15, n. 4(152) - Maggio 2018 per la vita della Diocesi di ... · - Due momenti della Pasqua di Papa...

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Registrazione al Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004 - Redazione: C.so della Repubblica 343 - 00049 VELLETRI RM - 06.9630051 - [email protected] Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli atti della Curia e pastorale per la vita della Diocesi di Velletri -Segni A. 15, n. 4(152) - Maggio 2018

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Il contenuto di articoli, servizi foto e loghi nonché quello voluto da chi vi compare rispecchia esclusivamente il pensiero degliartefici e non vincola mai in nessun modo Ecclesìa in Cammino, la direzione e la redazione.Queste, insieme alla proprietà, si riservano inoltre il pieno ed esclusivo diritto di pubblicazione, modifica e stampa a propriainsindacabile discrezione senza alcun preavviso o autorizzazioni. Articoli, fotografie ed altro materiale, anche se non pubbli-cati, non si restituiscono. E’ vietata ogni tipo di riproduzione di testi, fotografie, disegni, marchi, ecc. senza esplicita autorizza-zione del direttore.

Ecclesia in camminoBollettino Ufficiale per gli atti di Curia

Mensile a carattere divulgativo e ufficiale per gli attidella Curia e pastorale per la vita della

Diocesi di Velletri-Segni

Direttore ResponsabileMons. Angelo Mancini

CollaboratoriStanislao FioramontiTonino Parmeggiani

Mihaela Lupu

ProprietàDiocesi di Velletri-Segni

Registrazione del Tribunale di Velletri n. 9/2004 del 23.04.2004

Stampa: Quadrifoglio S.r.l.Albano Laziale (RM)

RedazioneCorso della Repubblica 34300049 VELLETRI RM06.9630051 fax 96100596 [email protected]

A questo numero hanno collaborato inoltre: S.E. mons. Vincenzo Apicella, don Michele Falabretti, donAntonio Galati, don Carlo Fatuzzo, don Andrea Pacchiarotti,don Daniele Valenzi, padre Vincenzo Molinaro, Luca Borro,Sara Gilotta, Costantino Coros, Claudio Capretti, Sara Bianchini,Massimiliano Postorino, Giovanni Zicarelli, Mara Della Vecchia,Luigi Musacchio,Carlo Condorelli, Gianpaolo Magro, AlbertoQuattrocchi.

Consultabile online in formato pdf sul sito:www.diocesivelletrisegni.it

DISTRIBUZIONE GRATUITA

In copertina:

Madonna col Bambino tra i santi Michele Arcangelo e Andrea

Cima da Conegliano, XV sec.,Galleria Nazionale di Parma

-“La santità della porta accanto � lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità”,

+ Vincenzo Apicella p. 3

- “Santi a due a due”. Dalla nuova esortazione apostolica di Papa Francesco“Gaudete et Exsultate” (...) p. 4

- Due momenti della Pasqua di Papa Francesco,

a cura di Stanislao Fioramonti p. 5

- A tutte le mamme del mondo,Sara Gilotta p. 7

- Rayenne e Djihenne: la separazione delle due gemelle siamesi presso l’Ospedale della Santa Sede Bambino Gesù di Roma. Un esempio di buona sanità e di attenzione al prossimo,

a cura della Redazione p. 8

- Messaggio del Santo Padre Francesco per la 52a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali p. 10

- Una comunicazione che si prende cura della verità, Costantino Coros p. 12

- La Parola e le parole: l’importanza di discernere le opere di Dio, per compierle nella nostra vita ed essere felici,

Claudio Capretti p. 13

- Calendario dei Santi d’Europa / 16: 30 maggio, Santa Giovanna D’Arco,

Stanislao Fioramonti p. 14

- Pentecoste: rinascere dalla “fantasia” di Dio,don Andrea Pacchiarotti p. 16

- Papa Francesco istituisce la festa di Maria Madre della Chiesa,

don Andrea Pacchiarotti p. 17

- Volontariato per discernere,Gianpaolo Magro p. 18

- Se educare alla giustizia ambientale significhi o meno, fare un buco nell’acqua�,

Sara Bianchini p. 19

- Per l’inclusione delle Persone detenute,Carlo Condorelli p. 20

- Pre-sinodo: il giorno dopo. Le riflessioni a caldo di don Michele Falabretti sull’assembleapresinodale conclusasi con la celebrazione della domenica delle palme,

don Michele Falabretti p. 22

- “Dio è giovane”, ma l’uomo è invecchiato!,Massimiliano Postorino p. 23

- Verso il sinodo per i giovani / 2,don Antonio Galati p. 24

- I giovani e il loro sogno di felicità,don Carlo Fatuzzo p. 25

- Festa nella Parrocchia Regina Pacis per l’istituzione di nuovi ministri,

a cura della Redazione p. 27

- Sostegno economico alla Chiesa Cattolica. Firmiamo tutti per l’8X1000 per aiutarci,

a cura di Alberto Quattrocchi p. 28

- Colleferro, Parrocchia San Bruno: Accolta la reliquia di San Giovanni Paolo II,

Giovanni Zicarelli p. 30

- Lariano in festa per la sua Patrona S. Eurosia,

p. Vincenzo Molinaro p. 31

- Celebrato anche a Lariano San Giovanni Leonardi, 80 anni della canonizzazione,

p. Vincenzo Molinaro p. 32

- VII edizione della festa del pane,don Daniele Valenzi p. 34

- Francis Poulenc e il Santuario della Vergine di Rocamadour,

Mara Della Vecchia p. 35

- Il Sacro intorno a noi / 46:La grotta di S. Angelo a Balsorano (AQ),

Stanislao Fioramonti p. 36

- Lorenzo Viani (1882 - 1936)“La preghiera del cieco”,

Luigi Musacchio p. 39

33Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

� Vincenzo Apicella, vescovo

SSe la “parola chiave” per comprendere il pontificato di Papa Francescoè, senza dubbio, “Misericordia”, al secondo posto occorre met-tere, con altrettanta sicurezza, la parola: “Gioia”; basti pensare

alle iniziali di tanti suoi documenti, dalla prima Esortazione apostolicaEvangelii gaudium, per passare ad Amoris Laetitia, fino alla recentissi-ma Gaudete et Exultate (GE), resa pubblica nell’ultima solennità di SanGiuseppe, il 19 marzo di quest’anno. Un’Esortazione, questa, che testi-monia, ancora una volta, la capacità di Papa Francesco di stare “con ipiedi per terra” e andare subito “al sodo”, alla radice dei problemi.E’ inutile, infatti, parlare di “Chiesa sempre da riformare”, di “Chiesa mis-sionaria”, di nuova evangelizzazione, se non si parte dalla riforma di sestessi, da un rinnovato ardore della propria adesione a Cristo, nell’a-scolto obbediente della Sua parola. Tutto questo significa, molto sem-plicemente e sinteticamente, che dobbiamo prendere sul serio la nostrachiamata alla santità, quella che ci è stata donata in embrione, ma giàtutta e per intero, il giorno del nostro Battesimo, di cui da un po’ di tem-po ci stiamo occupando.“Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di san-tità. Lascia che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli Lui, scegli Diosempre di nuovo. Non ti scoraggiare, perché hai la forza dello SpiritoSanto affinché sia possibile, e la santità, in fondo, è il frutto dello SpiritoSanto nella tua vita (cfr. Gal. 5,22-23). Quando senti la tentazione diinvischiarti nella tua debolezza, alza gli occhi al Crocefisso e digli: ‘Signore,io sono un poveretto, ma tu puoi compiere il miracolo di rendermi unpoco migliore’. Nella Chiesa, santa e composta da peccatori, troveraitutto ciò di cui hai bisogno per crescere verso la santità.” (GE,15).Come sempre, anche in questo caso, Papa Francesco non fa che ripren-dere il filo di un discorso iniziato molto prima di lui, se è vero, come èvero, che il Concilio Vaticano II nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa,Lumen Gentium, dedica un intero capitolo, il quinto, alla “Universale chia-mata alla santità nella Chiesa” e San Giovanni Paolo II, nella Letteraapostolica Novo Millennio ineunte, così scrive: “E in primo luogo nonesito a dire che la prospettiva in cui deve porsi tutto il cammino pasto-rale è quella della santità…Ricordare questa elementare verità, ponendola a fondamento della pro-grammazione pastorale che ci vede impegnati all’inizio del nuovo mil-lennio, potrebbe sembrare, di primo acchito, qualcosa di scarsamenteoperativo. Si può forse programmare la santità? Che cosa può signifi-care questa parola, nella logica di un piano pastorale? In realtà porrela programmazione pastorale nel segno della santità è una scelta gra-vida di conseguenze. Significa esprimere la convinzione che, se il Battesimoè un vero ingresso nella santità di Dio attraverso l’inserimento in Cristoe l’inabitazione del suo Spirito, sarebbe un controsenso accontentarsidi una vita mediocre…E’ ora di riproporre a tutti con convinzione que-sta misura alta della vita cristiana ordinaria.” (NMI, 30-31).Papa Francesco inizia la sua Esortazione proprio descrivendo quellache lui chiama: “la santità della porta accanto”, della vita cristiana ordi-naria, quella che si può vedere “nei genitori che crescono con tanto amo-re i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il panea casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere…”(GE,7). Una santità, insomma, che assume tanti volti diversi, quanti sonoi volti dei figli di Dio, cioè di ciascuno di noi, ma, allo stesso tempo, fan-no trasparire l’inesauribile e multiforme ricchezza e splendore dell’uni-co Volto, quello del Figlio Unigenito, Gesù Cristo.“Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incar-nare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo.

Tale missione trova pienezza di senso in Cristo e si può comprenderesolo a partire da Lui. In fondo, la santità è vivere in unione con Lui i miste-ri della sua vita. Consiste nell’unirsi alla morte e resurrezione del Signorein modo unico e personale, nel morire e risorgere continuamente conLui.” (GE, 20).Riecheggiano, così, le parole di Benedetto XVI: “la misura della santi-tà è data dalla statura che Cristo raggiunge in noi, da quanto, con laforza dello Spirito santo, modelliamo tutta la nostra vita sulla sua” (Catechesidel 13 aprile 2011): è quanto si è cercato di spiegare nelle premessedell’ultima Lettera pastorale in riferimento ai sacramenti dell’Iniziazionecristiana.Per questo l’Esortazione, dopo aver messo in guardia contro gli attua-li sottili nemici della santità, si sofferma a delineare i tratti distintivi del-la santità, prendendo come punto essenziale di riferimento la paginapiù sorprendente e provocatoria del Vangelo, quella delle Beatitudini,dove Gesù ci mostra la “carta d’identità” del cristiano, i lineamenti delsuo Volto, che desidera potersi rispecchiare nel nostro.Non sono parole semplicemente poetiche e nemmeno moraleggianti,ma propongono uno stile di vita e scelte di fondo che vanno controcorrente,in rotta di collisione con il normale modo di pensare di questo nostromondo.Ne era ben consapevole San Paolo, quando scrive ai cristiani di Roma:“Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rin-novando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò cheè buono, a lui gradito e perfetto”. (Rom.11,2).Proprio sul discernimento Papa Francesco si sofferma nell’ultima par-te della sua Esortazione, spiegando come “Cristo ci chiami ad esami-nare quello che c’è dentro di noi –desideri, angustie, timori, attese-e quel-lo che accade fuori di noi –i ‘segni dei tempi’- per riconoscere le vie del-la libertà piena” (GE,168). Si tratta anzitutto una grazia da chiedere e presuppone una ben colti-vata capacità di ascolto: ascoltare il Signore che ci parla in tanti modi,durante il nostro lavoro, attraverso gli altri, negli avvenimenti di ogni gior-no e, soprattutto, nel silenzio della preghiera, mantenendo sempre comecriterio ultimo l’obbedienza alla Parola dell’Evangelo, vero Pane quoti-

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44 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

diano della nostra vita di fede. E, visto che siamo nel mese di maggio,è bello concludere con l’ultima pagina dell’Esortazione: “Desidero cheMaria coroni queste riflessioni, perché lei ha vissuto come nessun altrole Beatitudini di Gesù. Ella è colei che trasaliva di gioia alla presenza diDio, colei che conservava tutto nel suo cuore e che si è lasciata attra-versare dalla spada. E’ la santa tra i santi, la più benedetta, colei che ci

mostra la via della santità e ci accompagna. Lei non accetta che quan-do cadiamo rimaniamo a terra e, a volte, ci porta in braccio senza giu-dicarci. Conversare con lei ci consola, ci libera e ci santifica. La Madre non ha bisogno di tante parole, non le serve che ci sforziamotroppo per spiegarle quello che ci succede. Basta sussurrare ancora eancora: ‘Ave o Maria…’.” (GE,176).

Nell’immagine del titolo: un’opera di Burton Silverman

NNon ha dato grandi titoli sui giornali o neitg la nuova esortazione apostolica di papaFrancesco «Gaudete et Exsultate», pre-

sentata ieri. Poco male. Si tratta infatti di un testoche poco si presta alle sintesi, ma va piuttostoletto e meditato per intero. E soprattutto è un testoche parla alla vita ordinaria del cristiano, quel-la che abitualmente non fa notizia ma alla fineè il luogo in cui si gioca davvero la nostra fede.C’è però un aspetto particolare che - pur rinviandoalla lettura integrale del testo - ci piace oggi rilan-ciare: ed è la sottolineatura che il Papa propo-ne sul fatto che nessuno diventa santo da solo,perché la santità è qualcosa che cresce sem-pre dentro una comunità. Ci sembra di scorgervi una risposta radicale all’in-dividualismo, la malattia del nostro tempo chetutti ci portiamo dentro. Ecco qui sotto i nume-ri che papa Francesco dedica a questo tema nelcapitolo quarto di «Gaudete et Exsultate».140. È molto difficile lottare contro la propria con-cupiscenza e contro le insidie e tentazioni deldemonio e del mondo egoista se siamo isolati.E’ tale il bombardamento che ci seduce che, sesiamo troppo soli, facilmente perdiamo il sensodella realtà, la chiarezza interiore, e soccombiamo.141. La santificazione è un cammino comuni-tario, da fare a due a due. Così lo rispecchianoalcune comunità sante. In varie occasioni la Chiesaha canonizzato intere comunità che hanno vis-suto eroicamente il Vangelo o che hanno offer-to a Dio la vita di tutti i loro membri. Pensiamo, ad esempio, ai sette santi fondatoridell’Ordine dei Servi di Maria, alle sette beatereligiose del primo monastero della Visitazionedi Madrid, a san Paolo Miki e compagni martiri

in Giappone, a sant’Andrea Taegon e compa-gni martiri in Corea, ai santi Rocco Gonzáles eAlfonso Rodríguez e compagni martiri in Sud America.Ricordiamo anche la recente testimonianza deimonaci trappisti di Tibhirine (Algeria), che si sonopreparati insieme al martirio. Allo stesso modo ci sono molte coppie di spo-si sante, in cui ognuno dei coniugi è stato stru-mento per la santificazione dell’altro. Vivere elavorare con altri è senza dubbio una via di cre-scita spirituale. San Giovanni della Croce dice-va a un discepolo: stai vivendo con altri «per-ché ti lavorino e ti esercitino nella virtù»142. La comunità è chiamata a creare quello «spa-zio teologale in cui si può sperimentare la misti-ca presenza del Signore risorto». Condividerela Parola e celebrare insieme l’Eucaristia ci ren-de più fratelli e ci trasforma via via in comunitàsanta e missionaria. Questo dà luogo anche ad autentiche esperienzemistiche vissute in comunità, come fu il caso disan Benedetto e santa Scolastica, o di quel sub-lime incontro spirituale che vissero insiemesant’Agostino e sua madre santa Monica:«All’avvicinarsi del giorno in cui doveva usciredi questa vita, giorno a te noto, ignoto a noi, accad-de, per opera tua, io credo, secondo i tuoi miste-riosi ordinamenti, che ci trovassimo lei ed io soli,appoggiati a una finestra prospiciente il giardi-no della casa che ci ospitava [...]. Aprivamo avi-damente la bocca del cuore al getto superno del-la tua fonte, la fonte della vita, che è presso dite [...]. E mentre parlavamo e anelavamo versodi lei [la Sapienza], la cogliemmo un poco conlo slancio totale della mente [... così che] la vitaeterna [somiglierebbe] a quel momento d’intui-

zione che ci fece sospirare».143. Ma queste esperienze non sono la cosa piùfrequente, né la più importante. La vita comunitaria, in famiglia, in parrocchia, nel-la comunità religiosa o in qualunque altra, è fat-ta di tanti piccoli dettagli quotidiani. Questo capi-tava nella comunità santa che formarono Gesù,Maria e Giuseppe, dove si è rispecchiata in modoparadigmatico la bellezza della comunione tri-nitaria. Ed è anche ciò che succedeva nella vitacomunitaria che Gesù condusse con i suoi disce-poli e con la gente semplice del popolo.144. Ricordiamo come Gesù invitava i suoi disce-poli a fare attenzione ai particolari.Il piccolo particolare che si stava esaurendo ilvino in una festa. Il piccolo particolare che man-cava una pecora. Il piccolo particolare della vedo-va che offrì le sue due monetine.Il piccolo par-ticolare di avere olio di riserva per le lampadese lo sposo ritarda. Il piccolo particolare di chie-dere ai discepoli di vedere quanti pani aveva-no. Il piccolo particolare di avere un fuocherel-lo pronto e del pesce sulla griglia mentre aspet-tava i discepoli all’alba.145. La comunità che custodisce i piccoli parti-colari dell’amore, dove i membri si prendono curagli uni degli altri e costituiscono uno spazio aper-to ed evangelizzatore, è luogo della presenzadel Risorto che la va santificando secondo il pro-getto del Padre. A volte, per un dono dell’amo-re del Signore, in mezzo a questi piccoli parti-colari ci vengono regalate consolanti esperien-ze di Dio: «Una sera d’inverno compivo come al solito ilmio piccolo servizio, [...] a un tratto udii in lon-tananza il suono armonioso di uno strumento musi-cale: allora mi immaginai un salone ben illumi-nato tutto splendente di ori, ragazze elegante-mente vestite che si facevano a vicenda com-plimenti e convenevoli mondani; poi il mio sguar-do cadde sulla povera malata che sostenevo;invece di una melodia udivo ogni tanto i suoi gemi-ti lamentosi [...]. Non posso esprimere ciò cheaccadde nella mia anima, quello che so è cheil Signore la illuminò con i raggi della verità chesuperano talmente lo splendore tenebroso del-le feste della terra, che non potevo credere allamia felicità».146. Contro la tendenza all’individualismo con-sumista che finisce per isolarci nella ricerca delbenessere appartato dagli altri, il nostro camminodi santificazione non può cessare di identificar-ci con quel desiderio di Gesù: che «tutti sianouna sola cosa; come tu, Padre, sei in me e ioin te» (Gv 17,21).

da “Vino nuovo” del 15.04.2018

segue da pag. 3

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sintesi a cura di Stanislao Fioramonti

Signore Gesù, il nostro sguardo è rivolto a te, pieno di vergogna, di pen-timento e di speranza.Dinanzi al tuo supremo amore ci pervada la vergogna per averti lascia-to solo a soffrire per i nostri peccati: la vergogna per essere scappati dinanzi alla prova pur avendoti dettomigliaia di volte: “anche se tutti ti lasciano, io non ti lascerò mai”;la vergogna di aver scelto Barabba e non te, il potere e non te, l’appa-renza e non te, il dio denaro e non te, la mondanità e non l’eternità;la vergogna per averti tentato con la bocca e con il cuore, ogni volta checi siamo trovati davanti a una prova, dicendoti: “se tu sei il messia, sal-vati e noi crederemo!”;la vergogna perché tante persone, e perfino alcuni tuoi ministri, si sonolasciati ingannare dall’ambizione e dalla vana gloria perdendo la loro degni-tà e il loro primo amore;la vergogna perché le nostre generazioni stanno lasciando ai giovani unmondo fratturato dalle divisioni e dalle guerre; un mondo divorato dal-l’egoismo ove i giovani, i piccoli, i malati, gli anziani sono emarginati;la vergogna di aver perso la vergogna;Signore Gesù, dacci sempre la grazia della santa vergogna!Il nostro sguardo è pieno anche di un pentimento che dinanzi al tuo silen-zio eloquente supplica la tua misericordia:il pentimento che germoglia dalla certezza che solo tu puoi salvarci dalmale, solo tu puoi guarirci dalla nostra lebbra di odio, di egoismo, di super-bia, di avidità, di vendetta, di cupidigia, di idolatria, solo tu puoi riabbracciarciridonandoci la dignità filiale e gioire per il nostro rientro a casa, alla vita;il pentimento che sboccia dal sentire la nostra piccolezza, il nostro nul-

la, la nostra vanità e che si lascia accarezzare dal tuo invito soave epotente alla conversione;il pentimento di Davide che dall’abisso della sua miseria ritrova in te lasua unica forza;il pentimento che nasce dalla nostra vergogna, che nasce dalla certez-za che il nostro cuore resterà sempre inquieto finché non trovi te e in tela sua unica fonte di pienezza e di quiete;il pentimento di Pietro che incontrando il tuo sguardo pianse amaramenteper averti negato dinanzi agli uomini.Signore Gesù, dacci sempre la grazia del santo pentimento!Dinanzi alla tua suprema maestà si accende, nella tenebrosità della nostradisperazione, la scintilla della speranza perché sappiamo che la tua uni-ca misura di amarci è quella di amarci senza misura;la speranza perché il tuo messaggio continua a ispirare, ancora oggi,tante persone e popoli a che solo il bene può sconfiggere il male e lacattiveria, solo il perdono può abbattere il rancore e la vendetta, solol’abbraccio fraterno può disperdere l’ostilità e la paura dell’altro;la speranza perché il tuo sacrificio continua, ancora oggi, a emanare ilprofumo dell’amore divino che accarezza i cuori di tanti giovani che con-tinuano a consacrarti le loro vite divenendo esempi vivi di carità e di gra-tuità in questo nostro mondo divorato dalla logica del profitto e del faci-le guadagno;la speranza perché tanti missionari e missionarie continuano, ancora oggi,a sfidare l’addormentata coscienza dell’umanità rischiando la vita per ser-vire te nei poveri, negli scartati, negli immigrati, negli invisibili, negli sfrut-tati, negli affamati e nei carcerati;la speranza perché la tua Chiesa, santa e fatta da peccatori, continua,ancora oggi, nonostante tutti i tentativi di screditarla, a essere una luceche illumina, incoraggia, solleva e testimonia il tuo amore illimitato perl’umanità, un modello di altruismo, un’arca di salvezza e una fonte di cer-

continua nella pag. 6

66 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

tezza e di verità;la speranza perché dalla tua croce, frutto del-l’avidità e codardia di tanti dottori della Leggee ipocriti, è scaturita la Risurrezione trasformandole tenebre della tomba nel fulgore dell’alba del-la Domenica senza tramonto, insegnandoci che iltuo amore è la nostra speranza.Signore Gesù, dacci sempre la grazia della san-ta speranza!Aiutaci, Figlio dell’uomo, a spogliarci dall’arro-ganza del ladrone posto alla tua sinistra e deimiopi e dei corrotti, che hanno visto in te un’op-portunità da sfruttare, un condannato da criti-care, uno sconfitto da deridere, un’altra occa-sione per addossare sugli altri, e perfino su Dio,le proprie colpe. Ti chiediamo invece, Figlio diDio, di immedesimarci col buon ladrone che tiha guardato con occhi pieni di vergogna, di pen-timento e di speranza; che, con gli occhi dellafede, ha visto nella tua apparente sconfitta ladivina vittoria e così si è inginocchiato dinanzialla tua misericordia e con onestà ha deruba-to il paradiso! Amen!

