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Biblioteche e scienza 13 VEnezia DOcumenta Comune di Venezia

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Biblioteche e scienza13

VEnezia DOcumentaComune di Venezia

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Quale il ruolo delle biblioteche di pub-blica lettura nella diffusione delle com-petenze scientifiche? È il tema da cui si è sviluppato questo numero di VeDo che pone l'attenzione sull'importanza per ogni individuo di acquisire le competen-ze STEM (Science, Technology, Engine-ering, Mathematics) individuate come necessarie per garantire lo sviluppo, l'in-novazione e affrontare le sfide di doma-ni in maniera efficace e competitiva. Ne parlano bibliotecari, ricercatori, librai, docenti universitari, professionisti che riconoscono l'importanza della divulga-zione scientifica soprattutto fra i giovani, per superare stereotipi, luoghi comuni, dicotomie culturali e per colmare il gap, tipicamente italiano, tra cultura uma-nistica prevalente e cultura scientifica. Come sempre, il numero 13 è corredato da immagini riferite ai luoghi in cui si “fa scienza” nel nostro territorio e da una bibliografia rivolta ai più giovani.

a cura della Redazione

Science, Technology, Engineering, Mathematics:il ruolo delle biblioteche di pubblica letturadi Barbara Vanin

«Di matematica non ho mai capito niente». Rispondeva così durante una cena a casa di amici uno stimato primario ospedaliero di fronte ad un semplice calcolo matematico che gli avrebbe consentito di stabilire la data del suo diploma di maturità, ottenuto diciannove anni prima. «Basta fare meno venti più uno» rispondeva pronto mio figlio di nove anni.Mi colpisce sempre l’ostentazione, nostrana-crociana, dell’incompetenza nelle materie scientifiche che fa ammettere, con una punta di orgoglio, di essere stati delle frane in fisica o in matematica. Cultura umanistica come la sola cultura? Certo, lo sappiamo ed è il nostro essere italiani, critici, creativi e umanisti nel senso proprio. Una predominanza che si rileva in diversi ambiti, sebbene il nostro paese vanti illustri uomini di scienza: dal titolo di studio dei parlamentari - il 70% dei laureati ha una laurea in materie umanistiche -1 alla fisionomia delle raccolte in una biblioteca di pubblica lettura: la preponderanza di documenti che riguardano le classi di sapere umanistiche riflette la proposta editoriale che, a sua volta, richiama i gusti del pubblico e la produzione autoriale, scarsa nel proporre argomenti scientifici di taglio divulgativo di qualità. Nel caso specifico della Biblioteca civica VEZ del Comune di Venezia dove lavoro, nell’anno 2016 su ottanta eventi e attività culturali, solo sei sono stati di argomento scientifico. Su un totale di 135.5093 monografie la classe Letteratura (CDD 800) copre il 31,77% del totale contro poco meno del 10% per le competenze STEM: Science, Technology Engineering,

1 Fonte http://dati.camera.it/it/dati/.

Mathematics.2 I rapporti si ritrovano simili a livello di Rete Biblioteche Venezia, il sistema delle 21 biblioteche di pubblica lettura e specialistiche del Comune di Venezia, coordinate dalla VEZ.Eppure le competenze STEM sono riconosciute come il survivor skill set delle prossime generazioni perché in grado di favorire l’innovazione e lo sviluppo necessari ad affrontare gli anni futuri in diversi ambiti - economici, sociali, politici - oltre che essere la base quotidiana delle nostre esperienze e dei nostri bisogni. Approfondire un argomento così interessante e denso di spunti, anche per i bibliotecari, non è compito del breve scritto che vuole introdurre il tema di partenza di questo numero di VeDo: quale il ruolo che le biblioteche di pubblica lettura devono e possono avere nella promozione e nella divulgazione delle discipline STEM. Devono in quanto, per un verso, debitrici da sempre rispetto alla proposta e all’attenzione che hanno riservato alle discipline scientifiche e possono, perché hanno l’opportunità, attraverso la costruzione più attenta e la presentazione multidisciplinare delle raccolte valorizzate con l’adeguata proposta di attività culturali e didattiche, divulgare e contribuire ad incrementare queste competenze, abbattendo gli stereotipi di genere, impattando positivamente sullo sviluppo delle persone e della società.Superare la dicotomia tra le due culture: quale migliore investimento se non sui giovani? La grande maggioranza delle biblioteche di pubblica lettura ha una sezione bambini e ragazzi con

2 Ringrazio Stefano Buratto della Biblioteca civica VEZ per i dati forniti e per l’elaborazione del grafico seguente.

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propria collezione oltre che una proposta di attività didattiche, in genere orientate alla promozione della lettura, come dimostrano le consolidate iniziative del progetto Nati per Leggere. L’Associazione Italiana Biblioteche (AIB) – Sezione del Veneto ha lanciato nel 2016 una campagna di sensibilizzazione per la diffusione della scienza a partire dalle biblioteche. Ha coinvolto bibliotecari, docenti, ricercatori, librai, divulgatori scientifici e professionisti di istituzioni scientifiche italiane per sensibilizzare, in primis i bibliotecari, alla promozione della scienza attraverso la

didattica e la promozione della letteratura scientifica. Ne è nato il progetto Euklidea, come leggeremo nella presentazione curata dall’AIB Veneto, le cui finalità sono state presentate nel convegno di ottobre 2016, tenutosi a Venezia alla Fondazione Scientifica Querini Stampalia, che ha visto la partecipazione di molti professionisti diversamente interessati alla divulgazione delle scienze, generosi nell’accogliere l’invito a mettere per iscritto il proprio intervento e a contribuire a questo numero di VeDo. La Biblioteca VEZ partecipa al progetto

rivolgendosi ai giovani con la nuova sezione VEZ Junior dedicata ai bambini e ai ragazzi da 0 a 14 anni: una biblioteca di circa 600 mq. nella foresteria di villa Erizzo, inaugurata a dicembre 2016. Nella costruzione delle raccolte ampio spazio si è dato all’acquisizione delle novità editoriali pubblicate negli ultimi anni nell’ambito della divulgazione scientifica per ragazzi, volendo di fatto caratterizzare e orientare la biblioteca verso la promozione e lo sviluppo delle competenze STEM, soprattutto attraverso un approccio didattico-laboratoriale delle attività proposte alle scuole e all’utenza libera. A partire dall’autunno 2017 La settimana della scienza in VEZ Junior che, in occasione delle celebrazioni del Centenario di Porto Marghera avrà come argomento principale la chimica, avvierà un percorso continuativo finalizzato alla diffusione della STEM Literacy.3 È il contributo che le biblioteche pubbliche della Città di Venezia possono dare in quest’ambito assieme e in collaborazione con altre realtà del territorio come l’università (si veda il saggio di Prisca Piccoli, Teresa Scantamburlo, Marta Simeoni del DAIS, Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica di Ca’ Foscari), il Museo di Storia Naturale di Venezia (cfr. saggio di Mauro Bon), del Fab Lab (cfr. saggio di Andrea Boscolo), l’ISTAT sezione Veneto (saggio di Monica Bailot, Rina Camporese, Sara Letardi, Monica Novielli, Susi Osti) e le diverse associazioni che operano per lo sviluppo delle competenze scientifiche e di

3 In appendice, a cura dello staff della Biblioteca dei bambini e dei ragazzi VEZ Junior, si propone una breve bibliografia scientifica reperibile nelle biblioteche della Rete Biblioteche Venezia.

una mentalità critica in grado di generare nuovi stimoli, nuove domande, nuove soluzioni ai problemi globali che il prossimo futuro ci presenterà.

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È stato presentato a Venezia lo scorso 29 ottobre presso la Fondazione Querini Stampalia EUKLIDEA – crescere con le scienze il progetto fortemente voluto e sostenuto da AIB Veneto per promuovere la divulgazione scientifica nelle biblioteche.C’era bisogno di un altro progetto da mettere in cantiere?«Sì», risponderanno i nostri piccoli (e grandi) aspiranti scienziati. E non solo.L’iniziativa infatti non mira a creare scienziati ma a favorire un modo di approcciarsi al mondo con curiosità e spirito di osservazione, nell’idea che un atteggiamento scientifico faccia parte di uno dei bagagli con cui attrezzare i nostri cittadini (del domani, ma anche dell’oggi, ragazzi ma anche adulti).A farci entrare nel progetto ci hanno pensato Anna Cristini che ci ha condotti dentro ad un’indagine particolare: che cosa ne pensano i bambini dei libri di divulgazione scientifica? Un punto di vista imprescindibile per chiunque abbia voglia di cimentarsi con la divulgazione.Giacomo Spallacci intervenuto a ruota, ha raccontato l’esperienza di Editoriale scienza un esempio unico in Italia di casa editrice specializzata solo in libri scientifici.Andrea Vico, scrittore di libri di divulgazione, ci ha invece portati “fuori dalle scatole” a immaginare delle esperienze all’aperto, in ambienti naturali.Vichi De Marchi ha preso alla lettera delle parole tratte dal Manifesto di Euklidea «Per le biblioteche è ormai il momento di recuperare, colmare e soprattutto prevenire il gap di cui soffre la cultura scientifica italiana, eludendo i luoghi comuni,

purtroppo radicati, sulla scarsa predisposizione verso le scienze», ricordandoci l’apporto delle donne al pensiero e alla pratica scientifica e sfatando, ancora una volta (ma repetita iuvant) il luogo comune che vede le ragazze meno “portate” per le scienze.A chiudere la mattinata di interventi due librai, Vera Salton e Nicola Fuochi, cui dobbiamo la compilazione di una bibliografia che è disponibile sia in formato cartaceo che elettronico. Come scegliere libri tra la sterminata produzione annua che sforna il mercato? Come difendersi dai brutti libri, dai doppioni, dalle bufale? Leggendo, selezionando (come scienziati in laboratorio), in una operazione certosina di scelta in bilico tra novità e ripescaggi di “vecchi” libri che stazionano inerti negli scaffali delle biblioteche.Il pomeriggio è stato dedicato alla presentazione di esperienze, perché la scienza può essere raccontata anche in maniera mirabile, ma poi per capire, devo fare.E quindi spazio alla statistica con le esperienze divertenti e rigorose proposte da Susi Osti e Sara Letardi dell’ISTAT pronte a mettere in discussione sperimentando i luoghi più comuni cui ci imbattiamo quotidianamente.Annalisa Bugini di Tecnoscienza ci ha raccontato di come ha saputo trasformare una sconfitta in una opportunità per avvicinare anche i più piccoli al mondo delle scienze attraverso la creazione di laboratori didattici mirati, in cui ha saputo mettere in gioco il suo ruolo di “scienziata”.PLaNCK ovvero anche i piccoli possono scrivere di scienze. Agnese Sonato ha raccontato di questo nuovo modo di comunicare la scienza ai giovani

EUKLIDEA – crescere con le scienzea cura della Sezione Veneto dell’Associazione Italiana Biblioteche

attraverso una rivista ricca di fumetti, giochi ed esperimenti che si propone in una doppia veste linguistica, italiano ed inglese, e con un doppio formato: cartacea e online. Un ottimo strumento di divulgazione da leggere soprattutto nelle biblioteche.Coderdojo e Andrea Ferraresso ci hanno fatto provare l’ebbrezza del coding. Mauro Bon ci ha fatto fare una visita all’interno del Museo di Storia Naturale di Venezia che come moltissime realtà museali italiane non sono più luoghi solo da vedere, ma da agire, giocare e sperimentare.Mentre Francesca Tosoni ci ha portati a Trieste, una città ad “alto tasso di scienza”.Dopo una giornata così, che fare?Ce lo suggerisce Angela Munari, presidente di AIB Veneto: «Abbiamo lanciato un nuovo progetto perché crediamo fermamente che ce ne fosse bisogno. Da oggi in poi AIB Veneto è disponibile a lavorare per diffonderlo non solo sul nostro territorio regionale, ma a passare materiali (logo, locandine, consulenza) a tutte le biblioteche, scuole, associazioni che abbiano a cuore di avviare progetti educativi di tipo scientifico. A volte basta poco, un buon scaffale di libri, qualche rivista, e la voglia di mettersi in gioco. A volte basta anche meno: una sana dose di entusiasmo. Vorremmo riuscire a coinvolgere, anche tramite le sezioni regionali di AIB che vorranno diffondere l’iniziativa, un numero significativo di biblioteche e iniziative per poterci dare appuntamento tra un anno e fare, speriamo, un consuntivo positivo e rilanciare con nuove proposte e spunti teorici la promozione della cultura scientifica in Italia. Cerchiamo alleati. Non solo tra i bibliotecari, gli

insegnanti ma anche tra i divulgatori dei musei, delle case editrici: con le scienze cresciamo. Tutti. Adulti, bambini, ragazzi. E il Paese».Per leggere il manifesto e la bibliografia vai alla paginahttp://www.aib.it/struttura/sezioni/2016/57478-euklidea/[email protected]

Ecco 5 libri imperdibili presenti nella bibliografia:

Nicola Davies (ill. Emily Sutton), Mini. Il mondo invisibile dei microbi, Firenze, Editoriale Scienza, 2016.

Geena Forrest, Sei zampe e poco più. Una guida pratica per piccoli entomologi, Milano, Topipittori, 2016.

Guillaume Duprat, Zoottica. Come vedono gli animali?, Milano, L’Ippocampo Junior, 2013.

Sabuda, Reinhart, Enciclopedia Preistorica – I dinosauri, Milano, Fabbri, 2005, [Rizzoli, 2013].

Theodore Gray (foto Nick Mann), Le molecole. Gli elementi e l’architettura di ogni cosa, Milano, Rizzoli, 2015.

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Competenze digitali nella società dell’in-formazione

Lo sviluppo dell’informatica ha giocato un ruolo fondamentale nella trasformazione della società contemporanea. Non a caso gli studiosi hanno coniato numerosi termini, da infosfera a cyber-spazio, per registrare i profondi cambiamenti che la tecnologia informatica ha portato nella vita e nella cultura umana. Norbert Wiener, il fondatore della cibernetica, in una sua famosa opera sull’im-patto etico e sociale dell’allora nascente informati-ca spiega il valore universale del concetto stesso di informazione: tutta la vita può essere letta in ter-mini di scambio di informazione tra il sistema (sia esso naturale o artificiale) e l’ambiente esterno. Per Wiener la qualità della vita è fondamentalmente legata alla capacità di controllare tale comunica-zione non solo da un punto di vista fisiologico ma anche sociale e culturale. La sua grande intuizione gli permise di riconoscere con grande anticipo alcune cifre della società di oggi: «le necessità e la complessità della vita moderna accresceranno in misura maggiore il bisogno di questo processo informativo, più di quanto sia stato fatto finora, e la nostra stampa, i nostri musei, i nostri laboratori, le nostre università, le nostre biblioteche e i nostri libri di testo dovranno adeguarsi a tali necessità o falliranno nel loro intento» [7]. A distanza di anni, il filosofo dell’informazione, Luciano Floridi, riprendendo la lezione di Wiener, ha parlato di rivoluzione dell’informazione, che dopo quella copernicana, darwiniana e freudiana ha cambiato la nostra comprensione del mondo

Computer Science for AllLe sfide e le opportunità per la società dell’informazionedi Prisca Piccoli, Teresa Scantamburlo, Marta SimeoniDAIS - Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e StatisticaUniversità Ca’ Foscari Venezia

(per maggiori informazioni si veda [3]). Secondo Floridi, in una società costituita da informazio-ni, il benessere e il progresso umano dipendono sempre di più dalla capacità di comprensione e gestione del ciclo di vita dell’informazione. Nella concretezza della vita quotidiana queste parole as-sumono un sapore familiare. Basti, per esempio, pensare a quante attività umane sono profonda-mente intrecciate all’utilizzo dello smartphone o del web in generale. L’attaccamento alla tecnologia è espressione di questa rivoluzione profonda di cui parla Floridi. Essa non ha modificato “solo” i comportamenti sociali ma anche il modo di intendere la scienza e la tecnologia stessa. Infatti, la trasformata con-cezione dell’uomo, come essere informazionale, è alla base anche di un approccio integrato alla

tecnologia e alla scienza, ambiti che non possono essere più pensati in modo isolato, separatamente dalla società e dal contesto in cui si sviluppano. Alla base di questa prospettiva (nota anche per aver introdotto la nozione di “sistemi socio-tec-nici”), vi è una profonda interdipendenza: da un lato la tecnologia trasforma e modifica la società, dall’altro la società dà forma e costruisce la tec-nologia. Per capire questa duplice influenza basti nuovamente considerare la dinamica di sviluppo dei cellulari, i quali sono stati un potente fattore di cambiamento sociale fin dalla loro introduzio-ne, ma nel tempo sono diventati anche recettori di nuove funzionalità e bisogni emergenti, più o meno indirettamente, dalla società stessa.

