 18

Teglia 30

Begato 275

Geminiano 215

TOT. RIVAROLO LIGURE 985 28.536 89,93 10,07 28,97

San Quirico in V.P. 83 2.094 96,85 3,15

San Biagio 198 1.277 20,60 79,40

Morego 130 1.304 46,78 53,22

TOT. SAN QUIRICO IN V.P. 532 4.675 62,05 37,95 8,79

TOTALE BASSA E MEDIA VAL POLCEVERA 4.101 62.302 82,66 17,34 15,19

TOTALE GENOVA 3.425 25 316.217 100,00 92,33

Fonte (per le tabelle XXVIII e XXIX): PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 1 dicembre 1921, Roma, 1926; vol. V: pp. 15, 16, 17, 18, 19, 43, 44, 45.

140

XXIX. URBANIZZAZIONE NELL'ALTA VAL POLCEVERA E TOTALE (1921). Territorio comunale Popolazione presente di fatto

COMUNI E FRAZIONI Superficie (ha)

Altimetria (m) in totale %

agglomerata % sparsa

Densità di popolazione

(ab./ha)

Campomorone 118 2.054 100,00 Isoverde 207 1.280 93,75 6,25 Larvego 200 835 59,64 40,36 Gallaneto 282 595 71,43 28,57 Cravasco 447 274 35,40 64,60 Pietralavezzara 490 310 65,48 34,52 Langasco 347 724 50,28 49,72 TOTALE CAMPOMORONE 2.560 6.072 79,73 20,27 2,37 Ceranesi 307 1.152 32,03 67,97 Livellato 364 1.153 15,78 84,22 Torbi 340 296 31,76 68,24 Paravanico 430 804 30,72 69,28 TOTALE CERANESI 3.083 3.405 26,20 73,80 1,10 Fumeri 411 823 43,50 56,50 Mignanego 180 626 42,81 57,19 Paveto 412 399 10,53 89,47 Giovi 360 586 22,70 77,30 Montanesi 417 269 100,00 TOTALE MIGNANEGO 1.370 2.703 29,63 70,37 1,97 Sant'Olcese 335 746 19,97 80,03 Vicomorasso 300 683 100,00 Bevegni 275 353 100,00

Manesseno 153 1.337 100,00

Comago 192 513 100,00 Casanova 310 547 100,00 Trensasco 280 269 100,00

SANT'OLCESE 2.177 4.448 3,35 96,65 2,04

Pedemonte 140 1.079 49,12 50,88 San Cipriano 239 1.515 1,91 98,09 Serra Riccò 400 727 6,46 93,54 Valleregia 350 786 2,29 97,71 Orero 504 720 8,47 91,53

TOTALE SERRA RICCO' 2.626 4.827 14,19 85,81 1,84

TOTALE ALTA VAL POLCEVERA 11.816 21.455 34,34 65,66 1,82

TOTALE VAL POLCEVERA 15.917 83.757 70,28 29,72 5,26

141

XXX. FAMIGLIE DI CENSIMENTO PER NUMERO DEI MEMBRI NELLA VAL POLCEVERA ANNESSA ALLA "GRANDE GENOVA" (1931).

FAMIGLIE COMPOSTE DI MEMBRI (VALORI PERCENTUALI)

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 e

più

Bolzaneto 8,74 15,42 18,14 28,71 14,75 7,88 3,48 1,62 0,55 0,43 0,18 0,03 0,00 0,06 0,00 0,00

Borzoli 7,35 14,80 23,83 23,37 15,18 9,21 3,20 1,83 0,84 0,21 0,11 0,04 0,00 0,04 0,00 0,00

Pontedecimo 7,22 17,38 24,61 22,98 13,53 7,93 3,20 1,52 0,81 0,49 0,22 0,05 0,00 0,05 0,00 0,00

Rivarolo 9,52 15,78 24,31 22,32 14,73 7,05 3,75 1,49 0,63 0,23 0,12 0,01 0,04 0,01 0,00 0,00

San Quirico 5,37 14,81 21,64 23,10 17,04 8,14 4,83 2,00 1,69 0,54 0,69 0,08 0,08 0,00 0,00 0,00

TOTALE "GRANDE GENOVA"

10,81 18,47 22,97 20,61 13,30 7,19 3,62 1,68 0,75 0,34 0,16 0,05 0,02 0,01 0,00 0,01

Numero medio di componenti

per famiglia

Bolzaneto 3,82

Borzoli 3,83

Pontedecimo 3,84

Fonte: COMUNE DI GENOVA, Una moderna città d’acciaio – Costruzione e sviluppo della Grande Genova attraverso la statistica, Comune di Genova, Genova 2000; p. 90.

Rivarolo 3,74

San Quirico 4,13

TOTALE "GRANDE GENOVA"

3,75

XXXI. Censiti in età di 6 anni e più che sapevano leggere nei Comuni della Valpolcevera (1921).

CENSITI IN ETA' DI 6 ANNI E PIU', CHE RISPOSERO AL QUESITO

in complesso che sapevano leggere

SU 100 CENSITI IN ETA' DI 6 ANNI

E PIU' SAPEVANO LEGGERE

MF M F MF M F MF M F

Bolzaneto * 10.983 5.574 5.409 9.887 5.040 4.847 90 90 90

Borzoli * 9.466 4.882 4.584 8.468 4.352 4.116 89 89 90

Pontedecimo * 5.762 2.804 2.958 5.328 2.608 2.720 92 93 92

Rivarolo Ligure * 25.957 13.389 12.568 23.783 12.405 11.378 92 93 91

San Quirico in Val Polcevera * 4.217 2.125 2.092 3.865 1.971 1.894 92 93 91

Campomorone 5.484 2.495 2.989 4.976 2.223 2.753 91 89 92

Ceranesi 3.065 1.539 1.526 2.935 1.466 1.469 96 95 96

Mignanego 2.492 1.222 1.270 2.402 1.187 1.215 96 97 96

Sant'Olcese 3.906 2.021 1.885 3.423 1.765 1.658 88 87 88

Serra Riccò 4.294 2.223 2.071 3.795 1.920 1.875 88 86 91

TOTALE VAL POLCEVERA 75.626 38.274 37.352 68.862 34.937 33.925 91 91 91

GENOVA 293.783 143.427 150.356 276.170 136.298 139.872 94 95 93

* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.

Fonte: PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, Censimento della popolazione del Regno d’Italia al 1 dicembre 1921, Roma, 1926; vol. V: pp. 111, 112.

XXXII. Censiti in età di 6 anni e più che sapevano leggere nei Comuni indipendenti della Valpolcevera (1931).

CENSITI IN ETA' DI 6 ANNI E PIU' SU 100 CENSITI IN ETA' DI 6 ANNI E PIU' SAPEVANO

LEGGERE in complesso che sapevano leggere

MF M F MF M F MF M F

5.663 2.649 3.014 5.365 2.507 2.858 95 95 95 Campomorone

3.065 1.547 1.518 2.925 1.491 1.434 95 96 94 Ceranesi

2.683 1.322 1.361 2.505 1.235 1.270 93 93 93 Mignanego

4.347 2.252 2.095 4.068 2.095 1.973 94 93 94 Sant'Olcese 1 5.443 2.812 2.631 5.320 2.740 2.580 98 97 98 Serra Riccò

TOTALE COMUNI 21.201 10.582 10.619 20.183 10.068 10.115 95 95 95

559.094 269.728 289.366 527.210 256.521 270.689 94 95 94 GENOVA

1 E' compresa la frazione di Orero (893 ab. di 6 anni e più, di cui 869, cioè il 97%, sapevano leggere).

Fonte: ISTAT, VII censimento generale della popolazione, 21 aprile 1931 – IX, Roma, 1933; vol. III, fascicolo 7 (provincia di Genova): pp. 119, 120.

CAPITOLO III (1914 – 1950)

4. URBANISTICA ED EDILIZIA

4.1. LA NASCITA DELLA “GRANDE GENOVA” E IL RUOLO

DELLA VAL POLCEVERA.

Tra la fine del 1925 e la metà del 1926, in pochi mesi, si completa il

processo di unificazione, che porta alla creazione della “Grande Genova”,

primo risultato della politica amministrativa del Governo fascista. In

conseguenza di ciò, la superficie del territorio comunale passa da 3.400

ettari ad oltre 23.0001.

Al di là della retorica del regime, che mediante la nuova “creatura”

enfatizza un immaginario rilancio del ruolo di Genova nella Storia, è

evidente che, di fatto, i motivi sostanziali della scelta vanno ricercati

altrove, ovvero nel fenomeno della “conurbazione”, che aveva riguardato a

partire dalla fine dell’Ottocento, in maniera differenziata, tutta l’area dei

comuni annessi nel ‘26.

1 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 39.

145

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Lo sviluppo industriale, in Val Polcevera e nel Ponente, e quello

residenziale, in Val Bisagno e nel Levante, avevano determinato

un’espansione dei precedenti insediamenti abitativi, tale da metterli in

connessione diretta tra loro, creando in pratica un’unica fascia urbana da

Voltri a Nervi, con le diramazioni lungo il Polcevera ed il Bisagno.