Cari fratelli e sorelle, buona Pasqua!

Gesù è risorto dai morti. Risuona nella Chiesain tutto il mondo questo annuncio, insieme conil canto dell’Alleluia: Gesù è il Signore, il Padrelo ha risuscitato ed Egli è vivo per sempre inmezzo a noi. Gesù stesso aveva preannuncia-to la sua morte e risurrezione con l’immaginedel chicco di grano. Diceva: «Se il chicco di gra-no, caduto in terra, non muore, rimane solo; seinvece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).Ecco, proprio questo è accaduto: Gesù, il chic-co di grano seminato da Dio nei solchi della ter-ra, è morto ucciso dal peccato del mondo, è rima-sto due giorni nel sepolcro; ma in quella sua mor-te era contenuta tutta la potenza dell’amore diDio, che si è sprigionata e si è manifestata il ter-zo giorno, quello che oggi celebriamo: laPasqua di Cristo Signore. Noi cristiani credia-mo e sappiamo che la risurrezione di Cristo èla vera speranza del mondo, quella che non delu-

de. È la forza del chicco di grano, quella del-l’amore che si abbassa e si dona fino alla fine,e che davvero rinnova il mondo. Questa forzaporta frutto anche oggi nei solchi della nostrastoria, segnata da tante ingiustizie e violenze.Porta frutti di speranza e di dignità dove ci sonomiseria ed esclusione, dove c’è fame e mancail lavoro, in mezzo ai profughi e ai rifugiati – tan-te volte respinti dall’attuale cultura dello scarto–, alle vittime del narcotraffico, della tratta di per-sone e delle schiavitù dei nostri tempi.E noi oggi domandiamo frutti di pace per il mon-do intero, a cominciare dall’amata e martoria-ta Siria, la cui popolazione è stremata da unaguerra che non vede fine. In questa Pasqua, laluce di Cristo Risorto illumini le coscienze di tut-ti i responsabili politici e militari, affinché si pon-ga termine immediatamente allo sterminio in cor-so, si rispetti il diritto umanitario e si provvedaad agevolare l’accesso agli aiuti di cui questi nostrifratelli e sorelle hanno urgente bisogno, assi-curando nel contempo condizioni adeguate peril ritorno di quanti sono stati sfollati. Frutti di ricon-

ciliazione invochiamo per la Terra Santa,anche in questi giorni ferita da conflitti aperti chenon risparmiano gli inermi, per lo Yemen e pertutto il Medio Oriente, affinché il dialogo e ilrispetto reciproco prevalgano sulle divisioni e sul-la violenza. Possano i nostri fratelli in Cristo, chenon di rado subiscono soprusi e persecuzioni,essere testimoni luminosi del Risorto e della vit-toria del bene sul male. Frutti di speranza sup-plichiamo in questo giorno per quanti anelanoa una vita più dignitosa, soprattutto in quelle par-ti del continente africano travagliate dallafame, da conflitti endemici e dal terrorismo. Lapace del Risorto risani le ferite nel Sud Sudan:apra i cuori al dialogo e alla comprensione reci-proca. Non dimentichiamo le vittime di quel con-flitto, soprattutto i bambini! Non manchi la soli-darietà per le molte persone costrette ad abban-donare le proprie terre e private del minimo neces-sario per vivere. Frutti di dialogo imploriamo perla penisola coreana, perché i colloqui in cor-

so promuovano l’armonia e la pacificazione del-la regione. Coloro che hanno responsabilità diret-te agiscano con saggezza e discernimento perpromuovere il bene del popolo coreano e costrui-re rapporti di fiducia in seno alla comunità inter-nazionale.Frutti di pace chiediamo per l’Ucraina, affinchési rafforzino i passi in favore della concordia esiano facilitate le iniziative umanitarie di cui lapopolazione necessita. Frutti di consolazione sup-plichiamo per il popolo venezuelano, il quale– come hanno scritto i suoi Pastori – vive in unaspecie di “terra straniera” nel suo stessoPaese. Possa, per la forza della Risurrezionedel Signore Gesù, trovare la via giusta, pacifi-ca e umana per uscire al più presto dalla crisipolitica e umanitaria che lo attanaglia, e non man-chino accoglienza e assistenza a quanti tra i suoifigli sono costretti ad abbandonare la loro patria.Frutti di vita nuova Cristo Risorto porti per i bam-bini che, a causa delle guerre e della fame, cre-scono senza speranza, privi di educazione e diassistenza sanitaria; e anche per gli anzianiscartati dalla cultura egoistica, che mette da par-te chi non è “produttivo”. Frutti di saggezza invochiamo per coloro chein tutto il mondo hanno responsabilità poli-tiche, perché rispettino sempre la dignità uma-na, si adoperino con dedizione a servizio del benecomune e assicurino sviluppo e sicurezza ai pro-pri cittadini.

Cari fratelli e sorelle,anche a noi, come alle donne accorse al sepol-cro, viene rivolta questa parola: «Perché cer-cate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, èrisorto!» (Lc 24,5-6). La morte, la solitudine ela paura non sono più l’ultima parola. C’è unaparola che va oltre e che solo Dio può pronunciare:è la parola della Risurrezione (cfr Giovanni PaoloII, Parole al termine della Via Crucis, 18 aprile2003). Con la forza dell’amore di Dio, essa «scon-figge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenzaai peccatori, la gioia agli afflitti, dissipa l’odio,piega la durezza dei potenti, promuove la con-cordia e la pace» (Preconio Pasquale). Buona Pasqua a tutti!

Cari fratelli e sorelle, rinnovo i miei auguri di Buona Pasqua

a tutti voi, provenienti dall’Italia e da diversi Paesi,come pure a quanti sono collegati mediante latelevisione, la radio e gli altri mezzi di comuni-cazione. La gioia e la speranza di Gesù risor-to diano conforto alle famiglie, specialmente aglianziani che sono la preziosa memoria della socie-tà, e ai giovani che rappresentano il futuro del-la Chiesa e dell’umanità. Vi ringrazio per la vostrapresenza in questo giorno di Pasqua, la festapiù importante della nostra fede, perché è la festadella nostra salvezza, la festa dell’amore di Dioper noi. Un ringraziamento speciale per il donodei fiori, che anche quest’anno provengono daiPaesi Bassi. In questi giorni di Pasqua annun-ciate, con le parole e con la vita, la bella noti-zia che “Gesù e Risorto”. E per favore, non dimen-ticate di pregare per me. Buon pranzo pasqualee arrivederci!

segue da pag. 5

77Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Sara Gilotta

IIl mese di maggio è il mese dedi-cato a Maria madre di Dio e a tut-te le madri, perché dalla Madonna

all’ultima donna del mondo, tutte dedi-cano la loro vita a quelli cui l’hanno dona-ta. Il mio scritto vuole essere, perciò,una preghiera ed una lode per Mariascelta da Dio stesso per dare la vita alSalvatore dell’umanità tutta ed ancheun inno di ringraziamento per chi, ispi-randosi ed ispirata dalla Vergine, è peri figli guida ed esempio gratuito di amo-re sempre vigile e disinteressato. E’ perquesto che non posso non iniziare daiversi celeberrimi dedicati a Maria nelParadiso che La sanno celebrare in modoineguagliabile: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio,umile e alta più che creatura, …tu se’ colei che l’umana natura nobilitasti sì che ‘l suo fattore non disdegnò di farsi sua fattura…….Donna se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia a te non ricorresua disianza vuol volar senz’ali…….”. La preghiera, dunque, che Dante, per bocca di San Bernardo, rivolgealla Vergine è quella che tutti noi rivolgiamo a lei, perché è il suo inter-vento che ci aiuta nelle preghiere a Dio stesso, come nelle nozze diCana, quando Gesù trasformò l’acqua in vino perché Sua madre conferma dolcezza lo aveva chiesto. Ma anche sulle madri mortali sonostate scritte pagine immortali che celebrano la madre, guardandola attra-verso il cuore, gli affetti, i bisogni, le difficoltà del figlio. Così un esem-pio celebre si trova nelle Confessioni di sant’ Agostino, nella pagina com-movente in cui il santo-filosofo narra la morte della madre. La madre e il figlio si trovano ad Ostia, durante il viaggio di ritorno daMilano in Africa. Monica sta male, improvvisamente cade in deliquio, ifigli accorrono spaventati e preoccupati, anzi dice Agostino “attoniti peril dolore”, ma Monica, riprendendosi ed avendo compreso che la suavita terrena era alla fine, guarda i suoi figli e chiede che il suo corposia sepolto proprio lì dove si trovavano. Alle rimostranze del fratello chevorrebbe fosse sepolta in Africa, lei rivolgendosi proprio ad Agostino dice:seppellite questo mio corpo in un luogo qualsiasi, non datevene pen-siero, e vi chiedo solo questo: che ovunque voi siate, vi ricordiate dime dinanzi all’altare del Signore. Agostino ascolta cercando di trattenere le lacrime, perché sa che essesarebbero in contrasto con la fede cristiana, che promette la vita eter-na, di cui il figlio è ormai convinto, sorretto da una fede cercata a lun-go e a lungo meditata che gli fa dire con sicurezza, pur nel dolore, chela madre non morirà completamente grazie anche ai suoi costumi di vita

valorizzati da una fede “non ficta,” non insincera e perciò totalizzantein vita ed in morte. Il percorso di Monica verso il cristianesimo ha gui-dato il figlio verso la conversione, completando il suo compito di madreche sente di non avere più nulla da fare sulla terra. E’ questa, del resto, la missione, il compito primo delle madri, condur-re, cioè, il figlio al bene e alla fede, affinché diventino capaci di distin-guere il bene dal male, in una ricerca in cui tutto ciò che è umano ven-ga illuminato dal divino, che, come dice Agostino, “parla” nell’animo ditutti coloro che Lo cercano. Molti altri hanno scritto parole di amore edevozione riguardo alla madre. Tra questi mi piace ricordare la poesiadi Quasimodo intitolata “Mater dolcissima” in cui il poeta rivolgendosia lei, scrive le parole d’ amore che ogni figlio vorrebbe dedicare a suamadre: “mater dolcissima…. ora di questo ti ringrazio, questo voglio,dell’ironia che hai messo sul mio labbro, mite come la tua. Quel sorri-so m’ha salvato da pianti e da dolori”.E’ questo un ringraziamento alla madre, che gli ha donato e lo ha edu-cato al sorriso benevolo e semplice, quello che solo può aiutare a decan-tare tante noie, tanti dolori e, perché no, da tanti pianti forse inutili. Sì,ma pensando alla madre lontana da cui si allontanò ragazzo per inse-guire i suoi sogni di poeta, ma in quel momento come tutti i figli il poe-ta pensando alla vecchiaia della madre dice: ”Ah, gentile morte, nontoccare l’orologio che batte sopra il muro tutta la mia infanzia è pas-sata sullo smalto del suo quadrante, su quei fiori dipinti: non toccare lemani dei vecchi”. Perché tutti vorremmo che Dio donasse alle mammequasi il dono dell’immortalità, per rimanere accanto a noi non importase giovani o vecchi, perché è solo lei che riesce a dare un senso ainostri giorni soprattutto quando il tempo con i suoi problemi più ci incal-za e affatica. Grazie alle mamme, dunque, e ai loro sacrifici.

88 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

a cura della Redazione

RRayenne e Djihene sono i nomi del-le due gemelle siamesi unite per iltorace che lo scorso 7 Ottobre 2017

sono state separate con successo pressol’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù diRoma. Una notizia di speranza che, in un momen-to storico che non ci risparmia drammi e sof-ferenze, ha aperto i cuori di tutto il paese edato una dimostrazione palese che la buo-na sanità esiste ed è a due passi da noi.Le due gemelle siamesi sono arrivate a Romanell’ambito di operazioni umanitarie di soste-gno sanitario ai paesi in via di sviluppo chel’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù diRoma sta attuando ormai da diverso tempo.Nel 2016 i casi pro-bono affrontati dall’ospedalesono stati circa 50.

Nel loro paese le gemelline non avevano rice-vuto speranze: la loro condizione non si sareb-be potuta affrontare in Algeria. Per questo l’o-spedale romano della Santa Sede ha ritenuto opportuno pianificare l’in-gresso in italia delle due piccole pazienti e organizzare un intervento

chirurgico tra i più importanti degli ulti-mi anni. L’unico intervento simile risa-le agli anni ’80, circa 30 anni fa e fueseguito su due gemellini maschi.

Rayenne e Djihenne erano unite peril torace e avevano il fegato, lo ster-no e il pericardio in comune. Sin dal-la nascita i loro volti erano rivolti unoverso l’altro, quasi a volersi sostenerecon lo sguardo durante il primoanno di vita trascorso nel reparto diChirurgia Generale del Bambin Gesù.Un reparto che è diventato ben pre-sto la loro casa e quella dei loro geni-

tori visto che lì dentrosarebbero poi restate perpiù di un anno in atte-sa dell’intervento riso-lutore.

E’ stata da subito mol-to chiara la complessi-tà della situazione in cui

I genitori conle bambine

La ricostruzione tridimensionale degli organi delle gemelline

99Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

si trovavano le due bambine: l’unione dei due corpi a livello toracicoavrebbe potuto creare grandi problemi di stabilità delle due pazienti pri-ma e dopo l’intervento di separazione.

Data la complessità questo caso clinico è stato affidato ad una equipemultidisciplinare composta da 40 persone tra medici, infermieri, personalesanitario e tecnico coordinata dal primario del reparto di chirurgia gene-rale e toracica Prof. Alessandro Inserra. Tutto è stato un lavoro di unasquadra di professionisti molto unita che ha dimostrato una dedizioneviscerale ai pazienti e ai loro problemi.I medici hanno deciso di non operare subito le bambine ma di aspet-tare la loro crescita per diminuire le probabilità di complicazioni post-operatorie e anche per studiare il caso con l’attenzione che una situa-zione così complessa merita di avere.

L’intervento di separazione è avvenuto a 17 mesi di vita.Per più di un anno le bambine e i genitori sono stati ricoverati nel repar-to di chirurgia generale all’interno di una stanza a loro riservata e attrez-zata con apparecchiature in grado di accogliere due bambine con esi-genze del tutto particolari. Tutto l’ospedale si è subito stretto caloro-samente intorno alle due piccole pazienti e ai genitori che con estre-ma umiltà e dignità hanno accompagnato le loro figlie in un percorsocosì difficile e complesso senza perdere mai la fiducia nel personalesanitario e la speranza di farcela davvero.

Il reparto è stata la loro casa e i due genitori sono stati gli inquilini chetutti vorrebbero avere per la loro educazione e gentilezza. Per un inte-ro anno il reparto di chirurgia generale è stato anche il punto di ritrovo

del personale medico e tecnicoche decine di volte si è riuni-to per studiare attentamenteil caso, per trovare soluzionie per pianificare quello che sareb-be stato da lì a pochi mesi l’in-tervento chirurgico risolutivo.

Per migliorare la comprensionedel caso clinico e per ipotiz-zare un approccio chirurgicoil più efficiente possibile sonostati ricostruiti in 3D i corpi del-le gemelline e, attraverso l’u-tilizzo di moderne stampanti 3D,gli stessi corpi sono statiriprodotti fisicamente in dimen-sioni reali.Questa avanzata operazionetecnologica durata un anno inte-ro è stata portata avantidall’Arch. Luca Borro ricerca-

tore in Percorsi Clinici e Innovazione dell’Ospedale Bambin Gesù e dalDr. Aurelio Secinaro, radiologo esperto di Imaging 3D all’interno del-l’ospedale romano.

La ricostruzione tridimensionale degli organi delle gemelline ha con-sentito ai medici di prepararsi al meglio all’intervento potendo dispor-re, in tutte la fase pre-chirurgica, di modellini su cui “allenarsi” e su cuipianificare strategie di intervento.

Gli interventi chirurgici di separazione di gemelli siamesi toracopaghedurano in media 18-20 ore. Grazie all’utilizzo di questa tecnologia avan-zata l’intervento di Rayenne e Djihene è durato “soltanto” 10 ore. Una vera e propria dimostrazione di come l’approccio multidisciplina-re tra tecnologia e medicina può portare ad ottenere grandi risultati abeneficio dei pazienti.

Nei giorni prima dell’intervento chirurgico nell’equipe dedicata al casoclinico c’era un sentimento di apprensione e tensione uniti a grandevoglia di portare avanti un progetto importante per ridare serenità a duepiccole pazienti. In questa fase un ruolo fondamentale è stato quellodell’approccio spirituale per fronteggiare un caso clinico così complesso. L’equipe chirurgica, per volere del primario coordinatore Prof.Alessandro Inserra, ha fatto più volte riferimento all’importanza dellavicinanza con Dio e all’importanza della presenza fisica di un sacer-dote in sala operatoria a benedire l’equipe chirurgica e le piccole pazien-ti prima di avviare la procedura chirurgica.

Le due bambine sono state separate senza complicazioni il 7 Ottobre2017 e sono state dimesse dall’ospedale qualche mese dopo. Adessole due bambine stanno bene e stanno lentamente riacquistando la loroindividualità. Gli psicologi dicono che da grandi non ricorderanno nul-la dei momenti in cui sono state unite ma è evidente che qualcosa ter-rà Rayenne e Djihenne sempre profondamente unite, anche se non piùfisicamente.

L’equipe multidisciplinare dell’Ospedale Bambin Gesùcomposta da medici, infermieri, personale sanitario

e tecnico coordinata dal primario del reparto di chirurgia generale e toracica prof. Alessandro Inserra;

il primo a sinistra, l’arch. Luca Borro.

1010 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO

PER LA 52a GIORNATA MONDIALEDELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

Domenica 13 maggio 2018

Cari fratelli e sorelle,

nel progetto di Dio, la comunicazioneumana è una modalità essenziale per vivere lacomunione. L’essere umano, immagine e somi-glianza del Creatore, è capace di esprimere econdividere il vero, il buono, il bello. E’ capacedi raccontare la propria esperienza e il mondo,e di costruire così la memoria e la comprensionedegli eventi. Ma l’uomo, se segue il proprio orgo-glioso egoismo, può fare un uso distorto anchedella facoltà di comunicare, come mostrano findall’inizio gli episodi biblici di Caino e Abele edella Torre di Babele (cfr Gen 4,1-16; 11,1-9).L’alterazione della verità è il sintomo tipico di taledistorsione, sia sul piano individuale che su quel-lo collettivo. Al contrario, nella fedeltà alla logica di Dio la comu-nicazione diventa luogo per esprimere la pro-pria responsabilità nella ricerca della verità e nel-la costruzione del bene. Oggi, in un contesto dicomunicazione sempre più veloce e all’internodi un sistema digitale, assistiamo al fenomenodelle “notizie false”, le cosiddette fake news: essoci invita a riflettere e mi ha suggerito di dedi-care questo messaggio al tema della verità, comegià hanno fatto più volte i miei predecessori apartire da Paolo VI (cfr Messaggio 1972: Le comu-nicazioni sociali al servizio della verità). Vorrei

così offrire un contributo alcomune impegno per pre-venire la diffusione delle noti-zie false e per riscoprire ilvalore della professione gior-nalistica e la responsabi-lità personale di ciascunonella comunicazione dellaverità.

