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6 Venerdì 9 settembre 2016 ilnuovogiornaleSpeciale

“Un giorno incontro due per-sone, marito e moglie, chemi salutano e mi dicono

che le nostre storie sono legate. Sierano sposati il giorno in cui miomarito era stato ucciso. E mi han-no detto: «Quando l’abbiamo sa-puto ci siamo sentiti fortementelegati a voi, alla vostra famiglia, eabbiamo deciso che tutti i giorniavremmo detto una preghieraper voi. E così abbiamo semprefatto, dal giorno del nostro matri-monio fino ad oggi». Al che misono detta: 'Ecco perché ce l’hofatta! Ecco perché sono riuscita afare questo cammino così diffici-le. Non ero sola!”.

Gemma Capra non ha dubbi: ilsuo incontro con Dio è avvenutola mattina del 17 maggio del1972. Davanti al portone di casa,a Milano, suo marito, il commis-sario Luigi Calabresi, viene ucci-so con due colpi di pistola. Erastato ingiustamente accusato diaver provocato la morte del-l’anarchico Giuseppe Pinelli. È ilperiodo della strategia della ten-sione cominciata con la strage diPiazza Fontana e che culminerànel ‘78 con il rapimento e l’assas-sinio di Aldo Moro.

Alla Grande Festa della Fami-glia - dove torna graditissimaospite dopo l’intervento nel 2012- porterà nella mattinata di dome-nica 18 settembre a Palazzo Goti-co la sua testimonianza: “La vio-lenza si interrompe solo con ilperdono”.

“Don Sandro, dimmi la verità: cos’è successo?”

Gemma aveva 25 anni, restavasola con due bambini ed era incin-ta del terzo. Poteva reagire conrabbia, disperazione, odio. Invece

non ha mai voluto cedere alla lo-gica della vendetta. Ai figli - Ma-rio, oggi direttore di Repubblica,Paolo, Luigi, a cui ha voluto dareil nome del padre, e Uber, nato dalsecondo matrimonio con Tonino -così come ai nipoti, insegna a nonrestare indifferenti di fronte alleingiustizie. Mai però a rispondereal male con il male.

“A un certo punto - ricorda, tor-nando con la memoria a quel tra-gico giorno di maggio del ‘72 - lacasa ha iniziato a popolarsi dipersone che mi parlavano del fe-rimento di mio marito. Tutti tergi-versavano. Quando ho visto ilparroco don Sandro Dellera, l’hoguardato in faccia e gli ho chiesto:«Dimmi la verità: cos’è succes-so?». E lui, muovendo le labbrama senza emettere suono mi harisposto: «È morto». Mi sono ac-casciata sul divano e ho guardato

come la mia. Come potevo fareuna cosa del genere? Ero una ra-gazza di 25 anni, ascoltavo i Bea-tles, amavo divertirmi. Da solanon avrei potuto affrontarequell’evento in questo modo. Èevidente - sottolinea Gemma -che è stato Dio, in quel momento,a farmi il dono della fede. Una fe-de che già avevo ereditato dallamia famiglia, ma più come tradi-zione che altro. In quel momentola fede è diventata una cosa mia,una mia decisione”.

Il perdono è un camminoNel necrologio del marito sul

Corriere della Sera volle far scri-vere le parole di Gesù sulla croce:“Padre, perdona loro perché nonsanno quello che fanno”.

“A un certo punto - spiegaGemma - mi sono domandata chesenso avesse, fino in fondo, quellafrase. Ho capito che era arrivato ilmomento di farla mia. E la cosa sucui mi sono interrogata è stata: maperché Gesù, sulla croce, non hadetto direttamente: «Vi perdonoperché non sapete quello che statefacendo?». Perché ha dovuto dire«Padre, perdona loro»? E lì - sotto-linea - ho capito: Gesù era uomo,e sapeva quanto per noi uominisarebbe stato difficile perdonare.Non saremmo stati capaci di se-guirlo su questa strada. Allora ciha richiamato al fatto che il perdo-no viene fin da subito dal Padre,mentre a noi è dato il tempo delcammino, per conquistare con pa-zienza questa consapevolezza.Quando ho fatto questa scopertami sono come liberata da un ma-cigno. Avevo il mio cammino da-vanti, accompagnata da Chi giàaveva perdonato. Non avevo l’ob-bligo di fare tutto subito”.