E’ da notare, però, come la città si fosse espansa progressivamente ed

abbastanza uniformemente verso Levante, assorbendo i vecchi nuclei delle

frazioni, mentre i centri della Val Polcevera e del Ponente avevano

continuato, nonostante gli effetti dirompenti dell’industrializzazione, a

conservare caratteristiche specifiche e caratteri di forte identità2.

In linea generale, nel periodo dell’unificazione, gli sviluppi delle

componenti demografiche, economico-industriali, urbanistiche, oltre che

storiche delle future “delegazioni” risultano, comunque, talmente difformi

fra loro, da rendere la “Grande Genova”, per molti anni, nient’altro che la

sommatoria di realtà diverse.

Il tradizionale impegno dei vecchi municipi del Ponente, nel pianificare

sviluppo economico e città subisce una brusca interruzione. E’ evidente a

Genova, come in altre città, il disinteresse dell’urbanistica del regime verso

i problemi delle periferie urbane, documentato dal divario tra l’impegno per

i piani del centro (per esempio piazza della Vittoria e piazza Dante) e la

2 COMUNE DI GENOVA, Piano Regolatore Generale, 1959, relazione illustrativa, p. 149.

146

CAPITOLO III (1914 – 1950)

normale routine, che caratterizza la gestione edilizia nelle altre zone della

città3.

L’unificazione amministrativa e, negli anni Trenta, le trasformazioni del

centro determinano una gerarchizzazione del sistema insediativo, con

un'area centrale, che assume il ruolo di vertice rappresentativo ed insieme

di city direzionale e finanziaria della nuova “metropoli” e con una

articolazione delle zone intermedie e delle periferie, che accentua gli

elementi di specializzazione già consolidati nel periodo precedente, spesso

descritti attraverso le formule: “Val Polcevera e Ponente a carattere

industriale ed operaio” e “Levante a connotazione residenziale e

borghese”4.

3 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 39. 4 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, pp. 10, 11, 40.

147

CAPITOLO III (1914 – 1950)

4.2. LA CRISI EDILIZIA DEL PRIMO DOPOGUERRA: LE

SOLUZIONI.

4.2.1. Il dopoguerra e l’emergenza abitativa: le Case Rifugio

L’immigrazione, a Genova ed in Val Polcevera, tocca uno dei suoi picchi

massimi negli anni ’10, quando il forte aumento della produzione a scopo

bellico si accompagna ad un’imponente crescita occupazionale.

Il dirompente sviluppo demografico non trova però sufficiente riscontro

nella disponibilità edilizia dell’epoca e, così, prevalgono situazioni di

adattamento ad alloggi plurifamiliari sovraffollati e spesso privi dei servizi,

atti a garantire le minime condizioni di igienicità5.

Al termine del conflitto la produzione industriale entra in crisi, a causa

della difficile riconversione dell’industria pesante, presente nel Ponente e

nella bassa Val Polcevera, determinando, quindi, un forte aumento della

disoccupazione; molte famiglie, rimaste senza salario e spesso di recente

immigrazione, si trovano nella condizione di non poter più far fronte alle

spese d’affitto6.

5 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 150. 6 Rivista Municipale del Comune di Genova, gennaio 1933, pp. 47, 48.

148

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Molti tentano delle soluzioni “di fortuna”, occupando soffitte, magazzini

o vere e proprie baracche di lamiera, costruite lungo i greti dei torrenti e sui

terreni incolti. L’entità del degrado assume dimensioni tali da indurre

l’amministrazione comunale di Genova ad intervenire, realizzando, a

partire dal 1923, il piano delle cosiddette Case Rifugio municipali7.

Le prime strutture vengono costruite in Val Bisagno, mentre, dopo le

parentesi di Villa Pittaluga a Teglia e delle baracche in località Cabona a

Rivarolo, dal 1930, apre il Rifugio di Fegino, in Val Polcevera; questo è

costituito da due nuclei distinti: uno all’interno di un antico stabilimento di

maglie della ditta Sanguineti, formato da 70 stanze per altrettante famiglie;

il secondo, situato in un edificio dell’Ansaldo e suddiviso in 60 vani. La

capacità totale del complesso è, dunque, di 130 famiglie, per un ammontare

di oltre 700 persone, ovvero la metà della disponibilità complessiva, offerta

dall’insieme delle strutture comunali di questo tipo8.

Le condizioni abitative non sono delle migliori. Più che tese a risolvere il

problema, le scelte dell’amministrazione genovese sembrano, piuttosto,

volerlo isolare, creando una sorta di ghetto del disagio economico.

Di notevole interesse è, inoltre, un progetto non realizzato del 1934, di

autore sconosciuto, per la costruzione di tre case rifugio a Borzoli, che

7 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 143. 8 COMUNE DI GENOVA, Rivista Municipale, gennaio 1933, p. 54.

149

CAPITOLO III (1914 – 1950)

prevede la realizzazione di 156 alloggi di taglio molto piccolo, variabili tra

i 25 ed i 40 metri quadri, comprensivi di cucina, servizi igienici e accesso

indipendente. Particolarmente significativa è la presenza di una notevole

dotazione di servizi, quali asili, cappella ecc.; il tutto sistemato all’interno

di un’ampia zona verde9.

4.2.2. Le case popolari a Rivarolo

Gli anni della prima guerra mondiale e l’immediato dopoguerra segnano

un periodo di stasi nell’attività edilizia, che interessa anche le abitazioni

destinate alle classi meno agiate.

Tra il 1916 ed il 1917 l’Istituto Case Popolari riprende molto lentamente,

a causa della scarsità di stanziamenti disponibili, la propria attività10.

Con particolare riferimento alla Val Polcevera, bisogna osservare che

questi comuni non si caratterizzano per un impegno significativo

nell’edilizia pubblica.

L’unico intervento riscontrabile riguarda il Comune di Rivarolo Ligure,

che tenta a più riprese di affrontare il problema della crisi degli alloggi.

9 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, pp. 143, 144. 10 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 144.

150

CAPITOLO III (1914 – 1950)

Dall’inizio del secolo il Comune aveva subito una rapida trasformazione:

da agglomerato rurale aveva progressivamente assunto i caratteri di un

importante centro industriale11.

Al contrario l’industria edilizia subisce, nel periodo postbellico, una

quasi totale paralisi, determinando una situazione abitativa molto grave, per

affrontare la quale, secondo stime effettuate nel ’26, sarebbe stata

necessaria la costruzione di almeno 400 alloggi per 1.600 vani. A fronte di

questo fabbisogno e della mancanza di mezzi finanziari adeguati, il

Municipio di Rivarolo si limita a progettare un intervento per 49 alloggi.

Neanche questa seconda programmazione ha buon esito, in quanto il

Governo si limita a stanziare 50.000 lire, pari ad appena il 4,24 % della

spesa.

Viene conseguentemente ridimensionato anche tale progetto, con la

previsione di un intervento di 24 appartamenti.

Il Comune di Rivarolo, infine nel 1925, realizza 11 “casette” per sfrattati

in via Cesare Battisti. L’intervento è attuato in soli 3 mesi; non si tratta di

costruzioni stabili, ma di baracche, composte di un solo vano e cucina più

servizio, con accesso indipendente a schiera12.

11 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 153. 12 BALLETTI F. GIONTONI B., Una città tra le due guerre – Culture e trasformazioni urbanistiche, De Ferrari, Genova, 1990, p. 153.

151

CAPITOLO IV

(1950 – 1980)

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

1. I TRASPORTI

1.1. IL “BOOM” DELL’AUTO E LA COSTRUZIONE DELLE

AUTOSTRADE.

La stasi nella progettazione e nella costruzione di nuove linee ferroviarie

continua anche nel secondo dopoguerra.

L’unica modifica sostanziale dei percorsi originari giunge negli anni

Sessanta, con il completamento e l'entrata in esercizio dell'impianto noto

come “Bivio Granarolo”, che connette la stazione di Genova Principe

direttamente con la linea della “Succursale”, all'altezza di Rivarolo,

evitando il passaggio per le stazioni di Sampierdarena e Rivarolo.

I lavori per la costruzione del bivio erano iniziati nel corso degli anni

Trenta e avevano compreso l’escavazione delle due gallerie, che ancor oggi

terminano presso il torrente Torbella partendo da Principe, il viadotto che

attraversa piazza Pallavicini e il ponte sul Polcevera, posizionato qualche

centinaio di metri a nord di quello già esistente1.

1 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 26.

153

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

A Trasta, in Val Polcevera, nel 1940 era sorta una grande officina per la

manutenzione dei vagoni ferroviari, in affiancamento a quella preesistente

di Campi. Negli anni ‘50, a Pontedecimo si stabilisce un impianto privato,

specializzato nella revisione dei carri-cisterna, usati per lo spostamento del

greggio e dei prodotti finiti da parte delle aziende di trasformazione degli

oli minerali e degli idrocarburi, presenti a San Quirico2.

Se sono, dunque, pochi gli esempi di interventi sulla linea ferroviaria, in

questi anni, non si può dire altrettanto riguardo al trasporto su gomma.

Nel 1958, infatti, viene attuata la trasformazione della Strada Camionale

dei Giovi in autostrada, mediante il suo raddoppio e prolungamento fino a

Milano. Il tracciato della vecchia “camionale” viene dunque a costituire

l'ultimo tratto discendente (50 km) della nuova Autostrada A7, Milano -

Genova3.