1. Che cosa c’è di falsonelle “notizie false”?Fake news è un termine dis-cusso e oggetto di dibat-tito. Generalmente riguar-da la disinformazione dif-fusa online o nei media tra-dizionali. Con questaespressione ci si riferiscedunque a informazioniinfondate, basate su dati ine-sistenti o distorti e miratea ingannare e persino a mani-polare il lettore. La loro dif-fusione può rispondere aobiettivi voluti, influenzarele scelte politiche e favo-rire ricavi economici. L’efficacia delle fake newsè dovuta in primo luogo allaloro natura mimetica, cioè

alla capacità di apparire plausibili. In secondoluogo, queste notizie, false ma verosimili, sonocapziose, nel senso che sono abili a catturarel’attenzione dei destinatari, facendo leva su ste-reotipi e pregiudizi diffusi all’interno di un tes-suto sociale, sfruttando emozioni facili e imme-diate da suscitare, quali l’ansia, il disprezzo, larabbia e la frustrazione. La loro diffusione puòcontare su un uso manipolatorio dei social net-work e delle logiche che ne garantiscono il fun-zionamento: in questo modo i contenuti, pur pri-vi di fondamento, guadagnano una tale visibi-lità che persino le smentite autorevoli difficilmenteriescono ad arginarne i danni. La difficoltà a svelare e a sradicare le fake newsè dovuta anche al fatto che le persone intera-giscono spesso all’interno di ambienti digitali omo-genei e impermeabili a prospettive e opinioni diver-genti. L’esito di questa logica della disinforma-zione è che, anziché avere un sano confrontocon altre fonti di informazione, la qual cosa potreb-be mettere positivamente in discussione i pre-giudizi e aprire a un dialogo costruttivo, si rischiadi diventare involontari attori nel diffondere opi-nioni faziose e infondate. Il dramma della dis-informazione è lo screditamento dell’altro, la suarappresentazione come nemico, fino a una demo-nizzazione che può fomentare conflitti. Le noti-zie false rivelano così la presenza di atteggia-menti al tempo stesso intolleranti e ipersensi-bili, con il solo esito che l’arroganza e l’odio rischia-no di dilagare. A ciò conduce, in ultima analisi,la falsità.

2. Come possiamo riconoscerle?Nessuno di noi può esonerarsi dalla responsabilità

di contrastare queste falsità. Non è impresa faci-le, perché la disinformazione si basa spesso sudiscorsi variegati, volutamente evasivi e sottil-mente ingannevoli, e si avvale talvolta di mec-canismi raffinati. Sono perciò lodevoli le inizia-tive educative che permettono di apprendere comeleggere e valutare il contesto comunicativo, inse-gnando a non essere divulgatori inconsapevo-li di disinformazione, ma attori del suo svelamento.Sono altrettanto lodevoli le iniziative istituzionalie giuridiche impegnate nel definire normative vol-te ad arginare il fenomeno, come anche quel-le, intraprese dalle tech e media company, attea definire nuovi criteri per la verifica delle iden-tità personali che si nascondono dietro ai milio-ni di profili digitali.Ma la prevenzione e l’identificazione dei mec-canismi della disinformazione richiedono ancheun profondo e attento discernimento. Da sma-scherare c’è infatti quella che si potrebbe defi-nire come “logica del serpente”, capace ovun-que di camuffarsi e di mordere. Si tratta dellastrategia utilizzata dal «serpente astuto», di cuiparla il Libro della Genesi, il quale, ai primordidell’umanità, si rese artefice della prima “fakenews” (cfr Gen 3,1-15), che portò alle tragicheconseguenze del peccato, concretizzatesi poinel primo fratricidio (cfr Gen 4) e in altre innu-merevoli forme di male contro Dio, il prossimo,la società e il creato. La strategia di questo abi-le «padre della menzogna» (Gv 8,44) è propriola mimesi, una strisciante e pericolosa seduzioneche si fa strada nel cuore dell’uomo con argo-mentazioni false e allettanti. Nel racconto del peccato originale il tentatore,infatti, si avvicina alla donna facendo finta di esser-le amico, di interessarsi al suo bene, e inizia ildiscorso con un’affermazione vera ma solo inparte: «È vero che Dio ha detto: “Non dovetemangiare di alcun albero del giardino?”» (Gen3,1). Ciò che Dio aveva detto ad Adamo non erain realtà di non mangiare di alcun albero, masolo di un albero: «Dell’albero della conoscen-za del bene e del male non devi mangiare» (Gen2,17). La donna, rispondendo, lo spiega al ser-pente, ma si fa attrarre dalla sua provocazio-ne: «Del frutto dell’albero che sta in mezzo algiardino Dio ha detto: “Non dovete mangiarnee non lo dovete toccare, altrimenti morirete”» (Gen3,2). Questa risposta sa di legalistico e di pes-simistico: avendo dato credibilità al falsario, lascian-dosi attirare dalla sua impostazione dei fatti, ladonna si fa sviare. Così, dapprima presta atten-zione alla sua rassicurazione: «Non morirete affat-to» (v. 4). Poi la decostruzione del tentatore assu-me una parvenza credibile : «Dio sa che il gior-no in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostriocchi e sareste come Dio, conoscendo il benee il male» (v. 5). Infine, si giunge a screditare la raccomandazionepaterna di Dio, che era volta al bene, per segui-re l’allettamento seducente del nemico: «La don-na vide che l’albero era buono da mangiare, gra-devole agli occhi e desiderabile» (v. 6). Questoepisodio biblico rivela dunque un fatto essen-ziale per il nostro discorso: nessuna disinformazione

continua nella pag. accanto

1111Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

è innocua; anzi, fidarsi di ciò che è falso, pro-duce conseguenze nefaste. Anche una distor-sione della verità in apparenza lieve può ave-re effetti pericolosi.In gioco, infatti, c’è la nostra bramosia. Le fakenews diventano spesso virali, ovvero si diffon-dono in modo veloce e difficilmente arginabile,non a causa della logica di condivisione che carat-terizza i social media, quanto piuttosto per la loropresa sulla bramosia insaziabile che facilmen-te si accende nell’essere umano. Le stesse moti-vazioni economiche e opportunistiche della dis-informazione hanno la loro radice nella sete dipotere, avere e godere, che in ultima analisi cirende vittime di un imbroglio molto più tragicodi ogni sua singola manifestazione: quello delmale, che si muove di falsità in falsità per rubar-ci la libertà del cuore. Ecco perché educare allaverità significa educare a discernere, a valuta-re e ponderare i desideri e le inclinazioni chesi muovono dentro di noi, per non trovarci pri-vi di bene “abboccando” ad ogni tentazione.

3. «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32)La continua contaminazione con un linguaggioingannevole finisce infatti per offuscare l’interioritàdella persona. Dostoevskij scrisse qualcosa dinotevole in tal senso: «Chi mente a sé stessoe ascolta le proprie menzogne arriva al puntodi non poter più distinguere la verità, né dentrodi sé, né intorno a sé, e così comincia a nonavere più stima né di sé stesso, né degli altri.Poi, siccome non ha più stima di nessuno, ces-sa anche di amare, e allora, in mancanza di amo-re, per sentirsi occupato e per distrarsi si abban-dona alle passioni e ai piaceri volgari, e per col-pa dei suoi vizi diventa come una bestia; e tut-to questo deriva dal continuo mentire, agli altrie a sé stesso» (I fratelli Karamazov, II, 2).Come dunque difenderci? Il più radicale antidotoal virus della falsità è lasciarsi purificare dallaverità. Nella visione cristiana la verità non è solouna realtà concettuale, che riguarda il giudiziosulle cose, definendole vere o false. La verità non è soltanto il portare alla luce cose

oscure, “svelare la realtà”, come l’antico termi-ne greco che la designa, aletheia (da a-lethès,“non nascosto”), porta a pensare. La verità haa che fare con la vita intera. Nella Bibbia, por-ta con sé i significati di sostegno, solidità, fidu-cia, come dà a intendere la radice ‘aman, dal-la quale proviene anche l’Amen liturgico. La veri-tà è ciò su cui ci si può appoggiare per non cade-re. In questo senso relazionale, l’unico veramenteaffidabile e degno di fiducia, sul quale si può con-tare, ossia “vero”, è il Dio vivente. Ecco l’affer-mazione di Gesù: «Io sono la verità» (Gv 14,6).L’uomo, allora, scopre e riscopre la verità quan-do la sperimenta in sé stesso come fedeltà eaffidabilità di chi lo ama. Solo questo libera l’uo-mo: «La verità vi farà liberi» (Gv 8,32). Liberazione dalla falsità e ricerca della relazio-ne: ecco i due ingredienti che non possono man-care perché le nostre parole e i nostri gesti sia-no veri, autentici, affidabili. Per discernere la veri-tà occorre vagliare ciò che asseconda lacomunione e promuove il bene e ciò che, al con-trario, tende a isolare, dividere e contrapporre.La verità, dunque, non si guadagna veramen-te quando è imposta come qualcosa di estrin-seco e impersonale; sgorga invece da relazio-ni libere tra le persone, nell’ascolto reciproco.Inoltre, non si smette mai di ricercare la verità,perché qualcosa di falso può sempre insinuar-si, anche nel dire cose vere. Un’argomentazione impeccabile può infattipoggiare su fatti innegabili, ma se è utilizzataper ferire l’altro e per screditarlo agli occhi deglialtri, per quanto giusta appaia, non è abitata dal-la verità. Dai frutti possiamo distinguere la veri-tà degli enunciati: se suscitano polemica,fomentano divisioni, infondono rassegnazioneo se, invece, conducono ad una riflessione con-sapevole e matura, al dialogo costruttivo, a un’o-perosità proficua.

4. La pace è la vera notiziaIl miglior antidoto contro le falsità non sono lestrategie, ma le persone: persone che, libere dal-la bramosia, sono pronte all’ascolto e attraver-

so la fatica di un dialogo sincero lasciano emer-gere la verità; persone che, attratte dal bene,si responsabilizzano nell’uso del linguaggio. Se la via d’uscita dal dilagare della disinforma-zione è la responsabilità, particolarmente coin-volto è chi per ufficio è tenuto ad essere respon-sabile nell’informare, ovvero il giornalista,custode delle notizie. Egli, nel mondo contem-poraneo, non svolge solo un mestiere, ma unavera e propria missione. Ha il compito, nella fre-nesia delle notizie e nel vortice degli scoop, diricordare che al centro della notizia non ci sonola velocità nel darla e l’impatto sull’audience, male persone. Informare è formare, è avere a chefare con la vita delle persone. Per questo l’ac-curatezza delle fonti e la custodia della comu-nicazione sono veri e propri processi di svilup-po del bene, che generano fiducia e aprono viedi comunione e di pace. Desidero perciò rivolgere un invito a promuo-vere un giornalismo di pace, non intendendo conquesta espressione un giornalismo “buonista”,che neghi l’esistenza di problemi gravi e assu-ma toni sdolcinati. Intendo, al contrario, un giornalismo senza infin-gimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto ea dichiarazioni roboanti; un giornalismo fatto dapersone per le persone, e che si comprende comeservizio a tutte le persone, specialmente a quel-le – sono al mondo la maggioranza – che nonhanno voce; un giornalismo che non bruci le noti-zie, ma che si impegni nella ricerca delle cau-se reali dei conflitti, per favorirne la compren-sione dalle radici e il superamento attraverso l’av-viamento di processi virtuosi; un giornalismo impe-gnato a indicare soluzioni alternative alle esca-lation del clamore e della violenza verbale. Perquesto, ispirandoci a una preghiera francesca-na, potremmo così rivolgerci alla Verità in per-sona:

Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace.Facci riconoscere il male che si insinua in una

comunicazione che non crea comunione. Rendici capaci di togliere il veleno dai

nostri giudizi. Aiutaci a parlare degli altri come di fratelli

e sorelle. Tu sei fedele e degno di fiducia; fa’ che le nostre

parole siano semi di bene per il mondo:dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo l’ascolto;dove c’è confusione, fa’ che ispiriamo armonia;dove c’è ambiguità, fa’ che portiamo chiarezza;

dove c’è esclusione, fa’ che portiamo condivisione;

dove c’è sensazionalismo, fa’ che usiamo sobrietà;

dove c’è superficialità, fa’ che poniamo interrogativi veri;

dove c’è pregiudizio, fa’ che suscitiamo fiducia;dove c’è aggressività, fa’ che portiamo rispetto;

dove c’è falsità, fa’ che portiamo verità.

Amen.

Francesco

1212 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Costantino Coros

“La verità vi farà liberi.

Notizie false e giornalismo di pace”

ÈÈil tema del Messaggio di Papa Francesco per la 52ª Giornata

Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si celebra il

13 maggio 2018. Il Papa invita a costruire un “giornali-

smo senza infingimenti, ostile alle falsità, a slogan ad effetto e

a dichiarazioni roboanti”, spiega in una nota l’agenzia SIR.

Si tratta d’intendere un “giornalismo fatto da persone per le per-

sone, e che si comprende come servizio a tutte le persone, spe-

cialmente a quelle – sono al mondo la maggioranza – che non

hanno voce”, che abbia come prospettiva quella d’impegnarsi nel-

la “ricerca delle cause reali dei conflitti, per favorirne la comprensione

dalle radici e il superamento attraverso l’avviamento di proces-

si virtuosi; un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alter-

native alle escalation del clamore e della violenza verbale”.

Oggi c’è bisogno di un giornalismo di pace che cerchi sempre la

verità e che promuova la comprensione tra le persone.

“E’ interessante subito notare come la prima parte del tema, spic-

catamente evangelica, ‘la verità vi farà liberi’ - tratta dal Vangelo

di San Giovani - si integri perfettamente con la seconda sezio-

ne del tema che guarda invece ad un fenomeno, le ‘fake news’,

dei nostri giorni (ma in fondo antico come l’uomo)”, spiega Alessandro

Gisotti, giornalista della Segreteria per la Comunicazione vaticana

e docente di Teorie e Tecniche del Giornalismo alla Pontificia Università

Lateranense, in un articolo scritto per il sito dell’Unione Cattolica

Stampa Italiana ( www.ucsi.it). Ed ancora “interessante anche osser-

vare che il Papa parli di ‘giornalismo di pace’ in contrapposizio-

ne alle ‘false notizie’.

Dalla menzogna infatti nascono sempre, prima o poi, dei conflitti

tra popoli e persone. E’ sulla ‘verità nella carità’ che si fonda inve-

ce quella ‘cultura dell’incontro’ che sta tanto a cuore al

Pontefice”. Gisotti, in conclusione ricorda che “il tema della Giornata

delle Comunicazioni 2018 si collega poi naturalmente a quello

del Messaggio di quest’anno incentrato sulla ‘buona notizia’.

Per il Papa, infatti, non si può scindere il senso del vero da quel-

lo del bene. Una notizia falsa è intrinsecamente ‘cattiva’ perché

in ultima istanza intacca la relazione tra le persone, violandone

la dignità”. In definitiva, una ‘buona comunicazione’ si prende anche

cura delle parole come fossero meravigliose creature.

Parole che costruiscono ponti, se sono: pulite, esatte, calde, coeren-

ti, accoglienti. Così intesa, la comunicazione crea uno spazio comu-

ne ed è in grado di promuovere lo sviluppo di relazioni. Sa custo-

dire. Esprime e mette in opera un’attenzione nei confronti del pub-

blico. Trasforma così, in agire le parole. E’ testimonianza di vita

concreta, orientata ad educare per costruire una cittadinanza con-

sapevole del valore prezioso rappresentato dal prossimo in quan-

to persona.

1313Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Claudio Capretti

LL’illusione e convinzione di sentirsionnipotenti, è la più subdola delle ten-tazioni a cui siamo sottoposti. Si cela

tra le pieghe della vita per manifestarsi in tut-ta la sua veemenza in un prestabilito momen-to suggerito da un male che, dopo essersi eret-to a nostro fedele e innocuo consigliere, bra-ma solo dominarci. Un male che altro non ambisce che impiaga-re la nostra e altrui anima. Come esiste la bat-

taglia dei pensieri, lacui difficoltà sta nel-l’individuare la fonte dacui giungono con l’in-tento di dividere quelli chesono nostri alleati, e quel-li che invece non lo sono,così esiste la battagliadelle opere. Una battaglia, il cui inizio,consiste nel saper discernerequali sono le opere gradite a Dio (quel-le volute da Dio per raggiungere attraversoi nostri cuori altri cuori), e quelle opere inqui-nate dall’umano, le quali, s’illudono di scal-

zare Dio ponendo sull’apice del-la torre di Babele, noi stessi.Quanta confusione intessuta ditristezza, conseguenza ultimadi avere dato credito allo stol-to quando questi, sussurrava alnostro cuore: “Dio dimentica,nasconde il volto, non vede piùnulla” (Sl 10,11). Eppure, maiil Creatore si stanca di vederele sue creature. Mai la sua voce,mediante la sua Chiesa, si stan-ca di sorvegliare e purificare labontà delle nostre fragili men-ti, onde evitare che queste si con-vertano e pervertano al male.Ma il nostro orecchio, è atten-to alla sua voce? Consegnaci, o Signore, lasapienza di compiere opere cheabbiano il profumo e il saporedel Cielo. Donaci, o Signore, il coraggiodi realizzare opere che siano simi-li a fuochi accesi per scaldarecoloro che ci poni innanzi, e pre-

servaci dall’istinto di accendere fuochi utili peralimentare solo il fuoco delle nostre futili pas-sioni. Donaci la costanza e la perseveranza di costrui-re opere che assomiglino a scale da impiega-re, non per scalare la montagna della nostravana gloria, bensì, scale che servano per calar-ci nella fossa al fine di recuperare chi vi è cadu-to. Attiraci verso opere che servano a scioglierei nodi della propria e altrui anima, rendi le nostremani capaci di slegare ciò che deve essere sle-gato, per legare a Te, ciò che a Te deve esse-re legato. Sussurra Tu al nostro cuore che, essere giu-sti, precede, accompagna, e dona vita a ogniopera giusta. Allora le nostre vie saranno dirit-te, e prive d’inciampo, allora gusteremo quel-la pace e quella felicità, che soltanto Tu puoiconcedere. Infine, o Signore: “Preservaci daldimenticare che Tu, attraverso le tue opere, cidoni la consegna di lavorare per il bene, nonquella di farlo trionfare. Che la grandezza delnostro lavoro è segnata da queste note evan-geliche: occhi che vedono senza vedere, maniche danno senza ricevere, piedi che cammi-nano senza arrivare”. (Don Primo Mazzolari)

1414 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Stanislao Fioramonti

FFiglia di contadini, nacque a Domremy (oggiDomrémy-la-Pucelle), nella regione del-la Lorena, nel gennaio 1412 (si dice il

giorno dell’Epifania, ma la cronologia è incer-ta). Analfabeta, Jeannette svolgeva uno dei piùmiseri mestieri: la guardiana di oche. Lasciò gio-vanissima la casa paterna per seguire il vole-re di Dio, rivelatole da voci misteriose (di SanMichele Arcangelo e di altre sante), e liberarela Francia dagli Inglesi durante la Guerra dei CentoAnni (1337-1453). Domrémy si trovava ai confini del regno, nellavalle della Mosa che divideva la Franciadall’Impero Romano-Germanico. Gli Anglo-Borgognoni nel 1428 si impadronirono di tuttele piazze della Mosa rimaste fedeli al Delfino diFrancia: Domrémy fu devastata; ciò decise il capi-tano di Vaucouleurs, Robert de Baudricourt (ca.1400-1454), che in un primo tempo aveva con-siderato Jeanne d’Arc una pazza, di inviarla allamissione da lei richiesta: salvare Orléans; farconsacrare il Re; cacciare gli Inglesi dalla Francia;liberare il duca d’Orléans. Jeanne, che avevafatto voto di verginità, indossati abiti maschili etagliati i capelli, venne armata di tutto punto esul suo stendardo venne dipinto Cristo Re, affian-cato da due angeli, con le parole «Jesus-Maria».

