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SOLUZIONI E IDEE PER UN’ITALIA UNICA 14 giugno 2014

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SOLUZIONI E IDEE PER UN’ITALIA UNICA

14 giugno 2014

 

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Questo documento contiene un primo set di proposte,

presentate in forma molto sintetica, che Italia Unica sostiene

per rilanciare l’Italia, la sua economia e la sua democrazia.

Sono solo una parte delle proposte messe a punto dai gruppi

di lavoro tematici che Italia Unica ha organizzato negli ultimi

dodici mesi, proposte che si sono arricchite attraverso

l’ascolto e il confronto con moltissimi interlocutori nel nostro

Viaggio in Italia e il dialogo con molteplici rappresentanze.

Le proposte di questo documento costituiscono una prima

piattaforma programmatica di Italia Unica che verrà messa in

consultazione pubblica attraverso il meccanismo dei media

civici sul sito www.italiaunica.it.

 

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MANIFESTO DI SOLUZIONI PER UN’ITALIA UNICA

Il nostro Programma in breve

La nostra Italia è Unica e di questo siamo orgogliosi. È una Storia di sorprendenti talenti e di pluralismo creativo, è un Paese pieno di intelligenze, di vitalità e di cuore. È a questa Italia che ci rivolgiamo con una proposta che ha una visione ambiziosa, ma allo stesso tempo realizzabile. Una proposta in grado di sbloccare le energie spesso inespresse o soffocate del nostro Paese e di tutelare le libertà civili e il merito per garantire un benessere comune. Vogliamo rilanciare con vigore l’Italia e creare occupazione per le sue donne e i suoi uomini, mobilitando risorse mai immaginate negli ultimi anni: 400 miliardi di euro al servizio della crescita economica. Perché la forza di una nazione si misura soprattutto con i posti di lavoro e non solo con gli indicatori economici. Lo possiamo fare anche perché l’Italia dispone di un patrimonio pubblico di almeno 1000 miliardi di euro, un tesoro non valorizzato che può essere determinante per affrontare i drammatici problemi del debito pubblico e del credito. Per esempio, per rimborsare subito 100 miliardi di debiti della PA nei confronti delle imprese. Dobbiamo smettere di disperdere e sprecare decine di miliardi di Fondi Strutturali che vengono dall’Europa e invece concentrarli su pochi grandi progetti strategici in infrastrutture, ricerca e innovazione. Progetti che abbiamo già individuato e che risolverebbero finalmente i problemi strutturali del Sud.

Vogliamo mettere più soldi in tasca agli italiani, in questo modo si riprenderanno i consumi e l’economia nel suo complesso. Chi lavora deve poter disporre da subito del proprio TFR, uno stipendio in più, e il Fondo Centrale di Garanzia può aiutare le aziende ad anticiparlo. Vogliamo dare inoltre la possibilità a imprese e lavoratori di contrattare ulteriori salari di produttività. Fino a tre stipendi in più in busta paga all’anno, ogni anno, possono fare la differenza.

 

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Vogliamo aiutare le famiglie, che devono diventare incubatori di pari opportunità. Investiamo su bambini e anziani, entrambi risorse per il nostro futuro. Oggi ad occuparsene sono le donne che in molti casi rappresentano il vero ammortizzatore sociale. Sviluppiamo politiche attive per l’inclusione e la valorizzazione delle donne, soprattutto quelle con figli e altri famigliari non autosufficienti a carico, nel mondo del lavoro: un’Italia con occupazione femminile pari a quella maschile vedrebbe crescere il Pil di oltre il 10%. Anche il nostro modello di istruzione deve essere ripensato e deve preparare meglio i nostri giovani all’ingresso nel mondo del lavoro. E poi ci vogliono più asili nido a tempo pieno come lo deve essere anche la scuola materna ed elementare. Facciamo guadagnare ai nostri ragazzi un anno di vita riducendo il ciclo di studi di scuola primaria a secondaria a 12 anni ma con obbligo scolastico fino alla fine per tutti, senza lasciare indietro nessuno. Anche il Terzo settore può svolgere un ruolo da protagonista per il nostro Welfare familiare e non solo: gli va riconosciuta dignità giuridica e garantita la distribuzione del 100% del 5 per mille. Scommettiamo sui singoli italiani, premiando le donazioni di privati cittadini verso onlus ma anche verso altri in stato di comprovata povertà, con detrazioni d’imposta che incentivino la cittadinanza solidale attiva. Apriamo a tutti coloro che vogliono la possibilità di prestare il servizio civile. Il no profit può essere anche determinante per la valorizzazione del nostro patrimonio ambientale e culturale, la bellezza che ci distingue nel mondo e ci rende unici. Vogliamo una democrazia efficiente con istituzioni rispettabili e rispettate. Proponiamo la riduzione del numero di Ministeri chiarendo meglio le loro responsabilità, un Parlamento monocamerale, meno leggi e meno decreti attuativi. Il federalismo sbilenco del 2001 può essere emendato, lasciando un solo livello amministrativo tra Comuni e Stato ed evitando la frammentazione di politiche su temi come la sanità, l’ambiente, l’energia e il turismo e realizzando finalmente anche il federalismo fiscale. Nella stessa ottica, dobbiamo liberare la società italiana dal peso asfissiante della cattiva burocrazia (che non è tutta la Pubblica

 

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Amministrazione), dall'ingerenza ingiustificata dei partiti e dall'odioso meccanismo delle raccomandazioni. Mettiamo fine alla politica di cooptazione, ad esempio per le nomine in sanità o nella tv pubblica, a favore di una politica basata sul merito. Ovunque non sia necessario, lo Stato deve arretrare e i cittadini devono poter tornare a decidere con autonomia del proprio futuro. Con regole più semplici ma su cui si dovrà vigilare più severamente. Le partecipazioni pubbliche in aziende vanno cedute tutte, ad eccezione di quelle che servono a controllare le reti essenziali. Lo Stato deve essere leale e chiedere lealtà ai contribuenti. Non bisogna introdurre nessuna nuova tassa, anzi le tasse dovranno diminuire: si potrà ridurre di 25 miliardi l’IRPEF ogni anno, riconoscendo fino a 8000 euro di no-tax-area per ogni figlio o famigliare non autosufficiente a carico, e dimezzare la tassazione sugli utili di imprese. Questo grazie a tagli non lineari, ai recuperi di entrate e ai risultati della potente crescita innescata dai 400 miliardi di shock. Dove lo Stato deve invece avanzare con forza e autorevolezza è nel liberare la società dai condizionamenti della malavita. Serve un sistema giudiziario garantista ma efficiente, meno sbrigativo nell’uso delle custodie cautelari, messo in condizioni di essere più efficace contro la corruzione e la criminalità, più veloce e specializzato nelle cause commerciali. Così l’Italia sarà un luogo di sicurezza e diventerà più attrattiva per gli investimenti internazionali. Questa è la nostra Italia Unica: un’Italia più forte, più libera, più unita e più bella. Un’Italia che possiamo essere se tutti insieme diamo il nostro contributo per costruirla.

 

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INDICE

1. PRIMA DI TUTTO RIAVVIAMO LO SVILUPPO: 400 MILIARDI DI CURA SHOCK

2. TAGLIARE 50 MILIARDI DI TASSE A FAMIGLIE E IMPRESE E ABBATTERE IL DEBITO PUBBLICO

3. CRESCITA, IMPRESA E LAVORO

4. CULTURA E TERRITORIO

5. ISTRUZIONE

6. FAMIGLIA E TERZO SETTORE

7. SALUTE

8. DEMOCRAZIA

9. MENO E MIGLIORE BUROCRAZIA

10. GIUSTIZIA E SICUREZZA

11. ITALIA PROTAGONISTA IN EUROPA E NEL MONDO

12. DIRITTI CIVILI

 

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1. PRIMA DI TUTTO RIAVVIAMO LO SVILUPPO: 400 MILIARDI DI CURA SHOCK Non si batte la recessione in una delle più grandi economie del mondo con i pizzicotti o con la sola austerità. Si possono mobilitare almeno 400 miliardi che raggiungano le tasche delle imprese, e quindi dei cittadini, senza venir meno agli impegni europei sul deficit pubblico. Per cambiare traiettoria ad una delle più grandi economie del mondo è necessario agire contemporaneamente sulla liquidità delle imprese, sul credito, sugli investimenti pubblici e privati e sui consumi. • 100 miliardi di liquidità alle imprese possono venire dal ripagamento immediato dei debiti commerciali scaduti della Pubblica Amministrazione applicando anche in Italia il meccanismo già sperimentato in Spagna. Creazione di una Società veicolo che anticipa il pagamento ai creditori e poi “se la vede” con le singole Amministrazioni. La società veicolo può essere capitalizzata con 20-30 miliardi di attivi pubblici e potrebbe facilmente finanziarsi sul mercato per la parte rimanente. • 100 miliardi direttamente nelle tasche dei lavoratori agendo su due leve principali: 1) anticipazione del TFR in busta paga per i lavoratori che lo richiedono (eventuali difficoltà finanziarie delle imprese posso essere gestite con l’intervento del Fondo Centrale di Garanzia così come gli eventuali ammanchi nelle entrate dell’INPS e 2) fino a due mensilità in più in busta paga senza contributi e tasse – a fronte di accordi di produttività a livello aziendale (pagabili anche sotto forma di servizi di welfare aziendale). • 100-200 miliardi di credito possono venire raddoppiando, almeno, la forza di fuoco della Cassa Depositi e Prestiti e del Fondo Centrale di Garanzia aumentando il capitale di 30-50 miliardi attraverso apporto di attivi pubblici e applicando alla Cassa Depositi e Prestiti il modello operativo e gestionale della tedesca KFW. Tra le priorità di sviluppo dell’attività di finanziamento ci sarebbero sicuramente le esportazioni, le infrastrutture e il rilancio del mercato immobiliare e dei mutui per le famiglie. • 100-200 miliardi di nuovi investimenti pubblici e privati

 

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possono venire destinando almeno 50 miliardi di Fondi Strutturali a grandi progetti infrastrutturali (es. ferrovie del Sud) e almeno 15miliardi a un credito di imposta pluriennale per investimenti in Ricerca e Innovazione. 50 miliardi di investimenti possono venire accelerando cantieri già sbloccati e finanziati nel 2012, facilitando quelli autofinanziabili (es. Infrastrutture "defiscalizzate") e quelli che dovremo considerare autofinanziabili perché si coprono con i risparmi che generano (es. efficienza energetica nell'illuminazione pubblica o nelle scuole e negli edifici pubblici, investimenti per il recupero del dissesto idrogeologico o antisismici). In realtà, i miliardi mobilitabili sono ben oltre 400 e qui non menzioniamo molte altre misure come ad esempio la diffusione dei minibond attraverso i Fondi di Credito, l'utilizzo intelligente del Fondo per la Crescita (oltre 1.2 miliardi) creato dal Ministro dello Sviluppo Economico nel 2012, cancellando oltre 40 leggi di incentivazione "vecchio stile" e la mobilitazione a favore dello sviluppo dei vastissimi patrimoni finanziari dei Fondi Complementari e delle Casse di Previdenza. I 400 miliardi di risorse mobilitabili per la crescita e l'occupazione non comporterebbero problemi di deficit pubblico: il pagamento del debito commerciale scaduto della PA si porterebbe dietro 20 miliardi di introiti IVA, per non parlare dell'effetto indiretto sulle casse pubbliche derivanti dal riavvio dell'economia. Si può riavviare la crescita mentre la vecchia politica ci costringe all'austerità e alla recessione.

 

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2. TAGLIARE 50 MILIARDI DI TASSE A FAMIGLIE E IMPRESE E ABBATTERE IL DEBITO PUBBLICO Qualunque tipo di intervento volto a rilanciare il sistema economico deve affiancarsi ad una decisa semplificazione fiscale e ad una riduzione dell'imposizione sui redditi di famiglie e imprese. L’obiettivo è abbattere di 50 miliardi le tasse su famiglie e imprese, in aggiunta alle risorse mobilitate attraverso il piano shock di 400 miliardi di euro. Nella prima parte di questo capitolo verranno indicate le risorse da valorizzare per trovare le coperture strutturali, nella seconda le misure di alleggerimento fiscale possibili in favore dei contribuenti. A. Valorizzare le risorse che abbiamo per ridurre le imposte L’Italia ha ancora delle risorse da mobilitare, materiali e immateriali. Ma è necessario scegliere bene gli obiettivi, smettendo di inseguire l’emergenza dei buchi di bilancio, cancellando gli sprechi e valorizzando il nostro patrimonio pubblico in un un’ottica di spinta alla crescita economica, anche a mezzo di potenti sgravi fiscali, e contestuale riduzione del debito pubblico. Il debito non si ridurrà mai in maniera strutturale se il Pil non tornerà a crescere. Siamo contrari a qualsiasi ipotesi di imposta patrimoniale, ordinaria o straordinaria, per l’abbattimento del debito. Crediamo che, per non avvitarci, nel rapporto debito/Pil il denominatore (il Pil) debba crescere, per ridurre l’incidenza del numeratore (il debito). Soltanto la crescita ridurrà il debito, e noi ci punteremo tutto il possibile. Dalla crescita – che produce nuova base imponibile - arriveranno nuove ulteriori entrate fiscali senza alzare le aliquote e si ridurranno uscite pubbliche soprattutto legate al welfare. Per coprire le riduzioni di entrate fiscali previste dal programma, ridurremo altrettante spese inutili o non prioritarie, oppure prevedremo aumenti strutturali di altre entrate che non comportino nuove tasse o aumento di tasse esistenti. • Possiamo ridurre strutturalmente sprechi e spese non indispensabili. E’ ragionevole puntare ad una riduzione tra il 5 e il 10% dei circa 500 miliardi di spesa pubblica non pensionistica certamente attraverso tagli NON lineari. Una parte può venire, ad esempio:

 

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• dall'applicazione rigorosa dei costi standard - per la sanità ma non solo - che devono avvicinare tutte le Amministrazioni a quelle virtuose, che vanno prese come punto di riferimento misurabile; • dalla eliminazione di contributi regionali a fondo perduto e altre forme di incentivazione più o meno a pioggia (malgrado la non chiarezza dei dati contabili si possono stimare in 15-20 miliardi); • dalla razionalizzazione di molte spese “replicate” (es. si deve passare da 5000 centri elaborazione dati della PA a 5, e abbattere il numero di centrali di acquisto sparse sul territorio); • dalla chiusura di enti inutili, da disboscamento incarichi, ecc. Recuperiamo molte entrate pubbliche strutturali non fiscali che mancano all'appello per mala gestione, incurie e inefficienze sempre più insopportabili. E necessario riorganizzare il rapporto tra finanza pubblica centrale e locale, responsabilizzando le Amministrazioni locali per le imposte di loro competenza. Non sono sostenibili comportamenti irresponsabili delle classi politiche locali, che promettono spesa o riduzioni di entrate locali a carico del bilancio statale, come non è difendibile uno Stato che trasferisce competenze senza risorse. • Non è tollerabile che si chiedano soldi da parte di Amministrazioni che non raccolgono imposte e tasse di loro competenza, tariffe per servizi pubblici locali, canoni di concessione e sanzioni amministrative. • Non è tollerabile che si rimandi di anni – se non di decenni – l’aggiornamento del catasto, adeguando i valori delle rendite a quelli del mercato (solo questa operazione potrebbe metterci in condizione di togliere del tutto l’IMU sulla prima casa!) • Occorre rimettere ordine nelle concessioni: quelle balneari sono soltanto un esempio e possono valere miliardi: vanno incoraggiati i veri imprenditori e coloro che hanno investito e intendono investire, ma non è tollerabile che beni comuni vengano dati in uso quasi gratuito per finalità commerciali.

