1222 CAPITOLO 56 Angina instabile e infarto miocardico ... · L’incidenza dell’NSTE-SCA, sia in...

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© 2012 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati. 1222 Ogni anno, circa un milione di pazienti negli Stati Uniti viene ricoverato per angina instabile o per infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (UA/NSTEMI), una condizione definita anche sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTE-SCA). 1,2 L’occlusione totale acuta di un’arteria coronaria solitamente provoca lo STEMI (Cap. 54), mentre l’UA/NSTEMI molto più frequentemente de- riva dall’ostruzione grave – ma non dall’occlusione totale – dell’arteria coronaria colpevole (“culprit”). L’incidenza dell’NSTE-SCA, sia in assoluto sia rispetto allo STEMI, è in aumento, probabilmente a causa delle modificazioni demografiche nella popolazione, tra cui il costante aumento del numero di persone anziane e l’elevato tasso di diabete. 3 Definizione L’angina pectoris stabile si manifesta tipicamente come un fastidio inten- so e scarsamente localizzato al torace o al braccio (raramente descritto come dolore), che si innesca in modo riproducibile con l’esercizio fisico o gli stress emotivi e che si allevia entro 5-10 minuti con il riposo o con la somministrazione di nitroglicerina sublinguale (Capp. 53 e 54). L’angina instabile viene invece definita come angina pectoris (o un tipo equivalen- te di disturbo ischemico) con almeno una delle seguenti caratteristiche: (1) si verifica a riposo (o dopo sforzi lievi) e di solito dura >20 minuti (se non interrotta dalla somministrazione di nitrato o di un analgesico); (2) è grave e viene generalmente descritta come dolore franco; (3) si verifica secondo un pattern ingravescente (ossia dolore che risveglia il paziente dal sonno o che è più grave, prolungato o frequente rispetto al passato). Circa due terzi dei pazienti con angina instabile presentano evidenza di necrosi del miocardio documentata da innalzamenti dei marcatori sierici cardiaci,come le troponine T e I e l’isoenzima CK-MB della creatinchinasi specifici per il miocardio, e pertanto riceve una diagnosi di NSTEMI. Dato che le misurazioni della troponina stanno diventando sempre più sensibili, una percentuale crescente di pazienti con NSTE-SCA mostra un rilascio di troponina, quindi questi devono essere conside- rati casi di NSTEMI, con una reciproca riduzione della percentuale di pazienti affetti da angina instabile. Fisiopatologia Cinque processi fisiopatologici possono contribuire allo sviluppo di UA/NSTEMI ( Fig. 56.1A): 4 1. rottura o erosione della placca con trombo sovrapposto non occlusiva (ciò provoca la stragrande maggioranza di casi di UA/ NSTEMI); 2. ostruzione dinamica causata da a. spasmo di un’arteria coronaria epicardica, come nel caso dell’angina variante di Prinzmetal; b. costrizione delle piccole arterie coronarie muscolari intra- murali, ossia i vasi coronarici di resistenza; 5 c. vasocostrittori locali, come il trombossano A 2 , rilasciato dalle piastrine; d. disfunzione dell’endotelio coronarico; e. stimoli adrenergici, tra cui il freddo e la cocaina; 3. grave restringimento del lume coronarico causato dalla pro- gressiva aterosclerosi coronarica o per restenosi post intervento percutaneo sulla coronaria; 4. infiammazione; 5. angina instabile secondaria, ossia grave ischemia miocardica correlata all’aumento della domanda di ossigeno da parte del miocardio o alla ridotta offerta di ossigeno (ad es. tachicardia, febbre, ipotensione o anemia). I singoli pazienti possono presentare molti di questi processi coesi- stenti quale causa di UA/NSTEMI. Diversi marcatori sierici si prestano a essere efficacemente utilizzati per identificare questi processi fisio- patologici e, come spiegato più avanti, costituiscono il fondamento della “strategia multimarker” per la valutazione e la stratificazione del rischio ( Fig. 56.1B). Trombosi Sei condizioni di osservazione supportano il ruolo centrale della trom- bosi dell’arteria coronaria nella patogenesi dell’UA/NSTEMI: (1) il riscontro, all’autopsia, di trombi nelle arterie coronarie, solitamente localizzati in corrispondenza del sito di rottura o di erosione di una placca coronarica; 6 (2) la dimostrazione nei campioni ottenuti median- te aterectomia coronarica da pazienti con UA/NSTEMI di un’elevata incidenza di lesioni trombotiche rispetto ai pazienti con angina stabile; (3) il frequente riscontro di un trombo all’angioscopia coronarica; (4) la dimostrazione alla coronarografia ( Fig. 56.2), all’ecografia intraco- ronarica, alla tomografia a coerenza ottica e all’angio-TC di ulcerazione della placca o di irregolarità indicative di trombo o di rottura di placca; DEFINIZIONE, 1222 FISIOPATOLOGIA, 1222 Trombosi, 1222 Attivazione e aggregazione piastrinica, 1223 PRESENTAZIONE CLINICA, 1223 Esame clinico, 1223 Elettrocardiogramma, 1223 Marcatori di necrosi cardiaca, 1224 Esami di laboratorio, 1224 Esami non invasivi, 1224 Classificazione clinica, 1225 Diagnostica per immagini, 1225 Reperti coronarografici, 1225 STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO, 1227 Sistemi di stratificazione del rischio, 1227 Valutazione del rischio mediante punteggi combinati, 1228 TERAPIA MEDICA, 1229 Misure generali, 1229 Terapia antitrombotica, 1230 Anticoagulanti, 1235 STRATEGIE DI TRATTAMENTO E INTERVENTI, 1237 Indicazioni per le strategie di gestione invasive vs conservative, 1238 Altre terapie, 1238 Riepilogo: gestione acuta dell’UA/NSTEMI, 1239 Prevenzione secondaria a lungo termine dopo UA/NSTEMI, 1239 ANGINA VARIANTE DI PRINZMETAL, 1241 Meccanismi, 1241 Reperti clinici e di laboratorio, 1241 Trattamento, 1242 Prognosi, 1243 BIBLIOGRAFIA, 1243 LINEE GUIDA, 1246 Angina instabile e infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST Christopher P. Cannon e Eugene Braunwald CAPITOLO 56

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Ogni anno, circa un milione di pazienti negli Stati Uniti viene ricoverato per angina instabile o per infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (UA/NSTEMI), una condizione defi nita anche sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTE-SCA). 1,2 L’occlusione totale acuta di un’arteria coronaria solitamente provoca lo STEMI ( Cap. 54 ), mentre l’UA/NSTEMI molto più frequentemente de-riva dall’ostruzione grave – ma non dall’occlusione totale – dell’arteria coronaria colpevole (“culprit”).

L’incidenza dell’NSTE-SCA, sia in assoluto sia rispetto allo STEMI, è in aumento, probabilmente a causa delle modifi cazioni demografi che nella popolazione, tra cui il costante aumento del numero di persone anziane e l’elevato tasso di diabete. 3

Defi nizione L’angina pectoris stabile si manifesta tipicamente come un fastidio inten-so e scarsamente localizzato al torace o al braccio (raramente descritto come dolore), che si innesca in modo riproducibile con l’esercizio fi sico o gli stress emotivi e che si allevia entro 5-10 minuti con il riposo o con la somministrazione di nitroglicerina sublinguale ( Capp. 53 e 54 ). L’angina instabile viene invece defi nita come angina pectoris (o un tipo equivalen-te di disturbo ischemico) con almeno una delle seguenti caratteristiche: (1) si verifi ca a riposo (o dopo sforzi lievi) e di solito dura > 20 minuti (se non interrotta dalla somministrazione di nitrato o di un analgesico); (2) è grave e viene generalmente descritta come dolore franco; (3) si verifi ca secondo un pattern ingravescente (ossia dolore che risveglia il paziente dal sonno o che è più grave, prolungato o frequente rispetto al passato).

Circa due terzi dei pazienti con angina instabile presentano evidenza di necrosi del miocardio documentata da innalzamenti dei marcatori sierici cardiaci, come le troponine T e I e l’isoenzima CK-MB della creatinchinasi specifi ci per il miocardio, e pertanto riceve una diagnosi di NSTEMI.

Dato che le misurazioni della troponina stanno diventando sempre più sensibili, una percentuale crescente di pazienti con NSTE-SCA mostra un rilascio di troponina, quindi questi devono essere conside-rati casi di NSTEMI, con una reciproca riduzione della percentuale di pazienti affetti da angina instabile.

Fisiopatologia Cinque processi fi siopatologici possono contribuire allo sviluppo di UA/NSTEMI ( Fig. 56.1A ): 4

1. rottura o erosione della placca con trombo sovrapposto non occlusiva (ciò provoca la stragrande maggioranza di casi di UA/NSTEMI);

2. ostruzione dinamica causata da a. spasmo di un’arteria coronaria epicardica, come nel caso

dell’angina variante di Prinzmetal; b. costrizione delle piccole arterie coronarie muscolari intra-

murali, ossia i vasi coronarici di resistenza; 5 c. vasocostrittori locali, come il trombossano A 2 , rilasciato dalle

piastrine; d. disfunzione dell’endotelio coronarico; e. stimoli adrenergici, tra cui il freddo e la cocaina;

3. grave restringimento del lume coronarico causato dalla pro-gressiva aterosclerosi coronarica o per restenosi post intervento percutaneo sulla coronaria;

4. infi ammazione; 5. angina instabile secondaria, ossia grave ischemia miocardica

correlata all’aumento della domanda di ossigeno da parte del miocardio o alla ridotta offerta di ossigeno (ad es. tachicardia, febbre, ipotensione o anemia).

I singoli pazienti possono presentare molti di questi processi coesi-stenti quale causa di UA/NSTEMI. Diversi marcatori sierici si prestano a essere effi cacemente utilizzati per identifi care questi processi fi sio-patologici e, come spiegato più avanti, costituiscono il fondamento della “strategia multimarker” per la valutazione e la stratifi cazione del rischio ( Fig. 56.1B ).

Trombosi Sei condizioni di osservazione supportano il ruolo centrale della trom-bosi dell’arteria coronaria nella patogenesi dell’UA/NSTEMI: (1) il riscontro, all’autopsia, di trombi nelle arterie coronarie, solitamente localizzati in corrispondenza del sito di rottura o di erosione di una placca coronarica; 6 (2) la dimostrazione nei campioni ottenuti median-te aterectomia coronarica da pazienti con UA/NSTEMI di un’elevata incidenza di lesioni trombotiche rispetto ai pazienti con angina stabile; (3) il frequente riscontro di un trombo all’angioscopia coronarica; (4) la dimostrazione alla coronarografi a ( Fig. 56.2 ), all’ecografi a intraco-ronarica, alla tomografi a a coerenza ottica e all’angio-TC di ulcerazione della placca o di irregolarità indicative di trombo o di rottura di placca;

DEFINIZIONE, 1222

FISIOPATOLOGIA, 1222 Trombosi, 1222 Attivazione e aggregazione piastrinica, 1223

PRESENTAZIONE CLINICA, 1223 Esame clinico, 1223 Elettrocardiogramma, 1223 Marcatori di necrosi cardiaca, 1224 Esami di laboratorio, 1224 Esami non invasivi, 1224 Classifi cazione clinica, 1225 Diagnostica per immagini, 1225

Reperti coronarografi ci, 1225

STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO, 1227 Sistemi di stratifi cazione del rischio, 1227 Valutazione del rischio mediante punteggi combinati, 1228

TERAPIA MEDICA, 1229 Misure generali, 1229 Terapia antitrombotica, 1230 Anticoagulanti, 1235

STRATEGIE DI TRATTAMENTO E INTERVENTI, 1237 Indicazioni per le strategie di gestione invasive

vs conservative, 1238

Altre terapie, 1238 Riepilogo: gestione acuta dell’UA/NSTEMI, 1239 Prevenzione secondaria a lungo termine

dopo UA/NSTEMI, 1239

ANGINA VARIANTE DI PRINZMETAL, 1241 Meccanismi, 1241 Reperti clinici e di laboratorio, 1241 Trattamento, 1242 Prognosi, 1243

BIBLIOGRAFIA, 1243

LINEE GUIDA, 1246

Angina instabile e infartomiocardico senzasopraslivellamento del tratto ST Christopher P. Cannon e Eugene Braunwald

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(5) l’innalzamento di diversi marcatori sierici di attività piastrinica e di formazione di fi brina; (6) il miglioramento della prognosi clinica in seguito a terapia con antiaggreganti e antitrombotici.

Attivazione e aggregazione piastrinica Le piastrine giocano un ruolo chiave nella trasformazione di una placca aterosclerotica stabile in una lesione instabile ( Fig. 56.3 ). Spesso, la rottura o l’ulcerazione di una placca aterosclerotica espone la matri-ce subendoteliale (ad es. il collagene o il fattore tissutale) al sangue circolante.

Il primo passo nella formazione del trombo è l’ adesione piastrini-ca per mezzo del legame della glicoproteina (GP) Ib piastrinica al fattore di von Willebrand e del legame della GP VI al collagene. La successiva attivazione piastrinica determina (1) una modifi cazione della forma delle piastrine (da una conformazione discoide liscia a una aghiforme, che aumenta l’area di superfi cie sulla quale si verifi ca la formazione di trombina); (2) la degranulazione dei granuli densi e degli � -granuli piastrinici, che rilasciano trombossano A 2 , serotonina e altri agenti piastrinici proaggreganti e chemotattici; (3) un incremento dell’espressione del recettore per la GP IIb/IIIa sulla superfi cie piastri-nica seguito da una modifi cazione conformazionale del recettore che ne migliora l’affi nità per il fi brinogeno; (4) l’ aggregazione piastrinica,

durante la quale il fi brinogeno si lega all’inibitore della GP IIb/IIIa del fi brinogeno attivato dalle piastrine, inducendo lo sviluppo del tappo piastrinico.

EMOSTASI SECONDARIA . Contemporaneamente alla formazione del tappo piastrinico, si attiva il sistema della coagulazione plasmatica. Il fattore tissutale innesca la maggior parte delle trombosi delle arterie coronarie ( Capp. 43 e 87 ). Alla fi ne, viene attivato il fattore X (a fattore Xa), che conduce alla formazione di trombina (fattore IIa, il quale svol-ge un ruolo centrale nella trombosi arteriosa). Anche la trombina, che converte il fi brinogeno a fi brina, rappresenta un potente stimolante dell’aggregazione piastrinica; essa attiva il fattore XIII, che determina la formazione di legami crociati di fibrina e la stabilizzazione del coagulo. Le molecole di trombina vengono incorporate nei trombi coronarici e possono costituire il substrato per la retrotrombosi.

Presentazione clinica Tra i pazienti con SCA, a presentarsi più di frequente con angina instabile sono le donne, che rappresentano dal 30 al 45% dei soggetti con tale con-dizione (mentre è di sesso femminile il 25-30% dei pazienti con NSTEMI e soltanto il 20% dei pazienti con STEMI). 7 Rispetto ai pazienti con STEMI, i pazienti con UA/NSTEMI sono più anziani e presentano un tasso più elevato di precedente infarto miocardico (IM), angina stabile, diabete, pregressa rivascolarizzazione coronarica e vasculopatia extracardiaca rispetto ai pazienti con STEMI. 7 In effetti, circa l’80% dei pazienti con UA/NSTEMI ha una storia di coronaropatia (CAD) prima dell’evento acuto. 8

Esame clinico L’esame clinico può essere normale o può suffragare la diagnosi di ischemia cardiaca. Sono indizi di interessamento ischemico di una vasta porzione di ventricolo sinistro la presenza di sudorazione, cute pallida, tachicardia sinu-sale, un terzo o un quarto tono cardiaco e rantoli basali all’esame obiettivo polmonare. In alcuni pazienti, l’ischemia di un’ampia area di miocardio induce la disfunzione del ventricolo sinistro e provoca ipotensione.

Elettrocardiogramma Il sottoslivellamento del tratto ST (o il temporaneo sopraslivellamento) e le modifi cazioni dell’onda T si verifi cano in una percentuale di pazienti con UA/NSTEMI che può arrivare al 50% ( Cap. 13 ). 9 Uno slivellamento de novo (o presunto tale) del tratto ST ≥ 0,1 mV rappresenta un’utile stima di ischemia e di prognosi. Quando sono disponibili elettrocardiogrammi

FIGURA 56.2 Trombosi dell’arteria coronaria in un paziente di 60 anni con angina instabile. La coronarografi a mostra un difetto di riempimento irregolare mal defi nito nell’arteria discendente anteriore sinistra a livello del secondo ramo diagonale (freccia). Il mezzo di contrasto circonda il trombo sferico, che si estende nel ramo diagonale.

Trombonon occlusivosu una placcapreesistente

Ostruzionemeccanicaprogressiva

Infiammazione

Ostruzionedinamica

UA secondaria(↑MVO2)

A

Infiammazione

hsPCR

Stressemodinamico

BNP, NT-proBNP

Aterosclerosiaccelerata

Hb A1cGlicemia

Danno vascolare

ClCrMicroalbuminuria

Necrosi miocitaria

Troponina

B

FIGURA 56.1 A. Rappresentazione schematica delle cause di angina instabile (UA). MVO 2 = consumo miocardico di O 2 . (Da Braunwald E: Unstable angina: An etiologic approach to management. Circulation 98:2219, 1998.) B. Strategia mul-timarcatore per la valutazione dell’eziologia e della prognosi dell’UA/NSTEMI. È stato recentemente dimostrato che tali fattori sono anche marcatori indipendenti di prognosi avversa. BNP = peptide natriuretico di tipo B; ClCr = clearance della creatinina; Hb A 1c = emoglobina A 1c ; hsPCR = proteina C reattiva ad alta sensibilità; NT-proBNP = frammento N-terminale del proBNP; UA/NSTEMI = angina instabile o infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST. (Modifi cata da Morrow DA, Braunwald E: Future of biomarkers in acute coronary syndromes: Moving toward a multimarker strategy. Circulation 108:250, 2003.)

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anteriori all’evento acuto, l’ulteriore sottoslivellamento del tratto ST di soli 0,05 mV costituisce un reperto sensibile – benché poco specifi co – di UA/NSTEMI. 9 Il transitorio sopraslivellamento del tratto ST ( < 20 minuti), che si verifi ca in circa il 10% dei pazienti con UA/NSTEMI, prelude a un elevato rischio di eventi cardiaci successivi. Le modifi cazioni dell’onda T sono indicatori sensibili ma non specifi ci di ischemia acuta, a meno che non siano marcate ( > 0,3 mV) ( Fig. 56.4 ).

MONITORAGGIO ELETTROCARDIOGRAFICO CONTI-NUO . Nell’UA/NSTEMI il monitoraggio elettrocardiografi co continuo ha due scopi: (1) identifi care le aritmie e (2) identifi care le deviazioni ricorrenti del tratto ST, che sono indicative di ischemia. Lo slivellamen-to ricorrente del tratto ST è un forte marcatore indipendente di esito infausto, 10 anche in presenza di rilascio di troponina.

Marcatori di necrosi cardiaca Tra i pazienti che si presentano con sintomi compatibili per UA/NSTEMI, l’innalzamento dei marcatori di necrosi miocardica (CK-MB, troponina T e I) identifi ca i pazienti con diagnosi di NSTEMI. Con l’utilizzo delle troponine, più sensibili rispetto alla CK-MB, una percentuale maggiore di pazienti viene classifi cata nel quadro di NSTEMI, quadro che, al pari dell’innalzamento persistente della troponina dopo un evento acuto, è associato a prognosi clinica peggiore. 11,12

Benché il cut-off appropriato per valutare la positività di un innalzamento della troponina I abbia generato delle controversie, un crescente consenso ha centrato l’attenzione sull’utilizzo del 99° percentile di una popolazione normale (circa 0,10 ng/mL) con un coeffi ciente di variazione (una stima

della riproducibilità del test) non superiore al 10% e con una sensibilità (livello più basso di rilevazione) di 0,02 ng/mL. Dato che sono stati sviluppati test per la troponina più sensibili, si renderà necessaria una revisione di tali carat-teristiche. Anche minimi innalzamenti della troponina cardiaca preludono a un rischio più elevato di morte o di eventi ischemici ricorrenti. 11,12

Dato che le varie metodiche diff eriscono, ogni ospedale deve riconsiderare i cut-off specifici per il test in uso. La maggior parte dei point-of-care test (POCT) per la troponina fornisce un risultato dicotomico (positivo o negativo), mentre altri forniscono un risultato quantitativo, benché solo di recente la sensibili-tà e l’accuratezza diagnostica di alcuni di questi test siano divenute equiparabili a quelle dei test laboratoristici di attuale generazione.

Nonostante la disponibilità di test sempre più accurati, sono stati riscontrati degli innal-zamenti dei livelli di troponina chiaramente falsi positivi, come dimostrato dalla successiva esclusione di stenosi epicardiche dimostrabili all’angiografi a coronarica. 13 Tali innalzamenti derivano da una diagnosi alternativa, come un’insufficienza cardiaca congestizia, nella quale l’innalzamento della troponina in as-senza di CAD depone per una prognosi sfa-vorevole. Un’analisi dello studio TACTICS-TIMI 18 14,15 ha sollevato anche un avvertimento: gli innalzamenti dei livelli di troponina in pazienti senza stenosi coronariche non devono essere scartati a priori come falsi positivi. I pazienti con UA/NSTEMI nei quali era stato riscontrato un innalzamento della troponina in assenza di un’evidente CAD all’angiografi a avevano una prognosi signifi cativamente peggiore rispetto a quelli con troponina negativa senza corona-ropatia, con un tasso di mortalità o di IM a sei mesi rispettivamente del 5,3% e dello 0%. 14

Esami di laboratorio Una radiografi a del torace può essere utile per identifi care una congestione o un ede-

ma polmonare, più probabile nei pazienti con UA/NSTEMI nei quali l’ischemia coinvolga una porzione signifi cativa del ventricolo sinistro o in quelli con precedente disfunzione del ventricolo sinistro. La presenza di congestione depone per una prognosi avversa.

L’ottenimento di un profi lo lipidico del siero che comprenda le lipopro-teine a bassa densità (LDL), quelle ad alta densità (HDL) e i trigliceridi è utile per l’identifi cazione di importanti fattori di rischio per l’aterotrom-bosi coronarica e per il successivo trattamento dopo la dimissione ospe-daliera. Dato che i livelli sierici di colesterolo totale e HDL si riducono del 30-40% a 24 ore dall’UA/NSTEMI o dallo STEMI, la misurazione andrebbe fatta al momento del ricovero. Se si dispone soltanto di un campione tardivo, il clinico deve essere consapevole che i valori del colesterolo totale e LDL possono essere inferiori del 30-40% rispetto alla reale con-centrazione basale del paziente ( Cap. 47 ). Nelle pagine che seguono verranno presentati altri marcatori circolanti di aumentato rischio. In pazienti selezionati può essere appropriata anche la valutazione di altre cause secondarie di UA/NSTEMI 16 (ad es. valutazione della funzionalità tiroidea in pazienti con UA/NSTEMI e tachicardia persistente).

Esami non invasivi Nella gestione dell’UA/NSTEMI vengono impiegati esami non invasivi per diversi scopi: (1) al ricovero, solitamente in pronto soccorso, per diagnosticare la presenza o l’assenza di CAD ( Cap. 53 ); (2) per valutare l’estensione dell’ischemia residua dopo l’avvio della terapia medica e per impostare l’ulteriore terapia nel contesto di una strategia “conserva-tiva precoce”; (3) per valutare la funzionalità del ventricolo sinistro; (4) per la stratifi cazione del rischio. I marcatori di rischio elevato compren-

1. Adesione piastrinica

Piastrina

GP Ib

2. Attivazione piastrinica

GP IIb/IIIa attivatadalle piastrine

3. Aggregazione piastrinica

ASA/P2Y12 Clopidogrel

Rottura della placca

Inibitori della GP IIb/IIIa

FIGURA 56.3 Adesione (1), attivazione (2) e aggregazione piastrinica (3). Le piastrine danno inizio al processo trombotico nel sito di rottura o di erosione della placca: il primo stadio è l’adesione piastrinica (1) attraverso l’in-terazione tra il recettore della GP Ib e il fattore di von Willebrand. Segue l’attivazione piastrinica (2), che comporta una modifi cazione della forma delle piastrine, la degranulazione dei granuli � e dei granuli densi e l’espressione dei recettori della GP IIb/IIIa sulla superfi cie delle piastrine con attivazione del recettore, in modo che possa legare il fi brinogeno. Lo stadio fi nale consiste nell’aggregazione piastrinica (3), durante la quale il fi brinogeno (in giallo) si lega ai recettori per la GP IIb/IIIa attivati di due piastrine. L’acido acetilsalicilico (ASA) e il clopidogrel agiscono riducendo l’attivazione delle piastrine (si veda il testo per una descrizione dettagliata), mentre gli inibitori della GP IIb/IIIa inibiscono lo stadio fi nale dell’aggregazione piastrinica. GP = glicoproteina. (Si veda Fig. 87.3 .)

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dono: evidenza di ischemia grave o di tachiaritmia ventricolare al moni-toraggio elettrocardiografi co continuo o al test da sforzo e lo sviluppo di disfunzione ventricolare sinistra, a riposo o indotta dall’esercizio.