Nel 1429 raggiunse il Delfino Carlo (futuro CarloVII) nella città di Chinon e ottenne di poter caval-care alla testa di un’armata; incoraggiando letruppe con la sua ispirata presenza, riuscì a libe-rare Orleans dall’assedio (8 maggio 1429), impre-sa che le valse il titolo di “Pulzella di Orleans”. Dieci giorni dopo a Patay inflisse un’altra dura

sconfitta alle armate inglesi. Le due vittorie per-misero la conquista del territorio francese finoa Reims - città dove da secoli avvenivano le con-sacrazioni dei re di Francia - e quindi l’incoro-nazione del Delfino con il nome di Carlo VII. Dopo l’incoronazione Carlo VII fu preso dallo spi-rito di compromesso tipico di molti politici e deci-se di trattare con gli Inglesi. Giovanna non con-cordò e decise di continuare a combattere dasola, senza l’appoggio della Corona, contro gliAnglo-Borgognoni. Fu dapprima ferita alle por-te di Parigi e il 24 maggio 1430, mentre mar-ciava verso Compiègne, fu catturata daiBorgognoni, che la cedettero agli Inglesi per 10.000tornesi. Tradotta a Rouen in Normandia davan-ti a un tribunale di ecclesiastici, dopo estenuantiinterrogatori da parte di un falso tribunaledell’Inquisizione, con giudici simoniaci prezzo-lati dagli Inglesi, fu condannata per eresia e stre-goneria e arsa viva a soli 19 anni sulla piazzadel Mercato Vecchio a Rouen il 30 maggio 1431. Le sue ceneri furono gettate nella Senna, ondeevitare una venerazione popolare nei loro con-fronti. Carlo VII non fece nulla per aiutarla però,dopo la conquista di Rouen (1450), volle apri-re un’inchiesta sul processo che portò alla com-pleta riabilitazione della Pulzella; era l’anno 1456.Giovanna d’Arco fu beatificata il 1909 da sanPio X e canonizzata nel 1920 da Benedetto XV.E’ Patrona della Francia, dei Radiofonisti e deiTelegrafisti.Nell’Udienza generale del 26 gennaio 2011, par-lando della patrona di Francia, Benedetto XVIha spiegato: «il Nome di Gesù, invocato dalla

nostra Santa fin negli ultimi istan-ti della sua vita terrena, era comeil continuo respiro della sua ani-ma, come il battito del suo cuo-re, il centro di tutta la sua vita.Il “Mistero della carità diGiovanna d’Arco”, che avevatanto affascinato il poetaCharles Péguy, è questo tota-le amore di Gesù, e del pros-simo in Gesù e per Gesù. QuestaSanta aveva compreso chel’Amore abbraccia tutta la real-tà di Dio e dell’uomo, del cie-lo e della terra, della Chiesa edel mondo. Gesù è sempre alprimo posto nella sua vita, secon-do la sua bella espressione:“Nostro Signore servito per pri-mo”. Amarlo significa obbedi-re sempre alla sua volontà».La Chiesa, in quel periodo, vive-va la profonda crisi del gran-de scisma d’Occidente, dura-to quasi 40 anni. QuandoGiovanna nacque, c’erano unGiovanna d'Arco sente le voci,

Eugène Romain Thirion,1876,

Ville de Chatou, Notre-Damecontinua nella pag. accanto

1515Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Papa e due antipapi. Insieme a questa lacera-zione all’interno della Chiesa, vi erano continuelotte fratricide fra i popoli europei, la più dram-matica delle quali fu la «Guerra dei cent’anni»tra Francia e Inghilterra.Giovanna aveva solamente tre anni quando EnricoV d’Inghilterra vinse la battaglia d’Azincourt erivendicò il trono francese, sul quale sedeva allo-ra Carlo VI il Folle. La Francia era inoltre inde-bolita dalle divisioni insorte fra la casa d’Orléanse quella di Borgogna, che comportarono l’as-sassinio del duca da parte del Delfino, il futuroCarlo VII. Queste vicende sugellarono il legame tra i bor-

gognoni e gli inglesi e i britannici portarono avan-ti, seppur fra non poche difficoltà economiche,la battaglia per conquistare il trono di Francia.Guerre, carestie, pestilenze, eresie prostraro-no l’Europa. In questo clima di sopraffazione, di congiure edi usurpatori, di confusione nella Chiesa e nel-le nazioni, l’analfabeta Jeanne scrive una let-tera di fuoco e di grazia il 22 marzo 1429, mar-tedì della Settimana Santa: «Gesù, Maria! Red’Inghilterra e voi duca di Bedford che vi ditereggente del regno di Francia, voi Guglielmo di

La Poule, conte di Suffolk, Giovanni sire di Talbot,e voi Tommaso sire di Scales, che vi dite luo-gotenenti del duca di Bedford, rendete giusti-zia al Re del cielo. Restituite alla Pulzella chequi è stata inviata da Dio, il Re del cielo, le chia-vi di tutte le buone città da voi prese e violatein Francia. Ella è venuta qui da parte di Dio perimplorare il sangue reale. Ella è pronta a far pace,se volete renderle giustizia, a patto che le resti-tuiate la Francia e paghiate per averla tenuta.E fra voi, arcieri compagni di guerra e voi altriche siete sotto la città di Orléans, andatevenenel vostro paese in nome di Dio; e se non lo fateattendete notizie della Pulzella che ben prestovi vedrà in grandissime disgrazie. Re d’Inghilterra,

se così non fate, io sono condottiero e in qua-lunque luogo attenderò in Francia le vostre gen-ti, volenti o nolenti le caccerò via. E se non voglio-no obbedire, tutte le farò uccidere; sono qui invia-ta da parte di Dio, Re del cielo, corpo a corpo,per espellervi da tutta quanta Francia. E se voglio-no obbedire saranno nelle mie grazie. E non pen-sate altrimenti, perché non otterrete il regno diFrancia da Dio, il Re del cielo, figlio di SantaMaria, ma l’avrà re Carlo, il vero erede, perchéDio, il Re del cielo, lo vuole […]».Nota Corrado Gnerre (nella rubrica Santi e Beati)che dalla vita di santa Jeanne d’Arc possiamocapire almeno tre cose:

- l’amor patrio è un valore cristiano. Come l’uo-mo, per Volontà di Dio, nasce in una famiglia,così nasce e cresce all’interno di una Nazione;e come l’uomo deve molto alla sua famiglia, cosìdeve anche molto alla sua Nazione. Come deveamare la propria famiglia, deve amare anche lapropria Nazione. L’amore per la propria Patriaè dunque un valore cristiano. Quindi per il cri-stiano è un dovere difendere la Patria, così comeè un dovere difendere la propria famiglia e lacomunità.- Combattere deve essere sempre una “extre-ma ratio” (rimedio estremo).- Bisogna lottare per la verità e non per il pote-re. Mentre Carlo VII si adattò alla convenienza

del momento cercando di trattare, santaGiovanna volle andare fino in fondo, perché isanti seguono la Verità costi quel che costi, enon il mondo né il plauso della folla.Gli storici concordano anche nel riconoscerle ilmerito di aver allontanato con il nemico ancheil Protestantesimo, che altrimenti si sarebbe inne-stato in Francia.

Nell’immagine del titolo: Giovanna D’Arco, Jules Bastien-Lepage, 1879,

Metropolitan Museum of Art, New York

segue da pag. 14

Giovanna all'assedio di Orléans, Jules Eugène

Lenepveu, 1886-1890, Panthéon de Paris

Giovanna d’Arco sul rogo,

Jules Eugène Lenepveu, XIX sec., Parigi

1616 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

don Andrea Pacchiarotti*

SSe la festa di Pasqua segnail passaggio dalla morte delpeccato alla vita della gra-

zia, la festa di Pentecoste segnainvece il passaggio dalla “paura del-l’annuncio” alla “maturità” della vitanuova donataci in Cristo. Sì, la festadi Pentecoste e il dono dello SpiritoSanto che da essa scaturisce richie-dono a noi suoi discepoli di diven-tare responsabili. Siamo chiama-ti infatti a mettere a frutto le intui-zioni, i desideri e le capacità checi sono proprie. La Domenica di Pentecoste è perogni cristiano, come Maria e gli Apostolinel cenacolo, il giorno della “luce”,del “fuoco” e del “vento”.Nell’Ultima Cena, Gesù lasciò lapromessa del dono dello Spirito Santo,il Paraclito, il Consolatore, loSpirito di Verità, l’Avvocato che sareb-be sempre stato con i discepoli eavrebbe accompagnato l’opera ela vita della nascente Chiesa. Questa promessa si compie appun-to nel Cenacolo. Lo Spirito Santoscende sugli Apostoli come mani-festazione definitiva di ciò che siera avverato il giorno di Pasqua.Con la Pentecoste, comincia così“il tempo dello Spirito”: «e furono tutti pieni di Spirito Santo e comin-ciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere diesprimersi» (At, 2,1-4). Ogni Domenica attraverso la formula “Credo nello Spirito Santo” pro-clamiamo questa presenza, eppure lo Spirito Santo continua ad esse-re, come Paolo VI amava definirlo, il grande sconosciuto nella vita deicredenti. Possiamo celebrare ogni anno tale dono senza mai comprenderlo.Molti cristiani, infatti, potrebbero ripetere oggi le parole di quei disce-poli di Efeso quando Paolo domandò loro: «Avete ricevuto lo Spirito Santoquando siete venuti alla fede?. Ed essi risposero: “Non abbiamo nem-meno sentito dire che ci sia uno Spirito Santo”» (At 19,1-2).Lo Spirito Santo è stato inoltre sempre presente nella vita di Cristo: nelconcepimento nel seno della Vergine Maria: «lo Spirito Santo ti copri-rà con la sua ombra» (Lc 1, 35); nella Morte in Croce: «e consegnò loSpirito» (GV 19,30); nella sua Risurrezione, che è opera dello Spirito:«lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti» (Rm, 8,11). Perquesto il Risorto effonde ancora oggi lo Spirito perché possa essere sem-pre presente ed operante nella Chiesa. Con lo Spirito inizia in tal modoil tempo della Chiesa; ma qual è l’azione dello Spirito in essa?Lo Spirito è “vita per la Chiesa”, la fa ri-vivere.

Lo Spirito è “vivificatore” cioè,come diciamo nel Credo, “èSignore e da’ la vita”.Lo Spirito Santo “santifica laChiesa”, cioè la rende fedeleal suo Signore, perché possaadempiere la sua missione inpienezza e docilità a lui che neè il Capo. Lo Spirito Santo “guida” la Chiesanella storia anzi è il grande pro-tagonista di tutta la sua missione.Queste realtà diventano il verosignificato della “trasmissionedella fede”: testimoniare eraccontare che siamo capacidi vivere di Cristo. Solo lo Spiritorivela alla comunità dei credenticiò che deve essere, solo conla sua presenza e il suo “sof-fio” vitale sostiene, alimenta, libe-ra e conduce. Quanto bisogno abbiamo di impa-rare a vivere di questo soffiosoprattutto in questi tempi, incui molti rifuggono le respon-sabilità e addebitano agli altritutto ciò che “non va”; non è piùil tempo di aspettare dagli altriche facciano qualcosa, ma di“vivere”, di essere noi i prota-gonisti, di testimoniare facen-do ciò che ci sta a cuore lascian-doci guidare dallo “Spirito di veri-tà”. Si apre così, anche litur-gicamente, il “tempo dello

Spirito”, il tempo in cui mettersi in ascolto mettendo a frutto i suoi mol-teplici doni. L’amore: quello che viene da Dio e che riempie la vita; lagioia: vite che sanno essere il sorriso di Dio; la pace: non come la dàil mondo, fatta di compressi o equilibri di situazioni, ma come accoglienzadi Qualcuno; magnanimità: uomini e donne capaci di generare nella lorostoria vite generose e donate; benevolenza: cristiani che preferisconole “belle parole” a quelle che feriscono e uccidono il fratello; bontà: vol-ti e occhi che sanno infondere nell’altro serenità e fiducia; fedeltà: viteche sanno “giocarsi la vita” per cause grandi; mitezza: «uomini che noncostruiscono mura attorno ad esse ma sono capaci di creare comunione»;dominio di sé: saper riconoscere la signoria di Dio sul creato e le suecreature. Solo così mostreremo il volto bello della Chiesa in questo nostrotempo, nella consapevolezza che: “La santità non ti rende meno uma-no, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia” (Gaudeteet Exsultate).

*Direttore dell’ Ufficio Liturgico Diocesano

Nell’immagine: Pentecoste di Pier Francesco Mazzucchelli detto Morazzone, XVII sec., Milano

1717Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

a cura di don Andrea Pacchiarotti*

PPapa Francesco, con un decreto dellaCongregazione per il Culto divino e la disci-

plina dei Sacramenti, ha istituito come obbli-gatoria, il lunedì dopo la Pentecoste, la

memoria di una festa che ciricorda che Maria è madre delpopolo cristiano.

«Il Sommo PonteficeFrancesco», si legge neldecreto, «considerando atten-tamente quanto la promozio-ne di questa devozione pos-sa favorire la crescita del sen-so materno della Chiesa neiPastori, nei religiosi e nei fede-li, come anche della genuinapietà mariana, ha stabilito chela memoria della beata VergineMaria, Madre della Chiesa, siaiscritta nel Calendario Romanonel Lunedì dopo Pentecostee celebrata ogni anno. Questacelebrazione ci aiuterà a ricor-dare che la vita cristiana, percrescere, deve essere anco-rata al mistero della Croce, all’o-blazione di Cristo nel convitoeucaristico, alla Vergine offe-rente, Madre del Redentore edei redenti».

Il 21 novembre 1964, a con-clusione della terza Sessione

il Concilio Vaticano II, Paolo VI dichiarò la bea-ta Vergine Maria «Madre della Chiesa, cioè ditutto il popolo cristiano, tanto dei fedeli quan-to dei Pastori, che la chiamano Madre aman-tissima».Successivamente la Sede Apostolica,in occasione dell’Anno Santo della Riconciliazione

(1975), propose una messa votiva in onore del-la beata Maria Madre della Chiesa. Inoltre sidiede facoltà di aggiungere l’invocazione di que-sto titolo nelle Litanie Lauretane (1980).

L’importanza di questo titolo mariano si cogliedal fatto che Maria è stata fin dal suo fiatdell’Annunciazione e soprattutto dal fiat ai pie-di della Croce, «Madre della Chiesa».

Paolo VI lo aveva proclamato solennemente:«A gloria dunque della Vergine e a nostro con-forto, Noi proclamiamo Maria SantissimaMadre della Chiesa, cioè di tutto il popolo diDio, tanto dei fedeli come dei Pastori, che lachiamano Madre amorosissima; e vogliamo checon tale titolo soavissimo d’ora innanzi la Verginevenga ancor più onorata ed invocata da tuttoil popolo cristiano» (Mater Ecclesiae 1965, 1).

Per questo motivo, considerando l’importan-za del mistero della maternità spirituale di Maria,che dall’attesa dello Spirito a Pentecoste (At1, 14), non ha mai smesso di prendersi mater-namente cura della Chiesa pellegrina nel tem-po. È evidente il nesso tra la vitalità della Chiesadella Pentecoste e la sollecitudine materna diMaria nei suoi confronti.

Ci auguriamo che questa celebrazione ricor-di a tutti i discepoli di Cristo che, se vogliamocrescere e riempirci dell’amore di Dio, dobbiamoaffidarci alla maternità di Maria.

*Direttore dell’Ufficio Liturgico Diocesano

1818 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Gianpaolo Magro

“Se uno – che si dice cristiano – non vive per servire, non serve per vivere. Con la

sua vita rinnega Gesù Cristo. Siamo invitati a spendere la nostra vita

nel servizio gratuito ai fratelli più poveri e ai più deboli perché di fronte al male,

alla sofferenza, al peccato, l’unica rispostapossibile per il discepolo di Gesù è il dono

di sé; è l’atteggiamento del servizio”.

(Papa Francesco)

LL’impegno nello studio, i problemi lavo-rativi e familiari, la corsa contro il tem-po per far fronte agli impegni del quo-

tidiano ma anche la voglia di combattere la mono-tonia, sono tutti elementi che portano la personaad avere il forte desiderio di fermarsi e di rimet-tere in ordine la sua vita. Molte volte c’è biso-gno di orientare lo sguardo oltre il solito raggiod’azione specialmente perché si è accecati daciò che la società offre al collettivo. Nella dio-cesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, dal 1998,un gruppo di operatori di alcune parrocchie orga-nizza l’esperienza di volontariato a Durazzo, inAlbania. Tra questi, dal 2016, ci sono anche io,

Gianpaolo Magro di Latina.L’esperienza si svolge nel periodo estivo e hauna durata di due settimane (indipendenti l’u-na dall’altra). Dall’educatore all’insegnante, dalseminarista al sacerdote, dallo studente al pen-sionato, questa è la composizione tipica del grup-po. La settimana consiste nello stare in comu-nità, seguire un percorso spirituale, conosce-re i luoghi e la storia albanese e mettersi al ser-vizio del prossimo in differenti occasioni. Questo è possibile anche grazie alle Suore Adoratricidel Sangue di Cristo che, oltre a mettere a dis-posizione la struttura dove alloggiare, collabo-rano con alcuni Centri impegnati nel sociale ovve-ro l’orfanotrofio, l’Istituto assistenziale perbambini e ragazzi con disabilità, e le parrocchiepresenti nei villaggi alla periferia della città.I giorni nella settimana sono programmati in modoche la mattina si accompagnano al mare alcu-ni ragazzi disabili dell’Istituto mentre il pome-riggio è dedicato all’animazione nei villaggi oin orfanotrofio. Durante la giornata ci sono momenti di preghieracon la recita delle Lodi mattutine e dei Vesprie con la celebrazione della S. Messa. Il fine set-timana, invece, si viaggia per andare alla sco-perta delle tante meraviglie presenti nel terri-torio albanese. Tantissime sono le emozioni vis-sute grazie ai sorrisi e alle condivisioni avutecon gli altri volontari, ai momenti di preghiera,al desiderio di amore dei bambini dell’orfano-trofio e quelli dell’Istituto, al bisogno dei ragaz-

zi dei villaggi di stare insieme e di fare espe-rienze di gruppo.Come sono arrivato a prendere la decisione dipartire? Il senso di missione che offre l’espe-rienza è sempre stato uno dei principali moti-vi. Non nego però che ero spaventato perchéun conto è fare l’educatore nella parrocchia incui sono cresciuto un altro è andare in un Paesedove non conosci né la cultura né la lingua. Quello che conta realmente è lo spirito. Oltrele difficoltà sei spinto dalla voglia di spenderela tua vita per gli altri, di coltivare i Talenti cheDio ti ha dato e, come disse Papa Francescoin occasione della Giornata Mondiale della Gioventùdel 2016, di avere l’atteggiamento del servizio.Proprio per questo, oggi, posso dire chel’Albania è stata un passaggio fondamentale nel-la mia vita che mi ha portato, a Ottobre 2017,a intraprendere il cammino di discernimento nel-l’anno propedeutico in seminario, il Pontificio CollegioLeoniano di Anagni.Ringrazio Dio per tutte le persone incontrate duran-te le settimane in Albania ma anche per gli abbrac-ci, i baci e l’amore che ho ricevuto. È propriovero che quel che si dà non è mai abbastan-za, si riceve sempre di più. Ringrazio i sacer-doti, le suore e i volontari che dal 2016 hannocondiviso con me questa esperienza. Grazie allamia famiglia che mi ha sempre sostenuto in ognimia scelta. Rivolgendomi a voi, lettori diEcclesia in C@mmino, chiedo di sostenermi conla vostra preghiera.

1919Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Sara Bianchini*

SSebbene l’evento abbia avuto luogo il 19 gennaio di quest’anno,cioè ben più di tre mesi fa, vale ancora la pena di parlare delConvegno “Ambiente, sviluppo, giustizia e pace: l’ecologia inte-

grale in pratica. Incontro di riflessione e condivisione sull’educazione ainuovi stili di vita e l’attenzione al creato”, svoltosi presso la Sala Tersicoredel Comune di Velletri, sotto la guida di Grammenos Mastrojeni. Perchéne parliamo? Perché corrisponde ad una intenzione profonda della Caritasnella sua azione formativa: riflettere sull’educazione alla cura del crea-to, come via di promozione della giustizia e della pace. Articolerò la riflessione in due momenti, che saranno pubblicati sepa-ratamente. Nella prima mi concentrerò proprio sugli obiettivi formatividella Caritas e nel secondo sul contenuto esplicito dell’intervento di Mastrojeni.Questo tema, infatti, ci stimola relativamente ai suoi concetti-chiave, malo fa altrettanto in merito a cosa significa “formazione/sensibilizzazio-ne” quando si fa parte di un gruppo Caritas.Da sempre, l’educazione ambientale rientra nelle priorità dell’azione del-la Caritas, ma nella nostra diocesi, è più negli ultimi due anni che ci siè concentrati su questo aspetto, focalizzandolo come argomento dellaformazione degli operatori e dei volontari dei gruppi Caritas parrocchiali.Chiaramente, l’intenzione profonda è che questi ultimi possano funge-re da cassa di risonanza nelle loro comunità (e negli ambienti di vitaquotidiani), dando vita ad un’azione di sensibilizzazione profonda e ani-mazione delle nostre parrocchie. Eppure il messaggio non passa: se èdifficile sensibilizzare all’accoglienza del fratello, che pure abbastanza(ma non troppo) diffusamente viene compresa come cuore della cari-tà cristiana, ancora di più lo è parlare di giustizia e pace, ma sembraquasi impossibile capire quale sia il legame fra ambiente e carità. E questa difficoltà riguarda ogni persona, indipendentemente dall’ap-partenenza ecclesiale: nonostante la raccolta differenziata, nonostan-te i tentativi di abbinare “ambiente-nutrizione-giustizia” resta uno zoc-

colo duro da scalfire in ognuno di noi. I motivi sono i più disparati edandrebbero analizzati e compresi per progettare un’azione educativain merito, portando avanti uno studio serio – oltre le nostre possibilità– sulle resistenze personali e comunitarie all’educazione ambientale.Possiamo però lavorare per potenziare la consapevolezza di che cosasi intenda con attenzione al creato ed educazione ai nuovi stili di vita,mostrando così come esse siano qualcosa che ci compete essenzial-mente come cristiani, che costituisce cioè la nostra identità. Scrivevapapa Francesco nella sua Laudato si’ «Tuttavia, questa educazione, chia-mata a creare una “cittadinanza ecologica”, a volte si limita a informa-re e non riesce a far maturare delle abitudini. L’esistenza di leggi e norme non è sufficiente a lungo termine per limi-tare i cattivi comportamenti, anche quando esista un valido controllo.Affinché la norma giuridica produca effetti rilevanti e duraturi è neces-sario che la maggior parte dei membri della società l’abbia accettata apartire da motivazioni adeguate, e reagisca secondo una trasformazionepersonale. Solamente partendo dal coltivare solide virtù è possibile ladonazione di sé in un impegno ecologico. Se una persona, benché le proprie condizioni economiche le permet-tano di consumare e spendere di più, abitualmente si copre un po’ inve-ce di accendere il riscaldamento, ciò suppone che abbia acquisito con-vinzioni e modi di sentire favorevoli alla cura dell’ambiente. È molto nobile assumere il compito di avere cura del creato con pic-cole azioni quotidiane, ed è meraviglioso che l’educazione sia capacedi motivarle fino a dar forma ad uno stile di vita» (LS 211). Ed aggiun-geva ancora: «Altri sono passivi, non si decidono a cambiare le proprieabitudini e diventano incoerenti. Manca loro dunque una conversioneecologica, che comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze del-l’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda. Viverela vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale diun’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmenoun aspetto secondario dell’esperienza cristiana» (LS 217). Proprio di questo, nonostante le scarsissime adesioni delle parrocchiedella Diocesi (ma quella molto significativa degli alunni delle scuole supe-

continua a pag. 20

2020 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

riori di Velletri coordinati e accompagnati dai loro docenti di IRC), vole-va occuparsi l’incontro del 19 gennaio, a cui era stata invitata anche lacittadinanza a causa dello spessore del relatore. Il presidente del Consiglio Comunale, Daniele Ognibene, a nome del-l’amministrazione (che aveva concesso il proprio patrocinio all’iniziati-va), ha introdotto i lavori evidenziando come l’ecologia integrale possae debba essere fortemente contestualizzata al nostro territorio veliter-no, chiedendosi quali siano le ricadute di tutto ciò sulla nostra vita quo-tidiana. Il nostro Vescovo ha invece insistito sulla necessità e sulla volon-tà di informarsi e conoscere, perché solo così si può arrivare a focaliz-zare le idee di complessità ed interconnessione che qualificano l’azio-ne sull’ambiente e la realtà ambientale e quella sociale. Ragionare sulla “qualità di vita” significa automaticamente creare giu-stizia, sicurezza e pace: questo ci dovrebbe spingere a rimodulare anchela nostra idea di “giustizia” che è quasi implicitamente connessa a quel-la di “sacrificio”, come se fare qualcosa di giusto equivarrebbe a farequalcosa che sacrifica un po’ della nostra vita, laddove invece giustizia

vorrebbe accompagnarsi a qualità di vita. «Uno sviluppo che non lascia un mondo migliore e una qualità di vitaintegralmente superiore non può considerarsi progresso. L’esclusione economica e sociale dei più poveri è una negazione tota-le della fraternità umana. I più poveri sono quelli che soffrono maggiormenteperché obbligati a vivere di scarti e soffrire per primi le conseguenzedell’abuso dell’ambiente (pensiamo alle catastrofi naturali, ai terremo-ti, agli tsunami che investono per primi sempre i più poveri che vivonoin luoghi meno sicuri)» (P. Covini, Vicepresidente della Fondazione Magis). Con questi accenti si aperto il convegno, presieduto da don Cesare Chialastri(direttore della Caritas Diocesana) e dalla scrivente in qualità di mode-ratrice. Come già scritto, nel prossimo numero ci addentreremo speci-ficatamente nel contenuto dell’intervento di Grammenos Mastrojeni.

