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13 sulla soglia del NT.doc 1 STUDENTATO TEOLOGICO SAVERIANO AFFILIATO ALLA PONTIFICIA UNIVERSITÀ URBANIANA IN ROMA CORSO COMPLETO SULL’ANTICO TESTAMENTO A CURA DI P. RENZO LARCHER SULLA SOGLIA DEL NUOVO TESTAMENTO IMPOSTAZIONE DEL CORSO SULLA SOGLIA DEL NT "Ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile ad un padrone di casa, che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52). Gesù, dopo aver parlato in parabole, dà in sintesi l'immagine dell'uomo esperto delle Scritture, che ha una sua cultura, ha fatto un suo cammino e poi è divenuto discepolo del Regno. Le "cose antiche" raffigurano il patrimonio ideale e morale di Israele documentato dalla Parola di Dio nell'AT, le "cose nuove" che passano in primo piano rappresentano l'irruzione del nuovo nelle parole e nell'opera di Gesù, raccolta poi nelle Scritture Sacre del NT. Tutto questo materiale viene assimilato dall'uomo innamorato della Parola, costruisce il suo mondo interiore, diventa il "suo tesoro", cioè la sua ricchezza vitale permanente. "Significa che lo scriba attinge a cose che ha dentro, prende la Parola dalla Verità della sua vita. Non la prende di qua o di là, non la distribuisce senza prima averla fatta sua" (Martini). - Questo logion di Gesù si può adattare al cammino che stiamo incominciando : ci lasciamo alle spalle un biennio di contatto con l'AT, di studio abbastanza profondo della Bibbia di Israele, di conoscenza e di ricerca del patrimonio rivelativo offerto al popolo dell'Antica Alleanza passato in dotazione alla Chiesa. Ora stiamo per varcare la soglia del NT, entriamo in un edificio nuovo con ambienti luminosi e spaziosi che corrispondono ai vari settori della letteratura neotestamentaria. In questa casa siete chiamati ad abitare per i quattro anni che rimangono del curriculum teologico ; l'ambiente deve diventare familiare, conosciuto e amato nei suoi vari elementi, così da poter introdurre altri alla conoscenza e all'esperienza. - Lo studio del NT comporta la conoscenza, approfondita (= documenta e organica, cioè scientifica) dei 27 libretti che compongono quella collezione di opere, chiamata così a partire dalla fine del II secolo, in quanto narra e interpreta la nuova e definitiva proposta di salvezza di Dio all'umanità in Gesù di Nazareth, in continuità ed opposizione (= compimento) all'antica economia con Israele. I libri confluiti nel canone del NT non hanno carattere omogeneo ma eterogeneo, sono diversi per stile e per contenuto : vi si incontra la teologia narrativa dei Vangeli e degli Atti, abbonda il genere epistolare (21 lettere apostoliche), non manca il genere profetico e apocalittico nell'ultimo libro delle Scritture.

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STUDENTATO TEOLOGICO SAVERIANO AFFILIATO ALLA

PONTIFICIA UNIVERSITÀ URBANIANA IN ROMA

CORSO COMPLETO SULL’ANTICO TESTAMENTO

A CURA DI P. RENZO LARCHER

SULLA SOGLIA DEL NUOVO TESTAMENTO IMPOSTAZIONE DEL CORSO SULLA SOGLIA DEL NT

"Ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile ad un padrone di casa, che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52). Gesù, dopo aver parlato in parabole, dà in sintesi l'immagine dell'uomo esperto delle Scritture, che ha una sua cultura, ha fatto un suo cammino e poi è divenuto discepolo del Regno. Le "cose antiche" raffigurano il patrimonio ideale e morale di Israele documentato dalla Parola di Dio nell'AT, le "cose nuove" che passano in primo piano rappresentano l'irruzione del nuovo nelle parole e nell'opera di Gesù, raccolta poi nelle Scritture Sacre del NT.

Tutto questo materiale viene assimilato dall'uomo innamorato della Parola, costruisce il suo mondo interiore, diventa il "suo tesoro", cioè la sua ricchezza vitale permanente. "Significa che lo scriba attinge a cose che ha dentro, prende la Parola dalla Verità della sua vita. Non la prende di qua o di là, non la distribuisce senza prima averla fatta sua" (Martini). - Questo logion di Gesù si può adattare al cammino che stiamo incominciando : ci lasciamo alle spalle un biennio di contatto con l'AT, di studio abbastanza profondo della Bibbia di Israele, di conoscenza e di ricerca del patrimonio rivelativo offerto al popolo dell'Antica Alleanza passato in dotazione alla Chiesa. Ora stiamo per varcare la soglia del NT, entriamo in un edificio nuovo con ambienti luminosi e spaziosi che corrispondono ai vari settori della letteratura neotestamentaria. In questa casa siete chiamati ad abitare per i quattro anni che rimangono del curriculum teologico ; l'ambiente deve diventare familiare, conosciuto e amato nei suoi vari elementi, così da poter introdurre altri alla conoscenza e all'esperienza. - Lo studio del NT comporta la conoscenza, approfondita (= documenta e organica, cioè scientifica) dei 27 libretti che compongono quella collezione di opere, chiamata così a partire dalla fine del II secolo, in quanto narra e interpreta la nuova e definitiva proposta di salvezza di Dio all'umanità in Gesù di Nazareth, in continuità ed opposizione (= compimento) all'antica economia con Israele. I libri confluiti nel canone del NT non hanno carattere omogeneo ma eterogeneo, sono diversi per stile e per contenuto : vi si incontra la teologia narrativa dei Vangeli e degli Atti, abbonda il genere epistolare (21 lettere apostoliche), non manca il genere profetico e apocalittico nell'ultimo libro delle Scritture.

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Questo panorama di testi disegna e riflette il cammino della Chiesa apostolica, introduce nella comprensione progressiva che la prima generazione cristiana ha avuto del mistero di Cristo, della figura e dell'opera di Gesù. E' un cammino non solo concettuale, di progresso nelle idee. Il "capire di più" si colloca a livello esperienziale, è una conoscenza che nasce della vita personale e comunitaria degli autori sacri ; la comprensione si alimenta essenzialmente alla grazia di un incontro. - Analogamente mi pare sempre più chiaro che lo studio del NT non si ponga solo a livello scientifico, mettendo in opera il metodo rigoroso della esegesi, ma domanda una consegna di tutta la persona chiamata a ripercorrere il cammino di fede della Chiesa delle origini, con l'apporto di tutta una tradizione interpretativa ormai bimillenaria che ha fatto seguito. Non è male avere davanti agli occhi il "programma del viaggio", che si può abbozzare nei seguenti termini. Il punto di partenza può essere ravvisato nel Vangelo di Marco : è la prima tappa, quella del catecumenato. Quello di Marco è il vangelo più antico ; la chiesa quindi lo ha usato fin dall'inizio per la predicazione kerigmatica ai non credenti. E' il vangelo che porta all'esperienza battesimale, il vangelo che prepara il catecumeno alla conversione. Chi lo accosta è chiamato a riscoprire la novità e il fervore del primo incontro con Cristo, a immedesimarsi nella figura del cieco Bartimeo, portato gradualmente dal Signore alla conoscenza del suo bisogno, alla invocazione e al gemito "Che io veda", e una volta ottenuta la luce, alla sequela. Questo racconto, riportato nel c 10, è il culmine dell'educazione catecumenale che Marco ci offre. La seconda tappa, quella della "illuminazione" è ricollegabile al Vangelo di Mt o "vangelo della chiesa" : esso aiuta il neo-battezzato ad avere una conoscenza ordinata, sistematica, organica del mistero cristiano. A ciò contribuisce anche la struttura lineare dell'opera con il limpido alternarsi di sezioni narrative e blocchi esortativi. Il neofita, che ha imparato a conoscere il mistero di Dio nella persona di Gesù, deve ora imparare a riconoscere la presenza del Signore nel mistero della Chiesa, cioè nella vita della comunità santa e peccatrice (cf c 18). "Matteo tende a creare il senso di appartenenza viva alla Chiesa come a una comunità di salvezza nella quale è presente il Dio dei Padri, rivelatosi in Gesù" (Martini). La terza tappa, è significata dall'opera lucana (Vangelo e Atti) e da Paolo : è la tappa della evangelizzazione o testimonianza. La chiesa si guarda attorno, vede il mondo tanto diverso e vario culturalmente e le nasce in cuore l'urgenza dell'annuncio. Il vangelo di Lc (e gli Atti degli Apostoli) nasce da una esperienza di evangelizzazione itinerante : riporta detti e fatti di Gesù, ordinati in maniera da istruire l'evangelizzatore, da dargli gradualmente il senso di che cosa vuol dire evangelizzare. Portante è nella architettura del terzo vangelo il "grande viaggio" che conduce Gesù dalla Galilea a Gerusalemme (da 9,51 a 19,47) ; mentre l'articolazione di Atti segue il movimento inverso, "da Gerusalemme in tutta la Giudea e la Samaria fino agli estremi confini della terra." (At 1,8). A questo terzo momento si può ricollegare anche l’opera di Paolo, come figura più rappresentativa dell'evangelizzatore, anche se l'epistolario paolino documenta una evoluzione nella personalità dell’apostolo con notevoli spostamenti di accento nell'ambito delle sue lettere (primi scritti, "Hauptbriefe", lettere della prigionia, lettere pastorali), per cui in

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parallelo con i Vangeli anche la letteratura paolina contiene le tracce di un cammino da percorrere, disegna le tappe di un itinerario cristiano progressivo. Ciò che è fuori discussione è che dall'opera lucana e dalla teologia di Paolo principalmente deve la Chiesa apprendere le grandi leggi del "fare missione" : qui la missione trova il suo volto e la sua identità permanente al di là del variare dei tempi e degli spazi. Chi nella chiesa si consacra alla "missione universale" con particolare attenzione e affetto deve accostare e assimilare queste pagine della letteratura nt. La quarta tappa è quella del "presbiterato" o del "cristianesimo maturo" ricollegabile al vangelo di Gv e più in generale alla tradizione giovannea (1-2-3 Gv e Apocalisse). Presbitero nel senso antico significava "uomo maturo", saggio, uomo che ha avuto una notevole esperienza ; questo il Giudaismo richiedeva dai suoi dirigenti e la terminologia con l'idea connessa è passata anche in ambito cristiano. "Il Vangelo di Gv si riferisce alla formazione dei responsabili della comunità cristiana ; a coloro che hanno percorso un lungo cammino di maturazione. Per questo è un vangelo contemplativo : non si sofferma, più su dei precetti o dei comandi ; è tutto concentrato, attraverso simboli ripetuti con movimento a spirale, su di un nocciolo. E tale nocciolo è questo : tutta l'esperienza cristiana è che il Padre si è rivelato nel Figlio e l'uomo risponde a questa rivelazione con fede e carità" (Martini). L’opera giovannea tende a formare nel cristiano e nell'evangelizzatore "l'uomo spirituale" (non per nulla già Clemente Alessandrino ravvisava in Gv uno "pneumatikòn euaggelion" = vangelo spirituale), cioè l'uomo interiore adulto, che si lascia muovere dallo Spirito di Dio, capace di giudicare persone e avvenimenti "secondo lo Spirito" e di decidersi secondo il Vangelo. Chi nella chiesa si sente chiamato al presbiterato, cioè a guidare la comunità cristiana, in modo particolare deve essere affezionato al quarto vangelo, per acquisire quella "certa maturità contemplativa", che lo abiliti, non solo a partire dal sacramento dell'Ordine, ad essere punto di riferimento per il popolo di Dio. L'esistenza cristiane dunque è un itinerario che trova nei libri del NT e in modo speciale nei quattro vangeli i suoi "libri pastorali" o "manuali di iniziazione". A maggior ragione questo vale per quanti nella comunità cristiana sono candidati alla missione o al ministero. Accorgersi quanto prima di tutto questo non può non essere che una acquisizione notevole per intraprendere uno studio fecondo della esegesi. "La Parola di Dio non è semplice risonanza : se noi la consideriamo soltanto così, in questa sua 'rotazione interna', la Parola di Dio, e quindi anche la vocazione, gradualmente si sviliscono, si disgregano e diventano, col passare del tempo, pura verbosità. Anche la Sacra Scrittura può diventare verbosità, può cioè essere ripetuta a memoria, ma non dire assolutamente niente ; e questo perché caratteristica della Parola di Dio è di essere una Parola che non ha la sua totale comprensione in se stessa, ma nella dinamica che essa suscita. Dinamica che, ordinariamente è di discernimento, scelta, decisione" (Martini). CHE COSA SI INTENDE PER INTRODUZIONE AL NT

Avviando lo studio di una nuova disciplina è importante mettere a fuoco il suo oggetto materiale (ciò che essa studia) e il suo oggetto formale (il punto di vista particolare), in modo da precisarne la natura e gli scopi. La Introduzione al Nuovo Testamento (= INT) affronta, come dice il nome, i problemi introduttori, quelli che avviano alla comprensione, quelli che permettono di entrare.

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Quali sono ? Essi non vengono individuati in modo univoco dagli studiosi. Si tratta di aree diverse, di molti "preliminari". E' ovvio che prendiamo il termine NT in senso letterario, verbale, cioè come un insieme di opere, riflesso di un'epoca e di una esaltante esperienza. 1. Il problema del testo

La TOB identifica "tre aspetti maggiori della Introduzione" in Canone, Testo e Ambiente. E' pacifico che per studiare in modo serio il NT bisogna verificare la bontà del testo che si ha sottomano e di conseguenza la trasmissione manoscritta delle opere. Di questo si occupa, come sappiamo, una disciplina a parte ; la "critica textus", che studia le lingue bibliche e le traduzioni, i testimoni del testo e le famiglie testuali ed elabora alcuni principi per la ricostituzione originaria del dettato. Si tratta di materiale già proposto e probabilmente ... dimenticato ! 2. Il problema del canone

In una nozione ampia di INT il problema del canone non può essere eluso. Perché questi 27 libretti e non altri ? Attraverso quale processo di discernimento e in base a quali criteri è state compilata la lista ufficiale degli scritti ispirati ?

Non basta, che siano nati degli scritti cristiani ; occorre che la chiesa si riconosca in essi, li accolga come "testimonianza di Dio", Rivelazione, Parola del Signore in forma scritta. Si tratta del problema della ricezione degli scritti nt nel cristianesimo primitivo, della progressiva presa di coscienza da parte delle comunità cristiana circa la presenza al suo interno di "opere ispirate", normative per la sua fede e la sua condotta. Anche questo problema è già stato affrontato nella Introduzione Biblica Generale. 3. Il problema della formazione delle opere

Per alcuni autori l'INT consiste essenzialmente nello studio delle questioni preliminari ai singoli libri. Si tratta di scoprire la genesi delle varie opere, la loro fisionomia, gli influssi ; si tenta di ricostruire la cronologia degli scritti nt. Esemplare a questo proposito è la "Introduzione al Nuovo Testamento" di A. WIKENHAUSER edita da Paideia, Brescia 1963 L'opera comprende una ^ Premessa sulla "Nozione e compito della Introduzione al NT" ^ Parte prima : Canone del NT ^ Parte seconda : il Testo del NT ^ Parte terza : Origine degli scritti del NT (= presenta, le nozioni generali relative ai singoli libri) In epoca più recente si veda di Ch. Fr. MOULE, Le origini del NT, Paideia, Brescia 1971 Questo aspetto della INT non rientra nel nostro corso ; le questioni enunciate vengono dibattute nella nostra imposizione all'interno dei vari corsi di esegesi e costituiscono la premessa ai singoli libri. 4. Il Problema dell’ambiente

Quando oggi si parla di INT si intende soprattutto questo. E' un principio generale di interpretazione : ogni libro è figlio del suo tempo oltre che essere prodotto del suo autore, porta le tracce dell'epoca che lo ha visto nascere. Altrimenti è anacronistico, fuori tempo e fuori ambiente.

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Certo l'opera capolavoro trascende contemporaneamente il suo tempo, diventa messaggio universale, parla alla interiorità dell'uomo di ogni terra e di ogni epoca, abbatte frontiere ... Capire il contesto storico in cui vede la luce uno scritto, conoscerne la "situazione vitale", il "Sitz im Leben" come si dice in gergo, significa possedere già la chiave giusta per aprire la porta. O piuttosto "una" delle chiavi, uno dei fattori di comprensione di un testo. La INT è essenzialmente un discorso storico sulla ambientazione delle origini cristiane, la ricostruzione dell'humus vitale in cui nasce la letteratura nt, la investigazione circa "i tempi e i luoghi del NT". L'osservazione ermeneutica generale fatta sopra si applica in maniera peculiare al discorso biblico, la cui dimensione specifica è appunto la storia. Osserva molto giustamente Romano Penna :

"Il cristianesimo non è nato in vitro. Né è piovuto dal cielo come un meteorite ... la componente 'terrosa' del cristianesimo merita tutta la nostra attenzione ... è questo spessore umano del cristianesimo che occorre sempre sottolineare, per evitare ogni semplificazione monofisita o peggio un'evaporazione nei fumi del mito ... Fin delle origini, e questo connota un suo tratto fisionomico tipico, il cristianesimo per molti e non secondari aspetti è stato vincolato alla cultura dei diversi ambienti con i quali si trovò a contatto. E se ne nutrì come succede non a un palo infisso, ma ad una pianta viva radicata nella terra. Proprio l'osmosi infatti è un segno di vita. Così il seme del Vangelo attecchì nella storia ; prima sul suolo giudaico e poi nel vasto campo della società greco-romana, proprio perché si annidò profondamente nel loro terreno".

Come Cristo, anche il cristianesimo ha due nature, quella umana e quella divina, è "methòrios", cioè "sul limite di due versanti", come dice Filone Alessandrino del Saggio (De Somniis II 234). - "L'ambiente del NT" (cf l'opera omonima di E. LOHSE) è duplice : giudaico e greco romano. Prioritaria, dal punto di vista sia cronologico che teologico è l'ambientazione giudaica. Il movimento di Gesù affonda le sue radici culturali nel Giudaismo, cioè nella organizzazione della vita e nella cultura di Israele nel dopo esilio, è questa la sua matrice. "La culla dove fu deposto il Figlio di Dio non è soltanto la mangiatoia di Betlemme. E' in primo luogo la civiltà giudaica che egli ha fatto sua. Studiandola, molte pagine dei vangeli prenderanno per noi un sapore nuovo ... il Figlio di Dio si è fatto uomo : ma questa non è una affermazione astratta : si è fatto un uomo ben preciso, giudeo, galileo, in un momento determinato della storia del mondo. Uomo : è stato cioè segnato dalle geografia e dalla storia del suo paese, dalla sua cultura ; ha subito le leggi economiche ; è entrato nei conflitti politici, ha condiviso le speranze del suo popolo" (Charpentier) . Non si deve dimenticare mai che "la salvezza viene dai Giudei" (Gv 4,22) ; "da essi proviene Cristo secondo la carne" (Rom 9,5). L' evento della risurrezione non volatilizza l'ebraicità di Gesù. Certamente la parola e l'opera di Gesù fanno irrompere una novità non riconducibile né assimilabile al volto storico di Israele, c'è chiaramente, oltre che continuità, un rapporto di tensione e di dialettica, ma è appunto per cogliere la diversità che bisogna conoscere il termine di riferimento.

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- D'altra parte il messaggio cristiano ha rotto il cordone ombelicale con il giudaismo, non lo ha rinnegato ma ne ha preso le distanze e la Parola ha compiuto la sua "corsa gloriosa" (cf 2Ts 3,1) nell'ecumene di allora, nel mondo greco-romano, nella cultura ellenistica del tempo ed anche in quella ha trovato una certa "praeparatio evangelica". I testi del NT portano le tracce, i segni anche di questo impatto con il mondo greco romano e diventano testimonianze preziosissime di come deve avvenire l'incontro del vangelo con le culture : Cf. A. VANHOYE, Nuovo Testamento e inculturazione, in"Civiltà Cattolica" 1984 IV 119-

136 Conoscere di conseguenza le coordinate culturali dell'ambiente greco e romano dell'epoca di Gesù, i valori portanti, le attese e i limiti, le religioni e le istituzioni, aiuta a capire di più il NT. Tutti sanno che la scritta posta sulla croce di Gesù era stilata in ebraico, greco e latino (cf Lc 23,38 e Gv 19,20). "Un documento ufficiale per essere valido doveva essere stilato in queste tre lingue. Il significato teologico, e cioè la proclamazione della regalità di Gesù al mondo della cultura, della politica, della religione, non deve far dimenticare questo fatto storico elementare. La condanna a morte di Gesù fu scritta nelle tre lingue allora in uso in Palestina ; esse rappresentavano tre mondi e tre culture diverse, che si incontravano e talora si scontravano fino alla tragedia della distruzione di Gerusalemme nel 70 dC" (Segalla). - Lo studio dell'ambiente del NT abbraccerà circa 2/3 del corso di Introduzione e verrà condotto a un triplice livello : ^ Politico : si tratta di ricostruire il quadro storico dell'epoca nelle grandi vicende che lo hanno segnato ; ^ Culturale : oltre ai "grandi fatti", anche le idee dell'epoca, i movimenti del pensiero, gli atteggiamenti, le correnti spirituali del tempo ; ^ Religioso : è una specificazione del precedente. Contenuti, esperienze e attese di natura salvifica. 5. Il problema ermeneutico

L'ermeneutica biblica insieme a Ispirazione, Canone e Testo fa parte dei quattro classici problemi dibattuti nel Corso di Introduzione Generale alla Sacra Scrittura. Il nostro curriculum per motivi pedagogici la pone a questo punto del cammino, come elemento di raccordo o meglio di cerniera tra i corsi di esegesi dell'AT e quelli del Nuovo. E' un trattatello parecchio importante, oggi soprattutto. Cosa significa "capire" un testo, quali le leggi del "credere e comprendere" (Bultmann) il discorso biblico ? Passeremo in rassegna, alcuni elementi di storia della interpretazione e ci soffermeremo sul "metodo storico-critico". Una attenzione particolare verrà riservata alla "ermeneutica esistenziale" e concluderemo con la indicazione degli strumenti per lo studio scientifico del NT : Dizionario Sinossi, Concordanze, Statistiche FINALITÀ DELLO STUDIO

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La INT si distingue dalla esegesi, che suppone il contatto diretto con il testo e l'analisi delle singole pericopi con il metodo della scienza biblica. Si differenzia pure dalla Teologia Biblica del NT, che dice "sintesi", cioè organizzazione del pensiero dei singoli autori o presentazione globale di tematiche (teologia biblica per autori o per argomenti). E’ una disciplina isagogica, introduttiva, è un corso a carattere prevalentemente storico-informativo, che presenta anche elementi di aridità e richiede una certa dose di pazienza. Sarà necessario essenzializzare le informazioni, in modo che non servano tanto alla accumulazione del "sapere" ma alla "comprensione" dei testi, lo studente si sforzi di capire dov'è sempre il "cuore" del discorso e ciò che si vuole conseguire. Gli obiettivi del corso sono tre : 1. La conoscenza dell'ambiente storico-culturale. Il corso pone le premesse alla esegesi del NT, vuole trasmettere quelle informazioni utili ad avviare alla comprensione dei testi. E' possedere lo sfondo del quadro, capire "ciò che sta dietro". Di questo ampiamente si è già parlato. La conoscenza del NT è un patrimonio così prezioso per l'esperienza della fede e per l'annuncio di essa, (predicazione, catechesi, omelie e colloquio spirituale) da meritare generosità di impegno, cioè fatica di studio nella acquisizione dei dati previi. 2. Contributo al dialogo ebraico-cristiano. Questa finalità mi si è venuta chiarendo progressivamente ed ora mi appare pertinente all'indole del nostro corso. Il documento emanato dall'autorità centrale della chiesa nel giugno 1985 su "Ebrei ed ebraismo nella predicazione e nella catechesi della chiesa cattolica" presenta l'Ebraismo come "realtà permanente" ed esorta a studiare anche il Giudaismo postbiblico come si dà a conoscere nelle grandi opere del Targum, della Mishnà e del Talmud. "La storia di Israele non si conclude nel 70. Essa continuerà, in particolare nella vasta diaspora che permetterà ad Israele di portare in tutto il mondo la testimonianza, spesso eroica, della sua fedeltà all'unico Dio e di 'esaltarlo di fronte a tutti i viventi' (Tobia 13,4), conservando sempre nel cuore delle sue speranze il ricordo della terra degli avi (Seder pasquale)" (VI. 1). Ebbene il nostro studio include anche la conoscenza del giudaismo dei primi secoli dell'era cristiana, cioè del Giudaismo Rabbinico, sul quale continua ad essere modellata l'esistenza dell'Ebreo credente di oggi. Finalità ecumenica dunque, propria di una chiesa che si fa dialogo con le religioni e culture del mondo. 3. Finalità ermeneutica. E' legata all'ultima parte del corso e si propone di approfondire la sensibilità circa la difficile "arte del comprendere". Il problema ermeneutico ha acquisito notevole spessore culturale in epoca moderna, andando al di là del territorio biblico per porre domande che coinvolgono la comprensione filosofica che l'individuo ha di se stesso. Riflettere su cosa significhi ed implichi capire un testo non aiuta solo a cogliere la contemporaneità e attualità della Parola di Dio, ma contribuisce ad afferrare le leggi della comunicazione e accresce la vigilanza dell'uomo su se stesso. Benvenuta quindi sorella ermeneutica !

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RETROSPETTIVA STORICA SULLA INT.

Come disciplina scientifica, come genere letterario a sé stante, la INT è una trattazione abbastanza recente ; è frutto del nuovo modo di guardare la Bibbia proprio dell'epoca moderna. Cenni sulla origine degli scritti nt, sul loro autore e sul contenuto si sono avuti però anche in precedenza. ^ "La più antica Introduzione al Nuovo Testamento, anche se assai primitiva nella sua forma, può essere considerato il Canone Muratoriano, detto così dal suo scopritore L. A. Muratori ; si tratta di un elenco, composto verso il 200 di libri canonici, e anche di certi scritti che devono essere esclusi dal Canone, corredato di notizie riguardanti l'autore, il contenuto, l'autenticità, l'occasione e lo scopo dei singoli libri" (Wikenhauser). ^ Nel Medio Evo possiamo ricordare Ugo da S. Vittore, morto nel 1141. Nel libriccino : "De Scripturis et scriptoribus sacris praenotatiunculae" ci offre una succinta rassegna di quanto era stato tramandato dagli antichi. ^ Ma il vero pioniere, iniziatore di una INT degna di questo nome, è il sacerdote oratoriano RICHARD SIMON, morto nel 1712, e che noi abbiamo imparato a conoscere a partire dallo studio delle fonti del Pentateuco. Dopo aver pubblicato nel 1678 una "Histoire critique du Vieux Testament", negli anni 1689-1699 compose un'analoga in tre volumi "Histoire critique du Nouveau Testament". La sua apparizione suscitò vive contraddizioni, venne posta all'indice, ma ebbe il merito di obbligare i suoi critici ad addentrarsi negli studi storici. Simon iniziò la critica storico-filologica del NT. ^ Nel secolo scorso è degno di menzione Ferdinand Christian BAUR (+ nel 1860) , capo della cosiddetta "Scuola di Tubinga". Egli applicava alla formazione del NT lo schema hegeliano : tesi, antitesi e sintesi. Alla tesi costituita dal Giudeocristianesimo dei primi apostoli (Pietro e Giacomo) avrebbe fatto seguito l'antitesi del cristianesimo gentilizio, libero dalle pastoie della Legge e di stampo paolino. La sintesi si conseguì in un movimento mediatore, quale vediamo riflesso nei Vangeli e Atti degli Apostoli e raggiunse il suo vertice nel vangelo di Giovanni. Tutti gli scritti vanno incasellati in questa "critica delle tendenze". Anche se le schema è stato abbandonato nella sua rigidità, è valida l'intuizione di Baur, secondo la quale gli scritti del NT sono testimoni della evoluzione esterna ed interna del cristianesimo primitivo. ^ Le opere di INT si sono moltiplicate e qualificate nel nostro secolo, ma a questo punto il discorso da retrospettiva storica diventa indicazione di bibliografia con la segnalazione degli studi maggiori e di carattere generale. - A. GEORGE e P. GRELOT, Introduzione al NT, Borla - Roma 1977 L'opera frutto del mondo esegetico francese è del 1976. L'edizione italiana a cura di F. Fabris comprende cinque volumetti : 1. Agli inizi dell'era cristiana (il mondo greco-romano e i Giudei al tempo di Gesù) 2. L'annuncio del Vangelo (I sinottici e gli Atti) 3. Le lettere apostoliche (l'opera di Paolo e altre lettere) 4. La tradizione giovannea (scritti di S. Giovanni)

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5. Il compimento delle Scritture (la formazione e la tradizione nt) - E. LOHSE, L'ambiente del NT, Paideia - Brescia 1980 L'opera originaria è del 1971 e comprende una prima parte : il Giudaismo all'epoca del NT ; una parte seconda : l'ambiente ellenistico-romano. Continua ad essere un valido punto di riferimento. - J. LEIPOLDT y W. GRUNDMANN, El mundo del Nuevo Testamento, Ed. Cristiandad -

Madrid 1975 E' la traduzione in castigliano di un'opera tedesca del 1971 che contiene tre volumi : 1. Studio storico-culturale 2. Testi e documenti 3. Illustrazioni - R. PENNA, L'ambiente storico-culturale delle origini cristiane. Una documentazione

ragionata, EDB 1984 Questo libro intende offrire un'ampia documentazione di testi originali sull'ambiente storico-culturale del NT, così da consentire al lettore una conoscenza diretta di tale ambiente nelle sue più diverse espressioni (politica, filosofia, ritualità, ethos vissuto, religione) e favorire un raffronto personale e immediato con gli scritti cristiani, che si suppongono noti per altra via. L'arco di tempo preso in esame va dal IV secolo aC al II secolo dC. "Un'opera, finora mancante alla bibliografia italiana e decisamente superiore a certe raccolte straniere, un vero e proprio modello di alta qualità e sensibilità culturale" (Ravasi).

- A. PAUL, Il mondo ebraico al tempo di Gesù. Storia politica, Borla - Roma 1981 E' annunciato il secondo volume : Storia letteraria sulle opere dell'intertestamento

- H. FOESTER, Introduction to the New Testament, Philadelphia 1982 vol I : History, Culture and Religion of the Hellenistic Age vol II : History and Literature of Early Christianity

- H. CONZELMANN e A. LINDEMANN, Guida allo studio del NT, Marietti - Torino 1986

- G. SEGALLA, Panorama storico del NT, Queriniana LoB 3. 5 Brescia 1984 L'opera è a carattere più divulgativo Nb ! In questa segnalazione bibliografica merita un accenno particolare la rivista HENOCH che copre esattamente gli interessi del nostro corso. E' una rivista quadrimestrale nata nel 1979, pubblicata dalla Editrice MARIETTI di Torino. Il sottotitolo suona così : "Studi storicofilologici sull'Ebraismo, redatti presso la Biblioteca Paul Kahle dell'Istituto di Orientalistica dell'Università di Torino". Si tratta di contributi di alto livello culturale, di indole prevalentemente storica, indipendentemente da qualsiasi credo, come risposta al rinato interesse verso il mondo intertestamentario dopo la scoperta dei rotoli del Mar Morto. HENOCH, il misterioso personaggio di cui parla Gn 4,17 e 5,24 ha conosciuto notevole successo in epoca intertestamentaria ed è parso ai redattori della rivista figura-simbolo del nuovo modo di guardare al Giudaismo da parte della cultura contemporanea. PARTE PRIMA : STORIA DEL NUOVO TESTAMENTO

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NOZIONI DA PRECISARE

Per "Storia del NT'' non intendiamo le vicenda della formazione degli scritti della letteratura nt, ma la ricostruzione del quadro, politico e sociale, entro cui si collocano Gesù e la comunità cristiana delle origini e vengono pubblicati i primi testi, autocoscienza della chiesa apostolica. Qual è il film degli avvenimenti che fa da sfondo alla vicenda umana di Gesù e del suo movimento ? Che cosa è successo di grande e rilevante che ci aiuti a capire meglio la figura di Gesù e della chiesa primitiva ? Senza dimenticare le "microstorie", cioè quel vissuto quotidiano della gente, l'organizzazione della vita di tutti i giorni, la cultura dimessa del popolo, la cui conoscenza rischiara molte pagine del NT. - Gli estremi di questo densissimo arco di storia non sono facili da precisare. Il problema degli inizi e della fine di questo periodo è controverso, perché implica la soluzione del problema della fine della Storia di Israele, questione lontana dall'essere pacifica. Basta confrontare le posizioni degli studiosi, per rendersi conto della varietà dei pareri. C'è chi parte addirittura dall'esilio babilonese (Lohse) ; chi dalla figura di Alessandro Magno (Paul). A mio modo di vedere il migliore "terminus a quo" è l'anno 134 aC e come "terminus ad quem" ideale si può prendere l'anno 135 dC. ^ 134 è un buon termine di partenza perché segna l’inizio della ''dinastia asmonea'' con Giovanni Ircano, dopo la morte violenta di Simone Maccabeo, soppresso dal genero Tolomeo nella fortezza di Dok. Fin qui arriva la documentazione biblica come testimonia 1Macc 16. Dopo di che le fonti bibliche tacciono e bisogna far intervenire altri documenti. ^ E' bene prendere come punto di arrivo il 135 dC, perché segna la data del soffocamento definitivo della seconda sommossa del Giudaismo contro Roma, con la uccisione del capo della insurrezione, Bar Kokba. "Sulle rovine di Gerusalemme fu fondata una colonia Romana col nome di Colonia Aelia Capitolina e vi fu costruito un tempio a Giove. La nuova città fu abitata da non Giudei e agli Ebrei venne proibito di entrarvi" (Lohse). La resistenza militare giudaica fu spezzata definitivamente. - All'interno di questo segmento teso di circa 270 anni meritano di essere segnalate (e apprese a memoria) alcune date, capaci di orientare il discorso, perché legate ad avvenimenti decisivi : 63 aC : Pompeo conquista Gerusalemme e penetra nel Tempio. Inizio della dominazione

Romana sulla Palestina. 37 aC : con l'appoggio di Roma l'idumeo ERODE conquista il potere e inaugura il suo regno. 70 dC : "Guerra Giudaica" all'epilogo. La sollevazione contro Roma è piegata con la

distruzione di Gerusalemme e del secondo Tempio dalla armata romana guidata da Tito. - Spesso per indicare questo periodo si usa il termine di INTERTESTAMENTO. Bisogna capirsi bene sul significato dell'espressione. Dal punto di vista teologico è una assurdità : non esiste infatti un periodo neutro o vuoto tra l'alleanza di Dio con Israele e l'alleanza nuova e definitiva stipulata nella morte di Cristo (cf

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Ebr 9,11-14), ma finisce l'antica economia di salvezza allorché Gesù nella sua Pasqua inaugura la nuova. Ma il termine "testamento" può essere assunto anche in senso letterario a indicare un complesso di opere. Tra la collezione degli scritti vt e il canone del NT si colloca un insieme ingentissimo di testi extrabiblici, prodotti dallo straordinario fervore di quest'epoca. "Un secolo sul quale la nostra Bibbia rimane muta" (Charpentier). Epoca feconda e decisiva della filosofia giudaica ; prepara l'humus in cui germoglia il NT ; periodo di transizione-mediazione tra la letteratura-pensiero della Bibbia di Israele e l'affermarsi della esperienza cristiana con una corrispondente letteratura. Cf A. PAUL, Che cos'è l'Intertestamento, Quaderni "Bibbia oggi" 3, Gribaudi - Torino 1978 LE FONTI. LA FIGURA E L’OPERA LETTERARIA DI GIUSEPPE FLAVIO

La storiografia in quanto ricostruzione scientifica del passato dell'uomo è possibile solo a partire da una documentazione valida. Se l'uomo non ha lasciato tracce del suo passare, non è possibile coltivarne la memoria né tanto meno lasciarsi educare da essa. Come si sa, le fonti del discorso storico sono di due tipi : archeologiche e letterarie. Delle prime diremo qualcosa man mano che si presenterà l'occasione, qui ci soffermiamo sui criteri letterari. - La fonte privilegiata per la storia politica del NT è rappresentata quasi esclusivamente dall'opera letteraria di Giuseppe Flavio. "Esistono anche frammenti di racconti dell'amico e storiografo di Erode, Nicola di Damasco. C'è da aggiungere il severo compendio biografico del Testamento di Mosè (c 6), alcune allusioni nei vangeli (Mt 2) e negli scritti rabbinici, il cui valore però appare piuttosto scarso" (Paul). Anche il NT può essere utilizzato come fonte indiretta soprattutto nelle parti narrative. Fonte indiretta nel senso che non si propone primariamente uno scopo storiografico ; nondimeno si incontrano qua e là dei dati preziosi, riferimenti a fatti politici dell'epoca da valorizzare inserendoli in un quadro coerente del periodo. GIUSEPPE FLAVIO

Già il nome è un programma : si chiama Giuseppe, cioè porta un nome ebreo-semita, ma anche Flavio, cioè un nome romano, il nome gentilizio dei Flavi. E' un giudeo passato ai Romani, senza però rinnegare la fede jahvista. La sua vita gli ha riservato un destino paradossale. Figlio di Mattia, Giuseppe nacque a Gerusalemme negli anni 37 o 38 dC e apparteneva a una famiglia sacerdotale. La sua giovinezza è stata caratterizzata da grande inquietudine spirituale. Conobbe anche un periodo di vita eremitica nel deserto presso un certo Banus. Partecipò al servizio del Tempio. A 19 anni aderì al partito dei Farisei e incominciò ad impegnarsi attivamente nella vita pubblica della città. - Nell'anno 64 fu inviato a Roma, per sollecitare dall'imperatore Nerone la liberazione di alcuni sacerdoti ebrei, fatti imprigionare dal proconsole Felice. Qui poté stringere amicizia con importanti personaggi dell'Urbe, che gli tornarono utili in seguito.

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Due anni più tardi scoppiò la rivolta contro Roma. Giuseppe era politicamente un moderato, suggerì le vie diplomatiche, ma in seguito prese egli stesso parte alla insurrezione e fu inviato come comandante in Galilea. "Caduto in mano ai Romani dopo la presa di Iotapata, gli riuscì di conquistarsi il favore di Vespasiano (cui previde che sarebbe diventato imperatore) e poté così prima assistere a tutta la guerra accanto al generale romano e quindi andare a Roma, stabilirvisi e dedicarsi all'attività letteraria per riabilitare il suo popolo vinto e misconosciuto" (Lohse). - La produzione letteraria di Giuseppe Flavio abbraccia quattro libri scritti in greco, due opere storiche e due libri polemici. 1) L'autobiografia "Bios Iosephou". Sono le sue memorie. "E' la meno soddisfacente delle opere di Giuseppe ... l'autore difende il suo comportamento durante i sei mesi in cui ebbe il comando supremo in Galilea e durante l'assedio di Iotapata. Vi si trova il breve riassunto della sua giovinezza palestinese e dei suoi anni romani. Degna di nota è la genealogia posta all'inizio" (Paul). Si tratta quindi di un'opera apologetica e perciò sospetta. E' stata pubblicata in appendice alla seconda edizione delle Antichità verso l'anno 100. 2) "Centra Apionem". Pubblicazione verso il 95 d. C "Questo trattato in due volumi è il più attraente dei libri di Giuseppe. E' una lunga apologia del Giudaismo ed una risposta alle critiche sollevate alla pubblicazione delle Antichità. Apione è il rappresentante dei nemici di Israele. Il testo è redatto con grande arte letteraria e rivela buona familiarità con la filosofia e la poesia greche. In quest'opera Giuseppe vuole dimostrare la antichità della stirpe giudaica" (Paul). 3) "Le Antichità Giudaiche" "La presentazione che Giuseppe dà del Giudaismo nel Contro Apione è oelografica ed apologetica ed appare poco corrispondente alla complessità dei rapporti - di tutti i tipi - che l'Ebraismo, specialmente della diaspora, aveva istituito con il mondo greco circostante. Chi voglia avere un'idea di come i Giudei del I dC in area di lingua greca ripensassero la loro storia e intendessero la loro identità deve leggere i venti libri delle Antichità Giudaiche" (Troiani). "Quest'opera fu completata durante il regno di Domiziano (93-94) : Giuseppe aveva allora 56 anni e contava ormai più di vent'anni di permanenza a Roma. Si tratta di una raccolta di 20 libri che ricoprono la storia di Israele dal racconto della creazione del mondo al tempo in cui governò la Palestina il procuratore romano Gessio Floro (64 dC). Si tratta in qualche modo della Bibbia di Giuseppe ... Giuseppe volle far vedere, in quest'opera impressionante e nonostante la sconfitta nazionale, il valore e la coerenza storica di Israele ... di cui lui stesso proprio alla corte del vincitore era l'autentico rappresentante" (Paul). Nell'opera Giuseppe afferma di non aver aggiunto nulla al racconto biblico ; di fatto ha incorporato parecchio materiale proveniente dalla tradizione parabiblica giudaica e non giudaica. Di quest'opera non esiste ancora in italiano una traduzione accettabile. L'unica a disposizione è del secolo scorso in cinque volumi da parte di Francesco ANGIOLINI, Milano 1822 - Tipografia De' Fratelli Sonzogno.

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4) "La Guerra Giudaica" E' l'opera che maggiormente ci interessa. Fu composta dapprima in aramaico, la lingua materna di Giuseppe, e a caldo, poco dopo il 70. Fu in seguito ripresa in greco e ampliata con l'aiuto di collaboratori (synergòi). Pubblicata verso la fine del regno di Vespasiano tra il 75 e il 79. Abbraccia il periodo che va dal 175 aC (salita al trono di Antioco IV Epifane) al 73/74 dC (caduta di Massada, ultima roccaforte della resistenza giudaica). Si tratta praticamente della sola fonte per lo studio di questi due secoli di storia giudaica. Come si vede, Antichità e Guerra in parte coincidono ; dal 175 aC al 64 dC coprono lo stesso periodo. "Nella sua opera di storico Giuseppe mostra di essere dalla parte dei suoi protettori, i Flavi, e ciò sia per le prospettive che adotta che per le fonti che utilizza (forse le annotazioni di guerra di Vespasiano e di Tito). Inoltre si conforma ai principi storiografici delle scuole ellenistiche contemporanee. Tuttavia, attraverso queste ampie e necessaria concessioni fatte alla Gentilità, alla sua politica e alla sua cultura, egli rimane uno storico giudaico, fedele alla ispirazione tradizionale della 'storia di salvezza'. In lui si ritrova un'idea religiosa della storia in perfetto accordo con l'insegnamento secolare dei padri di Israele.

Se ad es attribuisce grande importanza alla Tyche ( = Fortuna), valore eminente, "che era passato dalle altre nazioni ai Romani", ciò ha lo scopo di renderla interpretabile alla luce della sollecitudine che Dio accorda al suo popolo disubbidiente. Con lo stesso scopo egli spiega il disastro del 70 al modo degli antichi profeti che stigmatizzavano la rottura dell'alleanza da parte del popolo eletto. 'Gerusalemme aveva meritato queste sventure così grandi solo per aver prodotto la generazione di uomini che fu strumento della sua rovina' (VI,408)" (Paul). - La complessa trama dei problemi esegetici posti dall'opera di Giuseppe è testimoniata dalle oltre 1050 pagine della monumentale opera di L. H. FELDMAN, Josephus and Modern Scholarship, Berlin-New York 1984. Una valutazione corretta della figura e dell'opera di Giuseppe Flavio è certamente cosa ardua. Si tratta di "un personaggio contorto, contraddittorio, problematico, incoerente. E la polemica non è scoppiata ora : la stesura stessa dell'opera è avvenuta sotto il segno della ambiguità : nei destinatari anzitutto" (Pierantoni). "L'aver fatto la fortuna e addirittura l'aver salvato l'opera di Giuseppe è merito dei cristiani dell'età patristica e del Medio Evo. Gli scritti rabbinici ignorano totalmente le sue opere ; il giudaismo tradizionale lo ha rinnegato fin dall'inizio considerandolo un traditore ... è sotto molti aspetti un personaggio ambiguo ... asceta convertito in diplomatico, intellettuale nominato alto funzionario, comandante di guerra nella resistenza contro Roma, divenuto protetto di coloro che l'avevano vinto ... Il maggior interesse dell'importante opera di Giuseppe Flavio sta nel fatto che fu contemporaneo agli scritti del NT sia rispetto alle situazione politica che al contesto culturale e all'esperienza religiosa" (Paul). Per approfondire l'argomento si può consultare :

- F. FORNARO, Giuseppe Flavio, Tacito e l'impero, Ed Giappichelli - Torino 1980 - L. PIERANTONI, Giuseppe Flavio : un importante testimonio di un trapasso culturale, in

"Henoch" 1982/3 pp 383-395

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- G. BOCCACCINI, II tema della memoria in Giuseppe Flavio, in "Henoch" 1984/2 pp 147-164

BIBLIOGRAFIA RELATIVA ALLO SFONDO STORICO DEL NT

Materiale utile si incontra nelle "Storie di Israele" di Noth e di Fohrer, come anche nell'Atlante Biblico di Lemaire-Baldi alle pp 192-224. L'opera classica per il periodo che ci interessa è quella di Emil SCHUERER, Storia del popolo giudaica al tempo di Gesù Cristo. L'edizione originaria tedesca è addirittura del 1886 ; in italiano è uscito tradotto il primo volume con opportuni aggiornamenti ad iniziativa dell'Editrice Paideia di Brescia nel 1985. Assai qualificata è anche l'opera in due volumi di F. H. ABEL, Histoire de la Palestine

depuis la conquete d'Alexandre jusqu'a l'invasion arabe, Paris - Gabalda 1952 Strumenti più divulgativi e accessibili : - P. SACCHI, Storia del mondo giudaico, SEI Torino 1976

- M. HENGEL, Ebrei, Greci e Barbari. Aspetti dell'ellenizzazione del Giudaismo in epoca precristiana, Paideia - Brescia 1982

- M. HENGEL, La storiografia protocristiana, Paideia BS 1985 LA DINASTIA ASMONEA

Come si è detto l'anno 134 aC può essere visto come una data tornante nella storia della comunità giudaica palestinese. Simone Maccabeo e i suoi figli vengono abbattuti durante una congiura a banchetto dal genero Tolomeo nella fortezza di Dok. Alla strage riuscì però a sfuggire un figlio di Simone, Giovanni, preavvisato in tempo e fu lui a ereditare il potere politico, militare e religioso concentrato nelle mani del padre. "Le altre azioni di Giovanni, le sue battaglie e gli atti di valore da lui compiuti, la ricostruzione delle mura da lui eseguita e le sue imprese, ecco stanno scritte negli Annali del suo sommo sacerdozio da quando divenne sommo sacerdote alla morte di suo padre" (1Macc 16,23). GIOVANNI IRCANO (134-104 AC)

Ircano aveva già fatto l'apprendistato delle armi e dell'amministrazione con suo padre Simone (cf 1Macc 13,53) e una volta assunto il potere, lo tenne saldamente in pugno fino alla sua morte. "Fu il più brillante dei capi asmonei. Lascerà nella memoria dei Giudei un ricordo incancellabile" (Paul). Di lui si occupa Giuseppe Flavio in AG 13,229-297 e BJ 1,54-69. Ha cercato di consolidare la sua posizione politica, tenendo sotto controllo i Seleucidi di Antioco VII, favorito anche dalla loro decadenza. "Ha intrapreso campagne militari nei dintorni della Giudea" (Lohse) per estendere il suo dominio. Nell'anno 128, con un atto di forza, il tempio sul Garizim venne distrutto ed i Samaritani vennero privati del loro Santuario.

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Mosse contro l'Idumea, la regione al sud e costrinse gli abitanti, che ebrei non erano, alla circoncisione. Ebbe successo anche una campagna militare contro la Samaria ; la città ellenizzata fu conquistata e distrutta nel 107 aC. In queste guerre di espansione e di conquista i combattenti non sono volontari della comunità giudaica come ai primi tempi della insurrezione maccabea, ma mercenari arruolati in gran parte tra i non ebrei : "primo dei Giudei a fare ciò, prese ad assoldare un esercito mercenario" (BJ I 2,5). Questo avrebbe creato a lungo andare problemi di convivenza e di purità legale. - In politica interna questo ultimo scorcio del II sec aC è caratterizzato da un diffuso benessere economico : "menò una vita felice, dice Flavio, retto con ottime leggi il principato per anni 31". Al regno di Giovanni Ircano si suole far risalire anche la formazione delle sette o almeno la loro genesi : Farisei e Sadducei.

