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In memoriam P. Giuseppe Tavera 10/2019 8 marzo 1943 ~ 18 dicembre 2019 Profili biografici saveriani

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In memoriam

P. Giuseppe Tavera

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8 marzo 1943 ~ 18 dicembre 2019Profili Biografici Saveriani 10/2019

Profili biografici saveriani

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P. Giuseppe Tavera

Ittiri (ss – italia) Parma (pr – italia)8 marzo 1943 18 dicembre 2019

Nel primo pomeriggio del 18 dicembre 2019, il Signore – la via e la porta del Cielo – ha accolto p. Giuseppe Tavera nella beatitudine eterna.

«La Parola non è stata sterile in lui», scrive p. Gabriele Cimarelli, «ma ha generato vita per poterla donare agli altri. Ringraziamo Dio per il nostro fratello Giuseppe, che ha comunicato con la parola e la vita la sua gioia di essere missionario sino in fondo nella vita quotidiana, la sua fede nell’accettare il progressivo deterioramento della sua salute e il progredire nella malattia. Ha chiesto e ottenuto di allontanare da lui tutto ciò che ostacola la piena apertura alle sorprese di Dio e la totale disponibilità alle Sue promesse».

Era nato l’8 marzo 1943 a Ittiri, un comune italiano di 8.417 abitanti della provincia di Sassari in Sardegna, nella regione storica del Coros nel Logudoro, una delle zone più fertili dell’isola.

Era entrato nell’Istituto Saveriano il 6 ottobre del 1954 a Nizza Monfer-rato, dove frequentò la Scuola Media completandola ad Alzano Lombardo (BG) e a Cremona.

«La mamma mi ha raccontato la storia della vocazione di Peppino», scrive la sorella minore Lucia. «Un giorno, giunse a Ittiri per la Giornata

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Missionaria il saveriano p. Pacifico Fellini, che con il suo entusiasmo toccò il cuore di tre ragazzi, tra cui Peppino, che manifestò subito il suo desiderio ai ge-nitori. La mamma, donna di grande fede e terziaria francescana, seppe leggere la volontà di Dio nelle parole di suo figlio. Don Merella, parroco, amico dei Saveriani e suo padre spirituale, incoraggiò il suo fermo proposito di diventare missionario. La nostra numerosa famiglia era molto unita e conservò sempre dei forti legami affettivi con Peppino, sostenendolo nelle varie tappe della sua vita missionaria».

Il 2 ottobre del 1961, Tavera entrò nel noviziato di San Pietro in Vincoli (RA). Il 3 ottobre 1962, emise la Professione Temporanea a Parma. In proposito, il 15 agosto 1962, egli aveva scritto al Superiore Generale p. Giovanni Castelli:

«Reverendissimo Padre Generale, conscio della grande grazia concessami dal Signore, nel chiamarmi al Suo divino servizio, intendo con il Suo divino aiuto corrispondere pienamente alla mia vocazione religiosa missionaria, procurando la mia santificazione con la professione dei voti semplici di Povertà, Castità e Obbedienza e il voto di consacrarmi totalmente alla dilatazione del Regno di Dio tra gli infedeli. Sento la responsabilità di questa domanda di ammissione e non nascondo un certo timore che la sublimità dello stato religioso missionario mi incute. Confortato dalla bontà del Signore, che non nega la Sua grazia a chi Lo prega, e dalla materna assistenza della Madonna, chiedo alla P. V. Rev.ma di essere ammesso alla Professione dei voti semplici di Povertà, Castità, Obbedienza e al voto di consacrarmi totalmente alla dilatazione del Regno di Dio tra gli infedeli, in questa Pia Società di San Francesco Saverio per le Missioni Estere, come candidato al Sacerdozio.Mi sento disposto ad obbedire in tutto ciò che la P. V. Rev.ma delibererà nei miei riguardi, persuaso di adempiere così la volontà del Signore.Invocando la sua paterna benedizione, porgo i più devoti e filiali ossequi.Dev.mo in Corde Iesu, Giuseppe Tavera».

Dopo l’emissione della professione temporanea, frequentò il Liceo a Desio (MI) e la Propedeutica a Parma. Fece l’anno di prefettato a Macomer e fre-quentò gli studi di Teologia a Parma (1967–1968), che completò a Franklin (USA / 1968–1971). Conseguì il Master in “Divinity” al Seminario “St. Francis” / Milwaukee (USA) nel 1975 e il Baccellierato in Teologia Biblica al Heathrow College / Londra nel 1991.