 

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• Si può recuperare miliardi dalle grandi aree di truffa allo Stato ancora esistenti (dalle false invalidità alle false esenzioni dai ticket o dalle rette universitarie). Demoliamo un altro pezzo del colosso dell'evasione fiscale. Si può puntare a recuperare almeno 25 miliardi di euro annui evasi. • Si deve ricostruire un rapporto di fiducia con i cittadini: lo Stato si fida di te, ma se lo imbrogli la punizione è immediata e fortissima. Oggi le norme fiscali sono fatte per cercare di combattere gli evasori e gli imbroglioni e invece rendono la vita difficile ai moltissimi cittadini onesti, senza scoraggiare i veri "cattivi". Si possono alleggerire quindi le procedure e gli adempimenti ma anche punire più efficacemente e severamente chi abusa della fiducia. • Facciamo pagare un’aliquota fiscale agevolata alle "imprese tutte trasparenti" (che operano solo attraverso pagamenti e fatturazioni elettroniche). • Restituiamo in contanti ai privati cittadini una parte dell’IVA versata con acquisti effettuati tramite pagamento elettronico (abbattendo al massimo i costi di commissione): l'effetto netto potrebbe essere molto positivo per le casse statali. • Riduciamo l'evasione anche introducendo più "conflitto di convenienze" per i cittadini, attraverso la possibilità di detrarre talune prestazioni fino ad un massimo di 5000 euro annui per famiglia (es. detrazioni per efficientamento energetico e ristrutturazioni delle abitazioni). Per creare risorse a favore degli interventi per lo sviluppo e per facilitare la riduzione progressiva del debito pubblico è necessario utilizzare in maniera più intelligente il nostro enorme patrimonio pubblico. • Far emergere a bilancio tutto l’attivo pubblico dovunque si trovi: terreni, immobili, partecipazioni, crediti, brevetti, ecc. (discorso a parte andrebbe fatto per il patrimonio culturale e artistico che non viene

 

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considerato come fonte di cessioni possibile). • Utilizzare parti di patrimonio pubblico per capitalizzare attraverso apporto – e quindi senza necessità di dismissioni – strumenti finanziari in grado di favorire lo sviluppo: dalla società veicolo per pagare i debiti commerciali scaduti della PA alla Cassa Depositi e Prestiti. • Privatizziamo tutte le partecipazioni attualmente detenute dalle Amministrazioni Centrali, con esclusione, eventualmente, delle reti essenziali, e vendiamo la miriade di aziende municipalizzate locali. Questo arretramento è fondamentale per distinguere i ruoli tra la politica – che fa le regole - e il mercato, che le deve rispettare. Controllori e controllati non possono coincidere, altrimenti il malaffare e la corruzione dilagheranno, con gravi contraccolpi sulla libertà economica. Si deve anche intervenire per legge bloccando la creazione di nuove società operative da parte delle Amministrazioni Locali e forzando la vendita di quelle attualmente possedute, prevedendo meccanismi di vero commissariamento per la vendita in caso di non rispetto dei tempi. • Valorizzare singole categorie di beni, senza svenderli, apportandoli a uno o più fondi che ne incrementino il valore attraverso progetti di sviluppo immobiliare concordati con le Amministrazioni Locali, come nel caso delle caserme nelle città. Questi fondi porteranno risorse alle casse pubbliche cedendo quote di capitale a terzi, cedendo i beni posseduti e distribuendo i proventi sotto forma di dividendi, indebitandosi in modo "non recourse" (cioè con responsabilità solo nei limiti dei beni dati a garanzia, senza possibilità per i creditori di rifarsi su altri beni dello Stato in caso di insufficienza delle garanzie).

 

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B. Abbattiamo di 24 miliardi le tasse sulle imprese, aiutiamo le partite IVA Le imprese sono la fonte della crescita e della occupazione. Oggi in Italia le imprese sono soggette a un fisco soffocante. Le principali misure per dare sollievo fiscale alle imprese che crescono e per rendere più attraente l’Italia agli occhi degli imprenditori italiani e degli investitori internazionali sono le seguenti: • Dimezziamo la tassa sui redditi d’impresa (IRES). L’IRES vale circa 32 miliardi l’anno e pesa per il 27,5% sulle aziende italiane: dimezzarla non vuol dire soltanto mettere a disposizione delle aziende risorse perché possano patrimonializzarsi e investire ma renderebbe molto più attrattiva l’Italia per chi vuole fare impresa. Azzerare i contributi a fondo perduto e le mille incentivazioni a pioggia soprattutto regionali sarebbe quasi sufficiente a coprire l’onere per le classi pubbliche. • Abbattiamo del 30% l’IRAP per i privati. Questa misura potrebbe portare ossigeno per 8 miliardi nelle casse delle imprese e dei professionisti. • Costruiamo un credito di imposta per investimenti in Ricerca e Innovazione utilizzando fino a 15 miliardi di Fondi Strutturali Europei (come indicato nel capitolo 1). • Riduciamo al 21% (da una media attuale del 28%) l’aliquota contributiva INPS per un milione di lavoratori autonomi e parasubordinati, fino ad oggi costretti a pagare troppo malgrado la pesante precarietà che rende difficile immaginare un futuro. C. Un fisco più leggero per le famiglie Le famiglie hanno assorbito tutta la pressione della crisi e il numero delle famiglie in difficoltà sta diventano enorme. • Dal Piano Shock del capitolo 1 possono derivare alle famiglie di lavoratori fino a tre mensilità: diamo a tutti i lavoratori dipendenti la

 

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facoltà di incassare subito l'accantonamento del TFR senza imposte e contributi, che corrisponde a una mensilità circa; offriamo alle imprese la possibilità di pagare un salario di produttività fino a due mensilità nette di imposte e contributi previdenziali. • Aumentiamo la No Tax Area per i nuclei famigliari con reddito inferiore ai 100.000 € in funzione dei famigliari a carico: tra 5000 e 8000 euro aggiuntivi per ogni figlio minorenne e per ogni altro famigliare non autosufficiente a carico. Per le famiglie che non raggiungono il livello della No Tax Area si tratterebbe di dare un vero e proprio contributo, anche utilizzando i fondi improvvidamente sparsi a pioggia dal Governo nel 2014 (i cosiddetti “80 euro”). A regime, si tratta di circa 20 miliardi a sostegno delle famiglie italiane.

 

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3. CRESCITA, IMPRESE E LAVORO

Far crescere le nostre imprese nel mondo diventando più competitivi: più innovazione e mondo del lavoro più aperto. La Crescita può e deve riguardare tutti i settori portanti della nostra economia. L'industria manifatturiera deve rimanere l'asse portante della nostra economia: da questo settore dipende e continuerà a dipendere buona parte della nostra capacità di innovazione e di esportazione. Grande potenziale di crescita e di occupazione vengono però anche da settori come Agricoltura, Turismo e Artigianato che negli ultimi decenni sono stati sottovalutati - se non addirittura penalizzati - e potrebbero godere di importanti sinergie. Fare politica economica non significa sostituirsi alle imprese nelle loro scelte di investimento ma creare le condizioni di competitività di sistema. Solo alcuni esempi: A. Grande spinta all'innovazione: diventare attrattivi e, di conseguenza, importatori netti di cervelli Ricerca ed innovazione costituiscono due motori importanti per la crescita. Le esternalità positive delle imprese innovative (posti di lavoro, nascita di ulteriori imprese, miglioramento dei contesti urbani) sono diverse volte superiori rispetto a quelli generati da imprese non innovative sul territorio in cui si collocano. L'Italia non è certo sprovvista di creatività e professionalità che, se supportate da un giusto sistema di regole, possono finalmente dare quell'impulso necessario a lanciare nuove attività produttive. Per questo è necessario prevedere percorsi a tassazione agevolata per l'insediamento di centri di ricerca e di startup innovative, incentivando anche l'ingresso di nuove energie dall'estero. Ciò non può prescindere anche dalla promozione di quella realtà produttiva di piccola-media grandezza tipicamente italiana che, se dotata degli strumenti fiscali e normativi specifici, potrebbe conquistare posizioni anche più forti di oggi nei mercati internazionali, soprattutto in quei settori dove l'Italia eccelle da sempre.

 

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Mettiamo il turbo a Ricerca e Innovazione - Possiamo tornare ad essere terra di ricerca e di innovazione in tutti i campi. Nel mondo globalizzato si deve essere esportatori e contemporaneamente importatori di "cervelli" e l'Italia si può candidare come destinazione di investimenti in centri di ricerca da tutto il mondo, giocandosi vantaggi competitivi molto forti: qualità dei nostri laureati, storia di contaminazioni culturali ed etniche, qualità della vita, ecc. • Confermare ed estendere il credito di imposta per l'assunzione di "cervelli" portandolo da 50 a 100 milioni annui. • Favorire gli investimenti in Ricerca e Sviluppo utilizzando parte dei Fondi Strutturali Europei per un programma strutturale di credito di imposta fino a 15 miliardi di euro. Facilitiamo gli investimenti dall'estero in centri di Ricerca semplificando le procedure dei visti, favorendo fiscalmente coloro che dall'estero vengono a lavorare in Italia, garantendo buone scuole internazionali, ecc. • Concentrare i contributi pubblici alla Ricerca solo nei migliori centri di ricerca privati e pubblici e solo nelle migliori università – anche differenziando tra università di ricerca e università di mero insegnamento - basta contributi a pioggia. • Creare un'Agenzia per l'allocazione delle risorse pubbliche alla ricerca, che funzioni secondo i migliori standard internazionali. • Dare ai centri di ricerca pubblici una struttura giuridica e organizzativa che permetta la massima trasparenza, la minimizzazione dei costi amministrativi, l’applicazione dei migliori standard internazionali e, in generale, una gestione privatistica e non da Pubblica Amministrazione (es. Fondazioni di Ricerca). • Favorire la crescita delle Start-up dando piena attuazione alla nuova legislazione, creando un Fondo di Fondi di almeno 1 miliardo tra CDP e i principali investitori istituzionali (es. Fondi Pensione) sulla falsariga del Fondo Italiano di Investimento.

 

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B. Aprire il mercato del lavoro e premiare la produttività Si può aprire il mondo del lavoro senza penalizzare i giovani e gli outsider, anzi introducendo flessibilità positiva, premiando la produttività e mettendo a disposizione dei lavoratori fino a tre mensilità nette senza contributi e tasse. • Fare del contratto di apprendistato un vero e proprio contratto di inserimento allungando il periodo di prova (1 anno) e la durata (4 anni), alzando i limiti di età (35 anni). Per quanto riguarda la formazione, va lasciata solo all’interno dell’impresa prevedendo però che, nel caso di arti, mestieri e professioni specifiche, la formazione fornita dall’impresa possa essere “compensata” da un congruo credito di imposta al momento della trasformazione definitiva in contratto a tempo indeterminato. • Accelerare il ricambio di personale nelle aziende bloccando, almeno in questa situazione di crisi occupazionale, la crescita dell'età di anzianità per la pensione (41 e 42 anni, rispettivamente per donne e uomini, di anzianità appaiono già un livello più che sufficiente) e finanziando questa iniziativa attraverso un piccolo contributo di solidarietà a carico delle pensioni d’oro sopra un certo livello di ammontare e sotto un certo livello di contribuzione. • Premiare l'aumento della produttività mettendo a disposizione delle imprese la possibilità di pagare fino a due mensilità di salario in più – senza contributi e tasse – a fronte di accordi di forte aumento della produttività a livello aziendale. • Facilitare le ristrutturazioni aziendali attraverso la semplificazione della Legge 223 e una maggiore liberalizzazione del demansionamento. Va inoltre chiarito che i licenziamenti per oggettive ragioni economiche non possono comportare il reintegro in azienda da parte della magistratura ma devono, eventualmente, prevedere indennizzi in denaro. • Facilitare la ricollocazione lavorativa attraverso vera formazione, un contratto di ricollocazione da realizzare in cooperazione con le agenzie private, un bonus mobilità per chi deve trasferire la residenza

 

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per accettare un nuovo lavoro e un più trasparente ed efficace uso degli ammortizzatori sociali: chi gode di ammortizzatori sociali non può rifiutare l'opportunità di nuovi lavori o di programmi di formazione pena la perdita dell'ammortizzatore. Inoltre, appare opportuno prendere atto che gli Uffici pubblici per l'Impiego, da sole, sono strutture inadatte al compito. • Priorità lavoro pari e flessibile. Si può incentivare la flessibilità dell’orario di lavoro, soprattutto nei settori a più alta intensità intellettuale/tecnologica e comunque a favore dei genitori con figli piccoli, e sviluppare politiche attive e incentivanti per l’inclusione e la valorizzazione delle donne nel mondo del lavoro: agevolazioni fiscali per le imprese che rispettano la parità di genere e che introducono servizi di welfare aziendale adeguati alla conciliazione tra famiglia e lavoro. • Dare certezze alla rappresentanza. E’ fondamentale rendere stabile e vincolante una chiara normativa sulla rappresentanza che dia garanzie di certezza dei contratti e della loro esigibilità. Gli accordi succedutisi tra le parti sociali in questi ultimi anni devono tramutarsi in norme di legge e in meccanismi operativi trasparenti. C. Crescere sui mercati che crescono: le esportazioni ci salveranno Occorre favorire l'internazionalizzazione delle grandi ma anche e soprattutto delle nostre piccole e medie imprese e delle loro reti. Lo spazio per crescere su mercati internazionali esiste. • Rafforziamo l’ICE concentrandovi tutte le risorse promozionali dell’Italia all’estero. Integriamo in un’unica Agenzia Promozionale Enit e l’Agenzia ICE. Potenziamo il budget promozionale per allinearlo ai livelli europei, portando Stanziamento Piano Nazionale Promozionale a 150 milioni l’anno (dagli attuali circa 50). Adeguiamo la Rete di promozione nelle aree ad alto tasso di crescita (15 nuovi uffici tra Cina, ASEAN e Africa Sub Sahariana). • Creiamo in Cassa Depositi e Prestiti una vera e propria “export bank” in grado di finanziare (seguendo il modello della KFW tedesca) le grandi opere infrastrutturali fatte da aziende italiane nei

 

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paesi emergenti e di fornire abbondante finanza a costi accessibili per tutti gli esportatori Italiani.

