106 - Un santuario nell'Artico

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GREENPEACE NEWS - N.106 - III TRIMESTRE 2012 - ANNO XXVI GREENPEACE NEWS - N.106 - III TRIMESTRE 2012 - ANNO XXVI UN SANTUARIO NELL’ARTICO n°centosei

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III trimestrale 2012

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GREENPEACE NEWS - N.106 - III TRIMESTRE 2012 - ANNO XXVIGREENPEACE NEWS - N.106 - III TRIMESTRE 2012 - ANNO XXVI

UN SANTUARIONELL’ARTICO

n°centosei

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SOMMARIO

FORESTEFavole mangia alberi

CLIMAAncora più luceARTICO

Un santuarioal Polo Nord

MARENo alle trivelle

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INQUINAMENTOIl gioco delloscaricabarile

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OGMUn processosbagliato

12CLICK & CO.

FERMARE IL PENSIERO FOSSILE: questa è la priorità diGreenpeace per i prossimi mesi. Bloccare i progetti di espansio-ne del carbone (di ENEL e di altri operatori) e la spinta per espan-dere le trivellazioni a mare, la cui restrizione è stata una dellepochissime scelte sagge degli ultimi anni. Andiamo per ordine.

1.La campagna contro il carbone di ENEL ha avuto un esitoimprevisto. L’azienda elettrica ha presentato un reclamo urgen-te al Tribunale civile di Roma con la richiesta di bloccare buonaparte dei contenuti. Dunque un’azienda con oltre 70 miliardi difatturato, invece di rispondere nel merito delle nostre analisi (unmorto al giorno per inquinamento dalle loro centrali a carbonein Italia), ha cercato di bloccare il nostro sito web attaccando illinguaggio di una narrativa da “investigazioni criminali” (“spor-ca verità”, “killer del clima”, etc.). Il giudice di Roma ha respin-to il reclamo, confermando che la nostra campagna è scientifi-camente fondata e che il linguaggio utilizzato rientra nel dirittodi critica. Oltre 34 mila persone hanno aderito alla piattaformaweb per diffondere nei social network i materiali; la fase di“indagine” è chiusa. Si apre adesso una nuova fase anche invista delle prossime elezioni. ENEL, azienda privata controllatadallo Stato al 30 per cento, spinge per aumentare la produzio-ne da carbone: è questa la politica energetica che vogliamo?

2.La campagna anti-trivelle in Sicilia, lanciata in piena estate, haavuto un ampio supporto: oltre 56 mila firme, l’adesione di unacinquantina di sindaci e del governo regionale, associazioni dellapesca e del turismo. Se anche si estraesse tutto il petrolio di scar-sa qualità che c’è dal Canale di Sicilia all’Adriatico, si trattereb-be di una quantità dell’ordine dei 10 milioni di tonnellate.Sembra tanto ma, a confronto dei consumi annuali dell’Italia di77 milioni di tonnellate, consiste nel consumo di meno di due

mesi. Il gioco delle trivellazioni a mare (per le poche risorseestraibili) vale la candela (i rischi ambientali)? Secondo noi, e loschieramento che abbiamo iniziato a costruire a partire dallaSicilia, la risposta è No.

3.La bozza di Strategia Energetica Nazionale che circola inqueste settimane esprime bene il pensiero del ministro dello svi-luppo economico Corrado Passera. Anche se si dichiara unobiettivo sensibilmente maggiore per le rinnovabili anche nelsettore elettrico, che salgono al 38 per cento invece che del 26per cento, manca la chiarezza sugli incentivi che servirebbero perraggiungerlo, mentre la maggiore libertà di trivellare a mare èdefinita perfettamente. Si conferma il sostegno alle rinnovabiliper gli usi termici ma anche per questo settore non si vede comegli incentivi possano sostenere gli obiettivi dichiarati. Sul-l’efficienza energetica si fanno dichiarazioni di principio ma nonsi definiscono gli obiettivi quantitativi dei certificati bianchi, con-siderati uno strumento fondamentale dallo stesso documento.

Da segnalare di positivo che non c’è un aumento di potenza acarbone, la cui produzione rimane sostanzialmente stabile.L’aumento delle rinnovabili va dunque a scapito della produzio-ne da gas naturale e delle importazioni. Se, invece, l’aumentodelle rinnovabili andasse in parte a dimezzare la produzione dielettricità da carbone, come chiesto da Greenpeace, si taglie-rebbero almeno altri 10 milioni di tonnellate di CO2. Invece dicontinuare a investire ingenti risorse per l’estrazione petrolifera(la stessa bozza di Strategia ricorda che tutte le risorse presentia terra e a mare si esaurirebbero in cinque anni), è necessariospostare questi investimenti per porta-re efficienza e rinnovabili al centro delsistema industriale dell’energia.

EDITORIALE

PERIODICODI GREENPEACE ITALIADirettore editoriale/Andrea PincheraDirettore responsabile/Fabrizio CarboneRedazione/Serena Bianchi, Laura Ciccardini,Maria Carla Giugliano, Valeria Iovane,Ambra Lattanzi, Luigi Lingelli, FeliceMoramarco, Cecilia Preite Martinez,Gabriele SalariArchivio foto/Massimo GuidiInternet/Alessio NunziProgetto grafico/Saatchi&SaatchiImpaginazione/Francesca Schiavoni, Paolo Costa

Redazione e Amministrazione/Greenpeace ONLUSVia della Cordonata, 700187 Romaemail: [email protected]: 06.68136061 fax: 06.45439793Ufficio abbonamenti/Augusto Carta tel: 06.68136061(231)Sped. in abb. postale -Art.1, Comma 2- Legge 46/2004 - DBC RomaAbbonamento annuo 35 EuroAut. Tribunale di Roma 275/87 del 8.5/87

Foto copertina/© Daniel Beltrà/Greenpeace

Questo periodico è stampato su cartaamica delle foreste: carta riciclata conte-nente alte quantità di fibre post-consumoe sbiancata senza cloro. L’involucro perl’invio del Greenpeace News è inMaterbi, un materiale derivato dal mais,completamente biodegradabile.

NEWS

di GIUSEPPE ONUFRIO

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DAL MONDO

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IL CANALE DI SICILIA è uno dei punti piùricchi di biodiversità del Mediterraneo,ma anche tra quelli più minacciati dallafolle corsa al petrolio al largo delle nostrecoste. Oltre a quattro piattaforme già atti-ve, nel Canale vi sono ben ventinoverichieste di ricerca di petrolio, di cui undi-ci già autorizzate. A beneficiarne grandicompagnie come Shell o ENI, per le qualil’Italia è un vero paradiso fiscale. A rischionon solo l’ambiente, ma il benessere el’economia delle comunità costiere, dallapesca al turismo. Per fermare l’avanzata dei petrolieri que-sta estate Greenpeace è scesa in Siciliacon il tour “U mari nun si spirtusa”. Ilnostro obiettivo? Informare le comunitàdel rischio delle trivellazioni e unirle indifesa del nostro mare, chiedendo ai sin-daci dei comuni che si affacciano sulCanale di Sicilia di aderire al nostro appel-lo al Ministero dell’Ambiente e della tute-la del Mare per fermare le trivelle.Il tour parte dal capoluogo della Sicilia,Palermo, dove dalla spiaggia di Mondellogli attivisti di Greenpeace “sporchi di

petrolio” simulano gli effetti di un disastropetrolifero accompagnati dal sindacodella città e dall’assessore regionaleall’Ambiente. Luna, la barca a vela sullaquale viaggiamo, inizia quindi a navigareverso sud visitando luoghi spettacolarimessi a rischio dall’avanzata del petrolio.Dalla riserva naturale dello Zingaro alleSaline di Mozia il nostro messaggio è forte echiaro: “No alle trivelle nel Canale di Sicilia”.Gli instancabili volontari di Greenpeacescendono sulle spiagge e nelle piazze del-le principali località costiere per sensibiliz-zare le persone e chiedere loro di aderirealla nostra campagna con “Diccilu’ ‘oSinnacu”, ovvero “Scrivi al tuo Sindaco”.

NON SIAMO SOLIAl nostro fianco due siciliani doc, SalvoFicarra e Valentino Picone che appoggia-no con forza questa battaglia: “tutti insie-me possiamo e riusciremo a vincere”dicono nel nostro video. La notizia deltour inizia così a diffondersi: in migliaiascrivono ai loro sindaci, le persone ricono-scono il logo sulle nostre magliette, i citta-

dini aspettano il nostro arrivo sulle spiag-ge. Riusciamo a contagiare i sindaci ditutte le città visitate: da Trapani adAgrigento i primi cittadini firmano controle trivellazioni in mare. E mentre l’opinio-ne pubblica si mobilita, anche le associa-zioni locali e di categoria si uniscono allanostra battaglia. Un evento storico vieneorganizzato a Scoglitti, che vede per laprima volta uniti Greenpeace, le associa-zioni di pescatori e i sindaci della zona. Daqui parte l’idea di un coordinamento sulterritorio a tutela del mare e un nuovoincontro con i sindaci viene organizzato aSciacca.Siamo a metà del tour e sono già ventino-ve i sindaci che hanno firmato il nostroappello; ma non possiamo fermarci, nemancano ancora tanti altri. Arriviamo inuno dei punti più suggestivi di questacosta: Scala dei Turchi, un’enorme calatadi roccia calcarea che si tuffa nel mare,dichiarata Patrimonio dell’umanitàdall’Unesco. Ci copriamo di finto petrolioe ci disponiamo sulla roccia bianca: oggisiamo "neri contro le trivelle" per evitare

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di GIORGIA MONTI

U MARI NUNSI SPIRTUSA

NO ALLETRIVELLE

MARE

SPECIALE

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FORESTEFavole mangia alberi

CLIMAAncora più luceARTICO

Un santuarioal Polo Nord

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OGMUn processosbagliato

12CLICK & CO.