Il 12 settembre del 1968, emise la Professione Perpetua a Franklin. Nel frat-tempo, egli aveva scritto al Superiore Generale p. Giovanni Gazza:

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P. Giuseppe Tavera

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«Reverendissimo Padre Generale, quest’anno, scade per me il sesto anno di Professione Temporanea. Di fron-te alla scelta definitiva e al dono totale di me stesso, mi sento disponibile alla volontà del Signore, qualsiasi essa sia e comunque essa si manifesti nei miei confronti.In questo momento mi conforta la consapevolezza che la gioia e la serenità interiore, che, come tutti, vado cercando, sono determinate non da situa-zioni esterne più o meno favorevoli alla smania di godere, di primeggiare e di possedere, ma dalla mia risposta alle chiamate concrete del Signore.Sicuro che la chiamata di Dio si manifesta soprattutto con i fatti e le di-sposizioni della Sua Provvidenza, mi sono affidato al consiglio del Padre Rettore per avere la morale certezza che questa sia la mia vocazione.Mi fa felice il sapere che nello stato di verginità, di povertà e di obbedienza mi si offre la possibilità di ricalcare la condizione di vita di Cristo, e che la mia scelta non mi preclude la via all’amore e alla gioia, ma sublima e intensifica questo anelito perché si sceglie l’Amore, la Bellezza e la Bontà. Chiedo quindi di essere ammesso alla Professione Perpetua.Mi benedica. Giuseppe Tavera».

••In procinto di essere ordinato sacerdote, Tavera confidava al Superiore Gene-rale, p. Giovanni Gazza, il 5 marzo del 1971:

«Molto Reverendo Padre,Le scrivo con il sospetto d’essere importuno, dal momento che questa lettera non le porterà sul tavolo alcun problema di carattere organizzativo, finanziario, morale, educativo, ecc. Ci tento ugualmente perché “onestà vuole” che, una volta in vita, si diano segni di riconoscenza, e poi perché questa lettera avrà il merito, se non altro, di non darle delle noie.Spianata così la strada con le scuse, entro in tema.Il 20 marzo, anche io sarò ordinato sacerdote, come Lei già sa. Questo avvenimento mi gonfia l’animo di gioia, naturalmente, e mi porta in casa un marasma di sentimenti più disparati. Due di essi però dominano la situazione: pace e riconoscenza.Questa lettera vuole appunto esprimere la mia gratitudine alla Famiglia Saveriana con particolare riferimento alla “legione” dei Padri che mi hanno aiutato. Rivolgo a Lei direttamente il mio grazie perché ne è il rappresen-tante.Riflettendo sul dono del Sacerdozio, ho preso maggiore consapevolezza di quanto io debba alla Famiglia Saveriana. Per convincersi osservi un po’ di statistiche.

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Ho iniziato regolarmente la “gavetta”. Sono passato sotto tutte le tempera-ture e regimi più eterogenei, incontrando ben dieci Pp. Rettori e passando per più di dieci Case Saveriane.Questo rapido excursus è sufficiente per giustificare la mia convinzione che mi presenterò per il Sacerdozio dopo essere stato impastato, modellato e plasmato in “Casa”.Posso veramente dire: “Se sono quel che sono, il merito è di questa Fami-glia”. Mi porterò all’ordinazione una “storia” personale, che è quella più normale di ogni Saveriano.Ho ricevuto “carezze” e “ceffoni”, il tutto somministrato con un giusto dosaggio…! Adesso che mi illudo d’aver raggiunto la statura della eman-cipazione, dando uno sguardo retrospettivo al passato, avrei qualche nota critica da muovere al sistema (meglio, sistemi) educativo impartitomi. E chi non ne ha nei giorni nostri? Eppure, nonostante tutto, la bilancia pende abbondantemente e di gran lunga dalla parte del bene, del positivo. “Ho goduto sempre buona salute”; le ore di gioia sono state di gran lunga più consistenti che non le altre. Non credo d’aver avuto dei seri rimpianti, se si toglie qualche “piagnisteo”.A mio avviso, ciò non è roba da poco, quando penso che il merito va solamente attribuito a tutti i “maestri” che ho avuto. Sono contento di aver dato credito a tanti Padri che sono passati nella mia vita di studente, seminando abbondantemente bontà, saggezza e gioia.Vorrei aggiungere alla lista la fortuna che mi è capitata di poter avere “as-saggiato” la vita missionaria in Brasile. Sono stati tre mesi in cui ho ricevuto moltissimo. Grazie!Sono felice, quindi, di assolvere il mio debito di riconoscenza verso la Famiglia Saveriana, che mi ha accolto e formato. Spero solo di dare il mio contributo attivo nel servizio del Regno di Dio.Grazie, Padre. Estenda i miei ringraziamenti ai PP. Mainini, Pugnoli e Pelizzo per essere stati tre dei dieci Rettori.Mi benedica. Giuseppe Tavera».