gli oggetti intorno a me, oggettiche mi parlavano di mio marito,come cose prive di significato. Hoprovato un dolore indescrivibile,talmente forte da diventare dolo-re fisico. In quell’istante, su queldivano, ho sentito nascere mira-colosamente in me un senso di

pace e la consapevolezza che nonero sola. Ho sentito potente lapresenza di Dio accanto a me. Hosubito chiamato don Sandro e gliho chiesto di farci recitare unapreghiera per le famiglie degli as-sassini di mio marito, famiglieche in quel momento soffrivano

TESTIMONE DI MISERICORDIA/ A Palazzo Gotico Gemma Capra, vedova del commissario Calabresi

“Quel 17 maggio 1972 ho incontrato Dio”È rimasta sola con due bambini e incinta del terzo. Ma non ha mai voluto cedere alla logica dell’odio e della vendetta

Sopra, la prima pagina del quotidiano milanese “Corriere d’Infor-mazione” con la notizia dell’assassinio del commissario Calabresi. A lato, Gemma Capra.

DOMENICA18 SETTEMBRE

Palazzo Gotico

L a chiesa di San’Anna in Va-ticano, parrocchia di BorgoPio, era gremita la mattinadi domenica 17 marzo

2013. Papa Francesco celebravala sua prima messa tra la gentedopo l’elezione, avvenuta ilmercoledì precedente. Nellafolla di fedeli, anche il giornali-sta Andrea Tornielli con alcuniamici. “Il messaggio di Gesù èla misericordia. Per me, lo dicoumilmente, è il messaggio piùforte del Signore”, disse France-sco, parlando a braccio a partiredal Vangelo dell’adultera, quel-lo del celebre monito di Gesù:“Chi è senza peccato, scagli laprima pietra”. Poco più di unanno dopo - è il 7 aprile 2014 - ilPapa torna a commentare il me-desimo brano, stavolta nellamessa mattutina in Santa Mar-ta, divenuta la sua residenza.“La misericordia - evidenziò inquell’occasione - è il modo concui Dio perdona”. E ancora: “Èuna grande luce di amore, di te-nerezza, perché Dio perdonanon con un decreto, ma con unacarezza. Lo fa carezzando le no-stre ferite di peccato, perché luiè coinvolto nel perdono, è coin-volto nella nostra salvezza”.

Tornielli, vaticanista del quo-tidiano torinese La Stampa e re-sponsabile del sito Vatican Insi-der, quelle riflessioni sull’amo-re di Dio dalle parole semplici,ma dirompenti, non le ha maidimenticate. Il Giubileo straor-dinario della misericordia haacceso i riflettori sul volto diDio che a Francesco sta più acuore testimoniare.

I suoi ripetuti inviti all’acco-glienza, con l’immagine efficacedella “Chiesa ospedale da cam-

po”, hanno suscitato ancheobiezioni e resistenze. “Troppamisericordia? Dove ci sta por-tando Papa Francesco” è il temasu cui si soffermerà domenica18 settembre alla Grande Festadella Famiglia Andrea Tornielli,autore del libro-intervista conBergoglio dal titolo “Il nome diDio è misericordia” (edizioniPiemme). A Palazzo Gotico, alle

ore 10, aprirà la mattina con-dotta dal giornalista Matteo Bil-li e che vedrà la partecipazioneanche di Gemma Capra e Co-stanza Miriano.

Com’è nato il libroLo stesso Tornielli racconta

nell’introduzione la genesi dellibro. Galeotta fu un’altra ome-

lia di Francesco, quella della li-turgia penitenziale al terminedella quale avrebbe annunciatol’indizione dell’Anno Santodella misericordia. Era il 13marzo 2015.

“Mentre lo ascoltavo ho pen-sato: sarebbe bello potergli por-gere alcune domande incentra-te sui temi della misericordia edel perdono, per approfondire

ciò che vogliono dire per lui, co-me uomo e come sacerdote.Senza - puntualizza Tornielli -la preoccupazione di ottenerequalche frase ad effetto che en-trasse nel dibattito mediaticoattorno al Sinodo della fami-glia, spesso ridotto a un derbyfra opposte tifoserie. Senza en-trare nella casistica. Mi piaceval’idea di un’intervista che faces-

se emergere il cuore di France-sco, il suo sguardo”.