• Formiamo una Task force di "Export Facilitation" tra Ministero dello Sviluppo Economico, Dogane, Ministero dei Trasporti e Ministero della Salute, per rimuovere le difficoltà di esportazione che derivano dal mancato coordinamento tra i soggetti Italiani. • Adottiamo pienamente lo Sportello Unico Doganale. Con l’attuazione di uno Sportello Unico Doganale, già comunque previsto da un regolamento CE del 2008 e considerato dal Piano della Logistica tra le azioni con maggiore priorità strategica, si potrebbe ottenere una maggiore flessibilità dell’organico doganale al fine assicurare, come in molti altri paesi europei, la piena operatività 24 ore al giorno sui 7 lavorativi, e garantendo il completamento del ciclo documentale tutto dematerializzato in tempi brevi. D. Accelerare le infrastrutture Si può e si deve accelerare le Infrastrutture strategiche per il Paese e ancora di più per il Sud Italia. Priorità alle infrastrutture (ai corridoi europei, all'ammodernamento in particolare delle ferrovie locali). Vi sono molti progetti già finanziati e pronti per essere realizzati e altri che possono autofinanziarsi. Si tratta, infatti, per 50 miliardi, di dare concreta attuazione a progetti di infrastrutture già approvati dal CIPE e finanziati. • La competitività nei continenti e fra i continenti non può prescindere da efficienti collegamenti. L'Europa ritiene essenziali 9 assi direzionali (i c.d. corridoi) che identificano, tra l'altro, autostrade, ferrovie, porti e aeroporti. Per la realizzazione delle infrastrutture necessarie è possibile un cofinanziamento europeo. All'Italia sono assegnati 4 corridoi, 11 aeroporti e 12 porti ritenuti "strategici". Dobbiamo rapidamente colmare il gap esistente nei collegamenti e nella logistica la cui carenza si traduce in una "tassa occulta" per le imprese. Occorrono finanziamenti imponenti e, pertanto, si deve ricercare il coinvolgimento del capitale privato rafforzando il P.P.P. e gli strumenti dei project bond, delle obbligazioni di scopo e della

 

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defiscalizzazione laddove necessaria. • Per migliorare il Trasporto Pubblico Locale che - soprattutto nelle aree metropolitane - rovina la vita ogni giorno a decine di migliaia di italiani, facendo loro perdere tempo prezioso che potrebbero usare meglio, è necessario consolidare le mille piccole aziende inefficienti, coordinare ferro e gomma, mettere a gara i servizi attirando i migliori operatori del mondo, investendo anche a costo di disinvestire da servizi che possono essere privatizzati (es. Alta Velocità). • Per superare il Digital Divide, che in Italia è ancora fortissimo, è prioritario anche investire nelle reti di telecomunicazione. Avere servizi a portata di click aiuterà imprese e individui a recuperare tempo, risorsa sempre scarsissima a causa delle inefficienze sistemiche dell’Italia, e quindi ad aumentare la produttività.

E. Ridurre fisco su lavoro e impresa, fisco per la crescita Alleggerire la tassazione sulle imprese che investono, assumono e consolidano il proprio patrimonio. Le misure specifiche sono elencate nel capitolo 1) e nel capitolo 2). F. Ridurre il costo dell'energia per le imprese E’ necessario sviluppare fino in fondo le linee guida dalla Strategia Energetica Nazionale (SEN), che ha come primo obiettivo la riduzione del costo dell’energia in Italia. Al termine di questo percorso, in un orizzonte di circa due-tre anni, è possibile ipotizzare un sostanziale allineamento dei prezzi sia del gas sia dei carburanti – al netto della componente fiscale. In particolare: • Nel settore elettrico: la piena integrazione del mercato italiano con quello europeo (c.d. market coupling), il rafforzamento della rete nazionale per eliminare i numerosi ‘colli di bottiglia’ che impediscono

 

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un ottimale utilizzo degli impianti (es. tra Sicilia e continente), il disegno di un sistema di mercato della capacità che minimizzi i costi e sia allineato agli standard europei (evitando sussidi incrociati), l’aggiudicazione delle concessioni idroelettriche attraverso gare competitive, la progressiva razionalizzazione della rete di distribuzione elettrica e la revisione delle agevolazioni ai clienti industriali. • Nel settore dei carburanti: la completa liberalizzazione del settore della distribuzione, ad esempio per quanto riguarda gli impianti ‘ghost’ (quelli completamente automatizzati e self service) e per i prodotti ‘non-oil’ e una maggior competizione nella logistica di approvvigionamento. Inoltre, agevolazioni fiscali sulle accise per i distributori (e prezzi più bassi per i clienti) che accettano solo pagamenti elettronici (carte di debito e di credito). • Nel settore del gas: l’avvio del mercato a termine e di quello di bilanciamento ‘del giorno prima’, la realizzazione delle infrastrutture strategiche (terminali Gnl e stoccaggi) da identificare con Dpcm e gara competitiva, l’implementazione delle gare di distribuzione. • Puntare sul settore delle energie rinnovabili, che avrà un forte sviluppo nel mondo. Lo sviluppo delle rinnovabili elettriche in Italia è avvenuto a costi altissimi: è fondamentale che si ricavi un dividendo dallo sviluppo internazionale di queste tecnologie, puntando sulle competenze distintive sviluppate da tante aziende in ambiti come lo sviluppo di progetti complessi nel fotovoltaico, le smart grid o il solare a concentrazione.

 

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G. Ridurre il costo del credito Si può affrancare l’Italia dalla stretta creditizia, che soffoca la crescita e deprime i consumi. Il nostro piano per liberare liquidità è in larga parte contenuto nella nostra cura shock da 400 miliardi. Fondamentale è il ruolo della Cassa Depositi e Prestiti. Da un aumento del suo capitale di 30-50 miliardi, con conferimento di attivi pubblici, possono venire 100-200 miliardi di credito. Nel contempo, va applicato il modello operativo e gestionale della Cdp tedesca (KFW), che vedrebbe come beneficiarie anche le piccole e medie imprese italiane e le famiglie (rilancio del mercato dei mutui per l'acquisto della casa). In parte tali nuove risorse di credito possono essere attivate attraverso il rafforzamento del Fondo Centrale di Garanzia e lo sviluppo accelerato di Fondi di Credito, per diffondere l’accesso diretto al mercato del credito attraverso i mini-bond. H. Ridurre il costo della burocrazia, rendendola più efficiente Nell’Italia che immaginiamo, lo Stato è al servizio di chi produce benessere e ricchezza, e a presidio dei beni e degli interessi di tutti. La cattiva ed eccessiva burocrazia è nemica di entrambi. Nel capitolo 9, dedicato alla “Semplificazione Pubblica” sono dettagliate le nostre proposte per rendere efficiente la burocrazia e i suoi costi sopportabili. Ha senso seguire pochi ma specifici criteri di azione: ridurre l'intermediazione pubblica ovunque possibile, digitalizzare, premiare il merito e soprattutto rendere trasparente bilanci e spese. Un tema determinante per la sopravvivenza delle Micro e delle Piccole Imprese è il peso della regolazione che troppo spesso non distingue tra questa categoria di aziende e le aziende di medio-grande dimensione. Il SISTRI, per esempio, è un sistema per il controllo della tracciabilità dei rifiuti non facile per qualsiasi categoria di imprese, ma assolutamente insopportabile e ingiustificabile per imprese di piccole dimensioni. Per le Micro e Piccole aziende diventano indispensabili strumenti di gestione della burocrazia come gli Sportelli Unici e le Agenzie delle Imprese, e ha senso valorizzare ulteriormente le Reti di impresa.

 

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I. Rendere più efficiente la giustizia commerciale Esiste un problema giustizia, il che dice molto dello stato dell’Italia: la giustizia sta alla base del contratto sociale e oggi è simbolo delle istituzioni che non funzionano. Sono possibili numerosi interventi pragmatici che possono dare un notevole contributo in termini di efficacia ed efficienza senza dover impantanarsi in tematiche "ideologiche". Nell’area della giustizia commerciale si possono creare sezioni di tribunali specializzate per materia oppure allineare al resto del mondo la disciplina dell’arbitrato civile, anche prevedendo poteri cautelari per gli arbitri. Se ne discute diffusamente nel Capitolo 10 (GIUSTIZIA E SICUREZZA). L. Liberalizzazioni Si può spingere ulteriormente sulle liberalizzazioni: abbiamo toccato con mano gli effetti positivi della prima liberalizzazione del mercato del gas (con cali complessivi delle bollette intorno al 7% già il primo anno), cominciamo a vedere gli effetti della liberalizzazione del credito (es. Minibond) e dell'RCA (es. Contratto standard). Bisogna spingere sui trasporti pubblici locali forzando il consolidamento delle oltre mille aziende inefficienti anche per la loro ridotta dimensione. Vanno contrastati gli affidamenti diretti, senza gara e quindi senza concorrenza. Si può introdurre la legge tassativa per cui nessun ordine professionale possa più in alcun modo emanare regole che finiscano per incidere sulla libertà di mercato e di concorrenza dei professionisti (per esempio cercando di vietare od ostacolare tipi di società o forme di pubblicità e di comunicazione professionale). --------------------------------------------------- Le leve di politica economica sono naturalmente più numerose, ma la breve elencazione di queste pagine serve solo per responsabilizzare la politica sulla necessità di guardare a tutti gli elementi che costruiscono la competitività e la produttività strutturali di un Paese.

 

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4. CULTURA E TERRITORIO Moltiplichiamo le nostre ricchezze tradizionali, valorizzando molto più di oggi beni culturali e ambientali, turismo, agricoltura e artigianato. A. Beni Culturali Puntiamo su Beni Culturali, Arti e Spettacolo, motori di identità e di sviluppo. • Riunire le responsabilità di tutela e valorizzazione oggi divise tra Ministero e Enti Locali con effetti spesso paralizzanti. Il Ministero e le Sovrintendenze devono mantenere la responsabilità di normativa e di controllo, mentre le responsabilità gestionali vanno affidate a strutture dedicate e legittimate ad operare senza i vincoli della Pubblica Amministrazione. • Dare ai principali "contenitori" di beni culturali (musei, siti archeologici, palazzi espositivi, ecc.) vera e propria dignità giuridica e organizzativa (es. fondazioni, società di scopo, ecc.) per metterli in condizione di operare con tutti gli strumenti gestionali dei loro "pari" nel mondo. La proprietà pubblica dei beni culturali e artistici non è in discussione: ciò che ci preme cambiare riguarda la loro gestione, anche attraverso modelli che prevedano combinazioni diverse di "azionisti" pubblici, privati non profit e privati profit nelle nuove entità descritte sopra. • Dare impulso alle arti contemporanee dove l'Italia sta rimanendo visibilmente indietro (forse l’unico evento veramente globale rimasto è la Biennale di Venezia!) Selezioniamo, per esempio i migliori artisti italiani delle ultime generazioni per realizzare opere di arte pubblica sul tema dell’identità italiana del XXI secolo. In accordo con le principali istituzioni finanziarie italiane, riattiviamo una politica di acquisti di opere di artisti italiani delle ultime generazioni. Contestualmente, allineiamo l’IVA a quella degli altri principali paesi europei e rimoduliamo i principali vincoli che limitano l'esportazione di certe tipologie di opere d'arte, per far rinascere il mercato dell'arte italiano, ghettizzato e reso provinciale da norme non più al passo con i tempi. Perché mercato dell'arte non significa affatto svendere il proprio

 

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patrimonio culturale, piuttosto vuol dire indotto, turismo culturale e migliaia di posti di lavoro e di opportunità. • Confermare gli incentivi fiscali e le quote di programmazione in vigore per il cinema estendendole anche alle serie televisive. Supportiamo inoltre la costituzione di un fondo di investimento per il talent scouting nel cinema, che potrebbe finanziare lo sviluppo di idee in fase iniziale, portandole a maturità e realizzazione. Cineasti italiani di chiara fama potrebbero essere associati per la selezione dei lavori da finanziare. • Estendere anche alle produzioni teatrali il tax shelter oggi previsto per il cinema. Si tratta di disposizioni che permettono la detassazione degli utili di impresa con la possibilità di beneficiare di uno scudo fiscale, per la parte di utili investiti nella produzione, esercizio, distribuzione e promozione di spettacoli teatrali, di rassegne e festival. Questa misura offrirebbe uno stimolo all’offerta teatrale da parte di imprenditori privati, e potrebbe essere coordinata con le attività finanziate dal Fondo Unico per lo Spettacolo, nonché con le sue modalità di funzionamento. • Investire sulle nostre capacità di eccellenza nel campo dei Beni Culturali (es. Istituto Nazionale di Restauro, Istituto Nazionale per le Pietre Dure, Istituto Nazionale del Libro) sviluppandone l'attività anche per conto di terzi sia in Italia che all'estero (potrebbe costituire elemento qualificante di Cooperazione Internazionale) e assumendo e formando specialisti in funzione della capacità di crescita • Superare il monopolio della SIAE per quanto riguarda la rappresentanza degli autori lasciando libertà di iniziativa e di organizzazione agli autori e agli editori. Va migliorato e in buona parte superato il regime dei diritti di utilizzazione economica delle opere intellettuali riconosciuti alla Pubblica Amministrazione – la Pubblica Amministrazione è titolare di diritti su migliaia di opere che restano chiuse nei cassetti e che andrebbero “liberate”. B. Ambiente

 

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La tutela dell'ambiente e del territorio deve essere portata finalmente in primo piano, per favorirne la valorizzazione, ma anche per garantire la sicurezza e la salute delle persone. Bisogna mettere la parola fine alla disinvoltura di certe politiche edilizie ad altissimo impatto ambientale, noncuranti delle condizioni idrogeologiche e sismiche del territorio, che mettono in serio pericolo le popolazioni e costano cifre enormi a disastro avvenuto. Ma tutelare l'ambiente e il territorio significa anche superare una volta per tutte il sistema delle discariche e affrontare con intransigenza e tolleranza zero quelle pratiche di smaltimento illegale dei rifiuti che da anni stanno letteralmente devastando grandi aree del nostro Paese, costituendo una serie minaccia per la salute dei cittadini. • In Italia non serve costruire ancora nelle aree non urbanizzate, puntiamo invece sul “Riuso” degli edifici esistenti, cioè sulla Rigenerazione Urbana Sostenibile già proposta dagli architetti italiani in collaborazione con grandi organizzazioni di categoria e associazioni a tutela dell’ambiente: riqualificare gli edifici esistenti – non costruirne di nuovi – significa renderli più sicuri e molto più efficienti dal punto di vista energetico con nuovi rivestimenti, coperture, impianti • Il trend crescente della migrazione della popolazione verso le città, con relativo incremento di produzione di PIL, impone di vincere la sfida del cambiamento in termini di miglioramento della mobilità sostenibile urbana, di collegamenti con i corridoi europei, di recupero del territorio, di servizi pubblici adeguati agli abitanti. • Prevediamo la raccolta differenziata obbligatoria. Eliminare in tempi brevi ogni forma di discarica rendendole tutte illegali (tranne naturalmente quelle che rientrano nel ciclo virtuoso della valorizzazione dei rifiuti). Equipariamo il reato di smaltimento abusivo di sostanze nocive al reato di strage. Liberalizziamo la circolazione dei rifiuti in Italia, tra le varie regioni, in modo da sfruttare appieno le risorse di termovalorizzazione già costruite. Commissariamo le Amministrazioni Locali che non garantiscono la raccolta differenziata in una certa proporzione e non assicurino la termovalorizzazione attraverso propri impianti o impianti comunque nazionali. Tra i rifiuti si devono comprendere anche le acque reflue, che vanno trattate negli appositi impianti pubblici o privati e va favorita la valorizzazione energetica dei

 

