13° CardiolinK .21-Dossier dicembre 2010 Estrazione Necessaria

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21 CardioLink d ossier Dal 1980 a oggi, si e visto cre- scere in maniera esponenziale il numero degli interventi di impianto di pacemaker consi- derati indispensabili nel tratta- mento delle patologie del ritmo cardiaco di tipo sia ipocinetico sia ipercinetico. Notevoli progressi tecnologici sono stati compiuti con la pre- senza sul mercato di vari mo- delli con differente modalità di stimolazione: pacemaker in funzione VVIR monocamerali con un solo elettrocatetere da stimolazione posizionato in apice del ventricolo destro; pa- cemaker in funzione DDR bica- merale con due elettrocateteri da stimolazione posizionati in atrio destro e apice del ventri- colo destro; pacemaker ICD con elettrocatetere da stimolazione e defibrillazione; pacemaker bi- ventricolari resincronizzanti, molto utilizzati in questi ultimi anni per la terapia dello scom- penso cardiaco, con elettrocate- teri da stimolazione in atrio destro, ventricolo destro e seno coronarico; pacemaker in sti- molazione bifocale o polifocale con l’utilizzo di siti di impianto alternativi, tuttora al vaglio scientifico. Proporzionalmente al numero di pacemaker im- piantati, si evidenzia un incre- mento del numero di elettroca- teteri da stimolazione talora molto diversi tra di loro per caratteristiche tecniche, mate- riali, resistenza alla trazione, rivestimento, modalità di fissa- zione, diametro e funzione. Con il notevole incremento del nu- mero e della qualità delle proce- dure di impianto di pacemaker, ci si e posti il problema delle possibili complicanze precoci e tardive di tipo infettivo o da malfunzionamento in cui la ri- mozione di tutto o parte del si- stema di stimolazione risulta essere l’unica terapia utile nel garantire una completa guari- gione. Diversi autori concorda- no nel ritenere che il 2-5% circa degli impianti di pacemaker possa presentare a distanza di tempo problemi di tipo infettivo o da malfunzionamento. La presenza di elettrocateteri posizionati attraverso il siste- ma venoso nelle camere cardia- che ha evidenziato la problema- tica della loro eventuale rimo- zione, dopo diversi anni di per- manenza in sede, per la presen- za di aderenze fibrotiche o fi- brocalcifiche, talora molto este- se, lungo tutto il decorso veno- so e nel muscolo cardiaco. Tali aderenze spesso si presentano in maniera così estesa da ostruire completamente il lume vascolare, favorendo il manife- starsi di patologie, come la sin- drome ostruttiva della vena succlavia e della vena cava, od ostruendo tutte le vie di acces- so per il posizionamento di altri eventuali elettrocateteri da sti- molazione. La sola rimozione della cassa del pacemaker e/o la revisione chirurgica della tasca, lascian- do in situ gli elettrocateteri, non porta alla risoluzione del problema infettivo, ma a un ritardo nei tempi di guarigio- ne, favorendo l’aggravarsi della malattia. La presenza di piu elettrocateteri nel letto vascolare favorisce una mag- giore incidenza di eventi trom- botici e/o l’eventuale impianto di microrganismi patogeni. Un iniziale processo infettivo loca- le della tasca del pacemaker o la presenza di vegetazioni bat- teriche lungo il decorso posso- no evolvere, in un tempo piu o meno lungo, verso l’endocardi- te infettiva (EI), grave compli- canza che, se non risolta in tempi brevi, presenta indici di mortalita talora superiori al 50%. Prima dell’avvento delle attuali tecniche di rimozione transvenosa, l’unico rimedio valido era l’intervento cardio- chirurgico con modalita invasi- ve (sternotomia e toracotomia) eseguite in anestesia generale. Questa tecnica consentiva di ottenere modesti risultati, ma con lunghi tempi di degenza e guarigione. Uno dei fattori limitanti per il cardiochirurgo era il non facile approccio ai grossi vasi superiori (vena suc- clavia, vena cava). Le succes- sive tecniche di rimozione me- diante trazione manuale ag- gressiva, con bande elastiche o pesi presentavano più compli- canze (infezioni o traumi gravi, fratture o frammentazioni de- gli elettrocateteri) che risultati positivi; pertanto, sono state sconsigliate e generalmente ab- bandonate. Dal 1990 a oggi, progressivamente e costante- mente,si sono sviluppate varie tecniche di rimozione degli elettrocateteri che utilizzano esclusivamente la via trans venosa attraverso le vene suc- clavia sinistra e destra, giugu- lare destra e femorale destra. Per la rimozione degli elettro- cateteri vengono utilizzate le seguenti tecniche: Laser, Radi- frequenza e manuale in base alla personale scelta dell’opera- tore. La presenza del Cardio- chirurgo, del Chirurgo toracico o chirurgia idonea, come con- siglia il protocollo nazionale, resta comunque di notevole importanza per tutte quelle condizioni che impediscono la rimozione transvenosa o per le eventuali complicanze (tam- ponamento cardiaco, rottura cardiaca, lesione dei grossi vasi), sempre possibili e spesso non facilmente preventivabili. La tecnica di rimozione trans- venosa, pur essendo una tecni- ca complessa, emodinamica- mente cruenta e talora non esente da complicanze gravi o mortali, va attualmente consi- derata la metodica principe per la rimozione degli elettrocatete- ri infetti o danneggiati e per la risoluzione di sepsi gravi o malfunzionamenti a essi asso- ciati. È ampiamente dimostrato che la non rimozione spesso espone il paziente a gravi pro- blemi setticemici, con lunghe e inutili terapie antibiotiche, e che le stesse terapie, una volta rimosso il corpo estraneo infet- to, presentano maggiore effica- cia e possibilità di successo. Come per tutte le tecniche car- diologiche invasive, si consi- glia che venga praticata presso Centri altamente specializzati e dedicati, tenendo conto delle linee guida e dei protocolli nazionali (AIAC 2004). Giuseppe M. Calvagna Divisione di Cardiologia Ospedale San Vincenzo di Taormina-Messina ESTRAZIONE NECESSARIA Dopo tanti anni gli elettrocateteri di PM/ICD possono mostrare segni di cedimento... Principali problemi ed esperienze nell’estrazione e sostituzione degli elettrocateteri. Fig 1 e 2 Parziale decubito settico della cassa e degli elettrocateteri Figura 3. Elettrocatetere da defibrillazione mal funzionante per frattura distale. Figura 4. Fig.4 elettrocatetere da defibrillazione rimosso mediante tecnica manuale

