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18-05-24 RASSEGNA STAMPA 18-05-23 LICCIARDI (ANACER)- «L’ITALIA NON È PRONTA PER IL MERCATO DEI DERIVATI» Agrisole Il Sole 24 Ore 18-05-23 IL GRANAIO EUROPEO PERDE 500MILA ETTARI MA LE ESPORTAZIONI TORNANO A CRESCERE Agrisole Il Sole 24 Ore 18-05-23 RIFORMA PAC, PROVE GENERALI DI GRANDI ALLEANZE IN EUROPA (ASPETTANDO L’ITALIA) Agrisole Il Sole 24 Ore 18-05-23 RISO, ECCO LE PROVE DEI DANNI DELL’ACCORDO EBA CHE HA SMANTELLATO I DAZI ALL’IMPORT Agrisole Il Sole 24 Ore 18-05-24 MERCATI IN ITALIA Il Sole 24 Ore

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18-05-23LICCIARDI(ANACER)-«L’ITALIANONÈPRONTAPERILMERCATODEIDERIVATI»AgrisoleIlSole24Ore

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Licciardi (Anacer): «L’Italia non è pronta per il mercato dei derivati» A.R.

Parla il presidente dell’Associazione cerealisti che rappresenta i trader del settore, con 20 milioni di tonnellate movimentate e un giro d’affari di 9 miliardi. Sulla Cun: «Più che alla sede bisogna pensare alla composizione, altrimenti il mercato guarderà altrove»

L’Italia non è un paese per future, i contratti a termine che dominano i mercati mondiali delle commodity e che da anni si tenta faticosamente di introdurre anche a livello nazionale. «L’Italia non è pronta per un mercato dei derivati sui cereali e deve guardarsi dagli effetti della guerra commerciale tra Usa e Cina che potrebbe coinvolgere, in prospettiva, anche la cerealicoltura». Carlo Licciardi, 53 anni, ravennate, executive chairman Cofco International, da 2 anni è presidente di Anacer, l'associazione dei cerealisti italiani che rappresenta i trader del settore con 20 milioni di tonnellate

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importate ogni anno e un giro d’affari di 9 miliardi. Parla alla vigilia dell’Assemblea dell’associazione che si terrà il 25 maggio a Napoli.

La guerra dei dazi in corso tra Usa e Cina vi preoccupa?

Assolutamente sì: finora si è parlato, tra le commodity, solo di soia e sorgo ma in prospettiva anche mais e grano potrebbero risentire di una guerra commerciale. Comunque i mercati saranno influenzati anche indirettamente con l'impegno della Cina ad aumentare gli acquisti di mais, basti pensare al mercato dell’etanolo. Ma la situazione è in fermento su tutti i mercati agricoli.

Molti produttori si lamentano per i bassi prezzi. Come giudica il mercato attuale?

In generale i prezzi cerealicoli sono risaliti, molto lo sta facendo anche la debolezza dell'euro. L’Italia come importatore paga la debolezza dell'euro sul dollaro. I fondamentali dei prezzi all'origine restano complessivamente alti, il mercato americano è cresciuto molto trainando il resto del mondo. Le importazioni si mantengono tendenzialmente in leggera crescita, soprattutto per i cereali in granella.

Foggia rivendica la sede della Commissione unica sui prezzi, qual è la posizione dei trader?

Come associazione chiediamo soprattutto un po' più di chiarezza sugli obiettivi della commissione e su come la si vuol far funzionare. Quello che manca, più che la sede, è la composizione della Cun: il rischio è che questa non sia rappresentativa del mercato. E se così fosse il mercato, che ha sempre ragione, troverà il modo di fare i prezzi senza passare dalla Cun. Quindi bisogna fare un passo indietro per rendere realmente le Cun uno strumento di mercato e un punto di riferimento per gli operatori. Altrimenti il mercato troverà da solo le sue alternative.

L’attuale sistema delle Borse merci va comunque rivisto?

È evidente che le nuove tecnologie impongono un ridimensionamento del sistema delle Borse merci. Da parte nostra auspichiamo una ricongiunzione di quante più borse possbili per arrivare magari a creare un'unica borsa merci rappresentativa del mercato. Il sistema ha bisogno di essere consolidato, per rendere le borse più frequentate e creare una borsa realmente rappresentativa dell'intero mercato, risolvendo al tempo stesso il problema della sede della Commissione unica.