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fanghi. • Serve un grande piano di riassetto idrogeologico e di prevenzione antisismica, attraverso investimenti considerabili “self-financing” (autofinanzianti perché evitano gravi costi futuri) anche ai fini della copertura e/o utilizzando una parte dei Fondi Strutturali. La situazione in Italia è potenzialmente drammatica e si deve correre ai ripari quanto prima: si deve procedere ad un piano programmatico individuando priorità e investimenti: più cantieri per piccole e medie opere per il recupero, meno interventi per "disgrazie" prevedibili, meno morti e, di conseguenza, più risorse per sviluppo e crescita. • Confermiamo la recente legislazione tesa a contrastare il consumo di terreno agricolo per nuove edificazioni e puntare al recupero delle aree da bonificare, con incentivi e agevolazioni per le imprese e gli enti che si facciano parti diligenti nelle attività di bonifica. • Dare priorità all’efficienza energetica e a tutti gli obiettivi della SEN: riduzione dei costi energetici, riduzione delle emissioni e dell’impatto ambientale, rinnovabili, miglioramento della sicurezza ed indipendenza di approvvigionamento e sviluppo della crescita economica. Tra gli interventi possibili in questo ambito: • Il rafforzamento di standard minimi e normative, in particolare per quanto riguarda l’edilizia (per nuove costruzioni o rifacimenti importanti), il settore dei trasporti (anche in recepimento di normative europee) e l’insieme dei prodotti rientranti nel campo di azione della direttiva Ecodesign, rafforzando anche le azioni di controllo e sanzione. • L’estensione nel tempo di detrazioni fiscali, prevalentemente da dedicare in modo specifico al settore delle ristrutturazioni civili (le detrazioni al 55% sono ad esempio una misura recentemente prolungata e rafforzata). • L’introduzione di incentivazione diretta per gli interventi della Pubblica Amministrazione – impossibilitata ad accedere al meccanismo delle detrazioni fiscali – tramite il cosiddetto ‘Conto Termico’ recentemente emanato. Per la PA è inoltre prevista la definizione di standard contrattuali obbligatori basati sul miglioramento delle prestazioni energetiche, con il potenziamento dello strumento attuale del Contratto Servizio Energia e la definizione di sistemi ad hoc per

 

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misure e verifiche. • Il rafforzamento degli obiettivi e del meccanismo dei Certificati Bianchi (o Titoli di Efficienza Energetica – TEE), prevalentemente dedicati ai settori industriale e dei servizi, alla promozione di interventi di risparmio di energia di valenza infrastrutturale in settori finora poco interessati (ITC, distribuzione idrica, trasporti). • Per i servizi idrici, è necessario superare le difficoltà che ostacolano gli investimenti nella rete idrica e fognaria, derivanti soprattutto dalle forti resistenze al cambiamento da parte di alcuni stakeholder coinvolti (es. enti locali, municipalizzate) e dal risultato del referendum del 2011 che rende difficile il finanziamento degli ingenti investimenti. C. Turismi I turismi costituiscono in Italia una delle più importanti risorse economiche, rappresentando spesso in certe aree la risorsa principale. E' quindi un veicolo di ricchezza e di numerosi posti di lavoro: dovrebbe essere una delle priorità di un Paese come il nostro, dove invece manca un coordinamento delle politiche per il turismo. O, meglio, per i turismi: non esiste un unico tipo di turismo, ma esistono tanti diversi tipi di turismo: il balneare è diverso dal culturale, il congressuale è diverso dal religioso, lo sportivo dall'enogastronomico, e così via. Ciascuno ha un diverso potenziale e un diverso grado di interesse per l’Italia e le sue diverse regioni. Urge realizzare un Piano Strategico Nazionale per i Turismi volto ad azioni mirate sulla promozione, il controllo qualitativo dell'offerta e l'identificazione di una "regia centrale" che svolga il ruolo di interlocutore anche per tutte le realtà locali che si occupano di turismo e che risultano totalmente scoordinate con quella che dovrebbe essere una offerta integrata e multisettoriale. Si può invertire la rotta, facciamolo. • La regia centrale-nazionale serve per svolgere attività che, frammentate come sono oggi, portano solo a sprechi di denaro come la promozione internazionale (20 piccoli budget promozionali regionali

 

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hanno molto meno efficacia di un grande budget nazionale come fanno gli altri Paesi). • La regia centrale serve per uniformare le norme riguardanti le regole e gli standard relativi all'offerta turistica e che oggi sono inutilmente spezzettate, a livello non solo regionale, e costituiscono un ulteriore disincentivo allo sviluppo. La regia centrale deve poter diventare una valida interlocuzione per i molti investitori internazionali del settore che oggi, spesso, rinunciano a progetti anche rilevanti per la difficoltà della governance di questo settore. • La regia centrale serve per essere interlocutore credibile e forte sulle decisioni strategiche nazionali in termini di infrastrutture, programmi di riassetto idrogeologico, progetti di valenza nazionale in genere che necessitano di mobilitare intorno a beni culturali o ambientali particolarmente rilevanti o ad eventi rilevanti la collaborazione attiva di molte amministrazioni centrali e locali oltre che le forze sociali e i settori sinergici come artigianato e agricoltura. • Va incentivato lo sviluppo di reti multisettoriali orizzontali per un'offerta turistica integrata e armonica, che tenga conto di tutti gli attori e i fattori in gioco nell'offerta turistica. D. Agricoltura L'agricoltura necessita sia di specifici interventi di riordino istituzionale che di misure a sostegno della filiera (ricerca, produzione e distribuzione), dei veri imprenditori agricoli e della produzione agricola italiana. • Sotto il profilo istituzionale del riordino di norme e istituzioni preposte al settore agricolo, è necessario: • rendere più chiare e omogenee a livello nazionale le varie norme regionali urbanistiche e autorizzative con impatti sulle attività agricole, anche tramite la revisione del Titolo V della Costituzione; • attribuire al Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali competenze che oggi sono sparse tra altri Ministeri: ad esempio i controlli veterinari (sotto la Salute) e la competenza

 

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alimentare fino alla seconda trasformazione (oggi sotto il Ministero dello Sviluppo). • Al fine di sostenere la filiera agricola dalla fase di ricerca a quella di distribuzione, passando per la produzione, oltre a priorità rilevanti per l’intera economia – infrastrutture, energia, fisco, ecc.– è necessario agire su molteplici leve: • Va progressivamente allargata la Superficie Agricola Utilizzata, oggi insufficiente per far fronte al fabbisogno di produzione nazionale (la Superficie Agricola Utilizzata in Italia è pari a circa 12,8 milioni di ettari e si è ridotta di molto negli ultimi anni, basti pensare che era di oltre 16 milioni nel 1980). Avviare una grande operazione di dismissione dei terreni di proprietà pubblica e di revisione della normativa sulle aree agricole abbandonate • E' importante incentivare le aggregazioni sia a livello di singole imprese sia con forme di aggregazioni, cooperative, reti di impresa (specifiche per il settore) e organizzazioni di produttori per accrescere il potere contrattuale (es. nei confronti di forniture di grande distribuzione) e fronteggiare meglio l’incremento dei costi e le necessità di investimento per lo sviluppo all’estero. E’ chiaro che gli incentivi dovranno riguardare solo aggregazioni che raggiungano una certa grandezza e che siano composte da realtà agricole vere, sane e operative. • Assicurare la tutela del prodotto italiano nel mondo ed il controllo della filiera a tutela del consumatore. • Favorire e supportare la nascita di catene di commercio e distribuzione all’estero, in modo da creare vere e proprie filiere produttive e non solo presenze autonome legate più che altro ai grandi brand italiani. Il tutto, incentivando la creazione di una rete commerciale che favorisca poi l’ingresso di aziende nazionali. • Le strategie per la biodiversità richiedono una rivisitazione e la definizione di nuovi indirizzi gestionali non solo per il sistema delle aree protette, ma anche nelle politiche per lo sviluppo rurale. Il fenomeno diffuso dell’abbandono colturale e quello della successiva

 

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forestazione richiedono una diversa e più ampia valutazione dei loro effetti. Inoltre, è necessario includere nelle strategie e nelle azioni di tutela e conservazione della biodiversità anche i concetti di diversità bio-­‐‑culturale come elemento chiave per la corretta interpretazione delle caratteristiche ambientali del territorio italiano. • E’ opportuno sviluppare una politica di recupero delle aree forestali ispirata al concetto di multifunzionalità, che consenta di cogliere le opportunità di diversificazione delle attività e di sviluppo del territorio, coniugando le esigenze culturali e ambientali con quelle produttive, attraverso un percorso comune tra interessi privati e pubblici che non può prescindere dal riconoscimento dell’importante ruolo svolto dagli operatori forestali nella montagna italiana. • Anche nel settore agricolo va esteso l’uso dei cosiddetti “voucher” per la remunerazione dei lavori stagionali, semplificando le procedure per le assunzioni di lavoratori. E. Artigianato L'artigianato porta con sé milioni di posti di lavoro molto più difendibili dalle minacce della globalizzazione di quelli di altri settori. Per non parlare dell'enorme sviluppo ormai tangibile che può avere la figura dell'artigiano digitale. Si sta affermando, grazie alle tecnologie, una nuova e più ampia forma di Impresa Artigiana che si esprime sempre di più nel primato della qualità dei prodotti e nelle relazioni dirette tra l'imprenditore e il suo cliente al di là di ogni costrizione legislativa. Va quindi ripensata la Legge Quadro dell'Artigianato, prendendo a modello l'ordinamento tedesco che consente di ampliare questa tipologia di imprese senza vincoli obsoleti in termini di forma giuridica o di bassissimo numero di dipendenti. E inoltre serve: • Valorizzare la formazione professionale e tecnica in stretto collegamento con il mondo artigiano. L’interazione attiva con il tessuto economico dovrebbe essere parte integrante di questa offerta formativa. Introduciamo percorsi formativi di livello terziario per

 

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giovani che vogliono intraprendere e completare un percorso nel mondo delle arti applicate, seguendo l’esempio delle esperienze internazionali di maggiore successo. • Mettere a disposizione un vero contratto di apprendistato integrato con le scuole professionali e tecniche di settore e basato sulla formazione on the job. I contributi pubblici per pagare l’onere della formazione dovrebbero essere vincolati al raggiungimento di adeguati e verificabili livelli di professionalità raggiunti. • Dotarsi di strumenti di finanziamento degli investimenti disegnati sulle esperienze delle imprese artigiane (modello Artigiancassa). F. Mezzogiorno Si può e si deve amare il Sud, che costituisce una risorsa immensa per l'Italia e per l'Europa. E' arrivato il momento di realizzare azioni forti che portino a risolverne davvero le problematiche di fondo, storicizzate e incancrenite, eliminando quell'approccio assistenzialista rivelatosi fino ad oggi fallimentare. La soluzione ai problemi del Sud potrà venire da modelli di sviluppo economico disegnati intorno alle forze - tante - che le regioni del Sud possono mettere in campo e dimenticandosi i tragici errori di modelli importati e insostenibili. Bisogna prendere atto che il Sud non è e non sarà mai più industria pesante - anche se dovremo salvaguardare al meglio taluni investimenti fatti. Il Sud invece può e deve essere anche industria moderna e ad alto valore aggiunto e, fortunatamente, gli esempi di successo sono moltissimi e una classe di validi imprenditori industriali è ormai presente in tutte le regioni. • Si può far crescere il Sud nell'agricoltura e nell'alimentare grazie alla sua conformazione, alla sua collocazione e alla sua tradizione e, naturalmente, sfruttando la forza del brand Italia. Serve fare un salto di qualità soprattutto per promuovere la distribuzione sui mercati internazionali. La cultura agroalimentare può diventare fonte di attrazione per giovani da tutto il mondo e, al tempo stesso, immagine da esportare all’estero.

 

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• Si può far diventare il Sud protagonista nel turismo mondiale, ma solo se in ciascuna categoria di turismo si saprà mettere a punto e gestire una offerta turistica di qualità internazionale: oggi, in troppi casi, non è così. • Il Sud ha un grande spazio di valorizzazione di mestieri tradizionali unici e di artigianati preziosi che oltre ad essere sinergici con il tema del turismo hanno oggi a disposizione strumenti di collocazione nel mondo inimmaginabili solo pochi anni fa: a partire dall'e-commerce. • Si può fare del Sud una terra di startup a patto di saper creare un ecosistema adeguato. Ma il Sud è soprattutto il centro del Mediterraneo e può proporsi come: • Centro logistico del Mediterraneo, valorizzando porti e altre infrastrutture che oggi sono in parte inadeguate e in parte sottoutilizzate • Centro di formazione delle classi dirigenti del Mediterraneo, anche sull’onda dell’Erasmus euromediterraneo • Centro sanitario di eccellenza del Mediterraneo, come in alcuni casi ha già dimostrato di saper essere Tutto questo a condizione di puntare in tutti i campi al meglio: a condizione, cioè, di avere i migliori porti e centri logistici e ferrovie, di avere università e ospedali di eccellenza. Niente di tutto ciò succederà senza un ruolo trainante delle classi dirigenti locali e senza una Amministrazione Locale all'altezza. Cosa può metterci di straordinario lo Stato Centrale? • Un impegno storico in tema di collegamenti. Dedichiamo la grande maggioranza di tutti i Fondi Strutturali che riusciamo a recuperare a collegare il Sud all'Italia ammodernando in particolare le ferrovie e i porti per essere effettivamente parte integrante dell’Europa e baricentro del Mediterraneo. • Uno sforzo particolare in tema di sicurezza e sistema di

 

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giustizia, per appoggiare un impegno locale senza precedenti e per rompere il circolo vizioso di clientelismo-corruzione-criminalità. • La stessa gestione dei fondi europei per la coesione va completamente riorganizzata, con l'obiettivo di utilizzare i fondi per iniziative che alimentino e valorizzino la produttività del territorio al di là della semplice promozione. Si può centralizzare l’utilizzo dei fondi concentrandoli su pochi grandi progetti strategici di lungo respiro a cui venga data (anche per legge se necessario) priorità assoluta da parte di tutte le istituzioni coinvolte. Di contro, va fatta una lotta senza quartiere ai micro progetti inutili che sino ad oggi sono stati finanziati con enorme dispersione di risorse. Il livello di vita civile nelle regioni del Sud, la qualità dell’Amministrazione, dei Servizi Pubblici - dalla Scuola alla Sanità - non può essere chiesto ad altri che alle classi dirigenti e alla gente del Sud. Ma tutto ciò che può venire “da fuori” non modificherà il declino del Sud. Serve un grande impegno civile e grande responsabilità del Sud per il Sud.

 

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5. ISTRUZIONE

Puntiamo su scuola, istruzione e formazione per sviluppare l’occupazione, ma anche la cittadinanza.