Fine prima parte.

*Caritas Diocesana

Carlo Condorelli*

“Il Signore risanai cuori affranti”.

IIl Vescovo Vincenzo Apicellasottolinea questo versettodel Salmo 146 per esprimere

il senso profondo del progettosottoscritto fra le Caritas di Velletri-Segni, di Albano e l’associazioneVol.A.Re. Onlus il 4 aprile. Il docu-mento è significativamente fir-mato nel carcere di Velletri in unincontro che ha visto insieme pre-gare e riflettere i due Vescovi -presente anche Marcello Semerarodi Albano - ed i volontari del-l’associazione. Apicella rileva dunque come ilcarcere è interamente abitato da cuori affran-ti e questi sono il cuore del progetto condivisonella convinzione che è possibile declinare insie-me giustizia e misericordia come da anni Caritase Vol.A.Re. sperimentano. Accolti dal cappel-lano del carcere – don Franco Diamante – edopo il saluto da parte del Direttore dell’Istituto,Dott.ssa Iannantuono Maria Donata, i parteci-panti hanno riflettuto sul cammino e i contenutiche hanno portato alla stesura del progetto matu-rato nel corso di incontri che hanno visto coin-volti i Direttori delle Caritas Diocesane di Velletri-Segni, mons. Cesare Chialastri, e di Albano,don Gabriele D’Annibale.“Uno dei frutti più belli raccolti nell’Anno Santodella Misericordia è stato di ridestare nelle Chieselocali una nuova sensibilità verso l’opera di mise-ricordia specifica: visitare i carcerati”. Così esor-disce il documento “Per l’inclusione delle per-sone detenute” a sottolineare come il percor-so avviato da anni tra le due Caritas diocesa-

ne e Vol.A.Re. nel servizio di sostegno alle per-sone detenute abbia ricevuto nuova linfa dal-le esperienze condivise in occasione dell’an-no santo. Le firme dei Vescovi, S.E. Mons. MarcelloSemeraro, S.E. Mons. Vincenzo Apicella e delpresidente dell’associazione Carlo Condorelli,rafforzano dunque una collaborazione giàintensa. Un atto utile a far comprendere con mag-gior chiarezza al mondo del volontariato ed aglioperatori delle due diocesi che “visitare i car-cerati” è una scelta permanente, che deve coin-volgere la comunità ecclesiale e la comunitàcivile. Siamo consapevoli che quello di Velletriè il carcere del territorio: significativo, infatti, èil numero delle persone recluse provenienti daiterritori delle due diocesi. Caritas e Vol.A.Re. si impegnano dunque a rea-lizzare ogni anno un progetto che abbia al cen-tro azioni di solidarietà, quali ad esempio, la rac-colta di prodotti per l’igiene e l’abbigliamentodestinati ai detenuti privi di mezzi.

Contestualmente impegnandosi a coinvolgereistituzioni e scuole in un percorso di sensibi-lizzazione alla legalità e alla condizione carcerariae realizzando, in autunno, un evento pubblicosu questi temi in prossimità della domenica dedi-cata ai poveri, istituita da Papa Francesco. Efra i detenuti di Velletri risuona ancora l’eco del-le parole indirizzate per lettera da Francescoin occasione della Quaresima 2016. Il progetto resta aperto a quanti – parrocchiee comunità – vorranno far pervenire il loro con-tributo di idee e di supporto organizzativo perallargare l’orizzonte di umanità e carità cristiana“ero in carcere e mi avete visitato” al di là e aldi qua delle sbarre perché, come ricordava ilVescovo Semeraro, è dalle periferie che si costrui-scono le città.

* Vol.A.Re. Onlus

continua nella pag. accanto

segue da pag. 19

2121Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Diocesi Suburbicaria DiocesiSuburbicaria VOL.A.RE

di Velletri – Segni di Albano Volontari per l’Assistenza ai Reclusi

ONLUS

Per l’Inclusione delle Persone Detenute

Premessa

Uno dei frutti più belli raccolti nell’Anno Santo della Misericordia è stato di ridestarenelle Chiese locali una nuova sensibilità ver-so l’opera di misericordia specifica: “visitare i carcerati”. Così un’opera, certo non facilmente praticabilerispetto a quelle più ampia-mente vissute verso i poveri, è divenuta, durante l’Anno straordinario della Misericordia, oggetto di iniziative pastorali e solida-li più mirate. Volendo dare continuità alle iniziative vissute e lasciandosi provocare dalle visite e dai gesti di Papa Francesco all’in-terno delle Case Circondariali, le Diocesi Suburbicarie di Velletri–Segni e di Albano desiderano moltiplicare i frutti di questa espe-rienza e tenere vivo il tema delle persone recluse dentro la comunità ecclesiale e civile, in particolare continuando a sostenereall’interno del Carcere le azioni di volontariato, quelle di inclusione socio-lavorativa dopo il termine della pena, quelle di soste-gno e di accompagnamento delle famiglie coinvolte nel percorso della persona reclusa. Inoltre la collaborazione con l’associazione laica di ispirazione cristianaVol.A.Re. (Volontari per l’Assistenza ai Reclusi) – dellaquale le due Caritas sono socie costituenti condividendone principi ispiratori e finalità – rende più incisiva e diffusa la scelta diagire nel quotidiano per “visitare i carcerati”.

Il progetto comune

Quanto sopra premesso le Caritas diocesane di Velletri–Segni e di Albano e l’Associazione Vol.A.Re., convengono di rafforzarela loro collaborazione impegnandosi a realizzare con cadenza annuale un progetto comune. Un progetto finalizzato ad articolare iniziative di sensibilizzazione e solidarietà verso la comunità ecclesiale e la comunità civilesulla condizione carceraria, le persone recluse e le loro famiglie alla luce del fatto che la Casa Circondariale “Lazzaria” in Velletri,costituisce il “carcere del territorio”: infatti una quota significativa delle persone recluse provengono dai territori dei comuni del-le due Diocesi. Caritas Velletri-Segni, Caritas Albano e Vol.A.Re. stimano dunque utile ed importante fissare un intervallo di tempo nel quale con-centrare, stabilmente, ogni anno, l’esito più visibile del lavoro comune (convegni, pubblicazioni, raccolte prodotti per i detenuti,iniziative presso enti locali e scuole, etc). Si propone la settimana tra la XXXII e XXXIII domenica dell’anno liturgico: questo siaper la vicinanza alla “giornata mondiale dei poveri” istituita dal 2017 da Papa Francesco, sia per il lavoro di programmazionepastorale e associativa che si svolgerà nei mesi precedenti.Condivise le linee di indirizzo le due Diocesi e Vol.A.Re. impostano il necessario lavoro a partire dall’anno 2018 secondo alcu-ni passaggi essenziali:

condivisione dei Vescovi e comunicazione alle Parrocchie (presbiteri e Consigli pastorali) e Caritas parrocchiali (dove si ritiene necessario anche con incontri dal vivo oltre le comunicazione scritte);

condivisione degli organi associativi (Caritas e Vol.A.Re.);scelta di alcune Parrocchie presso cui avviare una sperimentazione coinvolgendo le rispettive comunità

(lavoro di sensibilizzazione e di animazione);interventi su stampa diocesana, su stampa ed emittenti locali;consolidare la relazione con la Direzione della Casa Circondariale;partecipare le finalità del progetto alla magistratura e all’avvocatura,alle forze dell’ordine, agli enti locali

(sindaci, assessori, operatori sociali, etc.) alleassociazioni datoriali, sindacali, culturali, al sistema scolastico,etc;scaglionare le raccolte prodotti (igiene personale, etc) nell’anno ed in diverse parrocchie secondo le necessità da verificare;intercettare bandi di progetti a vari titoli finanziabili (fondi regionali, bandi da aziende, etc);programmare un evento pubblico, da svolgersi alternativamente un anno in una Diocesi e l’anno successivo nell’altra, tra ottobre e novembre.

S.E.Reverendissima S.E.Reverendissima Carlo Condorelli

Vescovo Mons. Vincenzo Apicella Vescovo Mons. Marcello Semeraro Presidente Vol.A.Re. Onlus

Presidente Caritas Diocesana Presidente Caritas Diocesana

Velletri-Segni Albano

dalla Casa Circondariale di Velletri,

4 Aprile 2018

2222 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

don Michele Falabretti*

LLa riunione presinodale dei giovani si èchiusa con la celebrazione dellaDomenica delle Palme in Piazza san

Pietro: gesto simbolico visto che, in realtà, quel-la celebrazione è una apertura verso la gran-de settimana, cuore della vita cristiana. Comedire: l’incontro presinodale finisce a Roma, matutto si riapre e rilancia nei continenti e paesidel mondo e nella vita quotidiana.Come era prevedibile, il mondo della comuni-cazione si è buttato su alcuni passaggi del docu-mento finale cercando il gancio per sollevaretemi e questioni; e magari trovare il modo di ali-mentare qualche polemica.A me pare che sia più importante (in questa fase)sottolineare la bontà e la forza del processo sino-dale. I giovani si sono sentiti interpellati dallaChiesa, sono rimasti affascinati dalle parole delPapa che ha chiesto loro di avere “faccia tosta”e di dire ciò che portano nel cuore. Non è poco, perché una volta di più abbiamocapito che ai giovani interessa (molto) sentirsipresi sul serio, ascoltati: una Chiesa che ha ilcoraggio di lasciarsi interrogare dal loro senti-re e dalle loro provocazioni, sta facendo la cosagiusta per continuare a essere generativa di pro-cessi umani sempre più aderenti al Vangelo. È passata da tempo la generazione dei con-testatori: forse i giovani si sono stancati di adul-ti capaci di assorbire e digerire tutto.

Il muro di gomma che ha caratterizza-to molti atteggiamenti e parole degli adul-ti nei decenni scorsi, ha provocato undisagio che rimane sommerso: ormai igiovani tendono ad andarsene per stra-de tutte loro senza preavvisi, sussurri,proteste. Se ne vanno e basta, lascian-doci (noi adulti) alle nostre tabelle, inda-gini statistiche o alle nostre convinzio-ni su come va il mondo o su dove dovreb-be andare.Fermarsi e ascoltarli. Coinvolgerli in pro-cessi narrativi che ci permettano di com-prenderli e a loro di raccontarsi. E maga-ri di capire qualcosa di questo tempocon l’umiltà di chi non pretende di sape-re tutto.Sarebbe stato bello (ma si sa: per farebene le cose, bisognerebbe farle duevolte…) avere la possibilità di ricomin-ciare ancora per qualche giorno, apren-do un dialogo intergenerazionale. Mi sareb-be piaciuto fare domande a questi gio-vani, a partire da ciò che hanno scrit-to. Perché sono sicuro che di fronte alledomande degli adulti, si sarebbero appas-sionati molto nel poter chiarire ciò chehanno scritto inevitabilmente un po’ dicorsa. Sia chiaro: una settimana di lavo-ri, con trecento persone provenienti datutto il mondo, è un tempo buono manon ancora sufficiente.Qualcuno mi ha chiesto che fine faran-no le pagine del documento dei giova-ni. Ho risposto che è giusto avere spe-ranza che i vescovi ne tengano conto

durante il Sinodo. Ma sarebbe ancora megliose tutti i cristiani adulti si sentissero impegnatia far proseguire questo incontro e scambio nel-la vita ordinaria. Un Sinodo non è un Concilio, dove si preci-sano i contenuti della fede. E nessuno di que-sti due luoghi, pur importanti, sono decisivi perla coscienza e la libertà di ciascuno: saran-no solo le relazioni quotidiane che potrannoesprimere lo spessore del cuore di ciascuno.E quindi vorrei davvero sperare che non ci siaspetti che il mondo cambi perché i giovanihanno inviato un documento ai vescovi, mapiuttosto perché abbiamo visto quanto sianoaffidabili i ragazzi quando vengono presi sulserio. Crederci e fidarsi, ancora oggi, è la sfida cheattende gli adulti per poter entrare nel giocodella consegna generazionale della vita.

2323Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

prof. Massimiliano Postorino*

Riflessioni sul testo di papaFrancesco dedicato ai giovani.

CComprendere il mondo gio-vanile è come cercare diracchiudere il mare in un

contenitore, sforzandosi di trovarenella sua estrema poliedricità unaglobalizzazione sferica ed omo-genea, che appare inevitabilmentesemplicistica e non esaustiva. Propriocome un mare, i giovani sono influenzati dai ven-ti della società, spinti su lidi spesso indeside-rati, alcuni mandati alla deriva, altri abbando-nati sulle sabbie della solitudine oppure parcheggiatie accuditi in stantii e comodi porti familiari o solinelle burrasche della vita. Se con la mente riavvolgo in un nastro i foto-grammi di tutte le generazioni che ho avuto mododi conoscere in questi venti anni di insegnamentouniversitario, la particolarità che più mi colpi-sce è il cambiamento radicale della psicologiae della personalità collettiva del giovane; neglianni 80-90, sull’ondata di un falso benesseresocio-economico basato sull’indebitamentodei conti pubblici, il giovane si definiva uno yup-pies, un novello self-made-man, convinto di poterarrivare ovunque e dotato di un ipertrofico e qua-si onnipotente “io” egocentrico. Nelle giovani menti di quel periodo, la riscopertadi Dio, della propria anima e la stessa religio-sità venivano idealmente superate da un’incrollabilefiducia in se stessi e da un attivismo globaleed esagerato, capaci di cancellare ogni cosache non fosse produttiva di consumismo e diapparente benessere. Quei ragazzi di ieri sono poi diventati gli uomi-ni di oggi. Infranto sullo scoglio della crisi eco-nomica il sogno di una vita facile e consumi-stica tutta rivolta verso l’appagamento di se stes-si, arrancano adesso nello stagno di quella stes-sa società pragmatica, utilitarista e consumi-stica, che essi stessi hanno creato, parallela-mente all’ideologia dello scarto sociale di ogni

pensiero, opera o fascia di età non produttiva.Quei ragazzi di ieri e adulti di oggi sono diven-tati miopi, perché capaci di vivere solo il pre-sente senza guardare al futuro; sono diventa-ti pigri di cuore, perché le loro menti cercanosolo l’utile e il consumabile per sopravvivere,nel pieno disinteresse della propria anima; sonodivenuti malati di identità perché delusi ed inca-paci di appassionarsi, di cercare se stessi e laverità di Dio. Gli adulti di oggi sono già morti dentro, perchénon hanno conservato né l’entusiasmo passionaledel giovane, né acquisito la saggezza piena diprofondità dell’età adulta, vivendo in un eter-no presente di lotta al possesso, alla produzionee al consumismo, incapaci di amare, sperare,credere e cercare Dio. Essi si sono disinteressatidell’amore di Dio Padre, che vivifica ed educal’anima di ogni età (in questo Dio è giovane,come dice il Papa) ed hanno rinunciato alla veravita per morire tra ossessioni e debolezze. I loro figli e i loro anziani sono posti ai margi-ni della società, poiché improduttivi al momen-to ed inutili al loro frenetico pragmatismo con-sumistico. A questi nuovi giovani, ai figli degliattuali sedicenti adulti, si rivolge il papa nel testo“Dio è giovane”, chiedendo loro di farsi” por-tatori di speranza e discontinuità rispetto agliadulti”. In questa società che il Papa definisce “sradi-cata” perché priva di valori e in preda al con-sumismo e all’estetica, nonché basata sull’apparenza,i giovani di oggi tendono ad omologarsi ai geni-

tori, ma da essi vengono resi fra-gili, indecisi e apatici, poiché nonconsiderati autonomi e produt-tivi. I ragazzi attualmente appaionomonomorfi e impacchettati dal-le mode del consumismo e dal-l’esigenza di apparire comuni eduniformati. Ad essi Francesco chie-de invece “una globalizzazionepoliedrica e non sferica”, costi-tuita dalle tante sfaccettature del-la diversità ed “unita dall’empa-tia e dalla speranza per il pros-simo”. Ai ragazzi che “cercanol’autonomia semplice che li ren-de capaci di governarsi da soli”,Papa Francesco qui chiede di “farsi profeti” del nuovo mondo;ad essi rivolge l’invito di assumereun nuovo ruolo, cioè quello di rom-

pere gli schemi del consumismo e del piattu-me ideologico e spirituale, profetizzando conl’amore e l’esempio la venuta di una nuova epo-ca, fatta di empatia, servizio, accoglienza e valo-ri religiosi. Il Papa stimola i giovani ad assumere quell’ entu-siastico coraggio tipico della loro età e della Paroladi Dio, per ricostruire una nuova società più uma-na ed intrisa della “speranza che ci ha insegnatoGesù Cristo” e dalla quale essi devono attin-gere. Coraggio, speranza ed entusiasmo,sono gli elementi che pervadono la giovinez-za ma anche l’amore e la Parola di Dio, sic-ché, come dice Francesco, “Dio è giovane”. Il Papa non dimentica però gli anziani, che devo-no essere per i ragazzi come” la roccia durasu cui costruire la casa”, la generazione di non-ni cui attingere i valori e la saggezza, che alcontrario i loro genitori hanno dimenticato in nomedell’efficientismo ossessivo. San GiovanniPaolo ll diceva che i giovani devono prenderela loro vita e farne un capolavoro ed a questo,in conclusione, Papa Francesco ha aggiuntodi farlo sempre “con gioia, amore, entusiasmo,umorismo, coerenza e fecondità culturale e spi-rituale”.

*Cattedra di Malattie del Sangue Università degli studi di Tor Vergata di Roma

Nell’immagine del titolo: Bambina con barattolo,opera di Yaroslav Kurbanov

2424 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

don Antonio Galati

IIn vista del sinodo per i giovani, si è tenu-ta a Roma una riunione “pre-sinodale”, cheha visto la partecipazione di più di 15.000

giovani in tutte le parti del mondo: circa 300 era-no presenti a Roma; gli altri erano collegati tra-mite i gruppi Facebook.Anche prima di sottolineare alcune delle cosecontenute nel testo finale della riunione, la moda-lità di partecipazione alla riunione dice molto siasul mondo giovanile, che sul compito che la Chiesaha nei confronti di quest’ultimo: il digitale nonpuò essere più considerato solo come un acces-sorio nella vita di molti, e dei giovani soprattutto,ma è un mondo e un luogo a tutti gli effetti (comegià dichiarato in uno dei nostri convegni eccle-siali di qualche anno fa), che permette una moda-lità di partecipazione ormai primaria; da ciò con-segue che la Chiesa, e quindi anche la nostraChiesa locale, se vuole incontrare il mondo gio-vanile, deve prendere in considerazione l’ideadi entrare a farne parte, abitandolo come luo-go di missione, così come nel passaggio dal medioe-vo all’epoca moderna gli evangelizzatori eranoinviati fisicamente nei nuovi territori scoperti daglieuropei.Se ciò non avverrà, difficilmente si potrà pen-sare di aver tenuto fede alla dichiarazione di Paolo:«tutto io faccio per il vangelo, per diventarnepartecipe con loro» (1Cor 9,23).Ora, entrando nel vivo del documento redattoal termine dalla riunione pre-sinodale, esso ècomposto da tre parti: sfide e opportunità deigiovani nel mondo di oggi; fede e vocazione,discernimento e accompagnamento; l’azione edu-cativa e pastorale della Chiesa.