Di loro ci occuperemo ampiamente più avanti nel corso. Qui basti dire che i primi erano i discendenti e gli eredi spirituali di quegli Assidei o pii che durante la insurrezione maccabaica si erano battuti per la libertà religiosa e la purezza della fede. Costoro in un primo tempo appoggiarono Giovanni Ircano, ma in seguito progressivamente se ne distaccarono per la sua gestione secolare e mondana del potere. La carica politica soverchiava di gran lunga le attribuzioni del sommo sacerdozio ; Ircano si comportava come un principe di mondo secondo il costume brutale dei sovrani dell'epoca. La frattura è raccontata da Flavio in AG XIII, 288 ss I Sadducei invece erano i discendenti del partito liberale, filoellenico, razionalista. Annoveravano alcuni esponenti del clero, ma appartenevano soprattutto alla borghesia e al mondo della finanza, esercitavano il commercio. Ircano si è appoggiato a loro e se ne è servito come ambasciatori presso i governi dell'epoca. Il popolo era più orientato verso i Farisei e avversava Giovanni. La rottura con i Farisei, che godevano il favore del popolo e il riavvicinamento alla aristocrazia dei Sadducei ebbero conseguenze disastrose, che Ircano forse previde prima di morire. - Complessivamente un regno passabile. Flavio ne traccia un bilancio entusiasta : "Per il resto avendo vissuto una vita felice e avendo egregiamente tenuto il governo per trentun anni, morì lasciando cinque figli : un uomo veramente fortunato e che non diede motivo di accusare la fortuna a suo riguardo. Egli fu il solo ad avere insieme le tre cose capaci di assicurare una posizione di assoluta preminenza : il governo della nazione, il sommo sacerdozio e la profezia" (BJ I 2,8). ALESSANDRO JANNEO (103-76 AC)

Alla morte di Ircano il potere passò nelle mani del primogenito, Aristobulo (nome ebraico Giuda). L'autorità gli dette alla testa : si comportò infatti da tiranno imprigionando la madre e tre fratelli. Il suo regno fu assai breve, appena un anno ; ci pensò infatti la tisi a toglierlo di mezzo. Alla sua morte la moglie, che si chiamava Salome Alessandra, liberò i fratelli del marito precedentemente imprigionati, affidò al più anziano il governo e ne divenne la sposa ; "innalzò al regno Alessandro, quello che sembrava essere superiore non soltanto per età, ma anche per moderazione" (BJ I 4,9).

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Il nuovo sovrano grecizzò il suo nome Gionata in Janneo e si fece chiamare Alessandro Janneo. - La prima parte del suo regno (103-93) è segnata da tre guerre di espansione : ^ la prima contro la Tolemaide, la regione attorno al Carmelo, alla ricerca di uno sbocco sul mare. Dopo alterne vicende nelle quali intervennero anche i Lagidi (Tolomeo VIII Latiro regnava a Cipro, tenuto lontano dall'Egitto dalla madre Cleopatra), il territorio fu conquistato e divenne proprietà di Janneo. ^ La seconda contro i Nabatei (sono chiamate così a quest'epoca le popolazioni arabe della Transgiordania ; la loro capitale era Tetra, i cui ruderi magnifici si possono contemplare anche oggi). La campagna fu sfortunata, due attacchi andarono a vuoto. ^ Di esito migliore una terza spedizione militare contro la Filistea ad ovest e l'Idumea a Sud. I territori vennero inglobati nel regno di Janneo. I rovesci della campagna contro i Nabatei e soprattutto l'esercizio "laico" del potere religioso generarono contro Alessandro una crescente opposizione, che poi si trasformò in aperta rivolta. Si rimproverava al re e sommo sacerdote la vita dissoluta, di avere sposato una donna non vergine, d'essersi illegittimamente autoproclamato re, invece di accontentarsi del semplice titolo di principe (abbiamo a questo riguardo la testimonianza delle monete che portano l'iscrizione Jonathan Basileus). Il risentimento contro di lui trovò modo di sfogarsi in piena festa dei Tabernacoli : il sommo sacerdote fu oggetto di un nutrito lancio di… limoni. La repressione fu crudele : seimila presenti furono massacrati dai soldati di Janneo in gran parte mercenari pagani. Ascoltiamo Flavio : "Il popolo giudaico gli si rivoltò contro, perché è proprio durante le feste che fra loro scoppiano le rivolte. E dette l'impressione che non sarebbe riuscito a domare la sedizione se non avesse avuto l'appoggio dei mercenari. Questi provenivano dalla Pisidia e dalla Cilicia ... dopo di aver ucciso più di seimila ribelli ... " (BJ I, 4,3). - La seconda fase (93-88) fu ancora peggiore, perché funestata dalla guerra civile tra i sostenitori di Alessandro e la opposizione rappresentata dai Farisei, vere guide spirituali del popolo. "La guerra civile durò sei anni con alterne vicende. Le bande di mercenari stranieri assoldati da Alessandro saccheggiarono il paese, ci fu un impressionante numero di vittime (50.000 se si deve credere allo storico giudaico). Alessandro finì per offrire la pace ai Farisei, ma questi esasperati rifiutarono ed accecati da odio partigiano preferirono far ricorso al re seleucida più vicino, Demetrio III che regnava a Damasco ... in che stato si trovava la nazione giudaica !" (Lemaire). Lo scontro avvenne nei pressi di Sichem nell'anno 88 e Alessandro vi subì una pesante sconfitta, tanto da essere costretto a riprendere la vita di partigiano come i suoi avi. Ma successe l'imprevedibile : i Farisei che avevano sollecitato l'intervento di Demetrio, lo abbandonarono. La vittoria degli odiati stranieri sulla dinastia che aveva liberato la nazione, fece capire l'abisso in cui la follia partigiana aveva cacciato il paese.

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Il popolo mutò il suo atteggiamento e Demetrio si accorse di essersi cacciato in una impresa senza uscita, tanto più che a Damasco le cose si mettevano male ... Abbandonò quindi la Palestina alla sua sorte e i ribelli alla vendetta di Janneo. Questi, rientrato in Gerusalemme, fece crocifiggere 800 ribelli, massacrando sotto i loro occhi le mogli e i figli, mentre se ne stava banchettando allegramente, divertito dallo spettacolo atroce (AG XIII,380 ; BJ I 4,6).

Quanti poterono fuggirono, riparando quasi certamente a Damasco. Un piccolo gruppo sembra essersi stanziato a Qumran : "Sarebbe assai conforme ai dati archeologici degli scavi fatti a Hirbet Qumran far risalire proprio a questo tempo la fondazione del 'monastero' della setta degli Esseni, costituita da Farisei o Hassidim dissidenti" (Lémaire). Flavio sintetizza così questo infelicissimo periodo : "In un susseguirsi di scontri uccise non meno di 50.000 giudei in sei anni. Ma non poteva rallegrarsi di vittorie che distruggevano il suo regno ; perciò, messe da parte le armi, prese a trattare con i suoi sudditi. Ma questi l'odiavano ancor più per aver mutato consiglio e per l'incertezza del carattere, e quando egli chiese che cosa avrebbe dovuto fare per rappacificarli, gli risposero che doveva solo morire e anche dopo morto non sarebbe stato facile riconciliarsi con uno che aveva commesso tali misfatti" (BJ I 4,4). - Il terzo periodo (88-76) è caratterizzato da una relativa pace interna : "dopo aver con queste azioni, dopo tanti anni e tanta pena, ristabilita la pace nel regno, mise a tacere le armi" (BJ I 4,6). Mentre all'esterno continuarono le schermaglie contro i Nabatei, capeggiati dal re Areta, ma senza conseguenze per la integrità territoriale. Ormai vicino a morire (quasi alcolizzato) Alessandro consigliò alla moglie, se voleva mantenere il regno e aver salva la vita per sé e per i figli, di appoggiarsi interamente ai Farisei. Egli era perfettamente cosciente che fra lui e il popolo influenzato dai Farisei c'era una frattura insanabile : o continuare la guerra e vivere in una fortezza o addivenire ed un accordo. "Lasciò il regno alla moglie Alessandra, confidando che i Giudei a lei più che ad ogni altro avrebbero prestato obbedienza, perché assai lontana dalla sua crudeltà e opponendosi ai suoi misfatti, si era acquistata il favore del popolo. E non si sbagliò in questa speranza : infatti la donna poté tenere saldamente il potere grazie alla sua fama di pietà. Osservava strettamente le tradizioni nazionali e destituiva dalle cariche quelli che violavano le leggi sacre" (BJ I 5,1). Alessandra Salome eredita dunque il potere e cerca subito la pace con i farisei : "rimise il cadavere del re e ogni decisione riguardante il regno" (AG XIII, 405). Al posto dei Sadducei passano quindi in primo piano sia nell'ordinamento civile che religioso i Farisei. ALESSANDRA SALOME (76-67 AC)

Ereditato il potere dal marito, lo tenne in pugno per nove anni, governando "con prudenza e saggezza" (Lohse). Riuscì a tenere sotto controllo la situazione esterna e interna, quest'ultima sempre precaria per la tensione tra le sette.

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"Ella concesse ai Farisei di regolarsi in tutto come meglio credevano, ordinò al popolo di obbedire a loro e se Ircano aveva abolito alcune norme che i farisei avevano introdotto secondo la tradizione dei padri, queste pose di nuovo in vigore" (AG XIII, 408). In modo non dissimile BJ I 5,2 : "A fianco di lei crebbero in potenza i Farisei, un gruppo di giudei in fama di superare tutti gli altri nel rispetto della religione e nell'esatta interpretazione delle leggi. Verso di questi anche troppe deferenze mostrava Alessandra, animata com'era da un gran trasporto per le cose sacre. E quelli a poco a poco, insinuandosi nell'ingenuità della donna, divennero i padroni del regno, liberi di esiliare e di richiamare chi volessero, di assolvere o di condannare ... Ma lei si mostrò ben capace di amministrare gli affari di maggior rilievo ... Lei dominava tutti gli altri, ma i Farisei dominavano lei" - I Sadducei, quantunque declassati, non furono emarginati. Vennero impiegati nella organizzazione militare, a presidio delle fortezze, che questa "dama di ferro" fece costruire, seguendo la consuetudine ellenista, secondo la quale l'esercito era completamente separato dalla popolazione. In quanto femmina non poteva portare l'efod : affidò allora la carica di sommo sacerdote al primogenito Ircano II, "uomo debole e inconcludente" (Lohse). Flavio usa due aggettivi per definirlo : "apragmos" cioè poco portato all'azione, incapace e "nothesteron" = "un po' torbido/confuso per potersi occupare di affari di governo" (BJ I 5,1). Ben diverso l'altro rampollo, il figlio minore Aristobulo II, "temperamento troppo ardente" (Flavio), "uomo attivo e ambizioso" (Sacchi). Le vicende che seguiranno saranno profondamente segnate dalla rivalità tra i due. Aristobulo fu messo inizialmente a capo di una fortezza, ma poi divenne "praticamente padrone di quasi tutte le fortezze periferiche ed aveva un discreto esercito a disposizione" (Sacchi). Riuscì a diventare una specie di "ministro della difesa" e dal punto di vista sociale pendeva verso i Sadducei. - Il governo di Alessandra fu nell'insieme positivo specie per l'opera di riconciliazione che ha promosso. Nella tradizione giudaica viene lodato come un tempo benedetto e pacifico ... è un po' l'età dell'oro della dinastia asmonea : "i chicchi erano grossi come i reni, l'orzo come le olive, le lenticchie come monete d'oro". C'è però anche un limite vistoso registrato dallo stesso Flavio : la mancanza di lungimiranza. Una politica miope che si limitava alla gestione dell'ordinario. La pace sociale era stata garantita con la spartizione dei poteri, ma una vera riconciliazione nazionale era ancora lontana dall'essere realizzata. "Dopo la sua morte una nuova guerra civile appariva inevitabile" (Sacchi). LA FINE DELLA DINASTIA ASMONEA

Quando nell'anno 67 Alessandra morì, secondo il diritto, in quanto primogenito avrebbe dovuto succederle il figlio Ircano II che già ricopriva la carica di Sommo Sacerdote, ma, il fratello Aristobulo II giudicandolo un debole, gli contestò la dignità e il titolo di re. "Erede del trono era Ircano, cui quand'era ancora in vita la madre aveva affidato il regno, ma per valore e capacità egli restava inferiore ad Aristobulo" (BJ 1 6,1).

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La soluzione della controversia fu lasciata alle armi ; la battaglia tra i due schieramenti ebbe luogo nei pressi di Gerico. I soldati di Aristobulo si mostrarono superiori a quelli di Ircano, anzi questi venne abbandonato dai suoi, passati al più forte. Dovette quindi consentire all'abdicazione e cedere al fratello vincitore la duplice carica di sommo sacerdote e di re. - Ma a questo punto della storia entra in scena un nuovo e decisivo personaggio, ANTIPATRO, il padre del futuro Erode il Grande, un uomo astuto e capace, di una "ambizione politica smisurata", (Paul). Costui che era governatore della Idumea, di stirpe idumea lui stesso si schierò risolutamente dalla parte del debole Ircano contro Aristobulo. Per rovesciare il potere politico e religioso usurpato da quest'ultimo, "si dette da fare per aizzare, prendendo contatti segreti, i più potenti dei Giudei contro Aristobulo" (AG XIV,11). Secondo Paolo Sacchi, questi "potenti in Israele" rappresentano "una nuova classe di ricchi, ugualmente distanti dai nobili sadducei come dalla borghesia farisaica". Occorreva però anche un appoggio dall'esterno e questo Antipatro lo trovò in Areta III, re dei Nabatei. Ircano venne convinto ad accettare questo aiuto e a restituire come compenso dell'intervento le città della riva orientale del Mar Morto, un tempo sottratte loro e diventate dominio giudaico. - Nello scontro tra i Nabatei e Aristobulo quest'ultimo venne sconfitto e "fu costretto a rinchiudersi nel tempio, dove gli rimasero accanto solo pochi fedeli, perché la maggior parte dei suoi era passata al vincitore" (Bacchi). Siamo nella Pasqua del 65 e nel tempio assediato mancano le vittime. Ma ecco un nuovo colpo di scena : nelle faccende palestinesi mette lo zampino un attore, che avrebbe in seguito recitato la parte di protagonista , ROMA. La potenza romana già da tempo (dall'inizio del II secolo aC) si era piazzata nello scacchiere mediorientale ed anche con la comunità giudaica c'erano stati contatti e pattuizioni come documenta, anche se con beneficio di inventario, il Primo Maccabei (cf c 8). Una battuta d'arresto c'era stata con Alessandro Janneo, "l'orientalista", ma era impensabile che tutto fosse finito. Nel tempo che ci interessa Pompeo stava completando la campagna militare in Asia Minore per sostituire al decotto regno seleucida la potenza di Roma. A tale scopo Pompeo spedì a Damasco il suo legato Emilio SCAURO "con l'incarico di riordinare lo stato seleucida ormai esausto da un secolo di guerre intestine e dinastiche sempre più convulse" (Bacchi). - Qui venne raggiunto dalla notizia che in Giudea si combatteva. Aristobulo e Ircano con grande ingenuità si rivolsero entrambi a Scauro con donativi per invocarne l'appoggio. Scauro si schierò dalla parte di Aristobulo, perché secondo Flavio (AG XIV,31) era più facile concludere operazioni contro assedianti che contro assediati. In BJ 6,3 c'è un'altra spiegazione : "Come fu entrato nel paese, Scauro venne subito raggiunto da ambascerie dei due fratelli che lo pregavano di concedergli il suo appoggio. Sulla giustizia prevalsero i trecento talenti inviati da Aristobulo ; Scauro li prese e inviò una intimazione a Ircano e agli Arabi, minacciando l'intervento di Pompeo e dei Romani, se non avessero tolto l'assedio". Scauro dunque ordinò al re nabateo di rientrare nel suo territorio e riconobbe Aristobulo come sovrano legittimo della nazione giudaica. Ircano e Areta non poterono far altro che

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piegare la testa e togliere l'assedio da Gerusalemme. Aristobulo li inseguì e inflisse loro una pesante sconfitta nei pressi di Papyron. Ma il fatto non fu risolutore della controversia. Già nell'autunno del 64 Ircano si appellava a Pompeo contro la decisione del suo legato. IL DOMINIO DI ROMA LA CONDOTTA DI POMPEO IN PALESTINA

Verso la fine del 64 Pompeo entrava in Siria per svernarvi con le sue truppe. Qui lo raggiunse Antipatro in persona per sostenere la causa di Ircano, mentre Aristobulo inviò un ambasciatore. Pompeo guadagnò tempo e l'anno successivo in primavera, mentre era a Damasco riprese di nuovo in mano la questione. - Dovette ricevere ben tre delegazioni della comunità giudaica. Ircano domandava il giusto sostegno di Roma per riavere il regno usurpatogli dal fratello. Aristobulo giustificava le sua condotta di usurpatore con l'imbecillità del fratello manovrato da Antipatro, "ne incolpava l'indole oziosa e infingarda" (AG XIV). La terza era una legazione di Giudei indipendenti dalle due fazioni in lotta ; spiegarono a Pompeo che essi "erano abituati per tradizione ad essere governati dai sacerdoti di Dio che essi adoravano" (AG XIV,41). Chiedevano di conseguenza la soppressione della dinasti asmonea e un governo del Sommo Sacerdote sotto la protezione romana.

Un bel pasticcio per Pompeo, il quale non s'affrettò a prendere una decisione, ma preferì attendere. Si orientava però a sostenere la causa di Aristobulo e volendolo conoscere più da vicino, Pompeo ne richiedeva l'appoggio nella spedizione che nel frattempo avviava contro Petra dei Nabatei. Aristobulo aderì inizialmente alla proposta e unì le sue forze militari a quelle di Roma, ma ad un certo punto della marcia dei due eserciti in Giudea, Aristobulo defezionò deluso dalla ambiguità di Pompeo "non sopportando di perseguire il suo scopo con un comportamento servile e troppo umile per la sua dignità" (BJ I 6,4). - Aristobulo abbandonò Pompeo e si rifugiò in una fortezza, l'Alexandreion ; Pompeo lo inseguì e ne chiese la resa. Aristobulo cedette la fortificazione ma riuscì a trovare riparo in Gerusalemme ed allora l'azione militare si spostò attorno alla città santa che subì un assedio di tre mesi. "Pompeo ammirava i Giudei per il loro valore e soprattutto perché essi, pur bersagliati da un nugolo di dardi, non tralasciavano alcun rito religioso ... fu allora che molti sacerdoti, pur vedendo i nemici avanzare con le spade in pugno, continuarono tranquillamente nelle loro funzioni e vennero trucidati mentre facevano libagioni e bruciavano incenso, posponendo la loro salvezza al culto divino" (BJ I 7,4-5).

In effetti nell'estate o autunno del 63 la fortificazione del Tempio fu costretta a capitolare e il partito di Aristobulo subì una strage. Pompeo vincitore rispettò gli edifici sacri ed anche i loro tesori, ma penetrò fin nel Santo dei Santi, profanazione che i Giudei ortodossi non gli perdonarono mai. Pompeo, religiosamente grossolano, sollevando il velo che celava il tempietto interno, credeva di incontrare qualche mostruoso simulacro orientale ed invece con grande delusione - nota Tacito in Historiae V,9 - trovò "una sede priva di alcuna effigie divina e un santuario inutile = vacuam sedem et inania arcana".

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"Fra le tante sciagure quella che colpì maggiormente la nazione fu che il Tempio, fino a quel momento sottratto alla vista, fu svelato ad occhi stranieri" (BJ I 7, 6) e AG XIV 8,3 : "Allora si commise una profanazione non piccola nei confronti del tempio inaccessibile in precedenza ed impenetrabile agli occhi altrui : Pompeo infatti e i non pochi che erano con lui si inoltrarono nella parte più interna e videro quanto non è lecito vedere se non ai soli pontefici. Benché tuttavia vi si trovassero la mensa d'oro, il candeliere sacro, calici e abbondanza di aromi e duemila talenti nel tesoro, fu tale la sua pietà, che lasciò tutto intatto e si comportò da uomo virtuoso qual era". Ad ogni modo un'ondata di sgomento percorse il mondo giudaico, di cui sono eco le maledizioni dell'autore dei Salmi di Salomone : "Nel suo orgoglio il peccatore ha abbattuto con l'ariete mura robuste e tu non lo hai impedito. Pagani di altre terre sono saliti sul tuo altare, lo hanno calpestato con le loro calzature, perché i figli di Gerusalemme sconsacrarono il santuario del Signore, hanno profanato i doni offerti a Dio per pietà ... Cessa Signore di appesantire la tua meno su Gerusalemme con la calca dei pagani" (PsSal 2,1-3. 22) Ed ecco le disposizioni di Pompeo dopo la vittoria : 1. Aristobulo, sconfitto con i suoi due figli Alessandro e Antigono, fu portato prigioniero a Roma, destinato a onorare il trionfo del vincitore ; 2. Arcano fu reintegrato nella carica di pontefice, venne però privato del titolo di re ; doveva accontentarsi dell'appellativo onorifico di "etnarca", il titolo degli avi. Antipatro era rappresentante del popolo presso i Romani. 3. Fu tracciata una nuova geografia politica : le città della costa divennero autonome. Quelle della Transgiordania, conquistate in precedenza dagli Asmonei, vennero confederate in una nuova lega e formarono il territorio della cosiddetta "decapoli" (cf Mc 5,20 e Mt 4,25). 4. Il territorio della Giudea comprendeva : la Giudea propriamente detta, la Galilea al nord, l'Idumea al sud e inoltre la cosiddetta "Perea", regione della Transgiordania sottratta ai Nabatei. Il tutto incorporato nella nuova provincia romana di SIRIA, governata da Scauro. " ... a Gerusalemme e alla regione impose il pagamento di un tributo ... avendo spogliato la nazione delle città che aveva occupate nella Celesiria, assoggettò queste a un governatore romano espressamente nominato e restrinse i Giudei nei loro confini" (BJ I 1,6-7). Quest'anno 63 aC è dunque una data cruciale nella storia del Giudaismo. Praticamente si estingue la dinastia asmonea, finisce la relativa indipendenza della nazione, incomincia la sudditanza a Roma. IL PERIODO DI TRANSIZIONE (63-37)

Il primo periodo della dominazione Romana in Palestina (63-47) è caratterizzato dai ripetuti tentativi di riconquista del potere effettuati da Aristobulo, riuscito ad evadere nel viaggio che lo doveva condurre prigioniero a Roma (cf BJ I 7,7) e dal figlio di lui Alessandro (detto Asmoneo per distinguerlo da Janneo). Inoltre anche nella provincia di Siria se avvertivano i contraccolpi delle vicende che si consumavano nella Roma repubblicana, dove nel 60 si era costituito illegalmente il primo triumvirato tra CESARE (rappresentante del partito popolare) e POMPEO, che rappresentava gli interessi del senato e delle aristocrazia, e GRASSO che interpretava le esigenze della classe media, della cavalleria.

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- Nell'anno 57 venne in Palestina a succedere a Scauro come proconsole GABINIO. Egli dovette affrontare nel giro di pochi anni ben tre rivolte giudaiche ad opera del partito sempre vivo di Aristobulo. "In quel tempo, così AG XIV, 93, i Giudei erano sempre contenti di rivoluzioni". Tutte queste sedizioni vennero domate, però mostravano chiaramente l'antipatia che covava contro Roma e contro il partito di Ircano. "Gabinio tolse di fatto a Ircano la responsabilità del governo del paese, visto che non gli riusciva di mantenerlo in pace con le sue forze, e divise la Giudea in cinque distretti, cosa che serviva sia alla riscossione delle tasse, sia a rendere più difficili i contatti dei Giudei fra di loro" (Sacchi). - Nell'anno 54 passava da Gerusalemme, Grasso in cerca di gloria, ricchezza e potere in Oriente nella guerra contro i Parti. In Gerusalemme si fece consegnare moltissimo denaro e preziosi dal tesoro del Tempio, che era ancora una volta ricchissimo per le cospicue elargizioni dei Giudei della diaspora. "Né qui vi sia alcuno che si stupisca che il nostro tempio fosse così ricco ; poiché erano molti e molti anni che a lui mandavano elargizioni tutti i Giudei del mondo e gli adoratori di Dio dall'Europa e dall'Asia. Non mancano d'altra parte testimoni che confermino una tale ricchezza e se questa cresce non è dovuto alla nostra millanteria o esagerazione" (AG XIV) La campagna contro i Parti fu sfortunata ; Grasso venne sconfitto a Carre (l'antica Harran) nell'anno 53 e vi trovò la morte. "Ciò rinfocolò le velleità di ribellione dei giudei della campagna, ma Cassio Longino, il futuro assassino di Cesare, schiacciò rapidamente ogni resistenza, politicamente consigliato da Antipatro. Il capo della rivolta, Pitolao, fu ucciso : 30.000 Giudei furono venduti schiavi" cf AG XIV 120-121" (Sacchi). - Nel 49 dopo il passaggio del Rubicone ("alea iacta est !") scoppiava la guerra civile fra Cesare e Pompeo e quest'ultimo insieme con il senato si vide costretto a riparare in Oriente. Antipatro e quindi Ircano era legato al partito di Pompeo per i precedenti favori ricevuti ed allora Cesare liberò Aristobulo (fatto per la seconda volta prigioniero) perché andasse in Giudea a capeggiare la lotta contro Antipatro e i Pompeiani. "Quando Cesare costrinse Pompeo e il senato a fuggire oltre l'Ionio e si impadronì di Roma e del potere, rimise in libertà Aristobulo e con l'accompagnamento di due legioni lo rispedì in tutta fretta in Siria, sperando di poter per suo mezzo assicurarsi il controllo della Siria e della Giudea. Ma l'invidia prevenne l'ardore di Aristobulo e le speranze di Cesare ; eliminato infatti col veleno dai partigiani di Pompeo, per lungo tempo non ebbe nemmeno sepoltura in patria ... e il suo cadavere rimase conservato nel miele fino a quando fu da Antonio inviato ai Giudei perché lo seppellissero nelle tombe reali" (BJ I 9,1). Nel 48 Pompeo fu sconfitto a Farsalo e di lì fuggì in Egitto dove fu ucciso da Tolomeo XIII CESARE E ANTONIO IN ORIENTE

Dall'autunno del 48 alla primavera del 47 Cesare dovette far fronte ad una guerra assai dura in Egitto, dopo essere sbarcato ad Alessandria. Assediato nel quartiere greco della città, fu molto vicino alla sconfitta, ma poté evitarla grazie a un aiuto inatteso. Questo proveniva da Antipatro, sempre pronto e cogliere al balzo le occasioni favorevoli, senza troppa paura della faccia. Facendosi forte del sostegno di Ircano sommo sacerdote, convinse gli Ebrei di Egitto e

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di tutta la diaspora ad appoggiare Cesare. Antipatro stesso corse in Egitto con un corpo di spedizione giudaico. Tremila giudei riuscirono a conquistare Pelusio, quelli del Delta passarono dalla parte di Cesare, che poté finalmente essere liberato dall'assedio. - Cesare deve essersela vista molto brutta se, una volta superata la crisi, fu particolarmente grato ad Antipatro e Ircano per il loro appoggio e abbondò di provvedimenti in loro favore e di privilegi verso l'ethnos giudaico dell'impero. L'elenco di tutti i provvedimenti in favore degli Ebrei è riportato da Giuseppe Flavio in un'ampia sezione delle Antichità (XIV 143-145 e 185ss). Il materiale sembra disposto con una certa confusione, non tutti i decreti sono forse da attribuire a quest'epoca né sono ben conservati ; ma nell'insieme si ha un quadro della situazione particolarmente favorevole in cui venne a trovarsi l'ethnos ebraico. ^ Vennero aboliti i cinque distretti creati da Gabinio e la Giudea ebbe uno sbocco sul mare con la annessione di Joppe. ^ Ircano ebbe il titolo di 'etnarca' confermato per sé e per i suoi figli ; ebbe anche il titolo di 'Amico del popolo Romano' ugualmente ereditario. ^ Quello però che si avvantaggiò maggiormente dalla situazione fu Antipatro, al quale fu riconosciuto il titolo di "epitropos", cioè governatore/procuratore di tutta la Giudea. ^ "Cesare gli conferì la cittadinanza romana e la immunità e con altri onori e riconoscimenti ne fece un uomo invidiabile" (BJ I 9,5). ^ La Giudea fu esonerata dal pagamento di ogni tributo normale ed eccezionale (l'esercito romano non vi poteva soggiornare). Gli Ebrei che avevano la cittadinanza romana erano esentati dal servizio militare. ^ Cesare inoltre si preoccupò di garantire agli Ebrei la libertà religiosa in tutto il territorio dell'impero : possibilità di costruire sinagoghe e diritto di ghetto. Si rimane sorpresi dalla ricchezza e straordinarietà di queste misure. "Cesare deve aver capito la forza immensa del Giudaismo" (Sacchi). Gli Ebrei rappresentavano un fenomeno religioso fuori del comune a causa del loro rigido monoteismo ; inoltre costituivano una potenza politica ed economica ovunque si fossero piantati. Ciò spiega la estensione dei provvedimenti alla Diaspora. "Le comunità giudaiche fiorirono in tutto l'impero e furono il veicolo naturale attraverso cui si espanse il primo cristianesimo"(Secchi). Cesare moriva sotto il pugnale dei congiurati alle Idi (15) di marzo del 44 e secondo lo storico romano Svetonio, gli Ebrei ne piansero la morte parecchie notti. Nell'anno 43 si costituiva il secondo triumvirato tra Antonio, Ottaviano e Lepido. - Ma torniamo alle vicende di Palestina e più precisamente alla figura di Antipatro enormemente cresciuta di prestigio e di potere. Approfittando della sua posizione altissima, egli si preparava a rovesciare la dinastia asmonea e a sostituirla con la propria. Conosceva bene Ircano e sapeva che era un debole ; nominò così due suoi figli strateghi di due zone : Fasael di Gerusalemme ed Erode della Galilea. Ircano non reagì. Racconta Flavio : "Antipatro prese in mano il governo del paese, vedendo che Ircano era indolente e non abbastanza energico per esercitare il potere regale, Fasael il maggiore dei figli lo nominò governatore di Gerusalemme e del suo circondario ; a Erode, il secondo dopo di quello, diede la stessa carica in Galilea, sebbene fosse ancora molto giovane" (BJ I 10,4).

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Erode, "che era energico di natura" (Flavio), trovò subito pane per i suoi denti : eliminò infatti in Galilea la piaga dei cosiddetti "lestài = ladroni", cioè partigiani nazionalisti giudaici, comminando condanne a morte, senza curarsi del Sinedrio di Gerusalemme, cui spettava in verità l'autorità giudiziaria suprema. Quando fu chiamato nella città santa a rendere conto delle sue azioni, apparve fieramente davanti al sinedrio con la sua guardia del corpo e nessuno osò prendere misure contro di lui. - Con l'assassinio di Cesare ad opera di Cassio e di Bruto, nuovi disordini scoppiarono nell'impero Romano : "In quel tempo fra i Romani divampò la grande guerra ("ho megas polemos"), avendo Cassio e Bruto ucciso a tradimento Cesare, dopo che questi aveva tenuto il potere per tre anni e sette mesi. All'uccisione tenne dietro un generale rivolgimento, ed essendo i capi divisi, ognuno nella speranza di fare il suo profitto, sceglieva la parte che riteneva vantaggiosa"(BJ I 11,1). Ircano e Antipatro si misero dapprima dalla parte dei congiurati, assassini di Cesare. La loro politica di camaleonti li portava a salire sempre sul carro del vincitore. Ma il potere di costoro non durò a lungo, perché Ottaviano, chiamato da Flavio "Cesare il Giovane", e Antonio li vinsero nella celebre battaglia di Filippi (42 aC). Dopo la vittoria Antonio assunse il governo della parte orientale dell'Impero e fissò la sua residenza ad Alessandria con Cleopatra regina d'Egitto. Antipatro era nel frattempo uscito di scena, vittima di un attentato (avvelenato durante un banchetto), "certamente con la complicità di Ircano" (Paul). - La sconfitta del partito dei congiurati poneva in serie difficoltà i dirigenti giudaici che li avevano appoggiati, ma la storia volse nuovamente in loro favore. Antonio confermò Ircano nella carica di pontefice ed Erode e Fasael nel loro ruolo di tetrarchi. Gran merito di questo ennesimo voltafaccia è dovuto a Erode, "che appianò la via alla riconciliazione ufficiale fra la classe dirigente di Gerusalemme e i cesariani" (Bacchi). Flavio sintetizza così : "Quando, dopo aver ucciso Cassio a Filippi, Cesare (= Ottaviano) si ritirò in Italia e Antonio in Asia, fra le altre ambascerie che raggiunsero Antonio in Bitinia arrivarono anche i notabili dei Giudei ad accusare Fasael ed Erode, di essersi impadroniti con la violenza del potere, mentre a Ircano era rimasto solo l'onore del titolo ... ma sopraggiunse Erode e dopo aver blandito Antonio con non poco denaro, lo dispose in modo da non concedere nemmeno udienza ai suoi avversari" (BJ I 12,4). Un avvenimento nuovo si verifica nell'anno 40 : "un'invasione di Parti dall'Oriente minacciò la Giudea e con loro si mise anche Antigono (Mattatia per gli Ebrei), figlio di Aristobulo II, ultimo discendente degli Asmonei. Gerusalemme stessa fu conquistata. Erode riuscì a fuggire nell'Idumea, ma Fasael e Ircano furono fatti prigionieri e consegnati ad Antigono, il quale staccò con i suoi stessi denti le orecchie dello zio Ircano per renderlo fisicamente imperfetto e quindi inabile al sommo sacerdozio. Fasael si suicidò" (Sacchi). "Dopo il saccheggio i Parti arrivarono a tal punto di sfrenatezza che riempirono tutto il paese con gli orrori di una guerra non dichiarata ... e non solo fecero re Antigono, ma gli consegnarono in catene Fasael e Ircano perché li torturasse. Antigono, pur essendosi Ircano gettato ai suoi piedi, gli strappò con i suoi denti le orecchie, si che in un rivolgimento di fortuna non potesse più riavere la dignità di sommo sacerdote ; questi infatti deve essere fisicamente integro (BJ I 13,9). Antigono fu invece anticipato dal coraggio di Fasael, che lo prevenne fracassandosi il capo contro un macigno, non avendo armi ne l'uso delle armi (13,10) ... tale fu la sua morte. I Parti, sebbene delusi in quello che più desideravano, le donne, misero Antigono al potere in Gerusalemme e si trascinarono Ircano prigioniero nella Partia (31,11) ".

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IL REGNO DI ERODE IL GRANDE (37- 4 aC)

Per ricostruire la vicenda di Erode il Grande (titolo già attribuitogli da Flavio), disponiamo di un duplice tipo di fonti letterarie : a) "Giuseppe Flavio dedica ad Erode lo spazio di circa tre libri delle Antichità Giudaiche dal XIV al XVII. La fonte a cui egli attinge è ottima, anche se può essere parziale : Nicola di Damasco, che visse alla corte stessa di Erode" (Sacchi) b) La tradizione rabbinica (e cristiana) nettamente contraria ad Erode. Di qui la difficoltà di stendere un ritratto oggettivo, imparziale del personaggio. Per una riabilitazione (abbastanza sospetta) del personaggio si può consultare l'opera di :

Gerhard PRAUSE, Erode il Grande, Rusconi - Milano 1981 Secondo A. Paul abbiamo con Erode la "tappa più equivoca della storia della nazione giudaica". Ricciotti lo definisce "un'upupa". Come in ogni personaggio rilevante della storia, in lui si mescolano atti e aspetti di splendore insieme con notevoli bassezze e crudeltà. Vediamo di articolare meglio il discorso. GLI INIZI

Abbiamo lasciato Erode in fuga da Gerusalemme in seguito all'assalto dei Parti. Ma non era un tipo da arrendersi davanti alle avversità ; intuendo che in quel frangente si giocava il suo destino, prese la decisione di andare a Roma a perorare la sua causa :"senza preoccuparsi né dei pericoli del pieno inverno, né dei disordini che agitavano l'Italia, salpò alla volta di Roma ... dopo aver rischiato di naufragare vicino alla Panfilia e perduta la più gran parte del carico ... a stento trovò scampo a Rodi ... " (BJ I 14,2-3) Riuscì infatti nel suo intento. Seguendo le volontà di Antonio e di Ottaviano, il senato lo nominò "rex socius ed amicus populi Romani". Continua a raccontare Flavio : " ... Antonio si commosse a un tale rivolgimento di fortuna e sia per il ricordo della amicizia con Antipatro, sia specialmente per il valore di chi gli stava davanti, decise senz'altro di nominare re dei Giudei colui che prima egli aveva creato come tetrarca" (BJ I 14,4). Forte di questo appoggio, nell'anno 39 Erode sbarcava a Tolemaide e cominciava a raccogliere truppe per riconquistare la Giudea, di cui ora era il re a nome di Roma : "dopo aver raccolto un esercito non trascurabile di stranieri e di connazionali, marciava attraverso la Galilea contro Antigono ... e salvo poche eccezioni, tutta la Galilea fu con lui" (BJ I 15,3) Non sarebbe però riuscito a piegare l'opposizione di Antigono senza l'aiuto delle legioni romane fatte inviare da Antonio. Fatto il loro servizio, le legioni furono rimandate con lauti donativi, perché la loro presenza in terra di Palestina poteva servire solo a rendere inviso Erode agli occhi del popolo. Antigono fu fatto prigioniero e condotto ad Antiochia da Antonio, il quale, cedendo alle pressioni e all'oro di Erode, lo fece decapitare. A partire dal 37 l'idumeo Erode poteva essere non solo di nome ma anche di fatto re dei Giudei. Per entrare nella famiglia degli Asmonei aveva sposato Marianne, nipote di Ircano II.

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- "Erode, come con l'aiuto romano era riuscito ad avere il potere, così con l'aiuto romano riuscì a consolidarlo. Era scaltro e brutale, ma anche audace e abile quando si trattava di prendere decisioni rapide e di metterle in pratica" (Lohse). Appoggiò dunque Antonio e si adattò alle sue disposizioni, anche quando urtavano i propri interessi immediati ; così dovette far buon viso a cattiva sorte, quando Antonio regalò a Cleopatra, Gerico ed alcune città della costa. Questa regina d'Egitto era stata prima amante di Cesare e poi di Antonio ; odiava Erode e cercava di eliminarlo elegantemente, spingendo Antonio a mandarlo contro i Nabatei, ma non riuscì nel suo intento. Arriviamo così all'anno 31 aC, che nella storia romana segna la data della battaglia di Azio e la sconfitta e morte di Antonio. Ormai tutto il potere era concentrato nelle mani di Ottaviano. Erode, che aveva appoggiato Antonio, capì di correre un grave rischio, ma con la sua consueta spregiudicatezza riuscì ancora una volta a volgere la situazione in suo favore, senza farsi rimorchiare dai fatti, ma per quanto era possibile anticipandoli : " ... di lì a poco, dopo che Cesare vinse ad Azio, fu preso dall'ansietà per la sua sorte a causa dell'amicizia che aveva avuto con Antonio. Eppure era più il timore che egli incuteva di quello che provava ... " (BJ I 20,1). Come al solito prese la iniziativa, si presentò ad Ottaviano in Rodi, gli gettò teatralmente ai piedi la corona di re, pronto a riconoscersi suo suddito. Ottaviano, che evidentemente voleva farsi colpire da quel gesto, gliela rimise sul capo e in compenso di tanta sottomissione, gli restituì le città che Antonio aveva donato a Cleopatra. Così Erode seppe ottenere e conservare il favore di Augusto. "Era stato capace con una souplesse tipicamente orientale di assicurarsi l'amicizia prima di Cassio, poi d'Antonio, infine di Ottaviano, schierandosi disinvoltamente e puntualmente con il vincitore del momento ... in questo modo, pur gravitando ormai nell'orbita della sovranità di Roma, egli era riuscito a tener fuori del suo territorio le truppe di occupazione romane, che però vi si insedieranno l'anno stesso della sua morte" (Penna). - La battaglia di Azio segnava la fine del lungo periodo di guerre civili che avevano funestato l'impero e l'avvio di un'epoca di pace. Era la "pax Romana" della quale Tacito amaramente scriverà : "pacem sine dubio post haec, verum cruentam" (Annali I 10) e ancora "Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant" = quella che i Romani chiamano pace, consiste nel fare il deserto (Vita di Agricola 30,7). POLITICA, INTERNA

"Gli aspetti del regno di Erode sono molteplici e non sempre facili da interpretare. Fatte le dovute proporzioni, la sua figura va posta sulla linea dei grandi condottieri romani del suo tempo : ricchi, appoggiati dai grandi capitalisti e dal popolo, invisi in genere alla nobiltà tradizionalista" (Sacchi). Emulando la politica del fasto, tipica di ogni dittatura, Erode Magno (ma i Giudei dell'epoca lo chiamavano con sarcasmo "lo schiavo edomita"), puntò gran parte del suo successo sulla politica delle costruzioni, fatte eseguire in numero grandissimo e suntuoso. Fra le più celebri si può ricordare la ricostruzione di Samaria, da lui ricevuta solo al tempo di Augusto e ribattezzata in onore dell'Imperatore col nome di Sebaste = Augusta. Più spettacolare ancora la costruzione di Cesarea marittima in omaggio a Cesare, a circa 35 km a sud del Carmelo, con un magnifico porto. L'architettura ellenistica della città è un

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modello di funzionalità. Sia a Sebaste come a Cesarea, Erode fece erigere un Augusteum, cioè un edificio in onore dell'imperatore per coltivarne la memoria ed il culto. Costruì una città Antipatris in onore del padre e un'altra Fazaelis a ricordo del fratello. Inoltre dotò il regno di potenti fortificazioni, per difenderlo dai briganti, ma anche come potenziale rifugio in caso di fuga da Gerusalemme. "Queste fortezze si elevano per lo più nella zona del Mar Morto : l’Erodio, destinato a contenere il suo sepolcro, a pochi km da Betlemme ; Kypros, nei pressi di Gerico in onore di sua madre ; Masada sulla riva occidentale del Mar Morto ; Macheronte, sulla riva orientale, spostata un po' verso l'interno" (Sacchi). Sono edifici grandiosi, poggianti su enormi blocchi di pietra : "bugnato con scanalatura tra un blocco e un altro" (Baldi). Infine, seguendo l'esempio romano, curò molto anche le strade come vie di comunicazione. - Dove il fasto di Erode trovò massimamente il modo di esprimersi fu a Gerusalemme, la città capitale. Erode vi fece costruire il suo palazzo, fiancheggiato da torri imponenti, denominate Fasaele, Ippico e Marianne. Un'altra fortezza-palazzo venne edificata a nord della spianta del tempio, per controllarne il movimento e venne chiamata 'torre Antonia'. Anche Gerusalemme venne dotata di un teatro, di un anfiteatro ed ippodromo per i giochi aziaci, che venivano celebrati ogni cinque anni in onore dell'imperatore vincitore ad Azio. Tutte queste costruzioni imponenti erano possibili grazie ad un'accorta politica economica. Fu un abile finanziere, seppe investire bene il suo denaro ; le comunità giudaiche anche allora, disseminate nell'impero, erano spesso delle lobbies, centri di potere economico. Ma l'opera più celebre di Erode a Gerusalemme fu senza dubbio la ricostruzione del Tempio. Anche qui si rivelò astuto ; intuì infatti che i Giudei erano disposti a morire sub divo purché il tempio fosse splendido. E così lui, idumeo e agnostico, volle distrarre la popolazione, incantandola con la magnificenza del santuario. Si trattò concretamente di lavori di ampliamento, consolidamento e ornamentazione dell'edificio precedente. Ad essere interessato fu il "seconde tempio", quello eretto nel primo dopo esilio da Zorobabele, sostenuto dalla profezia di Aggeo e Zaccaria, inaugurato nel 515 aC. Tempio che aveva conosciuto diverse manomissioni sotto i Seleucidi, sconsacrato dall' "abominio della desolazione", violato dall'ingresso di Pompeo nell'anno 63, interessato dall'invasione dei Parti nell'anno 40. I lavori di rifacimento incominciarono nell'anno 20 aC e si protrassero per nove anni e mazzo ; 18 mesi vennero impiegati nella costruzione del santuario vero e proprio. Ma i lavori di abbellimento duravano ancora all'epoca di Gesù, come documenta il testo di Gv 2,20 : "Questo tempio è stato costruito in 46 anni e tu in tre giorni lo farai risorgere ?". Furono ultimati solo nell'anno 64 e nel 70 sarebbe stato distrutto ! "Per costruire il nuovo tempio ed evitare tumulti e malumori, fece istruire mille sacerdoti nell'arte edile, perché essi soli toccassero le parti più interne del tempio" (Sacchi). L'architettura dell'edificio doveva rispettare evidentemente i canoni tradizionali, con la classica suddivisione dell'edificio sacro in tre ambienti. La spianata venne allargata così da comprendere un atrio dei Gentili, cioè uno spazio profano aperto a tutti ; poi attraverso una balaustrata di pietra, le cui dodici aperture erano munite di stele con iscrizioni in greco e latino, dove si proibiva ai Gentili sotto pena di morte di entrare (cf At 21,27-30), si accedeva al cortile delle donne, dove c'era la sala del tesoro o gazofilacio (Mc 12,41 ; Gv 8,20).

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Di qui si passava all'atrio degli Israeliti riservato ai soli uomini, per arrivare nel cortile dei sacerdoti e infine al Santo dei Santi, il luogo più sacro (cf Ebr 9,1-10). Era nell'insieme un edificio maestoso, di cui i Giudei potevano andare fieri : "Era l'opera più ammirevole che ci fosse sotto il sole" dice Flavio in AG 15,412.”Chi non ha visto l'edificio di Erode, non ha visto nulla di bello" aggiunge il Talmud Babilonese, Sukka 51b. "Maestro, guarda che pietre e che costruzioni" esclamano stupiti i discepoli di Gesù (Mc 13,1). - Qui ci sta bene un accenno archeologico. Nel secolo scorso e precisamente nell'anno 1871 fu scoperta da Clermont-Ganneau una iscrizione del Tempio erodiano redatta nei seguenti termini : "Nessuno straniero (allogene) penetri al di là della balaustra e della cinta (tryfàktou kai peribòlou) che circonda lo hieron ; chi venisse preso sarà causa a se stesso della morte che seguirà". Anche Flavio ci dà questa informazione senza tuttavia riportarne il testo. "Conferma l'unica eccezione di una condanna capitale non riservata dai Romani a se stessi (cf Bell 6,126), mentre altrimenti solo il prefetto (o procuratore) poteva disporre dello jus gladii, come confermano i racconti evangelici della passione di Gesù (Gv 18,31)" (Penna). Ancor oggi è possibile farsi un'idea dell'imponenza del tempio erodiano, osservando a Gerusalemme gli enormi blocchi di pietra che costituiscono il Muro Occidentale o "Muro del pianto". Si possono ancora osservare, nonostante la distruzione del 70, 14 file di pietre delle 25 che c'erano. La pietà "politica", di Erode si manifestò anche verso altri luoghi venerabili della storia di Israele, particolarmente nel sito patriarcale di Hebron (cf le "tombe dei patriarchi") e di Mambre. Gli scavi archeologici, effettuati in epoca recente sui siti delle antiche fortezze dell'Herodion e di Macheronte, hanno confermato sostanzialmente l'attendibilità delle pagine entusiastiche dedicate da Giuseppe Flavio all'attivismo del re Erode. Ma non basta l'imponenza delle costruzioni a cattivarsi l'attaccamento di un popolo. LA TRAGEDIA FAMILIARE A. PAUL divide il regno di Erode in tre fasi : 37 - 27 : il consolidamento del potere 27-13 : la prosperità 13 - 4aC : la crisi familiare

Nella tradizione popolare il nome di Erode è un simbolo ; è l'emblema della crudeltà, della efferatezza. In effetti la violenza ed il sangue svolgono un ruolo determinante nella sua vicenda politica. "Erode eliminò ogni opposizione che in qualche modo avesse messo in pericolo il suo potere, senza badare a legami familiari e di amicizia" (Lohse). Aveva appena preso il controllo del potere, che fece subito giustiziare 45 membri del sinedrio, che avevano sostenuto gli Asmonei. In tal modo indebolì il sinedrio stesso. Durante l'intero suo regno, nominerà e destituirà a suo piacimento i sommi sacerdoti.