L'importanza dell'istruzione è fondamentale sia per la competitività sia per la coesione sociale. Dinamismo, ascensore sociale, qualità della partecipazione civile, tutto alla fine dipende dalla qualità della scuola. Tanto più è vero in un Paese che deve giocarsi il suo ruolo nella globalizzazione non sul dumping sociale ma sulla qualità e sull'innovazione. Possiamo essere contenti del nostro livello di scuola? Produce certamente persone di qualità mondiale (e lo dimostrano i cervelli in fuga), però produce tanti disoccupati. Al tempo stesso non produce molte competenze che le imprese vorrebbero e non trovano. E, soprattutto, perdiamo moltissimi ragazzi e ragazze per la strada. A. Vanno ripensati i contenuti e i metodi: per il futuro, non per il passato. Il passaggio dall’alto in basso di nozioni è la cosa più inutile che possiamo dare alle giovani generazioni. • In un mondo imprevedibile e in continuo cambiamento ciò che importa è imparare a imparare, le nozioni e le tecniche diventano subito vecchie. Serve sviluppare la curiosità e imparare un metodo. • In un mondo dove si vince di creatività, di imprenditorialità, di innovazione bisogna insegnare il gusto del rischio, la convivenza con l'errore, la bellezza della diversità, e serve mettere i giovani in contatto con l'arte - tutte le arti - e far loro apprezzare fin da giovanissimi la bellezza delle diversità. Nel contempo bisogna insegnare il gusto del rischio e la convivenza con l’errore. • In un mondo di informazione infinita e disponibile bisogna insegnare lo spirito critico, la capacità di gerarchizzare, selezionare, collegare. • In un mondo di interculturalità e di interdisciplinarità bisogna insegnare non solo l'inglese come l'italiano, ma il lavoro di gruppo,

 

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l’educazione civica, le tecniche di collaborazione, la comunicazione e gestione di progetti, la disponibilità alla contaminazione tra saperi. • In un mondo di sistemi sempre più complessi per specializzazione e interconnessione bisogna puntare sia su grande specializzazione e qualità di livello mondiale (la mediocrità non ha più spazio) sia su competenze di comprensione e gestione sistemica e di cultura sintetica. • Un ulteriore obiettivo, sicuramente alla nostra portata e in grado di creare enormi opportunità nella vita dei giovani è quello di aumentare esponenzialmente il numero dei ragazzi e delle ragazze che riescono a passare un periodo significativo di studio all'estero durante la scuola secondaria e/o durante l'università e di coloro che possono venire a contatto con realtà del mondo del lavoro. B. Si può guadagnare un anno di vita e ridurre la dispersione scolastica • Ripensiamo i cicli scolastici per guadagnare un anno di vita: passare dagli attuali 13 a 12 anni di scuola primaria e secondaria, ma portare tutti al diploma di scuola media superiore. • Ridurre la dispersione scolastica, nella scuola secondaria, attraverso un miglior orientamento e un miglior collegamento tra mondo del lavoro e mondo della formazione. Perdiamo tanti perché non sanno nemmeno cosa offre il mondo del lavoro, non conoscono i nuovi mestieri e le nuove opportunità di crearsi un lavoro. Dobbiamo offrire, a chi entra a scuola, una panoramica di cosa c’è di nuovo nel mondo del lavoro, quali tendenze e quali opportunità. Tutti devono essere in condizione di scegliere a ragion veduta: serve maggiore trasparenza su fabbisogni del mercato, sugli esiti dei diversi corsi di studio, sui risultati formativi dei diversi istituti. • Va riqualificata l’istruzione tecnica e professionale in collaborazione con il mondo delle imprese. Serve maggior collaborazione del mondo dell'impresa e del mondo della scuola nel programmare i fabbisogni; occorre valorizzare gli Istituti Tecnici e diffondere gli Istituti Tecnici Superiori per garantire educazione terziaria

 

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senza dover passare per l'università che non è adatta a fornire questo tipo di formazione; vogliamo riqualificare la formazione professionale integrandola con quella tecnica e recuperando le enormi risorse oggi sprecate in questo settore. C. Si può garantire maggiore Autonomia e Apertura • Autonomia deve voler dire poter scegliere, almeno in parte, i professori, con un ruolo chiave dei dirigenti scolastici (e ci sono esperienze interessanti da cui imparare come le Charter School americane). Autonomia deve voler dire disporre di know how e di un minimo di risorse finanziarie per realizzare concretamente le sperimentazioni. • Autonomia si porta dietro: apertura. Diritto per tutti alla scuola pubblica di qualità, ma apertura significa anche parità vera tra pubbliche e paritarie. D. Si può portare maggiore meritocrazia nella scuola e nell’università • Chi è bravo deve poter arrivare fino al massimo della formazione anche se non in possesso dei mezzi per mantenersi agli studi: oggi non è così. Prevediamo un sistema di voucher per gli studenti meritevoli, da includere nel budget destinato al welfare famigliare. • Rispettiamo la competenza e premiamo il merito. Molto maggior rigore nei criteri di inserimento degli insegnanti. Premiare in termini di carriera, di stipendio e di graduatorie gli insegnanti con buoni risultati formativi, che fanno ricerca e aggiornamento, che si impegnano più degli altri. • Le risorse per le scuole e le università devono essere, almeno in parte, collegate ai risultati formativi dimostrati. Cultura della valutazione e delle valutazioni riconosciute internazionalmente (es. sui livelli di inglese e valutazioni PISA), evitando di confondere autonomia con anarchia nei criteri di valutazione.

 

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• Portiamo le rette universitarie a livello dei costi standard, prevedendo sconti in funzione del reddito, borse di studio per i meritevoli, prestiti d'onore, ecc. • Defiscalizziamo le donazioni di privati alle Scuole di ogni ordine e grado, rendendole deducibili come quelle del mondo non-profit. • Non c'è ragione di mantenere il sistema dei fuori corso in Università. Esiste il diritto allo studio ma non il diritto al titolo di studio. Basta con il 3+2 al ribasso. • Autonomia e meritocrazia portano con sé, a livello universitario, l'abolizione del valore legale del titolo di studio e la conseguente responsabilizzazione sui risultati formativi. E. Investiamo in edilizia scolastica, e favoriamo anche grazie a strutture migliori un’alleanza tra scuola e mondo dello sport per promuoverne i valori e generare benessere.

• Serve un grande piano di edilizia scolastica: ciò che il Governo ha avviato negli scorsi mesi è solo l’inizio. Serve razionalizzare il patrimonio edilizio scolastico oggi frammentato tra troppe diverse responsabilità. Mettere mano all’efficienza energetica delle nostre scuole di ogni ordine e grado potrebbe attivare molti miliardi di investimenti distribuiti sul territorio in grado di autofinanziarsi. • Per aiutare la buona salute dei bambini e dei giovani (siamo uno dei Paesi con il più alto tasso di obesità infantile) e la loro inclusione sociale e civile, assume grande importanza lo sport. Si può favorire il rinnovo degli impianti sportivi - in particolare quelli appartenenti a plessi scolastici - e una grande alleanza tra le decine di migliaia di scuole d'Italia e le altrettante associazioni sportive per assicurare effettiva educazione e pratica sportiva a tutti coloro che frequentano la scuola, la diffusione degli sport e l'utilizzo degli impianti per tutte le ore della giornata a favore di tutte le comunità locali.

 

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• Diamo nuove risorse e nuova linfa ai campionati tra squadre scolastiche e universitarie, nelle diverse discipline sportive: non c’è ossigeno migliore della sana competizione, per motivare all’eccellenza i nostri studenti. L’educazione fisica deve tornare ad essere materia primaria a scuola, e non certo marginale come si è voluto ridurla, con miopia, negli ultimi decenni.

 

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6. FAMIGLIA E TERZO SETTORE

Vogliamo soddisfare i bisogni urgenti delle famiglie sulla base del riconoscimento della loro funzione per la persona e per la comunità - e in particolare delle donne - rafforzando welfare, sussidiarietà/autorganizzazione e non profit.

La politica è lontana dai problemi concreti delle famiglie sulle quali si scaricano tutte le pressioni della crisi e non risponde alle esigenze delle donne che delle famiglie sono l'architrave portante. Le nuove povertà sono spaventose e toccano milioni di persone e con particolare violenza i bambini. Aiutare le famiglie è una delle risposte più concrete. A. “Priorità reddito”, nell’arco di tre anni mettiamo almeno 150 miliardi di soldi veri in tasca ai lavoratori. • Offriamo l’opzione a tutti i lavoratori di ricevere in busta paga da ora in avanti il TFR (solo quello futuro e non il pregresso) - circa una mensilità aggiuntiva - senza oneri fiscali e contributivi (venendo incontro alle eventuali esigenze finanziarie che ciò provoca alle aziende attraverso il Fondo Centrale di Garanzia). • Mettiamo in condizione le imprese più produttive di pagare fino a due mensilità aggiuntive senza oneri fiscali e contributivi a fronte di accordi di produttività a livello aziendale. • Alleggeriamo il carico fiscale sulle famiglie di almeno 20 miliardi all’anno: come specificato nel capitolo sulla riduzione delle tasse, per chi ha figli minorenni e altri famigliari non autosufficienti a carico (coprendo almeno in parte l'onere rivedendo il coacervo delle attuali detrazioni/deduzioni). • Utilizziamo le risorse degli “80 Euro” per venire incontro alle situazioni di povertà più estrema. B. Priorità Figli. Un paese civile deve garantire asili nido e scuola materna per tutti (anche attraverso iniziative di autorganizzazione,

 

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aziendali e in generale di Terzo Settore) e scuola elementare a tempo pieno per tutti. Senza questi presupposti sarà inutile parlare di eguaglianza di partenza, ma soprattutto sarà inutile parlare di facilitare il lavoro delle donne fuori di casa. Priorità figli e priorità donne sono strettissimamente collegate. C. Priorità Casa. La casa è ancora un problema per moltissime famiglie. Non c’è una soluzione facile al problema, ma è necessario attivare moltissime leve. • Accelerare i programmi di housing sociale già finanziati/finanziabili e riavviare programmi di edilizia popolare evitando i disastri gestionali del passato e valorizzando una parte del patrimonio abbandonato/sottoutilizzato degli enti locali. • Abbattere - almeno temporaneamente - il costo di transazione per compravendita di abitazioni sotto un certo valore, riavviare il mercato dei mutui attraverso adeguata regolazione e pieno uso di Cassa Depositi e Prestiti e del Fondo Centrale di Garanzia.

D. Priorità anziani e famigliari non autosufficienti. Moltissime famiglie hanno a loro carico la cura di persone non autosufficienti: anziani e portatori di handicap gravi o gravissimi. Soprattutto il numero degli anziani non autosufficienti è destinato ad esplodere e non siamo pronti all'impatto. • Sotto un certo livello di reddito va o incrementato l’assegno di accompagnamento o sostituito con dei buoni-badante che permettano una effettiva assistenza in famiglia (per lo Stato sarebbe immensamente più costoso garantire assistenza attraverso strutture sanitarie). • Va diffusa l’assistenza domiciliare valorizzando il ruolo del Terzo Settore e la finanza d’impatto. • Introduciamo il sistema dei voucher fiscalmente agevolati per tutte le spese famigliari destinate a servizi socio-assistenziali e

 

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scolastici senza limiti di reddito, secondo il modello francese: badanti, assistenza domiciliare, colf, babysitter, altri servizi di welfare e di istruzione per la famiglia. In un colpo solo si combatte l’evasione fiscale e contributiva nel settore del welfare privato, si aiutano i genitori e si lascia totale libertà di scelta dei servizi e dei lavoratori alle famiglie. • Per venire incontro ai bisogni di coloro che non sono in grado di vivere da soli né presso la famiglia di appartenenza vanno incoraggiate le iniziative di maggiore qualità nel campo della non-autosufficienza e della longevità attiva (es. OIC di Padova). • Va introdotta l’assicurazione universale per la non auto-sufficienza dirottando su questo punto una parte dei fondi oggi destinati ad altre attività demandate ai vari Enti Bilaterali (es. formazione). * * *

Di sussidiarietà, di autorganizzazione e di Terzo Settore, poi, potremmo parlare in quasi tutti i capitoli del piano di Italia Unica, perché attengono a una visione della nostra società dove, alla componente del privato profit e alla componente pubblica, si aggiunge, a pari merito, anche la componente del privato non profit o low profit. Una visione della società dove viene lasciato più spazio all'autorganizzazione delle nostre comunità in un numero crescente di settori. Una visione della società dove attraverso il Terzo Settore si può destatalizzare senza necessariamente privatizzare. Proprio la cooperazione e l’associazionismo sociali possono fungere da fortissimi anticorpi e antidoti alle mafie, soprattutto nei contesti più colpiti e pervasi da forme di infiltrazione: fornire servizi essenziali ai cittadini, in concorrenza libera e responsabile e in alternativa alle soluzioni pubbliche, può disinnescare potentati illeciti e rimettere in discussione il concetto stesso di “controllo mafioso del territorio”. Naturalmente per accettare questa sfida il Terzo Settore deve fare una grande strada di rafforzamento, ma non c'è dubbio che molti dei crescenti bisogni delle persone, delle famiglie e delle comunità non

 

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potranno essere soddisfatti senza puntare strutturalmente su forme più o meno innovative di Terzo Settore. Il Terzo Settore può trasformare in realtà concreta la longevità attiva. Le principali proposte strutturali sono: • Conferire al Terzo Settore uno statuto giuridico speciale e autonomo (oggi sul piano giuridico esistono di fatto solo il privato e il pubblico) e approvare una nuova legge sull'impresa sociale che ne allarghi i settori di attività a tutti i beni comuni e permetta la raccolta di capitale anche se con precise limitazioni sulla distribuzione di dividendi. • Reintrodurre il servizio civile universale (con chiare regole per evitare abusi ed eventualmente con limiti quantitativi) che si occupi anche di beni culturali e non solo di servizi sociali, e prevedere l’istituzione di un Corpo di Cooperatori internazionali. • Distribuire il 100% del 5 per mille senza tetti e, secondo lo schema dell’8 per mille, facendo arrivare a ciascuna organizzazione esattamente quanto le spetta, eliminando ogni trattamento penalizzante rispetto a quanto previsto anche per i partiti politici. • Scommettere sui singoli italiani. Premiare le donazioni di privati cittadini verso il Terzo Settore ma anche verso altri privati cittadini in stato di comprovata povertà, con detrazioni d’imposta che incentivino la cittadinanza solidale attiva. • Valorizzare la finanza di impatto in tutte le sue forme, attivando iniziative che con il risparmio e i benefici procurati alle casse pubbliche possano giustificare i loro investimenti. • Creare un’Authority/Agenzia per il Terzo Settore (recuperando persone e strutture da altri enti) o creando un dipartimento presso la Presidenza del Consiglio/Ministero della Salute e del Welfare.

 

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7. SANITA’

Oggi il numero di persone che in molte parti d'Italia non ricevono un servizio adeguato per qualità, per tempistiche di attesa e per non sostenibilità dei ticket è molto alto e crescente. Il sistema sanitario nazionale rischia di collassare e quindi di creare la massima delle ingiustizie. La malattia della sanità è profonda e mette a rischio la sua stessa sostenibilità: non può mantenersi una sanità fatta di venti sanità diverse in cui ogni Regione si inventa regole e parametri. Non può garantire qualità un sistema così permeato di clientelismo e partitocrazie. Non è più tollerabile che si debbano tagliare servizi essenziali ma contemporaneamente si vogliano mantenere strutture pleonastiche (es. abbiamo in molti campi più centri specialistici che in qualsiasi parte d'Europa) o inefficienti (es. micro ospedali del tutto inadeguati). E quindi: • Depoliticizzare completamente la sanità. Oggi la Sanità pubblica è sostanzialmente in mano ai partiti che governano le singole Regioni: dobbiamo escludere l’ingerenza della politica e dei partiti dalla nomina dei manager della sanità e quindi garantire la trasparenza nelle selezioni, l’oggettività nelle valutazioni e un quadro chiaro per definire l'eleggibilità/compatibilità. I primari vanno selezionati sulla base di concorsi nazionali se non addirittura internazionali. • Selettività e rispetto delle regole. E’ chiaro che non è possibile garantire a tutti, tutti i servizi sanitari a titolo gratuito. E’necessario che il contributo di ciascuno sia corrrelato alle effettive condizioni economiche. Non è tollerabile il livello di abuso che in questo campo esiste soprattutto in certe regioni. • Razionalizzazione: non 20 sanità diverse ma un solo Servizio Sanitario Nazionale. Costi standard allineati a quelli delle migliori regioni. Dobbiamo restituire al livello centrale (Stato) alcune funzioni strategiche e di indirizzo che consentano di definire regole e standard utili a confrontare le diverse realtà regionali al fine di garantire ai

 

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cittadini una reale uguaglianza del “diritto alla salute” su tutto il territorio nazionale. Attribuire rilievo a centri di eccellenza nazionali ed ai centri di formazione e ricerca, in particolare nei policlinici universitari • Separazione delle attività di programmazione e controllo (Ministero più ASL) dalle attività di gestione e fornitura di servizi sanitari: oggi è tutto confuso. • Destinare maggiori risorse e programmazione alla cura delle patologie croniche, soprattutto perché correlate al crescente invecchiamento medio della popolazione. • Integrazione di Sanità Regionale e Assistenza Comunale, puntando al massimo sull'assistenza domiciliare grazie all’uso delle nuove tecnologie e dalla completa attuazione della normativa sui servizi assistenziali territoriali aggregati e integrati, valorizzando al massimo il ruolo dei Medici di medicina generale e dei Pediatri di libera scelta. Assistenza domiciliare anche attraverso il Terzo Settore con una buona dose di finanza di impatto potrebbero rendere la vita più leggera a migliaia di famiglie e alleggerire enormemente le strutture ospedaliere. • Superamento di tutti gli scogli burocratici legati a una malintesa idea di “privacy” e introduzione del principio per cui il trattamento di dati personali in sanità deve essere elettronico: la carta deve diventare l’eccezione e non la regola. • Puntare molto sulla prevenzione, premiando anche fiscalmente – con agevolazioni sui contributi – chi si sottopone a controlli periodici per prevenire determinate malattie. In Italia si calcola che la maggioranza dei decessi sia dovuto a malattie croniche, che potrebbero essere in parte evitate con un adeguato stile di vita, attività sportiva e controlli costanti. • Introduzione di un’assicurazione universale e obbligatoria per la non autosufficienza. Nello spirito di questo programma, che non vuole creare nuovi oneri per gli italiani, la proposta è di destinare una quota degli attuali contributi, che oggi gravano sulle buste paga, a favore dei cosiddetti enti bilaterali per innescare un sistema simile a quello già oggi già funzionante in Germania.