La sicurezza dell’esecuzione di un test da sforzo precoce nei pazienti con UA/NSTEMI è stata oggetto di dibattito, ma osservazioni raccolte in diversi studi hanno suggerito che il test con sollecitazione farmacologica o fi sica è sicuro dopo un periodo di stabilizzazione di almeno 24 ore. 17 Le controindicazioni all’esecuzione di un test da sforzo sono un recente (meno di 24 ore) episodio di dolore a riposo, soprattutto se associato a modifi cazioni elettrocardiografi che, o altri segni di instabilità emodinamica o di aritmia.

Dal raff ronto delle varie modalità di test da sforzo, è emerso che la scintigrafi a miocardica perfusionale sotto sforzo con sestamibi o l’ecocar-diografi a sotto sforzo sono leggermente più sensibili rispetto al semplice test ergometrico e possiedono un valore prognostico più elevato, ma è stato dimostrato che la scintigrafi a miocardica perfusionale presenta un profi lo di costo-effi cacia favorevole soltanto nei pazienti a più elevato rischio. Un approccio utile consiste nell’individualizzare la scelta sulla base delle caratteristiche del paziente, della disponibilità locale e dell’esperienza nell’interpretazione dei dati. Per la maggior parte dei pazienti il test ergo-metrico è raccomandato se l’elettrocardiogramma a riposo non presenta signifi cative anomalie del tratto ST. Qualora invece si riscontrassero delle anomalie del tratto ST a riposo, si raccomanda l’esecuzione di una scintigra-fi a miocardica perfusionale o di un’ecocardiografi a da sforzo. In generale, si raccomanda l’esecuzione di un test ergometrico, a meno che il paziente non riesca a camminare a suffi cienza per raggiungere un carico di lavoro signifi cativo, nel qual caso l’esame da stress farmacologico rappresenta un’alternativa ( Capp. 14 e 50 ).

Classifi cazione clinica Dato che l’UA/NSTEMI comprende un gruppo di pazienti estrema-mente eterogeneo, diventano utili degli schemi di classificazione basati sulle caratteristiche cliniche. Una classifi cazione clinica dell’UA/NSTEMI ( Tab. 56.1 ) 16 fornisce uno strumento utile per la stratifi ca-zione del rischio. I pazienti vengono inseriti in tre gruppi a seconda delle circostanze cliniche dell’episodio di ischemia acuta: (1) angina instabile primitiva causata da riduzioni della perfusione miocardica,

(2) angina instabile secondaria (ad es. con ischemia correlata a fat-tori precipitanti come l’anemia o un IM acuto) e (3) angina instabile postinfartuale. Contestualmente, i pazienti vengono classifi cati in base alla gravità dell’ischemia. Tale classifi cazione fornisce preziose infor-mazioni prognostiche (l’angina postinfartuale a riposo è associata alla prognosi peggiore).

Diagnostica per immagini L’ecografi a intravascolare (IVUS) è stata la prima tecnica di diagnostica per immagini a dimostrare come i pazienti con una recente sindrome coronarica acuta presentassero delle placche disgregate che denota-vano un rimodellamento più positivo (ossia un impegno minore del lume coronarico) e delle aree di placca più grandi rispetto ai pazienti con CAD cronica stabile. L’angiografi a con tomografi a computerizzata (angio-TC) ha anche dimostrato che le placche disgregate erano carat-terizzate da un rimodellamento vascolare positivo, da una bassa densità di placca e da saltuarie calcifi cazioni. Nei pazienti che si presentano in pronto soccorso senza tali caratteristiche si potrebbe scartare la diagnosi di SCA con elevata affi dabilità. 18,19 Motoyama et al. 20 hanno dimostrato che l’angio-TC con contrasto potrebbe anche identifi care le placche vulnerabili che, pur non essendosi ancora rotte, sono a rischio di rottura. In futuro, questo interessante approccio potrebbe consentire di identifi care i pazienti nei quali la prevenzione della rottura di placca mediante interventi invasivi potrebbe costituire un’opzione da conside-rare. 21 La risonanza magnetica cardiaca (RMC) T2-pesata, la valutazione dello spessore parietale del ventricolo sinistro, la perfusione miocardica e la rilevazione di enhancement tardivo consentono un’accurata va-lutazione della SCA così come dell’IM acuto e cronico 22 ( Fig. 56.5 ; si vedano anche Figg. 18.4 e 54.18 ).

Reperti coronarografi ci Nei pazienti con UA/NSTEMI assegnati mediante randomizzazione al braccio invasivo dello studio TACTICS-TIMI 18 e sottoposti sistemati-camente a coronarografi a è stato osservato lo scenario seguente in

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III

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25mm/s 10mm/mV 40Hz 005C 12SL 254 CID: 27 EID:610 EDT: 17:40 13-JAN-2005 ORDER:

FIGURA 56.4 Elettrocardiogramma che mostra la profonda inversione simmetrica dell’onda T nelle derivazioni inferolaterali con slivellamento di 1 mm del tratto ST. Tali reperti elettrocardiografi ci si associano frequentemente a stenosi critiche di un’arteria coronaria (benché sia spesso diffi cile localizzare l’arteria interessata). Questi dati costituiscono anche un marcatore utile per individuare i pazienti esposti a un alto rischio di successiva morte o infarto miocardico.

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relazione all’estensione della CAD epi-cardica: il 34% presentava un’ostruzione signifi cativa (stenosi del diametro lumi-nale > 50%) di tre vasi, il 28% presentava malattia di due vasi, il 26% aveva malattia di un singolo vaso e il 13% non presenta-va stenosi coronarica > 50%. Circa il 10% ha mostrato una stenosi > 50% del tronco comune della coronaria sinistra. 16 Rilievi simili sono stati segnalati nei registri di pazienti con UA/NSTEMI non selezionati. Le donne e gli uomini non bianchi con UA/NSTEMI presentano una coronaropa-tia meno estesa rispetto alle controparti, 7 mentre i pazienti con NSTEMI presenta-no una patologia coronarica più estesa alla coronarografi a rispetto a quelli che mostrano soltanto angina instabile.

Una percentuale elevata di pazienti con sin-tomatologia compatibile per UA/NSTEMI senza CAD epicardica è costituita da don-ne e da soggetti non bianchi: ciò induce a ipotizzare che alla base della presenta-zione clinica vi sia un diverso meccanismo fi siopatologico ed evidenzia la diffi coltà nel porre una diagnosi sicura di UA/NSTEMI in questi gruppi di pazienti. 7 Circa un terzo dei soggetti con UA/NSTEMI senza ostruzione epicardica critica mostra un fl usso corona-rico alterato all’angiografi a, a suggerire che la disfunzione del microcircolo coronarico abbia un ruolo fisiopatologico. In questo gruppo di pazienti con UA/NSTEMI senza evidenza angiografi ca di malattia epicardica la prognosi a breve termine è eccellente. 23

Nell’UA/NSTEMI, la lesione colpevole mostra tipicamente una stenosi eccentri-ca con margini frastragliati o sporgenti e un colletto ristretto ( Cap. 21 ). Tali reperti angiografici possono rappresentare una rottura della placca aterosclerotica, un trombo o entrambi. Caratteristiche indi-cative della presenza di un trombo com-prendono masse globose intraluminali con

TABELLA 56.1 Classifi cazione clinica dell’UA/NSTEMI secondo Braunwald

CLASSE DEFINIZIONEMORTE O IM

A 1 ANNO * (%)

GravitàClasse I Nuova insorgenza di angina grave o di angina ingravescente; assenza di dolore a riposo 7,3Classe II Angina a riposo nel mese precedente, ma non nelle ultime 48 ore (angina a riposo, subacuta) 10,3Classe III Angina a riposo nelle precedenti 48 ore (angina a riposo) 10,8 †

Circostanze clinicheA. Angina secondaria Si sviluppa in presenza di una condizione extracardiaca che intensifi ca l’ischemia miocardica 14,1B. Angina primitiva Si sviluppa in assenza di una condizione extracardiaca 8,5C. Angina postinfartuale Si sviluppa entro due settimane dall’infarto acuto del miocardio 18,5 ‡ Intensità del trattamento I pazienti con angina instabile possono anche essere divisi in tre gruppi a seconda che essa si verifi chi:

(1) in assenza di trattamento per angina cronica stabile, (2) durante il trattamento per angina cronica stabile o (3) nonostante una terapia farmacologica anti-ischemica massimale. I tre gruppi possono essere designati con l’indicazione 1, 2 o 3 in pedice.

Modifi cazioni elettrocardiografi che

I pazienti con angina instabile possono essere ulteriormente suddivisi in pazienti con o senza modifi cazioni temporanee del tratto ST-T durante la sintomatologia.

* Dal registro TIMI III: Scirica BM, Cannon CP, McCabe CH, et al.: Prognosis in the thrombolysis in myocardial ischemia III registry according to the Braunwald unstable angina pectoris classifi cation. Am J Cardiol 90:821, 2002.

Da Braunwald E: Unstable angina: A classifi cation. Circulation 80:410, 1989.

A B

C D

FIGURA 56.5 Esempio di paziente con NSTEMI. La RMC, eseguita in un uomo di 63 anni un’ora dopo il suo arrivo al pronto soccorso con marcatori cardiaci inizialmente nella norma, ha rivelato una piccola area di iperintensità in T2 ( A ) in corrispondenza della parete inferolaterale (edema miocardico) con una tenue ipocinesi associata ( B ), un difetto di perfusione a riposo ( C ) e iperenhancement ritardato ( D ) (necrosi miocardica) nella stessa area (frecce). I livelli di troponina si sono innalzati sette ore dopo l’esecuzione della RMC. L’angiografi a invasiva ha rivelato una malattia triva-sale con stenosi del 95% del ramo posterolaterale. (Da Cury RC, Shash K, Nagurney JT, et al: Cardiac magnetic resonance with T2-weighted imaging improves detection of patients with acute coronary syndrome in the emergency department. Circulation 118:837, 2008.)

† P = 0,057. UA/NSTEMI = angina instabile/infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST.

‡ P = 0,001.

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forma arrotondata o polipoide ( si veda Fig. 56.2 ). L’aspetto “indistinto” di una lesione suggerisce la presenza del trombo, ma tale reperto non è specifi co. I pazienti con trombo visualizzabile all’angiografi a hanno un’alterazione del fl usso coronarico ed esiti clinici peggiori rispetto ai pazienti senza trombo.

STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO RISCHIO DOPO SINDROME CORONARICA ACUTA . Un importante concetto

emergente è che il rischio di eventi ischemici ricorrenti sia legato più alla presenza di lesioni multifocali che alla lesione colpevole dell’evento acuto di SCA. Studi sull’anatomia coronarica mediante angiografi a, IVUS o angio-scopia hanno mostrato la presenza di placche attive multiple in aggiunta alla lesione colpevole. Considerato, dunque, che gli approcci interventistici aggressivi vengono utilizzati con crescente successo nel trattamento della lesione colpevole, spesso sono le placche residue a provocare eventi ricor-renti. La percentuale di pazienti con più di una placca attiva all’angiografi a correla con un crescente livello basale di proteina C reattiva (PCR), 23 un marcatore di infi ammazione. Ciò indica un importante legame fi siopatolo-gico tra infi ammazione, CAD attiva più estesa ed eventi cardiaci ricorrenti nei mesi o negli anni successivi un evento clinico di SCA.

STORIA NATURALE . I pazienti con angina instabile hanno una mortalità a breve termine inferiore (dall’1,5 al 2,0% dall’esordio a 30 giorni) rispetto ai pazienti con NSTEMI o STEMI; il rischio di mortalità precoce per i due tipi di IM è simile e si attesta tra il 3 e il 5%. Il rischio di mortalità precoce nell’UA/NSTEMI si correla con l’estensione del danno miocardico e con la conseguente compromissione emodinamica ed è inferiore rispetto a quel-lo dei pazienti con STEMI. L’outcome a lungo termine – sia per la mortalità sia per gli eventi non fatali – è invece peggiore per i pazienti con UA/NSTEMI rispetto agli STEMI. Probabilmente, ciò deriva dalla maggiore probabilità di ricorrenza di SCA nei pazienti con UA/NSTEMI oltre che dalla loro età più avanzata, dalla maggiore estensione della coronaropatia, da precedenti IM e da comorbilità come il diabete e l’insuffi cienza renale.

Sistemi di stratifi cazione del rischio VARIABILI CLINICHE

Sottogruppi clinici a rischio elevato

La summenzionata classificazione dell’angina instabile (si veda Tab. 56.1 ) si è rivelata clinicamente utile in diversi studi ai fi ni dell’iden-tificazione dei pazienti a rischio elevato, specialmente quelli con dolore a riposo in atto o ricorrente, con angina instabile postinfartuale o con angina instabile secondaria. 15 L’aumento dell’età si associa a un incremento signifi cativo degli esiti sfavorevoli. 24 I pazienti con UA/NSTEMI e con diabete mellito o patologia vascolare extracardiaca (patologia cerebrovascolare o arteriopatia ostruttiva periferica) pos-siedono indicativamente il 50% di rischio in più rispetto ai pazienti senza tali comorbilità, anche dopo il controllo per altre differenze alle caratteristiche di base ( Tab. 56.2 ). Come nel caso dello STEMI, anche i pazienti con UA/NSTEMI che si presentano con evidenza di insuffi -cienza cardiaca congestizia (classe Killip ≥ II) hanno un aumentato rischio di morte.

VALUTAZIONE DEL RISCHIO MEDIANTE ELETTROCARDIO-GRAMMA . Nel registro TIMI III relativo a pazienti con UA/NSTEMI, i fattori predittivi indipendenti di mortalità o di sviluppo di IM a 1 anno comprendevano il blocco di branca sinistra (rischio relativo 2,8) e lo slivellamento del tratto ST > 0,05 mV (rischio relativo 2,45), con P < 0,001 per entrambi. 9 Sembra esservi un gradiente di rischio basato sul grado di slivellamento del tratto ST. 25

VALUTAZIONE DEL RISCHIO MEDIANTE MARCATORI CARDIACI ( Tab. 56.3 )

Marcatori di necrosi miocitaria

I pazienti con NSTEMI, per defi nizione associati a livelli elevati di un biomarcatore di necrosi (CK-MB o troponina), hanno una prognosi a lungo termine peggiore rispetto ai pazienti con angina instabile. 26 Oltre alla positività o alla negatività del test, vi è un rapporto lineare tra i livelli circolanti di troponina T o I e il conseguente rischio di morte. 27 In diversi studi tuttavia è stato osservato un rischio più elevato di IM (o di IM ricorrente) anche con piccoli innalzamenti positivi dei livelli di troponine . 11,28

Proteina C reattiva e altri marcatoridi infi ammazione ( Capp. 44 e 49 )

Elevate concentrazioni di PCR correlano con un aumentato rischio di morte, di IM e con la necessità di rivascolarizzazione urgente. Essendo un reagente di fase acuta, la PCR si innalza in corso di IM, con o senza sopraslivellamento del tratto ST. Ne consegue che le concentrazioni di PCR nei pazienti con SCA molto recente sono circa cinque volte superiori rispetto a quelle dei pazienti stabili. 25 Anche fra i pazienti con troponina I negativa, la PCR è in grado di differenziare un gruppo ad alto rischio e uno a basso rischio. Quando vengono utilizzate sia la PCR sia la troponina T, la mortalità può essere stratifi cata nel seguente modo: 0,4% nei pazienti con entrambi i marcatori negativi, 4,7% se la PCR o la troponina sono positive, 9,1% se entrambe risultano positive. 29 La PCR misurata dopo la stabilizzazione post-SCA è un forte fattore predittivo degli esiti tra i 3 e i 12 mesi. 30

Studi su altri marcatori dell’infi ammazione hanno off erto prove convin-centi di un’associazione tra infi ammazione sistemica ed eventi avversi ricorrenti, comprese l’amiloide A sierica, la proteina chemotattica per i monociti-1 (MCP-1) 30a e l’interleuchina-6 (IL-6). È stato dimostrato che la neopterina, un marcatore di attivazione monocitaria, sia un predittore indipendente di esiti avversi a lungo termine. 31 Gli elevati livelli di tale biomarcatore di infi ammazione (al pari della PCR) possono essere ridotti da dosi elevate di statine potenti (ad es. 80 mg/die di atorvastatina o 40 mg/die di rosuvastatina). Questi studi, nel complesso, indicano che l’infi ammazione è correlata all’instabilità del paziente e a un aumentato rischio di eventi cardiaci.

CONTA LEUCOCITARIA . La conta leucocitaria è un indicatore di infi am-mazione addirittura più semplice e generalmente disponibile, anche se non specifi co. Diversi studi condotti su pazienti con UA/NSTEMI 32 hanno osservato che i pazienti con conta leucocitaria elevata sono esposti a un rischio più elevato di mortalità e di IM ricorrente. Tale associazione è indi-pendente dai valori di PCR, a suggerire che nessun marcatore è in grado di catturare tutte le informazioni relative all’infl uenza dell’infi ammazione sugli esiti, nemmeno la PCR.

MIELOPEROSSIDASI . La mieloperossidasi (MPO) è un’emoproteina rilasciata durante la degranulazione dei neutrofi li e di alcuni monociti che genera acido ipocloroso, un potente agente pro-ossidante. Ele-vate concentrazioni in pazienti con rischio signifi cativamente più alto di SCA ricorrente sono state associate a un aumento a breve termine

TABELLA 56.2 Indicatori clinici di rischio aumentato nell’UA/NSTEMI

AnamnesiEtà avanzata ( > 70 anni) Diabete mellito Angina postinfartuale Precedenti vasculopatie periferiche Precedenti malattie cerebrovascolari

Presentazione clinicaClasse II o III di Braunwald (dolore a riposo acuto o subacuto) Classe B di Braunwald (angina instabile secondaria) Insuffi cienza cardiaca o ipotensione Episodi ripetuti di dolore in un arco di 24 ore

ElettrocardiogrammaSlivellamento del tratto ST ≥ 0,05 mV Inversione dell’onda T ≥ 0,3 mV Blocco di branca sinistra

Marcatori cardiaciAumento della troponina T o I o della creatinchinasi-MB Aumento della proteina C reattiva o della conta leucocitaria Aumento del peptide natriuretico di tipo B Creatinina elevata Livelli elevati di glicemia o di emoglobina A 1c

AngiogrammaTrombo Patologia multivasale Disfunzione ventricolare sinistra

UA/NSTEMI = angina instabile/infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST.

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di eventi ischemici ricorrenti. 33 Innalzamenti delle concentrazioni di MPO si verifi cano perfi no nelle arterie coronarie lontane dalla lesione colpevole dell’episodio di UA/NSTEMI. 33,34 Pertanto, nei pazienti con SCA l’attivazione dei leucociti sembra andare al di là della lesione della singola coronaria.

PEPTIDI NATRIURETICI (BNP E NT-PROBNP) . Il peptide natriuretico di tipo B (BNP) è un neurormone sintetizzato nel miocardio ventricolare e rilasciato in risposta a un aumento della tensione parietale ( Cap. 25 ). Esso svolge diverse azioni, tra cui quella natriuretica, vasodilatatrice, di inibizione dell’attività del sistema nervoso simpatico e del sistema renina-angiotensina-aldosterone. Il BNP costituisce un utile marcatore diagnostico e prognostico nei pazienti con insuffi cienza cardiaca e possiede inoltre valore prognostico in tutta la gamma di pazienti aff etti da SCA, compresi quelli con UA/NSTEMI. Nello studio OPUS-TIMI 16, i pazienti con livelli elevati di BNP ( > 80 pg/mL) o di NT-proBNP risultavano presentare un rischio di morte a 10 mesi da due a tre volte maggiore, 35 un risultato che è stato successivamente confermato. 36,37 Insieme, questi dati suggeriscono che la misurazione dei peptidi natriuretici nei pazienti con UA/NSTEMI aggiunge un’importante informazione all’attuale armamentario per la stratifi cazione del rischio.

CREATININA . Un altro semplice strumento per la stratificazione del rischio è l’utilizzo della creatinina o il calcolo della clearance della crea-tinina. 38 Il rischio conferito dall’alterata funzione renale sembra essere indipendente dagli altri classici fattori di rischio, come l’aumento della troponina. Una ridotta funzione renale può giocare un ruolo anche nella ridotta clearance dei farmaci, il che indica la necessità di aggiustare verso il basso i dosaggi dei farmaci utilizzati di frequente nel trattamento della SCA, come l’eparina a basso peso molecolare ( Low-Molecular-Weight Hepa-rin , LMWH) o le piccole molecole che inibiscono la GP IIb/IIIa (eptifi batide e tirofi ban).

GLUCOSIO . Elevate concentrazioni di glucosio o di emoglobina A1c al ricovero predicono esiti avversi tra i pazienti diabetici e non diabetici con UA/NSTEMI rispetto a quelli senza iperglicemia ( Cap. 64 ). 39 È stata anche descritta una relazione sinergica tra iperglicemia e infi ammazione. 40 Il rischio associato a iperglicemia è risultato essere amplifi cato nei pazienti con elevati livelli di PCR rispetto a quelli con valori normali.

PROTEINA PRECURSORE DEL TROMBO . Questo polimero solubile di fi brina è un precursore della formazione di fi brina insolubile che, nei pazienti con IM acuto, può presentarsi in concentrazioni aumentate. È stata descritta una correlazione signifi cativa tra i livelli di proteina precursore del trombo e l’incidenza di esiti clinici avversi nei pazienti con SCA. 41

Valutazione del rischio mediante punteggi combinati Integrando tutti questi fattori, diversi gruppi hanno sviluppato dei punteggi di rischio globali basati su variabili cliniche e reperti ricavabili dall’elettrocar-diogramma o dai marcatori cardiaci sierici. 42,43 Il punteggio di rischio TIMI ha identifi cato sette fattori di rischio indipendenti: età > 65 anni, > 3 fattori di rischio per CAD, CAD documentata al cateterismo, slivellamento del tratto ST > 0,5 mm, > 2 episodi di angina nelle ultime 24 ore, assunzione di acido acetilsalicilico (ASA) nella settimana precedente e aumento dei marcato-ri cardiaci. Questo sistema di punteggio ha consentito la stratificazione del rischio lungo un gradiente che va da un valore di 4,7 a 40,9% ( P < 0,001) ( Fig. 56.6A ). Ancora più importante, questo punteggio di rischio è in grado di predire la risposta a diverse terapie per l’UA/NSTEMI. I pazienti con punteggio di rischio TIMI più elevato presentavano riduzioni signifi cative degli eventi se trattati con enoxaparina vs eparina non frazionata, 43 con l’inibitore della GP IIb/IIIa vs placebo e con una strategia invasiva vs conservativa ( Fig. 56.6B ).

Anche il Global Registry of Acute Coronary Events (registro GRACE) ha identifi cato fattori associati in modo indipendente a mortalità aumentata; i fattori più importanti associati a maggiore mortalità al momento del rico-vero erano: età avanzata, classe Killip, aumento della frequenza cardiaca, sottoslivellamento del tratto ST, segni di insuffi cienza cardiaca, bassa pres-sione sistolica, arresto cardiaco al ricovero e aumento dei livelli di creatini-na sierica o dei marcatori cardiaci. 44 Nuovi marcatori cardiaci continuano a essere individuati e i punteggi di rischio globali probabilmente arriveranno a includerli non appena essi diverrano più ampiamente disponibili nella pratica clinica, come dimostrato in diversi studi che hanno utilizzato tre marcatori secondo una “strategia di valutazione multimarcatore” per la predizione della mortalità 45 o degli eventi non fatali. 46

A partire dal registro CRUSADE è stato inoltre sviluppato un punteggio di rischio per la predizione delle emorragie gravi. I pazienti con peggio-

TABELLA 56.3 Biomarcatori emergenti nella sindrome coronarica acuta

POSSIBILE MECCANISMO REPERTI PRINCIPALI

Marcatori in grado di predire lo sviluppo di SCAFattore di von Willebrand 1 Media l’adesione piastrinica,

l’aggregazione (a elevate tensionidi taglio) e stabilizza il fattore VIIIc

OR = 3,0 per il 4° quartile rispetto al 1° quartile nei pazientiche sviluppano SCA

Interleuchina-8 adesa alla membrana eritrocitaria 2

Aumenta la risposta infi ammatoriaquando rilasciata dalla membrana eritrocitaria durante l’emorragia intraplacca

L’aumento di 1 DS è stato associato a una probabilità 5,1 voltesuperiore di avere una SCA (rispetto all’angina cronica stabile), corretta per le caratteristiche basali e per altri marcatori

Glicoproteina (GP) VI piastrinica con funzione di recettore per il collagene 3

Aumenta l’aggregabilità piastrinica Un’intensità media di fl uorescenza al di sopra del cut-off di 18,6(un elevato livello di espressione della GP VI superfi ciale) è stata associata a un rischio relativo di 1,4 per lo sviluppo di SCA

Fattore 1 piastrinico stroma-derivato 4

Potenzialmente implicato nel rimodellamento o nella rigenerazione vascolare e miocardica

Un livello 1,4 volte più elevato nei pazienti con SCA rispetto a quelli con angina stabile

Acido linoleico 5 Varia in maniera inversamente proporzionale alle lipoproteine a bassa densità

Altro meccanismo non defi nito

La riduzione di 1 DS è stata associata a un aumento > 3 volte delle probabilità che si tratti di SCA rispetto ai controlli

Isomero trans dell’acido oleico 6 Eff etti sfavorevoli sul profi lo lipidico, sulla funzione endoteliale e sui marcatori di infi ammazione

L’aumento di 1 DS è stato associato a un OR di 1,2 per la probabilità di SCA rispetto ai controlli

Marcatori dotati di valore prognostico nei pazienti con SCAProteina precursore del trombo 7 Rifl ette l’aumento dell’attivazione

sistemica della cascata della coagulazione

Elevati livelli risultano indipendentemente associati all’aumentodel rischio di morte, di reIM o di ischemia ricorrente (HR, 1,5) e di morte o IM (HR, 1,6), corretti per le caratteristiche basali e per altri biomarcatori

Cromogranina A 8 Inotropismo negativo, induzione dell’apoptosi, inibizione della secrezione delle catecolamine, vasodilatazione

L’aumento di 1 DS è associato a un incremento della mortalità(1,3 volte) e dei ricoveri per CHF (1,2 volte) dopo correzione per i marcatori di rischio cardiovascolari tradizionali

Omocisteina libera plasmatica 9 Provoca danno e disfunzione endoteliale Un livello > 4,11 μmol/L (quintile più elevato) è stato indipendentemente associato a un aumento del rischio di morte per cause cardiovascolari,di IM o di ictus (HR, 2,3) dopo un follow-up mediano di 2,7 anni

Da Giugliano RP, Braunwald E: The year in non-ST-segment elevation acute coronary syndrome. J Am Coll Cardiol 54:1544, 2009. Si veda l’articolo per i rimandi riportati nella tabella. CHF = insuffi cienza cardiaca congestizia; DS = deviazione standard; HR = hazard ratio; OR = odds ratio; reIM = infarto ricorrente; SCA = sindrome coronarica acuta.