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- Questa dimensione tetra del personaggio ebbe modo di esprimersi nell'ambito familiare. "Se il regno di Erode fu particolarmente felice, la sua vita familiare più che triste fu tragica" (Sacchi). Il "misero labirinto familiare" (Goethe) fu il suo vero handicap. Sposò ben dieci donne da cui ebbe una nidiata di figli. Tra i crimini di carattere familiare si possono annoverare : ^ L'uccisione di Aristobulo, il suo giovane cognato diventato Sommo Sacerdote, carica che Erode in quanto idumeo non poteva ricoprire. Venne affogato mentre faceva un bagno nel Giordano. Anno 35. ^ Nel 29 soppresse il vecchio Ircano, il pontefice mutilato e rientrato da Babilonia. Poi la moglie Marianne, tramite la quale si era imparentato con gli Asmonei ; venne accusata di adulterio e uccisa. ^ Fece fuori anche la suocera Alessandra, che aveva cercato di congiurare contro di lui. ^ Dopo lunghi anni di ripensamenti e di raggiri nel 7 aC fece strangolare i due figli Alessandro e Aristobulo avuti da Marianne. Erode li aveva in precedenza (anno 23) mandati a Roma a ricevervi una buona educazione "liberal" e dopo cinque anni era andato a ritirarli in occasione di un suo viaggio nella capitale per omaggiare Augusto. Ad essi contava probabilmente di lasciare il regno. Alla luce di queste vicende si capisce bene il detto attribuito da Macrobio, storico romano del V secolo, ad Augusto : presso Erode erano più fortunati i porci (non commestibili per gli Orientali) dei figli (in greco le due parole 'porco' e 'figlio' hanno un suono quasi identico). ^ "Quando già si era insospettito dei due figli, aveva chiamato a corte Antipatro, figlio della sua prima moglie Doride, che pure aveva ricevuto un'educazione a Roma ; voleva contrapporlo agli altri, ma quando si accorse che anche questi con ogni certezza stava tramando contro di lui, lo fece imprigionare. Ottenuta poi da Augusto l'autorizzazione a condannarlo a morte, fece eseguire la sentenza poco prima di morire. Gli ultimi anni della vita di Erode passarono davvero nel terrore. "Fu il sospetto a caratterizzare il comportamento di Erode ; con questo aspetto del suo carattere si accorda perfettamente il racconto neotestamentario dell'uccisione dei bambini di Betlemme" (Lohse). Verso la fine dell'anno 5 aC, colpito da diabete e cirrosi epatica, Erode si faceva trasferire a Gerico per passare l'inverno in quella località temperata. Ma fu tutto inutile, il male avanzava in modo inesorabile. Fu in questa situazione fluida che l'elemento zelota organizzò un gesto di sfida al re morente con l'abbattimento dell'aquila fatta collocare da Erode sull'entrata principale del tempio. In quella notte ci fu un'eclissi di luna ; si è potato individuare la data nel 13 marzo dell'anno 4aC. Erode morì nell'anno 750 di Roma ; il suo cadavere fu trasportato in gran pompa alla fortezza dell'Erodium e sepolto in questo mausoleo approntato da tempo. - Racconta Flavio : "All'uccisione del figlio sopravvisse cinque giorni ; poi morì dopo aver regnato 34 anni dacché, ucciso Antigono, aveva ereditato il potere e per 37 dacché era stato nominato re dai Romani ; uomo sotto tutti i rispetti quant'altri mai fortunato, perché da privato che era, si era conquistato un regno e dopo averlo a lungo conservato lo lasciava ai suoi figli, ma nella vita domestica sventurato oltre ogni dire" (BJ I 33,8). NOTA CRONOLOGICA

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Come mai se Erode muore nel 4 aC poté essere l'artefice della strage degli innocenti di Betlemme, espressamente attribuitagli dall'evangelista Matteo ? Gesù dovette nascere prima della morte di Erode avvenuta come si diceva nell'anno 750 di Roma che corrisponde obiettivamente al 4 aC. Ricordiamo che il monaco scita DIONIGI il Piccolo commise un errore di computo, quando nel 754 per incarico di Papa Giovanni I e per sostituire con l'era dell'Incarnazione quella di Diocleziano e dei martiri usata fino allora nella chiesa, indicò l'anno 754 di Roma come quello della nascita di Gesù e quindi come primo dell'era volgare o cristiana. Tra questi due fatti - nascita di Gesù e morte di Erode - si calcola siano passati circa due o tre anni. Dionigi ha spinto troppo avanti la datazione. Gesù dovrebbe essere nato nell'anno 747-8 ab urbe condita. Per un esame recente della questione :

Cf G. FIRPO, Il problema cronologico della nascita di Gesù, Paideia - Brescia 1983 IL DOPO ERODE

Era scomparso tragicamente, all'età di circa settant'anni, "colui che dopo Davide, fu oggettivamente il più grande e prestigioso capo della terra nazionale dei Giudei" (Paul). Il regno di Erode era affetto da un triplice male congenito : a) l'origine idumea e con ciò la discendenza straniera b) il suo modo ellenistico di vivere e di governare c) la sua condizione di re vassallo ; a dispetto delle apparenze assai impressionanti, egli rimase sempre un puro strumento della politica imperialista romana in Oriente. Queste debolezze dovevano ben presto manifestare la loro consistenza. - L'ultimo testamento di Erode, stilato poco prima della morte, prevedeva la divisione del regno fra i suoi tre figli più capaci e solo per il primo il titolo di re. Queste disposizioni però divenivano vigenti solo dopo il necessario consenso di Roma. Così dopo la morte di Erode i tre figli si misero in viaggio per la capitale dell'Impero, ciascuno con l'intento di guadagnare per sé il più possibile. A questi fatti si allude nella parabola delle mine o del principe che va a ricevere l'investitura, narrata in Lc 19. I Gerosolomitani da parte loro inviarono a Roma un'ambasciata di cinquanta delegati, per chiedere la fine del dominio degli Erodiani e il restauro della indipendenza nazionale. "Ha trovato la Giudea fiorente e l'ha lasciata sul lastrico", si lamentarono contro Erode presso Augusto (cf AG XVII, 12). L'imperatore ascoltò tutti, ma confermò in sostanza il testamento di Erode. Le sue decisioni costituiscono la tela di fondo della situazione politica all'inizio della vita di Gesù. - Il primo figlio ARCHELAO ottenne in sorte la Giudea, la Samaria e la Idumea, però non ricevette il titolo di re previsto dal testamento di Erode, ma Augusto gli concesse quello inferiore di etnarca. Le notizie riguardanti il suo regno sono scarse e la cosa è dovuta alla morte di Nicola di Damasco, fonte principale di Flavio. Fu un regno senza gloria e abbastanza breve (4aC - 6dC). Si intromise nelle vicende riguardanti il sommo sacerdozio, si urtò con la classe dirigente di Gerusalemme e governò con arbitrio e brutalità. Una delegazione partì per questo alla volta di Roma per chiederne ad Augusto la deposizione. Così in effetti avvenne : Archelao fu convocato a Roma, detronizzato ed esiliato a Vienne nelle Gallie. Al suo posto in Giudea subentrò il procuratore romano. Con ciò si accorda l'informazione di Mt 2,22 ; "Avendo però saputo che era re della Giudea Archelao al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi".

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- Il secondo ERODE ANTIPA (4aC-39 dC) ricevette in potere da Augusto la Galilea e la Perea con il titolo di "tetrarca, cioè "picco principe", si costruì una residenza sul lago di Genezareth, cui diede il nome di Tiberiade, in onore di Tiberio succeduto nel frattempo ad Augusto. La sua vicenda, conosciuta anche dai Vangeli (cf Mc 6,17-29) è legata al matrimonio incestuoso con la cognata Erodiade, sposa di un suo fratellastro, un certo Erode Boeto (non Filippo, come erroneamente appare nei testi evangelici). Erode s'era già precedentemente ammogliato con una figlia del re dei Nabatesi, Areta VI. Il secondo matrimonio ebbe come conseguenza la perdita della prima moglie, che sentendosi postposta, si rifugiò presso il padre. Questi volle vendicare l'affronto, mosse guerra al suo ex genero e gli inflisse una severa sconfitta. Gli Ebrei considerarono questo episodio come un giusto castigo del cielo per l'adulterio e l'assassinio di Giovanni il Battista. E' forse questo il posto migliore per riportare la testimonianza di Flavio su Giovanni Battista in AG 18, 116-119.

"Erode aveva fatto uccidere Giovanni, benché fosse giusto e chiamasse gli Ebrei al battesimo ; il battesimo è gradito a Dio se essi lo praticano non per l'eliminazione di determinate mancanze, ma per la salute del corpo, poiché l'anima è già purificata da una vita corretta. Siccome dunque accorrevano a lui da tutte le parti, in quanto ciascuno si sentiva toccato da simili discorsi, Erode cominciò a temere che l'influenza di un tale uomo, dal cui consiglio tutti si lasciavano guidare, potesse portare ad una sommossa, e ritenne quindi più prudente renderlo innocuo prima che si verificasse tale pericolo, piuttosto che doversi pentire più tardi quando le cose avessero preso un’altra piega per la sua indecisione. In base a questo sospetto Giovanni fu messo in carcere e mandato nella fortezza di Macheronte ... e là decollato".

Commenta Romano Penna : "La testimonianza di Giuseppe Flavio sulla fine del Battista diverge da quella dei vangeli sinottici. Infatti mentre questi spiegano la sua condanna in base alle sue rampogne contro l'irregolare situazione matrimoniale di Erode e Erodiade, lo storico ebreo invece adduce una spiegazione politica, consistente nel timore del re che la folla ammassatasi attorno a Giovanni potesse insorgere contro di lui. In ogni caso, le due motivazioni (la morale e la politica) non sono contrastanti ed è ben possibile che ciascuna abbia avuto il suo peso o che addirittura l'una sia servita per mascherare l'altra". E' ancora questi l’Erode menzionato nella narrazione lucana della passione (cf Lc 23,6-12). Erode Antipa finì male i suoi giorni ; "la volpe" come lo ebbe a definire Gesù (cf Lc 13,32) fu mandato in esilio a Lione dall'imperatore Caligola, mentre la sua tetrarchia veniva unita al regno di Agrippa (40 dC). - FILIPPO (4aC - 34dC) ottenne in sorte solo regioni della Transgiordania : Traconitide, Auvanitide, Iturea ... Anch’gli dovette accontentarsi del titolo di tetrarca e limitarsi a controllare popolazioni non giudee fuori del territorio nazionale. Ebbe nel complesso una vita tranquilla e prospera : si costruì una residenza che chiamò Caesarea Philippi : città che portava insieme il suo nome e

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quello dell'imperatore, per distinguerla dall'omonima Caesarea fatta edificare da Erode sulla sponda mediterranea. A Cafarnao si trovava una piccola stazione doganale (cf Mc 8,27) "Filippo fu il primo sovrano giudeo a far coniare monete che portassero l'effige dell'imperatore romano. Poiché la sua popolazione era giudaica solo in piccola parte, non dovette tener conto della ripugnanza degli Ebrei ad accettare raffigurazioni umane. Filippo morì nel 34 dC senza lasciare eredi" (Lohse). La sua tetrarchia fu annessa dall'imperatore Tiberio alla provincia di Siria ; nel 37 Caligola la passerà ad Agrippa I. - AGRIPPA I (37 - 44 dC) : la Palestina fu ancora per breve tempo dominata da un re Giudeo, Agrippa, figlio di Aristobulo giustiziato da Erode Magno nel 7aC e nipote di Erode stesso. Era vissuto a Roma guadagnandosi il favore di Caligola. Questi nell'anno 37 gli fece appunto dono del paese che Filippo aveva governato e due anni più tardi gli affidò anche il territorio di Erode Antipa, nel frattempo spedito in esilio. Nel 41 gli venne aggiunto anche il dominio della Giudea, della Samaria e dell'Idumea, cosi che venne a riunificarsi sotto il suo scettro quello che era stato il regno del nonno (cf BJ II 204-218). Erode Agrippa si mostrò pio giudeo, rispettoso della Legge e perciò lodato dagli scribi e dai farisei. Perseguitò la nascente comunità cristiana di Gerusalemme come documenta At 12, 1-3. Fece giustiziare Giacomo di Zebedeo e mettere in prigione Pietro. Con i Greci si comportava ben diversamente. Assumeva l'atteggiamento del principe ellenista, cercava di accrescere il suo prestigio con costruzioni e fondazioni. Si faceva onorare come un principe inviato da Dio e accettava il culto divino tributato al sovrano (si spiega così il testo severo di At 12,21-23). "Quando mori, il potere non passò a suo figlio Agrippa II, ma tutto il paese fu annesso alla provincia di Siria e amministrato da procuratori romani che sottostavano al governatore di Siria" (Lohse). Mori improvvisamente nell'anno 44. LA GIUDEA, SOTTO I PROCURATORI ROMANI

"I prefetti o procuratori sono i governatori che Roma colloca prima in Giudea (comprendeva anche la Samaria e l'Idumea) dal 6 al 41 (dalla deposizione di Archelao per opera di Augusto all'ascesa di Agrippa I con il favore di Claudio) poi su tutto il territorio palestinese dal 44 al 66 (dalla morte di Agrippa I allo scoppio della grande rivolta)" (Paul). Il legato imperiale risiedeva in Siria a capo della provincia, mentre il procuratore difendeva gli interessi di Roma e rappresentava l'imperatore come autorità subordinata nella regione di Palestina. Il procuratore risiedeva a Cesarea e solo occasionalmente si recava a Gerusalemme, per lo più in occasione delle feste giudaiche, allo scopo di prevenire sommosse della folla. Possedeva lo "jus gladii", cioè il diritte di comminare la pena di morte, riscuoteva i tributi, appaltava le dogane con l'obbligo di garantire la sicurezza interna e la libertà dei commerci. Era comandante delle truppe di stanza in Giudea ; una guarnigione di soldati romani era di stanza nella torre Antonia sulla spianata del Tempio.

Il dominio diretto di Roma sulla Giudea con i procuratori rispettò saggiamente l'autonomia della comunità cultuale ; l'attività dei sacerdoti e del sinedrio poté continuare.

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Nel tempio non venne posta nessuna effigie dell'Imperatore e le truppe romane dovevano percorrere la città senza le loro insegne.

Della serie dei procuratori romani che si sono succeduti fino alla guerra giudaica ricordiamo coloro che vengono menzionati nei testi del NT. - PONZIO PILATO"fu "epìtropos" dal 26 al 36 dC Il suo nome, immortalato dai testi evangelici ed entrato nel simbolo della fede ("passus sub Pontio Pilato) è attestato anche dagli autori giudaici dell'epoca. Filone di Alessandria ci informa che l’esercizio del suo potere consistette in "venalità, corruzione, violenza, furti, ingiustizie, offese, esecuzioni fatte senza processi giudiziari, continua ed insopportabile crudeltà" (Legatio ad Gaium 302). Flavio ne parla in BJ II 9,2-4 e riporta di lui un duplice episodio rivelatore del suo disprezzo nei confronti della nazione giudaica : a) Una notte fece entrare in Gerusalemme insegne romane con l'immagine dell'imperatore. Solo quando gli Ebrei dichiararono che preferivano morire piuttosto che infrangere la Legge, Pilato le fece rimuovere. b) Vi fu grande inquietudine, allorché con la forza Pilato fece prelevare denaro dal tesoro del tempio per costruire un acquedotto destinato ad alimentare Gerusalemme. La folla uscita in piazza a protestare venne bastonata. Il quadro che le notizie contemporanee ci tramandano di Ponzio Pilato viene confermato dal NT cf ad es Lc 13,1. Per questa gestione insipiente del governo, Pilato venne rimosso dall'incarico. Chiamato a Roma a rendere ragione della sua amministrazione, vi trovò l'imperatore Caligola da poco succeduto a Tiberio ; venne condannato all'esilio e forse al suicidio, secondo la prassi del nuovo sovrano. Per un approfondimento dello studio :

Cf J. P. LEMONON, Pilate et le gouvernement de la Judée. Textes et Monuments, Gabalda - Paris 1981, recensione in RB 1982/1 pp 118-122

Si deve menzionare anche l'iscrizione di Pilato a Cesarea Marittima scoperta nel 1961

... S TIBERIEUM ... NTIUS PILATUS ... ectus IUDAE "L'iscrizione dà notizia di un edificio pubblico dedicato da Pilato all'imperatore Tiberio ; essa è importante sia perché contemporanea alla presenza di Pilato in Giudea (anni 26-36), sia perché ci dà il suo titolo latino ufficiale, che differisce da quello di procuratore (invalso nel linguaggio comune, forse sulla base di Tacito Ann 15,44). Nel NT si trova il generico hegemon cfr Mt 27,2 corrispondente al praeses della Vg. Difficoltà della S nella prima riga" (Penna). - FELICE occupò la carica, di procuratore a partire dall'anno 52. Era salito così in alto benché liberto, grazie al sostegno dell'imperatore Claudio. Tacito dice di lui che "con ogni crudeltà e avidità usò del diritto regale con la mentalità di uno schiavo" (Hist 5,9) Davanti a lui e a Drusilla, principessa giudea figlia di Agrippa I, l'Apostolo Paolo durante la prigionia di Cesarea dovette difendere la sua causa come attesta At 24,24-27. Il suo successore fu PORCIO FESTO (60-62) inviato da Nerone. Fu un magistrato onesto e prudente. Disgraziatamente morì in carica dopo appena due anni dalla sua nomina. Usando una politica di fermezza e insieme di moderazione, riuscì a riportare un po' di ordine nel

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paese e ad appianare i contrasti più violenti. A lui è legato l'ultimo periodo della prigionia di Paolo a Cesarea ; il processo avrebbe avuto conclusione a Roma. - Una parola infine su AGRIPPA II : il figlio di Agrippa I e l'ultimo rappresentante della dinastia erodiana. Nel 48 l'imperatore CLAUDIO lo nominò re di Calcide, poi l'anno successivo ispettore del Tempio con il diritto di nominare i Sommi Sacerdoti. La sua fedeltà a Roma fu incrollabile fino a prestar aiuto all'esercito imperiale nel domare la rivolta del 66-70. Ciò gli consentì anche di perorare talora la causa dei Giudei presso i procuratori. Al regno iniziale Claudio aggiungerà nel 53 l'antica tetrarchia di Filippo, e Nerone nel 55 una parte della antica tetrarchia di Erode Antipa. E' di questo Agrippa II che parlano gli Atti cc 25-26 in occasione del processo a Paolo. Si accompagnava con sua sorella, Berenice e la loro relazione era di scandalo perfino negli ambienti scettici e licenziosi di Roma. LA GUERRA GIUDAICA

Adoperiamo il titolo dell'opera di Giuseppe Flavio per indicare la insurrezione armata del Giudaismo Palestinese contro Roma. "La guerra dei Giudei contro i Romani - la più grande non soltanto dei nostri tempi, ma forse di tutte quelle fra città o nazioni di cui ci sia giunta notizia - alcuni la espongono con bell'arte, ma senza aver assistito ai fatti e solo combinando insieme racconti malsicuri e disparati, mentre altri che invece vi assistettero, ne danno una narrazione falsata o per compiacere ai Romani o in odio ai Giudei, si che nelle loro opere ricorre sempre ora un giudizio di condanna, ora di esaltazione, ma non v’è mai posto per la verità storica. Mi sono proposto allora io di raccontarla agli abitanti dell'Impero Romano, traducendo in greco un mio precedente scritto in lingua nazionale dedicato ai barbari delle regioni superiori. Sono Giuseppe, figlio di Mattia, di stirpe ebraica, sacerdote di Gerusalemme, che ho avuto parte attiva nelle prime fasi della guerra contro i Romani e poi ho dovuto assistere di persona ai successivi sviluppi". E' un dramma in due atti : il primo tempo dal 66 al 73/74 si risolve nella distruzione di Gerusalemme e del Tempio e con la dispersione della comunità giudaica palestinese ; il secondo atto dal 132 al 135 vede la insurrezione di Bar - Hokba e termina con la cancellazione da Gerusalemme di ogni segno di culto ebraico. LE CAUSE

Come mai è scoppiata la rivolta del Giudaismo contro Roma ? I motivi sono di natura politica o di indole religiosa ? E' una guerra esogena, importata dall'esterno oppure le cause si annidano nel Giudaismo stesso ? Le ragioni sono molteplici e di ordine diverso. - Vi sono anzitutto motivi di carattere politico-sociale. A partire dall'anno 63 aC la Palestina aveva perso di fatto l'indipendenza, anche se la comunità giudaica conservava una parvenza di regalità e vedeva rispettate le sue strutture religiose.

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E' anche vero che i Giudei dopo Cesare godevano nell'impero di uno statuto particolare, ma questo evidentemente non bastava per accettare di buon grado il giogo romano ; si sentivano paese occupato. Il mondo giudaico era solcato da profonde inquietudini. I primi decenni dell'era cristiana sono caratterizzati da tentativi di ribellione contro Roma. ^ Nel 6 dC Quirino ordinò un censimento, affinché tutti i Giudei pagassero da quel momento in poi il tributo a Cesare. "Questo censimento non è che un modo per renderci schiavi. Conserviamo la nostra libertà ! Non vi vergognate di pagare un tributo ai Romani e di sopportare padroni mortali, dopo aver avuto Dio come unico Signore ?" avrebbe detto in quella occasione Giuda il Galileo, stando a quanto riporta Flavio in BJ II 8,118 ^ Giuda il Galileo era un sobillatore. Sempre Flavio lo presenta così : "Un galileo di nome Giuda spinse alla rivolta gli autoctoni facendoli vergognare di accettare il giogo dei Romani e di tollerare oltre Dio dei signori mortali. Quest'uomo era un sofista che fondò una setta particolare, che non aveva niente in comune con le altre"(BJ II 8,1 ) Sappiamo da At 5,36-37 che Giuda fu condannato a morte : "Qualche tempo fa venne TEUDA dicendo di essere qualcuno e a lui si aggregarono circa 400 uomini. Ma fu ucciso e quanti si lasciarono persuadere da lui si dispersero e finirono nel nulla. Dopo di lui sorse Giuda il Galileo al tempo del censimento e indusse molta gente a seguirlo, ma anch'egli perì e quanti s'erano lasciati persuadere da lui furono dispersi". ^ Soprattutto il partito degli Zeloti e dei Sicari = pugnalatori (sica = piccolo pugnale) portavano avanti in modo violento il movimento di liberazione almeno dopo il 40. Erano partigiani estremisti : assassinavano indiscriminatamente i Romani e i loro collaboratori giudei agendo di preferenza durante i periodi festivi e nei luoghi affollati. Di questo movimento terroristico Flavio scrive : "In Gerusalemme nacque una nuova forma di banditismo, quella dei cosiddetti sicari, che commettevano assassini in pieno giorno e nel bel mezzo della città. Era specialmente in occasione delle feste che essi si mescolavano alla folla, nascondendo sotto le vesti dei piccoli pugnali e con questi colpivano i loro avversari. Poi, quando questi cadevano, gli assassini si univano a coloro che esprimevano il loro orrore e lo facevano così bene da essere creduti e perciò non era possibile scoprirli" (BJ II 13,3). ^ Anche il giudaismo della diaspora faceva fatica a convivere con i locali e spesso nascevano frizioni. Sintomatica a questo riguardo è la lettera dell'imperatore Claudio agli Alessandrini nel novembre del 41dC : "Scongiuro ancora una volta gli Alessandrini di comportarsi con dolcezza ed umanità nei confronti dei Giudei, che da così lungo tempo abitano la stessa città ; di non metterli in difficoltà per nessuna delle pratiche tradizionali con le quali essi onorano la divinità, e di permettere loro di conformarsi ai loro costumi. D'altra parte ordino formalmente ai Giudei di non ordire intrighi per ottenere più di quanto avevano precedentemente ... dal momento che hanno già i loro privilegi e godono, in una città che non è la loro, di una grande sovrabbondanza di vantaggi. In caso contrario li perseguiterò con tutti i mezzi, come fautori di una peste diffusa su tutta la terra". - A creare malessere e inquietudini contribuirono anche le vessazioni delle autorità romane in loco. I procuratori erano talora persone incapaci e disoneste ; approfittavano del ruolo per arricchire e governare il paese "manu militari". Il malgoverno dei rappresentanti di Roma alimentò insofferenza nella popolazione e determinò un clima di tensione e di insicurezza.

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Le truppe di occupazione non mancavano di esprimere disprezzo verso la popolazione del luogo e la religiosità giudaica. Flavio racconta episodi significativi al riguardo : "Essendosi la folla raccolta a Gerusalemme per la festa degli Azzimi, ed essendosi schierata la coorte romana sopra al portico del tempio - giacché usano vigilare in armi in occasione delle feste, per evitare che la folla, raccolta insieme dia inizio a qualche sommossa - uno dei soldati, sollevatasi la veste e piegatosi con mossa indecente, mostrò ai Giudei il suo deretano accompagnando il gesto con un acconcio rumore. La cosa fece imbiestialire la folla, che con grandi schiamazzi esigeva da Cumano la punizione del soldato, mentre i giovani con la testa più calda e gli elementi per loro natura più ribelli del popolo si gettavano allo sbaraglio e, afferrate delle pietre, le scagliavano contro i soldati" (BJ II 12,1). Un'altra volta un soldato strappò e bruciò un rotolo della Torah proferendo ingiurie. Una folla numerosa si recò a Cesarea, alla residenza del procuratore per manifestare contro questa grave offesa. Il governatore dovette placare l'opinione pubblica condannando a morte il responsabile dell'affronto. Cf BJ II 12,2 "La mancanza di rispetto da parte della potenza di occupazione romana portò l'odio della popolazione giudaica fino alla esasperazione" (Lohse). - Agli attriti di carattere politico bisogna aggiungere ragioni di ordine religioso e cioè le divisioni profonde all’interno della comunità giudaica. Il Giudaismo - lo sappiamo - già dall'epoca maccabaica non si presentava più come un monolito, ma come un fenomeno composito attraversato da correnti diverse ed anche contrapposte. Esistevano i partiti con un miscuglio di religione e di politica. Accanto a una tendenza nettamente contraria alla presenza di Roma nello scacchiere mediorientale, non mancava il partito dei collaborazionisti, di orientamento liberale, favorevoli ad un modus vivendi purché vantaggioso dal punto di vista economico. I conflitti tra le parti sociali e fra gli stessi gruppi sacerdotali vanno annoverati tra le cause della disgregazione della comunità giudaica e della insurrezione in armi contro Roma. E' sempre Flavio che racconta : "Ciarlatani è briganti, riunitisi insieme, istigavano molti a ribellarsi e li incitavano alla libertà, minacciando di morte chi si sottometteva al dominio dei Romani e promettendo che avrebbero fatto fuori con la violenza chi volontariamente si piegava alla schiavitù" (BJ II 13,6) - Un ulteriore fattore di effervescenza politica era l'apparizione relativamente frequente di "profeti impostori" (il termine è di Flavio). Si trattava di illuminati con pretese messianiche, che ogni volta si trasformavano in pericolosi elementi di aggregazione. Già si è accennato a Teuda e a Giuda il Galileo in At 5. Lo stesso libro in 21,38 parla dell' "Egiziano" : "Allora non sei quell'Egiziano, dice il tribuno a Paolo, che in questi ultimi tempi ha sobillato e condotto nel deserto i quattromila ribelli ?" Anche Giuseppe lo conosce e parla di lui come di un "ciarlatano, che guadagnatasi la fama di profeta, raccolse una turba di circa trentamila individui che s'erano lasciati abbindolare da lui, li guidò dal deserto al monte degli Ulivi e si preparò a piombare in forze su Gerusalemme" (BJ II 13,5). SVOLGIMENTO DELLA GUERRA

L'inizio della rivolta è dell’anno 66 sotto il procuratore Gellio o Gessio Florio, l’ultimo e il peggiore di tutti : "sì compiaceva di ostentare il suo disprezzo per i diritti della

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nazione e come un boia arrivato per giustiziare dei condannati a morte, non si asteneva da alcuna forma di ruberia e di vessazione" (BJ 14,2 del libro II). La sua avidità di denaro era tale da spingerlo a prelevare 17 talenti dal tesoro del Tempio ; gli Ebrei lo presero in giro andando a questua per il "povero procuratore" ... La scintilla dell'insurrezione fu la sommossa di Cesarea, dove da anni esistevano tensioni tra la comunità greca e quella ebraica : "Intanto i Greci di Cesarea, che avevano ottenuto da Nerone il governo della città, arrivarono portando il testo della sentenza e fu allora che ebbe inizio la guerra, l'anno XII del regno di Nerone, il 17° di Agrippa, nel mese di Artemisio ... il pretesto da cui prese l'avvio non fu proporzionato agli immani disastri che provocò" (BJ II 14,4). - A Gerusalemme la rivolta iniziò con un saccheggio della città e con una strage di abitanti, flagellati e crocifissi, effettuata da Floro, per punire gli insulti contro i Romani. Quando poi la folla, richiesta dal governatore di uscire incontro alle truppe romane provenienti da Cesarea, non si vide ricambiare il saluto, anzi venne caricata dall'esercito, allora non si controllò più. L'area del tempio fu presto occupata, il procuratore dovette precipitosamente far marcia indietro e riparare a Cesarea. Nella città santa restò solo una coorte nella munitissima torre Antonia. Il resto della città era in mano ai ribelli. A partire da questo momento la rivolta si dilatò a macchia d'olio. La fortezza di Masada fu occupata e la guarnigione romana decimata. Il comandante del Tempio, Eleazaro, un figlio del sommo sacerdote, riaccostatosi inaspettatamente alle idee del basso clero, fece sospendere il sacrificio quotidiano per l'imperatore, gesto che equivaleva a una dichiarazione di guerra. All'interno della comunità giudaica venne ben presto allo scoperto una duplice tendenza : il partito della pace, "composto di notabili, di farisei e di rappresentanti dell'alto clero" (Paul) era di visione moderata e propendeva per una soluzione diplomatica, mentre il partito dei rivoltosi, estremisti, si mostrava deciso a condurre a fondo la lotta contro Roma. Il pontefice Anania che aveva cercato di mediare tra le due posizioni fu assassinato. I radicali presero così il sopravvento sui moderati. - I Romani vennero sorpresi dal rapido succedersi dei fatti e non riuscirono più a circoscrivere l'incendio, la situazione sfuggì loro di mano. Nell'ottobre del 66 il governatore della provincia di Siria CESTIO GALLO accorse con rinforzi, ma non riuscì a riprendere Gerusalemme ; dovette interrompere la campagna militare e nella marcia di ritorno fu sonoramente battuto. Il giubilo della nazione giudaica fu grande : i Romani erano stati cacciati dal paese. "Da quel momento i Giudei furono unanimi a favore della guerra ; gli elementi, filoromani si allontanarono e i partigiani della pace dovettero tacere o accostarsi al partito della insurrezione" (Paul). Non erano però così ingenui da pensare di aver liquidato il problema. Si organizzò metodicamente la rivolta preparandosi a rispondere all'attacco romano atteso nel Nord del paese. In Galilea vennero approntate fortezze e come incaricato della difesa venne inviato, già lo sappiamo, il sacerdote e diplomatico Giuseppe, di tendenze moderate. Così egli parla di sé in terza persona :

"Ognuno dei capi prese a svolgere le mansioni affidategli col massimo zelo possibile. Quanto a Giuseppe, arrivato in Galilea, si preoccupò in primo luogo di cattivarsi la simpatia degli abitanti, ben sapendo che per mezzo di essa avrebbe risolto il maggior numero di situazioni, anche se per il resto avesse fallito ... scelse fra tutti gli anziani

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della regione i settanta di maggior senno e li creo governanti di tutta la Galilea ... sistemato in tal modo il governo degli affari interni, passò ad occuparsi della loro sicurezza dagli attacchi esterni. E ben sapendo che i Romani avrebbero incominciato a invadere la Galilea ... persuase che la forza dei Romani era imbattibile soprattutto per la disciplina e per la pratica con le armi ... li preparò alla guerra, spiegando minutamente la disciplina dei Romani e facendoli riflettere sul fatto che stavano per scendere in campo contro uomini che con la loro prestanza fisica ed il vigore dell'animo erano diventati padroni di quasi tutto il mondo abitato ... Mentre Giuseppe così organizzava la difesa della Galilea, gli si levò contro un intrigante di Giscala di nome Giovanni, figlio di Levi, il più farabutto e astuto fra tutti quelli famosi per simili pessime qualità" (BJ II 20,5ss)

- L'imperatore Nerone incaricò della guerra contro la Giudea insorta il suo miglior Generale, Vespasiano e questi sbarcò a Tolemaide con un'armata di 60.000 uomini, mentre il figlio Tito raccoglieva truppe in Egitto così da costringere i ribelli in una morsa. L'attacco dei Romani, come Giuseppe prevedeva, fu diretto dapprima contro la Galilea. "All'avanzare dell'efficientissimo esercito gli Ebrei furono presi da terrore e si ritirarono nelle fortezze ; i Romani si impadronirono della pianura senza colpo ferire. Giuseppe con i suoi uomini era riparato a Iotapata, ma non poté resistere a lungo. Quando dopo 47 giorni di assedio la resistenza fu spezzata, gli zeloti pretesero che tutti i difensori si dessero la morte. Giuseppe respinse tale proposta e pensò di salvarsi presentandosi a Vespasiano, al quale predisse che sarebbe diventato imperatore. Vespasiano lo graziò e Giuseppe rimase allora nel quartiere generale romano, divenendo così testimone oculare e più tardi storico di tutta le guerra giudaica, Giovanni di Giscala, il capo degli zeloti, fuggì con un piccolo gruppo di soldati verso Gerusalemme. Nel 67 tutta la Galilea era di nuovo sotto il controllo dei Romani"(Lohse). Giuseppe giustifica così il suo comportamento : "Egli vedeva a quale triste fine stavano per andare incontro i Giudei e riconosceva che l'unica salvezza per loro era di cambiare politica. Personalmente egli si aspettava di essere perdonato dai Romani, tuttavia preferiva mille volte morire che tradire la patria e disonorare il comando affidatogli, per far fortuna presso coloro che era stato mandato a combattere" (BJ III7,2). Iotapata fu presa a tradimento il 20 luglio del 67. - L'azione militare si spostò allora a Gerusalemme. Purtroppo davanti ella piega negativa presa dagli avvenimenti, nella città ripresero fiato le fazioni e scoppiò la guerra civile. Gli zeloti, estremisti e sicari, facevano capo a Giovanni di Giscala e riuscirono ad occupare l'area del tempio, il resto della, città fu preso e difeso da Simone bar Ghiora, "il più grande dei capi militari nella guerra contro Roma" (Paul). "Ma su Gerusalemme stava per abbattersi un'altra guerra. Vi era un certo Simone, figlio di Ghiora, nativo di Gerasa, un giovane che per intelligenza restava dietro a Giovanni, il quale già la faceva da padrone in città, ma era a Lui superiore per la vigoria del corpo e per l'audacia ... " (BJ IV 9,3). I due gruppi entrarono in lotta tra loro. I nemici della guerra e gli esitanti venivano soppressi, il terrore regnava in Gerusalemme. In quel tempo la comunità cristiana primitiva, che non si era unita alla rivolta, dovette abbandonare la città per rifugiarsi a Pella nella Transgiordania, abbandonando in questo mese di novembre 67 definitivamente il tempio e i suoi atri. (L'informazione proviene da Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica III 5,2-3 ; tradizione oggi contestata da BRANDON).

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Vespasiano approfitta di questa lotta intestina per sottomettere il territorio circostante. - Le operazioni militari romane subirono una lunga battuta di arresto durante l'anno 68. Il 9 giugno era morto Nerone e la successione imperiale non si presentava facile. Vespasiano lasciò il comando della guerra al figlio Tito e fiutando il vento favorevole si diresse alla volta dell'Italia. Nel luglio del 69 le legioni romane d'Oriente lo acclamavano imperatore, circa il quale episodio Tacito nelle Historiae 1,4 commenterà : "Si era appena rivelato un segreto di stato : un imperatore poteva essere fatto fuori Roma". Tito, incaricato di condurre a termine la guerra, riprese con più accanimento l'assedio di Gerusalemme, servendosi come mediatore di Giuseppe che nel frattempo era stato liberato e diventato interprete presso i Romani. Nel maggio del 70 Tito marciò su Gerusalemme, dove ormai infieriva la carestia ; sotto questa minaccia Giovanni di Giscala e Simone Bar Ghiora si riconciliarono, ma era troppo tardi. "Tito ben sapendo che la conservazione o la distruzione della città avrebbe avuto per lui un'importanza ben diversa, mentre proseguiva nelle operazioni di assedio, non tralasciava di esortare i Giudei a riflettere ; alternava all'azione i consigli, nella convinzione che spesso con parole si conclude più che con le armi e non solo li invitò personalmente a salvarsi consegnando la città che ormai era presa, ma inviò anche Giuseppe a parlamentare nella loro lingua, pensando che quelli si sarebbero forse lasciati persuadere da un connazionale" (BJ V 9,2). Flavio riporta anche i termini del discorso rivolto ai suoi sfortunati compatrioti, per noi interessante anche a partire dalla giustificazione religiosa che offre : "La buona sorte è passata nel campo dei Romani e Dio che passa da una nazione all'altra, donando a ciascuno l'egemonia a turno, si è ora trasferito in Italia. Legge suprema in vigore presso le bestie come presso gli uomini è quella di cedere al più forte e dominare spetta a chi ha armi più potenti" (V 9,3). Cadde progressivamente la triplice cinta muraria. Il tempio erodiano venne dato alle fiamme il 10 agosto. Alla fine settembre la città intera era sottomessa. Si sperava, fino all'ultimo che Dio sarebbe intervenuto per salvare il suo popolo ! Coraggio e speranza risultarono vani ; Tito poté entrare nel Santo dei Santi prima che questi cadesse. Il candelabro delle sette braccia (la Menorah) e la tavola dorata dei pani di proposizione vennero tenuti come trofei di vittoria da portare più tardi nel corteo di vittoria, del quale è testimone ancora oggi il rilievo sull'arco di Tito a Roma. Simone bar Ghiora figurò tra i vinti, fu condotto a Roma, frustato durante tutto il percorso del trionfo e messo a morte al culmino delle feste in onore di Vespasiano e di Tito. Giovanni di Giscala morì in prigione. Pure settecento giovani dall'aspetto prestante vennero riservati per il trionfo del vincitore. - E vediamo le ultime sacche di resistenza. Restavano tre fortezze e toccò alla decima legione il compito di espugnarle. L'Herodium cadde senza difficoltà ed anche Macheronte, assediato, si arrese presto. Rimaneva MASADA e qui l'assedio fu molto più laborioso e lento, data la posizione della fortezza e la resistenza eroica degli occupanti. Su questo sperone roccioso, circondato da burroni, che domina da un'altezza di circa 400 m la riva sud-ovest del Mar Morto, 960 zeloti ebrei preferirono suicidarsi piuttosto che cadere in mano ai Romani. Li capeggiava un certo Eleazaro ben Yair. Flavio riporta in BJ VII 8,6 il vibrante discorso che avrebbe tenuto (o è immaginazione dello scrittore) per giustificare il rito collettivo del suicidio :

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" ... forse avremmo dovuto fin dall'inizio - quando, avendo scelto di affermare le nostre libertà, noi abbiamo sopportato senza tregua duri colpi da parte gli uni degli altri e ancor più duri colpi da parte dei nostri nemici - avremmo dovuto, oserei dire, leggere il disegno di Dio e riconoscere che la stirpe dei Giudei, a lui un tempo così cara, era stata condannata alla distruzione ... Noi fatti schiavi, moriamo come uomini liberi con i nostri bambini e le nostre donne. Questo ci impongono le nostre leggi, questo le nostre donne e i nostri bambini implorano da noi ... " I Romani non trovarono che cadaveri e derrate alimentari a testimoniare che non erano morti per fame. L'accadimento ebbe luogo nell'anno 72 o 73 in primavera. L'archeologo israeliano Ygael YADIN ha diretto la campagna di scavi a Masada dal 1963-1965 incontrando testimonianze impressionanti : resti di scheletri, rotoli della Bibbia (una parte del libro dei salmi) e, cosa più emozionante, la scoperta di 11 cocci con undici nomi, forse il segno della tragica lotteria tra i difensori di Masada di chi avrebbe dovuto morire per ultimo. "Il suicidio collettivo delle truppe di Eleazaro fu il punto culminante e, per così dire, la celebrazione differita, sotto forma di olocausto totale del suicidio obiettivo della terra nazionale dei Giudei e della nazione giudaica avvenuto nel 70" (Paul). Per questo Masada è diventata un simbolo, è un suicidio che in Israele insegnano a scuola e ancora oggi le reclute di unità scelte delle forze armate israeliane si riuniscono a Masada per giurare fedeltà allo stato ebraico, ripetendo in coro, alla luce delle fiaccole nel cuore della notte : "Masada non cadrà più !" - Dopo la vittoria Vespasiano regolò la situazione in Palestina. La Giudea fu separata dalla Siria, diventò proprietà personale dell'imperatore e nel paese stazionò la X legione che pose l'accampamento vicino a Gerusalemme. Il didramma era ormai versato in una cassa imperiale speciale, il "fiscus judaicus". La condizione della regione è ben simboleggiata sulle monete coniate in onore di Tito da una donna seduta sotto una palma con l'iscrizione : Judaea capta ! E' difficilmente immaginabile lo choc che produssero nell'ethnos giudaico gli avvenimenti del 70 ; riprenderemo il discorso a proposito della letteratura apocalittica. "Il Giudaismo poté sopravvivere a questa terribile catastrofe, perché aveva in sé grandi energie, che gli permisero un nuovo inizio. I Farisei si erano fortemente opposti alla classe sacerdotale, in cui predominavano le idee sadducee ; con la distruzione di Gerusalemme i sadducei scomparvero. Il movimento farisaico fu a capo della ricostruzione delle comunità giudaiche, che dopo la catastrofe si riunirono nuovamente e influì su di loro. Col tempio era scomparso anche il culto sacrificale ; ma l'adorazione del Dio di Israele poté continuare nelle sinagoghe ... a Jabne (Jamnia) si radunò un nuovo sinedrio, di cui non facevano parte né Sacerdoti né anziani, ma solo scribi. I Romani non toccarono i diritti che erano stati concessi fondamentalmente agli Ebrei, per cui le sinagoghe continuarono a restare sotto la protezione delle autorità romane e la vita della comunità poté rifiorire" (Lohse). LA SECONDA RIVOLTA GIUDAICA (132 - 135)

Nella prima metà del secondo secolo il Giudaismo palestinese tentò nuovamente di scrollarsi di dosso la dominazione romana. Di queste vicende non ci è pervenuta nessuna descrizione ordinata, la seconda insurrezione giudaica non ha avuto alcuno storico.

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A singoli dati offerti da antichi scrittori si sono aggiunte di recente scoperte archeologiche in Palestina. Per la letizia degli studenti e il rammarico degli studiosi la trattazione è quindi necessariamente sbrigativa. La occasione della rivolta fu determinata da due "improvvide iniziative" dell’imperatore Adriano (117 - 138 dC). Il primo decreto fu la decisione di costruire sulle rovine del tempio di Gerusalemme un santuario a Giove Capitolino. Il secondo provvedimento fu di proibire la castrazione ed anche la circoncisione. Significava non capire proprio niente di mentalità ebraica ! E' chiaro che le due decisioni imperiali provocarono grave esasperazione nel mondo giudaico. I ribelli riuscirono con un improvviso colpo di mano a impossessarsi della Giudea e di Gerusalemme. Si riprese il culto sacrificale, vennero coniate monete in segno della riconquistata indipendenza e si incominciò a datare con una nuova era a partire dal primo anno della rivolta. - Il promotore e capo della insurrezione fu un certo Simone Bar Kosiba, salutato significativamente "Bar Kokba", termine che in aramaico vuoi dire "figlio della stella ! " Si trattava di un appellativo messianico, poiché era chiara la allusione a Nm 24,17 : "Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo ma non da vicino : una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele". In effetti capo e movimento trovarono appoggio nel celebre rabbino Aqiba, che riconobbe in lui il Messia. "Anche i cristiani furono perseguitati a sangue dai rivoltosi" (Segalla). - Roma reagì facendo intervenire ben quattro legioni ma solo in capo a tre anni di lotta, con notevoli perdite da entrambe le parti, la rivolta fu totalmente e crudelmente repressa. Gli insorti avevano usato le grotte di Murabba't e di Qumran. Le scoperte del deserto di Giuda hanno fornito dei documenti in ebraico, aramaico e greco relativi a questa rivolta : si tratta di contratti e lettere di Bar Kosiba. Gerusalemme, che non aveva avuto un ruolo militare in questa guerra, cadde nel 134. La capitolazione di Bether una località poco distante, ultimo baluardo della resistenza, segnò la fine dei combattimenti e la fine delle ultime speranze. Bar Kosiba vi trovò la morte. Aqiba subì il martirio. La sorte dei vinti fu peggiore che nel 70. Sulle rovine di Gerusalemme fu fondata una "colonia Aelia Capitolina" e costruito un tempio a Giove. La nuova città fu abitata da non ebrei e agli Ebrei fu proibito di entrarci ; "con profonda amarezza "gli Ebrei ricorderanno annualmente il 9 di Ab (fine luglio-inizio agosto) la distruzione di Gerusalemme e l'abbattimento del tempio" (Lohse). Una statua equestre in onore dell'imperatore figurava nel nuovo tempio. La provincia non portava più il nome di "provincia di Giuda", ma ridivenne la provincia di Siria-Palestina. Solo con Costantino gli Ebrei furono autorizzati ad andare a venerare il basamento del Tempio (il muro del pianto) una volta l'anno nell'anniversario della distruzione di Gerusalemme.

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E' chiaro che gli avvenimenti del 70 e 135 influenzarono anche la comunità cristiana ; i siti specie a Gerusalemme legati alla presenza e alla attività di Gesù andarono inevitabilmente compromessi ! ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------- "Dal Talmud Babilonese Ber. 6l b martirio di R. Aqiba

Allorché R. Aqiba fu portato al supplizio, era il tempo di recitare l’"Ascolta" e gli strappavano la carne con gli uncini di ferro ed egli accettò il giogo del Regno dei cieli.

Gli dissero allora i suoi discepoli : "O nostro maestro !" Egli rispose allora : "Per tutta la mia vita io pensavo con dispiacere al versetto biblico

'con tutta la tua anima', cioè anche se ti toglie l'anima ! Io pensavo : quando avrò l'occasione per compiere ciò ? Ora che ho l'occasione non dovrei forse compiere tale precetto ?"

Ed egli prolungò la parola 'Unico = ‘ehad' finché non esalò l'anima dicendo sempre la parola 'Unico'.

Allora risuonò una voce celeste : "Beato R. Aqiba che ha esalato l'anima con la parola

'Unico' ... Beato te R. Aqiba, che sei destinato alla vita futura !

---------------------------------------------------------------------------------------------------------------- - Abbiamo così chiuso la trattazione relativa al fondale storico-politico del NT, con un tracciato essenziale degli avvenimenti e dei personaggi. Dobbiamo ora approfondire l'argomento, radiografando lo stesso periodo da un altro punto di vista. Ci dobbiamo occupare dello sfondo culturale e religioso del Giudaismo, passando in rassegna i movimenti, religiosi dell'epoca di Gesù e le istituzioni maggiori del Giudaismo, che ci aiutano a capire meglio le pagine del NT e a valutare più correttamente l'apporto dell'Ebraismo alla cultura e alla spiritualità dell'Occidente. PARTE SECONDA : IL MONDO CULTURALE E RELIGIOSO DEL GIUDAISMO I MOVIMENTI RELIGIOSI IN PALESTINA ALL'EPOCA DI GESU UN CALEIDOSCOPIO DI IDEE E DI FERMENTI

Il panorama culturale del Giudaismo Intertestamentario ; cioè l'insieme di idee, sentimenti ed attese che caratterizzano il mondo ebraico dell'epoca di Gesù e della chiesa nascente, si presenta quanto mai ricco e frastagliato. La varietà è rappresentata dai movimenti, partiti o sette che attraversavano e dividevano l'elemento ebraico.