 

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8. DEMOCRAZIA

Rinvigoriamo la nostra democrazia e le nostre Istituzioni semplificando Parlamento, Governo e Federalismo.

Il nostro sistema istituzionale e amministrativo è sostanzialmente inceppato: tutto è diventato lunghissimo e complicatissimo, in moltissimi campi non è più chiaro né chi ha la responsabilità di decidere né chi risponde delle decisioni prese. Serve chiarire, ma soprattutto semplificare in maniera drastica. A. Semplificare le Istituzioni per irrobustirle • Prima di tutto, si deve favorire la partecipazione elettorale, la creazione di alleanze solide e la governabilità. In un Paese democratico, lo Stato di diritto deve garantire ai cittadini la possibilità di essere governati da persone capaci e scelte nella piena libertà. Le leggi in materia di partecipazione elettorale e governabilità devono avere l'obiettivo di consentire la formazione di governi stabili, espressione vera della maggioranza di cittadini che li ha eletti. Servono sistemi maggioritari che favoriscano la partecipazione dei cittadini, la selezione qualitativa dei candidati, la formazione di alleanze/governi il più possibile stabili. Il sistema elettorale che vogliamo è maggioritario a doppio turno di coalizione, con possibilità di ulteriori alleanze al secondo turno. La maggioranza dei seggi nell’unica Camera legislativa viene attribuita alla lista o coalizione di liste che raccoglie la maggioranza assoluta di consensi al primo turno. Se ciò non accade, le prime due liste o coalizioni di liste per numero di consensi partecipano al ballottaggio. Si può immaginare di estendere il ballottaggio a tutte le liste o coalizioni di liste che hanno raggiunto un certo livello di consenso. Al ballottaggio è possibile stringere accordi con le liste o coalizioni di liste che non hanno passato il primo turno, e dividere con esse il premio di maggioranza in caso di vittoria. L’attribuzione di un premio di maggioranza su doppio turno consente la formazione di una maggioranza stabile, mentre l’elezione dei singoli parlamentari il più possibile in collegi uninominali consente l’instaurazione di un legame

 

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rappresentativo forte tra l’eletto e il territorio, e allo stesso tempo non ha gli svantaggi delle preferenze, che favoriscono il voto clientelare e ostacolano il rinnovamento delle classi dirigenti, dal momento che i “pacchetti” di preferenze quasi sempre seguono i vecchi signori che ne dispongono, lasciando pochi margini agli “outsider”. • Aboliamo del tutto il Senato. Semplifichiamo il lavoro del Parlamento con una sola Camera. Temiamo che, se si mantiene la Camera dei Deputati e si danno nuovi compiti al Senato, alla fine il risparmio di tempi e di soldi sarà minimo. • Delegifichiamo anche il più possibile. Al contempo, però, prevediamo che - salvo eccezioni - ogni legge debba essere dettagliata e direttamente applicabile senza passare da decreti attuativi. Riordiniamo le leggi esistenti in Testi Unici comprensibili e coerenti, a cominciare dal lavoro. Creiamo corrispondenza tra Commissioni parlamentari e la nuova struttura organizzativa semplificata del Governo. • Semplificare il Governo: ridurre al minimo i Ministeri (max 10-12) raggruppando per chiare responsabilità (es. per esempio creando un forte ministero dei Beni Culturali, Beni Ambientali, Turismi e Sport, mettendo sotto lo stesso tetto Sanità e Welfare, coordinando sotto lo stesso ministero i tavoli di crisi aziendale e la gestione degli ammortizzatori sociali, ecc.) e rafforzando il ruolo della Presidenza del Consiglio (es. la Ragioneria Generale e il Bilancio dello Stato devono essere alle sue dirette dipendenze) e del Presidente del Consiglio (es. nomina e sostituzione dei Ministri). • Ridurre l'effetto paralizzante dei cosiddetti "concerti decisionali" riducendone l'uso eccessivo, ma soprattutto definendo precise tempistiche e modalità di risposte e di risoluzione dei disaccordi tra Ministeri. Si deve al contempo chiarire la responsabilità diretta dei Ministri su tutti gli atti politici dei loro ministeri (Decreti, Regolamenti, ecc.). • Semplificare il Federalismo: è fondamentale rimediare ai disastri fin qui fatti. Correggiamo il Titolo Quinto della Costituzione per eliminare, una volta per tutte, la legislazione concorrente e la

 

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frammentazione di politiche che devono necessariamente essere ottimizzate e guidate a livello nazionale (es. la sanità, l’ambiente, le infrastrutture, l'energia, la promozione turistica ecc.). Puntiamo sui Comuni - incentivando aggregazioni per la fornitura dei servizi - e su un solo livello amministrativo tra Comune e Stato (facendo confluire in questo livello tutte le strutture politiche e parapolitiche esistenti: da migliaia a poche decine di enti in tutto). Diamo a ciascun livello istituzionale le proprie entrate fiscali e garantiamo ai cittadini la possibilità di valutare e confrontare i risultati dei loro amministratori (bilanci standardizzati, consolidati e certificati e disponibili on line), con possibilità di commissariare - ma sul serio - gli enti locali gestiti male. B. Rimettere la politica al suo posto La politica è la più nobile e necessaria delle attività ma nella misura in cui rimane nei suoi confini. Vogliamo politica e istituzioni che si occupino di regole e di controlli ma non di gestione di affari. Bisogna intervenire soprattutto su quella rete di influenze che la partitocrazia ha creato e che ha inquinato, nel tempo, molte realtà del Paese, quali ad esempio la sanità, ovvero la gestione delle società partecipate dallo Stato e dagli Enti locali, diventate una riserva di caccia della cattiva politica che intermedia la vita civile ed economica dell’Italia. Questa logica ha creato gravissimi danni sia in termini dei servizi sia in termini di impedimenti alla capacità delle comunità di autorganizzarsi e ha facilitato il drammatico diffondersi di clientelismo, corruzione, criminalità. • Eliminare l'ingerenza ingiustificata dello Stato e dei partiti sull’economia. Sussidiarietà significa: dove il mercato o le comunità arrivano da soli, non v’è necessità che una società partecipata, ricca di sole poltrone per i partiti, si frapponga. Il compito della politica è fare buone regole che altri poteri dello Stato debbano far rispettare. • Si possono cedere – senza svendere e con la massima trasparenza dei criteri – tutte le partecipazioni di mercato possedute dal mondo pubblico - centrali e locali - con l'unica

 

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eccezione, eventualmente, delle reti essenziali (es. rete elettrica, rete gas, rete ferroviaria). • Cancellare veramente la pletora degli "enti inutili" che resistono ad ogni tentativo di razionalizzazione. Non si può togliere servizi essenziali alla gente per tenere aperti enti fantasma o pensati per funzioni attuali all’inizio del novecento. A cominciare dal CNEL, con modifica costituzionale, fino all’anacronistico Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la Trasformazione Fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia che svolge funzioni che potrebbero essere svolte direttamente dalle Regioni. Senza accettare più i commissariamenti e le liquidazioni eterne o l'inglobamento in altre strutture pubbliche per lasciare tutto com'è. • Istituire un’anagrafe on line di tutti gli incarichi e di tutti i rapporti economici con la Pubblica Amministrazione (per ciascuna persona fisica o giuridica devono essere pubblici tutti i rapporti di consulenza, incarichi in consigli di amministrazione, forniture di servizi con la Pubblica Amministrazione, finanziamenti, contributi ecc.). • Affrancare la Rai dal condizionamento pervasivo dei partiti, garantendo effettiva indipendenza attraverso un sistema di governance sul modello della BBC inglese. • Depoliticizzare la Sanità (v. capitolo 7). C. Partiti trasparenti e autorevoli Vogliamo partiti trasparenti e autorevoli, capaci di selezionare il ceto politico secondo meritocrazia, di interpretare le istanze di cittadini anche attraverso i corpi intermedi della società nelle Istituzioni. • Nessun finanziamento pubblico ai partiti. I partiti devono essere finanziati con una quota dell’IRPEF (es. 2 per mille, eventualmente alzando questo livello), con contributi privati con un tetto ben definito e vivere soprattutto di volontariato. I rimborsi pubblici ai partiti devono essere cancellati tutti e subito, non dal 2017 come previsto dall’attuale riforma.

 

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• I gruppi parlamentari e consigliari dovrebbero poter ricevere solo "servizi legislativi" per svolgere meglio le loro funzioni ed eventualmente altri contributi "in natura" per facilitare la loro comunicazione con gli elettori. Ogni forma di vitalizio garantito a politici deve essere reso coerente con la riforma pensionistica in vigore. • Totale trasparenza di entrate e uscite e di attivi e passivi patrimoniali dei partiti, con dati pubblicati on line in formato aperto. La trasparenza di bilancio deve riguardare le strutture centrali e quelle periferiche e deve riguardare sia il partito in senso stretto sia le Fondazioni/Associazioni collegate. • L'attività di lobby deve essere regolata con una opportuna normativa che dia, da un lato, assoluta trasparenza e visibilità ai cittadini su tutto quanto viene fatto e, dall’altro, garantisca certezza del diritto a chi fa questo mestiere e alla politica che dialoga, senza perdere autonomia, con i rappresentanti di interessi.

 

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9. MENO E MIGLIORE BUROCRAZIA

Vogliamo liberare famiglie e imprese dal peso soffocante della cattiva burocrazia, dall'ingerenza ingiustificata dei partiti e dall'odioso meccanismo delle raccomandazioni. La prima rivoluzione è la trasformazione delle istituzioni e della democrazia, che passa dalla riduzione dell’intermediazione pubblica e dalla separazione chiara e netta delle competenze normative, come sottolineato nel precedente capitolo. Bisogna però prima riconoscere che il mondo della PA contiene persone e professionalità di grande qualità. E’ populismo negare per principio il valore dei nostri “civil servants”, e attribuire alla burocrazia tutta la responsabilità delle inefficienze italiane non consente di riconoscere le vere cause del problema: molto spesso le cattive performance derivano da regole e risorse inadeguate che vanno corrette. Spesso poi il vero nemico del cittadino è una certa amministrazione locale - più ancora di quella centrale - che tutto vuole controllare e condizionare, oppure bloccare ciò che non può controllare e condizionare. Ciò premesso, si deve disintermediare il più possibile e ridurre quella parte di cattiva burocrazia che davvero esiste e i suoi relativi costi. Oggi la burocrazia è vissuta come nemica delle famiglie, delle imprese e delle comunità. La semplificazione istituzionale suggerita poco sopra molto potrà fare, ma il lavoro è immane. Tutti gli interventi sulla burocrazia devono partire dal ripensamento del perimetro di competenza della Pubblica Amministrazione, a monte: fin dove deve spingersi il potere amministrativo e quali sono le aree che non deve più in alcun modo toccare? Esempi di interventi possibili: • Digitalizziamo tutte le procedure amministrative via Agenda Digitale, rendendole dirette e trasparenti, a un click di distanza dal cittadino. L'Agenzia per l'Italia Digitale può diventare uno strumento fondamentale in mano alla Presidenza del Consiglio per riformare

 

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profondamente la Pubblica Amministrazione e rendere più efficaci ed efficienti i collegamenti tra i cittadini e le varie burocrazie (da oltre un anno molte decisioni, sbloccate e finanziate nel 2012-13 aspettano di essere messe in realizzazione). • Passiamo di norma dal regime autorizzativo all’autocertificazione ancora di più di quanto fatto fino ad oggi. Il cittadino o l'impresa che intenda prendere iniziative che rispondono ai dettami di legge deve poter procedere senza aspettare autorizzazioni e sapendo che il controllo sarà solo successivo ma efficiente ed entro tempi definiti, oltre i quali l’autocertificazione diventa insindacabile. E chi bara, paga. • Potenziare la libertà dei cittadini, tuttavia, vuol dire anche eliminare perfino le autocertificazioni in molti casi: cancellare a monte intere aree di potere amministrativo ex ante, riducendo il perimetro di ingerenza della P.A. nella vita di persone e imprese. • Diamo diritto a cittadini e imprese di interpellare la Pubblica Amministrazione prima dell’avvio di procedimenti avendo risposte certe e precise, vincolanti per il funzionario che le rende. • Introduciamo il “Contatore Civico” e cioè l’obbligo di un rendiconto annuale dei servizi resi a ciascun cittadino dalle varie amministrazioni pubbliche (almeno Previdenza, Sanità e Scuola) a fronte delle tasse pagate. • Investiamo sul capitale umano disponibile nella Pubblica Amministrazione attraverso piani veri e approfonditi di formazione continua. • Vogliamo garantire la meritocrazia in tutta la Pubblica Amministrazione attraverso, per esempio, concorsi trasparenti per tutte le posizioni rilevanti (es. primariati medici), eliminazione delle carriere e delle graduatorie basate unicamente sull'anzianità, (es. insegnanti), ricambi periodici in tutte le posizioni rilevanti di tutte le Amministrazioni. Si devono evitare le eccessive commistioni tra ruoli di alta amministrazione attiva e giustizia amministrativa (es. si deve ridurre al minimo il numero di anni di aspettativa disponibili ai dipendenti

 

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pubblici per incarichi amministrativi nei ministeri e in altre istituzioni, ecc.). • Rendiamo la Pubblica Amministrazione trasparente e responsabile di ciò che fa, ovvero di ciò che non fa o fa male. Ad esempio, diamo piena attuazione della regola di pubblicazione on line - come già previsto, ma ampliando senza limiti la possibilità riuso dei dati non sensibili - da parte di tutte le entità pubbliche di tutti gli atti di spesa sopra i mille euro per rendere più "difficili" le spese inutili. In aggiunta, la P.A. deve rispondere dei danni che procura a famiglie e imprese per risposte ritardate o negative non giustificate. • Introduciamo un Freedom of Information Act italiano, con il riconoscimento del diritto di accesso generalizzato da parte dei cittadini a qualsiasi atto della PA (nel rispetto della privacy quando ci sono in gioco dati sensibili, es. sulla salute), anche solo per scopi di controllo diffuso: per evitare richieste di accesso inutili e capricciose, basterà prevedere che, in casi di accesso generico agli atti, si paghi una cifra minima come tariffa (come già accade con le visure camerali).