La costruzione della A7 risponde alla crescente esigenza, in questo

periodo, di supportare lo sviluppo del trasporto automobilistico privato:

sono gli anni della motorizzazione di massa, in cui gioca un ruolo centrale

la crescita produttiva della FIAT, in particolare nel segmento rappresentato

da veicoli versatili dai costi accessibili.

2 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 31. 3 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 69.

154

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Nel 1961 partono i lavori per la realizzazione dell’imponente viadotto

“Polcevera”, progettato dall’architetto Riccardo Morandi ed inaugurato nel

1967, che collega la Genova - Serravalle con la nuova Autostrada della

riviera di Ponente, distogliendo il relativo traffico dal percorso urbano.

Il viadotto, in cemento armato precompresso, alto 45 metri, largo 18,

lungo 1.102, con la campata maggiore di ben 207,88 metri, costituisce un

primato europeo per l’epoca4.

1.2. IL CAMMINO DEL TRASPORTO PUBBLICO GENOVESE

VERSO LA MUNICIPALIZZAZIONE.

1.2.1. Bassa e media Val Polcevera dalla UITE alla AMT

Dopo la fine della seconda guerra mondiale, la UITE si trova in uno stato

di particolare criticità: a causa anche di requisizioni e bombardamenti

subiti, il parco tranviario si è ridotto di oltre due terzi, mentre la richiesta di

trasporto è salita del 48 % rispetto all'anteguerra.

4 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p.69 e TOLOZZI R., Dizionario delle strade di Genova, Compagnia dei librai, Genova, 1985, vol. primo: p. 286.

155

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Per ovviare momentaneamente al problema, viene riparata gran parte dei

mezzi e le officine aziendali costruiscono dei convogli articolati ad elevate

prestazioni e capacità, ottenuti mediante l'accorpamento di vetture a due

assi con altre, eliminando l'impiego delle rimorchiate, giudicate

antieconomiche. Le nuove articolate circolano, a partire dal 1950, sulle

direttrici principali a forte traffico e a lunga percorrenza, come quella

polceverasca sulle linee 7 e 11 (con capolinea a Pontedecimo), ma il

servizio continua a rimanere deficitario rispetto alle esigenze dell’utenza5.

In questi anni, nel centro città, i filobus cominciano a sostituire i tram6,

mentre in Val Polcevera la UITE propone un programma di introduzione di

autolinee “celeri”, allo scopo di coprire nuove zone e parte delle tranvie in

fase di soppressione.

Per incrementare l’ormai insufficiente parco automobilistico, nel 1951,

la UITE noleggia dalla società CINTIA S.p.A. di Roma un lotto di 35

autobus costruiti da FIAT e Lancia. I mezzi vengono destinati alle “linee

celeri”, che hanno il compito di collegare velocemente, a fronte di tariffe

più alte, i punti estremi della città: prima la “C” (Pontedecimo - Foce) e poi

5 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, pp. 49, 50 e AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 259. 6 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 260.

156

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

la “S” (Bolzaneto - Ospedale San Martino) avvicinano la Val Polcevera al

centro ed al levante cittadino.

Verso la metà degli anni Cinquanta si attuano collegamenti, inizialmente

provvisori, con le frazioni collinari di Murta, Cesino, San Cipriano, Garbo,

Geminiano e Begato, che successivamente acquisiscono carattere di

stabilità, garantita dall'assegnazione alla linea di una lettera o numero. Su

queste linee, denominate ad “agente unico”, viaggiano piccoli autobus OM

Leoncino o i più potenti Tigrotto7.

Nel contempo, prende avvio, per iniziativa della UITE, l’ “Operazione

Rotaie”, un programma di ristrutturazione dei servizi che prevede la

graduale e completa soppressione dei tram, sostituendoli con gli autobus.

Tale conversione viene ultimata, in Val Polcevera, nel 19648.

Nello stesso anno il comune di Genova rileva la UITE, liquida i piccoli

azionisti privati e costituisce la Azienda Municipalizzata Trasporti (AMT),

cui trasferisce la società appena acquisita.

Nel 1967 riapre la galleria di Certosa, dopo tre anni di chiusura al

transito, per i lavori di adattamento al passaggio degli autobus a senso

unico alternato9.

7 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 73. 8 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 266-268. 9 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 275, 276, 293-295.

157

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

1.2.2. L’acquisizione delle linee private in Val Polcevera

La nuova società AMT, dopo la sua costituzione, deve procedere ad un

riordino generale dei servizi; al fine di renderli più razionali, decide di

eliminare le sovrapposizioni con le linee private di autotrasporto, non più

efficienti, che costituiscono ormai un fattore di inutile concorrenza, in un

contesto di servizi municipalizzati10.

Nella Val Polcevera genovese, la AMT subentra, nel 1969, alla Società

Servizi Automobilistici Pesci, rilevando la linea “Piazza Massena -

Centrale del Latte”, ovvero da Cornigliano a Fegino, sulla sponda destra

del Polcevera.

Nel 1970 viene acquisita la Ditta Traverso, che svolge il servizio di

collegamento da Sestri Ponente a Rivarolo, attraverso la collina di

Borzoli11.

Nell’alta valle sono ancora attive numerose aziende private di

autotrasporto extraurbano, che versano generalmente in condizioni difficili

sia per la crescente diffusione dell’automobile, sia per le sovrapposizioni,

10 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 315. 11 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 316, 317.

158

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

nell'ambito della tratta urbana, con le linee AMT, meno rapide, ma più

economiche12.

Nel 1973 parte dunque una riforma, definita dal Piano dei Trasporti

della Regione Liguria come “Operazione bacino G”13, che ha lo scopo di

incorporare gradualmente nella AMT tutte le società private operanti nel

provincia genovese.

Nello stesso anno la municipalizzata del capoluogo ligure assume,

nell’alta Val Polcevera, la gestione delle autolinee, precedentemente di

competenza della Società AVIS di Serra Riccò: la “Valleregia - Pedemonte

- Bolzaneto - Genova”, la “Crocetta d’Oro - Pedemonte - Bolzaneto” e la

“Bolzaneto - Geo di Ceranesi - Canonero - Livellato”14.

Il 1975 vede invece la cessione alla AMT, da parte della Ditta La

Fiorente, delle linee “Genova - Campomorone - Isoverde - Gallaneto”,

“Genova - San Martino di Paravanico” e “Pontedecimo - Campomorone -

Pietralavezzara”15.

12 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 321 e LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 64. 13 Nel piano regionale, il comprensorio G viene definito dai vertici Varazze - Genova - Busalla -Torriglia - Recco. AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 322. 14 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 323-326. 15 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, pp. 330, 331.

159

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

La linea per il Santuario di Nostra Signora della Guardia viene ceduta

dalla Società Autoguidovie Italiane (AGI) nel 197816, mentre la Società

Lazzi continua a servire, fino al 1980, le linee per Busalla, Ronco Scrivia e

Novi Ligure, con le relative diramazioni per Fumeri, Paveto e Vallenzona.

L'ultima società privata polceverasca, ad essere acquisita dalla AMT, è la

S.A.S.S.O., che gestisce fino al 1981 il servizio per Sant’Olcese. I

dipendenti ed i mezzi di tutte le società assorbite vengono inseriti nel

contesto dei servizi suburbani della AMT.

Quest’ultima, dopo la definitiva acquisizione delle autolinee private,

provvede ad effettuare il decentramento dei capilinea, limitati a Bolzaneto e

Pontedecimo17.

16 AZIENDA MUNICIPALIZZATA TRASPORTI, Storia del trasporto pubblico a Genova, SAGEP, Genova, 1980, p. 332. 17 LAMPONI M. SERRA C., I trasporti in Val Polcevera: dalla via Postumia alla Metropolitana, Nuova Editrice genovese, Genova, 1996, p. 64.

160

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

2. TRASFORMAZIONI ECONOMICHE E DINAMICHE

SOCIALI

2.1. IL LENTO TRAMONTO DELL’INDUSTRIA IN VAL

POLCEVERA.

2.1.1. La fine della grande industria siderurgica pubblica: la chiusura

dell’ILVA di Bolzaneto

Il secondo dopoguerra pone, come il precedente, seri problemi circa la

riconversione degli impianti siderurgici e meccanici, già impegnati nella

fornitura di armi e mezzi militari (per la prima volta anche dei carri armati).

Inoltre la sottoscrizione da parte dell’Italia, nel 1951, del “piano

Schuman” e l’entrata in vigore, dopo due anni, del trattato CECA

(Comunità Europea del Carbone e Acciaio), comportano, per l’industria

siderurgica nazionale, l’avvio di un processo di contenimento e di

161

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

razionalizzazione della capacità produttiva, che pesa particolarmente

sull’assetto degli stabilimenti liguri1.

Dopo il conflitto, infatti, riprende la costruzione (già avviata prima della

guerra) a Cornigliano di un nuovo grande impianto a ciclo a integrale,

denominato “Oscar Sinigaglia” e gestito dalla Società Cornigliano, la

quale, insieme all’ILVA ed alla SIAC - Società Italiana Acciaierie di

Cornigliano -, fa parte del gruppo siderurgico statale FINSIDER (costituito

nel 1937 dall’IRI)2.