Nella società dell’informazione comprendere la comunicazione tra l’uomo e la macchina sapen-do agire da attori protagonisti diventa un’urgenza primaria. Tale compito ha molte sfide da affronta-re. La prima riguarda il divario generazionale che separa coloro che sono cresciuti con le tecnolo-gie digitali, come i computer, internet e cellulari (i cosiddetti “nativi digitali”) e coloro che invece, essendo cresciuti nel periodo precedente a tali invenzioni, hanno dovuto imparare ad usarle in un secondo momento (i cosiddetti “immigrati di-gitali”). Un simile divario ricorda l’analfabetismo

del dopoguerra che la popolare trasmissione di Alberto Manzi, “Non è mai troppo tardi”, aveva cercato di colmare.

Oggi si tratta di diffondere un nuovo tipo di linguaggio, quello che caratterizza la comunica-zione tra gli uomini e le macchine, cercando di coinvolgere tutte le fasce della popolazione per-ché l’innovazione tecnologica sia il più inclusiva possibile. Ma al tempo stesso si tratta di dare spessore culturale alla capacità di utilizzo dei mezzi tecnologici perché spesso anche i nativi digitali possono esprimere solo una conoscenza superficiale e poco consapevole dei meccanismi che sottostanno alla tecnologia. La vera sfida è dunque quella di diffondere una forma di cono-scenza più profonda capace di rendere gli utenti soggetti attivi della trasformazione tecnologica e sociale. Questo ha diverse implicazioni. La prima è che per comprendere la comunicazione uomo-macchina, ma anche macchina-macchina, non ci si può “accontentare” di sapersi destreggiare con l’utilizzo di certi mezzi ma bisogna sforzarsi a svi-luppare le attitudini mentali che governano tale comunicazione. La seconda è che queste capacità mentali (che nel seguito di questo articolo chiame-remo pensiero computazionale) non possono essere sviluppate una volta per tutte ma hanno bisogno di una formazione continua, aperta all’evoluzione dei sistemi socio-tecnici. Nel presente articolo cercheremo di delineare il profilo di queste attitudini mentali che vanno sotto il nome di pensiero computazionale offrendo un breve panorama delle iniziative formative legate

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ad esse sia a livello nazione che internazionale. Il contributo, anche se non esaustivo, vuole aiutare a fare chiarezza su alcuni aspetti dell’informatica, focalizzando in modo particolare il significato e la portata del pensiero computazionale per stimola-re la riflessione critica e costruttiva sulla formazio-ne dei cittadini digitali e sul suo ruolo strategico per la società e l’economia.

Il pensiero computazionale

Il termine Informatica è comunemente utilizzato per indicare concetti anche molto diversi tra loro. Si può parlare di informatica per indicare temi prettamente accademici come ad esempio la “teo-ria della complessità computazionale”, ma anche per indicare aspetti specifici e tecnici, ad esempio “come utilizzare il foglio di calcolo”.E’ tutta informatica? O meglio, è tutta informati-ca allo stesso livello? Ci si aspetta che chi usa il foglio di calcolo abbia conoscenze di teoria della complessità computazionale? Viceversa, è indi-spensabile che chi insegna o fa ricerca nell’ambito della teoria della complessità computazionale sia anche esperto nell’uso del foglio di calcolo? E.W. Dijkstra, uno dei padri dell’informatica, ave-va ben chiari questi interrogativi e, paragonando l’informatica all’astronomia, affermava: «Com-puter Science is no more about computers than astronomy is about telescopes». Si tratta, di fatto, di saper distinguere tra informatica come disci-plina e informatica come uso degli strumenti. La mancanza di distinzione crea confusione perché viene a mancare una precisa caratterizzazione

della disciplina e delle competenze necessarie nei vari ambiti e ruoli.

Questa confusione diventa ancor più problemati-ca quando si tratta di insegnare informatica nella scuola. Insegnare a scuola l’uso di un certo stru-mento o applicazione o tecnologia da una parte è vincolante rispetto alla tecnologia adottata, che peraltro ha un ciclo di vita sempre più breve, e, dall’altra, è riduttivo rispetto all’ampiezza disci-plinare della materia. Invece, l’insegnamento dei concetti scientifici di base permette ai bambini e ragazzi di acquisire le attitudini mentali necessarie per sfruttare al meglio le potenzialità della tecno-logia senza legarsi agli aspetti strumentali.

Un modo per fare chiarezza è utilizzare un termi-ne distinto per caratterizzare gli aspetti fondanti e metodologici dell’informatica. L’espressione pen-siero computazionale è stata introdotta per la prima volta nel 1980 da Seymour Papert - matematico, informatico e pedagogista, allievo di Jean Piaget - parlando dell’insegnamento della program-mazione ai bambini ed identifica, nell’accezione maggiormente condivisa, «il processo mentale che sta alla base della formulazione dei problemi e delle loro soluzioni così che le soluzioni siano rappresentate in una forma che può essere imple-mentata in maniera efficace da un elaboratore di informazioni sia esso umano o artificiale» [9]. In altre parole, è lo sforzo intellettuale necessario a descrivere un insieme di regole/istruzioni precise ed inequivocabili per la soluzione di un problema. Le istruzioni definiscono l’algoritmo risolutivo, che diventa dunque un’espressione concreta dell’in-

telligenza umana e dei meccanismi del ragiona-mento. Ad esempio la sequenza di operazioni da eseguire per montare un mobile a partire dai suoi componenti, ordinare un mazzo di carte da gioco oppure decidere se un paziente che si presenta in pronto soccorso deve essere visitato immediata-mente oppure in un momento successivo.Il raggio d’azione del pensiero computazionale, infatti, va ben oltre l’utilizzo della tecnologia, e può essere indipendente da essa: non si tratta di ridurre il pensiero umano, creativo e fantasioso, al mondo meccanico e ripetitivo di un calcolatore, bensì di far comprendere all’uomo quali sono le effettive possibilità di estensione della propria in-telligenza mediante il calcolatore. Il fine ultimo di questo approccio mentale, quindi, è quello di fa-cilitare la scoperta di soluzioni innovative e creati-ve ai problemi quotidiani, perciò, esercitarlo non significa limitarsi a fornire risposte standardizzate, ma acquisire abilità indispensabili per la soluzione di problemi relativi a ogni disciplina. Ciò si rivela particolarmente utile in una società come quella attuale, nella quale i giovani si trovano ad affron-tare un mercato del lavoro che richiede sempre maggiore flessibilità e capacità di adattamento.

Dunque, pensare computazionalmente non si-gnifica né programmare un computer né pensare come un computer, anche perché, chiaramente, i computer non pensano. Se la programmazione può essere descritta come l’attività che permette di dire ad un computer cosa deve fare e come, allora il pensiero computazionale è quel che ci permette di definire esattamente cosa dovremmo dire al computer di fare. Ad esempio, se ci accor-

diamo per incontrare qualcuno in un posto in cui non siamo mai stati, avremo probabilmente bisogno di pianificare il percorso. In particolare, potremmo voler analizzare le alternative possibili per valutare la migliore rispetto ai nostri bisogni (il percorso più veloce, quello più corto, oppure quello che passa per un certo punto della città). Una volta stabilito l’itinerario, dovremo raggiun-gere il luogo di incontro seguendo le direzioni passo per passo. In tale situazione, l’attività di pia-nificazione è legata al pensiero computazionale (il progetto dell’algoritmo) mentre la codifica del per-corso (come indicazioni testuali oppure disegnate su una mappa stradale) rappresenta la program-mazione vera e propria.

Il pensiero computazionale dunque trova applica-zione in molteplici contesti, solo in piccola parte

legati all’informatica, perché riguarda la capacità di descrivere con chiarezza ed in modo sintetico

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come si deve svolgere un processo, tenendo con-to delle alternative possibili, decidendo a priori come comportarsi a fronte di eventi che ancora non si sono verificati ed individuando model-li astratti applicabili a diverse parti del processo stesso. Possono essere identificati quattro com-ponenti principali del pensiero computazionale:Decomposizione: suddividere i problemi, i processi o i dati in componenti più piccole e più facili da affrontare;Riconoscimento di Pattern: scoprire regola-rità, strutture ripetitive, schemi ricorrenti all’inter-no delle componenti con l’obiettivo di fare pre-dizioni;Generalizzazione di Pattern o Astrazio-ne: identificare i meccanismi generali all’interno dei pattern;Progettazione di Algoritmi: definizione delle istruzioni elementari che permettono di risolvere il problema dato, anche sulla base di problemi si-mili.

Numerosi studi realizzati da importanti studiosi come Mitchel Resnick del MIT (Massachusetts Institute of Technology) [5] and Jeannette Wing della Carnegie Mellon University [8] dimostra-no che il pensiero computazionale incrementa la capacità degli studenti di affrontare problemi complessi o con alto grado di ambiguità. Gli stu-diosi suggeriscono quindi di insegnare il pensiero computazionale a tutti gli studenti, indipendente-mente dal percorso di studio scelto. Infatti, essere in grado di affrontare un problema, suddivider-lo in parti di dimensione più piccola, lavorare su ciascuna di esse separatamente e poi riunire tutto

con l’obiettivo di risolvere il problema iniziale permette di acquisire competenze di cui possono beneficiare figure professionali di ogni campo.

È importante quindi sviluppare il pensiero com-putazionale fin dai primi anni di scuola per con-sentire il contemporaneo rafforzamento della combinazione di competenze logiche, capacità di astrazione e capacità di risolvere problemi in modo creativo ed efficiente sulle quali in pensie-ro computazionale si basa. Per questo motivo la Legge n. 107 del 13 luglio 2015, in sintonia con le raccomandazioni dell’Unione Europea, indica tra gli obiettivi formativi prioritari che le scuole possono scegliere nella pianificazione triennale lo «sviluppo delle competenze digitali degli stu-denti, con particolare riguardo al pensiero com-putazionale [...]».

Nella eterogeneità delle proposte didattiche fina-lizzate allo sviluppo del pensiero computaziona-le, un elemento comune vede concordi informa-tici, psicologi e pedagogisti: attualmente il miglior modo per allenare il pensiero computazionale è la pratica della programmazione. Mitchel Resnick, responsabile del Lifelong Kindergarten del MIT MediaLab, con i suoi collaboratori ha realizza-to Scratch [1], un ambiente di programmazione visuale che consente ai ragazzi di creare in ma-niera semplice e intuitiva le proprie storie anima-te, giochi e simulazioni: oggi Scratch conta una community di giovani sviluppatori estesa in tutto il mondo ed è di fatto lo strumento di riferimento per insegnare ai bambini il pensiero computazio-nale attraverso la programmazione. Per appro-

fondimenti si vedano, ad esempio, [4] e [6].

Iniziative di formazione delle competen-ze digitali Da alcuni anni stiamo assistendo ad una forte crescita delle opportunità di formazione per bam-bini, ragazzi e adulti che desiderano apprendere le basi del pensiero computazionale. Di seguito illustreremo alcune iniziative prese in ambito in-ternazionale e nazionale, e di alcuni progetti atti-vati presso l’Università Ca’ Foscari. Iniziative internazionali Negli Stati Uniti la presidenza Obama ha dato una forte spinta alla formazione digitale, in particola-re attraverso il programma denominato Computer Science for All, che si pone l’obiettivo di permettere a tutti gli studenti americani di acquisire le abilità computazionali necessarie per giocare un ruolo attivo in una società ormai dominata dalla tec-nologia. Sono infatti sempre più numerosi gli im-prenditori e i docenti che attribuiscono all’infor-matica una notevole importanza in quanto abilità di base, non più solo necessaria ai professionisti del settore tecnologico, ma anche capace di ac-crescere le opportunità di coloro che sono attivi in diversi ambiti professionali. Tale importanza sembra confermata anche dalla maggior parte dei genitori con figli tra i 7 e i 13 anni di età. Infatti, più del 90% dei genitori intervistati gradirebbero che le scuole frequentate dai propri figli fornissero corsi di informatica. Tuttavia, i dati sembrano pre-

sentare un quadro piuttosto scoraggiante: solo il 25% delle scuole primarie e secondarie americane offrono effettivamente corsi di programmazione, e in 22 stati l’informatica non viene presa in con-siderazione ai fini del voto di diploma.Computer Science for All, quindi, vuole dare a tut-ti gli studenti americani l’opportunità di entrare nelle aziende del settore informatico e di dare un contributo significativo all’interno di esse, vi-sto il loro ruolo cruciale nell’economia moderna. Quest’obiettivo sta alla base di due importanti iniziative a favore degli studenti, chiamate Con-nectED e TechHire.Il progetto ConnectED, lanciato nel 2013, ha l’obiet-tivo di consentire ad un numero sempre maggiore di studenti l’accesso alla banda larga di ultima ge-nerazione. Inoltre, il governo statunitense ha anche aumentato i finanziamenti per l’educazione, allo scopo di migliorare la connettività Internet e la tec-nologia disponibile all’interno delle scuole, ed ha invitato stati, distretti, aziende, scuole e comunità a sostenere questa causa.Il progetto TechHire, invece, avviato nel 2015, pun-ta ad assicurare agli studenti un facile ingresso nel mercato del lavoro, e alle aziende la possibilità di reperire professionisti con questo genere di abilità.Comunque, Computer Science for All non è rivolto soltanto agli studenti, ma anche ai docenti, alle comunità e alla classe dirigente. Per quanto ri-guarda l’educazione, in particolare, il numero di insegnanti di informatica qualificati non è suffi-ciente a coprire le necessità degli studenti, e con tale carenza di personale docente in questa disci-plina vi è il rischio che gli studenti concludano la propria formazione senza aver acquisito compe-

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tenze soddisfacenti dal punto di vista delle azien-de. Perciò, a favore degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, è stata promossa una nuova iniziativa denominata Computer Science Teachers AmeriCorps, con l’obiettivo di ridurre questa carenza del siste-ma educativo, fornendo corsi di aggiornamento intensivi rivolti ai docenti di informatica.In Irlanda, invece, è nato CoderDojo, un altro esempio di come le università e le aziende private si stiano impegnando affinché gli studenti delle scuole primarie e secondarie possano prendere confidenza con i concetti di base del pensiero computazionale. Avviato nel 2011, è attualmente diffuso anche in molti altri paesi europei. Si trat-ta di un movimento aperto, autonomo e privo di scopo di lucro organizzato in centinaia di club indipendenti situati in diverse parti del mondo. Ogni club, chiamato dojo, è tenuto a fornire i ser-vizi necessari in modo completamente gratuito, in accordo con l’Hello World Foundation Charter for CoderDojo, lo statuto internazionale dell’organiz-zazione. Può essere descritto come una sorta di palestra dedicata a ragazzi e ragazze di età com-presa tra i 7 e i 17 anni che dimostrano interesse per il pensiero computazionale.

Iniziative nazionali Nel nostro paese, il Ministero per la Pubblica Istruzione ha avviato, a partire dall’anno scolasti-co 2014/2015, l’iniziativa denominata Programma il Futuro, con lo scopo di fornire alle scuole un insie-me di strumenti semplici, divertenti ed accessibili per educare gli studenti alle basi dell’informatica.

Grazie a questo progetto, ispirato all’esperien-za americana, l’Italia è stata uno dei primi paesi al mondo ad rendere l’informatica e il pensiero computazionale elementi strutturali dell’educa-zione primaria e secondaria. Gli strumenti forniti dal MIUR consistono in una serie di lezioni inte-rattive e frontali disponibili online, che possono essere utilizzate così come sono o adattate alle specifiche esigenze di ogni istituto e di ogni clas-se. Queste risorse sono progettate per docenti di diverse materie, poiché non sono richieste com-petenze tecniche specifiche e i materiali didattici possono essere facilmente utilizzati da studenti di ogni età.L’iniziativa propone due possibili tipi di percor-si: uno di base e cinque avanzati. La modalità di base, chiamata L’Ora del Codice consiste in un’ora di introduzione al pensiero computazionale. La modalità più avanzata, invece, consente di far seguire a questa introduzione alcune lezioni più specifiche, sempre sul tema del pensiero compu-tazionale, la cui presentazione può essere distri-buita nell’arco dell’intero anno scolastico.Inoltre, nel 2016, il governo italiano ha promosso un bando per la creazione di curricoli digitali rico-noscibili e facilmente replicabili in tutte le scuole, per rispondere all’attuale mancanza di percorsi di riferimento chiari, coesi ed esaustivi in questa fase di passaggio da una didattica legata all’uso quasi esclusivo del libro di testo all’utilizzo di un grande catalogo di materiali vari, diffusi e granulari reperi-bili in rete. Il piano nazionale per la scuola digitale, infatti, vuole promuovere un concreto supporto alla didattica, attraverso la selezione di 25 per-corsi strutturati che saranno messi a disposizione

dell’intera comunità scolastica. Si vuole inoltre indirizzare ad una progettazione trasversale ed interdisciplinare per lo sviluppo delle competen-ze informatiche, evitando che, nei programmi di studio, queste vengano attribuite ad una specifica quota del monte ore settimanale o ad una sola disciplina.