Nella prima parte si cerca di delineare un qua-dro generale della realtà giovanile, cercando ditenere conto delle diverse esperienze che pro-vengono da tutte le parti del mondo; nella secon-da parte l’idea è quella di descrivere il rappor-to che i giovani hanno e che dovrebbero ave-re con il mondo della fede e con la ricerca voca-zionale e come possono essere aiutati attraversola relazione di accompagnamento; l’ultimaparte è una sorta di richiesta alla Chiesa affin-ché declini la sua azione pastorale anche attra-verso quegli strumenti più idonei ad intercettareil mondo giovanile e le sue richieste.Senza la pretesa di fare un riassunto del testo– anche perché non ce n’è la necessità, vistoche è stato pubblicato il mese scorso su Ecclesia,e perché è facilmente raggiungibile via internet– è qui sufficiente mettere in risalto un solo temache emerge dal documento e che lo attraver-sa trasversalmente.In generale viene affermato che Chiesa e gio-vani non sono due mondi incompatibili tra loro:possono esserci alcune divergenze e/o incom-prensioni, ma possono esserci anche diversi pun-ti di contatto, se non anche di assoluta sovrap-posizione.Le divergenze emergono soprattutto, ed espres-samente, su alcuni temi morali, dove è chiarae inequivocabile la posizione ecclesiale, men-tre è più fluttuante quella dei giovani e anchedei giovani cattolici. Non è questo il luogo e ilmomento per un approfondimento specifico del-le questioni: è sufficiente qui rilevare il fatto chesu questi temi – sessualità e matrimonio – i par-tecipanti alla riunione pre-sinodale hannoespressamente palesato le loro maggiori diffi-coltà nei confronti dell’insegnamento ecclesia-le, ma c’è stata anche una sorta di “contrap-

posizione” internatra i partecipanti,segno che tali argo-menti interessanomolto, per cui divie-ne necessario per laChiesa intera appro-fondire sempre megliola questione («c’èspesso grande dis-accordo tra i giova-ni, sia nella Chiesache nel mondo,riguardo a quegliinsegnamenti cheoggi sono partico-larmente dibattuti. Traquesti troviamo: con-traccezione, aborto,omosessualità, con-vivenza, matrimo-nio e anche come vie-ne percepito il sacer-dozio nelle diverse

realtà della Chiesa. Ciò che è importante nota-re è che, indipendentemente dal loro livello dicomprensione degli insegnamenti della Chiesa,troviamo ancora disaccordo e un dibattito aper-to tra i giovani su queste questioni problema-tiche. Di conseguenza vorrebbero che laChiesa cambiasse i suoi insegnamenti o, per-lomeno, che fornisca una migliore esplicazio-ne e formazione su queste questioni. Nonostantequesto dibattito interno, i giovani cattolici cui con-vinzioni sono in contrasto con l’insegnamentoufficiale desiderano comunque essere parte del-la Chiesa. D’altra parte, molti giovani cattoliciaccettano questi insegnamenti e trovano in essiuna fonte di gioia. Desiderano che la Chiesanon solo si tenga ben salda ai suoi insegnamenti,sebbene impopolari, ma li proclami anche conmaggiore profondità» [n. 5]).Al tempo stesso, poi, questi e altri argomentiche interessano i giovani possono essere i luo-ghi in cui mondo giovanile ed ecclesiale pos-sono trovare quella giusta sovrapposizione, chenon solo permette di avvicinare i due mondi, mapermetterà anche, secondo i giovani stessi, difare fronte comune per una risoluzione positi-va delle questioni in gioco: «i giovani sono pro-fondamente coinvolti e interessati in argomenticome la sessualità, le dipendenze, i matrimonifalliti, le famiglie disgregate, così come i gran-di problemi sociali, come la criminalità orga-nizzata e la tratta di esseri umani, la violen-za, la corruzione, lo sfruttamento, il femmi-nicidio, ogni forma di persecuzione e il degra-do del nostro ambiente naturale. […] Alle pre-se con queste sfide, abbiamo bisogno di inclu-sione, accoglienza, misericordia e tenerezzada parte della Chiesa, sia come istituzione checome comunità di fede» (n. 1).

2525Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

don Carlo Fatuzzo

«In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate;

è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete diradicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso;

è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. È Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra

vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarviinghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con

umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna».

IIn chi, come il sottoscritto, ha avuto la grazia di poter essere fisi-camente presente, poco più che adolescente, a quell’indimentica-bile evento storico che è la GMG del 2000, queste parole di San

Giovanni Paolo II, pronunciate sulla spianata di Tor Vergata davanti acirca due milioni di giovani di tutto il mondo, sono rimaste impresse inmodo permanente e letteralmente scolpite nella mente e nel cuore. Sonoparole che conservano intatta tutta la loro freschezza e tutta la loro veri-tà anche oggi. La felicità è Gesù, e chi cerca la felicità può trovarla pienamente sol-tanto in Lui. La presenza di Cristo nella nostra vita è una garanzia difelicità: «vi annuncio una grande gioia» (Luca 2, 10), disse l’angelo aipastori per indicare loro di andare incontro a Gesù, Salvatore del mon-do incarnato per noi. La Parola di Gesù riporta questo sigillo: «Vi hodetto queste cose perché la mia gioia sia invoi e la vostra gioia sia piena» (Giovanni15, 11). Promesse fedeli della vera feli-cità, eternamente valide, sono le Beatitudinievangeliche, che portano il Regno di Diosulla terra (cfr. Matteo 5, 3-12). Ed è Gesùstesso a pregare il Padre «perché abbia-no in se stessi la pienezza dellamia gioia» (Giovanni 17, 13). L’annunciodi Gesù Cristo Crocifisso e Risorto,che costituisce il messaggio immu-tabile, perenne e universaledella missione evangelizzatricecristiana, viene tramanda-to per tutti i secoli fino aiconfini del mondo,«perché la nostragioia sia perfetta»(1 Giovanni 1, 4).In attesa delp r o s s i m osinodo dei

vescovi dedicato ai giovani, mi torna alla mente quel magistrale discorsoquaresimale pronunciato dall’indimenticabile vescovo don Tonino Belloil 5 marzo 1989:«Noi ci affanniamo, sì, ad organizzare convegni per i giovani, facciamola vivisezione dei loro problemi su interminabili tavole rotonde, li frastorniamocon l’abbaglio del meeting, li mettiamo anche al centro dei programmipastorali, ma poi resta il sospetto che, sia pure a fin di bene, più cheservirli, ci si voglia servire di loro. Perché, diciamocelo con franchezza,i giovani rappresentano sempre un buon investimento. Perché sono lamisura della nostra capacità di aggregazione e il fiore all’occhiello delnostro ascendente sociale. Perché, se sul piano economico il loro favo-re rende in termini di denaro, sul piano religioso il loro consenso pagain termini di immagine. Perché, comunque, è sempre redditizia la poli-tica di accompagnarsi con chi, pur senza soldi in tasca, dispone di infi-nite risorse spendibili sui mercati generali della vita. Servire i giovani,invece, è tutt’altra cosa. Significa considerarli poveri con cui giocare inperdita, non potenziali ricchi da blandire furbescamente in anticipo. Significa ascoltarli. Deporre i panneggi del nostro insopportabile pater-nalismo. Cingersi l’asciugatoio della discrezione per andare all’essen-ziale. Far tintinnare nel catino le lacrime della condivisione, e non quel-le del disappunto per le nostre sicurezze predicatorie messe in crisi. Asciugare i loro piedi, non come fossero la pròtesi dei nostri, ma accet-tando con fiducia che percorrano altri sentieri, imprevedibili, e comun-que non tracciati da noi. Significa far credito sul futuro, senza garanziee senza avvalli. Scommettere sull’inedito di un Dio che non invecchia.Rinunciare alla pretesa di contenerne la fantasia. Camminare in novi-

tà di vita verso quei cieli nuovi e quelle terre nuove a cui sisono sempre diretti i piedi di Giovanni, l’a-postolo dagli occhi di aquila, che è mor-to ultracentenario senza essersi stanca-to di credere nell’amore. […]Saremo capaci di essere una Chiesa cosìserva dei giovani, da investire tutto sul-la fragilità dei sogni?». Affascinante è la

sfida, per il prossimo sinodo, di poterancor oggi annunciare ai giovani di

tutto il mondo che la realizzazionedi tutti i loro sogni è Gesù, così

come il sogno di Gesù, a suavolta, è che anche i giovani

di oggi diventino una gene-razione di santi, come risuo-

na nelle vibranti paroledella recentissima

esortazione alla san-tità Gaudete et

exsultate delSanto Padre

Francesco.

2626 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Sinodo: considerate

questo tempo!

IIl quaderno “Considerate questo tempo.Discernere la Pastorale Giovanile tra fede e voca-

zione” offre dieci schede per un percorso di discer-nimento che vuole arrivare in profondità. Tale stru-mento è stato presentato negli incontri di prima-vera durante gli appuntamenti interregionali e ades-so è scaricabile da qui.Si rivolge alle consulte diocesane, ai consigli pasto-rali diocesani e parrocchiali, alle équipe di educatori, ai forma-tori di congregazioni religiose, associazioni, movimenti e altre real-tà ecclesiali che hanno uno sguardo e una responsabilità parti-colare sulle effettive pratiche di pastorale giovanile vocazionalein Italia oggi. Tale percorso intende fornire piste di rilettura e di verifica di que-ste stesse pratiche per una maggiore esplicitazione dell’intenzionalità

educativa e per una consape-volezza maggiormente condi-visa in vista del Sinodo dei Giovani2018.Il quaderno si compone di 10schede che possono essere uti-lizzate ciascuna indipendente-mente dalle altre. Ogni sche-da è caratterizzata da una paro-la-chiave evocativa che orien-ta il pensiero e la ricerca, mache lascia anche larga la con-divisione e la relativa rilettura.Le parole non sono mutuate daun lessico pastorale, ma dalle

parole di tutti i giorni. Solo l’ultima parola che compone la sferalessicale ricompone l’intera ricerca alla luce del Vangelo e del-la vita cristiana. Le sfere lessicali si sovrappongono parzialmentee rimandano l’una all’altra, senza rendere necessario il lavoro sututte quelle proposte proprio per evitare di poter ‘inscatolare’ larealtà. L’auspicio è che il Sinodo porti frutto anzitutto nelle chie-se locali.

Il polittico per il

Sinodo dei giovani 2018:

cinque schede

per la lettura

Un lavoro di commento e approfondimento

delle immagini del polittico

di Kees de Kort che ci accompagnerà

nel cammino sinodale.

LLe cinque immagini che com-pongono il polittico per il sino-do dei giovani 2018 sono uno

strumento pastorale offerto alla comu-nità come segno di un camminocomune. Un cammino comune diChiesa, un cammino che si vuole offri-re comune a tutti i giovani e le giova-ni di buona volontà, un cammino comu-ne a quello del discepolo amato. Intornoa questa figura evangelica presente esfuggente allo stesso tempo (l’amatonon ha nome, proprio come nelCantico) ruota il racconto che descri-ve un giovane uomo che, stando conil Maestro, abitando con lui, ne divie-

ne testimone, fede incarnata.Proponiamo cinque schede, una per ogni qua-dro del polittico, come un percorso per rileggereinsieme al gruppo giovani i cinque brani del van-gelo di Giovanni che raccontano la vicenda deldiscepolo amato. Lo stile grafico di ogni branodi vangelo sottolinea alcune parole, le esplo-de, come se il loro peso fosse maggiore, il lorotono più alto. Tra parentesi quadra sono inve-ce riportate alcune traduzioni possibili del testooriginario: è un modo semplice per sottolinea-re la ricchezza di un testo in cui si sono strati-

ficati millenni di culture e di saperi. È un testoche interpella l’occhio di chi legge, che non vavia liscio, che permette di trattenere e di medi-tare anche il frammento di un solo termine. Ilcuore di ogni scheda è lo sguardo sull’imma-gine, ma l’obiettivo principale è quello di offri-re un’opportunità per leggere le Scritture comesorgente viva di fede e di speranza per l’oggidei nostri giovani. Per questo motivo ogni sche-da si conclude con tre brevi suggerimenti perallargare il cerchio, per leggere il mondo odier-no con le categorie universali del vangelo.

2727Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

a cura della Redazione

LLa Parrocchia Regina Pacis, ora nellasede temporanea della chiesa del Pignetoin Via di Cori dei Padri Concezionisti,

domenica 15 aprile ha ricevuto per la prima vol-ta la visita del vescovo mons. Apicella in occa-sione del conferimento di alcuni ministeri.

Nella celebrazione sobria ma molto partecipa-ta il pastore della diocesi, ricevuto dal parrocodon Angelo Mancini e dalla Comunità, ha isti-tuito Ministri Straordinari della Comunione

Cristiana Cimini e GabrieleGratta, quest’ultimo insie-me ad Andrea Sciuto e TullioNicola Sorrentino sono sta-ti istituiti ministri Lettori. Nella sua omelia mons.Vescovo ha tracciato la pre-ziosità dei due incarichi eccle-siali come servizi sublimi lega-ti i primi alla mensa della

Eucarestia e i secon-di alla mensa dellaParola. I due tesori chebrillano nella liturgiadella Chiesa. Proprio perché comericorda il ConcilioVaticano II “il lettoreattraverso il suo mini-stero dà corpo allaParola scritta trasfor-mandola in Parolaviva; difatti quando essarisuona nella divi na litur-gia è Cristo stesso cheparla” (SacrosanctumConcilium 7), il vesco-vo ha ribadito l’im-portanza del con-fronto previo che il mini-stro istituito deve ave-

re con il testo, dell’attenzioneal luogo, agli strumenti percomunicare e all’assembleache ha di fronte.

Questo perché la litur-gia della Parola, all’interno di ogni celebrazioneè parte integrante del culto che si sta cele-brando, pertanto ne condivide lo scopo cheè quello rendere gloria a Dio edessere motivo e fonte di salvezzae di santità per quanti vi parteci-pano Si comprende quindi che ilministro lettore svolge un ruolo dimediatore tra Dio che comunica alsuo la sua Parola e il popolo chel’accoglie.Venendo al ministero straordina-rio della Comunione il vescovo haricordato che esso contiene in sedue doni quello della Parola e quel-lo della Comunione eucaristica esi connette con altri servizi liturgi-ci infatti strettamente legato alla cari-tà e rivolto principalmente ai fra-telli malati e alle celebrazioni mol-to partecipate.

Pertanto impegna i ministri a una collaborazioneliturgico, spirituale e pastorale con le comuni-tà di appartenenza.

2828 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

a cura di Alberto Quattrocchi*

Perché l’8x1000 alla Chiesa cattolica?

Perché grazie a queste risorse si possono aiutare le persone più

bisognose presenti nella tua città, ma anche nei Paesi lontani

in via di sviluppo. I fondi ricevuti sono usati per dare supporto

alle Caritas diocesane, sostenere i sacerdoti, costituire nuove

parrocchie nelle periferie abbandonate e degradate.

Se firmo per l’8x1000 pago dei soldi in più?

No. Ogni firma equivale ad una preferenza. Se firmi scegli tu a

chi indirizzare l’8x1000 delle tasse già pagate da tutti.

Ogni firma vale allo stesso modo: non c’è differenza tra quella

di un operaio e quella di un imprenditore. È importante, però,

confermare ogni anno la propria scelta per la Chiesa cattolica.

Se non firmo chi decide dove va l’8x1000?

Lo decide chi, al contrario, ha firmato. Lo Stato italiano, infatti,

distribuisce i fondi in base alle scelte fatte dai cittadini.

Immaginiamo che su 100 contribuenti firmino in 50.

Tutto l’8x1000 messo a disposizione dallo Stato sarà ripartito in

base alle scelte fatte da questi 50 contribuenti.

La Chiesa fa quello che vuole dell’8x1000

No. Ogni anno la Chiesa cattolica deve presentare un rendiconto

preciso allo Stato italiano. Questo è collegato al principio della

trasparenza. Trasparenza significa non nascondere nulla rela-

tivamente all’impiego dei propri fondi. La chiesa va oltre gli obbli-

ghi di legge e, su www.8x1000.it, rende noti, attraverso una map-

pa, tutti gli interventi fatti.

La Chiesa cattolica accumula ricchezza?

No. Il denaro è un mezzo, non un

fine. Le risorse a disposizione sono,

quindi, strumento per annunciare il

Vangelo con opere concrete per il

bene di tutti.

La Chiesa che annuncia il Vangelo

è fatta di persone concrete da

accogliere, spazi per pregare, biso-

gnosi da aiutare, sacerdoti da soste-

nere. Se il denaro sostiene la

Chiesa è per servire tutti.

continua nella pag. accanto

2929Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Come sono

spesi

i soldi

dell’8x1000?

L’utilizzo è regola-

to da una legge

dello Stato (L.

222/85).

Su www.8x1000.it tro-

vi la mappa delle

opere realizzate in

Italia.

La Chiesa cattolica

distribuisce i fondi

ottenuti per le esi-

genze religiose di tut-

te le diocesi e par-

rocchie, per interventi

di carità in Italia e nel Terzo Mondo e per sostenere i Sacerdoti.

Queste sono solo alcune delle domande che ci poniamo o ci pon-

gono nei discorsi quotidiani gli amici o parenti, alle quali spes-

so non sappiamo dare la giusta risposta.

Le firme dell’otto per mille alla Chiesa Cattolica, sono una cer-

tezza di destinazione e dell’uso dei soldi ne che derivano.

La Chiesa Cattolica suddivide i fondi 8x1000 per le tre finalità:

- Esigenze di culto e pastorale della popolazione italiana

- Interventi caritativi in Italia e nei paesi in via di sviluppo

- Sostentamento dei sacerdoti.

La Diocesi di Velletri-Segni sino ad oggi solo per progetti spe-

cifici e finalizzati ha ottenuto i seguenti importi così distribuiti:

CARITAS € 1.002.800 circa, con progetti nelle

città di Velletri, Valmontone, Gavignano.

EDILIZIA DI CULTO € 1.026.455 circa, con opere

realizzate in: S. Maria del Carmine

(Velletri); SS.mo Nome di Maria (Landi);

Santa Maria Assunta (Segni);

Santa Maria in Trivio (Velletri).

BENI CULTURALI € 1.659.300 circa, con opere

realizzate in: Episcopio (Velletri);

S. Michele Arcangelo (Velletri);

S. Stefano (Artena);

Cattedrale S. Clemente (Velletri);

Santa Maria in Trivio (Velletri);

Santa Lucia (Velletri);

Santa Croce (Artena);

San Martino (Velletri);

Oratorio S. Maria del Sangue (Velletri).

(Per la specifica di questi dati visita

www.8x1000.it trovi la mappa delle opere rea-

lizzate in Italia e cerca la tua Diocesi).

A questi vanno aggiunti i soldi utilizzati per

le opere ed attività nei Musei, Archivi e Biblioteche;

parte del sostentamento del nostro clero; par-

te della carità svolta in tutte le Parrocchie, dal-

la Caritas Diocesana e altro, ecc.

Queste sono prove vere che solo per la nostra

piccola Diocesi di Velletri-Segni, portano nume-

ri importanti con cifre a sei zeri che somma-

te per tutte le Diocesi d’Italia, non lascia nul-

la per lo sperpero, ma, purtroppo, manca anco-

ra molto per soddisfare tutte le esigenze.

* Incaricato Diocesano per la Promozione al

Sostegno Economico alla Chiesa Cattolica

3030 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Giovanni Zicarelli

DDonata alla parrocchia di San Bruno, inColleferro, una reliquia di san GiovanniPaolo II, il papa che ha guidato la Chiesa

dal 1978 al 2005 e che ricordiamo in particola-re per i numerosissimi pellegrinaggi, la grandesintonia con i giovani e il determinante contri-buto alla fine della “guerra fredda” fra USA e URSS,una follia che minacciava di distruggere il pia-neta. Consiste in alcuni capelli fra quelli che padreGianfranco Grieco, inviato speciale al seguitodi papa Wojtyła fin dal 1978, raccolse a suo tem-po prima che il barbiere li spazzasse via dopoaverli tagliati al pontefice. Come a intuire la futu-ra canonizzazione. Aneddoto raccontato il 17 novem-bre dello scorso anno nella sala “Bachelet”, sem-pre in San Bruno, dallo stesso religioso nonchéscrittore e giornalista, in occa-sione della presentazionedi due suoi volumi (si vedail numero di dicembre2017 di Ecclesia in c@mmi-no, pag. 36). Sempre in quell’occasio-ne, padre Grieco promiseche avrebbe donato comereliquia del santo alcuni diquei capelli alla parrocchiache lo stava ospitando.La promessa si è con-cretizzata il 14 apriledurante la celebrazione del-la Santa Messa delle17,30 officiata nella chie-sa di San Bruno dallo stes-so padre Grieco insieme

al parroco don Augusto Fagnani e a mons. CesareChialastri, vicario generale presso la Diocesi Velletri-Segni e co-parroco della parrocchia MariaSS.ma Immacolata diColleferro.Nella navata gremi-ta di fedeli eranopresenti, quali auto-rità cittadine, il sindacodi Colleferro PierluigiSanna e il comandantedella Stazione deiCarabinieri di Colleferro,Lgt Paolo Bernabei.Particolarmente sug-gestivo è stato l’in-gresso ad inizio fun-zione del corteo coni tre presbiteri, il dia-cono Maurizio Ben Isa

Ben Alì e i chierichetti con padre Griecoche ostenta il reliquiario in cui è sta-ta appena incastonata la teca con-tenente la Santa Reliquia in cui è ripor-tata la scritta “Ex Capillis Sancti JoannisPauli II Papae”.La presenza di una santa reliquia ècome se rendesse presente fisica-mente il santo all’interno del luogoin cui è custodita. Proprio in virtù diciò padre Grieco ha annunciato l’ef-fettiva presenza di san Giovanni PaoloII nella chiesa di San Bruno attra-verso quei capelli a lui appartenuti,preziosi come tutto ciò che compo-ne il corpo umano; difatti, diceva Gesù,“perfino i capelli del vostro capo sonotutti contati” (Matteo 10, 30).La Reliquia è stata donata unitamenteal documento che la autentifica il qua-le è ora custodito agli atti della par-rocchia.Riconoscenza e ringraziamenti sonostati espressi a padre Grieco da par-te di don Augusto, visibilmente feli-ce per il dono della Reliquia e l’am-pia partecipazione a quello che, ciha tenuto a precisare, è stato un even-

to non solo della chiesa di San Bruno ma di tut-ta la città di Colleferro.