FERMARE IL PENSIERO FOSSILE: questa è la priorità diGreenpeace per i prossimi mesi. Bloccare i progetti di espansio-ne del carbone (di ENEL e di altri operatori) e la spinta per espan-dere le trivellazioni a mare, la cui restrizione è stata una dellepochissime scelte sagge degli ultimi anni. Andiamo per ordine.

1.La campagna contro il carbone di ENEL ha avuto un esitoimprevisto. L’azienda elettrica ha presentato un reclamo urgen-te al Tribunale civile di Roma con la richiesta di bloccare buonaparte dei contenuti. Dunque un’azienda con oltre 70 miliardi difatturato, invece di rispondere nel merito delle nostre analisi (unmorto al giorno per inquinamento dalle loro centrali a carbonein Italia), ha cercato di bloccare il nostro sito web attaccando illinguaggio di una narrativa da “investigazioni criminali” (“spor-ca verità”, “killer del clima”, etc.). Il giudice di Roma ha respin-to il reclamo, confermando che la nostra campagna è scientifi-camente fondata e che il linguaggio utilizzato rientra nel dirittodi critica. Oltre 34 mila persone hanno aderito alla piattaformaweb per diffondere nei social network i materiali; la fase di“indagine” è chiusa. Si apre adesso una nuova fase anche invista delle prossime elezioni. ENEL, azienda privata controllatadallo Stato al 30 per cento, spinge per aumentare la produzio-ne da carbone: è questa la politica energetica che vogliamo?

2.La campagna anti-trivelle in Sicilia, lanciata in piena estate, haavuto un ampio supporto: oltre 56 mila firme, l’adesione di unacinquantina di sindaci e del governo regionale, associazioni dellapesca e del turismo. Se anche si estraesse tutto il petrolio di scar-sa qualità che c’è dal Canale di Sicilia all’Adriatico, si trattereb-be di una quantità dell’ordine dei 10 milioni di tonnellate.Sembra tanto ma, a confronto dei consumi annuali dell’Italia di77 milioni di tonnellate, consiste nel consumo di meno di due

mesi. Il gioco delle trivellazioni a mare (per le poche risorseestraibili) vale la candela (i rischi ambientali)? Secondo noi, e loschieramento che abbiamo iniziato a costruire a partire dallaSicilia, la risposta è No.

3.La bozza di Strategia Energetica Nazionale che circola inqueste settimane esprime bene il pensiero del ministro dello svi-luppo economico Corrado Passera. Anche se si dichiara unobiettivo sensibilmente maggiore per le rinnovabili anche nelsettore elettrico, che salgono al 38 per cento invece che del 26per cento, manca la chiarezza sugli incentivi che servirebbero perraggiungerlo, mentre la maggiore libertà di trivellare a mare èdefinita perfettamente. Si conferma il sostegno alle rinnovabiliper gli usi termici ma anche per questo settore non si vede comegli incentivi possano sostenere gli obiettivi dichiarati. Sul-l’efficienza energetica si fanno dichiarazioni di principio ma nonsi definiscono gli obiettivi quantitativi dei certificati bianchi, con-siderati uno strumento fondamentale dallo stesso documento.

Da segnalare di positivo che non c’è un aumento di potenza acarbone, la cui produzione rimane sostanzialmente stabile.L’aumento delle rinnovabili va dunque a scapito della produzio-ne da gas naturale e delle importazioni. Se, invece, l’aumentodelle rinnovabili andasse in parte a dimezzare la produzione dielettricità da carbone, come chiesto da Greenpeace, si taglie-rebbero almeno altri 10 milioni di tonnellate di CO2. Invece dicontinuare a investire ingenti risorse per l’estrazione petrolifera(la stessa bozza di Strategia ricorda che tutte le risorse presentia terra e a mare si esaurirebbero in cinque anni), è necessariospostare questi investimenti per porta-re efficienza e rinnovabili al centro delsistema industriale dell’energia.

EDITORIALE

PERIODICODI GREENPEACE ITALIADirettore editoriale/Andrea PincheraDirettore responsabile/Fabrizio CarboneRedazione/Serena Bianchi, Laura Ciccardini,Maria Carla Giugliano, Valeria Iovane,Ambra Lattanzi, Luigi Lingelli, FeliceMoramarco, Cecilia Preite Martinez,Gabriele SalariArchivio foto/Massimo GuidiInternet/Alessio NunziProgetto grafico/Saatchi&SaatchiImpaginazione/Francesca Schiavoni, Paolo Costa

Redazione e Amministrazione/Greenpeace ONLUSVia della Cordonata, 700187 Romaemail: [email protected]: 06.68136061 fax: 06.45439793Ufficio abbonamenti/Augusto Carta tel: 06.68136061(231)Sped. in abb. postale -Art.1, Comma 2- Legge 46/2004 - DBC RomaAbbonamento annuo 35 EuroAut. Tribunale di Roma 275/87 del 8.5/87

Foto copertina/© Daniel Beltrà/Greenpeace

Questo periodico è stampato su cartaamica delle foreste: carta riciclata conte-nente alte quantità di fibre post-consumoe sbiancata senza cloro. L’involucro perl’invio del Greenpeace News è inMaterbi, un materiale derivato dal mais,completamente biodegradabile.

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che la storia si ripeta e che ci renda spet-tatori di disastri come quello del Golfo delMessico. Il tour continua, e ad appoggia-re la nostra campagna sono anche loshowman siciliano Sergio Friscia, lo scrit-tore Andrea Camilleri e l’europarlamenta-re Rita Borsellino. Il mostro che vogliamosconfiggere è davanti a noi: al largo diPozzallo si trova la Vega A di ENI-Edison,la piattaforma offshore più grande pre-

sente in Italia. Insieme alle barche dellaLega Navale ci avviciniamo per protestaree, con un enorme banner galleggiante,gridiamo “meglio l’oro blu dell’oronero!”. Siamo ormai alla fine di questoincredibile viaggio che si conclude conenorme successo. Anche le ultime duecittà visitate aderiscono: a Siracusa la noti-zia ci arriva mentre siamo a bordo di Lunacon Patrizia Maiorca, a Catania mentre

siamo in spiaggia con i volontari. La nostracampagna ha coinvolto ben 50 sindacisiciliani, il governo della Regione Sicilia,associazioni di pescatori, comitati locali eoltre 56 mila persone che hanno firmato lapetizione on line. Tutti uniti per chiedereal Ministero dell'Ambiente e della tuteladel Mare di fermare le trivelle e tutelarequesto meraviglioso mare e le coste chevi si affacciano.

COSA SI NASCONDE sui banchi del Canale di Sicilia?Questa estate, insieme ai ricercatori dell’ISPRA, abbiamo dato ilvia a una spedizione scientifica per documentare la biodiversitàdei banchi d’alto mare. Partiti da Mazara del Vallo a bordo della nave Astrea, abbiamoesplorato, con l’ausilio di un veicolo filoguidato dotato di teleca-mera (ROV), le profondità del Banco Avventura e del Banco diGraham (Isola Ferdinandea).E’ la prima volta che tale tecnologiaviene impiegata per monitorare queste aree fino alla profonditàdi 160 metri. Quello che abbiamo trovato è un universo sottomarino straordi-nario: praterie sconfinate di gorgonie rosse e bianche, foreste dilaminarie, spugne di grandi dimensioni e coralli molli. A questesi alternano anfratti rocciosi che racchiudono i colori sgargianti dispugne incrostanti e anemoni, mentre tra una cavità e l’altrafanno capolino aragoste e pesci San Pietro. Sulle pareti più pro-fonde del Banco di Graham, parte di un complesso vulcanicoancora attivo, siamo stati in grado di osservare tutte e quattro lespecie di corallo nero conosciute per il Mediterraneo. I risultatisono degni di nota: in soli due giorni sono state identificate ben

96 specie diverse. Parliamo di dati preliminari a cui seguirannoulteriori studi, ma che indicano che si tratta di un fondale conun'altissima biodiversità. La nostra spedizione conferma l'enor-me ricchezza e fragilità di questi fondali, ove da tempoGreenpeace chiede di istituire delle riserve marine. Ambientiincontaminati come questi andrebbero tutelati e non messi arischio con le trivellazioni. G.M.

I SEGRETI NASCOSTI DEL CANALE

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Dalla nostra inviata sull’Arctic Sunrise

SUBITO DOPO la deludente conclusionedel Vertice sulla Terra di Rio de Janeiro èpartito il tour al Polo Nord dell'ArcticSunrise, la nave rompighiaccio diGreenpeace, che ha segnato il lancio dellacampagna “Save The Arctic“.Il 4 agosto anch'io sono salita a bordo,come addetta stampa, e per due settima-ne ho navigato nel mare di Barents, al largodella Russia, in cerca della “Prirazlomnaya”,la prima piattaforma petrolifera nell'Articodi proprietà di Gazprom. Questa piattafor-ma potrebbe rappresentare l'inizio di unapericolosissima corsa all'oro nero. Per que-sto Greenpeace chiede la creazione di unsantuario nell'Artico.La banchisa polare artica si sta sciogliendorapidamente e senza il ghiaccio, che riflet-te nello spazio il calore del sole, le tempe-rature sono destinate a salire. Sarebbe undisastro per tutti ma, paradossalmente,c'è qualcuno che vede nel disastro un'op-

portunità da cogliere. Per giganti dell’energia quali Shell, BP,Exxon, Gazprom ed Eni lo scioglimentodei ghiacci significa via libera alle esplora-zioni petrolifere. E queste aziende sono lestesse che contribuiscono ad aggravare lasituazione climatica globale continuandoa investire in combustibili fossili inveceche in rinnovabili. Il sito dove si trova laPrirazlomnaya è ghiacciato per circa novemesi l'anno e le temperature possonoraggiungere 50 gradi sotto lo zero.Né Gazprom né i suoi partner possiedonogli strumenti e le conoscenze per operarein un ambiente così estremo. La probabi-lità che si verifichino incidenti è molto alta,come altrettanto alta è l’impossibilità digestire situazioni di emergenza da parti ditali compagnie. Il sistema approntato daGazprom può reggere una fuoriuscita finoa 1.500 tonnellate di petrolio, ma la piat-taforma ne può contenere 120 mila.Intorno al Polo Nord ruotano grandi inte-ressi: i governi degli Stati che si affacciano

sull'Artico sono in lotta per accaparrarsiqueste zone, attualmente appartenentialla comunità internazionale, per poi con-cederle alle compagnie petrolifere. Ed èpreoccupante il fatto che questi Stati sistiano armando con sottomarini e aerei dacombattimento.