Tale politica di concentrazione in pochi grandi impianti presuppone un

taglio dei “rami secchi”, come, ad esempio, lo stabilimento ILVA di

Bolzaneto, ex Acciaierie Italiane3.

Si tratta di un impianto, non a ciclo integrale, provvisto di un forno

Martin Siemens, caricato a rottami di ferro, che, nel 1950, occupa 1.068

dipendenti (942 operai e 126 impiegati), aderenti per il 94 % alla CGIL.

Nel maggio del 1950 la direzione dell’ILVA comunica la decisione di

chiudere lo stabilimento di Bolzaneto, con il conseguente licenziamento di

tutti i lavoratori4.

1 GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980, vol. II: pp. 769-771. 2 Sito internet www.liguria.cgil.it. 3 ARVATI P. RUGAFIORI P., Storia della Camera del lavoro, vol. II – Dalla Resistenza al luglio ’60, Editrice Sindacale Italiana, Roma 1980, p. 174. 4 BOTTA L., Ristrutturazione industriale e iniziativa operaia a Genova, 1948 – 1954, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova, a. a. 1976, p. 100.

162

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

I provvedimenti assunti dall’ILVA rientrano nel piano generale dell’IRI,

di ridimensionamento, a livello nazionale, di 7.000 unità delle maestranze

ILVA5.

Già da tempo, infatti, era iniziato il piano di smobilitazione: era stata

trasferita la gran parte dei tecnici, non si erano sostituiti i lavoratori usciti

per pensionamento, si erano rifiutate commesse e non si era più

provveduto ad una regolare manutenzione degli impianti.

La FIOM, appresa la notizia, prende posizione, dichiarando che lo

stabilimento di Bolzaneto può restare aperto e produrre economicamente,

attuando il piano aziendale proposto dai lavoratori, e accettando in via

subordinata una soluzione, che garantisca lavoro a tutti i licenziati, prima

nella costruzione e poi nel ciclo produttivo dello stabilimento “Oscar

Sinigaglia”.

La direzione, di contro, stila un primo elenco dei licenziati,

comprendente 188 nominativi, e tenta di trasferire una parte dei lavoratori

allo stabilimento di Novi.

La protesta trova eco anche tra la popolazione, che costituisce i Comitati

permanenti di collegamento con i lavoratori dell’ILVA.

5 ARVATI P. RUGAFIORI P., Storia della Camera del lavoro, vol. II – Dalla Resistenza al luglio ’60, Editrice Sindacale Italiana, Roma 1980, p. 174.

163

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Il 18 luglio la direzione annuncia la cessazione dell’attività; i lavoratori

decidono, comunque, di tentare la ripresa dell’attività produttiva: si tratta

del primo esempio di protesta di questo genere e ciò ne determina la

risonanza a livello nazionale.

Si provvede, dunque, alla ricostruzione del forno Martin Siemens, che la

direzione aveva lasciato crollare, mentre procedono i lavori di

manutenzione e riparazione del resto degli impianti. Nel frattempo si

costituisce il Comitato di Fabbrica, formato dalla Commissione Interna, dal

Consiglio di Gestione e da alcuni tecnici.

In 25 giorni il forno viene rimesso in opera ed il 16 settembre viene

effettuata la prima colata. La popolazione della Val Polcevera (compresi

anche numerosi esercenti e la SOMS “La Fratellanza” di Pontedecimo)

partecipa attivamente agli eventi sindacali.

Nel gennaio del 1951 viene organizzata, su scala nazionale, una raccolta

di rottami di ferro, che consenta di effettuare una grande colata, con una

valenza più di carattere simbolico, che strumentale al successo della

vertenza: la “Colata della Pace”.

La raccolta dei rottami di ferro impegna soprattutto la popolazione

genovese, in particolare quella della Val Polcevera.

164

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

La colata di 300 quintali di acciaio si effettua il 24 marzo 1951, vigilia di

Pasqua, in una grandiosa manifestazione alla presenza di autorità e cittadini

di ogni tendenza politica e di ogni ceto.

La settimana successiva sarà raggiunto l’accordo: la vertenza si

conclude, dopo 9 mesi, con la chiusura dello stabilimento, il

riconoscimento ed il pagamento del lavoro svolto durante la gestione

operaia e la promessa di riassunzione dei lavoratori rimasti in fabbrica fino

alla fine della vertenza (esclusi gli operai anziani) negli stabilimenti ILVA

di Novi e di Marghera, nello SCI di Cornigliano, nelle Acciaierie Bruzzo di

Bolzaneto e nell’impresa appaltatrice della costruzione dell’Autostrada

Genova-Savona6.

L’introduzione del ciclo integrale (nel 1953 lo stabilimento “Oscar

Sinigaglia” entra pienamente in funzione), oltre alla chiusura dell’ILVA di

Bolzaneto, comporta, negli anni ’50, anche il forte ridimensionamento della

SIAC7.

Difatti, in questi anni, chiudono anche la SIAC di Pontedecimo (già S.A.

Ferriera di Pontedecimo e prima ancora Ferriera Sanguineti) e la SIAC di

Trasta (ex Stabilimento Ansaldo per la Stampatura), licenziando

rispettivamente 150 e 40 dipendenti. Sempre nell’ambito delle aziende

6 ARVATI P. RUGAFIORI P., Storia della Camera del lavoro, vol. II – Dalla Resistenza al luglio ’60, Editrice Sindacale Italiana, Roma 1980, pp. 174-177; BOTTA L., Ristrutturazione industriale e iniziativa operaia a Genova, 1948 – 1954, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Genova, a. a. 1976, p. 100-105. 7 Sito internet www.liguria.cgil.it.

165

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

FINSIDER, la SANAC refrattari di Bolzaneto dispone, nel corso di questo

decennio, il licenziamento di 230 lavoratori8.

2.1.2. Le chiusure nell’industria siderurgica e meccanica privata

Anche le aziende private risentono della crisi, come ad esempio, negli

anni Cinquanta, la Ferriera Montanella “del Riccò” di Pontedecimo, che

chiude, licenziando 180 addetti, la Trafileria Fava (30 dipendenti

licenziati), ma soprattutto le Acciaierie e Ferriere di Bolzaneto S.p.A. della

famiglia Bruzzo, che, in questi anni, licenziano ben 890 dipendenti9.

Significativa è, a questo proposito, una vertenza, che riguarda

quest’ultima società. Il 1 marzo 1954, infatti, i vertici aziendali della

Bruzzo avanzano la richiesta di 350 licenziamenti (320 operai e 30

impiegati), attribuendo le motivazioni del provvedimento alla flessione

della domanda di prodotti ferrosi10.

Le Organizzazioni sindacali dei lavoratori, nel respingere la richiesta

degli industriali, fanno rilevare che, attraverso un effettivo rinnovamento

degli impianti, la ditta potrebbe risolvere il proprio problema, evitando i

licenziamenti.

8 L'Unità, 18 novembre 1959, p. 5. 9 L'Unità, 18 novembre 1959, p. 5. 10 L’anno precedente erano stati espulsi 372 dipendenti, che avevano superato il 60° anno di età.

166

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Nella delegazione di Bolzaneto, intanto, ha luogo una Conferenza di

produzione, organizzata dagli organismi interni di fabbrica. Il problema è

particolarmente sentito dalla popolazione locale, che aveva già risentito dei

gravi effetti della chiusura dell’ILVA e di altre centinaia di licenziamenti

avvenuti nella zona (SANAC e Gaslini). Si lanciano appelli a tutte le

autorità cittadine ed alla stampa locale, affinchè intervengano

sollecitamente.

Mentre la vertenza prosegue in un muro contro muro, viene costituito un

Comitato cittadino, composto anche da bottegai, piccoli commercianti e

artigiani. E’ evidente, infatti, che queste categorie esprimano solidarietà,

spinte dall’esigenza di evitare le ripercussioni negative di un

impoverimento del tessuto sociale locale sulle loro attività.

Il 31 marzo la direzione invia 200 lettere di licenziamento, di fronte alle

quali viene immediatamente proclamata un grande manifestazione di

protesta. Le organizzazioni dei lavoratori decidono, comunque, di far

rientrare in fabbrica i destinatari del provvedimento di licenziamento. La

direzione non prende alcun provvedimento al riguardo.

Continuano le manifestazioni all’esterno dalla fabbrica, anche nel centro

di Genova, mentre il Prefetto e l’Ufficio Regionale del Lavoro, propongono

l’istituzione di corsi di qualificazione per gli operai licenziati; tale proposta

viene bocciata dalle Organizzazioni sindacali.

167

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Gradatamente, però, i lavoratori licenziati abbandonano lo stabilimento:

in tal modo il numero di quelli rimasti in fabbrica viene a ridursi a poco più

di un centinaio.

Successivamente l’Ufficio Regionale del Lavoro comunica ufficialmente

che la data di iscrizione ai corsi scade improrogabilmente il 14 giugno.

Dopo ciò, anche i lavoratori rimasti in fabbrica, non vedendo alternative,

rinunciano alla lotta.