Il Papa ha accettato la propo-sta. Il libro è frutto di una seriedi colloqui in Santa Marta ini-ziati nel luglio 2015, al ritornodal viaggio in Ecuador, Boliviae Paraguay. “Avevo inviato conpochissimo anticipo un elencodi argomenti e domande cheavrei voluto trattare. Mi sono

presentato munito di tre regi-stratori. Francesco mi attendevatenendo davanti a sé una con-cordanza della Bibbia e delle ci-tazioni dei Padri della Chiesa”.

Uno spiraglio basta per ottenere misericordia

In 109 pagine, di domanda indomanda, Francesco spazia da

Nel libro-intervista del vaticanista Andrea Tornielli, Bergoglio spiega a partire dall’esperienza di sacerdote e di uomo cosa vuol dire che “il nome di Dio è misericordia”

— Come si può insegnarela misericordia ai bam-bini?

Abituandoli ai raccontidel Vangelo, delle para-bole. Dialogando con lo-ro e, soprattutto, facendoloro sperimentare la mi-sericordia. Facendo lorocapire che nella vita sipuò sbagliare, ma chel’importante è rialzarsisempre.

Parlando della fami-glia, ho detto che è l’ospe-dale più vicino: quandouno è malato, ci si cura lì,finché si può. La famiglia

è la prima scuola deibambini, è il punto di ri-ferimento imprescindibi-le per i giovani, è il mi-glior asilo per gli anziani.Aggiungo che la famigliaè anche la prima scuoladella misericordia, per-ché si è amati e si imparaad amare, si è perdonati esi impara a perdonare.

Penso allo sguardo diuna madre che si sfiancadi lavoro per portare a ca-sa il pane al figlio tossico-dipendente. Lo ama, no-nostante i suoi errori.

Tratto dal libro “Il nome di Dio è misericordia”

“La famiglia è la prima scuoladella misericordia”

il giornalistaAndrea Tornielli consegna a papa Francesco una copia del libro “il nome di Dio è misericordia”.

aneddoti della sua vita di prete- e anche dell’infanzia - a rifles-sioni sulla confessione, la diffi-coltà a riconoscersi peccatori, ilrapporto tra giustizia e perdo-no, l’atteggiamento dei sacerdo-ti di fronte a chi vive condizioniirregolari.

Tornielli rivela un retroscenaper capire cosa vuol dire miseri-cordia per Francesco. Parlandodi peccatori e perdono, nellaprima versione del testo, avevasintetizzato così la risposta delPapa: “La medicina c’è, la gua-rigione c’è, se soltanto muovia-mo un piccolo passo verso Dio”.“Mi chiese di aggiungere «...oalmeno abbiamo il desiderio dimuoverlo». In questa aggiunta -sottolinea il giornalista - c’è tut-to il cuore del pastore che cercadi uniformarsi al cuore miseri-cordioso di Dio e non lascia nul-la di intentato pur di raggiunge-re il peccatore”.

Barbara Sartori

Come potevo, da sola, chiedere di pregare per le famiglie degli assassinidi mio marito? Avevo 25 anni, ascoltavo

i Beatles, mi piaceva divertirmi. È evidente che, se l’ho fatto,

è perché Dio era con me

(bs) Il quotidiano britannicoCatholic Herald l’ha definita“la scrittrice cattolica più peri-colosa del mondo”: CostanzaMiriano, giornalista di Rai Vati-cano e collaboratrice di diversetestate come Avvenire e il gior-nale on line La Croce, chiuderàla mattinata di domenica 18 set-tembre a Palazzo Gotico. “Il ge-nio femminile: perdonare chi cidelude” è il titolo del suo inter-vento.

Il grande privilegiodell’essere femmine

Per Costanza Miriano, peru-gina di nascita e romana d’ado-zione, la popolarità è arrivatacon “Sposati e sii sottomessa”,un caso editoriale tradotto inpiù lingue e pronto ora a sbar-care negli States. È proseguitacon la riflessione sul matrimo-nio dedicata agli uomini in“Sposati e muori per lei”. Con-fermandosi amante dei titolicontrocorrente, in “Obbedire èmeglio” ha scritto di come an-che le delusioni possono diven-tare un bene, perché salvanodal delirio di onnipotenza.Adesso in “Quando eravamofemmine” (Sonzogno editore)indirizza alle figlie gemelle Li-via e Lavinia in forma di letterala sua disamina sul ruolo delladonna nella società. “Noi don-ne - sottolinea nel saggio - ab-biamo conquistato la libertà discegliere, nel lavoro, nell’amo-re, nella vita. Ma a che prezzo?Siamo davvero più felici? E so-prattutto, rendiamo più felici lepersone che ci sono affidate?Non è che per caso femmini-smo, rivoluzione sessuale e bat-taglie per la parità hanno finitoper lasciarci più sole e tristi?”.