DIARIO DI BORDOQuando sono arrivata a Murmansk, lacapitale polare della Russia, ho saputo chel'Arctic non aveva ottenuto i permessi perormeggiare in porto. E dopo quattro gior-ni di navigazione, quando abbiamo rag-giunto la Prirazlomnaya, ci è stato intimatodi rimanere a una distanza di tre miglia.L'Arctic è la nave peggiore per il mal dimare, chi lavora a Greenpeace lo sa, e perquesto viene chiamata the washingmachine. Essendo una rompighiaccio, hala chiglia piatta ed è molto sensibile almovimento del mare. Con il vento a favo-re, la prima metà del viaggio è andatabene, ma al ritorno è stata dura: disidrata-

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SPECIALE

di REBECCA BORRACCINIARTICO

UN SANTUARIOAL POLO NORD

LA SCOMMESSADI GREENPEACE

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che la storia si ripeta e che ci renda spet-tatori di disastri come quello del Golfo delMessico. Il tour continua, e ad appoggia-re la nostra campagna sono anche loshowman siciliano Sergio Friscia, lo scrit-tore Andrea Camilleri e l’europarlamenta-re Rita Borsellino. Il mostro che vogliamosconfiggere è davanti a noi: al largo diPozzallo si trova la Vega A di ENI-Edison,la piattaforma offshore più grande pre-

sente in Italia. Insieme alle barche dellaLega Navale ci avviciniamo per protestaree, con un enorme banner galleggiante,gridiamo “meglio l’oro blu dell’oronero!”. Siamo ormai alla fine di questoincredibile viaggio che si conclude conenorme successo. Anche le ultime duecittà visitate aderiscono: a Siracusa la noti-zia ci arriva mentre siamo a bordo di Lunacon Patrizia Maiorca, a Catania mentre

siamo in spiaggia con i volontari. La nostracampagna ha coinvolto ben 50 sindacisiciliani, il governo della Regione Sicilia,associazioni di pescatori, comitati locali eoltre 56 mila persone che hanno firmato lapetizione on line. Tutti uniti per chiedereal Ministero dell'Ambiente e della tuteladel Mare di fermare le trivelle e tutelarequesto meraviglioso mare e le coste chevi si affacciano.

COSA SI NASCONDE sui banchi del Canale di Sicilia?Questa estate, insieme ai ricercatori dell’ISPRA, abbiamo dato ilvia a una spedizione scientifica per documentare la biodiversitàdei banchi d’alto mare. Partiti da Mazara del Vallo a bordo della nave Astrea, abbiamoesplorato, con l’ausilio di un veicolo filoguidato dotato di teleca-mera (ROV), le profondità del Banco Avventura e del Banco diGraham (Isola Ferdinandea).E’ la prima volta che tale tecnologiaviene impiegata per monitorare queste aree fino alla profonditàdi 160 metri. Quello che abbiamo trovato è un universo sottomarino straordi-nario: praterie sconfinate di gorgonie rosse e bianche, foreste dilaminarie, spugne di grandi dimensioni e coralli molli. A questesi alternano anfratti rocciosi che racchiudono i colori sgargianti dispugne incrostanti e anemoni, mentre tra una cavità e l’altrafanno capolino aragoste e pesci San Pietro. Sulle pareti più pro-fonde del Banco di Graham, parte di un complesso vulcanicoancora attivo, siamo stati in grado di osservare tutte e quattro lespecie di corallo nero conosciute per il Mediterraneo. I risultatisono degni di nota: in soli due giorni sono state identificate ben

96 specie diverse. Parliamo di dati preliminari a cui seguirannoulteriori studi, ma che indicano che si tratta di un fondale conun'altissima biodiversità. La nostra spedizione conferma l'enor-me ricchezza e fragilità di questi fondali, ove da tempoGreenpeace chiede di istituire delle riserve marine. Ambientiincontaminati come questi andrebbero tutelati e non messi arischio con le trivellazioni. G.M.

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zione e capogiri ci hanno accompagnatoper tutto il tempo. Con il mal di mare con-centrarsi è molto difficile e qualunquecosa appare stancante.Il primo risveglio in mezzo al mare è statoincredibile: attorno a me solo acqua. A volte l'idea di essere così lontana datutto mi sembrava strana, per quel che nesapevo il mondo poteva essere scompar-so nel frattempo.Ma a bordo non c'è tempo per le specula-zioni filosofiche: sveglia alle 7:30, colazio-ne alle 8, poi le pulizie, pranzo a mezzo-giorno e cena alle 18. Così viene scanditoil tempo e tra un pasto e l'altro si lavora.

I membri dell'equipaggio sono personeeccezionali: non sono ossessionati da orarie scadenze perché quando vivi navigandonon te lo puoi permettere. Il mare è piùforte e scombina i tuoi piani, meglio esse-re flessibili. E pronti all’azione.Il giorno più emozionante della navigazio-ne è stato il 24 agosto, quando attivisti datutto il mondo insieme al direttore inter-nazionale di Greenpeace, Kumi Naidoo,sono entrati in azione per bloccare laPrirazlomnaya e chiedere alla Russia diabbandonare i piani di perforazione inArtico. Sono rimasti appesi alla piattafor-ma per quindici ore, poi si sono incatenati

all'ancora della nave d'appoggio.L'impresa è durata in tutto cinque giorni:centoventi ore durante le quali gli attivistisono stati sotto il tiro degli idranti dellaPrirazlomnaya.

ULTIMO MINUTORecord del disgelo annuale del ghiaccioartico dal 1979, quando sono iniziate lerilevazioni satellitari. Gli scienziati statuni-tensi del National Snow and Ice DataCenter comunicano che la superficie co-perta dal ghiaccio è ora di 3,41 milioni dichilometri quadri, il 45 per cento in menorispetto al 1979.

È NATO IL MOVIMENTO GLOBALE per salvare una delle areedel pianeta più fragili e minacciate dai cambiamenti climatici. Sulnostro sito www.savethearctic.org più di due milioni di perso-ne hanno chiesto ai leader del mondo di creare un santuario glo-bale al Polo Nord e vietare le perforazioni petrolifere e la pescaindustriale nelle acque artiche. La Ribellione Artica è cominciata lo scorso luglio quando i nostri“orsi polari” hanno invaso le capitali di tutto il mondo per prote-stare contro la distruzione della loro casa: labanchisa polare artica si è ridotta drammati-camente negli ultimi anni e, secondo gliscienziati, il ghiaccio del Polo Nord potreb-be scomparire presto. Alla “ribellione artica” si sono uniti centopersonaggi famosi, tra loro Paul McCartney,Penelope Cruz e Robert Redford. In Italiahanno dato il loro sostegno alla campagnaSergio Castellitto, Laura Morante,Margherita Buy, Giobbe Covatta e ClaudioSantamaria. Questo movimento ha ancheuna colonna sonora, quella dei Radiohead,che abbiamo seguito in tutte le tappe del loro tour italiano.L’orsa polare Paula, così simile alla realtà da sembrare vera, siaggirava tra la gente ai concerti della band a Roma, Firenze,

Bologna, Udine e, insieme agli attivisti di Greenpeace, ha reclu-tato migliaia di nuovi difensori artici. Su www.savethearctic.org firmare è solo il primo passo. Tutti pos-sono scegliere il proprio animale artico. Vi sentite forti come unorso polare o furbi come una volpe artica? Simpatici come un tri-checo o magici come una civetta delle nevi? C’è anche il narva-lo, l’unicorno del mare. Una volta scelto l’animale preferito nonresta che diffondere la campagna tra amici e contatti: più perso-

ne si riescono a portare sul sito, più aumen-ta il proprio punteggio. Il primo in classifica riceverà un premio stra-ordinario: parteciperà alla spedizione diGreenpeace verso il Polo Nord dove, sulfondo dell’oceano, pianteremo la Bandieraper il Futuro disegnata dai giovani di tutto ilmondo, insieme a una capsula artica checonterrà tutti i nomi dei difensori artici. Labandiera mostrerà che la nostra visione diun pianeta verde, sano e pacifico dipendedall'Artico protetto da tutti noi. Il suo statodi salute non riguarda solo gli animali artici

e le comunità locali ma tutti noi poiché, riflettendo i raggi delsole con i suoi ghiacci, determina le condizioni meteorologichedi tutto il pianeta. MARIA CARLA GIUGLIANO

E VENNE IL TEMPO DELLA RIBELLIONE ARTICA

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BREVE CRONACA di una battaglia inizia-ta lo scorso marzo. E ancora tutta da gio-care, ma che segna una prima vittoria. Parliamo della campagna di Greenpeacecontro il killer del clima numero uno delnostro Paese: ENEL. Una campagna cheabbiamo titolato “Facciamo Luce SuENEL” e che ha rappresentato un vero la-voro d’indagine sulla più grande compa-gnia elettrica italiana, una multinazionalecon attività in quaranta Paesi. Perchéabbiamo deciso di indagare su ENEL?Semplice: perché del totale dell’elettricitàprodotta nel nostro Paese col carbone,quella targata ENEL è pari al 72 per cento.È possibile tradurre questa percentuale inuna misurazione degli impatti? Sì.