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CardioLink• GiuseppeM.Calvagna DivisionediCardiologia OspedaleSanVincenzo diTaormina-Messina Figura4.Fig.4elettrocateteredadefibrillazionerimossomediantetecnicamanuale Fig1e2Parzialedecubitosetticodellacassaedeglielettrocateteri Figura3.Elettrocateteredadefibrillazionemalfunzionanteperfratturadistale.

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Dal 1980 a oggi, si e visto cre-scere in maniera esponenzialeil numero degli interventi diimpianto di pacemaker consi-derati indispensabili nel tratta-mento delle patologie del ritmocardiaco di tipo sia ipocineticosia ipercinetico.Notevoli progressi tecnologicisono stati compiuti con la pre-senza sul mercato di vari mo-delli con differente modalità distimolazione: pacemaker infunzione VVIR monocameralicon un solo elettrocatetere dastimolazione posizionato inapice del ventricolo destro; pa-cemaker in funzione DDR bica-merale con due elettrocateterida stimolazione posizionati inatrio destro e apice del ventri-colo destro; pacemaker ICD conelettrocatetere da stimolazionee defibrillazione; pacemaker bi-ventricolari resincronizzanti,molto utilizzati in questi ultimianni per la terapia dello scom-penso cardiaco, con elettrocate-teri da stimolazione in atriodestro, ventricolo destro e senocoronarico; pacemaker in sti-molazione bifocale o polifocalecon l’utilizzo di siti di impiantoalternativi, tuttora al vaglioscientifico. Proporzionalmente

al numero di pacemaker im-piantati, si evidenzia un incre-mento del numero di elettroca-teteri da stimolazione taloramolto diversi tra di loro percaratteristiche tecniche, mate-riali, resistenza alla trazione,rivestimento, modalità di fissa-zione, diametro e funzione. Conil notevole incremento del nu-mero e della qualità delle proce-dure di impianto di pacemaker,ci si e posti il problema dellepossibili complicanze precoci etardive di tipo infettivo o damalfunzionamento in cui la ri-mozione di tutto o parte del si-stema di stimolazione risultaessere l’unica terapia utile nelgarantire una completa guari-gione. Diversi autori concorda-no nel ritenere che il 2-5% circadegli impianti di pacemakerpossa presentare a distanza ditempo problemi di tipo infettivoo da malfunzionamento.La presenza di elettrocateteriposizionati attraverso il siste-ma venoso nelle camere cardia-che ha evidenziato la problema-tica della loro eventuale rimo-zione, dopo diversi anni di per-manenza in sede, per la presen-za di aderenze fibrotiche o fi-brocalcifiche, talora molto este-