Fu ordinato sacerdote il 20 marzo 1971 nella Chiesa Parrocchiale di S. Mary’s, a South Milwaukee nel Wisconsin (USA). Il Vescovo ordinante è stato S.E. Mons. Leo J. Brust il quale, per una singolare e simpatica coincidenza, era Ve-scovo Titolare dell’antica Diocesi di Suelli in Sardegna e, come giurisdizione, Ausiliare dell’Arcivescovo di Milwaukee.

Un particolare significativo della celebrazione si ebbe alla fine della Mes-sa, quando il Vescovo s’inginocchiò davanti al neo sacerdote per ricevere da lui la prima benedizione. La partecipazione dei fedeli fu esemplare.

Dalla Sardegna portarono l’atmosfera di famiglia il padre del neo sacer-dote, signor Salvatore Tavera, il padrino di Battesimo, Commendator Stefano Palmas, e il parroco di Ittiri, don Michele Merella.

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P. Giuseppe Tavera

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••Dopo l’ordinazione sacerdotale, p. Tavera fu destinato a Franklin prima nella formazione e poi nella pastorale giovanile.

Nel 1975 fu destinato al Burundi. Dopo aver studiato il francese a Parigi, giunse a Bujumbura nell’agosto del 1976.

Nel maggio del 1963 la Direzione Generale decise l’invio di Saveriani in una terza missione africana: il Burundi, un paese nel cuore dell’Africa che recen-temente è venuto alla ribalta della cronaca per i noti fatti politici ed etnici.

Fin dal 1879, con l’arrivo di alcuni Padri Bianchi, era iniziata l’evangeliz-zazione di questa terra. Lo sforzo dei missionari fu coronato da successo e le comunità cristiane si moltiplicarono in fretta.

I Saveriani vi arrivarono in seguito al pressante appello dei Vescovi perché prendessero cura delle numerose comunità cristiane ancora senza pastori e delle folle di giovani bisognose di formazione.

Si distinsero subito per il lavoro apostolico svolto in équipe formate da missionari, religiose e laici, per l’organizzazione di opere sociali e per la costan-te ricerca di una pastorale incarnata.

Ma con il colpo di stato del 1976 cominciò un periodo triste per i Save-riani e per la Chiesa del Burundi. Si frapposero mille ostacoli al lavoro apo-stolico; si restrinse di molto la libertà d’azione della Chiesa; si arrivò perfino ad espellere quasi tutti i missionari, ad imprigionare i cristiani più impegnati.

Recentemente i Saveriani in Burundi hanno rafforzato la loro presenza; hanno potuto aprire anche un centro di formazione per i giovani alla periferia della capitale. Per il tragico ripetersi delle sanguinose lotte tra gruppi etnici, oggi le forze ecclesiali sono chiamate a una paziente opera di riconciliazione.

In una intervista rilasciata da p. Tavera al mensile “Missionari Saveriani”, alle domande sulla sua “presenza attiva” in Burundi, egli aveva risposto:

«Il mio primo impatto con il popolo burundese è stato un insieme di gioia per aver realizzato il desiderio di raggiungere una missione e di sfida per trovarmi di fronte ad un mondo così differente da quello da cui provenivo: difficoltà d’intendere e parlare la lingua kirundi. Un desiderio grande di bruciare le tappe per arrivare al punto d’intendere la lingua e la loro cultu-ra, contrariamente a quanto si pensa. Nessun ostacolo invece per il clima: potevo godere su quelle bellissime colline di una eterna primavera.Mi è stata affidata la direzione di scuole di alfabetizzazione chiamate “Yaga Makuma: Parla, Signore!”, per i bambini che non trovavano posto nelle scuole di stato, con un programma scolastico corrispondente alle