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ramento della clearance della creatinina, le donne, i diabetici, i pazienti con ipotensione arteriosa e quelli con frequenza cardiaca più alta han-no avuto tassi di sanguinamento più elevati. 47 Inoltre, quando la dose degli agenti antitrombotici non è stata corretta per la funzione renale o per il peso, il tasso di sanguinamento è stato di 2-3 volte maggiore. 48

Terapia medica

Misure generali I pazienti con UA/NSTEMI a rischio intermedio o elevato devono essere ricoverati in un reparto di terapia intensiva o subintensiva coronarica; i pazienti a basso rischio devono essere ricoverati in un letto monitorato, preferibilmente in un reparto di terapia subintensiva coronarica. 2 In queste circostanze, il monitoraggio continuo elettrocardiografi co (tele-metrico) viene utilizzato per il rilevamento di tachiaritmie, di alterazioni della conduzione atrioventricolare e intraventricolare e di modifi cazioni dello slivellamento del tratto ST. All’inizio andrebbe prescritto il riposo a letto. La deambulazione, quando tollerata, è ammessa se il paziente è stabilizzato e non presenta oppressione toracica ricorrente da almeno 12-24 ore. È opportuno fornire un supplemento di ossigeno ai pazienti con cianosi o con rantoli rilevanti e quando la saturazione arteriosa di ossigeno, misurata all’ossimetria, scende al di sotto del 90%.

Uno degli scopi iniziali del trattamento è alleviare il dolore toracico. Nei pazienti con dolore persistente nonostante terapia con nitrati e � -bloccanti (si veda oltre) può essere somministrata morfi na solfato in bolo endovenoso in dosi da 2 a 5 mg. Controindicazioni all’utilizzo della morfi na comprendono l’ipersensibilità al farmaco, nel qual caso verrà sostituita con la meperidina, e l’ipotensione. Previo attento monitoraggio della pressione arteriosa, possono essere somministrate dosi ripetute ogni 5-30 minuti. La morfi na può agire sia come analgesico sia come ansiolitico, ma i suoi effetti venodilatatori possono produrre effetti emo-dinamici benefi ci riducendo il precarico ventricolare, che è particolar-mente utile in presenza di congestione polmonare. La morfi na, tuttavia, può causare anche ipotensione, e se ciò accade, la pressione arteriosa va ristabilita mettendo il paziente in posizione supina e somministrando soluzione fi siologica per via endovenosa; i farmaci ipertensivanti sono necessari solo di rado. Se si sviluppa depressione respiratoria, può essere somministrato naloxone (da 0,4 a 2,0 mg).

NITRATI . I nitrati sono dei vasodilatatori endotelio-indipendenti che incrementano il fl usso sanguigno miocardico inducendo vasodilata-zione coronarica e riducono la domanda di ossigeno del miocardio. Quest’ultimo effetto deriva dalla dilatazione arteriolare e venosa che comporta una riduzione del postcarico, del precarico miocardico e della tensione di parete ventricolare. Se il paziente avverte dolore ischemico, i nitrati vanno somministrati inizialmente per via sublinguale o mediante spray orale (da 0,3 a 0,6 mg). Se il dolore persiste dopo tre compresse sublinguali (o spruzzi orali) somministrate a intervalli di 5 minuti, si raccomanda la somministrazione di nitroglicerina per via endovenosa utilizzando defl ussori non assorbenti (da 5 a 10 � g/min). La velocità dell’infusione di nitroglicerina può essere incrementata fino a 10 � g/min ogni 3-5 minuti fino alla scomparsa dei sintomi o alla riduzione della pressione arteriosa a valori inferiori a 100 mmHg. 2 Sebbene non vi sia un dosaggio massimo assoluto, una dose di 200 � g/min viene solitamente utilizzata come limite massimo.

Controindicazioni all’utilizzo dei nitrati sono l’ipotensione e l’utilizzo di sildenafi l o di altri inibitori della fosfodiesterasi-5 nelle 24-48 ore precedenti. Se il paziente è asintomatico per angor da almeno 12-24 ore possono essere utilizzati i nitrati topici o per via orale a lunga durata di azione. Il dosaggio dei nitrati dipende dalla formulazione, ma si deve cercare di lasciare un periodo fi nestra di 8-10 ore al giorno per evitare lo sviluppo di tolleranza. Spesso, nella gestione a lungo termine dei pazienti la terapia cronica con nitrati può essere gradualmente ridotta, a condizione che non sviluppino angina cronica stabile ( Cap. 57 ).

L’effetto dei nitrati sulla mortalità è stato valutato nello studio ISIS-4, un grande studio clinico randomizzato per pazienti con sospetto di IM (sia STEMI sia NSTEMI). 49 Non è stato osservato alcun effetto sulla mortalità né nella popolazione totale né nel sottogruppo di pazienti con NSTEMI.

� -BLOCCANTI . Studi preliminari controllati con placebo in pazienti con UA/NSTEMI hanno dimostrato il benefi cio dei � -bloccanti nel ridur-re successivi episodi di IM o di ischemia ricorrente. 46 Nei pazienti con IM acuto (sia STEMI sia NSTEMI) è stato dimostrato che i � -bloccanti sono in grado di ridurre gli episodi di reinfarto e di fi brillazione ven-tricolare ( Cap. 57 ). 50 Restano invece da chiarire i meccanismi della

P <0,001 χ2 per il trend

0/1 2 3 4 5 6/7

M/IM

/RU

ent

ro 1

4 gi

orni

(%

)

PUNTEGGIO DI RISCHIO (n. di fattori di rischio TIMI)

4,7

8,3

13,2

19,9

26,2

40,9

Fattori di rischio TIMI:• Età ≥65 anni• ≥3 fattori di rischio per CAD• CAD nota (stenosi >50%)

A

• Precedente assunzione di ASA• ≥2 episodi anginosi nelle precedenti 24 ore• Slivellamento del tratto ST ≥0,5 mm sull’ECG di presentazione• ↑ Marcatori cardiaci

60

50

40

30

20

10

0

M/IM

/RIO

SP

SC

A (

%)

Basso 0-2 Intermedio 3-4 Alto 5-7

Punteggio di rischio TIMI

11,8 12,8

20,316,1

30,6

19,5

35

30

20

25

15

10

5

0

OR = 0,55IC (0,33, 0,91)

OR = 0,75IC (0,57, 1,00)

% di pazienti

B

25% 60% 15%

CONSINV

FIGURA 56.6 A. Punteggio di rischio TIMI per l’angina instabile o per l’infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (UA/NSTEMI). I fattori di rischio vengono specifi cati in basso, mentre il rischio di morte (M), di infarto miocardico (IM) o di rivascolarizzazione in urgenza (RU) viene indicato lungo l’asse verticale. ASA = acido acetilsalicilico. B. Utilizzo del punteggio di rischio TIMI per UA/NSTEMI nel predire il benefi cio di una strategia invasiva precoce. In un’analisi defi nita in modo prospettico, il punteggio di rischio TIMI è stato utilizzato nello studio TACTICS-TIMI 18 (Treat Angina with Aggrastat and determine Cost of Therapy with an Invasive or Conservative Strategy). Come illustrato, il 75% dei pazienti ha avuto un punteggio di rischio ≥ 3 ed è stato osservato un benefi cio signifi cativo in seguito a strategia invasiva in questi pazienti. CAD = coronaropatia; CONS = con-servativa; ECG = elettrocardiogramma; IC = intervallo di confi denza; INV = invasiva; OR = odds ratio; SCA = sindrome coronarica acuta. ([ A ] modifi cata da Antman EM, Cohen M, Bernink PJLM, et al: The TIMI risk score for unstable angina/non-ST elevation MI: A method for prognostication and therapeutic decision-making. JAMA 284:835, 2000. [ B ] da Cannon CP, Weintraub WS, Demopoulos LA, et al: Comparison of early invasive and conservative strategies in patients with unstable coronary syndromes tre-ated with the glycoprotein IIb/IIIa inhibitor tirofi ban. N Engl J Med 344:1879, 2001.)

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CA

PITOLO

56

1230riduzione della mortalità ottenuta dai � -bloccanti in tempi più recenti (XXI secolo). 51

I � -bloccanti per via orale alle dosi utilizzate per l’angina cronica stabile ( Cap. 57 ) devono essere iniziati a 24 ore dall’esordio e continuati fi no alla dimissione nei pazienti con UA/NSTEMI senza controindica-zioni. La terapia con � -bloccanti per via orale va iniziata entro le prime 24 ore nei pazienti che non hanno alcuno dei seguenti: (1) segni di insuffi cienza cardiaca, (2) evidenza di stato a bassa gittata, (3) aumen-tato rischio di shock cardiogeno o (4) altre controindicazioni all’uso di � -bloccanti (intervallo PR > 0,24 secondi, blocco atrioventricolare di secondo o terzo grado, asma in fase attiva o storia di broncospasmo). I � -bloccanti possono essere somministrati a bassi dosaggi nei pazienti con insufficienza cardiaca una volta stabilizzati. Se l’ischemia e il dolore toracico sono in atto nonostante la terapia endovenosa con nitrati, i � -bloccanti possono essere somministrati con prudenza per via endovenosa, seguiti dalla somministrazione orale. La scelta del � -bloccante può essere individualizzata sulla base della farmacocinetica del farmaco, del costo e dell’esperienza del medico. Tuttavia, è oppor-tuno evitare i � -bloccanti con attività simpatico-mimetica intrinseca, come il pindololo.

CALCIO-ANTAGONISTI . I calcio-antagonisti possiedono effetti va-sodilatanti e ipotensivanti. Alcuni, come il verapamil e il diltiazem, rallentano anche la frequenza cardiaca e riducono la contrattilità del miocardio. Studi preliminari suggeriscono che i calcio-antagonisti riducono l’IM ricorrente. 52

I calcio-antagonisti possono essere utilizzati nei pazienti con ische-mia persistente nonostante il trattamento con nitrati a piena dose e � -bloccanti, nei pazienti con controindicazioni ai � -bloccanti (si veda il paragrafo precedente) e in quelli con ipertensione. Tali soggetti devono

essere trattati con calcio-antagonisti ad attività cronotropa negativa (ad es. diltiazem o verapamil). Le dosi orali di diltiazem e verapamil varia-no dai 30-90 mg quattro volte al giorno ai 360 mg una volta al giorno per le formulazioni a lunga durata di azione. È stato dimostrato che la nifedipina (a breve durata di azione), agente che accelera la frequenza cardiaca, è deleteria nei pazienti con IM acuto se non somministrata insieme a un � -bloccante.

Il trattamento a lungo termine con farmaci a lunga durata di azio-ne (amlodipina e felodipina) non è stato associato ad alcun danno nei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra documentata e CAD, 53 a indicare che tali agenti possono essere utilizzati con sicu-rezza nei pazienti con UA/NSTEMI e con disfunzione ventricolare sinistra.

Due recenti studi hanno inoltre documentato il benefi cio dell’amlo-dipina nei pazienti con ipertensione e CAD stabile. 54,55

Terapia antitrombotica ( Cap. 87 ) ANTIAGGREGANTI . Considerata l’importanza delle piastrine nella patogenesi dell’UA/NSTEMI – argomento che è già stato oggetto di trattazione – la terapia antiaggregante gioca un ruolo centrale nella gestione di tale condizione.

Acido acetilsalicilico (ASA)

Questo principio attivo acetila la ciclossigenasi-1 piastrinica (COX-1), inibendo così la sintesi e il rilascio di trombossano A 2 , un attivatore delle piastrine ( Fig. 56.7 ). L’ASA riduce dunque l’aggregazione pia-strinica complessiva e la formazione di trombi arteriosi. Dato che questa inibizione della COX-1 è irreversibile, gli effetti antiaggreganti durano per tutta la vita delle piastrine, ossia circa 7-10 giorni. Diversi

Collagene

ATP

TxA2

TPαTPβ

TxA2

ART

PAR1

GPV1 P2X1

P2Y1

P2Y12PAR4

Trombina ATTIVAZIONE

COX-1

AMPLIFICAZIONE

Secrezionedei granuli densi

Mediatoriproinfiammatori dei fattori

della coagulazione

Secrezionedegli

α-granuliModificazione

conformazionale

AGGREGAZIONETRANSITORIA

GP IIb/IIIa*

GP IIb/IIIa*

Fibrinogeno

Inibitoredella GP IIb/IIIa

AGGREGAZIONESTABILE

Ticagrelor,cangrelor

Metabolismodel CYP-450

Ticlopidina,clopidogrel,prasugrel

GP IIb/IIIaATP, ADP,

Ca2+

↑Ca2+↑Adenilato

ciclasi

↓cAMP

ADP

ASA

×

×

×

×

FIGURA 56.7 Meccanismi di attivazione piastrinica e bersagli del blocco attuato dalle terapie antiaggreganti. L’attivazione piastrinica viene avviata da agonisti solu-bili, come la trombina, il trombossano A 2 , la 5HT, l’ADP (tramite P2Y 1 ) e l’ATP, e dai ligandi di adesione come il collagene e il fattore di von Willebrand. La conseguente secrezione dei granuli densi degli agonisti piastrinici e la secrezione di trombossano A 2 (per eff etto dell’attivazione della fosfolipasi A 2 ) conduce all’amplifi cazione dell’attivazione piastrinica e alle risposte associate. Il recettore P2Y 12 svolge un ruolo primario nell’amplifi cazione dell’attivazione piastrinica, sostenuta anche dalla via di segnalazione esterna-interna mediata dal recettore � IIb � 3 (GP IIb/IIIa). Il blocco combinato dei recettori P2Y 12 e � IIb � 3 , pertanto, esercita eff etti additivi sull’attivazio-ne piastrinica e sulle risposte piastriniche associate. Per una trattazione più dettagliata si rimanda al testo. ADP = adenosina; cAMP = adenosinmonofosfato ciclico; COX = ciclossigenasi difosfato; GP = glicoproteina; TxA 2 = trombossano A 2 . Cangrelor non è disponibile in Italia. (Modifi cata da Storey RF: Biology and pharmacology of the platelet P2Y 12 receptor. Curr Pharm Des 12:1255, 2006. Per gentile concessione di Wallentin L: P2Y 12 inhibitors: Diff erences in properties and mechanisms of action and potential consequences for clinical u se. Eur Heart J 30:1964, 2009.)

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AN

GIN

A IN

STABILE E IN

FARTO

MIO

CA

RD

ICO

SENZA

SOPR

ASLIV

ELLAM

ENTO

DEL T

RAT

TO ST1231

studi hanno dimostrato che l’ASA produce evidenti effetti benefi ci nei pazienti con UA/NSTEMI 56 ( Fig. 56.8 ). Oltre a ridurre gli eventi clinici avversi precocemente nel corso del trattamento dell’UA/NSTE-MI, l’ASA fornisce anche protezione dagli eventi ischemici ricorrenti in prevenzione secondaria. In studi randomizzati compiuti sull’ASA vs placebo, dosi di acido acetilsalicilico variabili da 75 a 1.300 mg/die hanno prodotto una riduzione del 25% circa della mortalità o dell’insorgenza di IM, 56 a suggerire che l’acido acetilsalicilico non abbia un’effi cacia dose-dipendente. 57 Nel caso di pazienti con UA/NSTEMI, dopo una dose di carico di 162-325 mg, dosi di 75 o 81 mg/die sembrano essere effi caci e provocare meno irritazione gastroin-testinale o sanguinamento rispetto a dosaggi più elevati. Lo studio OASIS-7 ha assegnato 25.087 pazienti con SCA (UA/NSTEMI 70,8%; STEMI 29,2%) al trattamento con dosi elevate (da 300 a 325 mg/die) o basse (da 75 a 100 mg/die) di acido acetilsalicilico per 30 giorni (e alla somministrazione di clopidogrel ad alto dosaggio o a dosaggio regolare; si veda il paragrafo “Clopidogrel”). I risultati preliminari non hanno rilevato differenze in termini di rischio di morte cardiovascola-re, IM o ictus e non è stata osservata alcuna differenza nel tasso globale di emorragia grave, 2,3% in ciascun gruppo. Questo confronto a breve termine sul dosaggio dell’acido acetilsalicilico richiederà pertanto un’analisi più dettagliata.

Le controindicazioni alla terapia con ASA comprendono l’allergia documentata (ad es. asma), sanguinamento in atto e un disturbo noto delle piastrine. La dispepsia e altri sintomi gastrointestinali in asso-ciazione a terapia a lungo termine con ASA (intolleranza all’acido acetilsalicilico) solitamente non precludono la terapia nel breve ter-mine. Nei pazienti con allergia o che non riescono a tollerare l’acido acetilsalicilico, è raccomandato l’uso di clopidogrel. 2 Nel corso della terapia cronica può insorgere “resistenza all’acido acetilsalicilico”. 58,59 Piccoli studi hanno identifi cato una percentuale di pazienti (2-8%) in cui il trattamento con ASA sembra possedere un limitato effetto an-tiaggregante (ossia minime modifi cazioni del grado di aggregazione piastrinica). Questi pazienti tendono a esibire un rischio maggiore di eventi cardiaci ricorrenti. 60 Un numero crescente di evidenze corroborano l’ipotesi che la cosiddetta resistenza all’acido acetilsa-licilico si correli spesso alla scarsa compliance, mentre altre cause comprendono lo scarso assorbimento, l’interazione con l’ibuprofene e l’iperespressione dell’mRNA di COX-2. Resta da dimostrare con ampi studi o l’analisi di grandi registri se il monitoraggio di routine degli effetti antiaggreganti mediante aggregometria a trasmissione di luce o attraverso dispositivi point-of-care con correzione della dose sia una strategia effi cace, ma sembrerebbe essere un possibile valido approccio.

ANTAGONISTI DELL’ADP

Tienopiridine

Questi agenti (ticlopidina, clopidogrel e prasugrel) sono dei profarmaci convertiti a metaboliti attivi attraverso l’ossidazione del sistema del citocromo epatico P-450 61 ( Fig. 56.9 ). I metaboliti attivi inibiscono l’aggregazione piastrinica inibendo irre-versibilmente il legame dell’adenosina di-fosfato (ADP) ai recettori P2Y 12 piastrinici e aumentano il tempo di sanguinamento (si veda Fig. 56.7 ).

CLOPIDOGREL . Questo farmaco evita in gran parte le complicanze ematolo-giche associate alla ticlopidina, il primo agente tienopiridinico utilizzato su vasta scala. Oggi la ticlopidina viene prescritta raramente a causa dell’occasionale svi-luppo di neutropenia o, ancora più di rado, di porpora trombotica trombocitopenica. L’associazione di clopidogrel e acido ace-tilsalicilico sembra essere effi cace quanto la combinazione di ticlopidina e acido acetilsalicilico nella prevenzione della trombosi intrastent. 57 Una volta assorbito,

circa l’85% del clopidogrel viene idrolizzato dalle esterasi presenti nel torrente circolatorio e reso inattivo. Il clopidogrel rimanente deve essere ossidato dal sistema del citocromo epatico P-450 per generare i metabo-liti attivi che bloccano il recettore P2Y 12 (si veda Fig. 56.9 ).

Nello studio CURE, gli eff etti dell’aggiunta di clopidogrel all’acido acetil-salicilico sono stati analizzati in 12.562 pazienti con UA/NSTEMI trattati con ASA (75-325 mg), eparina non frazionata o a basso peso molecolare e altre terapie standard e randomizzati a ricevere una dose di carico di 300 mg di clopidogrel seguita da una dose quotidiana di 75 mg o pla-cebo. 62 L’associazione del clopidogrel all’ASA, definita duplice terapia antiaggregante, ha determinato una riduzione del 20% della mortalità per cause cardiovascolari, del tasso di IM o del tasso di ictus rispetto all’acido acetilsalicilico in monoterapia, sia nei pazienti a basso rischio sia in quelli a rischio elevato con UA/NSTEMI, e indipendentemente dal fatto che fossero gestiti con terapia medica, con intervento coronarico percutaneo (PCI) o mediante bypass aortocoronarico (CABG) ( Fig. 56.10 ). 62 Il benefi cio è stato osservato addirittura dopo 24 ore, con le curve di Kaplan-Meier che cominciano a divergere appena dopo 2 ore, 63 ed è perdurato per tutto l’anno di trattamento dello studio. Il trattamento si è dimostrato benefi co anche prima del PCI, con una riduzione del 31% degli eventi cardiaci a 30 giorni e a 1 anno nei pazienti con UA/NSTEMI randomizzati alla duplice terapia antiaggregante, rispetto all’ASA in monoterapia. 64

In una metanalisi compiuta su tre studi, il pretrattamento con clopido-grel è stato associato a una signifi cativa riduzione del 29% della mortalità per cause cardiovascolari o di IM dopo PCI rispetto all’assenza di pretrattamento, benefi ci conseguiti con o senza il concomitante utilizzo degli inibitori della GP IIb/IIIa. 65 Nelle linee guida ACC/AHA ciò ha indotto una raccomanda-zione di Classe IA per il trattamento con clopidogrel prima di un PCI. 66 Tale raccomandazione conferma l’utilità di avviare la terapia con clopidogrel il prima possibile dopo l’esordio della sintomatologia. Tra i pazienti sottoposti a CABG, quelli che hanno ricevuto clopidogrel nei cinque giorni precedenti la chirurgia hanno dimostrato un rischio aumentato di emorragia grave, necessità di reintervento per risolvere l’emorragia e una degenza ospe-daliera di più lunga durata, 67 ragione per cui si raccomanda, ove possibile, di sospendere il trattamento con clopidogrel almeno cinque giorni prima dell’intervento chirurgico. 2 Tra i pazienti sottoposti a CABG, quelli che hanno ricevuto clopidogrel nei cinque giorni precedenti la chirurgia hanno dimo-strato un rischio aumentato di emorragia grave, necessità di reintervento per risolvere l’emorragia e una degenza ospedaliera di più lunga durata, 67 ragione per cui si raccomanda, ove possibile, di sospendere il trattamento con clopidogrel almeno cinque giorni prima dell’intervento chirurgico. 2

Nel tempo sono emerse due strategie prevalenti per l’avvio della terapia con clopidogrel nei pazienti con UA/NSTEMI: (1) iniziare la somministrazione di clopidogrel al momento dell’esordio o del rico-vero in ospedale e (2) posticipare il trattamento con clopidogrel fi no a che non sia stata eseguita la coronarografi a e quindi somministrare il

Lewis et al. Cairns et al. Theroux et al. Gruppo RISC

INCIDENZA DI DECESSO O IM SUCCESSIVO

PE

RC

EN

TU

ALE

DI P

AZ

IEN

TI

*P = 0,0005 *P = 0,0001*P = 0,0012 *P = 0,008

0

4

8

12

Plac.155

ASA178

10,1

5*

0

5

10

15

Plac.279

ASA276

12,9

6,2*

0

5

10

15

Plac.118

ASA121

11,9

3,3*

0

5

10

20

15

Plac.N = 397

ASA399

17,1

6,5*

FIGURA 56.8 Quattro studi randomizzati documentano il benefi cio ottenuto con la somministrazione di acido acetilsalicilico nell’UA/ NSTEMI; l’incidenza di morte o IM è stata ridotta di oltre il 50% in ciascuno dei quattro studi. Le dosi di acido acetilsalicilico sono state di 325 mg, 1.300 mg, 650 mg e 75 mg al giorno: l’acido acetilsalicilico ha dimostrato pari effi cacia con tutti i dosaggi. ASA = acido acetilsalicilico; Plac. = placebo. (Da Lewis HD, et al.: N Engl J Med 309:396, 1983; Cairns JA, et al.: N Engl J Med 313:1369, 1985; Theroux P, et al.: N Engl J Med 319:1105, 1988; RISC Group: Lancet 349:827, 1990.)