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Accanto ad un fondo comune consistente, cioè il riconoscimento pacifico, la consonanza su alcuni valori basilari come l'attaccamento alla Torah e alla pratica della circoncisione, la rigorosa professione monoteista e il significato del sabato, il nazionalismo e la passione per la libertà, vi sono sensibilità e diversità notevoli nel modo di interpretare e vivere gli stessi valori. Il mare del Giudaismo era agitato in superficie da diverse e robuste correnti, che contribuivano a rendere l'ambiente culturale assai vivace e interessante. Si tratta dei movimenti (sembra il termine migliore per designarli) o partiti o sette. - "Tre sono presso i Giudei le sette filosofiche. Ad una appartengono i Farisei, alla seconda i Sadducei, alla terza, che gode fama di particolare santità, quelli che si chiamano Esseni, i quali sono Giudei di nascita, legati da mutuo amore più strettamente degli altri" : così Giuseppe Flavio in BJ II 8,2 introduce il discorso. Egli usa i termini "airesis" cioè "scelta o setta" e " tagma" cioè "ordinamento o gruppo organizzato" per designare questi gruppi di pensiero e di azione. Anche i cristiani apparivano all'esterno come una setta ; in At 24,5 vengono indicati come "la setta dei Nazarei". E' attraverso le varie opere letterarie che possiamo pervenire alla loro conoscenza ; solo che le "fonti" non sono sempre ideali, talvolta si presentano lacunose oppure di parte, tendenziose e quindi hanno il bisogno di essere purificate e verificate. Se vuoi approfondire l'argomento al di là del compendio di queste dispense puoi fare riferimento a :

- K. SCHUBERT, I partiti religiosi ebrei del tempo neotestamentario, Paideia - Brescia 1976 - W. DOMMERSHAUSEN, L'ambiente di Gesù, Marietti - Torino 1980

- G. FOHRER, Fede e vita nel giudaismo, Paideia - Brescia 1984 - Ch. SAULNIER e B. ROLLAND, La Palestina ai tempi di Gesù, Quaderni "BibbiaOggi"

14, Gribaudi - TO - J. NEUSNER, Il dibattito giudeo-cristiano nel primo secolo, in "Regno Documenti"

17/1985 pp 560-565 I FARISEI

Il popolo cristiano conosce l'elemento farisaico a partire dai dati e dai giudizi che fornisce il NT. L'immagine che ne esce è fortemente negativa. Il termine fariseo nella tradizione popolare è sinonimo di a) "legalismo" o "formalismo" : la Legge diventata un feticcio,vedi la controversia sul sabato ad es in Mc 2,23-28 e la discussione su puro e impuro in Mc 7,1 ss "I Farisei e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli Antichi e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni e osservano molte altre cose per tradizione come lavatura di stoviglie, bicchieri e oggetti di rame". b) "ipocrisia-falsità-doppiezza" : "fate attenzione, guardatevi dal lievito dei farisei e dal lievito di Erode" (Mc 8,15) e soprattutto il celebre ce 23 di Matteo con i suoi sette terribili "guai a voi scribi e farisei ipocriti" ;

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c) "attaccamento al denaro" : "I farisei che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui" (Lc 16,14) ; d) "autosufficienza-superbia-religione delle opere" : si pensi alla parabola del fariseo e pubblicano narrata in Lc 18,9-14. E' obiettiva questa presentazione o è di parte ? E' sufficiente ascoltare per un istante il fariseo Giuseppe Flavio per accorgersi di una immagine diversa : "Delle altre due sette prima nominate una è quella dei Farisei ; essi godono fama di interpretare esattamente le Leggi. Costituiscono la setta più importante e attribuiscono ogni cosa al destino e a Dio. Ritengono che l'agire bene o male dipenda in massima parte dagli uomini, ma che in ogni cosa ha parte anche il destino. Che l'anima è incorruttibile, ma soltanto quella dei buoni passa in un altro corpo, mentre quelle dei malvagi sono punite con un castigo senza fine" (BJ II 8,14). - Vediamo allora di ricostruire un quadro più sereno partendo da una rapida retrospettiva storica. Il termine deriva dal greco "pharisaioi" che a sua volta è trascrizione dell'armaico "perishajja" corrispondente all'ebraico "perushim". Secondo l'etimologia più probabile esso significa "i separati", quelli che fanno gruppo a parte. Ma separati da chi e da che cosa ? Dal mondo greco pagano e anche dai Giudei troppo disposti a scendere a patti con l 'ellenismo. Un simile concetto di separazione si incontra già in Esdra 6,2 : "Mangiarono la Pasqua gli Israeliti che erano tornati dall'esilio e quanti si erano separati dalla contaminazione del popolo del paese e si erano uniti a loro per aderire al Signore Dio di Israele". E' una separazione quindi che coincide con l'idea di purità legale. Si è d'accordo nel riconoscere l'origine prossima dei Farisei in quel gruppo di Hassidim = uomini pii, votati alla Legge che secondo 1Macc 2,42 si unirono a Mattatia e ai suoi partigiani. Essi appaiono organizzati in assemblea o congregazione (synagoge). Analogamente alla maggioranza dei farisei del primo secolo della nostra era, essi sembrano tuttavia più preoccupati della libertà religiosa che del potere politico. - Già sappiamo dalla storia che essi appaiono come gruppo di potere solidamente organizzato sotto Giovanni Ircano (134-104 aC), mentre Alessandro Janneo li emargina a favore dei Sadducei. Ritornano completamente in auge sotto Alessandra Salome (76-67aC). Il loro ruolo politico subì in seguito un declino costante a partire dall'intervento romano nel 63aC. Ma dopo la tragedia del 70, quando "a Israele non rimasero che l'Onnipotente e la sua Legge" (2Baruc 85,3) ; essi rimasero l'anima superstite del Giudaismo e si incaricarono di rivitalizzare e ricostruire il patrimonio ebraico su basi nuove. Scomparsi i Sadducei, "a partire da questa data il giudaismo ufficiale è rappresentato unicamente dalla tendenza farisaica" (TOB). "Dopo il 70 il fariseismo divenne il giudaismo normativo"(Schubert). - La fisionomia del movimento-partito può essere caratterizzata nei termini seguenti. "Alla comunità dei farisei appartenevano singoli sacerdoti, ma soprattutto laici, artigiani, contadini e commercianti che vivevano non solo nelle città, ma anche nella campagna, in Giudea e in Galilea" (Lohse). Ugualmente Le Déaut : "I membri provenivano da tutte le classi sociali e comprendevano sia sacerdoti sia laici, uniti da dottrine comuni e soprattutto dalla stessa volontà di osservare meticolosamente tutte le prescrizioni della Legge. A tal fine

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si raccoglievano in associazioni (haburoth), una specie di confraternite che avevano i loro capi e prendevano i pasti in comune".

Il loro ideale di vita era la pratica dei precetti della Torah e quindi una moralità che poteva sconfinare nel puritanesimo : scrupolosa osservanza dei precetti specie il comando del sabato e notevole attenzione alle questioni di purità legale. Accanto alla Legge scritta riconoscevano un ruolo eminente alla Legge orale, alle norme non scritte, che commentavano e attualizzavano la Torah. E' ciò che si chiama la "tradizione degli Antichi". Schubert osserva : "Il Fariseismo si attenne alla linea generale di fondare il proprio modo di essere sulla Legge, linea che era essenziale per il Giudaismo già al tempo della comunità esilica e postesilica ... essa era considerata il segno della elezione ... . Il rapporto dei Farisei con la Legge può essere definito democratico perché di essa si potevano proporre varie interpretazioni". Avevano la tendenza ad essere gruppo chiuso, elitario, casta privilegiata e questo spiega il loro disprezzo per il "popolo del paese" = 'am ha-aretz, che non indica più i latifondisti, ma la gente semplice sprovvista di cultura religiosa : "Ma questa gente che non conosce la Legge, è maledetta !" (Gv 7,49). Per obbedire alla Legge bisognava conoscerla e quindi studiarla, l’ignorante non poteva essere uomo religioso. L'ideale dei saggi farisei era di fare di Israele un popolo santo : "Come io sono santo, così voi sarete santi ; come io sono separato, così voi siete separati (perushim)" (Midrash Sifra su Lv 11, 45). - In campo dottrinale erano aperti alla novità teologica, progressisti rispetto ai Sadducei conservatori ; "dopo che era stata accolta la concezione greco-filosofica della sopravvivenza dell'anima dopo morte, il fariseismo conosceva non solo il concetto di un giudizio universale alla fine dei tempi, ma anche di un giudizio perticolare-individuale subito dopo la morte" (Schubert) "Il Fariseismo era l'unico partito religioso dell'epoca di Gesù che avesse ben presente la realtà di una diaspora di vastissime proporzioni" (Schubert). Il messaggio di Gesù è in sintonia con alcune istanze del pensiero farisaico : l'appello alla conversione del cuore, l'attesa messianica e la fede nella risurrezione. Per il fariseismo e Paolo cfr At 23,6 ; 26,5 ; Fil 3,5. Per valutare correttamente i testi nt sui Farisei bisogna tenere presente la "situazione vitale" in cui essi nascono, che non è solo quella polemica della storia di Gesù, ma risente anche dei rapporti deteriorati sinagoga - chiesa. I SADDUCEI

Magistrale per conoscerli è l'opera di J. LB MOYNE, Les Sadducéens, Gabalda, Paris 1972. Si compone di tre parti :

I : Esame critico delle fonti II : Studi delle divergenze tra Sadducei e Farisei III : Chi sono i Sadducei ? Tentativo per scoprire il loro mistero

"La designazione di Sadducei va senz'altro messa in relazione col nome di Sadoq, che fu sacerdote sotto il re Salomone e a cui si rifacevano i sacerdoti come a loro antenato. Nello schizzo tracciato da Ez 40-48 sul futuro di Israele, del paese e del santuario, ai figli di Sadoq viene affidato il ministero sacerdotale.

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I sadoqiti svolsero un ruolo determinante nella ricostruzione della comunità postesilica e come sacerdoti legittimi provvidero al culto del tempio a Gerusalemme" (Lohse). cf l Re 2,35 ed Ez 40,46. Noi li conosciamo non attraverso loro testimonianze dirette, ma tramite scritti che sono loro sfavorevoli : descrizioni di Giuseppe Flavio, informazioni telegrafiche del NT e la letteratura rabbinica che è loro ostile. "Carattere frammentario e unilaterale della nostra documentazione" (Le Moyne).

Eccone il profilo secondo BJ II 8,14 : "I sadducei che compongono l'altra setta, negano completamente il destino ed escludono che Dio possa fare qualcosa di male o solo vederla ; affermano che è in potere di uomini la scelta fra il bene - il male, e che secondo il suo volere ciascuno si dirige verso l'uno o verso l'altro. Negano la sopravvivenza dell'anima, nonché le pene dell'Ade ed i premi. I farisei sono legati da scambievole amore e perseguono la concordia entro la comunità ; i Sadducei sono invece tra loro piuttosto aspri e nei rapporti con i loro simili sono rudi al pari che con gli altri". - Le radici di questa corrente del giudaismo appartengono all'epoca maccabaica e precisamente sono da ricercare nel partito liberale filoellenico che aveva un seguito notevole all'interno della classe sacerdotale. Come gruppo organizzato, come partito opposto ai Farisei li troviamo per la prima volta al tempo di Giovanni Ircano, ma è soprattutto con Alessandro Janneo (103-76 aC) che raggiunsero l'apogeo del loro potere. Dopo di che la loro presenza e potenza andò scemando. "Pur giungendo così spesso ad avere delle cariche, si attengono - anche se contro voglia e forzatamente - a quanto dicono i Farisei, altrimenti il popolo non li sopporterebbe" (AG 18,17). "Li si può dunque considerare come i discendenti del sacerdozio e dell'aristocrazia dell'epoca maccabea, aperti all'ellenismo e fedeli alla dinastia asmonea" (Le Déaut). "Erano un partito nazional-liberale ... collaborarono con quei sommi sacerdoti asmonei che praticavano una politica spiccatamente giudeo-nazionale" (Schubert). Al tempo di Gesù controllavano l'amministrazione e il culto del Tempio. La catastrofe del 70 li spazzò via dalla storia ; "i sadducei decaddero con la distruzione del tempio e non ebbero seguaci che trasmettessero le loro concezioni alle generazioni successive" (Schubert). In politica avevano un atteggiamento conciliante verso i Romani, tolleravano le truppe di occupazione per il vantaggio che ne traevano il commercio e gli scambi culturali ; cercarono di evitare conflitti violenti fra gli occupanti e le masse popolari. Fu tuttavia un sadduceo, Eleazaro, che scatenò la rivolta del 66 escludendo dal tempio i sacrifici per l'imperatore. - Riguardo alla dottrina, "il loro atteggiamento fondamentale è una fedeltà al senso letterale della Scrittura, il mantenimento della 'Sola Scriptura' in opposizione alla tradizione e alla legge orale dei Farisei : i sacerdoti sono i soli interpreti autentici di questa Thora" (Le Déaut). "Sono molto legati al Pentateuco, ma ad esso soltanto" (Saulnier). I sadducei avevano le loro tradizioni e la loro halaka che difendevano tenacemente ; mai però esse furono elevate al rango della Legge scritta.

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Teologicamente erano dei conservatori, contrari a novità dottrinali. Negavano l'immortalità dell'anima, la retribuzione personale post mortem e la risurrezione, attenendosi alla concezione tradizionale dello sheol. Lo documenta anche il NT : "vennero da lui dei sadducei, i quali dicono che non c'è risurrezione" (Mc 12,18). "Appena Paolo ebbe detto ciò, scoppiò una disputa tra i farisei e i sadducei e l'assemblea si divise. I sadducei infatti affermano che non c'è risurrezione, né angeli, né spiriti ; i farisei invece professano tutte queste cose. Ne nacque allora un grande clamore…" (At 23,6-9). "Ostili come erano alle nuove credenze e interpretazioni scritturistiche, rigettavano in genere il contenuto delle speculazioni apocalittiche e messianiche. Non abbiamo tuttavia alcun elemento che ci consenta di affermare che essi non attendevano una manifestazione futura del Messia. Ma un messianismo popolare appariva loro come un pericolo per la vita della nazione. Così i sommi sacerdoti sadducei appaiono come i primi responsabili della morte di Gesù, sospettato di rivendicazioni messianiche" (Le Déaut). GLI ESSENI

Accanto ai due partiti maggiori Sadducei e Farisei, che costituiscono il "giudaismo ufficiale", esistevano altri raggruppamenti significativi : zeloti ed esseni. Ci occupiamo di questi ultimi. - Una parola sulle "fonti" letterarie, da cui dipende la nostra conoscenza. ""Il NT non nomina mai gli Esseni ; non contiene alcun indizio di un influsso dell'essenismo sul cristianesimo. Resta tuttavia il fatto che personaggi come Giovanni il Battista, Gesù e i primi discepoli si collocano più nel movimento degli ambienti 'settari' del I secolo, che nell'ambito del giudaismo ufficiale " (TOB). Assai articolata invece la descrizione che ne fa Giuseppe Flavio. Ne parla ampiamente in BJ II 8,2-13 ; ne descrive la vita mortificate di un "monachesimo ante litteram" ; ^ astensione dal matrimonio oppure uso sobrio di esso (8,2) ; ^ pratica della povertà come comunione dei beni (3) ; ^ poverta-fraternità-accoglienza (4) ; ^ vita di preghiera e lavoro nel ritmo quotidiano (5) ; ^ vita di obbedienza alla dipendenza dei superiori (6) ; ^ il noviziato particolarmente rigoroso (7) ; ^ liti e processi all'interno (8-9) ; ^ quattro categorie secondo l'anzianità della Regola (10) ; ^ fede nella immortalità e nel premio (11) ; ^ esercizio della profezia (12) ; ^ altro gruppo di esseni diverso per la concezione del matrimonio(13) Anche Filone di Alessandria mostra di conoscerli e ne parla in Omn. prob. lib. 75,91. Particolarmente significativa è la testimonianza di Plinio il Vecchio, scrittore romano del I secolo, nella sua opera "Storia Naturale" libro V cap XVII. Scrive :

"Ad ovest del lago di Asfalto, un po' discosti dalla zona nociva della riva, sono installati gli Esseni. Un popolo solitario, tra i più straordinari che esistano : senza donne, senza amore, senza denaro, in compagnia delle sole palme. Eppure si rinnovano continuamente e le reclute arrivano in massa ; gente stanca della vita o che

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il destino spinge a ondate successive verso questo modo di vivere. Così da migliaia di secoli, cosa incredibile, sopravvive un popolo eterno dove non nasce nessuno"

Filone li dipinge così :

"Essi fuggono dalle città a causa dei crimini così frequenti tra i cittadini ; essi infatti sanno che come un'aria malsana è causa di epidemia, così la promiscuità infligge alle anime ferite incurabili ... Essi non fanno tesoro di argento e di oro, non cercano di diventare proprietari di vaste terre nel desiderio di trame profitti, ma si preoccupano solo di ciò che esigono i bisogni essenziali della vita ... Non hanno la minima idea del grande o del piccolo commercio, non si immaginano neppure lo sviluppo preso dalla navigazione, tanto hanno cura di ciò che potrebbe incitarli alla cupidigia. Non c'è nessuno schiavo tra loro, ma tutti sono uomini liberi ; si aiutano gli uni gli altri. Condannano i padroni non solo come ingiusti, in quanto attentano all'uguaglianza, ma come empi, in quanto infrangono la legge della natura"

Vien da esclamare : Che bel programma ecologico ! - "Il nome Esseni deriva probabilmente dall’aramaico hassajja ( i pii) e corrisponde perciò al gruppo dei Hassidim 'tutti pieni di entusiasmo per la Legge' (l Macc 2,42) che si uniscono alla rivolta maccabaica" (Segalla). Secondo Dommershausen "gli esseni compaiono in Babilonia col movimento hassidico. Il loro nome significa 'devoti' (deriva probabilmente dall'aramaico haseinihasaja - osservare devotamente la Legge). Con ogni probabilità derivano da gruppi che hanno sviluppato i loro ideali a Babilonia". "Come i farisei anche gli Esseni derivano dal movimento degli asidei apocalittici, del quale sono la continuazione radicalizzata" (Schubart). La conoscenza del movimento essenico è enormemente cresciuta in questi ultimi quarant'anni grazie alle scoperte archeologiche effettuate a Qumran ; ma qui conviene aprire un capitolo nuovo, perché Qumran è troppo importante per essere racchiuso in un semplice paragrafo. QUMRAN BIBLIOGRAFIA - L. MORALDI, I manoscritti di Qumran, UTET "Classici delle religioni" Torino 1971 - "I manoscritti del Mar Morto", Laterza - Bari 1967 con Introduzione, traduzione e note di F.

Michelini Tocci - Voce "Qumran" in DBS volume IX

- L. ROST, I manoscritti di Qumran, in "Introduzione agli Apocrifi dell'AT", Marietti - Torino 1980 pp 95-127

- "I rotoli del Mar Morto" in "Le grandi avventure dell'archeologia" volume II pp 493-508 - Curcio Editore

- L. CARNEVALE, Le fonti storiche in "Khirbet Qumran", in "Euntes docete' 1982/2 pp 233-248

- F. GIOIA, La comunità di Qumran. Proposta educativa Borla - Roma 1983

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IL FATTO ARCHEOLOGICO

"Volumina Qumran constituunt supremuta eventum totius archeologiae biblicae" : ad esprimersi in termini così solenni è lo studioso Robert North. Ebbene questo fatto archeologico non è stato assolutamente programmato ma appare inizialmente del tutto fortuito e fortunato. Qumran è nome sconosciuto nella geografia biblica, non compare mai nell'AT o nel Nuovo e fino agli anni 50 non diceva niente. E' stato in seguito alla scoperta dei celeberrimi manoscritti che il termine è salito alla ribalta internazionale e ha generato una infinità di studi e di opere. Ricostruire in dettaglio la storia delle scoperte non è agevole, perché i fatti si sono sviluppati talora in modo poco chiaro da parte dei vari attori, però ciò che maggiormente interessa sono i risultati, cioè le varie opere venute alla luce. - La prima grotta fu scoperta nel 1947 da un giovane pastore, beduino arabo, un certo Mohammed Ed D'ib, che dovrebbe calcare ancora i sentieri di questa terra ... Arrampicandosi sulla parete scoscesa a nord ovest del Mar Morto alla ricerca di una pecora perduta, penetrò in una grotta dove appunto trovò della anfore contenenti dei rotoli, di cui certamente non era in grado di apprezzare il valore ; per questo li portò ad un metropolita siriaco del monastero di S. Marco a Gerusalemme e qui incominciarono le varie peripezie. Tre dei sette manoscritti trovati nella grotta I (Isb - M e H6b) furono acquistati più tardi da E. L. Sukenin che ne preparò la edizione. L'American School of Oriental Research ne pubblicò altri tre nel 1950-51 : sono Isa - pHab - S Allorché si diffuse la notizia della cosa, beduini e studiosi si dettero affannosamente alla ricerca e vennero esplorate tutte le grotte della riva occidentale del Mar Morto. Particolarmente feconda fu l’esplorazione oltre che della prima grotta, della quarta e dell'undicesima. Oltre all'archeologo israeliano, il professor Sukenin, che acquistò la maggior parte dei manoscritti per conto dello Stato Ebraico, altri studiosi di rilievo furono il padre domenicano VAN der PLOEG, che può essere considerato a ragione il vero scopritore dei rotoli, colui che per primo ne riconobbe il valore antico inestimabile e nel mondo germanico Paul KAHLE. - Parallelamente alla esplorazione del sito e alla progressiva pubblicazione dei manoscritti, ebbero luogo degli scavi archeologici sulla riva occidentale alla base della montagna della prima grotta, precisamente a Hirbet Qutnran, 12 km circa a sud di Gerico. A essi fu interessata l’Ecole Biblique de Jérusalem sotto la direzione dello storico domenicano Roland DE VAUX. Anno 1951. I risultati della missione archeologica furono particolarmente lusinghieri : venne scoperto un insediamento già centro di una comunità : un edificio principale, con una torre, di m 30 per 37. Un'ampia sala di riunione, che veniva utilizzata anche per i pasti in comune e che fu battezzata "sala capitolare" ; accanto ad essa una dispensa con vasellame di creta e poi il cosiddetto "settore industriale" che comprendeva un laboratorio di ceramica, un mulino per i cereali, il forno per cuocervi il pane, uno scriptorium per la stesura dei manoscritti ... Nell'agglomerato si trovarono i residui di molte cisterne che dovevano raccogliere l’acqua piovana ed erano alimentate anche da un acquedotto che scendeva dalla montagna. Il sistema idraulico era complicato ed esteso.

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Le cisterne servivano non solo a conservare acqua potabile, ma anche per le abluzioni e i bagni di purificazione che tanta parte avevano nella vita, della comunità. "Alcune delle grotte in cui furono trovati i manoscritti servirono probabilmente di quartiere notturno per i membri della comunità. La cura con cui risultano imballati i rotoli della grotta I indica che essa era deliberatamente adibita a nascondiglio, mentre la quantità sorprendente di testi e di frammenti della grotta 4 fa pensare che qui vi fosse una biblioteca della comunità" (Lohse). Accanto al complesso vennero scoperte anche le tracce del probabile cimitero della comunità. IPOTESI DI RICOSTRUZIONE STORICA

Utilizzando i criteri letterari ed archeologici (nello scavo vennero alla luce anche delle monete), si può tentare una descrizione delle vicende probabili che hanno segnato l'esistenza di Qumran. L'inizio dell'insediamento è controverso. "Gli studiosi più qualificati collegano generalmente la fondazione di questa comunità alla ribellione maccabea : il desiderio di una purità religiosa integrale doveva spingere non solo alla resistenza armata contro i propagatori dell'ellenismo, ma anche ad una rinascita spirituale poggiante su di una pratica scrupolosa della Legge. Ai suoi inizi la comunità ebbe la ventura di annoverare tra i suoi membri una personalità religiosa di primo piano, che i testi chiamano MAESTRO DI GIUSTIZIA : egli ne fu l'ispiratore e probabilmente in gran parte il legislatore. Purtroppo la data esatta della sua attività è controversa. La nobiltà dei suoi ideali non poteva non opporlo ai pontefici scandalosi e tiranni della dinastia asmonea. In occasione di conflitti violenti il Maestro di Giustizia fu catturato, torturato ed esiliato. Si sarebbe allora rifugiato con i suoi fratelli nella solitudine di Qumran, presso la riva Nord-Ovest del Mar Morto. Il principale dei suoi avversari viene stigmatizzato con il nome di 'sacerdote empio' ; ma non si è potuto ancora penetrare con certezza nel mistero di questo pseudonimo"(Carmignac).

Questa concentrazione del movimento essenico a Qumran potrebbe aver avuto luogo verso il 150 aC come reazione al fatto che Gionata si era lasciato nominare Sommo Sacerdote da Alessandro Balas, cioè con l'appoggio del potere secolare straniero. Però le monete più antiche risalgono all'epoca di Giovanni Ircano (134-104). Qualcun altro pensa che il trasferimento sia avvenuto durante il terribile regno di Alessandro Janneo (103-76 aC), allorché - come sappiamo - i farisei furono perseguitati e in molti anche uccisi. - Notevole l'interesse degli studiosi sulla figura del Maestro di Giustizia. Si veda per tutti : L. MORALDI, Il maestro di giustizia, Editrice Esperienze 1972 Scrive Schubert : "Il fondatore della comunità essenica di Qumran fu un sacerdote che aveva il titolo di Maestro di Giustizia ed era evidentemente considerato dai suoi seguaci il profeta della fine dei tempi. In ogni caso, la sua comparsa e la fondazione del monastero a Qumran ebbero come conseguenza un notevole ravvivarsi delle speranze di una prossima escatologia, come si deduce da parecchi testi qumranici, specialmente dal commento al libro di Abacuc ..." - Nell'anno 31 aC si è verificato un terremoto attestato anche da Giuseppe (BJ I 19,3-5) ; deve aver procurato danni così ingenti da costringere i monaci superstiti ad abbandonare il sito.

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Le monete riprendono con il regno di Archelao (4ac-6dC) e giungono fino all'epoca della rivolta giudaica contro i Romani. Si tratta di un secondo e fecondo periodo di insediamento. La fine viene fatta risalire alla guerra giudaica contro Roma e precisamente all'anno 68, allorché nel giugno Vespasiano si trasferì con la X legione romana da Cesarea a Gerico, arrivando così anche al Mar Morto. Quasi certamente le truppe, romane attaccarono il monastero. "Una breccia in un muro, tracce d'incendio, punte di ferro di frecce romane a tre ali sono i testimoni muti di quello che è avvenuto" (Harrington) . I monaci riuscirono a portare in salvo la biblioteca, preservando i preziosi codici in anfore di terracotta impermeabili all'umidità ; non riuscirono a sopravvivere alla strage. Lo stesso movimento probabilmente si estinse. All'eroica resistenza di questi monaci potrebbero far riferimento le seguenti parole di Flavio, dette genericamente degli Esseni : "Il loro spirito fu assoggettato ad ogni genere di prova durante la guerra contro i Romani, in cui stirati e contorti, bruciati e fratturati e passati attraverso tutti gli strumenti di tortura perché bestemmiassero il Legislatore o mangiassero qualche cibo vietato, non si piegarono a nessuna delle due cose, senza nemmeno una parola meno che ostile verso i carnefici e senza versare una lacrima. Ma sorridendo tra i dolori e prendendosi gioco di quelli che li sottoponevano ai supplizi, esalavano serenamente l'anima come certi di tornare a riceverla" (BJ II 8,10). - In definitiva : "La comunità è vissuta a Qumran dalla metà del secondo secolo aC fino al 68 dC. Non ci può quindi essere dubbio che i testi di Qumran provengono da una comunità, che ebbe il centro della sua vita al tempo di Gesù e del primo cristianesimo" (Lohse). E questo è di estremo interesse per lo storico delle origini cristiane. Non per nulla gli studiosi si sono tuffati alla ricerca di analogie e dipendenze tra Qumran, il Battista e Gesù. Gli scavi archeologici hanno anche dissepolto tracce di un terzo insediamento ; ma non si tratta più della comunità di Qumran ma di rifugiati all'epoca della rivolta di Bar Kokba. A questo punto possiamo addentrarci nello studio, incominciando a conoscere il materiale rinvenuto a Qumran, quelli che vengono chiamati i "manoscritti del Mar Morto''' o "del deserto di Giuda" e a vederne le ripercussioni nello studio del NT o più ampiamente per la conoscenza del mondo giudaico postbiblico. LA BIBLIOTECA DI QUMRAN

L'esplorazione delle 11 grotte (le più ricche dicevamo sono state le grotte 1 - 4 -11) ha fatto venire al sole circa 600 manoscritti ; pochi però sono integri, la maggioranza sono frammentari. Il materiale non è stato finora nemmeno del tutto pubblicato. Esiste una "Revue de Qumran" edita da Gabalda - Paris con il compito di tenere aggiornati gli studi sull'argomento. - E' utile conoscere anche il siglario adoperato dal mondo degli studiosi per designare i singoli testi/documenti. Il numero di testa indica la grotta donde proviene il manoscritto. L'iniziale Q indica evidentemente Qumran. Fa seguito la sigla dell'opera partendo generalmente dall'ebraico (o nella lingua dell'editore provvisoriamente).

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Poi viene la indicazione della colonna e della riga nel manoscritto. Ad es 1Q S IV,2 significa : Regola della comunità (sèrek) rinvenuta nella prima grotta quarta colonna, seconda riga. - La straordinaria abbondanza di testi ritrovati si spiega a partire dalla ingente attività letteraria della comunità, Qumran è stato un laboratorio di idee, ha prodotto testi in proprio ; l’elevata qualità spirituale del gruppo si è espressa in un notevole fervore letterario. In parallelo a questo lavoro creativo c'è stato anche un impegno di conservazione e trasmissione di antichi testi, che venivano pazientemente trascritti. Parlando degli Esseni, Flavio scrive che sono "esercitati fin da ragazzi nella lettura dei libri sacri, in varie forme di purificazione e nelle sentenze dei profeti ; è raro che falliscano nella predicazione" (BJ II 8,12). Uno dei giuramenti degli adepti consiste nel "non trasmettere ad alcuno le regole in forma diversa da come le ha ricevute, di astenersi dal brigantaggio e di custodire i libri della loro setta con la stessa cura che i nomi degli angeli" (II 8,7). Il copioso materiale può essere ripartito in rapporto al genere letterario delle varie opere ed allora avremmo : manoscritti biblici, letteratura della setta, letteratura apocrifa. La suddivisione non è rigida.

A. Materiale biblico Gli Esseni possedevano "uno straordinario interesse per le opere degli antichi autori" (BJ II 8,6). La meditazione della Parola di Dio condensata nella TaNaK nutriva la spiritualità della setta. Questo spiega la ricchezza del materiale scritturistico rinvenuto. ^ Nella grotta 1 furono trovati due grossi rotoli del libro di Isaia. Il primo siglato 1Qisa è in ottimo stato di conservazione. In pelle, misura 7,35m di lunghezza per circa 30 cm di larghezza . E' forse il reperto più prezioso. E' custodito insieme con la maggioranza dei manoscritti di Qumran nel "Museo del Libro" fatto costruire dallo Stato Ebraico nella Gerusalemme nuova. Il secondo 1Qisb è invece gravemente deteriorato e meno esteso. ^ Due manoscritti relativi al Libro (1e2) di Samuele siglati rispettivamente 4QSama - 4Qsamb ^ Il rotolo dei Salmi (11Qpsa) Contiene una parte del salterio e precisamente i salmi 93 a 150 in un ordine assai diverso rispetto a quello che conosciamo del TM e con aggiunta di altre composizioni : una "preghiera per la liberazione" (col XIX) ; un "inno al Creatore" (col XXVI, 9-15) ; il "cantico del Siracide" che si trova in Sir 51,13-30) ed anche il salmo 151 posto di seguito al salterio nella versione greca (col XXVIII, 2-11). ^ "Si trovano frammenti di tutti i libri del canone ma con un sola eccezione : non vi è traccia del libro di Ester" (Lohse). Sono assenti anche Sap ed 1 e 2 Maccabei.

I reperti biblici di Qumran hanno un valore inestimabile. Lo si è già detto nel trattato di critica testuale. Sono i "testimoni" più antichi del testo ebraico dell'AT, anteriori di mille anni ai più antichi manoscritti del TM. Essi testimoniano di uno stadio intermedio nella evoluzione del testo biblico : riportano infatti solo la base consonantica del testo biblico più le "matres lectionis", cioè, vocali,

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orientatici della lettura per la ricostituzione del testo originario (uno degli scopi della critica textus). Sono quindi di eccezionale importanza ; si possono istituire rapporti con la LXX e il successivo TM. Le moderne edizioni critiche della BH riportano anche le varianti di Qumran, che in alcuni casi hanno rischiarato passi oscuri del TM. - I monaci di Qumran non si limitavano a trascrivere i testi con pazienza certosina, ma producevano anche commenti al testo biblico ; lo spiegavano e lo applicavano alla loro vita. Questi commenti portano il nome tecnico di " pèsher". Il termine si incontra già in Gn 40,8. 18 e in Dan. 2,4. 7 a indicare la "interpretazione" dei sogni o di visioni enigmatiche. Non è propriamente un commento letterale, si tratta piuttosto di una applicazione della Scrittura alla storia della comunità, che vive in tensione escatologica. Cf E. JUCCI, Il pesher, un ponte tra il passato e il futuro, in "Henoch" 1986/3 pp 321-338 "Il metodo seguito nei pesharim è il seguente : scelta di un particolare libro della Bibbia ; citazione letterale completa della prima frase avente, a giudizio dell'interprete, senso compiuto ; interpretazione della frase, generalmente molto secca, breve e senza esitazione casuistica ; citazione letterale completa della frase seguente ; sua interpretazione e così via fino al termine del libro e della parte che interessava" (Moraldi). Il testo biblico quindi è attualizzato con un "commento interlineare", è una esegesi attualizzante atomizzata. Il "pesher di Abacuc" (1QpHab) è il più famoso e fra tutti il meglio conservato ; vi è poi un frammentario pesher di Is (3QpIs) di Nahum (4QpNa) e dei salmi. Un accenno merita anche il cosiddetto "Apocrifo della Genesi" (= 1QGen Ap) : redatto in aramaico è un altro dei rotoli della grotta 1 e senz'altro il peggio conservato di tutti. Constava di oltre 22 colonne, ma solo poche si sono conservate integre. "Il testo è in aramaico e questo costituisce un motivo particolare della sua importanza ... è certo che ci offre la lingua in uso in Palestina al tempo di Gesù, la lingua nella quale furono formati la catechesi e il Kerigma cristiano" (Moraldi) E' una specie di "midrash su Abramo e Sara" (Segalla) "I presupposti del pesher qumranico sono : la tensione verso il futuro, vissuta come ansia di conoscerne e viverne gli svolgimenti. La tensione verso la Scrittura sentita come fondamento della propria esistenza ... presenza centrale del concetto di raz' = mistero"(Iucci).

B. Letteratura della setta Questa - come si diceva - è produzione originale, fatta in casa, e quindi molto utile per

noi allo scopo di cogliere la identità della comunità di Q, la sua struttura, lo stile di vita, gli ideali. I testi sono numerosi e qualificati ; ciascuno di loro può essere oggetto di studio specialistico, ma noi ci limiteremo ai tratti essenziali. ^ Regola della comunità o Manuale di Disciplina (IQS) E' conservata quasi intatta in un manoscritto di 11 colonne. Ne sintetizzo il contenuto con le parole di Carmignac : "L'introduzione (I 1-15) ne definisce lo scopo : cercare Dio, praticare il bene e il diritto ... Su questa via ci si impegna con la "entrata nell'Alleanza" (I l6-II 25) una cerimonia ispirata a Dt cc 28-30 ... quanti non vi entrano resteranno nei loro peccati (II 25- III 12). Il piano di Dio sul

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mondo (III 13 - IV 26) è considerato attraverso la dottrina dei due spiriti che dividono l'umanità in due parti : i figli della luce e i figli delle tenebre. Viene poi una serie di prescrizioni inerenti alla organizzazione interna della comunità (V 1 -VI 23) dall'ordine delle presenze e il tempo del noviziato fino all'orario delle giornate ... tabella con i castighi da infliggere per le infrazioni = codice penale ... VIII 1 - X 1a : la comunità pilota nel deserto ; costituzione della comunità pioniera, norme per il saggio (maskil) della comunità a proposito del reclutamento, della scelta dei nuovi membri, delle tappe della formazione e degli elementi essenziali dell'istruzione X 1b - XI 22 : inno finale in prima persona". - Cosa dire di questo straordinario documento ? "Monaci prima del monachesimo. E' uno dei primi saggi conosciuti in cui vengano fissate norme di vita monastica. L'autore si fa eco incessante della Bibbia ; anche se cita di rado il testo ... ci troviamo di fronte a una sintesi religiosa molto biblica, che, a differenza di quanto farà il rabbinismo, lascia lo stesso spazio ai grandi profeti di Israele e alla letteratura attribuita a Mosè ... Risulta che la Regola riflette uno stato ancora embrionale della comunità di Q ... la partenza di un piccolo gruppo nel deserto è presentata come una missione futura ... forse si tratta del più antico testo della fraternità e bisogna probabilmente farlo risalire a prima della persecuzione del Maestro di Giustizia, che ne sarebbe l'autore o almeno l'ispiratore principale" (Paul).

Cf J. DES ROCHETTES, Gli Spiriti nella Regola della comunità di Qumran, in "PSV" 4 pp 74-86

^ Documento di Damasco o Documento del Cairo (OD) Nelle grotte 4-5-6 sono stati scoperti frammenti di un testo antico che già conoscevamo con il nome di "Documento del Cairo" : nel 1896 lo studioso Salomon SCHECHTER scoprì al Cairo nella Genisa = Deposito ripostiglio della sinagoga dove venivano collocati e conservati i manoscritti biblici già logori per l'uso, diversi testi ebraici antichi, tra cui un manoscritto ebraico del Siracide e la duplice recensione incompleta di un'opera, chiamata in seguito dagli specialisti "Documento di Damasco" a motivo delle allusioni ivi contenute di una fuga della comunità a Damasco. Si tratta di un'opera imparentata con Sèrek, di cui riprende in parte il genere letterario, completandone e rafforzandone le disposizioni. Sono frequenti i commenti allegorici alla Scrittura. Centrale è la nozione di "nuova alleanza" che però non è come in Ebr 8,6-13 un evento nuovo che rimpiazza il vecchio patto sinaitico, bensì una "alleanza di ritorno alla Legge di Mosè" (XV,9). E' ancora aperta la discussione su che cosa significhi Damasco. "E’ una designazione metaforica di Qumran o allusione a un esilio più lontano ? La questione rimane controversa. In ogni caso il libro appare nettamente posteriore a sèrek" (Paul). Si può ricordare come Damasco fu storicamente luogo di rifugio durante la persecuzione contro i Farisei da parte di Alessandro Janneo nel terribile 88 aC. Per saperne di più :

Cf J. MURPHY O'CONNOR, The Damascus Document Revisited, in RB 1985/2 pp 223-246 oppure :

PH. R. DAVIES, The Damascus Covenant. An Interpretation of the "Damascus Document", Sheffield, JSOT Press 1983

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^ Regola della Guerra (1QM) o Lotta dei figli della luce contro i figli delle tenebre Questo rotolo descrive la lotta tra due campi contrapposti per porre fine al dominio di Belial ; "i figli della luce assistiti nella loro impresa da Dio e dalle schiere angeliche, stermineranno tutti gli empi, pagani e giudei" (Paul). "Si tratta di un testo assai curioso, sul significato del quale non è stato raggiunto pieno accordo tra gli studiosi" (Nichelini Tocci). Due le letture proposte. La prima è di carattere storico : si tratterebbe di un vero manuale di guerra, di addestramento alla lotta contro i Romani. " L'autore ha così realizzato il più antico, accurato e preciso trattato di guerra ebraico ... con J. T. Milik penso che quest' ultima stesura della Regola sia da porre nel periodo intorno agli ultimi anni di Erode il Grande o immediatamente dopo la sua morte (4aC) ; il nuovo sviluppo dell'insediamento a Q acquista una chiara tendenza zelota e un netto spirito antiromano, mentre le relazioni tra Ebrei e Romani diventavano sempre più tese per sfociare nella infausta guerra del 70 dC" (Moraldi). La seconda è una interpretazione simbolica. Vede nel testo un manuale ascetico, una guida ai monaci per sostenerli nella lotta contro il male morale. ^ Gli Inni = Hodaioth ( 1QH ) "Verso la divinità sono di una pietà particolare ; prima che si levi il sole non dicono una sola parola su argomenti profani, ma soltanto le rivolgono corte tradizionali preghiere, come supplicandolo di sorgere" (BJ II 8,5). "Che i rabbim (professi ?) veglino insieme per un terzo di tutte le notti dell'anno, per leggere il Libro, studiare il diritto e benedire in comune" (1Q8 6,7-8). - Si tratta di cinque inni simili ai nostri salmi ; sono intessuti di reminiscenze scritturistiche. Come nei salmi di lode, l'autore possiede un senso straordinario della grandezza, della santità e della misericordia divine, ma avverte profondamente anche la miseria umana. Gli inni rappresentano dunque "una specie di breviario per la preghiera dei singoli membri ... si considera ormai cosa certa che l'autore di numerosi testi delle hodayot sia il Maestro di Giustizia" (Bardke). "Senza dubbio attraverso questi poemi percepiamo l'immagine più ricca del patrimonio spirituale dell'essenismo" (Paul). ^ Il rotolo di rame (3Q 15) "Nell'entrata della grotta 3 sono stati rinvenuti due rotoli di rame che costituiscono un unico documento. Il testo inciso col bulino su lastre di rame, enumera i nascondigli di una trentina di tesori, che rappresentano una quantità notevole di oro, argento e incenso. L'ossidazione del rame ne rende molto difficile la decifrazione ... Ci si chiede se si tratti di tesori reali o immaginari. Non è certo inoltre che il documento sia effettivamente di origine qumranica ... la lingua è un ebraico evoluto che si avvicina e quello della Misna"(Paul) . ^ Il rotolo del Tempio (11QTemple) = Megillat hamiqdas Gli Israeliani ne sono entrati in possesso durante la fase confusa che ha fatto seguito alla "guerra dei sei giorni" nel giugno 1967 costringendo il detentore del manoscritto, un arabo di Betlemme, un certo Halil Iskandar Shalim, detto Kando, a cederlo per poco prezzo. L'esistenza del manoscritto fu rivelata al mondo dello studioso archeologo e qumranista ebreo Ygael Yadin, il quale ne ha poi curato la pubblicazione in tre volumi a Gerusalemme nel 1977.

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E' il più lungo manoscritto di Q finora ritrovato, giacché misura m 8,60 di lunghezza e comprende ben 66 colonne in pergamena finissima. Il rotolo fu scritto da uno scriba molto abile, la scrittura è dell' epoca erodiana, "ma vi sono buone ragioni per ritenere che la sua composizione è anteriore a questa data" (Yadin). E’ steso in lingua aramaica. Il documento risulta diviso in quattro parti : a) La prima parte contiene halakot cioè norme legali su vari argomenti religiosi, tra cui la purità rituale. Per questo "si potrebbe chiamare piuttosto 'Rotolo della Santità'" (Segalla). b) enumerazione di sacrifici e offerte relative ad alcune feste tra cui vengono menzionate per la prima volta quelle del nuovo vino e dell'olio nuovo. c) descrizione particolareggiata del nuovo Tempio, che occupa quasi la metà del rotolo ; di qui il nome provvisoriamente assegnato al testo. d) norme per il re e per l'esercito. E’una rilettura e amplificazione di Dt 17. Da rilevare nel testo l'assenza di Messianismo ; respira una tendenza antiasmonea. Cf M. DELCOR, Le statut du roi d'après le Rouleau du Temple, in "Henoch" 1981/1 pp 47-

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C) Letteratura Apocrifa Un terzo genere di testi trovati a Q riguarda materiale letterario che si suole designare

con il nome di "apocrifi o pseudoepigrafi". Si tratta di : Il libro dei Giubilei Il libro di Enoch I testamenti dei Dodici Patriarchi Preghiera di Nabonide Non entriamo ora nel merito di queste opere, perché il settore degli Apocrifi sarà oggetto del nostro studio più avanti nel corso. FISIONOMIA DELLA COMUNITÀ DI QUMRAN

Dall'insieme letterario di Qumran, e in particolare dalle opere prodotte in proprio, traspare "la forte coscienza di sé che aveva la comunità di Qumran di essere la comunità della 'nuova alleanza', il rigorismo nella osservanza della Legge, la contrapposizione al giudaismo ufficiale del tempo, il forte orientamento apocalittico" (Penna). Benché nei testi di Q non ricorra mai l'appellativo di Esseni,"la appartenenza di qumraniti al movimento essenico può essere considerata, allo stato attuale delle conoscenze, pressoché certa" (Paul). Questo gruppo si definisce ora come la comunità ( = jahad, lett. insieme) ; ora come la "nuova alleanza" ; quando il pensiero è rivolto all'avvenire prevale il nome "la congregazione" ( = ‘edah), i membri non sembra abbiano un nome ufficiale e adottano diversi vocaboli : gli eletti, i santi, i poveri ('ebionim) ; i figli della luce, i venuti a Damasco, i convertiti dal peccato, i "poveri della grazia", i "poveri della tua redenzione" ... - "La nascita della comunità risale ad ambienti sacerdotali gerosolimitani impegnati nella scrupolosa osservanza della Legge, nell'ordinamento della comunità i sacerdoti occupano il primo posto ; anche l'attesa messianica è di carattere sacerdotale essendo orientata infatti alla venuta di un unto sacerdotale, che starà a fianco del regale Messia" (Lohse). "Fino alla venuta del profeta e del messia di Aronne e di Israele" in 1QS IX,11 ; cf anche CD XII, 23-XIII,1 ; XIX,10-11 ; XX,1

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Questa società è fortemente gerarchizzata ; tutti i poteri sono praticamente in mano ai sacerdoti, sotto di loro sono i leviti, poi i capi laici, infine i semplici membri. Ai sacerdoti si deve obbedienza rigorosa. Anche Flavio in BJ II 8,10 parla di quattro categorie di Esseni - Lo scopo per cui la comunità si è costituita è esclusivamente spirituale. Basta prendere in mano le prime battute della Regola : "Cercare Dio con tutto il cuore e con tutta la loro anima e per fare quello che è buono e diritto davanti a lui, proprio come prescrisse per mano di Mosè e per mano di tutti i suoi servi i profeti ... " (1,2-3). Qualche secolo dopo Benedetto da Norcia dirà la stessa cosa componendo la sua celebre Regola : ''Si revera Deum quaerit ... " Siamo nel più autentico spirito ascetico dell'AT anche perché questo precetto positivo viene più avanti ribadito in forma tipicamente semita : "Allontanarsi da ogni male e aderire ad ogni sorta di opere buone (1,4-5)". Questa ricerca di Dio si alimenta all’ascolto e allo studio della sua Parola, come pure si esprime in un intensa preghiera comunitaria. La Scritture, sostituiva da sola il Tempio e il suo culto. Per questi credenti la Scrittura conteneva contemporaneamente "cose evidenti = nigelot" e "cose nascoste = nisterot". A Q si praticava la "ricerca della Legge = midrash hattorah. Q è una "Beth hattorah". Leggiamo in Regola 6,7-8 "Che i rabbim (professi ?) veglino insieme per un terzo di tutte le notti dell'anno, per leggere il Libro, studiare il diritto e benedire in comune". Sembra dunque che fossero divisi in tre turni. La passione degli Esseni per gli antichi testi è documentata anche da Flavio "Hanno uno straordinario interesse per le opere degli antichi autori, scegliendo soprattutto quelle che giovano all'anima e al corpo… giura di custodire i libri della setta con la stessa cura che i nomi degli angeli… esercitati fin da ragazzi nella lettura di libri sacri" (BJ II 8,6. 7. 12). All'ascolto si accompagna la preghiera di supplica e di lode nella scia del salterio : "Verso la divinità sono di una pietà particolare. Prima che si levi il sole non dicono una sola parola su argomenti profani, ma soltanto le rivolgono certe tradizionali preghiere, come supplicandolo di sorgere" (BJ II 8,5). - Sorprende il rilevare le struttura monastica di questa comunità e la pratica dei "voti religiosi". Tutti i beni sono in comune e ciascuno vive in una completa povertà e obbedienza. "Non curano la ricchezza ed è mirabile il modo come attuano la comunione dei beni, giacché è impossibile trovare presso di loro uno che possegga più degli altri ; la regola è che chi entra metta il suo patrimonio a disposizione della comunità, si che in mezzo a loro non si vede né lo squallore della miseria, né il fasto della ricchezza, ed essendo gli averi uniti insieme, tutti hanno un unico patrimonio come tanti fratelli. Considerano l'olio come una sozzura, e se qualcuno involontariamente si unge, pulisce il corpo ; infatti hanno cura di tener la pelle sempre asciutta e di vestire sempre di bianco" (BJ II 8,3) "Ogni cosa essi fanno secondo gli ordini dei superiori ... Far regali ai parenti non si può senza l'autorizzazione dei superiori" (idem 8,6) . Riguardo alla castità degli Esseni, Flavio si esprime così : "Essi respingono i piaceri come un male, mentre considerano virtù la temperanza e il non cedere alle passioni. Presso di loro il matrimonio è spregiato e perciò adottano i figli degli altri quando sono ancora disciplinabili allo studio, e li considerano persone di famiglia e li educano ai loro principi ; non è che condannino in assoluto il matrimonio e l'avere figli, ma si difendono dalla lascivia delle donne perché ritengono che nessuna rimanga fedele a uno solo"(8,2). "Vi è un altro gruppo di Esseni. Diverso per la concezione del matrimonio. Ritengono infatti che chi non si sposa, è come se amputasse la parte principale della vita, la sua propagazione,

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e anzi osservano che se tutti la pensassero a quel modo la stirpe umana ben presto si estinguerebbe. Pertanto essi sottopongono le spose ad un periodo di prova di tre anni, e le sposano solo se quelle hanno dato prova di fecondità in tre periodi di purificazione. Con le gravide non hanno rapporti dimostrando così che si sono sposati non per il piacere ma per avere figli" (8,13) . - La legge di Mose è praticata in tutto il suo rigore, l’osservanza del sabato è spinto fino in tutte le sue conseguenze. " Con più rigore di tutti gli altri giudei si astengono dal lavoro nel settimo giorno ; non solo infatti si preparano da mangiare il giorno prima, per non accendere il fuoco quel giorno, ma non ardiscono neppure di muovere un arnese né di andare di corpo. Invece negli altri giorni, scavano una buca della profondità di un piede con la zappetta - a questa infatti assomiglia la piccola scure che viene consegnata da loro ai neofiti - e, avvolgendosi nel mantello per non offendere i raggi di dio, vi si siedono sopra. Poi gettano nella buca la terra scavata, e ciò fanno scegliendo i luoghi più solitari. E sebbene la espulsione degli elementi sia un fatto naturale, la regola impone di lavarsi subito come per purificarsi da una contaminazione" (8,9).