Pertanto, alla fine della vertenza, il numero dei licenziati risulta di 339

unità, di cui solo 122 si iscrivono ai corsi di riqualificazione11.

La situazione della Bruzzo non è destinata a migliorare e dunque si

arriva, nel 1965, alla chiusura delle Ferriere, ormai non più in grado di

sostenere la competizione internazionale, che comporta il licenziamento di

quasi 2.000 dipendenti12.

Al di là dei motivazioni di ordine congiunturale, quali la forte

competitività delle produzioni estere a minor costo e la riduzione delle

commesse da parte della cantieristica navale (negli anni del boom si sono

ormai ridotti notevolmente gli espatri e l’aereo si sta imponendo nei

trasporti), risulterebbe, comunque, evidente la volontà da parte della

proprietà di smobilitare gli impianti ed abbandonare la produzione, per

11 Archivio presso il Centro ligure di Storia Sociale, Fondo CGIL, Documenti microfilmati: CGIL 01678, 01679, 01681, 01682, 01683, 01684, 01685. 12 GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980, vol. II: p. 834.

168

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

trasferirsi su posizioni di rendita (ad esempio fondiaria, con l’affitto delle

aree lasciate libere). Questa scelta sembrerebbe confermata dalla mancanza

di investimenti per il rinnovo degli impianti, capaci di realizzare una

produzione più efficiente e competitiva.

Anche le medie imprese private della media Val Polcevera risentono,

soprattutto a partire dagli anni Settanta, di una profonda crisi che porta alle

chiusure, nel corso degli anni Ottanta a Pontedecimo, dello Stabilimento

Meccanico Perino (80 addetti licenziati), delle Fonderie Grondona (254) e

del Tubettificio Ligure (214), nonostante le molte le occupazioni e le lotte

di protesta da parte dei lavoratori e della popolazione.

In particolare, il Tubettificio Ligure era nato nel 1946, su iniziativa

dell’industriale lombardo Ulisse Guzzi, occupando il fabbricato delle ex

Fonderie Pittaluga (già Stabilimento Meccanico Simone Candelo) e

impiegando circa 15 dipendenti nella lavorazione dell’alluminio leggero.

In breve tempo aveva sviluppato una tecnica particolare nella produzione

di tubetti e contenitori in alluminio. Nel pieno dell’attività gli occupati

erano arrivati a 254 unità ed allo stabilimento di Pontedecimo si erano

aggiunti quelli di Badia Lariana, Lecco ed Anzio, in Lombardia ed in

Lazio.

Tuttavia, nel 1974, l’utilizzo di nuovi materiali (la plastica) per il

confezionamento dei contenitori, aveva reso ormai obsoleta la produzione

169

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

del Tubettificio; da qui l’esigenza di una forte ricapitalizzazione, capace di

sostenere i necessari investimenti: era dunque intervenuto l’EFIM (ente

statale di partecipazione e sostegno alle aziende in difficoltà) a

sottoscrivere il 50 % dell’aumento di capitale, per passare, nel 1978, al

controllo totale del pacchetto azionario.

Nel 1984 il Tubettificio Ligure era stato venduto ad una cooperativa,

formata dai dipendenti; ma dopo due anni la cooperativa fallisce e cessa

l’attività13.

2.1.3. Declino del tessile, evoluzione dell’alimentare e sviluppo del

petrolchimico

A partire dagli anni Cinquanta, buona parte dell’industria tessile della

Val Polcevera inizia un processo di smantellamento, spesso dovuto alla

mancanza di una capacità imprenditoriale, orientata all’innovazione ed

all’ampliamento degli impianti e dunque della produzione; la perdita di

competitività sui mercati diviene così inevitabile.

In questo decennio chiudono il Cotonificio Samengo (col licenziamento

di 200 dipendenti), il Maglificio Rolih di San Quirico (300), il Cotonificio

13 LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, pp. 53, 54; Appunti da intervista con Monsignor Luigi Molinari, Coordinatore dei Cappellani del Lavoro dell'Arcidiocesi di Genova, realizzata a Genova, in data 2 settembre 2004.

170

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

De Ferrari (250) di San Quirico, lo Jutificio Costa di Campomorone (500),

il Cotonificio Sanguineti (300), il Maglificio Cambiaso e Poggio (234),

mentre la Cristoffanini di Sant’Olcese dispone 72 licenziamenti14.

Negli anni Sessanta termina l’attività del Maglificio Eliseo Borioli di

Pontedecimo, mentre, a metà degli anni Settanta, avviene la combattuta

chiusura della Pettinatura Biella di Fegino, preceduta da grandi

mobilitazioni sindacali15.

L’unica azienda, ad elaborare una adeguata strategia industriale di

produzione e di vendita, che culmina con la specializzazione

nell’abbigliamento intimo per bambini (marchio “Stellina”) è il Maglificio

Santo Dasso e figli, che arriverà comunque, negli anni Novanta dopo una

lunga crisi, alla chiusura definitiva16.

Meno omogenea è la situazione del settore alimentare, in cui, negli anni

Cinquanta, unitamente ai licenziamenti degli Oleifici Nazionali (500

addetti con la chiusura dello stabilimento di Bolzaneto), si nota l’impianto

della De Langlade & Grancelli (conserve ittiche, “Tonno Insuperabile”),

che impiega 165 addetti17.

14 L'Unità, 18 novembre 1959, p. 5. 15 LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, p. 124 e DEL CANTO M., 120 anni di Fratellanza, Stamp. Edit. Brigati Glauco, Genova, 1992, pp. 77, 78. 16 LAMPONI M., Pontedecimo – Storia e immagini di un quartiere cittadino bello come un paese, Genoa Service, Genova, 1998, p. 124 e DEL CANTO M., 120 anni di Fratellanza, Stamp. Edit. Brigati Glauco, Genova, 1992, pp. 116, 117. 17 L'Unità, 18 novembre 1959, p. 5.

171

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

La Centrale del Latte di Fegino viene assorbita dalla Azienda

Municipalizzata del Latte (AMLAT), continuando la propria attività con

quasi 300 dipendenti18.

La Cervisia di Fegino viene incorporata, nel 1951, nel Gruppo Luciani di

Belluno, licenziatario per l’Italia del marchio Dreher (Luciani sarà

assorbita dalla Heineken-Dreher nel 1979), occupando 103 addetti19.

Alla fine degli anni Sessanta viene chiuso lo stabilimento di Teglia dei

Molini Certosa.

Nel comparto chimico si assiste al forte sviluppo del Colorificio

Brignola, che, in seguito alla forte espansione edilizia del dopoguerra,

allarga a tre il numero delle tipologie produttive dell’azienda: navale,

nautica ed edilizia. Viceversa, chiude in Val Polcevera, dopo un incendio

nel 1974, il Colorificio Attiva, che prosegue l’attività nell’alessandrino.

La Mira Lanza cessa l’attività nella valle, lasciando solo una sezione

uffici, e fraziona lo stabilimento tra diverse piccole imprese affittuarie20.

Il settore petrolchimico, che aveva cominciato a muovere i primi passi

negli anni Trenta con l’insediarsi delle prime raffinerie e dei primi depositi

di idrocarburi, riceve, nel secondo dopoguerra, un forte impulso, che avrà

18 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 66. 19 Sito internet www.comune.feltre.bl.it e A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 66. 20 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 49.

172

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

un passaggio importantissimo, con la creazione, nel 1963, del Porto Petroli

di Multedo21.

L’attività di raffinazione esige vaste aree di insediamento, per cui, nel

corso degli anni Cinquanta, chiudono i modesti impianti della Raffineria

San Quirico (30 dipendenti licenziati) e della Raffineria Dellepiane (85)22.

Per contro, la ERG di San Quirico, che riprende nel dopoguerra l’attività

in maniera pionieristica, utilizzando materie prime a basso costo23, passa da

una produzione, nel 1947, di 350 tonnellate con 20 dipendenti alle 200.000

tonnellate del 1952, quando i dipendenti superano le 100 unità.

Il salto di qualità si ha nel 1952, con il primo rilevante contratto concluso

con la British Petroleum, che nel 1958, stipula con ERG un nuovo contratto

decennale di collaborazione, divenendo anche azionista della raffineria

genovese.

I consumi petroliferi crescono in Italia a ritmo sostenuto e l’Italia è,

inoltre, al centro del traffico petrolifero mediterraneo, dai paesi produttori

ai mercati dell’Europa continentale, attraverso il canale di Suez.

21 RUGAFIORI P., Industria e Impresa – Genova 1850 – 2000, AUSIND, Genova, 2001, p. 101. 22 L'Unità, 18 novembre 1959, p. 5. 23 Ovvero i fondami delle petroliere, che giungono nel porto di Genova e che devono liberarsi di questo residuo, per fare manutenzione.

173

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Nel 1961 la ERG occupa più di 600 dipendenti, producendo 4 milioni di

tonnellate di prodotto raffinato; due anni dopo sale alla guida dell’azienda

Riccardo Garrone, figlio del fondatore24.

In questi anni l’azienda procede all’acquisto dell’80 % delle aree ex

Bruzzo ed ingloba, nel 1969, la Raffineria Fina in Val Polcevera, arrivando

a coprire una superficie di circa 50 ettari per circa un migliaio di

dipendenti25.