Iniziative di Ca’ Foscari Anche l’Università Ca’ Foscari ha avviato numerosi progetti in favore dell’educazione digitale per i suoi studenti e per bambini e ragazzi del territorio.Ad esempio, la Challenge School ha attivato un corso di 150 ore in Didattica Digitale, che si inseri-sce nel contesto del Piano Nazionale della Scuola Digitale (2015) e si pone l’obiettivo di sviluppare competenze chiave quali l’imprenditività (ossia la capacità di lavorare con spirito e competenze imprenditoriali anche in imprese non proprie), la creatività e l’innovazione educativa, che tengo-no presente i cambiamenti richiesti dal mondo giovanile, su uno sfondo di cultura globale forte-mente influenzata dalla tecnologia e in continua trasformazione.Oltre al corso di Didattica Digitale, nel 2016 è stato inaugurato il DEL Fablab, un laboratorio di fab-bricazione digitale inserito, per la prima volta in Italia, all’interno di un’università. L’obiettivo di questo progetto è diffondere la conoscenza delle tecnologie di produzione digitale e favorire l’in-novazione nel tessuto universitario, economico e produttivo del territorio. È stato inoltre istituito un Master universitario di

primo livello in Digital Humanities, finalizzato alla formazione di laureati in discipline umanistiche e informatiche. Il corso fornisce competenze tecni-che e professionali nell’uso, nella creazione e nel-lo sviluppo di strumenti informatici, software e hardware, per operatori dei beni culturali, artistici e monumentali (archivisti, bibliotecari, personale di musei, collezioni d’arte e siti archeologici), in-segnanti, ricercatori, professionisti e aziende che richiedano competenze all’incrocio tra informati-ca e scienze umane e sociali.Il Collegio Internazionale di Ca’ Foscari ha istitui-to un corso denominato Introduction to Computatio-nal Thinking, con lo scopo di introdurre gli studen-ti ai principali strumenti concettuali del pensiero computazionale. Il corso mira a presentare le basi scientifiche e tecnologiche dell’informatica, e, cosa ancor più importante, riflette in modo critico sull’impatto della tecnologia nella società e nella cultura, invitando a un approccio proattivo verso i futuri processi socio-tecnici.Nell’ambito della Terza Missione dell’Università, ossia nell’impegno dell’Università per lo sviluppo sociale e culturale del territorio, a partire dal 2015 sono anche stati organizzati numerosi incontri CoderDojo rivolti a bambini e ragazzi, denomina-ti CoderDojo @Ca’ Foscari, principalmente focaliz-zati all’introduzione dei concetti base del pensie-ro computazionale mediante la creazione di sem-plici videogiochi con Scratch. Sulla stessa linea e con obiettivi simili la Biblioteca d’Area Scientifica (BAS) oltre ai CoderDojo ha sostenuto l’avvio del progetto Ca’ Foscari digitale - Informatica 7-13 anni ri-volto agli insegnanti e agli alunni delle scuole pri-marie e secondarie di primo grado del territorio.

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La BAS, ubicata nel nuovo Campus Scientifico di via Torino a Mestre, è dotata di un Learning Cen-ter, un’officina ad alto tasso tecnologico pensata per attività di sperimentazione, ricerca e sviluppo, per la didattica innovativa e la fabbricazione digi-tale. E’ un ambiente che rappresenta l’evoluzione naturale del concetto di biblioteca verso le nuove competenze e i nuovi strumenti di conoscenza e apprendimento, offrendosi come risorsa culturale anche per la cittadinanza.

Molto prima che internet nascesse e che la società diventasse interconnessa, Wiener aveva intuito la grande sfida che i vari centri della cultura e della formazione avevano di fronte. Oggi molti di que-sti luoghi del sapere e dell’educazione si stanno attivando per riuscire a soddisfare al meglio i bi-sogni dei processi informativi e comunicativi di cui parlava Wiener. Considerando la forte accele-razione che l’automazione ha dato alla comunica-zione umana, il coinvolgimento di tali luoghi nella formazione delle competenze digitali ha non solo un forte valore simbolico ma anche un delicato compito sociale: quello di promuovere uno svi-luppo integrale della persona, quindi rivolto non solo a competenze specifiche ma anche trasver-sali e ad ampio spettro. L’auspicio dunque è che i luoghi della formazione culturale mantengano alta la consapevolezza del delicato equilibrio tra uomo e tecnologia, accompagnando la formazio-ne delle competenze digitali con un’attenzione globale verso la persona e, soprattutto, con una forte spinta alla riflessione critica perché lo svilup-po tecnologico sia ricercato sempre per il benefi-cio dell’uomo e della società.

Bibliografia[1] Scratch. https://scratch.mit.edu[2] Pensiero Computazionale, Progetto Smart-Coding, Samsung, 2015.[3] L. Floridi, La rivoluzione dell’informazione, Codice Edizione, 2012.[4] E. Kazakoff, A.R. Sullivan, M.U. Bers, The Effect of a Classroom-Based Intensive Robotics and Program-ming Workshop on Sequencing Ability in Early Chil-dhood, Early Childhood Education Journal 41(4), Springer, 2013.http://www.smart-coding.it/wp-content/uplo-ads/2015/02/Computational_Thinking.pdf[5] M. Resnick, Learn to Code, Code to Learn, 2013.http://web.media.mit.edu/~mres/papers/L2C-C2L-handout.pdf[6] M. Resnick, D. Siegel, A Different Approach to Coding, 2015.https://medium.com/bright/a-different-appro-ach-to-coding-d679b06d83a (tradotto anche in Italiano).https://medium.com/@AndreaFerraresso/un-ap-proccio-diverso-al-coding-b329ca82cb0c[7] N. Wiener, The Human Use of Human Beings, 1954.[8] J.M. Wing, A Call to Action: Look Beyond the Ho-rizon, IEEE Security & Privacy, 2003.[9] J.M. Wing, Computational thinking. Communi-cations ACM 49 (2006), 33–35.

Trieste è una città caratterizzata da un sistema di ricerca e di alta formazione che dal punto di vista della densità e del prestigio interna-zionale è unico in Europa: più di 35 ricercatori ogni 1.000 abitanti attivi, decine di istituzioni

Divulgazione scientifica in bibliotecadi Francesca Tosoni, Università di Trieste

che ogni anno ospitano migliaia di scienzia-ti e di studenti provenienti da ogni parte del mondo. È chiaro che in una città così fortemente con-notata dalla scienza anche l’offerta di iniziative di divulgazione scientifica per la cittadinanza,

per le scuole, per bambini e famiglie è molto ricca e articolata. Docenti, ricercatori e ricer-catrici sono infatti molto attivi nel sollecitare dibattiti e riflessioni, promuovendo incontri, caffè scientifici e occasioni di confronto su temi di grande attualità, come ad esempio un

affollatissimo incontro sulle “incredibili ele-zioni presidenziali negli USA” tenutosi il gior-no stesso dell’elezione del presidente ameri-cano. Un’offerta di scambio culturale davvero ampia in campo scientifico - incluse natural-mente le scienze sociali ed umanistiche - a cui

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la città risponde sempre positivamente, che è sostenuta da anni dal Comune di Trieste con uno strumento di raccordo e di promozione: il Protocollo siglato con gli enti di ricerca e le università nel 2007. La rete di collaborazione che si è creata tra le istituzioni scientifiche, che

si identifica nel nome Trieste città della conoscen-za ha portato all’organizzazione congiunta di festival e manifestazioni come la Notte europea dei ricercatori (dal 2009 al 2011) e Trieste Next (dal 2012 al 2016), ma anche alla realizzazio-ne di servizi di interesse comune, come quelli

offerti dalla Student Card, a incentivare l’at-trazione di studenti e ricercatori da tutto il mondo, a rafforzare il legame e l’interesse del-la cittadinanza nei confronti del mondo della ricerca, che offre oltretutto importanti sbocchi occupazionali non solo in campo strettamente

scientifico, ma anche nei servizi di supporto di tipo amministrativo, logistico, organizzativo.L’Università degli Studi di Trieste gioca un ruolo molto importante nella diffusione del-la conoscenza, non solo perché molti dei suoi docenti ricoprono ruoli direttivi negli enti di

ricerca e sono coinvolti in vari progetti a be-neficio della collettività. Le università infatti non si occupano solo di ricerca e di didattica, ma sono sempre più attive nel tessuto sociale ed economico del territorio con iniziative di

economico, definite come public engagement. Una scelta terminologica significativa, che considera come la diffusione della conoscenza non sia un travaso da “chi sa” a chi “non sa”, quanto piuttosto un processo di confronto e di

“terza missione”: questo è il termine adottato dall’ANVUR, l’Agenzia Nazionale di Valuta-zione del Sistema Universitario e della Ricerca sia per le attività che hanno ricadute di tipo economico (brevetti, spin-off, contratti...) sia per quelle prive du implicazioni dirette di tipo

scambio, in una comunicazione circolare. Ri-entra in queste attività di public engagement una molteplicità di iniziative che docenti e ricerca-tori propongono abitualmente: pubblicazioni divulgative, interventi sui media, partecipa-zione a manifestazioni (es. Notte dei Ricercato-

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ri), realizzazione di blog e siti web interattivi, iniziative di tutela e prevenzione della salute o di democrazia partecipativa (es. citizen pa-nel), progetti di sviluppo urbano, divulgazione per i bambini, orientamento per studenti delle scuole superiori, formazione degli insegnanti, iniziative di citizen science. La citizen science è una delle modalità più collaborative in cui coinvolgere i cittadini, che attraverso applica-zioni per cellulari o tablet possono contribuire attivamente all’avanzamento della ricerca. Un esempio riguarda ad esempio la diffusione del gambero rosso della Louisiana: chiunque avvi-sti un rappresentante di questa specie invasiva, che costituisce un serio problema per la biodi-versità e per la sopravvivenza degli ecosistemi locali, può segnalarlo anche via smartphone su una piattaforma condivisa. La stessa cosa può avvenire in campo botanico, per control-lare ad esempio la diffusione di piante invasi-ve come l’ailanto e il senecio, monitorando i cambiamenti con l’aiuto di appassionati e di associazioni naturalistiche che supportano in maniera sostanziale il lavoro degli esperti. Si tratta di attività che, dopo una fase di presen-tazione nelle biblioteche, nelle scuole o nei giardini pubblici, possono essere svolte auto-nomamente dai cittadini.Le biblioteche universitarie sono caratterizzate da un’utenza chiaramente identificabile: da un lato docenti e ricercatori, autonomi e compe-tenti nella ricerca bibliografica, dall’altro stu-denti universitari, ai quali sono rivolti anche corsi e supporti tutorial sull’information literacy, in affiancamento alla consulenza specifica dei

bibliotecari delle diverse aree disciplinari. Per i bibliotecari dell’Università di Trieste negli ulti-mi anni si è aperto anche un nuovo e interes-sante profilo: quello del professionista colto, esperto di metadatazione, spesso con compe-tenze informatiche avanzate, che affianca i do-centi nella pubblicazione digitale dei prodotti della ricerca. A questi si potrebbero aggiunge-re anche servizi di supporto per il monitorag-gio delle attività di terza missione dei docenti. I bibliotecari universitari hanno dunque anche un importante ruolo di collegamento e di co-municazione interna all’Ateneo: conoscono personalmente ricercatori e docenti e sanno quali ricerche stanno sviluppando, collabora-no alla raccolta e all’organizzazione dei dati sulla ricerca e diffondono informazioni sulle iniziative di divulgazione scientifica che orga-nizziamo, segnalandoci a loro volta le ricerche e le competenze dei docenti che costituiscono la base su cui costruire nuove iniziative di di-vulgazione scientifica. In questo processo che porta a realizzare insie-me iniziative di comune interesse la funzione dell’ascolto è empaticamente molto rilevante ed è uno dei cardini su cui si fonda la collabo-razione con i bibliotecari, non solo universita-ri. Le biblioteche sono infatti da sempre degli snodi fondamentali di raccordo culturale - nei luoghi isolati sono spesso il solo punto di ri-ferimento culturale e aggregativo per la citta-dinanza - e sono inserite in spazi accoglienti, in cui si avverte la sensazione di fare qualcosa per sé e per arricchire la propria cultura, qual-cosa che richiede concentrazione e silenzio

ma che non genera solitudine, qualcosa che si fa assieme ad altre persone che leggono come noi e assieme ai bibliotecari che consigliano, guidano, creano suggestioni, e possono invi-tare a partecipare a iniziative di divulgazione. Con la rete di biblioteche del territorio stiamo sviluppando nuovi progetti di divulgazione scientifica, con la consapevolezza che i biblio-tecari sono molto interessati a indagare nuo-ve modalità per promuovere la lettura e che possono realizzare ricerche bibliografiche mi-rate per adulti e per bambini, promuovendo la lettura di libri magnificamente illustrati che accompagnano il racconto dei nostri ricercato-ri, i quali non si servono solo della voce e dei gesti, ma utilizzano anche travestimenti, og-getti divertenti e insoliti, spesso creati assieme ai bambini. È questo il caso di un progetto di prevenzione della salute nel campo dell’igiene orale che abbiamo recentemente proposto per un finanziamento, in cui i medici della Clinica di Odontoiatria e Stomatologia dell’Univer-sità coinvolgono i bambini e le loro famiglie nelle biblioteche, con una modalità didattica informale, mentre gli animatori della biblio-teca propongono coloratissimi libri con vari animali e personaggi curiosi che si lavano i denti. E’ chiaro che la componente “teatrale” e il piacere di mettersi in gioco in modo spirito-so e autoironico sono componenti essenziali di questo tipo di iniziative, mentre invece al-tre attività richiedono modalità di interazione completamente diverse. Quello che spesso si sottovaluta è il ruolo della preparazione orga-nizzativa a supporto delle iniziative di divul-

gazione scientifica: setting, luci, dislocazione dei partecipanti, tempi e durata delle attività... e altrettanto fondamentali sono la comunica-zione e la promozione per assicurare la parte-cipazione del pubblico. Il nucleo centrale della nostra attività è di conseguenza il concetto di servizio: la divulgazione scientifica è compito di docenti e ricercatori dell’Università, come stabilito dal MIUR e monitorato dall’ANVUR. Il nostro compito, come personale tecnico-amministrativo, è quello di creare le condizio-ni ottimali per la realizzazione e la diffusione delle attività di public engagement dei docenti, in termini di organizzazione, relazioni con le istituzioni, ricerca di finaziamenti, comunica-zione. Un lavoro decisamente appassionante, che continuamente si rinnova e ci arricchisce.