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CA

PITOLO

56

1232

Clopidogrel

85% di metabolitiinattivi

hCE1

Profarmaco

Idrolisi(esterasi)

Ossidazione(citocromo P-450)

Metabolita attivo

O OC

CH3

N

ClS

O

O OC

CH3

N

FS

O

ON

FS

O

N

F

O

O

OC

CH3

N

ClS

O

HOOC

OCH3

N

Cl*HSHOOC

*HS

Kurihara A. et al. Drug Metab. Rev. 37(S2): 99 (2005)Tang M. et al. JPET 319: 1467–1476 (2006)

Farid N.A. et al. Drug Metab. Dispos. 35: 1096–1104 (2007)Rehmel J.L.F. et al. Drug Metab. Dispos. 34: 600–607 (2006)Williams E.T. et al. Drug Metab. Rev. 39(S1): 254 (2007)

CYP:1A22B62C19

CYP:3A2B62C92C19

C T AG

GG

G

SNP

A TTAT

T T AA

GG

G A TTAT

Prasugrel

hCE2hCE1

Intestino

Metabolita attivo

CYP:3A2B62C92C19

FIGURA 56.9 Formazione dei metaboliti attivi di clopidogrel (a sinistra) e di prasugrel (a destra) . hCE1 = carbossilesterasi umana 1; hCE2 = carbossilesterasi umana 2; CYP = citocromo P-450. (Per gentile concessione del Dr. E. Antman.)

0,000,020,040,060,080,100,120,14

0 3 6 9 12

TAS

SI D

I RIS

CH

IOC

UM

ULA

TIV

I

MESI DI FOLLOW-UP

Tutti i pazienti

Placebo(n = 6.303)

Clopidogrel(n = 6.259)

P <0,001N = 12.562

RRR 20%

0,00

0,05

0,10

0,15

0,20

0 100 200 300

TAS

SI D

I RIS

CH

IOC

UM

ULA

TIV

I

GIORNI DI FOLLOW-UP

Gruppo rx medico

Placebo

Clopidogrel

RR: 0,80 (0,69-0,92)

0,00

0,05

0,10

0,15

0,20

0 100 200 300

TAS

SI D

I RIS

CH

IOC

UM

ULA

TIV

I

GIORNI DI FOLLOW-UP

Gruppo PCI

0,00

0,05

0,10

0,15

0,20

0 100 200 300

TAS

SI D

I RIS

CH

IOC

UM

ULA

TIV

I

GIORNI DI FOLLOW-UP

Gruppo CABG

Placebo

Clopidogrel

RR: 0,89 (0,71-1,11)

Placebo

Clopidogrel

RR: 0,72 (0,57-0,90)

FIGURA 56.10 Benefi cio ottenuto con la somministrazione di clopidogrel in termini di riduzione del decesso per cause cardiovascolari, di IM o di ictus a un anno nello studio CURE condotto su pazienti con UA/NSTEMI e su pazienti gestiti con terapia medica, con PCI o CABG. RR = rischio relativo; RRR = riduzione del rischio relativo. (Da Yusuf S, Zhao F, Mehta SR, e coll: Eff ects of clopidogrel in addition to aspirin in patients with acute coronary syndromes without ST-segment elevation. N Engl J Med 345:494, 2001; e Fox KA, Mehta SR, Peters R, et al.: Benefi ts and risks of the combination of clopidogrel and aspirin in patients undergoing surgical revascularization for non-ST-elevation acute coronary syndrome: The Clopidogrel in Unstable angina to prevent Recurrent ischemic Events [CURE] Trial. Circulation 110:1202, 2004.)

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AN

GIN

A IN

STABILE E IN

FARTO

MIO

CA

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ICO

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SOPR

ASLIV

ELLAM

ENTO

DEL T

RAT

TO ST1233

farmaco sul tavolo di cateterismo in caso di PCI. La strategia di tratta-mento precoce consente di ridurre gli eventi ischemici precoci e offre i benefi ci associati al pretrattamento ante-PCI, ma al costo di un maggiore sanguinamento nei pazienti che vengono sottoposti a CABG in sosti-tuzione del PCI o immediatamente dopo il PCI. Quindi, benché esista un rischio sanguinamento nel caso in cui il CABG precoce non possa essere posticipato, il rapporto complessivo rischio-benefi cio rimane a favore dell’avvio precoce del trattamento con clopidogrel. 68

Nell’UA/NSTEMI, la dose di carico iniziale da 300 a 600 mg di clopido-grel viene seguita da una dose di mantenimento di 75 mg/die. Iniziando con soli 75 mg/die i livelli bersaglio di inibizione piastrinica verranno raggiunti dopo 3-5 giorni, mentre la dose di carico da 300 mg consentirà un’effi cace inibizione piastrinica entro 4-6 ore. 69 L’utilizzo di una dose di carico da 600 mg consente di ottenere concentrazioni di inibizione piastrinica allo steady-state dopo appena due ore. Tale dosaggio è stato impiegato in diversi studi sul PCI, compreso un confronto diretto tra l’uso di 300 mg vs 600 mg di clopidogrel. In questo studio su 254 pazienti sottoposti a PCI, pretrattati 4-8 ore prima della procedura, la dose di carico da 600 mg è stata associata a un tasso signifi cativamente minore di eventi cardiovascolari maggiori. 70

Nello studio OASIS-7, 25.087 pazienti con SCA sono stati randomizzati a sottoporsi a una strategia invasiva con una dose elevata vs una dose bassa di acido acetilsalicilico (si veda il precedente paragrafo “Acido acetilsalicilico”) e due dosi di clopidogrel per una settimana: dose ele-vata (dose di carico da 600 mg e 150 mg/die per una settimana) vs dose standard (dose di carico da 300 mg e 75 mg/die) seguite da 75 mg/die per 30 giorni. I risultati preliminari, basati sullo studio considerato nel suo complesso, non hanno documentato alcuna differenza in termini di rischio di morte per cause cardiovascolari, di IM o di ictus (4,2% per l’alta dose e 4,4% per la dose standard di clopidogrel), ma è stata osser-vata un’interazione statistica tra le classi di randomizzazione dell’acido acetilsalicilico e del clopidogrel ( P = 0,043) che suggerisce la necessità di valutare i quattro gruppi separatamente. Nel gruppo a elevato do-saggio di acido acetilsalicilico, il tasso di eventi correlati all’obiettivo primario di effi cacia è stato inferiore nel gruppo con dosaggio elevato di clopidogrel rispetto al gruppo con dosaggio standard di clopidogrel (4,6% vs 3,8%; RR, 0,83; IC al 95%, 0,70-0,99; P = 0,036), ma non vi è stata alcuna differenza tra il gruppo a elevato dosaggio di clopidogrel e il gruppo a dosaggio standard nella coorte a basso dosaggio di acido acetilsalicilico. Complessivamente, è stato documentato un rischio più elevato di emorragia grave secondo la definizione dello studio nel gruppo a elevato dosaggio di clopidogrel rispetto a quello a dosaggio standard (2,0% vs 2,5%; P = 0,01). Tali dati possono essere giudicati in due modi: a sostegno dell’utilizzo di dosaggi più elevati di clopidogrel per una settimana e di acido acetilsalicilico per un mese, ma si renderà necessaria un’analisi più completa dei dati dello studio. 71

In diversi studi sono stati identifi cati pazienti “non-responder” o “ipo-responder”. 72-74 L’iporesponsività è più comune tra i pazienti diabetici oltreché tra i pazienti obesi, tra i più anziani e tra coloro che possiedono un polimorfi smo genetico del sistema del citocromo P-450 (si veda oltre). 75 Gli ipo-responder al clopidogrel presentano concentrazioni più basse di metabolita attivo, indice di un’incapacità a effettuare questa indispensabile conversione. Tuttavia, quando il metabolita attivo del clopidogrel è stato aggiunto alle piastrine ex vivo, la risposta piastrinica è stata simile nei soggetti normali e negli ipo-responder, a indicare che il difetto degli ipo-responder è correlato alle concentrazioni più basse di metabolita attivo del clopidogrel in vivo. 73 Gli ipo-responder hanno tassi più elevati di eventi cardiaci ricorrenti, compresa la trombosi intrastent e l’IM acuto. 76-78 Alcuni ricercatori stanno mettendo a punto una strategia di controllo della risposta delle piastrine mediante aggre-gometria piastrinica o di analisi al letto del paziente per aumentare il dosaggio del clopidogrel nei pazienti non-responder o ipo-responder, un approccio che è stato suggerito nel 2005 dalle linee guida ACC/AHA per le procedure di PCI a rischio elevato. 66 Tuttavia, gli esiti nei pazienti gestiti con tale strategia non sono ancora disponibili.

I pazienti con iporesponsività al clopidogrel possono essere gestiti aumentando la dose di mantenimento del clopidogrel a 150 mg/die, convertendoli a prasugrel 10 mg/die (si veda il paragrafo “Prasugrel”) 79 o, potenzialmente, aggiungendo cilostazolo, un inibitore selettivo della fosfodiesterasi. 80

Come già sottolineato, le tienopiridine devono subire una biotrasfor-mazione in metaboliti attivi da parte degli enzimi del citocromo P-450, e sono questi metaboliti attivi a esercitare l’effetto antiaggregante. 61 Gli alleli dei geni che interferiscono con tale biotrasformazione possono interferire con l’inibizione del P2Y 12 . L’enzima CYP2C19 è fondamentale in questa biotrasformazione. Si osservano polimorfi smi del CYP2C19 in circa un terzo dei soggetti bianchi, apparentemente con una maggiore frequenza nei soggetti asiatici. Tali polimorfi smi, soprattutto quello dell’al-lele *C2, un “allele a funzione ridotta”, interferiscono con l’inibizione clopidogrel-indotta dell’aggregazione piastrinica e nello studio TRITON-TIMI 38 81 sono stati associati a un aumento degli esiti clinici avversi nei pazienti trattati con clopidogrel ( Fig. 56.11 ). In altri studi, tale polimor-fi smo è stato associato a un aumento della trombosi intrastent. 82-85

La presenza di questo allele a funzione ridotta in circa il 30% dei bianchi e il 50% degli asiatici spiega, almeno in parte, l’iporesponsività al clopidogrel discussa in precedenza: esso riduce infatti la concen-trazione del metabolita attivo e pertanto compromette l’inibizione dell’aggregazione piastrinica.

La valutazione di tali polimorfi smi nei pazienti candidati al trattamento con tienopiridine può identifi care i pazienti che probabilmente non risponderanno al clopidogrel o che risponderanno in modo insuffi ciente e che sono candidati alla sostituzione farmacologica con prasugrel o tica-grelor quando quest’ultimo diverrà disponibile (si veda oltre). Le comuni varianti genetiche funzionali del CYP non infl uenzano i livelli di farmaco metabolicamente attivo, l’inibizione dell’aggregazione piastrinica o i tassi di eventi clinici cardiovascolari nei pazienti trattati con prasugrel. 86

PRASUGREL . Questa tienopiridina, come la ticlopidina o il clopido-grel, è un profarmaco il cui metabolita attivo si comporta da inibitore irreversibile del recettore P2Y 12 delle piastrine e, quindi, dell’aggrega-zione piastrinica. Benché i metaboliti attivi di clopidogrel e di prasugrel abbiano profi li di effi cacia in vitro sovrapponibili in termini di effetto antiaggregante, la produzione del metabolita di prasugrel è circa 10 volte maggiore rispetto ai livelli ottenuti con la somministrazione di clopidogrel, il che determina una potenza circa 10 volte maggiore.

Lo studio TRITON-TIMI 38 ha randomizzato 13.608 pazienti con SCA (di cui 10.074 con UA/NSTEMI) per i quali era programmato un PCI. 79 Lo schema di trattamento prevedeva: (a) per il gruppo prasugrel, una dose di carico di 60 mg, seguita da una dose di mantenimento giornaliera di 10 mg; (b) per il gruppo clopidogrel, una dose di carico di 300 mg, seguita da una dose di mantenimento giornaliera di 75 mg e da un follow-up di 15 mesi. L’endpoint di effi cacia primario (morte per cause

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N = 1.459

Portatori dell’alleleCYP2C19 a funzione ridotta*

Non portatori

HR 1,53(IC al 95% 1,07-2,19)

P = 0,014

*Portatori ~30% della popolazione

FIGURA 56.11 Associazione tra lo status di portatore di un allele CYP2C19 a funzione ridotta e l’outcome primario di effi cacia o la trombosi intrastent nei soggetti in terapia con clopidogrel. Nei 1.459 soggetti che sono stati trattati con clopidogrel e che potrebbero essere classifi cati come portatori o non portatori del CYP2C19 , il tasso dell’outcome primario di effi cacia (un outcome composito di morte per cause cardiovascolari [CV], infarto miocardico [IM] o ictus) è stato signifi cativamente più elevato nei portatori rispetto ai non portatori.

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1234cardiovascolari, IM e ictus) ha subito una signifi cativa riduzione del 19% ( Fig. 56.12 ); 12.844 pazienti sono stati sottoposti a impianto di stent coronarico nel corso del PCI. Nel gruppo prasugrel, l’incidenza di trombosi intrastent è risultata dimezzata rispetto al gruppo clo-pidogrel (si veda Fig. 56.12 ), una riduzione relativa che si è dimostrata simile per gli stent medicati e per quelli non medicati. 87

Questi dati di superiorità del prasugrel rispetto al clopi-dogrel depongono a favore del summenzionato concetto che la limitata effi cacia del clopidogrel rispetto al prasu-grel si debba ricercare nella produzione più lenta e meno effi cace di metabolita attivo da parte del clopidogrel 81 (si veda Fig. 56.9 ). In effetti, in uno studio trasversale di pazienti sottoposti a PCI per angina stabile, Wiviott et al. 74 hanno riportato che il carico con 60 mg di prasugrel ha comportato un’inibizione piastrinica maggiore rispetto alla dose di carico con 600 mg di clopidogrel. Lo stesso è stato osservato durante la terapia di mantenimento, in cui il confronto è stato fatto rispettivamente tra la dose di 10 mg e quella di 150 mg/die.

Non sorprende il fatto che l’effetto inibitorio piastri-nico più marcato del prasugrel sia stato associato con maggiore frequenza a sanguinamenti gravi. Nello studio TRITON-TIMI 38 è stata documentata un’incidenza re-lativa di sanguinamenti gravi più alta (nella misura del 32%), con casi anche fatali. Il rischio di sanguinamento è stato particolarmente più elevato negli anziani ( ≥ 75 anni), categoria per la quale l’utilizzo di prasugrel deve essere limitato ai soli casi ad alto rischio, e in quelli con peso corporeo ridotto ( < 60 kg). Il trattamento di questi ultimi con prasugrel è da evitarsi a meno che non sussista un alto rischio di trombosi, ed è consigliabile valutare una dose di mantenimento di 5 mg anziché di 10 mg. Il prasugrel è controindicato nei pazienti con storia di ictus o di attacco ischemico transitorio. 79 Ogniqualvolta possibile, il prasugrel dovrebbe essere sospeso almeno una settimana prima della chirurgia.

Ticagrelor

Diversamente dalle tienopiridine (ticlopidina, clopidogrel e prasugrel), i cui metaboliti attivi sono degli inibitori irreversibili dell’aggregazione piastrinica, il ticagrelor è un inibitore reversibile del recettore P2Y 12 delle pia-strine che agisce direttamente sulle piastrine stesse. 88,89 Nonostante abbia un metabolita attivo, la sua effi cacia è simile a quella del composto di origine: entrambi vengo-no escreti nella bile. Come il prasugrel, il ticagrelor può inibire quasi completamente l’aggregazione piastrinica mediata dal recettore P2Y 12 . Il DISPERSE-2 è stato uno stu-dio dose-ranging di fase II 90 che ha condotto allo studio cardine di fase III (PLATO), il quale ha confrontato l’associazione di ticagrelor (90 mg due volte al giorno) e di clopidogrel (dose di carico da 300 o 600 mg e dose di mantenimento da 75 mg al giorno); entrambi i gruppi hanno ricevuto anche ASA. Lo studio PLATO ha arruolato 18.624 pazienti, 15.381 (62%) dei quali avevano avuto un’UA/NSTEMI. 91 L’endpoint primario composito di morte per cause cardiovascolari, IM e ictus ha conosciu-to una signifi cativa riduzione del 16% ( Fig. 56.13 ); altre signifi cative diminuzioni hanno riguardato l’IM (calo del 16%) e la morte per cause cardiovascolari (21%), con una riduzione relativa della mortalità totale del 22% (1,4% assoluta). L’effi cacia clinica superiore di ticagrelor è stata osservata su un’ampia serie di sottogruppi, compresi pazienti preceden-temente trattati con clopidogrel, pazienti trattati con una strategia non invasiva e pazienti con STEMI.

In termini di casi totali di emorragia grave non è stata riscontrata alcuna differenza con ticagrelor, trattamento che è stato però associato a signifi cativi incrementi rispettivamente del 19% delle emorragie gravi nei pazienti non sottoposti a CABG ( P = 0,03) e dell’11% considerando la sommatoria dei sanguinamenti gravi e minori. Gli episodi di dispnea e di pause ventricolari superiori ai cinque secondi si sono verifi cati

più frequentemente nei pazienti trattati con ticagrelor rispetto a quelli trattati con clopidogrel.

I ricercatori dello studio PLATO hanno calcolato che se 1.000 pazienti ospedalizzati con SCA e trattati con ticagrelor e ASA fossero messi a confronto con un gruppo simile di pazienti trattati con clopidogrel e ASA, ci sarebbero 14 morti in meno, 11 IM in meno e dai 6 agli 8 casi in meno di trombosi intrastent, con la conversione di 9 pazienti al tratta-mento con tienopiridina a causa della dispnea. Dato che il ticagrelor è un agente reversibile, la terapia con tale farmaco potrebbe essere ini-ziata al ricovero al pronto soccorso e continuata sia nei pazienti gestiti farmacologicamente sia in quelli destinati a PCI, con la possibilità di interromperla 48-72 ore prima dell’intervento di CABG.

INIBITORI DELLA GLICOPROTEINA IIb/IIIa . Questi farmaci bloc-cano la via fi nale comune dell’aggregazione piastrinica, ossia il legame crociato delle piastrine mediato dal fi brinogeno (si veda Fig. 56.7 ). Gli inibitori della GP IIb/IIIa interferiscono con l’aggregazione piastrinica indotta da qualsiasi tipo di stimolo (ad es. trombina, ADP, collagene, serotonina). Attualmente sono disponibili tre agenti di questa classe: abciximab, un anticorpo monoclonale approvato soltanto nei pazienti

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RAPPORTO EFFICACIA-SICUREZZA

Clopidogrel

Prasugrel

Prasugrel

Clopidogrel

Morte CV/IM/ictus

Sanguinamenti gravi TIMIin pazienti non CABG

12,1

9,9

2,41,8

↓ 138eventi

HR 0,81(0,73-0,90)P = 0,0004NNT = 46

↑ 35 eventiHR 1,32

(1,03-1,68)P = 0,03

NNH = 167

A

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%)

GIORNI

TROMBOSI INTRASTENT(STABILITA + PROBABILE SECONDO ARC)

Clopidogrel

Prasugrel

Qualsiasi stent al PCI indice(N = 12.844)

B

↓ 74 eventi

2,4(142)

1,1(68)

HR 0,48P <0,0001

NNT = 77

FIGURA 56.12 A. Confronto di effi cacia (in alto) e sicurezza (in basso) nello studio TRITON-TIMI 38, che ha messo a paragone il prasugrel con il clopidogrel nei pazienti con SCA sottoposti a PCI. HR = hazard ratio; NNH = numero di pazienti da trattare per osservare un evento avverso (sanguina-mento grave TIMI); NNT = numero di pazienti da trattare per evitare un evento dell’endpoint primario. (Da Wiviott SD, Braunwald E, McCabe CH, et al.: Prasugrel vs clopidogrel in patients with acute coronary syndromes. N Engl J Med 357:2001, 2007.) B. Confronto tra prasugrel e clopidogrel nello sviluppo di trombosi intrastent. ARC = Academic Research Consortium. (Modifi cata da Wiviott SD, Braunwald E, McCabe CH, et al.: Intensive oral antiplatelet therapy for reduction of ischaemic events including stent thrombosis in patients with acute coronary syndromes treated with percutaneous coronary intervention and stenting in the TRITON-TIMI 38 trial: A subanalysis of a randomised trial. Lancet 371:1356, 2008.)

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sottoposti a PCI, eptifi batide e tirofi ban (inibitori a piccole molecole). Ognuno di questi tre agenti viene somministrato mediante bolo endo-venoso seguito da infusione continua. L’azione di blocco recettoriale esercitata dalle piccole molecole e il rischio di sanguinamento associa-to calano immediatamente in seguito all’interruzione dell’infusione.

Diversi studi hanno dimostrato un benefi cio in seguito all’inibizione della GP IIb/IIIa nella gestione dei pazienti con UA/NSTEMI. 92 Il tirofi ban somministrato in associazione con eparina e ASA ha ridotto in maniera si-gnifi cativa il tasso di mortalità, di IM o di ischemia refrattaria a sette giorni se confrontato con il regime eparina più ASA. In uno studio condotto su 10.948 pazienti, anche l’eptifi batide ha signifi cativamente ridotto il tasso di mortalità o di IM a 30 giorni. Tuttavia, l’utilizzo di abciximab nei pazienti con UA/NSTEMI per i quali fosse stata pianifi cata una strategia inizial-mente conservativa non ha offerto alcun benefi cio ed è stato associato a una mortalità precoce più elevata. Complessivamente, nella metanalisi, il benefi cio dell’inibizione della GP IIb/IIIa ha comportato una signifi cativa riduzione relativa del 9% della mortalità o di IM a 30 giorni. 92

Stratifi cazione del rischio e terapia con inibitori della GP IIb/IIIa

Il benefi cio conseguente all’inibizione della GP IIb/IIIa sembra essere maggiore nei pazienti a rischio elevato con UA/NSTEMI, come quelli con modifi cazioni del tratto ST o elevate concentrazioni di troponina e nei diabetici. 93,94 Questi sottogruppi esibiscono un maggior quantitativo di materiale trombotico alla coronarografi a e pertanto sono a rischio più elevato di embolizzazione nel microcircolo a distanza. Il vantaggio dell’inibizione della GP IIb/IIIa è stato confermato anche in caso di pretrattamento con clopidogrel 93 ed è stato osservato nei pazienti a rischio elevato indipendentemente dalla rivascolarizzazione.

Sicurezza

In una metanalisi su studi controllati con placebo, i tassi di emorragia grave sono risultati signifi cativamente più elevati nei pazienti trattati con inibitori della GP IIb/IIIa (2,4% rispetto all’1,4% del placebo). 92 La percentuale di trombocitopenia grave ( < 50.000/ mm 3 ) è stata dello 0,5% circa nei pazienti trattati con un inibitore della GP IIb/IIIa e con eparina, rispetto allo 0,3% in quelli che ricevevano soltanto eparina. La trombocitopenia è stata associata sia ad aumento del sanguinamento sia a eventi trombotici ricorrenti, evidenze che indicano la necessità di monitorare la conta piastrinica quotidianamente nel corso dell’infusio-ne degli inibitori della GP IIb/IIIa.

SCELTA DEL MOMENTO OPPORTUNO PER L’INIBIZIONE DELLA GP IIb/IIIa . Sul momento opportuno per la somministrazione di inibitori della GP IIb/IIIa l’opinione è divisa. Alcuni sostengono che il trattamento debba essere avviato al momento del ricovero, mentre altri si riservano di utilizzare tali farmaci nel corso del PCI. Le linee guida ACC/AHA hanno indicato che entrambe le strategie sono accettabili. 2

Tre studi hanno esaminato la questione. Nello studio ACUITY (Acu-te Catheterization and Urgent Intervention Triage Strategy) i pazienti sono stati randomizzati al trattamento con un inibitore della GP IIb/IIIa (eptifi batide o tirofi ban) al pronto soccorso o nella sala di emodinamica. Quanto all’outcome primario non sono state osservate diff erenze tra le due strategie. 95

Lo studio EARLY ACS, un trial a doppio cieco condotto su 9.492 pa-zienti, ha confrontato la doppia dose standard precoce di eptifi batide (“upstream”), cominciando il trattamento immediatamente dopo l’ospe-dalizzazione, con un braccio di controllo con eptifi batide temporaneo somministrato appena prima del PCI a discrezione del medico. L’uso della terapia standard precoce con eptifi batide non si è dimostrata superiore alla somministrazione tardiva temporanea, ma è stata associata a un au-mento signifi cativo dei casi di sanguinamento grave. 94 Lo studio BRIEF 96 ha confrontato un’infusione standard di 18 ore di eptifi batide con un’infu-sione ridotta, della durata inferiore a due ore. Non sono state riscontrate diff erenze signifi cative tra i due gruppi di trattamento sotto il profi lo degli eventi ischemici, anche se i sanguinamenti sono stati signifi cativamente inferiori nel gruppo a infusione più breve. Considerati nell’insieme, questi studi suggeriscono che un bolo e, verosimilmente, l’infusione per breve periodo dell’eptifi batide iniziata appena prima del PCI possano diventare il trattamento di elezione nei casi di UA/NSTEMI trattati con strategia invasiva (si veda il paragrafo “Strategie di trattamento e interventi”).

Anticoagulanti Oltre alla terapia antiaggregante, come descritto in precedenza, nei pazienti con UA/NSTEMI si dovrebbe somministrare il prima possibile dall’esordio anche un anticoagulante.