3131Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

p. Vincenzo Molinaro

UUna ragazza del nono secolo avràqualcosa da dire ai nostri giovani?Pare che nei secoli passati, la

popolazione si contentasse di godere del-la protezione della Santa riguardo ai tem-porali e alle grandinate. Erano coltivato-ri e avevano a cuore i loro campi. Ne anda-va anche della loro sopravvivenza e benes-sere. Oggi, gli agricoltori sono pochi, al più cisi limita a un orticello uso familiare…E’il caso allora di conoscere meglio la per-sonalità di questa donna, non a caso Patronadi Lariano. Anche per evitare di considerarlapatrona solo per titoli antichi…ma di scar-sa presa al giorno d’oggi.Era nata non ric-ca, da una famiglia di piccola nobiltà inBoemia, educata a una fede vissuta nella sem-plicità e nella generosità. Protetta da unPrincipe che non è però una grande potenza tan-to è vero che a un certo momento deve cede-re ai prepotenti e rifugiarsi a sua volta dal sovra-no di Moravia. Così la ragazza percepisce l’in-certezza della vita e si rifugia di più in Dio. Nonlo ha detto, però è una rinuncia informale al matri-monio, e un consenso tacito a una consacra-zione religiosa. Lontano migliaia di chilometri, sui Pirenei si svol-ge una seconda partita che interesserà da vici-no questa ragazza. La lotta vittoriosa contro iMori invasori è nel suo pieno svolgimento, si puòdire che dopo Poitiers (732), essi sono in ripie-gamento, ma sono ancora tante le insidie in que-sta lotta che mette a confronto le ragioni dellafede ma soprattutto quelle della espansione ter-ritoriale finalizzata alla conservazione e allo sfrut-tamento di territori immensi e produttivi. Quale migliore opportunità per i saraceni pro-venienti dall’Africa desertica bisognosa dicereali e frutta?Le scaramucce fra bande di saraceni e di cri-stiani sono all’ordine del giorno. I primi si difen-dono, gli altri attaccano con la determinazionedel padrone di casa che vuole liberare il suo ter-ritorio. Dappertutto c’è confusione tra le parti efrutto di questa è Roncisvalle (778) dovemuoiono i leggendari paladini di Carlo Magno.Ecco come si incontra la storia di Eurosia conil suo martirio. Il re di Aragona chiede la manodi Eurosia per suo figlio Fortun Garces: vuoledare solidità al regno e stabilità alla regione dopoche tanti sono morti nella lotte contro i Mori. Fortun

Garces trova un consigliere d’eccezione, un faci-litatore, nella persona di Metodio, questomonaco che conosce la Boemia ma è stato chia-mato dal Papa come consigliere. Egli indirizzala richiesta di Fortun Garces verso Eurosia. Ecco la domanda ufficiale, ecco la risposta, nel-la quale non ci sono forzature ma c’è la men-talità del tempo, ossia quello che i genitori pro-pongono come buon partito, la figlia lo accet-ta. Così unac a r o v a n aaccompagnala promessasposa dallaBoemia, dicia-mo da Praga,verso l’Aragona,attraverso iPirenei. Ma ilpercorso è lun-go e impervioe i predoninumerosi. Anche la famadi questo viag-gio precede lacarovana stes-sa. Diventaquasi una sfi-da, in essaentra la smaniadi uccidere gliinfedeli, di deru-barli e soprat-tutto di con-

durre in schiavitù per farla sua la giovane pro-messa sposa del figlio del re. Ecco le ragioniche spingono Aben Lupo, capo di una bandadi predoni saraceni, a lanciarsi di sorpresa con-tro l’inerme gruppo, fare strage, depredare, pren-dere Eurosia prigioniera e pretendere che abban-doni la fede cristiana e accetti di diventare mogliedel brigante saraceno.La fede? Una roccia

Che dire? Dove comincia lasantità di questa ragazza? Cosafa presupporre un diniego alleavances del Saraceno? Le sueminacce sono bilanciate dal-le promesse, dalle blandi-zie…anche se la strage cheha commesso non induce allafiducia. Qui si manifesta la matu-rità di questa ragazza che stu-pisce fin dall’inizio e che fapensare al martirio di altre eroi-ne, quelle dell’antichità cristiana,Agnese, Cecilia…Eurosiamanifesta una consapevolezzae una fortezza imprevedibi-li. La sua risposta è un no deci-so e senza tentennamenti, nonpossiamo dire senza paura.La ragazza sa quello che l’a-spetta, ha davanti agli occhile uccisioni compiute dalsuo rapitore, ma di fronte alladifesa della fede non accet-ta baratti. Ecco il segreto chesi svela, è la fede che pene-tra e avvolge ogni fibra del-la persona di Eurosia. La fede in Gesù Cristo, nelvangelo, nella Pasqua, nel donodella vita, nella risurrezione.Tutto questo non si puòcambiare con la promessa diaver salva la vita, di ottene-re delle comodità, delle ric-chezze. Gesù Cristo è lo spo-so dell’anima cristiana, nonsi può scambiare con un altro.La vita si dona una volta in

continua nella pag. 33

Riferimenti storico-geografici

Situazione politica in Spagna alla fine dell’VIII seco-lo: dal punto di vista religioso non c’è ancora la tota-le adesione al cristianesimo; dal punto di vista poli-tico, è cominciata la famosa Reconquista, ossia laripresa di potere dell’autorità spagnola sui Mori, gliArabi che avevano invaso la penisola: questa peròsarà completata solo nel 1410…all’epoca nostra,quindi è un movimento ancora confuso. Quindi sicomprendono le richieste di un padre, re Juan VIIId’Aragona di assicurare la corona del regno al suosecondogenito, dato che il primo è morto contro iMori. Don Fortun Garces sarà destinato a sposa-re Eurosia.In Boemia, si respira una situazione per tanti ver-si simile. Fluttuazioni politiche, appoggi a una o all’al-tra casa regnante, significano influenze anche sul-le popolazioni, e non solo sugli amici. E’ l’attualeRepubblica ceca, con Praga città già importante.Qui in una piccola corte, la vita di Eurosia viene segna-ta. In particolare quando in essa si muoverà il mona-co Metodio, il santo che festeggiamo insieme al fra-tello Cirillo, riconosciuti dalla Chiesa come Patronid’Europa proprio per la loro azione culturale e di evan-gelizzazione a favore delle popolazioni slave. Metodio,in particolare, consiglierà al Papa di favorire le noz-ze tra Don Fortun Garces e Eurosia, pensandolocome un incontro tra l’est e l’Ovest dell’Europa chesta crescendo nella cristianizzazione.Città di Jaca, (Pirenei spagnoli, la cui cattedrale èdedicata alla nostra Santa) cittadina pirenaica dalpassato illustre e prima capitale del Regnod’Aragona, è considerata una fra le più importantistazioni sciistiche d’Europa. Oltre che per gli sportinvernali, Jaca è nota anche come antico centro reli-gioso (fu eretta a Diocesi nell’XI secolo, e possie-de un’imponente cattedrale romanica), per laCittadella fortificata e per il festival internazionaledi musica (a cadenza biennale).

3232 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

p. Vincenzo Molinaro o.m.d.

RRoma, 17 aprile 1938,Pasqua di Risurrezione,Papa Pio XI proclama

la santità di tre beati: AndreaBobola, Govanni Leonardi, eSalvatore da Orta. Nello sten-dardo che sventolava sotto unodei finestroni della facciata disan Pietro era rappresentatala sintesi della storia e della spi-ritualità di Giovanni Leonardi.A cominciare dalla ispirazionemariana. La parte superiore dell’arazzo,infatti, è dedicata alla Madredi Dio che sorregge con tene-rezza il Bambino Gesù men-tre gli Angeli mostrano la viadel cielo. In basso, al centro,il neo Santo che unisce le dueparti molto distanti per i colo-ri e gli atteggiamenti. Il Leonardi la cui aureola si fon-de con le nuvole che portanoal cielo, per dire dove porta lasantità, con una mano firma leCostituzioni dell’Ordine dellaMadre di Dio e con l’altra offrele Regole per Propaganda Fide. Da un lato i discepoli del Leonardi,nel loro vestito tradizionale di colore nero: essidicono il desiderio di un percorso fedele alla vitaconsacrata dell’occidente; dall’altro lato si affaccianonei loro vestiti variopinti i rappresentanti del nuovo mondo chesta emergendo e che implora la luce del vangelo. A suo modo GiovanniLeonardi ha dato una risposta a queste richieste. Certo, l’arazzo non può dire tutto, ma quello che insinua è sufficiente afarci cogliere la novità, la freschezza e la forza carismatica che la vitadi questo uomo ha veicolato.Queste erano le grandi opere del Leonardi: la fondazione di una nuo-va famiglia religiosa, tanto rigorosa nella vita fraterna, quanto genero-sa nel ministero sacerdotale, racchiusa nel primo titolo: Preti riformatidella Beata Vergine. Qui appunto il riferimento alla riforma dice la novi-tà, dice il Concilio di Trento, dice l’appartenenza alla Chiesa senza riser-ve. A questa il Leonardi dedicherà la sua esistenza, mentre verrà chia-mato a più riprese dai vari Papi a opere di riforma di Istituti religiosi incondizioni di degrado spirituale. Scriverà le Costituzioni le porterà all’ap-provazione di Papa Clemente V, mentre assaporerà il sapore amaro del-l’esilio, quando gli verrà negato il rientro a Lucca, perché la repubblicaritiene che il Leonardi abbia ordito oscure trame contro la madrepatriain odore di collusione con gli eretici. Nel frattempo, il santo sarà parro-co a Roma nella chiesa di Santa Maria in Portico e dedicherà parte delsuo tempo all’altro lato della medaglia.E’ la seconda intuizione del santo. La propagazione della fede. PapaGiovanni Paolo II ha detto: Nuova evangelizzazione. La scoperta dell’America

e le conoscenze geograficheche si impongono e apronogli orizzonti umani versonuovi confini, sono anche lasfida della evangelizzazione.Si tratta della prima per que-sti popoli. Giovanni Leonardi, conoscedi persona i missionaridell’America meridionale, suofedele amico e collaboratoreè Padre De Funes, un gesui-ta di ritorno dal Sud America,perché in disaccordo con i meto-di dei colonizzatori. Questi siservono anche della chiesaper sottomettere gli indigeni. L’evangelizzazione è altracosa. Passione e conoscenzesi uniscono per dare una rispo-sta alle esigenze della fededi questi popoli. Essa sarà lapossibilità di formare a Roma,alle dirette dipendenze del papa,generazioni di presbiteri pro-venienti da questi Paesi e desti-nati a tornarvi: il Collegio Urbanodi Propaganda Fide prende-rà il via l’anno successivo allamorte del Leonardi, ma nes-suno disconosce la sua crea-tività nella realizzazionedell’Istituto.

Quello che l’arazzo non dice sono i tempi. Masi sa che i tempi appartengono al Signore. In effet-

ti, è il caso di ricordare che la storia di questa famigliareligiosa non si discosta da tante altre. Con le sue peculiarità. Voglio

ricordare quella che ne è certamente la più evidente. Giovanni Leonardi, nato a dieci miglia romane da Lucca (Diecimo), hastudiato 8 anni farmacia (spezieria) in città, presso lo speziale più famo-so, viene ordinato a Pisa, non a Lucca e da qui dovrebbe cominciareuna analisi approfondita…In seguito comincia il suo apostolato in città,dedicandosi ai bambini come ogni giovane sacerdote. La sua fama si diffonde, la sua persona attrae giovani, intorno a lui siforma un piccolo cerchio di fedelissimi, ottiene una parrocchia che glidarà da vivere…ma alla prima occasione, le autorità cittadine prendo-no la palla al balzo per non farlo rientrare in città. Un esiliato. Da quicominciano lunghe trattative che porteranno il Leonardi a stabilirsi a Roma,a creare una nuova comunità, a operare come visitatore a disposizio-ne del papa, ma non solo a lui sarà impedito di tornare a Lucca. Saràproibito che confratelli non lucchesi possano risiedere nella città di Lucca.Ciò viene inserito nelle Costituzioni. Accettata questa condizione, ver-rà l’approvazione pontificia delle Costituzioni. Oggi grideremmo allo scandalo. In sostanza, c’è una affermazione antelitteram del motto: Lucca ai Lucchesi, che costituirà un muro divisorioall’interno della Congregazione. Con le conseguenze prevedibili.Questo muro sarà abbattuto solo a metà dell’800, circa, quando nel pro-cesso dell’unità d’Italia, il Granducato di Toscana entrerà nel Regno d’Italia.

continua nella pag. accanto

3333Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Sono stati duecento anni di storia, vissuti con questa spina nel fianco,oltre alle varie soppressioni che si sono abbattute su tutte le famiglie reli-giose. Fino a quell’epoca, l’Ordine della Madre di Dio è composto da quat-

tro comunità, la casa Madre di Lucca, quindi quella di Roma, fondatasempre da Giovanni Leonardi, e le due comunità napoletane. Nell’800 si aggiungerà quella di Vasto, e più tardi quella di Genova, nel‘900 Montecarlo… Questo l’arazzo non dice. L’arazzo guarda avanti eanticipa anche il futuro. Una visione di Chiesa cattolica, senza barrie-re, senza mura. Alcuni anni dopo, nel 1946, comincerà l’avventura mis-sionaria OMD. Sarà l’America Latina, il Cile, la prima nazione dove appro-dano i primi sei confratelli.Negli anni successivi, con lo stimolo del Concilio, si aprono tutte le por-te della missione e così nel giro di trenta anni vengono impiantate nuo-ve cellule dell’Ordine della Madre di Dio in vari continenti e stati. Prendeil via l’India, dopo un lungo periodo di preparazione (1994), quindi la Nigeria(2002), poi l’Indonesia e la Colombia. Quest’ultima si appoggia al Cile,le altre vengono sostenute dall’Italia, mentre pian piano si incammina-no verso l’autonomia giuridica ed economica.Possiamo dire 80 anni digrande apertura, di fedeltà alle Costituzioni rinnovate e alla Chiesa. Perchéno, di fedeltà al Fondatore e alla sua visione. La grande Chiesa, diffu-sa su tutta la terra, come polo di attrazione, la piccola Chiesa che cre-sce nelle singole comunità, nella testimonianza generosa dei singoli con-sacrati.

risposta al dono di Gesù, non si scambia conil benessere di carattere materiale. La fedeltàche aveva appena promesso a Fortun Garces,ora la manifesta in tutta la sua forza nella fedel-tà a Gesù Cristo. Come testimoniare, oggi?Quanti elementi in comune con l’attualità? Dobbiamoriconoscere la fatica che oggi si vive nel man-tenere una visione così determinata, una chia-rezza così limpida nei confronti del pattoconiugale. E della fede in generale. In tempi recen-ti, abbiamo avuto un’altra eroina, S. Maria Goretti,che oppose una fede incrollabile e non cedet-te alla minaccia di morte. Ciò vuol dire che lafede in cui queste ragazze sono state cresciu-te genera vita. Le mette nella condizione di farescelte significative. E se ci sono episodi di mar-tirio così acclamati, sappiamo che ce ne sonotanti altri che non si conoscono. Ci sono poi levite diciamo più semplici, quelle in cui ogni gior-no ci viene chiesto di fare dei passi eroici, quan-do si tratta di accompagnare persone malate…difar fronte a necessità gravi che da soli non sia-mo in grado di superare…come le contraddi-zioni quotidiane, tutto questo richiede una fedenon meno generosa e fiduciosa. Quale la vocazione della Santa? Quella alla vitaconsacrata, a un monastero? Oppure quella del-la vita coniugale, verso la quale si stava recan-do? Possiamo rispondere con una sola parolache abbraccia tutto e che l’Esortazione apostolicadi Papa Francesco, rende molto attuale: la voca-zione alla santità. L’abbandono nelle braccia del-lo Sposo, Cristo, verso di lui la Santa tende isuoi moncherini, non meno teneri e espressividi un amore che va oltre la morte. Ecco allorail senso di una devozione che ogni giorno si deveriscoprire e vivere con profonda ammirazionee semplice imitazione. Essa ci interroga e ci pro-voca molto di più di quanto può fare una gran-dinata. Così la devozione va ben al di là dellagrandinata e tocca il cuore della santa, la suafedeltà a Dio, questa è davvero incrollabile.

segue da pag. 31

segue da pag. 32

Barbara De Massimi

“Papà, vuoi una candelina?”...”In realtà sono buddista ma la prendo volentieri!”.Il papà è un papà come tanti papà, che accom-pagnano i loro bambini al catechismo, alla mes-sa della domenica; quella sera aveva accom-pagnato il figlio alla “Festa della Candelora”, lafesta della presentazione al Tempio di Gesù, dovevengono benedette le candele, simbolo di Cristo:Luce per illuminare le genti. Passano alcuni gior-ni e, non per caso, il papà buddista si ritrova acondividere una sua forte emozione, appena vis-suta, proprio con la persona che gli aveva pas-sato la candelina. Poco prima, lui si trovava nella sua casa, in pre-ghiera davanti a due candele accese.Inspiegabilmente la cera delle due candele ave-va iniziato a salire...l’una verso l’altra, fin qua-si ad unirsi in un abbraccio. Fu chiaro. Il segnoche era apparso e, subito fotografato, era tal-mente sorprendente, che non poteva restare sem-plicemente una foto nella memoria di un cellu-lare. La notizia si diffuse, diventando un progettorealizzabile, grazie a tutti coloro che hanno sapu-to ascoltare ed accogliere. Nasce così, l’idea divivere insieme alla comunità tutta, un cammi-no di luce, di pace, di gioia, fatto di persone con

credi diversi ma con lo stesso desiderio nel cuo-re: un desiderio di amore! Eccoci a sabato 24Marzo 2018, ore 21, nel centro della piazza diLariano, c’è un grande fuoco, che accoglie tut-t’intorno più di duecento persone. “Confido in voi: che il dialogo sincero tra gli uomi-ni e le donne di diverse religioni, produca frut-to di pace e di giustizia!”. Con queste parole diPapa Francesco e sulle note della canzone “Imagine”,si accendono le luci ed inizia il cammino lungole strade del paese. Tra canzoni e letture, emer-gono pensieri di giustizia, rispetto, uguaglian-za, pace, tradotti nelle diverse lingue. Rientrati,di nuovo intorno al fuoco, due bambini suona-no le prime note della canzone “La prima cosabella”, mentre viene realizzata una catena uma-na con anelli dai colori dell’arcobaleno; simbo-lo che anche nelle diversità, unendoci, rispet-tandoci, avendo gli stessi ideali ed obbiettivi, sipuò costruire qualcosa di concreto. Prima di concludere con una cioccolata calda,è stato consegnato ad ognuno un ricordo: unsegnalibro con le riflessioni ascoltate durante ilcammino, insieme ad un ramoscello di ulivo, sim-bolo della pace. La prima fiaccolata di “Accendiuna luce!”, si conclude così, aspettando anchete, caro lettore, il prossimo anno, per accendereinsieme a noi, la tua luce di pace!

Lariano: Accendi una Luce: la prima fiaccolata

per la pace

3434 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

don Daniele Valenzi

EEd anche quest’anno i nostri ragazzi ci han-no stupito … Siamo arrivati alla VII edi-zione della festa del pane, momento di

gioia e di incontro, che vede tutti i ragazzi del-la nostra diocesi, che si stanno preparando aricevere per la prima volta il sacramento dell’eucaristia,a ritrovarsi tutti insieme tra i verdi prati e il silen-zio del nostro centro di spiritualità di Santa Mariadell’Acero. Anche questa volta numerosissimi,più di seicento bambini, sono arrivati da tutti ipaesi della nostra diocesi per condividere coni loro coetanei il desiderio di comprendere unpo’ più appieno cosa significhi incontrare il Signorenella vita e nei sacramenti.Come in un viaggio immaginario nel mare del-la vita, i bambini hanno navigato sui verdi cam-pi dell’Acero dividendosi in tante piccole ciur-me che andavano dirigendo le loro rotte da un’i-sola all’altra.Come in ogni ambito della vita, così su ognu-na delle immaginarie e fantastiche isole che han-no attraversato, i nostri piccoli marinai hanno spe-rimentato la presenza di un Dio che si fa lorocompagno di viaggio nel gioco, nella preghie-

ra, nel lavoro, nell’impegno, insom-ma sempre nella vita. Dall’isola dello sport, dove i ragazzisi sono improvvisati campioni di Rugbye Pallavolo all’isola della creatività dovesi sono dati da fare per creare conpoco, incentivando la loro fantasia edapplicando il loro senso dell’ingegnoper dare una seconda vita a mate-riali semplici; dall’isola del ballodove hanno potuto scaricare tutte leloro energie e rendere manifesta laloro grande voglia di gioia, a quelladel gioco dove si sono confrontati conuna grandissima lezione di vita: quel-la del di fare squadra e di non lascia-re che il proprio individualismo pre-valga rendendoli più egoisti e solitari;dall’isola della musica che è espres-sione profonda dell’anima a quella del-la comunione che è lo stile proprioscelto da Gesù per i suoi discepoli;dall’isola dell’incontro con Dio che gliha permesso di scoprire gli elementifondamentali della relazione con il Signore

a quella della vocazione cheha dato loro un po’di tre-gua e li ha fatti fermare, nontanto loro belle scorriban-de di ragazzi spensierati eallegri, ma dalle distrazio-ni che impediscono di trac-ciare una rotta seria e sicu-ra nella loro vita, imparandonon solo a ascoltare il pro-prio cuore ed i propri desi-deri, ma anche la voce diDio che chiama sempre aqualcosa di grande; infinedopo tutta quella fatica fat-ta non poteva mancare, perrifocillarsi un poco, l’isoladella merenda. Dopo una giornata trascorsain serenità e divertimentoè giunto il momento più solen-ne, e nonostante si fosseveramente in tanti, unsilenzio profondo è calatosu tutta quella compagine.E tutti hanno rivolto il lorosguardo verso la stella cheguida ogni buon navigatore:l’Eucaristia, Gesù. Una strana e particolaris-sima processione eucari-

stica, anzi per dirla come l’hanno sentita i bam-bini una breve e bella passeggiata seguendo leorme di Gesù ha concluso il loro pomeriggio.Non potevano non concludere questo belmomento le parole significative del nostro vesco-vo che ha ricordato a tutti i bambini presenti chesempre in ogni instante della loro vita potran-no far conto su una presenza che li sosterrà, liaccompagnerà e non li lascerà mai soli, il loropiù grande amico: Gesù.