LE PROVELa produzione termoelettrica a carbone diENEL causa in Italia una morte prematuraal giorno e provoca danni in terminimonetari di circa 2 miliardi di euro l’anno.Nel resto d’ Europa quella stessa produ-zione sfiora quasi 1.100 casi di morti pre-mature l’anno e vola a 4,3 miliardi di euro.A fare questi danni è la quantità di C02emessa che fa piazzare ENEL in pole posi-tion con i suoi 36,8 milioni di tonnellate inItalia e che la vede al quarto posto nellapiù ampia classifica europea, con i suoi 78milioni di tonnellate.Si pensi che nel nostro Paese le emissionidi anidride carbonica da parte di ENELsono pari alla somma delle emissioni attri-buite al comparto dell’acciaio e delcemento, circa il 55 per cento in più di

quanto attribuito ai grandi gruppi di raffi-nazione.I primi dati, quelli sull’impatto sanitario edeconomico del carbone, sono frutto diuna ricerca innovativa, realizzata dal-l’Istituto di ricerca indipendente olandeseSOMO sulla base di una metodologia diricerca utilizzata dall’Agenzia Europea perl’Ambiente (dunque una metodologiaaccreditata in seno all’Unione Europea) sudati di emissione ufficiali, certificati peral-tro da ENEL stessa. A permetterci invecedi quantificare le emissioni di anidride car-bonica è l’Istituto Carbon Market Dataoperante sull’intero continente.Sulla base di queste evidenze Green-peace, nei mesi scorsi, ha incalzato ENELin mille modi: sfidandola direttamentedurante l’assemblea annuale degli azioni-sti, consegnando a 100 mila italiani una“vera” bolletta che svela i costi effettividell’azienda per il Paese, e ancora, facen-do controinformazione in moltissimi even-ti sponsorizzati dall’ENEL. Ha realizzatospettacolari azioni di protesta presso ilquartier generale di Roma e altrove, haraccolto sul sito della campagna –www.facciamolucesuenel.org – il soste-gno di migliaia di cittadini che chiedonoun’azienda diversa, rispettosa del clima,dell’ambiente, della salute. Greenpeace,nello studio commissionato all’IstitutoSOMO, ha incluso un piano dettagliato diuscita del carbone, una prospettiva eco-nomicamente sostenibile che porterebbel’ENEL a dimezzare l’uso di quella fonte al2020, sino ad abbandonarla definitiva-

mente entro il 2030, rinunciando intantoalla realizzazione dei nuovi impianti che hain progetto.

ENEL: LA REAZIONEQual è stata la risposta di ENEL alle richie-ste della nostra associazione? Un silenzioassordante prima, e poi il tentativo di bat-terci in tribunale e zittire la nostra protestaa suon di richieste di risarcimento.Greenpeace è stata trascinata in aula conun’accusa: la sua campagna è diffamatoriae lesiva dell’onore di ENEL.Ma il tentativo di censura è stato bocciatodal Tribunale di Roma. La Prima Sezionecivile ha riconosciuto che la comunicazionedi Greenpeace è commisurata all’eviden-za dei dati scientifici prodotti, che dimo-strano gli impatti del carbone sul clima esulla salute umana. “Il nucleo essenzialedella notizia riportata da Greenpeace èdunque conforme a verità…”, si leggenella sentenza; dove il giudice scriveanche che gli esiti della ricerca non “sonostati contestati dalle società ricorrenti[gruppo ENEL] essendone peraltro l’ENELstata portata tempestivamente a cono-scenza”. In altre parole, l’azienda non è ingrado di smentire le nostre valutazioni. Ilgiudice ha condannato ENEL a pagare lespese processuali.Greenpeace, anche in virtù di ciò, conti-nuerà a fare luce su ENEL. Come avrem-mo fatto, del resto, in ogni caso: fin quan-do vi sarà motivo di battersi per arrestarel’avanzata del carbone, per difendere ilclima e il futuro del pianeta.

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ANCORAPIU’ LUCEPRIMA VITORIASULL’ENEL

di ANDREA BORASCHICLIMA

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zione e capogiri ci hanno accompagnatoper tutto il tempo. Con il mal di mare con-centrarsi è molto difficile e qualunquecosa appare stancante.Il primo risveglio in mezzo al mare è statoincredibile: attorno a me solo acqua. A volte l'idea di essere così lontana datutto mi sembrava strana, per quel che nesapevo il mondo poteva essere scompar-so nel frattempo.Ma a bordo non c'è tempo per le specula-zioni filosofiche: sveglia alle 7:30, colazio-ne alle 8, poi le pulizie, pranzo a mezzo-giorno e cena alle 18. Così viene scanditoil tempo e tra un pasto e l'altro si lavora.

I membri dell'equipaggio sono personeeccezionali: non sono ossessionati da orarie scadenze perché quando vivi navigandonon te lo puoi permettere. Il mare è piùforte e scombina i tuoi piani, meglio esse-re flessibili. E pronti all’azione.Il giorno più emozionante della navigazio-ne è stato il 24 agosto, quando attivisti datutto il mondo insieme al direttore inter-nazionale di Greenpeace, Kumi Naidoo,sono entrati in azione per bloccare laPrirazlomnaya e chiedere alla Russia diabbandonare i piani di perforazione inArtico. Sono rimasti appesi alla piattafor-ma per quindici ore, poi si sono incatenati

all'ancora della nave d'appoggio.L'impresa è durata in tutto cinque giorni:centoventi ore durante le quali gli attivistisono stati sotto il tiro degli idranti dellaPrirazlomnaya.

ULTIMO MINUTORecord del disgelo annuale del ghiaccioartico dal 1979, quando sono iniziate lerilevazioni satellitari. Gli scienziati statuni-tensi del National Snow and Ice DataCenter comunicano che la superficie co-perta dal ghiaccio è ora di 3,41 milioni dichilometri quadri, il 45 per cento in menorispetto al 1979.

È NATO IL MOVIMENTO GLOBALE per salvare una delle areedel pianeta più fragili e minacciate dai cambiamenti climatici. Sulnostro sito www.savethearctic.org più di due milioni di perso-ne hanno chiesto ai leader del mondo di creare un santuario glo-bale al Polo Nord e vietare le perforazioni petrolifere e la pescaindustriale nelle acque artiche. La Ribellione Artica è cominciata lo scorso luglio quando i nostri“orsi polari” hanno invaso le capitali di tutto il mondo per prote-stare contro la distruzione della loro casa: labanchisa polare artica si è ridotta drammati-camente negli ultimi anni e, secondo gliscienziati, il ghiaccio del Polo Nord potreb-be scomparire presto. Alla “ribellione artica” si sono uniti centopersonaggi famosi, tra loro Paul McCartney,Penelope Cruz e Robert Redford. In Italiahanno dato il loro sostegno alla campagnaSergio Castellitto, Laura Morante,Margherita Buy, Giobbe Covatta e ClaudioSantamaria. Questo movimento ha ancheuna colonna sonora, quella dei Radiohead,che abbiamo seguito in tutte le tappe del loro tour italiano.L’orsa polare Paula, così simile alla realtà da sembrare vera, siaggirava tra la gente ai concerti della band a Roma, Firenze,

Bologna, Udine e, insieme agli attivisti di Greenpeace, ha reclu-tato migliaia di nuovi difensori artici. Su www.savethearctic.org firmare è solo il primo passo. Tutti pos-sono scegliere il proprio animale artico. Vi sentite forti come unorso polare o furbi come una volpe artica? Simpatici come un tri-checo o magici come una civetta delle nevi? C’è anche il narva-lo, l’unicorno del mare. Una volta scelto l’animale preferito nonresta che diffondere la campagna tra amici e contatti: più perso-

ne si riescono a portare sul sito, più aumen-ta il proprio punteggio. Il primo in classifica riceverà un premio stra-ordinario: parteciperà alla spedizione diGreenpeace verso il Polo Nord dove, sulfondo dell’oceano, pianteremo la Bandieraper il Futuro disegnata dai giovani di tutto ilmondo, insieme a una capsula artica checonterrà tutti i nomi dei difensori artici. Labandiera mostrerà che la nostra visione diun pianeta verde, sano e pacifico dipendedall'Artico protetto da tutti noi. Il suo statodi salute non riguarda solo gli animali artici

e le comunità locali ma tutti noi poiché, riflettendo i raggi delsole con i suoi ghiacci, determina le condizioni meteorologichedi tutto il pianeta. MARIA CARLA GIUGLIANO

E VENNE IL TEMPO DELLA RIBELLIONE ARTICA

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“OH CHE DISGRAZIATA e spiacevole fac-cenda! Sono venute a trovarmi oggi duegentilissime tigri di Sumatra, le signoretigri dicono che per colpa mia non hannopiù una casa!? Mia? Qualcuno ha stampa-to la mia favola con una carta che distrug-ge la foresta. Come è potuto accadere?” Così avrebbe reagito forse Alice se avesseletto il nostro rapporto “Favole AmmazzaForeste” in cui, nel mese di maggio,abbiamo inchiodato due giganti dell’edi-toria italiana alle loro responsabilità dimo-strando che alcune delle più belle favoleper bambini come, appunto, Alice nelPaese delle meraviglie, I tre porcellini edaltre sono stampate su carta provenientedalle ultime foreste torbiere indonesiane.Sul banco degli imputati specialmente ilibri per bambini stampati in Cina, dove ledue grandi multinazionali indonesianedella carta APP e APRIL hanno il loro mag-gior mercato. Il problema è che questeaziende, APP in particolare, per produrrela carta distruggono le foreste e condan-nano all’estinzione le ultime tigri diSumatra e specie arboree protette dallaCites come il ramino.