Si insiste molto sui precetti di purità legale e si evita con cura qualsiasi rapporto con persone, luoghi o oggetti impuri ; di qui il frequente ricorso alle abluzioni per purificarsi dalle impurità contratte per caso. Si esalta continuamente l'amore del prossimo, ma unicamente nei confronti dei membri della confraternita. Si attribuisce estrema importanza all’osservanza dell’antico calendario biblico a base solare e non lunare (diversamente da quello ufficiale), sicché alcune feste cadevano a giorni fissi, come il mercoledì e la domenica. La cosa più importante è che la Pasqua inizia sempre il martedì sera. (A partire da questo fatto A. JAUBERT, La date de la Céne, Gabalda 1957- ipotizzò che Gesù avesse celebrato la cena pasquale il martedì invece che il giovedì ; in questo modo si potrebbero armonizzare i dati divergenti dei sinottici rispetto a Giovanni). L'organizzazione del culto a Q era in netto contrasto anzi in aperta condanna del culto quale si svolgeva allora nel tempio reale di Gerusalemme. Lo documenta ulteriormente il recentemente pubblicato "Rotolo del Tempio". - Un'ultima annotazione circa il governo della comunità. Per entrare nell'alleanza si doveva fare prima un anno di postulandato e poi altri due anni di noviziato. Se l'assemblea approvava l’ammissione dei candidati, si dava loro una zappetta per coprire gli escrementi, un perizoma per coprire le parti delicate del corpo e una veste bianca come indumento dei puri. La comunità realizza così la profezia di Is 40,3 preparando le vie del Signore nello studiare continuamente e profondamente la Legge, per conformare ad essa la propria vita (cf 1QS 8,14). Durante il biennio di noviziato il candidato partecipava progressivamente alla vita della comunità ; giunto alla fine rimetteva ad essa la gestione di tutti i suoi beni. I membri indocili potevano essere esclusi temporaneamente o per sempre. Un elenco preciso stabiliva rigorosamente punizioni per le minime infrazioni (cf BJ II 8,8). La comunità di Q si rivela in definitiva come un gruppo esoterico ; si presenta come un esempio di fuga dal mondo, un modello di catarismo. "La comunità ha la coscienza di essere il vero Israele, la comunità dei Santi e degli eletti, ai quali sono rivelati i misteri di Dio" (Lohse).

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QUMRAN E IL NUOVO TESTAMENTO

Questo tema ha appassionato enormemente gli studiosi all'indomani delle sensazionali scoperte del 1947 ; numerosissime le opere pubblicate e molto spesse affrettate le conclusioni. Oggi a distanza di 40 anni siamo in grado di valutare in modo più pacato lo stato dei rapporti. Riporto per comodità a questo riguardo il pensiero di G. SEGALLA nell'opera citata, "Panorama storico del NT" : "Sul rapporto degli Esseni di Q col NT si è parlato e si è scritto molto. Forse l'apporto maggiore è l'ampliamento di orizzonte storico e culturale nel quadro dei movimenti religiosi presenti nella Palestina del primo secolo e il loro riflesso nel NT…

Il dualismo di Q può gettar luce sul dualismo presente nel quarto Vangelo. Interessante è anche il loro modo di interpretare la Scrittura, attualizzandola e applicandola alla loro stessa storia, ricorrendo in modo privilegiato ai profeti. Anche alcune raccolte di testi messianici ci sono utili per documentare la loro valenza messianica nel I secolo. Problematici invece sono i contatti di Giovanni Battista con Q. Gv predica nel deserto la conversione ; ma è una conversione per tutto il popolo di Israele e non per un gruppo particolare. Purifica con un battesimo di penitenza ricevuto una volta sola e non con una gran quantità di abluzioni rituali come a Qumran.

Tanto meno si può parlare di un rapporto di Gesù con Q. Il suo messaggio e il suo comportamento risultano piuttosto contrapposti all'orientamento spirituale di Q. Anche l'ideale dei beni messi in comune nella comunità cristiana primitiva, più che alla prassi di Q, si ispira all'ideale deuteronomistico (Dt 15,1-6).

Nonostante che la critica più recente abbia fatto la tara di affrettati accostamenti, in particolare fra Gesù e il Maestro di Giustizia, gli Esseni e Q rimangono importanti per il quadro storico-religioso della Palestina del I secolo". Nb ! Aggiornamento bibliografico : il volume di L. MORALDI, I manoscritti di Qumran, UTET "Classici delle religioni", Torino 1971 ha conosciuto una nuova edizione, uscita alla fine del 1985 con 906 pagine. La ristampa dell'opera contiene anche gli ultimi reperti : il "Targum di Giobbe" e il "Rotolo del Tempio". APPENDICE : GLI ZELOTI

Per completare il panorama di partiti e movimenti dell'epoca intertestamentaria, dopo aver parlato di Farisei, Sadducei ed Esseni, spendiamo due righe a illustrare fisionomia e attività degli zeloti. La TOB li presenta così : "Sulla setta degli Zeloti si possiedono soltanto informazioni parziali o difficili da interpretare. Sembrano aver formato un'ala estrema del partito dei Farisei. I suoi membri erano decisi e far rispettare le prescrizioni della legge con tutti i mezzi compresa la forza. Presentati talvolta come Volgari banditi (terroristi) erano piuttosto dei fanatici per motivi religiosi, opposti irriducibilmente ad ogni forma di autorità non procedente direttamente dalla Legge. Per questa ragione non esitavano a punire con le morte coloro che si erano ai loro occhi resi colpevoli di colpe assai gravi verso la legge e più in particolare quanti collaboravano con la potenza pagana occupante". Erano "campioni dell’ortodossia e dell'integralismo'' (Saulnier).

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"Tutti i testi ci descrivono uno stesso tipo di zeloti, si tratta di rigoristi violenti, che al pari di Pinhas, di Elia, di Jehu e di Mattatia, giustiziano senza pietà quelli che ai loro occhi sono infedeli alla legge di Mosè. Per gli zeloti della Guerra Giudaica il nemico non è più l’ebreo apostata … bensì il romano e i suoi collaboratori. Assistiamo sicuramente ad un mutamento provocato da una situazione nuova" (J. A. MORIN). - Giuseppe Flavio dice di loro che "tenevano alla libertà con grande tenacia ; e riconoscevano come loro signore e re soltanto Dio" (AG 18, 23). Il loro partito si sarebbe affermato soprattutto a partire dal 6dC, cioè dalla data del censimento indetto da Quirino, per poter organizzare una adeguata esazione delle imposte. Questa misura provocò non solo malcontento, ma anche opposizione violenta. Il loro fondatore, Giuda il Galileo, trascinò "sotto la sua guida una grande moltitudine alla ribellione" (At 5 , 36). Ne parla a proposito della Guerra Giudaica contro Roma, dipingendoli come partigiani irriducibili. Fra i discepoli di Gesù il NT menziona Simone, ''chiamato lo zelota" (Lc 6,15 ; At 1,13). I testi paralleli dell'elenco dei Dodici in Mt 10,4 e Mc 3, 18 chiamano lo stesso personaggio "ho Kananaios", termine che è semplicemente la traslitterazione ellenizzata dell'ebraico " qanna = zelante. L’attività e l’insegnamento di Gesù prendono chiaramente le distanze da questo movimento violento, poiché il regno di Dio si attua senza bisogno dell’uomo, solo per azione di Dio. Nella disputa sul tributo a Cesare (cf Mc 12,13-17), Gesù risponde distinguendo gli ambiti del potere senza negare l’autorità costituita. LE ISTITUZIONI DEL MONDO GIUDAICO

L'humus culturale e religioso del NT non è dato solo dalle vicende di carattere politico e dalla esistenza dei partiti o movimenti di opinione e di azione ; le istituzioni, le strutture statuali e religiose completano il quadro come elementi determinanti. Il discorso potrebbe certamente essere amplissimo, perché il materiale non manca ; per non appesantirlo ed affaticare eccessivamente la memoria ci concentriamo su due istituzioni maggiori, la sinagoga con uno sviluppo relativo alla classe degli scribi ; il sinedrio. Viene dato per acquisito il capitolo relativo al Tempio e alle feste ebraiche, struttura centrale nella organizzazione dei Giudaismo intertestamentario e più volte menzionato nei testi del NT. Basterebbe pensare che Gesù stesso è una vittima illustre dei tempio e nella scia di lui, il protomartire Stefano (cf Atti c 7). Però questo argomento di tempio e feste è già noto ; eventualmente, di queste ultime, bisognerà prestare attenzione alla loro più recente evoluzione (si veda ad es il nuovo volto della Pentecoste) rispetto ai dati contenuti nei testi narrativi o liturgici dell'AT. LA SINAGOGA E IL SUO CULTO

Il termine è di lingua greca e indica raduno ; determinante è il prefisso "syn" che significa "insieme". I LXX "adoperano il vocabolo per rendere l'ebraico " 'edah = congregazione, assemblea". Come spesso accade nel linguaggio, la parola non indica solo il fatto di raccogliersi insieme, ma anche il posto deve ci si raduna (così per le parole "chiesa", "coro" , "presbiterio" ecc).

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Il termine sinagoga a indicare il luogo della preghiera del mondo ebraico si impone solo a partire dal II secolo aC. Gli inizi di questa istituzione sono oscuri, controversi. La tradizione giudaica evidentemente la fa risalire a Mosè ; così attestano Filone e Flavio e anche una espressione come quella di At 15,21 : "Mosè infatti fin dai tempi antichi viene letto di sabato nelle sinagoghe" potrebbe essere un indizio di questa convinzione. Di fatto, storicamente la sinagoga è un prodotto della diaspora giudaica : lontani dalla madre patria e dal tempio, gli Ebrei credenti si costruiscono un luogo di culto per esprimere la comune fede ed alimentare l'identità nazionale. Qualcuno pensa che i primi esemplari abbiano visto la luce a Babilonia durante l'esilio ; però il salmo dice piuttosto "sui fiumi di Babilonia sedevamo piangendo al ricordo di Sion" (s 137). La testimonianza più antica e storicamente accertata ce la fornisce una iscrizione della sinagoga egiziana dedicata a Tolomeo III (246-221). L'istituzione deve aver raggiunto presto molta fortuna se è passata sul suolo palestinese, come attesta esplicitamente il NT. Al tempo di Gesù in quasi tutti i villaggi doveva esserci la sinagoga (cf ad es Mc 1,39 ; Mt 4,23 ; Lc 4,16). Anzi le città più importanti costruivano più sinagoghe, come al giorno d'oggi le chiese…. "La prassi sinagogale assolutamente nuova in comparazione alle celebrazioni cultuali dell'antichità nacque nella diaspora (forse già durante l'esilio babilonese) ... l'istituzione si diffuse ovunque e finì per assicurare la sopravvivenza del Giudaismo dopo l'anno 70 della nostra era" ( Penna ). Dove la comunità giudaica era troppo piccola e non riusciva, a mettere in piedi l'edificio, ci si radunava presso un corso d'acqua (cf At 16,13 : "Il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera e sedutici rivolgevamo la parola alle donne colà riunite". Siamo a Filippi). - La forma dell’edificio era generalmente quadrangolare e l’orientamento era verso Gerusalemme (nelle antiche chiese cristiane sarà invece Oriente la direzione dell’edificio). All’ingresso vi erano anfore di pietra per la purificazione dei giudei. La sala della preghiera era semplice e disadorna. In una nicchia ("arca santa") erano conservati i rotoli delle Scrittura, che venivano poi tirati fuori per il culto. Una predella con un pulpito (ambone) era prevista per lettori e commentatori. Gli scribi si sedevano alla "sede" chiamata "cattedra di Mosè", rivolti verso il popolo. In alcune sinagoghe più ricche alla funzionalità si univa la eleganza e la bellezza, il pavimento era ornato con mosaici a motivi decorativi (cfr scavi di DURA-EUROPOS, costa occidentale dell'Eufrate ; le pareti della sinagoga sono ricoperte di un intero ciclo di scene bibliche, III sec aC). Nb ! Se vuoi farti un'idea di come è fatta una sinagoga, puoi visitare non molto lontano da Parma la sinagoga di Soragna. Fu costruita nel secolo scorso, inaugurate esattamente il 22 ottobre 1855. E' stata restaurata una decina di anni fa. E' in stile neoclassico, con eleganti colonne e capitelli corinzi, decorazioni sui soffitti con motivi floreali. Pregevoli per lo stile neo classico-impero le porte dell'Arca Santa (dove-vengono custoditi i rotoli della Bibbia) e le grate del matroneo, in bronzo di fusione dorato, come pure i grandi candelabri. Di sufficiente interesse è anche l’attiguo Museo Ebraico, per cogliere le testimonianze del Giudaismo in Emilia.

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- Anche il personale del culto era ridotto. C'è il Presidente, cioè l’archisynagogus, (cf Mt 5,22) e l’inserviente (yporetes cf Lc 4,20). Il primo era scelto tra gli Anziani, come responsabile principale. Assicurava l'organizzazione del servizio liturgico designava i lettori e invitava persone qualificate a commentare la Scrittura (cf ad es Atti 13,15). L’assistente era chiamato in ebraico "hazzan" : consegnava ai lettori i rotoli sacri, dirigeva la preghiera e invitava i sacerdoti presenti a benedire il popolo al momento opportuno. Come si vede la preghiera era affidata ai laici, mentre il sacerdozio era legato al tempio centrale. - Merita una parola anche la organizzazione del culto sinagogale. La sinagoga era principalmente (ma non esclusivamente) la casa della preghiera, il luogo di raduno per la liturgia del sabato. Il servizio divino constava di un duplice momento : una prima parte era a carattere eucologico-laudativo, una seconda parte era di indole didattica-istruttiva. ^ Il momento della preghiera comprendeva la recita dello Shema' (mosaico di tre testi : Dt 6,4-9 ; Dt 11,13-21 ; Nm 15,37-41) e delle "Diciotto Benedizioni". Penna scrive : "La preghiera detta Semoneh 'esreh o Diciotto (sott. benedizioni) è in ebraico ed è la più rappresentativa del giudaismo, tanto che viene pure semplicemente denominata Tephilla = preghiera per eccellenza e anche ‘amidah in quanto è recitata in piedi. Essa è giunta a noi in due redazioni Palestinese e babilonese. La prima è la più antica e la più sobria ; anche se a sua volta subì alcuni ampliamenti, il suo nucleo risale certamente al primo secolo e doveva essere nota sia a Gesù sia egli apostoli". ^ La "liturgia della Parola" invece constava di una duplice lettura. La prima era desunta dalla Torah secondo il criterio della "lectio continua" (in ebr. "parasen") su un ciclo triennale. Un secondo brano scritturistico era ricavato dai Nebi’im e portava tecnicamente il nome di "haftarah" lett. "congedo". Il testo veniva dapprima letto in ebraico direttamente dal rotolo da parte di un lettore collocato in un posto eminente rispetto alla assemblea, poi veniva reso in aramaico versetto per versetto dal "meturgeman" = interprete, traduttore a voce più bassa e in una posizione più arretrata. La "traduzione parafrastica" costituiva ciò che si chiama il "targum". Ma l'incontro non finiva qui. Alla proclamazione dei testi biblici teneva dietro la loro spiegazione o commento tramite la omelia, che consentiva ai maestri di dar fondo a tutte le ricchezze della Scrittura e così attualizzarla. "La libera predica costituisce la parte conclusiva della funzione. Ciò che si richiedeva al predicatore al "darshan" è di commentare le letture con un discorso breve ed edificante" (Dommershausen). Tecnicamente questo sviluppo omiletico portava il nome di "midrash". Vi torneremo sopra. Il servizio sinagogale era concluso dalla benedizione sacerdotale di Nm 6,22-26. Come si vede, questa struttura del servizio sinagogale, ha fornito il modello per la organizzazione della Liturgia Verbi in ambito cristiano. Si veda ad es la descrizione del raduno domenicale fatta da Giustino nella sua Prima Apologia n. LXVII : "E nel giorno chiamato del Sole ci raccogliamo in uno stesso luogo, dalla città e dalla campagna, e si fa lettura delle Memorie degli Apostoli e degli scritti dei Profeti, sin che il tempo lo permette.

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Quando il lettore ha terminato, colui che presiede tiene un discorso per ammonire ed esortare all'imitazione di questi buoni esempi". - Si sbaglierebbe tuttavia a vedere nella sinagoga solo un luogo di culto, una casa della preghiera e basta. Essa è molto di più. E' una casa della cultura, può diventare edificio scolastico ; è "centro della vita della comunità, dove ci si incontrava anche per discutere gli affari della comunità civile e tutti i problemi riguardanti la vita del gruppo" (Lohse). E' uno spazio a disposizione della gente, "una specie di università popolare confessionale" (Guignebert). GLI SCRIBI

Legata alla struttura della sinagoga e al suo funzionamento è anche la classe degli "scribi", di cui conviene dire qualcosa. Ebbe infatti primaria importanza nella storia del giudaismo del tempo ellenistico. L’ebraico "sopher" reso in italiano con 'scriba' corrisponde al greco "grammateus" del NT. Gli scribi sono i teologi dell'epoca, i pensatori religiosi del Giudaismo, gli "uomini del Libro'', gli esperti della Legge. Si ricordi che il primo a portare questo titolo fu Esdra, "sacerdote e scriba della Legge del re del cielo" (cf Esd 7,12). "Nel dopo esilio si afferma la classe degli scribi quale evoluzione del mondo e del movimento sapienziale. Il Siracide ne stila il ritratto in 39,1-11. Il loro primo compito consisteva nella meditazione delle Scritture. Siamo nell'epoca della compilazione e canonizzazione degli scritti biblici nella triplice serie : Legge, Profeti, Scritti. E' finito il periodo creativo, succede il momento conservativo ed interpretativo. Si tratta di ricopiare i testi sacri e soprattutto di capirli e farli comprendere. Gli scribi diventano così esegeti, dottori e omileti. Basta confrontare i sinonimi o termini equivalenti : "nomikòs = uomo della legge, giurista" ; "rabbì = didàskalos = maestro" ; "nomodidaktos = dottore della Legge". Sono dunque gli "specialisti della Scrittura". - "La costituzione di una classe di scribi deve aver avuto luogo a contatto con l'ellenismo e in opposizione ad esso" (Lohse). Scaturisce dunque dalla esigenza di difendere il patrimonio religioso dal fascino della nuova cultura. Il fatto che 1Macc 7,2 menzioni una "synagoge grammateon = assemblea di scribi" dimostra che essi dovettero rappresentare ben presto una forza organizzata. L'appellativo "rabbì = maestro" era corrente al tempo di Cristo, però la istituzione dei "maestri ordinati" o rabbini con il rito della imposizione delle mani = semikah nella linea di Nm 27,23 (dettaglio interessante anche per la comprensione dell'analogo gesto cristiano, quale segno di trasmissione del ministero) è posteriore all’anno 70.

Gli scribi rappresentavano una forza consistente all’interno della spiritualità giudaica, erano vere guide spirituali del popolo, mentre il sacerdote rimaneva principalmente in funzione del culto. Se è vero da un lato che l'istituzione degli scribi, di fronte al culto sacrificale, è nata da una interiorizzazione della religione, portando l'accento più sulla lode divina che sul sacrificio, più sulla pratica della volontà di Dio espressa nelle Legga che sugli atti cultuali, dall'altro lato essa non poteva sfuggire ad un certo legalismo angusto, denunciato tanto dalla tradizione giudaica, quanto dai vangeli (cf Mt 15 e 23).

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La preoccupazione legittima di difendere la torah 'erigendole attorno una siepe' (cf Mishna) fatta di prescrizioni numerose e dettagliate, poteva condurre a sovraccaricare la religione di un fardello intollerabile di minuzie che mascheravano l’essenziale a fare della rivelazione divina una scienza per iniziati e non più la luce proposta a tutti per guidare la loro vite ". (Le Déaut). - L'accesso alla cerchia degli scribi non dipendeva dalla nascita o dalla provenienza, ma solo dalla preparazione culturale e dalle capacità. Chi voleva diventare scriba, doveva compiere uno studio lungo e profondo (rabbinato). Attorno ed uno scriba famoso si raccoglieva un gruppo di discepoli. Era lo scolaro che chiedeva di essere accolto. La scuola era soprattutto convivenza, comunità di vita con il maestro, il quale non disponeva quindi solo del linguaggio verbale. Il dottore insegnava stando seduto, il discepole sedeva ai suoi piedi ad ascoltare (cf in Lc 10,39 la posizione di Maria di Betania "ai piedi del Signore" o di Paolo "ai piedi di Gamaliele" At 22,3). Lo studio consisteva in gran parte nel ripetere e nell’imprimere nella mente ciò che veniva proposto. Il discepolo interrogava per sapere e veniva a sua volta interrogato. Gesù dodicenne "seduto in mezzo ai dottori" nel Tempio è figura esemplare di partecipazione e di apprendimento : "li ascoltava, e li interrogava" (Lc 2 ,36). Dice al riguardo un testo rabbinico : "Di quattro specie sono quelli che stanno davanti ai maestri : spugne, imbuto, colatoio e setaccio. La spugna assorbe tutto, l'imbuto riceve da una parte e manda fuori dall'altra, il colatoio lascia passare il vino e trattiene la feccia e lo staccio manda fuori la farina ordinaria e trattiene la purissima" (Pirkè 'Abot 5,1). Al termine del curriculum il discepolo diventava "rabbì" e a lui ci si "rivolgeva con questo titolo onorifico. Egli poteva portare il lungo abito degli scribi. A lui spettava nella sinagoga il posto d'onore sulla "cattedra di Mese" (cf Mt 23,2). Il popolo lo salutava con deferenza, pronto a seguirne gli insegnamenti. Si è venuta a costituire nel Giudaismo non solo una categoria, ma anche una tradizione, una storia solcata da tendenze e scuole diverse, come avverrà nello sviluppo del pensiero teologico nella storia della chiesa. Al tempo di Gesù esistevano due scuole con esponenti di rilievo in un vivace rapporto dialettico : Hillel e Shammai. Una rigorista, l’altra più accomodante nella applicazione della Legge. Celebre è la controversia rispetto al divorzio : Shammai lo ammetteva solo nel caso che la donna avesse offeso i costumi e l’onore, Hillel invece insegnava che l'uomo può licenziare la donna per qualsiasi motivo, fosse pure per il semplice fatto di essere una cattiva cuoca ; bastava che il libello di ripudio fosse secondo le regole. - Anche Gesù nel suo magistero-ministero itinerante passava esternamente come un rabbì e così veniva chiamato. Più in profondità era diverso : non veniva da nessuna scuola. (''Molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano : "Donde gli vengono queste cose ? E che sapienza è mai questa che gli è stata data ? E questi prodigi compiuti dalle sue mani ? " cf Mc 6,2) ; chiamava lui personalmente i discepoli alla sequela ; aveva un'autorevolezza che si imponeva da sé senza bisogno di ufficialità. "Erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non cose gli scribi" (cf Mc 1,22 e in 1,27 : "Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda : Che è mai questo ? Una dottrina nuova insegnata con autorità ! ") IL SINEDRIO

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Può essere descritto come una specie di consiglio di corte suprema della giustizia all'interno del mondo giudaico. Il termine proviene dal greco e significa "sedere insieme" ; viene chiamato anche "gerusìa = senato" ; "Boulè = Consiglio" o "Presbytérion" (cf Lc 22,66 ; At 22,5). Le sue origini risalgono certamente all'epoca persiana e i primi accenni documentativi al periodo di Antioco III (223-184 aC). E' stato istituzionalizzato sotto Giovanni Ircano (134-104 aC). Si tratta di un consiglio che assiste il sommo sacerdote, capo supremo della nazione e presidente di tale istituzione. Erode il grande limitò i suoi poteri, ma sotto l'occupazione romana, questi poteri furono ripristinati ed anche estesi. "Corte di giustizia, esso giudica i delitti contro la Legge, fissa la dottrina e controlla in sostanza tutta la vita religiosa" - All'epoca del NT il Sinedrio constava di 71 membri (il numero è certamente un richiamo ai settanta anziani che coadiuvano Mosè nel deserto secondo il racconto di Nm 11 ,24-30, suddivisi in tre gruppi : 1) I Gran Sacerdoti : cioè i membri delle famiglie sacerdotali più importanti.

Rappresentavano gli ambienti religiosi. All'interno dell'organismo non si trovavano in sede di culto, ma di autorità ;

2) Gli Anziani : i rappresentanti delle famiglie di maggior prestigio. Rappresentavano gli ambienti laicali ;

3) Gli Scribi : rappresentavano la competenza teologica. Più esattamente : il gruppo dei sommi sacerdoti comprendeva il pontefice in carica ; gli ex sommi sacerdoti ancora in vita e i capi delle quattro famiglie pontificali. Nel sinedrio i presbiteri (anziani) sono i capi delle famiglie sacerdotali più importanti. - Oltre alla composizione dell'organismo, una parola sulle sue attribuzioni e competenze. Le Déaut sintetizza il discorso in questi termini : "Il Sinedrio era in parte responsabile dell’ordine pubblico e disponeva di un corpo di guardia (Gv 18, 3. 12). Ma la sua competenza riguardava soprattutto le cause religiose e civili in particolare i punti che avevano una qualche relazione con la Legge (cf Mc 5,22 ; Gv 11,47). Le sue decisioni avevano valore di Legge e come tali erano accettate dalle autorità romane che potevano eventualmente intervenire per farle applicare. Il sinedrio teneva le sue riunioni nel tempio sotto la presidenza del Sommo Sacerdote". Dopo la catastrofe del 70 il sinedrio si ricostituirà a Jamnìa, ma allora sarà una istituzione totalmente diversa nelle competenze e nello spirito. In tutta la Palestina c'erano dei piccoli sinedri di tre membri, compreso il giudice (cf Mt 5,27). Il Gran Sinedrio interessa il NT per il processo istruito contro Gesù e Paolo, nonché Stefano. IL GIUDAISMO DELLA DIASPORA PREMESSA

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L'ambiente del NT non è offerto solo dal giudaismo palestinese, ma anche dai fatti e dalla cultura che hanno caratterizzato la presenza giudaica nel mondo greco-romano agli inizi della nostra era. Per "diaspora", è risaputo, si intende il fenomeno storico di smembramento e disseminazione che ha conosciuto il popolo di Israele a partire dalla sua tragedia nazionale con la scomparsa prima del regno del Nord (Samaria) nel 721 aC e soprattutto con la distruzione di Gerusalemme e del Tempio salomonico ad opera dei Babilonesi nell'anno 586. Si sa anche che non tutti gli Ebrei esuli a Babilonia sono rientrati nella madre-patria dopo l'editto di Ciro del 538.

Il fenomeno della dispersione si è accentuato durante i secoli IV e III aC per diversi motivi : ^ di carattere economico : la prospettiva di maggior benessere rispetto alle possibilità di una vita stentata in terra di Palestina spinge a emigrare. Inoltre le necessità del commercio inducono a cercare nuovi mercati, quando quello interno è saturo. ^ "Inoltre a motivo delle molte guerre, molti erano stati gettati di qua e di là e molti erano stati deportati prigionieri in terre lontane. Già molto presto gli Ebrei, sia come soldati sia come prigionieri erano andati in Egitto. Quando poi i Romani ebbero il predominio del Medio-Oriente, prigionieri ebrei furono portati anche in Italia e a Roma. In seguito, una volta liberi, alcuni di essi rimasero in terra straniera" (Lohse). ^ "Il giudaismo della diaspora prosperò anche grazie a molti non ebrei che ad esso si unirono ; inoltre la popolazione ebraica cresceva (in un crollo generale della natalità presso i Romani) in proporzione superiore all'altra, perché presso gli Ebrei i figli erano considerati una benedizione ed era severamente proibito esporli" (Lohse). - Colonie ebraiche le troviamo un po' in tutto il mondo allora conosciuto : vi è una diaspora orientale (babilonese o iranica) che interessa meno il quadro del NT, ma di eccezionale valore per lo sviluppo del patrimonio ebraico in epoca postbiblica ; incontriamo una diaspora occidentale, nell'area mediterranea, che è stato il mondo solcato dal messaggio cristiano. L'elenco dato in 1Macc 15,22-24 fa effettivamente allusione a tutti i luoghi di popolamento giudaico sin dal II secolo e quello di At 2,9-14 (racconto della Pentecoste) lo conferma nelle sue grandi linee, aggiungendovi la diaspora orientale.

Per questo Giuseppe Flavio può scrivere con orgoglio : "Non è facile trovare un solo luogo nel mondo che non ospiti questo popolo e dove non abbia autorità. Così avvenne che in Egitto e Cirenea e in molte altre città molti imitarono i loro costumi, si unirono in modo tutto particolare alla grande schiera degli Ebrei e divennero con essi potenti, vivendo secondo le antiche consuetudini degli Ebrei. In Egitto essi hanno il diritto di cittadinanza e una parte di Alessandria è stata assegnata a questo popolo : essi hanno un sovrintendente che cura le loro faccende, facilita il loro commercio e convalida i loro contratti e convenzioni, come un sovrano indipendente" (AG 14,115-117). Per la diaspora egizia basti ricordare oltre ad Alessandria i nomi della colonia militare di Elefantina ad Assuan, dove si sono scoperti testi scritti in aramaico a partire dal V secolo e, sempre nell'Alto Egitto, l'insediamento ebraico ad Edfou. Numericamente "al tempo di Gesù e della cristianità primitiva vi erano più Giudei nella diaspora che nella terra di Israele" (Lohse). Questo influirà anche sulla metodologia della missione cristiana.

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Dovunque arrivano, gli annunziatori del Vangelo, incontrano comunità ebraiche ed è a questo uditorio che anzitutto essi si rivolgono per profonde ragioni teologiche : "gloria, onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo prima e poi per il Greco" (Rom 2,10). Si veda il comportamento di Paolo ad Antiochia di Pisidia, Filippi e Corinto come documenta il libro degli Atti. STATUS GIURIDICO ED ORGANIZZAZIONE

Per quanto strano possa sembrare, il giudaismo ellenistico ha potuto usufruire di una situazione giuridica di privilegio cioè di un trattamento speciale riconosciuto e garantito dallo Stato. E' sufficiente ricordare il comportamento dell'autorità persiana verso gli Ebrei dell'impero all'epoca di Esdra (cf Esd 7). "I Giudei erano cosi un popolo protetto con autonomia interna per quanto riguardava il culto, la cultura, la lingua, il diritto, la struttura sociale, mentre gli affari politici dipendevano dalla cancelleria reale. Israele era una nazione incorporata all’impero, alla quale mancava soltanto il supporto di uno stato" (Grelot). "In seguito il carattere internazionale della civiltà ellenistica, sempre preoccupata di rispettare i diritti delle nazioni e delle città, facilitava il mantenimento di questa autonomia… al di fuori della parte nazionale situata in Palestina i giudei giuridicamente erano come tutti i membri delle altre nazioni, cioè degli stranieri = Xenoi di nazionalità giudaica, che potevano ottenere il diritto di residenza (paroikoi), diventando meteci (metoikoi) nel senso non peggiorativo della parola. Avevano lo statuto di coloni (katoikoi) laddove possedevano delle terre a titolo militare. Ma l'autonomia legislativa permetteva loro ovunque non solo di raggrupparsi e di far rispettare i loro diritti, ma anche di amministrarsi esercitando nelle città di tipo greco un vero e proprio 'politeuma', giustapposto alle istituzioni locali" (Grelot). - Per quanto si riferisce ella organizzazione interna, possiamo notare un duplice movimento : un fenomeno di forte aggregazione e appartenenza unito a un saldo legame con la madre patria, un comportamento di apertura-dialogo verso il mondo greco. La coesione-compattezza è una caratteristica dell'ebraismo durante tutta la storia. In terra straniera è certo una esigenza comune il sentirsi uniti tra connazionali ; questo vale in modo eminente per il giudaismo biblico e post. I giudei formavano ovunque gruppi omogenei, raggruppati attorno ai loro luoghi di preghiera ("proseuchè") dove si trovavano periodicamente. La vita infatti era ritmata dal sabato e dalle festività ; seguiva un calendario suo proprio e in ciò si svolgeva al margine delle città pagane, che seguivano altri calendari e ignoravano simili usanze. La comune fede monoteistica, lo stesso patrimonio culturale era conservato e alimentato dai frequenti contatti con Gerusalemme ed il tempio, centro di richiamo e convergenza di tutto l'ethnos "giudaico". "Quest'anno nella diaspora, l’anno prossimo a Gerusalemme" è l'augurio pasquale di chi vive in terra straniera. E' davvero tenace questo cordone ombelicale che legava e lega gli ebrei della diaspora alla patria del cuore. Sotto questo aspetto non è cambiato molto oggi rispetto ad allora : "Li tiene uniti l'appartenenza ad una stirpe mai rinnegata anche durante le persecuzioni : un sentimento altero e tribale d'una continuità impressionante… in questo attaccamento confluirono sempre

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attese immense, certezze incandescenti, un nazionalismo intriso di messianismo e una superba vocazione al primato" (Lidia Storoni). "Vorrei Israele diverso da tutti i paesi" diceva Primo Levi. - Questo forte senso di identità nazionale non impedì tuttavia un contatto con il mondo greco e un dialogo con quella cultura. Ciò si manifestò nella adozione della lingua ; la stessa TaNaK ben lo sappiamo venne tradotta in greco e a partire da Alessandria, la Torah in lingua greca si diffuse in tutta la diaspora… "E’ un fatto molto significativo che la diaspora, non abbia lasciato, salvo sporadiche eccezioni, che monumenti in stile greco" (Grelot). Anche il pensiero greco ha influenzato l'ebraismo : "I Giudei scoprirono nel medioplatonismo e nello stoicismo alcune concezioni su Dio, l'uomo e il cosmo capaci di armonizzarsi con quelle tipiche della Bibbia. L'intellighenzia si aprì a questi orizzonti nuovi. Ne risultò un arricchimento della riflessione giudaica in campo filosofico, etico e spirituale. Si trovò anche una nuova maniera di leggere e spiegare i testi biblici, ricorrendo alla allegoria, come gli ambienti stoici e pitagorici usavano fare per i testi della Grecia classica. Come esempi di questo incontro si possono portare il Libro della Sapienza, il IV Maccabei, la figura e l'opera di Filone. Si veda a titolo di es l'esordio del IV Macc : "Autenticamente filosofico è il discorso che voglio fare sulla questione seguente : la ragione dell'uomo pio è padrona assoluta delle passioni ? Vi esorto perciò sinceramente a prestare una viva attenzione e questa, filosofia. La regione è l'intelligenza, che sceglie in base a giusti ragionamenti la via della saggezza. Quanto alla saggezza, essa è la scienza delle cose divine e umane e delle loro cause". ADESIONI E RIPULSE

Benché non si possa parlare propriamente di una urgenza e tantomeno di una organizzazione missionaria, è indubbia una animazione e fermentazione dell'ambiente da parte delle comunità giudaiche della diaspora. "La vita e il culto delle comunità ebraiche trovarono rispetto e attenzione nell'ambiente non ebraico'' (Lohse). L'alta concezione della divinità e il rigido monoteismo, la profondità ed esigenza delle norme etiche, nonché il patrimonio letterario e dottrinale di Israele non mancarono di impressionare spiriti pensosi. Così attorno alle sinagoghe si raccoglievano cerchie a volte considerevoli di simpatizzanti. Si possono al riguardo distinguere due cerchi di appartenenza : a) I "timorati di Dio" : l'espressione non è generica a indicare dei 'semplici credenti' ma tecnica a designare i simpatizzanti del giudaismo. Ne accettavano il monoteismo e l’ispirazione morale, pur senza entrare ufficialmente e a pieno titolo nella comunità giudaica. Si vedano testi come Atti 13,43. 50 ; 16,14 ; 17,4 b) I "proseliti" : il termine deriva dal verbo greco "proserchomai" che significa "vado presso, mi avvicino". Sono i "nuovi arrivati", coloro che aderiscono pienamente al Giudaismo, quindi anche sotto il profilo giuridico, tramite la pratica della circoncisione (che però era ripugnante per i Greci) e della Legge (sabato, questioni di purità, regime alimentare particolare). Si vedano testi come Mt 23,15 o Atti 2,11. - Ma c'è anche il rovescio della medaglia e cioè l'emergere di contrasti dell'elemento greco-romano rispetto al mondo ebraico.

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L'antisemitismo è ben più antico del cristianesimo, è un fiume perenne. Si tratta di correnti ostili ai Giudei, spesso in maniera sotterranea o in tono canzonatorio, talvolta in forme violente, con veri e propri pogrom. La superba differenza e autosufficienza dell'ethnos ebraico non poteva non creare antipatie e contrasti. I poeti satirici della Latinità non perdono occasione per fare del sarcasmo a proposito della circoncisione, sabato e pratiche alimentari : Orazio, Satire 1, 8, 60 ; Persio, Satire 5,176-188 ; Petronio, Frammenti 37 ; Marziale, Epigrammi 4,4 ; 7,30. 35 ; 11,94 ; Giovenale, Satire 6,542-7 ; 14,96-105. "Se non sei circonciso" scrive Giovenale, "non ti insegnano la strada". E aggiunge il particolare per i Romani più grave : "non obbediscono alle leggi di Roma. Osservano quelle trasmesse in un misterioso volume da un certo Mosè". Anche Tacito li giudica animati da cupo fanatismo. Parla dello "Judaeorum mos absurdus sordidusque" ; e quando Tiberio ne manda 2000 in Sardegna a combattere il banditismo, commenta che se poi per la malaria, fossero morti tutti, "non sarebbe stata una gran perdita". - Non devono quindi sorprendere gli episodi di violenza che di tanto in tanto si verificarono. Nel 38dC si verificò un pogrom ad Alessandria d'Egitto ; secondo Flavio, che ne parla in BJ II 18,1, sarebbero morti ben 50.000 Giudei. Filone d'Alessandria si recò a Roma a capo di una delegazione per chiedere a Caligola l'abrogazione delle misure repressive che le autorità avevano imposto alla comunità (ribadite poi da una lettera di Claudio). Per capire alcuni aspetti della missione cristiana occorre tenere conto di tale clima psicologico. Vi fu una istintiva diffidenza verso questa "odiosa superstizione" ( Tacito) più o meno solidale col giudaismo nel cui ambito era nata. "I Giudei ... i quali hanno perfino messo a morte il Signore Gesù e i profeti e hanno perseguitato anche noi ; essi non piacciono a Dio e sono nemici di tutti gli uomini, impedendo a noi di predicare ai pagani perché possano essere salvati. In tal modo essi hanno colmato la misura dei loro peccati ! Ma ormai l'ira è arrivata al colmo sul loro capo" (1Tess 2,15-16). PARTE TERZA : LA LETTERATURA DEL GIUDAISMO ANTICO PREMESSA GENERALE

"Il NT galleggia sopra le acque del Giudaismo", osserva giustamente uno studioso che se ne intende, Prosper Grech. Tra la letteratura veterotestamentaria e gli scritti biblici cristiani si inserisce la cospicua mole di testi prodotti dal Giudaismo intertestamentario, che hanno influenzato il pensiero degli agiografi del NT. E’ giusto quindi, dopo aver ricostruito il fondale storico-politico dell'epoca ed averne intravisto le istanze culturali, passare in rassegna i diversi ambiti nei quali si allarga la letteratura del Giudaismo antico. Il problema però non è semplice, anzi piuttosto complesso, per diversi motivi : ^ per la straordinaria abbondanza delle opere ;

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^ per l'immensa bibliografia dedicata a tutto questo materiale da parte del mondo della critica moderna. E’ un settore che attrae molto gli studiosi quasi quanto la letteratura biblica. C'è il pericolo di smarrirsi in un labirinto ; ^ per le divergenze degli studiosi nel modo di valutare le singole opere : problemi dell'autore o ambiente di composizione, datazione, influssi sul NT, edizione critica delle opere stesse. Non è ancora pacifica la questione del loro utilizzo nella interpretazione del NT. - I settori, i generi letterari in cui questa fertile letteratura si è dispiegata sono molteplici e disparati ; la classificazione però non può essere sempre rigorosa, perché non esiste un unico criterio di ripartizione. Il nostro studio prenderà in esame i seguenti ambiti : ^ letteratura targumica ^ il midrash ^ letteratura rabbinica ^ produzione apocrifa o pseudoepigrafi del Giudaismo ^ letteratura apocalittica Per non disperdersi in un mare di informazioni, che poi facilmente si dimenticano, bisognerà saper cogliere il "cuore" di ogni discorso, cioè la sostanza del problema rispetto egli elementi periferici. Una cosa comunque va subito ribadita : il passaggio dall'Antico al NT non è immediato. Tra questi due mondi esiste un ponte di collegamento, rappresentato da quella storia e cultura effervescente che è stata l'epoca e letteratura intertestamentaria, vale a dire : i contenuti, le idee, dell'AT non passano automaticamente nel Nuovo, ma sono influenzate dai fermenti culturali e propriamente religiosi del Giudaismo al tempo di Gesù. Affascinante scoperta è quindi imparare a leggere la Bibbia attraverso il prisma della tradizione Giudaica, un intermediario necessario tra Antico e NT. Negli attuali indirizzi pastorali della chiesa si raccomanda caldamente di studiare l'origine, la struttura e il contenuto delle grandi opere religiose ebraiche (Targum, Midrash, Talmud) e il loro rapporto con la teologia dei padri della chiesa. Qui in modo particolare si coglie la "ininterrotta creatività spirituale ... le ricchezze dell'Israele postbiblico" (documento 1985). Per un bilancio abbastanza recente degli studi si può consultare in "Problemi e prospettive di scienze bibliche" a cura di R. FABRIS Queriniana, Brescia 1981 : - L. MORALDI. La letteratura intertestamentaria : apocrifi e scrittori giudaici i pp 41-66

- M. McNAMARA, Letteratura rabbinica e Targumim, pp 67-109 - A. PAUL cura annualmente un "Bulletin de Litterature Intertestamentaire. Du Judaisme

ancien eu christianisme primitiv" in "Recherches de Science Religieuse" LA LETTERATURA TARGUMICA LA NOZIONE

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Per capire le letterature targumica e il Midrash è indispensabile tenere presente il posto centrale assunto dalla Torah nel Giudaismo antico, postesilico. "Il tentativo di restaurazione compiuto da Esdra e da Neemia e proseguito dai Soferim (= uomini del libro), aiutato dalla nuova istituzione della sinagoga, tendeva a fare della Legge il codice della vita giudaica ". (Le Déaut). Dal grembo di Israele non solo sono nati i libri della Bibbia antica, ma si è sviluppata, anche una prassi e dottrina interpretativa, per cui si può parlare, come fa A. Paul, di "Scrittura irresistibile"o, mutuando un'espressione dell'ebraista A. Chouraquis definire Israele "il popolo della esegesi biblica". In Israele dunque accanto alla Legge scritta (Torah she alketiv), esisteva una Legge orale (Torah she al peh) la cui funzione consisteva nell'interpretare il testo scritto e nell'applicarlo alle nuove condizioni di vita del quotidiano. "La concezione pratica della Torah è all'origine delle immensa letteratura rabbinica che si propone di adattare alle circostanze nuove della storia e alle realtà più concrete della vita giudaica la legge di Mose" (Le Déaut). La tradizione orale prolunga il fiume del patrimonio scritto e Mosè fu considerato come "maestro totale" ; tutto ciò che un discepolo fervente è destinato a portare di nuovo non è altro che esplicitazione di ciò che ha detto Mosè sul monte Sinai. - Il termine "Targum" (lo si dovrebbe già sapere) significa, etimologicamente "traduzione-versione" di fatto ha assunto un senso tecnico e designa "la versione dall'ebraico in aramaico della Bibbia a uso delle sinagoghe". Si tratta di una "versione liturgica orale" e il Targum non è altro che "la bibbia aramaica" (Le Déaut). La consuetudine di tradurre la Scrittura è certamente antica, è un fenomeno del Giudaismo ; si ignora tuttavia quando la caduta in disuso dell'ebraico abbia imposto questa prassi all'insieme della Palestina. E' noto che la scena-madre a questo riguardo è fornita dal libro di Neemia al c 8, dove è descritta la grande assemblea presieduta da Esdra e convocata solennemente per la promulgazione del Libro della Legge del Signore. E' la data di nascita del Giudaismo. Qui ci interessa il ruolo dei leviti di cui parla 8,8 : "Essi leggevano il libro della Legge di Dio a brani distinti e con spiegazioni del senso e così facevano comprendere la lettura". Nell'originale ebraico del testo c'è un termine difficile da capire, la parola "meporash", resa diversamente dalle versioni moderne : BJ : "Traduisant et donnant le sens" TOB : "de manière distincte, en en donnant le sens" NBE : "traduciéndolo y explicàndolo para que se entendiese la lectura" NAB : "interpreting it so that all could understand what was read" TILC : "I leviti leggevano alcuni brani della legge di Dio, li traducevano e li spiegavano per

farli comprendere a tutti" In questo episodio (almeno simbolicamente) si colloca la origine dei targumim/n. La situazione linguistica della Palestina con il venir meno dell’ebraismo quale lingua viva (rimaneva, come lingua sacra e dotta, sul modello del latino nella tradizione ecclesiastica) e la sua sostituzione con l'aramaico ha determinato la necessità di tradurre il testo sacro e così renderlo comprensibile. La nascita poi della sinagoga con la sua concentrazione sulla Parola di Dio prima nella diaspora e poi in territorio palestinese, ha contribuito ulteriormente a incrementare questo processo.

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- Già sappiamo che il testo biblico veniva dapprima letto in ebraico ; dopo ogni versetto il lettore si fermava e il traduttore lo rendeva in aramaico spiegandolo. Non si trattava quindi di una semplice versione letterale, ma piuttosto di una traduzione parafrastica. La regola in materia di Targum è data in forma paradossale nel II secolo da rabbi Jehuda ben Ila'i : "Chi traduce un versetto alla lettera è un bugiardo, e chi vi aggiunge qualcosa è un blasfemo" (Tosefta, Meg. 4,4). Una traduzione quindi sul filo del rasoio. E' chiaro che a questa prassi soggiace una concezione della Parola di Dio che ha come destinatario il popolo e quindi una preoccupazione di pastoralità : che sia un lontano modello delle moderne traduzioni in lingua corrente e una prima intuizione del metodo delle equivalenze dinamiche ? … Il testo veniva tradotto volta per volta da persone competenti. Solo tardivamente e già in epoca cristiana, queste traduzioni orali vennero messe per iscritto. I TARGUM PIÙ IMPORTANTI

La tradizione manoscritta ha trasmesso a noi alcuni Targum di estremo interesse per la conoscenza del clima spirituale del Giudaismo e la stessa conoscenza del Nuovo Testamento. Riguardo al Pentateuco (Torah) meritano di essere segnalati : ^ Targum di Onkelos : sigla TO, chiamato anche "Targum di Babilonia". E' il Targum ufficiale del Pentateuco. Secondo gli studiosi Onkelos e un nome convenzionale dato a questa versione, che per la sua qualità letteraria si è imposta sulle altre. L'anonimo traduttore è assimilato ad Aquila. Gli studiosi hanno potuto appurare che : è stato fissato nella forma a noi pervenuta già prima della fine del primo secolo dell'era cristiana ; fu scritto in Palestina in buon aramaico letterario ; fu poi trasportato a Babilonia e qui vocalizzato ; è "ufficiale" perché il rabbinismo lo ha riconosciuto come versione "autorizzata" (come avverrà nella chiesa di Occidente per la Vg), si distingue per la sue sobrietà nella parafrasi del testo. E' riportato ad es nell'eccellente manoscritto ebraico Vat 448 (vocalizzazione babilonese primitiva sopralineare). Compare nelle Bibbie poliglotte, ad es nella celebre Poliglotta di Londra di Brian WALTON del 1657, un esemplare della quale si trova anche nel "Fondo De Rossi" della Palatina di Parma. ^ Pseudo-Jonathan : o Jerushalmi I (= Tg Jer I) o Targum di (= TgP). E' in aramaico occidentale, è molto composito e usa abbondantemente la parafrasi. Paul Kahle, che ne è lo specialista ; lo presenta così : "Nel Targum palestinese del Pentateuco abbiamo contenuto il materiale più importante proveniente dai tempi precristiani, che deve essere conosciuto da chiunque desideri comprendere la situazione del giudaismo al tempo in cui è nato il cristianesimo. E possediamo questo materiale in una lingua, della quale possiamo dire che era simile a quella parlata dai primissimi cristiani. Si tratta di un materiale la cui importanza difficilmente può essere esagerata".