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In un ambiente come quello italiano, che tende a iden-tificare il mondo della cultura con la sfera umanistica, e che spesso considera la divulgazione un sottoprodotto banalizzato della ricarca, per affrontare in modo pro-ficuo il tema della divulgazione scientifica per ragazzi, conviene cercare di chiarire alcune questioni prelimi-nari, ponendo l’attenzione su alcune specificità.Esiste indubbiamente una differenza tra discorso argo-mentativo e discorso narrativo, in grado di sciogliere molti fraintendimenti: perché marcare una differenza risulta a volte premessa indispensabile per riportare a un’unità di visione fenomenti apparentemente lonta-ni o contrapposti. Il discorso argomentativo si occupa della ricerca della verità e del modo in cui conosciamo la verità; il discorso narrativo si occupa di dare un si-gnificato all’esperienza, di organizzarla e permetterci di leggerla e capirla. Va da sé quindi che si tratta di due sfere complementari e irrinunciabili entrambe: per il nostro bene non si può dare l’una senza l’altra, né esse possono scambiarsi o sostituirsi l’una all’altra.Non è però possibile neppure metterli in competi-zione: sostenere che la narrazione debba sottostare ai principi della logica e della verosimiglianza, significa af-fermare qualcosa di totalmente errato se consideriamo tale logica e tale verosimiglianza mutuate dal discorso argomentativo (ammesso e non concesso che la ve-rosimiglianza rappresenti una categoria ammissibile in un discorso argomentativo serio, e non costituisca piuttosto una categoria da ascrivere a un più generico buon senso comune). La logica narrativa ha quindi caratteristiche sue proprie. Cosa dire però della logica sottesa al discorso argomentativo, e nella fattispecie ai testi di divulgazione che ne sono espressione?La consolidata abitudine ad associare il libro al mondo della scuola ha fortemente condizionato non solo il

suo uso, ma anche i criteri di scelta. Per troppi anni l’editoria si è appiattita sulla pubblicazione di testi pensati per condurre ricerche scolastiche, in cui trop-po spesso gli argomenti venivano presentati come un elenco di voci utili solo alla trasmissione di nozioni. La logica argomentativa trova invece la sua specificità nella capacità allenare al ragionamento, stimolando il lettore mettendo in relazione il generale e il particolare per creare collegamenti e inferenze, e quindi facendo uso del metodo induttivo e deduttivo. Uno stimo-lo insomma a creare nei lettori rapporti di causa e di effetto e a trovare le ragioni di quelle leggi e di quei meccanismi di ragionamento che del pensiero criti-co e scientifico sono la base. Vista in questi termini, la divulgazione assolve alla funzione fondamentale di avvicinare e abituare al ragionamente scientifico, ben più che alla trasmissione di conoscenze: trasmissione che diventa semmai un mezzo più che un fine, perché proprio attraverso il fascino degli argomenti trattati può aspirare a risvegliare quella innata curiosità di bambini e ragazzi che rappresenta la spinta fondamentale allo studio e all’approfondimento. Se assumiamo allora che queste siano la natura e le finalità della divulga-zione, non possiamo che trarre come conseguenza il fatto che essa assolva all’importante funzione di creare menti capaci di capire e di discernere, capaci di individuare errori e falle nel ragionamento, e quindi in futuro di distinguere e scegliere con spirito critico le informazioni. Aspetto questo tanto più importante in un’epoca di verità distorte o manipolate, in cui cat-tivi ragionamenti, difettosi nelle premesse e nelle con-clusioni, vengono spacciati per verità assiomatiche. Ancora una volta allora la lettura, con la sua funzione di stimolo del pensiero critico, rappresenta una fonda-mentale lezione di libertà.

Libri di divulgazione per ragazzi: la palestra del pensiero argomentativodi Nicola Fuochi, libreria Il Libro con gli Stivali

Periodicamente si accende nell’opinione pub-blica il dibattito sulla disaffezione tutta italiana alle materie scientifiche, e si sostiene dunque che per costituire un ambiente orientato alla cultu-ra scientifica1 la scuola italiana avrebbe grande necessità non solo di progetti mirati, ma anche di biblioteche ben fornite di libri divulgativi di qualità. Ciò nonostante le due anime della bi-blioteca, quella letteraria e quella divulgativa, si sviluppano in modo non del tutto proporziona-le, a scapito della non fiction, sia nelle scuole che nelle biblioteche pubbliche.Il convegno di presentazione del progetto Eu-klidea, promosso da Aib Veneto, svoltosi il 29 ottobre scorso ha avuto il merito di posare una prima pietra per la realizzazione di uno scaffa-le di divulgazione scientifica nelle biblioteche pubbliche, e ha rammentato con forza alle sco-lastiche che, accanto alla mission di promozione della lettura, vi è quella imprescindibile dell’al-fabetizzazione alle informazioni.2 L’incontro co-stante e continuo con idee, metodi e linguaggi specifici, veicolati da una lettura piacevole, può far nascere nelle generazioni future la passione per il sapere scientifico e la consapevolezza di come la scienza sai fondamentale per l’uomo.

1 Ricordiamo a solo titolo esemplificato una serie di iniziative culturali che portano all’attenzione del grande pubblico la cultura scientifica: la Settimana della Scienza, la Notte Europea dei Ricercatori, il Festival della Scienza di Trieste, di Genova, di Cagliari, il festival del PiGreco a Rovigo.

2 Linee guida IFLA/Unesco per le biblioteche scolastiche, Edizione italiana a cura della Commissione nazionale biblioteche scolastiche dell’AIB. Coordinamento e revisione di Luisa Marquardt e Paolo Odasso, Roma, AIB, 2004.

Ed è bene ricordare che si può, anzi si deve, ini-ziare fin da subito a far familiarizzare i bambini con i libri divulgativi, libri che per le loro carat-teristiche intrinseche permettono interattività e possibilità di esplorare se stessi e il mondo, fin dall’asilo nido.Di che libri si tratta?I libri non fiction3 ricoprono, secondo il Rapporto LiBeR 2016,4 il 16,2% delle nuove pubblicazioni, che vanno dai manuali di giochi ai libri di storia, arte, scienze e tecnica. Tuttavia esistono due ti-pologie di libri divulgativi: quelli che nelle inten-zioni editoriali nascono come tali e i cosiddetti ibridi5 che, pur avendo caratteristiche testuali proprie, come albi illustrati, biografie e romanzi, veicolano informazioni e passione per il sapere. È proprio la presenza di molteplici moduli a ren-dere complesso lo studio del libro di divulgazio-ne, che è spesso caratterizzato da elementi di un modulo ed elementi dell’altro, prende a prestito codici e linguaggi di altre tipologie di libri, in una contaminazione di generi tipica della letteratu-ra contemporanea. In particolare si fanno strada gli e-book e soprattutto gli enhanced e-books che arricchiti di contenuti extra aumentano l’intera-

3 In ambito anglosassone si utilizzano due espressioni linguistiche per definire i libri divulgativi: information children’s book, che focalizza l’uso che se ne può fare, e il più conosciuto non fiction children’s book, che mette l’accento sul genere. In Italia in alternativa a libro di divulgazione per ragazzi viene spesso usato l’anglosassone non fiction [children’s book].

4 Rapporto sull’editoria per ragazzi in “LiBeR” n. 112 (ott.-dic. 2016), pp.44-49.

5 Libri che in base al genere vengono dunque conteggiati nella Fiction, al di fuori del 16,2% Non Fiction.

I bambini leggono le scienzedi Anna Cristini, insegnante e dottore di ricerca in Scienza Pedagogiche

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zione con il lettore offrendo il vantaggio di una ricerca rapida e settoriale.6 Mai come in quest’epoca di surplus informativo, la divulgazione può aiutare a riflettere, a com-prendere, a raffinare le information skills necessarie per una lettura critica del mondo. Purché si sap-piano proporre libri di qualità. E che strumenti educatori e bibliotecari hanno a disposizione per scegliere i libri di divulgazione per ragazzi?

I premiPrima di addentrarci a ragionare sui parametri di valutazione, facciamo una piccola incursione nel territorio dei premi nazionali e internazionali che, sebbene non sempre esplicitino indicatori precisi, hanno tuttavia il merito di evidenziare la qualità alla luce di riflessioni da parte di esperti del settore.

Ad esempio da quasi quarant’anni il premio Outstanding Science Trade Books for Students K–127 seleziona le migliori pubblicazioni scientifiche destinate ai bambini dagli zero ai 12 anni, pren-dendo in considerazione accuratezza, originalità, modo in cui vengono trasmessi i concetti scien-tifici, senza trascurare un certo coinvolgimento

6 L’approccio multimediale dell’iPad permette una lettura simultanea, attraverso filmati, immagini, testi, mappe e consente anche di tornare facilmente alla rilettura, come sostiene Priore M., La lettura al tempo dei tablet, in “La Vita Scolastica”, 10 (giugno 2013), 34-35.

7 Ad opera del Children’s Book Council (CBC) in collaborazione con il National Science Teacher Association (NSTA) l’associazione degli insegnanti di scienze che ha sede in Virginia (USA), http://www.nsta.org/publications/ostb/.

emozionale che il libro deve suscitare. Vengono presi in considerazione sia i libri che permettono di condividere e stimolare l’esplorazione, sia libri destinati ad una lettura più personale, come ad esempio le biografie di scienziati, che possono orientare il futuro professionale dei ragazzi. Uno dei libri premiati nell’edizione 2012 è l’ope-ra di Dianna Hutts Aston, illustrata da Sylvia Long, A Butterfly Is Patient.8

Da oltre cinquant’anni il BolognaRagazzi Award

8 D. Hutts Aston, Long S., A Butterfly Is Patient, San Francisco, Chronicle Books, 2011. In Italia editi da Motta Junior degli stessi autori sono: D. Hutts Aston, Long S., Il timido seme, Milano, Motta Junior, 2007; D. Hutts Aston, Long S., Il silenzioso uovo, Milano, Motta Junior, 2008.

- BRAW rappresenta uno dei più ambiti ricono-scimenti internazionali per il mondo dell’edito-ria per ragazzi. Presenta anche una sezione Non fiction.Ne è un esempio il libro premiato nel 2015 di Anne-Margot Ramstein, Matthias Aregui, Avant Aprés, Albin Michel Jeunesse, Parigi, 2013.9 Una serie di piccole storie che lasciano lo spa-zio al lettore di completarle con la fantasia gra-

9 Edizione italiana: Anne-Margot Ramstein, Matthias Aregui, Prima dopo, Milano, L’ippocampo, 2014.

zie all’aiuto e ai suggerimenti che stimolano delle illustrazioni. Una meditazione sul prima e sul dopo che fa saltare i pensieri da una parte e dall’altra!

Tra i premi italiani ricordiamo quello promossodalla rivista Andersen, che dal 1982 seleziona le migliori opere dell’annata editoriale, con un’at-tenzione particolare alle produzioni più innova-tive e originali. Di seguito le ultime due opere vincitrici con le motivazioni che sottolineano alcuni criteri. Ad esempio il libro premiato nel 2015 Professor

Astro Gatto e le frontiere dello spazio10 è, secondo la giuria, capace di «coniugare l’esattezza delle in-

10 Dominic Walliman, Ben Newman, Professor Astro Gatto e le frontiere dello spazio, Milano, Bao Publishing, 2014.

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formazioni scientifiche con un approccio narra-tivo incalzante e coinvolgente».Il premio del 2016 è andato MINI,11 sia per la scrittura e l’approccio fortemente inconsueto di Nicola Davies, divulgatrice d’eccellenza, sia per la «varietà delle soluzioni grafiche che caratteriz-zano le pagine e il loro intrecciarsi con la parte scritta».

Gli indicatori di valutazioneAccanto alla sempre utile griglia Whittaker (1982) e al manuale Per saperne di più (2000) di Vichi De Marchi, sono le ricerche acca-demiche nazionali e internazionali (Stival

11 Nicola Davies, Emily Sutton, MINI, Firenze, Editoriale Scienza, 2016.

1991, 1995; Jacobi, 1999, 2005; Pappas 2006) ad aver evidenziato le caratteristiche intrinseche ed alcune categorie essenziali per l’analisi e dunque la scelta consapevo-le del libro divulgativo per ragazzi. È Miriam Stival, dell’Università di Padova, ad individuare, in una prospettiva educati-va, i principali moduli divulgativi.

Sistematico, che offre al lettore una conoscenza rigorosamente organizzata e articolata della materia, con un linguaggio scientifico specialistico.

Narrativo, nel quale i dati scientifi-ci vengono inseriti in una storia.

Rappresentativo, resoconto osser-vativo di un contesto reale o tipico, in cui l’apparato iconografico, orientato ad una rappresentazione globale piuttosto che analitica, costituisce un supporto all’infor-mazione.

Operativo – sperimentale, che con un procedimento di esplorazione attiva suggerisce al lettore osservazione, rifles-sione e problematizzazione della realtà.

Poetico.Fumettistico.

Daniel Jacobi, dell’Université d’Avignon, sottolinea come nei libri divulgativi sia fondamentale tenere in considerazione:

il ruolo della definizione, che uti-lizza parafrasi o riformulazioni per far comprendere il significato di un termine;

l’uso di metafore e analogie, nelle quali chi scrive cerca di paragonare ciò che vuole spiegare con ciò che ritiene che il

lettore possa già conoscere; il fondamentale apporto delle il-

lustrazioni e della fotografia; l’attenzione del divulgatore al lessico e al testo;

l’organizzazione scripto-visiva ne-gli albi illustrati divulgativi, che consen-te la costruzione di differenti percorsi di lettura negli albi in cui l’immagine è com-presente al testo, e la comprensione delle informazioni richiede un continuo passag-gio dall’una all’altro;

la dimensione narrativa utilizzata dal divulgatore, che coinvolge direttamen-te il lettore ad esempio mediante l’uso del “tu”, consentendogli di rimanere all’inter-no di una narrazione scientifica, senza ri-schiare di scivolare nella narrazione fanta-stica.12

Christine Pappas, dell’Università di Chi-cago, individua le cosiddette espansioni, cioè testi secondari che, sotto forma di etichette, legende, didascalie, fumetti, of-frono spiegazioni relative alle immagini presenti nel libro. È la studiosa a sottoli-neare una serie di elementi che distinguo-no gli Atypical or hybrid information books, che presentano caratteristiche informative congiuntamente a caratteristiche di altri generi. In particolare i libri ibridi posso-no essere testi narrativi con box, note o

12 A questo proposito Italo Calvino sottolinea il connubio tra scienza e letteratura: non solo la scienza è fonte di immagini e stimoli per la letteratura, ma la letteratura è fonte di immagini, idee, stimoli per la stessa scienza, in I. Calvino (1980), Una pietra sopra discorsi di letteratura e società, Torino, Einaudi, 154.

elementi grafici propriamente informativi, o testi informativi con dialoghi in prima persona, o ancora brani narrativi alternati a brani tipicamente informativi, fino a te-sti poetici con informazioni scientifiche in appendice.

Modalità di lettura.I libri divulgativi nella loro specificità, of-frono al lettore diverse modalità: può infat-ti prestarsi ad essere letto e compreso solo attraverso un percorso obbligato (questo è il caso dei libri a modulo narrativo), per-mette di organizzare la lettura del conte-nuto per isole tematiche, lasciando libertà di percorso (come ad esempio opere che contengono tematiche diverse fra loro), ed infine il libro può essere considerato una specie di open space nel quale il lettore è completamente libero di muoversi e ri-cavare informazioni. In una prospettiva educativa, di fondamentale importanza è l’effetto che il libro ha sul lettore anche come stimolo al fare. In molti casi nei libri sono proposte attività all’interno o al di fuori del testo. L’aspetto dell’interattività richiama alla mente le nuove tecnologie, che hanno in questa proprietà un punto di forza. I diversi moduli, le strutture e le caratteristiche dei libri di divulgazione evidenziati fin qui possono essere messi in relazione con la categoria dell’interat-tività.

Tutti questi aspetti danno luogo ad indica-

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tori per l’analisi che possono essere sinte-tizzati nella seguente mappa.

Che ne pensano i bambiniUna ricerca effettuata nell’ambito dell’Università di Padova13 mediante l’osservazione sul campo

13 L’articolo propone una sintesi, elaborata per questa rivista, del saggio Leggere per scoprire. I libri di divulgazione scientifica in Campagnaro M. (a cura di) (2014), Le terre della fantasia. Leggere la letteratura per l’infanzia e l’adolescenza, Roma, Donzelli, 233-262.

ha cercato di analizzare l’impatto che i bambini hanno con queste tipologie di libri nel momento in cui li usano per la ricerca delle informazioni,14 poiché solo così è possibile comprenderne le po-tenzialità e i limiti. Ad esempio, per quanto riguarda la chiarezza dei testi, fondamentale per l’utilizzo autonomo dei libri da parte dei bambini, è emerso che non

14 Si tratta della ricerca di dottorato Information Literacy in biblioteca e a scuola: fare ricerca con i libri di divulgazione scientifica K-12 condotta da chi scrive.

sempre le metafore scelte dall’autore chiariscono il significato poiché manca il riferimento cultu-rale necessario alla comprensione. L’apparato iconografico più efficace è costituito da imma-gini realistiche, con una quantità di particolari sufficientemente dettagliata, accompagnate da cartellini di spiegazioni, didascalie, frecce e no-menclature che ne aiutano la comprensione. Gli apparati a corredo dei testi, come indici e som-mari, consentono una lettura rapida e focalizzata allo scopo, la presenza di un glossario facilita la comprensione di termini scientifici e la presenza di tabelle e box esplicativi velocizzata il compito di ricerca.L’età di riferimento è criterio fondamentale, tutta-via le indicazioni delle case editrici, se presenti, si riferiscono ad un ipotetico bambino, non tenen-do conto delle singole specificità. Per questo mo-tivo è preferibile proporre libri con caratteristiche differenti sia nella ricchezza dell’informazione che nella varietà di moduli, per rispondere in modo adeguato ai diversi stili cognitivi.Un principio importante, al quale troppo spesso non si dà importanza, è il tempo che viene con-cesso alla lettura. Abbiamo visto che la lettura di un libro divulgativo può seguire percorsi differen-ti. Concedersi il piacere della lentezza permette una maggior comprensione del contenuto, po-tendo ritornare anche più volte sulla stessa im-magine, sullo stesso testo. La lentezza consente al bambino un approccio più profondo ai contenuti e lo abitua all’azione del riflettere, necessaria per lo sviluppo di capacità di analisi e per la compren-sione dei fenomeni scientifici. Di sicuro abbiamo capito che ai bambini i libri di

[…]Sono belli questi libri!Ti piacciono? Ma cosa intendi quando dici che sono belli?… che sono un po’ particolari, che fanno sapere le cose che prima non sapevamo ancora.… nel senso che te trovi delle informazioni che non sapevi che esistevano… ti stupisci!…è che ci sono robe che mi interessano……certe volte sono noiosi, cioè se non sai le cose è bello imparare, se sai già è noioso…ti piace un libro quando sai già qualcosa di cosa parla e puoi essere anche soddisfatta……a me piacciono perché ci sono le figure… a me perché piace scoprire…

divulgazione scientifica piacciono. Il perché ce lo dicono loro stessi, come si osserva leggendo que-sto dialogo tra alunni di una quinta primaria.