A marzo scorso abbiamo fatto analizzarepresso l’Istituto Tedesco della Scienza eTecnologia della Carta undici libri per bam-bini, stampati in Cina nel 2011, di GiuntiEditore (Giunti Kids e Dami) e del GruppoRCS (Rizzoli e Fabbri). Le analisi hanno di-mostrato che ben quattro degli undici librianalizzati contenevano fibre di legno durotropicale provenienti dalla distruzionedelle ultime foreste indonesiane. Di fronte a risultati così sconcertanti nonpotevamo che denunciare con tutta laforza possibile le responsabilità di questieditori nei confronti di ecosistemi semprepiù fragili e minacciati. Nell’ultimo Salonedel libro di Torino abbiamo chiesto a duegrandi editori, Giunti e Rizzoli, di diventa-re “amici delle foreste”.L’attrice e testimonial di GreenpeaceBarbara Tabita nei panni di Alice, un attivi-sta vestito da Cappellaio matto e un pic-colo corteo di tigri di Sumatra hanno visi-tato lo stand della Rizzoli con il messaggio“Vietato distruggere le foreste nella miafavola”. La stessa richiesta è arrivata allaGiunti da attivisti vestiti da I tre porcellini.Il Salone Internazionale del Libro di Torino

è stata inoltre l’occasione per lanciarel’edizione aggiornata della classifica"Salvaforeste". È davvero impressionantecome in soli tre anni, attraverso la nostracampagna, sia cresciuto il numero dellecase editrici che hanno raggiunto la fascia“verde”, passate da 15 a 76 in soli dueanni. Feltrinelli, De Agostini, Mondadori eil Gruppo GEMS infatti hanno adottato lenostre politiche di acquisto della carta aDeforestazione Zero.

DEFORESTAZIONE ZERO SI PUO’Appena un mese dopo le nostre azioni didenuncia e sensibilizzazione al Salone delLibro, Giunti Editore, quarto gruppo edi-toriale italiano, si è impegnato in una rigi-da politica degli acquisti della carta aDeforestazioneZero.Dopo alcuni incontri tra Greenpeace e ilgruppo Giunti, quest'ultimo si è impegna-to ad escludere dalla filiera di tutte le caseeditrici del gruppo editoriale la presenzadi carta proveniente da fonti "a rischiodeforestazione". In particolare, Giunti haintrapreso misure formali per escluderecategoricamente l'uso di carta prodotta

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da multinazionali controverse come APPe APRIL. Il percorso virtuoso intrapresoporterà Giunti a utilizzare da subito solocarta riciclata in 39 importanti collane perraggiungere nel 2014 un obiettivo com-plessivo fra il 40 e il 50 per cento di utiliz-zo di fibre riciclate , mentre il resto dellaproduzione sarà stampato su carta certifi-cata FSC (Forest Stewarship Council).Non finisce qui: anche l'editore NewtonCompton ci ha infatti comunicato di averinterrotto i propri rapporti commercialicon l'azienda "mangia foreste" APP.Sellerio, inoltre, ha scelto di orientarsi perla maggior parte della propria produzioneverso carte certificate.Dal Gruppo RCS continua invece un vergo-gnoso silenzio per il quale siamo davveroindignati. Per questa ragione, la nostracampagna va avanti con forza fino a quan-do l’ultimo colosso dell’editoria italiana diràun No forte e chiaro alla deforestazione. Seguiteci su www.deforestazionezero.ite continuate a preferire quei libri che,oltre a raccontare storie meravigliose,sono buoni con le foreste e le ultime tigridi Sumatra.

IL CODICE FORESTALE è stato fino adoggi il principale strumento legale perproteggere la foresta amazzonica inBrasile. Le modifiche che il governo havarato in seno a tali leggi acceleranoperò non di poco la distruzione di unodegli ultimi polmoni del pianeta.Quando il Congresso e il Senato brasi-liano hanno approvato gli emendamen-ti al Codice Forestale, la presidenteDilma Rousseff aveva l’opportunità didire l’ultima parola mettendo il veto aqueste modifiche. A maggio, dopoaver ricevuto da parte di Greenpeace,WWF e Avaaz due milioni di firme rac-colte in tutto il mondo e la visita deinostri attivisti presso le ambasciate bra-siliane di quattordici città del mondo,Dilma ha deciso purtroppo di mettere ilveto solo su dodici parti della nuovalegge e ne ha modificate trentadue.Cosa significa questo? Che in futurosarà possibile convertire aree forestalivicino agli argini fluviali con buona pacedella biodiversità degli ecosistemi, con-tigui al Rio delle Amazzoni. Questinuovi limiti verranno stabiliti via via daisingoli Stati brasiliani. Inoltre, verràgarantita l’amnistia a chi ha commessoreati di deforestazione illegale prima delluglio 2008. Criminali forestali già con-dannati non dovranno quindi pagare lemulte o riparare al danno ambientale.

DATI SHOCKL’Università di Brasilia ha stimato checon il nuovo Codice Forestale il tasso dideforestazione aumenterà del 50 percento entro il 2020 con buona pace del-l’impegno preso solamente due anni fadal governo brasiliano di ridurre la

deforestazione dell’80 per cento entrola stessa data. Se questa proiezione sirivelasse veritiera perderemmo 22milioni di ettari di foresta amazzonica,un’area grande quanto il Regno Unito.La nave di Greenpeace RainbowWarrior si è impegnata in un lungo tourin Brasile per documentare i criminiforestali sul Rio delle Amazzoni e permostrare ai leader mondiali le soluzionisostenibili a disposizione per salvarel'Amazzonia nella Conferenza delleNazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibilesvoltasi a Rio de Janeiro a giugno. Oggiabbiamo raccolto quasi 500 mila firmea sostegno della proposta di leggepopolare "Deforestazione Zero", chegarantirebbe la protezione integraledel più importante polmone verde delpianeta. Ogni giorno l’equipaggio diGreenpeace incontrava centinaia dipersone della popolazione rurale e indi-gena che hanno potuto denunciare for-malmente i crimini di deforestazioneillegale. Dopo una protesta di diecigiorni ancorati a una nave trasportanteferro-ghisa collegato alla deforestazio-ne e al lavoro schiavile, l’industria hapreso l’impegno di eliminare dalla cate-na di approvvigionamento il legnoamazzonico usato come carbone perprodurre la ghisa. L’Amazzonia è qual-cosa di più di un ecosistema, di unagrande foresta, di un’immensa area daproteggere. L’Amazzonia è il nostrofuturo! Un importantissimo deposito dicarbonio che aiuta l’intero globo a pre-venire i disastrosi effetti dei cambia-menti climatici.E noi di Greenpeace ci battiamo affin-ché venga protetta. C.C.

NON C’E’ PACE PER L’AMAZZONIA

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“OH CHE DISGRAZIATA e spiacevole fac-cenda! Sono venute a trovarmi oggi duegentilissime tigri di Sumatra, le signoretigri dicono che per colpa mia non hannopiù una casa!? Mia? Qualcuno ha stampa-to la mia favola con una carta che distrug-ge la foresta. Come è potuto accadere?” Così avrebbe reagito forse Alice se avesseletto il nostro rapporto “Favole AmmazzaForeste” in cui, nel mese di maggio,abbiamo inchiodato due giganti dell’edi-toria italiana alle loro responsabilità dimo-strando che alcune delle più belle favoleper bambini come, appunto, Alice nelPaese delle meraviglie, I tre porcellini edaltre sono stampate su carta provenientedalle ultime foreste torbiere indonesiane.Sul banco degli imputati specialmente ilibri per bambini stampati in Cina, dove ledue grandi multinazionali indonesianedella carta APP e APRIL hanno il loro mag-gior mercato. Il problema è che questeaziende, APP in particolare, per produrrela carta distruggono le foreste e condan-nano all’estinzione le ultime tigri diSumatra e specie arboree protette dallaCites come il ramino.

A marzo scorso abbiamo fatto analizzarepresso l’Istituto Tedesco della Scienza eTecnologia della Carta undici libri per bam-bini, stampati in Cina nel 2011, di GiuntiEditore (Giunti Kids e Dami) e del GruppoRCS (Rizzoli e Fabbri). Le analisi hanno di-mostrato che ben quattro degli undici librianalizzati contenevano fibre di legno durotropicale provenienti dalla distruzionedelle ultime foreste indonesiane. Di fronte a risultati così sconcertanti nonpotevamo che denunciare con tutta laforza possibile le responsabilità di questieditori nei confronti di ecosistemi semprepiù fragili e minacciati. Nell’ultimo Salonedel libro di Torino abbiamo chiesto a duegrandi editori, Giunti e Rizzoli, di diventa-re “amici delle foreste”.L’attrice e testimonial di GreenpeaceBarbara Tabita nei panni di Alice, un attivi-sta vestito da Cappellaio matto e un pic-colo corteo di tigri di Sumatra hanno visi-tato lo stand della Rizzoli con il messaggio“Vietato distruggere le foreste nella miafavola”. La stessa richiesta è arrivata allaGiunti da attivisti vestiti da I tre porcellini.Il Salone Internazionale del Libro di Torino

è stata inoltre l’occasione per lanciarel’edizione aggiornata della classifica"Salvaforeste". È davvero impressionantecome in soli tre anni, attraverso la nostracampagna, sia cresciuto il numero dellecase editrici che hanno raggiunto la fascia“verde”, passate da 15 a 76 in soli dueanni. Feltrinelli, De Agostini, Mondadori eil Gruppo GEMS infatti hanno adottato lenostre politiche di acquisto della carta aDeforestazione Zero.