EPARINA . L’anticoagulazione, tradizionalmente con l’eparina non frazionata (UFH), è stata un caposaldo della terapia dei pazienti con UA/NSTEMI. 97 Una metanalisi ha documentato una riduzione del 33% della mortalità o degli IM con un regime UFH più acido acetilsalicilico rispetto all’acido acetilsalicilico in monoterapia. 98 Si ritiene che la variabilità degli effetti anticoagulanti dell’UFH, che è comune, derivi dall’eterogeneità dell’UFH e dalla neutralizzazione dell’eparina da parte di fattori plasmatici circolanti e proteine rilasciate dalle piastrine attivate. 99 Il monitoraggio della risposta anticoagulante mediante il tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT) è raccomandato con titolazioni eseguite secondo un nomogramma standardizzato, con lo scopo di raggiungere un APTT compreso tra 50 e 70 secondi o un valore pari a 1,5-2,5 volte il parametro di riferimento ( Tab. 56.4 ). Sulla base dei dati disponibili, le linee guida ACC/AHA 2 raccomandano una dose di eparina corretta per il peso (bolo di 60 unità/kg e infusione di 12 unità/kg/ora) associata a monitoraggio frequente dell’APTT (ogni 6 ore fi no alla concentrazione bersaglio e, successivamente, ogni 12-24

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STIMA K-M DELL’INTERVALLO DI TEMPOAL PRIMO EVENTO DI EFFICACIA PRIMARIA

(OUTCOME COMPOSITO DI MORTE CV, IM O ICTUS)

FIGURA 56.13 L’endpoint primario dello studio PLATO – un endpoint compo-sito di morte per cause cardiovascolari (CV), infarto miocardico (IM) o ictus – si è verifi cato con una frequenza signifi cativamente minore nel gruppo trattato con ticagrelor rispetto al gruppo clopidogrel (9,8% vs 11,7% a 12 mesi; HR, 0,84; IC al 95%, 0,77-0,92; P < 0,001). K-M = Kaplan-Meier; HR = hazard ratio; IC = intervallo di confi denza. (Da Wallentin L, Becker R, Budaj A, et al.: Ticagrelor vs clopidogrel in patients with acute coronary syndromes. N Engl J Med 361:1045, 2009.)

TABELLA 56.4 Nomogramma standardizzatoper la titolazione dell’eparina *

APTT (S) † MODIFICAZIONEINFUSIONE EV (UNITÀ/KG/ORA)

< 35 Bolo di 70 unità/kg + 3

35-49 Bolo di 35 unità/kg + 2

50-70 0 0

71-90 0 − 2

> 100 Mantenere l’infusione per 30 min − 3

* Dose iniziale: bolo di 60 unità/kg e infusione di 12 unità/kg/ora. † Il tempo di tromboplastina parziale attivata (APTT) deve essere controllato e l’infusione

corretta a 6, 12 e 24 ore dall’inizio dell’eparina, poi quotidianamente e 4-6 ore dopo ogni correzione del dosaggio.

Da Becker RC, Ball SP, Eisenberg P, et al.: A randomized, multicenter trial of weight-adjusted intravenous heparin dose titration and point-of-care coagulation monitoring in hospitalized patients with active thromboembolic disease. Am Heart J 137:59, 1999.

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1236ore) e a un aggiustamento della dose, se necessario. Gli effetti avversi comprendono il sanguinamento, soprattutto quando l’APTT risulta elevato, e la trombocitopenia eparina-indotta, che diventa più frequente in caso di trattamenti di lunga durata ( Cap. 87 ). 100

Eparine a basso peso molecolare

Queste forme di eparina sono state ampiamente studiate come strumen-ti in grado di migliorare le capacità anticoagulanti dell’UFH. Le LMWH associano l’inibizione dei fattori IIa e Xa e presentano diversi potenziali vantaggi rispetto all’UFH: (1) la loro maggiore attività anti-fattore Xa ini-bisce la formazione di trombina in maniera più effi cace; (2) le LMWH inducono inoltre un rilascio più elevato di inibitore della via del fattore tissutale rispetto a quanto faccia l’UFH, e questo non viene neutralizzato dal fattore piastrinico 4 101 ; (3) le LMWH causano una percentuale di casi di trombocitopenia inferiore rispetto all’UFH 100 ; (4) l’elevata biodisponi-bilità delle LMWH ne consente la somministrazione sottocutanea; (5) le LMWH si legano alle proteine plasmatiche con minore avidità rispetto all’UFH e possiedono pertanto un effetto anticoagulante più consistente. Il monitoraggio del grado di anticoagulazione non è necessario. In caso di sanguinamento, tuttavia, la protamina non è in grado di contrastare l’effetto anticoagulante dell’LMWH con la stessa effi cacia dimostrata nei confronti dell’UFH. Le LMWH, inoltre, risentono in maggiore misura di eventuali disfunzioni renali rispetto all’UFH; si deve pertanto consi-derare una riduzione della dose in pazienti con una clearance della creatinina < 30 mL/min. La dose standard di enoxaparina è 1 mg/kg per via sottocutanea ogni 12 ore; il dosaggio giornaliero diventa unico nei pazienti con clearance della creatinina < 30 mL/min.

L’LMWH, quando somministrata in associazione ad ASA, si è dimo-strata effi cace rispetto all’ASA in monoterapia, determinando una ri-duzione del 66% delle probabilità di morte o di IM. 98 Studi preliminari con enoxaparina hanno mostrato una riduzione del 20% di mortalità, IM o ischemia ricorrente rispetto all’UFH. 102 In due studi più recenti, l’enoxaparina si è dimostrata non inferiore rispetto all’UFH. 103,104 In una metanalisi su tutti gli studi compiuti in pazienti con SCA, l’enoxaparina ha prodotto una riduzione statisticamente signifi cativa del 16% delle probabilità di morte o di IM a 30 giorni. 102 L’enoxaparina fornisce un benefi cio signifi cativo rispetto all’UFH nei pazienti con UA/NSTEMI che vengono gestiti in modo conservativo e ai quali viene tipicamente somministrata UFH o LMWH per almeno 48 ore, ma non nei pazienti gestiti in maniera invasiva che vengono avviati al cateterismo coronaro-grafi co entro 24 ore. 105 Il trattamento con enoxaparina è stato associato a un eccesso di emorragie gravi rispetto all’UFH. 102 Benché siano stati approvati diversi tipi di LMWH, le evidenze depongono a favore dell’uso dell’enoxaparina. 2

FONDAPARINUX . Il fondaparinux, un pentasaccaride sintetico, è un inibitore indiretto del fattore Xa e necessita della presenza dell’an-titrombina per agire. Lo studio OASIS-5 ha confrontato il fondaparinux, somministrato a dosaggio relativamente basso (2,5 mg per via sottocu-tanea una volta al giorno), con un dosaggio standard di enoxaparina in 20.078 pazienti a elevato rischio di UA/NSTEMI. I tassi di mortalità, di IM o di ischemia refrattaria per i primi nove giorni di trattamento sono stati simili. 106 È però importante notare che il tasso di sanguinamento grave è stato signifi cativamente minore – quasi della metà – nel brac-cio fondaparinux (2,2% vs 4,1%), così come la mortalità a 30 giorni (2,9% vs 3,5%). Nei pazienti sottoposti a PCI, tuttavia, il fondaparinux è stato associato a un aumento di tre volte del rischio di trombosi catetere-correlata, una complicanza osservata anche nei pazienti con STEMI trattati con fondaparinux. 107 Una dose supplementare di UFH al momento del cateterismo sembra ridurre al minimo il rischio di tale problematica con il fondaparinux. Quest’ultimo, dunque, nei pazienti con UA/NSTEMI costituisce un’alternativa associata a un rischio minore di sanguinamento e raccomandata, in particolar modo, nei pazienti a elevato rischio di emorragia. 2

INIBITORI DIRETTI DELLA TROMBINA . Gli inibitori diretti della trombina hanno un vantaggio potenziale sugli inibitori indiretti della trombina, come l’UFH, l’LMWH e il fondaparinux, nel senso che non necessitano della presenza dell’antitrombina e possono inibire la trombina legata al coagulo. Essi non interagiscono con le proteine plasmatiche, forniscono un livello stabile di anticoagulazione e non provocano trombocitopenia. Una

metanalisi compiuta su tutti gli inibitori diretti della trombina, compresi l’irudina, la bivalirudina, l’argatroban, l’efegatran o l’inogatran (questi ul-timi non disponibili in Italia), ha mostrato una modesta riduzione (del 9%) della mortalità o dell’IM a 30 giorni, fornendo dunque evidenza a favore dell’inibitore diretto della trombina rispetto all’eparina non frazionata. 108 L’unica attuale indicazione approvata dalla Food and Drug Administration per lepirudina e argatroban è l’anticoagulazione nei pazienti con trombo-citopenia eparina-indotta e associata a patologia tromboembolica.

La bivalirudina si lega reversibilmente alla trombina. Lo studio in aperto ACUITY ha selezionato 13.819 pazienti con UA/NSTEMI gestiti con strategia invasiva precoce per randomizzarli a uno dei seguenti tre trattamenti: (1) UFH o enoxaparina con o senza un inibitore della GP IIb/IIIa, (2) bivalirudina con un inibitore della GP IIb/IIIa e (3) bivalirudina da sola. L’endpoint primario consisteva in un outcome composito di morte, IM, rivascolarizzazione imprevista per ischemia e grave sanguinamento a 30 giorni. 109 Dal confronto diretto degli anticoagulanti – ossia dal confronto di UFH o enoxaparina più un inibitore della GP IIb/IIIa e bivalirudina più un inibitore della GP IIb/IIIa – non è emersa alcuna diff erenza in termini di effi cacia o di sanguinamento grave. Nel confronto tra il gruppo trattato con bivalirudina in monoterapia e il gruppo trattato con UFH o enoxaparina più un inibitore della GP IIb/IIIa non è stata rilevata alcuna diff erenza sotto il profi lo dell’effi cacia, ma si è riscontrato un tasso signifi cativamente minore di sanguinamento (3,0% vs 5,7%) con bivalirudina in monoterapia. 109 L’uti-lizzo della bivalirudina in sostituzione dell’UFH o dell’enoxaparina come anticoagulante in pazienti in trattamento supplementare con inibitori della GP IIb/IIIa non ha dunque modifi cato gli esiti di effi cacia o di sicurezza, ma la somministrazione della bivalirudina da sola (senza inibitore della GP IIb/IIIa) è stata associata a minori casi di sanguinamento rispetto alla combinazione di un inibitore della GP IIb/IIIa con UFH o con enoxaparina. Lo studio ISAR-REACT 3 110 ha messo a confronto l’UFH con la bivalirudina in pazienti che avevano ricevuto 600 mg di clopidogrel. Il ridotto tasso di sanguinamento grave con bivalirudina è stato ampiamente controbilan-ciato da un incremento degli eventi ischemici.

ANTICOAGULANTI ORALI . Diversi studi hanno analizzato l’anticoagulazio-ne orale con warfarin dopo SCA, partendo dall’assunto che il trattamento prolungato possa estendere il benefi cio di un’anticoagulazione precoce mediante un agente antitrombinico per via parenterale. Tali studi sugge-rivano la possibilità, qualora fosse stato raggiunto un grado suffi ciente di anticoagulazione, di ottenere un vantaggio dall’associazione di ASA più warfarin. 111,112 Nello studio WARIS, pazienti con storia di SCA nelle precedenti otto settimane sono stati randomizzati a warfarin in monote-rapia (International Normalized Ratio [INR] target da 2,8 a 4,2), ad ASA in monoterapia (160 mg/die) o ad acido acetilsalicilico (80 mg/die) associato a warfarin (INR target 2,0). 111 Nel corso del follow-up di quattro anni, il de-cesso, l’IM o l’ictus tromboembolico si sono verifi cati nel 20% dei pazienti in terapia con ASA da sola, nel 16,7% dei pazienti in terapia con warfarin da solo ( P = 0,03) e nel 15% dei pazienti in terapia con warfarin più ASA ( P = 0,001). I tassi di sanguinamento grave sono stati dello 0,62% per anno di trattamento per entrambi i gruppi in terapia con warfarin e dello 0,17% nei pazienti in terapia con ASA ( P < 0,001). Quindi, la combinazione ASA più warfarin si è dimostrata più effi cace rispetto all’acido acetilsalicilico in monoterapia nella prevenzione secondaria a lungo termine, ma è stata associata a un aumento dei casi di sanguinamento grave.

Tuttavia, dati i benefi ci simili osservati con clopidogrel e warfarin in as-sociazione ad ASA, data la mancanza dell’obbligo di monitoraggio dell’INR e dato il frequente ricorso al PCI e all’impianto di stent nella popolazione di pazienti in cui l’utilizzo del clopidogrel è ben documentato, l’uso clinico di ASA più warfarin resta limitato. Tra i pazienti senza stent coronarico ma con un’altra indicazione al warfarin, come la fi brillazione atriale cronica o la disfunzione ventricolare sinistra grave, che sono a rischio elevato di embolizzazione sistemica, la combinazione ASA più warfarin sarebbe da preferire come strategia antitrombotica a lungo termine. La combinazione di tutti e tre gli agenti (ASA, clopidogrel e warfarin) a oggi non è stata valutata su base prospettica, ma può essere associata a un elevato rischio emorragico nel corso della terapia a lungo termine. L’utilizzo di tale com-binazione talvolta è necessario dopo impianto di stent nei pazienti con UA/NSTEMI con fi brillazione atriale o con altre forti indicazioni al warfarin. In tali pazienti, si raccomanda di utilizzare l’acido acetilsalicilico a basso dosaggio (da 75 a 81 mg/die), warfarin (titolato meticolosamente a un INR compreso tra 2,0 e 2,5) e clopidogrel solo per il periodo di tempo indicato a seconda del tipo di stent impiantato. 2

INIBITORI DEL FATTORE X A . Attualmente sono oggetto di studio di fase III due potenti inibitori diretti orali del fattore Xa con elevata biodisponibilità. Nello studio ATLAS ACS-TIMI 46, uno studio dose-fi nding di fase II con riva-roxaban, l’aggiunta di tale farmaco all’ASA nei pazienti con recente SCA 113 è stata associata a una signifi cativa riduzione del 31% degli endpoint “duri” di mortalità, di IM e di ictus, ma a un aumento del sanguinamento. Nello studio APPRAISE, eseguito con apixaban (a breve disponibile in Italia; un

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inibitore del fattore Xa con caratteristiche simili a quelle del rivaroxaban), sono stati osservati un incremento dose-correlato del sanguinamento e una tendenza verso la riduzione degli eventi ischemici. 114 In entrambi gli studi, la riduzione degli eventi ischemici è sembrata essere maggiore con l’associazione ASA più un inibitore del fattore Xa, mentre i casi di san-guinamento sono stati più numerosi nel gruppo in triplice terapia (ASA, clopidogrel e inibitore del fattore Xa).

Gli studi di fase III in atto chiariranno il ruolo clinico di questa classe terapeutica.

ANTAGONISTI DEL RECETTORE ATTIVATO DALLE PROTEASI (PAR-1) . La trom-bina stimola in modo potente le piastrine attivando il PAR-1. L’inibitore del recettore della trombina vorapaxar (non disponibile in Italia) è capace di bloccare tale interazione. 115-117 Questo antagonista del recettore della trom-bina è stato testato in uno studio di fase II in pazienti sottoposti a PCI, dimo-strando una tendenza a una minore incidenza di morte o di IM ma senza un aumento del sanguinamento. 118 Attualmente è in studio in due grandi trial di fase III: il primo, ossia lo studio TRACER (Thrombin Receptor Antagonist for Clinical Events Reduction) coinvolge pazienti con storia recente di SCA; il secondo è condotto su pazienti con CAD cronica. 119

Strategie di trattamento e interventi Esistono due approcci generali all’impiego del cate-terismo cardiaco e della rivascolarizzazione nell’UA/NSTEMI: (1) una strategia invasiva precoce, che im-piega il cateterismo cardiaco precoce seguito da PCI, CABG o la prosecuzione della terapia medica, a seconda dell’anatomia coronarica; (2) un approccio più conservativo , la cui gestione iniziale è di tipo me-dico, mentre il cateterismo viene riservato ai pazienti con ischemia ricorrente a riposo o nel corso di un test da sforzo a cui può seguire, se l’anatomia è ido-nea, la rivascolarizzazione. A oggi, i vantaggi relativi di queste due strategie sono stati studiati in 10 trial randomizzati. I primi tre e lo studio più recente non hanno dimostrato una differenza signifi cativa; tuttavia, sei studi hanno evidenziato un benefi cio signifi cativo con la terapia invasiva precoce ( Fig. 56.14 ). 119-121

Nello studio FRISC II, il braccio conservativo presen-tava un’elevata soglia per il cateterismo, pertanto è

stata osservata un’ampia diff erenza in termini di tasso di rivascolarizzazio-ne tra la strategia di tipo invasivo e quella di tipo conservativo. Nel corso del follow-up di cinque anni, la mortalità per tutte le cause o l’incidenza di IM è stata più bassa, mentre la mortalità si è ridotta signifi cativamente nei pazienti a rischio elevato al basale ma non in quelli a basso rischio. 122

Nello studio TACTICS-TIMI 18 il tasso di mortalità, di IM o di riospedaliz-zazione per SCA a sei mesi (endpoint primario) è calato signifi cativamente, dal 19,4% del gruppo conservativo al 15,9% del gruppo invasivo precoce. 15 Nei pazienti con livello di troponina I > 0,1 ng/mL è stata osservata una signifi cativa riduzione del 39% del rischio relativo nell’endpoint primario con la strategia invasiva vs quella conservativa, mentre i pazienti con troponina negativa hanno avuto esiti simili con entrambe le strategie ( Fig. 56.15 ). Con il punteggio di rischio TIMI la strategia invasiva precoce è risultata signifi cativamente vantaggiosa nei pazienti a rischio intermedio (punteggio da 3 a 4) e nei pazienti ad alto rischio (da 5 a 7), mentre i pa-zienti a basso rischio (da 0 a 2) hanno presentato esiti simili con entrambe

Decessi (n)

Invasiva

45

3

37

2

102

0

15

Conservativa

67

9

39

9

132

3

15

Follow-up(mesi)

24

12

6

6

60

1

12

Studio

FRISC-II

TRUCS

TIMI-18

VINO

RITA-3

ISAR-COOL

ICTUS

0,1 1 10A favore

della terapiainvasiva precoce

RR globale (IC al 95%) 0,75 (0,63-0,90)

A favoredella terapiaconservativa

FIGURA 56.14 Metanalisi che dimostra il benefi cio off erto dalla strategia invasiva standard rispetto a quella invasiva “selettiva” (conservativa) nei pazienti con angina instabile o NSTEMI in termini di tasso di mortalità, di infarto miocardico o di riospedalizzazione nel corso del follow-up. FRISC-II = Fragmin and Fast Revascularization During Instability in Coronary Artery Disease; ICTUS = Invasive Versus Conservative Treatment in Unstable Coronary Syndromes; ISAR-COOL = Intracoronary Stenting With Antithrombotic Regimen Cooling-Off ; RITA-3 = Randomized Intervention Trial of Unstable Angina; RR = rischio relativo; TACTICS-TIMI 18 = Treat Angina With Ag-grastat and Determine the Cost of Therapy With an Invasive or Conservative Strategy-Thrombolysis in Myocardial Infarction; TRUCS = Treatment of Refractory Unstable Angina in Geographically Isolated Areas Without Cardiac Surgery; VINO = Value of First Day Coronary Angiography/Angioplasty in Evolving Non-ST-Segment Elevation Myocardial Infarction. (Da Bavry AA, Kumbhani DJ, Rassi AN, et al.: Benefi t of early invasive therapy in acute coronary syndromes: A meta-analysis of contemporary randomized clinical trials. J Am Coll Cardiol 48:1319, 2006.)

CONS

INV

30

0

5

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TNT –

%

P = NS

14,516,9

TNT +

P <0,001

Morte, IM, Riospedalizzazione per SCA a 6 mesi

24,2

14,8*

30

0

5

10

15

20

25

Nessunamodificazione ST

P = NS

15,3 15,6

ModificazioniST

P <0,00126,3

16,4*

FIGURA 56.15 Stratifi cazione del rischio in funzione della troponina (TnT) o delle modifi cazioni del tratto ST per determinare il benefi cio ottenuto con una strategia invasiva precoce (INV) rispetto a una strategia conservativa (CONS) nello studio TACTICS-TIMI 18. (Da Cannon CP, Weintraub WS, Demopoulos LA, et al.: Comparison of early invasive and conservative strategies in patients with unstable coronary syndromes treated with the glycoprotein IIb/IIIa inhibitor tirofi ban. N Engl J Med 344:1879, 2001.)

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1238le strategie 15 (si veda Fig. 56.6B ). È interessante notare che la strategia invasiva ha anche avuto un buon profi lo di costo-effi cacia, con un costo stimato per anno di vita guadagnato di 12.739 dollari, come riscontrato nello studio TACTICS-TIMI 18. 123

Anche lo studio RITA-3 ha dimostrato un benefi cio della strategia invasiva precoce, con una riduzione re-lativa del 34% degli endpoint primari di morte, IM o di angina refrattaria a quattro mesi; tale benefi cio è stato conferito principalmente da una riduzione dell’angi-na refrattaria. A cinque anni è stata documentata una signifi cativa riduzione del tasso di mortalità cardiova-scolare nel braccio invasivo precoce. 124 Nello studio più recente (ICTUS) che ha esaminato un approccio inva-sivo rispetto a uno conservativo, tutti i pazienti hanno ricevuto ASA, enoxaparina e abciximab per PCI, seguiti da una terapia con statine ad alte dosi. A un anno non è stata rilevata alcuna diff erenza signifi cativa nel tasso degli endpoint primari – decesso, IM o riospedalizzazio-ne per angina. 125 In questo studio è stata impiegata una soglia molto bassa per la defi nizione di IM periprocedu-rale, pertanto si è verifi cato un tasso molto più elevato di IM periprocedurale rispetto agli studi precedenti, il che ne spiega, almeno in parte, i risultati contrastanti. Anche nello studio ICTUS, tuttavia, il rischio di riospe-dalizzazione è stato significativamente inferiore nel braccio invasivo. Una metanalisi degli studi più recenti ha confer-

mato una signifi cativa riduzione complessiva della mortalità, dell’IM o della riospedalizzazione e della mortalità nel corso del follow-up (si veda Fig. 56.14 ). 121 Una metanalisi collaborativa sesso-specifi ca ha dimostrato il benefi cio di una strategia invasiva in tutti i pazienti maschi e nelle pazienti femmine a rischio ele-vato, ma non nelle donne a basso rischio, in accordo con le linee guida del 2007 120 ( Fig. 56.16 ; si veda Fig. 81.6 ). Le analisi dei sottogruppi di registri e di studi clinici hanno dimostrato il vantaggio di una strategia invasiva precoce tra le donne, 120 gli anziani 126 e i pazienti con insuffi -cienza renale cronica 127 – gruppi che hanno meno probabilità di essere sottoposti a coronarografi a precoce.

Indicazioni per le strategie di gestione invasive vs conservative Sulla base di diversi studi randomizzati e metanalisi eseguiti di recente, la strategia invasiva precoce risulta essere attualmente raccomandata nei pazienti con UA/NSTEMI che presentano modifi cazioni del tratto ST o positività per la troponina al ricovero o che sviluppano tali ca-ratteristiche di rischio elevato nel corso delle successive 24 ore. Altri indicatori di rischio elevato, come l’ischemia ricorrente o l’evidenza di insuffi cienza cardiaca congestizia, rappresentano ulteriori indicazioni a una strategia invasiva precoce. Viene inoltre consigliata una strategia invasiva precoce nei pazienti che sviluppano UA/NSTEMI entro sei mesi da una precedente PCI e in quelli in cui la causa della SCA possa essere la restenosi. Un approccio invasivo precoce è indicato anche nei pazienti interessati da UA/NSTEMI con pregresso CABG. 2

Lo studio ISAR-COOL (Intracoronary Stenting with Antithrombotic Regimen Cooling-Off) ha riscontrato che l’avvio di una strategia invasiva immediata con un tempo medio di sole due ore tra la randomizzazione e il cateterismo offre un benefi cio rispetto alla strategia invasiva ritardata, nella quale il tempo medio intercorso prima del cateterismo è stato di quattro giorni. 128 Lo studio TIMACS ha confrontato l’angiografi a precoce (mediana = 14 ore dalla randomizzazione) con quella tardiva (media-na = 50 ore dalla randomizzazione), 129 dimostrando un trend verso la riduzione dell’endpoint primario nei pazienti con punteggio GRACE elevato. L’angiografi a precoce è stata inoltre associata a una signifi cativa riduzione del 28% dell’endpoint secondario di mortalità, IM e ischemia refrattaria. Entrambi gli studi hanno fornito evidenze a sostegno della stra-tegia invasiva molto precoce, soprattutto nei pazienti a rischio elevato.

INTERVENTO CORONARICO PERCUTANEO (PCI) ( Cap. 58 ). Gli attuali tassi di successo del PCI sono elevati, in genere > 95%, benché la presenza dell’UA/NSTEMI o la visualizzazione di un trombo possano incrementare il rischio di complicanze acute, come l’occlusione improvvisa e l’IM. In

tali pazienti, pertanto, l’utilizzo degli inibitori della GP IIb/IIIa o di una tienopiridina (clopidogrel o prasugrel) migliora sia gli esiti acuti sia quelli a lungo termine dopo PCI. L’impianto di stent medicati riduce il rischio di restenosi, ma la procedura implica un rischio di trombosi intrastent tardiva, soprattutto in caso di sospensione del clopidogrel. Nei pazienti trattati con tale modalità, questa grave complicanza può essere ridotta con la duplice terapia antiaggregante (ossia ASA in associazione con una tienopiridina) a lungo termine (almeno un anno o anche più a lungo).