Gli spazi disponibili nella valle iniziano a scarseggiare, inoltre gli

impianti della ERG, in continua espansione, sono praticamente inseriti

nell’abitato, creando forti insofferenze, da parte della popolazione locale,

per i danni ecologici e sanitari subiti. La situazione sfocia in una serie di

proteste e manifestazioni pubbliche, a seguito delle quali, il Consiglio

Comunale delibera, nel 1973, l’allontanamento della Raffineria Garrone

dalla Val Polcevera, entro il 1980.

Dopo una serie di ricorsi al TAR da parte della proprietà, si giunge nel

1979 all’accordo “Val Polcevera”, che prevede la concessione da parte del

Comune, sulla base di alcuni impegni presi da Garrone, della proroga

dell’attività di raffinazione fino al 1990, sia pure a condizione di non

24 Sito internet www.erg.it. 25 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 49.

174

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

aumentare la capacità produttiva del momento e di provvedere ad

adeguamenti tecnologici, finalizzati alla tutela dell’ambiente26.

La ERG, che già dal 1971 aveva impiantato un primo insediamento

produttivo a Priolo Gargallo (Siracusa) in un’area particolarmente

favorevole e con una manodopera a basso costo, chiude definitivamente la

propria attività, in Val Polcevera, nel 198827.

26 A.A.V.V., Le vertenze di zona, Editrice Sindacale Italiana, Roma, 1981, pp. 67-72. 27 Sito internet www.erg.it.

175

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

3. ASPETTI DEMOGRAFICI

3.1. LA CITTA’ E LA VALLE DALLA GUERRA AGLI ANNI ’80:

DALLO SVILUPPO AL LENTO DECLINO.

3.1.1. Genova: la mancata “milionarizzazione”

Dall’inizio degli anni Cinquanta ai primi anni Ottanta Genova vede

mutare in maniera profonda la propria struttura demografica, in

conseguenza dei cambiamenti economici e sociali occorsi in questi

trent’anni.

Avvalendoci dei dati raccolti nei censimenti generali della popolazione

dello Stato Italiano del 1951, 1961, 1971 e 1981, possiamo seguire le

principali trasformazioni del tessuto sociale genovese del periodo (si veda

la tabella XXXIII e XXXIV alle pagg. 186 e 187).

Nel 1961 la città conta 784.194 residenti, segnando un incremento del

13,91 % rispetto al dato del 1951. Archiviati i decrementi demografici del

periodo bellico, Genova ricomincia a crescere ai ritmi sostenuti, già

osservati prima del conflitto.

176

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Nel 1965 si raggiunge il massimo storico della popolazione genovese

con 848.121 abitanti. L'incremento demografico interessa esclusivamente i

territori delle frazioni di levante annesse nel 1874 e dei comuni di ponente

e di levante accorpati nel 1926; nei sei sestieri storici del centro cittadino si

registra, invece, un decremento abitativo.

Il quoziente di natalità, che negli anni Cinquanta si mantiene su valori

decisamente più bassi della media nazionale, sale improvvisamente nella

prima metà del decennio successivo sino al 1964 (pur rimanendo sempre

inferiore al dato italiano). Sono gli anni del cosiddetto baby boom: tra il

1961 e il 1965 nascono a Genova 53.254 bambini e il saldo naturale

positivo del periodo è pari a 7.761 unità.

Le informazioni relative alla struttura demografica segnalano, però, una

struttura per età progressivamente più anziana. Gli ultrasessantacinquenni

rappresentano il 10,0% della popolazione nel 1951 e il 12,2 nel 1961. Si

conferma inoltre la caratteristica dimensione nucleare della famiglia

genovese, la cui composizione media è di 3,1 unità nel 1951 e di 2,9 dieci

anni più tardi.

Diminuisce, inoltre, la percentuale di persone in condizione

professionale, continuando, oltre tutto, a confermarsi un valore modesto per

la componente femminile. Non bisogna inoltre dimenticare che l’incidenza

177

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

occupazionale dell'industria, pur essendo significativa, risulta, nel 1961, già

inferiore rispetto al complesso dei settori terziari

Il vero boom risulta quello delle immigrazioni: tra il 1951 e il 1965

l'incremento netto supera le 150.000 unità che incidono per il 95% sulla

crescita complessiva della popolazione residente nel periodo.

I flussi migratori verso Genova, fin verso la metà degli anni Cinquanta,

sono ancora costituiti in prevalenza da quelli infraprovinciali e da quelli

relativi a spostamenti da regioni vicine, provenienti dalle campagne e dalle

montagne. E' proprio tra la fine degli anni quaranta e l'inizio degli anni

Cinquanta, però, che si cominciano a registrare i primi arrivi di consistenti

“avanguardie” meridionali, spinte al Nord dalla situazione di forte

arretratezza delle regioni di origine.

Tra il 1951 e il 1957, in relazione alle zone di provenienza,

l'immigrazione vede questa distribuzione: 15,2% dagli altri comuni della

provincia, 8,6 dalle altre province liguri, 15,4 dal Piemonte, specie dalla

provincia di Alessandria, 19,8 dalle altre regioni dell'Italia settentrionale,

specie Lombardia ed Emilia, 11,3 dalle regioni centrali, 5,0 dall'estero e

24,7 dalle regioni meridionali e insulari. Complessivamente dunque ogni

178

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

100 immigrati solo 25 provengono dal Sud, mentre 59 arrivano dall'Italia

settentrionale e di questi ben 24 dalla stessa regione ligure1.

Tra il 1958 e il 1963 arrivano a Genova 56.750 persone provenienti dalle

regioni del Sud. L'incidenza sul totale degli immigrati nel capoluogo ligure

nello stesso periodo sfiora il 37%, con punte del 41,9 % nel 1961 e del

45,6% nel 1963.

Nonostante le ragguardevoli dimensioni citate, la realtà genovese risulta

investita dal fenomeno migratorio in misura minore rispetto a Torino e

Milano, le altre due realtà del triangolo industriale2.

Il 1966 fa da spartiacque tra gli anni della crescita e il successivo lungo

periodo di declino demografico. Nel 1971, difatti, i residenti a Genova

ammontano a 816.872 (+ 4,17 % rispetto al 1961), segnando, in dieci anni,

un modesto sviluppo: quest’ultimo è la risultante di una forte crescita nel

primo quinquennio degli anni sessanta e di un’involuzione nel secondo.

Da questo momento iniziano a risultare negativi, prima i saldi migratori

(con l’eccezione di quelli relativi al Sud e alle isole, pur ridimensionati),

poi quelli naturali.

1 COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995, p. 178. 2 COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995, p. 179.

179

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

L’industria e il porto entrano in crisi e l’aumento della disoccupazione

giovanile, spinge un sempre maggior numero di genovesi ad emigrare verso

altre regioni del Nord Italia. Inoltre il tasso di natalità scende a livelli

bassissimi e continua il costante invecchiamento della popolazione.

Nel 1981 risiedono a Genova 762.895 persone e si rileva un decremento

di -6,61 % rispetto al 1971. Il contributo maggiore alla pesante flessione

demografica proviene nella misura del 61 % dal decremento naturale,

superiore alle 31.000 unità, mentre il saldo migratorio negativo (nei dieci

anni quasi 20.000 unità) incide per il 39 % circa3.

Anche i risultati di quest’ultimo censimento, dunque, registrano gli

effetti della crisi economica e produttiva e dell'esaurimento del modello

storico, centrato sulla grande industria a capitale pubblico e sulle attività

portuali.

Si è a lungo dibattuto sul caso genovese. Si confrontano due tesi

principali, la prima delle quali accentua gli aspetti fisiologici del

decremento delle grandi città e attribuisce l'anticipazione del fenomeno da

parte del capoluogo ligure al livello più avanzato dei rapporti sociali e della

laicità dei costumi. Vi è poi la tesi tradizionale, che considera il decremento

3 COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995, p. 179.

180

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

demografico di Genova come la manifestazione patologica di un declino,

che prelude alla decadenza vera e propria.

Indubbiamente a Genova si nota una netta tendenza alla

deurbanizzazione, con quasi dieci anni di anticipo rispetto alle altre due

grandi città del Nord, Torino e Milano, ma alcuni fenomeni, quali

l'eccezionale invecchiamento della popolazione, sono peculiari della

situazione demografica genovese.

Accertata dunque l'esistenza di una notevole precocità degli andamenti

genovesi rispetto a fenomeni socio-demografici di portata generale (fatto

che non costituisce, oltretutto, una novità storica assoluta) è, però,

difficilmente negabile un forte intreccio tra fisiologia e patologia nella

recente evoluzione urbana ligure.

3.1.2. La Val Polcevera

La situazione demografica della Val Polcevera, dal dopoguerra agli anni

ottanta, presenta alcune peculiarità, rispetto al quadro genovese.

Nel corso degli anni Cinquanta la bassa valle, pur riprendendo a crescere

a livelli sostenuti (comunque ormai non più paragonabili con quelli di fine

Ottocento ed inizio Novecento), incrementa la propria popolazione meno

di quanto faccia Genova nello stesso periodo. E’ la prosecuzione di un

181

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

fenomeno, che si era avviato con l’annessione del ’26 e che è dovuto al

maggior sviluppo abitativo delle zone di levante e ponente della città,

confluite anch’esse nella “Grande Genova”.