DEFORESTAZIONE ZERO SI PUO’Appena un mese dopo le nostre azioni didenuncia e sensibilizzazione al Salone delLibro, Giunti Editore, quarto gruppo edi-toriale italiano, si è impegnato in una rigi-da politica degli acquisti della carta aDeforestazioneZero.Dopo alcuni incontri tra Greenpeace e ilgruppo Giunti, quest'ultimo si è impegna-to ad escludere dalla filiera di tutte le caseeditrici del gruppo editoriale la presenzadi carta proveniente da fonti "a rischiodeforestazione". In particolare, Giunti haintrapreso misure formali per escluderecategoricamente l'uso di carta prodotta

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LO SMALTIMENTO dei rifiuti tossici dell’exSisas, l’impianto chimico alla periferia diMilano, non è avvenuto nei tempi e nellemodalità previste. Greenpeace, dopoesposti e indagini sul campo, presenta for-male denuncia alla Commissione europea.Una storia a base di corruzione e di negli-genze tra il Governo italiano e l’Unioneeuropea, con contorno di tangenti.La vicenda è quella del Sito di InteresseNazionale (SIN) di Pioltello-Rodano, alleporte di Milano, ed è una storia che puzzadi bruciato con oltre 300.000 tonnellate dirifiuti, nerofumo contaminato da mercu-rio, idrocarburi policiclici aromatici, ftalati,e ancora molti punti interrogativi sulleoperazioni di bonifica.Si tratta di una storia i cui principali attoripensavano di aver insabbiato il 28 marzodell’anno scorso, con una conferenzastampa dai toni trionfali. L’ex ministrodell’Ambiente Stefania Prestigiacomoannunciava infatti, insieme al governatoredella Regione Lombardia RobertoFormigoni, al commissario alla BonificaLuigi Pelaggi (attualmente sotto indagineper una sospetta tangente di 700 milaeuro) e al commissario europeo perl'Ambiente Janez Potocnik, la chiusura deilavori di bonifica nell’area industriale exSisas, tra i comuni di Pioltello e Rodano.La Commissione europea ha approvatosenza discussioni il resoconto del governoitaliano, evitando - in extremis - di multa-re l'Italia con una sanzione di oltre 400milioni di euro per mancata bonifica.

UNA SPORCA VERITA’Greenpeace denunciava da tempo i mol-teplici aspetti della vicenda non ancorachiariti. Così lo scorso 27 giugno, comeultimo atto, ha consegnato alla Com-missione europea una denuncia formalericalcante una sporca verità. E’ statodimostrato infatti come la Commissioneabbia retto il gioco alle autorità italianesulla bonifica della ex Sisas prolungando ilavori di bonifica bel oltre il 28 marzo, perla precisione fino al 30 dicembre 2011. Un“prolungamento” che ha coinvolto circa30 mila tonnellate di rifiuti, più della metàpericolosi.Nella denuncia Greenpeace presenta tral'altro i bandi di gara relativi alla rimozionedi fusti interrati contenenti rifiuti pericolo-si che sono stati scoperti - non è chiaroquando - a margine delle discariche pre-cedentemente vuotate, nel cosiddetto"Lobo C". Queste "operazioni aggiunti-ve" sono avvenute tutte sotto il naso dellaCommissione europea.Il fantomatico Lobo C è una zona a margi-ne delle discariche B e C, oggetto deilavori di bonifica, e come affermato dalcommissario alla Bonifica - l’avvocatoLuigi Pelaggi - durante l'audizione delloscorso ottobre di fronte alla Commissionebicamerale sul ciclo dei rifiuti, in quellazona erano stati seppelliti “fusti con mate-riale pericoloso e, poiché le analisi nonerano positive, abbiamo proceduto a sca-vare sempre più”.Le questioni dolenti non si limitano però

alle tempistiche. Non è noto quali sianostati i criteri utilizzati per la caratterizzazio-ne dei rifiuti - pericolosi e non pericolosi -presenti nelle discariche. Non è tutt'orano-ta la destinazione finale di parte dei rifiutinè il luogo in cui è stata smaltita la frazio-ne di rifiuti pericolosi più contaminata damercurio, un elemento fortemente tossi-co, com'è noto fin dal tempo dei Romani.

L’APPENDICE SPAGNOLAMa ci resta ancora la “ciliegina sullatorta”: la spedizione di 25 mila tonnellatedi rifiuti pericolosi alla discarica spagnoladi Nerva, in Andalusia. Dove Greenpeaceha documentato fotograficamente lo sca-rico dei rifiuti italiani senza l'obbligatoriotrattamento di stabilizzazione fisico-chimi-co e dove i rifiuti di origine italiana hannomagicamente preso fuoco, per ben duevolte, nel giro di pochi mesi. Peccato chela Commissione abbia ritenuto opportunochiudere anche quest'aspetto delle inda-gini nonostante il trasferimento si configu-ri come una spedizione illegale ai sensidelle normative comunitarie.Pare esserci una sola certezza: la bonificadella ex Sisas si conferma un caso esem-plare dell'inadeguatezza delle "gestioniemergenziali" delle bonifiche, con il con-sueto alone di mistero che ancora oggiavvolge parte delle attività svolte, assie-me, alla tendenza di una parte delle istitu-zioni, italiane ed europee, a chiudere gliocchi di fronte all'evidenza.Non è ora di far uscire la verità?

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di FEDERICA FERRARIOINQUINAMENTO

IL GIOCODELLOSCARICABARILESTORIA DI UNA BONIFICA

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COSA FARESTI se camminando per stra-da e costeggiando un giardino privato,scorgessi al suo interno del petrolio fuo-riuscire da una tubazione? Cercheresti sicuramente di attirare l'atten-zione sul problema per evitare lo sversa-mento e il conseguente pesante dannoambientale.E se dopo aver contattato tutte le autori-tà preposte non succedesse nulla? A quelpunto avresti due possibilità: rimanereimpassibile oppure intervenire in primapersona per fermare il disastro.Il buon senso dice di intervenire, e così faianche tu. Entri nella proprietà privata,“chiudi il rubinetto” e impedisci la disper-sione in ambiente. A lavoro fatto anche leautorità pubbliche finalmente si muovonoe il proprietario del giardino viene con-dannato, avendo volontariamente dato ilvia all'inquinamento. Le persone che vivo-no nella zona ti ringraziano per aver dife-so il territorio. La proprietà viene postasotto sequestro per evitare che l'atto ille-gale venga ripetuto, e comincia la contadei danni.Nella realtà, il giardino rappresenta duecampi di mais in Friuli e il petrolio la colti-vazione illegale di mais OGM dellaMonsanto (il MON810), il cui polline OGMnel luglio del 2010 si stava disseminandosull'area circostante contaminando di con-

seguenza coltivazioni convenzionali eambiente. E le autorità vi chiederete?Tardavano ad intervenire.

ECCO COM’E’ ANDATADue anni fa sono stati gli attivisti diGreenpeace a mettere in quarantena lacoltivazione di mais OGM seminato ille-galmente, tagliando e mettendo in sicu-rezza la parte superiore delle piante dimais transgenico e prevenendo la conta-minazione.Dopo questo intervento, le autorità nazio-nali e regionali si sono finalmente mosse.I campi sono stati posti sotto sequestro,insieme all'azienda agricola, ed è stataordinata la distruzione del mais transgeni-co. Il proprietario è stato condannato alpagamento di una sanzione di 30 milaeuro e gli agricoltori confinanti erano feli-ci che la contaminazione fosse terminata.Nella primavera del 2011 inoltre, è stataapprovata la nuova legge regionale chevieta espressamente la coltivazione diOGM. La denuncia per violazione di pro-prietà privata nei confronti della responsa-bile della campagna OGM di Greenpeaceè stata archiviata e le accuse rigettate,dato che il giudice ha stabilito la necessi-tà di prevenire la contaminazione.Per questo intervento, volto ad arginare lacontaminazione, ora gli attivisti intervenu-

ti dovranno affrontare un processo che ini-zierà nei prossimi mesi con l'accusa diinvasione di terreno agricolo e con unamulta complessiva di oltre 86 mila euro.Tutto ciò mentre diventano sempre piùnumerosi i riscontri dei problemi legatiagli OGM in ambiente. Ormai siamo tutticonsapevoli che le coltivazioni di OGMresistenti agli erbicidi, come la soia OGM,stanno causando un aumento massicciodell'uso di prodotti chimici per cercare diarginare le piante infestanti diventate aloro volta resistenti agli erbicidi. Lo stessofenomeno sta inesorabilmente avvenendoanche per gli OGM resistenti a un deter-minato parassita, come il mais OGM. Conpopolazioni di parassiti che teoricamentesarebbero dovuti soccombere di frontealle coltivazioni di mais OGM Bt (in gradodi produrre una tossina insetticida), cheinvece stanno già sviluppando la resisten-za solo pochi anni dopo la messa in com-mercio dei nuovi fantomatici OGM. Cosache costringe gli agricoltori interessati dalproblema a disseminare le coltivazioni dipesticidi, nonostante abbiano già pagatoil sovrapprezzo per le costose sementicoperte da brevetto.Morale? Con gli OGM in agricoltura non sirisolvono problemi e al processo lo ribadi-remo a voce alta.

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UNPROCESSOSBAGLIATO

L’INTERVENTODI GREENPEACE

IN FRIULI

di FEDERICA FERRARIO

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LO SMALTIMENTO dei rifiuti tossici dell’exSisas, l’impianto chimico alla periferia diMilano, non è avvenuto nei tempi e nellemodalità previste. Greenpeace, dopoesposti e indagini sul campo, presenta for-male denuncia alla Commissione europea.Una storia a base di corruzione e di negli-genze tra il Governo italiano e l’Unioneeuropea, con contorno di tangenti.La vicenda è quella del Sito di InteresseNazionale (SIN) di Pioltello-Rodano, alleporte di Milano, ed è una storia che puzzadi bruciato con oltre 300.000 tonnellate dirifiuti, nerofumo contaminato da mercu-rio, idrocarburi policiclici aromatici, ftalati,e ancora molti punti interrogativi sulleoperazioni di bonifica.Si tratta di una storia i cui principali attoripensavano di aver insabbiato il 28 marzodell’anno scorso, con una conferenzastampa dai toni trionfali. L’ex ministrodell’Ambiente Stefania Prestigiacomoannunciava infatti, insieme al governatoredella Regione Lombardia RobertoFormigoni, al commissario alla BonificaLuigi Pelaggi (attualmente sotto indagineper una sospetta tangente di 700 milaeuro) e al commissario europeo perl'Ambiente Janez Potocnik, la chiusura deilavori di bonifica nell’area industriale exSisas, tra i comuni di Pioltello e Rodano.La Commissione europea ha approvatosenza discussioni il resoconto del governoitaliano, evitando - in extremis - di multa-re l'Italia con una sanzione di oltre 400milioni di euro per mancata bonifica.