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^ Targum Neofiti I : nel 1949 il grande studioso spagnolo Diez Macho (un maestro che ha fatto scuola) scopriva nella Biblioteca Vaticana, precisamente nella "collezione Neofiti" (da cui il nome) una copia completa del Targum Palestinese del Pentateuco ; un targum diverso rispetto ai due precedenti. Venne pubblicato e così fatto conoscere al mondo della cultura dallo stesso Diez Macho nel 1956. Il manoscritto della Vaticana fu steso a Roma nel 1504. "Il contenuto di questo Targum - non già la recensione conservata nel Ms Neof 1 - è assai antico : certamente anteriore ella fissazione del testo consonantico masoretico, e molto probabilmente anteriore all'era cristiana" (A. Diez Macho)

cf A. DIEZ MACHO , Le Targum Palestinien - "Revue des Sciences Religieuses" 1973 pp 169-231.

- A. DIEZ MACHO, Neofiti 1. Targum Palestinense Ms de la Biblioteca Vaticana, Madrid 1968-1978. Un volume per ogni libro del Pentateuco.

Noi sappiamo qualcosa di questo Targum per aver studiato, affrontando il tema della Pasqua, il ''Poema delle quattro notti", che è il commento esplicativo di Es 12,42 : "Notte di veglia fu questa per il Signore ... "

cfr R. LE DEAUT, La nuit pascale, Roma PIB 1963 ^ Il Targum dei Profeti : è il Targum Jonathan ben Uzziel (Tg J) è la versione aramaica ufficiale dei Nebi’im. Si tratta di una raccolta anonima attribuita ad un discepolo di Hillel (I sec dC) ; questo però è impossibile, perché in realtà questo Targum fu redatto a Babilonia tra il III e il V secolo dC a partire da materiale di origine palestinese. Jonathan è stato edito da P. De LAGARDE, Prophetae chaldaicae, Lipsiae 1872 e più recentemente da A. SPERBER, The Bible in Aramaic II The Formar Prophets, Leiden 1959 III The Lattar Prophets, Leiden 1962 ^ Targum degli Agiografi/scritti : non è mai esistito un Targum ufficiale del Ketubim, ma piuttosto traduzioni sparpagliate dei singoli scritti. "E’ complessivamente di origine palestinese e tardivo. Nessuna sezione risale a prime dell'epoca talmudica ... può essere diviso in quattro gruppi : Targum dei salmi e di Giobbe ; Targum dei cinque rotoli ; Targum delle Cronache" (Paul). Praticamente di tutta la BH possediamo la versione parafrastica aramaica, tranne che di Esdra e Neemia. Nb ! Per "cinque rotoli- meghillot" si intendono queste opere : - Il Cantico dei Cantici letto a Pasqua - Ruth ascoltato a Pentecoste - Qohelet per la festa delle Capanne - Lamentazioni per il 9 di Av, commemorazione della caduta di Gerusalemme - Ester per la festa dei Purim PERCHÉ STUDIARE IL TARGUM ?

La conoscenza dell'insieme delle versioni aramaiche dell'AT è utile per diversi motivi. a) Per la critica testuale : partendo dalla traduzione si può ricostruire con buona approssimazione il testo originale che i traduttori avevano davanti.

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b) Per le conoscenza della lingue. "Le ricerche filologiche sul Targum permettono di conoscere meglio la lingua aramaica o più esattamente il dialetto galilaico che dovette parlare Gesù" (Paul). Si deve sapere che esistevano diversi tipi di aramaico, un ramo orientale e un ramo occidentale. c) Per la interpretazione. Sappiamo che appartiene alla natura del Targum la parafrasi del testo in ordine alla attualizzazione del messaggio. In Onkelos è assai sobria e nel Targum degli agiografi sconfina con il midrash. Questo permette di sapere come era utilizzato l'AT, con quale sensibilità, in ordine a quali preoccupazioni. Emerge un mondo spirituale, nel quale affonda le sue radici il NT. "Il metodo targumico è infatti nato e si è affermato mentre il Giudaismo - e dietro ad esso il cristianesimo - stava fissando, a partire dalla fine del I secolo delle nostra era, il canone delle Scritture" (Paul). A noi interessa in particolare l'apporto che il Targum dà alla comprensione del NT ; su questo problema molto hanno investigato gli autori. TARGUM E NUOVO TESTAMENTO

La posizione della scienza non è univoca. Alcuni contestano la legittimità di usare il Targum per capire il NT partendo dalla datazione tardiva. I Targumim sono un prodotto pre o postcristiano ? Anche qui Qumran ci ha dato una mano, mostrando la antichità della prassi targumica e della stesura scritta di tali versioni. Nella undicesima grotta infatti sono stati scoperti frammenti di un targum di Gb (HQTg Job) e del Levitico (11QTg Lv). I manoscritti a noi pervenuti che riportano il Targum sono recenti (il colophon, cioè la nota finale che gli amanuensi ponevano al termine del loro lavoro di trascrizione, permette spesso di conoscere la data esatta ; i testi aramaici e le loro traduzioni latine furono invece stampati verso la fine del secolo XVII). Tutto questo però dice poco circa la antichità o meno del materiale riportato. Un criterio di datazione migliore può essere desunto dalla lingua, cioè l'aramaico targumico nelle sue varie ramificazioni. L'aramaico di Onkelos e Jonathan è connesso con quello di Qumran. D'altra parte i targumim di Qumran non contengono i termini classici ("parole obsolete" così McNamara) come "memrà' = Parola : Shekinah = Presenza ; Maqom = Luogo, termini adoperati per indicare Dio. - Per noi basti ascoltare il giudizio qualificato di R. Le Déaut : "L'importanza del Targum per la interpretazione del NT deriva dalla antichità di gran parte del materiale che esso trasmette (ma bisogna provarlo caso per caso) e soprattutto dal fatto che le sue esegesi mostrano come si comprendeva la Bibbia in quell'epoca. Il NT eredita non solo una Bibbia tradotta, ma anche una Bibbia interpretata. E' sul Targum che si faceva leva per la comprensione del testo sacro. La provenienza sinagogale consente di supporre che le sue esegesi erano tradizionali e comuni ... l'interesse del targum (che è ben lungi dall'essere una semplice traduzione come l'intendiamo oggi), risiede anche nel fatto dei suoi metodi interpretativi, nelle sue tecniche esegetiche e in breve, nel suo modo di porsi di fronte al testo sacro. Esso va di pari passo con l’attività midrashica : prima di tradurre occorreva comprendere e scrutare il testo. La versione doveva renderlo vivo e attuale, esplicito e immediatamente intelligibile adattandolo, se necessario con glosse o parafrasi, alle idee del tempo e dell'ambiente, divenendone così un prezioso testimone.

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Targum e Midrash sono strettamente legati : la differenza è che il targum deve mantenersi nei limiti di una traduzione interpretativa, mentre il commento midrashico può spaziare con maggiore libertà". cf R. LE DEAUT, Un phénomène spontané de l’herméneutique juive ancienne : le

"targumisme", in "Biblica" 52 (1971) pp 505-525 - id. , Targumic Literature and New Testament Interpretation in "Biblical Theology Bulletin"

4 (1974) pp 3-32 ; 243-289 - id. , The Message of the New Testament and the Aramaic Bible (Targum), PIB Rome 1982

- G. W. BUCHANAN, The Use of Rabbinic Literature for New Testament Research, in "Bibl Theol Bull" (1977) 110-122

- M. McNAMARA, I targum e il Nuovo Testamento, EDB 1978 Nb ! Per cogliere esempi concreti di espressioni del Targum che possono aver influenzato il linguaggio del NT si può consultare la raccolta di fonti curata da R. Penna ai numeri 12 a 15. IL MIDRASH LA TERMINOLOGIA

Strettamente imparentata con il targumismo è la letteratura midrashica ; il targum introduce nel cuore dell'attività midrashica, anch'essa infatti ha come base la parola scritta. "Il midrash, scrive sempre Le Déaut, è un fenomeno complesso, spesso sconcertante per la mentalità moderna, un universo che abbraccia tutta la ricerca biblica così come gli antichi la intendevano. L'aspetto essenziale è dato dal legame con la Scrittura e dalla attualizzazione di essa sotto tutti gli aspetti". Elie WIESEL ha potuto affermare : "Il midrash sta alla Bibbia come l'immaginazione sta alla conoscenza". - Dobbiamo precisare bene i termini in base agli studi più recenti. MIDRASH è un sostantivo ebraico che significa etimologicamente : ricerca, investigazione, indagine. Ha assunto poi un significato tecnico a indicare quel particolare tipo di ricerca applicato alla Bibbia. Sir 51,23 parla della scuola di sapienza, dove lo studio della Bibbia occupa una parte preponderante, chiamandola "beta hammidrash" gr. "oikos paideias" lett = "casa della ricerca". Il termine indica contemporaneamente due cose : 1) il metodo di analisi del testo biblico, la esegesi praticata dal Giudaismo, le regole della ermeneutica giudaica ; 2) il risultato di tale attività, le opere di commento prodotte, i testi di esegesi giudaica pervenuti a noi Nb ! L' investigazione più recente preferisce distinguere tra : DERAS = il metodo, la esegesi o ermeneutica giudaica MIDRASH = le opere concrete

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Cf A. del AGUA PEREZ, El método midràsico y la exégesis del Nuevo Testamento, Valencia 1985

- Come per il Targum, così anche per il midrash, l'ambiente di origine di questa letteratura è il culto sinagogale. Più precisamente l'omelia di commento e attualizzazione del duplice testo biblico proposto nel servizio divino. Più a monte l'ambiente è rappresentato dalle scuole esegetiche rabbiniche, che preparavano i commentatori della Bibbia, i predicatori nella liturgia giudaica. Anche qui il materiale è stato inizialmente veicolato dalla tradizione orale, e solo in un secondo tempo compilato per iscritto. Dal punto di vista del contenuto il midrash si presenta a noi sotto due forme : 1) HAGGADAH : significa "narrazione, racconto". Tecnicamente indica la ricerca applicata alle parti narrative della Bibbia. Scruta il senso dei racconti biblici e spesso li sviluppa, amplifica per mettere meglio in lice la portata degli avvenimenti del passato ; 2) HALAKAH : dal verbo "hlk = camminare". Indica il commento ai testi giuridici, alle parti esortative, legislative. Formula delle regole pratiche da applicare nella vita, si sforza di trovare nella Scrittura una giustificazione a posteriori di un costume o di una usanza. - I principali midrashim arrivati a noi ^ La MEKHILTA (il termine significa "norma-regola") è il commentario al libro dell'Esodo ^ Il SIFRA sul Levitico e i due SIFRE' su Nm e Dt ^ Per MIDRASH RABBA si intende il grande commentario completo del Pentateuco e dei "cinque rotoli" Li ricordi chi può ...

Come sono pervenuti a noi i commentari e i sermoni sul testo biblico dei Padri, cosi il Giudaismo ha trasmesso alla posterità l'attività esegetica dei suoi maestri, le opere di commento al testo da parte dei suoi rabbini. Ci si può fare un'idea di tutto questo materiale, accostando ad es l'opera di Jakob J. PEIUCHWSKI, Come i nostri maestri spiegano la Scrittura, Esempi di esegesi biblica ebraica scelti, tradotti e commentati, Morcelliana - Brescia 1984 REGOLE DELLA ESEGESI GIUDAICA ANTICA

"Misteri santi, puri e tremendi scaturiscono da ogni versetto, da ogni parola, da ogni lettera, da ogni punto, da ogni accento, da ogni nome, da ogni frase, da ogni allusione" (Rituale ebraico). Il metodo di spiegazione del testo biblico da parte del mondo rabbinico obbedisce ad alcuni principi ispiratori di fondo. 1. Il principio fondamentale è evidentemente il riconoscimento del carattere ispirato del testo biblico. Data la sua origine e autorità divina si ha come conseguenza l'inerranza : la B non può contenere errori né contraddirsi. Il Midrash dunque si sforzerà di armonizzare testi a prima vista inconciliabili (come Es 12,19 e Dt 16,8 sugli azzimi, oppure Gn 4, 26 ed Es 6,4 sul Nome).

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2. La rivelazione biblica è conclusa, tutto è già stato detto. La B deve allora fornire la risposta a tutti i problemi, trasmettere gli insegnamenti adatti ad ogni tempo. Al di là del senso letterale, detto PESHAT, l'interprete si accinge a svelare i significati latenti e così intende attualizzare la Parola di Dio. 3. Altra regola di fondo è il principio della totalità - globalità. La Bibbia viene considerata come un tutto omogeneo, una unità armonica. L'esegesi giudaica prescinde da ogni lettura "storica" dei testi, non si cura degli anacronismi, delle diverse tradizioni e generi letterari. Pure coincidenze verbali, la presenza dello stesso vocabolo in due passi bastano a fondare una esegesi per analogia. L'interprete identifica il suo mondo con quello della Bibbia, senza curarsi dei tempi diversi. Questo principio è formulato cosi : "Torah mittok Torah" che equivale a "spiegare la Bibbia con la Bibbia". 4. Il midrash adotta anche altre tecniche come le possibilità offerte dal testo consonantico, che può essere variamente sezionato e vocalizzato. Viene sfruttato il valore numerico delle lettere. Su etimologie popolari vengono costruiti racconti nuovi. Si manifestano senza posa un virtuosismo e un'arte di destreggiarsi con le parole che incantano l'anima semita. SERVE A QUALCOSA IL MIDRASH ?

Il giudizio su questo metodo e sui suoi frutti deve essere articolato e cauto. Si può esprimere una triplice valutazione. A. In rapporto all’Antico Testamento : è evidente che il midrash giudaico fa a pugni con il "metodo storico-critico" adottato dalla esegesi scientifica del testo, perché rifugge da ogni collocazione storica delle pagine bibliche e dal loro sviluppo genetico. Gli sviluppi midrashici sono spesso fantasie e testimoniano della effervescenza del testo. Talvolta però si hanno intuizioni giuste, profonde, che provengono da parte di chi è all'interno della "beth Israel", essi aiutano a capire il testo oggettivo. Non si dimentichi neppure che già all'interno della letteratura veterotestamentaria incontriamo esempi di midrash. Tale è ad es il Dt rispetto alle tradizioni narrative o legislative dell'Esodo. Il quinto libro di Mosè ha carattere omiletico e vuole attualizzare la Legge mosaica in situazione nuova. Così i cc 16-19 del libro della Sapienza possono essere visti come una lettura attualizzante dell’epopea della liberazione (Esodo). B. Midrash e Nuovo Testamento : il midrash non serve solo ad aiutarci a capire come il rabbinismo guardava, leggeva la TaNaK e si alimentava del patrimonio delle Scritture, ma serve anche a penetrare più in profondità il Nuovo Testamento. Questa intuizione non è di oggi, anzi l'uso del materiale rabbinico nella interpretazione del NT risale addirittura al secolo XVII. Si potrebbero citare diversi studi, ma sia sufficiente ricordare un'opera classica, che rappresenta il punto culminante di tale approccio. Si tratta del famoso in quattro volumi Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrash apparso in lingua tedesca negli anni 1922 - 1928 da parte di due studiosi : Hermann STRAK, morto nel 1922 e Paul BILLERBECK che ha proseguito il lavoro.

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Oggi l'opera è in parte superata dal progresso degli studi. Un ottimo testo che fa il punto della situazione è "Einleitung in Talmud und Midrash" di H. L. STRAOK e G. STEMBERGER, Mùnchen 1982. Più accessibile a noi sono i due volumi di J. BONSIRVEN ; Le Judaìsme palestinien au temps de Jésus Christ, Paris 1935 In queste opere vengono riportati testi della letteratura rabbinica che hanno affinità con i passi del NT, quasi dei "loci paralleli". - La ammissibilità dei testi rabbinici nello studio del NT non è condivisa da tutti. Contro la validità dell'uso alcuni obiettano il carattere recente del materiale, che non ci porterebbe all'esegesi del primo secolo. Un'altra difficoltà proviene dal carattere selettivo, incompleto delle testimonianze adotta dagli studiosi. Un serio limite è dato anche dalla mancanza di edizioni critiche. Altri obiettano che nonostante l'epoca tardiva della composizione, il metodo midrashico è antico perché ha origine nella Bibbia stessa. "Casi lampanti di interpretazione all'interno dell'AT sono il TritoIsaia inteso come interpretazione e adattamento del Secondo, la reinterpretazione della profezia di Ger dei 70 anni in Daniele 9,2 ; Zacc 9,14 come reinterpretazione del ProtoZaccaria" (Mc Namara). Di fatto, alcune sentenze del midrash incontrano sorprendenti paralleli nel NT. "Se due stanno insieme a ragionare delle dottrine della Legge la Shekinah (la presenza sovrana di Dio) è in mezzo a loro" : questa frase del Pirké Aboth 3,2 assomiglia tanto a Mt 18. 20 ; "A voi il sabato è dato e voi non siete dati al sabato", é una sentenza di Mek. Ex. 23,13 simile a Mc 2,27. Quindi Gesù ha assunto elementi della tradizione rabbinica e li ha adattati e applicati alla sua persona e insegnamento. Di più sia Gesù che Paolo conoscono le regole rabbiniche della interprotezione biblica, già codificate da Hillel. Conoscendo il derash, è possibile chiarire passi diversamente oscuri del NT, ad es 1 Cor 10 ; 2Cor 3. 12-18 (il velo di Mosè) ; Gal 4,21-31sulla Gerusalemme celeste e terrestre raffigurata nelle donne di Abramo, ecc ... "Nella letteratura rabbinica è stato conservato del materiale che è stato copiato da altre fonti anteriori al NT ... Se tale materiale viene isolato, può essere utilizzato ... ma non è facile identificare o stabilire tutto questo" (Buchanan). Il derash, inteso come ricorso, interpretazione e attualizzazione del testo biblico è l'ermeneutica usata dal primitivo cristianesimo per proclamare e presentare la persona e l’opera di Cristo. La differenza sostanziale è che per il NT l'elemento centrale non è il testo biblico (come per i rabbini), ma la persona e l'avvenimento di Cristo, a cui tutto il resto si accoda. Si vedano le striature midrashiche nei Vangeli dell'infanzia. C. Midrash e Padri della chiesa : l'ermeneutica dei Padi è eminentemente cristologica. In ogni pagina della Scrittura viene contemplato il mistero di Cristo e questo costituisce senza dubbio una novità rispetto alla posizione del midrash. D'altra parte esistono anche regole comuni, anche per i Padri la Bibbia è un tutto indivisibile e deve essere compresa nella sua globalità. Anche nella esegesi patristica l'interesse per il dato storico o letterario è irrilevante rispetto all’interesse portato agli aspetti teologici del testo.

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Una lettura allegorica si ha in ambedue gli ambiti. Sto rilevando dei paralleli, non affermo delle dipendenze. Da una parte all'altra abbiamo in ogni caso una ermeneutica credente. LA LETTERATURA RABBINICA

"Il rabbinismo è il fenomeno giudaico da poco iniziato all'epoca di Gesù, secondo cui la interpretazione più accreditata della Torah era appannaggio di competenti maestri in materia (per lo più laici) e delle scuola che ad essi facevano capo. Il loro insegnamento era affidato alla trasmissione orale, finché non cominciò ad essere fissato per iscritto sulla fine del II secolo. La loro importanza per il Giudaismo postbiblico è paragonabile solo a quella dei padri della chiesa per il cristianesimo" (R. Penna). La letteratura che ha prodotto non si esaurisce nel Targum e nel Midrash. Esiste un terzo ambite, quello relativo alle tradizioni orali autonome rispetto al dettato biblico e confluite nelle grandi opere del giudaismo postbiblico : Mishnah, Tosefta, Talmud. VITA E PENSIERO GIUDAICO DOPO IL 70

Già conosciamo lo sviluppo dei fatti politici. Per la fede di Israele la fine di Gerusalemme e la distruzione del Tempio costituirono indubbiamente un grosso problema, quasi una catastrofe. Nonostante il trauma però, il Giudaismo sopravvisse non solo nella diaspora, ma nella stessa Palestina ; l'albero aveva radici troppo profonde per essere estirpato. Una piccola parte del Giudaismo passò nel cristianesimo (è la così detta ''ecclesia ex circumcisione" o fenomeno dei Giudeo-cristiani) ; la setta dei sadducei ; per lo più formata di collaborazionisti (persone della finanza e dell'alto clero) scomparve. Anche il movimento essenico, testimoniato da Qumran, venne meno. La sopravvivenza è dovuta quasi esclusivamente alla corrente farisaica del Giudaismo. La reazione giudaica alla distruzione fu innanzitutto di tipo religioso : questa fu considerata come un castigo divino per le colpe di Israele. Solo il ritorno alla Legge poteva quindi riportare il perdono e la speranza in una futura redenzione. "Non saranno le armi a salvare Israele, ma il ritorno alla Torah" diceva il rabbino Johanan ben Zakkai. "Con il tempio distrutto, i sacerdoti disoccupati, le antiche istituzioni finite, toccava ai saggi farisei specialisti della Torah il compito di prendere in mano il destino del popolo. La cosa fu abbastanza facile grazie alla rete diffusa di sinagoghe e di scuole che esercitavano la propria influenza ovunque" (Le Déaut). - Il principale artefice della restaurazione fu Johanan ben Zakkai. Scampato all'assedio di Gerusalemme e ritiratosi ad Jamnìa (detta anche Jabne vicino a Giaffa) fondò un'accademia con i suoi due discepoli, Eliezer ben Hyrkanos e Joshua ben Hananìa. Tutto il movimento rabbinico è nato dai germi che egli ha seminato. Formò un '' Gran Consiglio = Beth din'' che sostituì il Sinedrio e poi si sarebbe trasformato nella Accademia. In questo nuovo centro, guida spirituale del popolo di Israele, scomparvero sacerdoti e anziani e rimase solo la componente farisaica. La maggior parte dei dottori erano seguaci di Hillel.

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L'opera dell'assemblea o sinodo di Jamnia ebbe una importanza decisiva per le sorti del Giudaismo. G. Segalla così ne descrive la attività : ''L'accademie di Jamnìa cominciò a fissare il canone delle Scritture e il testo consonantico : a rivedere ancora prima di Aquila la traduzione dei LXX e a fissare pure le traduzioni aramaiche, i Targumim…. si inizia anche la fissazione della tradizione orale ... si inizia anche la fissazione della liturgia ufficiale e delle preghiere liturgiche, che verrà codificata nel Siddur e nel Seder" Similmente Le Déaut : "Si cominciò col fissare un canone della Scrittura e a fissarne il testo consonantico, furono intraprese e progressivamente attuate una revisione della versione greca (resa sospetta dalla apologetica cristiana) e una fissazione delle parafrasi aramaiche (targum). Ha qui origine la versione di Aquila e del testo ufficiale del targum di Onkelos. Un imponente lavoro di codificazione della tradizione orale ebbe allora iniziò e continuò per oltre un secolo, fino alla pubblicazione della Mishna (verso il 200)". - Alla morte di Johanan ben Zakkai (verso l’80) il successore fu Gamaliele II che ricevette il titolo di NASI' (presidente) solitamente tradotto con "patriarca". Per la sua eccessiva durezza fu anche per un certo tempo allontanato dal gran Consiglio. "In questo periodo si cercò di superare i dissidi fra i vari gruppi e personalità con la cosiddetta 'scomunica degli eretici' (birkat - ha - minim) inclusa nella ‘Amidah o 'Preghiera delle 18 benedizioni' ... non fu probabilmente un concilio a Jamnìa a condannare i giudeo-cristiani. Il Gran Consiglio condannò piuttosto tutti coloro che deviavano dalla linea ufficiale" (Segalla). La scomunica cui si fa cenno suona come 12 benedizione in questi termini : "Che per gli apostati non vi sia speranza ; sradica prontamente ai nostri giorni il regno dell'orgoglio ; e periscano in un istante i nazareni e gli eretici : siano cancellati dal libro dei viventi e con i giusti non siano scritti. Benedetto sii tu, Yahweh, che pieghi i superbi". - "La scuola di Jamnìa fu fiorente fin verso il 125 ed ebbe maestri illustri tra i quali ricordiamo R. Aqìba martirizzato nel 135…dal 170 al 210 circa l'autorità più alta del Giudaismo è Giuda il Patriarca, chiamato anche il Santo o il Principe o semplicemente Rabbi, cioè maestro per eccellenza. Stabilì la sede della sua accademia a Beth-Shearim poi a Sefforis. La sua morte avvenuta verso il 217 segnò la fine del periodo veramente creativo della letteratura rabbinica, gran parte della quale commenterà la sua opera monumentale, la Mishna ... A partire dal II secolo le scuole di Babilonia divennero celebri quanto quelle di Palestina ... i giudei vi godevano di larga autonomia ... le tradizioni babilonesi finirono più tardi con l’imporsi all'intero giudaismo ... Fino al 425 i patriarchi furono i capi riconosciuti del Giudaismo dinanzi alla amministrazione romana. La corrispondenza, ufficiale li chiama "viri clarissimi et illustres". Vennero autorizzati a percepire per sé il tributo annuo, prima devoluto al tempio ; la raccolta avveniva tramite messaggeri (shelilìm = apostoloi) e questi fondi servivano innanzi tutto a finanziare le accademie, i maestri e gli allievi'' (Le Déaut). LA MISHNA

Accanto alla cura di preservare il testo biblico, proclamarlo, tradurlo e commentarlo (targum e midrash), nel Giudaismo rabbinico erede della tradizione farisaica, esiste tutto l'ambito della legge orale, che prolungava la "tradizione degli Antichi".

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La legge orale aveva il compito di spiegare e completare la Torah scritta, per renderla applicabile alle circostanze quotidiane del vivere. Questi "commentatori professionisti della Torah" (Grech) che hanno operato nei primi due secoli (si contano sei generazioni di maestri) portano il nome di "tannaim = ripetitori". Il loro lavoro è confluito in una poderosa opera scritta, la Mishna compilata in ebraico verso il 200 dC. Il termine significa etimologicamente "ripetizione o doppione/duplicato" ; viene tradotto infatti con ''deuterosis'' in greco. "Essi (gli Ebrei) seguono la tradizione degli antichi che chiamano Deuterosis" (Girolamo in Is 59,12). Il nome le è derivato appunto dal metodo della ripetizione, in uso presso le Scuole rabbiniche. "Basa il suo insegnamento non più sulla Scrittura, ma sulla autorità dei dottori che trasmettono una interpretazione che essi stessi hanno ricevuto oralmente" (Le Déaut). "E' un vero digesto, che raccoglie per argomenti varie sentenze giuridiche di maestri, ma senza allegare discussioni esegetiche sul testo sacro" (Penna). La sua compilazione è dovuta a Giuda il Patriarca, morto verso il 217 dC. La Mishna è dunque una grandiosa raccolta di materiale prevalentemente halakico, cioè legislativo, normativo ; può essere vista come il codice di diritto canonico del giudaismo postbiblico. Redatta in tardo ebraico (si parlerà appunto di "ebraico mishnico") è suddivisa in rapporto al contenuto in SEI sezioni/ordini chiamate "sedarim", che comprendono 63 trattati (massektot) e 523 capitoli, chiamati "peraqim". Nelle citazioni si usa l'abbreviazione del trattato con capitolo e versetto preceduti da una M. In italiano esiste una buona traduzione con note illustrative di

V. CASTIGLIONI, Mishnaiot, Ordini I-IV in tre volumi, Roma 1962-1965. - L'importanza di quest'opera per la storia del Giudaismo successivo è difficilmente esagerabile : "E’ la prima delle grandi produzioni legislative del Giudaismo senza il tempio ; il suo studio era addirittura considerato da alcuni come l'equivalente dell'offerta di un sacrificio" (Paul). E' una creazione, la più prestigiosa dell’antica tradizione orale giudaica. Per il Giudaismo rabbinico è il pilastro basilare di ogni struttura religiosa e rappresenta la base del Talmud. Per il fatto di raccogliere tradizioni dei più antichi tannaim conserva per lo studioso del NT l'interesse di verificare costumi, dati e tradizioni rimasti riflessi in questo e nella prima chiesa. "La Mishna è indispensabile per conoscere la legislazione e i costumi al tempo di Gesù, dato che molte delle tradizioni che contiene risalgono al primo secolo" (Grech). Per noi basti ricordare due trattati della Mishna ; quello chiamato "l'esachim" relativo allo svolgimento della Pasqua giudaica per un confronto con i racconti neotestamentari della Cena e il celeberrimo "Pirké 'Abot" = capitoli dei padri, che ha nella tradizione giudaica un posto di tutto prestigio. Dirà il Talmud : "Chi vuol essere veramente pio e virtuoso osservi il trattato 'Abot". "Il mondo riposa su tre colonne : lo studio della Torah, l'Avodah (= il culto o la preghiera, il servizio divino) e le opere di misericordia" (Simone il Giusto in Pirké Abot 1,2).

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Nb ! Della TOSEFTA basti conoscere il nome. Il termine significa "supplemento - aggiunta". Fu dato ad una compilazione successiva, che raccoglieva materiale halakico non confluito nella Mishna e in più diversi racconti. "I rapporti tra queste due collezioni costituiscono uno dei problemi più complessi degli studi rabbinici'' (Le Déaut). Lasciamoli studiare ... IL TALMUD

Dopo la pubblicazione della Mishna, su di essa nelle accademie (scuole di teologia) giudaiche di Palestina e di Babilonia venne costruito l'insegnamento ufficiale (analogamente a quanto avverrà nella chiesa ad es con la Summa Theologiae di Tommaso d'Acquino). Il materiale fu studiato e commentate da una seconda generazione di rabbini, chiamati 'AMORAIM, cioè parlatori, interpreti. La tradizione interpretativa prende invece il nome tecnico di "gemara". Il testo base della Mishna, insieme con i commenti su di essa e le "baraytot = tradizioni omesse", confluiscono in una nuova poderosa sintesi che è il Talmud. - La parola significa etimologicamente "insegnamento''. Raccoglie in effetti tutto l'insegnamento dei rabbini in epoca postbiblica. Il Talmud è una specie di enciclopedia del rabbinismo, condensa tutto lo scibile, esprime la tendenza a una trattazione universale dei problemi legati alla vita del Giudaismo, una sorta di "convivio". "Il contenuto del Talmud non è soltanto strettamente giuridico (halachico) ma anche narrativo (haggadico). Il Talmud presenta infatti abbondante materiale storico, mitico, aneddotico, geografico del più grande interesse. Nelle sue pagine possiamo ricostruire qual era la vita di ogni giorno degli ebrei nei primi secoli dell'era cristiana, le loro pratiche di pietà, i loro riti pubblici, le loro cognizioni scientifiche, linguistiche, teologiche ... è ancora oggi in gran parte alla base della vita religiosa dell'ebreo osservante" (S. Cavalletti). - Esistono due tipi di Talmud : 1. TALMUD BABILONESE : è il più importante perché il più completo, anche se non copre tutte e sei le sezioni della Mishna. E' scritto in aramaico. Fu composto dalla Accademia di Sura verso la fine del V secolo dC, sotto la guida di Rabbina (474-499) ultimo degli 'Amoraim. Il modo di citarlo è TB + nome del trattato + numero del foglio della edizione di Bomberg con "a" (facciata davanti) e "b" (facciata dietro). Targum Babilonese pubblicato da L. Goldschmidt, I-IX, Berlin 1899-1935 e Jerusalem 1972 Traduzione inglese di I. Epstein nella "Soncino' London 1961 in 18 volumi. In italiano possediamo del Talmud la traduzione del trattato "Berakot = benedizioni" nella collana della UTET "Classici delle Religioni". La versione è di Eugenio Zolli. L'introduzione pregevole è di Sofia Cavalletti. 2. TALMUD PALESTINESE :

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o di Gerusalemme, chiamato anche "Talmud degli occidentali" o "degli abitanti di Israele". La sua compilazione è iniziata a Cesarea verso il 350 dC e fu conclusa a Tiberiade verso la fine del IV secolo. Anch'esso fu redatto in aramaico. E' di valore inferiore a motivo della sua scarsa unità e organicità. - Con la compilazione del Talmud l'insieme della Legge orale giudaica era diventato Scrittura. Il giudaismo diventa talmudico. Il commento di quest’opera monumentale fa nascere una terza generazione di rabbini chiamati SABORAIM = coloro che ragionano. La conoscenza del Talmud è indispensabile per lo sviluppo delle relazioni Cristiani ed Ebrei oggi. Una regola del dialogo è di sforzarsi di capire l'altro calandosi nella sua situazione : "La necessità che la chiesa si autocomprenda vitalmente nella sua natura e missione in relazione al popolo ebraico, richiede anzitutto attenzione a ciò che il popolo ebraico dice e pensa di se stesso" (Martini). Dopo la preghiera e la conversione del cuore, la terza tappa nell'itinerario del dialogo è proprio lo studio serio della tradizione ebraica postbiblica, quale è riflessa nella elaborazione talmudica. LA LETTERATURA APOCRIFA

La conoscenza del Giudaismo antico non si ha solo attraverso la letteratura tergumica, midrashica e rabbinica, ma anche a partire da un altro settore. Nell'epoca intertestamentaria sono nate diverse opere di carattere eterogeneo, specchio della cultura e della sensibilità religiosa dell'epoca. E' difficile trovare una denominazione soddisfacente che le accomuni. Il termine "apocrifo" di derivazione greca fu usato per primo da Origene a indicare la letteratura "nascosta", "riservata agli iniziati", propria degli gnostici. Successivamente il termine fu impiegato a indicare i libri esclusi dal Canone biblico ed estranei alla letteratura rabbinica. Si avranno perciò "Apocrifi dell'AT" o "del Giudaismo Antico" e "apocrifi del Nuovo Testamento". A partire dal tempo della Riforma (secolo XVII) lo stesso nome venne adoperato per designare quei libri che i cattolici chiamavano Deuterocanonici. E quelli che i cattolici chiamavano "apocrifi" furono detti dai protestanti "pseudoepigrafi", cioè falsamente attribuiti, alludendo così alla pseudonimia impiegata dai loro autori. A voler essere rigorosi ambedue le terminologie sono improprie : infatti le opere designate come nascoste, inizialmente non avevano nulla di proibito ma circolavano liberamente. La pseudonimia poi non è una specificità solo di questi libri, ma è penetrata anche all'interno della letteratura biblica. LE OPERE

Qui vengono elencate semplicemente le opere più significative relative all'AT con datazione approssimativa.

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E' chiaro che di ciascuna di loro sarebbe possibile compilare una "scheda" che ne raccolga i dati essenziali : autore vero o presunto ed epoca di composizione ; genere letterario e struttura, messaggio religioso ed eventuali rapporti con la letteratura nt. Per ragioni di convenienza didattica ; tutto questo viene tralasciato. Avremmo dunque : - La storia di Akhiqar V secolo aC ( ?) - I Enoch dopo il 164 aC - Libro dei Giubilei 150aC - Oracoli sibillini :

Libro III 150aC Libro IV 80aC Libro V II sec dC

- Testamenti dei XII Patriarchi 120 aC - Salmi di Salomone 48 aC - Assunzione di Mosè 6-30 dC - Martirio di Isaia cristiano ( ?) - Vita di Adamo ed Eva 70 dC - La lettera di Aristea datazione incerta - Apocalisse di Abramo 70-100 dC - Testamento di Abramo I sec dC - II Enoch (Libro dei segreti) I sec dC - IV Esdra 90 dC - 2 Baruch (Apocalisse siriaca) 90 dC - 3 Baruch II sec dC Per il loro studio il miglior libro di riferimento generale rimane ancora il secondo volume di :

- R. H. CHARLES, The Apocrypha and Pseudoephigrapha of the Old Testament, Oxford 1913.

Merita di essere segnalata per il suo grande rigore la pubblicazione : - A. DIEZ MACHO, Apòcrifos del Antiguo Testamento, Ed Cristiandad Madrid 1984 (opera

prevista in quattro volumi). Colma una lacuna nel mercato italiano l'opera a cura di : - PAOLO SACCHI, Apocrifi dell'AT, UTET "Classici delle Religioni" Torino 1981 pp 1008 Questo primo volume della raccolta comprende 6 opere : - Storia e massime di Achicar - Il terzo Libro di Esdra - Il libro dei Giubilei - Libro di Enoch - Frammenti aramaici di Enoch - Testamenti dei Dodici Patriarchi Di carattere più accessibile e divulgativo il lavoro di :

- L. ROST, Introduzione agli Apocrifi dell'AT, Marietti - Torino 1980.

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FISIONOMIA LETTERARIA

Le opere raccolte sotto il nome di letteratura apocrifa hanno ben pochi tratti in comune, "non presentano unità di sorta" (Grelot). Alcune sono state scritte in ebraico o aramaico (apocrifi palestinesi), altre direttamente in greco. ^ Talune rivelano affinità con l'ambiente sacerdotale qumraniano (o anche prequmraniano), altre sono apparentate alla corrente farisea, altre ancora provengono dalla Diaspora, senza contare quelle la cui origine rimane controversa. ^ Fra i libri scritti in ebraico o aramaico molti non sopravvivono che nella versione greca o in versioni secondarie che hanno questa per base (latina, armena, etiopica, paleo-slava). ^ Possiamo suddividerli in più categorie letterarie, già impiegate per i libri più recenti dell'AT ; ma la classificazione non risulta sempre agevole, perché capita che i generi si mescolino. ^ Un denominatore in comune è la pseudoepigrafia : gli autori si nascondono normalmente sotto il patrocinio di qualche prestigiosa personalità dei tempi biblici (cf lo specchietto). ^ E' fuori dubbio che essi sono stati conservati ed hanno potuto pervenire a noi grazie a mani cristiane ; il mondo giudaico infatti ha ripudiato questa letteratura, i rabbini di stretta osservanza l'hanno proscritta. Con una benefica azione culturale il mondo cristiano l'ha tramandata. SIGNIFICATO DI QUESTA PRODUZIONE

"Gli apocrifi (considerati spesso letteratura spuria e di sospetto) sono ritornati in auge dopo le scoperte del Mar Morto. Infatti a Qumran sono venuti alla luce frammenti dei maggiori apocrifi come Enoch, i Giubilei e i Testamenti di Levi e Neftali. Così alcuni di essi, che prima conoscevamo soltanto attraverso traduzioni secondarie, sono diventati accessibili, almeno in parte nella lingua originale. Ma quel che più conta, dopo queste scoperte è finalmente possibile collocare gli Apocrifi sullo sfondo storico-culturale che è loro proprio. Le maggiori opere scoperte a Q con le loro datazione relativamente sicura, con la loro ideologia descrivibile abbastanza bene nella sua struttura fondamentale, ci hanno fornito una chiave interpretativa preziosissima e decisiva per una comprensione chiara e una interpretazione corretta degli apocrifi ... Molteplici e complessi sono i problemi connessi con questa letteratura : nella maggior parte dei casi si tratta di opere che non ci sono giunte nella lingua originale, ma soltanto in traduzioni secondarie, e che hanno conosciuto un lungo travaglio redazionale, sicché è difficile separare le aggiunte successive, spesso dovute a mani cristiane, dall'originario fondo giudaico ... E' ormai scontato che non si può affrontare lo studio del tardo Giudaismo, altrimenti scarsamente documentato dai libri del Canone e dallo stesso cristianesimo antico, ignorando gli Apocrifi. Infatti il passaggio dall'Antico al NT è mediato proprio da questa letteratura, che rispecchia l'articolazione interna del tardo giudaismo ... Il periodo che intercorre tra l'inizio del II sec aC e la fine del I sec dC, dove cioè si colloca la maggior parte di questa letteratura, fu caratterizzato da forti tensioni e da gravi rivolgimenti interni. Sul piano politico Israele passò dalla dominazione illuminata dei Tolomei a quella intollerante dei Seleucidi, e dopo meno di un secolo perse l'indipendenza faticosamente

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riconquistata dai Maccabei per cadere di nuovo sotto il dominio di una potenza straniera : i Romani, sotto i quali fu consumata la distruzione dello Stato giudaico. Gli apocrifi sono l'eco diretta e immediata dei fermenti, delle speranze e delle illusioni che accompagnarono questo periodo ... essi costituiscono un documento di primaria, importanza per conoscere il mondo tardo-giudaico e il retroterra del cristianesimo" (L. Rosso Ubigli). - Similmente Paolo Sacchi : "Una svolta decisiva nella ricerca e nello studio degli Apocrifi è stata provocata dalla scoperta dei Rotoli del Mar Morto… La nostra cultura, attraverso l'antropologia culturale, ha rivalutato schemi espressivi di tipo non-discorsivo, ha rivalutato il mito di fronte al discorso filosofico. Ora negli apocrifi (e questa fu la causa principale della loro disgrazia già nei tempi antichi), il discorso procede spesso su base mitica e non su base discorsiva. La cultura cristiana che assorbì la filosofia greca non poteva non considerare favolette le immagini che gli apocrifi ci propongono spessissimo". All'interno della letteratura, apocrifa del Giudaismo palestinese per la sua influenza sul NT merita una menzione speciale la produzione apocalittica, e di questa dobbiamo ora un tantino occuparci e così completare il panorama letterario dell'epoca intertestamentaria. LA LETTERATURA APOCALITTICA GLI ANTECEDENTI

Il genere apocalittico è esploso nel periodo intertestamentario, ma le radici di questa moda letteraria sono più antiche. Il linguaggio dell'apocalittica è presente già nell'AT, almeno nelle sue parti più recenti. Possiamo ricordare ad es i cc 9-14 del DeuteroZaccaria, la grande (cc 24-27) e la piccola (cc 34-35) apocalisse di Isaia. Lo scritto più rappresentativo è senz'altro il libro di Daniele, pubblicato (fatto circolare) nel pieno delle insurrezione maccabaica allo scopo di sostenere i combattenti per la libertà. Il libro di Daniele è un'opera in codice, la vicenda è collocata in modo fittizio all'epoca dell'esilio babilonese, ma il messaggio è rivolto alla generazione dei perseguitati di Antioco IV allo scopo di incoraggiarli e di aiutarli alla fedeltà. Il libro di Dn è l'unica apocalisse propriamente detta che figuri nel canone dell'AT. Il libro sembra riflettere il pensiero degli Hassidim legati a Giuda Maccabeo all'inizio della guerra santa. La sua edizione completa può datare verso la fine del 164 o inizio del 163. Dan è uno degli scritti più recenti inserito nel canone dell'AT ; infatti nessuna delle altre apocalissi sorte poco dopo ha raggiunto il riconoscimento canonico. "Eppure questi libri, nei quali veniva comunicata agli uomini pii una scienza segreta, trovarono ampia diffusione nel giudaismo" (Lohse). L'ultimo libro della Bibbia cristiana appartiene sostanzialmente a questo genere, anzi il termine nasce a partire da Ap 1,1 : "Rivelazione di Gesù Cristo ... " "Le pagine apocalittiche del NT sono soltanto il segno lasciato da un più vasto filone letterario e ideologico che è caratteristica del giudaismo post-esilico sia biblico (cf Is 24-27 ; Zc 9-14 ; Dn) sia soprattutto intertestamentario" (Penna). Il periodo cronologico in cui il cantiere dell'apocalittica è rimasto aperto abbraccia circa mezzo millennio di storia, perché va da V sec aC al II dC

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- Una individuazione minimale di opere raccoglie i seguenti titoli :

1 Enoc (o "Enoc Etiopico") Il qumraniano "Libro dei misteri" 4 Esdra 2 Baruc o Apoc Siriaca di Baruc

Questa corrente ha generato per lo più disagio e diffidenza nella tradizione sia del giudaismo postbiblico sia del cristianesimo. "Sono perseguitato come un lupo lontano dai montoni ; non sono un lupo ; io sono parola, spirito, potenza" : questa frase tolta dalle visioni di Massimilla verso il 170 in Frigia, può essere assunta come emblematica del clima ostile nei confronti della apocalittica. Lo ha ostentato Lutero nella sua prefazione all'Ap (anno 1522). Engels parla di "pie frodi e ciarlatanesimo ... fu questa l’atmosfera in cui nacque il cristianesimo primitivo. L'investigazione scientifica di questo secolo ha invece operato una inversione di rotta ; sembra che oggi si assista ad una riabilitazione dell'Apocalittica. La frase di E. Kasemann : "Designo la apocalittica come la madre della teologia cristiana" ne rappresenta uno dei segni più manifesti. La discussione attuale si situa a più livelli : letterario, teologico, sociopolitico, storiografico. Si va alla ricerca dei valori profondi che soggiacciono all'uso dell'immaginario apocalittico, della intenzionalità e finalità legate a questi moduli letterari. Dibattito ripreso tra i teologi della Speranza e nella stessa Teologia della Liberazione. - Complessivamente possiamo registrare una duplice tendenza nella cultura attuale. A) In alcuni studiosi e ambienti permane un atteggiamento di antipatia e rigetto. La corrente apocalittica viene vista come un fenomeno puramente letterario, se ne contesta la visione determinista della storia ; viene considerata una letteratura di etraniamento dal mondo, di rassegnazione ed evasione. B) L'atteggiamento opposto è di rivalutazione-riabilitazione. L'apocalittica è fondata su di un corpus largo che supera i limiti delle Scritture canoniche ; costituisce un insieme letterario, ma anche un fenomeno sociale. E' una letteratura di resistenza e di speranza, esprime la lotta di un popolo. "Gli scritti apocalittici sono una ristrutturazione nell'immaginario che si da una società destrutturata, per agire su di una storia che le sfugge" (Schmidt). Ecco alcuni contributi per approfondire la ricerca : - P. SACCHI, "Il libro dei Vigilanti" e l'Apocalittica in "Henoch" 1 (1979) pp 42-98

- F. SCHMIDT, "Traqué comme un loup". A propos du débat actuel sur l'Apocalyptique juive, in "Arch Sc Soc des Rel" 1982/1 pp 5-21

- "Lumière et Vie" 160 (1983) tutto su "Ecriture et Apocalyptique" - P. SACCHI, Riflessioni sull'essenza dell'apocalittica : peccato d'origine e libertà dell'uomo,

in "Henoch'' 1983 (1) pp 31- 62 - B. MARCONCINI, Gli scritti apocalittici : La signoria di Dio sulla storia, in "Credereoggi"

1983 pp 70-80 n 15

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- J. PONTHOT, La tradition apocalyptique juive, Caractères et visée du genre littéraire, in "Lumière et Vie" 1984/4 pp 393-406