Nel 1961, soltanto Pontedecimo, con 10.045 residenti (+18,82 % rispetto

al dato del 1951), e Borzoli, con 14.759 unità (idem +15,84 %), registrano

incrementi superiori alla media cittadina.

Di tono minore è lo sviluppo demografico di Rivarolo Ligure, con

35.888 censiti (+6,19 %), di Bolzaneto (15.719 ab.; + 6,16 %) e,

soprattutto, di San Quirico (7.259 ab.; +2,38 %).

Nell’alta valle si registrano vistosi cali di popolazione, con l’eccezione di

Serra Riccò, che sale a 6.272 abitanti, con un incremento del 9 % in dieci

anni.

Viceversa nel 1961, Campomorone scende a 6.080 residenti (-1,41 %

rispetto al 1951), Sant’Olcese a 5.127 (-2,03 %)e, addirittura, Ceranesi a

3.176 (-7,32 %) e Mignanego a 3.339 (-7,56 %).

Sono valori che si spiegano, molto probabilmente, con le emigrazioni

verso il capoluogo, in forte ripresa economica ed occupazionale a

differenza di queste zone ancora rurali e depresse, specialmente nel

dopoguerra.

Anche per la bassa Val Polcevera gli anni Sessanta rappresentano l’apice

ed insieme l’inizio del declino demografico.

182

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Fatta eccezione per la costante crescita di Pontedecimo, che nel 1971

censisce 11.567 residenti (+15,15 % rispetto al valore di dieci anni prima),

e Borzoli (16.438 ab.; +11,38 %), che continua ad essere al centro di un

notevole sviluppo dell’edilizia popolare e non, Rivarolo rimane in linea con

gli incrementi medi cittadini (37.324 ab.; +4 %), mentre Bolzaneto (14.688

ab.; -6,56 %), in quanto centro prettamente industriale, sconta in prima

linea gli effetti della progressiva terziarizzazione dell’economia, con la

chiusura di alcuni grandi impianti siderurgici.

Diverso è il discorso per San Quirico (5.241 ab.; -27,80 %), che,

divenuta nel dopoguerra sede di raffinerie, assiste al drastico

deterioramento delle proprie condizioni ambientali e di vita, con un

conseguente spopolamento.

Vedono crescere, in funzione dello sviluppo edilizio degli anni Sessanta,

la propria popolazione, i comuni di Serra Riccò (7.019 residenti nel 1971;

+11,91 % rispetto al 1961), Sant’Olcese (5.513 ab.; +7,53 %), ma

soprattutto di Campomorone (8.962 ab.; +47,40 %), che, in questi anni,

approva un piano regolatore decisamente favorevole al rilascio delle

licenze edilizie per uso abitativo.

Trovano conferma i trends negativi di Mignanego (3.243 ab.; -2,88 %) e

Ceranesi (2.963 ab; -6,71 %).

183

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Negli anni Settanta anche la Val Polcevera genovese manifesta il declino

demografico comune a tutta la città, ma in misura decisamente inferiore.

Pontedecimo vede la propria popolazione ammontare, nel 1981, a 11.076

unità ( registrando per la prima volta, da dopo la guerra, un decremento di -

4,24 % in dieci anni), Rivarolo Ligure a 36.403 (-2,47 %) e Borzoli a

16.678 (+1,46 %).

Bolzaneto (13.112 ab.; -10,73 %), invece, mostra un calo di gran lunga

superiore, in quanto direttamente investita dalla crisi della grande industria,

che costituiva la sua spina dorsale economica. A San Quirico (4.637 ab.; -

11,52 %) prosegue l’esodo degli abitanti, per i motivi precedentemente

illustrati; in trent’anni questa delegazione ha perso 1/3 della popolazione,

tornando ai valori abitativi degli anni ’10.

Per contro, i comuni indipendenti della Val Polcevera, in questo

decennio, registrano un boom demografico, dovuto al continuo sviluppo

edilizio (che qui trova spazi e condizioni favorevoli) ed al recupero di

vecchie seconde abitazioni e case rurali.

In particolare, nel 1981 Sant’Olcese sale a 6.731 abitanti (con una

crescita della popolazione del 22,09 % in dieci anni), Serra Riccò a 8.057

(+14,79 %) e Ceranesi a 3.404 (+14,88 %); quest’ultimo comune beneficia

degli incentivi fiscali, previsti per le “aree depresse”, tra cui era stato

inserito, che determinano l’insediamento di numerose realtà produttive.

184

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Anche Mignanego (3.393 ab.; +4,63 %) assiste ad un certo incremento

abitativo, mentre Campomorone ( 8.780 ab.; -2,03 %) segna una battuta

d’arresto.

Lo sviluppo demografico dell’alta valle, negli anni ’70, rientra

nell’ambito di un fenomeno più generale: tra il '71 e l’ ’81, nelle regioni

settentrionali italiane si manifesta una crescita “a ciambella”, con tassi

negativi nei poli centrali e sviluppo dei comuni metropolitani periferici. I

centri in forte crescita appaiono in larga misura collocati nelle corone delle

nuove strutture metropolitane, anche per effetto dei flussi migratori dai

capoluoghi verso gli hinterlands.

185

XXXIII. POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1951–1981).

1951 1961 1971 1981

Bolzaneto * 14.807 15.719 14.688 13.112

Borzoli * 12.741 14.759 16.438 16.678

Pontedecimo * 8.454 10.045 11.567 11.076

Rivarolo Ligure * 33.797 35.888 37.324 36.403

San Quirico * 7.090 7.259 5.241 4.637

Campomorone 6.167 6.080 8.962 8.780

Ceranesi 3.427 3.176 2.963 3.404

Mignanego 3.612 3.339 3.243 3.393

Sant'Olcese 5.233 5.127 5.513 6.731

Serra Riccò 5.754 6.272 7.019 8.057

TOT. VAL POLCEVERA 101.082 107.664 112.958 112.271

BASSA E MEDIA VALLE 76.889 83.670 85.258 81.906

ALTA VALLE 24.193 23.994 27.700 30.365

GENOVA 688.447 784.194 816.872 762.895

LIGURIA 1.566.961 1.735.349 1.853.578 1.807.893

ITALIA 47.516.000 50.624.000 54.137.000 56.556.911

* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.

Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.

186

XXXIV. INCREMENTI DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE IN ITALIA, LIGURIA, GENOVA E VAL POLCEVERA (1951–1981).

incremento

% 1951 - 1961

incremento % 1961 -

1971

incremento % 1971 -

1981

Bolzaneto * 6,16 -6,56 -10,73

Borzoli * 15,84 11,38 1,46

Pontedecimo * 18,82 15,15 -4,24

Rivarolo Ligure * 6,19 4,00 -2,47

San Quirico * 2,38 -27,80 -11,52

Campomorone -1,41 47,40 -2,03

Ceranesi -7,32 -6,71 14,88

Mignanego -7,56 -2,88 4,63

Sant'Olcese -2,03 7,53 22,09

Serra Riccò 9,00 11,91 14,79

TOT. VAL POLCEVERA 6,51 4,92 -0,61

BASSA E MEDIA VALLE 8,82 1,90 -3,93

ALTA VALLE -0,82 15,45 9,62

GENOVA 13,91 4,17 -6,61

LIGURIA 10,75 6,81 -2,46

ITALIA 6,54 6,94 4,47

* Comuni soppressi ed aggregati al Comune di Genova nel 1926.

Fonti: COMUNE DI GENOVA, Genova in numeri – Popolazione, abitazioni, occupazione attraverso i censimenti, Sistema Statistico Nazionale – Comune di Genova – Servizio Statistica, Genova, 1995; p. 15; GIACCHERO G., Genova e Liguria nell’età contemporanea: un secolo e mezzo di vita economica 1815 - 1969, SAGEP, Genova, 1980; vol. II, p. 851; ISTAT, Popolazione residente dei Comuni - censimenti dal 1861 al 1991, Roma, 1994; pp. 340, 341.

187

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

4. URBANISTICA ED EDILIZIA

4.1. STRUMENTI DI PIANIFICAZIONE URBANA E

TERRITORIALE DAL SECONDO DOPOGUERRA AGLI

ANNI SETTANTA: APPLICAZIONI IN VAL POLCEVERA.

4.1.1. I piani di ricostruzione del dopoguerra

A partire dal 1946 l’occasione per avviare uno studio completo, rivolto a

considerare sotto un diverso profilo l’ambito territoriale della Val

Polcevera, si offre all'Amministrazione genovese con i piani di

ricostruzione.

Gli eventi bellici, conseguenti allo scoppio della seconda guerra

mondiale, avevano provocato notevoli danni alle strutture della città e delle

sue delegazioni, nelle quali ben 2.728 edifici erano andati distrutti.

Accanto agli strumenti finanziari, predisposti per la ripresa, si tratta di

approntare strumenti urbanistici capaci di localizzare nel modo migliore le

risorse a disposizione.

188

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Si affrontano i problemi sotto angoli visuali parziali: settore per settore,

zona per zona, rimandandone il disegno organico al redigendo piano

regolatore, che nel frattempo è posto allo studio.