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Gli studiosi sono concordi. Tra i mestieri dove nei prossimi 5 anni crescerà l’occupazione ci sono quelli della robotica, dell’intelligenza artificiale, dell’ICT, quest’ultimo settore destinato ad assorbire, entro il 2020, 900.000 esperti ICT in Europa. Si tratta di ambiti dove le donne sono una netta minoranza. La loro assenza o minorità rischia di far arretrate la condizione femminile. Serve intercettare le ragazze lungo il percorso formativo per poterle indirizzare verso le cosiddette materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics, in italiano scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), avvertono gli studiosi. Se la scommessa è sul futuro, il passato non in-coraggia. Il contributo delle donne alla scienza, anche quando c’è stato, è sottaciuto e oscurato mentre i dati dell’oggi sono contradditori. Un numero crescente di ragazze si iscrive a facoltà scientifiche ma poi il loro accesso al mondo del lavoro è segnato da molte difficoltà e poche raggiungono posizioni apicali. In Italia solo il 25 per cento dei ricercatori è donna e solo 1 su 4 raggiunge posizioni professionali apicali. Nel mondo, questa percentuale è del 28 per cento. In generale le donne scienziate hanno meno accesso a fondi e a reti di scambio. È vero, qualcosa sta cambiando proprio in settori scientifici considerati “duri” come la fisica e la matematica. Per la prima volta una scienziata donna Fabiola Gianotti guida, dal gennaio del 2016, il CERN di Ginevra, cioè il più grande laboratorio scientifico del mondo mentre nel 2014 l’iraniana Maryam Mirzakhani è stata la prima donna a vincere la medaglia Field, in pratica

Noi ragazze scienziate di Vichi De Marchi, giornalista e autrice

il Nobel per la matematica. Il problema di come promuovere la scienza presso le ragazze e le bambine se l’è posto anche l’UNESCO che dallo scorso anno ha istituito la Giornata Mondiale delle donne e delle ragazze nella Scienza da celebrarsi l’11 febbraio. E con l’occasione ha lanciato un manifesto-decalogo dove si sottolinea come il contributo delle donne alla scienza è fondamentale anche per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 sullo Sviluppo sostenibile, lotta alla povertà, difesa dell‘ambiente, ecc. Il motto è «Il mondo ha bisogno della scienza e la scienza ha bisogno delle donne». Il manifesto-decalogo indica, tra le azioni fondamentali, quella di far conoscere al pubblico il contributo delle donne scienziate. Togliere dall’anonimato e dall’oscurità il lavoro femminile in questo campo non ha solo lo scopo di riconoscerne il contributo. Serve anche a dare fiducia alle leve future di piccole scienziate, a indicare modelli, a valorizzare il sapere e le capacità femminili. Perché una delle cose di cui le bambine e le ragazze hanno più bisogno per immaginarsi scienziate è di potenti iniezioni di “fiducia in sé stesse”. «Bisogna cominciare fin dall’infanzia», avverte Irina Bokova, Direttrice generale dell’Unesco.Molte cose le sta facendo anche l’Unione Euro-pea. La Commissione europea ha dedicato un sito per promuovere la scienza presso le ragazze: Science is a girl thing. In esso si elencano 5 ragioni per cui una ragazza potrebbe amare la scienza. Le si dice:1. puoi migliorare la vita delle persone, dalla sa-lute, all’ambiente, alla vita comunitaria, alla lotta alla povertà;

2. usa la creatività. La scienza ad alti livelli implica immaginazione, capacità di fare collegamenti, ri-spondere continuamente alle domande perché, come, quando, cosa succede se;3. la scienza è divertente perché scopri sempre nuove cose;4. lavori in squadra e puoi girare il mondo. E in effetti se si guarda a come è cambiata la scienza in questi anni due elementi tra i tanti emergono. La scienza è diventata multipolare, si è globalizzata. Non ci sono più poche potenze dominanti come Usa, Europa Giappone e un tempo Russia, ma si sono aggiunti nuovi soggetti: Corea del Sud, In-dia, Cina, Brasile. L’internazionalizzazione la si vede anche dalla crescita degli scambi tra scien-ziati. Nel 2012, il 35 per cento degli articoli scien-tifici era frutto di una collaborazione internazion-ale. Oggi, presumibilmente, questa percentuale è ancora più elevata;5. segui la tua passione. Abbi il coraggio di uscire dagli schemi e porre delle domande. La buona scienza formula più domande che risposte, è l’incoraggiamento.Ma qui troviamo il grande macigno che si frap-pone tra le bambine o ragazze e la scienza. Sono gli stereotipi. Ne parla anche Sveva Avveduto, una delle animatrici di Donne e scienza, associ-azione nata nel 2003 e che si interroga sulle pros-pettive di genere nella scienza e nella tecnologia. Dice Sveva Avveduto: «Il problema principale è combattere gli stereotipi di genere come quello di pensare che le ragazze non sono portate per le materie scientifiche o per l’astrazione. Si tratta di vere e proprie stupidaggini che però lavorano nel profondo e riescono ad influire sulle scelte e

a convincere, al di là di ogni razionalità, genitori e figlie. Anche per le donne già nelle carriere scien-tifiche in parte vale lo stesso il discorso. Spesso a parità di competenze si sceglie ancora l’uomo. Il problema principale è sfondare il soffitto di cris-tallo e puntare sempre più a posizioni lavorative apicali», sostiene Avveduto.. Sono, dunque, gli stereotipi più comuni a funzionare da potenti barriere tra ragazze o donne e mondo della scienza. L’elenco degli stereotipi è lungo: - la mente femminile non è adatta al pensiero astratto.- La scienza è una missione totalizzante a cui le donne non possono dedicarsi per il ruolo e le condizioni fisiologiche che le rendono diverse, leggi maternità. È un messaggio che viene spes-so veicolato all’interno della famiglia, se non at-tivamente per lo meno passivamente, come non sollecitazione verso le figlie a intraprendere studi e carriere scientifici e tecnologici.- È ancora forte l’immagine iconografica dello “scienziato pazzo”, un uomo geniale e irregolare che inventa in mezzo al caos e in solitudine. Inte-ressante un’analisi svolta su 500 disegni di bam-bine e bambini nelle scuole elementari italiane che hanno partecipato all’evento Scienziato anch’io. Gli scienziati pazzi sono ancora presenti ma sono uomini disegnati per lo più dai maschi mentre le bambine hanno disegnato spesso scienziate don-ne, giovani, non pazze, di bell’aspetto e animo gentile. In generale più le classi avevano parteci-pato a laboratori o iniziative scientifiche, meno stereotipati erano i loro disegni. - Uso del linguaggio. Per indicare moltissime pro-

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fessioni scientifiche si usa quasi esclusivamente il maschile. Fisico, vulcanologo, ma anche inge-gnere. Il linguaggio scava nell’immaginario sin da quando si è piccoli. La tv completa il quadro. Po-chissimi esperti intervistati su materie scientifiche sono donne mentre se si deve dar conto dell’opi-nione popolare, si cercano soprattutto le donne (57 per cento degli intervistati).Molte le conseguenze di questi stereotipi. Ne segnalo due:1. Le ragazze vivono più di altri la “sindrome o fenomeno dell’impostore”. Non è una malattia ma un atteggiamento mentale, spesso inconscio, che colpisce soprattutto le minoranze e le porta a sentirsi in colpa per aver ottenuto un “successo” immeritato. Ecco come agisce. Hai un successo a scuola? La ragazza si risponde: «sei stata fortunata oppure non si sono accorti che tu non sei davvero brava, altri sono meglio di te, il successo non si ripeterà». In sostanza dubiti di te stessa. Gli studiosi parlano di “mancata sincronia” tra quello che una persona vorrebbe essere e quello che la società si aspetta da lei. Se sei in una posizione insolita per gli “standard sociali” (come ad esempio studiare in un ambiente fortemente maschile o aspirare a professioni inadatte al proprio ruolo sociale, ad esempio una ragazza aspira ad aprire un’officina meccanica per riparare le automobili) rischi fortemente questa sindrome. 2. Secondo il quotidiano britannico The Guardian, il 31 per cento delle bambine alle elementari sostiene di essere brava in matematica mentre alle medie questa percentuale crolla al 18 per cento. Cosa è successo? Le bambine sono passate dalla self-confidence, dalla fiducia in sé stesse, alla

self-consciousness, sono cioè entrate in un’area di silenzio (e di disvalore su alcune delle proprie potenzialità). Molto probabilmente gli stereotipi hanno fatto il loro lavoro. Costruire fiducia è, dunque, essenziale. Tra le terapie di costruzione della fiducia in classe, il quotidiano The Guardian inserisce anche questo consiglio: «never tell her the answer. Ever…». Come dire, lasciate che le bambine se la sbroglino da sole a trovare la soluzione a un quesito scientifico. Raggiungere la meta può richiedere tempo ma funziona come una potente dose di fiducia nelle proprie capacità!

Se questo è il quadro generale cosa può fare l’editoria per ragazze e ragazzi? Può fare molto. Sveva Avveduto ritiene che essa possa veicolan-do i giusti messaggi per superare gli stereotipi proponendo delle immagini più giuste: «Qual-che scienziata in gonnella non guasterebbe, i ricercatori non sono solo uomini. Le donne non stanno solo in cucina ad impastare fettuc-cine!», sostiene. Ci sono ottimi esempi di come si possono ab-battere gli stereotipi. Uno dei percorsi riguarda il recupero della memoria storica, cioè del con-tributo delle donne alla scienza. Lo fa, da molti anni, Editoriale Scienza con la collana Donne nella scienza. Esistono esperienza analoghe an-che nell’editoria per adulti, ad esempio con la collana di biografie di donne scienziate pubbli-cata da L’Asino d’Oro.Da autrice di due delle biografie di Editoriale Scienza - quella della studiosa dei gorilla di montagna Dian Fossey e quella della matemat-ica russa Sofia Kovalevskaja – provo ad elen-

care alcune delle ragioni per cui queste biografie sono, a mio avviso, utili. Servono: 1. a far conoscere il contributo femminile alla sci-enza, altrimenti oscuro e sottaciuto; 2. a mostrare, attraverso una vita dedicata a una particolare disciplina, che la scienza non è una materia arida. Servono passione, fantasia, diverti-mento, creatività, fuori dal ghetto della razionalità pura. Ad esempio, la grande matematica russa Sofia Kovaleskaja amava la poesia ed era anche una scrittrice;3. a mostrare come le conquiste delle donne siano storicamente determinate, non dati biologi o og-gettivi. Nella Russia di metà dell’800, ad esempio, alle donne è impedito di studiare all’università;4. a mostrare, attraverso vite difficili, che non si nasce geni ma che la determinazione conta quan-to e più della predisposizione o attitudine. Una vita raccontata può insegnare la tenacia;5. a mostrare quanto siano importanti la passione per i libri e l’utilità di una biblioteca. All’origine di una passione “scientifica” ci sono, infatti, sempre anche le letture e dei libri. La biblioteca del padre a cui attinge Sofia Kovalevskaja, ad esempio, o le letture sull’Africa che fa Dian Fossey prima di in-traprendere la sua grande avventura africana;6. a darsi valore. Molte scienziate hanno creduto in sé stesse. L’elemento della diversità, la non as-similazione a modelli maschili, il lavoro di squadra sono, tra l’altro, requisiti sempre più importanti e richiesti dal mondo scientifico di oggi;7. a cercare dei mentor, cioè a dare valore a delle figure di riferimento che possano sostenere e in-coraggiare chi affronta un percorso scientifico: un

insegnante, un genitore, un amico, uno zio, un vicino di casa, un bibliotecario…. Una biografia è anche un modo per fare buona divulgazione. Serve a far agire l’emisfero destro e il sinistro, la ragione e l’emozione. Si impara se una materia suscita passione. E poche cose sono appassionanti quanto la vita di scienziate che hanno sfidato il mondo per seguire i propri sogni e realizzare le proprie ambizioni.

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Il Museo di Storia Naturale ha sede nel Fontego dei Turchi, uno tra i più caratteristici palazzi affacciati sul Canal Grande, riconoscibile per la sua facciata in stile veneto-bizantino decorata da vari elementi architettonici come patere e formelle. La sua storia inizia nel 1923, quando nel Fontego vengono riunite varie collezioni scientifiche esi-stenti a Venezia, ed in particolare quelle del Museo Civico e Raccolta Correr e del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti; un importante patrimo-nio storico-scientifico incrementato nel tempo da donazioni e acquisizioni che rendono le collezio-ni del museo di incommensurabile valore. Oggi, con oltre due milioni di reperti, il Museo conserva raccolte zoologiche e botaniche, fossili e minerali, nonché una importante collezione etnografica afri-cana.Tra le eccellenze del Museo ricordiamo gli erbari del XVIII secolo e le collezioni ottocentesche tra cui l’algario di Giovanni Zanardini, le raccolte zoolo-giche di Alessandro Pericle Ninni, i fossili di Gio-vanni Battista Spinelli e gli oltre duemila preparati anatomici di Enrico Filippo Trois. Fanno parte del patrimonio anche due importanti collezioni afri-cane: i reperti etnografici provenienti dai viaggi di Giovanni Miani e i trofei di caccia di Giuseppe de Reali. Particolarmente preziosi come testimonianza storica del territorio, sono i modelli di imbarcazioni e strumenti da pesca in uso nella laguna di Venezia nella seconda metà dell’ottocento, commissionati dal conte Ninni al suo contemporaneo chioggiotto Angelo Marella. Per ultime, ma non meno impor-tanti, le collezioni dell’esploratore Giancarlo Liga-bue, con il dinosauro Ouranosaurus e il coccodrillo gigante Sarcosuchus, noti in tutto il mondo.

Scienza da sfogliareOltre alle collezioni scientifiche, il Museo, alla sua fondazione, eredita un notevole patrimonio librario costituito da lasciti pervenuti dalle Istitu-zioni scientifiche cittadine. Tra questi spiccano le biblioteche di Nicolò Contarini e Giovanni Zanardini impreziosite da numerose edizioni del XVI e XVII secolo; la biblioteca di Gian Dome-nico Nardo; le opere scientifiche della biblioteca di Emmanuele Antonio Cicogna; i manoscritti, in parte inediti, dei già citati Contarini e Nardo e di Alberto Carlo Dondi Dell’Orologio. Di notevole pregio sono le monografie di prestigiosi natura-listi e studiosi locali e i periodici dell’Ottocento, relativi all’attività scientifica svolta nel Veneto, in particolare a Padova dall’Accademia Patavina e a Venezia dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti. A seguito di successivi acquisti e donazioni e di un intenso programma di scambio di pub-blicazioni con altri musei ed istituti scientifici, il patrimonio documentario consiste attualmente in oltre 40.000 titoli tra libri ed opuscoli e di circa 2.500 titoli per quanto concerne i periodici italiani e stranieri. La biblioteca nasce quindi come centro di infor-mazione specialistica, fortemente connessa con l’attività di ricerca del museo. Attualmente è aper-ta al pubblico e offre un servizio di consultazione dei volumi e delle riviste scientifiche presenti: è specializzata nel campo delle scienze naturali (scienze della terra, botanica, zoologia, ecologia, ecc.), ma dispone anche di opere relative ad altre discipline, come la fisica e l’etnologia, oltre a nu-merosi testi riguardanti il territorio lagunare.