 

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10. GIUSTIZIA E SICUREZZA

Garantiamo la legalità attraverso una giustizia enormemente più efficace e una lotta senza quartiere alla criminalità Quelli della giustizia e della lotta al crimine sono temi complessi che non possono essere nemmeno descritti in poche frasi, e infatti avremo proposte dettagliate per ciascuno dei capitoli. Senza impelagarci ora in questioni ideologiche che diventano spesso scuse per non fare nulla, cominciamo a pensare a interventi che abbiano comunque la finalità di rendere efficiente la giustizia e ragionevole la durata dei processi, e di portare più procedimenti a sentenza. Considerando la giurisdizione non la manifestazione di un potere indifferente ai costi ed al tempo, ma l’espressione di un servizio essenziale reso ai cittadini. A. Riforma della Giustizia Penale Si può migliorare la Giustizia penale. Una giustizia veramente giusta è quella che compie il suo percorso in tempi ragionevoli e con pene certe ed umane. • Disintasiamo la giustizia penale attraverso la depenalizzazione di reati irrilevanti e privi di reale pericolosità (quelli oggi puniti solo con la pena della multa o dell’ammenda) e che possono essere sanzionati in via amministrativa, e tramite l’accantonamento dei processi inutili (es. quelli contro persone non reperibili). Oltre alla depenalizzazione serve scoraggiare in ogni modo i ricorsi al secondo e terzo grado di giudizio (interrompendo comunque i termini della prescrizione). • Copriamo subito, con concorsi da concludere rapidamente, i posti vacanti nell’organico della magistratura; aumentiamo significativamente il numero dei magistrati non professionali (secondo i dati dello Scoreboard della Commissione Europea abbiamo meno di un decimo dei giudici non professionali di Francia, UK e Germania, che su di essi basano lo smaltimento di grandi moli di lavoro nei primi gradi di giudizio), miglioriamo le risorse di supporto (anche con trasferimenti da altre Amministrazioni in eccesso), le dotazioni e i sistemi informatici. È fondamentale razionalizzare l'uso delle risorse e quindi rivedere la corretta dislocazione degli uffici e la distribuzione degli

 

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organici sul territorio. • Semplifichiamo le procedure (es. rendere obbligatorie le notifiche informatiche, rivedere la funzione dell'udienza preliminare che si trasforma sempre più in una specie di quarto grado di giudizio, definire i termini per la notifica della conclusione dell'indagine e per l'esercizio dell'azione penale, informatizzare tutto il possibile) e diffondere le buone pratiche organizzative (ci sono Procure e Tribunali penali che funzionano molto meglio di altri). • Interveniamo sul tema delle pene e delle carceri, per garantire non solo trattamenti dignitosi ma anche il reinserimento sociale e lavorativo. Vanno chiuse le carceri indecenti e se ne devono costruire di nuove secondo modelli efficaci, e dobbiamo prevedere sistemi di detenzione “leggera” (tra l’altro con minori costi di custodia) per reati meno gravi e soggetti di ridotta pericolosità. Va contrastata la pratica inaccettabile e tutta italiana della carcerazione preventiva, se non in casi di reale pericolo pubblico. Si deve anche diffondere l'uso delle pene alternative, prevedendo a carico del reo la restituzione e la riparazione dei danni causati alla società e trattamenti di recupero per i tossicodipendenti. B. Lotta alla Corruzione Si può e si deve togliere ai corrotti i loro strumenti base: • Corruzione e malaffare si devono combattere creando una fitta rete di controlli sui pagamenti. Servono azioni decise: ridurre/eliminare il contante; diffondere/rendere obbligatoria la fattura elettronica; rendere sempre trasparenti i beneficiari ultimi delle società di comodo, fiduciarie, e anche di società "normali" ma in odore di infiltrazioni. Spingiamo perché a livello mondiale vengano rese illegali le transazioni con i paradisi legali (quelli cioè che non danno trasparenza dei beneficiari ultimi). • Negli appalti pubblici, è urgente rivedere i criteri di valutazione economica e di massimo ribasso delle offerte e aumentare gli obblighi di trasparenza delle stazioni appaltanti

 

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(riducendone drasticamente il numero) in sede di adozione delle deliberazioni a contrarre e dei capitolati speciali, prevedendo possibilità di impugnazione diretta (con procedimento contenzioso semplificato esteso al merito) e poteri di blocco da parte dell'autorità indipendente (sullo stile controllo antitrust sulle intese restrittive). • Ripristiniamo il reato di falso in bilancio e prevediamo il delitto di autoriciclaggio come previsto dalla Commissione Greco, senza “aree franche” o scappatoie di alcun genere. • Estendiamo a tutto il settore privato, senza eccezioni, le competenze di vigilanza e sanzione dell’Autorità Anti-Corruzione: la corruzione privata è strettamente connessa a quella in ambito pubblico e ne costituisce spesso la premessa strumentale. C. Lotta alle mafie E' necessario mettere in campo duri interventi contro il fortissimo potere economico delle organizzazioni criminali, che spesso si alleano con i corrotti, colpendone gli interessi e i beni. Va posto fine allo strapotere dei clan mafiosi che con la forza del denaro sono potenzialmente in grado di infiltrarsi ovunque, distorcendo il normale andamento della concorrenza nelle gare d'appalto soffocando l'imprenditoria onesta per poi reinvestire i capitali in attività illecite. Un miglior funzionamento della Giustizia Penale è il presupposto di una più efficace guerra alla criminalità. • Va rivoluzionata la normativa a protezione dei testimoni di giustizia: non è possibile che le persone che denunciano la criminalità organizzata e le mafie finiscano per vedere annientate le proprie aziende, isolate le proprie famiglie, rovinate le proprie vite. Serve fare e dare molto di più a chi, eroicamente, sta aiutando la lotta alla mafia. • Si può rendere molto più efficiente il sistema di sequestro e confisca dei beni mafiosi, prevedendo una razionalizzazione dell’Agenzia per l’amministrazione dei beni confiscati, e nuove forme di amministrazione straordinaria che li rendano immediatamente riutilizzabili da cooperative sociali (e non dopo anni o decenni di iter

 

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giudiziario). In un Paese in cui si è spesso abusato di forme di custodia cautelare delle persone, è paradossale che non riusciamo, viceversa, a reimpiegare i beni della criminalità organizzata in modo veloce ed efficace. D. Più sicurezza, migliore sicurezza • Si devono aumentare le risorse destinate alla sicurezza, spostando personale da amministrazioni che ne hanno in eccesso e, soprattutto, riducendo/eliminando la proliferazione di polizie locali o settoriali del più vario genere e concentrando risorse e responsabilità di contrasto al crimine su Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza per il suo comparto di interesse, coordinandoli e dotandoli di strumenti comuni. • Diamo certezza del diritto e dotazioni adeguate alle forze di polizia che si occupano di ordine pubblico: strumenti, regole, tutela legale e rispetto istituzionale per gli operatori dell’ordine sono ingredienti indispensabili per contrastare la violenza e gli estremismi di ogni natura e colore. • Prevediamo personale di polizia specializzato (psicologi, assistenti sociali nei Commissariati) per l’accoglienza e la ricezione di denunce da parte di donne vittime di violenza: spesso al dolore già subito si aggiunge il trauma del primo racconto alle forze di polizia del crimine subito, in contesti inadatti e non preparati. • Un'altra priorità è quella di ridurre al minimo la disponibilità di armi da parte dei privati, prevedendo filtri iniziali ancora più rigidi e un frequente controllo medico-psichiatrico per qualunque portatore di armi. E. Riforma della Giustizia Civile Il ritardo mostruoso della giustizia civile deve essere affrontato di petto perché oltre a ledere i diritti dei cittadini, comporta costi enormi sulla crescita economica e sull'occupazione e costituisce uno dei principali

 

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freni agli investimenti stranieri in Italia. Occorre anche affrontare le cause remote che costituiscono il “terreno di coltura” dell’eccesso di litigiosità quali: l’inflazione e sovrapposizione di leggi spesso contraddittorie o scarsamente chiare, la non prevedibilità della decisione per la variabilità degli indirizzi interpretativi dei giudici, la “convenienza” per il debitore di non adempiere ed attendere l’esito di un lungo processo. • E’ necessario deflazionare la giustizia civile valorizzando l’arbitrato (per le controversie relative a diritti disponibili), anche in forme cautelari, e facendo funzionare meglio la mediazione, scoraggiando in ogni modo il ricorso al secondo e al terzo grado di giustizia e sanzionando ancora più duramente le liti infondate per esempio facendo effettivamente pagare alle Parti temerarie adeguate spese processuali (che comprendano i costi vivi del processo e non solo le spese legali). Prevediamo anche la conciliazione formalizzata dagli avvocati, e non da giudici, prima del giudizio. • E’ possibile creare sezioni di tribunali specializzate per materia sulla scorta delle esperienze già riuscite nel campo delle imprese e della proprietà industriale. Semplifichiamo i procedimenti riducendoli a sole due tipologie - ordinario e speciale abbreviato - quest’ultimo da applicare anche per gli insoluti commerciali. • Rendiamo effettivi gli organici dei magistrati di ruolo e aumentiamo esponenzialmente il numero dei magistrati non professionali, soprattutto dei Giudici di Pace, le risorse di supporto (anche con trasferimenti da altre Amministrazioni in eccesso), le dotazioni e i sistemi informatici. • E’ utile e necessario un sistema di pubblicazione on line che renda liberamente accessibili tutte le sentenze civili rese da tutti i tribunali italiani, nel rispetto della privacy delle parti, per favorire la conoscenza e la certezza del diritto e per dare trasparenza sulle scelte di giurisprudenza dei vari tribunali e giudici. • E’ possibile efficientare l’organizzazione della domanda massiva di azioni giudiziali civili da parte dei grandi utenti (es. INPS, Amministrazioni pubbliche, grandi società), standardizzando il procedimento e liberando risorse a vantaggio degli utenti minori.

 

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F. Riforma della Giustizia Amministrativa e contabile e delle Autorità Indipendenti • Rendiamo più efficace la giustizia amministrativa e contabile chiarendo meglio i limiti del suo campo d'azione per eliminare definitivamente tutte le possibili sovrapposizioni e conflitti con la giustizia civile. • Ridisegniamo totalmente la giustizia fiscale, che così come prevista oggi in Italia non garantisce né competenza né terzietà, professionalizzandola e inglobandola in sezioni specializzate della giustizia civile. • Mettiamo ordine nelle Autorità indipendenti, accorpandole dove possibile, chiarendo meglio i rapporti tra le Autorità stesse e i Ministeri nelle materie di competenza.

 

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11. ITALIA PROTAGONISTA IN EUROPA E NEL MONDO

Vogliamo impegnarci a rilanciare il progetto europeo, impantanato in regole difensive, con l’Italia protagonista all’attacco. L’Europa fatta solo di austerità e di burocrazia, di disparità e di stabilità immobile ci delude e ci allontana: negare che questo sia stato fino ad oggi un grande limite europeo sarebbe assurdo. Ma l’Europa fatta di crescita, di coraggio, di unità e unicità tra Stati e culture ci può dare moltissimo nella competizione a livello globale. L'Italia è uno dei Paesi fondatori dell'Unione Europea, all'interno della quale deve riacquistare un ruolo da protagonista. A. L’Europa come area di stabilità e sviluppo Il dibattito ideologico contro l’euro sta mettendo in secondo piano le scelte che si stanno già prendendo in Europa per porre rimedio alla crisi economico-finanziaria, come ad esempio gli accordi sul progetto di unione bancaria europea, indispensabile, e le recenti politiche attuate dalla Banca Centrale Europea a sostegno dell’area euro, e a trascurare quelle che sono possibili soluzioni per rilanciare l’Italia nel sistema-euro. L’Unione Europea è stata una formidabile macchina di pace: ora può diventare anche una potente macchina di crescita solidale e sostenibile. Gli Stati devono garantire la stabilità finanziaria ma l’Europa deve promuovere lo sviluppo come era nello spirito della sua fondazione. • Certamente va completato il mercato unico in molti settori (es: trasporti, energia, servizi alle imprese, e-commerce, ecc.). • Dobbiamo accelerare gli investimenti che possano creare competitività e quindi crescita e occupazione in Europa: in particolare è necessario aggiungere almeno 1000 miliardi al piano di investimenti già previsto nella pianificazione 2014-2020 per infrastrutture di mobilità, energetiche e di telecomunicazione oltre a ricerca e istruzione da

 

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finanziare con Eurobond in modo da accelerare la crazione di occupazione e l’incremento del potenziale di crescita. • L’istituzione, almeno per i Paesi dell’euro e di quelli che vorranno aggiungersi, di un “Fondo” di 500-1000 miliardi che agisca come un “meccanismo europeo per lo sviluppo” da affiancare al Meccanismo Europeo di Stabilità – il MES - in grado di emettere “Project Bonds” garantiti da una dotazione di garanzia finanziata – come proposto dalla Commissione Europea - da una quota della Tassa sulle Transazioni Finanziarie potrebbe consentire di realizzare in tempi brevi il programma di investimenti. Tale imposta, unica e non distorsiva, con aliquota limitata, è già stata proposta con una iniziativa di cooperazione rafforzata da 11 Stati dell’Euro. • La gestione di questo programma di investimento e finanziamento straordinario potrebbe essere attuato in tempi brevi dalla Commissione assegnando alla BEI, che ha maturato la credibilità e la competenza necessarie, il compito di valutare gli aspetti economici e finanziari dei singoli progetti.