L’urgenza di ridare un alloggio alla popolazione che ne è stata privata

dai bombardamenti, di riavviare i lavori nel più breve tempo possibile,

determina il carattere fondamentale della politica di ricostruzione. La linea

di intervento seguita nella stesura stessa dei piani è quella di riedificare sul

posto i volumi demoliti.

Tuttavia, pur nelle ristrettezze imposte dalle necessità, non mancano

alcuni spunti interessanti, specie per quanto riguarda le principali arterie di

comunicazione1.

Il piano di Rivarolo-Certosa, che per estensione di zona interessata è

secondo soltanto a quello di Sampierdarena, prevede fra l’altro una

notevole modificazione della conformazione del tessuto viario del centro

rivarolese, con alcune demolizioni di edifici danneggiati di piazza Petrella e

di via Piccone, per consentire la riorganizzare ed una miglior distribuzione

dei flussi di traffico, che appesantiscono la viabilità esistente.

1 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 89.

189

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Il prolungamento di via Piccone, infatti, permetterebbe di realizzare

un’alternativa per il movimento veicolare locale, drenando dai principali

assi di scorrimento, di via Rivarolo2.

Emblematico di una visione involontariamente settoriale, è il piano di

Teglia, che considera la delegazione quasi una zona avulsa da un contesto

unitario e del tutto secondaria per importanza.

L’aspetto qualificante del piano dovrebbe essere rappresentato

dall’allargamento di via Teglia e dalla ricostruzione dello stabilimento

industriale dell'ex-molino Boccardo.

Ma neppure questi strumenti sembrano riuscire, almeno ipoteticamente,

a far assumere all’ossatura territoriale un assetto funzionale più equilibrato,

sia perché non ne contengono i presupposti, sia perchè, anche quelle

proposte, pur valide, in essi espresse vengono vanificate dalla mancata

approvazione.

Il tentativo di spostare sulle pendici delle colline le residenze, che

potrebbe confermarsi come ottimo spunto per la riorganizzazione

dell’armatura industriale della valle ed assumere un ruolo determinante

nella gestione del territorio per una futura politica di sviluppo, viene così

abbandonato3.

2 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 89. 3 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 89, 90.

190

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

4.1.2. Il Piano Regolatore Generale del 1959

Nel 1955 viene adottato dalla Giunta Comunale di Genova il Piano

Regolatore Generale della città.

Nonostante il lungo periodo che intercorre tra l’adozione e

l’approvazione, avvenuta con decreto presidenziale del 1959, durante cui lo

strumento subisce modifiche e trasformazioni, alla luce delle

considerazioni esposte da tutte le categorie sociali impegnate nello sviluppo

cittadino, il piano lascia molti temi privi di soluzione.

Si procede per settori stagni, non mettendo in relazione le diverse parti,

neanche a livello parametrico: posti lavoro-residenze, residenze-servizi,

ecc.

Le lacune derivano essenzialmente da carenze di ordine politico,

piuttosto che da impostazioni tecniche. Di conseguenza il risultato è,

ancora una volta, uno strumento sostanzialmente inteso a regolare l'attività

edificatoria, piuttosto che a concretizzare un programma di localizzazione

di interventi funzionali per uno sviluppo socio-economico del territorio

interessato4.

4 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 90.

191

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Le aree industriali, che raggiungono un totale, a livello genovese, di

5.346.940 metri quadri, con un incremento, rispetto a quelle già in attività,

di 774.200 metri quadri, configurano una zonizzazione a volte casuale,

organizzata su una struttura precedente, gravata da forti ipoteche, quali i

massici insediamenti residenziali, incuneatisi tra queste, ed sono ritagliate

sfrangiando un comprensorio, nel caso della Val Polcevera, che avrebbe

invece bisogno di una intensa opera di riorganizzazione5.

Il Piano prevede, per la valle, l’arginatura e la formazione di due strade,

situate sulle opposte sponde del torrente. Sono previsti inoltre

miglioramenti, allargamenti e rettifiche alla strada esistente fra

Sampierdarena e Pontedecimo, nonché la continuazione di corso Perrone,

fra Cornigliano e S. Quirico.

Le quattro arterie previste dovrebbero essere destinate esclusivamente al

traffico locale di carattere prevalentemente industriale. Anche in questo

caso l’arginatura dovrebbe consentire la realizzazione di vasti territori, la

cui destinazione dovrebbe essere industriale e ferroviaria.

Viene anche previsto dal Piano un allacciamento delle valli del

Polcevera e del Bisagno, mediante una strada che, partendo da Molassana

attraverso la località di Pino Soprano, raggiunga (in parte anche tramite una

5 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 90.

192

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

galleria lunga circa 2 km) il torrente Secca. La lunghezza della galleria è di

circa 2 km6.

I tentativi, avanzati in sede di redazione dei piani di ricostruzione, che

tendono a spostare le concentrazioni residenziali, in alternativa a quelle

esistenti nel fondo valle, sulle pendici delle colline circostanti, per dar

luogo ad una ristrutturazione, in tempi lunghi, di questo, vengono

completamente abbandonati, per dar corso ad una politica di più stretta

attinenza alla realtà.

Così l’allontanamento delle strutture, che opprimono e congestionano le

attività produttive, specie nell’area polceverasca, auspicata dalle categorie

imprenditoriali a più riprese, non hanno seguito.

Prevalgono, invece, interessi particolari ed immediati, favoriti dalla

vacanza di un quadro integrato di riferimento e da un’azione politica di

incisività.

Viceversa, nei punti dove i tecnici hanno maggior spazio a disposizione

e possono esprimere veramente una logica urbanistica pura, le soluzioni

migliorano di qualità. Vengono, ad esempio, ipotizzate infrastrutture, che

siano capaci di rendere il traffico assai più agevole, anche in previsione di

un suo aumento ai livelli effettivamente raggiunti in seguito.

6 COMUNE DI GENOVA, Piano Regolatore Generale, 1959, p. 183.

193

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

4.1.3. La Variante Organica del 1976

La Variante Organica al Piano Regolatore Generale, adottata nel 1976, si

sviluppa in un contesto, caratterizzato, da una parte, dalla mancanza di una

strategia generale, capace di mettere ordine allo sviluppo industriale della

Val Polcevera (ciò rende praticamente impossibile il reperimento di aree

idonee all'espansione produttiva), dall'altra, da una grave carenza di servizi

collettivi, legati alla residenza, che innesca nelle classi sociali più disagiate

una spinta verso il recupero ambientale ed economico del territorio7.

In quest'ambito, non si sono realizzati del tutto gli insediamenti

produttivi, disposti dal Piano del 1959; in particolare non risulta sfruttata la

fascia delle aree, disposte lungo la sponda destra del torrente Secca fino

alla confluenza col Polcevera8.

Le aree industriali inattive della media e bassa Val Polcevera

ammontano, nel 1970, a 52 ettari, di cui 34 nelle zone di Bolzaneto e San

Quirico, costituiti, prevalentemente dalle aree ex-Bruzzo (19 ettari) ed ex-

Lo Faro (5,7) e gli altri 18 in località Teglia, sulla riva sinistra del

Polcevera, con le aree ex-Molini Certosa (1,2 ettari), ex-Mira Lanza (6,5),

7 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, pp. 93, 94. 8 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 95.

194

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

ex-Ansaldo San Giorgio (5,6) ed ex-magazzini di approvvigionamento

FFSS (4,2)9.

La preoccupazione, che traspare dalla variante integrale al P.R.G. del

1976, sembra essere rivolta all'ottenimento di un principale obiettivo: il

potenziamento globale delle capacità occupazionali, in termini di posti di

lavoro offerti dalla Val Polcevera. Tale obiettivo viene perseguito mediante

due linee strategiche, miranti la prima ad eliminare le principali cause di

alterazione dell'equilibrio ecologico e del basso tasso di utilizzazione di

manodopera, la seconda a favorire l'insediamento di attività produttive ad

alta concentrazione di addetti, legati soprattutto a notevoli livelli di

perfezionamento tecnologico (senza richiedere la realizzazione di

infrastrutture di eccezionale consistenza)10.

Si prevede, dunque, una maggiore disponibilità, rispetto al Piano del '59,

di terreni da adibire ad uso industriale, valutabile mediamente intorno al

30%, riflettendo tale scelta la volontà dell'Amministrazione di confermare

il ruolo portante della Val Polcevera, nel panorama dello sviluppo

industriale dell'area genovese11.

9 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 100. 10 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 97. 11 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 98.

195

CAPITOLO IV (1950 – 1980)

Non viene, invece, sufficientemente affrontato il problema

dell'inserimento della Val Polcevera nell'insieme dell'area metropolitana

genovese. Infatti, il verificarsi di tale integrazione dovrebbe avere come

presupposto la previsione e l'organizzazione di quelle infrastrutture di

livello secondario, capaci di garantire un elevato grado di riqualificazione

urbana, indispensabile ad un'organica fusione con il resto della città12.

12 A.A.V.V. (a cura dell'ASSOCIAZIONE INDUSTRIALI DELLA PROVINCIA DI GENOVA), Industria e territorio nella Valpolcevera, AUSIND, Genova, 1977, p. 99.

196

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