INTERVENTO CORONARICO PERCUTANEO VS BYPASS AORTOCORONARICO . Di-versi studi hanno confrontato PCI e CABG in pazienti con cardiopatia ischemica cronica, molti dei quali con diagnosi di UA/NSTEMI ( Cap. 58 ). Sulla base dei risultati, il CABG risulta essere raccomandato nei pazienti con malattia del tronco comune, oltre che nei soggetti con malattia multivasale e con disfunzione ventricolare sinistra o diabete mellito. Quanto agli altri pazienti trattati in maniera invasiva, di norma si ricorre al PCI se l’anatomia coronarica risulta idonea; in caso contrario, il CABG diventa il trattamento di scelta. Il PCI si associa a morbilità e mortalità iniziali lievemente infe-riori rispetto al CABG, ma richiederà probabilmente la ripetizione della procedura in futuro.

Altre terapie INIBITORI DELL’ENZIMA DI CONVERSIONE DELL’ANGIOTEN-SINA E ANTAGONISTI DEL RECETTORE DELL’ANGIOTENSI-NA . Grandi trial hanno documentato un benefi cio dello 0,5% in termini di mortalità assoluta in caso di terapia precoce (iniziata entro 24 ore) con l’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) nei pazienti con IM acuto. Lo studio ISIS-4, tuttavia, non ha dimostrato alcun vantaggio nei pazienti senza sopraslivellamento del tratto ST. 49 L’utilizzo a lungo termine di ACE-inibitori previene gli eventi ischemici ricorrenti e la mortalità ( Cap. 55 ). Gli antagonisti del recettore dell’angiotensina (ARB) possono sostituire gli ACE-inibitori sulla base dello studio VALIANT (Valsartan in Acute Myocardial Infarction Trial), che ha dimostrato esiti equivalenti nei pazienti post-IM trattati con l’ACE-inibitore captopril e l’ARB valsartan. 130 Gli ARB sono indubbiamente indicati nei pazienti che non riescono a tollerare gli ACE-inibitori.

TERAPIA IPOLIPEMIZZANTE . Il trattamento a lungo termine con la terapia ipolipemizzante, soprattutto con le statine, si è dimostrato benefi co nei pazienti che hanno avuto IM acuto e UA/NSTEMI ( Capp. 47 e 55 ). 131 In un sottogruppo prespecifi cato di oltre 3.200 pazienti con angina instabile coinvolte nello studio LIPID (Long-Term Intervention with Pravastatin in Ischemic Disease) la terapia con pravastatina ha comportato una riduzione signifi cativa del 26% della mortalità totale. 132 Sono stati inoltre descritti benefi ci prognostici a lungo termine rispetto

0,2 1,0 5,0

A favoredella strategia

invasiva

A favoredella strategiaconservativa

Numero OR (IC al 95%) Interazionedella P

DONNE

UOMINI

CK-MB o troponina +

CK-MB o troponina −

CK-MB o troponina +

CK-MB o troponina −

1.545

1.487

4.597

2.377

0,73 (0,57-0,93)

0,95 (0,64-1,42)

0,71 (0,52-0,97)

0,77 (0,58-1,02)

0,27

0,70

Randomizzazione alla fine del follow-up a lungo termine

FIGURA 56.16 Metanalisi relativa al benefi cio off erto da una strategia invasiva standard rispetto a una strategia “selettiva” (conservativa) nei pazienti con angina instabile o NSTEMI in termini di tasso di mortalità, di infarto miocardico o di riospedalizzazione nel corso del follow-up, con distinzione per sesso. (Da O’Donoghue M, Boden WE, Braunwald E, et al.: Early invasive vs. conservative treatment strategies in women and men with unstable angina and non-ST-segment elevation myocardial infarction. A meta-analysis. JAMA 300:71, 2008.)

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al placebo quando la somministrazione di statine viene avviata in ospedale nel corso di una SCA. 133

Nello studio PROVE IT-TIMI 22, condotto su 4.162 pazienti arruolati mediamente entro 10 giorni dalla SCA, la terapia ipolipemizzante in-tensiva con atorvastatina 80 mg ha determinato una riduzione del 16% dell’endpoint primario e una riduzione del 25% della mortalità, dell’IM o della rivascolarizzazione urgente rispetto alla terapia ipolipemizzante moderata con pravastatina (40 mg). 134 Un benefi cio è emerso soltan-to a 30 giorni dalla randomizzazione, 135 sottolineando l’importanza di avviare precocemente la terapia intensiva con statina dopo SCA ( Fig. 56.17 ). Le concentrazioni medie delle lipoproteine a bassa densità (LDL) ottenute nei due bracci sono state rispettivamente pari a 62 mg/dL e 95 mg/dL. In parte sulla base di tali risultati, l’Adult Treatment Panel III del National Cholesterol Education Program ha rilasciato un aggior-namento in cui si raccomanda un nuovo target terapeutico opzionale per le LDL < 70 mg/dL nei pazienti a rischio elevato con cardiopatia ischemica cronica, come quelli con storia di SCA. 136

Dopo lo studio PROVE IT-TIMI 22, sono stati pubblicati quattro ulterio-ri studi sulla terapia intensiva vs moderata (standard) con statine, uno dei quali condotto su pazienti con esperienza di SCA e i restanti tre su pazienti con CAD stabile. Una metanalisi dei quattro studi pubblicati ha dimostrato una riduzione signifi cativa del 16% della morte per causa coronarica o infartuale mediante terapia intensiva vs terapia stan-dard con statine ( Fig. 56.18 ). 137

Secondo le linee guida ACC/AHA la terapia intensiva con statine dovrebbe essere avviata almeno al momento della dimissione ospedaliera, ma cinque studi randomizzati di dimensioni medio-piccole hanno riscontrato un benefi cio anche in caso di terapia intensiva con statine avvia-ta prima del PCI. 138 Ciò suggerirebbe che la terapia con dosi elevate di statine debba essere iniziata al momento del ricovero.

Riepilogo: gestione acuta dell’UA/NSTEMI La valutazione dei pazienti con UA/NSTE-MI inizia con l’esame clinico, l’elettrocar-diogramma e la misurazione dei biomar-catori cardiaci per la valutazione (1) della probabilità di CAD e (2) del rischio di morte o di eventi cardiaci ricorrenti. I pazienti con una bassa probabilità di UA/

NSTEMI in atto devono essere sottoposti a un “percorso diagnostico” che preveda elettrocardiogrammi seriati, marcatori cardiaci e un test da sforzo precoce per la valutazione della CAD. Ciò può essere realizzato di frequente in un reparto di osservazione o in un ospedale dotato di pronto soccorso. I pazienti con storia clinica che depone fortemente per UA/NSTEMI devono essere sottoposti a stratifi cazione del rischio mediante un sistema di punteggio clinico, come l’indice di rischio TIMI o il GRACE, 43,44 oltre che alla misurazione della troponina. I soggetti a basso rischio devono essere trattati con terapia antiaggregante con acido acetilsalicilico e clopidogrel, ma anche con anticoagulanti, nitrati e � -bloccanti. Una strategia inizialmente conservativa è adeguata nei pazien-ti a basso rischio. Nei soggetti a rischio intermedio-elevato (ad es. quelli con troponina positiva, slivellamento del tratto ST, punteggio di rischio TIMI > 3) devono essere impiegati i farmaci summenzionati, preferendo una strategia invasiva precoce. L’inibizione della GP IIb/IIIa rappresenta un utile trattamento supplementare nei pazienti instabili o al momento del PCI. Il clopidogrel andrebbe somministrato al ricovero. Nei pazienti in cui si intende utilizzare il prasugrel, si raccomanda di omettere la dose di carico di clopidogrel al momento della presentazione.

Prevenzione secondaria a lungo termine dopo UA/NSTEMI ( Cap. 49 ) Il momento della dimissione ospedaliera dopo UA/NSTEMI si delinea come “momento educativo” per il paziente, 139 laddove il medico e il personale possono riesaminare e ottimizzare il regime terapeutico per il trattamento a lungo termine. La modifi cazione dei fattori di rischio è di fondamentale importanza e comprende la discussione con il pa-ziente (a seconda dei fattori di rischio presenti) circa l’importanza di abbandonare il fumo, raggiungere un peso corporeo ottimale, praticare attività fi sica, seguire una dieta appropriata, ottenere un buon controllo della pressione arteriosa, mantenere sotto controllo l’iperglicemia nei pazienti diabetici e sottoporsi alla terapia intensiva con statine ( Tab. 56.5 ). Il trattamento a lungo termine deve prevedere sei classi terapeutiche che hanno dimostrato di migliorare la prognosi dopo UA/NSTEMI in grandi trial randomizzati, ognuna delle quali può contribu-ire alla stabilità clinica a lungo termine in modi differenti:

1. Riduzione intensiva del colesterolo LDL con statine a elevato dosaggio. 134,137,140

2. ACE-inibitori o ARB: raccomandati per il trattamento a lungo termi-ne in quanto suscettibili di favorire la stabilizzazione della placca e ritardare la progressione dell’aterosclerosi.

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GIORNI DALLA RANDOMIZZAZIONE

0 5 10 15 20 25 30

Pravastatina 40 mg

Atorvastatina 80 mg

HR = 0,72 (IC 0,52-0,99)P = 0,046

FIGURA 56.17 Vantaggio off erto da una terapia intensiva con statina avviata precocemente dopo sindrome coronarica acuta (SCA) nello studio PROVE IT-TIMI 22. È stata osservata una signifi cativa riduzione degli eventi nei primi 30 giorni. (Modifi cata da Ray KK, Cannon CP, McCabe C, et al: Early and late benefi ts of high-dose atorvastatin in patients with acute coronary syndromes: Results from the PROVE IT-TIMI 22 Trial. J Am Coll Cardiol 46:1405, 2005.)

PROVE IT-TIMI 22

A-to-Z

TNT

IDEAL

Totale

Odds ratio (IC al 95%)

Riduzionedelle

probabilità

–17%

–15%

–21%

–12%

–16%

Numeroeventi/totale (%)

Alta dose Dose standard

147/2.099(7,0)

205/2.265(9,1)

334/4.995(6,7)

411/4.439(9,3)

1.097/13.798(8,0)

172/2.063(8,3)

235/2.232(10,5)

418/5.006(8,3)

463/4.449(10,4)

1.288/13.750(9,4)

Alta dose migliore Alta dose peggiore

OR, 0,84IC al 95%, 0,77-0,91P = 0,00003

0,66 1 1,5

FIGURA 56.18 Metanalisi degli studi condotti sulla terapia intensiva con statina rispetto a quella standard che mostra una signifi cativa riduzione del 16% del rischio di morte per cause coronariche o di infarto miocardico ( P < 0,0001). Studio A-to-Z = Aggrastat-to-Zocor; studio IDEAL = Incremental Decrease in End Points Through Aggressive Lipid-Lowering; studio PROVE IT-TIMI 22 = Pravastatin or Atorvastatin Evaluation and Infection Therapy-Thrombolysis In Myocardial Infarction 22; studio TNT = Treating to New Targets. (Da Cannon CP, Steinberg BA, Murphy SA, et al.: Meta-analysis of cardiovascular outcomes trials comparing intensive versus moderate statin therapy. J Am Coll Cardiol 48:438, 2006.)

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3. � -bloccanti: indicati per la terapia anti-ischemica, possono aiutare a ridurre i fattori di innesco dell’IM nel corso del follow-up.

4. Terapia antiaggregante: l’associazione di una bassa dose di acido acetilsalicilico con un inibitore del recettore P2Y 12 per almeno un anno conferisce un benefi cio clinico, prevenendo o attenuando la gravità di eventuali trombosi secondarie a rottura di una placca e riducendo l’entità della trombosi in caso di impianto di stent. Una duplice terapia antiaggregante di più lunga durata può risultare appropriata nei pazienti a rischio elevato di eventi ischemici ricorrenti e viene generalmente raccomandata nei pazienti con stent medicati.

5. Programmi di abolizione del fumo: provvedimenti che possono contemplare centri antifumo, cerotti o gomme alla nicotina, som-ministrazione dell’ansiolitico bupropione o dell’agonista parziale dell’acetilcolina vareniclina, vanno caldamente incoraggiati. 141

6. Programmi di riabilitazione cardiologica basata sull’esercizio associati a informazioni sul controllo del peso corporeo, sulla dieta e sull’aderenza ai farmaci.

Nel contesto della terapia medica a lungo termine, le varie com-ponenti dell’aterotrombosi possono pertanto essere gestite con un approccio multifattoriale.

ESPERIENZE DEI REGISTRI . Un problema signifi cativo ravvisato nella pratica clinica è che una grande percentuale di pazienti dopo UA/NSTEMI non viene sottoposta a terapie coerenti con le raccoman-dazioni delle linee guida. Molti ampi registri, negli Stati Uniti e in tutto il mondo, hanno documentato che dal 10 al 15% dei pazienti non ri-ceve alcuna terapia antitrombotica e dal 40 al 50% dei pazienti gestiti farmacologicamente non riceve clopidogrel, nonostante l’esistenza di raccomandazioni di classe I. 142,143 Questi dati suggeriscono che in aggiunta allo sviluppo di linee guida e alla formazione professionale, occorrono strumenti specifi ci per assicurare che le raccomandazioni delle linee guida vengano implementate nel singolo paziente. L’aspetto più importante è che la mancata aderenza alle linee guida si associa a esiti avversi. 144 Paradossalmente, i pazienti a elevato rischio di eventi ricorrenti (gli anziani e i pazienti con diabete mellito, disfunzione renale e insuffi cienza cardiaca) avevano una minore probabilità rispetto ai pazienti a basso rischio di ricevere terapie coerenti con le raccoman-dazioni delle linee guida. 145

ALGORITMI CRITICI E MIGLIORAMENTO DELLA QUALITÀ . Gli algoritmi critici e il processo di miglioramento continuo della qualità (CQI) rappresentano strumenti utili per perseguire il miglioramento delle cure ( Cap. 5 ). 146,147 Gli algoritmi critici sono protocolli standardiz-zati per la gestione di specifi che patologie (ad es. la SCA) il cui scopo è quello di ottimizzare e semplifi care il trattamento del paziente. 148 In generale, tali algoritmi comprendono set codifi cati di procedure (“order set”), anche su supporto informatico, o semplici schede tascabili, prome-moria o liste delle terapie appropriate. Il processo di implementazione degli algoritmi comprende solitamente un’adeguata formazione del personale medico e infermieristico, ivi incluse presentazioni in riunione plenaria, nel servizio corrente e altri incontri a fi nalità educativa in tutta l’istituzione coinvolgendo le persone implicate nell’assistenza. Un altro elemento chiave per un progetto globale di CQI è la valutazione dell’im-piego effettivo delle terapie raccomandate dalle linee guida. 148

MIGLIORAMENTO DEGLI ESITI CON GLI ALGORITMI CRITICI . Attualmente esistono diversi studi di qualità i quali dimostrano che l’utilizzo di algoritmi critici è in grado di migliorare il livello delle cure. Il programma GWTG (Get With The Guidelines) dell’American Heart Association ha l’obiettivo di sostenere e favorire il miglioramento della qualità dell’assistenza ai pazienti affetti da patologie cardiovascolari. Il programma GWTG-CAD comprende sessioni di apprendimento, sessioni didattiche, condivisione di best-practice, gruppi di studio interattivi, follow-up post meeting e un software di gestione pazienti basato su internet che consente la raccolta dati e un riscontro sui dati ospedalieri in tempo reale e fornisce un supporto alle decisioni cliniche in modo da consentire un miglioramento rapido del ciclo, oltre a includere un programma di identifi cazione delle prestazioni. 147 La partecipazione al programma GWTG-CAD migliora l’utilizzo di terapie quali ASA, � -bloc-canti, ACE-inibitori e statine al momento della dimissione ospedaliera.

Anche il programma GAP (Guidelines Applied in Practice) spon-sorizzato dall’American College of Cardiology ha fornito importanti dati multicentrici a sostegno dell’effi cacia degli algoritmi critici. 149 Una migliore aderenza all’utilizzo delle terapie raccomandate dalle linee guida si associa a minore mortalità ( Fig. 56.19 ). Nel programma GAP, i pazienti le cui documentazioni cliniche dimostravano l’utilizzo di algo-ritmi e strumenti critici hanno registrato i tassi più elevati di trattamento con le terapie raccomandate e una prognosi migliore. 149

TABELLA 56.5 Check list cardiologica per l’UA/NSTEMI*

Data del ricovero: _________ Data del ricovero: _________

Nome del paziente: ______________________________________________ Nome del paziente: _____________________________________________(Nome e cognome) (Nome e cognome)

Breve anamnesi: ________________________________________________ Breve anamnesi:________________________________________________

Farmaci:………………………………………………

…………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………………

………………………………………………………………………………………………………………………

Acido acetilsalicilico1.Clopidogrel o ticagrelor2.Eparina, LMWH o altro anticoagulante3.Inibitore della GP IIb/IIIa 4.β-bloccante5.Nitrato6.ACE-inibitore7.

Interventi:Cateterismo/rivascolarizzazione per ischemia ricorrente o nei pazientia rischio intermedio/elevato …………………………………………

8.

Controllo e trattamento dell’ipercolesterolemiasecondo necessità……………………………………………………

9.

Trattamento degli altri fattori di rischio(ad es. tabagismo)……………………………………………………

10.

Farmaci:Acido acetilsalicilico (basso dosaggio)……………………………1.Clopidogrel/prasugrel/ticagrelor…………………………………2.Statina (elevato dosaggio)…………………………………………3.ACE-inibitore………………………………………………………4.β-bloccante………………………………………………………5.

Interventi:Controllo dell’LDL………………………………………………6.Controllo della pressione arteriosa………………………………7.Controllo del diabete……………………………………………8.Assistenza per l’abolizione del fumo (se del caso) ………………9.Riabilitazione cardiaca/modificazione dello stile di vita…………………………………

10.

CHECK LIST CARDIOLOGICA — RICOVERO CHECK LIST CARDIOLOGICA – DIMISSIONE

Modificazione dei fattori di rischio:

*Queste semplici liste servono come promemoria per le terapie raccomandate dalle linee guida, come l’acido acetilsalicilico, il clopidogrel, l’eparina o le LMWH. Questa “check list cardiologica” può essere utilizzata in due modi: il medico può serbarne una copia in un piccolo schedario o su un palmare e consultarla quando esegue il ricovero dei pazienti, oppure può essere utilizzata per sviluppare procedure codificate per l’UA/NSTEMI – in formato cartaceo o elettronico. Si consulti il testo per indicazioni più dettagliate sulle specifiche indicazioni e controindicazioni ai farmaci.ACE = enzima di conversione dell’angiotensina; GP = glicoproteina; LDL = lipoproteina bassa densità; LMWH = eparina a basso peso molecolare.

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Angina variante di Prinzmetal Nel 1959, Prinzmetal et al. hanno descritto una sindrome caratterizzata da dolore ischemico che si verifi cava a riposo, associata a sopraslivel-lamento del tratto ST. 150 Questa sindrome, nota come angina variante di Prinzmetal (AVP), può essere associata a IM acuto, tachicardia o fi bril-lazione ventricolare e morte cardiaca improvvisa. L’incidenza dell’AVP è sempre stata più elevata in Giappone rispetto ai Paesi occidentali, ma nel mondo l’incidenza sembra essere calata drasticamente nel corso degli ultimi trent’anni; tale declino può essere correlato, in parte, all’uso più aggressivo dei calcio-antagonisti per l’ipertensione. 151

Meccanismi L’ipotesi iniziale di Prinzmetal et al. era che l’angina variante derivasse da aumenti temporanei del tono vasomotorio coronarico, o vasospasmo. Il vasospasmo coronarico nell’AVP non va confuso con la vasocostrizione generalizzata sia dei grandi sia dei piccoli vasi coronarici, una normale ri-sposta a stimoli come l’esposizione al freddo; quest’ultima risposta, benché molto estesa nel letto vascolare coronarico, è molto meno intensa.

I precisi meccanismi responsabili dell’AVP non sono chiari, ma preva-le l’ipotesi di una riduzione della produzione di ossido nitrico da parte dell’endotelio dell’arteria coronaria o di uno sbilanciamento tra fattori di rilassamento e di contrattilità prodotti dall’endotelio. 152 È stata documen-tata anche un’aumentata attività della fosfolipasi C (PLC). Dato che la PLC (attraverso l’attivazione della via dell’inositolo trifosfato) mobilizza il Ca 2 + dalle scorte intracellulari, essa può incrementare la contrazione delle cellule muscolari lisce. 153

Un’origine infi ammatoria è invece sostenuta dal riscontro in molti pa-zienti di elevati livelli di hsPCR sierica. 154 Anche i polimorfi smi del recettore � 2 presinaptico e � 2 postsinaptico possono associarsi all’AVP. 155

Reperti istologici di pazienti con AVP sottoposti ad aterectomia co-ronarica suggeriscono che un vasospasmo coronarico ripetitivo possa provocare una lesione vascolare e condurre alla formazione di iperplasia neointimale in corrispondenza del sito iniziale dello spasmo, che a sua volta in alcuni pazienti è in grado di determinare una rapida progressione della stenosi coronarica. La diagnostica per immagini con metaiodoben-zilguanidina marcata con iodio 123 ( 123 I-MIBG) ha dimostrato la presenza di denervazione simpatica regionale miocardica nell’area di distribuzione del vaso in cui si sviluppa il vasospasmo. 156

Reperti clinici e di laboratorio I pazienti con AVP di solito sono più giovani dei pazienti con angina cronica stabile o con angina instabile secondaria ad aterosclerosi coronarica e molti di essi non esibiscono i classici fattori di rischio coronarici, tranne che per il fatto di essere spesso forti fumatori di sigarette. Il dolore anginoso è di frequente estremamente severo e può accompagnarsi a sincope correlata a blocco atrioventricolare, asistolia o tachiaritmie ventricolari. 156

Gli attacchi di AVP tendono a insorgere tra la mezzanotte e le otto del mattino 157 e spesso si verifi cano in gruppi di due o tre entro 30-60 minuti. Sebbene la tolleranza all’esercizio sia generalmente preservata nei pazienti con AVP, in alcuni di essi si evidenzia precordialgia tipica e sopraslivellamenti del tratto ST non solo a riposo ma anche durante o dopo l’esercizio. I pazienti con associazione di AVP e grave corona-ropatia ostruttiva possono sviluppare sia angina indotta dall’esercizio con sottoslivellamento del tratto ST sia episodi di angina a riposo con sopraslivellamento del tratto ST. In alcuni pazienti si può osservare una chiara relazione tra stress emotivi ed episodi di vasospasmo co-ronarico, in linea con quanto documentato da alcuni studi i quali ipotizzano che nei pazienti con AVP lo sbilanciamento simpato-vagale possa precipitare il vasospasmo. In casi rari, l’AVP si sviluppa in se-guito a rivascolarizzazione mediante bypass aortocoronarico e può verifi carsi in prossimità di uno stent medicato; 158 a volte, l’AVP sembra essere una manifestazione di un disordine vasospastico generalizzato associato all’emicrania o al fenomeno di Raynaud. L’AVP può verifi carsi anche in associazione all’asma ASA-indotta e alla somministrazione di 5-fl uorouracile e ciclofosfamide.

ELETTROCARDIOGRAMMA . La chiave della diagnosi dell’AVP è il rile-vamento di uno sopraslivellamento sporadico del tratto ST, spesso accompagnato da dolore toracico severo, che di solito insorge a riposo ( Fig. 56.20 ). Molti pazienti mostrano anche episodi ripetuti di soprasli-vellamento asintomatico (silente) del tratto ST. Le deviazioni del tratto ST possono presentarsi in ogni derivazione, a seconda dell’arteria coinvolta. Talvolta, in seguito a test pressorio a freddo ("cold pressor test") si sca-tenano gravi aritmie. Durante gli episodi di ischemia possono verifi carsi disturbi transitori della conduzione. Nei pazienti con attacchi prolungati di AVP può prodursi un danno miocardiocitario in assenza di modifi cazioni persistenti all’elettrocardiogramma. Casi di STEMI indotto da vasospasmo coronarico in assenza di CAD ostruttiva angiografi camente dimostrabile sono stati ben documentati. 159

La prova da sforzo nei pazienti con AVP può determinare risposte varia-bili. Una percentuale di pazienti approssimativamente uguale mostra sot-toslivellamento del tratto ST, nessuna modifi cazione o sopraslivellamento del tratto ST. Tali alterazioni rifl ettono la presenza di sottostante CAD fi ssa in alcuni pazienti, l’assenza di lesioni signifi cative in altri e l’induzione di vasospasmo secondario a esercizio nei rimanenti. Il monitoraggio elet-trocardiografi co ambulatoriale o l’utilizzo di un trasmettitore telefonico possono essere di aiuto nella registrazione di sopraslivellamenti del tratto ST nel corso di episodi sintomatici.