Il Museo di Storia Naturaledi Mauro Bon e Margherita Fusco

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Un museo per tuttiDopo un lungo periodo di chiusura, nel 2010 il Museo è stato riaperto al pubblico e in questi anni ha visto un continuo aumento di visitatori fino a quasi ottantamila nell’ultimo anno. Il percorso è stato radicalmente rinnovato, tanto nella filosofia di esposizione quanto in gran parte dei contenuti. L’obiettivo è stato quello di realizzare un museo inteso non solo come luogo di raccolta, conserva-zione e valorizzazione di un patrimonio scientifico e culturale, ma anche come grande contenitore di suggestioni e sensazioni: un museo delle emozioni in cui la complessità dei contenuti scientifici viene mediata da un allestimento accattivante e coinvol-gente e da una comunicazione semplice e diretta che stimola la conoscenza, la fantasia, la curiosità e l’immaginario di ogni visitatore. Il Museo oggi accoglie il visitatore al suo ingres-so con il piccolo ma suggestivo giardino aperto al pubblico che lo introduce al moderno spazio di accoglienza/biglietteria e all’adiacente museum shop. Al secondo piano il percorso espositivo è organiz-zato in tre sezioni, ognuna delle quali è in realtà un percorso indipendente caratterizzato da una pro-pria tipologia allestitiva e da una specifica modalità comunicativa.La prima sezione Sulle tracce della vita si sviluppa su quattro sale; dedicata ai fossili e alla paleontologia aiuta a comprendere la nascita e l’evoluzione della vita sulla terra dalla comparsa dei primi organismi unicellulari a quella di Homo sapiens, “appena” 200 mila anni fa.Raccogliere per stupire, raccogliere per studiare è una se-zione dedicata agli esploratori e ai ricercatori di ieri e di oggi e racconta l’evoluzione del collezionismo

e la nascita della museologia scientifica. Spaziando da raccolte organizzate con criteri per lo più estetici alla vera e propria classificazione scientifica, la se-zione pone particolare attenzione alla storia e alla formazione delle collezioni del Museo. Con Le strategie della vita l’esposizione offre una di-versa chiave di lettura della complessità della natura e delle forme viventi, illustrata attraverso le strate-gie di sopravvivenza elaborate dalle specie animali e vegetali nel corso dell’evoluzione. Specie attuali ed estinte, di dimensioni gigantesche e microsco-piche, abitanti dell’acqua, della terra e dell’aria. Un viaggio nella complessità delle forme viventi, carat-terizzate da enorme variabilità, da profonde diffe-renze ma anche da sorprendenti analogie.Al piano terra si trova la Galleria dei Cetacei che ospi-ta lo scheletro di una grande balenottera comune e quello di un giovane capodoglio, e l’Acquario delle tegnùe con pesci, molluschi, crostacei e altri organismi vivi, tipici di qui particolari affioramenti rocciosi sommersi chiamati tegnùe che si trovano al largo del litorale veneziano.

Ricerca e citizen scienceDietro le quinte delle sale espositive si nasconde un altro museo: quello della conservazione e del-la ricerca, ruoli poco noti al pubblico ma di vitale importanza per la sopravvivenza e l’incremento delle collezioni. Il personale scientifico, composto da biologi, naturalisti e tecnici di laboratorio, assi-cura il monitoraggio e la corretta conservazione di decine di migliaia di reperti, consentendone anche lo studio e la valorizzazione da parte di specialisti di tutto il mondo.Allo stesso tempo il lavoro si proietta nella ricerca

di campo, con un’attività continua di monitorag-gio della flora e della fauna del nostro territorio. La conoscenza dell’ambiente e dei suoi delicati equili-bri ecologici risulta indispensabile al personale del Museo per dare risposte veloci e soddisfacenti alle esigenze di visitatori e utenti: consulenze alla cit-tadinanza e ad altri enti, servizi di educazione per-manente in campo scientifico-naturalistico, attività didattiche e di formazione professionale.Molto diversi sono i campi e le discipline di pertina-nenza del Museo: dalla biologia marina allo studio dei vertebrati terrestri, dall’entomologia all’archeo-zoologia, eccetera. Gli esiti delle ricerche vengono annualmente pubblicati nella rivista scientifica Bol-lettino del Museo di Storia Naturale di Venezia, giunta al 67° numero.Nelle attività di ricerca partecipano anche associa-zioni e volontari che gravitano all’interno del mu-seo, altre volte vengono creati progetti di coinvolgi-mento della cittadinanza, come nei cosiddetti atlanti distributivi. Sono questi esempi di quella che viene definita citizen science cioè progetti che prevedono la partecipazione diretta del pubblico alla ricerca. Ad esempio le segnalazioni di oltre 100 collaboratori volontari hanno permesso di accer-tare la presenza in Veneto di 170 specie di farfalle diurne e di definirne la distribuzione sul territorio regionale portando alla stesura di uno splendido volume.

Vivere il museoI musei devono perseguire obiettivi educativi rivol-ti a “tutti” e quindi a tutte le età, a tutte le culture, a tutte le persone con le più differenti esigenze ed abilità. Le attività proposte variano quindi in base

al tipo di utenza, alla durata del progetto, alle risor-se, alle competenze ma cercano sempre di creare situazioni di apprendimento stimolanti e coinvol-genti che favoriscano la curiosità, l’osservazione e la discussione. In generale sono progetti che hanno come obiettivi la valorizzazione delle collezioni scientifiche, la divulgazione delle attività di ricerca, la diffusione delle scienze naturali e della cultura scientifica, l’educazione alla tutela dell’ambiente attraverso comportamenti consapevoli e responsa-bili nei confronti delle risorse naturali.Per quanto riguarda il mondo della scuola il Mu-seo propone attività didattiche che si svolgono con continuità durante tutto l’anno scolastico e costitu-iscono un punto di riferimento per le scuole del ter-ritorio. Vengono proposti laboratori, percorsi attivi, visite guidate facendo sempre molta attenzione alle esigenze della scuola che sono in continuo diveni-re. Novità di quest’anno ad esempio è un percorso che utilizza il metodo CLIL (Content and Langua-ge Integrated Learning) e cioè un apprendimento integrato della lingua, nel nostro caso inglese, e dei contenuti che in questo percorso riguardano la classificazione biologica e l’evoluzione.Tutte le esperienze prevedono l’osservazione e la manipolazione di materiali scientifici, l’utilizzo di schede e materiali didattici; si svolgono tra le sale del museo e le aule didattiche guidati da personale specializzato in didattica ed educazione ambienta-le che coniuga il rigore metodologico e scientifico proprio delle scienze naturali con un approccio esperienziale coinvolgente. Per il pubblico non scolastico le attività di divulgazione scientifica sono molteplici: convegni, conferenze, mostre tempo-ranee, esperienze in ambiente. Per tutte il nostro

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impegno è sempre quello di trovare modalità e forme di comunicazione efficaci in grado di parlare al pubblico in modo semplice ma scientificamen-te corretto. Particolarmente interessante è il caso delle “giornate evento” che propongono contem-poraneamente a pubblici diversi un tema specifico mediante conferenze, laboratori, punti informativi, postazioni interattive, esposizione di reperti. Il Museo anche attraverso questi progetti diventa uno spazio di tutti e per tutti, un patrimonio da utilizzare con tempi e modalità diverse, un luogo reso vivo e vivace non solo dalle persone che in esso lavorano ma anche da tutti coloro che lo ar-ricchiscono con la loro personale esperienza attra-verso processi di lettura e di fruizione differenziata aumentandone enormemente le potenzialità edu-cative.

Didascalie foto:pp. 40, 41 Facciata del Fontego dei Turchip. 42 Laboratorio per la scuola secon-

daria p. 43 Attività didattiche al Bosco di

Mestrepp. 44, 45 Famiglie al Museop. 46 Visite libere con l’ausilio dell’Au-

diopenp. 47 Punto informativo durante una

giornata eventopp. 48, 49 Collezione storica di biologia ma-

rinapp. 50, 51 Collezione ornitologica di G. Pe-

ralep. 52 Sezione libro antico della biblio-

tecap. 53 Illustrazione da Historiae anima-

lium di C. Gessnerp. 54 Attività di ricerca in laboratorio di

entomologiap. 55 Campionamenti faunistici in la-

guna di Veneziap. 56 Progetto di salvaguardia delle tar-

tarughe marinep. 57 Laboratorio per la scuola prima-

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Laboratorio chimico Ca’ Foscari via Torinofoto di Giorgio Bombieri

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La necessità di inventare, di creare, è qualcosa che ha a che vedere con lo sviluppo umano.Un bambino ha la capacità creativa di inventare qualsiasi cosa e la creatività è strettamente legata alle emozioni, pertanto la sua stimolazione favorisce la crescita personale e l’espansione del talento.I bambini e le bambine utilizzano oramai quotidianamente la tecnologia, ignorando tuttavia le sue componenti e mancando quindi di un pensiero critico del suo uso e consumo. Uno dei nostri obiettivi è potenziare il pensiero riflessivo, analitico e critico; pensiamo che sia necessaria una alfabetizzazione tecnologica che converta i bambini in creatori attraverso l’uso della tecnologia, oggetti intelligenti e video-giochi invece di essere utilizzatori passivi e consumatori compulsivi. È il concetto di democratizzazione tecnologica, per lo sviluppo della società a partire dai bambini.

L’ esperienza di Fablab VeneziaLe attività laboratoriali sono pensate per avvicinare i bambini della scuola primaria e secondaria all’elettronica, alla programmazione, al disegno attraverso gli strumenti della fabbricazione digitale, come ad esempio la stampa 3D.I temi della “condivisione dei saperi” (Open Source), della “fabbricazione digitale” (Digital fabrication), del “far da sé” (DIY, Do It Youself), ma anche del “riuso“, della “autoproduzione” e della “personalizzazione“, vengono affrontati con attività a misura di bambino. Fablab for Kids è un laboratorio di apprendimento, un’officina di creatività e sperimentazione in cui i bambini fin dall’età di 5 anni possono, per esempio, riparare il proprio giocattolo rotto, reinventarlo e renderlo unico, o addirittura autoprodurselo.

Fablab For Kidsa cura di Andrea Boscolo Fablab Venezia Team

Si possono realizzare installazioni di gruppo e scoprire tutte le opportunità offerte oggi dalla tecnologia, attraverso programmi di disegno e programmazione. L’atteggiamento è attivo e creativo, si impara a fare, magari sbagliando, sapendo che si può e si deve provare e riprovare, rifiutando l’idea “dell’errore irrimediabile”.

I format di laboratori seguono tre filoni applicativo/didattici:1. Gli Elettro-GIOCHI: alla scoperta della luce! Energia, materiali conduttivi, led, elettricità, circuiti…2. I Computer-PARLANTI: puoi programmare storie interattive, giochi ed animazioni…e lo sviluppo del pensiero logico.3. Il Crea-COSE: immagina, Gioca, Impara, Crea e… Stampa. Tinkering (letteralmente aggiustamento), stampa 3D, disegno.

Dove si possono svolgere i laboratori di Fablab for Kids: Al Fablab Venezia, presso Parco Scientifico e Tecnologico di Venezia, Vega si possono tenere tutti i laboratori, avendo a disposizione spazi ed attrezzature dedicate, negli spazi di un vero Fablab. I laboratori saranno a pagamento e a numero chiuso, mentre altri verranno concepiti aperti a tutti e completamente gratuiti. Dove vuoi, ovvero presso Enti, Istituzioni, Associazioni che ne facciano richiesta. Le iscrizioni avverranno con le modalità comunicate dal soggetto ospitante e condivise attraverso i social da Fablab for Kids.

A scuola poiché le scuole che ne facessero richiesta, possono ospitare i laboratori di Fablab for Kids negli orari della normale didattica, o per eventi occasionali. Inoltre possiamo ospitare nella sede del Fablab singoli progetti didattici sviluppati con le Istituzioni scolastiche.

Cos’è un Fablab1. Nato al M.I.T. di Boston, il concetto di Fablab si sta diffondendo in tutto il mondo e fonda la sua forza su una filosofia di azione locale attraverso un network internazionale.Il Fablab (fabrication laboratory) è un laboratorio in piccola scala che utilizza una serie di macchine controllate dal computer e gestite attraverso software.Consentendo a chiunque di accedere ai macchinari si favorisce il concetto dell’autoproduzione o DIY(do it yourself), facendo crescere gruppi di interesse intorno ad idee e progetti. Vengono superate così le logiche tradizionali del marketing e la nuova imprenditorialità assume valenze sociali condivise da Imprese, Enti, Amministrazioni, Università, Scuole, Fondazioni, etc.Fablab Venezia è il primo Fablab di Venezia e del Veneto, ed è un laboratorio aperto a tutti. Makers, artigiani e creativi di ogni tipo. La sua missione è quella di dare accesso e nozioni, ad una serie di strumenti di fabbricazione digitale (stampanti 3d, frese cnc, taglio laser, tessile digitale, braccio robotico, etc.), a chiunque voglia vedere i propri progetti, passare da un’idea astratta ad un oggetto fisico. Fablab Venezia è un laboratorio funzionante.

L’idea di un Fablab a Venezia è nata nel 2012 e si è concretizzata nel 2013 con la costituzione di Fablab Venezia srls da parte di Andrea Boscolo, Elia De Tomasi, Leonidas Paterakis. L’accesso è consentito ai tesserati nei giorni di martedì e venerdì dalle 10:00 alle 17:00.

RecapitiFablab VeneziaVega PST, Edificio Porta InnovazioneVia della Libertà 12, 3175, Margherawww.fablabvenezia.org.

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Lunedi mattina, a scuola

Gentile Signor Preside,sottopongo alla sua attenzione lo scritto di un’allieva di pri-ma D, Iolanda Erasmi. Potrebbe trovar posto nelle pagine di Matematica e Scienze del giornalino scolastico?Cordialità,Prof. Martino Testadura

Tema: Racconta una giornata delle tue vacanze na-talizie. Scrivi almeno sei pagine.Svolgimento.L’ultimo giorno di vacanza sono venute a trovarci la nonna e la zia. Hanno preso il tè con la mamma, in salotto, e tutte e tre hanno parlato per ore. Io sta-vo leggendo Harry Potter sul divano, ma le ascol-tavo lo stesso, perché mi piace sentire i discorsi dei grandi. Loro lo sanno che io sono sul divano, ma dopo un po’ se ne dimenticano e posso ascoltare anche le cose che non mi vorrebbero far sentire. A dire la verità, ieri non ho sentito vere e proprie stranezze: hanno parlato tutto il tempo di nume-ri, scuola e biblioteche. Quindi penso che sia un pomeriggio giusto da raccontare in un tema. Non posso mica scrivere di quando mi sono divertita a lottare col gatto sotto il letto, non sono argomenti da scuola, questi.La zia è bibliotecaria e la nonna statistica. Una ho capito cosa fa: mette in ordine i libri e le sedie che noi sparpagliamo quando andiamo in biblioteca. L’altra usa i numeri per capire il mondo e fa tanti calcoli, ma non so bene come passa il tempo da-vanti al computer. La mia mamma invece è facile, fa la maestra.E insomma, si sono bevute il tè, hanno mangiato

biscotti e poi hanno tirato fuori un sacco di fogli, disegni, libri, giochi, pupazzi e altre robe che non so. Si sono messe a fare chiasso e parlavano una sopra l’altra, a volte serie, a volte ridendo. E poi scrivevano, e cancellavano, e buttavano dei fogli accartocciati a terra e poi li riprendevano stirandoli con le mani. Si sono inventate addirittura storie di streghe e teoremi. Mio papà quando le vede così se ne va di là in cucina, tanto, dice, è inutile cercare di capire o farsi ascoltare.Un foglio l’ho preso, è caduto alla nonna, e sicco-me non ho capito tutto quello che c’era scritto, lo ricopio qui, così magari capisce lei, professore. Il ti-tolo è “Intervento Euklidea sabato 29 ottobre 2016 Venezia”.Estratti dagli abstract ricevuti: «I bambini leggono le scienze», «Grattiamo al di sotto delle formule», «Passione scientifica al femminile», «Giochiamo fuori dalle scatole», «Fondiamo comunicazio-ne narrativa e argomentativa», «Interfacciamo il pensiero scientifico e la sua rappresentazione», «Narriamo come si guarda il mondo con metodo scientifico», «Educhiamo artigiani di officine tecno-logiche», «Portiamo la cultura fuori dalle aule, fac-ciamone patrimonio della cittadinanza», «Usiamo un approccio coinvolgente», «Ma i bambini che ne pensano?»Commento: Le frasi tratte dagli abstract sono un insieme eterogeneo, complesso, ma composto in armonia. Sembrano un insieme di linee guida informali di divulgazione scientifica per bimbi e ragazzi. Provo a sintetizzarle in cinque punti a cui associo ciascuno un oggetto simbolico:1. Esplorare e riflettere, con metodo. Per sviluppare pensiero critico e decidere in autonomia - Coperti-