UNA SPORCA VERITA’Greenpeace denunciava da tempo i mol-teplici aspetti della vicenda non ancorachiariti. Così lo scorso 27 giugno, comeultimo atto, ha consegnato alla Com-missione europea una denuncia formalericalcante una sporca verità. E’ statodimostrato infatti come la Commissioneabbia retto il gioco alle autorità italianesulla bonifica della ex Sisas prolungando ilavori di bonifica bel oltre il 28 marzo, perla precisione fino al 30 dicembre 2011. Un“prolungamento” che ha coinvolto circa30 mila tonnellate di rifiuti, più della metàpericolosi.Nella denuncia Greenpeace presenta tral'altro i bandi di gara relativi alla rimozionedi fusti interrati contenenti rifiuti pericolo-si che sono stati scoperti - non è chiaroquando - a margine delle discariche pre-cedentemente vuotate, nel cosiddetto"Lobo C". Queste "operazioni aggiunti-ve" sono avvenute tutte sotto il naso dellaCommissione europea.Il fantomatico Lobo C è una zona a margi-ne delle discariche B e C, oggetto deilavori di bonifica, e come affermato dalcommissario alla Bonifica - l’avvocatoLuigi Pelaggi - durante l'audizione delloscorso ottobre di fronte alla Commissionebicamerale sul ciclo dei rifiuti, in quellazona erano stati seppelliti “fusti con mate-riale pericoloso e, poiché le analisi nonerano positive, abbiamo proceduto a sca-vare sempre più”.Le questioni dolenti non si limitano però

alle tempistiche. Non è noto quali sianostati i criteri utilizzati per la caratterizzazio-ne dei rifiuti - pericolosi e non pericolosi -presenti nelle discariche. Non è tutt'orano-ta la destinazione finale di parte dei rifiutinè il luogo in cui è stata smaltita la frazio-ne di rifiuti pericolosi più contaminata damercurio, un elemento fortemente tossi-co, com'è noto fin dal tempo dei Romani.

L’APPENDICE SPAGNOLAMa ci resta ancora la “ciliegina sullatorta”: la spedizione di 25 mila tonnellatedi rifiuti pericolosi alla discarica spagnoladi Nerva, in Andalusia. Dove Greenpeaceha documentato fotograficamente lo sca-rico dei rifiuti italiani senza l'obbligatoriotrattamento di stabilizzazione fisico-chimi-co e dove i rifiuti di origine italiana hannomagicamente preso fuoco, per ben duevolte, nel giro di pochi mesi. Peccato chela Commissione abbia ritenuto opportunochiudere anche quest'aspetto delle inda-gini nonostante il trasferimento si configu-ri come una spedizione illegale ai sensidelle normative comunitarie.Pare esserci una sola certezza: la bonificadella ex Sisas si conferma un caso esem-plare dell'inadeguatezza delle "gestioniemergenziali" delle bonifiche, con il con-sueto alone di mistero che ancora oggiavvolge parte delle attività svolte, assie-me, alla tendenza di una parte delle istitu-zioni, italiane ed europee, a chiudere gliocchi di fronte all'evidenza.Non è ora di far uscire la verità?

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di FEDERICA FERRARIOINQUINAMENTO

IL GIOCODELLOSCARICABARILESTORIA DI UNA BONIFICA

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Manila, Filippine – Greenpeace fuori dalDipartimento dell'Agricoltura filippino per dire noagli ogm. © VJ Villafranca/Greenpeace.

Amsterdam, Olanda – Un enorme carrello dellaspesa si mangia la foresta. Greenpeace chiede aisupermercati Macro di fermare la vendita di carneproveniente dalla distruzione dell'Amazzonia.© Greenpeace/Bass Beentjes.

Lussemburgo – Greenpeace protesta durante ilConsiglio Europeo della pesca contro il sovrasfrut-tamento delle risorse ittiche. © Greenpeace.

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Alaska, Stati Uniti – Il sommergibile a bordodell'Esperanza per esplorare i fondali dell'Artico. © Jiri Rezac/Greenpeace.

Pechino, Cina – Gli oranghi di Greenpeace chie-dono a KFC di non distruggere le foreste pluviali.© Ma Dong/Greenpeace.

Johannesburg, Sud Africa – Attivisti di Green-peace protestano contro lo sviluppo del nuclearein Sud Africa e nel resto del continente africano.© Shaine Robinson/Greenpeace.

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Londra, Gran Bretagna – Paul McCartney è testi-monial della campagna Save the Arctic diGreenpeace. © MPL Communication Ltd./MJ Kim.

Mar di Pechora, Artico – Il gommone di Green-peace contro una piattaforma petrolifera dellaGazprom nell'Artico.© Denis Syniakov/Greenpeace.

San Luis, Brasile – Attivisti vestiti da delegati delleNazioni Unite e del Governo brasiliano bloccanouna nave per denunciare la distruzione delle fore-ste brasiliane durante il vertice Rio+20 dell'Onu. ©Marizilda Cruppe/Greenpeace.

Padmapur, India – Brikesh Singh, attivista diGreenpeace, protesta contro la distruzione dellaforesta di Chandrapur. © Sunny L/Greenpeace.

Seul, Corea del Sud – Attivisti chiedono al gover-no di Seul di fermare i piani per la ripresa della cac-cia alle balene per "scopi scientifici".Alex Hofford/Greenpeace..Londra, Gran Bretagna – Thom Yorke: i Radioheadsostengono Greenpeace nella campagna in dife-sa dell'Artico.© Nick Cobbing/Greenpeace.

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CLICK& CO.di MASSIMO GUIDI

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Manila, Filippine – Greenpeace fuori dalDipartimento dell'Agricoltura filippino per dire noagli ogm. © VJ Villafranca/Greenpeace.

Amsterdam, Olanda – Un enorme carrello dellaspesa si mangia la foresta. Greenpeace chiede aisupermercati Macro di fermare la vendita di carneproveniente dalla distruzione dell'Amazzonia.© Greenpeace/Bass Beentjes.

Lussemburgo – Greenpeace protesta durante ilConsiglio Europeo della pesca contro il sovrasfrut-tamento delle risorse ittiche. © Greenpeace.

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Alaska, Stati Uniti – Il sommergibile a bordodell'Esperanza per esplorare i fondali dell'Artico. © Jiri Rezac/Greenpeace.

Pechino, Cina – Gli oranghi di Greenpeace chie-dono a KFC di non distruggere le foreste pluviali.© Ma Dong/Greenpeace.

Johannesburg, Sud Africa – Attivisti di Green-peace protestano contro lo sviluppo del nuclearein Sud Africa e nel resto del continente africano.© Shaine Robinson/Greenpeace.

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UN RECENTE STUDIO, pubblicato su Science, ha rilanciato iltema degli HFC: con l’espansione del mercato dei sistemi direfrigerazione e condizionamento questi gas potrebbero pesaresul cambiamento climatico fino al 27 per cento da qui al 2050,mentre oggi influiscono per circa l’8 per cento.Un seminario che abbiamo organizzato a fine giugno presso iFrigoriferi Milanesi è stato anche l’occasione di un confronto con

due catene della grande distribuzione – Coop e Carrefour – perfare il punto sui progressi nella sostituzione di questi gas nellacatena del freddo. Ed è stata anche l’occasione per riepilogarelo sviluppo delle soluzioni alternative, cioè delle tecnologieGreenfreeze, che usano sostanze naturali come fluidi refrigeran-ti e per le schiume isolanti (a seconda delle diverse applicazioni:miscele di idrocarburi, ammoniaca, CO2, acqua o aria). Si tratta di tecnologie promosse proprio da Greenpeace che,coinvolgendo un gruppo di tecnici del settore, fece progettarenel 1992 un’alternativa ai gas fluorurati. La messa al bando dei CFC (clorofluorocarburi), stabilita dalProtocollo di Montreal per la protezione della fascia d’ozono,prevedeva infatti la cessazione della produzione dal 1996 neiPaesi industrializzati, ma non nei Paesi in via di sviluppo comeIndia e Cina. Le sostanze alternative che furono sviluppate dal-l’industria – gas fluorurati come gli HFC - presentano un impattoridotto o nullo sulla fascia d’ozono, ma sono potenti gas serra.Dunque c’era bisogno di un’alternativa a basso impatto e chefosse libera dalle royalties industriali. Per questo Greenpeace haricevuto il riconoscimento dell’Unep, l’agenzia ambientaledell’Onu.Il primo Greenfreeze fu prodotto nel 1993 in Germania, a segui-to di una campagna di Greenpeace, e venne scelto da 70 milaconsumatori. Oggi queste tecnologie hanno conquistato grandifette di mercato: oltre il 90 per cento dei frigoriferi nella Ue e il75 per cento in Cina sono prodotti con questo standard. Molto è stato fatto e colossi aziendali – da Coca-Cola a Unilever– hanno adottato la tecnologia e sottoscritto la campagna diGreenpeace. Rimangono ancora alcune applicazioni, come icondizionatori per auto, su cui l’industria non vuole ancora con-vertirsi. G.O.©

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COME GREENPEACE HA CAMBIATO I FRIGORIFERI

GREENPEACE LOTTA per ottenere la totale protezione delleultime foreste di faggio rimanenti in Germania dopo aver fattouno studio sulle zone potenzialmente a rischio di deforestazione,in cui ha proposto di stabilire una rete di riserve naturali intercon-nesse. A febbraio di quest’anno gli attivisti di Greenpeacehanno protestato per la continua distruzione delle foreste difaggi, installando un campo 50 chilometri a est di Francoforte, ehanno mappato con strumenti Gis i limiti di queste aree.Pur essendo territorio dello stato, i governi provinciali e le socie-tà pubbliche che lo gestiscono non hanno mai messo a disposi-zione con trasparenza le informazioni necessarie. Greenpeaceha avviato procedimenti giudiziari nei confronti di tre governiprovinciali e ha presentato una denuncia alla CommissioneEuropea circa l'introduzione di specie arboree aliene all’internodelle aree protette.Dopo sei mesi di duro lavoro, il governo della provincia di Baviera e l’azienda che gestisce questo territorio hanno annunciatoche lasceranno intatti i boschi di faggio di più di 180 anni e i querceti di più di 300.Nonostante sia un primo passo in risposta alle nostre azioni, la situazione resta critica e Greenpeace continuerà a impegnarsiper ottenere una moratoria da parte di tutte le province coinvolte fino a raggiungere il 10 per cento di aree protette, che èl’obiettivo dichiarato dal governo tedesco. C.C.