In Italia il mercato dei derivati, nonostante gli ultimi tentativi, non è mai decollato. Perché?

Il nostro è un mercato estremamente polverizzato con operatori medio piccoli, non ancora maturo per affrontare lo strumento dei derivati. In Francia il Matif di Parigi funziona perché ha un sottostante in termini di volumi molto importante e soprattutto è decollata dopo il consolidamento della partecipazione del mondo cooperativo. Il mercato italiano non è strutturato e la situazione non è ancora matura, oltretutto mancano i volumi necessari.

Però i rapporti di filiera, spesso difficili, sono migliorati..

I rapporti di filiera sono migliorati, anche gli industriali ora cercano di salvaguardare il patrimonio rappresentato dalla cerealicoltura nazionale, questo va nella giusta direzione che è quella di cercare di valorizzare in modo reciproco tutte le componenti della filiera. Anacer si sta muovendo con le autorità sanitarie per poter presentare un manuale delle best practices per garantire e salvaguardare la salubrità del prodotto e la salute del consumatore.

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Il Granaio europeo perde 500mila ettari ma le esportazioni tornano a crescere L.F.

Le ultime stime attestano la produzione Ue di frumento tenero sotto quota 23 milioni di ettari, in calo di oltre il 2% rispetto alla scorsa campagna. Il calo dei raccolti in Russia e l’euro ai minimi dal 2017 sul dollaro dovrebbero però favorire il recupero delle quote di mercato perse negli ultimi anni.

L'asticella della Commissione europea resta fissata a 23 milioni di ettari per le superfici Ue a frumento tenero. Ma stando ai conteggi del ministero dell'Agricoltura francese non si andrà quest'anno oltre i 22,8 milioni, con la perdita di 500mila ettari (-2,1%) rispetto alla scorsa campagna.

Al taglio degli investimenti in Germania, Francia, Polonia e Romania si affianca la previsione, comunicata del Board britannico Ahdb, di una flessione delle semine a frumento del 2% nel Regno Unito. Numeri che confermano la prospettiva di una riduzione, seppure marginale, del raccolto 2018, stimato da Bruxelles sui 141,5 milioni di tonnellate (141 milioni secondo Stategie Grains), sempre che i rendimenti in campagna, migliori nelle attese rispetto all'ultima annata, compensino almeno in parte il taglio delle superfici europee.

L'eventuale mismatch tra domanda e offerta sui mercati europei potrebbe tuttavia materializzarsi proprio in territorio transalpino, in previsione di un calo, per il secondo anno di fila, delle scorte di fine campagna 2017-18. A luglio, secondo FranceAgriMer, l'ufficio statistico del ministero dell'Agricoltura di Parigi, resteranno nei silos poco più di 2 milioni e mezzo di tonnellate di fumento tenero, 134mila in meno di quanto indicato nelle valutazioni di aprile.

Sembra tra l'altro che, nonostante le pressioni dei grani del Mar Nero, le esportazioni d'Oltralpe stiano marciando a un passo più spedito rispetto alle attese, prefigurando un un bilancio finale di 17,6 milioni di tonnellate, in forte crescita rispetto al dato della scorsa stagione (11,3 milioni di tonnellate nel 2016-17), influenzato però dal pessimo esito produttivo.

Va tuttavia evidenziato che se i frumenti francesi crescono all'estero è solo grazie agli acquisti dei partner europei. Nei paesi Terzi le esportazioni, a causa soprattutto del pressing competitivo dei grani russi, scenderanno infatti ai minimi dal 2012-13 (se si esclude il risultato “fuori standard” della scorsa campagna), mentre in area Ue si porteranno al top da cinque anni.

A partire da luglio, anche in previsione di un minore raccolto di Mosca, i Ventotto (Francia inclusa) potranno comunque riconquistare almeno parte delle quote perse nei mercati extra-Ue. La Commissione europea stima nel 2018-19 un export Ue di 27 milioni di tonnellate di frumento tenero, in crescita del 17% su base annua. Con possibili spinte anche da un cambio euro/dollaro più favorevole alla moneta comune, scesa in questi giorni ai minimi dal dicembre 2017.