B. Correggiamo gli errori che hanno accompagnato l’Euro, restando nell’Euro L’Euro è una componente fondamentale della costruzione europea anche se sono stati fatti numerosi errori e la crisi di questi anni ci ha trovato impreparati. Oggi i principali strumenti di supporto all’euro sono stati predisposti – Supervisione Bancaria, Meccanismo di Gestione della Crisi – e la Banca Centrale Europea si è cominciata a muovere come una vera Banca Centrale. • La garanzia di liquidità al mondo deve continuare e deve prendere forme tali da collegarsi strettamente con nuovo credito all’economia. • Si deve evitare un eccessivo apprezzamento della moneta unica europea che sta svantaggiando le esportazioni dei Paesi dell’area

 

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Euro senza vantaggi di alcun genere. • Qualora il rischio di deflazione perdurasse bisognerà considerare anche operazione di “quantitative easing”, cioè la possibilità di immettere in modo massiccio nuova liquidità sul mercato, per contrastare una forza eccessiva della valuta e, insieme, scongiurare il rischio di deflazione. • E’ giusto richiamare e “riportare in binario” gli Stati Membri che non rispettano i parametri del fiscal compact “verso il basso” ma è altrettanto necessario richiamare e “riportare in binario” gli Stati Membri che hanno eccessivi surplus nei loro conti pubblici e nei loro conti con l’estero: una moneta comune non può reggere a lungo in caso contrario. C. Un ruolo forte per la Commissione • Serve una Commissione che rappresenti il vero e proprio Governo della UE (almeno in campo economico) e che oltre il ruolo finora svolto possa svolgere un ruolo più politico e prendere attuare le azioni necessarie per realizzare i piani di sviluppo potendo contare su maggiori risorse, come previsto nell’ipotesi del “fondo” aggiuntivo. • Il principio dell'unanimità in una Unione a 28 può bloccare qualsiasi processo decisionale e, alla lunga, può solo indebolire l'intero progetto europeo. Solo dove si è introdotto il principio maggioritario come nel caso del mercato interno o della politica monetaria (la BCE come si è visto in momenti difficili per l’Euro ha votato a maggioranza) l’Europa è stata capace di scegliere, di decidere ed essere efficace. Il principio maggioritario va esteso in particolare nell’uso delle risorse e nella scelta degli investimenti comuni da realizzare. D. Verso una politica di sicurezza comune • La UE non può svolgere un ruolo rilevante nel mondo se non ha una politica di sicurezza comune: l'Alto Rappresentante per gli Affari Esteri che è anche Vice Presidente della Commissione e lo European

 

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External Action Service sono passi nella direzione giusta, ma assolutamente insufficienti. • La UE deve avere una politica più chiara e forte in termini di immigrazione sia in termini di meccanismi di selezione all'entrata sia in termini di integrazione. Non può essere lasciata ai singoli Paesi che costituiscono i confini stessi della UE, l’onere e la responsabilità di “difendere” tali confini e determinare la politica d’immigrazione comune. • La UE deve avere una politica più chiara e forte per il Mediterraneo dove ha un ruolo strategico positivo da svolgere. Il Mediterraneo rappresenta non solo un confine strategico, ma anche una grande opportunità di sviluppo economico per entrambe le sponde nel quadro di una presenza politica coordinata che finora è del tutto mancata. • La UE deve dotarsi di una capacità militare di intervento rapido, nel quadro NATO, disegnata sulle necessità delle operazioni di pace perché solo garantendo la sicurezza e la stabilità delle aree vicine è possibile sviluppare la cooperazione economica internazionale. • Una politica di difesa comune attuata anche da un limitato numero di Paesi, come previsto con la “cooperazione strutturata” da Trattato di Lisbona potrebbe consentire agli europei di assumere – come richiesto dagli USA – un ruolo più attivo oltre a realizzare significativi risparmi di spesa nei singolo bilanci nazionali ed una più efficace capacità di intervento. E. Da una UE troppo spesso "loro" a una UE sempre più "noi" I più giovani agiscono e si sentono già cittadini europei e pensano che le conquiste raggiunte siano acquisite per sempre. Ma i nazionalismi che hanno distrutto il continente sono dietro l’angolo, e se il progetto europeo non sa avanzare ed entra in crisi essi rischiano di riprendere il sopravvento. E’ per questo che occorre puntare su iniziative inclusive che sappiano costruire la “nazione europea”, fondata sui valori della democrazia, del rispetto dei diritti umani e della società aperta.

 

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• Il progetto “Erasmus” ha insegnato che è indispensabile la "convivenza prolungata" tra giovani di Stati diversi della UE. A tal fine serve ampliare la platea dei giovani europei fruitori di questa esperienza, allungare i periodo trascorsi in altri Paesi durante la scuola dell'obbligo e aumentare i periodo accademici raddoppiare trascorsi in Università di altri Paesi. • Introduciamo un contratto di apprendistato unico per tutta l’Europa, finanziandone gli sgravi contributivi e fiscali con risorse dell’Unione, a valere anche sulla tassa per le transazioni finanziarie. Sarebbe una misura pilota nel campo della solidarietà tra Stati Membri, volta a qualificare i giovani come forza lavoro europea, rendendoli capaci di spostarsi nel mercato interno europeo. • Potenziamo il Servizio Civile Europeo, chiave per creare un’identità europea forte e coesa. F. Si può tornare ad essere protagonisti nel mondo Senza forte politica estera non si esiste nell’era della globalizzazione. Il nostro Paese, considerato ancora una delle più forti economie del mondo, deve assolutamente riacquistare un ruolo autorevole nell'ambito della Comunità Internazionale e uno di leadership nella regione mediterranea. L’Italia si trova in una condizione geo-strategica e in una congiuntura storica piuttosto delicata. La sua posizione al centro del Mediterraneo come crocevia tra Europa e Africa le impone un maggiore investimento di tempo e risorse su quest’area. Per di più, il parziale disimpegno da uno scenario lontano e allo stesso tempo complesso come l’Afghanistan (dove l’Italia ha svolto un ruolo fondamentale) consente una maggiore focalizzazione su quell’area, l’Africa appunto, dove abbiamo maggiori interessi in campo economico e di sicurezza. Le crisi succedutesi alla primavera araba, in particolare quelle di Tunisia e Libia, riguardano il nostro Paese in prima persona. La tratta di esseri umani, il traffico di stupefacenti che finanzia i gruppi terroristi, nonché il patrimonio energetico di queste aree, non consentono ripiegamenti e,

 

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anzi, richiedono un immediato maggiore impegno dell’Italia non solo come protagonista, ma in veste di attore principale. In tal senso occorre: • Restituire al tema della politica estera la rilevanza che merita, onde potersi porre sullo scacchiere internazionale con pragmatismo, utilizzando tutte le risorse relazionali e politiche a disposizione al netto delle differenze partitiche. Non devono più verificarsi casi come l’esclusione di un candidato italiano alla presidenza Nato, causata dall’incertezza degli ultimi due governi e che ha fatto precipitare la credibilità della diplomazia italiana nel mondo; • Mantenere gli impegni sulle missioni internazionali, concentrandosi comunque in ruoli di primo piano nell’area mediterranea; • Focalizzare maggiormente l’attenzione della politica estera italiana sul Mediterraneo e Balcani e, in particolare, sul Nordafrica/Sahel e, per quanto riguarda la pirateria, sul Corno d’Africa (in tal senso la neonata Base Italiana a Gibuti sarà fondamentale); • Dotarsi di un sistema di difesa all’avanguardia. In tal senso, investire nella prossima frontiera bellica, cioè quella del cyber-warfare e della cyber-security, non soltanto con strumenti di attacco per la deterrenza, ma anche – considerata la potenziale capillarità dei focolai di guerra – dei sistemi di difesa adeguata; • Sul tema sicurezza, l’Italia ha l’interesse primario a essere protagonista nel controllo integrato dei confini, per cui deve necessariamente muoversi in sede europea per rivedere da zero gli accordi sul Frontex, affinché questo possa finalmente conseguire i risultati sperati. Deve, infine, proseguire la missione Mare Nostrum; • Tornare a puntare sugli accordi bilaterali che devono servire all'Italia a costruire una forte rete di rapporti diretti e che la renderebbero più incisiva nelle relazioni internazionali con i singoli Stati; • Rilanciare e promuovere la Cooperazione allo Sviluppo: si

 

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tratta di uno strumento di “politica estera socio-economica” che, grazie all'internazionalismo dei partiti, al solidarismo cattolico e all'attività di molte ONG, aveva conferito, in passato, un particolare valore aggiunto al ruolo svolto dall'Italia nella sua dimensione globale, arrivando a toccare paesi che, altrimenti, sarebbero stati "irraggiungibili" attraverso la politica estera di carattere tradizionale. L'Italia dovrebbe ridisegnare la lista di paesi strategici, dove focalizzare e aumentare la propria cooperazione (partendo dall'area del mediterraneo, Africa e medio Oriente). Per questo, l’Italia si deve dotare di un grande “Corpo dei Cooperatori Internazionali”, ricavato dal nuovo Servizio civile volontario al quale potranno partecipare anche gli immigrati residenti regolarmente in Italia pur in assenza di cittadinanza.

 

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12. DIRITTI CIVILI

Un’Italia aperta che rispetta le scelte dei cittadini. Non possiamo avere paura del diverso e del nuovo. Se vogliamo trasformare veramente l'Italia, in meglio, dobbiamo avere il coraggio di affrontare questioni delicatissime e fondamentali per noi tutti. Non bisogna temere di riconoscere più diritti civili, pur nel rispetto dei valori che ci tengono insieme: diversamente dai diritti sociali, questi non si scontrano col problema delle risorse limitate. La libertà non è, né deve essere, un bene scarso. A. Privacy e libertà I diritti e le libertà civili rischiano di essere oggetto di gravi limitazioni anche con riferimento alla tutela della privacy e dei dati personali dei cittadini da parte dello Stato e di altri soggetti pubblici: uno Stato che invade troppo le vite dei propri cittadini comprime la loro libertà. E' quindi necessario guardare in faccia l'evoluzione tecnologica dei sistemi di controllo e di sicurezza – come fecero i Costituenti quando inserirono nella Carta le garanzie per la segretezza delle comunicazioni e per il domicilio – garantendo a tutti il pieno rispetto della propria libertà e dignità. Questo significa mettere finalmente l'Italia in regola quando tratta dati personali per fini di giustizia o di polizia: da dieci anni attendiamo che il Ministero degli Interni e il Ministero della Giustizia emanino l'allegato C al Codice privacy, che dovrebbe stabilire proprio le misure di sicurezza nel trattamento di dati per ragioni di giustizia e di sicurezza. Serve la massima trasparenza sui tipi di trattamenti di dati personali che lo Stato e gli altri enti pubblici possono operare. Devono essere chiariti con maggiore efficacia, nella legge e nella Costituzione, i limiti del potere pubblico e dei servizi di sicurezza nel monitoraggio e nell'acquisizione di dati informatici e telematici dei cittadini, benché essi siano svolti per assicurare sicurezza e prevenire gravi reati o attacchi terroristici. Gli algoritmi usati per queste attività di cyber-sorveglianza dovrebbero essere vagliati dall'autorità Garante per la protezione dei dati.

 

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B. Diritti degli immigrati: da regolare severamente ma senza pregiudizi Se non ci fossero gli immigrati, con il tasso di natalità dei soli italiani, l'Italia non esisterebbe quasi più in meno di due secoli. Le statistiche dicono inoltre che, in Italia, l'imprenditore immigrato chiude meno le società di quanto ne chiuda un imprenditore italiano e che le tasse sono pagate più regolarmente dagli immigrati che dagli italiani. I lavoratori dipendenti più disposti a mestieri umili sono immigrati, e sono indispensabili per il funzionamento dell'impresa in Italia. Questi sono dati di fatto. In materia di integrazione, proponiamo di riconoscere il principio costituzionale dello ius soli temperato. Chi nasce in Italia deve essere considerato italiano, a certe condizioni per evitare abusi del diritto: questo principio va applicato automaticamente e d’ufficio ai figli di persone che abbiano maturato i requisiti di permanenza regolare in Italia per potere richiedere la cittadinanza. Se il genitore, per esempio, ha già raggiunto i 10 anni di residenza legittima in Italia, il figlio nato in Italia e che frequenti scuole italiane diventa automaticamente cittadino italiano, senza bisogno di avviare procedimenti di richiesta. Va previsto anche un percorso abbreviato per la richiesta della cittadinanza per tutti quei soggetti stranieri che si siano distinti nella creazione d'impresa e nelle attività di ricerca sul suolo italiano per un certo numero di anni, risiedendovi. Al contempo, proponiamo il pieno diritto di voto per le elezioni amministrative agli immigrati regolarmente residenti in Italia da almeno 5 anni, previo giuramento pubblico sulla Costituzione. C. I diritti dei bambini prima di tutto Limitiamo la frammentazione delle competenze in materia d’infanzia e di adolescenza, oggi divisa fra più organi (Ministeri, Osservatori, Commissioni parlamentari, Comitati interministeriali, Stato centrale e Regioni). Serve prevedere la modifica del Titolo V, parte II, della Costituzione, perché questa complessità incide negativamente sulle politiche per il rispetto dei diritti dei bambini e degli adolescenti. Qualcosa, però, si può fare da subito. Lo Stato Centrale, di intesa con la Conferenza Stato-Regioni, intanto dia attuazione all’art. 117 (comma 2, lettera m) della Costituzione, relativo ai livelli essenziali

 

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delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantirsi uniformemente su tutto il territorio nazionale, a prescindere dalla devoluzione delle competenze in materia di politiche sociali alle Regioni. Non solo: • E' urgente l’adozione del “Piano Nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva”, già previsto dall’ordinamento, ma ancora assente. • Si deve investire in politiche attive per l’infanzia, sulla scia di quanto indicato nella Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, come ad esempio: • Diamo la massima priorità alla lotta alla povertà minorile nelle strategie nazionali contro la povertà e nelle agende per l’inclusione sociale; si può immaginare l’applicazione di un programma similare a Bolsa Familia (voluto da Lula in Brasile) anche nel nostro Paese tramite interventi di supporto finanziario alle famiglie giovani, condizionato alla partecipazione ad una serie di politiche di utilità sociale (per esempio partecipazione a corsi di formazione/lingue, programmi di prevenzione sanitaria e obbligo di frequenza scolastica da parte dei figli); • Garantiamo vitto e materiali didattici per i minorenni in maggiore difficoltà, come libri e supporti educativi gratuiti, colazioni e pasti scolastici gratuiti, accesso libero a attività culturali e di tempo libero, ecc.; • Investiamo nell’educazione nella prima infanzia e riduciamo la disparità socio-economica nelle scuole, migliorando l’efficienza degli istituti “di frontiera” e più esposti a problemi di integrazione sociale; • Dedichiamo un’attenzione specifica all’educazione per i gruppi ad alto rischio, in particolare le minoranze etniche, i bambini migranti, i minorenni che vivono in comunità e i minorenni con disabilità, e facciamo in modo che si integrino appieno nel sistema scolastico comune; • Diamo priorità alla salute delle madri e dei bambini per contrastare le malattie connesse con gli stati di povertà (spesso

 

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innescanti circoli viziosi di causa-effetto tra dissesto socio-economico e patologie), migliorando l’accesso ai servizi sanitari; insieme, investiamo in prevenzione e in sistemi di pronto intervento per i minorenni ad alto rischio.

D. Diritti delle Coppie • Sulle unioni civili tra coppie di fatto, è giunto il momento di una svolta: è opportuno riconoscere alle convivenze stabili di qualsiasi orientamento (non unite in matrimonio secondo la definizione costituzionale), i diritti nei confronti della pubblica amministrazione già riconosciuti alle coppie sposate. Questo non vuole dire adozioni di bambini da parte di coppie omosessuali. • Vogliamo un’Italia di parità vera nella coppia. Diamo più tempo ai papà di stare con i figli, prevedendo un congedo obbligatorio parentale di almeno un mese, usufruibile anche in maniera frazionata nei primi due anni di vita dei bambini. Usiamo il neutro e togliamo il “femminile” dalle sezioni dedicate alle “Casalinghe” di INPS e INAIL, rafforzando le tutele per chi gestisce la casa, maschio o femmina che sia, senza, tuttavia, incentivare all’inoccupazione. Introduciamo anche il sistema dei voucher fiscalmente agevolati per tutte le spese famigliari destinate a servizi socio-assistenziali come chiarito nel capitolo 6 (FAMIGLIA E TERZO SETTORE). • Semplifichiamo al massimo le procedure di adozione, soprattutto internazionale, riducendo il vero e proprio “calvario” a cui sono oggi sottoposte le coppie che si danno disponibili. L’Italia si è incamminata da tempo in questa direzione, ma ha senso arrivare a una normativa chiara, organica, facilmente applicabile e soprattutto non inutilmente ostacolante per le famiglie. Non è con protocolli burocratici, timbri e carte che si garantiscono i diritti umani dei bambini. Serve un fondo per rimborsare, e in alcuni casi anticipare, i soldi necessari alle famiglie per seguire l’iter di adozione. E’ cruciale intensificare i rapporti bilaterali con i Paesi stranieri più coinvolti nelle dinamiche di adozione con l’Italia, ottenendo accordi certi e semplici da attuare.

 

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