CARATTERISTICHE DEL GENERE APOCALITTICO 1. La pretesa rivelativa. Sono opere che vogliono far capire il disegno di Dio sul mondo in momenti drammatici. Nascono appunto in situazioni storiche difficili, quando le promesse di Dio sembrano smentite dai fatti. Il movimento apocalittico va sostanzialmente da Mattatia a Bar Kokba. Sono testi di consolazione e di sostegno nella prova, alimentano la resistenza nei confronti delle forze del male e l'attesa della vittoria di Dio sul mondo. 2. La rivelazione non si ha tramite la Parola, come nel caso della esperienza profetica ; gli avvenimenti futuri "sono contemplati attraverso sogni, visioni, rapimenti estatici e vengono trasmessi non con la predicazione orale ma con la produzione di testi scritti. Questi circolavano in modo sotterraneo, una specie di "aamizdat", portatori di un messaggio di rovesciamento delle strutture esistenti. Opere in codice, rivolte ad iniziati che conoscevano il cifrario. Così potevano sfuggire alla rete della censura. 3. La pseudonimia è un’altra costante. Non si conoscono gli autori reali, ma solo quelli di comodo : personaggi famosi dei passato, incaricati di trasmettere insegnamenti celesti. Sappiamo che il fenomeno è più ampio della letteratura apocalittica. E’ un modo per conferire autorevolezza ai testi per esprimersi con più libertà, per sfuggire ai controlli. 4. Da un punto di vista formale una caratteristica è anche l’uso simbolico dei numeri ; il 7 il 4 e il 12 richiamano per ragioni diverse l'idea della completezza. Gematria. 5. Per quanto riguarda i contenuti una nota che balza subito evidente è il pronunciato dualismo. Una prima forma di esso si ha nella dottrina dei "due eoni". C'è l'eone - mondo presente ('olam hazzeh ; "il malvagio secolo presente" di Gal 1,4) dominato dalla malvagità umana e l'eone futuro, il mondo avvenire ( 'olam habba) caratterizzato da una condizione di felicità per gli eletti. Un'altra forma contrapposta di dualismo è quella delle forze in campo. Il mondo presente è abitato da peccatori, degni eredi della disubbidienza di Adamo : "Se Adamo per primo ha peccato e ha portato su tutti la morte prematura, anche colore che da lui discendono hanno attirato su di sé la pena futura" (Bar Syr 54,15) Inoltre sono all'opera le potenze delle tenebre, i demoni, angeli ribelli e decaduti (cf la prima sezione del libre di Enoch chiamata "Libro dei Vigilanti"), I giusti, "figli della luce" avranno dunque da soffrire molto su questa terra. Ma il mondo futuro vedrà instaurarsi e dispiegarsi in pienezza il Regno di Dio. "I giusti splenderanno come stelle nel regno del Padre loro" (Dn 12,3). "Il Signore sarà re di tutta la terra, ci sarà il Signore soltanto e soltanto il suo nome" (Zacc 14,9). 6. Il passaggio dal vecchio mondo ai "cieli e terra nuova" non sarà indolore, al contrario ! Laboriosa gestazione e parto difficile. C'è la persecuzione contro il popolo degli eletti e dei santi (cf Dn 7,25), il trapasso sarà segnato da sconvolgimenti cosmici : guerre, pestilenze, eclissi, caduta degli astri…

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Proprio per questo linguaggio impressionante, l’aggettivo apocalittico" nella estimazione comune è sinonimo di "catastrofico"."Apocalypse now". "Il regno di Dio apparirà su ogni creatura ; allora il demonio avrà la sua fine e la tristezza sarà eliminata…il celeste si alzerà dal suo trono regale e uscirà dalla sua santa abitazione con sdegno ed ira a motivo dei suoi figli. Allora la terra tremerà, scossa fino ai suoi confini ed alte montagne saranno abbassate e scosse e valli sprofonderanno. Il sole non darà più la sua luce e si tramuterà in tenebra ; i corni della luna saranno spezzati ed essa si trasformerà tutta in sangue e la rotazione degli astri sarà sconvolta. Il mare si ritirerà nell'abisso, le fonti d'acqua si asciugheranno e i fiumi si seccheranno ; poiché il Dio Altissimo si leverà, lui solo che è eterno, e avanzerà apertamente per punire i pagani e per annientare tutti gli idoli. Allora tu Israele sarai felice ... e Dio ti esalterà e ti farà salire nel cielo delle stelle, nel luogo della loro abitazione. Allora tu guarderai dall'alto e vedrai i tuoi nemici sulla terra e ti rallegrerai e renderai grazie e loderai il tuo creatore" (Ass. Mosè 10,1-10). Dopo la fase premonitrice ci sarà per tutta l'umanità il giudizio di Dio ; verranno portati i libri dove sono computate le opere dell'uomo in bene e in male (cf Ap 20,12). Il verdetto sarà universale ; ci sarà la risurrezione non solo dei giusti per la vita, ma anche degli empi per la condanna : "si apriranno le dimore in cui è stata custodita la moltitudine delle anime dei giusti ed esse usciranno e le anime in gran numero appariranno tutte insieme come una schiera animata da uno stesso sentimento" (Bar Syr 30,2). 7. In questo contesto appare talora la figura del Figlio dell’uomo, menzionato la prima volta in Dn 7,13 identificato poi (riduttivamente) con il "popolo dei santi dell'Altissimo" (7,27). Nelle parabole dell'Ap Etiopica di Enoc (cc 37-71) il Figlio dell'uomo viene contrapposto al popolo di Dio e descritto come il giudice e il salvatore che appare dal cielo. "Questo è il Figlio dell'uomo che possiede la giustizia e presso il quale abita la giustizia ; colui che rivela tutti i tesori di ciò che è nascosto, perché il Signore degli spiriti lo ha scelto e la sua sorte ha davanti al Signore degli spiriti superato tutto in eterno per la rettitudine. Questo figlio dell'uomo che tu hai visto farà alzare i re e i potenti dai loro giacigli, infrangerà i freni dei forti e spezzerà i denti ai peccatori" (Enoc Et 46,3). - Romano Penna indica come costanti del genere apocalittico questi elementi : A. A livello di stile e di linguaggio ^ La pseudonimia e antidatazione ^ l'uso abbondante di immagini mitico-simboliche ^ l’utilizzazione o comunque il contatto con la tradizione biblica ^ una tecnica espressiva ridondante che cerca di nascondere l'oscurità del soggetto trattato ^ ampli cicli di discorsi connessi con un lungo colloquio tra il veggente e il suo interlocutore

celeste ^ lo sviluppo della angelologia e demonologia ^ l’intenzione di rivelare determinati misteri B. A livello di pensiero e di messaggio Si riscontra una perdurante attenzione ad alcuni identici temi di fondo. ^ l'origine del male, la sua presenza sulla terra e la sua futura retribuzione ^ interesse per la storia non solo di Israele ma universale e soprattutto per il suo compimento

finale ^ la presenza di un intermediario escatologico

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^ il rapporto dialettico catastrofe - salvezza "Come si vede, si tratta, di un fenomeno assai complesso, ma denso di fermenti ideali, che è assolutamente necessario conoscere per cogliere nel loro giusta rilievo storico, letterario e tematico le sezioni apocalittiche dei primi scritti cristiani" (Penna). Cf M. DELCOR, Studi sull’Apocalittica, Paideia - Brescia 1986 L' APOCALISSE DI ESDRA

Sotto il nome di Esdra, il grande riformatore religioso del dopo-esilio, fu composta una apocalisse che doveva rispondere alla angosciosa domanda : perché Gerusalemme è caduta ? La chiesa latina ci ha trasmesso in traduzione questo libro, scritto originariamente in ebraico e lo indica come il 4Esdra. Nell'opera si incontra il fenomeno dell'antidatazione ; infatti la rivelazione è collocata artificiosamente nel 557 aC ; "L'anno trentesimo dopo la cadute della città, mi trovavo in babilonia, io Salatiel, chiamato anche Esdra e mi tormentavo sul letto in cui giacevo. Pensieri salirono al mio cuore, poiché vedevo la desolazione di Sion e l'esultanza di coloro che abitano a Babilonia. Il mio animo fu vivamente commosso e nella mia angoscia incominciai a parlare". - Il libro è nettamente diviso in sette visioni, ognuna delle quali si articola in domande alle quali risponde l'angelo interprete : "Nelle prime tre il profeta riceve le risposte ai problemi sollevati nel suo spirito dalle prove che Israele sta attraversando. Vi si nota una riflessione sulle conseguenze del peccato di Adamo che può interessare il NT (7,116 131) e sulla escatologia individuale (7,17-101). Nelle successive tre visioni Esdra contempla Gerusalemme con i tratti di una donna, descrive il seguito usando il simbolo della grande aquila e mostra la venuta del Messia con i tratti di una figura di uomo. L'ultima visione riguarda la leggenda di Esdra, cui sono attribuiti 24 libri canonici e 70 libri occulti" (Grelot). L’opera abbraccia complessivamente 16 capitoli. - Controversa è la datazione dell’opera. I più propendono per l’ultima decade del I sec o inizio II, ''Sostanzialmente la sua redazione è contemporanea all’Ap di Giovanni''(Penna). Viene colta una analogia di situazione tra la condizione di esilio a Babilonia e il Giudaismo umiliato e disperso dopo il ’70. Si ripropongono i problemi di allora : Perché Gerusalemme è caduta e il tempio è stato distrutto dalle armate romane ? Il libro è stato accolto con favore nelle chiese cristiane, è andato perduto nel suo testo originale ed è conservato in rari frammenti greci, ma è stato oggetto di numerose versioni secondarie, le migliori delle quali sono la latina e la siriaca. Alcuni ritocchi ne hanno cristianizzato il testo. - Ricordiamo almeno questo passo del libro : "Era meglio che la terra non producesse Adamo, oppure, dopo averlo prodotto, costringerlo a non peccare. Che giova infatti all'uomo vivere al presente nella tristezza e attendere una punizione dopo la morte ? O tu Adamo che hai fatto ? Poiché, anche se tu hai peccato, la

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caduta non è stata solo tua, ma anche di noi che deriviamo da te = Si enim tu peccasti, non est factus solius tuus casus sed et noster cui ex te advenimus". Già si è detto del ripudio di questa letteratura da parte del Giudaismo rabbinico. PARTE QUARTA : L' AMBIENTE ELLENISTICO-ROMANO DEL NT

Abbiamo premesso la trattazione relativa al mondo giudaico rispetto al fondale greco-romano, per la importanza maggiore che ha il primo sul secondo : la quasi totalità degli autori del NT provengono dal mondo semita, testimoni della letteratura e cultura di Israele, imbevuti di idee e schemi di pensiero presenti nell'AT e nel Giudaismo. Questo è un dato oggettivo, inconfutabile. - D'altra parte il vangelo è passato da "Gerusalemme in tutta la Giudea e in Samaria, fino egli estremi confini della terra" (At 1,8) La Parola ha compiuto la sua ''corsa gloriosa'' (cf 2Ts 3,1) nell'ampio spazio della ecumene di allora, Paolo potrà dire : "Da Gerusalemme e dintorni fino all'Illiria ho portato a termine la predicazione del Vangelo di Cristo. Ma mi sono fatto un punto di onore di non annunziare il Vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui". Il mondo greco-romano è diventato destinatario, recettore del messaggio evangelico ; la proposta cristiana si è travata di fronte una cultura antica e nobile (specie quella greca), multiforme, vivace e per certi aspetti aggressiva. Allora è legittimo chiedersi : il mondo greco-romano ha segnato o addirittura condizionato la proposta dell’annuncio cristiano ? Gli autori del NT quando scrivono tengono presente in anticipo le risonanze che avranno le loro idee presso un pubblico non proveniente dalla cultura del Giudaismo ? Oppure la fedeltà alla matrice ebraica e al pensiero di Gesù prescinde da ogni adattamento alla mentalità e alla cultura del destinatario ? - La risposta è che l’ambiente della cultura greca e latina è penetrato ed ha influenzato la proposta del messaggio cristiano, così come è condensata nei libri del NT. La predicazione alle nazioni ("ad gentes"), la missione affidata dal Signore risorto ai discepoli ha dovuto affrontare problemi nuovi e talora drammatici (si pensi alla questione della legge mosaica e circoncisione) nell’impatto con il mondo non ebraico. Il mondo greco romano, accanto al Giudaismo, sebbene in posizione subordinata, è un "ambiente vitale" per la comprensione del NT. Il problema è di notevole spessore non solo da un punto di vista storico (identificazione degli influssi), ma anche e soprattutto sul versante teologico. Si tratta nientemeno che del rapporto tra il vangelo e le culture o - come oggi si preferisce dire - della "inculturazione del messaggio". Cosa succede quando il Vangelo è annunciato a una storia e cultura nuova ? Incontro, accoglienza, abbraccio ? oppure scontro, rifiuto, rigetto ? Assunzione reciproca di valori, però anche critica, contestazione, filtraggio.

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Il mondo rispetto alla missione non è solo il destinatario, ma anche il partner, l'interlocutore che non solo riceve, ma può anche dare qualcosa. E' divino non solo saper amare, ma anche accogliere e ricevere amore. - Paolo che è le figura classica dell'annunciatore, del missionario potrà dire a questo riguardo : "Non voglio che ignoriate fratelli che più volte mi sono proposto di venire fino a voi, come tra gli altri gentili. Poiché sono in debito verso i greci come verso i barbari, verso i dotti, come verso gli ignoranti…" (Rom 1,13-14). Circa il suo adattamento Paolo scrive così : "Pur essendo libero da tutti mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero. Mi son fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei ... con coloro che non hanno legge son diventato come uno che è senza legge ... tutto io faccio per il Vangelo, per diventare partecipe con loro" (1Cor 9,19ss). Contemporaneamente Paolo è consapevole che il dialogo non è facile e l'annuncio evangelico non sarà spesso un far venire alla luce valori che ci sono già, mostrando in essi i "semina Verbi" ("Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio" At 17,23b), ma giudizio, contestazione dei peccati, messa in crisi di tradizioni, abitudini, incompatibili con il messaggio cristiano. Bisogna infatti ricordare sempre che l'evento cristiano non è legato solo al mistero della Incarnazione ("doveva rendersi in tutto simile ai fratelli per diventare un sommo sacerdote misericordioso e degno di fede nelle cose che riguardano Dio" Ebr 2,17), ma anche alla Croce, che è il segno massimo del rifiuto del vangelo da parte del mondo e rimarrà sempre incomprensibile alla ''sapienza di questo mondo". Perciò Paolo potrà ancora dire : "Mentre i Giudei chiedono miracoli e i Greci cercano la sapienza, noi predichiamo Cristo Crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezze per i pagani, ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienze di Dio" (1Cor 1,22-24). "L'uomo naturale non comprende le cose dello Spirito di Dio ; esse sono follia per lui e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito" (2,14). - Da quanto si è detto può scaturire la proposta di studiare il NT dal punto di vista della "inculturazione", per impararne le leggi, allo scopo di servire meglio la missione nella chiesa di oggi. Un contributo utile per mettere a fuoco il problema è l'articolo di A. VANHOYE, Nuovo Testamento e inculturazione, ospitato in Civiltà Cattolica 1984 IV pp 119-186. Ne riporto un pensiero : "Evidentemente un discernimento è sempre necessario. La fede in Cristo non può mai rinnegare le sue origini. Il Vangelo cristiano non è una verità atemporale, ma un evento storico. Ogni uomo vive nella storia, ma non ogni cultura umana valorizza la storia. La fede non può essere asservita a tutti gli aspetti di una cultura. Se alcuni sono incompatibili con la sua sostanza, agirà in modo da trasformare questa cultura". - Le opere di Introduzione al NT che si occupano dello sfondo greco-latino abbondano di temi relativi alle vicende dell’impero romano nel I secolo e soprattutto ai movimenti di pensiero e alle correnti filosofiche dell'epoca tardo ellenistica. Non ripeteremo lo schema adottato per la ricostruzione del fondale giudaico. Parecchi dati sono conosciuti a partire dagli studi classici. Essenzializziamo il discorse concentrandoci su tre problemi :

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^ La Religione dei misteri ^ Il fenomeno della Gnosi ^ Testimonianze su Gesù nel mondo antico extracristiano Le fonti cui attingere il nostro materiale sono :

- Corpus Inscriptionum Graecarum - Corpus Inscriptionum Latinarum

- A. DEISSMANN, Licht vom Osten, Das Neue Testament und die neuentdeckten Texte del hellenistisch-romischer Zeit, Tùbingen. 1923 (4 ed)

- C. K. BARRETT, The NT Background : Selected Documents, London 1957 - E. GABBA, Iscrizioni greche e latine per lo studio della Bibbia, Torino 1958 LE RELIGIONI MISTERICHE

Quando il messaggio evangelico fu predicato ai pagani, le parole greche cristiane, con il loro sfondo anticotestamentario o giudaico subirono delle risonanze e associazioni ambientali che non erano presenti nel loro significato originario. Queste risonanze hanno alterato e sono servite solo come ermeneutica del contenuto originale ? Questo è il grosso problema suscitato dalla Scuola Religionista o Storico-Religiosa, fiorita nel mondo anglosassone agli inizio di questo secolo. - In Inghilterra questi studi furono iniziati da B. HATCH, The Influence of Greek Ideas on Christianity, London 1885 ; in Germania da O. PFEIDERBR, Das Urchristentum, Berlin 1887. La tendenza di tali studi era quella di attribuire, specie in Paolo, ogni differenza del giudaismo tradizionale all'influsso dell'ellenismo, che così viene a spiegare ciò che è specificamente cristiano nella sua dottrina. Il battesimo e l’Eucaristia, la risurrezione, i titoli di Cristo come Kyrios e Soter venivano compresi e spiegati a partire dallo sfondo culturale greco. Nel 1910 R. REITZENSTEIN pubblicò a Lipsia il classico "die hellenistischen Mysterienreligionen" Rudolph BULTMANN inizia le seconda generazione della scuola religionista con la sua opera, Das Urchristentum in Rahmen dar antiken Religionens, 1949. Egli mitiga alcune esagerazioni precedenti, ma dà immensa importanza all'influsso gnostico, tendenza portata avanti in modo filtrato, specie dopo le scoperte di Nag Hammadi, dalla terza generazione tedesca. La reazione a questo panellenismo è stata di duplice specie : una che ammette l'influsso ellenistico, pur riconoscendo la originalità della esperienza cristiana, l'altra che lo minimizza, fondandosi principalmente sulle datazione tardiva dei documenti che avrebbero influito sul cristianesimo . CHE COSA SONO I MISTERI ?

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L'etimologia esatta, il significato primordiale della parola greca "mysterion" (normalmente il termine è adoperate al plurale) non sono del tutto sicuri. Sembrano derivare dalla radice "my" e in origine sembra non esistesse alcun rapporto con il mondo del culto. L'aspetto della segretezza fu quello che con il tempo divenne prevalente. "Furono chiamati misteri per il fatte che gli uditori dovevano chiudere la bocca e non raccontare nulla di tutto questo a nessuno. Myein infatti significa chiudere la bocca" : (così uno scolio ad Aristofane) La parola, "mistero" si incontra venti volte nella LXX, ma solo nella letteratura recente : Tb, Sap, Sir, Dan, 2Macc ... L'idea di mistero viene espressa in ebraico con il termine "sod", ma è sorprendente che i Settanta non rendano mai questa parola con mistero, perché al loro tempo la parola al plurale designava i culti pagani segreti, che essi conoscevano. Un accenno alle pratiche misteriche si incontra anche in Sap 14, 23-27. L’ interpretazione che ne offre l'autore è fortemente negativa : "Celebrando iniziazioni infanticide o misteri segreti o banchetti orgiastici di strani riti, non conservano più pure né vita né nozze e uno uccide l'altro a tradimento o l'affligge con l'adulterio. Tutto è una gran confusione : sangue e omicidio, furto e inganno, corruzione, slealtà, tumulti, spergiuro ; confusione dei buoni, ingratitudine per i favori, corruzione di anime, perversione sessuale, disordini matrimoniali, adulterio e dissolutezza. L'adorazione di idoli senza nome è principio, causa e fine di ogni male".

La nostra conoscenza dei misteri è lacunosa e frammentaria. Desidereremmo saperne di più, ma la "consegna del silenzio'' imposta agli iniziati, ci ha sottratto parecchie informazioni. Ciononostante è possibile ricostruire un quadro abbastanza completo di queste pratiche, coglierne gli elementi fondamentali in comune ed anche conoscerle a sufficienza nella loro individualità. - I misteri nella grecità e nell'ellenismo sono anzitutto una forma di culto (anche se poi il termine verrà usato in senso metaforico a indicare i misteri "verità - nascoste" della filosofia, della magia e della gnosi). I misteri sono solennità cultuali, riti, celebrazioni religiose. Queste azioni sacre hanno lo scopo di rendere presenti ed un gruppo di iniziati le vicende di una divinità per renderli partecipi della sorte della divinità stessa. Le vicende della divinità costituiscono il "mito", che nel "rito" viene rappresentato e ripresentato. - Il mito è un avvenimento storico, vissuto dalle divinità fuori del tempo, sospeso sopra la storia. Si tratta per lo più di una vicenda di morte e di vita. "Repetita mortis imago = immagine replicata di morte" li definisce Ovidio. Le religioni misteriche ''sono di origine agraria, interessate in particolare al ritmo delle stagioni, nel corso delle quali le cose della natura muoiono, per poi risorgere a primavera, il destino degli uomini è strettamente legato a queste alternanze ; anch'essi devono morire per poi rinascere ed una vita nuova e divina" (Giblet). Mentre la religione greca del passato, quella tradizionale ed ufficiale, vedeva gli dei in una condizione beata, esenti delle sofferenze e dalla morte, le divinità delle religioni misteriche invece subiscono un destino di sofferenza e di morte. Come la vegetazione cresce e fiorisce in primavera e in autunno muore, così anche la divinità passa per l'avvicendarsi del divenire e del venir meno.

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Ciascuna divinità appariva soggetta ed un destino senza scampo, che la conduceva ad una morte violenta. Quelli dei misteri sono "gli dei morenti.” (U. Bianchi). I misteri antichi sono di origine preindoeuropea e i popoli che li hanno trasmessi appartengono alla civiltà agricola e matriarcale. In essi è preponderante la mitologia della divinità lunare. I culti misterici antichi poterono iniziare la loro marcia conquistatrice nei paesi del mondo classico solo quando l'ellenizzazione dell'Oriente successiva alle spedizioni di Alessandro Magno, ne offrì loro la possibilità. Essi dapprima sembrano indugiare tastando il terreno, prendono poi sempre più fermamente piede nei centri commerciali e culturali, finché in epoca imperiale raggiungono dappertutto l'apice della loro fioritura. Più di tutti pronti ad accogliere questo nuovo mondo religioso sono i Greci della costa occidentale dell'Asia minore : essi hanno anche una parte decisiva nella trasmissione di questi culti all'Occidente. - Il mito viene poi attualizzato e partecipato nel rito. Prendendo parte nel dramma cultuale al destino della divinità, i "misti = partecipanti-adepti-iniziati" vengono inseriti in esso e sono penetrati di forza divina. Si grida loro nella liturgia : "Il dio è salvo. Voi suoi misti siate consolati ; anche a voi, dalle vostre pene, uscirà la salvezza" (formula trasmessa da Firmico Materno). Osserva Lohse : "Poiché il mito cultuale che è rappresentato nella celebrazione liturgica riproduce l'evento del divenire che si verifica nella natura nei suoi due momenti del sorgere e del decadere, esso non è riferito a un fatto storico particolare, ma illustra una verità sempre valida. Il suo contenuto "non è mai accaduto, ma è sempre'' (cf Sallustio, de Deis, 4) e viene tramandato in forme diverse, a seconda della preistoria che la narrazione stessa ha avuto sviluppandosi nelle varie religioni misteriche". - Le società misteriche si costituivano in base alla libera decisione dei loro membri. Vi si accettavano schiavi e liberi, greci e stranieri, uomini e donne senza riguardo e differenze di carattere sociale ; tutti infatti sapevamo di essere uniti nel culto alla divinità. Tratto essenziale dei misteri è la INIZIAZIONE : cioè l’inserimento graduale, il cammino a tappe verso la pienezza del mistero. L’aspirante viene introdotto progressivamente verso la pienezza del mistero, cioè diventa "miste", partecipe della forza del dio. "Si cominciava da un rito di abluzione che significava (ma non sempre) una purificazione. Il più delle volte si ricercava successivamente una iniziazione più avanzata che comprendeva parole sacre, l'ostensione di immagini e azioni simboliche il cui senso era di raccontare la metamorfosi del Dio e di associargli il mista. Già si discuteva nella antichità se l'iniziazione dovesse comportare un rinnovamento morale del candidato" (Giblet). Al termine del processo l'iniziato entrava nella comunità dei misti separandosi dagli altri ; gli adepti si riconoscevano tra loro mediante una formula o dei segni di richiamo. "Questa creazione di una comunità è elemento essenziale dei misteri" (Bornkamm). - La separazione fra iniziati e non, praticata in tutti i misteri, trova espressione non solo nel cerimoniale, ma anche nell'obbligo di tacere imposto ai partecipanti. Si tratta della cosiddetta "disciplina dell'arcano" : è questa consegna rigorosa del silenzio che trasforma insieme in un gruppo chiuso, esoterico, in una setta. Per Eleusi la testimonianza più antica è offerta dall'Inno Omerico a Cerere/Demetra, la dea della agricoltura. "Demetra indicò ... come dovevano prestare il loro servizio i sacerdoti e

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istituì i riti misterici belli e santi ; ma non è comunque possibile violarli né investigare su di essi, né farne risuonare parola ; una specie di grande e sacro terrore soffoca la voce". I "mysteria" sono "arreta / spórreta" cioè ineffabili, indicibili, il che significa prima di tutto che non se ne deve parlare. Chi trasgredisca questo solenne dovere del silenzio incorre in gravissime punizioni, è un pubblico malfattore e la "polis si sdegna quando qualcuno si rende colpevole riguardo ai misteri". La profanazione dei misteri consisteva nella imitazione abusiva e nella parodia delle cerimonie sacre, di cui il più noto esemplare è quella lasciataci da Alcibiade e dai suoi amici. Il divieto di non parlare non riguardava le attese, le speranze di una sorte beata nell'al di là riposte nel rito ; queste speranze erano anzi apertamente vantate con piena sicurezza e costituivano senza dubbio il lato che più seduceva. Neppure riguardava il mito di origine riproposto nel rito : i miti costituivano la materia di composizioni poetiche offerte a tutti. Quello che invece doveva rimanere coperto dal silenzio erano le particolarità del culto, le modalità del rito, più precisamente il processo con cui si esprimeva la presenza cultuale delle divinità. Questo alone di segretezza si può spiegare, partendo dalla psicologia umana, secondo la quale il silenzio sacrale su qualche cosa la rende più suggestiva e appetibile ; il silenzio verso l'esterno crea maggior legame e appartenenza tra gli adepti. - Che cosa offrivano i misteri ? Un semplice soddisfacimento della ritualità umana, una risposta al bisogno del sacro o qualcosa di più ? Le religioni misteriche prospettano ai loro membri la salvezza (soteria), conferendo loro la vita cosmica. Non alla comunità ma all'individuo vengono conferite le ''buone speranze" per l'al di là. Nel "dramma" cultuale si partecipa ai "pathe" delle varie divinità etniche ; si è già detto che l'intonazione funebre collegata al carattere "terrestre" delle relative divinità era un elemento comune a quasi tutte le vicende. Si istituisce un vincolo di consacrazione fra la divinità sofferente e i suoi misti, i quali sono ammessi a condividere il destino del dio e con ciò a beneficiare della sua forza di vita. "L'iniziato è messo e parte del destino del dio, diventa sua proprietà, simile a lui, è in grado di mettere piede, senza subire temibili danni, anche nel regno sotterraneo degli dei, cosi come in qualità di iniziato, ha ottenuto il diritto di ingresso nel santuario ove si celebra il loro culto. I misteri sono quindi contemporaneamente iniziazione alla vita e alla morte e non conta che il loro simbolismo sia improntato prevalentemente al simbolismo dell’una o dell’altra" - Un ultima annotazione sul rapporto rito e vita. Quella dei misteri è fondamentalmente una religiosità di evasione, di fuga dalla storia. I misteri sono parentesi del vivere. Il desiderio di giungere ad ottenere una sorte favorevole nell’aldilà si ottiene spesso con un regresso delle esigenze etiche. Predominano i riti di fecondità con tendenza ad eccessi di magia e orge sessuali. Già si è accennato al giudizio severo dell’autore della sapienza : l’immoralità è generata dalle pratiche idolatriche. Tito Livio (Ab Urbe condita 39, 13) rimprovera ai cultori di Dionisio : "Non considerare nulla come peccato era per loro il più grande atto religioso. Gli uomini pronunciavano oracoli come dementi, le donne abbigliate come baccanti correvano verso il Tevere con i capelli disciolti e con fiaccole ardenti che immergevano nell’acqua e ritraevano fiammeggianti, poiché in esse c’era zolfo naturale e calcare. Si dice che uomini fossero trascinati via dagli dei"

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Il culto dionisiaco osteggiato a Roma, dove aveva cercato di penetrare fin dal II secolo aC, era invece assai praticato in Grecia e Oriente. Il re seleucide Antioco IV Epifane introdusse le feste dionisiache perfino a Gerusalemme (cf 2Macc 6,7). Questi dunque in sintesi gli elementi caratterizzanti le religioni misteriche : ^ l’importanza del mito ^ la funzione del rito ^ la prassi della iniziazione ^ la disciplina dell’arcano (silenzio) ^ la finalità soteriologia ^ il permissivismo morale FORME PRINCIPALI DI RELIGIONI MISTERICHE

Tre sono gli ambienti culturali dell’Oriente che costituiscono le sorgenti da dove i nuovi culti affluiscono nel mondo ellenistico : quello egiziano, quello dell’Asia Minore e quello siriano, ai quali si aggiunge, a una certa distanza, quello persiano per il culto di Mitra, che però ha un’altra natura. ^ I misteri eleusini : sono tra i più antichi e venerandi della Grecia. Eleusi era una cittadina situata sul bordo del mare a 20 Km a nord-ovest di Atene. "Il mito cultuale racconta che Core, figlio di Demetra, la dea della vegetazione, era stata rapita da Ade, il signore del mondo sotterraneo. Ma Zeus ebbe compassione e si venne all’accordo che Core/Persefone poteva restare per otto mesi sulla terra con sua madre, ma doveva trascorrere gli altri quattro mesi nel mondo sotterraneo. Il mito raffigura quindi la nascita, la crescita e la raccolta dei frutti della campagna, che vengono riposti al sicuro in depositi sotterranei. Cercando la figlia perduta - continua il mito - la madre capitò in quei di Eleusi. In ringraziamento per la cordiale accoglienza ricevuta, insegnò al re di Eleusi l’arte di coltivare i cereali e l’iniziò ai sacri misteri" (Lohse). La fonte di questa leggenda è l’inno di Omero a Demetra. ^ Dal mondo egizio proviene il culto di Iside e Osiride (chiamato Serapide al tempo dei Tolomei) documentato dalle Metamorfosi di Apuleio. Originario della Palestina e della Siria è il culto di Adone ; dalla Frigia (Asia Minore) veniva invece il culto di Cibele e Attis. Conviene distendersi più diffusamente a illustrare il culto di Mitra per le difficoltà che ha creato all’annuncio cristiano. ^ Il culto di Mitra : ci soffermiamo un tantino su questa forma di religione misterica per la straordinaria diffusione che ha conosciuto in Occidente in netta antitesi con il cristianesimo. Tale culto ha la sua origine nel mondo persiano, viene perfezionato nella sua forma esteriore specialmente in Cappadocia e si propaga poi dall'Oriente all'Occidente dapprima con scarso successo nelle province centrali dell'Asia Minore e in Egitto, non trova quasi risonanza alcuna in Grecia, ma tanta più ne trova a Roma,"dove - dice Tacito - ogni infamia ed ogni crimine confluiscono da ogni luogo e sono ammirati". Dalla capitale il culto si diffuse nel corso del II e III sec dC nell'impero ; la sua forte presenza è ben documentata lungo il "limes", il confine nord rappresentato dal fiume Reno.

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E' una religione per soli uomini, accolta con favore dai militari. Mitra è un dio indo-iraniano, che uccidendo il toro primordiale formò il mondo ; identificato dalla astrologia caldea col Dio Shamash egli a Roma fu chiamato "Sol invictus" e fu associato all'idea di verità, di giustizie, di purezza ; alla fine del mondo avrebbe poi risuscitato i morti. - Un cunicolo sotterraneo porta ed un ambiente chiuso. Gli adepti conducono gli iniziati, i "leones", per mano e poi li abbandonano al buio. Dall'alto arrivano rumori indistinti e frasi di cerimoniale segreto. L'attesa è rotta all'improvvisò da una pioggia di Sangue caldo che inonda gli uomini atterriti e li consacra al culto misterioso del dio venuto dall'Oriente. Poi i "leones" ritornano alla luce e per la prima volta nella vita entrano nella stanza agognata. In mezzo agonizza un toro gigantesco ; ai lati ci sono i "ninphus"e gli "heliodromus", iniziati di più alto grado, e il gran sacerdote. In fondo campeggia una scultura emblematica : un uomo dal cappello frigio e dal vestito orientale (casacca e pantaloni) sta colpendo con un pugnale un toro. Nell'altra mano ha una torcia. Intorno all'animale ci sono un cane e un serpente. Mentre uno scorpione è colto nell'atte di pungere i testicoli della grande bestia. Questo è il momento culminante del culto del dio Mitra così come ci viene tramandato dagli storici romani dell'epoca e dalle immagini scolpite o dipinte. A Roma si sono trovati (anche recentemente) ben cento mitrei e 16 ad Ostia.

Cf l'opera di CARLO PAVIA, Roma mitraica, Ed C. Lorenzini,1986. - Che significato si può dare alle rappresentazione del sacrificio del toro ? Il grande animale, il "bos primigenius", da cui derivano tutte le specie allevate fino ai nostri giorni, è il male. Mitra lo combatte con la torcia in mano, cioè al chiarore della luce e con il pugnale, la "petra genetrix". Il sangue che sgorga dal toro è la vita che nasce con il frumento. Mentre il cane e il serpente cercano di impedire che il sangue cada a terra e quindi di impedire la fertilità della terra, lo scorpione invece, latore di fertilità, aiuta a sconfiggere il male assoluto. Mithra è l'estate splendente, la forza della vita. La sua nascita veniva celebrata il 25 dicembre "natale solis invicti". - "Assai dinamico, capace di proporre all'occasione un programma morale rude, pronto ad assimilare elementi un po' da tutte le parti, cristianesimo compreso, il culto di Mitra fu un serio avversario della chiesa fino dal IV secolo. Scomparve solo dopo la cristianizzazione dell'impero romano e la sua caduta davanti ai barbari" (Biblet). - E' abbastanza agevole riconoscere che la festa del Natale, documentata per la prima volta in un documento dell'anno 354 dC, la "Depositio martyrum", venne collocata al 25 dicembre in sostituzione e antitesi del culto reso al "sol invictus", quando dopo il solstizio di inverno, la luce incomincia lentamente a prendere il sopravvento sulle tenebre. I MISTERI E IL NUOVO TESTAMENTO

Il termine "mysterion" compare nel NT 27 volte Lo usano i sinottici a proposito del Regno di Dio (ad es Mc 4,11 e paralleli). Ma colui che ha elaborato la nozione in termini cristiani è soprattutto Paolo, che vede nel "mistero" il disegno salvifico di Dio, preannunziato e preparato in Israele, realizzato in Gesù, proclamato dalla Chiesa, riguardante la salvezza di tutti i popoli. I testi maggiori sono Rom 16,25-27 ; 1Cor 2,7 ; Ef 1,9 ; 3,8-11 ; 1Tm 3,16 ecc

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"In genere i misteri come fonte di influsso diretto sul cristianesimo vengono esclusi : prima perché le fonti sono tutte posteriori al I secolo e non si sa precisamente ciò che esisteva ai tempi di Paolo. Secondo, perché se ci sono certe somiglianze, le dissomiglianze sono molto più numerose ; e terzo a causa della difficoltà derivante dalla psicologia di un Paolo, che rimase sempre fondamentalmente ebreo, e che non si sarebbe rivolto mai a pratiche pagane e alla disprezzata 'filosofia' per illustrare il mistero di Cristo. Va detto però che anche il misticismo pagano del I sec rivela un'intima aspirazione a liberarsi dalla tirannia del mondo per mezzo di pratiche 'sacramentali' e che potrebbe aver influito sulla formazione della dottrina cristiana limitatamente alla terminologia". (Grech). "Il comportamento dei Corinzi, battezzati da Paolo, verso di lui somiglia un po' al rapporto che si instaurava fra l'iniziando e il mistagogo ; però Paolo è critico a questo riguardo (1Cor 1,12)" (Segalla). - Due differenze fondamentali tra culto dei misteri e sacramenti cristiani : 1. I sacramenti non si richiamano ad un mito, ma ad un fatto storico ben preciso : la croce e la

resurrezione di Gesù. 2. Nel NT mistero non viene mai usato per indicare i sacramenti ; il temine compare invece

su uno sfondo apocalittico. Diverso sarà invece il linguaggio impiegato dai Padri ; si pensi solo al "De Sacramentis" e "De mysteriis" di Ambrogio di Milano. Per approfondire il discorso sui misteri cf :

- voce "Mystères" in DBS 6 coll 1-225 a cura di PRUMM e FOLLET - voce "mysterion" in Kittel, GLNT VII coll 645-716 di G. BORNKAMM LA GNOSI PREMESSA

Nello studio dello sfondo ellenistico del NT riveste una importanza particolare, accanto alla religione dei misteri e in connessione con essa, il fenomeno della gnosi/gnosticismo. E' una corrente di pensiero complessa, un movimento proteiforme, non è facile da ricostruire. Fino al secolo scorso la gnosi era considerata come un fenomeno interno al mondo cristiano, una sua forma ereticale, scheggia impazzita di cristianesimo proiettata ovunque. Sarebbe sorta dall'incontro del cristianesimo primitivo con il mondo ellenistico e quindi doveva far parte delle sette cristiane. A. Harnack ad es definiva la gnosi "ellenizzazione radicale del cristianesimo". Questo quadro però cambiò d'aspetto, quando si cominciarono a considerare gli inizi della chiesa cristiana, sullo sfondo della storia delle religioni. Risultò allora che la gnosi non poteva essere interpretata come un fatto endogeno rispetto al cristianesimo ; al contrario rappresentava un movimento precristiano, che aveva estesissime ramificazioni nel mondo ellenistico, che si era diffuso prima e accanto al cristianesimo primitivo e in seguito era entrato in contatto in vari modi con elementi cristiani, così che si erano costituite numerose comunità cristiano-gnostiche.

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La BIBLIOGRAFIA relativa allo gnosticismo è sterminata. Il tema appassiona anche attualmente la ricerca e la letteratura. Indico solo alcuni titoli per lo più recenti - Articolo "Gnose-préchrétienne et biblique" in DBS 3 coll 659 -701 a cura di L. CERFAUX

- Voce "….. " di R. BULTMANN in GLNT II coll 461-542 - E. YAMAUCHI, Pre-Christian Gnosticism, London 1973

- R. FARINA, Lo gnosticismo dopo Nag Hammadi, in "Salesianum" 32 (1970) pp 425-454 - G. FILORAMO, L'attesa della fine. Storia della gnosi, Laterza 1983

- W. SCHMITHALS, Neues Testament und Gnosis, Darmstadt 1984 - H. CH. PUECH, Sulle tracce della Gnosi

I La gnosi e il suo tempo II Sul Vangelo secondo Tommaso, Adelphi Milano 1985 (l'edizione originaria è del 1978 in francese) Due articoli in "ETUDES" 1987/3

- J. VERNETTE, Le réveil de la gnose, pp 375-388

- J. L. SCHLEGEL, La gnose ou le réenchantement du monde, pp 389-404 Un'opera di bilancio si ha in "Problemi e prospettive di scienze bibliche" a cura di R. Fabris,

L'articolo di U. BIANCHI porta come titolo "La letteratura gnostica e il NT", Brescia 1981 pp 111-131

Nonostante questo gran studiare, si è ben lontani dall'avere le idee chiare ed un quadro condiviso di riferimento. Nel 1966 si è tenuto a Messina un convegno di studiosi sullo gnosticismo ; le posizioni erano così diversificate che non si è riusciti a trovare un accordo nemmeno su una definizione dei termini.

Cf U. BIANCHI, Le origini dello gnosticismo. Colloquio di Messina, Leiden 1970 Come punto di partenza si può condividere queste definizioni : ^ GNOSI = conoscenza dei misteri divini riservata ad una élite ^ GNOSTICISMO = un gruppo di sistemi del II secolo dC ^ PREGNOSTICISMO o PROTOGNOSTICISMO = temi e motivi anticipatori presenti nell'ellenismo "La Gnosi, in quanto dottrina di una salvezza attraverso la conoscenza, è un modo di orientarsi, religioso e speculativo, di cui non conosciamo l'origine e di cui non si è vista la fine. Ma possiamo riconoscere le tracce ovunque ritroviamo 'l'atteggiamento gnostico' : un atteggiamento non semplicemente psicologico o puramente intellettuale, ma totale, esistenziale, che coinvolge la vita, il comportamento, il destino, l'essere stesso dell'uomo nella sua interezza. Se si vuole ricondurre la gnosi al suo più irriducibile elemento differenziante, si può dire questo : gnostico è colui che per una qualche parte di se stesso, si riconosce straniero al mondo. Ciò che della gnosi si può studiare sono alcune isole, sparse nei secoli, dove la visione gnostica emerge : in particolare nei primi cinque secoli della nostra era, in Occidente, in

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Egitto, nel Medio Oriente, in contatto e ai margini del cristianesimo" (dalla presentazione del volume di Puech) . LE FONTI

Fino all'inizio dei questo secolo le fonti a nostra disposizione per conoscere lo gnosticismo erano quasi esclusivamente le opere dei Padri. Di essi possiamo ricordare IRENEO con le sua opera "Adversus haereses" ; egli è il teologo della storia della salvezza ; combatte le interpretazioni gnostiche dell'evento cristiano, definisce gli gnostici "cattivi esegeti di cose dette bene = kakoi exegetai ton kalon eiremenon " Accanto a lui Ippolito (Philosophumena) e Tertulliano in numerosissime opere : Adversus Valentinianos, Adversus Marcionem, Adversus Hermogenem : De anima, De parescriptione haereticorum ecc Naturalmente quelli dei Padri sono documenti secondari e indiretti ''nel senso che sono opere "contro", "a sfavore", di contestazione : trattano lo gnosticismo come eresia cristiana, riportano il pensiero degli gnostici per confutarlo, ma non risalgono alle fonti primarie, ossia alle forme precristiane e non cristiane di gnosticismo. - "L'acquisto da parte del Dr ASKEW in Grecia, alla fine del secolo XVIII del codice che porterà poi il suo nome (oggi Cod. Add. 5114 del British Museum) contenente in lingua copta l'opera gnostica "Pistis Sophia", segnò l'inizio di felici scoperte di altre opere gnostiche in lingua copta. Essa venne pubblicata nel 1851 a cura di J. Petermann" (Farina). Una delle fonti principali, testimonianza di una gnosi precristiana è senz'altro il "Corpus Hermeticum" (CH). E' giunto a noi in un manoscritto del secolo XIV ; la sua patria di origine sembra essere l'Egitto. Si tratta di una raccolta di 18 trattati a carattere composito ; non opera unitaria, ma prodotto di mani diverse. "Le parti più considerevoli di esso furono redatte tra il 100 e il 200 dC, ma le tradizioni che vi trovarono ricetto passarono prima per un lungo periodo di trasmissione orale. Esse rivelano tracce di religione iranica, babilonese, egizia e greca, hanno assunto idee filosofiche da Platone, dai pitagorici e dalla Stoa e in alcuni passi risentono manifestamente dell'influsso di concezioni veterotestamentarie e giudaiche. In nessun luogo però questo quadro multiforme lascia intravedere contatti col messaggio cristiano. Il Corpus Hermeticum costituisce quindi un esempio quanto mai significativo e istruttivo di ciò che era la concezione gnostica della realtà quando non era ancora venuta a contatto e a confronto con il cristianesimo" (Lohse). - Il nome proviene da Ermete (Ermes), che non è l'autore ma il nome di una divinità greca, il messaggero degli dei interprete della loro volontà, il dio della rivelazione e della sapienza, incaricato di trasmettere alle persone notizie divine e così portarle alla "conoscenza". Viene detto "tre volte grande" in greco "trismegistos" e viene anche identificato con il dio egiziano Toth. Dei 18 trattati meritano di essere segnalati il XIII intitolato "Della Rigenerazione" ma soprattutto il primo, quello di apertura, che porta il nome di POIMANDRES, significante "pastore". Il nome è probabilmente di provenienza egiziana e significa in origine la conoscenza di dio ; fu in seguito grecizzato e servì per designare il mediatore della rivelazione.

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Il primo trattato del Corpus Hermeticum, accatastando elementi vari, espone la cosmologia, l'antropologia e la soteriologia gnostica e usa diverse tradizioni mitologiche amalgamate insieme per descrivere l'origine del mondo, la creazione dell'uomo e la redenzione che deve liberarlo dalla schiavitù ... Gli scritti del Corpus Hermeticum permettono di determinare con chiarezza la natura e il contenuto della gnosi. La conoscenza non è frutto di sforzi intellettuali, ma deriva da una rivelazione di Dio, che vuole essere conosciuto dai suoi ... non può essere raggiunta nella riflessione filosofica, ma si compie nella trasformazione dell'uomo intero, il quale viene colmato di una forza divina che si unisce alla scintilla divina latente in lui e lo porta alla vera vita" (Lohse). - Tutto questo materiale però è ben poca cosa rispetto a quello rinvenuto a Nag Hammadi, dove è stata scoperta una vera e propria biblioteca gnostica cristiana. L'argomento (in analogia con Qumran) merita una trattazione a parte e perciò gli dedicheremo un capitolo del nostro studio. Conviene passare ora ad illustrare per sommi capi la fisionomia di questo movimento spirituale. LA DOTTRINA DELLA GNOSI

Il titolo è un po' gonfio, nel senso che non è possibile parlare di una "dottrina" come se si trattasse di un sistema di pensiero coerente e completo. Non è qualcosa di omogeneo. "Le fonti non rivelano una dottrina gnostica, ma una moltitudine di dottrine differenti. La dottrina gnostica è una astrazione" (Stemberger). "Ogni giorno ciascuno di loro inventa qualcosa di nuovo" così Ireneo, in Ad. Hares. I 18,1 . "Non-conformism was almost a principle of the gnostic mind"(Jonas). "Sorprendente edificio dalle mille facce iridescenti" (Lohse). Tertulliano parla delle "foreste degli gnostici". Secondo Ireneo le sette spuntavano come funghi. Tuttavia si può parlare di "punti principali comuni ai sistemi gnostici" (Stemberger) o di "struttura fondamentale della gnosi" (Lohse). ^ La concezione di Dio Dio è per definizione lo sconosciuto (àgnostos) del tutto irraggiungibile. Nessuna via umana può pretendere di raggiungerlo. Tra lui trascendente e il mondo vi è un dualismo insormontabile. Tuttavia non è solitario. Nella visione gnostica ha grande importanza il "pleroma" : il termine significa letteralmente "pienezza". Tecnicamente designa il mondo celeste formato dalle "ipostasi" od "eoni" disposti a coppie chiamate "sizigìe". La gnosi cristiana poi è avversaria del Dio dell'AT e fortemente antisemita. ^ Il mondo Vi sono dei sistemi che fanno derivare l'esistenza del mondo materiale dal Dio supremo, altri come il manicheismo suppongono la coesistenza eterna di un duplice principio : il vero Dio e la divinità delle tenebre (i demoni) cui è attribuita la origine del mondo. In questo dualismo radicale il mondo è opera delle forze del male, chiamate anche gli "archontes = dominatori". Il loro impero è una vasta prigione, al centro della quale vi è il mondo circondato dalla sfere cosmiche.

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"Il mondo è in preda alla perdizione, alle tenebre, è la prigione in cui sono contenuti i frammenti di luce" (Lohse). Si ha, come si vede, una visione estremamente negativa della materia, e con ciò del "corpo" ("carne"), della storia. Pronunciato dualismo anticosmico. ^ Antropologia "La visione dell'uomo è strettamente connessa con quella del mondo" (Lohse). Ciò che vale per il macrocosmo è vero anche per il microcosmo. L'uomo nel suo vero essere è di natura divina. Una scintilla della luce divina è stata collocata in lui, ma essa risulta imprigionate nel corpo. Con termini diversi : il "neuma = spirito" si trova catturato dalla "psychè = anima" e dal "soma = corpo". Il mito di una "caduta precosmica" spiega la condizione umana e il suo desiderio di redenzione-liberazione. Il "pneuma" risulta incosciente, ignorante, fino a quando non è raggiunto, risvegliato e liberato dalla gnosi. - La salvezza dell'uomo consiste nella liberazione dai legami di qs mondo malvagio per ritornare nel regno della luce. L' anima deve risalire nel mondo superiore dal quale è caduta. Questo processo può prendere anche il nome di "redenzione". Essa non è opera dell'uomo, risultato dei suoi sforzi, frutto delle sue fatiche morali. La rinascita-risalita-redenzione è grazia, l'uomo la può soltanto ricevere. Essa si realizza tramite un appello. Lo stato prima della redenzione è caratterizzato dal sonno - ubriachezza - oblio - incoscienza. Cf Logion 28 del Vangelo di Tommaso : "Gesù disse : Mi sono trovato in mezzo al mondo e mi manifestai loro nella carne. Li trovai tutti ubriachi ; tra essi non trovai alcun assetato. E l'anima mia è tormentata per i figli degli uomini, perché in cuor loro sono ciechi e non vedono : vennero nel mondo vuoti e cercano di uscire dal mondo vuoti. Ma ora sono ubriachi. Allorché avranno vomitato il loro vino allora faranno penitenza". L'appello che arriva da fuori può essere recato dalla voce di Dio come nel "canto della perla" oppure dai profeti o anche da un inviato-messaggero-redentore. Ciò che importa è il "dass", cioè il fatto della rivelazione-redenzione, non il "was", vale a dire il contenuto. Il contenuto essenziale è : "Svegliati dal sonno" cf Ef 5,14. Come si può intravedere, la gnosi è un tentativo di risposta al problema del male a partire da una visione del mondo estremamente pessimista. Essa si presenta come "una religione dell'intelligenza e della luce" (Giblet). - Salvezza tramite la conoscenza : ecco il pilastro fondamentale della gnosi. Non si tratta chiaramente di una cognizione sensibile o sensitiva, nemmeno di una comprensione intellettuale-concettuale, ma di una conoscenza per illuminazione, per grazia. Conoscenza di che cosa ? Essenzialmente una conoscenza di se medesimo, della mia verità profonda ; riconoscimento dell'elemento divino che costituisce l'essere vero dell'uomo. "Gnosi : conoscenza di sé come conoscenza di Dio" (Pagels). La questione principale della gnosi è bene espressa dalla formula valentiniana contenuta negli Estratti di Teodoto 78,2 cf SC 38 Si noti come la stessa forma letteraria riproduca il principio del dualismo :

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"Non esiste solo il lavacro che libera, ma anche la gnosi : chi eravamo, che cosa siamo diventati ; dove eravamo, dove siamo stati gettati ; dove corriamo, da che cosa siamo liberati : che cos'è la nascita, cos'è la rinascita".