Gravi casi di aritmie sono stati descritti, compresi disfunzione del nodo del seno determinante asistolia o sincope, blocco atrioventricolare completo, tachicardia ventricolare, fi brillazione ventricolare e morte car-diaca improvvisa. 160,161 L’impianto di un pacemaker o di un defi brillatore automatico può talora rivelarsi necessario. 162

CORONAROGRAFIA ( Cap. 21 ) . Lo spasmo di un’arteria coronaria prossi-male con conseguente ischemia transmurale e anomalie della funzionalità del ventricolo sinistro rappresentano i capisaldi diagnostici dell’AVP (si veda Fig. 56.20 ). I pazienti con lieve occlusione coronarica fi ssa o senza tale con-dizione tendono a sperimentare un decorso più benigno rispetto a quelli con AVP associata a gravi lesioni ostruttive. 163 Il processo vasospastico quasi sempre interessa ampi segmenti dei vasi epicardici in una singola sede, ma in tempi diff erenti possono essere colpite altre aree. L’arteria coronaria destra è la sede più frequente, seguita dall’arteria coronaria discendente anteriore. Il vasospasmo contemporaneo di tutte e tre le principali arterie coronarie può simulare la malattia aterosclerotica dei tre vasi. 164

TEST PROVOCATIVI ERGONOVINA . Sono stati sviluppati diversi test per la valutazione del

vasospasmo coronarico. Di questi, il test all’ergonovina è il più sensibile. L’ergonovina maleato, un alcaloide della segale cornuta, stimola sia i re-cettori � -adrenergici sia quelli serotoninergici, pertanto esercita un eff etto vasocostrittore diretto sulla muscolatura cellulare liscia, potendo indurre vasospasmo coronarico.

Quando viene somministrata per via endovenosa in boli crescenti da 0,05 a 0,20 mg, l’ergonovina fornisce un test sensibile e specifi co per la provocazione dello spasmo dell’arteria coronaria. La maggior parte dei pazienti sviluppa una risposta all’ergonovina a una dose inferiore ai 0,20 mg. A basse dosi, e in condizioni cliniche attentamente controllate, l’ergonovina è un farmaco relativamente sicuro, ma un vasospasmo coro-narico prolungato indotto dall’uso di ergonovina può causare IM. A volte si sviluppano disturbi della conduzione (blocchi cardiaci) o tachiaritmie gravi. A causa di questi rischi, si raccomanda di somministrare l’ergonovina soltanto a pazienti nei quali la coronarografi a abbia dimostrato delle coro-narie normali o quasi normali e di aumentare il dosaggio gradualmente,

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QUARTILI DI ADERENZA OSPEDALIERACOMPLESSIVA ALLE LINEE GUIDA

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FIGURA 56.19 Associazione tra aderenza ospedaliera alle linee guida e mor-talità intraospedaliera. Gli ospedali nel primo quartile hanno avuto l’aderenza più scarsa. (Modifi cata da Peterson ED, Roe MT, Mulgund J, et al.: Association between hospital process performance and outcomes among patients with acute coronary syndromes. JAMA 295:1912, 2006.)

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cominciando da una dose bassissima. I nitrati intracoronarici e i calcio-antagonisti in genere sono effi caci nel fornire un sollievo immediato dallo spasmo indotto dal farmaco. Controindicazioni assolute al test all’ergono-vina comprendono: gravidanza, grave ipertensione, grave disfunzione del ventricolo sinistro, stenosi aortica da moderata a grave e stenosi del tronco comune emodinamicamente signifi cativa.

ACETILCOLINA . La stimolazione dei recettori dell’acetilcolina produce una dilatazione uniforme endotelio-dipendente delle arterie coronarie normali, ma determina vasocostrizione quando la funzione endoteliale è compro-messa. Nei pazienti con AVP, le iniezioni intracoronariche di acetilcolina possono produrre grave vasospasmo coronarico e riprodurre la sindrome clinica. 165 Questo spasmo focale non deve essere confuso con la costrizione lieve e diff usa che l’acetilcolina induce nei pazienti con alterazione dell’en-dotelio coronarico. L’acetilcolina viene infusa nell’arteria coronaria nell’arco di un minuto secondo dosi crescenti di 10, 25, 50 e 100 � g separate da intervalli di cinque minuti. Anche l’istamina, la dopamina e la serotonina possono indurre spasmo delle arterie coronarie. L’esercizio, il cold pressor test e l’alcalosi indotta dall’iperventilazione 166 possono tutti provocare vasospasmo coronarico nei pazienti con AVP, ma nessuno di questi test è sensibile quanto l’ergonovina o l’acetilcolina.

Trattamento I pazienti con AVP devono essere esortati a smettere di fumare. Il caposaldo della terapia è un calcio-antagonista da solo o in associazione a nitrato a lunga durata d’azione. Vi sono diverse analogie e differenze tra il trattamen-to ottimale dell’AVP e quello dell’angina classica (stabile e instabile).

1. Sia i pazienti con AVP sia quelli con angina tipica di solito rispon-dono bene ai nitrati; spesso, la nitroglicerina per via endovenosa o sublinguale risolve rapidamente gli attacchi di AVP, mentre i nitrati a lunga durata d’azione sono utili per la prevenzione dei medesimi. I calcio-antagonisti si sono dimostrati estremamente effi caci nella prevenzione dello spasmo delle arterie coronarie nei pazienti con AVP, 167 per cui dovrebbero essere prescritti di routine alle massime dosi tollerate e a lungo termine. Dato che i calcio-antagonisti agiscono attraverso un meccanismo differente da quello dei nitrati, queste due classi di farmaci possono eser-citare degli effetti vasodilatanti additivi. Tutti i calcio-antagonisti di prima e seconda generazione possiedono un’effi cacia simile ( ∼ 90%) nell’alleviare la sintomatologia e possono risolvere anche l’ischemia asintomatica.

2. La risposta ai � -bloccanti nei pazienti con AVP è variabile. 168,169 Alcuni, soprattutto quelli con lesioni stabilite associate, mostra-no una riduzione della frequenza di attacchi di angina indotta dall’esercizio causati principalmente dall’aumento del fabbiso-gno miocardico di ossigeno. In altri, tuttavia, i � -bloccanti non selettivi possono in realtà essere dannosi in quanto il blocco dei recettori � 2 , che mediano la dilatazione coronarica, rende incontrastata la vasocostrizione coronarica mediata dai re-cettori � ; in questi pazienti, la durata degli episodi di angina vasospastica può essere prolungata dalla somministrazione di � -bloccanti.

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Derivazione DII

FIGURA 56.20 Elettrocardiogramma continuo di un uomo di 39 anni con angina di Prinzmetal. A. Nel corso di un episodio di angina è stato notato un sopraslivel-lamento temporaneo del tratto ST (nella derivazione DII) durante il monitoraggio telemetrico continuo. B. Occlusione totale dell’arteria circonfl essa sinistra prossimale indotta dall’iperventilazione (visibile all’angiografi a in proiezione obliqua anteriore destra caudale). C. Lo spasmo si è risolto con la somministrazione per via intraco-ronarica di nitroglicerina e diltiazem. I sintomi del paziente sono stati controllati con nitrati e calcio-antagonisti per via orale nel corso di un follow-up di due anni. (Da Chen HSV, Pinto DS: Prinzmetal angina. N Engl J Med 349:e1, 2003.)

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3. Anche la prazosina, un inibitore selettivo del recettore � -adrener-gico, può avere un ruolo nel trattamento dei pazienti con AVP. 170 Sembra inoltre essere effi cace anche il nicorandil, un vasodilatato-re coronarico che agisce attivando il canale del potassio. 171 Questo agente è stato approvato in Europa, ma non negli Stati Uniti.

4. L’ASA, utile nell’angina instabile, può teoricamente aggravare gli episodi ischemici nei pazienti con AVP perché inibisce la biosin-tesi della prostaciclina, un vasodilatante coronarico naturale.

5. Il PCI e occasionalmente il CABG possono essere utili nei pazienti con AVP e lesioni ostruttive prossimali stabilite e distinte. Lo spa-smo può tuttavia svilupparsi in un sito diverso dal quello della stenosi iniziale; pertanto, nei pazienti con AVP i calcio-antagonisti dovrebbero essere continuati per almeno sei mesi dopo una rivascolarizzazione effi cace. PCI e CABG sono controindicati nei pazienti con spasmo coronarico isolato senza malattia ostruttiva stabilita.

6. I pazienti che hanno subito ischemia associata a fi brillazione ventricolare e che continuano a manifestare ischemia nonostan-te una terapia medica massimale dovrebbero essere sottoposti all’impianto di un defi brillatore automatico. 162,172

Prognosi Molti pazienti con AVP passano attraverso una fase attiva acuta, con frequenti episodi di angina e di eventi cardiaci nel corso dei primi sei mesi successivi alla diagnosi. L’entità e la gravità della CAD sottostante e la velocità di progressione della sindrome hanno un effetto impor-tante sull’incidenza della mortalità e dell’IM tardivi. I pazienti con AVP che sviluppano gravi aritmie (tachicardia ventricolare, fi brillazione ventricolare, blocco atrioventricolare di grado elevato o asistolia) nel corso di episodi spontanei di dolore presentano un rischio maggiore di morte cardiaca improvvisa, a meno che non venga impiantato un dispositivo di cardioversione-defi brillazione. Nella maggior parte dei pazienti che sopravvive a un infarto o al periodo iniziale di 3-6 mesi in cui si verifi cano episodi ischemici ricorrenti, la condizione si stabilizza e la sintomatologia e gli eventi cardiaci tendono a diminuire con il tempo. 173 Nei pazienti che sperimentano tale remissione, si può tentare una graduale riduzione dei calcio-antagonisti. In una casistica, il 16% dei pazienti ha mostrato un remissione spontanea tre mesi dopo la sospen-sione della terapia, il 44% ha continuato ad avere sintomi nonostante il trattamento con calcio-antagonisti e nitrati, il restante 40% è risultato libero da angina ma proseguiva la terapia. La remissione si è verifi cata più frequentemente nei pazienti senza stenosi signifi cative delle arterie coronarie e in quelli che avevano smesso di fumare. 174

Per ragioni che non sono chiare, alcuni pazienti, dopo un periodo di relativa quiescenza di mesi o addirittura anni, presentano una recru-descenza dell’attività vasospastica con episodi di ischemia frequenti e gravi. Fortunatamente, questi pazienti di solito rispondono a un nuovo trattamento con calcio-antagonisti o con nitrati.

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Le linee guida aggiornate per la gestione dell’angina instabile e dell’infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (UA/NSTEMI) dell’Ame-rican College of Cardiology/American Heart Association (ACC/AHA) sono state pubblicate nel 2007. 1

Le raccomandazioni contenute in tali linee guida per quanto concerne la valutazione iniziale del paziente con dolore toracico acuto sono ripor-tate nel Capitolo 53 , mentre altre raccomandazioni di rilievo per questo argomento sono state pubblicate nelle linee guida relative agli interventi coronarici percutanei (PCI), presentate nel Capitolo 58 . Analogamente ad altre linee guida ACC/AHA, anche in questo caso le raccomandazioni sono state classifi cate secondo il sistema ACC/AHA standard:

classe I: condizioni per le quali vi sono evidenze e/o consenso unanime riguardo all’utilità e all’effi cacia del trattamento

classe II: condizioni per le quali le evidenze riguardo l’utilità/effi cacia del trattamento sono confl ittuali e/o vigono pareri discordanti

classe IIa: le evidenze o le opinioni pendono a favore dell’utilità o dell’ef-fi cacia

classe IIb: l’utilità o l’effi cacia non è ben stabilita dall’evidenza/opinione classe III: condizioni per le quali vi sono evidenze e/o consenso una-

nime circa il fatto che il trattamento non è utile o effi cace e in alcuni casi può risultare nocivo

Le evidenze su cui si fondano le raccomandazioni vengono classifi cate in tre livelli. Le raccomandazioni di livello A si basano sui dati raccolti da più studi clinici randomizzati; le raccomandazioni di livello B derivano da un unico studio randomizzato o da studi non randomizzati; le raccomandazioni di livello C si basano sul consenso degli esperti.

STRATIFICAZIONE PRECOCE DEL RISCHIO E GESTIONE La valutazione iniziale dei pazienti con UA/NSTEMI implica la stratifi ca-zione del rischio, defi nita dalle linee guida “un prerequisito fondamentale per il processo decisionale”, per la quale vengono implementati due alberi decisionali correlati ma, di fatto, distinti. La prima valutazione è di natura diagnostica e si prefi gge di stimare la probabilità che la causa dei sintomi di presentazione sia una coronaropatia ostruttiva, rispondendo alla doman-da: “Il paziente manifesta sintomi correlati a ischemia acuta secondaria a coronaropatia?”. A tale scopo, nelle linee guida viene riportata in forma tabellare una selezione di elementi che presagiscono una probabilità elevata, intermedia o bassa che la presentazione del paziente sia dovuta a ischemia

( Tab. 56L.1 ). Per i pazienti con una probabilità bassa e, in taluni casi, in-termedia, esiste un algoritmo diagnostico utile a stabilire rapidamente se il paziente ha una sindrome coronarica acuta ( Fig. 56L.1 ). La seconda parte della stratifi cazione mira a valutare il rischio che un pazien-te con UA/NSTEMI abbia un infarto miocardico o vada incontro al decesso nelle settimane immediatamente successive. I fattori associati a un rischio maggiore sono elencati nella Tabella 56L.2 . Nelle linee guida si precisa che la stratifi cazione del rischio è utile ai fi ni (1) della selezione del sito di trattamento (unità coronarica, unità di terapia semi-intensiva monitorizzata o contesto ambulatoriale) e (2) della selezione della terapia, ad esempio con inibitori della glicoproteina (GP) IIb/IIIa e strategia di trattamento invasiva piuttosto che conservativa.

CURE OSPEDALIERE Secondo quanto raccomandato dalle linee guida, i pazienti ricoverati per sindromi coronariche acute con perdurare della sintomatologia o dell’insta-bilità emodinamica, o di entrambi, devono rimanere in degenza per almeno 24 ore in un’unità coronarica caratterizzata da un rapporto infermieri/pazienti suffi ciente a garantire il monitoraggio continuo del ritmo e una rianimazione tempestiva con defi brillazione in caso di necessità. Qualora i sintomi o l’instabilità emodinamica non persistano, il paziente può es-sere ricoverato in unità di terapia semi-intensiva. Le linee guida del 2007 raccomandano, quale secondo step dopo la stratifi cazione del rischio, di selezionare una strategia di trattamento ( Tab. 56L.3 ) e, quindi, di procedere con la scelta della terapia antitrombotica, in quanto le opzioni differiscono leggermente in funzione della strategia adottata.

Una strategia invasiva precoce implica una coronarografi a tempestiva (entro 48 ore circa) seguita da rivascolarizzazione quando l’anatomia lo consente ed è raccomandata nei pazienti con caratteristiche di rischio elevato secondo quanto indicato nelle Tabelle 56L.2 e 56L.3 e nella Figura 56L.2 . Per i pazienti a basso rischio, invece, si raccomanda generalmente una strategia conservativa precoce, in cui i pazienti sono stabilizzati mediante terapia farmacologica, riservando l’angiografi a ai casi di ischemia o sinto-mi ricorrenti, insuffi cienza cardiaca o grave aritmia. Come illustrato nella Figura 56L.3 , i pazienti gestiti con una strategia conservativa precoce devo-no essere sottoposti a una valutazione della funzionalità ventricolare sinistra e a un test da sforzo; un’angiografi a deve inoltre essere eseguita in presenza di una frazione di eiezione < 40% oppure se il risultato del test da sforzo

LINEE GUIDA CHRISTOPHER P. CANNON E EUGENE BRAUNWALD

Angina instabile e infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST

TABELLA 56L.1 Probabilità che i segni e i sintomi siano l’espressione di una sindrome coronarica acuta secondaria a coronaropatia

CARATTERISTICHE PROBABILITÀ ELEVATA PROBABILITÀ INTERMEDIA PROBABILITÀ BASSA

Uno o più dei seguenti elementi: Assenza di caratteristiche di probabilità elevata e presenza di uno o più dei seguenti elementi:

Assenza di caratteristiche di probabilità elevata o intermedia, ma presenza di:

Anamnesi Dolore o fastidio al torace o al braccio sinistro quale sintomo prodromico predominante di un’angina documentata

Storia nota di CAD, compreso IM

Dolore o fastidio al torace o al braccio sinistro quale sintomo predominante

Età > 70 anni Sesso maschile Diabete mellito

Probabili sintomi di ischemia in assenza di caratteristiche di probabilità intermedia

Recente uso di cocaina

Esame Soffi o da RM transitorio, ipotensione, diaforesi, edema polmonare o rantoli

Vasculopatia extracardiaca Fastidio al torace inducibile mediante palpazione

ECG Deviazione transitoria del tratto ST ( ≥ 1 mm), nuova o presumibilmente tale, oppure inversione dell’onda T in derivazioni precordiali multiple

Onde Q fi sse Sottoslivellamento del tratto ST da

0,5 a 1 mm o inversione dell’onda T > 1 mm

Appiattimento dell’onda T o inversione < 1 mm nelle derivazioni con onde R dominanti

ECG normale

Indicatori cardiaci TnI, TnT, o CK-MB cardiache elevate Normali Normali

Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.

CAD = coronaropatia; CK-MB = isoenzima MB della creatinchinasi; ECG = elettrocardiogramma; IM = infarto miocardico; RM = rigurgito mitralico; TnI = troponina I; TnT = troponina T.

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colloca il paziente nella categoria a rischio intermedio o elevato. Per i sog-getti a basso rischio di sesso femminile, le linee guida del 2007 forniscono una raccomandazione di classe I per un approccio conservativo precoce.

La terapia farmacologica anti-ischemica dovrebbe includere la sommi-nistrazione di nitrati e, in assenza di controindicazioni, � -bloccanti ( Tab. 56L.4 ). Le linee guida ACC/AHA 2007 ribadiscono tuttavia la necessità di avviare un trattamento con � -bloccanti orali (anziché iniettabili) entro le prime 24 ore in pazienti che non presentino nessuna delle seguenti condi-zioni: segni di insuffi cienza cardiaca, evidenza di uno stato di bassa gittata, rischio di shock cardiogeno aumentato o altre controindicazioni relative ai � -bloccanti (intervallo PR > 0,24 secondi, blocco cardiaco di secondo o terzo grado, asma attiva o malattia reattiva delle vie respiratorie). Laddove esista una controindicazione alla terapia con � -bloccanti, ai pazienti con ischemia ricorrente è possibile somministrare un calcio-antagonista non diidropiridinico (ad es. verapamil o diltiazem). La morfi na solfato deve essere utilizzata nei pazienti in cui la somministrazione di nitrati non consente di

ottenere un controllo della condizione o nei soggetti con congestione polmonare, grave stato di agitazione o entrambi. La terapia con inibitori dell’enzima di con-versione dell’angiotensina (ACE) deve essere avviata quando l’ipertensione arte-riosa persiste nonostante la terapia anti-ischemica o nei pazienti con disfunzione sistolica ventricolare sinistra o diabete. Le linee guida del 2007 hanno introdot-to una nuova raccomandazione stando alla quale, fatta eccezione per l’acido acetilsalicilico, la somministrazione di farmaci antinfi ammatori non steroidei, siano essi agenti non selettivi o inibitori selettivi della ciclossigenasi-2, deve essere interrotta nel momento in cui un pazien-te presenta un quadro di UA/NSTEMI in considerazione degli aumentati rischi di mortalità, reinfarto, ipertensione, scom-penso cardiaco e rottura del miocardio associati al loro uso.

L’acido acetilsalicilico risulta indicato per entrambe le strategie di trattamento, a una dose iniziale di 160-325 mg/die. Nelle linee guida si precisa inoltre che per tutti pazienti deve essere istituita una terapia anticoagulante. L’approccio in-vasivo prevede quattro opzioni: eparina non frazionata (UFH), enoxaparina, bi-valirudina o fondaparinux. Per quanto ri-guarda la terapia antipiastrinica aggiunti-va, le linee guida del 2007 raccomandano di somministrare, prima dell’angiografi a diagnostica, un agente a scelta tra clopi-dogrel o un inibitore della GP IIb/IIIa ev. L’uso di entrambi gli agenti è ammesso e giustifi cato dall’impossibilità di esegui-re immediatamente un’angiografia, da indicatori di rischio elevato e da dolore ischemico ricorrente precoce.

Per i pazienti gestiti con una strategia iniziale conservativa (si veda Fig. 56L.3), le linee guida ACC/AHA raccomandano, oltre alla somministrazione di acido ace-tilsalicilico, l’istituzione di una terapia anticoagulante, limitando però la scelta a tre sole opzioni: enoxaparina, fonda-parinux o UFH, con una preferenza per enoxaparina e fondaparinux sc rispetto a UFH quale raccomandazione di classe IIa. Nei pazienti con un rischio aumen-tato di emorragia, fondaparinux è da pre-ferirsi per il minore rischio di sanguina-

mento associato. La somministrazione di clopidogrel deve essere avviata al momento della presentazione nei pazienti gestiti in maniera conservativa.

Le linee guida ACC/AHA del 2007 sottolineano l’importanza di va-lutare nuovamente la terapia farmacologica dopo l’esame angiografico ( Fig. 56L.4 ). Qualora si preveda un intervento di bypass aortocoronarico (CABG), la somministrazione di acido acetilsalicilico e UFH dovrà essere proseguita, mentre sarà necessario interrompere il trattamento con clopi-dogrel, inibitori della GP IIb/IIIa e anticoagulanti diversi dall’UFH. Per i pazienti gestiti mediante terapia farmacologica, si consiglia di ri-valutare la somministrazione di clopidogrel dimodoché, qualora non sia stata isti-tuita prima dell’angiografi a (poiché il medico desiderava preventivamente valutare l’anatomia coronarica), tale terapia venga avviata nel momento in cui l’esame dovesse fornire conferma della coronaropatia. L’utilizzo di clopidogrel nei pazienti gestiti farmacologicamente è in effetti incluso qua-le parametro “di prova” nell’elenco dei parametri delle prestazioni stilato dall’ACC/AHA nel 2008 relativamente all’infarto miocardico. 2

Sintomi indicativi di SCA

Diagnosi noncardiaca

Angina cronicastabile

PossibileSCA

SCAconclamata

Senzasopraslivellamento

di ST

Consopraslivellamento

di ST

ECG non diagnosticoLivelli sierici

dei biomarcatoricardiaci inizialmente

normali

Alterazioni del trattoST e/o dell’onda T

Dolore in attoBiomarcatori cardiaci positivi

Anomalie emodinamiche

Valutareper terapiariperfusiva

Si vedanole linee guidadell’ACC/AHA

per l’infartomiocardico con

sopraslivellamentodel tratto ST

Osservazioneper 12 ore o più ore dall’esordio dei sintomi

Assenzadi dolore ricorrente;

studi di follow-upnegativi

Dolore ischemicoricorrente o studi

di follow-up positivi

Diagnosi di SCAconfermata

Studio sotto sforzo per indurre ischemia

Considerare un esame della funzionalitàdel VS in presenza di ischemia

(da eseguire prima della dimissioneo ambulatorialmente)

Negativo

Diagnosi potenziali:dolore non ischemico;SCA a basso rischio

Positivo

Diagnosi di SCAconfermatao altamenteprobabile

Ricovero ospedaliero

Gestione con algoritmoper ischemia acuta

Organizzazionedel follow-up ambulatoriale

Trattamentoin base

alla diagnosialternativa

Si vedanole linee guidadell’ACC/AHAper l’angina

cronica stabile

FIGURA 56L.1 Algoritmo proposto nelle linee guida dell’ACC/AHA per la sindrome coronarica acuta (SCA).

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STRATIFICAZIONE TARDIVA DEL RISCHIO E GESTIONE Nella Tabella 56L.5 vengono riportate le raccomandazioni fornite dalle linee guida ACC/AHA per la stratifi cazione del rischio prima della dimis-sione. Come illustrato nella Figura 56L.1 , nei pazienti a basso rischio è prevista l’esecuzione iniziale di una prova da sforzo (si veda Tab. 56L.2 per la defi nizione della categoria di rischio), mentre nei pazienti a rischio inter-medio gestiti con un approccio conservativo precoce la prova da sforzo può essere eseguita dopo un periodo minimo di 2-3 giorni senza ischemia o in-suffi cienza cardiaca. La prima opzione da valutare nell’ambito dei test non invasivi è l’elettrocardiogramma sotto sforzo. Le tecnologie di diagnostica per immagini e i test di provocazione farmacologica devono essere utilizzati per quei sottogruppi di pazienti per i quali sussiste un’elevata probabilità che l’elettrocardiogramma sotto sforzo fornisca dati inadeguati. I dati otte-nuti dai test non invasivi possono essere utilizzati per la ristratifi cazione dei pazienti in gruppi a rischio elevato, intermedio o basso ( Tab. 56L.6 ).

Per i pazienti che necessitano di rivascolarizzazione coronarica, i criteri per la scelta tra CABG e PCI sono simili a quelli utilizzati per i pazienti con angina cronica stabile ( Cap. 57 ). Le linee guida raccomandano il CABG rispetto al PCI nei pazienti con signifi cativa coronaropatia del tronco co-mune e nei pazienti con patologia multivasale e ridotta frazione di eiezione o diabete ( Fig. 56L.5 ). CABG e PCI sono entrambi considerati indicati per i pazienti con malattia bivasale ( Tab. 56L.7 ). 3 Le linee guida per l’UA/NSTEMI e i criteri di appropriatezza dell’ACC/AHA del 2009 supportano in una certa misura la rivascolarizzazione con CABG o PCI per i pazienti con malattia limitata all’arteria coronaria discendente anteriore sinistra prossimale.