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nostre Elementari, e di catecumenato per giovani e adulti che desiderava-no diventare cristiani. Un cammino di quattro anni, con una istruzione religiosa approfondita ed esigente. Questo lavoro richiedeva la formazione dei catechisti, immediati e preziosi collaboratori di noi missionari. Attività che mi hanno appassionato.I valori umani e cristiani che ho potuto apprezzare nei burundesi sono stati l’entusiasmo e la freschezza con cui partecipavano alla vita comunitaria. Il loro spirito di sacrificio. L’atteggiamento di grande comprensione ed accettazione di noi missionari, con le nostre differenze di cultura e carat-teri. Inoltre, la loro grande fiducia nel ricorrere al missionario nei momenti di difficoltà e necessità. Mi hanno gratificato con la loro amicizia sincera, facendomi sentire a mio agio in mezzo a loro. Hanno il genio di farti sentire utile.Quale sia stata la mia esperienza più felice della mia missione è difficile scegliere, perché sono molte. In primo luogo gli indimenticabili “safari”, le visite alle succursali, durante le quali si aveva modo d’incontrarsi con tutti i membri della comunità: i catechisti, i responsabili, gli adulti, i bambini. Il periodo di preparazione immediata al battesimo degli adulti al termine di quattro anni di catecumenato, che culminava nella notte della Veglia del Sabato Santo, con tanti battesimi: una vera ed esplosiva festa per tutti.Ho passato qualche momento di particolare difficoltà. Più che singoli epi-sodi, resta vivo nella mia memoria il clima pesante di persecuzione sotto il regime di Bagazza, che esigeva un atteggiamento di continua prudenza e vigilanza: ogni parola o gesto poteva essere interpretato a nostro sfavore.Una missione che ricordo con più gioia è quella di Matara, nella diocesi di Bujumbura. Una parrocchia non troppo grande, quindi più facile da se-guire, dove c’era possibilità di creare un clima d’intesa. Vi sono rimasto per cinque anni di seguito e ho potuto realizzare qualcosa di più che altrove».

••P. Tavera lasciò il Burundi nel 1987, a causa dell’espulsione dei missionari e delle limitazioni, sempre più costringenti, imposte alla Chiesa. Fu destinato a Londra, alla Casa di Finchley, dove attese al servizio di Rettore dal 1988 al 1990.

Il 25 settembre 1990, egli scriveva a p. Maloney:

« (…) Le mie notizie sono poche e semplici. Come saprà, sono stato esone-rato dal mio incarico di rettore della Casa di Finchley (Vedo che non ho la statura morale per convincere sulle mie doti di leader!). Resto a Finchley per completare gli studi biblici che avevo intrapreso. Re-stano ancora due anni, a meno che la fatica non abbia il sopravvento. È una mezza “follia” alla mia età imbarcarmi in studi del genere. L’ho fatto perché

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P. Giuseppe Tavera

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vidi e constatai il gran bene che si può fare nelle missioni con una migliore preparazione scritturistica.Sono stato già ridestinato alle sponde del Tanganica: sono ben felice di farvi ritorno ora che i dieci anni di “incubo Bagazziano” sono passati.Mi piace pensare alla prospettiva di un lavoro svolto nel Burundi, senza più quella costante e progressiva persecuzione che vigeva durante tutti i miei dieci anni di Burundi.Qui a Londra, continuerò assieme alla Scuola e allo studio, a fare le Gior-nate Missionarie che trovo una bellissima forma di apostolato missionario nella nostra terra cristiana.Termino qui. Sappia che, malgrado i miei silenzi, conservo sempre un grande ricordo e tanta riconoscenza per gli anni di formazione passati nella provincia USA. Estenda i miei saluti ai confratelli che conosco.Con stima e affetto, p. Peppino Tavera».

P. Giuseppe rientrò in Burundi nel dicembre 1991 e vi rimase fino al 1996, svol-gendo il servizio di parroco a Gisanze, nella diocesi di Muyinga (1993–1966).

Destinato all’Italia nel maggio 1996, egli vi rimase fino al 2000, svol-gendo il ruolo di animatore missionario a Salerno. Si trasferì poi a Londra, nella Casa di Finchley (2000–2003), quindi a Coatbridge (2003–2006) e a Glasgow come Vice parroco (2006–2010), e poi ancora a Londra (2010–2012) come animatore missionario.

Il 20 dicembre 2012, p. Giuseppe scriveva ai membri della Direzione Generale:

«Carissimi, ho ricevuto la vostra comunicazione della mia destinazione alla Provincia Italiana. Desidero esprimervi la mia gratitudine per la comprensione con cui avete trattato il mio caso di richiesta d’essere destinato alla Provincia Italiana.Il mio stato d’animo attuale è l’aspirazione di poter dare il meglio di quan-to mi resta tra le mani e poter assolvere il ministero di annunciare, testi-moniare, celebrare e condividere la Buona Notizia della bontà del Signore.Voglio inoltre ringraziare i confratelli di Parma per la fraterna accoglienza riservatami in questo periodo di cure fisiche e spirituali. Grazie dunque per questo tempo di grazia.P. Giuseppe Tavera».