SALVA L’ULTIMA FORESTA BAVARESE

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VESTITI TOSSICI ADDIOIL MARCHIO DI ABBIGLIAMENTO H&Mha aderito all’impegno globale di bandirequalsiasi ulteriore utilizzo di sostanze tossi-che quali i PFC (composti perflorurati)entro il 1 gennaio 2013. Una buona noti-zia. H&M mantiene dunque l’impegnoassunto con Greenpeace di eliminare ilrilascio di sostanze tossiche dalla sua cate-na di produzione e dai suoi prodotti e inviaun chiaro messaggio alle industrie tessilisecondo cui l’utilizzo di queste sostanzechimiche altamente tossiche e che posso-no alterare il sistema ormonale dell’uomonon è necessario.H&M si è unita ad altri noti marchi del set-tore come Puma, Nike, Adidas, C&A, Li-Ning e G-Star nella sfida, lanciata daGreenpeace, di raggiungere l'obiettivoScarichi Zero entro il 2020. Ci aspettiamo che anche gli altri marchidella moda che prestano attenzione allasicurezza dei propri clienti e all’ambiente,rispondano con eguale ambizione e pron-tezza al divieto di utilizzo dei compostiperflorurati. L’invito, in particolare, è rivol-to a W.L. Gore, il creatore di “Gore Tex”:gli amanti del trekking e degli sportall'aria aperta ne sarebbero felici.Anche il noto marchio tedesco dell’abbi-gliamento outdoor Jack Wolfskin ha ade-rito alla roadmap per arrivare a una pro-duzione tessile più pulita e sostenibile,ma ancora mancano obiettivi concreti etermini temporali. Mentre andiamo instampa Inditex, uno dei maggiori gruppidi distribuzione di moda a scala mondia-le, proprietario di marchi come Zara,Massimo Dutti e Bershka, ha annunciatodi volersi muovere nella stessa direzione.E i consumatori apprezzano. GABRIELE SALARI

NUOVA GOLF, VECCHIA EFFICIENZAGREENPEACE HA PROTESTATO aBerlino in occasione della presentazionedella nuova Golf 7. La nuova flotta Golfemetterà 150 milioni di tonnellate di CO2(l'equivalente delle emissioni annue delBelgio), ma queste sarebbero potute esse-re ridotte di un terzo se solo la Volkswagenavesse applicato le tecnologie esistenti.Perché il maggior produttore di auto almondo non impiega le migliori tecnologieper la riduzione dei consumi nei suoimodelli più venduti? La nuova Golf 7 con-suma solo 0,4 litri in meno della versione abenzina più economica della Golf 6. PerVolkswagen, che cerca di accreditarsi comeattento all'ambiente e al clima, un bel falli-mento. Per i consumatori che si confronta-no ogni giorno con il crescente prezzodella benzina una vera beffa. Sarebbe statopossibile invece produrre una vettura checonsumi 3 litri di benzina al chilometro, conemissioni di 80 grammi di CO2.L'anno scorso, Greenpeace aveva chiestodirettamente a Volkswagen di fissare con-creti obiettivi ambientali nella sua strate-gia aziendale, ma l'azienda ha interrotto ildialogo avviato. L’azienda tedesca devenon aver apprezzato troppo il video diGreenpeace, realizzato con un team dicreativi che include vincitori di premiOscar ed esperti di effetti speciali daHollywood, che fa la parodia dello spotdella Volkswagen Passat, il maggior suc-cesso virale della Rete di sempre. Nelvideo personaggi di Star Wars in tenerissi-ma età sfidano un piccolo Darth Vadermentre una Morte Nera con il marchioVolkswagen minaccia di distruggere laTerra. Lo spot è disponibile su www.gre-enpeace.org/italy/it/multimedia/Video/Volkswagen---La-Forza-Oscura. G.S.

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ALFREDO TADININato nel 1937 a Milano e scompar-so nel luglio scorso, ha lasciatoparte della propria eredità aGreenpeace ed Emergency. Alfredonutriva una sana avversione verso leaggressioni che il nostro pianetasubisce quotidianamente e questolascito farà in modo che il suo impe-gno per un futuro verde e di pacecontinui oltre la sua vita. Ci sentia-mo molto onorati da questa deci-sione e questo sarà un ulterioremotivo per dimostrarci all'altezza ditanta fiducia. Insieme alla nipoteAdonella e alla sua famiglia, ricor-diamo con affetto Alfredo Tadini.

IN RICORDO DI ALFREDO

È ARRIVATOIL CALENDARIO 2013

Entra nel sito escopri le nuove immagini:

www.greenpeace.org/italy/calendario2013Per informazioni:

[email protected] 06.68136061 [int. 231].

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UN RECENTE STUDIO, pubblicato su Science, ha rilanciato iltema degli HFC: con l’espansione del mercato dei sistemi direfrigerazione e condizionamento questi gas potrebbero pesaresul cambiamento climatico fino al 27 per cento da qui al 2050,mentre oggi influiscono per circa l’8 per cento.Un seminario che abbiamo organizzato a fine giugno presso iFrigoriferi Milanesi è stato anche l’occasione di un confronto con

due catene della grande distribuzione – Coop e Carrefour – perfare il punto sui progressi nella sostituzione di questi gas nellacatena del freddo. Ed è stata anche l’occasione per riepilogarelo sviluppo delle soluzioni alternative, cioè delle tecnologieGreenfreeze, che usano sostanze naturali come fluidi refrigeran-ti e per le schiume isolanti (a seconda delle diverse applicazioni:miscele di idrocarburi, ammoniaca, CO2, acqua o aria). Si tratta di tecnologie promosse proprio da Greenpeace che,coinvolgendo un gruppo di tecnici del settore, fece progettarenel 1992 un’alternativa ai gas fluorurati. La messa al bando dei CFC (clorofluorocarburi), stabilita dalProtocollo di Montreal per la protezione della fascia d’ozono,prevedeva infatti la cessazione della produzione dal 1996 neiPaesi industrializzati, ma non nei Paesi in via di sviluppo comeIndia e Cina. Le sostanze alternative che furono sviluppate dal-l’industria – gas fluorurati come gli HFC - presentano un impattoridotto o nullo sulla fascia d’ozono, ma sono potenti gas serra.Dunque c’era bisogno di un’alternativa a basso impatto e chefosse libera dalle royalties industriali. Per questo Greenpeace haricevuto il riconoscimento dell’Unep, l’agenzia ambientaledell’Onu.Il primo Greenfreeze fu prodotto nel 1993 in Germania, a segui-to di una campagna di Greenpeace, e venne scelto da 70 milaconsumatori. Oggi queste tecnologie hanno conquistato grandifette di mercato: oltre il 90 per cento dei frigoriferi nella Ue e il75 per cento in Cina sono prodotti con questo standard. Molto è stato fatto e colossi aziendali – da Coca-Cola a Unilever– hanno adottato la tecnologia e sottoscritto la campagna diGreenpeace. Rimangono ancora alcune applicazioni, come icondizionatori per auto, su cui l’industria non vuole ancora con-vertirsi. G.O.©

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GREENPEACE LOTTA per ottenere la totale protezione delleultime foreste di faggio rimanenti in Germania dopo aver fattouno studio sulle zone potenzialmente a rischio di deforestazione,in cui ha proposto di stabilire una rete di riserve naturali intercon-nesse. A febbraio di quest’anno gli attivisti di Greenpeacehanno protestato per la continua distruzione delle foreste difaggi, installando un campo 50 chilometri a est di Francoforte, ehanno mappato con strumenti Gis i limiti di queste aree.Pur essendo territorio dello stato, i governi provinciali e le socie-tà pubbliche che lo gestiscono non hanno mai messo a disposi-zione con trasparenza le informazioni necessarie. Greenpeaceha avviato procedimenti giudiziari nei confronti di tre governiprovinciali e ha presentato una denuncia alla CommissioneEuropea circa l'introduzione di specie arboree aliene all’internodelle aree protette.Dopo sei mesi di duro lavoro, il governo della provincia di Baviera e l’azienda che gestisce questo territorio hanno annunciatoche lasceranno intatti i boschi di faggio di più di 180 anni e i querceti di più di 300.Nonostante sia un primo passo in risposta alle nostre azioni, la situazione resta critica e Greenpeace continuerà a impegnarsiper ottenere una moratoria da parte di tutte le province coinvolte fino a raggiungere il 10 per cento di aree protette, che èl’obiettivo dichiarato dal governo tedesco. C.C.

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www.greenpeace.it

Il lascito a Greenpeace.Per lasciare il ianeta, senza abbandonarlo.Siamo custodi del Pianeta solo per un breve momento. Il lascito testamentario

a Greenpeace è un modo concreto per difendere la Terra dal riscaldamento globale, dalla deforestazione, dall’inquinamento, dalla pesca distruttiva.È un gesto che onorerà la tua memoria, perpetuerà i tuoi ideali

e contribuirà a creare un futuro verde e di pace.

Per informazioni: [email protected] | Tel. 06.68136061 - interno 229 | Fax 06.45439793

Greenpeace/ArdilesRante

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