DIMISSIONE OSPEDALIERA E ASSISTENZA POSTDIMISSIONE Le linee guida dell’ACC/AHA enfatizzano l’importanza della riduzione ag-gressiva dei fattori di rischio e dell’educazione dei pazienti sulla gestione degli episodi ischemici ( Tab. 56L.8 ). A tale scopo cinque classi di farmaci risultano indicate: acido acetilsalicilico, clopidogrel, � -bloccanti, ACE-inibitori e stati-ne. Le linee guida del 2007 raccomandano la somministrazione di statine al momento della dimissione, indipendentemente dal livello delle lipoproteine a bassa densità. Alcune raccomandazioni per la terapia antitrombotica sono for-nite nella Figura 56L.6 . Il dosaggio raccomandato dell’acido acetilsalicilico per

TABELLA 56L.2 Sistema raccomandato dall’ACC/AHA per la stratifi cazione del rischio in pazienti con angina instabile

CARATTERISTICHE RISCHIO ELEVATO RISCHIO INTERMEDIO RISCHIO BASSO

Almeno una delle seguenti caratteristiche: Assenza di caratteristiche di rischio elevato ma presenza di una qualsiasi delle seguenti:

Nessuna caratteristica di rischio elevato o intermedio ma presenza di una qualsiasi delle seguenti:

Anamnesi Aumentata frequenza dei sintomi ischemici nelle precedenti 48 ore

Pregresso IM, malattia cerebrovascolare o periferica o CABG; pregresso uso di acido acetilsalicilico

Caratteristiche del dolore Dolore a riposo di lunga durata ( > 20 min) Angina a riposo prolungata, attualmente risoltasi, con moderata o alta probabilità di CAD

Angina a riposo < 20 min o alleviata con il riposo o NTG sublinguale

Angina di classe CCS III o IV, di nuova insorgenza o progressiva, nelle 2 settimane precedenti senza dolore prolungato a riposo ma con probabilità moderata o alta di CAD

Reperti clinici Edema polmonare, molto probabilmente secondario a ischemia

Soffi o da RM nuovo o peggiorato S 3 o rantoli ingravescenti di nuova insorgenza Ipotensione, bradicardia, tachicardia Età > 75 anni

Età > 70 anni

ECG Angina a riposo con transitorie alterazioni del tratto ST > 0,05 mV

Blocco di branca, di nuova insorgenza o presunto tale

Tachicardia ventricolare sostenuta

Inversioni dell’onda T > 0,2 mV Onde Q patologiche

ECG normale o invariato durante un episodio di dolore toracico

Indicatori cardiaci Elevati Leggermente elevati Normali

Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.

TABELLA 56L.3 Raccomandazioni tratte dalle linee guida dell’ACC/AHA per la selezione della strategia di trattamento iniziale: strategia invasiva vs conservativa

STRATEGIA PREFERITA CARATTERISTICHE DEL PAZIENTE

Invasiva Angina ricorrente o ischemia a riposo o a basso carico di lavoro, nonostante una terapia farmacologica intensiva

Indicatori cardiaci elevati (TnT o TnI)Sottoslivellamento del tratto ST di nuova insorgenza

o presunto taleSegni o sintomi di HF o rigurgito mitralico ingravescente

o di nuova insorgenzaIndici di rischio elevato con indagini non invasiveInstabilità emodinamicaTachicardia ventricolare sostenutaPCI negli ultimi 6 mesiPregresso CABGPunteggio di rischio elevato (ad es. TIMI, GRACE)Ridotta funzionalità ventricolare sinistra (LVEF < 40%)

Conservativa Punteggio di rischio basso (ad es. TIMI, GRACE)Secondo la preferenza del paziente o del medico

in assenza di caratteristiche di rischio elevato

Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.

CABG = bypass aortocoronarico; CAD = coronaropatia; CCS = Canadian Cardiovascular Society; ECG = elettrocardiogramma; IM = infarto miocardico; NTG = nitroglicerina; RM = rigurgito mitralico.

CABG = bypass aortocoronarico; FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; GRACE = Global Registry of Acute Coronary Events; HF = insuffi cienza cardiaca; PCI = intervento coronarico percutaneo; TIMI = trombolisi nell’infarto miocardico; TnI = troponina I; TnT = troponina T.

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Diagnosi di UA/NSTEMIprobabile o conclamata

ASA (classe I, LDE: A)Clopidogrel se intolleranteall’ASA (classe I, LDE: A)

Selezione della strategiadi gestione

Strategiaconservativa

Strategia invasivaAvviare terapia antitrombotica (classe I, LDE: A)

Opzioni accettabili: (classe I, LDE: A) enoxaparina,fondaparinux o UFH; (classe I, LDE: B) bivalirudina

Procedere con angiografiaFattori che giustificano l’aggiunta di un’ulterioreterapia upstream con antiaggreganti piastrinici:

• Posticipazione dell’angiografia• Caratteristiche di rischio elevato• Dolore ischemico ricorrente precoce

Angiografia diagnostica

FIGURA 56L.2 Algoritmo proposto nelle linee guida dell’ACC/AHA per i pazienti con UA/NSTEMI gestiti con strategia iniziale invasiva. ASA = acido acetilsalicilico; LDE = livello di evidenza; UFH = eparina non frazionata.

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Diagnosi di UA/NSTEMI probabile o conclamata

ASA (classe I, LDE: A)Clopidogrel se intollerante all’ASA (classe I, LDE: A)

Selezione della strategia di gestionePer una strategia

invasiva,si veda Fig. 56L.2

Strategia conservativaAvviare terapia anticoagulante (classe I, LDE: A):

Opzioni accettabili: (classe I, LDE: A) enoxaparina,fondaparinux o UFH, ma enoxaparina

e fondaparinux sono preferibili (classe IIA, LDE: A)

Avviare terapia con clopidogrel (classe I, LDE: A)Valutare l’aggiunta di eptifibatide o tirofiban (classe IIb, LDE: B)

Successivi eventi che richiedano un’angiografia?

Si vedaFig. 56L.2 Sì No

Valutare FEVS

Testda sforzo

(Classe I,LDE: C)

FE ≤0,40 FE >0,40

Non a bassorischio

A bassorischio

(Classe IIa,LDE: B)

(Classe IIa, LDE: B)

(Classe I,LDE: A)

Proseguire con ASAProseguire con clopidogrel (classe I, LDE A)

Interrompere GP IIb/IIIa ev se precedentemente avviataInterrompere antitrombina

FIGURA 56L.3 Algoritmo proposto nelle linee guida dell’ACC/AHA per i pazienti con UA/NSTEMI gestiti con strategia iniziale conservativa. ASA = acido acetilsali-cilico; ev = endovenoso; FE = frazione di eiezione; FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; GP = glicoproteina; LDE = livello di evidenza; UFH = eparina non frazionata.

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Angiografia diagnostica

Selezionare una strategia di gestione postangiografia

CABG

CAD all’angiografia

Terapiaantipiastrinica

eanticoagulantea discrezionedel medico

Assenzadi CAD

ostruttivasignificativa

all’angiografia

PCI Terapia farmacologica

Proseguire con ASA

Interrompere clopidogrel 5-7 giorni prima del CABG in elezione

Interrompere la GP IIb/IIIa ev 6-12 ore prima del CABG

Proseguire con UFH; interrompere l’enoxaparina 12-24 ore prima del CABG; interrompere fondaparinux

24 ore prima del CABG; interrompere bivalirudina 3 ore

prima del CABG e avviarela somministrazione di UFH secondo il protocollo previsto dalla struttura

Proseguire con ASADose di carico di clopidogrel

se non somministrato pre-angio (classe I, LDE: A)

eGP IIb/IIIa ev se non somministrata

pre-angio (classe I, LDE: A)

Interrompere la terapia anticoagulante dopo PCI e nei casi non complicati

(classe I, LDE: B)

Proseguire con ASA

Dose di carico di clopidogrelse non somministrato pre-angio

(classe I, LDE A)

Interrompere GP IIb/IIIa evper almeno 12 ore se avviata

pre angioProseguire con UFH ev

per almeno 48 oreo

con enoxaparina o fondaparinux per la durata della degenza:interrompere il trattamento

con bivalirudina o proseguirealla dose di 0,25 mg/kg/h per max 72 ore a discrezione del medico

FIGURA 56L.4 Linee guida dell’ACC/AHA per la gestione di pazienti con UA/NSTEMI dopo angiografi a diagnostica. ASA = acido acetilsalicilico; CABG = bypass aortocoronarico; CAD = coronaropatia; ev = endovenoso; GP = glicoproteina; LDE = livello di evidenza; PCI = intervento coronarico percutaneo; pre angio = prima dell’esame angiografi co; UFH = eparina non frazionata.

TABELLA 56L.4 Raccomandazioni dell’ACC/AHA di classe I e III per la terapia anti-ischemica

Classe I 1. Riposo a letto/in poltrona con monitoraggio ECG continuo 2. NTG 0,4 mg per via sublinguale ogni 5 min per un totale di 3 dosi; successivamente, valutare la necessità di NTG ev 3. NTG ev per le prime 48 ore dopo UA/NSTEMI per il trattamento dell’ischemia persistente, dell’HF o dell’ipertensione 4. La scelta di somministrare NTG ev e la dose non devono precludere il trattamento con altri interventi di riduzione della mortalità quali ad esempio i β-bloccanti

e gli ACE-inibitori 5. � -bloccanti (per via orale) entro 24 ore in assenza di controindicazioni (ad es. HF) indipendentemente dall’esecuzione concomitante di un PCI 6. Quando i � -bloccanti risultano controindicati, si somministrerà un calcio-antagonista non diidropiridinico (ad es. verapamil o diltiazem) come terapia iniziale

in assenza di grave disfunzione ventricolare sinistra o di altre controindicazioni 7. ACE-inibitore (per via orale) entro le prime 24 ore in caso di congestione polmonare o FEVS ≤ 0,40 in assenza di ipotensione (pressione arteriosa sistolica

< 100 mmHg o < 30 mmHg al di sotto del basale) o di controindicazioni note per tale classe di farmaci 8. Gli ARB devono essere somministrati a pazienti con UA/NSTEMI intolleranti agli ACE-inibitori e con segni clinici o radiologici di insuffi cienza cardiaca

o FEVS ≤ 0,40. Valsartan e candesartan si sono dimostrati effi caci per tale indicazione.

Classe III 1. I nitrati non devono essere somministrati a pazienti con UA/NSTEMI che presentino una pressione arteriosa sistolica < 90 mmHg o ≥ 30 mmHg al di sotto

del basale, grave bradicardia ( < 50 battiti/min), tachicardia ( > 100 battiti/min) in assenza di HF sintomatica, o infarto del ventricolo destro ( livello di evidenza: C ) 2. La nitroglicerina o altri nitrati non devono essere somministrati a pazienti con UA/NSTEMI che abbiano ricevuto un inibitore della fosfodiesterasi

per il trattamento della disfunzione erettile nelle 24 ore successive alla somministrazione di sildenafi l o nelle 48 ore successive alla somministrazione di tadalafi l. La corretta tempistica per la somministrazione di nitrati dopo vardenafi l non è ancora stata defi nita ( livello di evidenza: C )

3. I calcio-antagonisti diidropiridinici a rilascio immediato non devono essere somministrati a pazienti con UA/NSTEMI in assenza di un β-bloccante ( livello di evidenza: A )

4. Gli ACE-inibitori ev non devono essere somministrati nelle 24 ore immediatamente successive a un episodio di UA/NSTEMI a causa dell’aumentato rischio di ipotensione (possono fare eccezione i pazienti con ipertensione refrattaria) ( livello di evidenza: B )

5. La somministrazione di β-bloccanti ev può essere dannosa in pazienti con UA/NSTEMI che presentino controindicazioni per i β-bloccanti, segni di HF o uno stato di bassa gittata ovvero altri fattori di rischio * per lo shock cardiogeno ( livello di evidenza: A )

6. I farmaci antinfi ammatori non steroidei (fatta eccezione per l’acido acetilsalicilico), siano essi agenti non selettivi o inibitori selettivi della COX-2, non devono essere somministrati nei pazienti ricoverati per UA/NSTEMI a causa dell’aumento del rischio di mortalità, reinfarto, ipertensione, HF o rottura del miocardio associato al loro uso ( livello di evidenza: C )

* Fattori di rischio per lo shock cardiogeno (il rischio di sviluppare uno shock cardiogeno aumenta proporzionalmente al numero di fattori di rischio presenti): età > 70 anni, pressione arteriosa sistolica < 120 mmHg, tachicardia sinusale > 110 o frequenza cardiaca < 60, aumento della frequenza in seguito all’esordio dei sintomi di UA/NSTEMI.

Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.

ACE = enzima di conversione dell’angiotensina; ARB = bloccante del recettore dell’angiotensina; COX-2 = ciclossigenasi-2; ev = endovenoso; HF = insuffi cienza cardiaca; FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; IM = infarto miocardico; NTG = nitroglicerina; PCI = intervento coronarico percutaneo; VS = ventricolo sinistro.

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TABELLA 56L.5 Linee guida dell’ACC/AHA per la stratifi cazione del rischio prima della dimissione in pazienti con sindromi coronariche acute

Classe I

1. Un test da sforzo non invasivo è raccomandato nei pazienti a basso rischio che non presentino sintomi di ischemia a riposo o a basso carico di lavoro né sintomi di HF da almeno 12-24 ore ( livello di evidenza: C )

2. Un test da sforzo non invasivo è raccomandato nei pazienti a rischio intermedio che non presentino sintomi di ischemia a riposo o a basso carico di lavoro né sintomi di HF da almeno 12-24 ore ( livello di evidenza: C )

3. La scelta del test da sforzo è basata sull’ECG a riposo, sulla capacità di eseguire lo sforzo, sul grado di esperienza locale e sulle tecnologie disponibili. Il test su treadmill è adatto ai pazienti in grado di eseguire l’esercizio nei quali l’ECG sia privo di anomalie basali del tratto ST, blocco di branca, ipertrofi a del VS, difetti di conduzione intraventricolare, ritmo da pacemaker, pre-eccitazione o eff etti da digossina ( livello di evidenza: C )

4. Una tecnica di diagnostica per immagini viene aggiunta nei pazienti con sottoslivellamento del tratto ST a riposo ( ≥ 0,1 mV), ipertrofi a del VS, blocco di branca, difetto della conduzione intraventricolare, pre-eccitazione o digossina. Nei pazienti sottoposti a test con basso carico di lavoro, la diagnostica per immagini può aumentare la sensibilità ( livello di evidenza: B )

5. Un test di provocazione farmacologica associato a diagnostica per immagini è raccomandato quando le limitazioni fi siche (ad es. artrite, amputazione, grave vasculopatia periferica, grave broncopneumopatia cronica ostruttiva o stato di debilitazione generale) impediscono la corretta esecuzione di una prova da sforzo ( livello di evidenza: B )

6. Un’angiografi a tempestiva senza stratifi cazione del rischio non invasiva deve essere eseguita qualora non sia possibile stabilizzare il paziente con una terapia farmacologica intensiva ( livello di evidenza: B )

7. Un test non invasivo (ecocardiogramma o angiogramma con radionuclidi) è raccomandato per valutare la funzionalità del VS in pazienti con SCA conclamato per i quali non sia prevista una coronarografi ae una ventricolografi a sinistra ( livello di evidenza: B )

Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.

TABELLA 56L.6 Stratifi cazione non invasiva del rischio secondo l’ACC/AHA

Rischio elevato (tasso di mortalità annuo > 3%) 1. Grave disfunzione del VS a riposo (FEVS < 0,35) 2. Indice di rischio elevato al test su treadmill (punteggio ≤ − 11) 3. Grave disfunzione del VS sotto sforzo (FEVS sotto sforzo < 0,35) 4. Esteso difetto di perfusione indotto da stress (in particolare se anteriore) 5. Difetti multipli di perfusione di entità moderata indotti da stress 6. Esteso difetto fi sso di perfusione con dilatazione del VS o aumentata

captazione polmonare (tallio 201) 7. Moderato difetto di perfusione indotto da stress con dilatazione del VS

o aumentata captazione polmonare (tallio 201) 8. Anomalia della cinetica parietale all’ecocardiografi a (con interessamento

di > 2 segmenti) che insorge a basse dosi di dobutamina ( ≤ 10 mg/kg/min) oppure a una bassa frequenza cardiaca ( < 120 battiti/min)

9. Evidenza di ischemia estesa all’ecocardiografi a sotto sforzo

Rischio intermedio (tasso di mortalità annuo dell’1-3%) 1. Lieve/moderata disfunzione del VS a riposo (FEVS 0,35-0,49) 2. Indice di rischio intermedio al test su treadmill (punteggio > − 11 e < 5) 3. Moderato difetto di perfusione indotto da stress senza dilatazione del VS

o aumentata captazione polmonare (tallio 201) 4. Lieve ischemia all’ecocardiografi a sotto sforzo con alterazione

della cinetica parietale solo ad alte dosi di dobutamina con il coinvolgimento di uno o due segmenti

Rischio basso (tasso di mortalità annuo < 1%) 1. Indice di rischio basso al test su treadmill (punteggio ≥ 5) 2. Risposta normale o piccolo difetto di perfusione miocardica a riposo

o sotto sforzo 3. Cinetica parietale normale all’ecocardiografi a sotto sforzo o nessuna

modifi ca durante l’esercizio in presenza di lievi anomalie della cinetica parietale a riposo

Da Gibbons RJ, Chatterjee K, Daley J, et al: ACC/AHA/ACP-ASIM guidelines for the management of patients with chronic stable angina. J Am Coll Cardiol 33:2092, 1999.

Cateterismo cardiaco

Coronaropatia No

No

No

PCI o CABG

Malattia mono-o bivasale

TerapiafarmacologicaPCI o CABG

Malattia tri- o bivasalecon coinvolgimento

della LAD prossimale

Disfunzionedel ventricolo sinistro

o diabete in trattamento

Malattia del tronco comune Sì CABG

Sì CABG

Dimissionesecondo

l’algoritmo

FIGURA 56L.5 Linee guida dell’ACC/AHA relative alla strategia di rivascola-rizzazione in pazienti con UA/NSTEMI. CABG = bypass aortocoronarico; LAD = arteria coronaria discendente anteriore sinistra; PCI = intervento coronarico percutaneo.

ECG = elettrocardiogramma; HF = insuffi cienza cardiaca; SCA = sindrome coronarica acuta; VS = ventricolo sinistro.

FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; VS = ventricolo sinistro.

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TABELLA 56L.8 Farmaci utilizzati per la stabilizzazione di pazienti con UA/NSTEMI

FARMACI ANTI-ISCHEMICI E ANTITROMBOTICI/ANTIAGGREGANTI PIASTRINICI AZIONE CLASSE/LIVELLO DI EVIDENZA

Acido acetilsalicilico Antiaggregante piastrinico I/A

Clopidogrel * o ticlopidina Antiaggregante piastrinico quando l’acido acetilsalicilico risulta controindicato

I/A

β-bloccanti Anti-ischemica I/B

ACE-inibitori FE < 0,40 o FE nell’HF > 0,40 I/A, IIa/A

Nitrati Antianginosa I/C per i sintomi ischemici

Calcio-antagonisti (l’uso di antagonisti diidropiridinici ad azione rapida va evitato)

Antianginosa I per i sintomi ischemici; quando i β-bloccanti risultano ineffi caci (B) o controindicati oppure quando causano eff etti collaterali non accettabili (C)

Dipiridamolo Antiaggregante piastrinico III/A

FARMACI PER LA PREVENZIONE SECONDARIA E ALTRE INDICAZIONI FATTORE DI RISCHIO CLASSE/LIVELLO DI EVIDENZA

Inibitori dell’HMG-CoA reduttasi Colesterolo LDL > 70 mg/dL Ia

Fibrati Colesterolo HDL < 40 mg/dL IIa/B

Niacina Colesterolo HDL < 40 mg/dL IIa/B

Niacina o fi brato Trigliceridi 200 mg/dL IIa/B

Antidepressivi Trattamento degli stati depressivi IIb/B

Antipertensivi Pressione arteriosa > 140/90 mmHgo > 130/80 mmHg in presenza di epatopatia o diabete

I/A

Terapia ormonale (avvio) † Stato di postmenopausa III/A

Antidiabetici HbA1c > 7% I/B

Terapia ormonale (prosecuzione) † Stato di postmenopausa III/B

Inibitore della COX-2 o FANS Dolore cronico IIa/C, IIb/C o III/C

Vitamine C, E, β-carotene; acido folico, B6, B12 Eff etto antiossidante; riduzione dei livelli di omocisteina

III/A

* Da preferirsi alla ticlopidina. † Per ridurre il rischio di coronaropatia. Da Anderson JL, Adams CD, Antman EM, et al: ACC/AHA 2007 Guidelines for the management of patients with unstable angina/non ST-elevation myocardial infarction. a report of the

American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular and Pulmonary Rehabilitation and the Society for Academic Emergency Medicine. J Am Coll Cardiol 50:e1, 2007.

TABELLA 56L.7 Valutazione dell’adeguatezza dei diversi metodi di rivascolarizzazione secondo l’ACC/AHA

CABG PCI

ASSENZA DI DIABETE E

FEVS NORMALE DIABETE FEVS DEPRESSA

ASSENZA DI DIABETE E

FEVS NORMALE DIABETE FEVS DEPRESSA

Coronaropatia bivasale con stenosi della LAD prossimale

A A A A A A

Coronaropatia trivasale A A A D D D

Stenosi isolata del tronco comune A A A I I I

Stenosi del tronco comune con coronaropatia aggiuntiva

A A A I I I

Da Patel MR, Dehmer GJ, Hirshfeld JW, et al: ACCF/SCAI/STS/AATS/AHA/ASNC 2009 Appropriateness Criteria for Coronary Revascularization: A report by the American College of Cardiology Foundation Appropriateness Criteria Task Force, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, Society of Thoracic Surgeons, American Association for Thoracic Surgery, American Heart Association, and the American Society of Nuclear Cardiology Endorsed by the American Society of Echocardiography, the Heart Failure Society of America, and the Society of Cardiovascular Computed Tomography. J Am Coll Cardiol 53:530, 2009.

CABG = bypass aortocoronarico; FEVS = frazione di eiezione ventricolare sinistra; LAD = arteria coronaria discendente anteriore sinistra; PCI = intervento coronarico percutaneo. A = appropriato; D = dubbio; I = inappropriato.

ACE = enzima di conversione dell’angiotensina; COX-2 = ciclossigenasi-2; FANS = farmaco antinfi ammatorio non steroideo; FE = frazione di eiezione; HDL = lipoproteine ad alta densità; HF = insuffi cienza cardiaca; HMG-CoA = idrossimetilglutaril-coenzima A; LDL = lipoproteine a bassa densità.

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Page 33: 1222 CAPITOLO 56 Angina instabile e infarto miocardico ... · L’incidenza dell’NSTE-SCA, sia in assoluto sia rispetto allo STEMI, è ... grave restringimento del lume coronarico

CA

PITOLO

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i pazienti trattati con terapia farmacologica è di 81-162 mg; in seguito a PCI, si raccomanda una dose leggermente più alta (162-325 mg) per un periodo di 1, 3 o 6 mesi, a seconda del tipo di stent, da ridursi successivamente. Se indicato, si aggiungerà warfarin adottando una titolazione basata su un INR di 2,0-2,5; è inoltre raccomandata la somministrazione di acido acetilsalicilico 81 mg/die.

BIBLIOGRAFIA 1. Anderson JL , Adams CD , Antman EM , et al: ACC/AHA 2007 guidelines

for the management of patients with unstable angina/non–ST-elevation myocardial infarction: A report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines (Writing Committee to Revise the 2002 Guidelines for the Management of Patients With Unstable Angina/Non–ST-Elevation Myocardial Infarction) developed in collaboration with the American College of Emergency Physicians, the Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, and the Society of Thoracic Surgeons endorsed by the American Association of Cardiovascular

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3. Patel MR , Dehmer GJ , Hirshfeld JW , et al: ACCF/SCAI/STS/AATS/AHA/ASNC 2009 Appropriateness Criteria for Coronary Revascularization: A report by the American College of Cardiology Foundation Appropriateness Criteria Task Force, Society for Cardiovascular Angiography and Interventions, Society of Thoracic Surgeons, American Association for Thoracic Surgery, American Heart Association, and the American Society of Nuclear Cardiology Endorsed by the American Society of Echocardiography, the Heart Failure Society of America, and the Society of Cardiovascular Computed Tomography . J Am Coll Cardiol 53 : 530 , 2009 .

Gruppi di pazienticon UA/NSTEMI in dimissione

Terapia farmacologicasenza stent

Gruppo stentmetallico

Indicazione all’anticoagulazione?

Aggiungere warfarin (INR 2,0-3,0)(classe IIb LDE: B)

Proseguire con duplice terapiaantipiastrinica come sopra

Sì No

Gruppo stentmedicato

ASA 75-162 mg/die indefinitamente

(classe I LDE: A)e

clopidogrel 75 mg/dieper almeno 1 mese(classe I LDE: A)e fino a 1 anno

(classe I LDE: B)

ASA 75-325 mg/dieper almeno 3-6 mesi,

a seguire 75-162 mg/dieindefinitamente

(classe I LDE: A)e

clopidogrel 75 mg/dieper almeno 1 anno(classe I LDE: B)

ASA 75-325 mg/die per almeno 1 mese, a seguire

75-162 mg/die indefinitamente (classe I LDE: A)

eclopidogrel 75 mg/die

per almeno 1 mese e fino a 1 anno (classe I LDE: B)

FIGURA 56L.6 Linee guida dell’ACC/AHA per la selezione di una terapia antitrombotica a lungo termine alla dimissione dopo UA/NSTEMI. ASA = acido acetilsalicilico; INR = International Normalized Ratio; LDE = livello di evidenza.

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