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Più prudenti le stime di Parigi anche sulle nuove semine a granoturco. A fronte di una situazione invariata nelle campagne francesi, dove gli investimenti si manterranno su livelli storicamente bassi (-12% rispetto alla media delle ultime cinque campagne), si avrà una crescita del 2% nei Ventotto, in previsione di 8,3 milioni di ettari. Per la Commissione europea resta alla portata dell'Ue quota 8,5 milioni di ettari (determinante la crescita attesa in Romania), anche se le attuali valutazioni propendono per un calo del raccolto europeo che, nella migliore delle ipotesi, dovrebbe scendere attorno ai 64 milioni di tonnellate (-2% circa).

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Riforma Pac, prove generali di grandi alleanze in Europa (aspettando l’Italia) Alessio Romeo

A pochi giorni dalla presentazione delle proposte di regolamento Francia, Spagna e Portogallo lavorano a una posizione comune, contro il cofinanziamento e a favore degli aiuti accoppiati. Il 3 giugno vertice informale a Sofia

Con l’unica certezza di veder diminuire il proprio peso in Europa (l’incidenza della Pac sul bilancio passerà, come ordine di grandezza, dal 40% dell’attuale programmazione al 30% circa del 2021-2027), il mondo agricolo si prepara all’ennesima riforma della prima politica economica europea. Con la presentazione in agenda la prossima settimana delle proposte di regolamento da parte della Commissione europea la riforma, è ormai noto, punterà su un’ulteriore deregulation (si scrive semplificazione) con deleghe sempre più ampie per gli Stati membri, un riequilibrio dei finanziamenti tra grandi e piccole imprese (con un tetto di 60mila euro annui per i pagamenti) e tra vecchi e nuovi Stati membri (con il completamento del processo di convergenza esterna che porterà, potenzialmente, a un aiuto a ettaro uguale per tutti) e, infine, sul rafforzamento delle misure di gestione delle crisi nell’ambito dello sviluppo rurale. Un punto chiave quest’ultimo dopo il frettoloso smantellamento dei vecchi meccanismi (dalle quote agli ammassi fino al vecchio e mai abbastanza rimpianto set-aside), al quale si aggiunge l’ipotesi, tutta da definire, di un aumento del tasso di cofinanziamento nazionale dei programmi di sviluppo rurale per mitigare l’impatto dei tagli (che complessivamente vanno ben oltre il 5% annunciato per l’agricoltura e arrivano, in termini reali, almeno al 20 per cento).

Prove di alleanze in Europa

In attesa della nomina del nuovo ministro italiano, cominciano a delinearsi in seno al Consiglio dell'Unione europea le alleanze in vista dell'avvio dei negoziati sul prossimo quadro finanziario pluriennale e sulla riforma della Pac. Un primo confronto si avrà nel corso della riunione informale dei ministri dell'Agricoltura, in programma dal 3 al 5 giugno a Sofia, in Bulgaria.

Nel corso di una recente audizione di fronte al Senato, la ministra spagnola dell'Agricoltura, Isabel Garcia Tejerina, ha annunciato che il 31 maggio incontrerà i colleghi di Francia e Portogallo. L'obiettivo è di definire una posizione comune, per garantire anche nei prossimi anni una dotazione finanziaria adeguata al settore agricolo. La posizione comune finale potrebbe essere sottoscritta anche dai ministri di Irlanda e Polonia.

Il governo spagnolo è assolutamente contrario al il cofinanziamento nazionale degli aiuti diretti della Pac. Una vera e propria linea rossa insuperabile: «Gli aiuti diretti – ha puntualizzato la ministra –, svolgono una funzione fondamentale per la tenuta del reddito degli agricoltori. Per questo dovranno continuare ad essere finanziati per intero dal bilancio

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della Ue», anche per evitare discriminazioni tra i produttori nell'Unione e per garantire il corretto funzionamento del mercato unico.

La Tejerina ha poi sottolineato l'importanza degli aiuti accoppiati, «che giocano un ruolo essenziale per la salvaguardia di alcuni settori produttivi, altrimenti destinati a scomparire». La ministra ha concluso il suo intervento al Senato, assicurando che – non appena saranno state licenziate le proposte della Commissione sulla riforma della Pac – inizierà il confronto con le Comunità autonome e con le associazioni professionali, per fare in modo che «la posizione spagnola a Bruxelles, sia la posizione di tutta la Spagna e di tutti i territori».