Rientrato definitivamente in Italia nel dicembre 2012, p. Giuseppe fu desti-nato a Desio (MB) dove svolse il suo ministero. Dal maggio del 2015 si trovava a Parma per cure

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Non c’è dubbio che ciascuno di coloro — confratelli e non — che hanno conosciuto p. Tavera potrebbe dire qualcosa di quest’uomo, che ha lasciato una grande eredità di affetti e di saggezza. Pertanto riportiamo alcune testi-monianze.

«La mamma lo seguiva dappertutto per dargli fiducia nelle relazioni con i confratelli e con la gente che incontrava. Accompagnai la mamma nelle visite a Peppino in Burundi, Gran Bretagna e in varie comunità d’Italia.Molto umile e timido, soprattutto quando iniziava una nuova attività e incontrava nuove persone, si sottostimava. Con il tempo, tuttavia, una volta che trovava accoglienza e stima, diveniva più umano, spontaneo e affettuoso.Tra le sue caratteristiche salienti emergono l’intelligenza acuta, la gioia, l’ironia e la passione per la tecnologia (macchina fotografica, computer).L’ideale missionario fu sempre vivo in lui; per conseguenza, l’espulsione dal Burundi fu una esperienza traumatica che lo ha segnato a lungo. Tor-nato definitivamente in Europa, stentò a inserirsi, ma dappertutto, dopo un periodo di rodaggio, fece valere le sue doti.A distanza di anni, diverse persone si ricordano di lui: segno evidente che aveva lavorato in profondità toccano il cuore della gente» (La sorella Lucia).

«Ho vissuto due anni con p. Tavera a Londra, dove ho stretto un forte legame di amicizia con lui. Giuseppe era timido e aveva paura di disturbare. La sua principale virtù era la mitezza.Una volta che conosceva la persona, egli si apriva, diventava conviviale, cordiale. Negli incontri comunitari trasmetteva gioia e creava distensione. Molto intelligente e profondo nel suo pensiero e nella sua parola possedeva grandi doti artistiche. Studiava molto e si teneva sempre aggiornato.Si dedicò al ministero pastorale dove, superate le paure e le titubanze del primo impatto con la gente, diede il meglio di sé trasmettendo la sua gioia di essere missionario.Un altro settore in cui egli si distinse fu l’ecumenismo: dopo aver seguito un corso dai Gesuiti, strinse una relazione di amicizia con un ministro anglicano che frequentava la nostra comunità.A Parma Giuseppe svolse con umorismo il suo ruolo di “sindaco del quarto piano”: si preparava bene e comunicava a tutti gioia e fiducia» (P. Ennio Casalucci).

«Per ricordare p. Giuseppe Tavera ho fatto riferimento a un vecchio libro, dove ho trovato questa citazione: “Missione missionario sono parole che hanno un grande significato: possono contenere mille mondi; possono comprendere tutto l’universo. Hanno origine dal dizionario terreno e hanno conclusione nel volume dell’eternità. Un volume, dove vi è scritto:

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P. Giuseppe Tavera

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redimere, salvare, accogliere anime, renderle consapevoli della loro dignità, coscienti del loro esistere”.Come ha vissuto p. Giuseppe la sua missione, la sua vocazione, la sua vita, il suo lavoro? Una missione d’amore, la sua, di carità e di testimonianza. L’e-sempio di p. Giuseppe ha immortalato la perfetta immagine e somiglianza del missionario: pronto a tutto ciò che gli veniva richiesto, senza lamenti ma con gioia, anzi, con abbandono e generosità.La sola sorgente della sua vocazione è stata la carità come avamposto del suo apostolato per essere più vicino alla carità di cui furono dotati gli Apostoli. Padre Giuseppe è stato il missionario e l’uomo che ha dato tutto per tutto. Per lui non sono esistite vie di mezzo e non ha mai indugiato nella scelta tra questo e quel sacrificio. Tutta la sua vita è stata un unico grande amore». (Giampiero Sartori, volontario).

A cura di p. Domenico Calarco sx

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In memoriam: profili biografici saveriani

Direttore Responsabile: Javier Peguero PérezRedazione: Domenico Calarco, Gerardo Caglioni, Gabriele Ferrari

Impostazione grafica: Gian Paolo Succu

Edizioni: CdsR(Centro Documentazione Saveriani Roma)

Pubblicazioni: Missionari Saverianiviale Vaticano 40 – 00165 Roma

Roma 2019

Tipografia Leberit Srlvia Aurelia 308 – 00165 Roma

Finito di stampare: 20 febbraio 2020

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