Numeri e tèdi Monica Bailot, Rina Camporese, Sara Letardi, Monica Novielli, Susi OstiIstat. Istituto Nazionale di Statistica

na della prima edizione in lingua originale di Pippi Calzelunghe: una bambina autonoma con spirito di scoperta.2. Fondere e contaminare – in senso artistico – linguaggi e strumenti di comunicazione. Sfatare il pregiudizio che la divulgazione scientifica debba svilire i contenuti e galleggiare a livello superficiale. La sfida è, invece, far sgusciare i contenuti fuori dal-la forma dei linguaggi settoriali in cui nascono e tra-sferirli in altri ambiti comunicativi, mantenendo il più possibile la qualità e la complessità di partenza. Rinunciando magari ai dettagli, per mettere a fuoco i pilastri fondamentali dei concetti da trasmettere. Non semplificazione, ma sintesi efficace - Venezia morbida, un cuscino con ricamata la copertura del suolo di Venezia tratta dall’analisi di dati satellitari: rappresentazioni inusuali di dati scientifici.3. Amalgamare il tutto con il coinvolgimento emo-tivo e una relazione efficace tra docenti e discenti - Fedora, una castora di peluche con la passione per la geometria tridimensionale: un personaggio affettivamente “morbido” racconta concetti mate-maticamente “duri”.4. Negli abstract compare solo sfuocata, quasi ine-sistente, la dicatomia tra discipline umanistiche e scientifiche. Apprezzo molto questa prospettiva, la condivido - Ritratto di Carlo Emilio Gadda, l’inge-gnere scrittore: si possono scrivere ottimi romanzi anche se si viene da una formazione scientifica.5. La biblioteca può riconciliare questi due mon-di, può diventare un luogo in cui sperimentare e scoprire in allegria conoscenze di ogni tipo - Libro antico in inglese venduto in una libreria storica di Venezia e finito chissà come a casa mia: le raccolte di libri sono labirinti di porte verso mondi da esplo-

rare.Non ho copiato il foglio per allungare il tema, no. Ma visto che è stata la nonna a scrivere: «Ma i bam-bini che ne pensano?», ho pensato di risponderle e scrivo anche io per punti, come lei. A parte che io non sono una bambina perché vado in prima me-dia, però parlo per i bambini delle elementari.1. Nonna, se non parli meglio i bambini non ti ca-piscono. Già leggere cos’avevi scritto con la stilo-grafica non è stato facile, in più hai usato anche pa-role che non esistono nel vocabolario. Prendi, per esempio, dicatomia: tra dicatalettico e dicco non ho trovato quella parola. Cosa volevi dire? C’è qualco-sa che non va tra gli scrittori e gli scienziati? A me piace italiano e mi piacciono anche matematica e scienze, mi piace leggere le saghe e fare gli espe-rimenti. Infatti, non so mai cosa rispondere quan-do mi chiedono la mia materia preferita... so solo che non mi piacciono i calcoli, li sbaglio sempre! E non mi piace quando devo scrivere per forza temi lunghi almeno sei pagine o fare dodici espressioni lunghe, che mi sbaglio sempre di qualcosa quando salto alla riga sotto e mi tocca rifarle almeno due volte per far tornare il risultato che c’è nel libro. Per fortuna la prof di matematica lo capisce e non mi dà voti troppo brutti se faccio qualche errorino di distrazione; però mi dice che, se dai miei calcoli di-pendesse la tenuta di un ponte, lo farei cadere due volte su tre. Beh, allora da grande non progetterò ponti. Oppure mi insegni a grattare sotto le formu-le, magari mi servirà per risolverle giuste, mah…2. Fedora è mia, e tu non mi hai chiesto il permesso di portarla a Euklidea. La prossima volta che pren-do le tue scarpe strambe per travestirmi a carneva-le, non puoi sgridarmi. E poi come fai a dire che Fe-

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dora ha la passione per la geometria? Fedora è una musicista! Se vuoi usare dei giochi, chiedi almeno il permesso ai bambini e fatti spiegare da loro come si gioca.3. Io mi diverto quasi sempre quando andiamo in biblioteca, a parte quando dobbiamo stare tutti zit-ti e fermi. Se ci fosse una stanza per gli esperimenti matti ci andrei più volentieri e mi piacerebbe anche poter parlare, perché come faccio a scambiarmi i risultati con Federico se non possiamo parlare? Sai, Federico, quello che ha la mensola piena di scatole di giochi scientifici? Gliene arriva una ad ogni occa-sione di regalo, ma lui si annoia ad usarle da solo. Gli ho anche prestato uno dei miei libri, mi ha det-to che è curioso di leggerlo.4. Forse ho capito cosa intendi per “far sgusciare i contenuti fuori dalla forma dei linguaggi settoriali”. Ma di sicuro non l’ha capito lo zio Eugenio. Biso-gna che tu glielo spieghi, così la prossima volta che gli chiedo cosa sono un algoritmo o un gigabyte non mi rimbambisce con una sfilza di frasi attorci-gliate. Che io poi non ci capisco niente, lui mi dice che sono troppo piccola per queste cose e si finisce con «Vai a giocare, che è meglio». Ma lo sa lo zio che i bambini giocano con tutto, anche con un al-goritmo? Oltre a non ricordarsi più come si parla per farsi capire, mi sa che non si ricorda neanche come giocava da piccolo. E sì che è ancora un po’ giovane, lo zio, mica vecchio come te.Quando la mamma, la nonna e la zia hanno finito di scrivere, si sono messe a giocare. Hanno lanciato dadi, tirato fuori palline da un sacchetto e scritto i risultati su un post-it, hanno fatto aerei di carta e misurato quanto lontano andavano (hanno chia-mato anche me e il papà a tirarli), hanno provato a

costruire figure con dei cubetti di legno ma non si ricordavano come fare (per fortuna è arrivato mio fratello piccolo che si ricorda tutte le combinazio-ni), hanno lanciato monete in aria e alla fine hanno inventato un quiz di domande statistiche sul tele-fonino e dicono che lo dovrebbero fare i ragazzi a scuola... però secondo me non li lasciano giocare con il telefonino in classe. Insomma, loro si sono divertite tanto.Quando finalmente se ne sono andate, ho finito di leggere il capitolo che avevo iniziato.

Lunedi pomeriggio, al telefono

Rrring«Pronto, ciao. Sono la zia Pince, con chi parlo?».«Ciao zia. Sono Ioio, come va?».«Oh, Ioio, la mamma c’è? Dovrei dirle una cosa...»«No zia, mamma è uscita. Ha la sua lezione di yoga, tornerà per cena».«Uhm... troppo tardi. Ascolta Ioio, fammi un favo-re. Ho lasciato a tua mamma la mia cartellina con degli appunti che mi servivano per domani matti-na. Puoi inviarmeli con whatsapp?».«No zia, ho finito il credito... ho giocato troppo a Clash Royale e la mamma non mi vuole ricaricare il cellulare fino a sabato prossimo. Però gli appunti li ho trovati, sono qui davanti a me».«Ah... ho capito... Me li detteresti?».«Come?! Dettare?!!»«Eh sì, mi servono assolutamente per domani mat-tina! Dai Ioio, fammi questo favore!».«Certo zia Pince! Poi andiamo al cinema? C’è l’ul-timo film di Harry Potter, le mie amiche sono già

andate, una fangirl non può perderselo... zia...».«Ah beh, se si parla di fangirl va bene. Adoro anch’io leggere le saghe. Ai miei tempi ci chiamavano topi di biblioteca. Allora, Ioio, andremo. Ma ora detta-mi gli appunti che si fa tardi... domani devo vedere il mio capo e parlargli del progetto Euklidea».«Ok zia. Allora, prima pagina: «I bambini sono generalmente curiosi e portati al gioco e alla spe-rimentazione. Per stimolare una mente creativa e critica sono necessari: il gioco, il poter fare e la con-divisione dell’esperienza». Ma dici davvero? Sai che non ci avevo mai pensato? Forse è per questo

che mi diverto ad andare a casa di Federico? Lui ha un sacco di giochi ma da solo si annoia, così quan-do vado a casa sua, invece di giocare col telefono, tiriamo fuori una delle sue scatole e facciamo un po’ di esperimenti. Il mio preferito è il vulcano... lo sai fare il vulcano?1 Ti pulisce perfettamente anche la doccia, sai?”«Ioio, me lo spiegherai un’altra volta... vai avan-ti...»«Seconda pagina: Laboratori proposti: Gara di ae-rei, Dadi e probabilità, La passeggiata dell’ubriaco, MeteoSciarpa. Zia, ma sono dei giochi! Che bello, quando li fate? Posso venire?».«Sì, certo che puoi venire, li proporremo anche alla tua scuola. Ti sembrano carini?».«Sì, sì. La gara di aerei l’ho già fatto con i ricercatori dell’Istat!».«Davvero? È il laboratorio che utilizziamo anche noi per spiegare il metodo sperimentale. Sai, quel-lo che si studia a scuola ma che non sempre si ha l’occasione di mettere in pratica».«Sì, mi era piaciuto un sacco. Non mi sarei mai im-maginata che fosse importante fare così tanti lanci per capire quale aereo fosse il migliore!».«È vero, cara, un lancio solo per aereo avrebbe dato un risultato non veritiero. È come se io volessi pro-muoverti o bocciarti sulla base di una sola interro-gazione. Magari quel giorno non hai studiato e ti va male, prendi un quattro e la prof si convince che non hai speranza di essere promossa. Ti sembre-rebbe giusto? Così come si fanno tante interroga-

1 Il “Vulcano” è un classico esperimento di chimica da fare facilmente in casa. Aceto (acido) e bicarbonato (basico), reagendo, sviluppano anidride carbonica e si crea effervescenza.

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zioni per capire quale sia la tua vera preparazione, è necessario fare più lanci per capire effettivamente quale aereo andrà più lontano. La statistica ci aiuta in questo, a raccogliere più dati e ad analizzarli».«Zia, adoro le tue frasi ad effetto! E i dadi? Giocate anche a dadi?».«Sì, ci aiutano a capire qualcosa di probabilità. Lan-ciamo tante volte il dado e ci chiediamo quale faccia uscirà più volte. Tu sapresti rispondere?».«Uhm… No, non saprei. Però so che il sei è molto difficile che esca».«Ecco, vedi, allora devi assolutamente fare questo pic-colo esperimento. Vai a prendere un dado e lancialo almeno cinquanta volte. Segnati tutte le volte che ti viene uno, due e così via e poi ne riparliamo. Se te lo spiegassi e basta magari non mi crederesti. È molto meglio che tu veda con i tuoi occhi... così magari da grande eviterai di giocare al lotto credendo alla favola dei numeri ritardatari o più o meno fortunati».2

«Uhm... non mi hai convinta... e questo dell’ubriaco cos’è? Vi mettete tutti a barcollare? Ahahahah!».«Ricordi al museo della matematica di Roma? Ci sia-mo state l’anno scorso; c’era quel pannello con tanti chiodini disposti come una piramide. Bisognava far cadere tante palline dalla cima della piramide e vedere in quale casella, tra quelle disposte alla base, sarebbe-ro arrivate».«Il cicòn de Dalton!».«Quasi, tesoro di zia... si chiama quinconce de Gal-

2 Iolanda fece l’esperimento ed imparò che le sei facce del dado sono equiprobabili. Ovvero nessuna faccia ha minore o maggiore probabilità di uscire, ma tutte hanno probabilità pari a 1/6. Ripetendo l’esperimento per un gran numero di lanci si verifica una delle leggi della probabilità, ovvero che la probabilità frequenziale tende a quella teorica.

ton, o macchina di Galton. Ne proponiamo ai ragazzi una versione semplificata, da fare con foglio, matita e monetina. Nella macchina di Galton la pallina viene lanciata dall’alto e quando incontra un chiodino può andare sia a destra sia a sinistra con uguale probabilità. Ricordi dopo aver lanciato tante palline cosa succe-deva?». «Mi pare che si accumulassero al centro: veniva fuori una specie di montagna di palline!».«Esatto! Anche i ragazzi, dopo aver lanciato la mo-netina e seguito il percorso a bivi arriveranno in una casella. Poi, dopo aver raccolto i dati di tutti, scopri-ranno quello che hai osservato tu: il centro è il luogo più probabile in cui trovare una pallina a fine corsa, gli estremi sono le posizioni più improbabili. Ma non impossibili».«Zia, che bello!!! Ah... ma l’ultima la conosco: è la sciarpa che mi hai regalato l’anno scorso! Mi piaceva un sacco ed ho spiegato a tutte le mie amiche il signifi-cato dei colori. Ogni colore un insieme di temperatu-re, ogni riga fatta a ferri un giorno dell’anno e una sola sciarpa lunga 365 righe per rappresentare le tempera-ture della nostra città di un intero anno! Ricordati che mi devi insegnare a lavorare a ferri, ne voglio regalare una anche a Federico».«Sì, è proprio così. Abbiamo pensato infatti che oltre a poter vedere i dati, rappresentandoli su un grafico, poteva essere una buona idea poterli “toccare” con mano. La sciarpa ci dà questa opportunità, mettere in azione occhi e tatto per entrare sempre più nel mon-do dei dati e dei numeri. Ne faremo ancora delle belle, vedrai!»«Zia, vi ho sentite parlare domenica a casa nostra, sembravate divertirvi un sacco! Non mi avete vista? Ero spiaccicata sul divano e vi ho rubato un foglio di

nascosto. Forse non ve ne siete accorte, ma mi è stato molto utile per il tema che ci ha dato il prof di italia-no».«Ah, ecco dove era finito! Tua nonna l’ha cercato tutta la sera. Ioio, ricordati di ridarlo alla mamma, domani vedrà la nonna e potrà restituirglielo. Ora devo andare a finire la mia relazione. Grazie Ioio, ci sentiamo per il film, d’accordo?».«Certo zia, un bacione!».«Ciao tesoro!».Click

Lunedi sera, in cucina

«Iolandaaaa, Iolanda, vieni per favore? Il preside mi

ha telefonato per l’autorizzazione a pubblicare il tuo tema nel giornalino della scuola. Come mai?»«Maaa, niente».«Come niente? Se vogliono pubblicare il tuo tema, un motivo ci sarà!».«Beh, sì, ho raccontato di te, la zia e la nonna che passate i pomeriggi a inventarvi giochi statistici”.«Oh, Santa Patata! Ci hai fatto fare bella figura, spe-ro. O hai detto che ti sembriamo un po’ svitate, come dice sempre il papà?».Iolanda seria seria risponde: «Hmmm, no, dai, vi ho fatto fare bella figura. Però, secondo me, non siete come chi ha organizzato il laboratorio stati-stico degli aerei che ho fatto prima delle vacanze di Natale in biblioteca. Il papà mi racconta sempre