In Francia è stato lo stesso presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, a scendere in campo nelle scorse settimane dichiarando inaccettabili i tagli prospettati per il settore agricolo dalle proposte sul futuro bilancio Ue. Una posizione che però, secondo molti osservatori delle dinamiche europee, al di là delle dichiarazioni formali, appare meno netta che in passato, quando l’obbligatorietà – anche dal punto di vista tecnico – della spesa agricola europea era il presupposto necessario alla chiusura di accordi (è il caso del grande allargamento del maggio 2004, preceduto e reso possibile dalla preventiva intesa anche sui finanziamenti agricoli tra Chirac e Schroder) e all’avvio di nuove politiche. Un tempo che oggi appare molto lontano, nella forma e nella sostanza.

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Riso, ecco le prove dei danni dell’accordo Eba che ha smantellato i dazi all’import Paolo Accomo

Non solo il crollo dei prezzi sul mercato interno: confermato anche il contrabbando di riso vietnamita e il land grabbing nei Pma: i primi risultati dell’inchiesta voluta dall’Europa per valutare l’impatto delle concessioni ai paesi meno avanzati. In estate le ultime verifiche Si conclude l'istruttoria dell'inchiesta di salvaguardia sulle importazioni di riso indica da Cambogia e Myanmar. Lo annuncia l'Ente Nazionale Risi che si è assunto il compito – con il consenso del governo italiano – di gestire la fase nazionale. La procedura è stata decisa dalla Commissione europea dopo le pressioni italiane e degli altri Paesi produttori, amplificate da due convegni europei promossi dall'Ente Risi per sollevare il problema del crollo di rimuneratività della risicoltura europea da quando le importazioni dai Pma sono state esentate dal pagamento del dazio.

L’impatto delle concessioni

Concessioni unilaterali riconosciute in virtù della direttiva Eba che tuttavia non hanno sortito l'effetto desiderato, in quanto, come ha denunciato l'Ente Risi, le importazioni esenti da dazio non aiutano i contadini dei Paesi Meno Avanzati: «Mentre noi lavoriamo a testa bassa affinché, nell'ambito della richiesta di attivazione della clausola di salvaguardia alle importazioni a dazio zero dalla Cambogia, vengano superate le osservazioni, talvolta pretestuose, avanzate dai servizi della Commissione europea, gli stessi cambogiani ammettono di avere un problema di accaparramento delle terre a danno degli agricoltori – confermando quanto emerso nel report pubblicato dalla società Development Solutions per conto della Commissione europea – e di contrabbando di riso vietnamita che viene spacciato come cambogiano» ha dichiarato infatti il presidente Paolo Carrà, facendo riferimento a un rapporto della Cambodia Rice Federation.

L'Italia chiede ormai da anni che l'Europa ripristini i normali dazi alle importazioni di riso, evidenziando il legame tra il crollo dei prezzi europei e le basse quotazioni dell'indica cambogiano e birmano che presentano margini di sottoquotazione nel range del 23-31% e del 35-43% che hanno condotto a una flessione dei prezzi dell'indica europeo nell'ordine del 15-21% in tre anni.

L’inchiesta europea

Dopo lunghe pressioni e la presentazione di due dossier governativi, Bruxelles ha avviato l'inchiesta selezionando un campione di produttori dell'Unione europea, nonché di esportatori e gli importatori. Come avvisa l'Ente Risi, la Commissione ha selezionato provvisoriamente un campione di 4 risicoltori e 3 trasformatori di riso in Italia e di 1 risicoltore ed 1 trasformatore di riso in Spagna (che rappresentano circa l'80% dell'intera produzione di riso dell'Ue).

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Completata la fase di valutazione dei questionari, la Commissione procederà con la fase di verifica in loco che potrebbe partire già in estate. «Per cercare di rappresentare alla Commissione la problematica in termini comunitari e non solo nazionali, l'Ente Nazionale Risi ha chiesto ed ottenuto il supporto del Presidente dei risicoltori europei, Ania (Associazione delle industrie risiere portoghesi), Uniade (Associazione delle industrie risiere spagnole), Copa-Cogeca e Ferm che hanno inviato alla Commissione europea una nota di condivisione delle azioni intraprese dal Governo italiano» segnala una nota dell'Ente Risi.

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