L'etica : la morale gnostica conosce due esiti opposti. Può essere molto ascetica o al contrario del tutto libertina. Lassismo o libertinismo indica l'atteggiamento e il comportamento di chi vuol mostrare che il mondo e il suo principio non hanno ormai più potere sull'uomo salvato. Egli è ormai completamente al riparo dal peccato, non può più essere macchiato. Indicativo al riguardo il principio contestato da Paolo in 1Cor 6,12 :"panta exestin". La soluzione contraria è l'ascetismo o rigorismo : cerca di evitare ogni contatto con il mondo per non rimanerne contaminati. Parecchi gnostici sono nemici della sessualità, perché ogni riproduzione umana non fa altro che continuare la dispersione della luce, invece di contribuire alla redenzione che riunisce la luce nella unità primitiva. C'È UN SIGNIFICATO IN TUTTO QUESTO ?

Prima di occuparci espressamente dello gnosticismo cristiano e di Nag-Hammadi, può essere utile chiedersi : quali sono le radici culturali della gnosi e come mai il movimento ha conosciuto una straordinaria fertilità e diffusione ? Sul problema delle origini della gnosi ha indagato parecchio la investigazione moderna, senza arrivare a conclusioni unitarie. Secondo Harnack è una "acuta ellenizzazione del cristianesimo" ; si è visto però che è un fenomeno precristiano. Schneider definisce lo spirito dello gnosticismo "esclusivamente greco ed in prevalenza platonico". La Scuola Religionista invece, già nei suoi fondatori (Wilhelm Bousset e Richard Reitzenstein) ha contribuito con la sua fama a diffondere la sentenza dell'origine orientale-persiana dello gnosticismo (zoroastro). Un buon numero di studiosi si orienta oggi però verso la sentenza dell'origine giudaica o giudeo-cristiana dello gnosticismo. Gli gnostici si servono da una parte della terminologia o della ideologia filosofica greca e dall'altra dei simboli ideologici della religione persiana di Zoroastro solo per rendere comprensibile o per propagare la propria dottrina nel mondo ellenistico o persiano. L'origine dello gnosticismo sarebbe da ricercare nello spazio geografico della Siria occidentale e orientale (Mesopotamia) e anche in Egitto, cioè nell'ambiento di lingua aramaica. "Il problema dell'origine dello gnosticismo è dunque abbastanza complesso, perché si possa prevedere, allo stato attuale della ricerca, di risolverlo. Crediamo comunque che lo gnosticismo non è solo "un prodotto del sincretismo giudaico oppure di certe manifestazioni marginali del giudaismo, ma è almeno altrettanto un prodotto del sincretismo ellenistico, un prodotto insomma in quel confine incerto tra giudaismo ed ellenismo, proprio della fine della vecchia era e dell'inizio della nuova, quasi allo stesso tempo del cristianesimo, ma indipendentemente da esso ... esso ha creato qualcosa di nuovo tale da porre in serio pericolo l'esistenza stessa del cristianesimo, suo concorrente" (Farina).

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La Gnosi si presenta come un movimento effervescente-eclettico : attinge motivi ovunque : dall’Iran, dal giudaismo apocalittico, dal cristianesimo. "Ora il sincretismo, lungi dall'essere una sintesi, fu una degenerazione di pensieri più alti che fino allora erano stati patrimonio delle scuole e delle accademie. Il Sitz im Leben in cui nacque la gnosi, fu un ambiente di cultura popolare ... La gnosi è la rivoluzione delle immagini ... lo gnosticismo è un fiume immenso che nasce nella gnosi popolare e sfocia nel manicheismo e negli altri sistemi gnostici più tardivi" (Ménard). - Sta di fatto che il fenomeno, nonostante la sua indeterminatezza, ha conosciuto una immensa fortuna : vuol dire che rispondeva ad attese e bisogni esistenziali dell'epoca. "Lo gnosticismo era un'acuta espressione dell'angoscia della esistenza umana del suo tempo e ne cercava la soluzione personale e radicale attraverso il ritiro dal mondo, l'interiorità, la rinuncia, la illuminazione, incurante e per principio contraria ad ogni genere di convenzionalismo e di istituzionalismo, nei quali gli gnostici cristiani vedevano un affievolimento del dinamismo evangelico" (Moraldi). La gnosi si offre come risposta a quel sentimento di nostalgia o meglio a quella, "percezione di essere perduti" ("Verlorenheit" la chiamerebbe Heidegger), che caratterizza certi momenti della storia umana, epoche di trapasso culturale, quando va in crisi una vecchia impostazione del vivere e il nuovo che viene profilandosi mette paura. Una uscita dalla situazione può essere allora affidarsi a forme vaghe di religiosità, che soddisfano la sfera emotiva della persona e danno sicurezza. Ci sarà qualcosa di simile nel nostre tempo ? NAG ‘HAMMADI LA SCOPERTA

Eccoci a trattare l'argomento più volte annunciato. Per la conoscenza dello gnosticismo in versione cristiana è stata decisiva la scoperta di una biblioteca gnostica a Nag 'Hammadi. Le cosa presenta sorprendenti analogie con i rinvenimenti di Qumran. Le due fortunate scoperte archeologiche, anche se in modo diverso, contribuiscono ad arricchire le nostre conoscenze dell'antico mondo entro cui prese piede il movimento di Gesù, il cristianesimo. Nel dicembre del 1945 in alto Egitto un contadino arabo di nome Muhammed 'Ali Al Shamman (la sua identità però è rimasta nascosta per molto tempo) fece una sensazionale scoperta. Scavando a Jabal al-Tarif (questo è il nome esatto della località, anche se poi prevalse il nome della città di Nag Hammadi, sulla riva, opposta, dove si stanziarono gli studiosi) trovò conservati in anfore un numero impressionante di manoscritti, papiri, redatti in lingua copta. Il sito, come si è detto, si trova in Egitto circa 60 Km a nord di Luxor, sulle sponde del Nilo, nelle vicinanze dell'antica Khenoboskion (da cui il nome anche di "manoscritti di Kenoboskion"), il luogo stesso delle prime fondazioni dei monaci di S. Pacomio.

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Furono scoperti 13 codici contenenti un numero notevole (ho trovato divergenze al riguardo : chi dice 48, chi 52, chi 53) di opere gnostiche in lingua copta. Naturalmente i manoscritti rinvenuti conobbero traversie, simili a quelle vissute dai loro colleghi di Qumran, che non è possibile e nemmeno necessario ricostruire in tutti i loro dettagli. Essi sono conservati per la maggior parte nel Museo Copto del Cairo (già il 4 ottobre 1946 Tago Mina, curatore del Museo, ne acquistò uno con poca spesa ; corrisponde al codice III). In Europa invece è arrivato il Codice I, chiamato anche Codex Jung, possesso dell'omonimo istituto di Zurigo, che lo acquistò nel 1952 e lo pubblicò nel 1956. L'edizione completa e ufficiale dei manoscritti è abbastanza recente ; la serie completa abbraccia dieci volumi pubblicati tra il 1972 e il 1977 sotto il patronato della Repubblica Araba di Egitto e dell’UNESCO = United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization. Studiosi principali : DORESSE, PUECH, QUISPEL. cf voce "Nag Hammadi" in Enciclopedia della Bibbia, voi 5 colonne 35-47. Il contributo è di Menard. LA BIBLIOTECA DI NAG HAMMADI Cf L. MORALDI, I manoscritti di Nag Hammadi, in "Testi gnostici", UTET - Torino 1982

pp 61-85

La cinquantina di opere venuta alla luce ha carattere omogeneo per quanto si riferisce all'ambiente di cui sono espressione. Si tratta di vangeli apocrifi, scritti didascalici, lettere e apocalissi, che mostrano come gnostici cristiani in Egitto abbiano tentato di offrire una interpretazione gnostica dell'evangelo e di proporre come via alla salvezza la vera conoscenza. Meritano di essere segnalate le seguenti opere : ^ Il vangelo di Tommaso, ^ Il vangelo di Filippo ^ Il vangelo di Verità ^ Il vangelo degli Egiziani ^ Libro segreto di Giacomo ^ La lettera di Pietro a Filippo ^ L’Apocalisse di Pietro ^ L’Apocalisse di Paolo - I problemi posti dalla scoperta sono numerosi e di notevole interesse. Grande importanza dal punto di vista filologico, letterario e religioso. ^ I manoscritti furono rilegati tra il 330 e il 340. Lo si deduce dall'esame del materiale epistolare che serviva a rilegare i fogli (contiene leggibili nomi di persone e luoghi dell'epoca). Quasi certamente nello stesso decennio furono anche stesi per iscritto. Si tratta di codici straordinariamente eleganti, come mostra la edizione fotostatica, con pagine pressoché inalterate. Furono posti in un nascondiglio anonimo e accurato, con l'esplicita intenzione di conservarli. Perché tutto questo in Egitto nella prima metà del IV secolo ?

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Una risposta può venire dalla situazione ecclesiale dell'epoca. La pista di soluzione ce la può offrire l'Epistola Festale di S. Atanasio, patriarca di Alessandria, dell'anno 367. Essa contiene l'elenco dei libri canonici dell'Antico e NT. Tra i deuterocanonici inserisce la Didachè e il Pastore di Erma, giudicandoli validi per i neofiti. Si scaglia invece duramente contro i libri eretici, per avere essi introdotto e diffuso opere spurie come divinamente ispirate. La lettera venne diffusa in tutti i monasteri. Sono gli anni in cui dilagano specie nelle città, le campagne contro gli eretici, colpevoli di tenere e riconoscere libri non conformi a quelli ufficiali della ortodossia. Anni in cui la religione cristiana diventa di stato e i suoi rappresentanti ufficiali perseguitano gli eretici e i loro libri vengono bruciati e distrutti. "Una comunità cristiana di gnostici nella regione dove domina sempre di più il monachesimo, sotto l'energica protezione di Atanasio, nascose con cura i suoi libri riponendoli in quella giara dalla quale furono estratti quasi 2000 anni dopo ? Pare un'ipotesi ragionevole" (Moraldi). - Tutte le opere rinvenute a Nag Hammadi sono in lingua copta, precisamente nei suoi due dialetti : sahidico e boahirico. Però si tratta di traduzioni ; su questo tutti gli studiosi concordano : traduzioni dal greco. Il quesito più difficile è costituito dalla datazione degli originali greci. Alcuni più antichi possono datare pressoché certamente 5 tra il 120 e il 140. Cfr la testimonianza di Ireneo di Lione verso il 180 in Adv, haer. III 11,9. La biblioteca di Nag Hammadi è quindi una testimonianza eccellente dello gnosticismo cristiano, del suo fascino e della sua durata nei primi secoli della chiesa. L'Egitto deve essere stato un laboratorio vivacissimo di idee, una fucina biblica in piena attività. E' noto che dalla stessa regione provengono i grandi unciali del IV secolo, il Sinaiticus e il Vaticanus ; nelle vicinanze di Akhmin, località della regione di Nag Hammadi ; fu scoperto nel 1886/87 il vangelo e l'apocalisse di Pietro. Forse dalla stessa regione provengono i codici Askewianus e Brucianus, così pure i famosi papiri Bodmer. E' soprattutto interessante, il valore religioso dei documenti di Nag Hammadi, poiché "rivelano ancora una volta che tutte le gnosi, anche il valentinismo, sono prodotti del sincretismo greco-orientale in opposizione all'autentica rivelazione biblica'' (Ménard). Testi reperibili in italiano sono : - L. MORALDI, Apocrifi, del Nuovo Testamento, vol I UTEP, Torino 1971

- L. MORALDI, I vangeli gnostici (Vangeli di Tommaso, Maria, Verità, Filippo), Milano - Adelphi 1984

- L. MORALDI, Le apocalissi gnostiche. Apocalissi di Adamo, Pietro, Giacomo, Paolo, Adelphi - Milano 1987

IL VANGELO DI TOMMASO

Un Vangelo di Tommaso è menzionato da Ippolito verso l’anno 230 (Refut, 5,7,20), da Origene, da Eusebio ed anche de Cirillo di Gerusalemme (Catechesi IV,36 e VI,31). Veniva attribuito ai Manichei. Nulla però sapevamo del suo contenuto. La scoperta di Nag

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Hammadi ha sciolto l'enigma di questo vangelo. Si trova nel codice II da cui la sigla NHC II 32,10-51,28 La pubblicazione di questo straordinario documento è stata curata da Quispel nel 1959. - A quando risale la composizione di quest'opera e in quale lingua ? L'originale è collocato dagli studiosi verso il 140dC. "La questione della lingua primitiva di questo nostro documento, quella che sta alla base di tutte le altre recensioni, resta tuttora insoluta, ma l'ipotesi che meglio delle altre spiega sia le sue molteplici relazioni con altri scritti antichissimi sia alcune singolarità linguistiche del testo è quella che propone un'origine siriaca" (Moraldi). Pare quindi espressione del Giudeo-cristianesimo eterodosso ; "è una tela tessuta sopra una trama giudaica"(Ménard).

Questo scritto apocrifo non è un vangelo simile ai racconti di Mt, Mc, Lc, Gv gli manca una struttura narrativa, non contiene racconti ma sentenze. E' una antologia di "logia" di Gesù, desunti prevalentemente dalla tradizione ecclesiale, "Non mancano passi affascinanti anche se sospetti" (Ravasi). Il titolo che porta, dice per l'appunto : "Questi sono i detti segreti pronunciati da Gesù il Vivente e scritti da Didimo Giuda Tommaso". Le sentenze sono in numero di 114. Si presenta quindi come uno scritto esoterico ; contenete parole che non devono essere svelate ai profani. La loro comprensione è apportatrice di vita. Ogni detto forma una unità indipendente e solo raramente si osserva un piccolo raggruppamento di detti collegati da un tema, da parole chiave o da riferimenti dell'uno all'altro ; onde è difficile nel complesso poter parlare di un piano. Qualche detto è molto vicino a parole o parabole del vangelo, altre volte è più sviluppato o più breve, ne unisce elementi diversi. Si pone così il problema della relazione tra i vangeli canonici e il vangelo di Tommaso, "Non si può esagerare il carattere gnostico dell'opera, pur essendo fuori dubbio… mancano in realtà i grandi temi della gnosi o sono appena accennati qua e là, e non sono trattati i suoi grandi misteri. O l’autore era un semplice simpatizzante della gnosi o intese offrire ai lettori un primo avviamento alla gnosi fondandosi largamente sulla loro formazione perfettamente ortodossa" (Moraldi). Elementi costitutivi del vangelo di Tommaso sono : ^ La conoscenza come mezzo di salvezza, mediata dalle parole di Gesù (mentre invece della sue morte non si parla affatto se non nel logion 63, riprendendo i termini della parabola dei vignaioli) ; ^ l'anticosmismo ; ^ l’antisessualismo encratita. ^ il concetto di pochi eletti. Ritengo utile riportare alcuni detti scegliendo qua e la nella antologia secondo la mia sensibilità :

1. Egli disse : Colui che scopre l’interpretazione di queste cose non gusterà la morte. 2. Gesù disse : Colui che cerca, non desista dal cercare fino a quando non avrà trovato ;

quando avrà trovato sarà turbato e se sarà turbato, si stupirà e sarà re su tutto. 25. Gesù disse : Ama tuo fratello come l'anima tua. Custodiscilo come la pupilla del tuo

occhio.

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37. I suoi discepoli domandarono : In che giorno ti manifesterai a noi e in che giorno ti vedremo ? Gesù rispose : Quando vi spoglierete del vostro pudore, quando deporrete i vostri abiti e li metterete sotto i piedi ; come fanno i ragazzi piccoli e li calpesterete, allora vedrete il figlio del Vivente senza alcun timore.

30. Gesù disse : Se vi domanderanno : Donde venite ? Risponderete : Siamo venuti dalla luce ; dal luogo dove la luce si fece da se stessa ; stette e si manifestò nella loro immagine. Se vi domanderanno : Chi siete voi ? Rispondente : Noi siamo suoi figli, noi siamo gli eletti del Padre vivo. Se vi domanderanno : Qual’ è il segno del Padre vostro che è in voi ? Risponderete : E' il movimento ed il riposo.

67. Gesù disse : Colui che conosce tutto, ma non sé stesso, ignora tutto. 75. Gesù disse : La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate il Signore,

affinché mandi operai per la messe. 77. Gesù disse : Io sono la luce che sovrasta, ogni cosa. Io sono il tutto. Il tutto uscì da

me e il tutto giunge fino n me. Spaccate il legno, io sono dentro. Alzate la pietra : lì mi troverete.

82. Gesù disse : Colui che è vicino a me è vicino al fuoco. Colui che è lontano da me è lontano dal regno.

102. Gesù disse : Guai a voi farisei ! Sono infatti come un cane accovacciato su di una mangiatoia di buoi ; né mangia, né lascia che mangino i buoi.

107. Gesù disse : Il regno dei cieli è simile a un pastore che ha cento pecore. Una, la più grande, si smarrì. Egli lasciò le 99 e cercò quell'una fino a quando la trovò. Dopo che si era affaticato disse alla pecora : Ti amo più della novantanove.

110. Gesù disse : Colui che ha trovato il mondo ed è diventato ricco, deve rinunciare al mondo.

112. Gesù disse : Guai alla carne che dipende dall'anima. Guai all'anima che dipende dalla carne.

- Il "Vangelo di verità" invece si presenta come una omelia su Gesù, sulla sua missione e sulla sua opera. "Sarebbe con ogni probabilità di origine valentiniana" (Ménard) ; composto a Roma in greco verso il 150 dC. "Il Vangelo di verità è gioia per coloro che dal Padre della verità hanno ricevuto la grazia di conoscerlo attraverso la potenza del Logos venuta dal Pleroma ... Il nome del Vangelo è infatti un proclama di speranza, è una scoperta per tutti coloro che lo cercano" (è una massima di questo vangelo). Il "Vangelo di Maria" (Papiro 8502) è una conversazione di Cristo Risorto con diversi interlocutori, tra i quali eccelle Maria Maddalena, modello dell'anima gnostica. Del "Vangelo di Filippo" possiamo ricordare questa riflessione :

Se dici sono ebreo, nessuno si commuove. Se dici sono romano, nessuno trema. Se dici sono greco, barbaro, schiavo, libero, nessuno si agita. Se dici sono cristiano, trema il mondo !"

- Riflessioni conclusive sui Vangeli gnostici : ^ Sono opere molto antiche, composte tra il 120 e il 200 dC. Non v'è dubbio infatti che conoscessero la tradizione sinottica e anche quella giovannea, probabilmente non ancora codificate in forma ufficiale nei quattro vangeli canonici. ^ Quanto alla forma e al contenuto, cioè per lo stile e lo spazio entro il quale si mantengono, non assomigliano ai vangeli canonici né ai vangeli apocrifi. Siamo infatti davanti o a dei "logia" o alla forma di meditazioni su Gesù.

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^ I maestri gnostici si ritenevano eredi degli apostoli ; i loro autori sono degli intellettuali cristiani. "Ciò che colpisce e li differenzia profondamente dai quattro vangeli canonici è l'atmosfera diversa, apertamente intellettualista ... I maestri gnostici sono intellettuali cristiani agli albori del cristianesimo ... per loro l'ignoranza è schiavitù, la gnosi è libertà. Non tengono d'occhio l'AT ... non è menzionato alcun personaggio dell'AT ... si muovono in un modo assolutamente indipendente. Hanno accolto e propongono il messaggio cristiano con la loro sofisticata formazione intellettuale nell'ellenismo del tempo"(Moraldi). Ascoltiamo ancora il Vangelo di Filippo :

"La verità non è venuta nuda in questo mondo, ma in simboli ed in immagini : non la si può afferrare in altro modo. Colui che è incapace di ricevere, a maggior ragione è incapace di dare…

La fede riceve, l'amore dà, nessuno può ricevere senza la fede, nessuno può dare senza l’amore. Per questo appunto crediamo, per ricevere veramente e così possiamo amare e dare".

GNOSI E NUOVO TESTAMENTO

Il problema è questo : i testi del NT portano gli influssi dello gnosticismo, oppure la gnosi nella sua tendenza sincretista si appropria di elementi cristiani per farli deviare dal loro primigenio significato ? Il nostro è appena un abbozzo di discorso perché una documentazione più precisa dovrà aver luogo nei corsi di esegesi. - I testi principali, dove si può porre il problema dei rapporti con il pensiero gnostico, sono : ^ La figura di Simon Mago in At 8. "Questa è la potenza di Dio chiamata grande" (8,10). Secondo i Padri è il primo gnostico ; "ex quo omnes haereses substituerunt" (Ireneo, Adv User I 16,2). ^ Le due lettere ai Corinzi. Secondo alcuni commentatori gli avversari di Paolo sono gnostici. Cfr P. F. BEATRICE. Gli avversari di Paolo e il problema della Gnosi a Corinto, in "Cr St" 1985/1 pp 1-26. Nella prima epistola si parla molto della "conoscenze" e della "sapienza". Si incontrano gli "archontes", la figura del "protos Adam". L'opposizione "psychikón - pneumatikón". Mentre nella seconda sono da dibattere i temi della casa terrestre e celeste, il desiderio di ''essere trovato nudo" ecc ... ^ Nelle lettere della cattività (Ef e Col) il problema si pone a proposito dei concetti di "soma", "pleroma", preesistenza di Cristo, gli angeli, gli "elementi di questo mondo" … ^ Ugualmente nelle epistole pastorali sono da segnalare alcuni passi contro l'eresia gnostica :

1Tm 4,3 : essi impediscono il matrimonio e l'uso di alcuni alimenti 2Tm 2,18 : pretendono che la risurrezione abbia già avuto luogo 1Tm 6,20 : "evita le obiezioni di una pseudo-scienza'' 2Tm 4,3 : contrasto tra la "sana dottrina" = ''verità" con le "favole" "Tu però vigila

attentamente". ^ Ebrei : Secondo Kasemann, il tema centrale dell'epistola agli Ebr è il pellegrinaggio del popolo di Dio e le katapausis celeste, una idea che corrisponde alla nozione del viaggio celeste dell'anima. Il Cristo è presentato come "hodegos = dux", che ci prepara l'entrata nel cielo attraverso la sua carne.

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- Anche la letteratura giovannea è segnata da elementi polemici antignostici. Per il quarto vangelo è stato Rudolph Bultmann a vedere in esso un forte influsso gnostico. Effettivamente ''ignorare il problema gnostico nella interpretazione di Gv è impossibile" (Stemberger). Lo studio delle relazioni si impone a proposito di : ^ Il Prologo ^ il dualismo giovanneo ^ Questioni cristologiche : - origine del redentore

- discesa e ascesa del redentore - il figlio dell'uomo e il mito dell' àntropos - il ''figlio" come titolo di Gesù - la formula "egò eimì"

^ la redenzione come liberazione ì l'escatologia realizzata di Gv e le nozioni gnostiche del tempo - Parimenti la 1Gv mostra accettazione della terminologia gnostica e insieme forte polemica contro la gnosi.

3,9 : "chi è nato da Dio non può peccare, perché il suo seme rimane in lui" 2,29 : "essere generati da Dio" 3,2 : "non è ancora apparso ciò che saremo" 5,19 : "tutto il mondo giace sotto il potere del maligno"

La avversione nei confronti delle idee gnostiche si ha là dove confessa "Gesù Cristo venuto nella carne" (4,2) cioè la identità del Signore Risorto con il Gesù storico ; sottolinea inoltre l'esigenza di una condotta coerente con il mondo della luce, "Chi dice : lo conosco e non osserva i suoi comandamenti è un mentitore" (cf 1,6-10 ; 2,3-11). - Una conclusione breve può essere : ^ L'esistenza di una dottrina gnostica nel primo secolo, libera da qualsiasi influsso cristiano è altamente probabile ; ^ una fonte fondamentale di tale gnosi è il giudaismo "eterodosso" ^ Lo gnosticismo è una forma di pensiero e di prassi contro cui si muovono gli autori del NT, specie Paolo e Giovanni, allo scopo di preservare da contaminazioni ed equivoci il messaggio cristiano. ^ E' possibile che il linguaggio della gnosi abbia influito sui termini usati dagli agiografi del NT nel loro sforzo di presentare il mistero di Cristo in una forma significativa per i destinatari. ^ Ma sono maggiori gli spunti polemici rispetto alla adozione dei termini o delle immagini. - Ugualmente interessante potrebbe essere un discorso di attualizzazione della problematica posta dallo gnosticismo. E' soltanto lo specchio di un'epoca oppure interpreta esigenze religiose universali ? Una riduzione speculativa, intellettualistica del fatto cristiano può venire assimilata al fenomeno della gnosi ? Se ne colgono tracce nella nostra cultura ?

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TESTIMONIANZE SU GESU' NEL MONDO ANTICO EXTRACRISTIANO

Come appendice al vasto studio dedicato allo sfondo giudaico e greco del NT, può risultare utile accostare alcune testimonianze della Antichità riferentesi alla persona di Gesù e al fenomeno che da lui ha avuto origine. Si tratta di pochi testi - e per questo ancora più preziosi - che fondano storicamente la persona di Gesù e aiutano a capire l'atteggiamento degli autori non cristiani davanti alla figura e al messaggio di Gesù. Il prospetto comprende la testimonianza di Giuseppe Flavio più alcune informazioni che ci forniscono Tacito, Svetonio e Plinio.

I testi sono estratti dall'opera "Fonti e studi di Storia della Chiesa", a cura di Paolo BREZZI, vol I, Marzorati Ed. , Milano 1962

IL "TESTIMONIUM FLAVIANUM"

"Ora ci fu verso questo tempo Gesù, uomo sapiente, seppure bisogna chiamarlo uomo ; era infatti facitore di opere straordinarie, maestro di uomini che accolgono con piacere la verità. E attirò a sé molti Giudei e anche molti Greci. Costui era il Cristo. E avendo Pilato, per denunzia degli uomini principali fra noi, punito lui di croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti comparve loro il terzo giorno nuovamente vivo, avendo già detto i divini profeti queste e migliaia d'altre cose mirabili riguardo a lui. E ancora adesso non è venuta meno la tribù di quelli, che da costui, sono chiamati cristiani"(Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, Lib XVIII, c 3)

Questo passo di Giuseppe Flavio è stato ripreso in greco anche da Eusebio di Cesarea (265-340) nella Storia Ecclesiastica. Viene riportato in latino anche da San Gerolamo nell'opera "De viris illustribus" ; ci è pervenuto anche in arabo nella "Storia universale" di Agabio, vescovo melchita di Ierapoli nel X secolo, e in siriano nella Cronaca di Michele il Siro (secolo XII). Vi sono divergenze tra queste diverse versioni. In particolare salta all'occhio la sobrietà della versione araba, nella quale sono assenti gli elementi tipicamente cristiani. Tra la posizione di coloro che accettano integralmente il Testimonium Flavianum e quella di chi la respinge in blocco come pura interpolazione, si colloca la maggioranza degli studi più recenti, che preferiscono distinguere tra un testo base, risalente allo storico ebreo, e alcune glosse di mano cristiana. Quasi sicuramente sono aggiunte cristiane le frasi seguenti : "se pur conviene chiamarlo uomo" ; "egli era il Messia" ; "i maggiori responsabili del nostro popolo" locuzione inusuale sotto la penna di Flavio ; "apparve loro il terzo giorno di nuovo vivo". E' difficile infatti sostenere una confessione di fede cristiana in Flavio ; egli non è diventato un discepolo di Gesù, come risulta dall'insieme della sua opera e dalla precisa puntualizzazione di Origene (In Matth. 1,17 ; C. Cels. 1,47), secondo cui lo scrittore ebreo non credeva alla messianicità di Gesù. "E’ logico concludere che tanto le riserve critiche sul testo greco, quanto la versione araba di Agapio convergono nell'offrirci, sia pure con approssimazione, il probabile tenore originario del Testimonium Flavianum, che ci dà le informazioni essenziali sulla figura, l'attività e la sorte finale di Gesù e di una testimonianza su di lui" (Penna).

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LA TESTIMONIANZA DI TACITO

"Poiché né per opera umana, né per elargizioni dell'imperatore, né con offerte agli dei scemava la diceria che l'incendio fosse stato comandato, Nerone per soffocarla produsse come rei, punendoli con raffinati tormenti, coloro che, odiati per i loro delitti, erano dal volgo chiamati Cristiani. L'autore di questa setta, Cristo, al tempo di Tiberio, fu dal procuratore Ponzio Pilato mandato al supplizio, ma quella esiziale superstizione, repressa un istante, di nuovo rinasceva, e non solo per la Giudea, origine di questo male, ma anche in Roma, dove affluiscono e prosperano tutte le cose atroci e vergognose. Presi dunque prima, quelli che confessavano, poi per loro indizio una grande moltitudine, non furono tanto accusati dell'incendio di Roma, quanto dell'odio verso il genere umano. Alla morte fu aggiunto lo scherno, poiché parecchi vestiti di pelle di fiere, erano dilaniati dai cani, altri affissi alle croci o bruciati, altri accesi da fiaccole nelle tenebre della notte. Nerone concesse i suoi giardini per questo spettacolo e, vestito da auriga, celebrava i giochi circensi in mezzo alla folla o sedendo sul carro. Onde di quei miseri, benché colpevoli e degni di ogni più severo castigo, nasceva un sentimento di commiserazione, perché apparivano immolati non per pubblica utilità, ma per saziare la crudeltà di uno solo". (Annales 15, 44,2-5)

Riporto il commento al testo di Romano Penna : "Questo passo ha tutta la forza per parlare da solo. Annotiamo soltanto alcuni dati. Quanto alla responsabilità dell'incendio di Roma, se Tacito avanza il sospetto che sia di Nerone stesso, essa viene esplicitamente attribuita a lui da Plinio il Vecchio (Hist. nat. 17,1), da Svetonio (Nero 38-39), da Dione Cassio (Hist. 60,46). E se quest'ultimo non accenna minimamente ai cristiani (un fatto che è certamente dovuto a un partito preso), il loro tragico coinvolgimento nell'affare trova una probabile allusione in Clemente romano (Ad Cor. 5-6) ed è confermato da Svetonio (cf Nero 16 : Aff licti suppliciis Christiani, genus hominum superstitionis novae ac maleficae), anche se questi ne parla a parte. E' da notare la locuzione 'ingens moltitudo', che attesta l'ampia estensione delle comunità cristiana romana ... le crocifissioni furono eseguite non in relaziona alla condanna di Cristo (la cui pena non viene qui neppure menzionata), ma come semplice applicazione del più infamante e doloroso supplizio remano. Tutto avvenne negli "horti" di Nerone, situati sul colle Vaticano, e nel vicino Circo di Gaio (= Caligola), al centro del quale si ergeva l’obelisco egiziano attualmente in Piazza San Pietro. Ma la cosa più notevole nel passo di Tacito è certamente le notizia circa Cristo stesso ; sia pur stringata, essa contiene una precisa informazione storica (sotto l'imperatore Tiberio ed il procuratore Ponzio Pilato) e geografica (la Giudea come luogo di origine del movimento da lui iniziato). L'espressione 'supplicio adfectus' pur non comportando necessariamente la pena della crocifissione, allude ad una condanna a morte, eseguita con strumenti di tortura. E' questa la testimonianza pagana antica più completa sulla figura di Gesù" Può colpire il giudizio negativo di Tacito sul cristianesimo : ne parla infatti nei termini di "execrabilis superstitio" e dei seguaci di Gesù dice che erano "odiati per i loro delitti", "colpevoli e degni di ogni più severo castigo". Occorre ricordare che Tacito è uomo di studio, ma non senza agganci con la vita politica del suo tempo ; è stato proconsole in Asia negli anni 112-113. La sua mentalità può essere

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considerata rappresentativa di un certo tipo di cultura romana che ragiona ancora con le categorie della onestà repubblicana e vede negli avvenimenti dell'epoca imperiale i segni della decadenza e del disordine. Anche il cristianesimo è un movimento di disordine, uno dei tanti segni della decadenza dell'età imperiale. SVETONIO, CLAUDIUS, 25. 3-4

"Iudaeos impulsore Chresto assidue tumultuantes Roma expulit" Questa informazione coincide parzialmente con quella di Atti 18,2 "…in seguito all'ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei" e con quella di Dione Cassio, Hist. 60,6,6. Il provvedimento in questione dovrebbe essere dell'anno 49, ma quasi certamente non ebbe la estensione - ampiezza supposta da Atti, altrimenti la cosa non sarebbe stata passata sotto silenzio da altri storici come Flavio e Tacito. Fu la identità messianica di Gesù a determinare tensioni e disordini tra la comunità giudaica e quella cristiana ? Interessante è anche lo storpiamento del nome Cristo in "Chresto". Doveva risultare così strano elle orecchie greche-latine il nome di unto-unti dato ad un individuo e ai suoi seguaci, che sembrava più logico (ed anche più divertente) chiamarli "chrestoi" che in greco significa "utili - buoni" (probabilmente in senso ironico). IL QUESITO DI PLINIO E LA RISPOSTA DI TRAIANO Si tratta di una lettera che Plinio, inviato quale governatore in Bitinia (Asia Minore), manda nell'anno 113 dC a Traiano, imperatore di Roma dal 98 al 117 dC, per chiedere come comportarsi nei processi contro i cristiani. Di questo lungo testo a noi interessa solo il passo riguardante più da vicino il fenomeno cristiano :

" ... affermavano poi che questa in fondo era la loro colpa o il loro errore, cioè di essersi radunati un dì stabilito, innanzi giorno e di cantare alternativamente fra loro inni a Cristo come a un dio e di obbligarsi con giuramento, non già a commettere qualche delitto, ma di astenersi da ruberie, assassinii, adulteri, di mantenere le parola data e, richiesti, di restituire il deposito. Dopo di che era loro costume di andarsene, per raccogliersi poi di nuovo a fare insieme un pasto, ma ordinario e innocente. Da tutte queste cose si erano già astenuti dopo il mio editto, che, secondo i tuoi ordini, aveva vietato le associazioni. Tanto più ricercai per mezzo della tortura che cosa vi fosse di vero da due schiave che si dicevano ministre. Non trovai nient'altro che una prava e sfrenata superstizione. Perciò, sospeso il processo, ricorsi a te per consiglio, perché la cosa mi pareva degna di consulto per il grande numero di accusati, giacché molti di ogni età, di ogni ordine, di ogni sesso, sono o saranno chiamati in giudizio. Né solo per le città ma anche per le borgate e le campagne si è diffuso il contagio di questa superstizione, la quale sembra si possa arrestare o correggere ... "

L'imperatore risponderà con un rescritto penoso dal punto di vista giuridico : da una parte infatti consiglia di non andare a scovare i cristiani come pubblici malfattori, ma qualora essi vengano deferiti in tribunale e accusati, bisogna perseguirli come colpevoli !

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OSSERVAZIONI GENERALI ^ Come si vede, le testimonianze del mondo extrabiblico del primo secolo intorno a Gesù e al cristianesimo, sono poche : Flavio come esponente del giudaismo illuminato. Tacito, Svetonio e Plinio quali rappresentanti della romanità, inizio secolo II. Si potrebbero citare per completezza alcuni testi della tradizione rabbinica e più tardi della letteratura islamica. Un primo aspetto dunque da segnalare è la esiguità delle testimonianze, tanto che si è parlato di silenzio degli autori non cristiani su Gesù. Ciò è dovuto senz'altro alle proporzioni modeste del fenomeno cristiano nel primo secolo della sua esistenza. Non ha certo influenzato né tanto meno sconvolto la grande storia, cioè la struttura politica e sociale dell'epoca. "Questo relativo silenzio è comprensibile, tenuto conto della scarsa rilevanza politica del fatto di Gesù e dell'impostazione prevalentemente politica e militare della storiografia profana del tempo" (Martini). ^ Un secondo dato da registrare è la riduttività o meglio la negatività delle testimonianze edotte. Il giudizio di Tacito, Svetonio e Plinio non è certo favorevole ed elogiativo. Se però si va a ricercare il fondamento obiettivo di un simile parere, ci si accorge che esso è inconsistente. Nel caso dell'incendio di Roma i cristiani appaiono come il capro espiatorio della follia dell'imperatore e della esasperazione popolare ; nella informazione di Svetonio essi vengono confusi con l'ambiente giudaico. L'unico capo di imputazione che si ha poi nella lettera di Plinio consiste nel non riconoscere altre divinità al di fuori di Cristo. E l'immagine dello jus romanum in questa corrispondenza imperiale risulta notevolmente compromessa. ^ "In realtà appare dai documenti che Gesù non è stato testimoniato in maniera completa, se non da testimoni impegnati, cioè da credenti. Questo fatto, lungi dall'essere motivo di disagio per lo storico, appare come una prima indicazione della trascendenza del fenomeno di Gesù. Se veramente il fatto di Gesù e il suo significato salvifico sono inseparabili e formano un tutto inscindibile, ne segue che chi testimonia sul fatto di Gesù secondo la sua totalità ( e non secondo riduzioni arbitrarie), ne annuncerà necessariamente insieme il valore rilevante e salvifico ... forse così si spiega come Pascal abbia potuto affermare, riguardo al silenzio dei pagani su Gesù : 'Tant s'en faut que cela fasse contra, qu'au contraire cela fait pour'. Questo silenzio è un segno provvidenziale dell'inseparabilità dell'elemento umano e divino, storico e religioso, nel fatto di Cristo" (Martini). CONCLUSIONE

Si chiude così la parte più consistente di questo corso di Introduzione al Nuovo Testamento. Il percorso che abbiamo seguito ci ha portato dapprima in territorio giudaico a conoscere i fatti della politica, le correnti di pensiero e di azione e le abbondantissima letteratura che fanno da sfondo alla nascita del cristianesimo. In un secondo momento abbiamo esplorato il fondale ellenistico - romano con lo studio dei culti misterici e della gnosi.

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L'impressione globale può essere quella di un guazzabuglio, di una grande confusione dove è difficile orientarsi. Effettivamente l'epoca che vede la genesi del cristianesimo è un caleidoscopio vivacissimo, con dei movimenti culturali notevoli e aggressivi, che avrebbero potuto spegnere sul nascere la proposta cristiana. Se essa ha potuto nascere e affermarsi, ciò può essere attribuito ad una veglia divina sulla storia. E d'altra parte non abbiamo voluto fare l'inventario delle "forze contro", ma piuttosto conoscere quelle istanze culturali che sono penetrate più o meno negli scritti cristiani del I secolo e che sono utili in ordine alla loro comprensione. - Il livello di questo studio desiderava essere di "alta divulgazione". E' evidente infatti che ciascun capitolo meriterebbe di per sé un approfondimento maggiore, una trattazione più accurata ed esaustiva, cioè un lavoro di specializzazione. Ma è vero che la specializzazione consiste nel "sapere sempre di più su sempre di meno". Questo appartiene ad un livello superiore di studi biblici o teologici : lì bisogna andare più in profondità che in estensione. Per un curriculum istituzionale qual è il nostro è più che sufficiente conoscere le informazioni che sono state date. Lo ripetiamo : esse sono state fornite non per "sapere" di più = finalità erudita, ma per "capire" di più = finalità ermeneutica. Non tutti i dati sono essenziali e vanno ritenuti allo stesso modo ; alcuni sono di contorno o vanno attribuiti ad una necessità di completezza informativa che appartiene alla dignità di un lavoro scritto, altri invece sono di sostanza e quindi vanno ricordati. Fa parte della intelligenza distinguere gli uni dagli altri. - Non è sufficiente di un corso accademico ritenere per l'avvenire solo il ricordo di una esperienza fatta e archiviata o semplicemente un'impressione globale. Troppo poco ! La validità di un corso al di là delle informazioni memorizzate e trasmesse in sede di esame, la cui verifica quindi è limitante seppur necessaria, si ha nelle idee profonde che sono passate, nei valori che sono stati assunti, in nuovi parametri di giudizio che sono stati acquisiti. Qual è l'impressione offerta da questo studio ? Interessante ? Palloso ? Erudito ? Soporifero ? Utile ? Superfluo ? ... Una conclusione manzoniana può non essere irriverente : "La quale, se non v'è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l'ha scritta, e anche un pochino a chi l'ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s'è fatto apposta"… - Con ciò non può dirsi esaurita la Introduzione al NT. Rimane un altro importante capitolo da affrontare : quello relativo al discorso ermeneutico. Se il cammino percorso finora è stato quasi esclusivamente di carattere storico-informativo, si impone ora lo studio delle leggi della comprensione del messaggio biblico, della sua vivibilità e attualizzazione. L'ermeneutica biblica non è altro che una applicazione speciale del problema ermeneutico, che da alcuni secoli sta travagliando la nostra cultura. Cercheremo dunque di renderci conto di questi problemi. Qualcuno potrà anche dire : "Paulo maiora canamus !"

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SULLA SOGLIA DEL NUOVO TESTAMENTO ____________________________ 1

IMPOSTAZIONE DEL CORSO ____________________________________________________________ 1 Sulla soglia del NT _______________________________________________________________________ 1 Che cosa si intende per Introduzione al NT ____________________________________________________ 3 Finalità dello studio ______________________________________________________________________ 6 Retrospettiva storica sulla Int. ______________________________________________________________ 8

PARTE PRIMA : STORIA DEL NUOVO TESTAMENTO ______________________________________ 9 Nozioni da precisare _____________________________________________________________________ 10 Le fonti. La figura e l’opera letteraria di Giuseppe Flavio _______________________________________ 11 Bibliografia relativa allo sfondo storico del NT _______________________________________________ 14

LA DINASTIA ASMONEA ________________________________________________________________ 14 Giovanni Ircano (134-104 aC) _____________________________________________________________ 14 Alessandro Janneo (103-76 aC) ____________________________________________________________ 15 Alessandra Salome (76-67 aC) ____________________________________________________________ 17 La fine della dinastia Asmonea ____________________________________________________________ 18

IL DOMINIO DI ROMA __________________________________________________________________ 20 La condotta di Pompeo in Palestina _________________________________________________________ 20 Il periodo di transizione (63-37) ___________________________________________________________ 21 Cesare e Antonio in Oriente _______________________________________________________________ 22

IL REGNO DI ERODE IL GRANDE (37- 4 aC) ______________________________________________ 25 Gli inizi ______________________________________________________________________________ 25 Politica, interna ________________________________________________________________________ 26 La tragedia familiare ____________________________________________________________________ 28 Nota cronologica _______________________________________________________________________ 29 Il dopo Erode __________________________________________________________________________ 30 La Giudea, sotto i procuratori romani _______________________________________________________ 32

LA GUERRA GIUDAICA _________________________________________________________________ 34 Le cause ______________________________________________________________________________ 34 Svolgimento della guerra _________________________________________________________________ 36 La seconda rivolta giudaica (132 - 135) ______________________________________________________ 40

PARTE SECONDA : IL MONDO CULTURALE E RELIGIOSO DEL GIUDAISMO ______________ 42

I MOVIMENTI RELIGIOSI IN PALESTINA ALL'EPOCA DI GESU ___________________________ 42 Un caleidoscopio di idee e di fermenti _______________________________________________________ 42 I Farisei ______________________________________________________________________________ 43 I Sadducei _____________________________________________________________________________ 45 Gli Esseni _____________________________________________________________________________ 47

QUMRAN ______________________________________________________________________________ 48 Bibliografia ___________________________________________________________________________ 48 Il fatto archeologico _____________________________________________________________________ 49 Ipotesi di ricostruzione storica _____________________________________________________________ 50 La biblioteca di Qumran _________________________________________________________________ 51

A. Materiale biblico ___________________________________________________________________ 52 B. Letteratura della setta _______________________________________________________________ 53 C) Letteratura Apocrifa ________________________________________________________________ 56

Fisionomia della comunità di Qumran _______________________________________________________ 56 Qumran e il Nuovo Testamento ____________________________________________________________ 59 Appendice : gli zeloti ____________________________________________________________________ 59

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LE ISTITUZIONI DEL MONDO GIUDAICO ________________________________________________ 60 La sinagoga e il suo culto _________________________________________________________________ 60 Gli Scribi _____________________________________________________________________________ 63 Il sinedrio _____________________________________________________________________________ 64

IL GIUDAISMO DELLA DIASPORA _______________________________________________________ 65 Premessa ______________________________________________________________________________ 65 Status giuridico ed organizzazione _________________________________________________________ 67 Adesioni e ripulse _______________________________________________________________________ 68

PARTE TERZA : LA LETTERATURA DEL GIUDAISMO ANTICO ____________________________ 69 Premessa generale ______________________________________________________________________ 69

LA LETTERATURA TARGUMICA ________________________________________________________ 70 La nozione ____________________________________________________________________________ 70 I Targum più importanti __________________________________________________________________ 72 Perché studiare il Targum ? _______________________________________________________________ 73 Targum e Nuovo Testamento ______________________________________________________________ 74

IL MIDRASH ___________________________________________________________________________ 75 La terminologia ________________________________________________________________________ 75 Regole della esegesi giudaica antica ________________________________________________________ 76 Serve a qualcosa il midrash ? ______________________________________________________________ 77

LA LETTERATURA RABBINICA _________________________________________________________ 79 Vita e pensiero giudaico dopo il 70 _________________________________________________________ 79 La Mishna ____________________________________________________________________________ 80 Il Talmud _____________________________________________________________________________ 82

LA LETTERATURA APOCRIFA __________________________________________________________ 83 Le opere ______________________________________________________________________________ 83 Fisionomia letteraria ____________________________________________________________________ 85 Significato di questa produzione ___________________________________________________________ 85

LA LETTERATURA APOCALITTICA _____________________________________________________ 86 Gli antecedenti _________________________________________________________________________ 86 Caratteristiche del genere apocalittico _______________________________________________________ 88 L' Apocalisse di Esdra ___________________________________________________________________ 90

PARTE QUARTA : L' AMBIENTE ELLENISTICO-ROMANO DEL NT ________________________ 91

LE RELIGIONI MISTERICHE ____________________________________________________________ 93 Che cosa sono i misteri ? _________________________________________________________________ 93 Forme principali di religioni misteriche ______________________________________________________ 97 I misteri e il Nuovo Testamento ____________________________________________________________ 98

LA GNOSI ______________________________________________________________________________ 99 Premessa ______________________________________________________________________________ 99 Le Fonti _____________________________________________________________________________ 101 La dottrina della gnosi __________________________________________________________________ 102 C'è un significato in tutto questo ? _________________________________________________________ 104

NAG ‘HAMMADI ______________________________________________________________________ 105 La scoperta ___________________________________________________________________________ 105 La biblioteca di Nag Hammadi ___________________________________________________________ 106 Il Vangelo di Tommaso _________________________________________________________________ 107 Gnosi e Nuovo Testamento ______________________________________________________________ 110

TESTIMONIANZE SU GESU' NEL MONDO ANTICO EXTRACRISTIANO ___________________ 112 Il "Testimonium Flavianum" _____________________________________________________________ 112

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La testimonianza di Tacito _______________________________________________________________ 113 Svetonio, Claudius, 25. 3-4 ______________________________________________________________ 114 Il quesito di Plinio e la risposta di Traiano __________________________________________________ 114 Osservazioni generali ___________________________________________________________________ 115

CONCLUSIONE ________________________________________________________________________ 115