La giornalista - moglie diGuido e mamma, oltre che dellegemelle, di Bernardo e Tomma-so - osa rivendicare come formadi realizzazione per la donna lamaternità, l’apertura alla vita,quale “grande privilegio del-l’essere femmine”. “Non stoparlando - puntualizza - dellacasalinga anni Cinquanta: letante donne che ho avuto la for-tuna di incontrare - donne rea-lizzate spesso anche nel lavoro -hanno percorso strade difficili,perfino drammatiche, eppurene sono emerse straordinaria-mente capaci di vita, capaci disperanza contro ogni ragione”.

A chi voglio piacere io?Il punto di partenza è la do-

manda con cui - volenti o no-lenti - ogni donna si trova a farei conti: “A chi voglio piacereio?”. È questa - annota la Miria-no - la chiave di volta a cui è le-gato anche il modo in cui unadonna guarda se stessa, anzi, sidefinisce. “Chi vogliamo che cidica che siamo belle? - rilanciaMiriano -. Ognuna di noi vuolepiacere a qualcuno, anche quel-le apparentemente più autono-me, perché l’indipendenza èun’illusione”. Quanto a lei, nonha dubbi sulla sua, di risposta:“A chi voglio piacere? A Dio”.Senza il riconoscimento di un

Perdonare chi ci delude: un “potere” nelle mani delle donne

Siamo emancipate, ma siamo felici? in “Quando eravamo femmine” Costanza Miriano racconta i tanti incontri fatti in tutta italia

Amore che precede e sostieneogni nostro amore, insomma,non c’è relazione, desiderio,giusta ambizione che tenga.

L’altro è imperfetto e desti-nato a deluderci. E quando l’al-tro è il marito, il fidanzato, ilcompagno la delusione fa an-cora più male. Può schiacciare.La verità è che il bisogno di“pienezza” del nostro cuorenon può essere riposto in un’al-tra persona. Dunque, non sonogli uomini che sono cattivi - co-me una certa mentalità vorreb-be sostenere, mettendo maschie femmine gli uni contro gli al-tri - né la colpa è del lavoro nelquale le donne vivono ancorauna condizione di disparità. Èall’origine che bisogna tornareper saziare la sete di infinitodel cuore umano. “Quandochiedo al Signore di restituirmilo sguardo di amore che desi-dero - confida Costanza Miria-no - sono più piena, più felice,dipendo di meno dagli altri eriesco ad amarli in modo più li-bero, non come chi si aggrap-pa, ma come chi si apre genero-samente, perché sa che la suapienezza non è messa in crisida niente”.

Nella foto de L’Osservatore Romano/SiR, la visita al campo profughi di Lesbo con il patriarca Bar-tolomeo nell’aprile scorso.

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DOTT. FRANCESCO CAVANNA

TROPPA MISERICORDIA?DOVE CI PORTA PAPA FRANCESCO

“La medicina c’è, la guarigione c’è,

se soltanto muoviamo un piccolo passo verso Dio.

O abbiamo almeno il desiderio di muoverlo

GrandeFestadellaFamiglia

Sotto i Portici del Gotico alle 11.30. Nel pomeriggio “Disegniamo il perdono”

“Il pennello magico” di Pappa e PeroÈ affidato a Pappa e Pero - ovvero Sa-

ra Dallavalle e Andrea Roda, educatoriprofessionali, una lunga esperienza alfianco della famiglia in attività di ani-mazione e laboratori creativi - il mo-mento dedicato ai bimbi nell’edizione2016 della festa. Domenica 18 settem-bre, alle ore 11.30, sotto i Portici di Pa-lazzo Gotico proporranno lo spettacolo“Il pennello magico”.

Alle ore 14.30 in Piazza Cavalli i bam-bini saranno coinvolti inoltre nell’inizia-tiva “L’artista che è in te: disegniamo ilperdono”. Non mancheranno i giochigonfiabili, il truccabimbi, bibite e gelatiper tutta la giornata di domenica.

Sopra, nella foto di Pagani, Costanza Miriano durante il suo intervento all’edizione 2013 della Grande Festadella Famiglia. A lato, la copertina del suo ultimo libro.

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