se, lungo tutto il decorso veno-so e nel muscolo cardiaco. Taliaderenze spesso si presentanoin maniera così estesa daostruire completamente il lumevascolare, favorendo il manife-starsi di patologie, come la sin-drome ostruttiva della venasucclavia e della vena cava, odostruendo tutte le vie di acces-so per il posizionamento di altrieventuali elettrocateteri da sti-molazione.La sola rimozione della cassadel pacemaker e/o la revisionechirurgica della tasca, lascian-do in situ gli elettrocateteri,non porta alla risoluzione delproblema infettivo, ma a unritardo nei tempi di guarigio-ne, favorendo l’aggravarsidella malattia. La presenza dipiu elettrocateteri nel lettovascolare favorisce una mag-giore incidenza di eventi trom-botici e/o l’eventuale impiantodi microrganismi patogeni. Uniniziale processo infettivo loca-le della tasca del pacemaker ola presenza di vegetazioni bat-teriche lungo il decorso posso-no evolvere, in un tempo piu omeno lungo, verso l’endocardi-te infettiva (EI), grave compli-canza che, se non risolta intempi brevi, presenta indici dimortalita talora superiori al50%. Prima dell’avvento delleattuali tecniche di rimozionetransvenosa, l’unico rimediovalido era l’intervento cardio-chirurgico con modalita invasi-ve (sternotomia e toracotomia)eseguite in anestesia generale.Questa tecnica consentiva diottenere modesti risultati, macon lunghi tempi di degenza eguarigione. Uno dei fattorilimitanti per il cardiochirurgoera il non facile approccio aigrossi vasi superiori (vena suc-clavia, vena cava). Le succes-sive tecniche di rimozione me-diante trazione manuale ag-gressiva, con bande elastiche opesi presentavano più compli-canze (infezioni o traumi gravi,fratture o frammentazioni de-gli elettrocateteri) che risultatipositivi; pertanto, sono statesconsigliate e generalmente ab-bandonate. Dal 1990 a oggi,progressivamente e costante-mente,si sono sviluppate varietecniche di rimozione deglielettrocateteri che utilizzanoesclusivamente la via transvenosa attraverso le vene suc-clavia sinistra e destra, giugu-lare destra e femorale destra.Per la rimozione degli elettro-cateteri vengono utilizzate leseguenti tecniche: Laser, Radi-frequenza e manuale in base

alla personale scelta dell’opera-tore. La presenza del Cardio-chirurgo, del Chirurgo toracicoo chirurgia idonea, come con-siglia il protocollo nazionale,resta comunque di notevoleimportanza per tutte quellecondizioni che impediscono larimozione transvenosa o per leeventuali complicanze (tam-ponamento cardiaco, rotturacardiaca, lesione dei grossivasi), sempre possibili e spessonon facilmente preventivabili.La tecnica di rimozione trans-venosa, pur essendo una tecni-ca complessa, emodinamica-mente cruenta e talora nonesente da complicanze gravi omortali, va attualmente consi-derata la metodica principe perla rimozione degli elettrocatete-ri infetti o danneggiati e per la

risoluzione di sepsi gravi omalfunzionamenti a essi asso-ciati. È ampiamente dimostratoche la non rimozione spessoespone il paziente a gravi pro-blemi setticemici, con lunghe einutili terapie antibiotiche, eche le stesse terapie, una voltarimosso il corpo estraneo infet-to, presentano maggiore effica-cia e possibilità di successo.Come per tutte le tecniche car-diologiche invasive, si consi-glia che venga praticata pressoCentri altamente specializzati ededicati, tenendo conto dellelinee guida e dei protocollinazionali (AIAC 2004).

Giuseppe M. CalvagnaDivisione di CardiologiaOspedale San Vincenzo

di Taormina-Messina

ESTRAZIONENECESSARIA

Dopo tanti anni glielettrocateteri di PM/ICD

possono mostrare segni dicedimento... Principali problemi

ed esperienze nell’estrazionee sostituzione degli

elettrocateteri.

Fig 1 e 2 Parziale decubito settico della cassa e degli elettrocateteri

Figura 3. Elettrocatetere da defibrillazione mal funzionante per frattura distale.

Figura 4. Fig.4 elettrocatetere da defibrillazione rimosso mediante tecnica manuale