3535Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Mara Della Vecchia

IIn Francia nella regionedel Midi-Pyrenei, suuna falesia rocciosa, sca-

vata dal fiume Azou, si tro-va il Santuario della Verginedi Rocamadour, è una san-tuario meta di pellegrinag-gi fin dal Medioevo. Il san-tuario prende il nome dalSanto eremita Amadour ilquale, secondo la leggenda,costruì in questo luogoimpervio e remoto, un ora-torio in cui collocò la statua lignea dellaVergine nera, portata fin là dalla Terrasanta.A questa piccola statua sono stati attribuiti nume-rosi miracoli a partire dal XII secolo, tanto chenel tempo la fama del santuario crebbe così tan-to in Francia, da diventare la meta di pellegri-naggio seconda solo a Mont Saint Michel, infat-ti costituiva una tappa irrinunciabile lungo il cam-mino verso Santiago di Compostela.

Forse a causa di una campana, posta sopra lastatuetta della Vergine, che suonava spontaneamenteannunciando un miracolo, il Santuario era par-ticolarmente amato dai poeti-musicisti medioe-vali, i trovatori, ed è forse questa antica tradi-zione che, tanti secoli più tardi nel 1936, spin-se il compositore francese Francis Poulenc arecarsi in pellegrinaggio proprio al Santuario diRocamadour, in preda a una profonda prostra-

zione per la perdita di un suo carissimo amicoe collega, vittima di un incidente stradale.La visita a questo luogo sacro si rivelò decisi-va per la vita del musicista che riuscì a ritrova-re la serenità e, soprattutto riscopri la sua fedecattolica. La conversione spirituale fu così totale che inve-stì anche la vita professionale di Poulenc tan-to da indurlo alla composizione di musica sacra

alla quale fino ad allo-ra non aveva mai pen-sato, infatti subitodopo il suo pellegri-naggio, egli compo-se le Litanies à laVierge Noire, unalunga sequela di invo-cazioni a Maria affi-data ad un coro di vocifemminili con accom-pagnamento orche-strale e poco dopo sidedicò alla compo-sizione di un altro capo-lavoro, la Messa in sol,in cui il ringraziamentoper la ritrovata pace,risuona soprattuttonelle note gioiosedel Kyrie s del Gloria,infine nel 1951 Pouleccompose lo StabatMater per soprano,coro misto e orche-stra, anche questodedicato ad un ami-co precocementescomparso.

3636 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Stanislao Fioramonti

IIl 15 aprile 2017, Sabato Santo, abbiamofatto circa 80 km di autostrada e superstradeper raggiungere Balsorano, in Val Roveto,

e salire finalmente alla sua grotta di Sant’Angelo,che descrivono come il più spettacolare e fre-quentato luogo di culto dell’alta valle del Liri (laVal Roveto, appunto). Abbiamo attraversato lapiazza di Balsorano Nuovo (m. 344), il paesericostruito a valle dopo il disastroso terremotodel 1915 che distrusse Balsorano Vecchio, conla nuova chiesa parrocchiale della SS. Trinitàche ha una facciata preceduta da un portico atre archi, è fiancheggiata dal campanile e l’in-terno ha tre navate con abside semicircolare.Traversato in salita l’abitato, si va a destra toc-cando il ristorante S. Angelo e raggiungendo ungruppo di case popolari e una rotatoria. Qui siva a sinistra uscendo dall’abitato e seguendola stradina asfaltata che sale verso la monta-gna tra vigneti, uliveti. Tenendosi a sinistra a unbivio, si giunge all’imbocco dell’imponenteVallone di S. Angelo, a 3 km dal paese. Il percorso a piedi per la grotta inizia al fonta-nile di S. Angelo (m. 511), acqua freschissi-ma; pochi metri più su è una cappella mariana(con l’immagine della Madonna dello Spirito Santo,che si venera nella grotta soprastante) e unadecina di minuti più sopra, quando la stradina

asfaltata è sostituita da quella ben lastricata main decisa salita, si giunge a un grandeCrocifisso (m. 591) su una roccia, che sosti-

tuisce una vec-chia icona. Si sale decisa-mente entran-do nel Vallonesempre più ripi-do e roccioso, inmezzo a un ter-reno magnificocoltivato a olivicon muri a sec-co, “arrossato” dauna quantitàmeravigliosa diCercis o alberi diGiuda (non acaso proprio ieriè stato il VenerdìSanto!) ma com-posto anche dilecci, carpini,maggiociondo-li, ginestre e piùin alto di pini efaggi.

La terza tappa, per così dire, a metà salita è lalocalità Ricciriglio (m. 750), indicata da unaMadonnina dentro un “buco” nella roccia e da

un casotto probabilmente dell’ENEL;qui la strada lastricata raggiunge la basedelle rocce e smette di essere piuttostodiritta per iniziare una serie di tornantimolto stretti e ravvicinati, immersi nel-la fitta lecceta. Da qui in poi fino a un paio d’anni fainiziava il sentiero (mulattiera) sterrato,mentre ora abbiamo trovato ancora illastricato, anche se a tratti rovinato dal-le intemperie; tipiche le incisioni sul-le rocce durante l’ascesa, la prima del-le quali dice: “Sali, Michel ti guida; T’attendemistica oliva, la gratia feconda di Maria”. Ancora più su lungo i tornanti del val-lone, dopo una seconda iscrizione, ilsentiero si biforca per un breve trat-to e dal ramo di sinistra inizia una ViaCrucis a medaglioni di bronzo inseri-ti in riquadri di pietra; il percorso è cura-to anche per delle panchine distribuitetra le varie stazioni e per dei lampio-ni che di notte illuminano la via. Un cartello avverte che il santuarioè a soli 20 minuti; infatti si raggiungepresto, dopo un’ora esatta di salita con-tinua e 400 metri di dislivello, dopo untratto obliquo verso destra e un’ultima

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3737Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

serie di svolte che uscendo dal boscoportano all’ampio spiazzo erboso all’in-gresso del Santuario (m 917, 1,15 h),dove un moderno rifugio in muratura siaffianca all’imbocco dell’ampia e spet-tacolare caverna posta sotto un impo-nente roccione della montagna (m.Breccioso, m. 1974, nella catena del-la Serra Lunga), davanti ai tre ambien-ti che lo costituiscono: la grotta con nume-rosi altari, il “fuoco comune” e il gran-de ospizio a due piani.L’unicità di questo luogo di culto non stasolo nell’indubbia bellezza della zona(il santuario occupa una vasta caver-na naturale ai piedi dell’imponente fasciarocciosa che chiude il selvaggio vallo-ne omonimo) o nella particolare atmo-sfera che troviamo all’interno della grot-ta o nell’interessante flora che lo circonda:ulivi nella parte bassa del Vallone, fit-ta e suggestiva lecceta più in alto, fag-gi nei pressi dell’eremo; sta soprattut-to nello straordinario evento che si verifica ognianno nel mese di maggio, quando dal 1° all’8maggio, festa dell’apparizione dell’Arcangelo Michelenella grotta di Monte S. Angelo sul Gargano, cen-tinaia di uomini vi giungono per gli esercizi spi-rituali e vivono alcuni giorni sulla montagna con

profonda devozione e raccoglimento. Il momento più bello in queste giornate di ritirosi ha il venerdì con la processione notturna delCristo Morto all’interno della grande grotta. Ungrande pellegrinaggio popolare lo raggiunge poiil 31 maggio di ogni anno, quasi a concludere

solennemente il mese micaelico.A sinistra della grotta parte un sen-tierino a tornanti che sale pocopiù su alla suggestiva grotta del-le Reconche (m. 950 circa), nel-la quale ci si può inoltrare gra-zie ad alcuni gradini scavati nel-la roccia, mentre alla destra del-le strutture sale il sentiero che attra-versa il fianco del monte fino alparallelo Vallone di S. Onofrio,con un eremo e un fontanile.La grotta di Sant’Angelo è gran-de e profonda (l’apertura è lar-ga 10 m e alta 3, la cavità è lar-ga 20 m. e lunga 40) e complessa:è divisa in due piani con due sca-linate e una strada che serve perle processioni interne, specie incaso di pioggia. L’ingresso è pro-tetto da una cancellata in ferrocon l’apertura al centro sorrettada due colonne in muratura. Presenta diverse cappelle con imma-gini dei santi ai quali sono dedi-cate; subito all’ingresso quella del-la Madonna Addolorata, accan-to alle sepolture di alcuni degli

ultimi rettori del santuario (don Francesco Siciliani,don Martino Siciliani e p. Errico Iacovitti OFM,artefice della rinascita del luogo sacro dopo i sac-cheggi dell’ultima guerra). In mezzo a due scalinate la cappella di S. Giuseppee S. Antonio di Padova, in cima alla scala destra

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3838 Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

(23 gradini) quella di San Michele Arcangelo, incima alla scala di sinistra (27 gradini, Scala Santa)quella della Madonna dello Spirito Santo, la cuieffigie è datata 5 maggio 1553.Il fuoco comune, sul lato destro della grotta,è uno spazio chiuso da un antico muro diroc-cato e dalla volta della grotta; doveva servireda primo ricovero dei monaci. L’ospizio fu iniziato nel 1750 con le elemosinedi benefattori. Nella sua facciata è murata una lapide anticache dice: “Questa fabbrica è stata fatta col lelimosine de ii benefattori a poco a poco dal 1750fin al 1801”; altre due dicono: “A. D. 1761 P. C.”e “A. D. 1792 P. C. fecit”; un’ultima, più recen-te, ricorda un priore benemerito: “A Troiani Antonio,Priore emerito dal 1941 al 1987, nel 25°dallasua scomparsa. S. Angelo 11/11/2012”. Negli anni cinquanta del secolo scorso è statoampliato dal p. Iacovitti e oggi, con il piano supe-riore a camerate e quello inferiore a refettorio

e cucina, può ospitare centinaia di pel-legrini.Il santuario di S. Angelo a Balsorano (VallisSorana), anticamente chiamato Monasteriumin Cripta, è spesso citato nei testi anti-chi; la prima notizia è del 1273 e S. Angelofigura come prepositura di Montecassino,al quale paga sei ducati d’oro. Sulla suaorigine, che probabilmente risale ad alcu-ni secoli addietro, nulla possiamo dire,ma la sua importanza è comunque rile-vabile dai 12 tareni che esso pagava allaS. Sede nel 1308, più di ogni altra chie-sa della Valle Roveto. Il suo dato storico fondamentale è peròla Bolla di Bonifacio VIII del 16 febbraio1296, che trasferisce i suoi beni dall’Ordinedi San Benedetto, al quale apparteneva,alla Mensa Vescovile di Sora, diocesi del-la quale ha sempre fatto parte la Val Roveto,pur trovandosi nella regione Abruzzo ein provincia dell’Aquila.Nel 1868 il santuario rischiò di essere distrut-to per ordine del governo italiano, per-ché ritenuto “covo di briganti”. Dallo stes-

so governo l’ospizio fuconsiderato una “pagliaia”e i fedeli descritti come“superstiziosi contadiniche ii si recano per ado-rare taluni santi colà dipin-ti”. Il crimine fu scongiuratoproprio per il buonsen-so di un brigante (v.Tardone).La discesa dalla grotta,durante la quale è pia-cevole fare qualchesosta, è allietata alla finedall’acqua freschissi-ma della fonte presso ilparcheggio. In sintesi: da Balsoranoall’eremo di S. Angeloper il Ricciriglio e ilVallone di S. Angelo

Lunghezza 3 km, Dislivello m 410; tempo di sali-ta 1,0 h; discesa. 0,50 h; segni biancorossi CAI.Ritornando si può passare a Balsorano Vecchioper visitare il bel castello Piccolomini, su uncostone a guardia di tutta la vallata, e la chie-sa di San Rocco. Scendendo si incontra la chie-sa e convento di S. Francesco (secondo latradizione i Francescani giunsero a Balsoranonel XIII secolo, formando una prima comunitàquando S. Francesco era ancora in vita) e sulfondovalle, raggiungibile dalla strada statale conun breve sentiero segnalato, la chiesa dellaMadonna delle Grazie: è situata con ruderi anco-ra visibili in località Lazzaretto presso il corsodel fiume Liri. Di origine trecentesca, incorpora nelle sue strut-ture i resti di una delle due torri costruite lungoil Liri per rafforzare la difesa del confine Sud-ovest dell’Abruzzo. Presenta una torre cilindri-ca non distante da una torre quadrangolare situa-ta in località Le Starze. A luglio festa in paesecon processione.

Foto di Patrizia Magistri.

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3939Maggio 2018Maggio 2018Anno 15, n. 5 (152)

Luigi Musacchio

Tanti anni fa uno di questi pescatori era cieco, di corporatura salcigna, sodo e

fulvo come un ancorotto roso dalla ruggine. Sagginato di pelame com’era,

sulla carnagione cerea aveva quella specie di cruschello che sogliono avere gli uomini di quel pelo. Egli non vedeva

affatto, ma gli occhi aveva intatti, bianchismaltati e d’onice lucente, come sogliono

vedersi sui freddi visi delle statue di Barberia. Il cieco fissava di continuo il mare e pareva

lo scorgesse nella lontananza cheaveva un tremito sui denti”

(Lorenzo Viani, Il nano e la statua nera).

NNon ci si poteva attendere di più: lo scrit-tore Lorenzo Viani ha incrociato il pit-tore Lorenzo Viani. Il dipinto che ne sca-

turisce si fa immagine, anzi icona di vita vissu-ta in Versilia, al tempo dei Carducci, Giusti , Puccini,D’Annunzio, Ungaretti, Malaparte, Repaci,Cancogni, Montale, Pascoli, Carrà, per dire solodei più celebri. E il toscano rude ch’era in Giosuèlo si ritrova pari pari in Viani, anar-chico fin nel DNA, incisore alla manie-ra di Rouault, scrittore fine e gode-volissimo alla maniera di Camilleri,ricco nel linguaggio del vernacoloviareggino bagnato nel gergo mari-naro.Il dipinto di Viani, comunque, cui sivuole fare esatto riferimento è, perl’appunto, La preghiera del cieco (1921).L’opera segna una pausa, se cosìsi può dire, nell’esistenza piuttostoburrascosa dell’artista. In sintesi mol-to succinta, è il caso di aggiunge-re che Viani ripete a suo modo il cli-ché classico del grand tour a ritro-so verso la città dell’arte del tem-po: Parigi. Così, alla stregua diModigliani, Boldini, De Chirico,Severini, Campigli, De Pisis, Savinio,Tozzi e altri, fa la sua esperienza arti-stica parigina tra grame condizionidi vita. Qui incontra fuggevolmen-te anche Picasso e ha l’opportuni-tà di visitare una retrospettiva di VanGogh. Carico di suggestioni pitto-riche come non poteva non succe-

dere dopo una permanenza di quasi un annoin questa città, ritorna nella sua Versilia, rapitoforse dal ricordo delle notti passate al ”Casone”,in compagnia di habitués di vagabondaggio, mal-viventi e, al caso, di liberi pensatori, nonché, allamaniera di Rouault, dei più poveri e derelitti. Viani si dedica, pur tra qualche acciacco, allaxilografia e alla pittura, con esiti dal sapore espres-sionistico, ma con una forte accentuazione dioriginalità; e non disdegna di ispirarsi alle tra-dizioni e alle vicende locali come in Girovaghi(1907), Naviganti (1908), Famiglia di poveri(1909),Veglia funebre (1910), Cieco(1912),Verso il pae-se lontano (1913), I poveri in parlatoio (1913),Il Volto santo (1914), Suonatore d’ organetto(1914),Le vedove del mare (1915), La benedizione deimorti del mare (1915), La vedova(1920), I dere-litti (1929), Lavoratori del marmo in Versilia (1933),Paranze sul mare; Apuane,anziano cavatore; Ilmarito lontano; Addio, si parte; Zingari,Guardando il mare. Basterebbero i titoli di queste opere per dise-gnare la mappa della personalità di Lorenzo Viani,artista che meriterebbe una fama ben più gran-de di quella che gli viene riconosciuta e riser-vata. Vi sono segnate le ”tappe” della sua evo-luzione di artista della sgorbia, del pennello edella penna, nonché i ”percorsi” della sua ispi-razione, che prendono i nomi:

a) attenzione alle condizioni dei déplacés, b) accesa sensibilità verso le lusinghe della ”liber-tà” intesa come insofferenza verso ogni formadi prepotenza e arbitrio, c) forte vicinanza alle classi sociali più sfrut-tate e più deboli e, poi, sul piano più squisita-mente artistico, d) geniale capacità espressiva, tracciata a foschicontrasti cromatici sulle sfumature più prossi-me alle tinte scure, e) predilezione per i temi della lontananza, delviaggio (partenze, lutti, miseria), dei lavoratori,delle vicende legate ai ”lavoratori del mare” e,in genere, di tutte le ”minoranze”.Tornando alla Preghiera del cieco, l’opera cen-trale e sintomatica dell’arte vianiana, la scenaè tutta occupata da un personaggio solitario postoin un luogo deserto, la spiaggia di Viareggio, men-tre due barche veleggiano lontano. Ciò che col-pisce è la postura del personaggio, sorpreso inun atteggiamento di riverente preghiera. Il suosguardo è rivolto verso il cielo, le mani apertee supplicanti. Tutto è come compreso in un’aura di religiosasintesi tanto che nella mente riecheggia l’accorataraccomandazione dell’evangelista Matteo: «Quando preghi entra nella tua stanza e, chiu-sa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e ilPadre tuo, che vede nel segreto, ti ricompen-serà». Pur rappresentata in uno scenario aperto e vero-similmente inondato dal sole, l’immagine del cie-co orante riecheggia il ”chiuso della sua stan-za” ove si muovono solo le ombre della sua dispe-rata esistenza. L’opera appare letteralmente intri-sa di contagi con l’arte che era stata di Millet,Van Gogh, Rouault e delle successive frangeespressioniste e di Munch, in particolare, per il

(1882) LORENZO VIANI (1936)

‟ La preghiera del cieco”

continua nella pag. 40

quale l’angoscia esistenziale esplode nell’as-sordante disperazione dell’”urlo”. La Preghieradel cieco non è, tuttavia, una supplica muta per-ché Viani, da par suo, la rende loquace:

“In fondali angustiTi ho cercato.Oceani di croci e passioni,sotto le increspate onde.Come un palombaro cieco.Ma non sei giuntoad indicare la via.Seduto quiad elemosinare tuoi sguardiprego, in fondo,che il mio cuoresi scontri col tuo cuore.È un’epifania della tua presenzache, inconsolabile, aspetto ”.

Allo sconforto iniziale, per le man-cate risposte alle tante doman-de d’aiuto, si schiude infine lospiraglio della speranza: puòapparire un assioma palinge-netico; ma non è così. È, al con-trario, la vena ispiratrice del-l’artista, che balena, di là dal-le sempre angosciate raffigu-razioni pittoriche e testimonianzescritte, illuminando per un atti-mo l’universo umano. Ed è pursempre il medesimo trattocaratteristico che si ritrova intutte le figurazioni sacre, che,centrate, sul momento della pre-ghiera, ”aprono” non solo - fidei-sticamente - sulla dimensionetrascendentale della ”salvez-za”, ma anche - laicamente -sulla destinazione finale del-l’esistenza umana. Del resto, non c’è di che stu-pirsi se, persino un fisico del-la levatura di Stephen Hawkingebbe sorprendentemente ad affer-mare, guardando oltre i ”buchineri” e gli ”universi infiniti”, che«l‘universo non sarebbe un gran-ché se non fosse la casa del-le persone che abbiamo ama-to», una battuta non proprio inlinea con il suo pensiero scien-tifico.A contrasto con la Preghieradel cieco e a conforto (forse)della tesi appena poco sopraventilata, si possono richiamarealcune opere-capolavoro del-la pittura classica, ove la pre-

ghiera, appunto, è - tra questi dipinti - il comu-ne denominatore, momento intensissimo di con-fidenza e colloquio con l’”Assoluto”.Si prenda, ad esempio, il Compianto sul Cristomorto del Perugino. La scena è tra le più dram-matiche; ma, tralasciando per necessità la descri-zione iconografica del dipinto, si fissi lo sguar-do su una delle pie donne in preghiera.Davanti al corpo esanime del Cristo, le mani giun-te, lei conserva uno sguardo sereno, al pari diquello della Madonna pur pieno di pathos. La pia donna, in silenzio, al contrario del gestocompiuto dalla Maddalena che alza le mani alcielo sgomenta, si racchiude in sé stessa, in silen-zio, nell’atto tante volte raccomandato e com-piuto dal Maestro. Nella fin troppo nota

Creazione di Eva, Michelangelo dalla costoladi Adamo fa sortire una bellissima e umanissi-ma donna, che, come suo primo atto - anchelei a mani giunte, primaria figura orante - nontrova di meglio che offrire al dirimpettaio e suopossente Creatore la propria preghiera di lode.Sullo sfondo di un paesaggio, esso stesso fre-sco di creazione, Eva riempie la scena pronunciandole prime parole umane a mo’ di accorata devo-zione. Non occorre porre l’accento qui sulla circostanzageniale messa a punto da Michelangelo: quel-la di Eva (e non di Adamo che, appena crea-to, rivolge al Signore dell’Universo solo uno sguar-do benevolente) è la primissima azione di crea-tura umana. È una dichiarazione di devozione,

atto primigenio ditutte le successive”dichiarazioni”, daquelle più sublimidell’amore materno aquelle compresenell‘universo senti-mentale tipicamentefemminile.Infine e per significarequanto l’atto dellapreghiera abbia carat-terizzato la pitturaclassica di tutti i tem-pi, si può citare il SanFrancesco in pre-ghiera di Caravaggio. In questa tela il Santodi Assisi, come ilcieco di LorenzoViani, è prostrato inginocchio, lo sguar-do rivolto alle pagineaperte del libro sacro:la meditazione dellaParola come pre-ghiera in sé, in cui lamente chiama a soc-corso il cuore per aprir-si alle profondità delmistero e alle scatu-rigini della fede, perun esito di grazia maiscontato, semprecombattuto, nel rap-porto uomo-Altro,uomo-Essere, uomo-Assoluto, uomo-Dio,con l’uomo che cam-mina su tutte le lati-tudini del mondo.

segue da pag. 39