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che per lui l’esame più difficile all’università è stato proprio statistica. I suoi libri erano pieni di formule noiose e impossibili da capire. Io, invece l’ho trova-ta davvero divertente; mi sono immaginata di es-sere un detective dei numeri. Pensa che con i miei compagni siamo riusciti a decifrare il linguaggio dei numeri e a scoprire che possono descrivere le cose attorno a noi, a volte meglio delle parole, proprio con l’aiuto della statistica».«Ma quando? Che laboratorio era?».«Ma sì, ti ricordi che hai firmato l’autorizzazione per l’uscita al progetto Euklidea? Ho partecipato anche io a “Crescere con le scienze”. Pensa... Lea si aspettava un laboratorio sulle foglie o sugli animali

e, invece, alla fine abbiamo lavorato con i nume-ri, con i grafici, le tabelle e perfino abbiamo fatto le formule, sembrava proprio la matematica delle cose vere».«Ma dai! Allora adesso capisci un po’ perché mi diverto tanto quando mi vedi tutta arruffata a lavo-rare con la zia e la nonna».Iolanda sorride sorniona: «Mah, non so se i vostri giochi sono così divertenti. La prof ci ha portato in biblioteca e lì avevamo una zona tutta per noi. Abbiamo fatto lezione con tutti i libri intorno, ce n’erano da tutte le parti; fa venire la voglia di aprirli, di leggerli e quasi quasi di studiare. E poi il posto era accogliente: ci siamo potuti sedere liberi per ter-ra su tappetoni morbidoni e non sui soliti banchi!”La bambina continua a raccontare euforica: “Sai, mamma, secondo me Lea sbaglia. Infatti le prof dell’Istat ci hanno spiegato che le scienze non sono solo botanica, o zoologia. Ogni volta che osser-viamo la realtà per cercare di capirci di più, siamo degli scienziati all’opera. Lo abbiamo fatto con il fagiolo nel cotone alle elementari, ma lo possiamo fare sempre. Anche in biblioteca, dove abbiamo giocato per scoprire se un tipo di aereoplanino di carta andasse più lontano rispetto ad un altro. E ho capito – finalmente! – anche il metodo sperimen-tale, e devo dire la verità che metterlo in pratica è molto più facile che ricordarlo studiato a memoria sul libro di scienze».«Ma quindi che avete fatto? Dimmi un po’…».Iolanda ha ormai un’aria da esperta di didattica e replica: “All’inizio mi sono chiesta anch’io come mai la prof ci aveva portato in biblioteca per gio-care. Avremmo potuto farlo a scuola, no? E inve-ce alla fine ho capito: non abbiamo giocato, ma

lavorato insieme ai ricercatori veri dell’Istat e noi eravamo i “ricercatori in erba” e abbiamo fatto un vero esperimento: abbiamo ripetuto le prove più volte e registrato tutti i nostri risultati. Dovevamo stare molto attenti a non sbagliare. A dire la verità Matteo ha fatto uno sbaglione gigante, ha piegato il suo aereo a rovescio. Però il suo aereo è andato molto lontano; allora forse si potrebbe fare un altro esperimento lanciando tante volte aerei fatti come quello di Matteo e vedere se è proprio vero che vanno più lontani degli altri. Me lo ha detto anche zia al telefono che una sola volta non basta. Ah, mamma, devo ridarti il foglio per la nonna... Beh, comunque, i numeri li abbiamo creati noi con le nostre mani, erano davvero tanti numeri: un cartel-lone pieno! E ognuno di noi ne ha fatti un po’».«Racconta, racconta ancora. Di solito non mi dici mai niente di quello che fai a scuola. Ma per fare i grafici e le tabelle avete usato un computer?»«Mammaaaa, daiiii, ma certo! Ti pare che uno sta-tistico oggi non sappia usare un pc? Sì, sì, abbiamo usato anche il computer. Ci hanno spiegato che la statistica ci aiuta quando c’è molta confusione. Anzi, la confusione in realtà si chiama variabilità. E infatti, di confusione ce n’è stata tanta sulla pista di atterraggio: era fatta di un lunghissimo nastro carta misuratore che ci ha aiutato a calcolare la distan-za percorsa dai nostri aerei di carta. Comunque, quando abbiamo finito con la pista abbiamo scrit-to i numeri al pc e poi insieme abbiamo cercato di leggerli per provare a fare un riassunto».La mamma sorride: «Leggere i numeri? Fare un ri-assunto di numeri? Sei sicura?».«Sì, proprio leggere. La mia prof dice che la formu-la è un testo estremo e che anche i numeri parla-

no un linguaggio, hanno una loro grammatica, e perfino esistono delle parole speciali, una specie di vocabolario. Vuoi sentire quelle della statistica? Frequenza, mediana, range e altre ancora. Fare un riassunto di numeri è come fare una spremuta, per farlo abbiamo usato la media e anche altre formule. Adesso capirle è semplice, dopo che le ho calcolate al laboratorio con i dati dell’esperimento. Imparare così le cose è molto più facile, perché usi i numeri che hai creato tu, insomma è come se fossi tu a scrivere il testo del problema di cui hai già la solu-zione. Guarda, leggi cosa c’è scritto nel quaderno dell’esperimento: «La statistica è pensiero critico in azione e uso intelligente del buon senso: per valu-tare l’aereo migliore è importante non considerare un’unica prova ma farne tante e fare una sintesi delle osservazioni – Ah ecco, quello che diceva zia – Solo così si può prendere una decisione sensata. Allo stesso modo, se si ripetono tanti lanci di dadi o di monete è facile trovare delle regolarità. Anche nella vita di tutti i giorni ci sono delle regolarità che riguardano noi e la realtà che ci circonda, il compi-to della statistica è individuarle e raccontarle con il linguaggio della matematica.»«Tesoro della mamma, vieni qui che ti bacio!».

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La natura che ci circonda

La forestaRené MettlerL’Ippocampo Junior, 2012Età di lettura: dai 4 anni.Biblioteca VezJunior: J PRI-BLU 5 Arte e scienza MET

Il regno delle apiPiotr Socha ElectaKids, 2016Età di lettura: da 7 anni. Biblioteca VezJunior: J R DEWEY 638.1 SOC

Zoottica. Come vedono gli animali?Guillaume Duprat L’Ippocampo Junior, 2013 Età di lettura: da 7 anni.Biblioteca VezJunior: J R DEWEY 591.4 DUP

Le quattro stagioni di un ramo di meloAnne Crausaz,L’Ippocampo, 2015Età di lettura: da 6 anni.Biblioteca VezJunior: J R DEWEY 598 CRA

Animalium. Il grande museo degli animaliKatie Scott (ill. Jenny Broom)Electa Kids, 2014Età di lettura: da 7 anni. Biblioteca di Marghera: Ragazzi R 590 SCO

Alla scoperta del mondo

L’enciclopedia dei buchi Claire DidlerEditoriale Scienza, 2007Età di lettura: da 8 anni.Biblioteca VezJunior: J R DEWEY 035.102 DID

Piccolo libro delle curiosità sulla scienza. L’eccezione che non si studia a scuolaPaolo GangemiSironi, 2016Biblioteca Civica Vez: CDD CIV 507 GAN

Chi mangerà la pesca?Yoon Ah-Aae (ill. Hye-Won Yang) Editoriale Scienza, 2008Età di lettura: da 3 anni. Biblioteca VezJunior: J PRI-BLU 5 Arte e scienza JOO

1, 2, 3, …si conta…

Gatti neri gatti bianchiAnna CerasoliEditoriale Scienza, 2011Età di lettura: da 5 anni. Biblioteca VezJunior: J PRI-BLU 7 Prime letture CER

La grande invenzione di BubalAnna Cerasoli,Emme, 2012

Proposte di lettura per ragazzi divulgazione scientifica nella Rete Biblioteche Veneziaa cura di VEZ JUNIOR

Età di lettura: da 6 anni. Biblioteca della Giudecca: Ragazzi 516 ERBiblioteca di Marghera: Ragazzi RIME LETTU-RE CER

La nonna di Pitagora: l’invenzione mate-matica spiegata agli increduliBruno D’Amore, Martha Isabel Fandiño PinillaDedalo, 2013Biblioteca di Marghera: Ragazzi R 510 DAM

Fantastici giochi di logica per bambiniVan der MeerGribaudo, 2011Età di lettura: da 5 anni. Biblioteca di Carpenedo – Bissuola: Ragazzi PRI VAN

Alle origini della storia … alla scoperta dei dinosauri...

Tutto dal principioLindstromEditoriale Scienza, 2009Età di lettura: da 10 anni.Biblioteca di Marghera: Ragazz R 575 LIN

Bestie giganti, Enciclopedia PreistoricaSabuda, ReinhartFabbri, 2007Età di lettura: da 8 anni. Biblioteca Pedagogica “Lorenzo Bettini”: RAG 560 SAB

Biblioteca della Giudecca: Ragazzi R 567.91 SAB

Enciclopedia dei dinosauri ed altri animali preistoriciDavid Lambert, Darren Naish, Elizabeth Wyse Mondadori, 2002Età di lettura: da 7 anni. Biblioteca Pedagogica “Lorenzo Bettini: GIOV 567 LAMBiblioteca di Favaro Veneto Bruno Bruni: Ra-gazzi R 567.910 3 LAM

Le isole del tempo. Avventure nel mondo verde preistoricoMarta Mazzanti, Giovanna Bosi, Riccardo Mer-loEditoriale Scienza, 2010Età di lettura: da 9 anni. Biblioteca VezJunior: J R DEWEY 581.3 MAZBiblioteca di Marghera: Ragazzi R 561 MAZ

Fossili e dinosauri. La scienza sulle tracce di draghi e altri incredibili mostriDino TicliLapis, 2007

La scienza che non si vede...

Storie di scheletriJean-Baptiste De Panafieu, Patrick GriesL’Ippocampo, 2012Età di lettura: da 8 anni.

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Biblioteca di Marghera: Ragazzi R 573 PANBiblioteca VezJunior: J RICCIO R(4) 573.7 DEP

Mini. Il mondo invisibile dei microbiNicola DaviesEditoriale Scienza, 2016Età di lettura: da 8 anni.Biblioteca Pedagogica “Lorenzo Bettini”: PRI NAT DAVBiblioteca VezJunior: J R DEWEY 579 DAV

Maghi e reazioni misteriose. L’alchimia e la chimica a spasso nel tempo,Vincenzo Guarnieri Lapis Edizioni, 2007 Età di lettura: da 13 anni. Biblioteca Pedagogica “Lorenzo Bettini”: GIOV 540.9 GUA

Il filo conduttore. L’anticamera dell’atomoAnna Parisi, Alessandro TonelloLapis Edizioni, 2003Biblioteca Di Marghera: Ragazzi R 530 PARBiblioteca di San Tomà: Ragazzi R 530 PAR

Tutto è chimica!Christophe Joussot-Dubien, Catherine RabbeDedalo, 2008Biblioteca di Marghera: Ragazzi R 540 JOUBiblioteca Pedagogica “Lorenzo Bettini”. ADO 540 JOUBiblioteca VezJunior: J R DEWEY 540 JOU

Le molecole. Gli elementi e l’architettura di ogni cosa

Theodore GrayRizzoli, 2015Biblioteca di Marghera: Ragazzi R 541 GRABiblioteca Civica Villa Erizzo: CDD CIV 541.22 GRA

Il nostro pianeta, l’universo, le galassie, ...

Stelle, galassie e misteri cosmiciLindstromEditoriale Scienza, 2009Età di lettura: da 8 anni. Biblioteca Pedagogica “Lorenzo Bettini”: RAG 523.8 LIN

Il cielo sotto la terra : in viaggio nel siste-ma solare Ettore Perozzi Lapis, 2011Età di lettura: da 9 anni. Biblioteca VezJunior: J R DEWEY 523.2 PER

La Terra trema! Terremoti, maremoti e tsunamiMauro MennuniLapis Edizioni, 2008Età di lettura: da 9 anni. Biblioteca di Marghera: Ragazzi R. 551.2 MEN

Astrolibro dell’universoUmberto GuidoniEditoriale Scienza, 2010

Età di lettura: da 8 anni.Biblioteca di Marghera: Ragazzi R 520 GUIBiblioteca VezJunior: J R DEWEY 520 GUI

Sottacqua sottoterraAleksandra Mizielinska, Daniel MizielinskiElectaKids, 2015Età di lettura: da 7 anni. Biblioteca VezJunior: J R DEWEY 508 MIZ

La scienza nelle storie

Il piccolo bruco MaisazioEric CarleMondadori, 1989Età di lettura: da 4 anni. Biblioteca Carpenedo – Bissuola: Ragazzi PRI CARBiblioteca di Pellestrina Cagnaccio di S.Pietro: Ragazzi PRI CARBiblioteca di Zelarino: Ragazzi PRI CARBiblioteca di Marghera: Ragazzi RAC ALBI CARBiblioteca VezJunior: J RICCIO NPL PRI2 CAR

La rana romildaBruno MunariCorraini, 1997Biblioteca di Marghera: Ragazzi RAC ALBI MUNBiblioteca Pedagogica “Lorenzo Bettini”. RAG RACCONTI-9 MUNBiblioteca VezJunior: J RICCIO RAC 4 MUN

L’astronave dei sogni. Storie e fiabe di scienzaLoredana FrescuraEditoriale scienza, 2011Età di lettura: da 8 anni. Biblioteca VezJunior: J R 7-11 Racconti 6+ FRE

L’evoluzione di CalpurniaJacqueline KellySalani, 2011Biblioteca di Zelarino: Ragazzi R 813.6 KELBiblioteca del Lido Hugo Pratt: Ragazzi R 813.6 KELBiblioteca di San Tomà: Ragazzi R 813.6 KELBiblioteca di Marghera: Ragazzi R KELBiblioteca di Burano: Ragazzi R 813.6 KELBiblioteca della Giudecca: Ragazzi R 813.6 KELBiblioteca Pedagogica “Lorenzo Bettini”: ADO 813.6 KELBiblioteca VezJunior: J RICCIO R 813.6 KEL

La danza della tigreKurtén BjornMuzzio, 1983Biblioteca VezJunior: J R 14+ Narrativa KUR

Diventiamo tutti scienziati!

Sei zampe e poco più. Una guida pratica per piccoli entomologiGeena ForrestTopipittori, 2016

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Biblioteca di Marghera: Ragazzi R 595.7 FORBiblioteca VezJunior:J R DEWEY 595.7 FOR

Super scienza. Divertenti esperimenti per tutti i giovani scienziatiSimon MugfordEditoriale Scienza, 2007Età di lettura: da 7 anni. Biblioteca Pedagogica “Lorenzo Bettini”: RAG 507.2 MUG

Il manuale degli esperimenti. Un libro per aspiranti scienziatiEnrico MaraffinoLapis Edizioni, 2010Età di lettura: da 8 anni. Biblioteca di Marghera: Ragazzi 507 MAR

E io dove stavo?Mick Manning, Brita GranströmEditoriale Scienza, 2001Età di lettura: da 3 anni.Biblioteca di Marghera: PRI Stare al mondo SCIENZABiblioteca di Castello: Ragazzi R 612.6 MANBiblioteca di Zelarino: Ragazzi R 612.6 MANBiblioteca Pedagogica “Lorenzo Bettini”: RAG IO E GLI ALTRI MANBiblioteca VezJunior: J RICCIO R(3) 612.6 MAN

Come siamo fatti?...

Un terrestre ai raggi X. Il corpo umano vi-sto da un extraterrestre

Valerie WyattEditoriale Scienza, 1999Età di lettura: da 8 anni. Biblioteca Pedagogica “Lorenzo Bettini”: MAG ADO 612 WYA

Il mio corpo: centomila miliardi di celluleLaurent DegosDedalo, 2006Età di lettura: da 9 anni. Biblioteca VezJunior: J R DEWEY 571.6 DEG

Che ti passa per la testa? Il cervello e le neuroscienzeSara Capogrossi Colognesi, Simone MacrLapis Edizioni, 2013Età di lettura: da 11 anni.Biblioteca di Marghera: Ragazzi R 612.8 CAP Biblioteca VezJunior: J R DEWEY 612.82 CAP

Evoluzione: la storia della vita sulla terra prima e dopo DarwinSara Capogrossi Colognesi Lapis, 2009Età di lettura: da 11 anni.Biblioteca VezJunior: J R DEWEY 576.8 CAP

Collana Inventario illustrato di…( montagna, ani-mali, insetti, alberi, mare, ortaggi, fiori, uccelli, montagna)Virginie Aladjidi e Emmanuelle Tchoukriel, L’IppocampoBiblioteca VezJunior

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Questa pubblicazione è distribuita con licenza CC BY-SA

Numero 13Maggio 2017Biblioteche e scienza

TestiBarbara VaninSezione Veneto dell’Associazione Italiana BibliotechePrisca Piccoli, Teresa Scantamburlo, Marta SimeoniFrancesca TosoniNicola FuochiAnna CristiniVichi De MarchiMauro Bon, Margherita FuscoAndrea BoscoloMonica Bailot, Rina Camporese, Sara Letardi, Monica Novielli, Susi Osti

FotografieGiorgio BombieriMuseo di Storia Naturale

In copertina Fab lab, VEGAPARK, Porto Marghera

Comune di VeneziaServizio Vez Rete Biblioteche Venezia, Centro Servizi Rete Bibliotecaria E Archivistica

Redazione VeDoGiorgio BombieriBarbara Vanin

Aut. Trib. di Venezia n.1453 del 24/09/2002

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Direttrice responsabile Anna Bardella Progetto graficoGiorgio Bombieri

ISSN 2281-6054 - VeDo [online]

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